notizianon .ipuò dareep" importante d'Italia.Rendere pubblico questo risultato chiuderebbe...

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e p" importante d'Italia. Rendere pubblico questo risultato chiuderebbe la partita a notizia non . i può dare ~ TM News - tntophoto _-..s.solombarda fa sa- _-ente riferirà ai tre o del dibattito tra ~milanesi, ma non ta diretta al fine di - dell'associazione. .Assolombarda non '-: non c'è una nota meno una dichia- -~ di Meomartini. Il - di Assolombarda, esra, rischia di assu- ~.dicoli. Perché mai M::!:':ffillÌZzazione terri- ~ dustria non do- orientamento pre- - :::e1 prossimo presi- __eomartini ha con- szriali, li ha messi a _dne candidati, ma :=; dire che i milane- _ainzi, osono divisi e se lo sono in che percentuale? Al- tre associazioni stanno discutendé e si pronunceranno. Il corni ato del Mezzogiorno (che racc0glie le otto regioni del Sud) ha già fatto sapere di preferire S uinzi, men- tre il presidente degli industriali di Brescia, Dellera, si è espresso per Bombassei. Il Veneto va in ordine sparso e il ritiro di Andrea Riello dalla corsa confindustriale non ha portato all'automatico endors- ment di Bombassei da parte dei ve- neti. E allora? Allora è chiaro che la corsa al vertice di Confindustria sta diventando qualcosa di diver- so da una semplice competizione tra due ìrnportanti e stimati im- prenditori. La verità è che se Asso- lombarda comunica di aver scel- to Squinzi, almeno all'80%, la partita per Bombassei è già finita e non sarebbe piacevole essere bocciato per la terza volta di fila. Non sarebbe piacevole nemme- no per il fronte dei suoi sostenito- ri che, a partire dall'ex presidente di Confindustria e della Fiat Luca di Montezemolo, vogliono un fe- dele amico in viale dell'Astrono- mia anche per raggiungere in fu- turo altri obiettivi, magari politi- ci. L'obiettivo del fronte Bombas- sei è che Assolombarda eviti di pronunciarsi esplicitamente per la scelta di un candidato. In que- sto modo la percentuale necessa- ria di voti per essere eletti verreb- be abbassata e Bombassei potreb- be nutrire qualche speranza in più. Comunque nei prossimi giorni si dovrebbe avete un quadro più chiaro nella competizione per succedere .a Emma Marcegaglia. Per oggi è previsto l'incontro tra Meomartini e i tre saggi confindu- striali che vedranno altri rappre- sentanti del sistema imprendito- riale. Cosa dirà il presidente di As- solombarda? Certo è sorprenden- te che in Confindustria, rimasta orfana della Fiat e priva del vinco- lo politico di Silvio Berlusconi, si combatta una battaglia senza esclusione di colpi, e anche con qualche colpo proibito, per sce- gliere il futuro leader. Può essere il segno di una nuova stagione o di un ritorno al passato. Si ve- drà.« Capitali coraggiosi" Perché e come le coop possono aiutare l'Italia Franco Emesto A ciò-si aggiunge un sistema di valori condivisi senza paragoni. Molti di quei 20 milioni di soci lo sono diventati per convenienza, ma molti ci credono, vanno alle as- semblee, votano, cimettono ilcuo- re. E lo stesso vale per tanti dirigen- tiche non "sirisparmiano, nonostan- te stipendi senza stock option e net- tamente inferiori alla media del 'mercato "privato". Tutto questo è una straordinaria risorsa per il capitalismo, che sta vi- vendo la crisi più grave dopo quella del 1929. C'è bisogno delle Coop per imporre alle aziende e alle per- sone che popolano l'economia prin- cipi e strategie radicalmente diver- se da quelle scioccamente liberisti- che che hanno fatto furore fino ad oggi. Principi da buoni samaritani? Certo che no. Principi che servono a fare profitto, ma che nascono da 'uno sguardo diverso. Come l'orien- tamento al lungo termine, che le Coop si possono permettere perché non devono distribuire dividendi agli azionisti, non sono quotate in Borsa e non pubblicano bilanci tri- mestrali. Eppure, il sistema cooperativo sta ai margini del mondo economi- co, politico e finanziàrio. Ha subito gli ingiusti attacchi mediatici e cul- turali di Bernardo Capretti e dell'Es- selunga, con danni sul piano dell'immagine. Non ha una univer- sità per formare i suoi dirigenti (ce l'ha perfino il San Raffaele) e resta spesso fuori dal dibattito. Fino a Fonsai, le Coop vivevano fuori dal- " la business cornrnunity. Ora basta. Le Coop devono avere il coraggio e l'orgoglio di se stesse. Anche per- ché la liquidità e la forza economi- ca del sistema cooperativo può da- re molto al Paese per uscire dalla trappola della recessione e della po- vertà. E chissà che non arrivi presto una bella università di marca Coop. Ce n'è bisogno.e- S aràlavolta buona che le coo- perative tireranno fuori ilco- raggio d'orgoglio? Manife- steraÌmo il peso politico, fi- nanziario e culturale che meritano? E riusciranno" a fare la differenza nell'economia italiana? Ora che man- cano pochi giorni all'acquisizione di Fondiaria-Sai da parte di Unipol i di- rigenti delle Coop dovranno dare una.risposta a queste domande. Non solo perché l'unione tra Fon- sai e Unipol darà vita al secondo polo assicurativo italiano dopo le Genera- li, aprendo agli uomini di via Stalin- grado le porte dei più prestigiosi "salotti buoni" del capitalismo italia- no, cioè i cda di Rcs Mediagroup e Mediobanca. Non solo perché i soldi dei cooperatori ex rossi (circa un mi- liardo di euro) hanno salvato gli an- cora spocchiosi membri di quello stesso salotto, che altrimenti non avrebbe saputo a che santo votarsi, svalutando le esposizioni con lafami- glia Ligresti: un miliardo da parte di Mediobanca, circa 600 milioni di Unicredit. Con un effetto a catena ro- vinoso, che avrebbe coinvolto anche Intesa, Rcs e tanti altri. No, non solo per questo. Ma so- prattutto perché oggi l'economia so- ciale, che vale circa il 150,10 del Pil, rappresenta la parte più forte e sana del capitalismo italiano. La cassafor- te delle coop di tutti i colori è ricca di quasi 30 miliardi di euro di patrimo- nio netto 'e capitale disponibili, due milioni di dipendenti e 20 milioni di soci. Con una leadership indiscussa nella grande distribuzione, nell'agroalimentare, nelle costruzio- ni, nel socio-assistenziale, nelle assi- curazioni e in alcuni settori dei servi- zi. C'è oggi in Italia qualche altro set- tore o comparto economico che può vantare numeri così? All'infuori del- le ex Partecipazioni statali, pratica- mente nessuno. ).1

