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NOTE EPLICATIVE PER UNA AGEVOLE LETTURA DELLE TAVOLE PUTT

INDICE

1. Il Piano Urbanistico Territoriale Tematico “Paesaggio” 3

2. Ambiti Territoriali Estesi 3

3. Ambiti Territoriali Distinti 4

3.1 Il sistema dell'assetto geologico, geomorfologico, idrogeologico ....................................................... 4

3.1.1 A.T.D. Componenti geo-morfo-idrogeologiche 5

3.1.1.1 Le Emergenze 5

3.1.1.2 Corsi d’acqua 5

3.1.1.3 Versanti e crinali 6

3.1.1.4 Coste ed aree litoranee 6

3.2 Il sistema della copertura botanico-vegetazionale, colturale e della potenzialità faunistica ................... 7

3.2.1 A.T.D. Componenti botanico vegetazionali 7

3.2.1.1 Bosco 7

3.2.1.2 Macchia 8

3.2.1.3 Beni Naturalistici 8

3.2.1.4 Zone Umide 9

3.2.1.5 Aree Protette 9

3.2.1.6 Beni diffusi nel paesaggio agrario 10

3.3 Il sistema della stratificazione storica dell'organizzazione insediativa ............................................... 10

3.3.1 A.T.D. del sistema della stratificazione storica dell'organizzazione insediativa: 11

3.3.1.1 Zone archeologiche (Vincolo Archeologico) 11

3.3.1.2 Beni architettonici extraurbani (Vincolo Architettonico) 12

3.3.1.3 Paesaggio agrario e usi civici 13

Piano Paesaggistico Territoriale Regione Puglia (P.P.T.R).......................................................................15

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1. Il Piano Urbanistico Territoriale Tematico “Paesaggio”

Il Piano Urbanistico Territoriale Tematico “Paesaggio” (PUTT/P), in adempimento di quanto disposto dall'art.149 del

D.lg. n.490/29.10.991 e dalla legge regionale 31.05.80 n. 56 (Tutela ed uso del territorio), disciplina i processi di

trasformazione fisica e l'uso del territorio allo scopo di:

tutelare l’identità storica e culturale;

rendere compatibili la qualità del paesaggio, delle sue componenti strutturanti e il suo uso sociale;

promuovere la salvaguardia e valorizzazione delle risorse territoriali.

Il territorio regionale è stato perimetrato e suddiviso in sistemi di aree omogenee sulla base dei caratteri costitutivi

fondamentali delle strutture paesistiche così come segue:

sistema delle aree omogenee per l'assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico;

sistema delle aree omogenee per la copertura botanico/vegetazionale e colturale e del contesto faunistico attuale e

potenziale che queste determinano;

sistema delle aree omogenee per i caratteri della stratificazione storica dell'organizzazione insediativa.

Il Piano stabilisce che i lavori o le opere che modifichino lo stato fisico dei territori e degli immobili dichiarati di notevole

interesse pubblico ai sensi della legge n. 1497/19392, o inclusi nelle categorie di cui all'art.1 della legge n. 431/19853, o

compresi tra quelli sottoposti a tutela, non possono essere oggetto di concessione edilizia oppure di autorizzazione

edilizia oppure di denunzia inizio attività, senza il preliminare rilascio della “autorizzazione paesaggistica” ai sensi del

P.U.T.T. .

Il Piano definisce opere di rilevante trasformazione territoriale quelle derivanti dalla infrastrutturazione del territorio,

determinata da dimostrata assoluta necessità, o preminente interesse regionale o nazionale, comportante modificazioni

permanenti nei suoi elementi strutturanti.

Per tali opere, qualora non siano soggette a Valutazione di Impatto Ambientale, il Piano prescrive che il relativo progetto sia

integrato con lo "Studio di Impatto Paesaggistico" per la dimostrazione della loro utilità e della giustezza della allocazione

proposta.

Le norme contenute nel Piano di cui al titolo II "Ambiti Territoriali Estesi" ed al titolo III "Ambiti Territoriali Distinti", non

trovano applicazione all'interno dei "territori costruiti" e dei territori disciplinati dai Piani delle Aree di Sviluppo Industriale.

Le indicazioni contenute nelle tavole in scala 1:25.000 prevalgono su quelle in scala 1:50.000 e 1:100.000.

1 Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre, n. 352. 2 Legge 29 giugno 1939, n. 1497 «Protezione delle bellezze naturali». (G.U. 14 ottobre 1939, n. 241) 3 Decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Integrazioni dell'art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

In caso di discordanza o di indicazione errata, gli elaborati scritti prevalgono sulle indicazioni cartografiche; tra gli elaborati

scritti prevalgono le norme tecniche di attuazione.

Qualora fossero prodotte varianti di aggiornamento e/o integrazione, gli elaborati più recenti hanno prevalenza su quelli più

vecchi.

2. Ambiti Territoriali Estesi

Gli ambiti Territoriali Estesi si classificano con riferimento al livello dei valori paesaggistici in:

Ambiti territoriali estesi di:

valore eccezionale ("A"), laddove sussistano condizioni di rappresentatività di almeno un bene costitutivo di riconosciuta

unicità e/o singolarità, con o senza prescrizioni vincolistiche preesistenti;

valore rilevante ("B"), laddove sussistano condizioni di compresenza di più beni costitutivi con o senza prescrizioni

vincolistiche preesistenti;

valore distinguibile ("C"), laddove sussistano condizioni di presenza di un bene costitutivo con o senza prescrizioni

vincolistiche preesistenti;

valore relativo ("D"), laddove pur non sussistendo la presenza di un bene costitutivo, sussista la presenza di vincoli

(diffusi) che ne individui una significatività;

valore normale ("E"), laddove non è direttamente dichiarabile un significativo valore paesaggistico.

I terreni e gli immobili compresi negli ambiti territoriali estesi di valore eccezionale, rilevante, distinguibile e relativo,

sono sottoposti a tutela diretta dal Piano e:

non possono essere oggetto di lavori comportanti modificazioni del loro stato fisico o del loro aspetto esteriore senza

che per tali lavori sia stata rilasciata l'autorizzazione paesaggistica;

non possono essere oggetto degli effetti di pianificazione di livello territoriale e di livello comunale senza che per detti

piani sia stato rilasciato il parere paesaggistico;

non possono essere oggetto di interventi di rilevante trasformazione, senza che per gli stessi sia stata rilasciata la

attestazione di compatibilità paesaggistica.

Sono riportati gli indirizzi di tutela per ciascun ambito

negli ambiti di valore eccezionale "A": conservazione e valorizzazione dell'assetto attuale; recupero delle situazioni

compromesse attraverso la eliminazione dei detrattori;

negli ambiti di valore rilevante "B": conservazione e valorizzazione dell'assetto attuale; recupero delle situazioni

compromesse attraverso la eliminazione dei detrattori e/o la mitigazione degli effetti negativi; massima cautela negli

interventi di trasformazione del territorio;

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negli ambiti di valore distinguibile "C": salvaguardia e valorizzazione dell'assetto attuale se qualificato; trasformazione

dell'assetto attuale, se compromesso, per il ripristino e l'ulteriore qualificazione; trasformazione dell'assetto attuale che

sia compatibile con la qualificazione paesaggistica;

negli ambiti di valore relativo "D": valorizzazione degli aspetti rilevanti con salvaguardia delle visuali panoramiche;

negli ambiti di valore normale "E": valorizzazione delle peculiarità del sito.

L’area in esame è interessata da un ambito territoriale esteso di tipo E.

3. Ambiti Territoriali Distinti

Il territorio regionale è stato perimetrato e suddiviso in sistemi di aree omogenee sulla base dei caratteri costitutivi

fondamentali delle strutture paesistiche. Le aree omogene in cui è stato suddiviso sono:

il sistema delle aree omogenee per l'assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico;

il sistema delle aree omogenee per la copertura botanico/vegetazionale e colturale e del contesto faunistico attuale e

potenziale che queste determinano;

il sistema delle aree omogenee per i caratteri della stratificazione storica dell'organizzazione insediativa;

Per ciascuno dei sottosistemi e delle relative componenti, le norme relative agli ambiti territoriali distinti specificano:

la definizione che individua, con o senza riferimenti cartografici, l'ambito nelle sue caratteristiche e nella sua entità

minima strutturante;

la individuazione dell'area di pertinenza (spazio fisico di presenza) e dell'area annessa (spazio fisico di contesto);

i regimi di tutela;

le prescrizioni di base.

3.1 Il sistema dell'assetto geologico, geomorfologico, idrogeologico

1. Il sistema "assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico" si articola nei sottosistemi:

1.01- geologico;

1.02- dei rilievi o geomorfologico;

1.03- delle acque o idrogeologico.

2. Le componenti e gli insiemi relativi al sottosistema geologico si articolano, per la variazione degli obiettivi e delle forme di

tutela, nei seguenti ambiti territoriali distinti di riferimento:

2.01- ambiti a caratteri geografici geomorfologici omogenei;

2.02- ambiti di livello omogeneo di vulnerabilità al dissesto geologico;

2.03 a-ambiti a livello omogeneo di vulnerabilità degli acquiferi (aree di pianura);

2.03 b-ambiti a livello omogeneo di vulnerabilità dell'assetto idrologico (aree pedemontane e collinari);

2.04- ambiti a livello omogeneo di variazione dell'assetto morfologico dei suoli dovuto ad attivita' estrattive;

2.05- ambiti costieri a dinamica di trasformazione omogenea;

2.06- singolarità geologiche.

