NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE E DI … · mento dei centri storici resi luoghi...

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O ggi, di fronte al degrado sociale ed eco- nomico che ci affligge, parlare di tutela del territorio e del paesaggio, sembra un’inutile esercitazione. Ma in realtà è un argomento che dovrebbe farci riflettere. Col passare del tempo, dagli anni ’60 in poi, le ferite che l’uomo ha inflitto all’ambiente sono state tante e spropositate a tal punto da non poter essere rimarginate. Il c..d. “miracolo economico” ha causato l’abbandono delle campa- gne che, per effetto dell’inurba- mento metropolitano, sono state abbandonate e lasciate incolte. Le periferie delle grandi città sono state invase dalla cementifi- cazione che ha sottratto una quantità enorme di terreno agri- colo alla collina e alla campagna, rovinandone l’armonia e la pro- duttività. Nell’ultimo decennio si parla di 300.000 ettari di suolo agricolo adi- bito ad altri usi o finito sotto il cemento. Il suolo è diventato, in altre parole, un sup- porto tecnico per una funzione economica dominante, omologando cultura e società. I luoghi per noi familiari, quelli della nostra gioventù, delle passeggiate in campagna, della civiltà contadina sono diventati aree industriali, residenze per ricchi, supermerca- ti, dormitori e hanno soppiantato saperi e sapori, memorie, tradizioni. Sono scomparsi le dolcezze e i silenzi dei paesaggi rurali, il lavoro duro e tenace dei contadini, le usanze che tramandavano una sapienza popolare. Una perdita irreparabile di valori, di memorie, di bellezza da un lato e dall’altro un soffoca- mento dei centri storici resi luoghi mirabo- lanti, preda di turisti e di inestetismi avvilen- ti. La campagna ha perso il suo fascino e il suo estetismo e la si è degradata per mancanza della sua funzione economica e storica. Che fare allora, di fronte a questo stravolgimento dell’ecosistema naturale creato dall’uomo tanti millenni or sono? Penso che occorra modificare il nostro siste- ma di vita, adottare una modalità di sviluppo sostenibile, restituendo alla campagna la sua funzione, riqualificando le periferie, valoriz- zando le peculiarità ambientali e artistiche delle quali il nostro Paese è pieno, coniugan- do il presente con il futuro. Per questo bisogna tornare all’idea di città incentrata sul “pubblico”, disponibile e frui- bile da tutti con un vocazione polifunzionale e municipale. “Alla ricerca del tempo perduto” dovrebbe diventare la parola d’ordine per riqualificare l’agricoltura avvalendosi delle tecnologie più avanzate per poter produrre alimenti locali e tradizionali, per qualificare la produzione, per garantire, attraverso un controllo di qua- lità più minuzioso, la sanità dei cibi. Servirebbe poi una società civile più coscien- te, più colta, appoggiata non solo dalla amministrazione locale ma anche dalla vasta rete di associazionismo che nella nostra Regione e anche nel nostro Paese certamente abbonda. Riproporre un modello economico compatibi- le con la società e con la cultura e ricomporre una rete sempre più fitta di relazioni che consenta un uso migliore del territorio e dell’ambiente dovrebbe essere l’imperativo per ria- prire un ciclo storico e per ritrovare i contesti materiali e visuali di vita. Un’opera di educazione civica, che parta in primo luogo dalla scuola pubblica, dovrebbe essere sostenuta dalle Istituzioni e dall’Associa- zionismo attraverso un’azione coordi- nata che dia autorevolezza alle norme, che pure esistono, sulla tute- la del paesaggio e dell’ambiente. Se non modificheremo sollecitamente i nostri comportamenti, dovremo pagare un conto salato e lo dovranno pagare soprattutto i ceti più deboli. L’imprevidenza umana e l’ingordigia di coloro che solo alcuni anni fa predicavano una economia basata sulla globalizzazione, dovrebbero farci riflettere, poi, sul consumo indiscriminato delle risorse, come se vivessi- mo in un eterno presente. Liberarci della dittatura del presente e avere una visione meno concitata della vita, più lungimirante, più saggia – e di qui un richia- mo alla cultura e al civismo della gente – sarebbe davvero una scelta rivoluzionaria. Una campagna per salvare l’ambiente DI RENZO BONOLI SENZA CONFINI NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE E DI PROMOZIONE SOCIALE SENZA CONFINI Anno VII - N° 4-2013 - Registrazione presso il Tribunale di Bologna - n° 7658 del 18/04/06- Tiratura: 1500 copie stampate su carta riciclata Dir., Red. e Amm. sede Via Saffi, 54 - Budrio (BO) - Dir. Resp. Maurizia Martelli - Comitato di red.: Renzo Bonoli, Maria Marzia Lodi, Guido Montebugnoli, Pietro Di Bartolo Per la Vs. pubblicità contattate Renzo Bonoli. Tel. 338 3904582 - www.senzaconfinitaly.com - [email protected] L’EDITORIALE www.senzaconfinitaly.it senza confini budrio Riflessioni Gesù: nasce la fede, e muore la religione a pagina 2 Budrio ieri C’era una volta... la fabbrica del ghiaccio a pagina 4 Eventi Il presepe in S. Agata e una mostra dedica- ta a Franco Zagari a pagina 9 Le nostre iniziative A.A.A. viaggiatori cercasi a pagina 10 Il gusto dell’identità La ricetta della torta al cioccolato della pizzeria “Lanterne” a pagina 11 RICETTA INEDITA

Transcript of NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE E DI … · mento dei centri storici resi luoghi...

Oggi, di fronte al degrado sociale ed eco-nomico che ci affligge, parlare di tuteladel territorio e del paesaggio, sembra

un’inutile esercitazione. Ma inrealtà è un argomento chedovrebbe farci riflettere.Col passare del tempo, dagli anni’60 in poi, le ferite che l’uomo hainflitto all’ambiente sono statetante e spropositate a tal puntoda non poter essere rimarginate.Il c..d. “miracolo economico” hacausato l’abbandono delle campa-gne che, per effetto dell’inurba-mento metropolitano, sono stateabbandonate e lasciate incolte.Le periferie delle grandi cittàsono state invase dalla cementifi-cazione che ha sottratto unaquantità enorme di terreno agri-colo alla collina e alla campagna,rovinandone l’armonia e la pro-duttività. Nell’ultimo decennio siparla di 300.000 ettari di suolo agricolo adi-bito ad altri usi o finito sotto il cemento.Il suolo è diventato, in altre parole, un sup-porto tecnico per una funzione economicadominante, omologando cultura e società. Iluoghi per noi familiari, quelli della nostragioventù, delle passeggiate in campagna,della civiltà contadina sono diventati areeindustriali, residenze per ricchi, supermerca-ti, dormitori e hanno soppiantato saperi e

sapori, memorie, tradizioni. Sono scomparsile dolcezze e i silenzi dei paesaggi rurali, illavoro duro e tenace dei contadini, le usanzeche tramandavano una sapienza popolare.Una perdita irreparabile di valori, di memorie,di bellezza da un lato e dall’altro un soffoca-mento dei centri storici resi luoghi mirabo-lanti, preda di turisti e di inestetismi avvilen-ti.La campagna ha perso il suo fascino e il suoestetismo e la si è degradata per mancanzadella sua funzione economica e storica. Chefare allora, di fronte a questo stravolgimentodell’ecosistema naturale creato dall’uomotanti millenni or sono?