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e se lo sono in che percentuale? Al-tre associazioni stanno discutendée si pronunceranno. Il corni atodel Mezzogiorno (che racc0glie leotto regioni del Sud) ha già fattosapere di preferire S uinzi, men-tre il presidente degli industriali diBrescia, Dellera, si è espresso perBombassei. Il Veneto va in ordinesparso e il ritiro di Andrea Riellodalla corsa confindustriale non haportato all'automatico endors-ment di Bombassei da parte dei ve-neti.

E allora? Allora è chiaro che lacorsa al vertice di Confindustriasta diventando qualcosa di diver-so da una semplice competizionetra due ìrnportanti e stimati im-prenditori. La verità è che se Asso-lombarda comunica di aver scel-to Squinzi, almeno all'80%, lapartita per Bombassei è già finitae non sarebbe piacevole esserebocciato per la terza volta di fila.Non sarebbe piacevole nemme-no per il fronte dei suoi sostenito-ri che, a partire dall'ex presidentedi Confindustria e della Fiat Lucadi Montezemolo, vogliono un fe-dele amico in viale dell'Astrono-mia anche per raggiungere in fu-turo altri obiettivi, magari politi-ci. L'obiettivo del fronte Bombas-sei è che Assolombarda eviti dipronunciarsi esplicitamente perla scelta di un candidato. In que-sto modo la percentuale necessa-ria di voti per essere eletti verreb-be abbassata e Bombassei potreb-be nutrire qualche speranza inpiù.Comunque nei prossimi giorni

si dovrebbe avete un quadro piùchiaro nella competizione persuccedere .a Emma Marcegaglia.Per oggi è previsto l'incontro traMeomartini e i tre saggi confindu-striali che vedranno altri rappre-sentanti del sistema imprendito-riale. Cosa dirà il presidente di As-solombarda? Certo è sorprenden-te che in Confindustria, rimastaorfana della Fiat e priva del vinco-lo politico di Silvio Berlusconi, sicombatta una battaglia senzaesclusione di colpi, e anche conqualche colpo proibito, per sce-gliere il futuro leader. Può essereil segno di una nuova stagione odi un ritorno al passato. Si ve-drà.«

