Noterelle sull'aspetto verbale del neogreco

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL’ANTICHITÀ SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA RIVISTA DI STUDI BIZANTINI E NEOELLENICI FONDATA DA S. G. MERCATI DIRETTA DA A. LUZZI N. S. 48 (2011) ROMA 2012

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L'aspetto verbale del neogreco

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL’ANTICHITÀ

SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA

RIVISTADI

STUDI BIZANTINI

E NEOELLENICI

FONDATA DA S. G. MERCATI

DIRETTA DA A. LUZZI

N. S. 48 (2011)

ROMA 2012

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INDICE

Maria Rosaria MARCHIONIBUS, I colori nell’arte sacra a Bisanzio. 3

Gianni BERGAMASCHI, S. Fotina, la Samaritana, nei Sinassari enei Menologi imperiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

Francesco D’AIUTO, Un’attività di famiglia? Un copista «discen-dente del calligrafo Efrem» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

Alexander SIDERAS, Der unedierte Brief des Gregorios Antiochosan den Patriarchen Basileios Kamateros . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

Stephanos EFTHYMIADIS, Versi su s. Teodoro a proposito del mi-racolo dei «collivi» (BHG 1769): l’agiografia metrica al servi-zio della polemica antilatina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123

Antonis FYRIGOS, Il cardinale Bessarione “traduttore” della Sum-ma contra gentiles di Tommaso d’Aquino . . . . . . . . . . . . . . . . . 137

Cristiano LUCIANI, Eclettismo romantico nel Le¥androv (1834) diPanaghiotis Sutsos . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267

Massimo PERI, Nota sulla ricezione ideologica di Solomós . . . . 305

Umberto RINALDI, Noterelle sull’aspetto verbale in neogreco . . . 323

Pubblicazioni ricevute (a cura di Laura ZADRA) . . . . . . . . . . . . . . . 353

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(1) Ringrazio il dr. Georgios Peleidis dell’Università di Padova per l’attentalettura degli esempi greci e i preziosi suggerimenti.

NOTERELLE SULL’ASPETTO VERBALEIN NEOGRECO(1)

SOMMARIO: Abbreviazioni bibliografiche, p. 323. – 1. Premessa, p. 323.– 2. L’aspetto verbale neogreco, p. 328. – 3. Una sintesi provvisoria, p. 349.

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

BAKKER, Differences = W. F. BAKKER, The Aspectual Differences between thePresent and Aorist Subjunctives in Modern Greek, in �Ellhnika¥ 23 (1970),pp. 78-108.

NEWTON, Aspect = B. NEWTON, Habitual Aspect in Ancient and Modern Greek, inBzyantine and Modern Greek Studies 5 (1979), pp. 29-41.

NEWTON, Scenarios = B. NEWTON, Scenarios, Modality, and Verbal Aspect inModern Greek, in Language 55,1 (1979), pp. 139-167.

NEWTON – VELOUDIS, Intention = B. NEWTON – I. VELOUDIS, Intention, Destina-tion and Greek Verbal Aspect, in Lingua 52 (1980), pp. 269-284.

NEWTON – VELOUDIS, Necessity = B. NEWTON – I. VELOUDIS, Necessity, Obligationand Modern Greek Verbal Aspect, in Lingua 50 (1980), pp. 25-43.

RASSUDOVA, Upotreblenie = O. P. RASSUDOVA, Upotreblenie vidov glagola vrusskom jazyke [= Uso degli aspetti del verbo nella lingua russa], Moskva1968.

SCHWYZER–DEBRUNNER, Syntax = E. SCHWYZER – A. DEBRUNNER, GriechischeGrammatik, II: Syntax und syntaktische Stilistik, München 1950.

1. PREMESSA

1.1. La differenza tra imperfetto e passato prossimo in italiano, infrasi del tipo Ieri Mario andava a Roma e Ieri Mario è andato a Roma, èessenzialmente di aspetto verbale. Nel primo caso l’azione è consideratanel suo svolgimento, senza che nulla ci venga detto sull’esito, positivo onegativo che esso sia; nel secondo essa è vista come conclusa e

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(2) Ci si limita qui ad esempi tratti dalla diatesi attiva.(3) La morfologia del futuro moderno e la perdita dell’infinito sono due dei

«balcanismi» del neogreco.(4) Si vedano nell’ordine gli articoli N.P. ANDRIOTIS, E. Gianı¥dh, Glwssika¥ pa¥-

rerga (rec.), in Ne¥a �Estı¥a 12 (1932), pp. 777-779; A. TZARTZANOS, Den ypa¥rxeiypotaktikh¥ sth¥ ne¥a ellhnikh¥ ;, in Ne¥a �Estı¥a 12 (1932) pp. 826-827; N.P. ANDRIO-TIS, Ypa¥rxei ypotaktikh¥ sth¥ ne¥a ellhnikh¥ ;, in Ne¥a �Estı¥a 15 (1934) pp. 445-450;A. TZARTZANOS, Kai o¥mwv ypa¥rxei!, in Ne¥a �Estı¥a 15 (1934), pp. 515-516.

compiuta. La seconda frase ci dice che Mario è davvero arrivato aRoma, la prima ci comunica semplicemente che ieri Mario era inviaggio per Roma; che ci sia o non ci sia arrivato, è questione irrilevanteper l’enunciato. Più chiara, ma solo per l’ineluttabilità del calendario, lasituazione che emerge da frasi quali Finiva l’estate (= siamo ancora inestate) e L’estate è finita (= non siamo più in estate). Per l’eventocompiuto e per il tempo verbale che lo identifica useremo qui la sigla(ND), vale a dire «non durativo» e per l’evento in corso e il rispettivotempo verbale la sigla (D), «durativo».

1.2.1. Il neogreco non solo distingue, come l’italiano, i due tempiindicativi dell’aoristo, ao¥ristov (ND), e dell’imperfetto, paratatiko¥v(D)(2):

ngr e¥graca it ho scritto, scrissi (ND) ngr e¥grafa it scrivevo (D)

ma differenzia altresì:

– due «presenti» (enestw¥ tav), uno (D) e uno (ND), che si usano sianei due futuri, rispettivamente definiti ejakoloyuhtiko¥v me¥llontav (D) estigmaı¥ov me¥llontav (ND), sia nelle frasi completive:

ngr ua gra¥fw (D) oppure ua gra¥cw (ND) it scriveròngr ue¥lw na gra¥fw (D) oppure ue¥lw na gra¥cw (ND) it voglio scrivere (3)

– due imperativi, ‘presente’ (D) prostaktikh¥ enestw¥ ta e ‘aoristo’prostaktikh¥ aorı¥stoy (ND):

ngr gra¥fe (D) oppure gra¥ce (ND) it scrivi

I due tempi che accompagnano il formante del futuro ua sonoovviamente gli antichi congiuntivi, rispettivamente presente e aoristo,ma il congiuntivo in neogreco non esiste, come giustamente sostieneAndriotis contro Tzartzanos(4). In effetti abbiamo ora un presente«durativo» (D) (l’antico presente) e un «non-passato» che per comoditàchiamo qui presente «non durativo» (ND) (l’antico aoristo).

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(5) Si ricordi che nei testi medievali una forma del tipo e¥xw gra¥cei ha valoredi futuro (sic!), non di perfetto, e che l’unica spiegazione a me nota, peraltro nondel tutto convincente, risale a Hadzidakis (cf. A. HATZIDAKIS, Mesaiwnikaù kaıùNe¥a �Ellhnika¥ , I, Atene 1905, pp. 598ss.), dal quale prende di peso W. J. AERTS,Periphrast ica , Amsterdam 1965, pp. 178-183, al quale a sua voltafa riferimento R. BROWNING, Medieval and Modern Greek, Cambridge 1983,pp. 80-81.

Come ben si vede, negli ultimi tre esempi, l’italiano può contrapporreuna sola forma alle due del neogreco, semplicemente perché questa linguadistingue l’aspetto verbale non solo nel passato, mediante i due tempi del-l’imperfetto e dell’aoristo, ma anche nel «non-passato», dunque nelpresente e/o futuro. Ciò non significa che tutto il sistema verbale neogrecosi basi esclusivamente sull’opposizione tra forme (D) e (ND), perché icosiddetti «tempi perifrastici» (perifrastikoı¥ xro¥noi), vale a dire:

– il perfetto (parakeı¥menov), come e¥xw gra¥cei o e¥xw gramme¥no– il piuccheperfetto (ypersynte¥likov), come eı¥xa gra¥cei o eı¥xa

gramme¥no– il futuro anteriore (syntelesme¥nov me¥llontav), come ua e¥xw

gra¥cei o ua e¥xw gramme¥no

indicano di fatto dei tempi «anteriori» rispetto a un presente, unpassato e un futuro e non sono tempi narrativi, dunque non esprimonoun’azione, bensì uno stato, una situazione di fatto, e come tali potreb-bero rientrare nella categoria a sé stante degli «stativi», peraltro nonuniversalmente riconosciuta.

Il problema è complesso e non verrà qui affrontato, anche perché lastoria del sistema verbale greco, dal periodo classico ai giorni nostri, èquestione vagamente nota solo nei suoi risvolti morfologici, ma non dicerto nell’evoluzione della sua struttura semantica interna(5). Quiricordo soltanto che un sistema verbale largamente basato sull’aspettorende solitamente superflua la consecutio temporum di tipo latino, comeperaltro dimostrano anche alcuni esempi neogreci riportati nelle pagineseguenti. Non è chiaro allora come e perché il neogreco abbia creatoanche un insieme di tempi «anteriori», a meno che non si postuli unacontinua interferenza, tipicamente balcanica, tra sistemi verbali «aspet-tuali», caratteristici del greco e delle lingue slave, balcaniche e non, cheignorano tra l’altro il congiuntivo, e sistemi verbali basati essenzial-mente sull’articolazione dei tempi lungo la scala temporale, che invecepossiedono un congiuntivo (albanese e romeno).

