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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BERGAMO – FACOLTA’ DI INGEGNERIA – CORSO DI INGEGNERIA TESSILE Economia e Organizzazione Aziendale 1 Economia e Organizzazione Aziendale 41 L’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE PROGETTARE L’ORGANIZZAZIONE UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BERGAMO – FACOLTA’ DI INGEGNERIA – CORSO LAUREA TRIENNALE IN INGEGNERIA TESSILE

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L’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

PROGETTARE L’ORGANIZZAZIONE

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Il ciclo di direzione aziendale

Dirigere significa partecipare attivamente alla formulazione delle strategie e delle politiche di gestione. Ciò comporta, per l’intera struttura direttiva, un continuo coinvolgimento nel processo di programmazione, di organizzazione e di controllo della gestione aziendale.

PROGRAMMAZIONE(atti di decisone)

CONTROLLO(atti di valutazione)

ORGANIZZAZIONE(atti di disposizione)

CONDUZIONE(atti di guida)

Il CICLO DI DIREZIONE identifica schematicamente i contenuti attribuibili alla funzione di direzione. Ogni attività deve essere: 1. programmata, stabilendo in anticipo gli obiettivi da raggiungere, le modalità di

svolgimento da rispettare e le risorse da impiegare; 2. organizzata, individuando chi e con quali responsabilità dovrà curarne la

realizzazione; 3. guidata, fornendo le direttive e motivando gli organi operativi; 4. controllata, valutando i risultati raggiunti rispetto a quelli programmati. Queste fasi si rinnovano incessantemente durante la gestione e danno corpo a distinte funzioni di direzione. Ognuna di esse comporta procedure e tecniche diverse ed impegna non solo l’alta direzione aziendale, ma anche i livelli inferiori della piramide organizzativa. A differenza delle funzioni organiche di gestione (vendita, produzione,acquisti, ecc.), le funzioni direttive costituiscono momenti integrati di un processo unitario non segmentabile. Le funzioni organiche sono affidate ad esecutori differenti, dotati di competenze molto specifiche. Una funzione di organizzazione o di programmazione non può trovare dei responsabili esclusivi, in quanto i compiti di organizzazione o di programmazione rientrano tra le responsabilità di tutti i dirigenti di un’impresa. Quindi il ciclo di direzione per funzioni si giustifica solo sul piano procedurale, perché deve consentire di esaminare separatamente momenti del ciclo stessi, diversi l’uno dall’altro. Nelle aziende di grandi dimensioni vi sarà un responsabile della programmazione o dell’organizzazione o del controllo, ma ciò non significherà che ad esso soltanto competerà la pianificazione, l’organizzazione o il controllo dell’attività aziendale. Il sistema dovrà essere gestito con il concorso del gruppo dirigente nel suo complesso.

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La funzione organizzativa

1. Definire:• i centri decisionali, di controllo ed esecutivi da istituire nell’impresa:• l’autorità e la responsabilità da attribuire a ciascuno di essi;• le relazioni formali da attivare fra i vari centri;• le procedure di decisione, di informazione e di esecuzione, necessarie

per l’ordinato svolgimento della gestione.2. Soddisfare le attese di coloro che lavorano nell’impresa.

Lo studio dell’organizzazione si svolge secondo un duplice profilo:

• legato alla struttura (aspetto statico)• legato al comportamento (aspetto dinamico)

Organizzare significa ordinare un sistema in parti interdipendenti e correlate, ciascuna avente una specifica funzione o rapporto rispetto al complesso. In senso aziendale le parti sono gli organi dell’impresa e l’organizzazione si rivolge in primo luogo a disciplinare i compiti, i poteri e le responsabilità che ciascuno di questi dovrà assumere nel corso della gestione. Lo scopo è quello di ottenere le condizioni di massima efficienza operativa, di una maggiore produttività del lavoro, dando origine ad un vero e proprio effetto sinergico. Ma organizzare significa anche soddisfare le attese di coloro che lavorano nell’impresa. Cioè nell’impiegare in modo giusto le risorse umane disponibili, accrescendone la motivazione e migliorandone il rendimento globale. Il duplice profilo della funzione organizzativa significa che, oltre ad ordinare compiti e responsabilità, deve esaminare e regolamentare i rapporti interdisciplinari di conflitto e di equilibrio che si creano nella dialettica organizzativa aziendale. Ciò involge prevalentemente problemi di tipo psico-sociologico. Nella forma più semplice la struttura organizzativa si basa sulla presenza di un centro di comando (imprenditore) e di più centri di esecuzione. In quelle più complesse, si articola in una molteplicità di unità differenziate di decisione, di controllo ed operative. Nel passaggio dalla prima alle seconde cresce la necessità di pervenire ad una definizione formale dell’assetto strutturale, cioè si afferma sempre di più l’esigenza di “pianificare” l’organizzazione. Quindi avremo da una parte una struttura spontanea, fondata sui rapporti personali tra gli individui (aziende più piccole), e dall’altra, una struttura di piano (codificata), definita formalmente e stabilmente. Nel primo caso troviamo il vantaggio di una maggiore flessibilità d’impiego del personale, utile di fronte ad esigenze improvvise e impreviste. Al crescere della dimensione si complica il processo di coordinamento , i vantaggi della flessibilità tendono a ridursi sino ad essere sopravanzati dalle difficoltà di conduzione dell’impresa.

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Le scelte organizzative

Premessa: •disegnare il grado di integrazione verticale dell’impresa• valutare le caratteristiche del macro e del micro-ambiente di

riferimento

Vincoli:• capacità professionali disponibili ed acquisibili nel mercato

del lavoro• grado di disponibilità a sostenere investimenti fissi• capacità della gestione di sostenere i costi di lavoro

La premessa per la costruzione della struttura organizzativa consiste nel risolvere preliminarmente il problema della determinazione del confine efficiente dell’organizzazione (grado di integrazione verticale). Si tratta di valutare le opzioni tra produzione interna e ricorso al mercato, cioè nella scelta di quali funzioni dovranno essere attuate all’interno e per quali altre funzioni si vorrà fare ricorso a fornitori esterni di prodotti o servizi. Ciò si rifletterà sull’ampiezza dell’area organizzativa. Si tratta anche di conoscere a fondo le caratteristiche macro e micro dell’ambiente in cui l’azienda dovrà operare. Più il contesto esterno risulterà caratterizzato da condizioni di instabilità e di dinamismo, maggiore dovrà essere la flessibilità dell’organizzazione. Occorre inoltre tener conto di un complesso di vincoli, di natura umana ed economica, che potrebbero far rinunciare a scelte teoricamente ottimali. D’altra parte c’è sempre perenne conflitto tra potenzialità, elasticità ed economicità della struttura. Quest’ultima, in sostanza, rappresenta l’investimento in capacità potenziali che l’impresa decide di sostenere per poter disporre di determinati livelli di servizio., in termini sia di qualità sia di volumi operativi. Serve un bilanciamenti tra i tre elementi, tenendo conto che la scelta di una certa struttura organizzativa rappresenta il vincolo maggiore per un’espansione che vada al di là della sua potenzialità massima di servizio.

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La progettazione dell’organizzazione

Fasi di progettazione:

1. Individuazione degli obiettivi e delle funzioni organiche della gestione aziendale

2. Scelta del modello di base per le ripartizione delle responsabilità3. Scelta dei criteri di suddivisione delle responsabilità operative4. Articolazione gerarchica delle unità primarie5. Definizione del sistema di relazioni fra gli organi aziendali

Organizzare significa innanzitutto lavorare sulle risorse umane, incidendo nella sfera di comportamento di gruppi sociali. In ipotesi di riorganizzazione aziendale, questi comportamenti finiscono spesso per rappresentare i vincoli di maggior peso. Si tende ad ostacolare il cambiamento sia per il principio dell’inerzia sia per il timore di perdere potere.

1. Prima occorre definire i traguardi quali-quantitativi che l’azienda si pone, che possiamo chiamare obiettivi della gestione. Es. ampliamento delle dimensioni aziendali, diversificazione delle produzioni, aumento dell’automazione, ecc. Poi, su queste basi, si identificheranno le aree funzionali di maggior peso rispetto agli obiettivi di gestione;

2. Concerne i criteri di ripartizione delle responsabilità ai livelli più elevati della gerarchia aziendale. Consente di differenziare le unità primarie intorno a cui sviluppare l’intera struttura organizzativa;

3. A completamento della fase precedente, si scelgono i criteri di suddivisione dei compiti all’interno delle unità primarie;

4. Si sviluppa ulteriormente la struttura in termini di livelli e posizioni gerarchiche, con l’obiettivo di frazionare i compiti assegnati alle unità primarie e definire il grado di decentramento (deleghe) da conferire al processo di direzione;

5. Stabilire i collegamenti tra le varie unità inserite nella struttura, creando una rete di rapporti orizzontali, verticali e trasversali, atti a consentire il passaggio delle informazioni.

Macro-struttura, micro-struttura, procedure di tipo decisionale ed operativo, rete di relazioni per il sistema informativo, ecc.: questo processo non è semplice né è agevolmente configurabile in uno schema teorico generale.

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Elementi e rappresentazione della struttura organizzativa

1. Organi tra cui è suddiviso il lavoro 2. Funzioni assegnate a tali organi 3. Relazioni tra gli organi stessi

1. Organigramma2. Mansionari3. Norme procedurali

Ci riferiamo alla struttura formale, quella prescritta dalla direzione ed esplicitata attraverso ORGANIGRAMMI ed altri documenti. Come già visto, esiste pure un’organizzazione informale, strettamente connessa con quella formale. L’organigramma permette di individuare con immediatezza gli elementi caratterizzanti la struttura di base:

• Gli organi di staff o di line • Le relazioni tra gli organi, limitatamente a quelle di tipo verticale (o gerarchico) e

di tipo funzionale (es. tra il controller centrale e i controllers appartenenti a singole divisioni)

• Lo sviluppo verticale o orizzontale della struttura Per evidenziare altri aspetti organizzativi, all’organigramma vengono affiancati i mansionari (descrivono i compiti per unità funzionale) e le norme procedurali (specificano meglio i contenuti dei compiti, precisando come svolgerli ed evidenziando particolari relazioni che legano organi differenti – forma descrittiva o diagrammi di flusso).

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Progettare la struttura organizzativa

Scelta dei criteri di divisione del lavoroorizzontaleverticale

Scelta dei criteri di coordinamento dl lavoro Compiti prevedibili (routine)• Procedure formali

Compiti con scarsa prevedibilità (incertezza)Modifica criteri di divisioneOrganismi di coordinamentoStruttura per matrice

CRITERI DI DIVISIONE DEL LAVORO Divisione del lavoro orizzontale Suddividere i compiti globalmente svolti dall’azienda in attività meno complesse, da affidare ai vari membri dell’organizzazione. I pricipali criteri sono: a) Su base numerica: suddivisione su un determinato numero di persone che

compiono operazioni omogenee. Si tratta di livelli inferiori dove non sono richieste particolari specializzazioni;

b) Per funzione: è il criterio più diffuso e consiste nel dividere l’attività aziendale in base alle funzioni svolte (marketing, produzione, finanza, ricerca e sviluppo, ecc.). Regola generalmente il primo livello gerarchico ma interviene pure ai livelli sottostanti;

c) Per prodotto: tiene distinta la gestione di prodotti molto eterogenei dal punto di vista produttivo, commerciale, della progettazione, ecc. Normalmente regola la divisione del lavoro a livello della struttura direttamente dipendente dall’alta direzione, ma si può ritrovare anche a livelli inferiori, ad esempio all’interno della funzione di marketing e di produzione;

d) Per area geografica: è adottato quando operano unità organizzative geograficamente ubicate in zone distanti fra di loro (es. imprese multinazionali);

e) Per cliente o canale distributivo (dettaglio, ingrosso, concessionari, ecc.); f) Per processo produttivo: applicabile all’interno dell’area di produzione, per tenere

distinti gli stabilimenti o i reparti che, indipendentemente dal prodotto, seguono processi produttivi differenti;

g) Per progetto: si riferisce ad attività complesse, es. impianti su commessa del cliente, con obiettivi precisi e durata limitata, che richiedono la creazione di organi con il compito di coordinare le diverse specializzazioni coinvolte.

Questi sono criteri non necessariamente alternativi nell’ambito della stessa struttura. Regolando livelli gerarchici e aree differenti dell’organizzazione, possono coesistere, almeno in parte, nella stessa azienda.

