Notizie da Babele - IL TEMPO DELLE RIVOLTE

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1 NOTIZIE DA BABELE DALL’OSSERVATORIO CARTA DI ROMA - ANNO I LUGLIO 2010 Supplemento al n° 1-2010 di “nella galassia dell’informazione”, periodico della Federazione Nazionale della Stampa Italiana - Spedizione in abbonamento postale- D.L. n. 353/2003 (convertito in legge 27/02/04 n.46) art.1, comma 1 “nella galassia dell’informazione” è stato registrato presso il Tribunale Civile di Roma in data 01/04/2010 con numero 121/2010 IL TEMPO DELLE RIVOLTE © degli aventi diritto Per anni si è parlato di «immigrazione e criminalità». L’«Emergenza sicurezza» è data per scontata, e ora si entra nel tempo nel tempo delle rivolte e dei conflitti, dell’integrazione e dei diritti. Per l’informazione italiana è forse il momento del cambiamento, tra perduranti resistenze e buone pratiche. EDITORIALI FUGA DA BABILONIA, DI MARIO MORCELLINI (SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA)- P.2 IMPARARE DA UNA STRAGE, DI ROBERTO NATALE (FNSI) E LAURA BOLDRINI (UNHCR) - P.3 ROSARNO, ITALIA T RA SILENZI E GRIDA. LO SCENARIO INFORMATIVO SU IMMIGRAZIONE E SICUREZZA - P.4 NEWS IN FIAMME. FATTI E IPOTESI SUL CASO ROSARNO - P.5 QUEL CHE RESTA DI ROSARNO. LE CORNICI INTERPRETATIVE - P.7 T ANTI COLPEVOLI, POCHE SOLUZIONI. GLI EDITORIALI SU ROSARNO - P.8 LE PAROLE SONO PIETRE - P.10 BUONE NOTIZIE INVERTIRE UNA TENDENZA? - P.11 (POCHE) BUONE NOTIZIE SUGLI IMMIGRATI - P.11 SIATE BUONI VOI CHE POTETE - P.13 PROVE DI CAMBIAMENTO - P.14 PER APPROFONDIRE - P.15 INIZIATIVE E SEGNALAZIONI - P.16 LE RICERCHE DELL’OSSERVATORIO: CONTRIBUTI DAGLI ATENEI ANTENNA L’ INFORMAZIONE INTERCULTURALE IN PIEMONTE (UNIVER - SITÀ DI T ORINO) - P.18 R ICERCHE PER LA COMUNICAZIONE CARTOGRAFICA DELL IMMIGRAZIONE IN I TALIA (UNIVERSITÀ DI BERGAMO) - P .19 L’OSSERVATORIO E L’ASSOCIAZIONE CARTA DI ROMA - P.20 IN QUESTO NUMERO

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Notizie da Babele. Dall’Osservatorio Carta di Roma - anno I luglio 2010Supplemento al n° 1-2010 di “nella galassia dell’informazione”, periodico della Federazione Nazionale della Stampa Italia - Spedizione in abbonamento postale- D.L. n. 353/2003 (convertito in legge 27/02/04 n.46) art.1, comma 1 “nella galassia dell’informazione” è stato registrato presso il Tribunale Civile di Roma in data 01/04/2010 con numero 121/2010

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Notizie da BaBeleDall’OsservatOriO Carta Di rOma - annO i lugliO 2010

Supplemento al n° 1-2010 di “nella galassia dell’informazione”, periodico della Federazione Nazionale della Stampa Italiana - Spedizione in abbonamento postale- D.L. n. 353/2003 (convertito in legge 27/02/04 n.46) art.1, comma 1 “nella galassia dell’informazione” è stato registrato presso il Tribunale Civile di Roma in data 01/04/2010 con numero 121/2010

IL TEMPO DELLE RIVOLTE

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aven

ti di

ritto

Per anni si è parlato di «immigrazione e criminalità». L’«Emergenza sicurezza» è data per scontata, e ora si entra nel tempo nel tempo delle rivolte e dei conflitti, dell’integrazione e dei diritti. Per l’informazione italiana è forse il momento del cambiamento, tra perduranti resistenze e buone pratiche.

Editoriali

Fuga da BaBilonia, di Mario Morcellini (Sapienza univerSità di roma)- p.2imparare da una Strage, di roberto natale (FnSi)e laura boldrini (unHcr) - p.3

rosarno, italia

tra Silenzi e grida. lo Scenario inFormativo Su immigrazione e Sicurezza - p.4

newS in Fiamme. Fatti e ipoteSi Sul caSo roSarno - p.5

Quel che reSta di roSarno. le cornici interpretative - p.7

tanti colpevoli, poche Soluzioni. gli editoriali Su roSarno - p.8

le parole Sono pietre - p.10

BuonE notiziE

invertire una tendenza? - p.11(poche) Buone notizie Sugli immigrati - p.11 Siate Buoni voi che potete - p.13prove di camBiamento - p.14per approFondire - p.15

iniziativE E sEgnalazioni - p.16

lE ricErchE dEll’ossErvatorio: contriButi dagli atEnEi antenna l’inFormazione interculturale in piemonte (univer-Sità di torino) - p.18

ricerche per la comunicazione cartograFica dell’immigrazione in italia (univerSità di Bergamo) - p.19

l’ossErvatorio E l’associazionE carta di roma - p.20

in quEsto numEro

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Fuga da BaBiloniadi Mario Morcellini

Quale cultura dell’immigrazione emerge dalla narrazione dell’informazione italiana? L’interrogativo è apparentemente semplice ed esige risposte. Obbliga a riflettere e invita a ripensare la capacità del giornalismo italiano di mediare il fenomeno migratorio, in-cludendolo con saggezza, equilibrio e lucidità professionale nel racconto di una società che cambia. È proprio da questo punto di vista che si può assumere una prima risposta: il gior-nalismo fa troppa fatica ad offrire una rappresentazione che valorizzi la vita dei migranti, o che almeno in-serisca l’immigrazione nel racconto del cambiamento. Resta evidente che non solo l’informazione e i me-dia sono deputati a socializzarci al nuovo e al cambiamento, e dunque non è pensabile che la responsa-bilità di una insufficiente cultura dell’immigrazione rimandi esclusiva-mente a loro. Osservando infatti i cambia-menti nell’opinione pubblica e nell’immaginario salta agli occhi un problema ben più profondo, defini-bile come nuova fragilità culturale degli italiani. Essa mette in causa una serie di debolezze nella strut-tura dei valori e nel capitale sociale, e al tempo stesso il predominio di un modello di emotivizzazione so-ciale, ponendo una nuova vertenza di ricerca e di cittadinanza. Si tratta di una situazione imprevista almeno nelle sue dimensioni (e dunque da valutare attentamente), che chiama in causa una scarsa capacità di lead-ership e di progetto da parte delle classi dirigenti e degli intellettuali, ed una diffusa recessione culturale che non può non interpellare il ruolo dei ricercatori e le responsabilità della formazione e della scuola. Sarebbe troppo facile gettare la croce addos-so ai media. E tuttavia un interroga-tivo si impone: perché il giornalismo non riesce a superare timidezze e ripetizioni, routine semantiche e veri e propri tic, come quello in forza di cui la definizione dell’immigrazione

si accompagna continuamente all’emergenza?Il compito essenziale di questa pubblicazione è appunto quello di fare un passo avanti nell’analisi delle responsabilità che può “as-sumere” a partire dall’attuale cul-tura dell’immigrazione. Ed è chiaro che entro questo esiste uno speciale spazio di centralità rispetto al ruolo dell’informazione. Non è infatti una prerogativa degli studiosi la scop-erta che l’immigrazione non è più un fenomeno congiunturale, e che esistono tutte le possibilità identi-tarie e culturali per gestire questa che, concettualmente, non può es-sere più, a distanza di tanti anni, un’emergenza. Eppure, il binomio sicurezza/immigrazione continua a dominare i contenuti del dibattito politico e del palcoscenico mediale. Ne consegue che il nesso tra ster-eotipi e pigrizie narrative finisce per determinare un’equivoca rappresen-tazione dell’altro come minaccia in-combente sulla nostra cultura e sulla nostra vita. Basti osservare quante volte la retorica dell’emergenza ali-menta titoli di articoli e pezzi tel-evisivi per capire che qualcosa nel complesso meccanismo di passaggio tra la realtà e la rappresentazione, si è profondamente adulterato. Del resto, sappiamo che quando gli stili di rappresentazione comunica-tiva di un fenomeno si allontanano drasticamente dall’esperienza reale, il rischio della delegittimazione e del-la perdita di peso dell’informazione è incombente. Quando il giornal-ismo si smarca eccessivamente dall’esperienza riconoscibile rischia di perdere i contatti con il mercato del pubblico. È un rischio grave, ma è altrettanto plausibile che, entro una visione pigra e deteriore del racconto dell’altro, si siano determinati punti di contatto tra cattivo giornalismo e correnti sottoculturali dell’opinione pubblica. I dati sul rapporto media e immi-grazione, su cui i ricercatori sostan-zialmente concordano, rischiano di scivolare nella tautologia, e già questo incoraggia a pensare che occorra

rapidamente superare la dimensione di ricerca sulle rappresentazioni. Ben più impegnativo è l’interrogativo sul perché la paura stravince, per-ché si fatica così tanto ad avviarci verso un’informazione più pensosa e problematica, perché sono sostan-zialmente rare best practice e buone notizie. È chiaro però che un modello di ricerca come questo non lo si può affrontare da soli. E la riprova è presto detta: tutti i ricercatori indipenden-temente dai paradigmi e dalle pa-role chiave di scuola, giungono a risultati consonanti, ma questo non è diventato una forza capace di indurre a modificare i comporta-menti con cui entra in contatto. E allora, nuove strade si possono im-maginare e percorrere. Anzitutto, quella della contaminazione tra operatori e studiosi, all’insegna di un motto dell’antico Strabone “bisogna viaggiare alla velocità dell’ultima nave”. Già questa scelta di alleanza sostanziale e non retorica è un picco-lo segnale di cambiamento culturale. Facciamolo crescere.

Notizie da BaBele - editoriali

Notizie da BabeleDall’Osservatorio Carta di Roma anno I luglio 2010

Direzione Mario Morcellini

Coordinamento Giovanna Gianturco, Marco Binotto, Marco Bruno, Valeria Lai

Le ricerche presentate in questo numero:Caso Rosarno: Sapienza Università di Roma e Libera Università Maria Ss. Assunta…Buone Notizie: Sapienza Università di Roma Ricerche per la comunicazione cartografica dell’immigrazione in Italia: Università degli Studi di BergamoAntenna L’informazione interculturale in Piemonte Università degli Studi di Torino Rosarno, Italia: Sapienza Università di Roma e Libera Università degli Studi Maria SS. Assunta di Roma

Hanno curato questo numero: Marco Binotto, Marco Bruno, Valeria LaiCoordinamento redazionale di Cristina Greco, Chiara Ribaldo, Sara Ritucci, Alessandra Straniero

Hanno scritto: Arije Antinori, Andrea Cerase, Luisa Chiellino, Francesca Ieracitano, Patrizia Laurano, Fabiana Lotito, Sonia Masiello, Paola Panarese, Gaia Peruzzi, Ros-sella Rega, Camilla Rumi

Hanno collaborato alle ricerche Nicoletta Appignani, Angela Iannone, Marco Meloni, Cristiana Paladini, Chiara Ribaldo, Sara Ritucci, Marco Santarsiero e gli studenti e le studentesse del “Seminario media e im-migrazione e sicurezza” del Corso di Laurea in Scienze e tecnologie della Comunicazione della Sapienza Univer-sità di Roma – sede di Pomezia

Impaginazione e grafica: Paolo Fedeli

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Notizie da BaBele - editoriali

impararE da una stragEdi Laura Boldrini (Portavoce Unhcr)Roberto Natale (Presidente Fnsi)

La Carta di Roma nasce da una strage. E’ il dicembre del 2006: a Erba, in provincia di Como, vengono scoperti i corpi massacrati di quattro persone, e per ventiquattr’ore il giornalismo italiano non ha dubbi sul colpevole. Non può che essere Azouz Marzouk: marito di Raffaella Castagna, padre del piccolo Youssef, soprattutto tu-nisino. Solo qualche giorno dopo si capirà il ruolo letale dei vicini Olindo e Rosa. Ma intanto l’informazione ha mostrato un istintivo, compatto, spaventoso riflesso razzista che suscita imbarazzo e accende le critiche. L’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) chiede ai direttori di testata e alle rappresentanze dei giornalisti di confrontarsi su questo conformismo. I direttori tacciono, tranne un paio di eccezioni, ma Fnsi e Ordine scelgono di raccogliere la sollecitazione. Insieme si lavora ad un testo che, nella pri-mavera del 2008, ottiene il consenso pieno dei due consigli nazionali. Entra così fra gli strumenti delle redazioni la Carta, nome veloce del “Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e mi-granti”.Ce n’era bisogno? Non si rischia di incre-mentare la già ricca produzione cartacea di appelli deontologici nobili ma privi di concreta efficacia? Siamo partiti da queste domande, per risponderci che il bisogno c’era, in un’Italia in cui il tema

