Note sul bilinguismo e problemi con esso correlati · 4 R. Titone, Bilinguismo precoce ed...

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MAGDALENA JIMÉNEZ NAHARRO Università di Viterbo Note sul bilinguismo e problemi con esso correlati Volendo affrontare in particolare il tema dell'interferenza tra lingue affi- ni si è sentita l'esigenza di partire da un suo inquadramento nel più genera- le problema del bilinguismo, in quanto solo individuando le coordinate di cui valersi per affrontare quest'ultimo, sarà possibile comprendere appieno il significato dell' interferenza e adoperarsi per limitarne la portata. In apertura, occorrerà perciò ricordare come siano stati effettuati molti studi in riferimento all'acquisizione di una seconda lingua, partendo da diverse prospettive: psicolinguistica, neurolinguistica, filosofia del linguag- gio, psicologia cognitiva, e anche psicoanalisi, e come d'altra parte oggi si convenga nell'adottare un approccio integrato che garantisca un reciproco arricchimento di tali ottiche. Così, passerò in rivista alcuni aspetti pertinen- ti alle discipline di cui sopra che mi sono sembrati rilevanti per quanto riguarda il bilinguismo. Si inizierà con un tentativo di definizione. A ben vedere, il concetto di bilinguismo non è poi così scontato; secondo il Webster Dictionary ' (1961) si può considerare bilingue colui che è capace di usare abitualmente due lin- gue con un controllo simile a quello di un parlante di madre lingua; nell'u- so popolare (che peraltro concorda col Webster) essere bilingue equivale a parlare due lingue perfettamente; quest'ultimo era anche il parere di Bloomfield 2 (1935). Sulla base di questa accezione, il biliguismo in senso stretto, meglio definito equilinguismo o ambilinguismo, sarebbe proprio soprattutto dei bambini allevati in contesti caratterizzati dall'uso simultaneo di due lingue, o comunque di individui che non hanno la necessità di tra- 1 Citato da J. F. Hamers, M. Blanc, Bilinguality and Bilingualism, Cambridge, Cambridge University Press, 1989, p. 6. 2 Ibidem.

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MAGDALENA JIMÉNEZ NAHARRO

Università di Viterbo

Note sul bilinguismo e problemi con esso correlati

Volendo affrontare in particolare il tema dell'interferenza tra lingue affi-ni si è sentita l'esigenza di partire da un suo inquadramento nel più genera-le problema del bilinguismo, in quanto solo individuando le coordinate dicui valersi per affrontare quest'ultimo, sarà possibile comprendere appieno ilsignificato dell' interferenza e adoperarsi per limitarne la portata.

In apertura, occorrerà perciò ricordare come siano stati effettuati moltistudi in riferimento all'acquisizione di una seconda lingua, partendo dadiverse prospettive: psicolinguistica, neurolinguistica, filosofia del linguag-gio, psicologia cognitiva, e anche psicoanalisi, e come — d'altra parte — oggisi convenga nell'adottare un approccio integrato che garantisca un reciprocoarricchimento di tali ottiche. Così, passerò in rivista alcuni aspetti pertinen-ti alle discipline di cui sopra che mi sono sembrati rilevanti per quantoriguarda il bilinguismo.

Si inizierà con un tentativo di definizione. A ben vedere, il concetto dibilinguismo non è poi così scontato; secondo il Webster Dictionary ' (1961)si può considerare bilingue colui che è capace di usare abitualmente due lin-gue con un controllo simile a quello di un parlante di madre lingua; nell'u-so popolare (che peraltro concorda col Webster) essere bilingue equivale aparlare due lingue perfettamente; quest'ultimo era anche il parere diBloomfield2 (1935). Sulla base di questa accezione, il biliguismo in sensostretto, meglio definito equilinguismo o ambilinguismo, sarebbe propriosoprattutto dei bambini allevati in contesti caratterizzati dall'uso simultaneodi due lingue, o comunque di individui che non hanno la necessità di tra-