3. Le componenti e gli insiemi relativi al sottosistema dei rilievi (geomorfologia) si articolano, per la variazione degli

obiettivi e delle forme di tutela, nei seguenti ambiti territoriali distinti di riferimento:

3.01- ambiti costituenti emergenze orografiche;

3.02- ambiti annessi ai crinali;

3.03- ambiti annessi ai pianori;

3.04- ambiti annessi ai poggi e versanti;

3.05- ambiti soggetti a variazione orografica significativa;

3.06- ambiti omogenei del sistema dunale costiero.

4. Le componenti e gli insiemi relativi al sottosistema delle acque (idrogeologia) si articolano, per la variazione degli obiettivi e

delle forme di tutela, nei seguenti ambiti territoriali distinti di riferimento:

4.01- ambiti di alimentazione delle falde acquifere;

4.02- ambiti di accumulo delle acque superficiali (aree impluvio);

4.03- zone umide;

4.04- ambiti omogenei dovuti alle risorgenze e a fenomeni stagionali, paludi;

4.05- saline;

4.06- ambiti di massima espansione dei bacini idrici;

4.07- ambiti di esondazione dei corsi d'acqua;

4.08- sorgenti, risorgive e marane;

4.09- laghi e lagune (naturali e artificiali);

4.10- bacini idrici (dovuti a sbarramento);

4.11- corsi d'acqua (corpo idrico e sponde o argini relativi);

4.12- canali (corpo idrico e banchine);

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4.13- litorali marini.

Per il sistema "assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico", va perseguita la tutela delle componenti geologiche,

geomorfologiche e idrogeologiche di riconosciuto valore scientifico e/o di rilevante ruolo negli assetti paesistico-ambientali del

territorio regionale, prescrivendo:

negli ambiti territoriali di valore eccezionale ("A" dell'art.2.01del P.U.T.T./p), in attuazione degli indirizzi di tutela, va

evitato ogni intervento che modifichi i caratteri delle componenti individuate e/o presenti; non vanno consentite attività

estrattive, e va mantenuto l'insieme dei fattori naturalistici connotanti il sito;

negli ambiti territoriali di valore rilevante ("B" dell'art. 2.01 del P.U.T.T./p), in attuazione degli indirizzi di tutela, va

mantenuto l'assetto geomorfologico d'insieme e vanno individuati i modi: per la conservazione e la difesa del suolo e per

il ripristino di condizioni di equilibrio ambientale; per la riduzione delle condizioni di rischio; per la difesa

dall'inquinamento delle sorgenti e delle acque superficiali e sotterranee; non vanno consentite nuove localizzazioni per

attività estrattive e, per quelle in attività, vanno verificate le compatibilità del loro mantenimento in esercizio e vanno

predisposti specifici piani di recupero ambientale;

negli ambiti territoriali di valore distinguibile ("C" dell'art.2.01 del P.U.T.T./p), in attuazione degli indirizzi di tutela, le

previsioni insediative ed i progetti delle opere di trasformazione del territorio devono mantenere l'assetto

geomorfologico d'insieme e conservare l'assetto idrogeologico delle relative aree; le nuove localizzazioni di attività

estrattive vanno limitate ai materiali di inderogabile necessità e di difficile reperibilità.

negli ambiti territoriali di valore relativo ("D", art.2.01 del P.U.T.T./p), in attuazione degli indirizzi di tutela, le previsioni

insediative ed i progetti delle opere di trasformazione del territorio devono tenere in conto l'assetto geomorfologico

d'insieme e conservare l'assetto idrogeologico delle relative aree; le nuove localizzazioni e/o ampliamenti di attività

estrattive sono consentite previa verifica della documentazione di cui all'allegato A3.

3.1.1 A.T.D. Componenti geo-morfo-idrogeologiche

Le componenti geo-morfo-idrologiche definite dal piano sono:

Le emergenze

Corsi d’acqua

Versanti e crinali

Coste ed aree litoranee

3.1.1.1 Le Emergenze

Il Piano riconosce come emergenze geologiche gli elementi (componenti) strutturali, litologici e fossiliferi visibili (o di accertata

presenza) e di riconosciuto rilevante valore scientifico; come emergenze morfologiche i siti con presenza di grotte, doline o

puli, gravine e lame, coste marine e lacuali, e tutte le forme geomorfologiche di ricosciuto rilevante valore scientifico; come

emergenze idrogeologiche le sorgenti, i corsi d'acqua, le foci, gli invasi naturali/artificiali.

Le emergenze censite sono riportate negli elenchi e nelle cartografie del Piano.

Le prescrizioni di base prevedono la tutela integrale sia dell’area di pertinenza che per quella annessa.

L'area annessa è costituita da una fascia parallela al contorno del sedime dell'emergenza, della profondità costante di metri

150 per quelle geologiche, metri 100 per quelle geomorfologiche e metri 150 per quelle idro-geologiche.

Catasto Grotte

Le grotte sono cavità sotterranee di origine naturale, di sviluppo superiore ai 5 metri lineari, oltre a cavità di entità inferiore ma

di rilevante interesse geologico, archeologico, biologico, mineralogico, naturalistico e idrogeologico;

La normativa di riferimento è rappresentata dalla Legge Regionale 4 dicembre 2009, n.33 “Tutela e valorizazione del

patrimonio geologico e speleologico” che abroga la LEGGE REGIONALE N. 32 DEL 03/10/1986 (Tutela e valorizzazione del

patrimonio speleologico – Norme per lo sviluppo della speleologia).

Al fine di assicurare la conoscenza e la conservazione del patrimonio geologico, è stato istituito presso la Regione il “Catasto

delle Grotte e delle cavità artificiali”.

Tale catasto è costituito da:

a) l’elenco delle “grotte naturali”, ovvero forme vuote sotterranee di origine naturale, di sviluppo superiore ai 5 metri

lineari, oltre a cavità di entità inferiore ma di rilevante interesse geologico, archeologico, biologico, mineralogico,

naturalistico e idrogeologico;

b) l’elenco delle cavità artificiali; ovvero l’insieme delle strutture ipogee realizzate dall’azione dell’uomo, di particolare

valore storico, archeologico, naturalistico e geominerario;

c) l’elenco delle grotte e cavità turistiche, ovvero le grotte naturali e le cavità artificiali per le quali è riconosciuta una

valenza turistica o rispetto alle quali sono in atto attività di fruizione turistica già organizzate e/o disciplinate.

Come prescrizioni di base per l'area di pertinenza e per l'area annessa del bene si applica la "tutela integrale". Le grotte sono

considerate emergenze geomorfologiche pertanto l'area annessa è costituita da una fascia parallela al contorno del sedime

dell'emergenza della profondità costante di metri 100.

Dalla consultazione on-line delle cartografie relative al “Catasto Grotte” presenti sul web gis del “Portale Ambientale della

Regione Puglia” si evidenzia l’assenza di grotte nell’area oggetto di studio. Dati aggiornati del catasto grotte possono essere

reperite al sito http://www.catasto.fspuglia.it/

3.1.1.2 Corsi d’acqua

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I Corsi d'acqua sono definibili le acque correnti lungo solchi di impluvio che presentano un tracciato e una conformazione

trasversale relativamente stabili.

In rapporto alle loro caratteristiche, al ruolo svolto nel bacino imbrifero ed ai caratteri geografici e geomorfologici delle aree

attraversate, il Piano distingue i corsi d'acqua in fiumi, torrenti, sorgenti, foci, laghi, gravine e lame.

Le linee di ruscellamento e linee superficiali di impluvio, ancorché rientranti nella definizione sopra riportata di corso d'acqua,

non sono sottoposte dal Piano a prescrizioni di base.

I fiumi ed i torrenti, insieme alle sorgenti e foci, i laghi naturali , le gravine e le lame, sottoposti a tutela, sono individuati dal

Piano con elencazioni e rappresentazioni cartografiche.

Considerata la scala di elaborazione del Piano, la rappresentazione cartografica indica schematicamente le linee

rappresentative dell'intero corpo del corso d'acqua, comprensivo dell'alveo, del letto di espansione, delle sponde e/o argini

relativi,dei cigli.

Ai fini della tutela dei laghi naturali e artificiali si applicano le espressioni normative inerenti le "coste ed aree litoranee".

Ai fini della tutela dei corsi d'acqua e della applicazione delle prescrizioni di base, il Piano per le aree esterne ai "territori

edificati", individua due differenti regimi di salvaguardia relativi a:

a. "area di pertinenza", comprensiva: nel caso dei fiumi e dei torrenti, dell'alveo e delle sponde o degli argini fino al piede

esterno; nel caso delle gravine e delle lame, dell'alveo (ancorché asciutto), e delle scarpate/versanti fino al ciglio più

elevato;

b. "area annessa", a ciascuno dei due perimetri dell'area di pertinenza, dimensionata per ciascuna asta appartenente alle

varie classi, in modo non necessariamente simmetrico, in rapporto alla stessa classe di appartenenza ed alle

caratteristiche geografiche e geomorfologiche del sito; in assenza dei Sottopiani, l'area annessa si ritiene formata, per

ciascuno dei due perimetri, da una fascia della profondità (costante per tutta la lunghezza del tratto di ciascuna "classe"

del corso d'acqua), riportata sulla cartografia dello strumento urbanistico, pari a:

classe 1.1: metri 75 ;

classe 1.2: metri 100;

classe 2.1: metri 125 ;

classe 2.2: metri 150.

L’area in esame non ricade in un’area annessa o di pertinenza di un corso d’acqua.

Vincolo Idrogeologico

Il Vincolo Idrogeologico, istituito con il R.D.L. 30 dicembre 1923 n. 3267, ha lo scopo di preservare i terreni di qualsiasi natura e

destinazione da forme di utilizzazione che possano determinare denudazione, innesco di fenomeni erosivi, perdita di stabilità,

turbamento del regime delle acque ecc., con possibilità di danno pubblico.