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In pratica, quando si vuole individuare il tipo di struttura organizzativa adottato, si fa riferimento al criterio di divisione del lavoro al livello immediatamente dipendente dall’alta direzione. Per tale motivo le più diffuse strutture aziendali sono di tipo “plurifunzionale” o “multidivisionale”

Divisione del lavoro verticale Si articola la struttura in una serie di posizioni poste a livelli differenti e con un contenuto di autorità decrescente (ma anche di complessità e varietà) man mano si passa dai livelli superiori a quelli inferiori. Con la divisione verticale si stabilisce il numero dei livelli organizzativi. L’organigramma risulterà a sviluppo “verticale” oppure “appiattito” in base al numero dei livelli organizzativi presenti nell’organizzazione. La presenza di più livelli organizzativi richiede la soluzione del problema della distribuzione dei poteri decisionali fra i livelli stessi. 1) Organizzazioni accentrate: le decisioni di un certo rilievo sono prese dall’alta

direzione 2) Organizzazioni decentrate: significativa diffusione dei poteri decisionali anche ai

livelli inferiori - si fa uso sistematico della delega . Il caso 1) garantisce una conduzione più integrata dell’impresa, favorita dalla visione d’insieme che il vertice possiede. Può dimostrarsi efficace nelle occasioni critiche di vita dell’azienda. Il caso 2) permette di prendere le decisioni là dove si manifestano i problemi e si dispone delle relative informazioni. Col decentramento si favorisce:

l’alleggerimento dei compiti dell’alta direzione; La responsabilizzazione dei dirigenti di livello medio e basso e il miglioramento

delle loro qualità manageriali. La flessibilità dell’organizzazione, cioè la capacità di reazione tempestiva alle

condizioni interne ed ambientali, senza ricorrere sistematicamente ai vertici aziendali.

Un elevato grado di decentramento si rende necessario in presenza di grandi dimensioni aziendali, di dispersione geografica delle unità organizzative, di elevato grado di dinamismo e di complessità dell’ambiente in cui l’azienda opera. COORDINAMENTO DEL LAVORO E’ una esigenza imposta dalla divisione orizzontale del lavoro e consiste nell’assicurare ai vari sub-sistemi aziendali la necessaria integrazione. Occorre creare meccanismi che permettano un’azione coordinata tra un numero elevato di ruoli interdipendenti. • Se i compiti da regolare sono prevedibili e di routine si definiscono regole e

procedure formali, che fissano i comportamenti dei membri di unità organizzative diverse impegnati in attività collegate. In caso di situazioni non previste, si ricorre alla gerarchia;

• Se i compiti si svolgono in condizioni fortemente incerte ed imprevedibili (si moltiplicano le eccezioni), bisogna agire alla radice

• riducendo l’interdipendenza dei compiti (si cambiano i criteri di divisione del lavoro – es. si raggruppano i compiti per prodotto o per zona geografica anziché per funzione) o creando risorse di riserva;

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• oppure accettando l’interdipendenza ma affrontando il problema del coordinamento con meccanismi organizzativi diversi da quelli descritti. In sostanza si abbassa il livello in cui avviene il coordinamento, mediante la creazione di Comitati, Task forces, perni di collegamento (trait d’union), gruppi permanenti di lavoro (Teams), ruoli di integrazione come il Project Manager, Program Manager e strutture organizzative per matrice.

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Tipologia delle strutture organizzative

1. Struttura plurifunzionale2. Struttura multidivisionale3. Struttura a matrice

1. Si possono classificare le strutture in base al criterio di divisione orizzontale del

lavoro al livello direttamente dipendente dall’alta direzione aziendale. 2. Un criterio alternativo, seppur complementare, non si limita ad una analisi dei livelli

superiori dell’organizzazione, ma tenta di classificare le strutture in base ad un’osservazione globale dei caratteri organizzativi delle stesse.

E’ comunque sempre fondamentale individuare le principali variabili che influenzano la scelta dei vari tipi di struttura o le condizioni che rendono opportuna la scelta di una forma organizzativa o di un’altra. Con l’approccio (1) le principali variabili sono: • Il tipo di strategia • La dimensione aziendale Con l’approccio (2) i modelli organizzativi sono legati principalmente ai caratteri dell’ambiente esterno nel quale opera l’azienda, di cui le variabili interne sono solo un riflesso. In realtà strategie, dimensioni, ambiente ed altre variabili sono tutti aspetti correlati della realtà aziendale, per cui solo apparentemente i due approcci qui accennati sono suscettibili di una distinzione netta. Secondo il criterio della divisione orizzontale del lavoro al livello direttamente dipendente dalla Direzione Generale (1), si possono disegnare tre tipi di struttura. 1. Struttura plurifunzionale (struttura unidimensionale)

Si basa su una divisione del lavoro direttivo per funzione omogenea (marketing, produzione, personale, amministrazione, finanza, R&S, ecc.);

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2. Struttura multidivisionale (struttura unidimensionale)

Presuppone una divisione del lavoro direttivo per prodotto (o mercato o zona geografica). All’interno di ciascuna “divisione” si ritroverà poi nuovamente la struttura di tipo “plurifunzionale”;

3. Struttura a matrice (o per progetto) (struttura bidimensionale) Si è in presenza di un duplice criterio di divisione del lavoro al livello dipendente dall’alta direzione.

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Struttura plurifunzionale

DIREZIONE GENERALE

DIREZIOMEMARKETING

DIREZIONE PRODUZIONE

DIREZIONEPERSONALE

DIREZIONEAMMINISTRAZIONE

DIREZIONEFINANZA

DIREZIONE RICERCA

STABILIMENTO A STABILIMENTO B

Ecc.

Le Direzioni di funzione sono specializzate nelle singole aree funzionali per cui nessuna di esse è normalmente in grado di occuparsi di problemi generali aziendali, ma solo di problemi settoriali. A volte sono collegati tra loro attraverso un “Comitato”, in cui si creano collegamenti orizzontali. Ogni Dipartimento funzionale governa delle Unita Operative, con compiti prevalentemente esecutivi (stabilimenti, filiali di vendita, laboratori di ricerca, uffici amministrativi, ecc.). La struttura plurifunzionale è considerata più efficiente delle altre forme organizzative.

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Le funzioni del Marketing

Le funzioni di marketing acquistano sempre più valenze strategiche e spesso sono accentrate presso la Direzione Generale. Ciò può influire sui compiti assegnati agli organi di marketing:

•Individuare le opportunità offerte dal mercato nei vari segmenti;•Definire prodotti idonei a soddisfare tali esigenze (decisione strategica)•Definire e attuare un programma operativo per portare i prodotti al lorosegmento di mercato (marketing mix)

Strumenti del marketing mix:•Prodotto•Pubblicità e promozione delle vendite•Distribuzione•Prezzo

La sempre maggiore importanza della funzione di marketing ha prodotto evidenti riflessi sul piano organizzativo: a) Maggiore impiego di criteri di divisione orizzontale del lavoro basati sul “prodotto”.

L’applicazione di tali criteri porta sovente all’adozione di una struttura multidivisionale;

b) La creazione o il potenziamento di organi dediti allo studio del mercato e alla definizione delle politiche più opportune per adattarsi alle esigenze del mercato;

c) L’identificazione rilevante delle più importanti scelte strategiche aziendali con le decisioni di marketing. L’alta direzione condivide le scelte strategiche con gli organi commerciali. In forza di questo, si manifesta una tendenza ad affidare le posizioni più elevate della struttura a persone di “estrazione” del marketing.

In generale si può affermare che l’orientamento al mercato è sinonimo di maggiore apertura del sistema aziendale nei confronti dell’ambiente esterno. Per quanto riguarda il marketing mix, occorre precisare che la politica del prodotto non riguarda le decisioni strategiche relative alla gamma dei prodotti da presentare sul mercato, ma solo certi elementi qualitativi (caratteristiche funzionali, linea, colore, confezione, servizio post-vendita del marketing, ecc.) di più limitata importanza. Anche altri elementi come il prezzo non sono di esclusiva competenza del marketing, ma coinvolgono in misura rilevante altre aree aziendali.

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Gli organi del Marketing e i nuovi orientamenti gestionali

L’area del marketing gestisce le relazioni tra l’impresa e i mercati di sbocco dei prodotti aziendali. I suoi organi hanno assunto un’importanza crescente perchétale gestione è critica sul piano dei costi, dei ricavi e delle strategie aziendali.Si è passati da una concezione “production oriented” ad una “marketing oriented”

Ecc.Ecc.

Imballaggio considerato come mezzo di vendita

5Imballaggio considerato come semplice involucro produttivo

5

Prezzi fondati sul mercato4Prezzi fondati sui costi di produzione4

Sviluppi produttivi legati alle esigenze dei consumatori

3Sviluppi produttivi legati alle esigenze di ridurre i costi

3

Prevalenza di obiettivi a medio-lungo periodo2Prevalenza di obiettivi a breve periodo2

Gamma di prodotti ampia e diversificata1Gamma di prodotti ristretta1

MARKETING ORIENTEDPRODUCTION ORIENTED

Il marketing gestisce le relazioni fra l’impresa ed i mercati di sbocco dei prodotti aziendali. Ha subito una evoluzione piuttosto marcata con il passare del tempo. Gli organi di marketing hanno assunto un’importanza crescente in tempi recenti per le seguenti ragioni: a) l’accresciuto peso dei costi di distribuzione rispetto a quelli di produzione a causa

di: a) aumento dei costi di concorrenza (es. pubblicità); b) aumento dei costi della rete di vendita; c) inefficienza dei dettaglianti, troppo piccoli e disorganizzati; d) maggior numero di servizi prestati ai consumatori (assistenza post-vendita,

garanzia, ecc.); b) il passaggio da una concezione “production oriented” ad una “marketing oriented”.

Ormai le decisioni fondamentali sono formulate in base alle esigenze del mercato più che alle esigenze economico-produttive dell’azienda.

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Struttura plurifunzionale: Marketing

Capo Area Centro

Capo Area Nord

Capo Area Sud

Venditori diretti e indiretti

DIREZIONEMARKETING

DirezioneVendite

Distribuzionefisica

Ricerche di mercato Pubblicità

Amministr.vendite

Programm.vendite Fatturazione altro

Si presenta un organigramma assai semplificato. Si leggono una direzione vendite ed alcuni organi di staff, che mostrano un deciso orientamento al mercato. a) Direzione Marketing: nei limiti di delega conferitogli, formula gli indirizzi del

“marketing mix”; b) Ricerche di mercato: gestisce una serie di informazioni di marketing attraverso

rilevazioni interne, ricerche commerciali, modelli matematici, anche attraverso l’ausilio di enti esterni specializzati;

c) Pubblicità: si occupano di pubblicità e di promozione delle vendite: premi, offerte speciali, esposizioni, ecc.;

d) Vendite: si occupa delle vendite dirette ed indirette, dei servizi alla clientela (assistenza e consulenza), delle informazioni per l’azienda (concorrenti, mercato in genere, ecc.). La sua struttura prevede le posizioni di Direttore, responsabili di zona, ispettori, venditori diretti ed indiretti (agenti, rappresentanti);

e) Distribuzione fisica: gestione dei depositi esterni, trasporti tra depositi, spedizione e consegna ai clienti, servizio al cliente (tempestività delle consegne);

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Struttura plurifunzionale: il new product manager

D.G.

Marketing Produzione Ricerca Amministr. Altri

NPM

Oltre agli organi funzionali, a volte possono operare dei Product Managers, cioè dei responsabili di prodotto che si occupano delle azioni di marketing di uno specifico prodotto o linea di prodotti, quindi secondo un criterio di divisione orizzontale del lavoro diverso dai precedenti. Si possono individuare due tipologie di P.M. a) Il New Product Manager (NPM): è responsabile dei nuovi prodotti.

Ha la missione di ideare un nuovo prodotto che si suppone possa essere richiesto dal mercato. I compiti sono: • Ricerche per ideare il nuovo prodotto; • Preparazione e presentazione del “prototipo”; • Trasformazione del “prototipo” in “prodotto”; • Consegna del prodotto al Product manager che ne curerà il lancio. Dal punto di vista organizzativo il NPM è una figura interessante perché, pur non disponendo di autorità gerarchica sulle varie unità coinvolte (laboratorio di ricerca, stabilimento di produzione, ufficio costi, servizio imballaggio, ecc.), deve ugualmente promuoverne gli sforzi e coordinarne i compiti. La sua posizione è analoga a quella del project manager che caratterizza le strutture” flessibili” (es, per matrice). I pallini rossi indicano le persone facenti parte dei vari dipartimenti funzionali e dipendenti gerarchicamente dal rispettivo responsabile che, per la durata del progetto riguardante il nuovo prodotto, sono legate, non gerarchicamente, anche al NPM.

b) Il Product Manager vero e proprio: vedi slide successiva.