è stato oggetto di campagne politico-mediatiche dall’impatto violento, e chi ha calcato la mano sullo slogan “più immigrati = più insicurezza” ne ha tratto benefici elettorali cospicui. Ce n’era bisogno, anche per tutelare soggetti particolarmente a rischio come i richiedenti asilo e i rifugiati esposti a possibili ritorsioni da parte dei regimi da cui sono scappati. Ma per contrastare il pericolo di un testo virtuosamente inutile abbiamo pen-sato fin dall’inizio ad un attrezzo di lavoro da adoperare nella pratica quotidiana.Il glossario che è alla fine della Carta illustra bene questo spirito. Il primo dovere di chi lavora con le parole è usarle in modo appropriato, anche perché troppo spesso la superficialità o l’ignoranza portano inconsapevolmente a privilegiare le definizioni che danno un’immagine negativa del fenomeno migratorio e delle persone coinvolte: (“clandestino” è termine ben più get-tonato di “richiedente asilo”, e tal-volta a sproposito). Da qui un piccolo elenco di parole-chiave con relativa spiegazione, che si è guadagnato complimenti autorevolissimi: la “con-cretezza e chiarezza didascalica” è stata lodata dal Presidente Napoli-tano, quando la Carta è stata pre-sentata al Quirinale. Sappiamo bene che le enunciazioni non bastano. E allora ci siamo dati, come promotori, tre impegni che dovranno permettere alla Carta di diventare patri-monio vero del giornalismo.Il primo è la formazione. Anche se

con ritardo, l’informazione italiana ha capito che non c’è qualità e autorevolezza senza adeguata preparazione. Il tema “media e immigrazione” entra nello studio dei giovani giornalisti: c’è un capitolo specifico nei nuovi testi che devono studiare coloro che ambiscono a superare l’esame professionale.E verranno coinvolti anche coloro che in redazione ci sono da anni: dopo l’estate saranno avviati seminari a partire dall’emittenza nazionale e dalle associazioni di stampa più grandi.Il secondo è il monitoraggio costante dell’informazione. Ha già preso vita e sta lavorando un Osservatorio autonomo, nato dalla collaborazione tra diverse facoltà universitarie e centri di ricerca e in dialogo con le esperienze dell’associazionismo più impegnato in favore di immigrati e richiedenti asilo. Produce un rapporto con periodicità semestrale - qui viene presentato il secondo lavoro - sul quale tutti (giornalisti, studiosi, volontariato) sono chiamati a ragionare in modo meno impressionistico del solito: non per “mettere all’indice” i singoli pezzi e i loro autori, ma per analizzare i meccanismi di produzione delle notizie e vedere quali correzioni adottare. E anche per dare risalto a ciò che funziona, alle buone pratiche già in atto. Il terzo impegno, dunque, sarà quello di premiare l’informazione civile, capace di andar contro un certo cupo “spirito del tempo”. Ce n’è già, e la Carta la farà crescere.

10 ottobre 2008 - I rappresentanti della FNSi e dell’OdG consegnano al Presidente Napolitano la Carta di Roma

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Notizie da BaBele - dossier: rosarNo, italia

tra sileNzi e grida. lo sceNario iNformativo su immigrazioNe e sicurezza di Andrea Cerase

Per capire il “caso Rosarno”, e la sua eccezionalità rispetto alla routine e al “rumore di fondo” costituito dalle notizie di cronaca, immigrazione e sicurezza, è utile guardare a come si sia distribuita l’attenzione dei giornali su questi temi in un arco temporale più ampio, considerando il peso dei temi oggetto di ricerca nell’agenda dei giornali, considerando tutte le prime pagine edite dal 1 gennaio al 30 aprile 2010 su sei testate nazionali, cinque scelte in base alla diffusione (La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Giornale, La Stampa e Libero) ed una per la sua specifica collocazione (L’Avvenire). Le 728 “prime” anal-izzate si ripartiscono in modo uni-forme tra le testate, ma se si consid-era l’interesse specifico per il tema della sicurezza, quello dell’ immigrazi-one come tema, e le notizie di italiani o stranieri come protagonisti di epi-sodi di “nera”, gli articoli diventano la metà esatta (364) con significative differenze per Avvenire, La Stampa e Corriere, che mostrano percentuali simili e più alte della media.Per chiarezza, va precisato che in ciascuna prima pagina era possibile indicare uno o più tra i temi utiliz-zati come criterio di selezione. E nella tabella spiccano alcuni dati niente af-fatto scontati: è l’Avvenire, seguito dal Corriere della Sera a dare il maggior spazio alla sicurezza, mentre Libero e il Giornale sono le testate che meno danno risalto agli episodi di cronaca nera con protagonisti stranieri. Curiosamente, questi ultimi sono complessivamente poco meno della metà degli episodi che coinvolgono gli italiani: in un periodo segnato da una serie di scandali politico giudiziari e da due gravi atti di intimidazione da parte della ‘ndrangheta a Reggio Calabria, l’enfasi sull’immigrato che delinque (perlomeno nelle “prime”) sembra così ridimensionarsi, riassorb-ita dal caso Rosarno e dall’emergenza criminale che, come attesta anche

l’analisi delle parole più usate nei tito-li, ha inciso in modo significativo sulle agende dei quotidiani. Se guardiamo ora ai fatti “dietro” le notizie emerge come il Corriere della Sera, anche in conseguenza della notevole densità di notizie in prima, fa registrare i numeri più alti in assoluto per quasi tutti i tipi di “evento notizia” rilevati: crimini e reati, iter giudiziari, incidenti, dibat-tito pubblico, staccando in molti casi tutte le altre testate. Fa eccezione solo l’Avvenire, che detiene il primato per i commenti e le analisi e per l’attenzione al tema degli sbarchi, che comunque resta residuale. Non sfugge, tuttavia, come i dati relativi ai valori più bassi abbiano una distribuzione significa-tiva: Libero spicca, infatti, per la scarsa attenzione ai crimini, all’iter giudiziario e più in generale ai pezzi di inchiesta ed approfondimento. Lo studio del linguaggio dei titoli con-sente di capire più in dettaglio quali siano gli argomenti di cui si discute. La prima, significativa novità rispetto ad analisi precedenti dello stesso tipo

è che la parola “clandestini” scende all’undicesimo posto, sostituita come termine passepartout al più neutro “immigrati”. Si tratta di uno slitta-mento linguistico e nella selezione delle notizie, che offre più d’un mo-tivo di riflessione. Il rilievo di Rosarno, e degli attentati riusciti o sventati a Reggio emerge anche rispetto alle parole più frequen-temente usate: sono peraltro evidenti oltre alle classiche parole della “nera” anche precisi riferimenti agli scandali politico giudiziari che hanno preso il via poco dopo la metà di Febbraio. Tante piccole e grandi storie di “nera”. La word cloud qui di seguito consente di guardare più in dettaglio i 102 lem-mi più usati, rendendo molto più pre-cisa la mappa delle notizie e dei con-tenuti che si avvicendano sulle prime: l’emergenza calabrese, le indiscrezioni sugli appalti del G8 aquilano ma an-che alcuni casi politici e investigativi complessi, come quello di Marrazzo spiccano sullo sfondo di tante piccole e grandi storie di “nera”.

Crimine o

reato (anche ipotizzato)

Commento, reazioni, descrizioni, inchiesta

Iter giudiziario, investigativo, operazione polizia

Morti, incidenti, malori, suicidi, etc

Dibattito pubblico, governo e norme

Descrizione, inchiesta, racconto o storia,

Arrivi, sbarchi, respingimenti

La Repubblica 20,9 15,7 9,6 15,7 13,0 4,3 0,9 Il Corriere della Sera 26,6 25,0 24,2 22,7 29,7 24,2 1,6 Il Giornale 11,3 6,5 9,7 2,4 9,7 6,5 0,8 Avvenire 11,7 26,7 10,8 17,5 9,2 10,8 2,5 Libero 5,5 12,5 7,0 1,6 12,5 1,6 0,0 La Stampa 24,8 23,9 16,8 18,6 26,5 3,5 0,0 Totale

16,6 (121)

18,3 (133)

13,0 (95)

12,9 (94)

16,8 (122)

8,7 (63)

1,0 (7)

29,7  36,3  

47  60,9  61,9  65,8  

0   10   20   30   40   50   60   70  

Libero  Il  Giornale  

La  Repubblica  Il  Corriere  della  Sera  

La  Stampa  Avvenire  

 

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Notizie da BaBele - dossier: rosarNo, italia

News iN fiamme. fatti e ipotesi sul caso rosarNo di Arije Antinori e Luisa Chiellino

Il racconto degli avvenimenti ac-caduti a Rosarno trova spazio, nelle testate analizzate, dall’8 al 14 gennaio 2010. I fatti di Rosarno, terza cittadina italiana per densità di stranieri presenti in ordine al numero degli abitanti, comune ca-labrese della Piana di Gioia Tauro, già commissariato per infiltrazioni mafiose, divengono ben presto un caso mediatico. Gli articoli analiz-zati hanno permesso di individuare il mutamento e/o evoluzione nella rappresentazione giornalistica dei fatti verificatisi, che ha consentito di elaborare una timeline in cui si delinea con precisione la cronologica delle notizie stampa relative agli eventi di Rosarno. La stessa cittadina era stata ter-reno di episodi analoghi nel re-cente passato, seppure attraverso manifestazioni di minore tensione

sociale e violenza. La rilevazione di quanto accaduto nel 2010 evidenzia che sulla stampa il “caso Rosarno” si risolve sostanzialmente in pochi giorni (in coincidenza con il terremoto di Haiti), ma numerosi sono gli at-tori che costantemente si inseris-cono nel dibattito, contribuendo a tenere alta l’attenzione sul contesto rosarnese che progressivamente si trasforma da fatto di cronaca locale a questione nazionale in ordine alla sicurezza, a introspezione collettiva sulla presenza o meno di elementi xenofobi nella cultura italiana, fino all’emersione del caso diplomatico attraverso le accuse del Governo egiziano. I quotidiani in esame, in un primo momento si soffermano sulla di-

mensione emotiva dell’evento, evi-denziando l’allarme manifestatosi a seguito della “rivolta” dei migranti, per poi fornire un’informazione più rassicurante, volta ad interpre-tare in modo più analitico l’evento di cronaca in questione, al fine di individuarne le cause più pro-fonde, nonché infine contribuendo a fornire al lettore una visione più comprensibile. La rivolta dei migranti sem-bra celare nello sfruttamento dell’immigrazione attraverso il la-voro nero, un vero e proprio nodo culturale ancora irrisolto, che car-atterizza non solo la Calabria, ma tutta la società italiana: la presenza degli stranieri e la loro integrazi-one. Tale criticità non è stata risolta, metabolizzata, a livello sociale, in quanto si è scelta la strada della rimozione di una delle parti in causa, della “tran-sumanza dei migranti”, che ha visto l’accompagnamento di cen-tinaia di lavoratori africani presso

 i limitrofi centri di accoglienza. Di fatto, la condizione dei braccianti africani era già nota da tempo. Il mutamento significativo negli ul-timi anni riguarda le politiche eu-ropee sul settore agricolo e i relativi effetti sulla produzione. Perché Rosarno diventa un “caso”? In ordine alle motivazioni si è in-dividuata una principale linea in-terpretativa che alla ricerca delle cause pone l’attenzione sulle cri-ticità socio-culturali sedimentate nel tempo, sulla compressione economica che caratterizza il terri-torio calabrese, sullo sfruttamento dei migranti, sui continui episodi di vessazione cui gli stessi sono stati sottoposti nel corso degli anni, nonché sulle condizioni di povertà

e disagio sociale che caratterizzano la comunità dei braccianti africani.Tuttavia, vi è da evidenziare un’ulteriore linea interpretativa, come riportato dalle interviste rese rispettivamente da un funzionario di polizia e da un magistrato antimafia impegnati nel calabrese, che mette in luce l’anomalia dell’esplosività del fenomeno rivoltoso proprio in un tessuto sociale ed econom-ico fortemente governato e cul-turalmente condizionato dalla ‘Ndrangheta, nonché dalla presen-za proprio nella cittadina di Rosa-rno dei vertici dell’organizzazione criminale in questione. Secondo tale impostazione, sarebbe stata la ‘Ndrangheta a sollecitare più o meno direttamente l’esplosione dei riot per destabilizzare, in piena campagna elettorale, il contesto socio-politico locale, così da mettere in luce l’inadeguatezza dell’establishment politico regionale.Infine, i fatti di Rosarno si sono trasformati ben presto in notizia,

risultando mediaticamente appetibili grazie a una miscela di caratteristiche quali la spettacolarità, le dimensioni del conflitto (numero di persone coin-volte, episodi di violenza, significato simbolico delle immagini) e la forma riot di devianza collettiva, inconsueta in Italia ma ampiamente riscontrata a livello internazionale soprattutto in Francia, Olanda, Regno Unito e Stati Uniti.

