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ANNO XXV | NUMERO 0 6 | BIMESTRALE NOVEMBRE 2012 | WWW.FEDERNOTIZIE.ORG ORGANO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DELLE ASSOCIAZIONI SINDACALI NOTARILI CORSIVI Corsivo della redazione: Frugal innovation | PAG. 1 GIUNTA TRIBUNE: Al via il nuovo convegno itinerante | PAG. 3 OPINIONI I nodi vengono al pettine: Considerazioni economico-morali sulla crisi mondiale | PAG. 6 Appunti dal convegno di Asiago. Tra Italia e Stati Uniti: Università, professioni e imprese per lo sviluppo economico-sociale | PAG. 9 INTERNAZIONALE Appunti sul certificato successorio europeo | PAG. 15 ARGOMENTI Focus sugli impianti fotovoltaici - prima parte | PAG. 19 Novità in materia concorsuale: Il c.d. decreto sviluppo - prime riflessioni | PAG. 27 CLAUSOLE IN RETE Help to buy: Favorire la ripresa delle transazioni immobiliari | PAG. 41 FINESTRA SUL CORTILE Il saluto di Lavinia | PAG. 55 RUBRICHE Promossi e bocciati | PAG. 56 Kaleidoscopio: Botta e risposta | pag. 57 Convegno itinerante sul sovraindebitamento | PAG. 60 NOTARIATO | INNOVAZIONE | SOCIETÀ

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ANNO XXV | NUMERO 06 | BIMESTRALE NOVEMBRE 2012 | WWW.FEDERNOTIZIE.ORG

ORGANO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DELLE ASSOCIAZIONI SINDACALI NOTARILI

corsiviCorsivo della redazione: Frugal innovation | pag. 1GIUNTA TRIBUNE: Al via il nuovo convegno itinerante | pag. 3

opinioniI nodi vengono al pettine: Considerazioni economico-morali sulla crisi mondiale | pag. 6Appunti dal convegno di Asiago. Tra Italia e Stati Uniti: Università, professioni e imprese per lo sviluppo economico-sociale | pag. 9

internazionaleAppunti sul certificato successorio europeo | pag. 15

argomentiFocus sugli impianti fotovoltaici - prima parte | pag. 19Novità in materia concorsuale: Il c.d. decreto sviluppo - prime riflessioni | pag. 27

clausole in rete Help to buy: Favorire la ripresa delle transazioni immobiliari | pag. 41

finestra sul cortile Il saluto di Lavinia | pag. 55

rubrichePromossi e bocciati | pag. 56Kaleidoscopio: Botta e risposta | pag. 57Convegno itinerante sul sovraindebitamento | pag. 60

N O T A R I A T O | I N N O V A Z I O N E | S O C I E T À

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Our frugal future: lessons from India’s innovation system è il titolo di un recente studio del Nesta, la fondazione inglese che si occupa di innova-zione: ha esaminato alcune specificità dell’approccio indiano all’inno-vazione, che è seguito con crescente attenzione dalla politica e dalla bu-siness community di tutto il mondo. Dal 2003 l’economia indiana cresce dal 6 all’8 per cento ogni anno, seconda solo a quella cinese. Secondo il Nesta, i suoi punti di forza sono riassunti proprio nel concetto di “frugal innovation”.

Di che si tratta? In estrema sintesi, dell’individuazione di nuovi mo-delli (di ricerca e sviluppo, di servizi, di socialità ecc.) che si prefiggono di trasformare i limiti delle risorse finanziarie, materiali o istituzionali, in vantaggi, attraverso il contenimento dei costi e l’utilizzo sostenibile dei beni comuni, con il risultato di ottenere servizi a costi bassi. Ma attenzione: il tratto distintivo della frugal innovation non è di per sé la corsa all’abbassamento dei costi, ma la creazione di modelli alternativi più efficienti e trasferibili su larga scala, spesso con una maggiore pro-duzione di valore sociale.

E qual è il nesso con il notariato italiano?Apparentemente nessuno. Tuttavia questi due termini così suggesti-

vi, apparentemente inconciliabili nella società contemporanea, conten-gono degli stimoli per tutti noi, persone e professionisti.

Frugal. Tutto, fuorché frugale, è stata sino ad ora l’immagine che il notariato ha dato di sé (o comunque quella che viene percepita dal pub-blico). Sembrano lontanissimi i tempi – invece succedeva ancora pochi anni fa – in cui all’uscita dei nostri congressi trovavamo ad aspettarci auto o barche di lusso a disposizione per prove e possibili acquisti. E davanti al Re nudo, quasi nessuno di noi ha mai avuto nulla da ridire.

A voler essere oggettivi, anche il prossimo congresso nazionale di Napoli sembra appartenere a quella tradizione: il teatro San Carlo, la Mostra d’Oltremare…

Tutte cose di per sé belle, non si discute. Ma forse non indispensabili o francamente da evitare in un momento in cui il Paese affonda, le casse del notariato piangono e i notai pure, e il costo di iscrizione al congres-so può risultare eccessivo per qualche collega che magari deciderà di rinunciare a un momento di incontro che resta comunque di fonda-mentale importanza. Frugal innovation applicata al nostro Congresso, ad esempio, sarebbe mettere al primo posto l’accessibilità per tutti i

CORSIVI

CORSIVI

CORSIVO DELLA REDAZIONE

Frugal innovation

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colleghi; ne risulterebbe come conseguenza naturale un’immagine mi-gliore di quella che, ancora una volta, abbiamo deciso (?) di proiettare all’esterno, spianando la strada agli attacchi di chi deciderà di interes-sarsi a noi per tratteggiare un altro gustoso quadretto di genere. Dun-que, come nello stile della frugal innovation, ne risulterebbe risparmiato del valore sociale: quello della nostra credibilità e della nostra relazione con gli altri.

E infatti le critiche interne non si sono fatte attendere: basta leggere Lista Sigillo in questi giorni per rendersi conto del disappunto di molti colleghi (giustificato o no) sui costi del congresso, la quota di iscrizione, il poco spazio lasciato al dibattito e così via.

In conclusione: perché non immaginare un congresso frugale e in-novativo, che – se non amati – ci rendesse meno indigesti all’opinione pubblica? Se siamo consapevoli dell’estrema gravità della situazione, perché dare l’impressione che Roma bruci e Nerone stia a guardare?

Innovation. Questo concetto ci sta molto a cuore fin dall’editoriale del-la nuova serie di Federnotizie. Da allora ne parliamo in continuazione, perché siamo fermamente convinti che il momento richieda lo sforzo di tutti affinché si riesca a tradurre la crisi in opportunità. Anche perché o si innova o si muore, questo è chiaro. Dobbiamo solo decidere se ci basta assistere alla nostra agonia, sapendo che comunque è solo que-stione di tempo. È quello che stiamo facendo.

Magari il tempo dei notai è finito, e allora tutti a casa a inventarci nuove strade. Ma prima di riconoscerlo, ci tocca (ovvero ci attende e ci spetta) l’onore della spada: provare a pensare in un altro modo alla politica del notariato; giocare in attacco e non sempre in difesa; avere una squadra coesa e che tale si presenti al pubblico, che possa operare in fretta, essere propositiva, con una visione unitaria e con l’obiettivo quotidiano di allargare il dialogo al massimo numero di interlocutori sul territorio.

E che sia un’avanguardia giovane, in contatto con il mondo e non bloccata da vecchi schemi e linguaggi superati.

Impossibile? No. Ma, come per il Paese, le prossime elezioni si presen-tano cruciali anche per il notariato. Se ne è parlato molte volte: ricordia-mo tra tutte le proposte del sindacato ai Congressi di Roma e di Torino sulle modalità di elezione del CNN e della Cassa. Che fine hanno fatto?

Non tutto è passato invano; se anche quelle proposte non si sono ancora tradotte in regole, abbiamo però tutti ricevuto nei giorni scor-si il programma di un consigliere che intende ricandidarsi al Consiglio nazionale. È un passo avanti. Attendiamo le candidature e i programmi di altri.

Va fatto ogni sforzo per evitare che anche nel futuro Consiglio nazio-nale si ripresentino spaccature che di fatto ne impediscano l’azione.

A chi ci governerà dal prossimo anno, dopo un Congresso che spe-riamo batterà con i contenuti l’anacronistico vuoto delle forme, dedi-

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GIUNTA TRIBUNEAL VIA IL NUOVO CONVEGNO ITINERANTE

Tre anni fa la giunta di Federnotai, allora presieduta da Ezio Leotta, die-de vita a un’iniziativa che riscosse un notevole successo: un convegno incentrato su un tema specifico, nella specie “Il Notaio e le imposte di-rette”, condotto da relatori qualificati, di taglio eminentemente pratico e, soprattutto, destinato a essere portato in giro per l’Italia, magari in sedi solitamente poco toccate da eventi di interesse notarile.

Lo scopo di questo ciclo di incontri, subito ribattezzato “convegno iti-nerante”, era essenzialmente quello di avvicinare il sindacato alla “base”, proponendo un evento bell’e pronto, un format che non richiedesse sforzi organizzativi per l’Associazione regionale ospitante pur tuttavia coinvolgendola, facendo così in modo di dare nuovo vigore a regioni che, sia pure tradizionalmente vicine al sindacato notarile, erano però poco attive o vivevano una situazione di stallo.

Il primo ciclo di convegni, culminato con l’evento finale trasmesso via web tv, ha centrato l’obiettivo ed è stato naturale per l’attuale giunta pensare di darvi un seguito, imperniando su un nuovo tema la già col-laudata struttura.

Si è quindi pensato di affrontare gli aspetti del controllo dei costi, del-la qualità e dell’efficienza dello studio notarile.

È noto a tutti come la grave crisi economica che il Paese sta vivendo e la progressiva erosione delle competenze a noi riservate abbiano inciso pesantemente sulla situazione dei nostri studi: i dati forniti dalla Cassa e quelli pubblicati dalla stampa sul calo delle compravendite e il di-

chiamo le parole attorno alle quali Italo Calvino costruì le sue Lezioni americane. Sono: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, coesione. E che ci aprano le porte di un futuro più frugale, e perciò più innovativo e sostenibile.

Luca Sioni membro della giunta di Federnotai

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mezzamento dei mutui erogati dagli Istituti di credito trovano puntuale conferma nella realtà che quotidianamente noi e i nostri collaboratori viviamo.

Si pone quindi con drammatica urgenza l’esigenza di un’attenta ana-lisi dei costi di studio al fine di consentire, da un lato il mantenimento di elevati standard di efficienza delle prestazioni erogate a fronte di minori entrate, dall’altro una consapevole politica di pricing che consenta di evitare il rischio che, magari senza accorgersene, si finisca per lavorare sottocosto con conseguente pericolo di default.

I notai, da sempre sensibili al tema dell’aggiornamento professionale ispirato ai criteri della formazione permanente, si rendono conto che oggi tutto ciò potrebbe non essere più sufficiente e che la sopravviven-za del proprio studio è, e sempre più sarà, legata anche a una corretta gestione delle risorse. Oggi non è più possibile affrontare la professione come la si affrontava in un ancora recente passato, ognuno di noi è co-stretto a fare i conti con una realtà che è profondamente mutata, nella quale i margini si sono ridotti così come si è ridotto il numero comples-sivo delle transazioni commerciali, specie nel settore immobiliare.

In questo contesto, sul quale hanno pesantemente inciso recenti mo-difiche legislative (tra tutte l’abolizione delle tariffe), è da ritenersi che gli studi, specie quelli maggiormente condizionati da gravose spese di gestione, saranno spinti a elaborare nuovi modelli organizzativi, con strutture più snelle, magari esternalizzando determinate tipologie di servizi, creando sinergie con gli studi di altri colleghi, con un più mar-cato ricorso all’associazionismo o semplicemente con la messa in co-mune di strutture e servizi.

A ciò si aggiunge la necessità di spingersi a esplorare ambiti fino ad oggi poco praticati dalla maggior parte di noi, magari perché ritenuti non adatti o comunque non funzionali alla nostra tipologia di servizio: si pensi, solo per fare qualche esempio, al marketing, alla comunica-zione, alla necessità di predisporre adeguati strumenti di valutazione e verifica della qualità, all’elaborazione di un modello di conferimento di incarico o di contratto di opera in grado di salvaguardarci in caso di controversia con il cliente.