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Struttura plurifunzionale: il product manager

DirezioneMarketing

Vendite Pubblicità Ecc.

P.M.Prodotto A

P.M.Prodotto B

DirezioneMarketing

Vendite Pubblicità Ecc.

P.M.Prodotto A

P.M.Prodotto B

DirezioneMarketing

P.M.Prodotto A

P.M.Prodotto B Vendite Pubblicità Altro

staff sub-direzione di marketing

matrice

Verso modello divisionale

Il Product manager (PM) vero e proprio. Cura il lancio del prodotto a lui affidato sul mercato e successivamente segue le varie fasi del suo “ciclo vitale”. I suoi compiti sono: • Controllare l’andamento di mercato dei prodotti a lui affidati (es. mediante i margini

di contribuzione); • Individuare le cause di eventuali disfunzioni (perché cala il volume di vendita,

problemi di prezzo, presenza di prodotti nuovi della concorrenza, ecc.) o le nuove opportunità offerte dal mercato;

• Suggerire le azioni di marketing necessarie per eliminare le disfunzioni (modifiche del prodotto, variazione del prezzo, ecc.), per trarre profitto dalle opportunità del mercato.

I suoi poteri decisionali variano da caso a caso. a) Come staff, segue un prodotto e segnala i provvedimenti più opportuni alla

direzione di Marketing, che deciderà in autonomia; b) Come sub-direzione di Marketing, ha poteri limitati al prodotto di propria

competenza, con un organizzazione di vendita specializzata (ed eventualmente altri servizi) alle proprie dipendenze;

c) Come seconda dimensione di una struttura per matrice, all’interno del Marketing A volte, la suddivisione del lavoro per prodotto all’interno dell’area commerciale è il primo passo verso la divisionalizzazione dell’azienda. In altre parole, dà inizio ad un processo al termine del quale vengono riuniti in una sola unità gli organi che si occupano non solo di marketing, ma anche di produzione, personale, acquisti, ecc. di un certo prodotto o di una linea di prodotti.

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Le funzioni della Produzione

L’area della Produzione ha la funzione di realizzare tecnicamente i prodotti da collocare sul mercato, in modo da renderli disponibili

• nella quantità• nella qualità• nel tempo• ai costi

prestabiliti.

E’ una line operativa per eccellenza e si avvale di numerosi organi di staff.

Il Marketing promuove e “spinge” il prodotto verso il mercato, la Produzione realizza tecnicamente tali prodotti e li rende disponibili: • nella quantità: compatibile con i programmi di vendita e con le politiche delle scorte

di magazzino prefissate; • nella qualità: deve rispettare gli standards formulati; • nel tempo: deve rispettare le date prestabilite di consegna alla clientela; • al costo prestabilito: nell’ara di produzione si sostiene una parte rilevante dei costi

aziendali e si affrontano alcuni dei più importanti problemi di efficienza aziendale. Sul piano organizzativo, nella produzione si ritrova la “line” operativa per eccellenza. Possiede una struttura complessa e articolata, alla quale sin dai tempi della Scientific Management si è dedicata grande attenzione per i rilevanti problemi organizzativi che il tipo di lavoro svolto e la massa numerica del personale creano in modo particolare. Inoltre, per la complessità dei compiti da svolgere, è presente pure una “staff” spesso molto articolata, a sostegno del lavoro produttivo compiuto nei reparti.

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Struttura plurifunzionale: Produzione

DirezioneProduzione

Tempi e metodi Manutenzione TecnologiaProgrammaz.

produzioneControlloqualità Ecc.

StabilimentoB

Manutenzione UfficioPersonale

Reparto1

Tempi emetodi

StabilimentoA

StabilimentoC

Reparto 2

Reparto 3

Reparto4

operai

Si può nell’organigramma notare una “linea” ben precisa di organi dedicati all’attività di esercizio, che parte dalla Direzione di Produzione per arrivare sino agli operai. Inoltre si identificano attività di carattere propedeutico ed ausiliario, che sottraggono agli organi della “line” produttiva alcuni compiti non strettamente “operativi” (unità di “staff”):

• Tempi e metodi • Manutenzione • Controllo qualità • Programmazione della produzione • Magazzini • Trasporti interni • Ecc.

In alternativa potrebbe configurarsi una struttura meno articolata, se ai Responsabili operativi di Stabilimento fossero affidati compiti di programmazione, definizione dei metodi di lavoro, ecc. In tal caso però verrebbe meno un coordinamento a livello “centrale” ed il livello di professionalità nello svolgimento delle funzioni ausiliarie si rivelerebbe meno elevato. Nella suddivisione della produzione tra una pluralità di stabilimenti prevalgono i criteri di specializzazione: • per area geografica: le produzioni di ogni stabilimento sono in grado di rifornire una

certa area di mercato. Ciò è opportuno quando assume grande importanza il problema del trasporto a condizioni economiche dei prodotti aziendali;

• per prodotto: ogni stabilimento si specializza nella fabbricazione di certi prodotti, specie quando le lavorazioni sono complesse e richiedono alta intensità di capitale;

• per fase: ogni stabilimento si occupa di una fase del processo produttivo, quando quest’ultimo è scomponibile in più operazioni senza una successione obbligata.

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PROGRAMMAZIONE DELLA PRODUZIONE: Trasforma le richieste provenienti dall’area commerciale in precisi programmi di lavoro tempificati per le singole unità produttive (stabilimenti, reparti e singoli posti di lavoro), attraverso le seguenti fasi:

1. Formulazione dei programmi di prodotti finiti, con determinazione di tempi e quantità richiesti dal flusso delle vendite, tenuto conto della politica delle scorte;

2. Emissione degli ordini di produzione (per l’avvio delle lavorazioni nelle unità produttive) e degli ordini di acquisto, per l’approvvigionamento dei materiali necessari;

3. Distribuzione operativa del lavoro: quantità e tempi assegnati a ciascun centro di lavoro;

4. Controllo dell’avanzamento della produzione, in rapporto ai parametri di qualità, quantità e tempi stabiliti;

Il livello delle scorte non deve scendere al di sotto di certi limiti, per non compromettere il regolare svolgimento dei processi produttivi e commerciali dell’impresa, né salire al di sopra di determinati livelli, per ragioni finanziarie di impiego di capitali ed economiche di costo dei capitali impiegati; UFFICIO ACQUISTI A volte vengono inseriti all’interno dell’area di produzione. Sono dedicati all’approvvigionamento dei fattori produttivi materiali di cui necessita l’azienda (materie prime ed accessorie, immobilizzazioni tecniche). Ciò è giustificato quando vi è la necessità di coordinare strettamente la programmazione della produzione con gli acquisti, affinché i materiali acquistati siano conformi ai programmi di produzione ed alle politiche delle scorte di materie. Altre considerazioni spingono all’enucleazione dell’Ufficio Acquisti ed alla sua collocazione in una posizione “autonoma”: • Libertà nella scelta dei fornitori, nella negoziazione dei prezzi, nell’individuazione del

momento più opportuno per acquistare le materie, al fine di raggiungere le condizioni più economiche per l’azienda, nonostante le esigenze immediate della produzione;

• Considerazioni di carattere finanziario: es. comperare ingenti quantitativi in momenti in cui si prevedono difficoltà di reperimento sul mercato o tendenze al rialzo dei prezzi).

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Evoluzione delle funzioni del Personale

Nel tempo la gestione del personale ha modificato sensibilmente le funzioni svolte:

1. Fino agli anni 50 : compiti di disciplina e di amministrazione in senso stretto2. Anni 50: utilizzo di tecniche che privilegiano le comunicazioni con il

personale, le attività sociali e altri strumenti per migliorare i rapporti in azienda;3. Periodo recente e attuale: utilizzo di tecniche nuove di gestione del personale

(formazione e sviluppo, pianificazione carriere, job evaluation, piani retributivi, sicurezza sul lavoro, privacy, ecc.).

Oggi è un Organo chiamato a svolgere il ruolo di “coscienza sociale”dell’impresa e applica tecniche di gestione riguardanti l’acquisizione, l’impiego e l’amministrazione del personale

Le funzioni della Direzione del Personale si sono trasformate nel tempo e si sono evolute a grandi tappe, tanto che, dalla semplice amministrazione, si identificano oggi nella “coscienza sociale” dell’impresa, che si trasforma così in “sistema aperto”. L’attività svolta dalla Direzione del Personale è complessa e riguarda l’acquisizione, l’impiego e l‘amministrazione delle risorse umane aziendali: • Tecniche di acquisizione: profilo delle persone da assumere, ricerca, selezione,

assunzione, l’accoglimento e l’inserimento; • Tecniche di impiego: istruzione professionale e formazione, programmazione delle

carriere, valutazione del personale, analisi e descrizione del lavoro, valutazione delle mansioni (job evaluation), formazione dei piani retributivi, servizi sociali, comunicazioni, motivazione e incentivazione, sicurezza sul lavoro, medicina del lavoro, ecc.)

• Tecniche di amministrazione: interpretazione ed applicazione del diritto del lavoro, rapporti previdenziali, rapporti sindacali.

Gli organi che si occupano di gestione del personale si possono distinguere in due grandi categorie. 1. La “line” operativa, cioè i capi ai vari livelli che nell’ambito della propria unità

organizzativa guidano altre persone da essi dipendenti, in base ad un rapporto di tipo “gerarchico”.

2. Organi specializzati nella gestione del personale a livello aziendale o di aree aziendali, che si occupano dei problemi di persone che lavorano alle dipendenze di altri responsabili con cui interferiscono sistematicamente (staff);

Queste interferenze sono continue (selezione, formazione, provvedimenti disciplinari, avanzamenti di carriera, ecc.) favoriscono motivi potenziali di conflitto.

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Il fattore umano, almeno nelle economie occidentali, oggi è considerato una risorsa critica (scarsa mobilità esterna, costi elevati e prevalentemente fissi, minore accettazione delle forme di “autorità” tradizionali, ecc.). I lavoratori non sono più motivati da semplici esigenze economiche. Per questi motivi la Direzione del Personale si va trasformando con una duplice connotazione: 1. Suscitare un minimo di consenso dei dipendenti verso forme di autorità che sempre,

in misura maggiore o minore, operano in azienda; 2. Sensibilizzare il management ad ogni livello e di ogni settore dei nuovi

comportamenti ed esigenze dei lavoratori e porsi così in una posizione di “coscienza sociale” dell’impresa.

In entrambi i ruoli gli Organi del Personale si presentano come un importante mezzo di collegamento fra Azienda e Ambiente e contribuiscono a fare dell’impresa un sistema aperto.

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Struttura plurifunzionale: Personale

operai

DIREZIONEGENERALE

DirezionePersonale

Selezione Relazioni sindacali

Formazione e Sviluppo

Amministr.Personale Attività sociali Servizio

Sanitario Altre

Come è collocata la Direzione del Personale nella struttura aziendale?

1. Sub-unità della Direzione Amministrativa: laddove prevalgono compiti di “amministrazione” del personale in senso stretto;

2. Sub-unità di una Segreteria generale (staff della Direzione Generale, che si occupa di questioni di varia natura: legali, pubbliche relazioni);

3. Sub-unità della Direzione con l’organico numericamente più consistente (es. Direzione di produzione);

4. Direzione autonoma, dipendente direttamente dalla Direzione Generale. Le prime tre soluzioni presentano inconvenienti di varia natura: assegnano compiti troppo riduttivi o rischiano di non gestire in modo omogeneo le risorse umane operanti in aree differenti.

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Le funzioni dell’Amministrazione

E’ un organo di staff che nel tempo ha arricchito le sue funzioni occupandosi di contabilità direzionale e di sistemi di pianificazione e controllo di gestione.

Esercita un ruolo di primo piano nella conduzione sistemica dell’impresa in quanto:

• progetta e gestisce il sistema di controllo, cioè un meccanismo che finalizza il comportamento aziendale verso obiettivi chiari e condivisi e verifica sistematicamente il loro grado di raggiungimento;

• opera come meccanismo di coordinamento dei vari sub-sistemi aziendali, cioècontribuisce ad integrare i compiti dei diversi settori (marketing, produzione, acquisti, ecc.) sia in fase di programmazione che in fase di valutazione consuntiva delle attività.