L’area oggetto di studio non ricade inun’area a vincolo idrogeologico.

3.1.1.3 Versanti e crinali

Il Piano definisce: "versante", le aree delimitate da un ciglio di scarpata ed un pianoro; "ciglio di scarpata", l'orlatura superiore

con significato morfologico; "crinale o dorsale di spartiacque" la linea di spartiacque di bacini idrografici; "pianoro" l'area con

pendenza assoluta inferiore al 10% .

Il Piano suddivide i versanti ed i cigli di scarpata e/o crinali in due classi in rapporto alla loro appartenenza a territori "montani"

(rientranti, cioè, nel territorio di una Comunità Montana) o meno, ed in due classi in rapporto alla pendenza assoluta del

versante e del ciglio/crinale.

Ai fini della tutela dei cigli di scarpata e/o crinali e della applicazione delle prescrizioni di base, il Piano, per le aree esterne ai

"territori edificati", individua il regime di salvaguardia per l'"area annessa" sui due lati, in rapporto alla classe di appartenenza

del ciglio/crinale e del versante o pianoro di ciascun lato; dette "aree annesse" vengono perimetrate in sede di formazione dei

Sottopiani e degli strumenti urbanistici generali; in loro assenza si assume per ciascuno dei due lati la fascia della larghezza

(cartografica) dalla linea di ciglio/versante pari a:

classe 1.1: metri 50; classe 1.2: metri 100;

classe 2.1: metri 25; classe 2.2: metri 50;

in assenza anche della definizione delle classi dei cigli/crinali, sia assume la larghezza della fascia rispettivamente

corrispondente alla seconda classe dei territori montani e non montani.

Non sono presenti versanti o crinali nell’area oggetto di studio.

3.1.1.4 Coste ed aree litoranee

Le coste sono definibili come il limite fra la superficie della terra sommersa e quella emersa dal mare e, in rapporto ai caratteri

genetico-evolutivi e morfologico-sedimentologici del sito, presentano profili trasversali ed assetti planimetrici differenziati.

In riferimento alle caratteristiche geografiche e geomorfologiche del territorio regionale, il Piano distingue come forme litorali

principali:

coste alte a versante: corrispondono a rilievi che raggiungono il mare e che si configurano per l'azione meccanica delle

onde e delle acque di ruscellamento; presentano sia tratti di falesia con profilo più o meno regolare (in presenza di

rocce compatte), sia orlature caotiche (per slittamento del terreno, in presenza di argille) con limitate fasce litoranee; il

profilo sommerso è di solito omogeneo a quello subaereo;

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coste alte a terrazzo: corrispondono a superfici tabulari dislocate a differente altezza, risultato di processi abrasivi del

substrato roccioso o di sedimenti gradati in senso verticale ed orizzontale; il profilo della sezione sommersa riproduce il

più delle volte quello subaereo e le profondità' sottocosta sono limitate con una fascia di fondo soggetta al moto

ondoso piuttosto ampia;

coste a fasce litoranee strette: corrispondono a zone costituite da relitti di terrazze o dal deposito dei prodotti della

degradazione dei retrostanti rilievi; di relativa estensione, sono elevate di pochi metri sul mare che le sommerge con

regolarià; presentano un profilo regolare con limitate accentuazioni;

coste basse di pianura: corrispondono all'orlo costiero delle pianure di ampia estensione; la scarsa profondità del mare,

gli apporti o le erosioni, determinano una zona di scambio relativamente estesa in un sistema dove assume notevole

importanza il moto ondoso; il profilo risulta in genere debole sia nella parte emersa che in quella sommersa.

L’area in oggetto non è interessata da aree costiere o litoranee.

3.2 Il sistema della copertura botanico-vegetazionale, colturale e della potenzialità faunistica

Il sistema "copertura botanico-vegetazionale e colturale" si articola nei seguenti componenti e insiemi

1.01 - aree arborate con assetto colturale consolidato

1.02- elementi e insiemi vegetazionali diffusi;

1.03- aree pascolive pedemontane e collinari ed aree ad incolto produttivo e improduttivo;

1.04- aree interessate da attività estrattive dismesse;

1.05- aree boscate o a macchia di recente dismissione e/o degradate;

1.06- aree a bosco (con aree intercluse di uso agricolo): a. bosco ceduo; b. foresta e/o bosco perenne;

1.07- aree a macchia ed a olivastro (con aree ad uso agricolo intercluse), canneti habitat palustre;

1.08- associazioni vegetali rare, aree floristiche e ambienti di interesse biologico-naturalistico;

1.09- parchi e ville extraurbane di rilevante valore testimoniale;

1.10- aree di rilevante e/o potenziale presenza faunistica.

2. Per la variazione degli obiettivi e delle forme di tutela (detrattori e/o accrescitori), il sistema si articola nei seguenti ambiti

territoriali distinti:

2.1- ambiti territoriali a livello omogeneo di vulnerabilità al degrado;

2.2- ambiti territoriali interessati da programmi di forestazione;

2.3- ambiti territoriali interessati da livelli elevati di antropizzazione: 1- con processi in atto; 2- con processi potenziali;

2.4- ambiti di processi potenziali di interesse botanico/vegetazionale: 1- di livello eccezionale; 2- di livello rilevante;

2.5- ambiti territoriali di interesse faunistico (tutela e attività venatoria).

Per il sistema "copertura botanico-vegetazionale e colturale", va perseguita la tutela delle componenti del paesaggio botanico-

vegetazionale di riconosciuto valore scientifico e/o importanza ecologica, economica, di difesa del suolo, e/o di riconosciuta

importanza sia storica sia estetica, presenti sul territorio regionale, prescrivendo per tutti gli ambiti territoriali (art.2.01) sia la

protezione e la conservazione di ogni ambiente di particolare interesse biologico-vegetazionale e delle specie floristiche rare o

in via di estinzione, sia lo sviluppo del patrimonio botanico e vegetazionale autoctono.

negli ambiti territoriali estesi di valore eccezionale ("A", art.2.01), in attuazione degli indirizzi di tutela, per tutti gl i

ambiti territoriali distinti di cui all'art.3.03, va evitato: il danneggiamento delle specie vegetali autoctone, l'introduzione

di specie vegetali estranee e la eliminazione di componenti dell'ecosistema; l'apertura di nuove strade o piste e

l'ampliamento di quelle esistenti; l’attività estrattiva; l'allocazione di discariche o depositi di rifiuti ed ogni insediamento

abitativo o produttivo; la modificazione dell'assetto idrogeologico;

negli ambiti territoriali estesi di valore rilevante ("B" art. 2.01), in attuazione degli indirizzi di tutela, per tutti gli ambiti

territoriali distinti di cui al punto 3 dell'art.3.03, va evitato: l'apertura di nuove cave; la costruzione di nuove strade e

l'ampliamento di quelle esistenti; la allocazione di discariche o depositi di rifiuti; la modificazione dell'assetto

idrogeologico. La possibilità di allocare insediamenti abitativi e produttivi, tralicci e/o antenne, linee aeree, condotte

sotterranee o pensili, ecc., va verificata tramite apposito studio di impatto paesaggistico sul sistema

botanico/vegetazionale con definizione delle eventuali opere di mitigazione;

negli ambiti territoriali estesi di valore distinguibile ("C" dell'art.2.01) e di valore relativo ("D"), in attuazione degli

indirizzi di tutela, tutti gli interventi di trasformazione fisica del territorio e/o insediativi vanno resi compatibili con: la

conservazione degli elementi caratterizzanti il sistema botanico/vegetazionale, la sua ricostituzione, le attività agricole

coerenti con la conservazione del suolo.

3.2.1 A.T.D. Componenti botanico vegetazionali

Le componenti botanico vegetazionali definite dal piano sono:

Boschi e Macchie

Beni Naturalistici

Zone Umide

Aree Protette

3.2.1.1 Bosco

Il P.U.T.T. definisce come bosco:

il bosco il terreno su cui predomina la vegetazione di specie legnose riunite in associazioni spontanee o di origine

artificiale,

la foresta è definita come vasta estensione boschiva di alto fusto,

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la selva è definita come bosco esteso con folto sottobosco in qualunque stato di sviluppo, la cui area di incidenza

proiezione sul terreno della chioma degli alberi, degli arbusti e dei cespugli non sia inferiore al 20%;

i boschi di conifere, quelli di latifoglie e quelli misti;

i boschi decidui e sempreverdi, quelli con copertura chiusa e con copertura aperta;

i boschi governati sia a ceduo che ad alto fusto;

i boschi di origine naturale o da rimboschimento;

I boschi sono individuati dal Piano con elencazioni e rappresentazioni cartografiche. Considerata la scala di elaborazione del

Piano, la rappresentazione cartografica indica schematicamente le loro linee perimetrali.

Ai fini della tutela dei boschi il Piano per le aree esterne ai "territori edificati” individua due differenti regimi di salvaguardia,

relativi a:

a. "area di pertinenza" che viene perimetrata in sede di formazione dei Sottopiani e degli strumenti urbanistici generali, in

loro assenza si assume la indicazione del Piano riportata sulla cartografia dello strumento urbanistico generale;

b. "area annessa", costituita dall'area contermine all'intero contorno dell'area di pertinenza, che viene dimensionata in

funzione della natura e significatività del rapporto esistente tra il bosco o la macchia ed il suo intorno espresso in

termini prevalentemente ambientali (vulnerabilità sia da insediamento sia da dissesto idrogeologico); essa viene

perimetrata in sede di formazione dei Sottopiani e degli strumenti urbanistici generali, in loro assenza si ritiene formata

da una fascia della larghezza costante di 100 metri.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti boschi.