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(6) Una traduzione «i morti sono morti» del classico teunasi oıΩ uano¥ntev(v. 541 dell’Alcesti di Euripide) è civile e corretta, ma ignora del tutto la differenzatra perfetto e aoristo.

(7) Cf. NEWTON, Scenarios, p. 165: «I have been frequently struck by the assu-rance which Greek speakers of some degree of linguistic sophistication will claimthe non-equivalence of two sentences forming an aspectual minimal pair, and atthe same time profess total ignorance as to its nature».

(8) Cf. BAKKER, Differences, p. 78, a proposito degli stranieri che parlano gre-co: «Whenever they pronounce a verbal form, there is quite a chance that theychoose the wrong aspect»; per quanto riguarda lui come neogrecista, confessa diavere scritto il suo articolo «after struggling with these aspectual problems formany years».

1.2.2. In ogni caso la sensibilità per l’aspetto verbale è acquisizionedella prima infanzia, come ben dimostrano parlanti nativi che distin-guono e usano correttamente le forme (D) e (ND) già in età prescolare;ne deriva che gli adulti allofoni sono assolutamente disarmati di frontealla scelta, ovviamente necessaria, di uno dei due aspetti, cioè sono inca-paci di cogliere il senso della distinzione.

Di fronte a questa difficoltà si reagisce generalmente rimuovendo ilproblema, a quanto pare con due giustificazioni: in primo luogo siritiene che l’enunciato greco grosso modo si capisca anche se si ignorala distinzione degli aspetti; in secondo luogo si constata che il problema,visto da vicino, è troppo complesso, non si lascia ridurre a «regole» o«norme» facili e comprensibili e perciò ci si sottrae a una sfida chesembra tanto ardua quanto insensata, visto che si tratterebbe diquestione di lana caprina.

La prima giustificazione, cioè che «tanto si capisce lo stesso», èfrancamente sbagliata poiché nel migliore dei casi ci si priva di informa-zioni significative e si riduce a pianura piatta un testo di articolatoprofilo orografico(6). La seconda è invece fondata, perché l’uso del-l’aspetto sembra proteiforme e camaleontico, per non dire bizzosamenteimprevedibile, tanto è vero che né i parlanti nativi paiono avere ideechiare in proposito(7), né i linguisti di professione affermano di capiretutto e subito(8).

1.2.3. La situazione sopra tratteggiata si situa in un contesto distoria della linguistica che è bene ricordare.

La scoperta dell’aspetto nel verbo greco classico è cosa relativa-mente tarda, perché fino alla metà del XIX secolo «[...] l’elemento deci-

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(9) «das Entscheidende nicht gesehen wurde»; cf. SCHWYZER – DEBRUNNER,Syntax, p. 255; per quanto detto sotto su Curtius, ibid., p. 251 n. 2 e, in genera-le, tutto il capitolo Aspekt und Tempus, pp. 246-301. Come è noto, la trattazionedel sistema verbale greco di questi autori è largamente basata sulla teoria del-l’aspetto.

(10) La grammatica ebbe grande successo: a me è nota una undicesima (sic!)edizione del 1875, sempre pubblicata a Praga, una traduzione inglese del 1868, euna seconda edizione italiana del 1868, stampata per i tipi della Loescher.

(11) Cito questo testo, da me visto nella terza edizione praghese del 1876, nellatraduzione italiana di Müller, G. CURTIUS, Commento alla grammatica greca diGiorgio Curtius, recata in italiano da Giuseppe Müller, Torino-Firenze 1868; la ci-tazione di Kobliska a p. 179 n. 1.

(12) Nelle pagine che seguono mi limito a semplici accenni; qui ricordo soloche il suppletismo di alcuni verbi greci, quali ble¥pw : eı¥da «vedo», e¥rxomai: h¥rua«vengo»; le¥(g)w : eı¥pa «dico»; trw¥ (g)w : e¥faga «mangio» ha precise analogie inlingue quali il russo, il polacco e il ceco e che le frasi neogreche sopra riportate in1.2.1. sono traducibili, si direbbe parola per parola, in bulgaro e in macedone.

(13) Praticamente eccezionale, se non unica, è una citazione di RASSUDOVA,Upotreblenie fatta da NEWTON, Scenarios, pp. 143-144, ma il volume da lui citato,peraltro utile e pregevole, è un manuale pratico destinato ai docenti di russo perstranieri, come precisa la stessa autrice nell’introduzione (p. 3).

sivo non venne visto»(9). Il merito spetta a G. Curtius, docente all’uni-versità di Praga dal 1849 al 1854, che già nella sua Griechische Schul-grammatik, pubblicata appunto a Praga nel 1852(10), distingue tra«Zeitstufe», cioè «gradazione temporale» (passato, presente, futuro) e«Zeitart» cioè «modo temporale» (durativo, ingressivo, perfettivo), epoi, nella sue Erläuterungen alla suddetta grammatica, risalenti al 1863,cita espressamente studiosi cechi, in particolare A. Kobliska, i qualievidenziano la forte analogia esistente tra il sistema greco e quelloslavo(11). A parte quanto detto sopra, e il fatto che, se parliamo di«aspetto», non facciamo altro che tradurre il termine panslavo vid,etimologicamente imparentato con eı®dov, quanto importa è che, cosìfacendo, ignoriamo una quantità enorme di fatti, e una ricchissimabibliografia, che potrebbe gettare molta luce sui problemi che qui ciriguardano(12). Spiace dunque vedere che scarsi sono i confronti, sicura-mente interessanti, tra greco classico e greco moderno, mentre sono poidel tutto assenti le comparazioni, molto significative, tra greco e lingueslave(13).

1.3. Le pagine seguenti si propongono dunque di evidenziare quantosia importante una comprensione almeno generica dell’aspetto verbale

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(14) Particolarmente illuminanti e innovativi, anche se di lettura tutt’altro chefacile, sono gli articoli: NEWTON, Aspect; NEWTON, Scenarios; NEWTON – VELOUDIS,Necessity e NEWTON – VELOUDIS, Intention ricordati in bibliografia, ai quali chiscrive è largamente debitore, sia di esempi, sia di proposte interpretative. Interes-santi per gli esempi, ma meno per le interpretazioni proposte, sono, oltre a BAK-KER, Differences, anche H. SEILER, L’aspect et le temps dans le verbe néo-grec, Paris1952 e A. TZARTZANOS, Neoellhnikh¥ sy¥ntajiv (thv koinh¥ v dhmotikh¥ v), Salonicco2002.

(15) Per tutti gli esempi ho adottato l’accento monotonico e uniformato l’orto-grafia.

greco, e di fornire alcune (possibili e discutibili!) chiavi di lettura e diinterpretazione(14).

L’esposizione non tratta dettagliatamente la distinzione dei dueaspetti (D) e (ND) nel futuro e nell’imperativo, perché in questi casi l’usoè relativamente chiaro, ma si concentra invece sulla complessa proble-matica offerta dalle frasi dipendenti. Si è volutamente rinunciato a unatrattazione teorica del problema, soprattutto perché studi peraltro inte-ressanti fatti nel passato non hanno portato a risultati universalmenteaccettati e ancor meno a formulazioni brevi, chiare, condivise da tutti edi qualche utilità pratica. I frutti migliori sono nati da ricerche umili elaboriose, basate sugli enunciati reali dei parlanti nativi, in forma scrittae parlata, sistematicamente sottoposti a «reagenti» o ipotesi interpreta-tive che venivano di volta in volta verificate e riviste in base ai realiadisponibili.

Si è pertanto scelto di lavorare su vari esempi concreti, tutti prove-nienti dai testi citati nella bibliografia(15), anche se la spiegazione deifatti qui proposta si discosta talvolta da quella offerta dagli autori aiquali si attinge. Al testo greco si aggiunge una traduzione italiana, distile colloquiale, e talvolta una specie di parafrasi, che dovrebbe chiarirecome in molti casi le scelte greche siano meno incomprensibili diquanto non sembri, nel senso che anche in italiano si direbbe qualcosadi simile.

2. L’ASPETTO VERBALE NEOGRECO

2.1. I tempi passati dell’indicativo

Come si è detto sopra, anche l’italiano conosce l’aspetto verbale nelpassato, e dunque i tempi passati dell’indicativo non creano difficoltàinsormontabili, perché la distinzione viene di solito spontanea e natu-

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(16) Si noti che la seconda forma greca corrisponde esattamente al latino ha-beo scriptum, punto di partenza di tutti i perfetti romanzi.

(17) La spiegazione migliore per un uso simile del passato (D) ci viene dagliaspettologi slavi, che parlano a questo proposito di «fattualità generica» del (D),contrapposta alla «fattualità concreta» del (ND); per il russo cf. RASSUDOVA, Upo-treblenie, pp. 17-22.

rale anche a un parlante nativo italiano. Ciò non toglie che alcune preci-sazioni siano opportune e giustifichino una menzione apposita delproblema.

Il perfetto neogreco (parakeı¥menov), che nella sua veste morfologica– e¥xw gra¥cei, e¥xw gra¥mmeno –, sembra corrispondere esattamente alnostro passato prossimo(16), è invece tempo toto coelo diverso. Esso nonha valore narrativo e dunque non indica un’azione, bensì uno stato, unasituazione, il risultato attuale di un evento passato. In altri termini, inuna frase come e¥xw dei o¥lev tiv tainı¥ev toy il senso non sarebbe «ho vistotutti i suoi film», bensì «conosco tutti i suoi film (perché li ho visti tutti)».