1 Citato da J. F. Hamers, M. Blanc, Bilinguality and Bilingualism, Cambridge,Cambridge University Press, 1989, p. 6.

2 Ibidem.

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durre giacché possiedono due sistemi linguistici indipendenti e paralleli checontrollano contemporaneamente. Al contrario, Macnamara3 (1967) sostie-ne che è bilingue chiunque possieda un minimo di competenza in ognunadelle seguenti quattro abilità linguistiche: comprensione auditiva, abilitàorale, lettura e scrittura in una lingua diversa dalla propria madre lingua. Fraqueste due posizioni estreme si collocano altri Autori, che meglio rispec-chiano la posizione qui sostenuta, tra cui Titone4 per il quale "il bilinguismoconsiste nella capacità di un individuo di esprimersi in una seconda linguaaderendo fedelmente ai concetti e alle strutture che a tale lingua sono pro-pri, anziché parafrasando la lingua nativa" .

Su di un altro versante, contrapponendo individuo e contesto, biso-gnerebbe distinguere, con Hamers e Blanc5, fra bilinguality e bilingualism("bilinguità" e "bilinguismo"). La bilinguità contraddistingue lo stato psico-logico di un individuo che ha accesso a più di un codice linguistico comemezzo di comunicazione sociale; II concetto di bilinguismo, d'altra parte,include quello di bilinguità (che si riferisce ad un individuo bilingue), marimanda anche allo stato di una comunità linguistica nella quale due linguesono a contatto tra loro.

In sintesi, si tratta di un fenomeno multidimensionale nel quale entra-no in gioco da un lato aspetti più strettamente tecnici, quali la competenza6,l'esecuzione, l'età di acquisizione, e il carattere endogeno o esogeno; dall'al-tro, aspetti cognitivi, sociali, culturali, emotivi e perfino creativi.

In riferimento alla competenza va tenuta presente la natura relativa dellabilinguità, dal momento che è in gioco la relazione fra la competenza in duecodici. Si distingue fra bilingue bilanciato che ha una competenza equivalen-te in due lingue e bilingue dominante in cui la competenza in una delle lin-gue, di solito la lingua madre, è superiore. La dominanza o il bilanciamentonon sono distribuiti allo stesso modo in tutti i campi e funzioni della lingua.

3 Ibidem.4 R. Titone, Bilinguismo precoce ed educazione bilingue, Roma, Armando, 1972, p. 13.5 Op. cit., p. 6.6 "La competenza, definita come la capacità linguistica del soggetto che sottintende

tutte le possibilità di elaborazione e le forme di intervento sul linguaggio nel quale s'attua-lizza, non può essere colta ed osservata direttamente. La si può ipotizzare, attraverso atti diinferenza, sulla base delle azioni di esecuzione {performance)" (M. Richelle, Introduzione allostudio della genesi del linguaggio, Firenze, Giunti, 1976, p. 36).

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Già Titone7, partendo dalla premessa che il bilinguismo è aspetto sog-gettivo del parlante reputava che fosse opportuno misurarne le caratteristichecon un'osservazione e un'analisi del comportamento bilingue (l'esecuzione),e ribadiva la necessità di tener conto del grado di adeguatezza di tale com-portamento, della funzione che assolve l'uso di una lingua o dell'altra, delloro uso alterno e infine delle eventuali interferenze nello stesso parlante.

La misurazione del grado di possesso di due lingue dovrebbe essere con-dotta su due dimensioni: una orizzontale, considerando il grado di capacitàper la lingua A e la lingua B; la seconda, verticale, tenendo conto del gradodi possesso per ciascuno dei livelli costitutivi della lingua come sistema(fonologico, grammaticale, lessicale, semantico, stilistico).