Penso che occorra modificare il nostro siste-ma di vita, adottare una modalità di svilupposostenibile, restituendo alla campagna la suafunzione, riqualificando le periferie, valoriz-zando le peculiarità ambientali e artistichedelle quali il nostro Paese è pieno, coniugan-do il presente con il futuro.Per questo bisogna tornare all’idea di cittàincentrata sul “pubblico”, disponibile e frui-bile da tutti con un vocazione polifunzionale

e municipale.“Alla ricerca del tempo perduto” dovrebbediventare la parola d’ordine per riqualificarel’agricoltura avvalendosi delle tecnologie piùavanzate per poter produrre alimenti locali etradizionali, per qualificare la produzione,per garantire, attraverso un controllo di qua-lità più minuzioso, la sanità dei cibi.Servirebbe poi una società civile più coscien-te, più colta, appoggiata non solo dallaamministrazione locale ma anche dalla vastarete di associazionismo che nella nostraRegione e anche nel nostro Paese certamente abbonda. Riproporre un modello economico compatibi-

le con la società e con la cultura ericomporre una rete sempre più fittadi relazioni che consenta un usomigliore del territorio e dell’ambientedovrebbe essere l’imperativo per ria-prire un ciclo storico e per ritrovare icontesti materiali e visuali di vita.Un’opera di educazione civica, cheparta in primo luogo dalla scuolapubblica, dovrebbe essere sostenutadalle Istituzioni e dall’Associa -zionismo attraverso un’azione coordi-nata che dia autorevolezza allenorme, che pure esistono, sulla tute-la del paesaggio e dell’ambiente.Se non modificheremo sollecitamentei nostri comportamenti, dovremopagare un conto salato e lo dovrannopagare soprattutto i ceti più deboli.L’imprevidenza umana e l’ingordigia

di coloro che solo alcuni anni fa predicavanouna economia basata sulla globalizzazione,dovrebbero farci riflettere, poi, sul consumoindiscriminato delle risorse, come se vivessi-mo in un eterno presente. Liberarci della dittatura del presente e avereuna visione meno concitata della vita, piùlungimirante, più saggia – e di qui un richia-mo alla cultura e al civismo della gente –sarebbe davvero una scelta rivoluzionaria.

Una campagnaper salvare l’ambiente

DI RENZO BONOLI

SENZA CONFINI

NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE E DI PROMOZIONE SOCIALE SENZA CONFINI

Anno VII - N° 4-2013 - Registrazione presso il Tribunale di Bologna - n° 7658 del 18/04/06- Tiratura: 1500 copie stampate su carta riciclataDir., Red. e Amm. sede Via Saffi, 54 - Budrio (BO) - Dir. Resp. Maurizia Martelli - Comitato di red.: Renzo Bonoli, Maria Marzia Lodi, Guido Montebugnoli, Pietro Di BartoloPer la Vs. pubblicità contattate Renzo Bonoli. Tel. 338 3904582 - www.senzaconfinitaly.com - [email protected]

L ’ E D I T O R I A L E

www.senzaconfinitaly.it senza confini budrio

Riflessioni

Gesù: nasce la fede, e muore la religione

a pagina 2

Budrio ieri

C’era una volta...la fabbrica del ghiaccio

a pagina 4

Eventi

Il presepe in S. Agatae una mostra dedica-ta a Franco Zagaria pagina 9

Le nostre iniziative

A.A.A. viaggiatoricercasi

a pagina 10

Il gusto dell’identità

La ricetta della tortaal cioccolato dellapizzeria “Lanterne”a pagina 11

RICETTAINEDITA

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R I F L E S S I O N I S U L N ATA L E

Natale, nasce la Parola in un grembo didonna, Parola vivente di nome Gesù. Ei gesti e le parole di Gesù diventeran-

no quelle di un uomo che si ribella a unaParola arrotolata, prigioniera, resa ciecaperché chiusa dentro abitudini inamovibilipromosse da caste religiose che creano soloschiavitù e infelicità organizzate, e cheimprigionano anche quel vento dello Spiritoche non lascia dormire la polvere. Gesù, figlio di donna e di Dio, adempirà laParola della vita nell’amore, accarezzerà lapienezza della vita, la libererà, liberando

così la fede dalle manet-te della religione. Gesùchiuderà i libri e le dot-trine per aprire la vita,non porterà documenti ocatechismi, ma libertà,amore, solidarietà, voceagli ultimi. Eppure i poveri, cosìcome ogni emarginato,ogni oppresso, ogni pri-gioniero, ogni tormenta-to nella malattia e nellavita, dopo duemila annicontinuano ad esserenominati e confinatisolo nei nostri discorsi onel tintinnio di qualchemoneta di scarto. Anzi,si trovano ipocritamenteimprigionati in tutti i

fiati di parole dei padroni del mondo, dellecittà, dei paesi, della chiese, ma non incido-no né vivono negli attuali valori, quelli

negoziabili del mercato, del business dellasolidarietà, del PIL: valori e sigle che nontutelano né liberano persone, ma solo inumeri della ricchezza di pochi e dellamorte di molti. E così i poveri rimangono attorcigliati ingalassie verbali, dentro infiniti giri di paro-le, arrotolati dentro aggressioni morali, oavvolti da una verbosità clericale, religiosa,ipocrita, mentre noi non osiamo più sfidareil mostro della civiltà del mercato che divo-ra l’umanità, e ci sentiamo tutti educati aduna religione ‘prudente’, ‘equilibrata’, alloraquando si è allevati alla scuola di una pru-denza dal sapore vile e di comodo, diventadifficile convertirsi allo ‘squilibrio profetico’di Gesù, perché svestirsi di questa religioneconvenzionata e condizionata per coinvol-gersi nella fede convinta è operazione impe-gnativa e rischiosa, è un cammino acciden-tato e spesso contrastato nelle stesse realtàecclesiali, come lo fu per Gesù nella sinago-ga della sua Nazareth. Ma ci sono poveri e uomini che preferisconomorire di fame che morire di cose assurdeaffinché la storia possa diventare ‘altra’ daquella che è, e l’umanità possa vivere final-mente lo stupore e la grazia di essere figliaSua: figlia di un Dio che si schiera, un Diopartigiano che sta dalla parte degli ultimi,mai degli oppressori, e che si fa Uomo cosìlibero da essere incapace di aggredire, diodiare, di minacciare, perché quello di Gesùè un Dio esperto d’amore, capace solo diliberare e far fiorire la vita, e benedire queigrembi di donna che fanno nascere uominiliberi.

Gesù: nasce la fede, e muorela religioneDI FRA’ BENITO

Il 25 novembre 2013 è una data che resterà scol-pita per sempre nella storia del nostro Paese. Èpartita, infatti, dopo tante contestazioni, la rac-

colta dei rifiuti porta a porta, una scelta destinata asegnare un'epoca nella comunità budriese. Nellanotte tra il 24 e 25, raccontano alcuni nottambuli, èpartita l'operazione "ritiro dei cassonetti": mezzicorazzati scortati dalle Forze dellOrdine, per timoredi rappresaglie da parte dei cittadini contrari a que-sta iniziativa, hanno provveduto a sequestrare i vec-chi contenitori, tanto che al mattino i cittadini sonostati colti alla sprovvista, non sapendo dove colloca-re i sacchetti di rifiuti inevasi. Ho visto personal-mente persone, stravolte e piangenti, vagare per ilpaese alla ricerca di un cassonetto e tentare di apri-

re disperatamente un contenitore posteggiato ai latidi via Massarenti. I soliti capannelli di gente che inaltri tempi sostavano davanti ai cantieri e che nondi rado erano prodighi di consigli agli operai sul dafarsi, si erano spostati di fronte ai contenitori dirifiuti indifferenziati e osservavano con interesse ilvia vai dei cittadini che portavano i loro sacchi. Chicriticava il Comune, chi si preoccupava per la sortedei pannoloni, chi si chiedeva dove abbandonare glistuzzicadenti e chi incolpava i politici per la crisieconomica in atto, un argomento che non avevanulla a che fare con i rifiuti, ma che fa sempre presasull'opinione pubblica. Nel pomeriggio ho visto unaprocessione di badanti dirigersi con passo veloceverso i contenitori per la raccolta dei pannoloni: non