A questi temi sarà dedicata la nuova tornata di incontri del conve-gno itinerante, la cui prima tappa sarà ospitata a Verona il prossimo 23 novembre. Gli argomenti saranno trattati, per ogni incontro, da due docenti universitari esperti dalla materia e da quattro colleghi, scelti tra coloro che maggiormente si sono occupati delle questioni trattate, alcuni dei quali provenienti dal Laboratorio della qualità notarile.

Ci occuperemo inoltre della spinosa questione dei rapporti con l’An-titrust e delle ricadute in tema di concorrenza, anche con riferimento ai poteri di controllo e di intervento dei Consigli notarili distrettuali,

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tema che a Verona sarà trattato dall’avvocato Anselmo Barone, ben noto a tutti noi.

Uno spazio sarà riservato all’illustrazione della formula excel coniata dal collega Lorenzo Mottura per la redazione di preventivi “a prova di default”.

Naturalmente non abbiamo la pretesa di esaurire nell’arco di una mezza giornata le tematiche oggetto del convegno (ciò richiederebbe ben altro tempo!), piuttosto intendiamo richiamare l’attenzione dei col-leghi su questi aspetti della nostra attività, indicando delle linee guida e fornendo degli stimoli per una riflessione comune da cui possa nascere, grazie al contributo di tutti, un’accresciuta consapevolezza delle sfide che ci attendono e delle soluzioni che ciascuno di noi dovrà essere in grado di proporre.

Dopo Verona, il convegno si sposterà in Toscana, presumibilmente nel mese di gennaio del prossimo anno, e poi, via via, in altre regioni, per almeno altre otto tappe.

Il successo della scorsa edizione (circa un migliaio di colleghi rag-giunti, tenuto anche conto dell’evento tramesso via web tv) ci conforta e siamo certi che anche il ciclo che sta per avere inizio incontrerà i favori del pubblico a cui si rivolge e costituirà un utile strumento per potersi orientare in ambiti nuovi per molti di noi.

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I nodi vengono al pettine. Mi pare questo lo spi-rito con cui dobbiamo guardare a ciò che accade oggi nell’economia mondiale e nella sua profon-dissima crisi, con più o meno intense ripercussio-ni nelle distinte nazioni. Ho insistito spesso sul fatto che negli anni a noi recenti, circa dall’inizio del primo decennio di questo secolo, la rendita

stava nuovamente caratterizzando la fisionomia del meccanismo di circolazione delle merci e dei capitali. E parlo di rendita di ogni tipo – specu-lativa con l’irrazionale bolla borsistica a cui ab-biamo assistito spesso inconsapevoli delle sue conseguenze nefaste nel lungo periodo, fondia-ria e quindi terriera e immobiliare, di posizione

di Giulio Sapelli ordinario di Storia economica all’Università degli studi di Milano

i nodi vengono al pettine: considerazioni economico-morali sulla crisi mondiale

Manila, Filippine. Una manifestazione di protesta contro inflazione e disoccupazione.

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OPINIONI

e quindi di tipo monopolistico e financo quel-la che deriva dal ritorno di pratiche protezioni-ste più o meno occulte, a cui stiamo assistendo sempre più, come nel caso dei trattati bilaterali anziché multilaterali nel commercio mondiale. Questo a discapito degli investimenti industriali, che continuavano e continuano a stagnare. Que-sto fenomeno non ha una spiegazione puramen-te monetaria. Si è calcolato, infatti, che la media mondiale dei tassi di interesse in termini reali, e quindi tenuto conto dell’inflazione e prendendo in considerazione i principali paesi, tende allo zero. D’altro canto, è vero: l’inflazione ha ripreso, dopo un paio di decenni, a camminare – ma sem-pre in misura infinitesimale rispetto alle iniezioni di liquidità in un assetto mondiale deflazionistico – grazie alla politica monetaria della Banca cen-trale nordamericana, alle tendenze protezioniste e, naturalmente, di questo tutti parlano, all’au-mento del prezzo delle materie prime, delle co-siddette commodities, dal petrolio al rame, sino al grano duro e al riso e alla soia. E qui dovremmo enumerare i danni del fondamentalismo ambien-talista, unito al neoprotezionismo dei sussidi, alle produzioni delle materie prime grezze alter-native ai prodotti fossili, da cui si estraggono gli idrocarburi, con un aumento tanto della rendita quanto dei prezzi dei beni derivanti da colture storiche per l’alimentazione mondiale e ora non più prodotte come un tempo (oggi che in tutto il mondo si mangia, si beve, si viaggia di più!). Si intravedono di già, penso ai moti di protesta nelle Filippine e in Indonesia e nel Pakistan, pa-esi a lunga tradizione politica e a forte identità nazionale, ampi movimenti collettivi di protesta. È assente, oggi, significativamente, quella che fu una caratteristica dell’inflazione degli anni set-tanta: l’aumento dei salari e degli stipendi, che invece diminuiscono tanto proporzionalmente quanto in termini assoluti, sia per gli operai sia per le classi medio-basse, in un gigantesco spo-stamento di reddito dal lavoro al capitale e alla rendita. Una delle cause di questo spostamento è la carenza di investimenti industriali, a causa sia dei bassi prezzi delle commodities, sia della tendenza ai profitti a breve realizzati speculan-do finanziariamente, che non incentivavano in-

vestimenti di sorta. E questo in tutti i settori le cui merci oggi vengono a gran voce richieste dai nuovi paesi emergenti, in primis India e Cina, ma anche Indonesia, Brasile e Russia e i paesi del Golfo, dove sta nascendo un nuovo modello di capitalismo. Alcuni di questi stati, basti pensare al Brasile e alla Russia, hanno potenti industrie nazionali e sono ricchi di materie prime, ma ne-cessitano di convergenze tecnologiche che ven-gano dall’Europa e dagli USA e, con le tecnologie, abbisognano di capitali che si configurino come investimenti esteri diretti. Eppure ciò non accade nella misura necessaria. Se si esaminano gli an-damenti dei prezzi registrati al London Metal Ex-change, si noterà che quelli di quasi tutti i metalli aumentano inesorabilmente a partire dall’inizio di questo secolo. Crolleranno a capofitto per la crisi dell’industria oggi in corso. Ma la causa non risiede, per quel che riguarda la crescita, nella scarsità dei medesimi. È impossibile sostenere questa tesi, tanto più ora che la guerra svoltasi attorno ai grandi laghi nell’Africa centrale, ha ri-definito i confini dell’antico Congo, lasciando il campo alla possibilità di colossali investimenti nel cuore, à la Conrad, non solo dell’Africa, ma del mondo intero. La ragione dell’aumento dei prezzi, dal petrolio al grano e dal riso ai metal-li, sta nell’assenza di produzione, frutto di una carenza di investimenti che non consente di far fronte alla domanda che cresce inesorabilmente dai paesi emergenti e da tutte quelle nazioni in cui il livello di vita sta crescendo. Qui sta un’altra prova del fatto che la globalizzazione aumenta sì le povertà relative e le disuguaglianze, ma dimi-nuisce la povertà assoluta. Il mondo industria-lizzato e i suoi gruppi dominanti paiono incapaci di reggere questa sfida. Occorre, invece, vincerla, dirigendo tutte le risorse materiali e intellettuali e finanziarie, da qualsiasi parte provengano, verso questo nuovo obiettivo: la rinascita dell’industria su scala mondiale per dare un futuro ai popoli del mondo.

Ma questa necessità si deve confrontare con un imperativo che non è solo economico. È etico, nel senso che la ricostruzione industriale potrà esse-re possibile solo dando una nuova dignità al lavo-ro attraverso una attribuzione di senso al lavoro

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medesimo. Se così non si farà, l’industrializza-zione non arrecherà altro che nuove sofferenze a un’umanità dolente. Pensiamo a quanto è succes-so circa un anno fa in Francia: la catena dei suici-di a France Telecom. Dobbiamo essere in grado di superare sia il dolore sia l’indignazione ideolo-gica per aprire una riflessione di fondo sul perché in una grande impresa, in una grande nazione, in una grande democrazia, possano accadere simili tragedie. È importante, a questo punto, porsi le domande giuste. Poi troveremo le risposte e sa-ranno quelle dell’analisi scientifica. Infatti, come affermava il grande Émile Durkheim – fondato-re della moderna sociologia che dal suo studiolo parigino illuminò il sapere moderno tra Otto e Novecento – nel suo capolavoro dedicato al suici-dio, la causa di questo evento non è mai una sola. Esiste sempre una multifattorialità di cause e, sempre, le vere ragioni sono ben lontane da quel-le immediatamente visibili. Per comprendere le ragioni del suicidio, occorre scavare a fondo tanto nella storia personale del soggetto e nella costru-zione della sua spiritualità più profonda, quanto nel contesto sociale, ambientale, in cui sempre il soggetto medesimo compie le esperienze fonda-mentali della sua vita sociale. Per questo in tutte le grandi aziende, anche in quelle non colpite da questo disastro, occorrerebbe intraprendere una serie di grandi inchieste scientifiche (non con-sulenziali e propagandistiche come si fa oggi), sulle condizioni di lavoro e di vita dei dipendenti e dei dirigenti. Infatti, in tutto il mondo, tutte le grandi imprese sono state investite in questi ulti-mi anni da una colossale ristrutturazione che ha trasformato integralmente la natura stessa della grande corporation. Si è trattato di una grande differenziazione sociale e professionale di tipo nuovo che ha sostituito molto del lavoro manuale di un tempo con un lavoro simbolico, attraverso le tecnologie dell’informazione e delle telecomu-nicazioni, diminuendo in modo drastico l’adden-samento sociale delle imprese, ossia i momenti

di socializzazione e di dispersione delle tensioni costituite un tempo dall’intreccio tra generazioni che era possibile far vivere nel lavoro e per il la-voro, tanto negli stabilimenti quanto negli uffici. Tutto era più informale, spontaneo, genuino: era vivente, meno proceduralizzato, meno frutto del-le tecniche mercenarie dei consulenti e ben più della sapienza pratica che le vecchie generazio-ni accumulavano nel lavoro e trasmettevano alle giovani generazioni, con serenità e con autorevo-lezza personale. Oggi queste ultime generazioni sono intossicate da corsi e corsetti, lauree e lau-rette, e non hanno più l’umiltà di attendere il se-dimentare del tempo sulle pratiche di lavoro e di decisione direzionale. Le generazioni intermedie sono viste e vissute come inutili. Se poi sono cac-ciate via dal lavoro diventano non il focolare della vita d’impresa come erano un tempo, ma il fo-colaio del disagio mentale e morale dell’impresa malata. Oggi la maggioranza delle imprese gran-di e medie sono malate, molto malate. E spesso, sfortunatamente, a dirigerle non ci sono medici, ma portatori di malattie, come la grande crisi ha reso evidente dinanzi agli occhi di tutti. Ma c’è di peggio: l’impresa non è più il porto sicuro ri-spetto alle asperità e ai disagi della vita. Pensate allo shock dei lavoratori nordamericani ora che la grande corporation non dispensa più loro né la mutua, né la pensione, né la sicurezza del lavo-ro. Dilaga una tensione emotiva distruttiva quale mai abbiamo sentito vibrare prima nelle nostre società. Il suicidio è il sismografo di tensioni latenti che sono come delle falde che si muovo-no e che possono dar vita a terremoti e tsunami terribili e non previsti, non visibili. In società di massa la solitudine è un fenomeno di massa. Se si salda con l’insicurezza e la paura del futuro, le conseguenze sulla coesione sociale e la salu-te mentale di massa possono generare rischi per tutto l’essere sociale, nel lavoro e fuori dal lavoro: rischi di massa.