Il grado di perfezione bilingue dipende dalle funzioni, ossia dagli usiche il bilingue fa di ciascuna lingua e dalle condizioni in cui tali usi vengo-no assolti. Secondo Mackey8, si può distinguere fra funzioni esterne e inter-ne. Nel primo caso, sono determinate dalle zone di contatto e dalla variazio-ne d'uso di ciascuna lingua secondo la durata, la frequenza e la pressionesociale. Le funzioni interne sono connesse con usi puramente espressivi enon comunicativi, come il linguaggio interiore, e con l'espressione di trattiintrinseci del parlante, che rimandano alla sua capacità di accettare o menole situazioni con cui viene in contatto.

La varietà di perfezione bilingue può dipendere da molteplici varianti:il sesso, l'età, la predisposizione, lo sviluppo di una determinata capacità, ades., la comprensione in virtù di un più alto grado di intelligenza, il vocabo-lario dovuto a buona memoria, l'atteggiamento favorevole o sfavorevoleverso le lingue, la motivazione personale o la imposizione.

Tale misurazione dipende dalle funzioni di ciascuna lingua e dal gradodi dominio linguistico del parlante e dei suoi ascoltatori. La prontezza dipassaggio dipende dalla capacità in ciascuna lingua e dalle condizioni ester-ne e interne. Secondo Mackey9, i fattori implicati più rilevanti sono l'argo-mento, la persona e la tensione emotiva.

In quanto alla misurazione della interferenza interlinguistica, ricordiamoche rappresenta il problema più arduo del bilinguismo nel suo funziona-mento. L'interferenza consiste nell'usare elementi o tratti appartenenti ad

7 R. Titone, op. cit., p. 20.8 Citato da R. Titone, p. 21.9 Citato da R. Titone, op. cit., p. 24.

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una lingua nell'atto del parlare o dello scrivere in un'altra. Ad evitare confu-sioni, va ricordato che il prestito rappresenta uno scambio fra due sistemi lin-guistici, mentre Y interferenza è un fenomeno di mescolanze evidente nelcomportamento del bilingue. Il primo si riferisce alla langue ed è un fattopersistente, coerente, collettivo; il secondo, ú\z parole ed è oscillante, discon-tinuo, personale.

Il tipo e la rilevanza dell'interferenza variano secondo i momenti e lecircostanze. Vi influiscono il mezzo di comunicazione, lo stile, il registro e ilcontesto di messaggio, ove la vigilanza può essere più o meno attenta.Riprenderemo il tema nella seconda parte di questa comunicazione.

L'età e il contesto di acquisizione forse possono portare a stili cognitividiversi. In tal senso, Ervin & Osgood10 distinguono fra bilinguismo compo-sito e bilinguismo coordinato; nel primo caso, due serie di segni linguisticisono associate allo stesso significato, mentre nel secondo, ogni serie di segnilinguistici ha una sua traduzione corrispondente. Di solito c'è una forte cor-relazione fra organizzazione cognitiva, età e contesto di acquisizione. Infatti,un individuo che ha appreso le due lingue simultaneamente da bambinonello stesso contesto è più tendente ad avere una sola rappresentazionecognitiva per due traduzioni equivalenti. Per quel che riguarda il contesto, siosserva come l'acquisizione precoce di due lingue avvenga di solito nell'am-biente familiare, mentre l'acquisizione posteriore di una L2 spesso avviene inquello scolastico.

Bisognerebbe inoltre distinguere fra bilinguità acquisita nei diversiperiodi della vita: infanzia, adolescenza, età adulta. Nel caso della bilinguitàinfantile, o bilinguismo simultaneo, ci riferiamo alle lingue come La e Lbmentre nel caso del bilinguismo consecutivo, quando l'acquisizione dellaseconda lingua avviene, anche se precocemente, dopo l'acquisizione dellalingua madre, si preferisce indicarle con LI e L2. Mentre lo sviluppo delbilinguismo simultaneo avviene di solito in modo spontaneo, informale esenza intenzionalità, il bilinguismo consecutivo può essere sì informale,come nel caso di una famiglia immigrata, ma anche intenzionale, come incerti programmi di educazione bilingue.

D'altra parte, si considera che una lingua è endogena se viene usatacome lingua madre in una comunità; in tal caso, può essere utilizzata anche

Citato da R. Titone, op. cit., p. 31.