25 novembre:una data storicaper BudrioDI RENZO BONOLI

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R I F L E S S I O N I S U L N ATA L E

parevano molto soddisfatte di questo pellegrinaggioche toglieva loro una mezz'ora di libertà e parlavanotra loro in russo e rumeno. Non ho capito nulla deiloro discorsi se non la parola "Sindaco": non so se aPierini siano fischiate le orecchie. L'Amministrazione comunale ha distribuito moltoopportunamente un "rifiutologo" per aiutare i citta-dini a risolvere i dubbi sulla collocazione di certirifiuti, ma alcune famiglie, di cognome Zerbini, sisono adontate leggendo che gli zerbini andavanosmaltiti nell'indifferenziato: mica per nulla ma lorosono una vecchia famiglia onesta del territorio eavrebbero desiderato una collocazione più consonaal loro rango e alla loro storia. A proposito del rifiu-tologo, c'è chi è andato a consultare il vocabolario

per capire se si tratti di una nuova professione medi-ca, come lo psicologo e il cardiologo, ma non trovan-do la voce nelle pagine del dizionario, ha conclusoche poi, in fondo, non gliene importava un ficosecco perché forse, avendo solo la licenza elementa-re, non era tenuto a conoscere queste parole stranie-re. Magari avrebbe chiesto ai vigili urbani. Fervonointanto le iniziative tese a dissuadere l'Amministra -zione Comunale dall'insano proposito di porsi tra icomuni virtuosi nella tutela dell'ambiente. Presso leAgenzie di viaggio del paese sono già in vendita pac-chetti turistici con programmi di viaggio per andarea smaltire i rifiuti nei cassonetti di Castenaso,Granarolo e Molinella, mentre presto si discuterà inConsiglio Comunale la proposta di un referendum

per stabilire se i rifiuti devo essere consumati primao dopo i pasti e se i sacchetti di rifiuti organici deb-bano essere scaricati dai dissidenti in PiazzaFilopanti o davanti all'abitazione del Sindaco.Sicuramente contraria sarà la Befana, la quale ha giàavuto notizia che molte famiglie useranno le calzeper i regali, che sono in distribuzione il 6 gennaio,per riporvi i rifiuti che non hanno collocazione pro-pria. Vedrà il da farsi dopo aver consultato BabboNatale, che ovviamente parte prima di lei, ma dopol'avvio del "porta a porta".A sua volta però Babbo Natale è in ansia, perchéteme di essere scambiato per un operatore ecologicoaddetto alla raccolta dei rifiuti e fatto oggetto dicontumelie e lamentele di vario genere.

DI BOnDI FABRIZIO

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Quando si avvicina il periodo natalizio, ilmio ricordo ritorna al Natale di quandoero bambina, ed in particolare allo stu-

pore, ai profumi ed ai sapori di queltempo…semplice ma felice. L’attesa comincia-va a metà Dicembre, quando mio padre torna-va da Bologna con “ blocchi” di torrone arti-gianale comprato alla Fiera di santa Luciainsieme a una nuova statuina per il presepe. Lavigilia era caratterizzata da un rituale, che siripeteva ogni anno. La mia casa paterna si

trova in via L.Cocchi, di fronte a quella che eraallora la piazza coperta , dove si svolgeva ilmercato dl pesce e dove si vendevano gli albe-

ri di Natale, rigorosamente veri. Al mattinomia nonna si affacciava al balcone, per cono-scere il costo del capitone, urlato dalla pesci-vendola; e verso mezzogiorno, quando il prez-zo del pesce veniva ridotto, la nonna inviavail nonno Giovenzio a comprarlo. L’anguillaancora viva era posta nel lavello, dove conti-nuava a strisciare, prendendo le sembianze diun serpente immaginario agli occhi miei e dimio fratello. Nel pomeriggio la casa si riempi-va di un profumo intenso, dovuto alla lentacottura, nel tegame di coccio, del “serpente”,pronto per la cena della Vigilia. E ricordo lostupore della piazza, spesso a quei tempi inne-vata, illuminata del luccichio delle vetrine deinegozi; quello di Aldo Nanni con i sui giocat-toli, quello di Giorgio Nanni con la biancheriaper la casa, a Natale di colore rosso e i vestitiall’ultima moda, quello di Secondo Marchionicon l’incanto delle lucine, il bar di piazza coni cioccolatini colorati... poi c’era la nonnaFarina, che vendeva le buonissime mistocche,proprio sotto il voltone dell’orologio, insieme aTesti che vendeva le profumate caldarroste. Eall’angolo della piazza c’era il pollivendolo, cheesponeva i capponi su un banco di marmobianco, decorato da tralci di alloro e da qual-che arancia... e tutt’intorno il chiacchiericciodelle persone, che si scambiavano gli auguriper le feste imminenti. Lo stupore più grandeera al risveglio della mattina di Natale, quan-do al centro della loggia di casa scoprivamol’albero di Natale, allestito dai miei genitoridurante la notte, addobbato con tanti ciocco-latini di forme e colori diversi, con le strisced’argento e la cima di vetro dai riflessi colora-ti… Al ritorno dalla Santa Messa ci mettevamoa tavola per il pranzo e, sotto il piatto di mio

padre, con i tortellini fumanti, si intravvedevala letterina ricoperta di polvere d’argento,scritta da me e da mio fratello, con gli augurie i buoni propositi per il nuovo anno, nellasperanza che… il giorno dell’Epifania ci arri-vasse un regalo.,

Al dé d' Nadel̂DI GIULIANA MONARI

Il menù delle feste

Occorre precisare che nei tempi passati,anche solo 80-90 anni fa, le risorse ali-mentari erano enormemente inferiori aquelle di oggi, ma nella nostra terra labuona tavola ha sempre avuto moltaimportanza, e per questo si era disposti amolti sacrifici. La vigilia di Natale chipoteva cucinava l’anguilla, piuttosto cara,e che veniva venduta da strillanti pesci-vendole, arrivate nelle prime ore del mat-tino da Comacchio. E l’anguilla in umido, con un denso sugodi pomodoro profumato dal prezzemolo,costituiva il piatto forte della cena dellavigilia, accompagnata con verza o cardostufati. Il menu di Natale è rimasto lostesso fino ad oggi: tortellini cotti in unbuon brodo di cappone (e ogni famiglia hauna sua ricetta per il ripieno…), i bolliti(più noti come “alessi”) e il cotechino,serviti con la salsa verde e il purè. L’introduzione del panettone sulle nostretavole è abbastanza recente, e il dolce piùdiffuso a Natale era ed è il “panone“ aBologna chiamato certosino, un golosissi-mo miscuglio di farina, cioccolata, fruttacandita, mandorle.

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Ristorante

il GiardinoBudrio

Cucina classica bolognese

Convention e matrimoni

La tradizione si rinnova

Sarà capitato anche a voi, durante i caldipomeriggi estivi, gustando un ghiacciolo ouna granita ghiacciata, di pensare: “ma

una volta, quando non c’erano i frigoriferi e ifreezer, dove prendevano il ghiaccio?”La risposta è: nelle fabbriche del ghiaccio.Il ghiaccio ha una storia antica, densa di affa-scinanti racconti, che affollano le cronache diviaggiatori in Oriente, quando, fin dalMedioevo, avveniva il commercio estivo dineve e ghiaccio naturale, in città comeBisanzio, Tiro e Damasco. Simbolo di benesseree bene voluttuario per eccellenza, durante l’etàmoderna il suo utilizzo si estende anche inEuropa; poi, con l’incremento dell’industrializ-zazione, dal ghiaccio naturale si ha una rapidadiffusione della produzione di ghiaccio artifi-ciale. Così, da prodotto di lusso, si modifica inbene di prima necessità per la conservazionedegli alimenti. Parallelamente, durante il colo-nialismo, diviene una vera e propria “moda”e lasua “fabbricazione” darà vita ad un fiorentemercato del quale i produttori americani saran-no dominatori.