I servizi amministrativi (organi di staff) hanno il compito di produrre informazioni di carattere economico-finanziario sulla gestione passata e futura dell’azienda. I loro compiti tradizionali si sono via via arricchiti nel tempo: • Tenuta della contabilità generale e redazione del bilancio d’esercizio; • Tenuta della contabilità industriale orientata al calcolo dei costi di prodotto e dei

centri di responsabilità • Formazione del budget e impiego di altri strumenti di programmazione e controllo. Oggi ricoprono una posizione fondamentale per tutto il sistema aziendale e, attraverso un’opera complessa di produzione ed interpretazione delle informazioni di carattere economico-finanziario, sono il motore del sistema informativo direzionale. La Direzione amministrativa si occupa sempre di più del sistema di controllo di gestione, che non è un fatto solamente contabile, ma anche e soprattutto organizzativo, che va realizzato in modo coerente con la struttura e con lo stile direzionale adottato dall’azienda. Il ruolo di “controller” interagisce con la Direzione Generale (obiettivi aziendali e criteri generali di programmazione) e con i responsabili dei dipartimenti funzionali (budget settoriali): Alle competenze richieste dal ruolo tradizionale, tipicamente contabili in senso stretto,si sono aggiunte pertanto, sino a diventare prevalenti, competenze nell’area del “controllo. Queste richiedono: • Conoscenza del funzionamento di tutte le aree aziendali e capacità di dialogare con

i loro responsabili; • Capacità di coordinare il lavoro altrui (specie in sede di programmazione) senza

disporre di autorità gerarchica;

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• Capacità di elaborare e impiegare dati economico-finanziari nelle scelte direzionali. Alcuni compiti tipici del controller sono: • Stende le procedure di budget e ne promuove e coordina l’applicazione a livello

settoriale; • Elabora il budget aziendale “consolidando” quelli settoriali e ne cura l’approvazione

da parte della Direzione Generale; • Calcola e commenta gli scostamenti tra budget e consuntivi; • Elabora il reporting periodico ai vari livelli di responsabilità e ne interpreta i dati. In sintesi esercita un ruolo di primo piano nella conduzione sistemica dell’impresa in quanto: • Progetta e gestisce il sistema di controllo, cioè un meccanismo che finalizza il

comportamento aziendale verso obiettivi chiari e condivisi e verifica sistematicamente il loro grado di raggiungimento;

• Opera come meccanismo di coordinamento dei vari sub-sistemi aziendali. In altre parole, contribuisce ad integrare i compiti dei diversi settori (marketing, produzione, acquisti, ecc.) sia in fase di programmazione che in fase di valutazione consuntiva delle attività.

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DirezioneFinanaziaria

AltriUfficiolegale

Budget

Contabilitàgenerale

Controllo di gestione

Internalauditing

Contabilitàanalitica

Direzione Amministrativa

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Struttura plurifunzionale: Amministrazione (e Finanza)

DirezioneGenerale

DirezioneProduzione

CONTROLLERCENTRALE

Stabilimento A

Controller Stabilimento

A

Molti possono essere gli esempi di struttura dell’area amministrativa. A volte troviamo la duplice figura del “Direttore Amministrativo” e del “Controller” in posizioni assolutamente autonome e con compiti ben distinti. A volte le due figure coincidono, laddove il peso della funzione di controllo è più qualificante rispetto ad altre funzioni tradizionali e di mera contabilità. E’ frequente che i compiti del controller vengano suddivisi, in senso verticale, mediante la costituzione di un controller centrale e di controllers periferici, così come nel caso della gestione del personale. Il controller centrale dipende dalla Direzione generale, quelli periferici operano all’interno di unità organizzative minori (es. stabilimenti o, in caso di struttura multidivisionale, “divisioni”). La dipendenza dal responsabile dell’unità minore è di tipo “gerarchico” e dal controller centrale è di tipo “funzionale” e riguarda il rispetto delle procedure di controllo, delle tecniche contabili da usare, ecc. Questo avviene in caso di delega consistente di poteri dall’alta direzione, specie se si tratta di “divisioni” di prodotto. FINANZA La collocazione organizzativa tradizionale di chi si occupa di problemi finanziari è nell’area dell’amministrazione. Spesso però la Funzione Finanziaria è stata enucleata e differenziata rispetto agli organi amministrativi, specie in grandi aziende e in gruppi. Infatti gli organi amministrativi non si occupano di gestione di risorse, ma di produzione di informazioni economico-finanziarie, mentre gli organi finanziari si occupano del reperimento e dell’impiego di una risorsa produttiva (fattore produttivo ”capitale monetario”). E’ comunque vero che esistono numerosi punti di contatto tra le due funzioni. Gli organi finanziari hanno il compito di provvedere alla copertura dei fabbisogni di capitale dell’azienda, ottenendo i mezzi finanziari più idonei e meno costosi e controllando che il loro impiego sia adeguato ai fabbisogni da coprire.

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• La direzione Finanza, date le sue competenze specifiche e la crescente necessità di reperimento di risorse finanziarie, collabora al processo decisionale in merito agli investimenti. Vi è pertanto un elevato coinvolgimento dell’Alta Direzione perché qui si gestisce una risorsa necessaria per acquisire tutte le altre.

• Questa funzione presenta solitamente un elevato grado di accentramento (a differenza del Personale e dell’Amministrazione) per le seguenti ragioni:

• Richiede un grado di specializzazione e di professionalità assai elevato; • Con l’accentramento consegue “economie di scala” nel reperimento dei

mezzi finanziari; • Con l’accentramento ottiene una riduzione del fabbisogno monetario in

quanto evita il ricorso a fonti esterne di alcune unità organizzative quando altre unità hanno disponibilità finanziarie esuberanti;

• Gli investimenti avviati e la copertura dei conseguenti fabbisogni rappresentano impegni rilevanti non modificabili nel breve periodo se non a condizioni antieconomiche.

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Gli organi della Ricerca e Sviluppo

Collegano il sistema azienda con il mondo scientifico-tecnologico esterno eproducono innovazione attraverso:

• lo studio di nuovi prodotti da lanciare sul mercato• il miglioramento di processi produttivi interni all’impresa

Lavorando per progetti, la soluzione organizzativa più adeguata èla struttura per matrice

Quest’area ha come fine quello di produrre, attraverso la ricerca scientifica e tecnologica, innovazione ed esattamente:

• Prodotti da lanciare sul mercato; • Processi produttivi interni dell’impresa.

I prodotti industriali hanno un proprio “ciclo vitale”, al termine del quale non risultano più economici per l’azienda produttrice, che li deve sostituire con altri nuovi. Inoltre i processi di trasformazione industriale richiedono innovazioni per migliorare la qualità dei risultati ottenuti, così come l‘efficienza dei costi. Gli organi della R&S collegano il sistema aziendale con il mondo scientifico-tecnologico esterno, che tra tutte le “dimensioni” aziendali è forse la più soggetta a rapidi cambiamenti. Contribuiscono quindi ad accrescere il grado di “apertura” dell’impresa nei confronti dell’ambiente. Tali organi spesso vengono posti sullo stesso piano della produzione e del marketing (con cui hanno strette relazioni) come soggetti delle funzioni “fondamentali” dell’impresa. Per non compromettere le capacità innovative dell’impresa, occorre evitare una subordinazione alla produzione, dove si privilegiano criteri come la ripetitività, la standardizzazione e l’efficienza. • L’accentramento è preferibile con dimensioni aziendali medio-piccole e con

diversificazione produttiva limitata. • Il decentramento permette di svolgere la ricerca a diretto contatto con le unità

operative interessate. In caso di struttura decentrata spesso nei laboratori centrali si svolge la ricerca di base, per ampliare le conoscenze scientifico-tecnologiche dell’azienda nel suo complesso, senza obiettivi immediati dal punto di vista dell’applicazione industriale.

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La struttura per matrice trova nell’area della ricerca uno dei settori di più efficace applicazione, in quanto la ricerca viene normalmente condotta per “progetti”.

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Sintesi sulla struttura plurifunzionale

Rispetto al modello di struttura multidivisionale, è considerata una struttura di tipo accentrato.

E’ la struttura più diffusa nelle aziende poco diversificate per tecnologie, prodotti e mercati e caratterizzate da situazioni di gestione sostanzialmente stabili sul piano strategico ed operativo.

Ha il pregio di accrescere l’efficienza e di incentivare la competenza e la professionalità delle risorse umane.

Mostra una tendenza ad aumentare il numero dei livelli gerarchici, non favorisce l’innovazione, pone ostacoli ai processi di comunicazione e di coordinamento oltre che alla responsabilizzazione e al controllo sulla redditività dei prodotti.

Favorisce i conflitti e pone problemi di coordinamento

La struttura plurifunzionale viene normalmente definita una struttura “accentrata”, non in senso assoluto, ma in relazione con le altre ed in particolare con quella multidivisionale. La delega dei poteri decisionali ai livelli dipendenti dall’Alta Direzione ha per oggetto problemi settoriali, cioè attinenti ad una ben precisa area funzionale. Non vengono invece delegate decisioni su tutti gli aspetti funzionali di un determinato prodotto, mercato, territorio, ecc. come avviene regolarmente nella forma “multidivisionale”. Pregi: • Efficienza (riduzione dei costi): tutte le risorse aventi specializzazioni analoghe

vengono concentrate nel medesimo dipartimento funzionale, evitando una proliferazione di organi non sempre economicamente utilizzati;

• Accresce la competenza e la professionalità per il continuo interscambio di idee e di esperienze che questo tipo di organizzazione favorisce.

Difetti Sono evidenti soprattutto quando le dimensioni aziendali si accrescono e la produzione si diversifica: • In caso di aumento delle dimensioni, si tende ad accrescere il numero dei livelli

gerarchici all’interno dei singoli dipartimenti, con difficoltà di comunicazione e di coordinamento;

• In caso di diversificazione produttiva, i responsabili funzionali incontrano difficoltà a risolvere efficacemente i problemi posti da una pluralità di prodotti con caratteristiche differenti (es. differenti tecniche pubblicitarie), senza ricorrere all’incremento del numero dei livelli gerarchici;

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• Ancora in caso di pluralità di prodotti, il controllo sulla redditività dei medesimi non può essere realizzato efficacemente, in quanto nessun dirigente è di norma responsabile di tutte le principali decisioni relative ad un certo prodotto;

• Si manifestano carenze manageriali, in quanto prevale l’ottica “settoriale” e vi sono pochi dirigenti in grado di guidare l’azienda con una visione d’insieme.

Esistono indubbiamente organi funzionali “principali” (spesso definiti di “line”) e “secondari” (definiti di “staff”), in quanto il ruolo svolto dai diversi organi non è lo stesso nel perseguimento degli obiettivi globali del sistema. In particolare la Produzione, il Marketing, la Ricerca sovente sono quelli più “immediatamente finalizzati” agli obiettivi aziendali. Le altre funzioni svolgono un ruolo “strumentale” e in un certo senso “subordinato” rispetto alle funzioni principali, liberando queste ultime da certi compiti ausiliari o propedeutici rispetto all’oggetto tipico della loro attività. Si obietta però che alcune funzioni cosidette “secondarie” si occupano di risorse altamente “critiche”, come il Personale (rigido, costoso, difficilmente governabile) e la Finanza (scarsamente disponibile, costosa, rischiosa). Su questo argomento, appare difficile quindi tracciare una regola generale di validità universale. Infine si osserva che i vari sub-sistemi funzionali possono differenziarsi gli uni dagli altri in termini di strutture interne, di meccanismi di controllo, di incentivazione, di cultura e di mentalità, di stile di leadership, quale risultato di un processo di adattamento ai sub-sistemi ambientali con cui entrano in contatto, che spesso presentano caratteristiche molto differenti. Es. i laboratori di ricerca si confrontano con un ambiente incerto e forniscono informazioni di ritorno sui risultati raggiunti solo dopo lunghi periodi di tempo, per cui necessitano di una struttura organizzativa poco formalizzata, di controlli poco frequenti e poco minuziosi, di uno stile di leadership poco autoritari. Al contrario di quanto si addice ad uno stabilimento di produzione. Quando il grado di differenziazione è elevato, si creano conflitti e problemi di coordinamento interfunzionale che non sempre si risolvono mediante interventi gerarchici, ma che richiedono altri mezzi come le unità di coordinamento, i comitati interfunzionali, le strutture per matrice, ecc. Progettare questo tipo di organizzazione non è certo semplice né è configurabile in uno schema teorico generale. Le analisi e le conseguenti scelte sul piano della macro-struttura (di primo livello) e della microstruttura, lo studio delle procedure di tipo decisionale ed operativo, il problema dell’attivazione del sistema delle relazioni necessario per il funzionamento del sistema informativo richiedono un processo articolato, costituito da fasi tra loro interdipendenti, che vanno attuate in modo iterativo (ipotesi e verifica) per approssimare la soluzione ottimale. Quest’ultima sarà quella che riuscirà a massimizzare il rendimento delle risorse disponibili e produrrà quindi il livello più elevato di efficienza aziendale. Ma questo vale anche per gli altri modelli di struttura. Nell’ipotesi di aziende diversificate e più dinamiche nei comportamenti imprenditoriali appare più adatto il modello di struttura divisionale