L’imperfetto (paratatiko¥ v) coincide largamente con l’omologotempo italiano, anche se in taluni casi illustrati qui sotto (2.1.1.) sembrainvadere il campo proprio dell’aoristo.

L’aoristo (ao¥ristov), di cui si parla in 2.1.2. è il tempo classico del-l’azione passata (ND) e corrisponde a un passato (o trapassato) pros-simo o remoto dell’italiano.

2.1.1. Imperfetto per azione compiuta (di valore ND)

(1) e¥laba (ND)gra¥mma apo¥ ton Pe¥tron ... tı¥ soy e¥grafe; (D)«ho ricevuto una lettera da Pietro...» «che cosa ti ha scritto?»

(2) a¥koya (D) poy h¥ tan a¥rrwstov kai ph¥ga (ND) na ton dw«ho∼avevo sentito che era ammalato e sono andato a vederlo»

In questi casi gli imperfetti e¥grafe, a¥koya non si riferiscono propria-mente a un’azione, bensì si limitano alla constatazione di un dato difatto, alla registrazione di una cognizione, frutto di lettura, di informa-zione verbale o di esperienza pratica; si ricordino a questo proposito lesottoscrizioni degli artisti di un tempo, del tipo eßpoı¥ei o faciebat (17).

2.1.2. Aoristo

Come si è detto sopra, l’aoristo indicativo è il tempo normale perogni azione passata ND; per un migliore confronto con il sistemaitaliano si noti che:

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(18) Cf. anche (82b).

– la durata reale dell’azione è di per sé indifferente, decisivo è cheessa sia vista come un tutto concluso(18):

(3) O Pe¥trov e¥meine (ND) sto Parı¥si polla¥ xro¥nia«Pietro rimase a Parigi molti anni»

(4) ma¥v e¥deire (ND) h ua¥lassa dy¥o mero¥nyxta«Il mare ci straziò per due giorni e due notti»

(5) trı¥a xro¥nia ype¥fera (ND) egw¥ xwrı¥v na bga¥lw milia¥«Per tre anni ho resistito senza dire una sola parola».

– frequente è il suo uso gnomico:

(6) thv gynaı¥kav th doyleia¥ pontiko¥v thn e¥fa (e¥fage) (ND) kai den xo¥rtase(ND)

«Il lavoro di una donna se lo mangia un topo, e non se ne sazia»

– talvolta vale come un trapassato prossimo italiano:

(7) moy eı¥pev (ND) o¥ti de s� are¥sei o kafe¥v«mi hai∼avevi detto che non ti piace il caffè»

(8) me rw¥ thse (ND) an te¥leiwsa (ND)«mi chiese se avevo finito»

Come si vede dalle frasi (7) e (8), l’aoristo indicativo, come passato(ND), indica una situazione in sé conclusa, e dunque anche anteriorerispetto al piano temporale dell’enunciato; questo spiega perché ilneogreco (come del resto il greco classico) tenda a ignorare la conse-cutio temporum; quanto detto vale ovviamente anche per il presenteindicativo, che come tempo (D) indica anche la contemporaneitàrispetto al tempo della reggente [vedi sotto (15), (16), (17)].

2.2.1. Il presente (ND)

Il presente (ND), cioè l’antico congiuntivo aoristo, non viene maiusato nelle frasi principali, nelle quali si usa invece il presente (D), ecce-zion fatta:

– delle frasi disgiuntive, siano esse esplicite (9) o implicite (10), (11),(12):

(9) eı¥te toy gra¥ceiv (ND) eı¥te pav na ton deiv (ND)...«sia che tu gli scriva, sia che tu vada a vederlo...»

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(10) e¥ruei (ND) den e¥ruei (ND), ua pa¥me ekdromh¥ ay¥rio«viene o non viene, domani andremo in gita»

(11) xa¥sw (ND) kerdı¥sw (ND) to ı¥dio eı¥nai«vinco o perdo, fa lo stesso»

(12) zh¥sei (ND) peua¥nei (ND), den toyv noia¥zei«vive o muore, a loro non interessa»

– delle frasi apparentemente coordinate:

(13) mh me ka¥neiv ki arxı¥sw (ND) pa¥li«non farmi incominciare di nuovo»

– delle frasi con ı¥swv ‘forse, può darsi che’

(14) ı¥swv e¥ruoyn (ND) (anche ı¥swv ua, na e¥ruoyn)«forse vengono/verranno»

Come ben si vede, (10), (11) e (12) sono costruite sul modello espli-cito di (9). In (13) verbo reggente e verbo dipendente vengono presentaticome se fossero in rapporto di coordinazione, mediante la congiunzioneki ∼ kai (e non di subordinazione introdotta da na), secondo un usolargamente diffuso nella lingua parlata, che si ritrova anche nelle frasisuccessive (27) e (28). Qui si tratta comunque di azioni singole, che diper sé richiedono un tempo (ND).

2.2.2. Il presente (D)

Il presente (D) è il tempo normale delle frasi principali, equivale intutto all’omologo tempo italiano e dunque può essere usato anche perun’azione futura: fey¥gw ay¥rio, «parto domani». Si notino tuttavia i casiseguenti:

– verbi di percezione:

(15) je¥rete, den m� are¥sei na ble¥pw gynaı¥kev na klaı¥ne (D)«sa, non mi piace veder piangere le donne»

(16) a¥koyse thn po¥rta thv ka¥mara¥v toy na anoı¥gei (D)«sentì che la porta della sua camera si apriva»

(17) ton eı¥da na tre¥xei (D) pı¥sw moy«vidi che correva dietro di me»

Come in (8) si notava l’assenza della consecutio temporum per espri-mere l’anteriorità, così in (15), (16) e (17) si nota che il presente (D)indica di per sé una contemporaneità rispetto al tempo della reggente,

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(19) Questa regola è rigida, e vale di norma anche per tutte le lingue slave.(20) Gli esempi che seguono, che BAKKER, Differences, pp. 89-90 prende da Pa-

nagiotopulos (i cui testi originali mi sono rimasti inaccessibili) vengono trattatipiù diffusamente, sia perché la spiegazione di BAKKER non convince, sia perché es-si offrono ampia materia di riflessione sull’argomento del quale qui ci occupiamo.

sia esso passato, presente o futuro. I due aspetti (D) e (ND) dunque indi-cano, tra l’altro, anche o la contemporaneità o l’anteriorità rispetto all’a-zione dell’enunciato della reggente.

– interrogativo di cortesia:

(18) moy anoı¥geiv (D) thn po¥rta; «mi apri la porta?»(19) moy dı¥nete (D) parakalw¥ ... «mi dà per favore...?»(20) dı¥neiv (D) moy lı¥go aley¥ri; «mi dai un po’ di farina?»

Le frasi (18), (19), (20) sono state qui registrate perché la rispostanormale a (20) non è soy dı¥nw (D), bensì Na soy dw¥ sw ∼ Ua soy dw¥ sw(ND). Si veda sotto il paragrafo 2.3.2.

2.2.2.1. Verbi di fase

Seguendo gli aspettologi slavi, chiamiamo verbi di fase quelli cheindicano inizio, prosecuzione o fine di un’azione, quali ad es. arxı¥zw,«inizio a...», ejakoloyuw¥ , synexı¥zw, «continuo a...», pay¥w, stamatw¥ ,«smetto di...», o altri che abbiano esattamente quel significato nelcontesto specifico. Questi verbi reggono di norma un presente (D)(19).Qualora compaia nelle completive un tempo (ND), abbiamo fondamen-talmente due casi:

– il verbo reggente ha un significato completamente diverso:

(21a) Stama¥thsa na gra¥fw (D) ka¥rtev«ho smesso di scrivere cartoline»(21b) Stama¥thsa na gra¥cw (ND) ka¥rtev«mi sono fermato per scrivere cartoline»

(22a) ba¥luhke na paı¥zei (D) me thn tsa¥nta thv«incominciò a giocherellare con la sua borsetta»(22b) ba¥luhke na thn fta¥sei (ND)«si mosse per∼decise di raggiungerla»

– il significato è simile, ma non si tratta di un verbo di fase(20):

(23) *Epairne na nyxtw¥ nei (D)«incominciava a farsi notte/buio».

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(21) Qui e in seguito s’indica con un punto interrogativo all’inizio della parolauna forma linguisticamente sospetta.

(22) Qui e in seguito le metafrasi neogreche dei testi evangelici sono prese daA. DELIKOSTOPOULOS, H kainh¥ diauh¥kh se neoellhnikh¥ apodo¥sh, Atene 2003.

(24) Ma thn w¥ ra poy e¥pairne na bradia¥sei, (ND) h¥rue o mhxaniko¥v;«Ma quando ?incominciava(21) a farsi notte venne il meccanico»

(25) *Epairne na basile¥cei (ND) o h¥liov sta pe¥ra boyna¥«Il sole ?incominciava a tramontare dietro le montagne lontane»

(26) Mo¥liv e¥pairne na xara¥jei (ND) h me¥ra, jypnoy¥se«Non appena ?incominciava a farsi giorno, si svegliava».

Come ben si vede, (23) è perfettamente regolare, ma (24), (25), (26)creano grosse difficoltà, tanto è vero che persino taluni parlanti nativiconsiderano queste frasi agrammaticali. In (23) il verbo paı¥rnw è usatonel senso, tutt’altro che insolito, di «incominciare», come ben risulta dafrasi di uso corrente quali:

(27) paı¥rnei (D) na ∼ kai jinı¥zei (D) to krası¥«il vino incomincia a inacidire ∼ e inacidisce»

(28) paı¥rnei (D) na ∼ kai bradia¥zei (D)«incomincia a farsi ∼ e si fa sera»,

e pertanto non si capisce come lo stesso autore abbia potuto scrivere sia(23), grammaticale, sia (24), (25), (26), apparentemente agrammaticali.La soluzione dipende dal fatto che il verbo reggente subisce unatorsione semantica, viene cioè inteso come equivalente a un altro verboche ha significato simile a quello del verbo di fase, ma che ammettadopo di sé un tempo (ND). Il candidato ideale per un confrontopotrebbe essere qui un verbo del tipo konte¥yw, «avvicinarsi», «essere lì lìper»:

(29) kontey¥ei meshme¥ri«si avvicina mezzogiorno, è quasi mezzogiorno»

(30) ko¥nteca (ND) na pe¥sw (ND)«per poco non sono caduto»

(31) o¥tan de ko¥nteye na bradia¥sei (ND) che traduce oßcı¥av (de) genome¥nhv(Mt 14,15 e 14,23)(22).