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appunti dalconvegno di Asiago

14-15 settembre 2012TRA ITALIA E STATI UNITI:

UNIVERSITÀ, PROFESSIONI E IMPRESE PER LO SVILUPPO ECONOMICO-SOCIALE

di Antonio Reschigna notaio

Il convegno, caratterizzato dalla eterogeneità e autorevolezza dei relatori, si svol ge ormai da die-ci anni per iniziativa del dottor Stefano Amore, direttore della rivista Nuova Itinera e presidente di Proposta per l’Italia, e rappresenta un interessante crocevia di idee tra portatori di conoscenze ed esperienze diverse.

Sin dai saluti, si colgono i temi principali che successivamente saranno oggetto del dibattito: la difesa del made in Italy; la necessità di approfondire, da parte dei giuri sti e del notariato in particolare, il confronto tra i sistemi di Civil Law e i sistemi di Common Law; la necessità di controllo dei mercati, finanziari in particolare, e di controllo in campo economico e l’importanza del confronto sotto il pro-filo culturale ed economico tra professionisti, università e imprese.

La crisi attuale è giudicata la peggiore degli ultimi decenni e viene affermata la necessità di una dimensione comunitaria del sapere, dell’aggregazione, attorno alle imprese, di tutte le intelligenze e

L’Università di Bologna

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10 OPINIONI

di una nuova formazione dei professionisti per far crescere l’impresa, oltre che l’importanza del confronto tra esperienze giuridiche di verse.

In Italia, diversamente da quel che accade negli Stati Uniti, non è faci-le che si af fermino meccanismi virtuosi, da noi non sempre le buone idee vanno avanti e si è quasi incapaci di trovare soluzioni: l’Università sta at-traversando una profonda crisi e la politica appare sempre più lontana dal cittadino. Proposta per l’Italia rappre senta un tentativo di aggregare varie competenze per trovare soluzioni di riforma.

Si accenna alla recente riforma in tema di giustizia e alle tante decisioni politiche prese in via teorica e senza un collegamento con il territorio, che tuttavia è poco propositivo. Inoltre viene criticata la regolamentazione delle professioni tramite decreto ministeriale. In questo contesto si ritiene fonda-mentale la collaborazione tra profes sioni giuridiche e professioni in genere.

La prima tavola rotonda tratta il tema di Cultura, università e impresa nella prospettiva del terzo millennio.

Si parla dell’università, questione della massima importanza per il progres-so uma no e civile e per la forte valenza di mobilità sociale, e della sua grave crisi, poco seguita dalla stampa, a fronte della quale si propone il taglio di università che hanno sede in piccoli centri, poco attrezzate e destinate al transito di docenti verso altre universi tà: in Italia abbiamo università diso-mogenee e sovente nella scelta di un nuovo docente non si opta per il mi-gliore nella materia; si ignorano le esigenze dei giovani, a scapito di quelle dei docenti, e si trascura la necessità di formare élites e centri di eccellen-za. Negli USA invece vi sono università grandi e piccole, alcune tendono a un’elevazione culturale e altre mirano all’eccellenza (magari con una o poche facoltà) e vi è una decisa integrazione tra pubblico e privato e, inol-tre, si hanno valutazioni degli insegnati, in rete e non solo, da parte degli studenti, di altri docenti e di avvocati.

Altro tema interessante è la necessità di cercare standard e principi or-ganizzativi comuni tra Europa e Stati Uniti; si accenna anche al confronto della governance universitaria; che negli USA è esercitata da organismi in-dipendenti, in genere molto efficienti.

Occorre domandarsi quale modello di università propone l’Italia. L’uni-versità ame ricana è prevalentemente privata; il costo dei corsi in USA è elevato, mentre in Ita lia il prezzo è molto più basso; il modello americano è di élite, ma ha costi alti, in Italia in vece l’università è di massa, i docenti sono mal pagati, ma spesso molto bravi. In Italia peraltro ci sono università che hanno validi obiettivi interdisciplinari e strate gie di management. Come risolvere la situazione? Molto passa dal meccanismo di selezione: perché, per la valutazione dei nostri docenti, non chiamare professori stranieri?

In realtà occorre criticare entrambi i sistemi: entrambi devono mirare all’internazio nalizzazione per sprovincializzarsi (infatti sia in Italia che negli Stati Uniti vi sono pochi docenti in materia internazionale e internazionalpri-vatistica e si studiano tro ppo poco le lingue straniere). Inoltre nell’università italiana le retribuzioni sono bas se, mentre negli USA le retribuzioni vanno di pari passo con la produttività scienti fica. In Italia, poi, più risorse andrebbero concretamente devolute a studenti merite voli con pochi mezzi finanziari.

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11OPINIONI

Altro problema è il sistema di selezione: se un docente straniero vuole in-segnare in Italia deve passare attraverso le forche caudine del concorso per professore asso ciato e poi per professore ordinario e ciò è un disincentivo.

Secondo lo European Research Council vi sono troppo pochi progetti col-locati in Italia: le nostre università non hanno massa critica per attrarre ricerca. Inoltre risul ta che i docenti e i ricercatori italiani abbiano prodotto negli ultimi sette anni una media bassa di lavori rispetto a quella interna-zionale.

Il confronto può farci bene, occorre capire dove lavorano i ricercatori ita-liani e cosa fanno, qual è l’impatto del loro lavoro sulle retribuzioni, e come operare il fund raising.

Interessante è capire come gestire la complessità in una realtà dove spa-zio e tempo si sono appiattiti e dove la complessità varia velocemente. Si è in presenza non più di un universo, bensì di un “multiverso” ed è quindi ne-cessario apprendere come colloquiare tra mondi differenti. In questa realtà poliedrica occorre insegnare a “sa persi spostare” per ampliare la visuale e l’insegnamento del rigore del pensiero che produce cultura.

Sarebbe interessante anche sviluppare un’alternativa al modello concor-renziale nei rapporti tra università: un modello solidale, un network inter-nazionale che rafforzi le potenzialità reciproche. Lo stesso può pensarsi dei rapporti tra operatori giuridi ci.

Tra le proposte spicca la valorizzazione dell’etica nella didattica, del col-legamento dell’università con l’impresa, la capacità di fund raising, oltre all’irragionevole presenza di piccole università scadenti con pochi insegna-menti, e al ritorno dell’università al centro della discussione politica.

La seconda tavola rotonda tratta il tema dell’Ordinamento del-le professioni tra Europa e USA: modelli di sviluppo e prospet-tive per i giovani.

Ci si domanda se la totale disattenzione per la crisi delle professioni, la mancanza di incentivi come quelli adottati per le piccole imprese, il deficit di conoscenza del le professioni da parte della politica, siano d’aiuto ai gio-vani che si affacciano al mondo del lavoro.

L’argomento del confronto tra gli ordinamenti delle professioni è affron-tato con chiarezza e competenza: lo sguardo è rivolto verso l’Europa e ol-treoceano: il legi slatore comunitario assimila le professioni all’impresa e facendo ciò pensa all’ele mento organizzativo, ma dimentica l’elemento tele-ologico; quest’ultimo è invece presente negli ordinamenti di Common Law. Quale ordinamento potrebbe volere un giovane per essere competitivo?

Negli Stati Uniti la Trade Commission sottolinea il primato dei servizi professiona li erogati da soggetti altamente qualificati, capaci di reggere no-nostante la crisi. La forte connotazione fiduciaria e di indipendenza delle professioni “liberali” (negli USA non è presente la distinzione tra profes-sioni regolamentate e professioni libe rali, ma è ben conosciuto il concetto di funzione pubblica) è ben presente come ele mento di distinzione dall’im-presa sia in Europa che negli ordinamenti di Common Law.

In Italia si pensa che da un lato vi siano troppe professioni regolamentate e che, dall’altro, le professioni siano troppo regolamentate.

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12 OPINIONI

Un’analisi sul primo punto: le professioni regolamentate in Italia sono 800; in Ca nada la “protezione del pubblico” è valore fondamentale costi-tuzionale e vi sono 52 Public Bodies (ordini professionali), molti fra i quali con riserva di titolo e competenze, e l’indipendenza del professionista, la natura fiduciaria della presta zione e la sorveglianza degli Ordini sono viste a tutela della generalità.

Quanto alla tesi secondo cui le professioni sono troppo regolamentate, essa è sug gestiva ma semplicistica: infatti non si può dedurre dalla minore regolamentazione dei paesi del Nord Europa che questa sia un bene per i paesi del Sud Europa, non vi sono seri studi che provino che ciò giovi al consumatore; inoltre gli economisti non negano che il controllo degli ordini sia efficiente.

È vero che in altri Stati vi è tendenza alla deregolamentazione delle pro-fessioni, tuttavia anche in quegli ordinamenti si valuta necessario elevare le professioni: ne gli USA vi è sì deregolamentazione a livello normativo, ma ciò è bilanciato da una forte regolamentazione delle associazioni pro-fessionali: la selezione è severa e comporta valutazione anche dell’idonei-tà morale, è vietata la società con soci non professionisti e l’indipendenza dell’avvocato è basata su una condivisa e rispettata tradizione secolare.

Ma è vero che i cittadini vivono meglio nei paesi deregolamentati? Se-condo i para metri di valutazione di coesione sociale europei non sembra sia così.

Il modello di ordinamento per i giovani è quindi improntato alla compe-titività, a un elevato livello di preparazione e di autorevolezza della profes-sione. Le professioni hanno un valore collettivo troppo alto perché vengano distrutte solo in ragione del fatto che non piacciono ai mercati.

Il coordinatore a questo punto stimola i partecipanti alla tavola rotonda a formulare sintetiche proposte: gli argomenti affrontati ruotano intorno alla crisi dell’avvocatu ra e ai possibili rimedi, alla formazione, al valore della li-bertà e al condizionamen to dei poteri economici, ai diritti fondamentali del cittadino e primariamente al di ritto alla difesa, all’aspetto etico, all’assenza delle professioni nella discussione eco nomico-politica e al fabbisogno di professionisti del Paese.

Quanto alla crisi dell’avvocatura e alla formazione si evidenzia che in Ita-lia il nu mero degli avvocati è più del doppio rispetto alla Francia e cinque volte più alto di quello dell’Inghilterra, e che l’accesso è indiscriminato, con ricadute inevitabili sul terreno deontologico. Certo non può stabilirsi un numero chiuso, si può e deve intervenire a monte con una rigorosa e forte formazione universitaria e postuniversitaria, rein troducendo i magistrati nella commissione d’esame e, a valle, mediante il controllo degli ordini.

Sulla formazione si ricorda come le scuole di specializzazione per la for-mazione comune dei giuristi siano fallite perché le università non hanno com preso la riforma.

Si parla poi con passione della libertà del professionista per garantire la libertà dei cittadini e si critica un indirizzo politico per cui le scelte sono condizionate dai po teri economici forti: in tale senso vengono lette l’eli-minazione dei piccoli tribunali e la società di professionisti aperta al socio di capitali. Il potere economico forte stra volge la professione e assieme la possibilità di difesa del cittadino.

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13OPINIONI

Viene anche richiamata la necessità che gli ordini mettano in primo piano l’aspetto del rigore etico: negli USA le infrastrutture sono regolate in modo pragmatico e snello, ma rigoroso. E viene ribadita la validità del notaio di Civil Law: basti pen sare al problema generato dalle esecuzioni immobiliari “anticipate”, possibili in California, in merito al quale l’Attorney General ha recentemente aderito a una richiesta di danni per 25 milioni di dollari.

Ancora, sulla formazione si considera come la laurea triennale sia stata un bluff: non serve nessuna qualificazione per un lavoro che non c’è. Cosa proporre allora per i giovani? Elementi utili possono trarsi dal modello di apprendistato tedesco e inglese. In conclusione, si ricorda che è in gioco il ruolo di un settore che rappre senta il 15% del PIL. Il ruolo del CUP è stato ed è fondamentale in un sistema poli tico che deve comprendere che accan-to al mondo del lavoro subordinato c’è il la voro professionale, che merita la stessa tutela.

In politica si critica spesso la barriera che creerebbero gli ordini profes-sionali, ma manca una vera comprensione del fenomeno e una compara-zione con altri ordina menti; non si valuta l’importanza del fabbisogno di professionisti del Paese. Le pro fessioni offrono in realtà opportunità a mol-ti giovani. Spesso inoltre si vendono per verità aspetti di altri ordinamenti che sono di pura fantasia. Anche in altri settori i politici scelgono senza co-noscere. Occorre infine grande controllo nella formazio ne e fedeltà fiscale.