3.2.1.2 Macchia

Il P.U.T.T. definisce "macchia", in modo indifferenziato gli arbusteti e le macchie risultanti sia da situazioni naturalmente

equilibrate sia da degradazione dei boschi.

Il P.U.T.T. considera rispettivamente come "bosco" e "macchia" anche le radure, le soluzioni di continuità e le aree agricole di

superficie inferiore a 10 ettari ad essi interne, e negli stessi marginalmente comprese con almeno i 3/4 del perimetro costituiti

dal bosco o dalla macchia.

Il Piano, inoltre, considera come bosco e macchia anche le aree sottoposte a vincoli di rimboschimento e quelle dei boschi e

delle macchie percorse da incendi.

Il Piano non considera come bosco e macchia:

appezzamenti di terreni che, pur con i requisiti di cui sopra, hanno superficie inferiore a 2.000 metri quadri e distanza da altri

appezzamenti a bosco o a macchia di almeno 300 metri, misurati fra i margini più vicini;

le piantagioni di arboricoltura da legno di origine artificiale, su terreni precedentemente non boscati, ancorché sugli stessi

terreni siano presenti soggetti arborei di origine naturale la cui area di incidenza non superi il 20% della superficie.

Le macchie sono individuati dal Piano con elencazioni e rappresentazioni cartografiche. Considerata la scala di elaborazione del

Piano, la rappresentazione cartografica indica schematicamente le loro linee perimetrali.

Ai fini della tutela delle macchie valgono gli stessi regimi di tutela dei boschi.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti macchie.

3.2.1.3 Beni Naturalistici

Il Piano considera come "beni naturalistici", nell'ambito delle componenti botanico-vegetazionali-faunistiche del sistema

territoriale, i siti costituenti: le "zone di riserva" (amministrazione statale), i "biotopi e siti di riconosciuto rilevante valore

scientifico naturalistico sia floristico sia faunistico", i "parchi regionali e comunali".

Decreti Galasso

Rappresentano le aree tutelate dalla Legge n. 431, 8 agosto 1985 e s.m.i., nota come Legge Galasso che imponeva una serie di

tutele sui beni paesaggistici e ambientali.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti aree vincolate dai Dereti Galassini.

Riserve Naturali

Le riserve naturali regionali sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie

naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità

biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche.

Le riserve naturali possono essere:

integrali, per la conservazione dell'ambiente naturale nella sua integrità riguardo alla flora, alla fauna, alle rocce, alle

acque, alle cavità del sottosuolo, con l'ammissione di soli interventi a scopo scientifico;

orientate, per la conservazione dell'ambiente naturale nel quale sono consentiti interventi di sperimentazione ecologica

attiva, ivi compresi quelli rivolti al restauro o alla ricostituzione di ambienti e di equilibri naturali degradati;

biogenetica per la conservazione di un ecosistema idoneo per la produzione e la successiva raccolta di semi da

destinare a nuovi rimboschimenti ed a studi di carattere genetico;

forestale di protezione con la funzione di riserva di rimboschimento per la protezione dall’erosione esercitata dai venti.

Zone ad amministrazione Statale

Sono quelle aree naturali protette amministrate dallo Stato.

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Nell’area in esame non sono presenti zone ad amministrazione statale

Biotopi e siti di Interesse Naturalistico

I biotopi costituiscono l’unità di ambiente fisico in cui vivono più popolazioni di organismi animali o vegetali indicati come

biocenosi che interagiscono tra loro per costituire un ecosistema. I biotipi sono definiti dalla L.R. n.19 del 24/07/1997 come

porzioni di territorio che costituiscono un’entità ecologica di rilevante interesse per la conservazione della natura.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti A.T.D. Biotopi.

Parchi

Ai sensi della Legge 394/1991, art. 2, comma 1 I Parchi Nazionali “sono costituiti da aree terrestri, marine, fluviali, o lacustri che

contengano uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche,

geologiche, geomorfologiche, biologiche, di interesse nazionale od internazionale per valori naturalistici, scientifici, culturali,

estetici, educativi e ricreativi tali da giustificare l'intervento dello Stato per la loro conservazione".

I parchi naturali regionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali lacuali ed eventualmente da tratti di mare prospicienti la

costa, di valore naturalistico e ambientale, che costituiscono, nell'ambito di una o più regioni limitrofe, un sistema omogeneo

individuato dagli assetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali.

Costituiscono il patrimonio naturale della Regione le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, con

eccezionale o rilevante valore naturalistico e paesaggistico, oltre a quelle che risultano già comprese nelle riserve o nei parchi

nazionali di cui alle leggi n. 448/1976 (Convenzione zone umide, Ramsar), n.979/1982 (Disposizioni per la difesa del mare), n.

394/1991 (Legge quadro sulle aree protette), quelle che sono state e saranno individuate come aree naturali protette dalla l.r.

n.19/97 "norme per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette nella Regione Puglia", ed i siti di importanza

comunitaria e le zone di protezione speciali, individuati ai sensi delle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE (Decreto Ministero

dell'Ambiente 65/03.04.2000; suppl. GU 95/22.04.2000).

L’area oggetto di studio non rientra in area parchi.

3.2.1.4 Zone Umide

Si tratta di aree acquitrinose, paludi, torbiere oppure zone naturali o artificiali d'acqua, permanenti o transitorie comprese

zone di acqua marina la cui profondità, quando c'è bassa marea, non superi i sei metri.

La Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, è stata firmata

nel corso della “Conferenza Internazionale sulla Conservazione delle Zone Umide e sugli Uccelli Acquatici” a Ramsar, in Iran, il 2

febbraio 1971.

L'evento internazionale determina un'autorevole svolta nella cooperazione internazionale per la protezione degli habitat,

riconoscendo l'importanza ed il valore delle zone denominate "umide", ecosistemi con altissimo grado di biodiversità, habitat

vitale per gli uccelli acquatici.

La Convenzione di Ramsar è stata ratificata e resa esecutiva dall'Italia con il DPR 13 marzo 1976, n. 448, e con il successivo DPR

11 febbraio 1987, n. 184.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti A.T.D. Zone umide.

3.2.1.5 Aree Protette

Il Piano considera come "aree protette" le zone faunistiche definite dalla l.r. n.10/84 come "oasi di protezione", "zone di

ripopolamento e cattura", "zone umide", e quelle definite come: riserva naturale orientata, riserva naturale integrale, riserva

naturale biogenetica, riserva naturale forestale di protezione.

Oasi di Protezione

Le Oasi di Protezione sono zone faunistiche definite dalla L.R. n. 10/84 sono considerate “aree protette” dal P.U.T.T./p e

vengono gestite dalle Province. (Bollettino Ufficiale della Regione Puglia - n. 82 del 2/8/1999 pag. 4663.) Tali aree devono

assolvere il compito di rifugio, sosta e riproduzione della fauna selvatica ed in particolare per quella migratrice.

Queste aree sono distribuite sul territorio in punti strategici come ad esempio lungo le principali rotte di migrazione.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti A.T.D. “oasi di protezione”.

Zone di ripopolamento e cattura

Le zone di ripopolamento e cattura, gestite dalle Province, sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato

naturale ed alla cattura della stessa da utilizzare per l’immissione sul territorio cacciabile o in altri ambiti protetti.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti A.T.D. “zone di ripopolamento e cattura”.

Centri Pubblici di riproduzione di fauna selvatica o selvaggina

Il disposto della L.R. 27/98 art. 13 finalizza i Centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale alla

ricostituzione delle popolazioni autoctone. La Provincia, Ente delegato alla gestione, può assolvere a tale compito in una

duplice forma, considerando questi istituti come frazioni di territorio entro cui attuare iniziative di immissioni di selvatici a fini

di reintroduzioni, oppure destinandoli, in fase sperimentale di studio e ricerca, alla produzione naturale di fauna selvatica per

poi catturarla ed immetterla in altri territori. Detti istituti sono individuati, data la loro funzione di studio, ricerca e

sperimentazione, in parti di territorio delle Zone di ripopolamento e cattura e zone demaniali.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti A.T.D. zone di “centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica o selvaggina”.

Centri Privati di riproduzione di fauna selvatica o selvaggina

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I Centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, a gestione privata e organizzati in forma di Azienda

Agricola singola, consortile o cooperativa, hanno la funzione di riprodurre fauna selvatica allo stato naturale e sono soggetti a

tassa di concessione regionale.

In detti istituti è vietata l’attività venatoria ed è consentita la cattura di fauna allevata appartenente a specie cacciabile da

parte del titolare dell’impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate. La vendita e l’utilizzo

degli esemplari prodotti dovrà riguardare le attività di ripopolamento, reintroduzioni ed attività cinofile.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti A.T.D. “centri privati di riproduzione di fauna selvatica o selvaggina”.

Zone addestramento cani

Sono delle aree adibite alle attività cinofile cioè quelle aree adibite all’allenamento ed e addestramento del cane.

L’addestramento è attività più impegnativa e complessa, che mira ad impartire al cane una educazione venatoria. Questa

attività è svolta suddividendo la stessa in due fasi. La prima che esclude l’abbattimento e quindi l’addestramento è svolto in

zone definite di tipo A in presenza di fauna anche immessa per tutto il periodo dell’anno. L’estensione di dette zone è

ricompresa tra 100 e 1000 ha.

La seconda fase recupero e riporto dopo l’abbattimento, in zone di tipo B con immissione di fauna allevata in batteria della

specie Quaglia-Fagiano-Starna e per tutto l’anno. L’estensione di dette zone non possono superare i cento ettari.

Le estensioni delle zone di tipo A e di tipo B sono definite con la Legge Regionale mentre, per la loro gestione privatistica, il

computo del territorio agro-silvo-pastorale ad esse destinate nella misura globale del 4% è inserito nel 15% di quello regionale.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti A.T.D. “zona addestramento cani”.