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Struttura multidivisionale

STABILIMENTO2

STABILIMENTO1

DIREZIONEGENERALE

PERSONALEAMMINISTRAZ.PRODUZIONEMARKETINGR&S

DIVISIONEC

DIVISIONE B

DIVISIONEA

PERSONALEAMMINISTR.FINANZARICERCA ESVILUPPO

MARKETING

Nella struttura multidivisionale il criterio-base di ripartizione del lavoro dipendente dalla Direzione Generale è quello del prodotto omogeneo o dell’area geografica curata dalla singola divisione. Il modello comporta dunque il frazionamento dell’azienda in più parti ciascuna delle quali potrebbe rappresentare un’impresa a sé stante e costituire quindi un “centro di profitto” affidato alle cure di un diverso capo. Ciò significa rendere più elastiche e flessibili organizzazioni di dimensioni elevate. Nella struttura esistono cinque livelli fondamentali: 1. La Direzione Generale

- Si occupa dell’amministrazione dell’impresa nel suo complesso. Assume le decisioni strategiche per lo sviluppo dell’azienda (cosa produrre, quali mercati servire, che dimensione dare ai vari settori, ecc.) e si occupa di come distribuire le risorse tra le divisioni;

2. Gli Staff centrali - Sono organi specializzati in certe aree funzionali con compiti di assistenza alla

D.G. o alle Divisioni e sono dotati di autorità funzionale su organi corrispondenti all’interno della Divisione (es. Personale);

3. Le Direzioni di Divisione - Ricevono una delega a condurre l’unità come fosse un’azienda, compatibilmente

con le decisioni prese a livello centrale e riguardanti le strategie globali d’impresa. Rappresentano dei “centri di profitto” in quanto l’autonomia concessa ai direttori di divisione è tale da permettere di influenzare direttamente costi e ricavi della divisione stessa;

4. I Dipartimenti funzionali di Divisione - Sono aree di specializzazione funzionale del prodotto (o dell’area geografica)

curato dalla Divisione; 5. Le Unità Operative

- Stabilimenti, uffici, laboratori all’interno dei dipartimenti funzionali.

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Requisiti preliminari per il successo delle strutture multidivisionali:

1. Possibilità di attuare il controllo del rendimento organizzativo e definire, all’interno della struttura, “centri di costo” e “di profitto” a cui assegnare obiettivi precisi;

2. Reciproca indipendenza delle Divisioni: limitazione degli scambi interni di materiali e servizi (prezzi interni di trasferimento), al fine di dare effettiva concretezza alla responsabilizzazione assegnata in termini di profitto;

3. Limitazione della reciproca competizione sul mercato, nel caso vi sia sostituibilità dei relativi prodotti. Nessuna Divisione, nel tentativo di migliorare i propri risultati economici, deve ridurre quelli globali dell’impresa;

4. Sufficiente autonomia nei confronti della Direzione centrale, per esaltare i vantaggi del decentramento. Occorre trovare un soddisfacente equilibrio tra autonomia divisionale ed esigenze di accentramento. I limiti all’autonomia riguardano frequentemente: - Le risorse finanziarie, la cui gestione (reperimento dei fondi e attribuzione alle

Divisioni) resta accentrata presso la D.G.; - Sistemi di controllo, politiche del personale, ecc., per garantire l’uniformità tra

le Divisioni; - Approvvigionamento di alcuni servizi (elaborazione dei dati, servizi legali,

ecc.) Alcune specificità organizzative: Occorre risolvere il dilemma di cosa accentrare e cosa decentrare. Il criterio generale è quello di decentrare le funzioni che possono ritrarre i maggiori benefici dalla specializzazione e di accentrare quelli che chiedono un più elevato coordinamento sul piano aziendale (es. finanza) o che consentono maggiori economie di scala o di interrelazione (es. approvvigionamenti e ricerca e sviluppo). E’ infatti intuibile che l’organizzazione divisionale non deve fare rinunciare al vantaggio della dimensione aziendale, frazionando l’impresa in un complesso di parti tra loro assolutamente indipendenti. Generalmente si trovano organi centrali di staff e corrispondenti organi funzionali di Divisione (es. marketing) e tra i primi e i secondi esiste una separazione dei compiti e dell’autorità. • Acquisti: l’ufficio centrale stipula con i fornitori contratti di acquisto di materie di uso

comune alle varie divisioni, mentre gli uffici divisionali effettuano le ordinazioni più specifiche di volta in volta necessarie;

• Marketing: l’ufficio centrale cura la pubblicità “istituzionale” (cioè aziendale), mentre l’ufficio divisionale si occupa della pubblicità “di prodotto”;

• Ricerca e sviluppo: i laboratori centrali effettuano la ricerca di base e quelli periferici la ricerca applicata;

• Personale: il servizio centrale si riserva l’esercizio di alcune attività (es. relazioni sindacali, assunzione e formazione di dirigenti, ecc.), mentre altre sono lasciate agli uffici divisionali (es. assunzione di personale impiegatizio e operaio delle divisioni stesse);

• Amministrazione: il controller centrale emana procedure vincolanti in merito al sistema di controllo, cura la stesura e la verifica del budget aziendale, mentre i controllers divisionali si occupano dei budgets specifici della loro unità organizzativa;

• Finanza: spesso la funzione è centralizzata.

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Si è già affermato che il modello multidivisionale è valido in caso di forte diversificazione delle produzioni aziendali che giustificano il supporto di proprie organizzazioni. Si perde in efficacia di coordinamento ma si guadagna in maggiore efficienza. A volte le Divisioni posseggono autonomia giuridica, hanno cioè forma di società e fanno parte di uno stesso gruppo (struttura-holding). Spesso questo avviene per motivi fiscali e finanziari (suddivisione degli utili e delle perdite all’interno del gruppo, diversificazione del rischio connesso con il conferimento di capitale, acquisizione di maggiori possibilità di finanziamento mediante l’ampliamento della base societaria e il ricorso a capitali di prestito, quotazione in borsa, ecc.) oppure proprio per rafforzare il decentramento. Nel passaggio da un’organizzazione divisionale ad una struttura-holding resta sempre necessario l’accentramento, nelle mani della capo-gruppo, delle funzioni di programmazione e controllo dell’attività del gruppo nel suo complesso, a cui dovranno essere subordinate quelle delle diverse società operative. La capo-gruppo avrà la responsabilità del coordinamento delle strategie delle società figlie e del disegno di sviluppo globale del gruppo stesso. Peso rilevante in tutto questo sarà assunto dalla gestione finanziaria, soprattutto sotto il profilo dell’assegnazione delle risorse per i processi d’investimento. Nell’ambito del sistema di controllo budgetario, le Divisioni coincidono con i cosidetti “centri di profitto” o “centri di responsabilità”, il cui responsabile è in grado di influenzare in misura significativa con le proprie decisioni sia i costi sia i ricavi di determinati prodotti. Il conto economico divisionale si deve limitare a contrapporre componenti positivi e negativi di reddito influenzabili dalle decisioni del direttore di Divisione. Da segnalare due problemi presenti nei conti economici delle strutture divisionali: • Problema dei rapporti interdivisionali e dei prezzi interni di trasferimento che, ove

sia possibile, dovrebbero rispecchiare i prezzi di mercato. • Problema dell’imputazione dei costi relativi ai servizi prestati dalla Direzione

Centrale alle divisioni in base all’utilizzo che ne fanno (elaborazione dati, ricerche di mercato, formazione, ecc.). Concetto di “costi controllabili” a livello di divisione, che significa libertà di scegliere tra l‘utilizzo di un servizio interno e l’acquisizione esterna.

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Caratteristiche della Struttura multidivisionale

Rispetto al modello plurifunzionale è considerata una struttura decentrata con deleghe ampie e significativeFocalizza l’attenzione sui risultati anziché sui compiti

Garantisce un efficace coordinamento a fronte di produzioni diversificateAlleggerisce il lavoro dell’Alta DirezioneAccresce e distribuisce una maggiore consapevolezza del profittoMotiva i managers e favorisce lo sviluppo delle qualità imprenditoriali

Frizione e conflitti tra divisioni interdipendenti o in competizioneEnfasi sui risultati di breve periodo a scapito della redditività di medio-lungoLievitazione dei costi di direzioneDifficoltà di reperimento di managers divisionali di valore

Da organizzazione divisionale a struttura-holding

Si definisce struttura decentrata, perché, rispetto al modello plurifunzionale, il decentramento è più completo e significativo e le deleghe alle Divisioni sono molto ampie. L’attenzione viene spostata dalle funzioni ai prodotti, ciascuno dei quali richiede una gestione unitaria.

I vantaggi di questa forma organizzativa sono i seguenti:

• Oltre ad un più efficace coordinamento, questo modello permette di alleggerire il lavoro dell’Alta Direzione, che può concentrarsi sulle decisioni strategiche. Infatti la Direzione Generale può trattare problemi già vagliati e istruiti in modo integrato a un primo livello istruttorio che è quello divisionale;

• Diffonde una maggiore “consapevolezza” del profitto e permette un controllo di gestione più puntuale.

• Sviluppa inoltre le caratteristiche di “imprenditorialità” in un’ottica non settoriale e favorisce il loro addestramento e crea motivazione.

Di contro il modello multidivisionale può presentare anche problemi:

• Frizione e conflitti tra divisioni interdipendenti o in competizione. Vi è una naturale competizione tra i direttori di divisione per l’ottenimento delle risorse produttive (quadri direttivi, fondi, macchinari e attrezzature);

• Enfasi eccessiva sui risultati di breve periodo, dovuta alla delega di autorità in termini di profitto, a scapito della redditività di medio-lungo periodo, specie quando i direttori di divisione ruotano frequentemente tra le varie posizioni direttive;

• Difficoltà di reperimento di validi managers divisionali e centrali; • Lievitazione dei costi di direzione per il moltiplicarsi del numero dei dirigenti e minore

efficienza (rispetto al modello plurifunzionale) a causa della ripartizione delle risorse funzionali tra le divisioni.

Come per la plurifunzionale, anche per la struttura multidivisionale può esistere una forte differenziazione dal punto di vista organizzativo e umano tra le varie unità.

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Struttura a matrice (per progetto)

CAPOCONTABILE

CAPOPERSONALE

DIRETTOREVENDITE

DIRETTORETECNICO

DIREZIONEPRODOTTI C

CAPOPERSONALE

CAPOCONTABILE

DIRETTOREVENDITE

DIRETTORETECNICO

DIREZIONEPRODOTTI B

CAPOPERSONALE

CAPOCONTABILE

DIRETTOREVENDITE

DIRETTORETECNICO

DIREZIONEPRODOTTI A

DIREZIONEPERSONALE

DIREZIONEAMMINISTR.

DIREZIONEMARKETING

DIREZIONEPRODUZIONE

DIREZIONEGENERALE

E’ un modello a struttura cosidetta “elastica”, in grado cioè di adattarsi più prontamente ad esigenze di gestione contingenti e rapidamente mutevoli. L’organizzazione “per progetto” rappresenta, come in precedenza abbiamo anticipato, un’ulteriore articolazione della struttura funzionale. E’ all’interno di questa infatti che vengono costituiti dei gruppi di lavoro incaricati di elaborare e porre in attuazione determinati programmi o progetti complessi. Si procede alla nomina di un capo-progetto, coadiuvato da un team di specialisti estratti dalle varie linee funzionali (produzione, vendita, ecc.), che lavorano alle strette dipendenze del responsabile del progetto fino al compimento del progetto stesso, dopo di che il gruppo si scioglierà. Poiché nell’impresa potranno essere creati più gruppi responsabili di diversi progetti, il modello base tradizionale sarà temporaneamente integrato da una struttura per progetti. I principi organizzativi che più caratterizzano la struttura a matrice sono: a) La suddivisione del lavoro direttivo avviene secondo due criteri simultaneamente:

- per progetto (o commessa o programma) - per funzione

b) L’organizzazione è regolata da un sistema di comando multiplo, e non dal principio dell’unità di comando (sviluppo del concetto più avanti).

Dal punto di vista del sistema di controllo della gestione, nella struttura a matrice esistono problemi più complessi che in altri modelli organizzativi. In particolare: • Le unità di progetto corrispondono a centri di profitto, anche se non dispongono di

tutta l’autorità necessaria per formulare le decisioni da cui dipendono i risultati economici di commessa;

• Le unità funzionali corrispondono in genere a centri di costo (o a centri di ricavo).