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a livello istituzionale, ma non necessariamente. Di converso, si parla di lin-gua esogena quando è usata come lingua ufficiale istituzionalizzata ma noncome mezzo di comunicazione in una data comunità. Esempi di quest'ulti-mo caso li troviamo in Paesi del Centro e dell'Est dell'Africa. Ne derivanosicuramente delle differenze a livello del grado di bilinguismo e dell'interfe-renza interlinguistica in quanto nel caso di lingue esogene ci può essere mag-giore interferenza a causa della possibile non totale identificazione del par-lante con una lingua impostasi come ufficiale.

Venendo invece agli aspetti d'ordine socio-culturale, i primi che meri-tano d'essere citati sono quelli cognitivi. Sono molti gli studiosi che si sonopreoccupati delle relazioni tra pensiero e linguaggio sotto diverse prospetti-ve u : Piaget, Vygotsky, Sapir, Bruner, etc. Oggi l'approccio più condiviso èquello di quest'ultimo che considera le relazioni di mutua interdipendenzache esistono fra queste due attività: il linguaggio è uno strumento utileall'organizzazione del pensiero e allo stesso tempo l'attività di pensiero svi-luppata è alla base dell'attività linguistica.

Presumibilmente per tale ragione nei bilingui e multilingui, sia bambi-ni che adulti, si sono riscontrati dei risultati superiori rispetto ai monolinguisia a livelllo cognitivo che mnestico12. I vantaggi che emergono da ricercheeffettuate con i bambini consistono in una maggiore abilità nella ricostru-zione percettiva delle situazioni, nelle prove di intelligenza verbale e non ver-bale e di originalità verbale, nell'individuazione delle relazioni semantichetra le parole, nelle prove piagetiane consistenti in una elaborazione di con-cetti, nella scoperta di leggi, nel pensiero divergente, nelle trasformazioniverbali e nei compiti di sostituzioni simboliche. Insomma, i bambini bilin-gui hanno una creatività e capacità superiori nella riorganizzazione del-l'informazione, che può essere estesa anche ai compiti non verbali.

Quanto agli aspetti più strettamente sociali, va colta la differenza tra ifenomeni di assimilazione e integrazione. Ad es., in una società con due lin-gue a confronto, la cultura dominante può agire in modo coercitivo {assimi-lazione), imponendo i suoi valori attraverso la lingua. Questo può portare adrastici fenomeni di anomia13, oppure alla costruzione di una falsa identità,

11 Cfr. M. Richelle, op. cit., pp. 136-172.12 Cfr. J. F. Hamers., M. Blanc, op. cit., pp. 47-55.13 Termine introdotto dal sociologo E. Durkheim per designare la mancanza di

norme interne. E una situazione di disorientamento sociale che si riflette profondamente a

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al fine di non essere in dissonanza con la cultura dominante. Attualmente,le strategie si sono modificate e si propende per Y integrazione, il che implical'acculturazione di un individuo in una nuova cultura senza che perda il suopatrimonio di origine e la sua identità, che beninteso include la lingua stes-sa.

Uno spazio di particolare attenzione, che non può essere ridotto nel-l'ambito dell'assimilazione o dell'integrazione, meritano le realtà in cui duelingue sono in continuo confronto poiché ambedue "ufficiali"; è il caso delParaguay, del Canada, della República Sudafricana e di altri Paesi africani oasiatici. In essi si è imposta come ufficiale una lingua europea, accanto aquella locale, come conseguenza delle colonizzazioni cui sono stati sotto-messi. In altri Paesi, il bilinguismo data da epoca storica; si pensi, ad esem-pio, alla realtà spagnola e al fatto che in certe regioni al castigliano si affian-ca un'altra lingua ufficiale (catalano, vasco o gallego) o un dialetto locale.Questa particolare situazione di due lingue a contatto continuo tra loro puòdar luogo a fenomeni particolari come: il prestito linguistico, il code-swit-ching o il code mixing14.