Il percorso della notizia

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“Chi strangola la Calabria”(L’Unità)

Il 10 e l’11 gennaio a Rosarno “arrivano le ruspe” ed inizia la “deportazione assistita”, attraverso l’allocazione logistica dei “rivoltosi” presso i centri di accoglienza limitrofi. Centinaia di immigrati vengono, quindi trasferiti. Si delinea la convinzione che dietro agli scontri e alle violenze di Rosarno ci sia il “marchio ‘ndrangheta”. Mutano le etichette degli immigrati che non risultano più definiti “schiavi” e “selvaggi”, ma in particolare ne L’Avvenire e ne Il Messaggero, sono descritti come “facili bersagli” e “vittime del contesto”. Soltanto Il Giornale prosegue nell’utilizzo dell’appellativo di “negri”. In merito, proprio il Direttore Feltri dichiarerà, nell’editoriale del 12 gennaio, di utilizzare tale vocabolo come provocazione. Nel Corriere della Sera l’accompagnamento degli immigrati scortati dalla Polizia raccoglie lo spazio maggiore. Il Giornale, La Stampa, La Repubblica e L’Unità approfondiscono la relazione territorio calabrese/criminalità mafiosa, che con il succedere dei giorni sembra raccogliere anche negli altri quotidiani il maggior consenso in ordine alle cause scatenanti gli eventi. Si inserisce nel dibattito l’intervento del Papa che nel corso dell’Angelus, esprimendo solidarietà per i lavoratori migranti di Rosarno, afferma che il problema è “prima di tutto umano”.

“Immigrati in rivolta. Un paese a ferro e fuoco”

(Il Giornale)

L’8 gennaio le prime pagine dei giornali, ad eccezione de L’Unità e de Il Sole24Ore riportano i primi fatti relativi alla “rivolta” dei migranti impegnati da tempo nel ro-sarnese come stagionali nell’agricoltura. Gli immigrati mettono in discussione l’apparente tranquillità della cittadina calabrese che diventa in pochi giorni un vero e proprio caso mediatico.

Notizie da BaBele - dossier: rosarNo, italia

“Calabria: caccia all’immigrato”

(La Stampa)

Il 9 gennaio i quotidiani in esame eviden-ziano le tensioni in atto. Il focus è costi-tuito dalla “contro-rivolta”, talvolta “cac-cia all’immigrato”, operata dagli abitanti di Rosarno. Nello stesso giorno si apre il dibattito politico. Il Ministro dell’Interno Maroni denuncia la presenza di eccessiva tolleranza nei confronti dei clandestini, annunciando l’invio sul posto di una task force di operatori di polizia per ristabilire l’ordine pubblico. Il leader del PD Bersani risponde invitando a non dimenticare la presenza della ‘ndrangheta, dello sfrutta-mento operato ai danni dei lavoratori mi-granti, nonché degli episodi di xenofobia verificatisi nel passato.

“L’accusa del Vaticano: italiani razzisti”

(Il Messaggero)

Il 12 gennaio tutte le testate esami-nate, ad esclusione de La Repubblica e La Nazione, continuano in prima pagina il racconto del caso Rosarno. Il dibat-tito risulta essere incentrato sul tema della discriminazione dei migranti. In molti articoli vengono riprese le parole de L’Osservatore Romano che definisce il razzismo un “problema mai superato” in Italia. Soltanto Il Manifesto, già dalla prima pagina, racconta un’’”altra Italia”, quella solidale, accogliente ed afavore dell’integrazione. Il corteo degli abitanti di Rosarno, “abbandonati dallo Stato e criminalizzati dai media” ,per affermare la propria estraneità ad ogni atteggia-mento xenofobo, raccoglie l’attenzione di tutti i quotidiani in esame. Contestual-mente, è annunciato l’arrivo, a breve, in Calabria del Presidente della Repubblica il cui intento è quello di “affermare val-ori di tolleranza e solidarietà oscurati da Rosarno”.

“Immigrati, la protesta egiziana”

(Corriere della Sera)

ll 13 gennaio, a quasi una settimana dagli scontri, Rosarno occupa ancora le prime pagine dei giornali, ad accezione de La Repubblica, Il Tempo e La Nazione, acquisendo una dimensione diplomatica. È proprio il Ministro degli Esteri egiziano ad accusare il Governo italiano di razzismo e di violenze contro gli immigrati arabi. Significativo, in merito, Il Giornale che apre con il titolo “L’Egitto fa la morale all’Italia. Uccidono i cristiani e ci danno dei razzisti.”

“Piano antimafia, ministri in Calabria”(Avvenire)

Il 14 gennaio i racconti delle tensioni e delle violenze di Rosarno diminuiscono fortemente. Soltanto Il Giornale, L’Avvenire e Il Manifesto dedicano, al loro interno, brevi articoli inerenti a un futuro piano straordinario antimafia e alla proposta/intervento del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Sacconi che invita simbolicamente studenti e disoccupati alla raccolta di arance.

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Rosarno  in  prima  pagina  

Titoli  apertura  

Editoriali/:ommen</=nali>i,  ar<@oli,  rimandi,  AigneBe  >a<ri@Ce  

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Notizie da BaBele - dossier: rosarNo, italia

Quel che resta di rosarNo. le corNici iNterpretativedi Camilla Rumi e Francesca

Ieracitano

La trattazione del caso Rosarno op-erata dai principali quotidiani nazi-onali ha evidenziato l’esigenza della carta stampata di comprendere ed inquadrare una questione che, per la sua straordinarietà, è stata presenta-ta inizialmente in modo allarmistico. Con lo sviluppo dei fatti, le diverse testate hanno offerto chiavi di let-tura differenziate che hanno concorso a tradurre in termini operativi il con-cetto astratto di “linea editoriale” e a restituire una certa immagine per-cepita degli avvenimenti sulla base dei quali ciascun lettore ha potuto strutturare giudizi ed opinioni. L’individuazione delle cornici inter-pretative è stata effettuata attraverso

Il frame, o cornice interpretativa, è un concetto multidimensionale che ci aiuta a capire come inquadrare ciò che sta succedendo. Esso fa riferimento all’insieme di quei contenuti verbali, visuali e simbolici che caratterizzano il modo in cui una o più testate allestiscono la presentazione dei temi. L’organizzazione di questi attributi contribuisce in maniera rilevante alla definizione dei significati che la testata intende esprimere e alle sue “politiche di marca”. (per ulteriori approfondimenti si può rimandare ai testi di Barisione, Lorusso e Violi, Reese o Goffman)

l’analisi di aspetti formali e contenut-istici ricavati dalle prime pagine e dalle sezioni delegate alla trattazione del tema. Il contenuto degli articoli, la loro disposizione, la scelta dei titoli e delle immagini ha mostrato una chiara differenziazione tra i grandi quo-tidiani nazionali e quelli dalla linea editoriale più esplicita: i primi han-no assunto una posizione volta a rip-ercorrere la cronologia degli avveni-menti, i secondi hanno rafforzato il proprio orientamento nella modalità di presentazione dei fatti. E’, inoltre, risultata interessante un’analisi della terminologia utilizzata per definire i protagonisti del fatto, indicativa del significato attribuito all’intera vicenda: l’uso, per esempio, della definizione di “clandestini” anziché di “immigrati”, in controtendenza con quanto emer-so nell’intero periodo gennaio-aprile (vedi p.4). Questi elementi si sono rivelati spesso in netta contrappo-sizione con l’intento analitico che, in un primo momento, alcuni quotidiani si erano prefissati di raggiungere.

L’analisi complessiva di questi aspetti ha contribuito a mettere in luce il ricorso a quattro cornici interpretative di significato: allarme sociale, analisi dei motivi, individuazione del nemico, intervento. La rilevazione della chiave di lettura prevalente ha rappresentato una operazione piuttosto complessa, dato che molte delle testate analiz-zate hanno fatto uso di differenti cor-nici interpretative per la spiegazione di una vicenda che ha contemplato diverse tematiche (immigrazione, razzismo, lavoro in nero, esclusione sociale e politiche sulla sicurezza) e che ha visto l’intervento di molteplici attori (soggetti istituzionali, autorità religiose, società civile ed intere na-zioni, come nel caso dell’Egitto che ha affiancato alla questione della dis-criminazione razziale quella religiosa).L’allarme sociale, come anticipato, pur non rappresentando il frame preva-lente in nessuna delle testate esami-

nate, ha in realtà costituito nella mag-gior parte dei quotidiani la cornice interpretativa di riferimento del caso Rosarno appena i fatti sono accaduti. La carta stampata ha infatti lavorato sulla costruzione di un clima di al-larme sociale ricorrendo all’uso di una terminologia e di immagini evocative di un clima di violenza e, in alcuni casi, di vera e propria guerra civile, facendo riferimento a concetti ed espressioni quali quelli di “battaglia”, di “una Rosarno messa a ferro e fuoco”, di “emergenza razzismo”, di “depor-tazione dei neri”. L’associazione con la poesia “Se questo è un uomo”, attuata da Adriano Sofri in un arti-colo de La Repubblica, chiarisce come l’atteggiamento di allarme abbia rappresentato l’approccio iniziale di molti giornali che poi hanno normalizzato la presentazione del caso con un’analisi dei motivi e l’individuazione dei responsabili. Inizialmente, anche il Corriere del-la Sera sembra ricorrere a toni al-larmistici per spiegare la vicenda,

prevalentemente africana, in Calabria. La dimensione analitica è emersa an-che dalla tendenza ad affiancare agli articoli di cronaca numerose inchieste, reportage e dossier (come l’analisi di Gad Lerner dal titolo “Chi usa gli ulti-mi della terra” su La Repubblica), volti a fare luce su elementi contestuali e di scenario utili a leggere gli eventi entro un contesto socio-politico e culturale. La Stampa, ad esempio, ha attuato una complessa operazione di ricostruzione dello scenario, parlando di una economia fragile basata sulle “arance di carta”, delle contiguità con la ‘ndrangheta, della Rosarno solidale, dando voce alle rivendicazioni dei ca-pipopolo e non trascurando il punto di vista degli esperti e delle autorità. Nel rappresentare la posizione di tutti i protagonisti della vicenda, ha mante-nuto un tono neutro, senza reticenze sul razzismo di molti rosarnesi e sulle manifestazioni di violenza degli immigrati. Il processo di costruzione sim-bolica di un nemico non è invece

attraverso la metafora della “cac-cia all’immigrato” e la descrizione della paura dilagante tra gli abitanti di Rosarno, le cui attività commer-ciali risultano “chiuse per paura”. Soltanto successivamente, è stato messo in luce il ruolo della ‘ndrang-heta, l’atteggiamento solidaristico di parte della popolazione (“le due facce della Calabria”) e il ruolo della Chiesa cattolica, richiamando la necessità di reistituire un contesto di legalità e di rispetto per la persona. L’analisi dei motivi è infatti risultato il frame maggiormente utilizzato dai quotidiani per la volontà di indagare in maniera approfondita le ragioni che hanno scatenato la rivolta degli immigrati. Sono stati seguiti diversi filoni interpretativi che hanno spazi-ato dalle ragioni politico-amministra-tive alle implicazioni della criminalità organizzata nel trattamento riservato ai lavoratori stagionali, di provenienza

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mai esplicito né intenzionale, ma nasce dall’esigenza prioritaria di individuare delle responsabilità nello snodo drammatico che han-no avuto le vicende o nella deter-minazione delle cause scatenanti. Tale posizione emerge in maniera molto netta ne L’Unità con l’articolo “Chi strangola la Calabria”, ne Il Giornale e, soprattutto, in Libero che individua l’origine della rivolta nel fenomeno dell’immigrazione clan-destina: è infatti il sovrannumero di immigrati a creare disagio ai rosar-nesi e a determinare il degrado della città. Nel quotidiano è però possibile rintracciare anche un atteggiamento interventista nel momento in cui auspica la deportazione degli im-migrati ed una più rigida appli-cazione della legge Bossi-Fini.La cornice interpretativa orientata all’intervento e alla ricerca di possibili soluzioni può, infine, essere distinta tra la proposta di soluzioni concrete (come l’inasprimento delle leggi sull’immigrazione e l’emanazione di piani anti-mafia) e l’incentivo alla costituzione di una nuova mentalità volta al riconoscimento dei diritti degli immigrati (funzionale alla nascita di una nuova humanitas). L’Avvenire, così come Il Manifesto e L’Unità, si pone su questa seconda tipologia interventista che punta a creare una nuova cultura dei diritti e a promuovere campagne di informazione che alimentino il rispetto e il dialogo sociale. Ciò trova conferma nell’uso di un tono prevalentemente solidaristico nei confronti degli immigrati (definiti dal quotidiano cattolico come “schiavi stagionali”, “invisibili”, “persone titolari di diritti”, “fratelli”), a fronte di una realtà, come sottolineato da Marina Corradi in un editoriale, “inesorabilmente infiltrata di malavita e malapolitica”. L’insieme degli elementi presi in esame ha, dunque, contribuito a ricostruire un mosaico di significati che sono stati chiamati in causa nel tentativo di fare chiarezza e rendere accessibile al lettore una vicenda che, fin da subito, si è rivelata complessa e multidimen-sionale.

taNti colpevoli, poche soluzioNi. gli editoriali su rosarNo.di Laurano, Masiello, Rega

Questo lavoro ha preso in consid-erazione gli editoriali ed i com-menti pubblicati dalle testate, selezionate dal 7 al 14 gennaio 2010, con l’obiettivo di cogliere le varie interpretazioni degli scon-tri di Rosarno. L’individuazione di una linea editoriale univoca per ogni quotidiano analizzato è stato compito arduo e neces-sariamente riduttivo, in quanto alcuni editorialisti hanno inter-pretato l’accaduto secondo la propria visione e cultura di ap-partenenza.