«Quando era sul punto di imbrunire».

Come ben si vede in (31), in un contesto simile a (24), (25), (26), ilverbo kontey¥w, di significato simile a paı¥rnw, ammette dopo di sé untempo (ND). Si noti ad ogni buon fine che anche paı¥rnw può essere

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334 Umberto Rinaldi

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seguito da un tempo (ND), ad esempio se usato nel senso di ba¥luhke(22b):

(32) te¥lov ph¥re na gra¥cei (ND) sto foithth¥«alla fine decise di scrivere allo studente»

e che esistono altri verbi simili a quelli di fase, ma non coincidenti conessi:

(33) pa¥ei na bre¥jei (ND)«va a∼sta per piovere».

In definitiva dunque i verbi di fase, in quanto tali, sono di normaseguiti da un tempo (D); se segue un tempo (ND), vale il principio che ilsignificato di «fase» si è stinto a vantaggio di un altro significato. In altritermini, paı¥rnw in (23) è sentito come verbo di fase, mentre in (24), (25),(26) non è sentito come tale, e il suo significato si avvicina a quellokontey¥w, nel senso di «essere lì lì per...», «essere sul punto di...»

Da quanto detto si possono ricavare alcune conclusioni provvisorie:

– ignorare l’aspetto verbale significa precludersi la possibilità dicapire esattamente il testo letto;

– l’uso di un tempo (D) dopo un verbo di fase è una delle pochissimeregole «sicure», valida anche per tutte le lingue slave, non solo per ilgreco, e se gli esempi sembrano dire il contrario, esiste certamente unmotivo, che non può essere ignorato;

– quanto importa non è il significato astratto di un verbo, ma ilsenso concreto che esso assume nella frase specifica nella quale vieneusato;

– un verbo specifico, usato in un senso e in un tempo determinati,spesso comporta una certa preferenza per un aspetto determinato,dunque o (ND) o (D).

2.3. Impossibilità di esprimere mediante un presente (D) un’azionecompiuta (ND) nel presente

Come si è visto sopra, un’azione presente in frase principale puòessere espressa solo mediante un presente (D), con il quale si può espri-mere soltanto un’azione in corso di svolgimento, ma non un’azionefinita. Con un presente (D) posso soltanto dire «adesso sto finendo», manon «ecco, adesso finisco, ho finito». Per questa seconda espressionenon si può far altro che ricorrere a tempi (ND), dunque aoristo o futuro.

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335Noterelle sull’aspetto verbale in neogreco

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Questo spiega perché in neogreco compaiono aoristi o futuri che alnostro orecchio suonano strani, perché noi useremmo di preferenza deipresenti.

2.3.1. Aoristo

(34) a¥rghsa, koyra¥sthka, kata¥labev; kry¥wsa, aga¥phsa, arrw¥ sthsa,bare¥uhka

«Sono in ritardo, sono stanco, capisci? ho freddo, sono innamorato, sonomalato, sono stufo»

(35) Tw¥ ra to¥ �rija«Ecco, la gioco» (detto di un giocatore che decide di giocare una carta)

(36) Tw¥ ra te¥leiwsa th doyleia¥ moy«Adesso finisco il mio lavoro»

(37) e¥skasa«Scoppio», nel senso di «Accidenti, maledizione!»

(38) ela¥te apa¥nw [...] kala¥ , e¥ftasa«Salga... bene, arrivo»

(39) an se katala¥boyne, xa¥uhkev«Se ti notano, sei rovinato»

(40) soy¥ ¥koca, o¥poy se brw th mh¥ th«Se ti trovo, ti taglio (taglierò) il naso».

Naturalmente è sempre possibile in molte delle frasi da (34) a (39)rendere l’aoristo greco anche con un passato prossimo o un passatoremoto italiano, dunque «ho ritardato, mi sono stancato» ecc., ma solose ci si riferisce a un evento realmente avvenuto in precedenza. In (36),in effetti il presente teleiw¥ nw significherebbe «sto finendo» e la cosapotrebbe durare ancora un’oretta abbondante. Si noterà altresì che (39)e (40) si riferiscono propriamente a un evento futuro.

2.3.2. Futuro

(41) egw¥ ua fy¥gw tw¥ ra«Io adesso me ne vado»

(42) ua ska¥sw«Scoppio»; vedi sopra (37).

Risulta qui chiaro perché la risposta a (20) Dı¥neiv moy lı¥go aley¥ri; èdi solito Na soy dw¥ sw ∼ Ua soy dw¥ sw che vale come un sensato «Te la do

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336 Umberto Rinaldi

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(23) Il termine è di uso corrente nella slavistica, benché il valore ad esso attri-buito possa di volta in volta variare.

(24) Non si arriva al 100% perché per taluni intervistati entrambi gli aspettierano corretti.

subito! Certo, eccola! Prendi!» e non Dı¥nw soy, che suonerebbe comeuno strano «Te la sto dando».

2.4. Concorrenza dell’aspetto(23)

Si trattano qui vari casi nei quali l’uso d’entrambi gli aspetti ècorretto e ammesso, ma la scelta dell’ uno o dell’altro è di fatto impostada un «contesto» che può essere semplicemente presente nella mentedel parlante e non verbalmente espresso. Spesso accade che gli stessiparlanti nativi operino scelte diverse, non perché «un aspetto valel’altro», ma perché il loro riferimento implicito è diverso. InfattiNEWTON, Scenarios, pp. 144ss., c’informa di aver sottoposto al giudiziodi parlanti nativi ateniesi, che dovevano indicare quale aspetto era aloro giudizio corretto in quello specifico contesto, un questionariocomposto di 412 frasi uguali nelle quali compariva lo stesso verbo, manei due aspetti: accanto a casi decisi a maggioranza quasi assoluta, adesempio del 90% rispetto a una minoranza del 5% (24) ne esistono altrinei quali la maggioranza si ferma a una percentuale del 55%.

2.4.1. Alcune tipologie frequenti

In un contesto di concorrenza degli aspetti, è possibile enucleareuna serie di tipologie ricorrenti:

– Caso generico (D) ∼ caso specifico e identificabile (ND):

(43a) oi kope¥lev pre¥pei na pantrey¥ontai (D) ∼ pantreftoy¥n (ND) mikre¥v«Le ragazze si devono sposare giovani»(43b) mporeı¥v na taıμzeiv (D) ∼ taıμseiv (ND) tiv ko¥tev«Puoi dare il becchime alle galline»

Il presente (D) esprime una constatazione di valore generale, ilpresente (ND) esprime invece una situazione specifica; in (43a) «leragazze = queste ragazze qui» (potrebbe per es. essere detto da un padrealla madre); in (43b) la distinzione è tra «sempre» (D) e «ora, in questomomento» (ND).

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337Noterelle sull’aspetto verbale in neogreco

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– Situazione statica, durativa (D) ∼ azione ingressiva (ND):

(44) Kane¥nav de bre¥uhke poy¥ na thn agapa¥ei (D) ∼ agaph¥sei (ND)«Non si era trovato nessuno che le volesse bene (D) ∼ che si fosse innamo-

rato (ND) di lei»

Classico caso nel quale sarebbe bene cambiare il verbo nella tradu-zione italiana: «amare, volere bene» (D) ∼ «innamorarsi» (ND); per ilsenso di aga¥phsa si veda (34).

– Coincidenza delle azioni, continuità (D) ∼ successione, esito omancata prosecuzione (ND):

(45a) ton a¥fhsa na klaı¥ei (D)«Lo lasciai piangere»(45b) a¥fhse to maxaı¥ri na pe¥sei (ND)«Lasciò cadere il coltello»

(46a) mav e¥balan na doyley¥oyme (D) se fa¥mprika«Ci misero a lavorare in una fabbrica»(46b) ue¥leiv na doyle¥ceiv (ND) sto xyth¥rio; eı¥nai doyleia¥ poy ua soy

tairia¥jei (ND)«Vuoi prendere servizio nella fonderia? È un lavoro che ti calzerà a

pennello»(46c) toyv e¥balan na ska¥coyn (ND) to la¥kko kai toyv kre¥masan (ND)«Li misero a scavarsi la fossa, e li impiccarono»

(47a) boy¥lwse t� aytia¥ toy, na mhn akoy¥ei (D)«Si turò le orecchie per non sentire»(47b) *Oloi mazey¥thkan n� akoy¥soyn (ND)«Si riunirono tutti per sentire»

(48a) thn e¥blepe (D) xwrı¥v na ton ble¥pei (D)«la guardava, senza che lei lo vedesse»(48b) e¥fyga xwrı¥v na xtyph¥sw (ND)«me ne andai senza bussare»(48c) h¥ tan e¥na gra¥mma poy thv e¥grace (ND) xwrı¥v na thv to steı¥lei (ND)«era una lettera che le aveva scritto, senza avergliela spedita»

In (45a) le due azioni sono coincidenti, cioè «ho lasciato che pian-gesse (e continuasse a piangere)»; in (45b) un presente (D) pe¥fteisarebbe semplicemente comico, cioè il coltello cadeva, cadeva e conti-nuava a cadere...