Budrio 1921 È stata una sorpresa scoprire che anche aBudrio è esistita una fabbrica del ghiaccio.Venne inaugurata da Leopoldo Poggi al civico30 di via Benni, il 5 maggio 1921, quandoancora i frigoriferi non esistevano, dunque perl’igiene pubblica e per chi gestiva attività eco-nomiche di una certa rilevanza era un elemen-to indispensabile e per questo molto richiesto eutilizzato.Fino ad allora, la fabbrica più vicina era quelladi Bologna, in via Rimesse, ma la provincia erascoperta; per questo Leopoldo Poggi, con uno“sbuzzo” da imprenditore, motivato da unaprole di otto figli, tutti maschi, si lanciò inquesto ambizioso progetto.

Il primogenito si chiamava Mario, e a lui erastata assegnata la responsabilità dell“arzdòur”,

cioè del contabile e amministratore dell’azien-da, mentre il padre Leopoldo e altri tre fratel-

C’era una volta...la fabbrica delghiaccio

DI MAURIZIA MARTELLI

B U D R I O I E R I

In alto, la fabbrica del ghiaccio degli anni ‘20, oggi abitazione di Leopoldo Poggi Junior.Sull’insegna, sbiadita dal tempo, c’era la scritta: Fabbrica del GhiaccioSopra, i fondatori della fabbrica nel giorno dell’inaugurazione: in primo piano Leopoldo Poggi; dietro, da sinistra, i fratelli Enea, Giulio, Mario (padre di Leopoldo junior) e Felice Poggi.

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li, Enea, Giulio e Felice, eranoaddetti alle vendite e alla pro-duzione, e in estate facevanopersino i turni notturni. Alleconsegne, a bordo di un fur-goncino, provvedevano invecedue operai, e con loro si con-cludeva il numero degli addettialla fabbrica, considerato ancheche gli altri fratelli erano anco-ra troppo piccoli per lavorare.Leopoldo fece costruire l’edifi-cio che, ancora oggi, seppurcon qualche intervento diristrutturazione per adibirlo adabitazione, ha conservato lastruttura originaria. Al primopiano, al quale si saliva attraver-so due scalinate, sul davanti vierano gli uffici e nel retro la fabbrica, mentrenel seminterrato la ghiacciaia, un magazzinoisolato termicamente in cui si stivavano fino acirca 100 quintali di ghiaccio prodotto. In cimaall’edificio c’era, e c’è tutt’ora, un ampio tettoterrazzato, un tempo arricchito da pennacchidecorativi sugli angoli.

50 quintali di ghiaccio al giorno rigorosamente trasparenteSi lavorava a ciclo continuo e, con acqua pota-bile dell’acquedotto, si producevano circa 50quintali di ghiaccio al giorno, più o meno duequintali all’ora, che avevano la forma di stecchetronco-piramidali lunghe circa un metro, da 25kg l'una. Caratteristica che rendeva il ghiaccio prodottoin fabbrica diverso da quello odierno era il leg-gero odore di ammoniaca, residuo delle fasi dilavorazione. Un odore inevitabile, perché per laproduzione si utilizzavano stampi dentro un’e-norme vasca dove circolava una soluzione sali-na raffreddata dai compressori che facevanofunzionare serpentine, in cui scorreva un gasliquefatto, in genere ammoniaca. Per questa operazione di raffreddamento sisfruttava l’acqua di due pozzi artesiani adia-centi all'edificio: insieme approvvigionavanol’impianto con 50-60 litri di acqua al minuto. Si è portati a pensare che il ghiaccio sia ghiac-cio e che quindi non possa avere particolaricaratteristiche di qualità. Non è così, perché la fabbrica dei Poggi produ-ceva un ghiaccio cristallino e trasparente, che

si otteneva facendo agitare l’acqua per mezzodi lame rotanti man mano che gelava neglistampi, per liberarla dalle bollicine d'aria inessa contenute, impedendo così di fargli assu-mere il tipico colore bianco opaco lattiginoso.Tant’è vero che quando capitava di rimaneresenza e di doverlo comprare a Bologna, i clien-ti si lamentavano dicendo: bàn, cusél cal giazz,al né megga bòn da magnèr.Gli stampi avanzavano in una sorta di catena dimontaggio e, quando il ghiaccio era pronto,dopo averlo estratto, si riponevano via via glistampi in fondo alla fila per riempirli nuova-mente.Quando la fabbrica aprì, le richieste comincia-rono a giungere da tutta la provincia, fin daSesto Imolese: inizialmente si servivano gliesercizi commerciali, in particolare le macelle-rie dove, in autunno, ancor più che d'estate, lecarni temevano l'umidità. Per conservare iquarti si utilizzavano ampi armadi coibentaticon uno strato di sughero, dotati di una cellache conteneva fino a due o tre quintali dighiaccio, che si sostituiva due volte la settima-na. Poi c’erano i bar e i chioschi, come quello dellaCorinna in Piazza Matteotti, che lo utilizzava-no per tenere in fresco le bibite e per produrrele granite, tanto amate dai bambini.Dopo la seconda guerra mondiale, la fabbricacominciò a servire il frigorifero di Molinella chediede il via all’esportazione di frutta all’esteroe quindi il trasporto di ghiaccio avveniva pres-so la stazione dei treni caricando i vagonimerci, che contenevano fino 20 quintali dighiaccio.

Al giazarénAnche i privati cominciarono adacquistarlo, seppure in piccolequantità, che un addetto perio-dicamente andava a vendere conun furgoncino a pedali carico distecche. Secondo le richieste,rompeva pezzi di diversa gran-dezza che la clientela portava acasa in sacchi di tela, per stivar-lo nei cosiddetti “giazarén”,mobiletti della grandezza di uncomodino foderati all’interno disughero e zinco e dotati di duescomparti: in uno si metteva ilcibo e nell’altro mezza stecca dighiaccio.La fabbrica non era però suffi-ciente al sostentamento di tutti

i Poggi e Leopoldo, da padre di famiglia previ-dente qual era, ancor prima della fabbrica delghiaccio, sempre in via Benni, aveva apertouna trattoria con annessa “osteria dell’Angelo”,gestita dalla moglie Matilde, che faceva degliottimi tortellini e le famose pulpàtt ed chèranfrôsta. Ma la sua intraprendenza andò ancoraoltre, spaziando ad attività imprenditorialidiversificate: comprò quattro trebbiatrici conpressatrici azionate da una locomobile a vaporeper lavori conto-terzisti e aprì un’officina mec-canica, che ha proseguito l’attività fino ai gior-ni nostri. Poggi pensò davvero a tutto, non solo al lavo-ro, ma persino all’intrattenimento teatrale chesi svolgeva nel cortile dell’officina meccanica,la cosiddetta “arena Poggi”. A recitare arrivavano compagnie di teatrantidella zona che, d’estate, si divertivano a recita-re commedie brillanti e dialettali, allietando leserate dei budriesi.

Un “cambiamento di stato”Negli anni del boom, l’Italia scopre gli elettro-domestici, primo fra tutti il frigo. Da questomomento le fabbriche del ghiaccio cominciaro-no a chiudere i battenti e questo avvenne nel1960 anche per la fabbrica dei Poggi. I fratelli si divisero nelle diverse attività fami-gliari e Leopoldo Poggi Junior, figlio di Mario,nipote del fondatore e testimone di questa sto-ria, con un semplice “cambiamento di stato”,da quello solido a quello liquido, decise di pas-sare dalla vendita del ghiaccio alla vendita diacque minerali e bevande.