Quanto agli aspetti culturali, si rammenta che II linguaggio implica lapossibilità di esprimersi e di mantenere relazioni con altri esseri umani. Ognilingua è innanzitutto uno strumento, un mezzo di comunicazione che nascein un determinato contesto culturale. In tal senso, la lingua consente di sco-prire, anche attraverso le sue categorie, una visione del mondo ed una realtàconcreta15.

Quanto agli aspetti individuali, la scelta di una lingua può essere

livello individuale e impedisce al singolo di orientare con precisione il proprio comporta-mento (AA.W., Psicologia, Madrid, Santillana, 1989, p.33).

14 Tutte e tre sono considerate delle strategie linguistiche al servizio dei parlanti diuna lingua, lì prestito è un fenomeno che avviene a livello lessicale, affinchè una lingua possasupplire ad una sua mancanza.

Il code-switching consiste nell'uso alternato di due lingue nello stesso discorso, perfinonella stessa frase. È considerato un fenomeno a livello della ¡angue.

Il code-mixing è una strategia linguistica mediante la quale il parlante di una lingua xtrasferisce elementi o regole della lingua y alla lingua x (quella di base); a differenza del pre-stito questi elementi non sono integrati nel sistema linguistico di x; è, pertanto, un feno-meno che avviene a livello della parole.

15 In questo senso va, ad es., il contributo di B.Whorf. Si veda : M. Richelle, op. cit.,pp. 142-3.

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influenzata da motivi consci e inconsci. Nel primo caso, possono essere ingioco fattori quali: il desiderio di viaggiare, di conoscere altre culture, dicomunicare con una determinata persona, di interesse per la letteratura di undato Paese, etc. Nel secondo caso, le ragioni sfuggono al parlante, ad es. lad-dove l'acquisizione di una seconda lingua viene mossa da un rifiuto della lin-gua madre, determinando in tal modo l'acquisizione di una nuova identità:il bilinguismo è qui una difesa, una fuga. Anche nel caso del bilinguismosimultaneo ci possono essere fattori inconsci che fanno si che una delle duelingue (la dominante) sia più accettata e l'altra sia sentita meno propria o inun certo senso rifiutata.

A proposito, invece, dell'emozione a volte si è accennato in un certosenso alla doppia personalità dei bilingui ed alla sensazione di spaccatura cheavvertono nella propria vita. Del resto, a giustificare ciò, sono da mettere inconto le diverse emozioni legate al momento specifico dell'apprendimentodella lingua (i primi giorni di vita, l'infanzia, l'adolescenza o l'età adulta), ealtre connotazioni legate ai vissuti e ai percorsi individuali, quali le amicizie,la cultura e le esperienze effettuate nel paese a cui la lingua appartiene. È unaspecie di doppio e costante riferimento a due mondi diversi che convergonoin una personalità unica, quella del bilingue.

D'altra parte, sensazioni negative e vissuti di frustrazione possono com-parire quando si affronta lo studio di una L2 o quando si vive in una condi-zione di bilinguismo non bilanciato. C'è la sensazione di non riuscirci mai.Se ha luogo l'interiorizzazione di una funzione troppo autocritica, o addirit-tura vissuta come persecutoria, ci può essere una deformazione e si può arri-vare a pensare che gli altri siano lì, guardinghi, pronti a segnalare l'errore e aderidere. Ciò' può' dar luogo a situazioni di blocco e di interferenza.

Altre volte, la conoscenza di una L2 può dar luogo a vissuti di separa-zione: ci si separa da una LI, la lingua madre, per avviarsi ad una L2, lanuova lingua, o viceversa.

Infine, la lingua può essere utilizzata con intenzioni creative, con unafunzione espressiva16. Soprattutto la lingua scritta, per la sua modalità di dif-ferimento, consente una maggior riflessione e può permettere una più fineanalisi di sé stessi proprio grazie alla funzione di mediazione e distanzia-

16 Secondo Biìhler il linguaggio possiede tre funzioni: rappresentativa: si riferisce al

contenuto stesso del linguaggio ed è finalizzata alla comunicazione; espressiva: serve a tra-

smettere il nostro stato di animo; conativa: ha come scopo agire sull'ascoltatore.