In (46a) (D) indica «lavorare» regolarmente, in (46b) (ND) indicaazione ingressiva, «iniziare a lavorare, prendere servizio»; tairia¥jei nonsignifica «ti piacerà (sempre)», bensì «ti farà sentire subito a tuo agio»;in (46c) prima si porta a termine lo scavo, e poi...

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338 Umberto Rinaldi

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In (47a) «non sentire e continuare a non sentire» in (47b) «sentiretutto, fino alla fine».

In (48a) le azioni sono contemporanee e durative, lui guarda leimentre lei non lo vede; in (48b) e (48c) si tratta di azioni singole,momentanee, dunque (ND); per la traduzione di e¥grace con un trapas-sato prossimo, vedi sopra (7), (8), (44).

– Azione ripetuta (D) ∼ azione singola (ND):

(49a) H Maroydia¥ sy¥ruhke simo¥tera toy, na ton xaıdey¥ei (D)«Mariolina si accostò a lui per accarezzarlo»(49b) Sh¥kwse to xe¥ri toy na th xaıde¥cei (ND)«Alzò la mano per farle una carezza»

(50a) apofa¥sise na thn episke¥ptetai (D) taktika¥«decise che l’avrebbe visitata regolarmente»(50b) apofa¥sise na thn pantreyteı¥ (ND)«decise che l’avrebbe sposata»

La differenza è tra più volte (49a), (50a) e una volta sola (49b),(50b); in (50b) l’impossibilità di ripetizione è legata al senso del verbo;lo stesso varrebbe per verbi quali «nascere, morire, uccidere».

– Molti (D) ∼ nessuno (ND):

(51a) eı¥nai poly¥ filo¥jenov. o kaue¥nav mporeı¥ na mpaı¥nei (D) eley¥uera stospı¥ti toy (mpeı¥ raro)

«È molto ospitale, chiunque può ∼ tutti possono entrare liberamente incasa sua»

(51b) eı¥nai swsto¥ strabo¥jylo, den mporeı¥ kane¥nav na mpeı¥ (ND) sto spı¥titoy

«È davvero (un individuo) impossibile, nessuno riesce a mettere piede incasa sua».

Concettualmente, siamo in un contesto simile a (50a, 50b). In (51b)compare una negazione assoluta (nessuno...neanche una volta...), chetende a preferire il (ND).

2.4.2. Variazione stilistica dell’aspetto

In un contesto di concorrenza dell’aspetto è talvolta possibile sosti-tuire la forma «normale», o «non marcata», sia essa (D) o (ND), conquella opposta che nel contesto in parola risulta «insolita» o «marcata»;l’operazione serve a dare all’enunciato un effetto stilistico particolare,che evidenzia un atteggiamento di critica, di sorpresa, di correzione, diosservazione ironica:

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339Noterelle sull’aspetto verbale in neogreco

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(52) Ua tajidey¥oyme ka¥ue bra¥di...Ua ble¥poyme kai ua �koy¥me (D).Ax, tı¥ ua doy¥me, kai ti ua �koy¥soyme! (ND)«Viaggeremo tutte le sere, vedremo, ascolteremo (D)». «Ah, che cosa

vedremo o ascolteremo (ND)?»

(53) «Poly¥ kala¥ loipo¥n» fw¥ naje h Nı¥tsa «Ua ergastw¥ (ND)!». Sygxro¥nwvpro¥staje «To tsa¥ ı !». Ki o Faze¥lhv eirwnika¥ «Na trwv, tw¥ ra ma¥listapoy ua erga¥zesai (D)».

«Bene allora!» Esclamò N. «Lavorerò (ND)» e nello stesso tempo ordinò«Il té!» e F. ironico «Mangia, soprattutto ora, che lavorerai (D)».

(54) pre¥pei na anebokate¥bw (ND) ∼ anebokatabaı¥nw (D) ekato¥ fore¥v thnhme¥ra

«Devo scendere cento volte al giorno»

(55) ph¥gaine na moy fe¥reiv e¥nan kafe¥tw¥ ra pre¥pei na phgaı¥nw (D) sto asanse¥r, na katabaı¥nw (D) ka¥tw, na

ste¥komai (D) oyra¥«Va a prendermi (ND) un caffé!» «Adesso devo andare (D) all’ascensore,

scendere (D), mettermi (D) in coda»

In (52) il (D), «normale», evidenzia il flusso continuo (ed esal-tante...) d’impressioni visive e auditive; il (ND) nega il tutto, affer-mando (con fastidio...) che non c’è proprio niente né da vedere, né dasentire [vedi nota a (51b)]. In (53) il (ND) indica decisione subitanea, il(D) ironizza: un conto è mettersi a lavorare (ND) – e magari smettere ilgiorno dopo –, e altra cosa è lavorare stabilmente (D). In (54) il (D) ènormale per azione ripetuta, mentre il (ND) evidenzia (con irrita-zione...) la singolarità di ciascuna delle cento volte; nel passato, initaliano, diremmo «scendevo (D) cento volte...» e «sono sceso (ND) bencento volte, una dopo l’altra» (vedi sotto, punto 2.5.2.). In (55) normalesarebbe il (ND), visto che si tratta di azioni singole e in successionecronologica, ma il (D) sottolinea il fastidio e la durata del temposottratto. Il senso, ricavabile solo dall’aspetto (D), insolito in questocontesto, e qui reso con qualche ridondanza retorica, sarebbe all’incirca«Fa presto lui a ordinarmi un caffé! A me, tra ascensore, scendere efare la coda, mi ci vuole un’ora!».

2.5. Azione ripetuta

Si afferma spesso che l’aspetto usuale per le azioni ripetute è il (D);l’affermazione è vera (2.5.1) ma ciò non toglie che anche il (ND) siafrequente (2.5.2). Si riprende qui più dettagliatamente la questione inparte già introdotta da esempi precedenti.

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2.5.1 Azione ripetuta con (D)

(56) Ka¥ue fora¥ poy kapnı¥zei bh¥xei ...ka¥pnize... e¥bhxe..«Ogni volta che fuma, tossisce ...fumava... tossiva...»

(57) ka¥ue fora¥ poy me ble¥pei me brı¥zei ...e¥blepe... e¥brize«Ogni volta che mi vede mi insulta ... mi vedeva... mi insultava»

(58) Mhn thn paı¥rnev pote¥ o¥tan bgaı¥neiv«Non prenderla mai quando esci»

(59) Mhn anoı¥geiv pote¥ o¥tan den eı¥mai«Non aprire mai quando non sono in casa»

(60) fobo¥moyn na ton plhsia¥zw ayßte¥v tiv w¥ rev.«avevo paura ad avvicinarlo in quei momenti»

L’uso dell’aspetto (D) in tutti i casi sopra riportati è la «norma» o sesi preferisce la forma non marcata, neutra, nella quale l’aspetto del primoverbo determina anche quello del secondo. Lo schema logico sottesoall’enunciato è «tutte le volte che accade A, allora accade anche B».

2.5.2. Azione ripetuta con (ND)

(61) Kaıù eßaù n eΩpta¥kiv thv hΩ me¥rav aΩmarth¥ sq (ND) eıßv seù kaıù eΩpta¥kiveßpistre¥cq (ND) proùv seù le¥gwn metanow, aßfh¥seiv ayßt√ (Lc, 17,4)

ngr. ean soy ka¥nei (ND) kako¥ ...kai gyrı¥sei (ND)... kai soy pei (ND), na tonsygxwrh¥seiv (ND)

«E se (il tuo fratello) peccherà contro di te sette volte al giorno e verrà date dicendo “mi pento” tu lo perdonerai»

(62) Pragmatika¥ mega¥lov moy fa¥nhke (ND) o Kaba¥fhv ka¥ue fora¥ poy tonsyna¥nthsa (ND) sto spı¥ti toy

«davvero Kavafis mi è sembrato grande, ogni volta che l’ho incontrato acasa sua»

(63) ka¥ue fora¥ poy ton synanth¥sw (ND), megagxolw¥«Ogni volta che l’incontro, mi viene la malinconia»

(64) giatı¥ den m� a¥fhnev (D) na fy¥gw (ND) o¥sev fore¥v to prospa¥uhsa; (ND)«Perché non mi hai lasciato andare tutte le volte che ho tentato di farlo?»

(65) ka¥ue Teta¥rth, stiv efta¥mish akribw¥ v, ua e¥ruei (ND) edw¥«Ogni giovedì, esattamente alle sette e mezza, viene qui»

(66) Sthn Auh¥na san pa¥me, xı¥liev fore¥v ua t� akoy¥seiv (ND)«Quando andremo ad Atene, lo sentirai mille volte...»

(67) na moy thlefwnh¥seiv (ND) o¥pote xreiasteı¥v (ND) tı¥pote«Telefonami, se ti serve qualcosa»

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341Noterelle sull’aspetto verbale in neogreco

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Un’azione ripetuta espressa mediante un tempo (ND) assumespesso un valore paradigmatico, esemplare, icastico, ben noto agliaspettologi slavi; ogni evento viene per così dire individualizzato comeaccadimento unico. Quanto detto vale per (61), dove risulta che lacostruzione è già classica, e in parte per (62), frase che a un orecchiogreco suona grammaticale ma particolarmente dura, nel senso che siaccetta fa¥nhke, ma si vorrebbe synantoy¥sa (D) e non syna¥nthsa (ND).Talvolta il (ND) sembra indicare un’anteriorità, come in (63), dove lamalinconia è conseguenza spiacevole e inevitabile dell’incontro. In (64)il (D) si avvicina al senso già illustrato in (1) e (2), mentre il (ND) si ricol-lega al senso già descritto in (61) e (62). In (65) e (66) abbiamo unostilema noto anche alle lingue slave: un’azione fissa, che si ripete quasicome un rito, e che è nota per esperienza già vissuta, viene presentatacome accadimento futuro (ND) singolo e ineluttabile.