Bandite di caccia

Le bandite di caccia sono delle aree protette destinate al ripopolamento delle specie o comunque vietate alla caccia

programmata ai sensi dell’art. 9 comma 3 L.R. 27/98.

In riferimento al territorio agro-silvo-pastorale regionale le aree protette e comunque vietate all’attività venatoria per effetto

di altre leggi o disposizioni, hanno una estensione pari a 25,51%.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti A.T.D. “bandite di caccia”.

Aziende faunistico venatorie

Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale massima globale del 10% alla gestione privata

della caccia e precisamente il 5% ad aziende faunistico-venatorie. Le aziende faunistico-venatorie non possono avere una

superficie inferiore ai 100 Ha per le vallive e di 300 Ha per le altre e non superiore a 1500 Ha.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti “aziende faunistico venatorie”.

Zone a gestione sociale

All’inizio degli anni ’80 alcune regioni emanarono leggi che prevedevano l’istituzione sul territorio delle province di aree a

gestione sociale della caccia ovvero aree in cui viene affidato ai cacciatori la gestione attiva di alcune specie di selvaggina. Tali

aree hanno una estensione limitata corrispondenti ad una percentuale dell’estensione territoriale di ciascuna provincia.

Nelle aree a gestione sociale della caccia meglio venivano effettuati regolari censimenti delle popolazioni di piccola selvaggina

ed erano formulati piani d’abbattimento, ripartiti tra i cacciatori soci.

Su indicazione delle Province con riferimento ai Piani faunistico-venatori Provinciali, vengono istituiti gli Ambiti Territoriali di

Caccia ai sensi dell’art. 14 comma 1 L.R. 27/98.

Modalità, termini e criteri di gestione degli A.T.C. sono riportati nel regolamento regionale (REGOLAMENTO REGIONALE 18

ottobre 2004, n. 4 "Modifiche al Regolamento Regionale 5 agosto 1999, n. 3: "Ambiti Territoriali di Caccia (ATC)") in cui sono

riportati e definiti i compiti delle Province riguardanti la gestione dell’attività venatoria nel rispetto delle vigenti norme e quelli

dei Comitati di Gestione riguardanti esclusivamente la gestione del territorio per fini faunistico-venatori, o altri compiti loro

assegnati.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti zone a gestione sociale.

3.2.1.6 Beni diffusi nel paesaggio agrario

Il Piano riconosce come “beni diffusi nel paesaggio agrario" quelli corrispondenti a:

piante isolate o a gruppi, sparse, di rilevante importanza per età, dimensione, significato scientifico, testimonianza

storica;

alberature stradali e poderali;

pareti a secco, con relative siepi, delle divisioni dei campi in pianura e dei terrazzamenti in collina, delle delimitazioni

delle sedi stradali.

Nell’area non sono presenti in elenchi o cartografia del Piano beni diffusi del paesaggio agrario.

3.3 Il sistema della stratificazione storica dell'organizzazione insediativa

Il sistema "stratificazione storica dell'organizzazione insediativa" si articola nei seguenti componenti e insiemi:

itinerari di significato storico;

luoghi della memoria storica e della leggenda;

percorsi della transumanza e tratturi;

ambiti circoscritti di addensate presenze archeologiche;

elementi e insiemi archeologici isolati:

a. di elevata consistenza;

b. di media consistenza

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c. di bassa consistenza;

aree archeologiche:

a. di eccezionale valore testimoniale e/o consistenza;

b. di rilevante valore testimoniale e/o media consistenza;

c. di relativo valore testimoniale e/o bassa consistenza;

centri e nuclei di antico impianto con ruolo paesaggistico rilevante;

complessi di edifici e manufatti di interesse storico-ambientale:

a. castelli, torri e fortificazioni;

b. complessi civili e religiosi;

c. edifici religiosi e edicole;

d. masserie ed edifici rurali;

e. ville extraurbane;

f. ipogei della civiltà rupestre;

ambiti circoscritti di addensamento di complessi ed edifici rurali caratterizzati da forme colturali tradizionali

consolidate;

edifici e manufatti di archeologia industriale;

tracciati corrispondenti alle strade consolari;

tracciati stradali di permanenza del sistema viario storicamente consolidato;

strade e luoghi panoramici;

Per la variazione degli obiettivi e delle forme di tutela, si articola nei seguenti ambiti territoriali distinti:

ambiti territoriali caratterizzati da un assetto insediativo storicamente considerato vulnerabile per tendenze, in atto o

potenziali, di trasformazioni fisiche e d'uso improprie;

ambiti territoriali caratterizzati da un assetto insediativo storicamente considerato vulnerabile per le tendenze, in atto o

potenziali, all'abbandono;

ambiti territoriali caratterizzati da un assetto insediativo storicamente considerato vulnerabile per le tendenze, in atto o

potenziali, al degrado idrogeologico e ambientale.

Per il sistema "stratificazione storica dell'organizzazione insediativa", va perseguita la tutela dei beni storico-culturali di

riconosciuto valore e/o di riconosciuto ruolo negli assetti paesaggistici del territorio regionale, individuando per tutti gli ambiti

territoriali (art.2.01) i modi per perseguire sia la conservazione dei beni stessi, sia la loro appropriata fruizione/utilizzazione, sia

la salvaguardia/ripristino del contesto in cui sono inseriti.

Va, inoltre, prescritto:

negli ambiti territoriali estesi di valore eccezionale ("A"dell'art.2.01) e di valore rilevante ("B"), in attuazione degli

indirizzi di tutela, per tutti gli ambiti territoriali distinti di cui all'art.3.04, va evitata ogni alterazione della integrità

visuale e va perseguita la riqualificazione del contesto;

negli ambiti territoriali estesi di valore distinguibile ("C" dell'art.2.01) e di valore relativo ("D"), in attuazione degli

indirizzi di tutela, per tutti gli ambiti territoriali distinti di cui all'art.3.04, va evitata ogni destinazione d'uso non

compatibile con le finalità di salvaguardia e, di contro, vanno individuati i modi per innescare processi di corretto

riutilizzo e valorizzazione.

3.3.1 A.T.D. del sistema della stratificazione storica dell'organizzazione insediativa:

Il sistema della stratificazione storica e dell’organizzazione insediativa è costituita da:

Zone archeologiche

Beni architettonici extraurbani

Paesaggio agrario e usi civici

Punti panoramici

3.3.1.1 Zone archeologiche (Vincolo Archeologico)

Il Piano definisce "zone archeologiche" i beni culturali archeologici vincolati e quelli segnalati, di riconosciuto rilevante

interesse scientifico, ai sensi del titolo I del D.vo n.490/1999.

Le zone archeologiche sono individuate dal Piano con elencazioni e rappresentazioni cartografiche. Ai fini della tutela delle

zone archeologiche e della applicazione delle prescrizioni di base, il Piano per le aree esterne ai "territori costruiti", individua

due differenti regimi di salvaguardia, relativi a:

a. "area di pertinenza", costituita dall'area direttamente impegnata dal bene archeologico; essa viene perimetrata in sede

di formazione dei Sottopiani e degli strumenti urbanistici generali, in loro assenza si assume la indicazione di Piano

riportata sulla cartografia dello strumento urbanistico generale;

b. "area annessa", costituita dall'area contermine all'intero contorno dell'area di pertinenza, che viene dimensionata in

funzione della natura e significativita' del rapporto esistente tra il bene archeologico ed il suo intorno espresso in

termini sia ambientali (vulnerabilita' da insediamento e da dissesto), sia di contiguità e di integrazione delle forme d'uso

e di fruizione visiva; essa viene perimetrata in sede di formazione dei sottopiani e degli strumenti urbanistici generali, in

loro assenza si ritiene formata da una fascia delle larghezza costante di 100 metri.

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Nell'"area di pertinenza", si applicano le seguenti prescrizioni di base:

non sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi comportanti:

ogni trasformazione del sito eccettuate le attività inerenti lo studio, la valorizzazione e la protezione dei reperti

archeologici, e la normale utilizzazione agricola dei terreni;

escavazioni ed estrazioni di materiali e l'aratura profonda (maggiore di 50 centimetri);

discarica di rifiuti e di materiali di ogni tipo;

sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi che, sulla base di specificazioni di dettaglio che evidenzino particolare

considerazione per la tutela dei reperti archeologici e per l'assetto ambientale dei luoghi, comportino le sole seguenti

trasformazioni:

mantenimento e ristrutturazione di manufatti edilizi ed attrezzature per attività connesse con i reperti arheologici

(sorveglianza, protezione, ricerca scientifica, attività culturali e del tempo libero); costruzione di nuovi manufatti a

tale destinazione sono ammesse (in conformita' delle prescrizioni urbanistiche) se localizzate in modo da evitare

compromissioni alla tutela e valorizzazione dei reperti;

infrastrutture a rete fuori terra e, per quelle interrate, se posizione e disposizione planimetrica non

compromettano la tutela e la valorizzazione dei reperti.