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E’ però assai difficile separare con sufficiente chiarezza la responsabilità delle due “dimensioni” organizzative, poiché numerosi fenomeni di gestione sono il risultato di iniziative prese dai responsabili di entrambe. Funzionamento • Esistono due gruppi di manager, posti entrambi alle dipendenze della Direzione

Generale, i responsabili di funzione e i responsabili di progetto; • Le risorse necessarie alla realizzazione dei progetti sono assegnate ai dipartimenti

funzionali, a cui i project manager debbono rivolgersi per condurre a termine il progetto loro affidato;

• La suddivisione del lavoro svolto dalle risorse funzionali di un dipartimento tra i vari progetti si legge in senso verticale (input), mentre in senso orizzontale si osserva il contributo che una specifica commessa (output) riceve dalle risorse delle diverse aree funzionali);

Abbiamo già notato che anche nelle strutture “tradizionali” basate sul principio dell’unità di comando sono speso presenti meccanismi formali o situazioni di fatto che conducono a “deviazioni” rispetto alle regole classiche dell’organizzazione (es. poteri decisionali degli organi di staff, Product Manager o New Product Manager) Le aziende che in misura maggiore hanno adottato questa struttura sono quelle che basano la propria gestione su programmi o progetti complessi, cioè su produzioni che comportano problemi unici e non ripetitivi, tipici delle attività su commessa del cliente. Si tratta di grandi commesse di durata spesso pluriennale (costruzioni navali, aerospaziali, edili, grandi impianti, ingegneria civile, ecc.). Il problema cruciale è sempre quello del coordinamento delle attività necessarie per realizzare ciascun progetto nei tempi, alle condizioni tecnico-qualitative e ai costi prestabiliti in sede di programmazione. A tali fini risultano normalmente inefficaci sia la struttura plurifunzionale (direzione difficilmente in grado di seguire una pluralità di commesse grandi e complesse) che quella multidivisionale (commesse con ampiezza e durata tali da giustificare l’assegnazione “stabile” di risorse alle unità divisionali). L’organizzazione “per matrice” rappresenta l’istituzionalizzazione di quella per progetto, in quanto la struttura aziendale assume carattere reticolare con un intreccio di competenze funzionali e per progetto. Dalla figura emerge l’interconnessione tra campi di responsabilità orizzontali (Prodotti A, B e C) e campi di specializzazione verticale (funzione di produzione, commerciale, amministrativa e del personale), con la creazione di un duplice rapporto di autorità. Ogni responsabile infatti si troverà alle dipendenze del direttore di linea (produzione, vendita, ecc.) e del direttore di prodotto, per cui sarà costretto a rendere conto a due superiori e potrà risentire negativamente di questa situazione. Nell’organizzazione per matrice si hanno dunque tre tipi di ruoli: a) La direzione generale, preposta al coordinamento e al controllo dell’intera struttura

organizzativa; b) Le direzioni settoriali (divisioni) e funzionali, preposte al coordinamento e al controllo

delle funzioni e delle divisioni immediatamente sottostanti al livello precedente; c) Le responsabilità congiunte divisionali/funzionali dei gruppi operativi inseriti nella

struttura

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Le singole divisioni possono essere organizzate su base: • Funzionale, se la produzione è ripetitiva; • Matriciale, se la produzione è su commessa di rilevante complessità, durata ed

impegno economico-finanziario Entrambi i modelli a struttura elastica (per progetto e matriciale) si prestano a rispondere alle esigenze di imprese caratterizzate da tecnologie complesse e da prodotti con breve ciclo di vita. Però, mentre l’organizzazione per progetto è una variante dei modelli tradizionali, e non può essere considerata come un modello a sé stante, quella per matrice rappresenta indubbiamente un nuovo tipo di struttura. Essa produce vantaggi rilevanti specie nelle imprese in cui la gestione dell’innovazione assume un’importanza determinante ai fini dei risultati aziendali, ma presenta anche degli inconvenienti notevoli sotto il profilo del coordinamento delle attività e della motivazione del personale. Per tale ragione non è un tipo di organizzazione molto diffuso nell’attuale realtà aziendale. Costruire il modello ai livelli di struttura più bassi Scegliere il modello-base di suddivisione dell’autorità orienta la ripartizione dei compiti e delle responsabilità ai vari livelli gerarchici, ma non comporta l’automatica soluzione del problema della specializzazione delle aree di competenza all’interno della struttura. Quest’ultima deve infatti essere articolata in rapporto alla natura delle attività da svolgere nell’ambito di ciascuna funzione o divisione. Il modello, dopo essere stato definito a livello alto-direzionale, deve essere sviluppato mediante l’assunzione di ulteriori scelte per la ripartizione dei poteri e delle responsabilità ai successivi livelli della struttura. Ogni impresa può ad esempio adottare, oltre ai criteri fino ad ora illustrati (funzioni, prodotti e territori), una segmentazione per tipo di processi produttivi, per prodotti *, per categoria di clienti serviti, per canali di distribuzione, ecc. Basti ricordare il caso delle aziende operanti nel settore dei beni di consumo, dove si è istituita la figura del product manager (responsabile di prodotto), che accentra nelle sue mani i compiti di programmazione e controllo della gestione di un prodotto compreso nella gamma aziendale. L’autonomia concessa al product manager consente di renderlo responsabile dei risultati economici raggiunti. Egli sovente fa capo all’area del marketing e ha il compito di proporre le decisioni strategiche relative a un certo prodotto, ne verifica i risultati, segue le azioni correttive, segue insomma il ciclo vitale di un prodotto, con funzioni di coordinamento e consulenza nei confronti delle varie unità funzionali. I product managers sono organi permanenti, al contrario dei responsabili di progetto e delle unità che da essi dipendono che sono organi temporanei e che spesso hanno autorità gerarchica sugli organi da controllare. La scelta di uno o più elementi congiunti di suddivisione è orientata dalle diverse caratteristiche di attuazione di tali compiti. Soffermiamoci sul caso della funzione di vendita, dove con maggior frequenza si rinvengono situazioni organizzative molto complesse:

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• Se l’impresa tratta famiglie diverse di prodotti, è necessario suddividere la gestione in rapporto a queste;

• Se la vendita di ciascun prodotto si rivolge a strati diversi di acquirenti (es. liberi professionisti, aziende, studenti, enti pubblici, ecc.) è opportuno ripartire le responsabilità in relazione ai vari segmenti di mercato;

• Se la vendita si svolge in zone diverse per livello di sviluppo economico e sociale, è conveniente suddividere le funzioni per aree più o meno omogenee.

Da qui l’esigenza di articolare l’organizzazione commerciale contemporaneamente per prodotti, per cliente e per zone.

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Struttura a matrice: conclusioni

coordinamento efficace delle diverse attività, senza rinunciare all’elevato gradodi efficienza tipico delle strutture plurifunzionalielevato grado di flessibilità

moltiplica i motivi di conflitto tra organi diversiprovoca senso di insicurezza ai titolari di certe posizioni organizzative

La struttura a matrice richiede periodi non brevi di rodaggio e di aggiustamento, prima che la struttura sia in grado di funzionare efficacemente

Vantaggi: • Nello stesso dipartimento funzionale sono concentrate risorse addette al

coordinamenti interfunzionale (le unità di progetto/prodotto) e risorse specialistiche; • Vi è possibilità di trasferire con relativa facilità risorse da un progetto all’altro, sulla

base delle esigenze contingenti; Problemi: • i project manager pongono l’enfasi sull’esigenza di raggiungere e di equilibrare gli

obiettivi di tempo, costo e qualità, mentre i responsabili funzionali spesso privilegiano solo uno di questi aspetti (es. qualità);

• Manca una chiara separazione delle responsabilità del manager funzionale e di quello sul progetto/prodotto in relazione alle medesime attività e prestazioni;

• Disposizioni contraddittorie impartite al personale funzionale dai due responsabili da cui dipende;

• Priorità assegnata a certi progetti piuttosto che ad altri dai responsabili funzionali L’insicurezza può essere attribuita alla temporaneità del ruolo assegnato (project manager) e all’ambiguità di figure funzionali dovuta alla sostanziale appartenenza a due dimensioni organizzative diverse.

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Vantaggi/svantaggi dei tre modelli organizzativi

•Conflitti•Insicurezza

•Efficace coordinamento•Efficienza•Flessibilità

Matrice

•Limitata efficienza•Efficace coordinamento•Sviluppo qualità manageriali•Motivazione

Multidivisionale

•Frequente difficoltà di coordinamento•Efficienza•Sviluppo competenze specialistiche

PlurifunzionaleSvantaggiVantaggiModello

I vantaggi e gli svantaggi di ciascun modello vanno intesi in senso relativo, cioè come caratteristiche che in un certo tipo di organizzazione si manifestano in modo più marcato che in altri. I modelli analizzati sono suscettibili di numerose varianti in sede di applicazione pratica.

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Condizioni favorevoli alla scelta di un modello organizzativo

•Produzione su commessa o per progetto/prodotto di rilievo•Facilità di spostamento di risorse •Elevata instabilità delle condizioni ambientali (mercati e tecnologie)

Matrice

•Produzione molto diversificata•Sviluppo dimensionale attraverso l’aggregazione di nuovi prodotti o mercati•Disponibilità di risorse manageriali all’altezza delle responsabilità assegnate

Multidivisionale

Produzione poco diversificataDimensioni aziendali limitateProcessi produttivi ed attività funzionali ripetitiveStabilità nelle condizioni ambientali

PlurifunzionaleCondizioni favorevoliModello

Condizioni favorevoli per la scelta del modello organizzativo Plurifunzionale • Produzione poco diversificata sia sul piano tecnico-commerciale che su quello

dell’ubicazione geografica delle unità organizzative; • Limitate dimensioni aziendali. In caso contrario tende ad assumere uno sviluppo

verticale che rende difficile il coordinamento; • Siamo in presenza di produzioni di serie e a flusso continuo; • Stabilità sostanziale nelle condizioni ambientali Multidivisionale • Produzione aziendale molto diversificata dal punto di vista tecnico-commerciale o da

quello della localizzazione geografica delle unità organizzative; • Sviluppo dimensionale attraverso l’aggregazione di nuovi prodotti o mercati (cioè

nuove divisioni); • I manager devono avere competenza e capacità per gestire le Divisioni, aventi

caratteristiche simili a quelle di vere e proprie imprese Matrice: • Produzione aziendale realizzata su commessa o per progetti/prodotti di rilevante

complessità, durata e impegno economico-finanziario; • È possibile spostare con relativa facilità le risorse da un progetto all’altro e dai

progetti ai gruppi funzionali, a seconda delle esigenze. Il modello non si adatterebbe a quelle imprese in cui è molto alto l’investimento per addetto né a tutti i casi in cui risulti effettivamente difficile ridistribuire gli impianti ed assegnarli a singoli progetti controllati separatamente.

• Mercati e tecnologie instabili.

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La “matrice” è applicata tipicamente da imprese che svolgono una intensa attività di ricerca e sviluppo, che svolgono processi di produzione rapidamente mutabili. Ma appare diffusa anche nei seguenti settori: chimico, farmaceutico, bancario, assicurativo, commerciale, pubblicitario, ospedaliero.

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Organizzazione del lavoro esecutivo

L’ispirazione tayloristica di molte strutture ha reso necessario ri-organizzare il lavoro esecutivo per rimediare agli effetti della dequalificazione e dell’insoddisfazione psicologica dei lavoratori, oltre che dell’irrigidimento delle strutture aziendali.

Job rotationJob enlargementJob enrichmentGruppi autonomi di lavoro

L’organizzazione del lavoro esecutivo (operai, impiegati) si ispira spesso ancora oggi al modello tayloristico, specie nelle produzioni di tipo ripetitivo: • Separazione netta tra programmazione ed esecuzione del lavoro; • Semplificazione e ripetitività dei compiti assegnati, per rendere più veloce

l’esecuzione; • Concentrazione di operai addetti alla stessa lavorazione in un unico stabilimento,

per accrescere la parcellizzazione delle mansioni; • Meccanizzazione di molte operazioni e impostazione di produzioni di massa e di

lunga durata; Questo modo di organizzare il lavoro ha indubbiamente avuto riflessi positivi sul piano della razionalizzazione produttiva e dell’efficienza, ma ha prodotti molteplici effetti negativi sul piano delle esigenze dei lavoratori e su quelle economico-tecniche delle aziende: • Dequalificazione dei lavoratori; • Insoddisfazione psicologica degli stessi; • Irrigidimento delle strutture aziendali: minor grado di adattabilità dell’azienda alle

variabili condizioni ambientali, dinamiche e innovative. Dalle esigenze di maggiore soddisfazione e sviluppo della professionalità e di maggiore “flessibilita” nasce la necessità di riorganizzare il lavoro esecutivo. a) Teorie motivazionali (scuola di matrice americana): propone soluzioni organizzative

tipicamente “individuali” b) Approccio dei Sistemi socio-tecnici (scuola di matrice europea): suggerisce forme

organizzative di gruppo.