La terza tavola rotonda è relativa alla Tutela del made in Italy tra iniziative na zionali e cooperazione internazionale.

Viene subito descritto un quadro inquietante in tema di contraffazione, un fenome no criminale che brucia opportunità, ricchezza e futuro per i nostri giovani. Il fe nomeno ha vari aspetti, tant’è che è riduttivo considerarlo solo dal punto di vista penale e non anche da quello economico e fiscale. L’uso di loghi e illustrazioni scorrette disorienta il cittadino, ostacola la concor-renza, scoraggia investimenti e innovazioni.

I settori più colpiti sono l’abbigliamento, la pelletteria, le calzature e l’agroalimen tare. La malavita cerca di conquistare il monopolio di certi settori, imponendosi sul mercato con l’estorsione. Questo genera la scar-sa competitività delle imprese italiane all’estero e fa sì che il consumatore venga ingannato. Il fenomeno è molto esteso su scala mondiale (un giro di affari di 250 miliardi di dollari all’anno). Se riuscissi mo a eliminare la con-traffazione in Italia si creerebbero 130.000 posti di lavoro in più.

La criminalità organizzata ha un grosso interesse: la camorra fa rete con le organiz zazioni criminali cinesi. Il fenomeno è molto esteso anche geo graficamente: la merce è venduta per strada, ai mercati patronali e via internet. In questo quadro, il ruolo del consumatore è cruciale. La nostra disciplina penale è migliorata negli ultimi anni, ma va organizzata ancora meglio.

Il problema è che la criminalità si sposta rapidamente dove va la moda: è flessibile e mobile. Vi è anche un’area grigia di soggetti che legano il mondo dell’illegalità a quello della legalità.Dalla tavola rotonda emerge la grande difficoltà di chi deve applicare le nor-me: oc correrebbero anche norme internazionali più efficaci per proteggere

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14 OPINIONI

i prodotti ori ginali italiani. A ciò si aggiunge la crisi dell’industria manifatturiera, la delocaliz zazione e la mancanza di una vera politica di tutela della nostra piccola-media in dustria.

Il problema della contraffazione internazionale, anche rispetto al vino, è dramma tico. In Europa e negli USA, dove vi sono strumenti di protezione specifici e auto rità di riferimento, la tutela è discreta, fuori da questo ambito è difficile e la materia è complicatissima.

L’obiettivo è diventare, in quanto italiani, ambasciatori della cultura italiana nel mondo.

L’evento ha avuto l’indubbio risultato di stimolare il confronto e la contaminazione positiva tra pre-parazioni, ambiti e menti diverse tra loro. Anche di questo abbiamo bisogno, la realtà attuale chiede più che mai condivisione di saperi per affrontare le problematiche mutevoli ed essere propositivi anche verso il mondo politico.

L’Università di Yale, nel Connecticut

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15INTERNAZIONALE

INTERNAZIONALE

INTERNAZIONALE

appunti sul certificato successorio europeo

In un’epoca in cui la percezione delle decisioni economiche e giuridiche oggetto di norme euro-pee destinate ad operare nel nostro ordinamento non è sempre quella dell’adozione di meccanismi giuridici volti a semplificare la vita dei cittadini, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno adotta-to un regolamento che mira a dare certezza alme-no all’ambito della successione transfrontaliera.

Nel tentativo di rendere sempre più fruibile lo spazio giuridico europeo, implementando il per-seguimento del principio della libera circolazione delle persone, il sistema delle norme in esame interessa tutta la complessa area della successio-ne internazionale mettendo diversi punti fermi in merito alle questioni relative all’individuazio-ne della legge applicabile all’intera successione mortis causa, all’applicazione uniforme della leg-ge della successione a tutti i beni del compendio ereditario, alla competenza degli organi coinvolti e agli effetti degli atti compiuti dagli interessati con riferimento a tutti quei casi nei quali i beni mobili e immobili e/o gli stessi eredi/legatari siano in un altro Stato rispetto a quello in cui si apre la successione.

Con il regolamento 650/2012 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 27 lu-glio 2012, L. 201/107, che investe il sistema norma-tivo di diritto internazionale privato in campo suc-cessorio, si stabilisce innanzitutto quale criterio generale usare nella scelta della legge applicabile all’intera successione apertasi successivamente o

alla data del 17 agosto 2015,1 quello della residen-za abituale del defunto al momento dell’apertura della successione (art. 4, reg.) in mancanza della scelta dell’applicazione della legge dello stato di cittadinanza da effettuarsi nei modi e nei tempi stabiliti dallo stesso regolamento (art. 22, reg.).

Sono previsti inoltre il criterio “eccezionale” di cui all’art. 21, reg. e quello dell’applicazione universale (art. 20, reg.) della legge designata dalle norme del regolamento nell’ipotesi in cui la legge regolatrice della successione nel suo complesso non sia la leg-ge di uno stato membro dell’Unione europea.

Il regolamento detta poi tutta una serie di nor-me relative alla competenza, “al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni”, lasciando tra l’altro “impregiudica-ta la competenza dell’autorità degli Stati membri a trattare questioni di successione”(art. 2, reg.), per le quali si rinvia al testo normativo, nonché la creazione di un nuovo strumento giuridico: il certificato successorio europeo.

Concentrandosi sul documento successorio in-trodotto dall’art. 62, reg. e ampiamente regolato quanto a domanda, rilascio, contenuto, effetti e procedure per la sua rettifica, impugnazione e so-spensione dagli articoli seguenti (artt.63-73,reg.) risulta subito evidente che il certificato successo-rio europeo ha prevalentemente finalità probatorie producendo i suoi effetti in tutti gli stati membri che abbiano adottato il regolamento 650/2012.2

di Maddalena Ferrari notaio

1 L’art. 84 precisa che il regolamento si applica a decorrere dal 17 agosto 2012 mentre dal 16 gennaio 2014 per gli artt. 77 e 78 e dal 5 luglio 2012 per gli

artt. 79, 80 e 81; Vedi inoltre l’art. 83, reg. che regola le ipotesi di regime intermedio e l’assoggettabilità al regolamento delle disposizioni a causa di morte

in conformità al disposto del capo III del regolamento fatte anteriormente alla data prevista per la sua applicazione.

2 Si precisa che Regno Unito, Irlanda e Danimarca non hanno adottato il regolamento 650/2012 anche se Irlanda e Regno Unito potranno successivamente

notificare la loro accettazione una volta adottato il regolamento stesso (art. 82, reg.).

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Nell’ottica della normativa in esame (art. 63, reg.), il certificato “può essere utilizzato, in parti-colare, per dimostrare”, in altro stato membro ed in modo più pregnante e veloce rispetto all’esisten-te, “la qualità di erede e/o i diritti di ciascun erede ovvero di ciascun legatario” nonché l’attribuzio-ne dei beni ereditari alla/e persona/e indicata/e nel certificato come erede/i o legatario/i e i poteri dell’eventuale esecutore testamentario/ammini-stratore di eredità, legittimando così la persona indicata a compiere le attività derivanti dalla qua-lifica accertata dal CSE.

Per dirlo con le parole del legislatore comuni-tario ”si presume che il certificato dimostri con esattezza gli elementi accertati in base alla legge applicabile alla successione” (art. 69, par. 2, reg.).

Da qui si sottolinea che nel nostro ordinamen-to, a parte le regioni dove vige il sistema tavola-re in cui sussiste già un certificato di eredità, di formazione esclusivamente giudiziaria, in cui il giudice è l’unico titolato a verificare le dichiara-zioni dell’erede al fine dell’immissione nei beni ereditari, non esiste un documento che, nella sua circolazione, possa attestare la qualità di erede fino a prova contraria.

Guardando all’atto di notorietà risulta di im-mediata evidenza che lo stesso, non provando di per sè l’oggetto della dichiarazione resa davanti al pubblico ufficiale competente, costituisce cer-tamente un minus rispetto al CSE.

In argomento si sottolinea che la Suprema Corte, con la recente sentenza n. 29830/2011, ha precisato che l’atto notorio (escluse le finalità amministrative previste da alcune norme speci-fiche) “in sede di giurisdizione ordinaria non ha nessuna rilevanza quando venga prodotto in giu-dizio in funzione probatoria” e che lo stesso ”non dà luogo ad una presunzione legale sia pure juris tantum circa la spettanza delle indicate qualità di erede o di legatario ma integra un mero indizio che deve essere comprovato da altri elementi di giudizio”.

In ambito successorio per la verità l’atto noto-rio assume connotati diversi a seconda degli Stati

membri. In Francia ad esempio ha una rilevanza e un contenuto più ampio, facendo fede fino a pro-va contraria (art. 730-3, code civil) in un’accezio-ne più simile a quella del certificato di eredità co-nosciuto dagli ordinamenti di stampo germanico anche perché l’acte de notoriété è incentrato sulle prove documentali prodotte dai richiedenti più che sulle dichiarazioni facoltative dei testimoni.3

Si sottolinea inoltre che l’ordinamento francese ha previsto il notaio quale unica autorità compe-tente a ricevere l’atto di notorietà dal quale risulti la prova della qualità di erede.4

Tra le altre caratteristiche del certificato in og-getto si evidenziano le seguenti:- non è necessario alcun procedimento o adempi-mento ulteriore sia per il rilascio che per l’esplica-zione degli effetti attribuiti al CSE dal regolamen-to, così come previsto dallo stesso art. 69, reg. e dall’art. 74, reg. che esclude espressamente la legalizzazione o qualunque altra forma analoga per tutti i documenti emessi in uno Stato mem-bro ai sensi del regolamento 650/2012;- non è obbligatorio (art. 62, par. 2, reg.);- ottempera al principio di sussidiarietà pertanto non sostituisce gli altri documenti già esistenti, previsti dalla legislazione interna e “utilizzati per scopi analoghi, negli stati membri” anche se una volta rilasciato per essere utilizzato in un altro Stato membro, il certificato “produce gli effetti… anche nello stato membro le cui autorità lo han-no rilasciato” (art. 62, par. 3, reg.);- è un certificato uniforme (il regolamento in pro-posito prevede il ricorso a un modello standard non ancora pubblicato (considerando 76, art. 80, reg.);- secondo l’art. 69, par. 5, reg. “il certificato costi-tuisce titolo idoneo per l’iscrizione di beni eredi-tari nel pertinente registro di uno stato membro fatto salvo l’art. 1, par. 2, lettere k) e l)” che esclu-de dall’ambito di applicazione del regolamento in oggetto “qualsiasi iscrizione in un registro su beni mobili o immobili compresi i requisiti… e gli effetti…”.

La previsione della non obbligatorietà e della

INTERNAZIONALE

3 Vedi A. Fusaro, “L’espansione dell’autonomia privata in ambito successorio nei recenti interventi legislativi francesi ed italiani”, relazione presentata in

occasione del XVIII Colloquio biennale AIDC, “Patrimonio,persona e nuove tecniche di governo del diritto. Incentivi,premi,sanzioni alternative”, Ferrara 10-12

maggio 2007, pp. 8 e ss; vedi per una panoramica sui certificati successori: E. Calò, Le successioni nel diritto internazionale privato, IPSOA, 2007, pp. 185 e ss.

4 Art.230-1 c.c. modificato dall’art.9,L. n.2007-1787.

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coe sistenza del CSE con tutti gli altri atti previ-sti dalla legislazione di ogni stato UE (che abbia adottato il regolamento) diretti a produrre i mede-simi effetti, pone non pochi problemi.

Forse il difficile rapporto tra il CSE e l’altro atto interno volto ad attestare la qualità di erede po-trebbe trovare una soluzione nello stesso dispo-sto dell’articolo che individua quale autorità com-petente per il rilascio del certificato successorio quella dello stato membro “i cui organi giurisdi-zionali sono competenti a norma dell’articolo 4, dell’articolo 7, dell’articolo 10 o dell’articolo 11” (art. 64, reg.). Secondo tale norma, nel caso della successione regolata dalla legge determinata ai sensi dell’art. 4, reg., competente al rilascio sarà l’autorità che, individuata sulla base della legge nazionale di riferimento, operi nello stato di re-sidenza abituale del de cuius. Da qui, una volta richiamato il disposto dell’art. 62, par. 3, reg., ne conseguirebbe che gli “altri documenti interni utilizzati per scopi analoghi” possano produrre gli effetti loro già propri, nell’altro Paese mem-bro, solo se rilasciati dall’autorità competente a disciplinare l’intera successione.