In (67) il (ND) è invece normale, perché si colloca in un contestolimitativo, di fatto singolo e individuale, e non ripetuto. In altri termini,non si vuole qui dire «tutte le volte che...», bensì «nel caso che,qualora..., allora...». La frase dunque non rientra propriamente inquesto contesto, ma è stata qui inserita per far notare come possa essereingannevole l’interpretazione automatica delle differenze aspettuali soloin base a «ricette» o «paradigmi» fissi.

2.5.3. Azione ripetuta con quantificatori temporali e verbi servili

2.5.3.1 Quantificatori temporali, verbi servili, dislocazione disintagmi

Negli esempi che seguono un’azione ripetuta viene inserita in unafrase nella quale compaiono quantificatori temporali e verbi servili;talvolta la frase viene cambiata semplicemente spostando un sintagmaverso destra o verso sinistra. Quanto qui interessa è verificare come lesuddette variazioni influiscano sulla scelta dell’aspetto. Si noterà comeanche i parlanti nativi possano in simili casi operare scelte diverse,soprattutto quando le frasi sono prive di riferimento a un contesto reale.

2.5.3.1.1

(68a) ta paidia¥ mporoy¥n na bgaı¥noyn∼bgoyn (D∼ND) o¥pote ue¥loyn (frequentebgaı¥noyn) (D∼ND)

(68b) o¥ pote ue¥loyn, ta paidia mporoy¥n na bgaı¥noyn∼bgoyn (D∼ND)(frequente bgoyn)

«I ragazzi possono uscire quando vogliono; quando vogliono, i ragazzi...»

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342 Umberto Rinaldi

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(25) Qui e in seguito si indica con un asterisco (*) una forma agrammaticale.

(69a) o¥ti bga¥zei, ue¥lei na to jodey¥ei (D) ame¥swv (raro jode¥cei)(69b) Ka¥ue fora¥ poy bga¥zei ka¥ti, ue¥lei na to jode¥cei (ND) ame¥swv (raro

jodey¥ei)«Quello che guadagna lo vuole spendere subito», «Ogni volta che...»

(70a) o¥tan phgaı¥nw sthn po¥lh, pre¥pei na kleidw¥ nw (D) (raro kleı¥sw) thnpo¥rta

(70b) o¥tan pre¥pei na pa¥w (ND) (raro phgaı¥nw) sthn po¥lh, kleidw¥ nw thnpo¥rta

«Quando vado in città devo chiudere la porta’ ‘quando devo andare...chiudo...»

Le diverse scelte operate dai parlanti nativi sono sottili ma dovute adifferenze precise nel contesto reale. In (68a, 68b) con bgaı¥noyn sievidenzia il fatto che «vogliono uscire ed escono sempre» con bgoyninvece si evidenzia il fatto che «qualora lo vogliano... possono...», even-tualmente chiedendo di volta in volta un permesso. Una limitazione delcampo semantico («qualora, nel caso che...» invece di «sempre») favo-risce la scelta del (ND). Si noti come la diversa costruzione della frase,con o¥pote ueloyn all’inizio o alla fine, condizioni la scelta del parlante.Caso analogo al precedente è anche il seguente: (69a) sottolinea chetutto quello che gli entra in tasca ne esce subito, la (69b) inveceevidenzia «ogni volta = nel caso che, qualora...». Nello stesso modo(70a) vale come «quando vado in città chiudo sempre la porta»; (70b)come «se mi capita di dover andare...», dunque un senso limitativo,come sopra in (69b).

2.5.3.1.2. Mporw¥ e pre¥pei

Nelle frasi seguenti si noterà il diverso effetto dei due verbi servilirispetto sulla scelta dell’aspetto verbale del verbo che segue:

(71) Mporw¥ na sav akoy¥w (D) ∼ akoy¥sw (ND), o¥tan ue¥lete«Posso ascoltarla quando vuole»

(72) ka¥ue me¥ra mporeı¥v na taıμzeiv (D)∼taıμseiv (ND) thn ko¥ta«Ogni giorno puoi dare il becchime alla gallina»

(73) ka¥ue fora¥ poy pre¥pei na taıμsw (ND) thn ko¥ta, jexnw¥«Ogni volta che devo dare il becchime alla galline, me ne dimentico»

(74a) pre¥pei pa¥nta na jypna¥ (D) prin tiv e¥ji (*jypnh¥sei [ND])(25)«Deve sempre svegliarsi prima delle sei»

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343Noterelle sull’aspetto verbale in neogreco

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(74b) mporeı¥ pa¥nta na jypna¥ (D) ∼ jypnh¥sei (ND) prin tiv e¥ji«Può sempre svegliarsi prima delle sei»

(75a) koyra¥zomai poly¥ tiv kauhmerine¥v. eytyxw¥ v tiv Kyriake¥v mporw¥ nakoimhuw¥ (ND) [più raro koima¥mai (D)] ka¥na dyo¥ w¥ rev parapa¥nw

«Mi stanco molto nei giorni feriali; per fortuna la domenica posso dormireun paio d’ore in più»

(75b) koyra¥zomai poly¥ tiv kauhmerine¥v. kai to xeiro¥tero eı¥nai o¥ti tivKyriake¥v, poy mporw¥ na koimhuw¥ (ND) [*koima¥mai (D)] ka¥na dyo¥ w¥ revparapa¥nw, to mwro¥ toy geı¥tona de m� afh¥nei na kleı¥sw (ND) ma¥ti

«Mi stanco molto nei giorni feriali; il peggio è che la domenica, quandoposso dormire un paio d’ore in più, il bambino del vicino non milascia chiudere occhio».

In (71) il (D) si riferisce a un’azione ripetuta, il (ND) a un’azionesingola: devo parlare con qualcuno (una volta!), e la risposta è «vengaquando vuole» (una volta, a scelta), a un di presso come in (65). In (72)la differenza è tra «tutti i giorni, ogni giorno» (D) e un «giorno qualsiasi,a scelta tra molti giorni» (ND), come sopra in (71); in (73) il (ND) è dinorma, perché l’azione, singola, non ha luogo.

In (74a) un presente pre¥pei, che indica qui un dovere generale,seguito da pa¥nta «sempre», non può reggere una forma ND; si confron-tino (79c) e (79d).

La differenza di (74b) rispetto alla (74a) è che mporw¥ «posso»ammette varie sfumature di significato (essere in grado, riuscire, averela capacità fisica, ecc.), che possono autorizzare l’uso dei due aspetti; laforma (ND) significa qualcosa del tipo «(in caso di necessità, di bisogno,ecc.) è certamente in grado di svegliarsi».

In (75a) (ND) viene preferito perché la domenica è vista comefortunata eccezione («limitazione») rispetto agli altri giorni della setti-mana, mentre (D) evidenzia un senso del tipo «tutte le domenichedormo un paio d’ore in più». In (75b) (D) è agrammaticale, perché il«dormire» e il «chiudere occhio» diventano azioni singole, per di piùnon realizzate.

2.5.3.1.3. Formule del tipo ka¥ue Sa¥bbato e mia fora¥ thn ebdoma¥da;variazioni del tempo verbale nella frase reggente; sostituzione di verbi.

Nella frasi che seguono si illustrano le variazioni nell’aspetto dipen-denti dall’uso di quantificatori temporali, qui ka¥ue Sa¥bbato e mia fora¥thn ebdoma¥da o dalla variazione nel tempo verbale della reggente, qui trapre¥pei ed e¥prepe o dalla sostituzione di un verbo con un altro di signifi-cato simile, qui pre¥pei e anagka¥zomai.

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344 Umberto Rinaldi

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(26) Gli esempi dati funzionano solo se kata¥feran vale unicamente come aori-sto (ND), secondo l’uso odierno, e non anche come imperfetto (D), come inveceera possibile in passato.

(76a) ka¥ue Sa¥bbato ta paidia¥ kata¥fernan (D) na bgoyn (ND) (26)(76b) ka¥ue Sa¥bbato ta paidia¥ kata¥fernan (D) na bgaı¥noyn (D)(76c) ka¥ue Sa¥bbato ta paidia¥ kata¥feran (ND) na bgaı¥noyn (D)(76d) *ka¥ue Sa¥bbato ta paidia¥ kata¥feran (ND) na bgoyn (ND)«Ogni sabato i ragazzi riuscivano (ND)∼riuscirono (ND) a uscire (D∼ND)»

(77a) pre¥pei ka¥ue Sa¥bbato na e¥rxesai(77b) *pre¥pei ka¥ue Sa¥bbato na e¥rueiv (*ND)«Devi venire ogni sabato»

(78a) erxo¥tan ka¥ue Sa¥bbato(78b) * h¥rue ka¥ue Sa¥bbato (*ND)«Veniva∼*venne ogni sabato»

Con un’indicazione di tempo ripetuto (in 76a–76d, ka¥ue Sa¥bbato) eun verbo servile al passato (D) o (ND), sono possibili varie soluzioni, aseconda se il verbo dipendente (qui bgaı¥nw) indichi una azione singola(ND) o ripetuta (D); agrammaticale è solo (76d) perché (ND) + (ND)possono soltanto identificare un’azione singola, che non può ovvia-mente ripetersi «ogni sabato», ka¥ue Sa¥bbato. Si confrontino qui lesuccessive (77a, 78a) grammaticali e (77b, 78b) agrammaticali.

Diversità d’aspetto in dipendenza del tempo del verbo reggente

Nelle frasi che seguono si noteranno interessanti limitazioninell’uso dell’aspetto a seconda del tempo usato nella frase reggente.