Nell'"area annessa", si applicano le seguenti prescrizioni di base:

non sono autorizzabili piani e/o progetti comportanti nuovi insediamenti residenziali o produttivi;

non sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi comportanti trasformazioni che compromettano la morfologia ed i

caratteri d'uso del suolo (salvo quelli di recupero e ripristino ambientale) con riferimento al rapporto paesistico-

ambientale esistente tra le presenze archeologiche ed il loro intorno diretto; più in particolare non sono autorizzabili:

le arature profonde ed i movimenti di terra che alterino in modo sostanziale e/o stabilmente la morfologia del sito,

fatta eccezione per le opere strettamente connesse con la difesa idrogeologica e relativi interventi di mitigazione

degli impatti ambientali da questi indotti;

le attività estrattive, ad eccezione dell'ampliamento, per quantita' comunque contenute, di cave attive, se

funzionali (sulla base di specifico progetto) al ripristino e/o adeguata sistemazione ambientale finale dei luoghi;

la discarica di rifiuti solidi, compresi i materiali derivanti da demolizioni o riporti di terreni naturali ed inerti, ad

eccezione dei casi in cui cio' sia finalizzato (sulla base dispecifico progetto) al risanamento e/o adeguata

istemazione ambientale congruente con la morfologia dei luoghi;

la costruzione di impianti e infrastrutture di depurazione ed immissione dei reflui e di captazione o di accumulo

delle acque ad ecceione degli interventi di manutenzione e delle opere integrative di adeguamento funzionale e

tecnologico di quelle esistenti;

sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi che, sulla base di specificazioni di dettaglio che evidenzino particolare

considerazione dell'assetto paesistico-ambientale dei luoghi, comportino le sole seguenti trasformazioni (nel rispetto

delle prescrizioni urbanistiche):

recupero, compresa la ristrutturazione (con esclusione della demolizione totale dell'involucro esterno), di

manufatti edilizi legittimamente esistenti, anche con cambio di destinazione;

integrazione di manufatti legittimamente esistenti per una volumetria aggiuntiva non superiore al 20% se

destinata al miglioramento della dotazione di servizi;

la superficie ricadente nell' "area annessa" puo' comunque essere utilizzata ed accorpata, ai fini del computo della

cubatura edificabile e dell'area minima di pertinenza, in aree contigue;

sono autorizzabili piani e/o progetti e interventi che, sulla base di specificazioni di dettaglio che evidenzino particolare

considerazione dell' assetto paesistico-ambientale dei luoghi, prevedano la formazione di:

aree a verde attrezzato ed a parcheggio;

infrastrutturazione viaria e tecnologica senza significative modificazioni del sito;

ordinaria utilizzazione agricola del suolo.

L’area in esame non è interessata da Vincoli Archeologici.

3.3.1.2 Beni architettonici extraurbani (Vincolo Architettonico)

Il Piano definisce "beni architettonici extraurbani" le opere di architettura vincolate come "beni culturali" ai sensi del titolo I del

D.vo n.490/1999 e le opere di architettura segnalate, di riconosciuto rilevante interesse storico-architettonico-paesaggistico,

esterne ai "territori costruiti".

I beni architettonici extraurbani sono individuati dal Piano con elencazioni e rappresentazioni cartografiche: considerata la

scala di elaborazione del Piano, la rappresentazione cartografica indica la sola localizzazione del bene.

Il controllo di tali elenchi e individuazioni, con conseguenti eventuali modificazioni/integrazioni, è prescritto in sede di

formazione dei sottopiani e degli strumenti urbanistici generali.

Ai fini della tutela dei beni architettonici si applicano le stesse prescrizioni, per le “aree di pertinenza” e per le “aree annesse”,

che si applicano per i beni archeologici.

L’area in esame non è interessata da Vincoli Architettonici.

Segnalazioni Architettoniche e Segnalazioni Archeologiche

Le segnalazioni achitettoniche ed acheologiche sono tutti quei beni archeologici e architettonici di riconosciuto rilevante

interesse, ma non ancora oggetto in via procedurale di alcuna forma di vincolo.

L’area in esame non rientra tra le segnalazioni archeologiche o architettoniche.

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3.3.1.3 Paesaggio agrario e usi civici

Il Piano riconosce come "paesaggio agrario" di interesse storico-culturale sia quello dei siti ove permangono i segni della

stratificazione storica dell'organizzazione sociale (usi civici), insediativa (edificazione, infrastrutturazione) e delle tecniche di

conduzione agricola, sia quello dei siti che costituiscono il contesto di riferimento visuale e formale dei centri storici (centri

collinari e/ o di versante, centri sul mare).

Gli “usi civici" sono i diritti spettanti a una collettività (e ai suoi componenti), organizzata e insediata su un territorio, il cui

contenuto consiste nel trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque.

La norma di riferimento è costituita principalmente, dalla Legge dello Stato 16/6/1927, n. 1766 e dal relativo Regolamento di

attuazione 26/2/1928, n. 332; inoltre, dalle successive norme (nazionali e regionali) in materia di usi civici. La Legge n. 1766

indica due diverse tipologie di diritti che possono fare capo ad una popolazione: i diritti di uso e godimento su terre di

proprietà privata; il dominio collettivo su terre proprie. I primi sono soggetti a liquidazione. I secondi con destinazione silvo-

pastorale sono sottoposti alla normativa di tutela dell’ambiente e del paesaggio, mentre quelli a vocazione agraria sono

destinati alla privatizzazione.

Il P.U.T.T. ha censito le "presenze" delle aree sottoposte ad usi civici nei singoli fogli catastali; ha censito, in parte, i siti del

"paesaggio agrario": il controllo, il completamento e la verifica di detti censimenti sono rinviati ai Sottopiani ed agli strumenti

urbanistici generali.

Ai fini della tutela delle aree gravate da usi civici, per quelle confermate dai Comuni ai sensi del 1°comma dell'art.9 della L.R.

n.7/28.01.98 e succ.mod., il Piano individua due regimi:

il primo, per le "terre private gravate", attraverso la applicazione deli indirizzi di tutela di cui al punto 1.4 dell'art.2.02;

il secondo, per le "terre di demanio civico", attraverso la applicazione degli indirizzi di tutela di cui al punto 1.3

dell'art.2.02 e delle direttive di tutela di cui al punto 4.2 dell'art.3.05.

Ai fini della tutela dei paesaggi agrari (escluse le aree del punto che precede), il Piano individua un unico regime di

salvaguardia, basato sulla applicazione degli indirizzi di tutela di cui al punto 1.3 dell'art. 2.02 del P.U.T.T./p e le direttive di

tutela di cui al punto 4.2 dell' art.3.05 del P.U.T.T./p.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti terre gravate da “usi civici”.

Tratturi

Il tratturo è una larga strada erbosa o in terra battuta a fondo naturale formatasi per effetto del passaggio degli “armenti"

(Branco di grossi animali domestici, cavalli o buoi).

Con il D.P.R. del 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) lo Stato

trasferisce il patrimonio armentizio alle Regioni.

La prima normativa regionale in materia di tratturi era la L.R. 67/80 (Norme per l'esercizio delle funzioni amministrative

relative al demanio armentizio e ai beni della soppressa opera nazionale per i combattenti) successivamente modificata dalla

L.R. 5/85 (Adozione degli elenchi dei beni dell’Opera Nazionale per i Combattenti) che prevedeva l’adozione di due elenchi in

cui erano inseriti rispettivamente i tratturi da conservare in quanto necessari alle esigenze dell’industria armentizia o alle

esigenze di uso pubblico e i tratturi di cui consentire la vendita secondo ordine di priorità.

Il D.M. 22/12/1983 riconosce i Tratturi di Puglia come bene di notevole interesse storico ed archeologico quindi da sottoporre

a vincolo ai sensi della legge del 1° giugno 1939 n. 1089.

Tale decreto dava la facoltà ai Comuni perimetrare definitivamente i tratturi e di redigere un “Piano Comunale dei Tratturi” da

sottoporre all’approvazione della Soprintendenza.

La Legge Regionale del 23 dicembre 2003 n.29 prevede l’individuazione e la perimetrazione da parte dei Comuni dei:

a) tronchi armentizi che conservano l’originaria consistenza o che possono essere alla stessa reintegrati, nonché la loro

destinazione in ordine alle possibilità di fruizione turistico-culturale;

b) tronchi armentizi idonei a soddisfare riconosciute esigenze di carattere pubblico, particolare riguardo a quella di strada

ordinaria;

c) tronchi armentizi che hanno subìto permanenti alterazioni, anche di natura edilizia.

I tronchi armentizi di cui alla lettera a) sono quelli da tutelare e quindi quelli che andranno a far parte del “Parco Regionale dei

Tratturi”.

Ai fini della tutela delle zone archeologiche e della applicazione delle prescrizioni di base, il Piano -per le aree esterne ai

"territori costruiti", individua due differenti regimi di salvaguardia, relativi a:

a) "area di pertinenza", costituita dall'area direttamente impegnata dal bene archeologico; essa viene perimetrata in sede

di formazione dei Sottopiani e degli strumenti urbanistici generali, in loro assenza si assume la indicazione di Piano

riportata sulla cartografia dello strumento urbanistico generale;

b) "area annessa", costituita dall'area contermine all'intero contorno dell'area di pertinenza, che viene dimensionata in

funzione della natura e significativita' del rapporto esistente tra il bene archeologico ed il suo intorno espresso in

termini sia ambientali (vulnerabilita' da insediamento e da dissesto), sia di contiguita' e di integrazione delle forme d'uso

e di fruizione visiva; essa viene perimetrata in sede di formazione dei sottopiani e degli strumenti urbanistici generali, in

loro assenza si ritiene formata da una fascia delle larghezza costante di 100 metri.

Nell’area oggettodi studio non sono presenti tratturi Tratturi.

Vincoli Ex Legge 1497/39

Rappresentano le aree che sono state tutelate per il loro notevole interesse pubblico dalla Legge 29 giugno 1939, n. 1497

("Protezione delle bellezze naturali")

Tali aree comprendono:

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1) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica;

2) le ville, i giardini e i parchi che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose d'interesse artistico o storico, si

distiguono per la loro non comune bellezza;

3) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale;

4) le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al

pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti A.T.D. ex legge 1497/39.

Zona Trulli

I trulli sono antiche costruzioni rurali con tetto di forma conica realizzati posando a secco le lastre di pietra calcarea,

localmente chiamate chiancarelle.