B U D R I O I E R I

Un gruppo teatrale all’Arena Poggi.

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R I C O R D I

DI LEONARDO ARRIGHI

Il nome assegnato ad una strada nascondespesso una storia sorprendente e ricca dinumerosi spunti di riflessione. Una via può

essere percorsa in modo distaccato, consideran-dola soltanto dal punto di vista dimensionale ogeografico senza soffermarsi sui dettagli che larendono unica. Conoscere le vicende, che sicelano dietro al nome di una strada, permettedi attribuire un’anima a ciò che in precedenzapoteva apparire un anonimo nastro d’asfalto. Ifrangenti in cui solcheremo, ben provvisti diinformazioni, la stessa via diverranno l’occasio-ne per una interazione rinnovata e densa diconsiderazioni, che ci aiuteranno a ripensare lospazio circostante.

Il ricordo affievolito di Benedetto Schiassi La strada principale di Mezzolara (di Budrio) èintitolata a Benedetto Schiassi. Alcune personeanziane e pochi altri possono raccontare aned-doti sull’illustre compaesano, ma la maggioran-za degli abitanti ignora totalmente ogni riferi-mento all’esistenza del grande medico chirur-go. Il prossimo anno coinciderà con il 60º anni-versario dalla sua morte e sarebbe importanteche questo avvenimento venisse celebrato inmaniera adeguata. Dopo la cerimonia del 1964(10º anniversario dalla scomparsa) – che portòalla collocazione di una epigrafe commemorati-va sulla facciata della Scuola di Mezzolara – ilricordo di Schiassi si è progressivamente affie-volito, privando così le nuove generazioni di unfondamentale riferimento culturale. L’auspiciosarebbe che, attraverso la rievocazione dellasua memoria, l’interesse per Benedetto potesseaumentare, culminando con la richiesta (peruna volta “a furor di popolo”) di una doverosacelebrazione.

Un grande medico chirurgoBenedetto Schiassi nasce a Mezzolara il 1º giu-

gno 1869. All’età di ventisei anni si laurea inmedicina e chirurgia all’Università di Bologna.Al termine degli studi allestisce, sopra alla far-macia del padre, due stanze: una come camera

operatoria e l’altra per la degenza. Per qualcheanno opera in questa sede (oggi: via Schiassin.152) con la collaborazione di importanti dot-tori di Bologna e dal 1897 (lo sarà fino al 1935)è primario dell’ospedale di Budrio. Lo spiccatoacume scientifico si coniuga con una pionieri-stica attenzione per la sensibilità umana, checon il passare dei decenni diverrà un aspettoimprescindibile per la medicina. Schiassi con-duce numerose ricerche sulle tecniche di ane-stesia, basilari per sedare il dolore e renderemeno drammatico qualsiasi intervento chirur-gico. Nel 1900 il medico di Mezzolara introdu-ce, per primo in Italia, l’esecuzione della pun-tura lombare, che sarà in seguito uno dei puntifermi della pratica anestetica. I primati nellacarriera di Benedetto si susseguono rapidamen-te: nel 1907, grazie all’iniezione di soluzioni diioduro di potassio nelle vene, apporta un indi-scutibile miglioramento nella cura delle varici(la paternità, a torto, verrà attribuita, nel1927, al francese Sicard); nel 1908 inizia adimpiegare il metodo Grossich (uso della tinturadi jodio per la disinfezione del campo operato-rio); il 22 febbraio 1909, precursore in Italia,asporta chirurgicamente un embolo dall’arteriafemorale di un paziente affetto da cardiopatiamitralica. I grandi risultati ottenuti daBenedetto Schiassi gli consentono di ottenere:l’incarico, dal 1904, di docente di clinica chi-rurgica all’Università di Bologna (dal 1922 al

1926 sarà professore anche nell’ateneo diModena) e, dal 1915 al 1920, il ruolo di prima-rio dell’ospedale di Bologna.L’attività del lungimirante chirurgo prosegueincessante. Lo studio dell’origine nervosa dideterminate malattie (in particolare dell’ulceragastrica e duodenale) porta Schiassi all’inven-zione di un intervento che potesse ridurre sen-sibilmente gli effetti dell’innervazione-vascola-rizzazione disequilibrata sullo stomaco. Ilrispetto delle qualità caratteriali dell’individuo,sottoposto ad una operazione, diviene parteintegrante dei suoi progetti scientifici, non piùcircoscritti ad un’analisi fredda e distaccatadelle peculiarità emotive di ogni essere umano.La chirurgia non è per Schiassi un’azione esclu-sivamente demolitiva, bensì la professione delchirurgo deve armonizzarsi con un beneficoprocesso di ricostruzione. La strenuo contrastoall’asportazione totale della cistifellea e dellamilza confermano il pensiero di Benedetto, chesupporta le sue idee con due proposte innova-tive: la colocistendesi (apertura e chiusuradella vescichetta della bile) e la splenocleisi(riduzione della funzionalità della milza). Ilnome di Schiassi viene associato anche ad unsiero per la cura dello schock – conseguente avari tipi di traumi – e ad un intervento (Talma-Schiassi) praticato in caso di versamento addo-minale.L’eclettismo e la duttilità intellettuale diBenedetto ottengono alcuni prestigiosi ricono-scimenti a livello internazionale: i paesi anglo-sassoni assegnano a Schiassi la paternità dellatecnica di ricostruzione dello stomaco; nelnovembre 1967 (a tredici anni dalla scomparsa)– il Congresso Medico Internazionale, svoltosi aVienna – certificata la priorità mondiale allasua teoria della vagotomia nella cura dell’ulce-ra gastrica, che diverrà presupposto irrinuncia-bile per i futuri sviluppi della medicina psico-somatica.

2014, l’anno di Benedetto Schiassi Schiassi muore a Bologna il 23 luglio 1954,pochi giorni dopo aver eseguito il suo ultimointervento, all’età di ottantacinque anni. Lasperanza è che il prossimo anno possa essereanche l’anno di Benedetto Schiassi: un sentitoomaggio agevolerebbe la volontà – anche deipiù giovani – di familiarizzare con la splendidastoria del grande mezzolarese, che con le suequalità umane e professionali ha indubbiamen-te contribuito al progresso dell’umanità.

Via Schiassi, unastrada che nascondeuna storiastraordinaria

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S PA Z I O G I O VA N I

MZ ASPIRATORI Via Certani, 7 - Budrio (BO)

DI TIBERIO VENTURA

Tiberio, il nostro giovane collabora-tore impegnato in Irlanda permotivi di studio, ci invia questa

amara riflessione sulla realtà delle peri-ferie di Dublino, quelle case che luidefinisce “The forgotten flats”, gliappartamenti dimenticati.

Alcune delle case sono carcasse di cementolasciate invecchiare dal tempo. Un'altalena euno scivolo mangiato da un incendio, sonociò che rimane di un parco giochi per bambi-ni. Gli angoli delle strade sono piccole disca-riche dove vengono lasciati i rifiuti. Le paretidegli appartamenti contengono prodotti checausano problemi respiratori ai residenti,molti dei quali soffrono d asma.

Questi sono i quartieri popolari di Dublino,situati nelle zone periferiche della città. Lecase vennero costruite durante gli anni ses-santa e settanta per ospitare le famiglie piùbisognose, infatti il costo degli affitti dipen-de dal reddito del residente, in modo dagarantire il diritto di abitazione anche a colo-ro che non possono permettersi di pagare un

affitto normale.