(78a) e¥prepe na peta¥ei me thn taxy¥thta toy h¥xoy mia fora¥ thn ebdoma¥da(78b) e¥prepe na peta¥jei me thn taxy¥thta toy h¥xoy mia fora¥ thn ebdoma¥da(78c) e¥prepe pa¥nta na peta¥ei me thn taxy¥thta toy h¥xoy(78d) *e¥prepe pa¥nta na peta¥jei me thn taxy¥thta toy h¥xoy«Una volta alla settimana sempre doveva volare (DND) con la velocità del

suono»

(79a) pre¥pei na peta¥ei me thn taxy¥thta toy h¥xoy mia fora¥ thn ebdoma¥da(79b) *pre¥pei na peta¥jei me thn taxy¥thta toy h¥xoy mia fora¥ thn ebdoma¥da(79c) pre¥pei pa¥nta na peta¥ei me thn taxy¥thta toy h¥xoy(79d) *pre¥pei pa¥nta na peta¥jei me thn taxy¥thta toy h¥xoy

(78a), (78c) sono frasi regolari; (78b) significa che di fatto, per caso, unavolta alla settimana qualcosa di specifico lo costringeva a volare (ND)...;

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345Noterelle sull’aspetto verbale in neogreco

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si noterà che mia fora¥ thn ebdoma¥da è compatibile in (78b) con (ND), manon pa¥nta, che richiede (D), come in (78d). Con un verbo come pre¥pei inuna serie del tipo:

pa¥nta «sempre»ka¥ue to¥so «ogni momento»mia fora¥ thn ebdoma¥da «una volta alla settimana»spa¥nia «raramente»pote¥ «mai»

la possibilità di usare un (ND), pari a ‘0’ con pa¥nta, aumenta man manoche si scende dall’alto verso il basso, mentre la possibilità di usare un(D), pari a ‘0’ con pote¥ , cresce in senso opposto.

Il passaggio dall’imperfetto e¥prepe di (78a-78d) al presente pre¥pei(79a-79d) rende agrammaticale non solo (79d), che di fatto corrispondenel presente a (78d), ma anche (79b), che al passato (78b) è invecegrammaticale. Il problema è che nel passato il verbo «dovere» può averevarie sfumature del tipo «dovere morale, necessità fisica, costrizioneparticolare», che in taluni casi ammettono i due aspetti, mentre nelpresente/futuro vale soltanto il senso di obbligo generale, non limitabileo condizionabile, che comporta l’uso dello stesso aspetto nel verboreggente e nel verbo che funge da suo complemento. Il «caso specifico»che funziona nel passato (78b) non vale più e dunque un’indicazione ditempo ripetuta implica necessariamente che il verbo reggente abbia uncomplemento verbale di tipo (D). La formula sottesa può essere esempli-ficata e forse resa più chiara se sostituiamo na con kai: nel presente èpossibile solo pre¥pei kai peta¥ei «deve e vola» (D+D), mentre nel passatoè possibile anche e¥prepe kai pe¥taje «doveva e volò» (D + ND) o «dovevafarlo (D) e in effetti lo fece (ND)».

Diversità d’aspetto in dipendenza del cambiamento del verbo reggente

(80a) anagka¥sthke (ND) pa¥nta na peta¥ei (D) me th taxy¥thta toy h¥xoy

(80b) *anagka¥sthke (ND) pa¥nta na peta¥jei (ND) me th taxy¥thta toy h¥xoy«Fu costretto sempre a volare con la velocità del suono»(80c) anagkazo¥tan (D) pa¥nta na peta¥jei (ND) me th taxy¥thta toy h¥xoy«Era costretto sempre a volare con la velocità del suono»(80d) anagka¥zetai (D) na peta¥jei (ND) me th taxy¥thta toy h¥xoy mia fora¥ thn

ebdoma¥da«È costretto a volare con la velocità del suono una volta alla settimana»

Se il verbo pre¥pei viene sostituito con anagka¥zomai «sono costret-to», la situazione cambia: rimane agrammaticale solo (80b), per i motivi

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346 Umberto Rinaldi

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già esposti per (76d), mentre sono grammaticali (80c) e (80d), a diffe-renza di quanto accade per i casi apparentemente simili di (78d) e (79b).La spiegazione è che la «costrizione», ad esempio dovuta a una situa-zione particolare che di fatto sopravveniva (80c) o sopravviene (80d),permette l’uso di (ND). Sul fatto poi che sottili differenze di senso neiverbi possano svolgere un ruolo risolutivo nella scelta dell’aspetto, siveda sopra la sezione 2.2.1. dedicata ai verbi di fase.

Per rendere forse più chiaro il senso delle frasi sopra riportate, sitraducono qui di seguito vari esempi greci, simili ai precedenti, sosti-tuendo na con kai, dunque trasformando verbo reggente e complementoverbale in due frasi coordinate e utilizzando il nostro passato prossimoo remoto (ND) e il nostro imperfetto (D), per rendere l’idea del giocodell’aspetto neogreco:

(81a) anagka¥sthke na e¥ruei∼ [kai h¥rue (ND)]«Fu costretto (ND), e venne (ND) (una volta)»(81b) anagka¥sthke na e¥rxetai ka¥ue me¥ra (∼ kai erxo¥tan [D])«Fu costretto (ND) e (da allora) veniva (D) tutti i giorni»(81c) anagkazo¥tan na e¥rxetai ka¥ue Sa¥bbato (∼ kai erxo¥tan [D])«Era costretto (D) a venire ogni sabato (e veniva [D])»(81d) anagkazo¥tan na e¥ruei ka¥ue Sa¥bbato (∼ kai h¥rue [ND])«Era costretto (D) (sempre da qualche circostanza particolare) e di fatto è

venuto (ND) ogni sabato», «di fatto è venuto (ND) ogni sabato, perchédi volta in volta era costretto (D) a farlo da qualche circostanza speci-fica».

2.5.3.1.4 Diversità di aspetto dipendente da una diversa definizionetemporale

(82a) gia e¥na xro¥no erxo¥tan (D) kata¥ me¥son o¥ro mia fora¥ ton mh¥na«In un anno veniva (D) in media una volta al mese»(82b) e¥na xro¥no h¥rue (ND) dw¥ deka fore¥v«Un anno (quell’anno), venne (ND) dodici volte»

La formulazione dell’indicazione di tempo è fondamentale per lascelta dell’aspetto; la differenza risulta d’altra parte anche nell’uso deitempi italiani.

2.5.3.2. Differenza dell’aspetto condizionata da na e gia na

Nelle frasi che seguono s’illustra la differenza di aspetto condizio-nata dall’uso di na e gia na ; in generale na introduce una dipendentespesso equivalente al nostro infinito, mentre gia na introduce una frasefinale:

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(83a) e¥treje na koimhueı¥ (83b) e¥treje gia na koimhueı¥«corse a letto, a dormire» «corse per dormire»

(84a) h¥rue (ND) xue¥v gia na th synanth¥sei (ND)«oggi è venuto per incontrarla» (una volta!)(84b) h¥rue (ND) xue¥v gia na th synanta¥ (D)«oggi è venuto per incontrarla» (più volte!)(84c) erxo¥tan (D) ka¥ue me¥ra gia na th synanth¥sei (ND) (raro, particolare)«veniva ogni giorno per incontrarla» (almeno una volta, ma non sempre, o

forse mai, l’ha vista!)(84d) erxo¥tan (D) ka¥ue me¥ra gia na th synanta¥ (D)«Veniva ogni giorno per incontrarla» (più volte!)

Nella dipendenti introdotte da gia na sono in generale possibilientrambi gli aspetti, principio che invece non funziona con il solo na.

(85a) h¥rue xue¥v gia na ∼ na th synanth¥sei(85b) h¥rue xue¥v gia na th synanta¥ (*na)(85c) erxo¥tan ka¥ue me¥ra gia na ∼ na th synanth¥sei(85d) erxo¥tan ka¥ue me¥ra gia na th synanta¥ (*na)

A differenza di quanto accade nelle frasi (84a-84d), tutte grammati-cali, nel gruppo (85a-85d), ben due (85b, 85d) sono agrammaticali. Ledipendenti introdotte soltanto da na sono pertanto più selettive, perchéper il passato ammettono solo:

– un rapporto di «uno a uno» (ND:ND), cioè «venire (una solavolta!) a incontrare (una sola volta!)» (85a);

– un rapporto di «molti a uno» (D:ND) cioè «venire (più volte!) aincontrare (una sola volta per ogni venuta!)» (85c);

non ammettono invece:

– un rapporto di «uno a molti» (ND:D) «venire (una volta!) a incon-trare (più volte!)» (85b)

– un rapporto di «molti a molti» (D:D) «venire (più volte!) a incon-trare (più volte!)» (85d),

per i quali esiste solo la possibilità di ricorrere a gia na.

Non si dimentichi che anche il significato del verbo della dipen-dente gioca un ruolo importante:

(86a) erxo¥tan ka¥ue me¥ra gia na toy skotw¥ sei (*na)«veniva ogni giorno per ucciderlo»(86b) erxo¥tan ka¥ue me¥ra gia na ∼ na ton spa¥sei sto jy¥lo«veniva ogni giorno per picchiarlo»

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Come si vede, (86b) si comporta esattamente come (85c), ma (86a),apparentemente uguale sia a (86b), sia a (85c), diventa agrammaticalese si usa soltanto na. In effetti (86b) è un rapporto di «molti a uno»,«veniva a ∼ per picchiarlo (e ogni volta ci riusciva!)», dal momento che«picchiare» è azione ripetibile, ma in (86a) «uccidere» è verbo indicanteazione singola (nessuno può essere ucciso due o più volte); anche initaliano infatti si può dire «veniva (D) ogni giorno per (=gia na) ucci-derlo (= tentare di ucciderlo)» ma suonerebbe strano dire «*veniva ognigiorno a (na) ucciderlo», mentre funziona perfettamente dire «venivaogni giorno a picchiarlo».