In altre parole, il documento interno volto a pro-vare la qualità di erede nel Paese membro dove si trovino beni successori del cittadino abitualmen-te residente in altro Stato UE potrebbe produrre i suoi effetti solo qualora l’autorità di rilascio sia competente ai fini della legge regolatrice della successione secondo il regolamento 650/2012.

In riferimento all’idoneità del CSE quale titolo per l’iscrizione nei registri di altro Stato membro UE, è già stato osservato5 che il disposto dell’art. 69, par. 5, reg. andrebbe letto insieme a quello dei considerando 18 e 19, presentando diverse problematiche sia in punto di diritto che in me-rito all’eseguibilità dell’iscrizione, la quale co-munque dovrebbe continuare a essere regolata quanto a requisiti, effetti e autorità incaricate per la verifica dei suoi requisiti, dalla legge dello stato in cui è tenuto il relativo registro.

Occorre tenere presente poi, a tal proposito, tutte le tematiche relative al “ginepraio” di come

debba interpretarsi oggi, nel nostro ordinamen-to, il principio del numerus clausus dei diritti rea-li (locuzione tra l’altro espressamente usata nel considerando 15), anche alla luce del possibile riconoscimento a mezzo del criterio di “adegua-mento per equivalente” al diritto reale più vicino (art. 31, reg. e considerando 16, reg.), del diritto reale “sconosciuto” costituitosi in altro Stato UE, senza poi considerare le questioni in merito alla sua trascrivibilità (a prescindere dall’applicazione del regolamento in esame).

Relativamente al contenuto del CSE innanzi-tutto occorre sottolineare l’ampiezza delle infor-mazioni che possono essere fornite in forza delle indicazioni previste dall’art. 68 del regolamento.

In merito ai singoli elementi previsti, si pone l’attenzione sulla previsione normativa dell’indi-cazione dei dati relativi alle eventuali convenzioni matrimoniali stipulate dal de cuius e al regime pa-trimoniale tra coniugi, utile per una facile reperi-bilità del dato in sede di successiva circolazione ad esempio di bene immobile ereditario.

L’indicazione della legge applicabile alla suc-cessione nel suo complesso e degli elementi sulla cui base è stata determinata saranno utili per evi-tare o quantomeno ridurre future possibili liti.

L’elenco, contenuto nel certificato, dei beni e/o dei diritti spettanti a ogni legatario (art. 68, lett. m), reg.) e “se del caso” l’elenco dei diritti e/o beni spettanti a ogni erede (art. 68, lett. l), reg.) potrebbe poi essere utile allo scopo di indicare l’insieme dei beni compresi nella successione in un unico documento rilevante sotto il profilo civi-listico (e non solo fiscale come la dichiarazione di successione) soprattutto per un possibile utilizzo del CSE a fini pubblicistici.6

L’indicazione dell’esecutore testamentario/am-ministratore dei beni ereditari e soprattutto l’indi-cazione e l’estensione dei suoi poteri avrebbero la conseguenza di sveltire e non di poco le verifiche da parte dell’operatore del diritto quale il notaio.

Da ultimo si sottolinea che le decisioni adotta-te dall’autorità di rilascio del CSE possono esse-re oggetto di ricorso e sono impugnabili davanti

INTERNAZIONALEINTERNAZIONALE

5 Vedi “Prime note sulle questioni di maggior interesse notarile” in merito al regolamento UE 650/2012,coordinate da P.Pasqualis, in CNN Notizie del 3

settembre 2012.

6 In questo senso il CSE potrebbe essere utilizzato per risolvere il problema della trascrivibilità dell’elenco completo dei beni immobili oggetto di successione

nell’ottica della continuità delle trascrizioni, o almeno come pubblicità notizia.

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alla competente autorità giudiziaria (artt. 72, 73, reg.) e sebbene non siano frutto di una procedura di assunzione della prova in giudizio, comunque integrano un documento stragiudiziale destinato a incrementare la sicurezza dei traffici giuridici internazionali.

Immaginando l’ampio utilizzo che il CSE di fat-to potrà avere nella pratica corrente si sottolinea l’importanza della scelta che dovrà effettuare il legislatore nazionale, nella sua opera di confor-mare il diritto interno alle regole comunitarie nel prossimo triennio, in merito all’autorità cui attri-buire la competenza del suo rilascio.

Il rimando alla nostra professione in ambito successorio relativamente al ruolo di operatori esperti in questo campo e più in generale in ma-teria immobiliare sotto i profili della pubblicità dei diritti e in generale in materia successoria è per una volta contenuto esplicitamente, tra gli altri, nei considerando 18, 21, 22 e 70 mentre sembra potersi leggere tra le righe dello stesso disposto dell’art. 64 lettera a) che attribuisce la competenza al rilascio del CSE a “un organo giu-risdizionale quale definito dall’art. 3, par. 2, reg.” e cioè “qualsiasi autorità giudiziaria e… i profes-sionisti legali competenti… purchè tali professio-nisti legali offrano garanzie circa l’imparzialità e il diritto di audizione delle parti”.

Inoltre lo stesso art. 64 lettera b), reg. recita quale possibile autorità alternativa per il rilascio del certificato successorio europeo “un’altra au-torità che in forza del diritto nazionale è compe-tente in materia di successione”.

Il considerando 20, d’altro canto, nel definire,

sempre in senso ampio, cosa debba intendersi per organo giurisdizionale ai fini del regolamento in esame, si riferisce ai notai quali soggetti inclu-si in tali organi nei casi in cui esercitano funzio-ni giudiziarie in una data successione per delega di competenza di un organo giurisdizionale ed escludendoli da questa qualifica qualora agisca-no come autorità abilitate dalla legge nazionale a trattare questioni di successione quando non esercitino funzioni giudiziarie.

Al di là di questo discrimen, per sottolineare l’attitudine del notariato al fine di poter essere annoverato tra le autorità di cui all’art. 64 del regolamento,7 si rinvia a tutte le attività svolte in alternativa all’autorità giudiziaria in tema di ac-cettazione e rinuncia di eredità nonché da ultimo il rafforzamento dell’intervento notarile in merito alla formazione dell’inventario con l’introduzio-ne del nuovo comma dell’art. 769 c.p.c. di cui alla L 10/2012, che attribuisce alle parti il potere di nominare direttamente il notaio al quale sia richiesta la redazione dell’inventario di eredità senza dover ricorrere ad alcun provvedimento giudiziale di nomina. In relazione alle attività de-legate va da sé il richiamo dell’art 786 c.p.c. in cui il giudice, anche nel corso delle operazioni di divisione ereditaria, può “delegarne la direzione ad un notaio”.

In realtà la scelta del notaio quale autorità com-petente al rilascio del certificato in oggetto po-trebbe desumersi anche dalle assonanze rilevabi-li tra il CSE e l’atto pubblico notarile pur restando la qualificazione della sua natura giuridica in tal senso, allo stato dell’arte, ancora un’ipotesi.8

INTERNAZIONALE

7 Già nelle “Prime note sulle questioni di maggior interesse notarile”, cit., si sottolinea come “laddove non sia già previsto dal legislatore nazionale come

ad es. Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia, i notariati dei diversi paesi europei contano di poter essere inseriti dai propri legislatori tra le autorità com-

petenti al rilascio”.

8 Si vedano in proposito gli articoli presenti nel corpo del regolamento che si preoccupano di definire il documento “atto pubblico” e la sua libera circo-

lazione nello spazio giuridico UE (artt.3 ,lett. i), 59 e 60, reg., considerando 8 e 22), nonché la stessa norma sulla conservazione e il rilascio delle copie del

certificato. L’art.70, reg. in proposito prevede che “l’autorità di rilascio conserva l’originale e ne rilascia una o più copie autentiche al richiedente o a chi

dimostri di avervi interesse”; vedi anche: “Prime note sulle questioni di maggior interesse notarile”, cit. e P.Pasqualis , “Successioni, certificato di eredità e

circolazione in Europa dell’atto pubblico notarile”, in Notariato n. 5, ottobre 2012, p. 495 e ss.

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ARGOMENTI

Il fabbisogno crescente di energia, l’aumento dei costi di produzione e l’attenzione all’impatto am-bientale hanno fatto crescere l’interesse per le fonti alternative e pulite, poi accresciuto ancor di più dall’introduzione delle tariffe incentivanti.

Ne è derivata una notevole spinta alla realizzazione di impianti capaci di sfruttare le fonti rinno-vabili non fossili (vale a dire energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas), impianti qualificabili come “ecologici” in quanto “il loro utilizzo attuale non pregiudica la disponibilità nel futuro del vento, del sole o delle maree e delle altre risorse riproducibili”.1

di Giampiero Petteruti notaio

focus sugli impianti fotovoltaici prima parte

LA SECONDA PARTE VERRÀ PUBBLICATA SUL NUMERO DI GENNAIO 2013

1 Art. 2 D. Lgs. 3 marzo 2011, n. 28: “‘Energia da fonti rinnovabili’: energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare,

aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas”.

ARGOMENTI

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2020

Si noti, però, che la diffusione di impianti solari di ampie dimensioni, necessari per fornire misure di energia economicamente rilevanti, fa ritornare il problema dell’impatto ambientale, questa volta non sull’atmosfera bensì sul suolo ma non per questo di minor rilievo: si vedano le pannellature per migliaia di metri quadrati che modificano il panorama rurale, facendo nascere specchi lacustri senza acque e ponendo problemi nuovi pure in tema di assetto del territorio.

Tali “nuove” metodiche, anche ove funzionali alla produzione per fabbisogno diretto, originano pro-blematiche a loro volta nuove. Lo si vede su due fronti: nell’intreccio di negoziazioni tra proprietari, installatori, enti di gestione dell’energia e finanziatori; e nell’inquadramento civilistico, catastale e fiscale degli impianti.

In questo contributo ci occuperemo delle problematiche di interesse notarile riguardanti gli impianti fotovoltaici.

Innanzi tutto si segnalano le principali fonti normative

In ambito comunitario, i capisaldi sono la direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001 e la direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009.

Nell’ordinamento interno la principale fonte è il D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE, come modificato e integrato dal D. Lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (con cui è stata recepita la direttiva 2009/28/CE), cui hanno fatto seguito vari decreti ministeriali, tra i quali quelli datati 28 luglio 2005, 6 febbraio 2006 (primo conto energia), 19 febbraio 2007 (secondo conto energia), 6 agosto 2010 (terzo conto energia), 5 maggio 2011 (quarto conto energia) e 5 luglio 2012 (quinto conto energia), nonché il D. M. 10 settembre 2010 (“Linee guida per il procedimento di cui all’articolo 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 per l’autorizzazione alla costruzione e all’eser-cizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi”).

A livello regionale, concorrono le disposizioni emanate in attuazione dell’art 12 del D. Lgs. 387/2003, che attribuisce alle Regioni la facoltà di procedere all’indicazione di aree e siti non idonei all’installa-zione di specifiche tipologie di impianti, in attuazione delle linee guida adottate con il D. M. 10 settem-bre 2010 sopra citato.

Trattandosi di installazioni di manufatti, rilevano anche le regole urbanistiche e la speciale di-sciplina portata dal D. Lgs. n. 28 del 3 marzo 2011: “1. la costruzione e l’esercizio di impianti di pro-duzione di energia da fonti rinnovabili sono disciplinati secondo speciali procedure amministrative semplificate, accelerate, proporzionate e adeguate, sulla base delle specifiche caratteristiche di ogni singola applicazione. 2. L’attività di cui al comma 1 è regolata, secondo un criterio di proporzionalità: a) dall’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, come modificato dall’articolo 5 del presente decreto; b) dalla procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6, ovvero c) dalla comunicazione relativa alle attività in edilizia libera di cui all’articolo 6, comma 11”.