Chi cresce nelle strade di questiquartieri aspira a trovare una viadi fuga per potersene andare. Lemura dei palazzi sono coperte digraffiti che ritraggono rapperfamosi, come: 50 cent, Eminem eRihanna. Sono questi gli idolicon cui crescono le giovanigenerazioni dei quartieri diRialto e Dolphin's Barn, vedendoin loro il simbolo di chi ce l'hafatta a lasciarsi alle spalle gliodori e i vicoli dei quartieripopolari.

Qui i ragazzi fanno della stradala propria educazione, vivendola

come palestra di vita. Molti di loro cresconoin contesti famigliari di violenza domestica eabuso di droghe.Coltivando questo malesse-re al’interno dei proprinuclei familiari, i ragazzisfogano la propria rabbiain strada.Sfortunatamente i giovaniresidenti di questi quartie-ri vengono riconosciuti,non per ciò che sono, ma avolte per il quartiere diprovenienza che li lega auna cattiva reputazione.

Al contrario, ci sono resi-denti che dedicano il loro

tempo nel creare organizzazioni, che siimpegnano nel garantire i diritti a coloroche abitano in questo quartiere e soprattu-to a garantire un futuro alle generazionipiù giovani. Una di queste associazioni si chiama“Rialto Rights In Action Group” che, prece-duta da altri gruppi, sta conducendo unabattaglia contro il Dublin City Council, inmodo da raggiungere l'obbiettivo dellacostruzione di nuove case piu idonee aospitare le famiglie; infatti, alcune di essevivono in appartamenti dove sono disponi-bili solamente una camera da letto.

Il loro progetto si chiama “Regeneration” evuole battersi per la rigenerazione degli

spazi urbani dei quartieri popolari. Ma la sto-ria di questo gruppo nasce nel 2004, quandoproposero al Dublin City Council un nuovoprogetto che prevedeva la ristrutturazione dialcuni degli appartamenti e la costruzione dinuove abitazioni piu consone a famiglie eanziani. Dopo circa quattro anni di dialogo enegoziazioni tra le parti, nel 2008 “DublinCity council”, vedendo il paese in preda allacrisi finanziaria, decise di accantonare il pro-getto di Regeneration per mancanza di fondi.

In questi cinque anni, trascorsi a partire dal2008, tutti i miglioramenti apportati a Rialtoe Dolphin's Barn sono frutto della costantebattaglia delle associazioni dei residenti chesi impegnano a migliorare la qualità di vitadi tutti coloro che risiedono in quel quartieree a offrire una via di fuga ai giovani.

The ForgottenFlats

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E V E N T I

Le splendide raffigurazioni del Presepe edella Processione della Madonna dell’Olmoche la nostra Associazione a suo tempo

donò alla Parrocchia di Budrio e che, inspiega-bilmente, finirono al Museo della ReligiositàPopolare a S. Giovanni in Triario (Minerbio),sono finalmente ritornate alla loro patria,Budrio. Ora queste due opere di RobertoBarbato vengono ripresentate in occasionedella Rassegna “La Magia del Presepe”, giuntaalla sua XI edizione e divenuta un appunta-mento tradizionale del nostro territorio.L’opera, nel suo complesso, comprende circa120 statue in terracotta, coniugando due rap-presentazioni che tramandano a noi costumi e

sentimenti locali del secolo scorso e che raffi-gura appunto una consuetudine religiosa dellanostra Comunità.Roberto Barbato, considerato uno dei piùapprezzati maestri nell’arte della lavorazionedella terracotta, ha realizzato questo insolitoconnubio tra la scena della nascita di Gesù e laprocessione dei fedeli che si recano dalla Chiesadi S.Lorenzo a quella dell’Olmo e che, in questaanomala e singolare rappresentazione, siincamminano invece verso la capanna diBetlemme. Una raffigurazione che diventa uninedito paradigma, un punto d’incontro tra lacultura religiosa, il sentimento popolare e lacreazione artistica, proprio perché intimamen-te legato ad una dimensione e ad una tradizio-ne locale, pur sempre religiosa, ma diversadalla presentazione scenica della Natività.I personaggi che popolano la scena della nasci-ta di Gesù a Betlemme, inopinatamente sparitidalla scena nel corso della peregrinazione delpresepio tra le varie sedi dove è stato esposto ele decine di statue che rappresentano i fedeli inpellegrinaggio alla Madonna dell’Olmo (labanda musicale, i bambini, i devoti che sorreg-gono l’immagine della Vergine, i popolani),sono figure che interpretano fedelmente egenuinamente “scene di genere” che sul pianostorico ed artistico riportano alla tradizioneottocentesca e che l’artista ha saputo mirabil-mente presentare con straordinaria perizia arti-gianale.

Il Presepe per Pierluigi ZamaraAd incorniciare la monumentale opera diBarbato, sugli altari laterali di S. Agata, quat-tro opere di Pierluigi Zamara, un presepista

veneziano che però considera Bolzano, dovevive dall’età di 25 anni, la sua vera patria. Amante dell’architettura e del disegno, dal1994 costruisce presepi, cercando di superare,nella loro composizione, i canoni tradizionalidell’arte presepiale, alla scoperta di arcani esegreti che si celano nella rappresentazionedella Natività. Trova spunti e idee nella ricca scelta di opered’arte e mostre che l’Italia offre al suo occhioattento e spesso supera la realtà seguendo lasua inesauribile fantasia. A tutt’oggi ha costruito 120 presepi, quattrodei quali vengono appunto presentati nella ras-segna budriese. Gli abbiamo chiesto che cosa rappresenta per

Il ritorno del presepe diAndrea Barbato

La rappresentazione artistica della processionerealizzata nella chiesa di S. Agata denota unabuona somiglianza con l’ordine con cui si orga-

nizzava in passato il corteo che accompagnava per levie del centro la Madonna.Apriva il corteo, e ancora oggi lo si fa, la “paliola”(da palio), il paramento ricamato sostenuto da unmembro della Confraternita del SS. Sacramento.Seguivano, ma succede ancora oggi, gli uomini adul-ti con le varie bandiere delle associazioni parrocchia-li maschili: ragazzi del ricreatorio S. Luigi, di S.Agata, aspiranti, giovani e adulti della AzioneCattolica. Dietro il corteo degli uomini c’era il corpo bandisti-

co; (oggi la banda non è più presente da quando,forse, la banda di Budrio smise di suonare).

In passato a Budrio erano presenti, oltre i Frati Servidi Maria, altri ordini religiosi: cappuccini e domeni-cani, che partecipavano a tutte le manifestazionireligiose all’esterno della chiesa; essi si collocavanodietro al corpo bandistico.Seguivano il piccolo clero, i chierichetti i quali eranopreceduti dai paggetti, ragazzi vestiti in bianco enero la cui presenza era condizionata da quella delVescovo. Seguiva il clero, i parroci del comune di Budrio incotta e stola, i celebranti in camice, stola incrociata

La processionedella Madonnadell’Olmo: tradizione e devozioneDI Padre Luigi Tugnoli

La mostra resterà apertapresso la Chiesa di S.Agata fino al 6 gennaio 2014 nei seguenti giorni:

22-24-25-26 e 29 dicembre 2013 e1-5-6 gennaio 2014

dalle 10,30 alle 12,30e dalle 15,30 alle 18,00

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E V E N T I

lui il presepe in rapporto alla tradizione deidiorami, molto diffusi nell’Italia settentrionale.