La Regione Puglia cura la valorizzazione e la salvaguardia dell' ambiente paesistico, storico, artistico e culturale dei trulli di

Alberobello nel quadro dello sviluppo turistico e generale dell' assetto territoriale della Regione Puglia con la Legge del

consiglio della Regione Puglia n.72 del 26/11/1979 (Tutela dell' ambiente naturale e culturale caratteristico della Regione

Puglia. Valorizzazione salvaguardia e destinazione d' uso dei trulli di Alberobello. Intervento urgente).

La zona dei trulli e delle località boscose site nel territorio di Alberobello essendo di notevole interesse pubblico sono

sottoposte alle disposizioni della legge 29- 6- 1939, n. 1497.

L’area in esame non è interessata da A.T.D. “Zona Trulli”.

Aree Connesse

Le aree connesse sono le aree contermini paesaggisticamente e funzionalmente connesse alle aree da tutelare.

Nell’area oggetto di studio non sono presenti “aree connesse”.

CARTOGRAFIA TEMATICA REGIONALE (PUTT)

Sistema dell'assetto geologico, geomorfologico, idrogeologico sistema della stratificazione storica dell'organizzazione insediativa

TIPO DI VINCOLO NOTE DI

SPECIFICAZIONE

TIPO DI VINCOLO NOTE DI

SPECIFICAZIONE

Corsi d’acqua NO Segnalazioni Archeologiche NO

Vincoli Idrogeologici NO Segnalazioni Architettoniche NO

Bacini idrici NO Tratturi NO

Catasto grotte NO Usi civici NO

Vincoli archeologici NO

Vincoli Architettonici NO

Vincoli Ex Legge 1497/39 (Protezione delle bellezze naturali)

NO

Zona Trulli NO

Sistema della copertura botanico - vegetazionale, colturale e della potenzialità faunistica

TIPO DI VINCOLO NOTE DI

SPECIFICAZIONE

TIPO DI VINCOLO NOTE DI

SPECIFICAZIONE

Parchi NO Bosco NO

Oasi di protezione NO Macchia NO

Zone di ripopolamento e cattura NO Bandite di caccia NO

Zone a gestione sociale NO Biotipi e Siti di Interesse Naturalistico NO

Centri privati produzione selvaggina NO Zone ad amministrazione statale NO

Centri pubblici produzione selvaggina NO Aree connesse NO

Zone addestramento cani NO Zone umide NO

Aziende faunistico venatorie NO

Decreti Galasso NO Ambiti territoriali estesi E

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Piano Paesaggistico Territoriale Regione Puglia (P.P.T.R)

Il PPTR persegue le finalità di tutela e valorizzazione, nonché di recupero e riqualificazione dei paesaggi di Puglia, in attuazione

dell'art. 1 della L.R. 7 ottobre 2009, n. 20 “Norme per la pianificazione paesaggistica” e del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42

“Codice dei beni culturali e del Paesaggio” e s.m.i., nonché in coerenza con le attribuzioni di cui all'articolo 117 della

Costituzione, e conformemente ai principi di cui all'articolo 9 della Costituzione ed alla Convenzione Europea sul Paesaggio

adottata a Firenze il 20 ottobre 2000, ratificata con L. 9 gennaio 2006, n. 14.

Il PPTR persegue, in particolare, la promozione e la realizzazione di uno sviluppo socio-economico autosostenibile e durevole e

di un uso consapevole del territorio regionale, anche attraverso la conservazione ed il recupero degli aspetti e dei caratteri

peculiari dell’identità sociale, culturale e ambientale, la tutela della biodiversità, la realizzazione di nuovi valori paesaggistici

integrati, coerenti e rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità. (Attualmente nella Regione Puglia è vigente il Piano

Urbanistico Territoriale Tematico per il Paesaggio (P.U.T.T./P.) approvato con delibera Giunta Regionale n° 1748 del 15

Dicembre 2000.)

L’Articolo 4 del richiamato decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 stabilisce che le funzioni di tutela del patrimonio culturale

dello Stato sono attribuite al Ministero per i Beni e le Attività Culturali che può conferire l'esercizio di tutela alle regioni tramite

forme di intesa e coordinamento.

Con D.G. n. 1435 del 2 agosto 2013 la Regione Puglia ha adottato il nuovo piano paesaggistico (PPTR) che in attesa della

definitiva approvazione continua a trovare applicazione il PUTT/p e contestualmente vigono le norme di salvaguardia di cui

all’art 105 delle NTA dell’adottato PPTR.”

L’Art. 106 delle N.T.A. del P.P.T.R. “Disposizioni transitorie” stabilisce che

“8. Dalla data di approvazione del PPTR cessa di avere efficacia il PUIT/P e perdura la delimitazione degli ATE di cui al PUTT/P esclusivamente al fine di

conservare efficacia agli atti normativi, regolamentari e amministrativi generali vigenti nelle parti in cui ad essi specificamente si riferiscono, sino

all'adeguamento di detti atti al PPTR”.

L’adozione del PPTR non fa venir meno la vigenza del PUTT, che cesserà di avere efficacia solo con l’approvazione definitiva del

PPTR. Resta inteso però che nel caso un progetto sia conforme al PPTR e non al PUTT/P l’istanza va rigettata in quanto il

PUTT/P è lo strumento cui comunque attenersi anche se lo stesso è solo adottato e non approvato.

“Ai sensi del Comma 6 dell’art 106 (come modificato dalla DGR 2022/2013), nei “territori costruiti” legittimamente identificati, ai sensi dell’art 1.03 commi 5 e 6

del PUTT/P, trovano applicazione esclusivamente gli obiettivi di qualità paesaggistica e territoriale del Relativo Ambito Pae saggistico interessato, nonché le

linee guida indicate all’art 79 co. 1.3. In caso di aree escluse ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 142 del Codice la normativa non si applica”.

“3. Le disposizioni normative del PPTR individuano i livelli minimi di tutela dei paesaggi della regione. Eventuali disposizioni più restrittive contenute in piani,

programmi e progetti di cui al comma 2 sono da ritenersi attuative del PPTR, previa acquisizione del parere di compatibilità paesaggistica di cui all'art. 96 volto

alla verifica di coerenza rispetto alla disciplina del PPTR”.

Il territorio regionale, in coerenza con il Codice dei beni culturali e del paesaggio, è articolato in undici ambiti paesaggistici, che

sono stati individuati attraverso la valutazione integrata di una pluralità di fattori quali:

la conformazione storica delle regioni geografiche;

i caratteri dell’assetto idrogeomorfologico;

i caratteri ambientali ed ecosistemici;

le tipologie insediative: città, reti di città infrastrutture, strutture agrarie;

l’insieme delle figure territoriali costitutive dei caratteri morfotipologici dei paesaggi;

l’articolazione delle identità percettive dei paesaggi.

Ogni ambito paesaggistico, rappresentato sinteticamente con schemi, è articolato in figure territoriali che rappresentano le

unità minime paesistiche. L’insieme delle figure territoriali definisce l’identità territoriale e paesaggistica dell’ambito dal punto

di vista dell’interpretazione strutturale. In ogni ambito paesaggistico le figure territoriali e le relative invarianti strutturali

comprendono al loro interno e connettono in forma sistemica i beni paesaggistici, i beni culturali, i contesti topografici

stratificati e i contesti di paesaggio presenti nella figura stessa.

Per “figura territoriale” si intende una entità territoriale riconoscibile per la specificità dei caratteri morfotipologici che

persistono nel processo storico di stratificazione di diversi cicli di territorializzazione.

SCHEMA DEGLI AMBITI E DELLE FIGURE DEL P.P.T.R.

REGIONI GEOGRAFICHE STORICHE AMBITI DI PAESAGGIO FIGURE TERRITORIALI E PAESAGGISTICHE (UNITÀ MINIME DI PAESAGGIO)

Gargano (1° livello) Gargano

Sistema ad anfiteatro dei laghi di Lesina e Varano

L’Altopiano carsico

La costa alta del Gargano

La Foresta umbra

L’Altopiano di Manfredonia

Subappennino (1° livello) Sub Appennino Dauno

La bassa valle del Fortore e il sistema dunale

La media valle del Fortore e la diga di Occhito

Il Subappennino settentrionale

Il Subappennino meridionale

Puglia grande (tavoliere 2° liv) Tavoliere

La piana foggiana della riforma

Il mosaico di San Severo

Il mosaico di Cerignola

Le saline di Margherita di Savoia

Lucera e le serre del subappennino

Le Marane (Ascoli Satriano)

Puglia grande (Ofanto 2° liv/ BaMiCa) Ofanto

La Bassa Valle dell’Ofanto

La Media Valle dell’Ofanto

La Valle del torrente Locone

Puglia grande (costa olivicola 2°liv – conca di Bari 2° liv) Puglia centrale

La piana olivicola del nord barese

La conca di Bari ed il sistema radiale delle lame

Il sud-est barese ed il paesaggio del frutteto

Puglia grande (Murgia alta 2° liv) Alta Murgia L’Altopiano murgiano

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SCHEMA DEGLI AMBITI E DELLE FIGURE DEL P.P.T.R.