Rigore con spirito provocatorio (di Rossella Rega)Nell’area di centro-destra i fatti di Rosarno evidenziano, dal punto di vista della posizione editoriale espressa dalle testate, atteggiamenti affatto scontati e un uso del linguaggio intenzionalmente provocatorio, ben visibile nelle titolazioni ad effetto. Iniziando da Il Giornale, va subito segnalato l’elevato livello di attenzione prestato alla vicenda: a partire dal 9 gennaio e per tutta la durata della settimana, Il Giornale dedicherà a Rosarno l’editoriale di prima pagina e nella maggior parte dei casi il compito è affidato direttamente a Vittorio Feltri. Il titolo del suo primo pezzo risuona: “Hanno ragione i negri”. Feltri individua la responsabilità dell’accaduto nella politica “buonista” e indulgente dei governi progressisti, responsabili di aver trascurato, tollerato e persino incoraggiato l’immigrazione clandestina. “Progressisti predicatori del multiculturalismo” è l’appellativo utilizzato da Feltri per indicare l’arco delle forze politiche di centro sinistra che, unitamente all’“ala cattolica più permissivista”, hanno alimentato la piaga della

clandestinità, accrescendo così il malcontento nel paese. L’obiettivo di Feltri è inequivocabile: condannare gli atteggiamenti “benevoli” degli esecutivi progressisti e indicare nella nuova politica berlusconiana l’esatta inversione di rotta: “solo grazie a questo governo si è iniziato ad affrontare il problema, ma si pagano le trasandatezze dei precedenti esecutivi”. L’altro bersaglio de Il Giornale sono i Calabresi, i quali dimostrano di prendersela con i più deboli e poveri, gli immigrati, piuttosto che con la criminalità organizzata che “conviene non toccare”. La scelta stilistica de Il Giornale è altrettanto importante, perché rivela l’intento polemico più che analitico del quotidiano. A dif-ferenza di testate come l’Unità o La Repubblica, complessivamente interessate ad analizzare l’accaduto fornendo elementi di scenario e di approfondimento utili a inquadrare il caso Rosarno in un più ampio frame politico-sociale, Il Giornale adotta invece la strada della pro-vocazione, che emerge soprattutto dagli elementi formali e dall’uso del linguaggio. Esemplificativa la scelta di parlare di “negri” invece che di immigrati, a giustificazione della quale Feltri riporta la definizione proposta dallo Zingarelli (“Negro è chi appartiene e alla razza Negra”), accompagnata, anche in questo caso, da un divertente e sarcastico pezzo sui neologismi più diffusi dai “perbenisti” di centro sinistra. Quest’ultimi si sforzano infatti di trovare vocaboli politically correct, sostituendo gli spazzini con gli “operatori ecologici”, i sordi con gli “audiolesi”, i ciechi con i “non vedenti”. Meno presente, dal punto di vista dell’attenzione editoriale prestata al caso Rosarno, si dimostra il quo-tidiano diretto da Belpietro, Libero, che dimezza rispetto a Il Giornale gli editoriali dedicati all’accaduto. In questo caso il modello di spiegazi-one offerto sulla vicenda è quello dell’individuazione di un colpevole e il bersaglio individuato in proposito è la politica “statalista” e “permissivista”. Libero, in modo ancor più netto de

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Il Giornale, punta a far quadrato intorno al governo, sottraendolo da qualsiasi responsabilità in merito alla rivolta. Non solo, Rosarno diventa per Libero un mero espediente per condannare la politica statalista, di assistenza e pubblico sussidio, che ha contraddistinto lo sviluppo del Mezzogiorno, favorendo delin-quenza e corruzione.

Un continuum di posizioni tra intransigenza e integrazione (di Sonia Masiello)L’area definita come moderata-cattolica comprende un congruo numero di testate: Corriere della Sera, Il Messaggero, La Stampa, Il Sole24ore, Quotidiano Nazionale e Avvenire. Occorre premettere che i numeri di editoriali/commenti riservati alle vicende di Rosarno sono risultati differenti a seconda dei quotidiani analizzati. Il Corriere della sera e La Stampa hanno dedicato maggiore attenzione all’analisi del caso e a scalare sempre meno parole di commento da parte di Quotidiano Nazionale, Il Messaggero, Avvenire e Il Sole24ore. Questa prima riflessione serve a ponderare i risultati che emergono dal quadro generale delle posizioni espresse da ciascuna testata e a spiegare anche la maggiore varietà di atteggiamenti assunti sulla questione da parte del Corriere della sera e de La Stampa rispetto alle altre. Inoltre, è interessante notare che persino all’interno di tali testate è possibile ravvisare posizioni differenti a seconda della firma del giornalista editorialista che, oltre a rimarcare la linea editoriale del quotidiano, esprime la propria personale visione dei fatti. Questo è risultato particolarmente evidente dalla lettura dei commenti de La Stampa, che mostrano una equilibrata varietà di idee e riflessioni sul caso. Entrando nello specifico della diversità delle posizioni dell’intero arco moderato-cattolico, dall’analisi delle linee editoriali si può ricavare un continuum che va dalle posizioni più conservatrici del Quotidiano nazionale e del Corriere della sera, a quelle più moderate di Avvenire

e de Il Messaggero. Le prime, infatti, a differenza delle altre testate, in alcuni casi riconoscono delle responsabilità anche a carico di immigrati/clandestini, oltre che delle istituzioni nazionali. In particolar modo il QN sembra puntare l’attenzione su fattori come politiche di ingresso degli immigrati mal bilanciate rispetto alle effettive esigenze del Paese. Tra le soluzioni proposte da queste testate per il caso Rosarno vi è, infatti, anche quella di porre un freno all’immigrazione. Il continuum procede secondo una linea leggermente più moderata nel caso de La Stampa e de Il Sole24ore, che inquadrano i fatti calabresi in contesti con difficoltà pregresse, dovute alla questione meridionale e alla criminalità organizzata, dimostrando come la complessità del caso Rosarno esiga non solo soluzioni securitarie e politiche di legalità confortate da una maggiore presenza dello Stato, ma anche un maggiore controllo delle derive economiche dovute al lavoro nero e agli endemici squilibri tra nord e sud Italia. Su questa scorta di idee si attestano anche le testate più moderate del continuum: Avvenire e Il Messaggero, che sottolineano con accenti più forti la necessità di inquadrare l’argomento Rosarno in una cornice di solidarietà e di cultura dei diritti, così come in parte richiesto dal tema dell’immigrazione e in parte da quello specifico del contesto meridionale.

Analisi senza soluzioni (di Patrizia Laurano)Il manifesto ospita il primo editori-ale il 9 gennaio, affidato ad Ales-sandro Dal Lago, studioso che da anni si occupa di immigrazione e razzismo e, nei giorni seguenti (fino al 12 gennaio), sono piuttos-to numerosi gli editoriali o i com-menti volti ad analizzare la situazi-one di Rosarno, trattato da un lato come un fatto inevitabile, visto “il grado di sopportazione dei lavora-tori stranieri” (Dal Lago, 9/1, p.1),

dall’altro come un fenomeno ec-cezionale ed unico nella sua grav-ità, tanto da essere citato anche in articoli che trattano altri temi (“i bagliori della caccia al lavoratore immigrato a Rosarno illuminano di una luce sinistra quel che re-sta, forse, della sinistra”, Parlato, 10/1, p.1) Si ritrova, comunque, nel “quotidiano comunista” una linea editoriale piuttosto precisa: le colpe della situazione verificatasi in Calabria sono da ricercarsi es-senzialmente nella politica, sia del governo (soprattutto perché dà voce alla xenofobia della Lega) che dell’opposizione, ambigua e poco incisiva. La classe politica non è apparsa in grado di contrastare efficacemente e di porre rimedio agli effetti deleteri di un modello economico globale considerato sbagliato. È naturalmente chia-mata in causa anche la ’ndrang-heta e gli interessi mafiosi presenti nel territorio calabrese, ma con l’avvertenza (espressa chiaramente nell’analisi di Enrico Pugliese del 10/1, p.4) di non celare dietro questa le miserevoli e disumane condizioni alloggiative e di salario a cui sono costretti gli immigrati per lavorare, non solo a Rosarno ma in tutta Italia. Appaiono invece decisamente più sfumate le pro-poste di soluzione o di intervento rispetto ai fatti in corso. Quasi mai i commentatori propongono “cosa fare” e quando ciò accade si fa ap-pello al recupero di una “cultura dei diritti umani” o al sostegno allo sciopero degli immigrati (te-nutosi poi a marzo). Questo tipo di risposte, cioè, non indica linee concrete di politiche pubbliche ma sembra diretto soprattutto a con-trastare quel clima sociale che, in tutti gli editoriali, viene descritto in termini di razzismo e di sicurezza: “il razzismo riunifica l’Italia (…); adesso il razzismo contro gli im-migrati mette d’accordo leghisti e terroni” (Portelli, 12/1, p.1).Anche La Repubblica stenta, nei propri editoriali, ad offrire soluzioni ai fatti di Rosarno. Il quotidiano del Gruppo Editoriale L’Espresso segue la vicenda da subito e già l’8 gen-naio dedica l’editoriale di prima

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pagina ai “diseredati d’Italia”, affidato ad Attilio Bolzoni (gior-nalista che si occupa in particolare di mafia e che seguirà, come in-viato, tutta la vicenda di Rosarno nei giorni successivi). Responsabili della situazione, secondo la lettura de La Repubblica, sono soprattutto le ‘ndrine, i caporali e la classe politica di governo perché alimenta la paura sociale per garantirsi il consenso. At-tori, comunque, che agiscono in un contesto connotato dalla piaga del la-voro nero e del razzismo di quelli che Maurizio Barbagli (12/1, p.33) chiama “italiani extra-punitivi”, cioè coloro che sfogano sugli altri (gli immigrati) l’aggressività e la frustrazione conseg-uenti alla mancata realizzazione dei propri bisogni.L’Unità, infine, dedica uno spazio significativo alla rivolta di Rosarno affidando i commenti a personalità diverse, in grado di restituire un’analisi articolata e suggestiva: dalle dichiarazioni più propriamente politiche di Jean-Leonard Touadì e di Livia Turco alla testimonianza delle associazioni (Enzo Mazzi, 10/1, p.15) che reclamano una “trasformazione culturale”; dal parallelismo con il film Avatar che racconta di una “caccia al selvaggio” alla voce degli scrittori, con Igiaba Scego che richiama i “deliri di misoginia e razzismo” del fumetto “L’eternauta” di Oesterheld, e con Lidia Ravera che il 14 gennaio (cioè quando il caso Rosarno si sta avviando a conclusione, giornalisticamente parlando) descrive l’accaduto come un fatto di razzismo dei “cittadini di Rosarno che non raccoglievano agrumi a Rosarno”. Meno presente sembra essere la ‘ndrangheta, considerata come uno degli elementi che caratterizzano il contesto politico calabrese, e come uno dei problemi del territorio che però non viene affrontato né dalla politica né dai cittadini calabresi. Anche nel caso de l’Unità, non è facile individuare soluzioni: la società civile non sembra in grado di reagire e la politica non dà segni di ripresa; nuovamente, come nel caso de Il Manifesto, ci si richiama ad una riscossa democratica per acquisire diritti e legalità e ad una trasformazione culturale in grado di “raccontare” la convivenza.