Come già visto sopra (79a-79d), un presente o futuro nella reggenteo un’espressione di valore imperativo limitano l’uso dell’aspetto. Ineffetti in questi casi, la dipendente è implicativa (corrisponde a unnostro infinito) e tende a usare lo stesso aspetto nei due tempi, come sedunque essi fossero collegati non con na ma con kai. Alcuni esempi aquesto proposito:

(87a) ua e¥rxetai ka¥ue me¥ra na th synanta¥ (*synanth¥sei)«Verrà ogni giorno a incontrarla» (e¥rxetai ki synanta¥)(87b) pre¥pei na e¥rxesai ka¥ue me¥ra na me ble¥peiv ( *dh¥ v)«Devi venire ogni giorno a vedermi» (e¥rxesai kai me ble¥peiv)(87c) ue¥lane na tre¥xw ka¥ue to¥so na ton rwta¥w (*rwth¥sw)«Volevano che ogni momento corressi a chiedergli» (tre¥xw kai rwta¥w)(87d) na e¥rxesai ka¥ue bra¥dy na koima¥sai se mav (*koimhueı¥v)«Verrai tutte le sere a dormire da noi» (e¥rxesai kai koima¥sai)(87e) ka¥ue bra¥dy erxo¥tan na koima¥tai se mav«Ogni sera veniva a dormire da noi» (e¥rxetai kai koima¥tai)

(88e) ka¥ue bra¥dy erxo¥tan na koimhueı¥ (*koima¥tai) se mav alla¥ntrepo¥tan na to pei«Ogni sera veniva per (tentare di) dormire da noi, ma si vergognava a chie-

derlo (e dunque non ha mai dormito...)» (erxo¥tan alla¥ den koimh¥uhkepote¥)

Detto diversamente, in un contesto presente/futuro l’aspetto nei duetempi coincide quando, se la prima frase è vera, è vera anche la seconda,altrimenti, si deve cambiare l’aspetto:

(89) ka¥ue me¥ra moy �rxo¥tan (D) na ton peta¥jw (ND) e¥jw me tiv klotsie¥v«Ogni giorno mi veniva voglia di buttarlo fuori a calci» (ma non l’ho mai

fatto!)

(90a) e¥rxetai (D) ka¥ue me¥ra na me synanth¥sei (ND)«Viene ogni giorno per incontrarmi (ma non sempre mi incontra!)»

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mentre:

(90b) elpı¥zw na e¥rxetai ka¥ue me¥ra na me synanta¥ (e sempre mi incontra!)«Spero che egli venga ogni giorno a incontrarmi»

Non ha senso infatti dire che «spero che egli venga» senza che poici incontriamo, perché io non mi faccio trovare.

2.6. Variazioni diacroniche nell’uso dell’aspetto

In greco, come peraltro anche nelle lingue slave, si registrano varia-zioni nell’uso dell’aspetto sull’asse diacronico:

(91) oyßke¥ti eıßmıù a¶jiov klhuhnai (ND) yıΩo¥v soy (Lc 15,19)ngr. den eı¥mai ple¥on a¥jiov na le¥gomai (D) gio¥v soy

(92a) e¶jestin doynai (ND) khnson Kaı¥sari hû oy¶ ; (Mt 22,17; Lc 20,22)ngr. epitre¥petai na plhrw¥ noyme (D) fo¥ro ston aytokra¥tora h¥ o¥xi;«è lecito pagare il tributo a Cesare o no?»

(92b) e¶jestin doynai (ND) khnson Kaı¥sari hû oy¶ ; dwmen hû mhù dwmen (ND);(Mc 12,14)ngr. epitre¥petai na plhrw¥ soyme fo¥ro sto Rwmaı¥o aytokra¥tora h¥ o¥xi;na dw¥ soyme h¥ na mh dw¥ soyme;«è lecito pagare il tributo a Cesare? Lo diamo o non lo diamo?»

In (91) la differenza è tra «non essere più appellato klhuhnai(neppure una volta!) (ND)», ed «essere (normalmente) chiamato nale¥gomai (D)»; in (92a) la differenza è tra «pagare questo tributo, hic etnunc (ND)» e «pagare (sempre, regolarmente), le tasse (D)». Nellaseconda metafrasi neogreca (92b), il ritorno al ND è dovuta al ND del-l’interrogativa diretta «paghiamo o non paghiamo? (hic et nunc)».

3. UNA SINTESI PROVVISORIA

3.1. Comprendere il senso dell’aspetto verbale greco non è unavincita al lotto, ma una vincita in una partita a scacchi, non è questionedi fortuna o di intuizione, bensì frutto di analisi faticosa e attenta dienunciati parlati e scritti, fatta alla luce di strumenti interpretativi che sisperano adeguati, e che vanno in ogni caso verificati su testi reali; parti-colarmente utile la sostituzione di tempi verbali o di quantificatoriall’interno di una stessa frase. Per il neogreco, gli articoli indicati inbibliografia, e particolarmente quelli di Newton e Newton – Veloudis,sono indispensabili. Per la lingua classica, anche ai fini di un confrontocon lo stato di cose moderno, male non dovrebbe fare un’attenta rilet-

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350 Umberto Rinaldi

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tura delle pagine 246-301 di SCHWYZER – DEBRUNNER, Syntax, intitolateper l’appunto Aspekt und Tempus. Sicuramente proficuo sarebbe ancheuno sguardo alla bibliografia sull’aspetto verbale slavo; in prima battutasi potrebbe ricorrere ad A. MAZON, Emplois des aspects du verbe russe,Paris 1914, scritto in leggibile francese.

In ogni caso molto rimane da fare e quanto sappiamo, o crediamodi sapere, è sicuramente poco, incerto, talvolta contraddittorio; questepagine sono una conferma che il cammino da fare è ancora lungo.

3.2. Una lingua è uno strumento per comunicare; essenziale èdunque capire che cosa esattamente si voleva dire e di quali strumentilinguistici (lessicali, morfologici, sintattici) ci si è avvalsi per verbaliz-zare l’informazione che si voleva trasmettere. Da precisare che i suddettistrumenti non sono utilizzabili a piacere, perché essi impongono alparlante certe regole del gioco alle quali egli volens aut nolens di fatto sisottomette.

3.3. L’apprendimento della lingua materna, che di fatto si compienei primi anni di vita, si basa in ultima analisi sull’ascolto e la rielabora-zione creativa di lessemi inseriti in enunciati grammaticali. La «gram-matica» è insomma una forma di «autostrutturazione» del lessico che,per così dire, porta in sé il proprio DNA, che a sua volta elabora la«cellula» (o frase) e l’intero organismo (o lingua) e ovviamente condi-ziona in modo decisivo il «si può dire» e il «non si può dire», imperativiche il parlante rispetta inconsciamente, senza poterne spiegare «ilperché». Va da sé che gli allofoni, portatori di un DNA linguisticodiverso, sono completamente disarmati di fronte a enunciati apparente-mente simili che tuttavia si comportano diversamente; non capisconoinfatti perché cambiare il tempo di un verbo (e¥prepe ∼ pre¥pei) o sosti-tuire un verbo con un altro di significato «quasi» uguale (anagka¥zomai ∼pre¥pei; paı¥rnw ∼ kontey¥w) scombussoli tutta la frase.

3.4. L’aspetto «normale», non marcato è quello durativo (D); il non-durativo (ND) indica solitamente azione singola (non multipla),conclusa (non in corso di svolgimento), anteriore (non contemporanea),in qualche modo limitativa (rispetto a una situazione generale), indicatacome di volta in volta individualizzata (e non genericamente ripetuta).

3.5. Se fosse lecito avventurarsi in speculazioni e chiedersi quale siail principium o l’aßrxh¥ della distinzione tra i due aspetti, punterei sull’op-

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(27) SCHWYZER – DEBRUNNER, Syntax, p. 279.(28) C. BROCKELMANN, Arabische Grammatik, Leipzig 1977, pp. 35-36.(29) G. A. KLIMOV, Einführung in die kaukasische Sprachwissenschaft, Ham-

burg 1994, p. 232.

posizione «singolarità» ∼ «pluralità». Nelle numerose manumissionesritrovate a Delfi(27) esiste quasi sempre una clausola che autorizza «chicapita» (sia esso uno o molti) a intervenire qualora qualcuno voglia dinuovo impadronirsi del liberto. Ora è tipico che per il singolare si usi dipreferenza la formula oΩ paratyxwù n ky¥riov e¶stw (participio aoristo!), maper i molti oıΩ paratygxa¥nontev ky¥rioi e¶stwsan (participio presente!); inaltri termini, il (ND) è individuale, il (D) è collettivo. Questa interpreta-zione troverebbe conforto anche in altre lingue nelle quali singolarità opluralità (siano esse del soggetto o dell’oggetto) impongono la scelta ditemi verbali diversi. Così in arabo(28) «(egli) uccise» è qatala se lavittima è una (oggetto), ma qattala se le vittime sono più di una; in altritermini, si deve usare nel secondo caso la cosiddetta II stirpe del verbo,caratterizzata dal raddoppiamento della seconda radicale, che ha tral’altro valore «intensivo»; allo stesso modo «(il cammello, soggetto) siaccovacciò» è baraka ma se si parla di un mandria di cammelli, allora siusa barraka. In tutte le lingue caucasiche(29) esistono verbi per i quali ladistinzione è invece affidata a radici verbali diverse (suppletismo); ingeorgiano, ad esempio, «gettare» è gdeba (un oggetto) e qra (più oggetti)e la stessa distinzione si ritrova in sma e sxma «porre», mentre travardna e cvena «cadere» la differenza di numero riguarda il soggetto.

Brescia Umberto RINALDI

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