REGIONI GEOGRAFICHE STORICHE AMBITI DI PAESAGGIO FIGURE TERRITORIALI E PAESAGGISTICHE (UNITÀ MINIME DI PAESAGGIO)

La Fossa Bradanica

La sella di Gioia

Valle d’Itria (1 livello) Murgia dei trulli

La Valle d’Itria (confine comunale Martina Franca, Locorotondo, Alberobello, Cisternino)

La piana degli uliveti secolari

Boschi di fragno della Murgia bassa

Puglia grande (arco Jonico 2° liv) Arco Jonico tarantino

L’anfiteatro e la piana tarantina

Il paesaggio delle gravine ioniche

Puglia grande (piana brindisina 2°liv.) La piana brindisina La campagna irrigua della piana brindisina

Puglia grande Salento (piana di Lecce 2° liv) Tavoliere salentino

La campagna leccese del ristretto e il sistema di ville suburbane

Il paesaggio del vigneto d’eccellenza

Il paesaggio costiero profondo da S. Cataldo agli Alimini

La campagna a mosaico del Salento centrale

Nardò e le ville storiche delle Cenate

Il paesaggio dunale costiero ionico

La Murgia salentina

Nardò e le ville storiche delle cenate

Salento meridionale (1° liv) Salento delle Serre

Le serre ioniche

La costa alta da Otranto a S.M. di Leuca

La campagna olivetata delle “pietre” nel Salento sud orientale

Il Bosco del Belvedere

A ciascun ambito corrisponde la relativa scheda nella quale, ai sensi dell’art. 135, commi 2, 3 e 4, del Codice, sono individuate

le caratteristiche paesaggistiche dell'ambito di riferimento, gli obiettivi di qualità paesaggistica e le specifiche normative d’uso.

Ognuna delle 11 Schede degli Ambiti Paesaggistici è articolata in 3 sezioni:

Sezione A: Descrizioni strutturali di sintesi

A0: Individuazione e perimetrazione dell’ambito

A1: Struttura idro-geo-morfologica

A2: Struttura ecosistemico-ambientale

A3: Struttura antropica e storico culturale

Sezione B: Interpretazioni identitarie e statutarie

B1: Ambito

B2: Figure territoriali e paesaggistiche che compongono l’ambito

Sezione C: Lo scenario strategico

C1: I progetti territoriali per il paesaggio regionale (per ambito)

C2: Obiettivi di qualità paesaggistico-territoriale e normativa d'uso

Le Sezioni A) e B) consentono di individuare gli aspetti e i caratteri peculiari, nonché le specifiche caratteristiche di ciascun

ambito e di riconoscerne i conseguenti valori paesaggistici.

La Sezione C) riporta gli obiettivi di qualità e le normative d'uso e i progetti per il paesaggio regionale a scala d’ambito.

I piani territoriali ed urbanistici locali, nonché quelli di settore approfondiscono le analisi contenute nelle schede di ambito

relativamente al territorio di riferimento e specificano, in coerenza con gli obiettivi di qualità e le normative d'uso di cui all'art.

37 del P.P.T.R., le azioni e i progetti necessari alla attuazione del PPTR.

Le aree sottoposte a tutele dal PPTR si suddividono in beni paesaggistici (BP) ai sensi dell’articolo 134 del Codice e ulteriori

contesti paesaggistici (UCP) ai sensi dell’art. 143 co. 1 lett. e) del Codice.

1. I beni paesaggistici nella Regione Puglia si dividono ulteriormente in due categorie di beni:

i beni tutelati ai sensi dell’art. 134, comma 1, lettera a) del Codice, ovvero gli “immobili ed aree di notevole

interesse pubblico” come individuati dall’art. 136 dello stesso Codice;

i beni tutelati ai sensi dell’art. 142, comma 1, del Codice, ovvero le “aree tutelate per legge”:

a) territori costieri

b) territori contermini ai laghi

c) fiumi, torrenti, corsi d'acqua iscritti negli elenchi delle acque pubbliche

f) parchi e riserve

g) boschi

h) zone gravate da usi civici

i) zone umide Ramsar

l) zone di interesse archeologico.

2. Gli ulteriori contesti, come definiti dall’art. 7, comma 7, delle presenti norme, sono individuati e disciplinati dal PPTR

ai sensi dell'art. 143, comma 1, lett. e), del Codice e sottoposti a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione

necessarie per assicurarne la conservazione, la riqualificazione e la valorizzazione. Gli ulteriori contesti individuati dal

PPTR sono:

a) reticolo idrografico di connessione della Rete Ecologica Regionale

b) sorgenti

c) aree soggette a vincolo idrogeologico

d) versanti

e) lame e gravine

f) doline

g) grotte

h) geositi

i) inghiottitoi

j) cordoni dunari

k) aree umide

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l) prati e pascoli naturali

m) formazioni arbustive in evoluzione naturale

n) siti di rilevanza naturalistica

o) area di rispetto dei boschi

p) area di rispetto dei parchi e delle riserve regionali

q) città consolidata

r) testimonianze della stratificazione insediativa

s) area di rispetto delle componenti culturali e insediative

t) paesaggi rurali

u) strade a valenza paesaggistica

v) strade panoramiche

w) luoghi panoramici

x) coni visuali.

Di seguito si citano i commi 6 e 7 dell’articolo 7 delle N.T.A. del P.P.T.R che definiscono i beni paesaggistici ed ulteriori contesti

come:

“ 6. Beni paesaggistici: sono costituiti dagli immobili e dalle aree di cui all’art. 134 del Codice dei beni culturali. Essi sono delimitati e rappresentati, nonché

sottoposti a specifiche prescrizioni d’uso, secondo le disposizioni di cui al Titolo VI delle presenti norme. L’individuazione dei beni paesaggistici costituisce

riconoscimento delle caratteristiche intrinseche e connaturali di tali immobili ed aree.

7. Ulteriori contesti: sono costituiti dagli immobili e dalle aree sottoposti a specifica disciplina di salvaguardia e di uti lizzazione ai sensi dell'art. 143, comma 1,

lett. e) del Codice dei beni culturali, finalizzata ad assicurarne la conservazione, la riqualificazione e la valorizzazione, secondo le disposizioni di cui al Titolo VI

delle presenti norme. L’individuazione degli ulteriori contesti costituisce riconoscimento delle caratteristiche intrinseche e connaturali di tali immobili ed aree.”

Con riferimento ai beni paesaggistici, ogni modificazione dello stato dei luoghi è subordinata al rilascio dell’autorizzazione

paesaggistica mentre relativamente agli ulteriori contesti ogni piano, progetto o intervento che comportino modifica dello

stato dei luoghi negli ulteriori contesti o che comportino rilevante trasformazione del paesaggio ovunque siano localizzate è

subordinato all’accertamento di compatibilità paesaggistica.

Sono considerati interventi di rilevante trasformazione ai fini dell’applicazione della procedura di accertamento di compatibilità

paesaggistica, tutti gli interventi assoggettati dalla normativa nazionale e regionale vigente a procedura di VIA nonché a

procedura di verifica di assoggettabilità a VIA di competenza regionale o provinciale se l’autorità competente ne dispone

l’assoggettamento a VIA.

I provvedimenti di autorizzazione paesaggistica e di compatibilità paesaggistica relativi ad interventi assoggettati anche al le

procedure di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA sono rilasciati all’interno degli stessi procedimenti nei termini da questi

previsti. Le Autorità competenti adottano idonee misure di coordinamento anche attraverso l’indizione di Conferenze di

Servizi.

Non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica e ad accertamento di compatibilità paesaggistica fatta salva l'applicazione

dell'articolo 143, comma 4, lettera a) :

a) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non

alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;

b) gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello

stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino

l'assetto idrogeologico del territorio;

c) il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi

nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla

normativa in materia.

Nei territori interessati dalla sovrapposizione di ulteriori contesti e beni paesaggistici vincolati ai sensi dell’articolo 134 del

Codice si applicano tutte le relative discipline di tutela. In caso di disposizioni contrastanti prevale quella più restrittiva.

STRUTTURA SCHEMATICA DEL PPTR

Struttura idrogeomorfologica

a) Componenti geomorfologiche

1. ulteriori contesti

Versanti;

Lame e Gravine;

Doline;

Grotte;

Geositi;

Inghiottitoi;

Cordoni dunari. b) Componenti idrologiche

1. I beni paesaggistici sono costituiti da:

Territori costieri;

Territori contermini ai laghi;

Fiumi, torrenti e corsi d’acqua iscritti negli elenchi delle acque pubbliche. 2. Gli ulteriori contesti sono costituiti da:

Reticolo idrografico di connessione della Rete Ecologica Regionale;

Sorgenti;

Aree soggette a vincolo idrogeologico.

Struttura ecosistemica e ambientale

a) Componenti botanico-vegetazionali

1. beni paesaggistici

Boschi;

Zone umide Ramsar. 2. ulteriori contesti.

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Aree umide;

Prati e pascoli naturali;

Formazioni arbustive in evoluzione naturale;

Area di rispetto dei boschi b) Componenti delle aree protette e dei siti naturalistici

1. beni paesaggistici:

parchi riserve nazionali o regionali, eventuali territori di protezione esterna dei parchi. 2. Gli ulteriori contesti:

siti di rilevanza naturalistica;

area di rispetto dei parchi e delle riserve regionali.

Struttura antropica e storico-culturale

a) Componenti culturali e insediative

1. beni paesaggistici

Immobili e aree di notevole interesse pubblico;

zone gravate da usi civici;

zone di interesse archeologico. 2. Gli ulteriori contesti:

Città consolidata;

Testimonianze della stratificazione insediativa;

Area di rispetto delle componenti culturali e insediative;

Paesaggi rurali. b) Componenti dei valori percettivi

1. Gli ulteriori contesti:

Strade a valenza paesaggistica;

Strade panoramiche;

Punti panoramici;

Coni visuali.

L’area oggetto di studio rientra nell’ambito di paesaggio della Puglia Centrale mentre la Figura territoriale paesaggistica rientra

in quella denominata “La Conca di Bari e il sistema radiale delle lame”. L’area oggetto di studio non è interessata da alcun

vincolo “beni paesaggistici” né da “ulteriori contesti”.