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Infine, vengono in rilievo le regole relative all’esercizio dell’attività produttiva (licenza di eser-cizio dell’“officina elettrica”, con cessione parziale dell’energia alla rete; oppure con cessione totale dell’energia alla rete) (artt. 53 e 53-bis del D. Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504).

In questa cornice, i professionisti del diritto e le Agenzie fiscali sono sollecitati a dare risposte agli operatori interessati ad approfondire i profili civilistici e tributari della “novità”, per valutarne costi economici e costi giuridici. In particolare, considerato il fabbisogno di strumenti contrattuali per ac-quisire e trasferire “diritti di installazione” e manufatti, finanziare la realizzazione degli impianti e disciplinare i rapporti tra produttori di energia ed enti di sua distribuzione, viene chiamato in campo il notaio a fornire il suo ministero per regolare nel modo più efficiente l’assetto degli interessi.

All’ordine del giorno ci sono, perciò, in prima battuta i contratti per l’acquisizione dei diritti di al-locazione degli impianti; in seconda battuta, una volta superata la fase della realizzazione, quelli di trasferimento o concessione in godimento di tali impianti e quelli di negoziazione dei crediti verso il “Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A.”. Tutte regolamentazioni che devono trovare gli equilibri tra regolarità, sicurezza e costi.

Di qui l’interesse a tracciare un quadro complessivo che tocchi i punti salienti, partendo dalla na-tura mobiliare/immobiliare degli impianti e passando ai temi della regolarità catastale (degli impianti e dei beni su cui essi siano allocati o cui accedano), della funzionalità e fiscalità delle varie tecniche negoziali (per l’allocazione e il mantenimento degli impianti fotovoltaici su bene altrui e per la gestione dei crediti verso il GSE).

1. Natura immobiliare o mobiliare?

Il dibattito sulla natura mobiliare/immobiliare dell’impianto fotovoltaico, acceso dalle contrastanti posizioni delle Agenzie del Territorio e delle Entrate, ha una sua ragion d’essere sul piano generale a causa della ricorrente istanza (soprattutto per le operazioni di leasing e di finanziamento in genere) di assicurarsi il dominio dell’impianto anche ove lo si realizzi su beni altrui. Istanza che, in rapporto all’art. 952 c.c., è destinata a essere soddisfatta nei limiti in cui all’impianto si attribuisca la natura ci-vilistica di “costruzione”, da cui discenderebbe quella natura immobiliare, propria della “costruzione” che si ricava dall’art. 934 c.c. a proposito delle opere “incorporate” meccanicamente con il suolo.2 I due concetti appaiono strettamente collegati: perché vi sia costruzione, occorre che l’opera sia fissata al suolo; se fissata al suolo, l’opera è un bene immobile, ai sensi dell’art. 812 c.c.

Si nota che in questo ambito disciplinare la nozione di costruzione ha un valore diverso che in cam-po urbanistico, posto che in quest’ultimo non è indispensabile l’incorporazione, bastando la destina-zione stabile e non temporanea a soddisfare una funzione urbanisticamente rilevante.

Eppure, le questioni insorte a proposito della natura del “bene-impianto” sono con tutta probabilità indotte da un’istintiva riluttanza a considerare immobile un bene dalla struttura sovente minimale, nonché dalla sua attitudine a essere smontato e rimontato per essere allocato altrove pur mantenen-do la funzionalità. Si dubiterebbe, in tal senso, della natura immobiliare così come si dubiterebbe ri-guardo ad altri manufatti che, pur ancorabili, possano essere smontati e spostati senza perdere le loro caratteristiche. Però, è chiaro come tale istintiva percezione risulti fallace alla luce dell’art. 812 c.c., il

2 M. PARADISO, L’accessione al suolo, Milano, 1994, p. 23 e ss.

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quale, occupandosi della bipartizione a tutti ben nota, fornisce strumenti definitori che, di fronte alla materia qui esaminata, non consentono di escludere dal novero degli immobili un manufatto solo perché astrattamente suscettibile di uno smontaggio che lo separi dal “bene madre” mediante un procedimento inverso alla costruzione e lo riconduca alla primitiva forma dei componenti originaria-mente separati e “mobili”. Altrimenti, fatta eccezione per gli immobili “naturali” (suolo, con relativi alberi, corsi d’acqua e sorgenti privi di autonomia rispetto al suolo che li incorpori, argomentando dall’art. 956 c.c.),3 tutte le opere umane infisse al pianeta sarebbero da considerare nella loro dimen-sione transeunte e non immanente e quindi immobili solo “temporaneamente” e fino all’eventuale distacco (in tal senso assumendo che l’originaria natura mobile delle singole componenti, in quanto reversibile, non sia influenzata dall’aggregazione).

In realtà, il criterio codicistico, sottendendo una ben precisa scelta, astrae dall’eventualità del di-stacco e punta sul mero collegamento stabile al suolo di beni che pure potrebbero essere considerati “autonomi”, benché incorporati o immobilizzati.4 Di più: nel caso dei manufatti galleggianti, non infissi al suolo, la natura di immobile discende, per legge, dall’ormeggio sicuro (immobilizzazione) e dalla destinazione funzionale, a dispetto della natura fisica essenzialmente mobiliare (posto che un galleggiante è un mobile che più mobile non si può).

In effetti, al di là dei beni “naturalmente immobili” come il suolo (o sue mere parti, come sopra), per integrare l'immobile basta che si tratti di entità (qualificabili come “costruzioni”) diverse dal suolo ma ad esso unite (argomentando dall’art. 952 c.c.) e destinate a rimanervi per soddisfare una esi-genza non istantanea. Sicché l’impianto fotovoltaico – se collocato al suolo, o su edifici (visti come prolungamenti del primo) e se dotato di un ancoraggio che ne garantisca l’unione stabile - confluisce nella categoria dei beni immobili, salvo stabilire se quella unione ne determini lo stemperamento economico-giuridico nel bene cui acceda o ne consenta ancora una individuazione giuridica autono-ma. Questione, quest’ultima, da riprendere a proposito dei profili catastali.

Sul carattere in esame non influisce il trattamento che il legislatore riserva alla realizzazione dell’impianto in campo urbanistico/edilizio, allorché articola i relativi permessi con un criterio di pro-porzionalità alla potenza di picco (kWp), andando dall’attività edilizia libera (art. 6, comma 11 D. Lgs. n. 28/2011), alla PAS (Procedura abilitativa semplificata) (art. 6 D. Lgs. n. 28/2011) o all’Autorizzazione Unica (art. 12 D. Lgs. n. 387/2003 e art. 5 D. Lgs. n. 28/2011). Infatti, benché la disciplina urbanistica sia rivolta principalmente alle “costruzioni” (nel senso sopra accennato ma ancora infra-specificato) e agli interventi edilizi/urbanistici, essa contempla e regola anche l’installazione di manufatti, strut-ture e impianti che, pur non essendo vere e proprie opere “edili”, rilevano per il loro carattere non temporaneo. Valga per tutti l’esempio della roulotte installata per soddisfare esigenze non meramente temporanee (art. 3 T.U. Edilizia), la quale, benché non unita o ancorata, ma solamente appoggiata al suolo, è urbanisticamente qualificata come “costruzione” (ma non lo è in senso civilistico e non subisce l’accessione; così come non la subisce l’installazione della tenda da circo, che, pur ancorata, manca della destinazione non temporanea).

Civilisticamente diverso sarebbe il caso dell’impianto fotovoltaico solamente “appoggiato” al suolo e non ancorato, la cui “proprietà” non sarebbe toccata dalle regole dell’accessione, pur essendo esso urbanisticamente attratto alla disciplina delle “costruzioni”.5

3 SCOZZAFAVA, “Dei Beni”, in Il Codice civile. Commentario, diretto da Schlesinger, Milano, 1999, p. 45.

4 SCOZZAFAVA, “Dei Beni”, in Il Codice civile. Commentario, diretto da Schlesinger, Milano, 1999, pp. 42 e ss.; cfr. D’ADDINO SERRAVALLE, in Cod. Civ.

Annotato, a cura di Perlingieri, sub art. 812, Napoli, 2010, pp. 11 e ss.

5 Nelle fattispecie di confine risulta ovviamente difficoltoso applicare i criteri generali. Così, stabilire se un edificio abbia bisogno di fondazioni per essere

considerato costruzione non appare agevole.

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6 In campo catastale, cfr. art. 3 comma 3 D.M. n. 28/1998, ai sensi del quale “a meno di una ordinaria autonoma suscettibilità reddituale, non costituiscono

oggetto di inventariazione i seguenti immobili: a) manufatti con superficie coperta inferiore a 8 m2; b) serre adibite alla coltivazione e protezione delle piante

sul suolo naturale; c) vasche per l’acquacoltura o di accumulo per l’irrigazione dei terreni; d) manufatti isolati privi di copertura; e) tettoie, porcili, pollai,

casotti, concimaie, pozzi e simili, di altezza utile inferiore a 1,80 m, purché di volumetria inferiore a 150 m3; f) manufatti precari, privi di fondazione, non

stabilmente infissi al suolo”.

7 Studio Tributario n. 35-2011/T, Profili fiscali degli atti relativi agli impianti fotovoltaici, Approvato dalla Commissione studi tributari il 15 luglio 2011, in

CNN Notizie, Notiziario d’informazione del Consiglio Nazionale del Notariato, del 05/10/2011.

2. Aspetti catastali

Considerata la rilevanza attualmente attribuita alle regole catastali, è d’obbligo darvi uno sguardo.La possibile minimalità di un’opera può astrattamente determinare una rilevanza marginale del ma-nufatto6 che non lo faccia assurgere catastalmente ad entità autonoma e lo caratterizzi, di volta in volta, come avente portata meramente modificativa del bene che lo “ospiti” oppure come accessorio, ecc., così potendolo relegare tra i beni catastalmente irrilevanti.

All’estremo opposto, una dimensione rilevante è capace di far assurgere l’impianto a “bene princi-pale”, rispetto al quale le opere edilizie vere e proprie (basamenti, involucri, coperture ecc.) possano scadere al rango di elementi meramente ancillari. È il caso dell’impianto di elevata potenza, in cui la destinazione funzionale del tutto fa prevalere il profilo produttivo, relegando in secondo piano il manufatto edilizio. Ma è anche il caso dell’impianto eseguito su bene altrui, la quale evenienza non consente più di parlare di accessorio, pertinenza, parte di cosa ecc.

In merito, la caratteristica del “bene”, ove non allocato all’interno di una classica struttura “chiu-sa”, e la particolarità di consistere spesso in pochi elementi strutturali e non di rado connessi in modo reversibile, hanno causato incertezze nella prassi amministrativa. Invero, sono emerse posizioni non uniformi assunte dall’Agenzia delle Entrate e dall’Agenzia del Territorio, come già accennato. Quest’ultima, prendendo in esame la fattispecie dal punto di vista degli obblighi di accatastamento gravanti sul titolare dell’impianto, ritenne, con la Ris. 6.11.2008 n. 3/T, che gli impianti fotovoltaici fossero idonei ad essere qualificati come unità immobiliari da censire nella categoria "D/1” (opifici), equiparati alle centrali elettriche a turbine, oppure inidonei ad assumere autonoma rilevanza catasta-le costituendo semplici pertinenze delle unità immobiliari cui accedano, se aventi modesta potenza e destinati prevalentemente ai consumi domestici.