“Nella tradizione cattolica il 25 dicembre è lanascita di Gesù. Bella scoperta, direte voi! Perqualcuno, però, il 25 dicembre èl’Annunciazione, la visita di Anna a Maria, laricerca dell’alloggio, il censimento, la fuga inEgitto e via di questo passo. La parola “prese-pe” è derivata dal latino “praesaepe” che signi-fica “greppia”, mangiatoia, cioè la culla (si faper dire) dove venne coricato Gesù appena nato.È evidente il motivo per il quale la ScuolaCatalana e la derivata Scuola Lombarda, si sonodedicate al diorama: l’eccessivo realismo dellascena. Si comincia dalla nascita: sotto una grotta, poisotto un arco, poi sotto una tenda, dentro unacasa diroccata, ma poi mancano i soggetti equindi si passa all’annunciazione e non c’è piùfine. Ma il presepe della nostra italiaca tradizio-ne è finito? Qualcuno ha dimostrato che ci sonomille modi per rappresentare la Natività, bastaun minimo di fantasia e non abbeverarsi semprealla stessa fonte. Al diavolo la “Scuola” e cerchiamo di sfruttareil mercato che ci può fornire le statue nelle foggepiù disparate, le quali ci ispirano ambientazionisuggestive e innovatoive.Finché i nostri fornitori sono di Cremona e diBergamo, da noi abituati ai diorami, non potre-mo esplorare nuovi scenari perché condizionatidalla “scuola” che ci ha fatto il lavaggio del cer-vello.Proseguiremo quindi a mangiare McDonald’s e abere Coca-Cola, disdegnando il cotechino e il bic-chiere di rosso fatto in casa. Bene, continuiamopure così”.

sul petto, piviale di colori diversi a seconda del tipodi manifestazione (rosso, bianco, verde, viola).Accanto al celebrante due sacerdoti con camice bian-

co e funicella del colore identico a quello indossatodal celebrante. Seguiva l’immagine della Madonna,collocata nell’appariscente fioriera, sostenuta a spal-le da due portantini, membri anch’essi dellaConfraternita del SS. Sacramento (altri li affiancava-no per dare loro il cambio). Essa era attorniata, maancora oggi lo si fa, da quattro o sei lampioni soste-nuti sempre da membri della Confraternita del SS.Sacramento. Seguivano le “figlie di Maria”, con i loro stendardibene in vista, accompagnate dalle suore. Dagli anni quaranta partecipavano le suore Serve diMaria e quelle della congregazione a servizio pressol’Istituto S. Gaetano, l’ospedale e la casa di riposo

(ricovero). Infatti nel convento di via Bianchi fino al1937 erano presenti le suore di clausura che da quel-l’anno furono aggregate fino alla loro scomparsa(anni ’50) dalla congregazione delle Serve di MariaAddolorata che oggi sono ancora presenti a Budrio invia D’Ormea e svolgono un servizio di scuola mater-na. Alle spalle delle “figlie di Maria” sfilavano gli sten-dardi delle varie associazioni femminili: AzioneCattolica, Terz’Ordine dei Servi di Maria.Chiudevano il corteo tutte le latre persone parteci-panti, perlopiù donne, provenienti anche da altreparrocchia.

martedì,venerdì ore 16-19sabato efestivi ore10,30-12,00e 15-19

Una mostra da non per-dere: un greatest hits discatti fotografici realizzatidal fotografo budriese, che rive-lano il legame indissolubile con ilmondo delle auto e la sua grande passio-ne per il collezionismo, ma ancheun collage della sua biografia.Appunti, lettere, ritagli didiari e fermi immagineche ci rivelano la suanon comune perso-nalità e ci racconta-no le sue emozionispesso nascostedietro l’ironia,quel sottile puntod'incontro fra intel-ligenza, sensibilità emalizia che lo hannoper tutta la vita con-traddistinto.

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Via Beroaldi, 29 - 40054 BUDRIO (BO)Tel. 051/801532-802521 Fax 051/808193

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L E N O S T R E I N I Z I AT I V E

La Fiera di Sant’Orso è la più antica dell’ar-tigianato di tutto l’arco alpino e si svolgeogni anno il 30 e 31 gennaio, ovvero nei

due giorni che precedono la ricorrenza delSanto che cade il 1° febbraio.Vi partecipano un migliaiodi espositori tra artisti eartigiani valdostani, cheespongono i loro lavorifrutto della loro attivitàproduttiva o dei lorohobby. Per due giorniAosta si trasforma in unamostra-mercato a cieloaperto con tanti espositoririuniti nel segno del gustoe della tradizione.Questa fiera vanta una tra-dizione millenaria. Infattigià nel medioevo si svolge-va nel Bourg di Saint-Ours,l’area che porta il nome delSanto. Racconti leggendarinarrano che tutto ebbeinizio proprio di fronte alla chiesa dove ilSanto, vissuto anteriormente al IX° secolo,sarebbe stato solito distribuire ai poveri indu-menti e “sabot”, le tipiche calzature in legnoche saranno esposte anche nella fiera, dovesaranno presenti anche sculture in legno, operein cuoio e ferro battuto, tessuti in lana lavora-ti al telaio, merletti, vimini, oggetti per la casa.La fiera è anche musica, folklore e degustazio-ni gastronomiche di vini e prodotti tipici eviene coronata dalla “Veillà”, la veglia nottur-na con le vie illuminate e piene di gente finoall’alba.La visita alla fiera è un’esperienza unica, indi-menticabile, da vivere con intensa partecipa-zione emotiva. Ecco il programma:

1° giorno: BOLOGNA-AOSTAOre 8,30 - Ritrovo dei partecipanti davanti alCircolo Benassi di S.Lazzaro di Savena. Ore 9,00 - Partenza in pullman GT e pranzolibero durante il viaggio. Nel pomeriggio visitaal Castello di Fenis, uno dei più belli e visitatidella Valle d’Aosta con il suo “tribunale”, dovesono visibili il simbolo della giustizia e la cap-pella completamente affrescata e con le balco-nate che si affacciano sul cortile d’ingresso.Ore 18,00 – Arrivo ad Aosta dove inizia la festapopolare presso l’antica Porta Pretoria.Esibizione di gruppi folk e distribuzione dibrodo e “vin brulè”. Cena e pernottamento inHotel.2° giorno: AOSTA – COURMAYER – BOLOGNAPrima colazione in Hotel e partenza perCourmayer, località turistica che conservaun’autentica atmosfera alpina, dove si passeg-

gerà tra i negozi della centrale via Roma, stret-ta e tortuosa e nei rioni che circondano ilnucleo principale della città e si spingono nellaparte centrale della valle dove la Dora della ValVeny e quella della Val Ferret confluiscono nellaDora Baltea. Proseguimento per Bard per la visita del Forte,rimasto quasi intatto nella sua costruzione ori-ginale, che rappresenta uno dei migliori esem-pi di fortezza di sbarramento di primoOttocento. La sommità è facilmente raggiungi-bile grazie ad ascensori panoramici che consen-tono l’accesso all’Opera Carlo Alberto e unaveduta spettacolare nella vallata sottostante.Al termine della visita, partenza per Bolognadove si arriverà in serata.

A.A.A. VIAGGIATORICERCASI

Festa di Sant’Orso, Aosta eCourmayer30-31 gennaio 2014

Come partecipare...