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mento consentita dal testo. Infatti, attraverso la letteratura e coltivando l'usodi codici diversi, alcuni scrittori hanno ritrovato sé stessi. Non possiamo per-ciò fare a meno di domandarci il senso che la genesi della scrittura può avereda tale punto di vista, e di riconoscerne un ruolo che, per certi versi, potreb-be definirsi "terapeutico". Ad es., attraverso la narrazione in prima persona,la protagonista di Lost in translation v riesce a fare un'analisi della sua con-dizione di bilingue, ripercorrendo la sua storia dal momento dell'immigra-zione in Canada. Ci si muove dal mondo degli inizi, ove la lingua madre, ilpolacco, riempe tutti gli spazi della vita, verso un'altra lingua, quella adulta,l'inglese, che diventa alfine la lingua interiore. Al termine di questo percor-so sarà possibile una riconciliazione con la lingua madre proprio attraversouna riflessione sul tema del linguaggio e delle sue valenze connotative.

Altri scrittori bilingui o multilingui18 hanno trovato nella scrittura uncanale per costruire e sviluppare un loro mondo interiore e fuggire forse adei potenziali squilibri. Fra questi: Louis Wolfson, Samuel Beckett, VladimirNabokov, Fred Uhlman, Elias Canetti ed Héctor Bianciotti.

A partire da queste diverse prospettive, qui appena citate, dovremmoora porci alcune questioni relative alle tecniche di insegnamento e, per l'ap-punto, ai rischi di interferenza.

Da più parti arriva la conferma della opportunità di iniziare lo studiodi una seconda lingua in tenera età per varie ragioni; in primo luogo, per lamaggiore plasticità del cervello del bambino che riesce così a pronunciaretutti i suoni di una lingua e la padroneggia più facilmente grazie anche allasua grande capacità di imitazione.

In secondo luogo, per la maggior flessibilità culturale che ne deriva, laquale consente a sua volta di evitare il pregiudizio nei confronti di altre cul-ture. Di conseguenza, si può considerare superato un altro pregiudizio: quel-lo relativo ai danni provocati dall'introduzione di una seconda lingua nellaprima infanzia.

Ma è altrettanto importante coltivare sin dall'inizio la lingua scritta.Infatti, contributi di orientamento teorico diverso sottolineano il ruolo dellanarrazione nello sviluppo cognitivo19 e evidenziano come i bambini abitual-

17 Cfr. E. Hoffman, Lost in Translation, Great Britain, Minerva, 1989.18 Cfr. J. Amati Mehler, S. Argentieri, J. Canestri, La babele dell'inconscio, Cortina,

Milano, 1990.19 Cfr. C. Pontecorvo, Narrazione e pensiero discorsivo nell'infanzia, in M. Ammaniti,

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mente imparino ad ordinare le sequenze attraverso la costruzione di storie,apprendimento che la scrittura indubbiamente viene a potenziare. D'altrocanto, la narrazione può essere anche un'occasione di gioco importante perlo sviluppo della fantasia e far parte di quello che Winnicott20 denomina"spazio transizionale": una zona intermedia che può aiutare il bambino arendersi autonomo e ad avviarsi verso il processo di individuazione e separa-zione dai genitori.

Quello che vorrei sottolineare è che il mondo di oggi privilegia soprat-tutto l'immagine e ricerca una maggiore attenzione ai mezzi audiovisivi e allaparola. Ciò comporta una certa trascuratezza nei confronti della dimensionescritta delle lingue, in primo luogo dell'italiano stesso. Ne consegue che glistudenti adulti mostrano grandi difficoltà anche nella scrittura della linguastraniera; si dimentica in tal modo che la scrittura costituisce per sua naturaun momento di riflessione e perciò di organizzazione del pensiero, una occa-sione di esprimersi e di rivendicare la propria libertà21.