In senso sostanzialmente opposto si pronunciò l’Agenzia delle Entrate fin dalla Circ. 19.7.2007 n. 46/E, ritenendo che “l’impianto fotovoltaico situato su un terreno, non costituisce impianto infisso al suolo, in quanto normalmente i moduli che lo compongono (i pannelli solari) possono essere age-volmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità”. E anche successivamente la stessa agenzia, ritornando sulla questione con la Circ. 23.6.2010 n. 38/E (punto 1.8 a), ha ulteriormente precisato che detti impianti, ancorché “stabilmente” e “definitivamen-te” incorporati al suolo (e quindi, civilisticamente, beni immobili ai sensi dell’art. 812 c.c.), debbono essere pur sempre considerati beni mobili “purché possano essere rimossi e utilizzati per le medesi-me finalità senza ‘antieconomici’ interventi di adattamento” (per tale concetto si è richiamata l’analo-ga impostazione adottata dalla Circ. 11.4.2008 n. 38 relativa agli impianti aventi diritto al beneficio del credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate ai sensi della legge 296/2006). Come è stato notato,7 da tale posizione deriverebbe l’emersione a livello tributario di una categoria, sconosciuta al codice civile, di beni che in quanto stabilmente incorporati al suolo dovrebbero ritenersi “immobili”, ma che potrebbero equipararsi ai beni mobili nella misura in cui ne sia agevole la separazione senza alterarne la funzionalità/riutilizzabilità in altro contesto. Di qui la efficace boutade sulla natura mobi-liare o immobiliare della Tour Eiffel, estensibile, a voler esagerare, anche al mausoleo di Abu Simbel e, proseguendo nella provocazione, pure ai grattacieli in acciaio dotati di scheletro imbullonato.

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È pur vero che l’Agenzia delle Entrate, con circolare 11 marzo 2011 n. 12 (relativa ai criteri di appli-cazione dell’imposta sostitutiva ex art. 1 comma 16 della legge n. 220 del 2010 riguardo ai contratti di leasing immobiliari in corso al 1° gennaio 2011), ha affermato che tale imposta dovesse applicarsi anche ai contratti di leasing stipulati per gli impianti fotovoltaici, così ascrivendoli ai leasing “immo-biliari” e riconoscendo implicitamente la natura immobiliare dell’impianto. In tal modo, le posizioni delle due agenzie hanno registrato un momento di “concordia ritrovata”.

Per i profili catastali che qui interessano, una soluzione univoca non è però rinvenibile in assoluto, in quanto l’inquadramento dei beni in parola è influenzato dall’entità dell’impianto, aspetto sul quale recenti documenti di prassi parrebbero aver messo dei punti fermi. Si menzionano, da un lato, la Risoluzione 10 agosto 2012 n. 84/E dell’Agenzia delle Entrate e dall’altro la nota 22 giugno 2012 n. 31892 dell’Agenzia del Territorio.

Accantonando la prima, in quanto rivolta a fornire indicazioni sul “regime fiscale” in materia di imposte dirette e sulla qualificazione della produzione di energia da parte di condomìni, è la seconda a tracciare in modo puntuale le vere e proprie regole di accatastamento, le quali, in quanto “disposi-zioni vigenti in materia catastale”, esplicano il ruolo assegnato dall’art. 19 D. L. n. 78/2010 (conv. in L. 122/2010)8 e incidono in misura certo superiore alla loro teorica ininfluenza sul dibattito civilistico. Per i profili che qui interessano, è da esse regole che appare opportuno partire, considerato il peso che il legislatore ha loro attribuito in tema di “conformità catastale”, condizionando la validità di scritture private autenticate e atti pubblici alla dichiarazione resa in atti dagli intestatari della “conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti”.

Ebbene, le regole contenute nella nota 31892/2012 dell’Agenzia del Territorio mettono in evidenza che gli impianti a pannelli fotovoltaici devono essere accertati nella categoria “D/1 - opifici” (o nella categoria D/10, in caso di impianto “agricolo”), essendo irrilevante l’ipotetica facile amovibilità, ma operandosi, nel merito, varie distinzioni e precisazioni che qui si sintetizzano:

a) ai fini dell’obbligo di accatastamento e della determinazione della rendita catastale di un impianto fotovoltaico non è fondamentale esclusivamente la facile amovibilità delle sue varie componenti im-piantistiche, quanto, piuttosto, la capacità delle stesse, in rapporto con le altre porzioni immobiliari, di produrre un reddito ordinario, temporalmente rilevante;b) con riferimento alle installazioni fotovoltaiche architettonicamente integrate o parzialmente inte-grate (art. 2 D. M. 19 febbraio 2007) e a quelle realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio urbano, non sussiste l’obbligo di accatastamen-to come unità immobiliari autonome, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili. In proposito, è necessario procedere, con dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita catastale dell’unità immobiliare a cui l’impianto risulta integrato, allorquando lo stesso ne incrementa il valore capitale (o la relativa redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15% o superiore;c) nel caso in cui sorga la necessità, per finalità civilistiche, di individuare separatamente il fabbricato e l’installazione fotovoltaica realizzata sulla copertura, si procede preliminarmente a individuare con su-balterno il lastrico solare, oggetto di trasferimento/costituzione di diritti reali. Successivamente, ultima-

8 I documenti di prassi relativi alle procedure catastali e ai presupposti di censimento vengono ascritti anch’essi alle “disposizioni vigenti in materia

catastale”, estensivamente intese. Cfr. Circolare del CNN sulla legge n. 122 del 2010, in CNN Notizie del 6.12.2010, § 1 e Circ. Ag. Territorio 3/2010 del

10.8.2010.

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25ARGOMENTI

ta la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, si presenta la dichiarazione di variazione in categoria D;d) non hanno autonoma rilevanza catastale, e costituiscono semplici accessori delle unità immo-biliari, le porzioni di immobili ospitanti gli impianti di produzione di energia di modesta entità in termini dimensionali e di potenza, quali, ad esempio, quelli destinati prevalentemente ai consumi domestici delle abitazioni; e) non sussiste alcun obbligo di dichiarazione al catasto, qualora sia soddisfatto almeno uno dei seguenti requisiti:- la potenza nominale dell’impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt;- la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall’impianto, indipendentemente dalla circostan-za che sia installato al suolo, ovvero sia architettonicamente o parzialmente integrato a immobili già censiti al catasto edilizio urbano;- per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall’intera area destinata all’interven-to (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall’altezza relativa all’asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m, in coerenza con il limite volume-trico stabilito all’art. 3, comma 3, lettera e) del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28.f) secondo l’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la produzione di energia è “at-tività agricola per connessione” ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile. In materia, si veda la circolare n. 32 del 6 luglio 2009, che ha individuato specifici criteri premettendo che la pro-duzione di energia in parola, “... trattandosi di attività agricola ‘connessa’ presuppone, comunque, un collegamento con l’attività agricola principale”.

Riguardo ai requisiti oggettivi che devono essere soddisfatti affinché la produzione di energia da fonti fotovoltaiche possa essere assimilata ad attività agricola connessa, la medesima circolare in-dica che:

- la produzione di energia fotovoltaica derivante dai primi 200 KW di potenza nominale complessiva, si considera in ogni caso connessa all’attività agricola;- la produzione di energia fotovoltaica eccedente i primi 200 KW di potenza nominale complessiva, può essere considerata connessa all’attività agricola nel caso sussista uno dei seguenti requisiti:a) la produzione di energia fotovoltaica derivi da impianti con integrazione architettonica o da im-pianti parzialmente integrati, come definiti dall’articolo 2 del D. M. 19 febbraio 2007, realizzati su strutture aziendali esistenti.b) il volume d’affari derivante dall’attività agricola (esclusa la produzione di energia fotovoltaica) deve essere superiore al volume d’affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 Kw. Detto volume deve essere calcolato senza tenere conto degli incentivi erogati per la produzione di energia fotovoltaica;c) entro il limite di 1 Mw per azienda, per ogni 10 Kw di potenza installata eccedente il limite dei 200 Kw, l’imprenditore deve dimostrare di detenere almeno 1 ettaro di terreno utilizzato per l’attività agricola.

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In coerenza con i principi finora esposti, agli impianti fotovoltaici realizzati su fondi agricoli, che sod-disfano i requisiti sopra richiamati, deve essere riconosciuto il carattere di ruralità.

In sintesi si deve cioè accertare che:- esista l’azienda agricola, ossia si riscontri la presenza di terreni e beni strumentali che congiunta-mente siano, di fatto, correlati alla produzione agricola;- l’energia sia prodotta dall’imprenditore agricolo, nell’ambito dell’azienda agricola;- l’impianto fotovoltaico sia posto nel comune ove sono ubicati i terreni agricoli, o in quelli limitrofi;- almeno uno dei requisiti oggettivi, richiamati al paragrafo 4 della citata circolare n. 32 del 2009, sia soddisfatto.

Pertanto, alle installazioni fotovoltaiche, censite autonomamente (in quanto integranti unità im-mobiliare) per le quali sussistono i requisiti per il riconoscimento del carattere di ruralità, è attribuita la categoria “D/10 - fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole”.

Tenuto conto di quanto sopra, la negoziazione di un terreno, senza menzionare l’impianto fotovoltai-co che eventualmente vi insista, corre il rischio di essere colpita, almeno riguardo all’impianto, dalla sanzione di nullità di cui all’articolo 29 comma 1-bis della legge 27 febbraio 1985, n. 52. Sicché una accorta tecnica redazionale degli atti di trasferimento dovrà dar conto della esistenza/inesistenza di impianti aventi caratteristiche che ne comportino l’accatastamento come unità immobiliari.

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Il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 (le cui norme peraltro non sono mai entrate in vigore in quanto il termine di decorrenza era previsto decorsi 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione e ciò, verosimilmen-te, per evitare una serie di problematiche di diritto intertemporale, che poi si sono comunque puntualmente verificate) è stato convertito, con profon-de modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 134.

La legge di conversione, pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’11 agosto, è entra-ta in vigore il giorno successivo e quindi, il 12 agosto.

Successivamente, nella Gazzetta Ufficiale n. 206 del 4 settembre 2012 è stato pubblicato l’errata corrige in riferimento al “Comunicato relativo al te-sto del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, coordinato con la legge di con-versione 7 agosto 2012, n. 134, recante: ‘Misure urgenti per la crescita del Paese’. In particolare, il comunicato dispone che nel testo dell’art. 33 delle legge n. 134/2012, dopo i due commi introdotti dalla legge di conversione, devono intendersi inseriti ulteriori tre commi, già approvati ma omessi per mero errore materiale. Il testo è riportato nel commento all’art. 161.

Ciò stante, le nuove norme, che qui di seguito vengono commentate, saran-no applicabili ai procedimenti di concordato preventivo e di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno suc-cessivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, nonché ai piani di cui al comma 1, lettera a), n. 1) elaborati successivamente al predetto termine e quindi dall’11 settembre 2012.

1. Lo spirito del provvedimento

La “ratio” che ispira il provvedimento, per quanto attiene la riforma della legge fallimentare nella parte che concerne il nuovo concordato e gli accor-

di Massimo Lembo avvocato

PREMESSA: L’ENTRATA IN VIGORE DELLA NUOVA DISCIPLINA

novità in materia concorsualeil c.d. decreto sviluppo convertitocon legge n. 134/2012prime riflessioni

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di di ristrutturazione, sia nella sua versione originaria che in quella frutto delle modifiche introdotte dalla legge di conversione, è palesemente quella di dare ulteriore forza e compiutezza agli strumenti, alternativi al fallimen-to, volti alla risoluzione negoziale della crisi dell’impresa, anche attraverso esplicite forme di consecuzione di procedure.

Più in particolare, da un lato si tende a dare una maggiore protezione all’im-presa nella fase antecedente l’apertura della procedura concordataria, con riferimento essenzialmente alle azioni monitorie e alle conseguenti ipote-che giudiziali sui beni aziendali, onde rendere impossibile l’acquisizione di prelazioni “dell’ultima ora”, dall’altro si offre la possibilità di scioglimento di alcuni contratti non più funzionali alla veste concordataria dell’impresa, il tutto nell’ottica della maggiore salvaguardia della continuità aziendale, cioè conservazione e prosecuzione dell’impresa in stato di crisi (anche in chiave fiscale) non solo nell’interesse dei creditori ma anche di chi contrae con l’impresa in difficoltà.

Emerge, quindi, un sempre più chiaro e marcato favor nei confronti del con-cordato preventivo (incentivandone il ricorso all’utilizzo) e degli strumenti alternativi per la soluzione della crisi di impresa quali gli accordi di ristrut-turazione attraversati da norme spesso “trasversali”.