La gita, organizzata a partire da 25 adesio-ni, comprende:

• Quota di partecipazione: Euro 150,00

• Supplemento camera singola Euro 25,00

La quota comprende:

• Viaggio in pullman GT

• Pedaggi e parcheggi

• Vitto e alloggio autisti

• Sistemazione in Hotel *** in camere dop-pie con servizi

• Trattamento di ½ pensione bevandeescluse

• Visite guidate come da programma

• Assicurazione medica e bagaglio

• Ingresso al Castello di Fenis € 5,00 - gra-tuito per over 65 anni

• Ingresso al Castello di Bard € 6,00

La quota non comprende:

• Tassa di soggiorno

• Ingressi ed extra in genere

• Tutto quanto non espressamente indicato

Per informazioni e prenotazioni rivolgersi aRenzo Bonoli: Tel. 338-3904582

Termine ultimo per le adesioni: 10 gennaio 2014 – Posti limitati

Assicurati alla vita Agenzia Generale di BUDRIO

di ZUCCHELLI AURELIO

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DI FAUSTA LAMBERTINI

Quando accompagno la mamma a respirareun po' di aria paesana, percorriamo i vialiche tracciano il confine del centro o i vin-

colati nel cuore di Budrio.�Le soste sono nume-rosissime perché gli incontri non si limitano adun cenno di saluto, ma sono delle piacevoliconversazioni condite di ricordi.�Immancabilmente, dopo i convenevoli, si parladi cibo.�Non sorprendetevi, è quasi inverosimi-le, sono trascorsi 40 anni ma il ricordo delle"Lanterne" è ancora vivo in tante persone.�Erail luogo degli incontri, delle serate in compa-gnia o in famiglia, del ristoro dopo l'allenamen-to o dopo la partita di bigliardo, dove anche i“biasanot” sapevano di trovare accoglienzanonostante l'ora tarda.�Giovanni era un piz-zaiolo speciale e non solo perché la sua pizzaera la migliore, era buon amico di tutti e per

me il fratello che non avevo avuto.�Di quel luogo e di quei tempi, c’è però un ricor-do che è diventato ormai un mito: la torta alcioccolato!�Tutti, sottolineo tutti, hanno ten-tato in ogni modo nel corso degli anni, di con-vincere la Carla a rivelare la ricetta, ma lei,orgogliosa e appagata dai complimenti cheancora riceve, non ha mai ceduto, avvalendosidella facoltà di non rispondere.�Io però, chedella Carla sono la figlia e per giunta conviven-te, so esattamente come insinuarsi tra le suecertezze e con promessa che il segreto sarebbestato pubblicato su questa rivista come regalodi Natale a tutti gli amici, l'ho convinta.�Ebbene sì dopo 40 lunghi anni di suppliche,alla veneranda età di 88, l'unica detentrice delsegreto delle “Lanterne”, ha deciso di scenarioper essere la protagonista dei vostri ricordi.

Ecco la ricetta:

Ingredienti• 6 hg di zucchero�• 4 hg di farina�• 4 uova�• 2 buste di vanillina�• 5 cucchiai di cacao amaro in polvere�• 1/2 litro di latte�• 125 grammi di burro�• 1 cucchiaio di bicarbonato

Per la farcitura a freddo• 1 kg zucchero a velo�• 125 grammi di burro�• 4 cucchiai di cacao�Latte q.b

ProcedimentoMontare le uova con lo zucchero e aggiungeread uno ad uno tutti gli altri ingredienti lavo-rando il composto fino ad ottenere una consi-stenza non troppo densa.�Riempire uno stampoimburrato e infornare a 180 per 30min.Intanto preparare a freddo la farcitura che ser-virà anche per ricoprire la torta.Lasciare raffreddare, tagliare a metà, farcire ericoprire. �Mettere in frigorifero 30 minuti eservire rigorosamente con panna montata.

“Serve passione e gioia nel prepararla, nonabbiate fretta e accarezzate gli ingredienti”.�

Un caro abbraccio a tutti e BUON NATALE!� CARLA

Ricordate la torta al cioccolato dellapizzeria “Lanterne?” Svelata la ricetta...

I L G U S T O D E L L ’ I D E N T I T À

Chi volesse le soluzioni può richiederle a:

[email protected]

Da “Il Grande libro degli enigmi”, Rizzoli

Giochiamoinsieme

RICETTAINEDITA

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I nostri incontri e visite guidate

SABATO 15 FEBBRAIO

LA RAGAZZA CON L’ORECCHINODI PERLA Dall’8 febbraio al 25 maggio2014, il capolavoro di Vermeersarà in Italia, a Bologna, accol-ta con tutti gli onori del caso aPalazzo Fava.Sarà la star indiscussa di unaraffinatissima mostra sullaGolden Age della pittura olandese, curata da Marco Goldine tra gli altri da Emilie Gordenker, direttrice del MauritshuisMuseum de L’Aja dove il capolavoro di Vermeer è conservato.L’occasione storica di ammirare in Italia questo quadro e glialtri celeberrimi dipinti olandesi, nasce dalla collaborazione trala Fondazione Carisbo, e per essa il suo presidente professorFabio Roversi-Monaco, e Marco Goldin, storico dell’arte eamministratore unico di Linea d’ombra.La ragazza con l’orecchino di perla evoca bellezza e mistero eil suo volto da cinque secoli continua a stregare coloro chehanno l’emozione di poterlo ammirare dal vero o scoprirloattraverso i romanzi e il film, di cui la bellissima ragazza dalcopricapo color del cielo è diventata, forse suo malgrado, pro-tagonista.Il suo arrivo in Italia è il frutto straordinario di una trattativadurata un paio di anni, a partire dal momento in cui ilMauritshuis – scrigno di opere somme da Vermeer fino aRembrandt – è stato chiuso per importanti lavori di restauro eampliamento, che ne vedranno la riapertura al principio del-l’estate 2014.Nel frattempo, una parte delle collezioni del Museo è statoriallestita presso il Gemeentemuseum, sempre a L’Aja, mentreun nucleo, forse il più strepitoso, è stato concesso ad alcunesedi internazionali, in Giappone (a Tokyo e Kobe) e negli StatiUniti, il Fine Arts Museum di San Francisco, l’High Museum of

Art di Atlanta e la Frick Collection di New York, ovvero a isti-tuzioni di assoluto prestigio mondiale. Come unica sede europea, e ultima prima del definitivo ritor-no de La ragazza con l’orecchino di perla al suo Museo rinno-vato, la scelta è caduta su Bologna e su Palazzo Fava.

“Sarà l’unica occasione per ammirarla in Europa al di fuoridella sua sede storica da dove, conclusa la mostra bolognese,probabilmente non uscirà mai più, essendo l’opera simbolodel museo riaperto”, afferma il Presidente di Genus Bononiae,Professor Fabio Roversi-Monaco.

La ragazza con l’orecchino di perla non sarà l’unico capolavo-ro di Vermeer in mostra. Ad affiancarla ci sarà Diana e le sueninfe, grande olio del Maestro. E ancora, ben 4 Rembrandt epoi Frans Hals, Ter Borch, Claesz, Van Goyen, Van Honthorst,Hobbema, Van Ruisdael, Steen, ovvero tutti i massimi prota-gonisti della Golden Age dell’arte olandese.

Accanto a questa mostra, la Fondazione Carisbo e GenusBononiae proporranno anche “Attorno a Vermeer”, omaggiotributato da una quindicina di grandi artisti italiani contempo-ranei, da Guccione a Sarnari, da Olivieri a Verna, scelti daMarco Goldin per il senso della loro adesione all’intima ideaspecialmente del medium luminoso vermeeriano, senza distin-zione tra figurativo e astratto.Il binomio antico-contemporaneo è, del resto, una precisacifra stilistica del critico veneto, riaffermata in modi diversi eoriginali in concomitanza di molte delle sue mostre.All’opera di Vermeer sarà dedicata un intero salone di PalazzoFava... Una visita da non perdere! Ritrovo ore 9,30 presso Palazzo Ghisilardi Fava, Via Manzoni,2, Bologna.

Per adesioni e prenotazioni,

telefonare ai seguenti numeri:

� 338 3904582

� 3486554080

Supermercato di MolinellaVia Podgora 31 - Tel.051-882775

Supermercato di BaricellaVia Roma 199 - Tel.051-879146

Supermercato di BudrioVia Verdi 4 - Tel.051-801644

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