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Tra le teorie motivazionali ricordiamo le ricerche di Herzberg (vedi note relative alla slide 37):

• fattori “igienici”, incapaci di creare soddisfazione: tipo di politiche aziendali, di supervisione, condizioni ambientali di lavoro, salario,ecc.

• fattori “motivanti” , capaci di generare elevata soddisfazione: raggiungimento obiettivi, riconoscimento, responsabilità, crescita e sviluppo personale, lavoro in sé, ecc.

Occorre agire sui fattori motivanti, modificando il contenuto stesso del lavoro, nel presupposto che siamo in presenza di motivation seeker (persone che cercano la motivazione). La strada da seguire è quella dell’arricchimento dei compiti:

• Ampliamento delle conoscenze; • Creatività; • Capacità di operare efficacemente in condizioni di incertezza; • Sviluppo della personalità, intesa in senso “globale”.

L’approccio per “sistemi” (slide 39) prende in considerazione tutte le variabili in gioco, e non solo quelle psicologiche, come avviene invece nelle teorie motivazionali. Riconosce anche l’esistenza dei esigenze tecnologiche oltre a quelle psico-sociali, da tenere presente in sede di organizzazione del lavoro. Viene dato ampio risalto all’influsso ambientale e alla necessità conseguente di maggiore flessibilità della struttura organizzativa, e all’importanza dei gruppi di lavoro su cui si deve basare la riorganizzazione. Applicazioni pratiche di queste teorie: a) JOB ROTATION Rotazione del lavoro presso diversi posti di lavoro, all’interno di una data area produttiva. Permette al lavoratore di compiere operazioni differenziate di volta in volta, con la possibilità di ridurre la monotonia derivante dalla ripetitività; b) JOB ENLARGEMENT Aggregazione di più mansioni, assegnate al medesimo lavoratore. Il lavoratore che prima effettuava una o poche operazioni, ora ne svolge una serie, tra di loro collegate da un punto di vista tecnico professionale, per cui la durata del ciclo di lavoro risulta allungata, variando così la struttura del posto di lavoro; c) JOB ENRICHMENT Arricchimento “verticale” dei compiti: al lavoro iniziale vengono aggregate funzioni di programmazione, preparazione, manutenzione, controllo, ecc.. Tanto da rendere a volte superflua la presenza di alcuni organi (capi di primo livello, manutentori, attrezzisti, ecc.). Si rende necessaria la ridefinizione del loro ruolo originario; d) GRUPPI AUTONOMI DI LAVORO Ristrutturazioni collettive, anziché individuali, dei ruoli lavorativi. Il “Gruppo” cura la realizzazione di una certa fase del processo produttivo, con distribuzione dei compiti definita autonomamente all’interno dello stesso, che programma il lavoro e ne controlla lo svolgimento. Ad esempio una squadra di 20 persone è responsabile del montaggio di una parte completa dell’automobile, come il sistema elettrico. Le dimensioni del gruppo

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sono solitamente piccole, in modo da consentire intensi rapporti sociali ad elevata coesione interna. Da un paio di decenni si sono intensificati in tutto il mondo i tentativi di ristrutturare l’organizzazione del lavoro esecutivo, intervenendo sul • contenuto del compito

Varietà: sperimentare le capacità individuali in una pluralità di situazioni differenti (fattore puramente “igienico”) – es. rotazione delle mansioni;

Contributo significativo: contributo del lavoro svolto da una persona nei confronti del prodotto finale – ricomposizione dei compiti mediante allargamento delle mansioni;

autonomia. • contesto dello stesso, cioè sui rapporti interpersonali, per dare un’adeguata

dimensione sociale alla riorganizzazione, il tutto nei limiti imposti da certi vincoli tecnologici e dalle caratteristiche delle stesse persone coinvolte nel processo, che non necessariamente cercano l’autorealizzazione nel lavoro (sono cioè hygiene seekers).

Uno degli aspetti più appariscenti è stata la sostituzione della catena di montaggio con le cosìdette isole di montaggio, avvenuta in misura molto frequente, specialmente nell’industria automobilistica. Catena di montaggio: l’operaio si sposta mentre lavora, compie operazioni molto elementari, è vincolato al ritmo produttivo impresso dalla catena. Isole di montaggio: l’operaio lavora su stazioni fisse, compie operazioni arricchite, è svincolato dalla cadenza produttiva impressa dalla catena. Ogni isola comprende un certo numero di posti di lavoro. Le isole sono separate da polmoni o magazzini di accumulo dei pezzi da assemblare, in modo da conferire elasticità al processo. La Volvo è stata innovativa nel campo della riorganizzazione, adottando il modello dei sistemi socio-tecnici, con iniziative molto avanzate come lo stabilimento di montaggio di Kalmar, un nuovo stabilimento realizzato per creare l’atmosfera di una “piccola officina familiare”, nel quale far operare un certo numero di squadre (inizialmente 25 composte da 15 persone l’una), ognuna delle quali è responsabile del montaggio di una parte completa dell’automobile (freni, parte elettrica, ecc.) con possibilità di rotazione dei compiti all’interno della squadra. Le decisioni in merito alla programmazione del lavoro assegnato, la rotazione dei compiti, le rettifiche, ecc. vengono prese dal gruppo. E’ una soluzione strettamente legata al contesto ambientale svedese che, dal punto di vista politico, economico, sociale e sindacale è tale da favorire formule organizzative come questa. Oggi inoltre c’è un incremento continuo dell’automazione (robots) nella produzione , che tende a sostituire il lavoro umano e a ricollocarlo nel processo produttivo.

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Aspetti conclusivi

ESECUZIONE

CONTROLLO

PROGRAMMAZIONE

decisioni

risul

tatiinformazioni

CONCLUSIONI Determinare la struttura organizzativa significa anche: Definire l’ampiezza e i limiti della delega dei poteri direzionali

Direzione autocratica: accentramento dei poteri in un numero assai limitato di livelli ed organi

Direzione democratico-partecipativa: ampio frazionamento dei poteri e, di conseguenza, numero maggiore di livelli ed organi direttivi.

Definire lo schema di collegamenti tra le varie posizioni organizzative (rete di

relazioni – sistema informativo): orizzontali, trasversali, funzionali (tra organi di line e di staff). E’ necessario riconsiderare i legami di autorità e di influenza istituiti con la specializzazione delle attività aziendali.

Procedure decisionali ed operative: norme di comportamento adottabili in modo ripetitivo nel tempo per la gestione-soluzione di problemi similari o analoghi che si traducono in regole decisionali ed operative. Flow chart o manuali descrittivi.

Sistema informativo: il flusso informativo all’interno della struttura organizzativa e con l’ambiente esterno (mercato e ambiente in generale). La tendenza è l’ampliamento del volume di informazioni, l’aumento dei punti di interconnessione nell’integrazione dei vari flussi di dati, la complicazione delle modalità di elaborazione e diffusione della documentazione.

Il flusso informativo assume un carattere circolare: dalla informazione si passa alla decisione, dalla decisione – attraverso la comunicazione delle scelte adottate – all’esecuzione, dall’esecuzione – mediante la trasmissione dei risultati – al controllo, e dal controllo – per mezzo delle informazioni così ottenute – all’assunzione di altre decisioni.

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Le tendenze organizzative 1

Organizzazione snella (lean organisation)Abbandono delle strutture piramidali

•Degerarchizzazione•Gruppi di lavoro autogestiti•Gruppi di lavoro a formazione e scioglimento dinamico

PIRAMIDE PIATTAPIRAMIDE A SCACCHI

Nella permanente ricerca di remunerazione del capitale, la realtà delle imprese è caratterizzata da vicende alterne, accompagnate da entusiasmi, tensioni, inquietudini, alle quali conseguono reazioni e adeguate misure volte ora al consolidamento ora al riposizionamento nel mercato. L’unico indirizzo che accomuna le iniziative è la ricerca di modelli per il miglioramento della produttività e il contenimento dei costi, vale a dire l’identificazione di nuove soluzioni organizzative. Si prospetta, nel messaggio che ci proviene da altre culture, la suggestiva visione dell’organizzazione snella, in relazione alle tematiche produttive, ai rapporti con i clienti, alla distribuzione, ecc. Questa visione si accompagna con caratteristiche definite lean production, lean organisation. In realtà non esiste impresa che non veda con interesse uno snellimento della struttura associato ad un aumento della funzionalità e ad una riduzione dei costi. Il trasferimento e l’acquisizione di concetti provenienti da culture molto diverse dalla nostra non è esente da riserve. Snellire le attività significa riconsiderare compiti e funzioni, modificare percorsi e comunicazioni ma implica in primo luogo presupposti infrastrutturali mediante i quali sono facilitati i rapporti e migliorate le performance dei processi. L’attuazione pratica di tali modelli nei luoghi di origine poggia su particolari presupposti e consuetudini culturali spesso non ripetibili né esportabili, per cui appare difficile la loro adozione integrale, mentre è più pratica l’acquisizione di alcune caratteristiche, uniformandone lo spirito ai modelli più ricorrenti. • Il processo più immediato da avviare è quello della de-gerarchizzazione.

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Viene attuato attraverso la destrutturazione della tradizionale piramide aziendale, caratterizzata dalle funzioni operative e dalle fasce di coordinamento e di guida. Il compito non è facile: si tratta di snellire le strutture, con il supporto tecnologico (automazione di alcuni compiti e attivazione di nuove reti di flussi informativi), senza compromettere sicurezza ed efficacia, da sempre ricercate attraverso le tradizionali funzioni aziendali di coordinamento, reporting e controllo. PIRAMIDE PIATTA Nel processo in corso di destrutturazione organizzativa, parlare di organizzazione piatta significa trasferire e raggruppare le attività verso i livelli più operativi della struttura e utilizzare in modo diffuso il principio della delega. Vantaggi:

• Accorciamento della catena gerarchica • Aumento dell’ampiezza di coordinamento • Semplificazione dei flussi di processo e possibilità di migliore controllo • Riduzione dei costi di struttura

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Le tendenze organizzative 2

Critiche nei confronti delle linee tradizionali

burocratizzazionefunzioni intese come sacche di poterepoteri decisionali solo ai livelli gerarchici elevatidifficoltà di coordinamento interfunzionalemansionari e procedure troppo dettagliatescarsa disponibilità a concedere deleghecorrelazione delle posizioni gerarchiche con l’effettiva esperienzacorrelazione dei livelli di produttività con i livelli di esperienza

Le critiche più diffuse nei confronti delle strutture organizzative tradizionali possono essere condensate nei seguenti punti: • Burocratizzazione: da cui consegue la rigidità nelle decisioni e le limitazione nei

rapporti verticali e trasversali; • Funzioni intese come sacche di potere; • Poteri decisionali solo ai livelli gerarchici elevati: ciò implica condizioni demotivanti

per i subordinati nonché lentezza reattiva; • Difficoltà di coordinamento interfunzionale; • Esistenza di mansionari e procedure troppo dettagliate: rappresentano fattori

limitativi della creatività, della capacità ed espressione innovativa delle risorse; • Consuetudine ad associare e condizionare le posizioni gerarchiche con l’effettiva

esperienza e capacità; • Consuetudine ad associare e condizionare i livelli di produttività con i livelli di

esperienza

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Elementi a sostegno delle linee innovative

strutture adattabili alle esigenze dei mercati;delega i compiti decisionali a livelli operativi;eliminazione delle tradizionali gerarchie intermedie e riallocazionedelle competenze;identificazione di nuovi veicoli informativi per l’aggiornamento delle risorse (missione aziendale, strategie, valori)

Le nuove organizzazioni si reggono su nuovi ideali e motivazioni, in contrapposizione alle antiche oppressioni gerarchiche

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Le tendenze organizzative 4

Le tecnologie dell’informazione hanno consentito di:

•Eliminare le barriere comunicazionali all’interno dell’impresa•Ridurre i tempi di sviluppo e di lavorazione•Ottimizzare i livelli delle scorte•Migliorare i livelli di servizio•Facilitare numerosi compiti gestionali•Migliorare i processi di controllo

I reali contributi dei nuovi indirizzi organizzativi sono di fatto limitati

L’esito dei nuovi modelli organizzativi dipenderebbe dal grado di motivazione e dal potere di stimolo esercitato su un certo numero di collaboratori. • L’organizzazione snella regge sul paradosso rappresentato dalla riduzione, se non

eliminazione, di interi livelli di struttura e quindi fasce di risorse, le cui motivazioni ad una partecipazione attiva alla vita d’impresa risiedono proprio nell’appartenenza a tali livelli. L’esito dei nuovi modelli finirebbe per essere quello di motivare pochi collaboratori beneficiati da posizioni di autonomia operativa, demotivandone altri.