Capitali coraggiosi"Perché e come le cooppossono aiutare l'ItaliaFranco Emesto A ciò-si aggiunge un sistema di

valori condivisi senza paragoni.Molti di quei 20 milioni di soci losono diventati per convenienza,ma molti ci credono, vanno alle as-semblee, votano, ci mettono il cuo-re. E lo stesso vale per tanti dirigen-ti che non "sirisparmiano, nonostan-te stipendi senza stock option e net-tamente inferiori alla media del'mercato "privato".

Tutto questo è una straordinariarisorsa per il capitalismo, che sta vi-vendo la crisi più grave dopo quelladel 1929. C'è bisogno delle Coopper imporre alle aziende e alle per-sone che popolano l'economia prin-cipi e strategie radicalmente diver-se da quelle scioccamente liberisti-che che hanno fatto furore fino adoggi. Principi da buoni samaritani?Certo che no. Principi che servonoa fare profitto, ma che nascono da'uno sguardo diverso. Come l'orien-tamento al lungo termine, che leCoop si possono permettere perchénon devono distribuire dividendiagli azionisti, non sono quotate inBorsa e non pubblicano bilanci tri-mestrali.Eppure, il sistema cooperativo

sta ai margini del mondo economi-co, politico e finanziàrio. Ha subitogli ingiusti attacchi mediatici e cul-turali di Bernardo Capretti e dell'Es-selunga, con danni sul pianodell'immagine. Non ha una univer-sità per formare i suoi dirigenti (cel'ha perfino il San Raffaele) e restaspesso fuori dal dibattito. Fino aFonsai, le Coop vivevano fuori dal-

" la business cornrnunity. Ora basta.Le Coop devono avere il coraggio el'orgoglio di se stesse. Anche per-ché la liquidità e la forza economi-ca del sistema cooperativo può da-re molto al Paese per uscire dallatrappola della recessione e della po-vertà. E chissà che non arrivi prestouna bella università di marcaCoop. Ce n'è bisogno.e-

S aràlavolta buona che le coo-perative tireranno fuori il co-raggio d'orgoglio? Manife-steraÌmo il peso politico, fi-

nanziario e culturale che meritano?E riusciranno" a fare la differenzanell' economia italiana? Ora che man-cano pochi giorni all'acquisizione diFondiaria-Sai da parte di Unipol i di-rigenti delle Coop dovranno dareuna.risposta a queste domande.Non solo perché l'unione tra Fon-

sai e Unipol darà vita al secondo poloassicurativo italiano dopo le Genera-li, aprendo agli uomini di via Stalin-grado le porte dei più prestigiosi"salotti buoni" del capitalismo italia-no, cioè i cda di Rcs Mediagroup eMediobanca. Non solo perché i soldidei cooperatori ex rossi (circa un mi-liardo di euro) hanno salvato gli an-cora spocchiosi membri di quellostesso salotto, che altrimenti nonavrebbe saputo a che santo votarsi,svalutando le esposizioni con lafami-glia Ligresti: un miliardo da parte diMediobanca, circa 600 milioni diUnicredit. Con un effetto a catena ro-vinoso, che avrebbe coinvolto ancheIntesa, Rcs e tanti altri.No, non solo per questo. Ma so-

prattutto perché oggi l'economia so-ciale, che vale circa il 150,10 del Pil,rappresenta la parte più forte e sanadel capitalismo italiano. La cassafor-te delle coop di tutti i colori è ricca diquasi 30 miliardi di euro di patrimo-nio netto 'e capitale disponibili, duemilioni di dipendenti e 20 milioni disoci. Con una leadership indiscussanella grande distribuzione,nell'agroalimentare, nelle costruzio-ni, nel socio-assistenziale, nelle assi-curazioni e in alcuni settori dei servi-zi. C'è oggi in Italia qualche altro set-tore o comparto economico che puòvantare numeri così? All'infuori del-le ex Partecipazioni statali, pratica-mente nessuno.

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