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le parole soNo pietredi Marco Bruno

I l Giornale, 9/1/2010, p. 1  

Il Corriere della sera, 11/1/2010, p. 29

In occasione dei fatti di Rosarno, i primi due titoli de Il Giornale han-no destato un notevole scalpore, relativo all’uso del termine “negri”. La scelta della testata – volontari-amente provocatoria − ha, di fatto, l’effetto di “aprire una vertenza” sul linguaggio e sul politically correct, anche se in realtà questo evento ap-pare solo un’ennesima tappa di un percorso all’insegna dello sdogana-mento di espressioni che vengono di volta in volta definite come “buon-iste”, “ipocrite”, etc.Va detto che il caso genera un ef-fetto eco su varie altre testate che, soprattutto in editoriali e commenti (Il Manifesto, Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano e altri), criticano questa scelta oltre a dare il via a un procedimento disciplinare da parte dell’Ordine dei Giornalisti (ulteriori interventi dello stesso Giornale stig-matizzeranno nei mesi successivi questo “interventismo” dell’ordine professionale, appellandosi alla lib-ertà di espressione). Non solo, Il Giornale continua, a questo punto “normalizzandone” l’uso, con il ricorso al termine “negri” anche in altre occasioni, ad esempio con titoli come “Sindacati contro immigrati. Sciopero vietato ai negri” (Il Gior-nale, 21/1/2010) in previsione dello sciopero degli immigrati del primo marzo.Il sociologo francese Pierre Bourdieu ha insegnato quanto sia importante per un gruppo sociale la “denomi-nazione”, “il venir nominati”, ovve-ro l’essere catalogati, classificati; in alcuni casi si può riconoscere il “dis-

corso sull’altro” come pratica di cos-truzione di una subordinazione che passa per il nesso tra sapere e potere, come sistema di discorsi esercitati a fine di controllo della “dominanza” e la storia e il carico semantico del termine “negro” lo dimostra, in-dipendentemente dal suo significato strettamente etimologico. “Negro” è comunque un insulto, negli Usa sarebbe più simile a nigger che a ne-gro, dove non a caso si usa black o african american. Il potere di nom-inare l’altro è la primaria forma di esercizio di dominio da parte di una maggioranza su una minoranza o su gruppi svantaggiati. Il principio di fondo non può che essere quello dell’autodefinizione: sono gli stessi soggetti a dover definire cosa in ter-mini di denominazione sia politica-mente scorretto e cosa no.Colpisce che chi agita in senso po-lemico il tema del politicamente (s)corretto, e ancor di più degli appelli al “coraggio” e alla “schiettezza” contro i “bizantinismi buonisti”, non è certo parte di quei gruppi che sono costretti a subire, dall’alto e dall’esterno, l’intento classificatorio e spregiativo di certi termini.

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iNvertire uNa teNdeNza? di Marco Bruno

Il gruppo di lavoro Buone notizie nasce con l’idea di approfondire l’analisi degli esempi positivi rintracciabili nel corpus di ma-teriali raccolti dall’Osservatorio Carta di Roma e di sviluppare una riflessione sulla buone prat-iche di giornalismo in materia di immigrazioni e di diversità. L’esigenza di un tale percor-so mira a ricordare che, pur in presenza di numerose criticità nella rappresentazione dei mi-granti, un “diverso giornalismo” è possibile, che le distorsioni e le semplificazioni non sono in-evitabili e che i giornalisti stessi possono essere agenti responsa-bili di una riflessione profonda sul cambiamento della società italiana. Si tratta da un lato di individu-are e analizzare buone notizie che, quindi, per il loro conte-nuto (storie di integrazione, inchieste sul multiculturalismo, episodi positivi di cui sono pro-tagonisti immigrati) si pongono esplicitamente al di fuori del trend – mostrato unanimemente da tutte le indagini su media e immigrazione − di una rappre-sentazione ampiamente schi-acciata sulla dimensione della cronaca nera e della criminalità. Dall’altro lato, provare a indi-viduare anche esempi di buone pratiche giornalistiche proprio in quelle notizie che narrano fatti di cronaca o episodi rela-tivi alla criminalità, ma lo fanno senza indugiare in immagini stereotipe o distorcenti, senza ricorrere a semplificazioni e sen-za criminalizzare l’immigrazione in quanto tale.È evidente che si tratta di immag-inare la responsabilizzazione della professione giornalistica nei confronti dell’immigrazione e della diversità culturale, forte-mente voluta dall’approvazione

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(poche) BuoNe Notizie sugli immigrati di Gaia Peruzzi e Fabiana Lotito

I giornali italiani pubblicano buone notizie sugli immigrati e sull’immigrazione?Sì. Ma poche, troppo poche. Questo è il primo dato che emerge dalla ricerca effettuata dalla Facoltà di Scienze della Comuni-cazione della Sapienza, Università di Roma, all’interno di un percorso di approfondimento dei dati che abbiamo denominato “Buone no-tizie”. A partire dal corpus comp-lessivo raccolto lungo il 2008, in occasione della Ricerca nazionale su immigrazione e asilo nei media italiani, (monitoraggio dei princi-pali quotidiani nazionali per diverse settimane), su circa 1.540 articoli selezionati e analizzati sui temi dell’immigrazione, della cronaca e della sicurezza, le notizie non cat-tive sono solo 85. Neppure il 6% del totale.Ad essere precisi poi, di queste quasi un terzo sono classificabili come notizie neutre: perché ripor-tano fatti o commenti concernenti l’immigrazione, o aventi per protag-onisti immigrati o gruppi nazionali non autoctoni, che di per sé non sono né positivi né riconducibili a episodi di nera, incidenti, problemi di sicurezza. Molte di queste noti-zie prendono spunto dalla presen-

e diffusione della Carta di Roma, non solo come un insieme di in-dicazioni “in negativo” (come scelte linguistiche o prassi da evitare), ma come un diverso approccio, in cui i giornalisti af-frontino in maniera pro-attiva, sviluppando in piena autonomia le proprie pratiche, competenze e sensibilità, il delicato ruolo di mediazione e di “accompagna-mento del nuovo” che sulle loro spalle, inevitabilmente, ricade.

tazione di ricerche sull’evoluzione multiculturale del Paese e sulla vita degli stranieri; altre sono annunci di nuovi provvedimenti legislativi in materia di immigrazione, e il di-battito politico che quasi sempre ne consegue. In entrambi i casi, riportando opinioni e posizioni di-vergenti di esperti e rappresentanti delle istituzioni, queste cronache suonano nel complesso abbastan-za bilanciate,“imparziali”.Le 55 unità che rimangono al net-to delle neutre, sono le buone no-tizie, pari al 3,7% dell’intero cam-pione. Nonostante l’esiguità dei casi, e dunque il valore solo indica-tivo di questi dati, la costanza con cui certi elementi si ripropongono all’attenzione dei ricercatori in fase di analisi ci consente qualche ulte-riore considerazione.Innanzitutto, sul significato dell’aggettivo “buona”. Delle buone news registrate, quelle ef-fettivamente buone, che narrano cioè vicende di integrazione, og-gettivamente positive (le piccole-grandi storie di chi ce l’ha fatta, emblematiche di una convivenza possibile), si contano sulle dita di una mano. Nella maggior parte dei casi le buone notizie del nostro campi-one sono invece articoli di denun-cia: “semplici” pezzi di cronaca, commenti, storie di vita, inchieste o interviste scritti con il chiaro in-tento di portare alla luce le con-dizioni difficili, ingiuste o tremende degli immigrati che vivono (o che vorrebbero arrivare) in Italia, op-pure il razzismo della società di ac-coglienza. È chiaro che la bontà di queste notizie non risiede nella re-altà positiva del fatto che le ha ispi-rate (che, anzi, spesso sono eventi drammatici, se non vere e proprie tragedie), quanto invece nel punto di vista (sensibile, corretto, partec-ipe) di chi le ha cercate e narrate.

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Di fatto, queste potrebbero essere riconosciute anche come buone notizie sui giornalisti, più che sull’immigrazione.Ancora, un terzo piccolo grappolo di buone notizie può essere iden-tificato dalle cronache che racco-ntano le rivendicazioni – di singoli individui o di intere comunità; sot-toforma di cortei, proteste, gior-nate di sensibilizzazione, esterna-zioni, etc. – per il riconoscimento dei diritti degli immigrati, dei clan-destini, dei rifugiati. Indipendente-mente dal tono e dallo stile della narrazione, si è individuata una caratteristica di bontà della notizia nel fatto che, a differenza della stragrande maggioranza degli arti-coli, si dia spazio e voce ai bisogni delle minoranze, e visibilità ad azi-oni di affermazione positiva.Quali sono, sempre stando al cam-pione della ricerca, i temi principali e le vicende che più spesso vedono gli immigrati protagonisti di buone notizie, o di notizie con loro soli-dali, sulle pagine dei nostri quo-tidiani?I viaggi dei migranti, in particolare le traversate, gli sbarchi e le trage-die dei clandestini nei nostri mari. I successi degli immigrati a scuola e nel lavoro. L’incontro e il confronto tra religioni.

di Sara Strippoli - La Repubblica, 11 Febbraio 2008

Il loro sguardo su di noi. Il giudizio degli stranieri, per la precisione della donne strani-ere, sulle nostre famiglie. Questo articolo è un unicum del nostro campione, emblema-tico per almeno tre motivi: il punto di vista è esplicitamente rovesciato (le immigrate giudicano la nostra cultura e i nostri comportamenti); la narrazione ha il peso e lo spessore di una ricerca scientifica; la voce è quella delle donne straniere (per il resto praticamente invisibili nel nostro corpus di articoli).

 

Mimmo Paladino, “Porta Di Lampedusa - Porta d’Europa”Monumento alla Memoria dei Migranti deceduti in mare.

Una porta per non dimenticare

Avvenire17 Giugno 2008

Un articolo rappresentativo di una buona notizia per lo sguardo giornalistico quanto per l’evento riportato.Il primo monumento nel Mediterraneo testimone, come i giornali, del grande cambiamento sociale che sta attraversando l’Europa e che passa attraverso le singole esistenze individuali, storie di persone in un Paese che cambia, trattate con “um-iltà, sia per chi arriva sia per chi accoglie”, come ricorda anche l’artista Palladino.

 

Notizie da BaBele - BuoNe Notizie

gli oBiettivi della ricerca su BuoNe Notizie e Best practices

1) Costruzione di una tip-ologia di buone notizie sull’immigrazione, dove buone è sinonimo di “non negative” o “neutre”. Quante e quali sono le buone notizie sull’immigrazione? Quali sono i temi che fanno cronaca bianca in tema di im-migrazione? Quali temi, non legati ad episodi di devianza e criminalità, riescono a “bu-care” l’attenzione dei giornal-isti e a farsi notizia? Ci sono degli elementi narrativi e stil-istici che accomunano queste buone notizie?

2) Individuazione di una serie di buone prassi di giornalismo, ovvero di modalità di costruzi-one della notizia che si dis-tinguano per la correttezza e l’adeguatezza dei linguaggi e degli stili utilizzati.Ci sono “buone notizie sui giornalisti” (ovvero esempi di buon giornalismo) tra le sto-rie, anche tra quelle di cronaca nera, sugli immigrati narrate in tv e sui giornali? Se sì, che cosa distingue questi buoni esempi (di quelle che restano comunque “cattive notizie”) dalle altre notizie sugli immi-grati?

3) Costruzione di un indicatore operativo di buona notiziaChe cos’è ad oggi una buo-na notizia sull’immigrazione? Quali sono gli indicatori di buona notizia che potremmo suggerire ai giornalisti come facilmente riproducibili nelle notizie mainstream?