• Tra le carenze motivazionali implicite nelle strutture tradizionali viene indicato

l’insufficiente coinvolgimento di intere fasce di collaboratori nella divulgazione delle linee strategiche. Per dovere di onestà culturale occorre però chiedersi a quali livelli di collaboratori giovi realmente conoscere le impostazioni strategiche aziendali. Infatti per buona parte dei collaboratori la reale preoccupazione risiede nella garanzia della solidità aziendale, cioè nella sicurezza dei posti di lavoro.

Conciliare le attese dei singoli con le aspettative dell’impresa caratterizzata da proprie logiche, obiettivi e priorità ha sempre costituito un traguardo non semplice. Si moltiplicano le ricette del consenso. Si ricorre spesso a componenti demagogiche: indagini socio-culturali ed ambientali, spesso attuate da teorici estranei all’ambiente aziendale, analisi sulla qualità delle relazioni fra soggetti, sui livelli di percezione dell’autorità, sul grado di coinvolgimento nelle decisioni, ecc. Il risultato è che sovente alcuni metodi sortiscono l’esito di demotivare i collaboratori, inducono all’autocommiserazione, sollevano problemi esistenziali mai percepiti (come portare un agnostico da uno psicanalista), producono effetti deprimenti sull’efficienza e sulla produttività.

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Se si considera che le tecnologie dell’informazione hanno consentito (eliminando le barriere comunicazionali all’interno dell’impresa, riducendo i tempi di sviluppo e di lavorazione, ecc.) il raggiungimento di obiettivi migliorativi nella gestione e nella comunicazione aziendale, si percepisce che i reali contributi dei nuovi indirizzi organizzativi a sostegno dell’economia d’impresa e del conseguimento di risultati più profittevoli sono di fatto limitati.

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Piramide piatta e Piramide a scacchi

La Piramide piatta è il risultato del processo di destrutturazione organizzativa, che comporta la riduzione dei livelli gerarchici attraverso il trasferimento e il raggruppamento delle attività verso i livelli più operativi della struttura, utilizzando in modo diffuso il principio della delega.

Vantaggi:

•Accorciamento della catena gerarchica•Aumento dell’ampiezza di coordinamento•Semplificazione dei flussi di processo e possibilità di migliore controllo•Riduzione dei costi di struttura

La Piramide a scacchi indica l’evoluzione della struttura attraverso la formazione di gruppi di lavoro autogestiti, che godono di autonomia operativa e direzionale, sostituendosi in pratica alle aree funzionali

PIRAMIDE PIATTA Organizzazione piatta La maggiore ampiezza di coordinamento, conseguente all’appiattimento della struttura, comporterebbe la crescita professionale dei responsabili a qualunque livello. Ragioni che inducono a cambiamenti organizzativi possono trovarsi anche nelle mutate modalità di conduzione strategica dell’impresa: • Ricerca di profitti a breve e di nuove opportunità di business, favoriti dalla snellezza

organizzativa; • Operazioni di fusioni di imprese e di strutture, con conseguente ridondanza di

posizioni di management. In ogni modello dinamico e destrutturato ogni soggetto attiverebbe il meglio del nuovo potenziale intellettivo. Tale risultato vale sino a quando stimoli di miglioramento personale, fondati su ambizioni più o meno giustificate, verranno ad incrinare l’ideologia egualitaria. Appiattire l’organizzazione può creare implicazioni negative, quali: • Situazioni di incertezza nei nuovi livelli di riporto; • Pregiudizio delle attività esercitate dalle fasce di risorse eliminate; • Pregiudizio della qualità delle attività di coordinamento e valutazione dei risultati; • Disagi psicologici per coloro che vedrebbero allontanarsi le possibilità di

avanzamento di carriere. Alcuni autori, di fronte ai problemi concreti, definiscono la visione dell’organizzazione piatta una soluzione idealistica.

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Mancano consolidate esperienze per pronosticare concrete ipotesi durature. In situazioni di incertezza è quindi opportuno prevedere ipotesi di rientro nei canoni tradizionali. PIRAMIDE A SCACCHI E’ una teorizzazione contemporanea a quella dell’organizzazione piatta. Vede l’evolversi delle strutture attraverso la formazione di gruppi di lavoro autogestiti, nell’ambito dei processi e delle attività di supporto. Ha degli aspetti comuni con la proposta della Piramide piatta: • Denuncia di carenza di reattività delle strutture tradizionali; • Certezza che il successo delle nuove proposte debba poggiare sull’enfasi

motivazionale, delineando la scomparsa delle tradizionali gerarchie. A differenza dell’organizzazione piatta che vede la riduzione dei livelli gerarchici nell’ambito delle funzioni, la soluzione “Piramide a scacchi” punta alla eliminazione delle aree funzionali. Si persegue la partecipazione paritetica nella conduzione delle attività, attraverso la costituzione di gruppi di lavoro (work group o team) che, autonomamente e direttamente provvedono al compiuto espletamento delle attività riconducibili ai vari processi dell’impresa. Nella logica dei gruppi le funzioni specialistiche si frazionerebbero per confluire nelle aree dei singoli processi ove autogestirebbero la propria quota di attività operativa. Il gruppo si autodirige, suddividendo le competenze delle funzioni di controllo e di supervisione. Assume di fatto anche attività manageriali. Poniamoci la domanda: il successo li può gratificare, ma che succede in caso di insuccesso? Si tratta di accorpare nel gruppo responsabilità manageriali che comportano anche il rischio di pagare in caso di insuccesso. Non si vedono ancora ipotizzate soluzioni. Un altro punto interrogativo sta proprio nella flessibilità strutturale che caratterizza questi organismi: la possibilità di formarsi o sciogliersi dei gruppi a seconda delle necessità di business (gruppi di lavoro a comparsa/scomparsa), indicata quale esempio di flessibilità e di dinamismo, deve misurarsi con le infrastrutture di cui si avvalgono, i cui costi non sono a flessibilità altrettanto decrementabile. Non è pensabile di assimilare in qualche modo i suddetti nuclei di lavoro con le unità di servizio esterne all’impresa: esistono similitudini di natura organizzativa ed operativa, ma sul piano del rischio e della flessibilità sono realtà molto differenti. Aziende flessibili, imprese a rete, organizzazioni trasversali, virtual corporation, scorporo in business unit, creazione di gruppi autogestiti sono concetti spesso problematici per chi viene coinvolto nei processi di realizzazione. Spesso affascinano il ricercatore, ma assai meno l’investitore, che si attende ragionevoli ritorni. Ridotte, se non eliminate, le fasce di controllo, e scomparse le funzioni di staff, queste nuove forme organizzative lasciano poche prospettive di avanzamento per chi voglia proporsi in termini meritocratici. Nelle realtà tradizionali la scala delle carriere risultava strettamente collegata allo sviluppo professionale e all’attribuzione di responsabilità. Nelle logiche alternative non si ravvisa alcun cenno di definizione di individuali responsabilizzazioni.

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A ben vedere, gli elementi definiti come caratterizzanti dei nuovi sperimentali schemi organizzativi altro non solo che gli obiettivi fondamentali per le imprese, da sempre perseguiti:

• Contenimento di costi • Riduzione dei tempi • Ottimizzazione dei processi e della qualità • Concentrazione degli sforzi • Orientamento al cliente

Restano invece molte perplessità a supporto di tali progetti di trasformazione, specialmente per le configurazioni per gruppi e con attività condotte senza supervisione e controlli di entità responsabili:

• Cosa accade ai gruppi quando gli obiettivi non vengono conseguiti? • Chi si occupa responsabilmente di armonizzare i collegamenti fra i vari gruppi? • Chi misura, premia, disquisisce sulla qualità della partecipazione dei singoli? • Chi indaga sulle inefficienze e discrimina le qualità? • E’ ipotizzabile allontanare gli inadatti? • A chi attribuire i costi connessi alle risorse professionalmente non adatte? • Dove collocarle? • Chi forma e scioglie i gruppi? • Chi determina e assegna priorità e compiti? • Chi ricolma vuoti da turnover? • Chi gestisce i conflitti, i ritardi? • Chi risponde penalmente della sicurezza?

A ben osservare si incontreranno sui percorsi entità di controllo e decisorie che, comunque si voglia intendere, significano una gerarchia. Il dubbio è che si proceda verso modalità che alleggeriscano rischi personali diretti, specie in situazioni critiche. CONCLUSIONI Le nuove spinte ai cambiamenti sono colme di idee: una cosa però sono i concetti, un’atra le metodologie che definiscono dettagli e configurano risultati. Michael Hammer e James Champy nell’opera “Ripensare l’azienda” rivolta all’attuazione del “Business Proces Reengineering” affermano: …Un problema del quale molte aziende malauguratamente non soffrono è la penuria di programmi di cambiamento. Quando i tempi diventano difficili proliferano le presunte panacee. Le pubblicazioni di management sono piene di idee e programmi per migliorare le aziende: miglioramento della qualità, aggiustamenti strategici, “giusti dimensionamenti”, partnership cliente-fornitore, innovazione ed empowerment (sistema di deleghe) per citarne alcuni. Di solito si tratta di programmi effimeri. Come ci dissero una volta alcuni dipendenti in vena di battute: “ogni mese i nostri alti dirigenti partecipano ad un seminario e tornano a casa con una nuova religione. Noi ci limitiamo a trattenere il respiro finchè non passa”.

La metodologia vuole un disegno compiuto, un percorso razionale e riscontri attuabili. I concetti sono speso sublimi ma altrettanto evanescenti; arricchiscono le metodologie quando la loro applicabilità è comprovabile in un contesto di economia, sicurezza e continuità.

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ABUSO DI POTERE: MOBBING

E’ un abuso perpetrato ai danni dei lavoratori che rappresentano una minacciao un intralcio a chi detiene posizioni di potere.E’ un processo distruttivo che può causare problemi di salute psichica e fisica permanenti.

Si attua una sorte di “terrorismo psicologico” che isola la vittima denigrando le sue capacità, escludendola dalle sue abituali funzioni,screditandola agli occhi del suo entourage all’interno e all’esterno dell’azienda.

Sono stati classificati 45 modi di agire contro la vittima del mobbing

Il potere può facilitare il lavoro e aumentare la soddisfazione del lavoratore se usato in modo equilibrato e ragionevole. Ma può anche creare ostilità, conflitti e situazioni in cui i lavoratori diventano vere e proprie vittime di fenomeni di “terrorismo psicologico”. MOBBING (to mob = attaccare) consiste nel susseguirsi, su un arco temporale ampio, di proponimenti e azioni ostili da parte di una o più persone nei confronti di una terza persona. I primi studi sul mobbing sono stati effettuati in campo etologico da Konrad Lorenz, che aveva osservato alcuni animali della stessa specie che si coalizzavano per espellere dal gruppo un loro simile. In alcuni casi l’accanimento era tale che il malcapitato finiva col morire. In campo aziendale spesso bersagli del mobbing sono i lavoratori che rappresentano una minaccia o un intralcio a chi detiene una posizione di potere. L’offesa con cui si manifesta il mobbing è ripetuta sistematicamente su un arco temporale di tempo (almeno sei mesi). Sono stati classificati quarantacinque modi di agire contro la vittima, raggruppati in cinque mega raggruppamenti: 1. impedire alla vittima di esprimersi

la vittima non è più informata o lo è solo parzialmente e non ha più il diritto di esprimere le proprie opinioni

2. isolare la vittima la vittima viene esclusa completamente dall’entourage, si parla di lui come di qualcuno non presente.

3. screditare la vittima in presenza di colleghi

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si deride la vittima in riferimento alla sua persona e ai suoi difetti, si denigrano le sue capacità, la si porta a perdere fiducia in se stessa

4. screditare la vittima sul suo lavoro si obbliga la vittima a dei compiti che non riguardano le sue competenze e che la denigrano ed umiliano. La si scredita anche agli occhi della società esterna all’organizzazione

5. compromettere la salute della vittima sotto queste pressioni, la vittima può crollare psicologicamente e avere delle turbe psicosomatiche che l’allontanano dall’organizzazione per molto tempo o definitivamente.

Il mobbing è un processo distruttivo che può causare problemi di salute psichica e fisica permanenti e può anche causare la morte. Spesso questo atteggiamento è adottato nei confronti di collaboratori che desiderano essere indipendenti ed autonomi.