Inoltre, se oggi si considera unanimemente lo studio e l'acquisizione dialmeno una seconda lingua come fondamentale, è però a maggior ragioneimportante che gli studenti abbiano una buona conoscenza della linguamadre; infatti, molte ricerche hanno dimostrato come il dominio di una L2sia superiore quando gli studenti presentano un miglior livello nella LI.D'altra parte, bisogna tener conto dei possibili trasferimenti di conoscenzeda una lingua all'altra.

Quanto agli errori che potrebbero derivarne, si fa una distinzione fraerrori conseguenti all'interferenza della lingua madre, ed errori da mancataconoscenza della L2 e delle sue regole. In questo contesto, vorrei fecalizzarei primi e sottolineare le difficoltà che si presentano nel caso LI e L2 siano

D. N. Stern (a cura di), Rappresentazioni e narrazioni, Bari, Laterza, 1991 e M. Orsolini, C.Pontecorvo (a cura di), La costruzione nel testo scritto nei bambini, Firenze, La Nuova Italia,1991.

20 II gioco e lo sviluppo della fantasia hanno una grande importanza nello sviluppoinfantile (cfr. D. Winnicott, Gioco e realtà, Roma, Armando, 1990).

21 II filosofo spagnolo Lain Entralgo afferma che esprimersi attraverso la scrittura è ilmezzo migliore per sviluppare la propria personalità. Chi ci riuscirà avrà più possibilità ditrasmettere la propria esperienza e quella degli altri. Tale capacità costituisce il dono più pre-zioso che ci sia al servizio della libertà. In definitiva "vivir es expresarse" (citato da V.Rodríguez Jiménez, Manual ¿Le Redacción, Madrid, Paraninfo, 1987, p. 17).

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due lingue caratterizzate da un elevato grado di affinità, come ad esempio lospagnolo e l'italiano.

Nonostante ciò, continuo a ritenere che nello studio delle lingue stra-niere sia opportuno un trasferimento di conoscenze e di abilità linguistichea partire dalla LI. Spesso una persona che ha un buon livello nella sua lin-gua madre, può riuscire a padroneggiare meglio una determinata lingua este-ra proprio in quanto certe abilità possono essere trasferite da una linguaall'altra, ad es., l'abilità di riassumere, di sintesi ed analisi, di elaborazione dischemi (gerarchla di idee), di uso della punteggiatura, etc.

Ma, naturalmente, ciò apre anche dei problemi. Infatti in tale situazio-ne si è osservata una maggiore difficoltà di apprendimento proficuo. Neilivelli soglia ci possono essere molti progressi e gli studenti ricavano dallostudio consistenti soddisfazioni, ma è molto più difficile avere un buon livel-lo di comando in quanto le interferenze sono numerose, sia a livello oraleche soprattutto scritto, derivandone tra l'altro una maggiore frustrazione siaper lo studente che per l'insegnante. Esse possono presentarsi a livello lessi-co-semantico, morfosintattico, soprasegmentale e fonetico.

Inoltre, se a livello pragmatico, non sempre l'interferenza comporta unarecezione equivoca del messaggio, rende tuttavia più difficile la consapevo-lezza dei propri errori.

Allora, sempre nel caso di due lingue che si assomigliano molto, èrichiesto, per affrontare tali problemi di interferenza, di accentuare nontanto le somiglianze, quanto le differenze. Dunque, è di grande utilità l'usodella grammatica contrastiva e della traduzione, il cui dominio comporta ungrado di assimilazione delle regole molto elevato22.