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siate BuoNi voi che potete. l’iNchiesta e le voci al pluraledi Marco Bruno

La ricerca di buone pratiche, in cui anche a fronte di eventi dram-matici o conflittuali, le immagini degli immigrati non cadessero in stereotipi o distorsioni non è sta-ta affatto facile. Troppo denso e impenetrabile appare il magma di notizie di “nera” in cui si rile-vano l’utilizzo costante delle eti-chette nazionali come elemento definitorio imprescindibile, l’uso di immagini stereotipe, gli accos-tamenti generalizzanti. Abbiamo così deciso di segnalare, in linea con l’attenzione rivolta ai fatti di

Rosarno, il caso del quotidiano La Stampa che, in occasione degli eventi avvenuti nella cittadina ca-labrese, sembra distinguersi per la completezza e la profondità di molti dei suoi articoli. Ciò non vuol dire che manchino nelle altre testate esempi validi e meritevoli di una menzione, tutt’altro. Altre testate, storica-mente e per linea editoriale (quin-di abbastanza prevedibilmente), hanno anche in questa occasione mostrato una sorta di “vicinanza” con i soggetti stranieri protago-nisti di quegli episodi, mostrando con approfondimenti, raccolta di opinioni di esperti, di esponenti della società civile e degli stessi

immigrati, il substrato economico e le diverse implicazioni (comprese quelle relative agli atteggiamenti apertamente razzisti o al ruolo della criminalità organizzata). Il quotidiano torinese ha, nel complesso, unito la profondità dell’inchiesta ad una descrizione multidimensionale dei fatti; fin dall’inizio l’analisi del contesto ha riguardato i problemi del la-voro e dell’economia in nero so-prattutto del comparto agricolo (un’economia fragile basata sulle “arance di carta”), così come l’esclusione, la marginalità e la mancanza di diritti dei braccianti stagionali.

La Stampa, martedì 12 gennaio 2010, p. 4

I soggetti di cui si raccolgono le voci sono gli “immigrati” (ra-ramente indicati come “clan-destini” se non in riferimento a dichiarazioni di politici e quasi sempre indicati come vit-time), ma anche i “rosarnesi onesti”, e i rappresentanti del volontariato locale, ad esem-pio quello cattolico. Da subito

La Stampa affronta le provo-cazioni dei giovani (più o meno legati alla ndrangheta) nei con-fronti dei braccianti africani; tra le “soluzioni”, invece di generici appelli normativi, il quotidiano torinese si focalizza sul ruolo delle forze dell’ordine e della magistratura in termini di pressione sulla ndrangheta,

ma anche sugli accertamenti sull’economia degli aiuti a pi-oggia e dei finti braccianti. Il tono complessivo della trattazi-one è analitico, molto attento al punto di vista degli immi-grati e dei rosarnesi effettiva-mente toccati dalla rivolta.

La Stampa, sabato 9 gennaio 2010, p. 29

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prove di camBiameNtodi Paola Panarese e Valeria Lai

Al di à di ogni intento norma-tivo, le indicazioni che seguono sono frutto di svariati anni di studio sulla rappresentazione giornalistica dei fenomeni mi-gratori oltre che del lavoro di diverse istituzioni che in Eu-ropa hanno sistematizzato ori-entamenti, indicazioni etico-deontologiche, linee guida per un’informazione più attenta e meno semplicistica. Una buona notizia sull’immigrazione - attraverso la lente della deontologia gior-nalistica - è quella che affronta avvenimenti, fatti e fenomeni:- rispettando le norme deonto-logiche;- evitando l’uso dell’etichetta della nazionalità soprattutto nella titolazione;- evitando di associare alla de-scrizione di un fatto “cornici interpretative” stereotipizza-nti (criminalità e clandestinità, categorizzazioni etnico-nazion-ali e devianza, etc.); - individuando per la costruzi-one dell’articolo elementi di-versi da quelli che definiscono l’immigrato solo in riferimento alla sua posizione nei termini di status di soggiorno (irregolare,

clandestino, etc.);- evitando il linguaggio dell’estraneità che accentua la definizione della persona come colui che “viene dal di fuori” rispetto alla comunità: extra-comunitario, straniero, oppure le varie etichette nazionali (“albanese”, “rumeno”, etc.) quando usate implicitamente per affermare una diversità con la “comunità” autoctona; in questi casi l’effetto (ampia-mente dimostrato da ricerche sociologiche e psicosociali) è quello di “criminalizzare” l’altro e di accentuare una sup-posta diversità “morale” dei diversi gruppi. - limitando scelte linguistiche che insistono sulle dimensioni della paura o dell’ansia, della criminalizzazione del diverso, ma anche quelle del pietismo oppure della compassione;- evitando i toni allarmistici o eccessivamente enfatici;- aggiungendo alla descrizione, quando possibile, approfondi-mento, analisi, pluralità di voci e punti di vista.Una buona notizia affronta, quindi, il tema problematizza-ndolo approfondendo, sceg-liendo l’inchiesta e l’indagine per spiegare i fatti o anche solo descrivendolo in maniera corretta e con distacco o sen-

za semplificazioni distorcenti. Occorre poi prestare attenzi-one al taglio e alla tipologia delle notizie: troppo spesso si scelgono le brevi e comunque sempre nell’ambito della cro-naca nera. In questo contes-to dovrebbe trovare spazio la voce dello straniero, attraver-so interviste o il racconto, in prima persona, degli avveni-menti dei quali è protagonista o come egli conosce e si rap-presenta la realtà della quale si parla. Si dovrebbe, inoltre, prestare particolare attenzi-one alla dignità delle persone, al suo diritto alla riservatezza, alla sua storia, offrire spazio ai numerosi esempi di convivenza e integrazione quotidiana tra la popolazione autoctona e i soggetti migranti, e prestare attenzione alla loro cultura e al loro ruolo nella società, tentare di raccontare al meg-lio le nuove generazioni che quotidianamente (a partire da esperienze migratorie dei pro-pri genitori) sperimentano la pluralità e l’intercultura nella società italiana.Tra le buone pratiche … È sicuramente una buo-na pratica consultare, per l’elaborazione di un articolo o di un servizio, fonti che mirino

 

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all’approfondimento del tema immigrazione, distinguendo tra quelle primarie (siti istituz-ionali, ad es. Unhcr, Caritas, Aiccre, ImmigrazioneOggi) e quelle secondarie (agenzie stampa come “Redattore So-ciale”). In Italia sono decine le realtà (istituzioni, associazioni, ONG, Enti Locali, esperti, Os-servatori e Centri di ricerca, le stesse comunità organizzate di stranieri o i giornalisti di prov-enienza immigrata) che pos-sono fornire dati e analisi, in-formazioni dettagliate, storie di vita, e, soprattutto, punti di vista non scontati per affron-tare i fenomeni migratori e i fatti ad essi connessi in modo originale e attento alla comp-lessità. Questo tema può es-sere utile anche nella prospet-tiva di questi stessi soggetti: la volontà e la capacità di “farsi fonti” per il mondo giornalisti-co (in salutare “competizione” con fonti quali i politici o le forze dell’ordine, spesso pi-gramente privilegiate dagli operatori dell’informazione) rappresenta una sfida determi-nante per invertire il segno di una rappresentazione stereoti-pata e distorta. È una buona pratica prestare la dovuta attenzione nell’util izzo delle immagini che accompag-nano gli articoli o i servizi di cronaca; evitare ad esempio le foto-segnaletiche dei presunti rei (di cui si è abusato, ad es-empio, nel caso dello stupro della Caffarella, a Roma) che fino a verdetto definitivo sono appunto “presunti”; oppure le loro immagini in manette; si tratta di un’indicazione valida per tutti i casi di cronaca, che riguardino italiani o stranieri, ma appare evidente che nel caso di crimini commessi da persone di origine immigrata il mondo giornalistico indulga

per approfoNdire (a cura di Sara ritucci)

coNsigli di lettura

Bechelloni G., Giornalismo o postgiornalismo? Studi per pensare al modello italiano, Liguori Editore, Napoli, 1995Corte M., Comunicazione e giornalismo interculturale. Pedago-gia e ruolo dei mass media in una società pluralistica, Cedam, Padova, 2006EUMC, Migration and Cultural Diversity in the Mass Media. An overview of research and examples of good practice in the EU Member States, 1995-2000, Vienna, 2002Kapuscinski R., Il cinico non è adatto a questo mestiere. Conver-sazioni sul buon giornalismo, E/O, Roma, 2002Roidi V., Cattive notizie. Dell’etica del buon giornalismo e dei danni da malainformazione , Centro di Documentazione Giornal-istica, Roma, 2008Sorrentino C., Tutto fa notizia. Leggere il giornale e capire il gior-nalismo, Carocci, Roma 2007.

materiali e liNee guida

Diversity Toolkit, Miramediah t t p : / / m i m . i d c a . n l / m e d i a / u p l o a d s / D i v e r s i t y % 2 0 t o o l k i t /NGOs%20Toolkit%20Sofia%20version%2014.05.10.pdf

Reporting Diversity - Society of Editors and the Media Trusthttp: / /mim. idca.nl /media/uploads/Divers i ty%20toolk i t /Medi-atrust%20reporting%20diversity.pdf

Piattaforma dei media multiculturalihttp://www.mediamrad.it/

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più facilmente in tali compor-tamenti. È il caso, ad esempio, delle immagini di minori (san-zionate dalla Carta di Treviso): nel caso di minori stranieri o appartenenti a minoranze (ad esempio rom, oppure bambini in arrivo sulle coste italiane) sono stati ri levati molti più casi di mancato rispetto di pre-scrizioni che, è bene ricordar-lo, sono stati i giornalisti stessi a darsi. Evitare poi, possibil-mente, l’abuso di immagini di archivio o di repertorio sugli sbarchi, soprattutto se la no-tizia principale non riguarda tale argomento; è chiaro che in questo contesto si inserisco-no alcuni problemi “di lungo corso” nel lavoro delle redazi-

oni, come la routinizzazione, l’accesso sempre alle stesse fonti istituzionali o di pubblica sicurezza.Serve una professionalità con-sapevole e rispettosa della diversità etnica; questa non può che comprendere com-petenze tecniche, conoscenze specifiche e un’importante impostazione mentale aperta al dialogo, al confronto, allo scambio. E ovviamente una visione critica e autoriflessiva sul mestiere del giornalista, ol-tre che rigore professionale e rispetto codici deontologici.

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aBolita la parola “claNdestiNo”

Dal 10 novembre 2008 le agenzia di stampa quotidiane Redattore Sociale e Dire hanno abolito la parola “clan-destino” dai loro notiziari. In una nota hanno chiarito che al suo posto “sono usati di volta in volta i termini più ade-guati al contesto delle singole noti-zie: irregolare, migrante, immigrato, rifugiato, richiedente asilo, persona, cittadino, lavoratore, giovane, donna, uomo ecc. Viene inoltre evitata, tranne in rari casi, la parola ‘extracomuni-tario’”. “Oltre ad essere impropria, la parola “clandestino” ha sempre più assunto nell’immaginario un’accezione offensiva e spesso criminalizzante, che rischia di estendersi a tutta la popolazi-one immigrata”, ha affermato il diret-tore di Redattore Sociale, Stefano Tra-satti. “Ci sembra una scelta doverosa e di rispetto della dignità delle persone straniere, soprattutto di chi ha affron-tato viaggi drammatici per arrivare nel nostro paese”, ha aggiunto il direttore di Dire, Giuseppe Pace. Nel 2009 Redattore Sociale ha scelto di eliminare la parola “nomadi” (ormai in-adeguata nella stragrande maggioranza dei casi), scegliendo nei titoli la dicitura “Rom/Sinti”.

www.redattoresociale.itwww.dire.it

coN le parole giuste...

L’AICCRE, (Associazione Italiana per i Comuni e le Regioni d’Italia), nel con-testo dell’area di lavoro “Sociale per l’Europa”, ha realizzato negli ultimi anni interventi per promuovere forme di comunicazione sociale su ambiti specifi-ci del fenomeno delle migrazioni facen-do emergere stereotipi e pregiudizi. Adottando un approccio di sistema , nel piano di lavoro si è sempre attivato un percorso di approfondimento del ruolo dei media nell’informazione sul tema specifico in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti, l’FNSI e le istituzioni cen-trali preposte (Dipartimento Pari Oppor-tunità, Dipartimento Giustizia Minorile, Ministero dell’Interno). Il risultato è sta-to la realizzazione di documenti di indir-izzo/orientamento sul tema in coerenza ed applicazione con i codici deontologi-ci di settore con particolare riferimento alla Carta di Roma. Si tratta di:

“Linee guida per il trattamento dell’informazione in tema di tratta di persone”, giugno 2008;

“Linee guida per i media su minori stranieri e giustizia minorile”, otto-bre 2009;

“Ritorno volontario assistito. Orienta-menti per i media”, aprile 2010.Questi documenti si pongono come strumenti di lavoro per i giornalisti, per un approfondimento qualificato, ma agile, delle peculiarità del tema specifi-co (dati, modelli organizzativi, quadro normativo di riferimento, pregiudizi collegati, ecc) e come linee guida per orientarsi e muoversi senza commettere errori e senza cadere negli stereotipi più comuni.

Carla Olivieri, responsabile “AICCRE, Sociale per l’Europa”Giuseppe D’Andrea, responsabile Uffi-cio Stampa AICCRETitty Santoriello, Ufficio Stampa AICCRE

aNsi

Nel febbraio 2010 è nata l’ANSI (Associ-azione Nazionale Stampa Interculturale) come nuovo gruppo di specializzazione della FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana), fondata all’interno del sindacato unitario italiano per oc-cuparsi in particolare dei temi legati all’immigrazione e all’Italia multietnica. Tra le principali novità dell’Ansi vi è in-nanzitutto la sua composizione. È, in-fatti, promossa e costituita da giornalisti di origine straniera che lavorano in tes-tate a larga diffusione e multiculturali di varie Regioni italiane.ANSI intende agire per favorire l’accreditamento, il radicamento ter-ritoriale, il rafforzamento istituzionale, l’accesso alle risorse e alle opportunità di formazione degli stessi operatori, anche attraverso lo scambio di buone pratiche a livello internazionale. Con l’obiettivo di rappresentare un punto di riferimen-to specifico per tutti i giornalisti di orig-ine straniera che lavorano nel settore dei media grazie anche all’istituzione di un Segretariato per accompagnare l’accesso al riconoscimento formale nell’esercizio della professione.L’Associazione ha origine da un lungo percorso che ha visto protagonisti molti giornalisti, operatori dei media mul-ticulturali (una realtà importante e in crescita nel nostro Paese con circa 500 addetti), esperti del settore, il Sindacato e l’Ordine italiano dei giornalisti.

Sede legale: ANSI – presso Associazi-one Stampa Subalpina.Corso Stati Uniti 27 – TorinoViorica Nechifor (Presidente)

Sede operativa: Segretariato ANSI – presso FNSI.Corso Vittorio Emanuele II, 349 – RomaPaula Baudet Vivanco (Segretario nazionale)

rapporto sul razzismo iN italia. maniFeStoliBri 2009

Il razzismo è un’“emergenza” o è div-entato un fatto sociale ordinario? Vi è o no una responsabilità della politica, delle istituzioni, degli intellettuali, dei media nella produzione e riproduzione dei discorsi e delle pratiche stigmatizza-nti che alimentano le discriminazioni e le violenze razziste? Lunaria ha tentato di rispondere a queste domande con il Rapporto sul razzismo in Italia (Manifes-tolibri 2009), edizione aggiornata del Libro bianco sul razzismo in Italia “Cro-nache di ordinario razzismo”.Le cronache documentate nel rap-porto parlano da sole: testimoniano l’infondatezza della tesi che tenta di volta in volta di liquidare come “casi isolati” quelle violenze razziste che, per la loro gravità, riescono ad acquisire visibilità sui media e divengono oggetto del discorso pubblico. L’analisi delle nuove norme adottate in materia di immigrazione nel 2008 e nel 2009 e il monitoraggio della stampa ev-idenziano come il mondo della politica, i media e il “diritto speciale” riservato ai migranti tendano a convergere nel pro-durre un’immagine prevalentemente negativa e stigmatizzante dei cittadini di origine straniera e dei rom. La decos-truzione dei pregiudizi e degli stereotipi veicolati dal discorso pubblico e dai media viene svolta grazie a un’attenta analisi del carattere performativo del linguaggio che li contraddistingue e attraverso la narrazione di otto casi es-emplari di cronaca che hanno coinvolto come protagonisti, nel ruolo di vittime o autori, cittadini stranieri. Conclude il rapporto un inventario dell’intolleranza che documenta 398 episodi di razzismo avvenuti tra il gennaio 2007 e il luglio 2009. Si tratta di un lavoro collettivo re-alizzato per conto di Lunaria (Lunaria è un’associazione di promozione sociale, indipendente e senza fini di lucro nata nel 1992 che ha sede a Roma) da: Paola Andrisani, Sergio Bontempelli, Alberto Burgio, Angelo Caputo, Giulia Cor-tellesi, Giuseppe Faso, Marcello Maneri, Grazia Naletto, Annamaria Rivera, Mau-rizia Russo Spena, Luciano Scagliotti. Il testo è disponibile sul sito www.lunaria.org.

Notizie da BaBele - iNiziative e segNalazioNi

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archivio dell’immigrazioNe

L’Archivio dell’Immigrazione è un centro di documentazione e di intervento su tutti gli aspetti della società multicultu-rale. Il centro di consultazione, collegato alla Facoltà di Scienze della Comunicazi-one della Sapienza Università di Roma, comprende: una videoteca, che rac-coglie il più ampio patrimonio audiovi-sivo in Italia sui temi dell’immigrazione, del razzismo e dell’asilo politico – ag-giornato con materiali della Rai, di emit-tenti private e produttori indipendenti; una biblioteca, che colleziona opere di saggistica, libri antologici, tesi e ricerche sul mondo degli immigrati e i paesi di provenienza; una emeroteca, che rac-coglie riviste, bollettini, notiziari e altre pubblicazioni periodiche dedicate ai temi dell’immigrazione; un’audioteca, con Cd musicali, lezioni, testimoni-anze e storie d’immigrazione; una rac-colta di materiali, giochi, cd, kit mul-timediali e percorsi didattici sul tema dell’intercultura; una raccolta fotografi-ca, sia cartacea che su supporto digitale; tre siti Internet collegati (oltre l’Archivio, Migra, il Coordinamento antirazzista e l’Archivio delle Comunità straniere) con tutti i materiali, i corsi, le mostre e le rassegne realizzate.

Direzione scientifica Massimo Ghirelli, Mario MorcelliniCoordinamento Ana Maria Galar-reta Echegaray

url: www.archivioimmigrazione.orge-mail: [email protected]

“NoN aver paura...”

“Non aver paura, apriti agli altri, apri ai diritti” è una campagna nazionale con-tro il razzismo, la paura e i pregiudizi che, nata nel marzo 2009, è riuscita a mettere insieme uno schieramento inedito, per ampiezza e pluralità. 26 soggetti fra i quali l’Alto Commissari-ato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), numerose associazioni laiche e religiose, insieme a Ong internazionali e alle principali organizzazioni sindacali, hanno deciso di unire le forze per dare un segnale chiaro all’opinione pubblica. Obiettivo principale della campagna è stato la raccolta di firme in tutta Italia contro il razzismo e la xenofobia e la loro consegna al Presidente della Re-pubblica Giorgio Napolitano. I promo-tori dell’iniziativa si sono impegnati a diffondere i messaggi della campagna, organizzando manifestazioni locali e nazionali, utilizzando diversi strumenti

di comunicazione tra cui uno spot tele-visivo e radiofonico (messi in onda sulle principali emittenti del servizio pubblico e privato), e un portale web (www.non-averpaura.org) che si propone come punto di riferimento per attivare anche i principali social network.

cospe a diversity toolkit

E’ ora disponibile anche in italiano A Di-versity Toolkit-Guida sulla diversità cul-turale nei programmi di informazione del servizio televisivo pubblico. Pensata per giornalisti, formatori, studenti di giornalismo e responsabili di testata, la guida si propone come strumento di lavoro e di formazione su temi atti-nenti alla Carta di Roma. Il toolkit offre infatti informazioni, strumenti e risorse per promuovere principi e pratiche della diversità culturale al’interno delle re-dazioni e nei programmi radiotelevisivi, oltre a presentare esperienze concrete, realizzate all’estero, che possono essere utilizzate e riadattate in altri contesti. Allegato al toolkit un DVD con estratti di programmi televisivi, prodotti in vari paesi europei, che illustrano in concreto le problematiche e le sfide che i gior-nalisti affrontano quotidianamente nel trattare i temi dell’immigrazione, delle minoranze e della diversità culturale. L’adattamento e la traduzione in italiano della guida sono stati curati da COSPE, in collaborazione con l’Università di Firenze, con il contributo della Regione Piemonte e il patrocinio del Segretariato Sociale RAI. La versione originale, realiz-zata da European Broadcasting Union e dall’Agenzia Europea per i Diritti Fonda-mentali, è frutto del lavoro di un grup-po di professionisti europei del servizio pubblico radiotelevisivo.

COSPE - Media & MultiCulturalità www.mmc2000.net via Slataper 10 - 50134 FirenzeT +39-055-473556 F [email protected]

News uNar

Il decreto legislativo 9 luglio 2003 n.215, attuando la direttiva comuni-taria n.43 del 2000, ha istituito in Italia, nell’ambito del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Con-siglio dei Ministri, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (U.N.A.R.) con il compito di garantire il principio della parità di trattamento e di non discriminazione indipendentemente dalla razza o dall’origine etnica. Il cita-

to decreto attribuisce all’UNAR oltre al compito di fornire ausilio ed assistenza alle vittime delle discriminazioni che contattano l’Ufficio tramite il nume-ro verde 800.90.10.10 ed il sito web www.unar.it, anche quello di svolgere inchieste - nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell’autorità giudiziaria e degli organi di vigilanza previsti dalla legge 3 febbraio 1963, n.69 – al fine di verificare, nel mondo della comunicazi-one, l’esistenza di fenomeni discrimina-tori e comunque offensivi della dignità della persona. L’UNAR, dal 1° gennaio 2010, ha quindi avviato una nuova procedura di seg-nalazione all’Ordine dei Giornalisti sui contenuti degli articoli segnalati, che ol-tre a costituire una violazione delle pre-scrizioni deontologiche contenute nella Carta dei Doveri del Giornalista, non ris-pettano le raccomandazioni contenute nella “Carta di Roma”, relative al dovere di rendere un’informazione corretta ed equilibrata in tema di richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti.

rivista liBertàcivili

Libertàcivili è una rivista bimestrale dedicata al tema dell’immigrazione in Italia. È nata nel gennaio del 2010, ha un comitato scientifico presieduto dal costituzionalista Enzo Cheli ed è diretta da Giuseppe Sangiorgi. Ogni numero è diviso in tre sezioni: la prima è monogra-fica su un argomento specifico, la sec-onda è composta di rubriche e la terza è di documentazione ufficiale sui dati dell’immigrazione nel nostro Paese. Fra i temi già trattati in modo specifico ci sono la condizione dei minori, il lavoro, il rapporto fra media e immigrazione, la condizione femminile. La rivista prende il nome dal dipartimento del Ministero dell’Interno che ha competenze in ma-teria di immigrazione, ed è edita da Franco Angeli con contribuiti proveni-enti dall’Unione Europea. La pubblicazi-one è rivolta agli operatori del settore e a quanti sono interessati alla materia, per avere un’esposizione dei fatti lib-era da pregiudiziali politiche e basata sui dati reali di un fenomeno che già oggi coinvolge in Italia cinque milioni di “nuovi” cittadini.

Notizie da BaBele - iNiziative e segNalazioNi

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Notizie da BaBele - le ricerche dell’osservatorio: coNtriButi dagli ateNei

aNteNNa. l’iNformazioNe iNterculturale iN piemoNteMarinella Belluati

(Università di Torino)

Dopo l’anno europeo dell’intercultura, il 2008, e a più di dieci anni da una precedente ricerca dedicata al rapporto tra in-tercultura e media locali piemon-tesi, l’Università di Torino e l’Istituto Paralleli hanno sentito l’esigenza di tornare sull’argomento promuoven-do, anche grazie al contributo della Regione Piemonte e dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte, una nuo-va ricerca realizzata da Marinella Belluati, Cristopher Cepernich e Michelangelo Conoscenti, docenti della Facoltà di Scienze Politiche, supportati dalla tenacia di Stefanella Campana. Il risultato di questo la-voro s’inserisce nel solco dalle inizia-tive della rete dell’Osservatorio nazi-onale sulla Carta di Roma, convinti che dalla vitalità di questo network dipendano molte delle riflessioni future che si svilupperanno intorno alle politiche pubbliche e alle regole di convivenza. Il punto centrale di questa ricerca è stata la declinazione locale del più ampio tema delle mi-grazioni e delle relazioni intercultur-ali, perché le dinamiche di territorio rappresentano la “prima pelle” per le esperienze interculturali. Utilizza-ndo metodologie differenti, il lavo-ro, svolto nel 2009, ha sovrapposto diversi piani di analisi allo scopo restituire una fotografia aggiornata della situazione in Piemonte.Il primo passo è stato quello di definire come l’intercultura si stia declinando nelle pratiche quo-tidiane del discorso pubblico; at-traverso un’intervista collettiva con alcuni opinion leaders, scelti tra professionisti della formazione e dell’informazione che in ambito lo-cale su questi temi sono impegnati da tempo, si è cercato di ricostruire un percorso iniziato come forma di educazione interculturale che ora si sta orientando verso la ricerca di metissage e di condivisione ai processi. L’approccio interculturale deve farsi metodo e affermarsi come guida deontologica per entrare in contatto con tutte l’Alterità, non solo quelle legate ai migranti. E il fine della comunicazione intercultu-rale deve essere quello di elaborare