Del resto, la riflessione sulla lingua e, dunque, l'attenzione all'insegna-mento del metalinguaggio è fondamentale non solo nello studio di unaseconda lingua, ma anche per la conoscenza della propria lingua madre.Costituisce un elemento teorico per controllare e capire gli errori. In gene-

22 Questa posizione recupera in parte l'approccio tradizionale basato sul ruolo pre-scrittivo della grammatica ma è anche attenta all'integrazione tra i diversi approcci didatti-ci dato che come sostiene Daniel Cassany ciascuno di essi rimanda ad un punto di vistaimportante per il successo della comunicazione, il che suggerisce di non dimenticare "il nonsenso di un approccio assolutamente grammaticale, senza funzione, senza testo, senza pro-cesso, e con poco contenuto" (D. Cassany, Enfoques didácticos para la enseñanza de la expre-sión escrita, "Comunicación, lenguaje y educación", 1990, 6, p. 79).

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re, gli studenti di lingua sono poco propensi ad applicarsi su tale versanteche, al contrario, è fondamentale, soprattutto a livello della subordinazionee dello studio del testo. Ciò fa comprendere quanto sia auspicabile una mag-giore attenzione allo studio del metalinguaggio sin dalla scuola di base,tenendo conto dello sviluppo cognitivo del bambino e delle sue capacità diastrazione, soprattutto alla luce degli studi piagetiani e neopiagetiani23.

Si ricordi che i bambini, così come i parlanti di una lingua, possonoavere una conoscenza implicita del metalinguaggio: sanno effettuare dellesostituzioni appropriate e adoperano le regole con abbastanza precisione, manon sanno spiegare la ragione della correttezza o scorrettezza nell'uso delcodice linguistico, di conseguenza la dotazione "naturale" di tale strumentonon è sufficiente per una autocorrezione consapevole, e richiede uno studiosupplementare. Su di un altro versante, a conferma del rapporto di poten-ziamento reciproco tra bilinguismo e metalinguaggio, i risultati delle ricer-che di Malakoff e coli, fanno pensare che i bilingui sviluppino più abilitàmetalinguistiche rispetto ai soggetti monolingui24.

In conclusione, con queste mie note ho inteso enfatizzare il ruolo del-l'insegnamento di una L2, al di là dello specifico apprendimento in oggetto,per la maggiore flessibilità cognitiva che esso favorisce. Ciò mi sembra coe-rente con una accezione del bilinguismo in senso lato, riferita ad un appren-dimento non solo simultaneo, ma anche consecutivo, tale che possa darsianche nel corso del periodo scolastico. Infatti, sebbene siano innegabili ledifferenze di procedura e risultato tra bilinguismo simultaneo e consecutivo,è peraltro evidente anche una similarità dei meccanismi e processi cognitiviin gioco, dal cui approfondimento c'è da attendersi un miglioramento e unamaggiore naturalità delle tecniche di insegnamento.

Su un altro versante, va ribadita l'analogia tra i processi cognitivi cheregolano l'organizzazione della lngua madre e della L2; una gran parte deiproblemi che ci troviamo ad affrontare nell'insegnamento sono infatti rela-tivi alla infrastruttura di base, vale a dire, nuovamente, a quella medesimaorganizzazione cognitiva che regola il linguaggio tanto in LI che in L2.

23 Piaget ipotizza uno sviluppo progressivo della capacità di astrazione e di simboliz-zazione che viene definitivamente raggiunta attorno ai 12 anni.

24 Cfr. M. Malakoff, K. Hakuta, Transìation skill and metalinguistic awareness inbilinguals in E. Bialistock (a cura di), Language Processing in Bilingual Children, Cambridge,Cambridge University Press, 1991.

Page 12: Note sul bilinguismo e problemi con esso correlati · 4 R. Titone, Bilinguismo precoce ed educazione bilingue, Roma, Armando, 1972, p. 13. 5 Op. cit., p. 6. 6 "La competenza, definita

22 Magdalena Jiménez Naharro

Proprio in quanto rafforzativi di tale organizzazione, le dimensioni dellascrittura e del metalinguaggio dovrebbero assumere particolare importanza.Sono essi infatti che consentono (vuoi al momento della elaborazione chedel commento) di assumere dimestichezza con il testo, inteso come un tuttoche si articola attraverso una serie di rimandi tra le parti, e non come unaserie di sequenze private di qualsivoglia gerarchla semantica, sintattica e nar-rativa.