una sintesi accettabile per società che dietro alla difesa della cultura nascondono le proprie inquietudini verso il cambiamento. Indagare il rapporto tra intercultur-alità e comunicazione in Piemonte ha significato anche approfondire le risposte alla sfida interculturale del sistema di media locali, censito at-traverso un questionario inviato alle redazioni. Delle 208 redazioni (69 radio; 110 periodici locali e 29 emittenti tv) solo 100 (49%) hanno accettato di rispondere, esito non pieno, ma comunque soddisfacente. Appro-fondendo gli aspetti legati al cover-age, più della metà delle redazioni ha dichiarato di occuparsi con fre-quenza di immigrazione, anche se non sempre in modo adeguato, come si deduce dal tipo di interesse giornalistico/redazionale ancora for-temente schiacciato sulla cronaca nera e sugli episodi di devianza. Emerge, al tempo stesso, anche un altro dato più confortante: il 56% riconosce un certo interesse verso good news. Le redazioni ammet-tono che gli eventi di matrice in-teretnica e le storie di integrazione stanno assumendo uno spazio im-portante nelle loro agende. Una parte del questionario è stata dedicata all’approfondimento delle principali pratiche redazionali dei media locali piemontesi in materia di intercultura (presenza di rubriche ad hoc, di collaboratori stranieri, conoscenza del codice deontologi-co, investimento redazionale ecc.). Attraverso un indice sintetico si è cercato di valutare il grado di avan-zamento. Solo il 23% media hanno ottenuto buoni punteggi; il risultato è contenuto, ma l’analisi ci dice si tratti di una tendenza in crescita. Un risposta poco confortante è sulla scarsa conoscenza della Carta di Roma: solo 34 redazioni su 100, hanno dichiarato di esserne al cor-rente.Il lavoro di ricerca ha inteso appro-fondire le esperienze maggiormente significative analizzando più nel det-taglio le redazioni locali attive nel campo dell’intercultura. Con gradi differenti, nelle “buone pratiche” raccolte si intravede una graduazi-one nell’approccio dei media pie-montesi; dal semplice interesse di cronaca, alle informazioni di servizio per gli stranieri, all’offerta di spazi culturali e informativi autogestiti e

infine a una vera e propria special-izzazione nell’offerta etnica rivolta a specifiche comunità straniere di cui si vogliono intercettare i bisogni comunicativi (romena e sud ameri-cane). Tra gli operatori dei media in Piemonte c’è chi ha ben chiara la strategia comunicativa più appro-priata per parlare di intercultura; chi è attento ma ancora alla ricerca di un approccio definito. Chi, invece, ritiene di non poter più evitare di occuparsi di intercultura in quanto tratto forte delle realtà locali. Utilizzando gli strumenti della cor-pus linguistics, un terzo aspetto della ricerca è stato quello di verifi-care il linguaggio giornalistico usa-to dalla stampa locale verso i temi dell’intercultura e dell’immigrazione. Lo studio si è sviluppato seguendo tre assi principali: l’identificazione delle parole significative del dizion-ario mentale del lettore, la loro fre-quenza di utilizzo e la loro vicinanza ad altre parole significative (collo-cazioni). In estrema sintesi rispetto al corpus analizzato emergono ricor-renze tra il termine immigrato con le aree riguardanti la “sicurezza”, il “lavoro” e gli “organi di polizia”. I migranti sono spesso connotati come “problema” enfatizzando una tendenza di tipo negativo, dato confermato dai molti riferimenti alle istituzioni preposte al mantenimen-to dell’ordine pubblico, senza però indicare possibili soluzioni. Sebbene sia identificabile una sovrappo-sizione a livello semantico fra extra-comunitario e immigrato, traspare come la maggior parte delle criticità e il ricorso a stereotipi siano accos-tabili al primo lemma. Si è notata infine la formazione, a livello linguis-tico, di una sorta di barriera tra Ital-iani e immigrati, in cui si percepisce una volontà prevalente di ridefinire il significato identitario dei primi ris-petto ai secondi.Questa analisi ha dimostrato che la fase attuale, seppur non buona per l’intercultura, può essere interpreta-ta come una fase di transizione ver-so nuovi scenari, i cui contorni deb-bono ancora essere messi in luce. L’orizzonte più interessante resta quello delle nuove tecnologie della comunicazione che vanno a inte-grarsi con i media più tradizionali. E questo lo sanno soprattutto le nos-tre nuove generazioni che saranno “nativi di tutti i colori”.

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Notizie da BaBele - le ricerche dell’osservatorio: coNtriButi dagli ateNei

ricerche per la comuNicazioNe cartografica dell’immigrazioNe iN italiaEmanuela Casti

(Università di Bergamo)

Nel quadro delle attività scientifiche promosse dal Centro studi e ricerche dell’Osservatorio Carta di Roma, l’Università di Bergamo sta compi-endo studi finalizzati all’analisi semi-otica dei sistemi cartografici per la mappatura del fenomeno migrato-rio, specialmente quelli utilizzati dai media. Essa si avvale della plurien-nale esperienza nell’analisi di proces-si migratori, dinamiche territoriali e sistemi comunicativi cartografici, maturata presso il Laboratorio Car-tografico Diathesis del medesimo Ateneo dall’équipe di geografi co-ordinata da Emanuela Casti (www.unibg.it/geografia). Le ricerche sono supportate dalla metodologia de-nominata Strategia SIGAP (www.si-gaponlus.org) e si organizzano in fasi modulari.Attualmente è in corso di realizzazi-one l’analisi della cartografia inserita nei servizi televisivi e negli articoli di giornale dell’anno 2008 che sono stati monitorati mediante la ricerca pilota compiuta dalla Facoltà di Sci-enze della Formazione della Sapien-za Università di Roma: l’obiettivo è di definire con più precisione il ruolo ricoperto dalla cartografia nella cos-truzione comunicativa della notizia. L’esclusivo impiego di dati statistico-quantitativi, usualmente utilizzati dai principali produttori e divulgatori di informazioni in contesto nazionale, produce un’immagine emergen-ziale dell’immigrazione; viceversa, l’integrazione di dati qualitativi, rac-colti mediante indagini di terreno, con metodologie partecipative volte a rilevare il punto di vista degli immi-grati, permette una prospettiva per l’applicazione di una governance. Più specificatamente, la ricerca intende porsi all’incrocio di due assi di rifles-sione che stanno impegnando tras-versalmente ricercatori negli ambiti nazionale e internazionale, ossia: i. l’analisi semiotica della comunicazi-

Carta 1 – La cartografia nella comunicazione mediatica: carte dei respingimenti nei telegiornale

Fonte: Tg La7, 16.05.2009, ore 10:00; Tg3, 25.10.209, ore 19:00; Tg3, 26.10.2009, ore 19:00Elaborazione: Laboratorio Cartografico Diathesis, Università di Bergamo

 

Carta 2 – Un paesaggio che cambia: le attività autonome dei Cinesi nel comune di Bergamo

Dati: Camera di Commercio di Bergamo; indagine di terrenoRealizzazione: Laboratorio Cartografico Diathesis, Università di Bergamo. Idea e progetto: Emanuela Cas-ti; raccolta dati: Alessandra Ghisalberti; elaborazione cartografica: Sara Belotti

one visiva nella prospettiva di trovare nuove tecnologie – cartografiche, digitali, video – utili alla rappresen-tazione del senso assunto dai sistemi migratori nell’età contemporanea; ii. l’analisi socio-territoriale finalizzata alla comprensione dei territori plu-rali ossia caratterizzati da multicul-turalità/multiculturalismo, ancorata a strumenti partecipativi in grado di attuare nuove forme di gestione del territorio. La cartografia, principale supporto alla conoscenza di un Mondo glo-balizzato improntato sul movimento, prospetta nuove possibilità per la

rappresentazione, l’interpretazione e la gestione dei sistemi socio-territo-riali. Allontanandosi dalla tradizion-ale rappresentazione topografica o tematica, essa è oggi chiamata a restituire tipi di spazio che reclamano nuove metriche, quale quella topo-logica, prospettando la dimensione societale del mondo ed esprimendo le esigenze della pluralità degli attori, del dinamismo degli scambi, del fat-tore tempo. Tale metamorfosi, resa possibile dalla digitalizzazione del processo costruttivo cartografico, costituisce la nuova sfida della con-temporaneità.

Page 20: Notizie da Babele - IL TEMPO DELLE RIVOLTE

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carta di roma - protocollo deoNtologico coNcerNeNte richiedeNti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migraNti

Il 12 giungo 2008 il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione della Stampa Italiana, d’intesa con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), hanno approvato la Carta di Roma - Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. Parte integrante degli strumenti culturali del giornalismo italiano, la Carta di Roma promuove una maggiore consapevolezza rela-tiva all’informazione inerente tematiche e soggetti legati all’immigrazione nel territorio della Repubblica italiana e altrove, facendo leva sui dettati della Carta dei Doveri del giornalista e sul criterio deontologico che, all’articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine, invita al rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati. Le linee guida fornite dalla Carta di Roma pongono l’attenzione sulla necessità di sostenere un’informazione responsabile che prenda le distanze da comportamenti non corretti e superficiali e dalla diffusione di informazioni alterate o generalizzate, quando non imprecise. Nello specifico, tale strumento chiede al giornalismo italiano di trattare questi argomen-ti con la massima accortezza soprattutto per quanto riguarda l’impiego di termini corretti dal punto di vista giuridico - allegando al documento un piccolo ma fonda-mentale glossario che riporta le specifiche di ogni status (rifugiato, richiedente asilo, migrante irregolare ecc.) - e le associazione non appropriate di notizie ai soggetti pro-

tagonisti della notizia stessa, che possano creare danni in termini di allarmismo ingiustificato e di conseguente in-debolimento della credibilità accordata alla categoria dei giornalisti. Inoltre, si fa riferimento anche alla necessità di tutelare i soggetti provenienti da altri contesti socio-culturali, laddove questi accettino di parlare con i gior-nalisti, considerando la possibilità che non tutti siano in grado di valutare le conseguenze dell’esposizione ai me-dia. Si richiede, quindi, cautela nei riguardi dell’identità e dell’immagine per non favorire l’identificazione dei sog-getti coinvolti e non esporli a ritorsioni contro gli stessi e le loro famiglie. Ancora, la Carta di Roma ribadisce il dovere di fornire al pubblico un’informazione corretta in un contesto chiaro, non tralasciando di esplicitare, dove possibile, le cause dei fenomeni, facendo appello al contributo di esperti e di organizzazioni specializzate in materia. L’impegno dei promotori ha portato, inoltre, all’inserimento di questi temi tra gli argomenti affrontati nelle attività di formazione dei giornalisti, che verranno altresì approfonditi periodicamente attraverso seminari di studio, all’istituzione di un osservatorio autonomo con il compito di monitorare l’evoluzione del modo di fare informazione su tali tematiche e di premi speciali dedica-ti all’informazione sui richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti.

Notizie da BaBele - l’osservatorio e l’associazioNe carta di roma

associazioNe carta di roma

L’Associazione “Carta di Roma” nasce per promuovere il Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti, promosso dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, dall’Ordine na-zionale dei Giornalisti e dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati e ha tra i suoi obiettivi l’istituzione di un Osserva-torio impegnato nel monitoraggio dell’informazione dell’immigrazione ed attività di sensibilizzazione e formazione.

L’Osservatorio è lo strumento promosso dall’Associazione che ha l’intento di valorizzare le esperienze di ricerca diffuse su tutto il territorio nazionale e che coinvolge numerose Università italiane. Tra queste hanno già aderito: la Sapienza, la Lumsa, Roma Tre, Pisa, Firenze, Bologna, Bergamo, Torino, Verona e Palermo. La direzione scientifica è stata affidata a Mario Morcellini. Partecipano al progetto anche organizzazioni e Istituti di ricerca del settore, impegnati in attività di analisi, formazione e comunicazione riguardanti le diverse dimensioni del fenomeno migra-torio come il Cospe (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti), l’Agenzia Redattore Sociale, l’Associazione Lunaria e Paralleli - Istituto Euromediterraneo del Nord Ovest.

La “Ricerca nazionale su immigrazione e asilo nei media italiani”, condotta dalla Facoltà di Scienze della Comu-nicazione della Sapienza e presentata nel dicembre 2009, ha costituito il primo step dell’attività dell’Osservatorio Carta di Roma. L’indagine ha riguardato i sette telegiornali nazionali (le edizioni serali di Tg1, Tg2, Tg3, Tg4, Tg5, Studio Aperto, TgLa7) e un campione di sei quotidiani (il Corriere della Sera, La Repubblica, L’Unità, il Giornale, Avvenire, Metro) monitorati in un periodo campione nei primi sei mesi del 2008. La ricerche anticipate in questo numero saranno poi descritte con maggiore dettaglio nel rapporto annuale preparato dall’Osservatorio.

Maggiori informazioni: www.cartadiroma.org

CARTA di ROMAOsservatorio