2. Le modifiche all’art. 67

L’articolo 67 della legge fallimentare ha avuto tre rilevanti modifiche rispet-to alla versione vigente (post riforma del 2005):

1. la prima, avvenuta attraverso la sostituzione della lettera d) del comma 3, ha ampliato il novero delle esenzioni dall’azione revocatoria fallimentare. La nuova formulazione ora prevede che “gli atti, i pagamenti e le garan-zie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione fi-nanziaria (sino a qui invariato); “il professionista indipendente designa-to dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti dell’articolo 28, lettere a) e b) 1deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipen-dente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o pro-fessionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 cc.2 e non deve, neanche tramite soggetti con i qua-li è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi 5 anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo; il

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1 Si tratta dei requisiti per la nomina a curatore.

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2929ARGOMENTIARGOMENTI

piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore”.

In altre parole il professionista attestatore viene nominato dal debitore (come già accadeva nel 161 e nel 182 bis) ma deve avere dei ben marcati tratti di indi-pendenza (peraltro sembra non sanzionata ai fini della procedura) che asso-ciati alla nuova figura del reato proprio di falso in attestazione e relazioni (art. 236 bis) in cui incorre, all’atto del deposito dell’attestazione, se fornisce in-formazioni false o se omette di riferire informazioni rilevanti ai fini del piano, dovrebbero assicurarne il ruolo di garante dei creditori; il reato in questione è un reato doloso a dolo generico con una duplice circostanza aggravante: a. la prima, se il fatto è commesso per conseguire un ingiusto profitto per sé o altri; b. la seconda, se ne deriva un danno per i creditori.

In precedenza, la responsabilità penale dell’attestatore in relazione al di-sposto dell’art. 161 comma 3 è stata ricondotta al delitto di cui all’art. 481 c.p., falsità ideologica in certificati (Trib. Rovereto, 12.1.2012 in Il Fallimen-to, 2012, 834).

Il fatto che il piano possa essere pubblicato nel registro delle imprese, oltre alla funzione di pubblicità verso i terzi, rileva principalmente perché consente con certezza la detassazione delle eventuali sopravvenienze attive connesse al piano attestato per la parte eccedente le perdite di cui all’art. 84 del testo unico 917/1986. L’art. 88 comma 4 del citato testo unico diventa: “Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all’art. 73 comma 1 lettere a) e b), dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni, né la riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo o per effetto della partecipazio-ne delle perdite da parte dell’associato in partecipazione. In caso di ac-cordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182 bis […] ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67 , terzo com-ma, lettera d), pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84 […]”. E la cosa assume un’importanza fondamentale, come ben comprensibile.

2. La seconda, attraverso l’integrazione della lettera e) del medesimo com-ma, in quanto viene estesa la non revocabilità agli atti, ai pagamenti e alle garanzie legalmente poste in essere dopo il deposito del ricorso di cui all’ar-ticolo 161.

3. La terza, infine, è costituita dalla non revocabilità degli atti di acquisto e dei contratti preliminari trascritti degli immobili ad uso non abitativo ma destinati a sede principale dell’attività dell’acquirente purché alla data del fallimento l’attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio (ipotesi questa di non facilissima prova a po-

2 Cause di ineleggibilità e di decadenza del collegio sindacale.

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steriori). Viene ampliato, quindi, l’ambito di una delle precedenti ipotesi di esenzione dall’azione revocatoria assimilando, a tal fine, l’acquisto da parte del privato della casa di prima abitazione a quello, da parte dell’im-prenditore (anche individuale), della sede principale dell’attività. La conse-guenza ulteriore, che assume rilevanza in ambito bancario, è che se non sono revocabili gli atti di acquisto immobiliare (nei termini suindicati) non lo sono – a fortiori – le ipoteche (volontarie e contestuali) iscritte a garanzia dei finanziamenti concessi per l’acquisto.

3. La “proposta differita” o concordato il bianco o concordato senza piano o anche pre-concordato (art. 161 comma 6)

Dopo il comma 5 dell’articolo 161 è stato aggiunto quanto segue: “L’impren-ditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice compreso tra 60 e 120 giorni e prorogabile, in presenza di giustifica-ti motivi, di non oltre 60 giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all’omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell’articolo 182 bis primo comma. In mancanza si applica l’articolo 162 commi 2 e 3. Dopo il deposito del ricorso e sino al decreto di cui all’articolo 163 il debitore può compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazio-ne. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetti di atti legalmen-te compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell’articolo 111” (avendo presente che la prededucibilità sussiste in presenza di una “ineren-za necessaria” rispetto a un credito sorto durante la procedura (Trib. Prato, 14.6.2012 consultabile sul sito www.ilcaso.it). Si è già anticipato che, ora, il testo prosegue come di seguito.

“Con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestio-ne finanziaria dell’impresa, che il debitore deve assolvere sino alla scadenza del termine fissato. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l’articolo 162, commi secondo e terzo.

La domanda di cui al sesto comma è inammissibile quando il debi-tore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l’ammissio-ne alla procedura di concordato preventivo o l’omologazione dell’ac-cordo di ristrutturazione dei debiti.

Fermo restando quanto disposto dall’articolo 22, primo comma, quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento il termine di cui al sesto comma del presente articolo è di sessanta gior-ni, prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessan-ta giorni”.

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Al di là del termine palesemente incongruo, se solo si pensa a quello impo-sto al commissario giudiziale che deve predisporre la relazione ex art. 172, la novità principale è rappresentata dalla c.d. proposta differita;3 l’impren-ditore presenta la domanda concordataria allegando i soli bilanci degli ulti-mi tre esercizi ma riservandosi di allegare la proposta (che ne è l’essenza), il piano (che la sostiene) e la documentazione di supporto, il tutto in funzione di celerità, di approfondimento ma anche di alternativa rispetto alla strada prevista dall’art. 182 bis.

È il cosiddetto automatic stay.Appare chiaro che una cosa è la domanda (presupposto della quale è la

delibera societaria o sociale), altra la proposta e il piano che le correda, non necessariamente contestualmente. C’è chi ha voluto vedere in questa anti-cipazione degli effetti del concordato (quasi una prenotazione) una fase di osservazione pre-procedurale in cui il Giudice risorge a un ruolo decisivo (FABIANI) e ritengo che la considerazione sia più che fondata. C’è anche chi ha intravisto una tacita abrogazione dell’art. 186 bis comma 6, non si sa se più per volontà o più per non felice coordinamento; in ogni caso, questa disciplina, se restasse in vigore, effettivamente striderebbe con il nuovo.

Il Tribunale, quantomeno, deve disporre degli obblighi informativi in capo al debitore nella pendenza del termine concesso per il deposito della documentazione oggetto di differimento e il mancato deposito determina l’inammissibilità della proposta così come il fatto che il debitore, nei due anni precedenti, abbia già depositato la domanda di concordato senza es-servi ammesso oppure non abbia conseguito l’omologazione di un accordo ex art. 182 bis. Già sotto il precedente regime normativo si era tra l’altro posta la questione e la giurisprudenza si è pronunciata nel senso che tra gli obblighi informativi imposti dal tribunale con il decreto di cui all’art. 161 comma 6 potesse prevedersi il deposito mensile di un prospetto di opera-zioni, attive e passive, compiute nel periodo, di importo unitario superio-re a una certa soglia, relative alla ordinaria amministrazione dell’attività aziendale, nonché degli oneri finanziari maturati nel periodo (Trib. Mode-na, 14.9.2012 consultabile sul sito www.ilcaso.it)

Per le altre disposizioni la norma sembra molto chiara.Tra tutte, quella che precisa come nel periodo intercorrente tra il de-

posito della domanda e l’apertura della procedura l’imprenditore possa operare senza bisogno di autorizzazione per tutti gli atti di ordinaria am-ministrazione.

Ci si chiede se esista un contenuto minimo della domanda; la norma sul punto tace ma, trattandosi di un qualcosa finalizzato, nel termine di ses-santa giorni, ad essere riempito di contenuti documentali oppure ad essere sostituito, agli stessi effetti, con un accordo di ristrutturazione attraverso una opzione implicita, è plausibile che venga ritenuta sufficiente l’affer-mazione di fallibilità astratta, unita alla dichiarazione di versare in stato di crisi.Chiedere di più, in effetti, sembrerebbe superfluo.

3 Domanda di concordato in bianco, al buio o con riserva.

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Anche in questo caso si ripropone il tema già dibattuto dalla riforma del 2005 ovvero se la fattibilità del piano possa o meno essere sindacata nel merito dal Tribunale.

La legge in merito continua a non esprimersi per cui sembra plausibile ritenere che nulla sia mutato rispetto a prima e cioè – secondo la giurispru-denza di legittimità – che il Tribunale dovrebbe astenersi dall’entrare nel merito, salvo ipotesi di palese inattendibilità. Propendono per un mero con-trollo formale Cass. 25.10.2010 n. 21860 in Il Foro Italiano, 2011, 1, I, 105 con commento di FABIANI e Cass. 23.6.2011 n. 13818 in Il Fallimento, 2011, 933 con commento di AMBROSINI, con particolare riferimento alla fattibilità del piano. La giurisprudenza di merito, invece, sembra di differente indiriz-zo (App. Torino, 14.10.2010 consultabile sul sito www.ilcaso.it). Esemplare appare, infine, la recentissima decisione del Tribunale di Monza, 10.7.2012 (consultabile su www.ilcaso.it) secondo cui si deve ritenere precluso al Tri-bunale il sindacato sulla convenienza della proposta concordataria – valu-tazione che ora spetta solo ai creditori – mentre al Tribunale compete la verifica delle condizioni di ammissibilità della procedura ivi compresa la fattibilità del piano e la mancanza di fatti gravi fraudolenti i quali posso-no comportare la revoca anche in assenza di opposizione. Sostanzialmente concorde è il Tribunale di Lecco, 26.4.2012 (sempre consultabile su www.ilcaso.it), il quale precisa come il Tribunale possa censurare esclusivamente ipotesi di assoluta impossibilità della proposta la cui realizzabilità, invece, spetta al solo giudizio del ceto creditorio). Per converso, al Tribunale, è con-sentito valutare la veridicità e correttezza dell’informativa resa ai creditori in relazione al fatto che questi possano essere messi in condizione di esprime-re un voto consapevolmente informato (Trib. Mantova, 12.7.2012, www.ilca-so.it), nonché la prevedibilità del pagamento di una percentuale non irrisoria dei crediti chirografari (Trib. Firenze, 27.7.2012, www.ilcaso.it).

Già una prima giurisprudenza si è formata recentissimamente in tema di piano di Gruppo con proposta aperta; pur non essendo tra loro collegate, una lettura d’insieme delle due pronunce consente di affermare che:- il concordato aperto di gruppo sia legittimo pur in presenza di un piano ed una proposta unitari purchè vi sia separazione di masse;- sia necessario che in sede di adunanza dei creditori si abbiano approva-zioni separate (Trib. Asti, 24.9.2012 e Trib. La Spezia, 25.9.2012 entrambe consultabili sul sito www.ilcaso.it).

Nondimeno, ci si chiede in che cosa consista la domanda, se non in una moratoria (si chiede un termine per depositare) strumentale a un qualcosa di cui non si conoscono:a. i contorni (e potrebbe essere altrettanto per chi la deposita);b. le finalità, se non quella di impedire azioni giudiziali di terzi creditori. Ecco perché, nel paragrafo successivo, strettamente connesso, si parla di “ombrello protettivo”.

Si segnala che, per quanto la legge nulla dica, ci si è interrogati sul fatto che nel c.d “pre-concordato” la richiesta debba essere sottoscritta anche da un legale (ci si riferisce all’assistenza tecnica ex art. 82 cpc). A tal proposito sem-bra si possa affermare che tale convinzione non dipenda da un dato testuale

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anche in virtù del fatto che non si comprende quale sarebbe la differenza con la domanda di cui al primo comma, per la quale mai si è pensato fosse necessario l’intervento di un avvocato; tuttavia, il Tribunale di Milano si è espresso in tal senso all’interno di alcune “linee guida” all’uopo adottate in ragione delle ampie conseguenze oggi derivanti dal nuovo istituto (Fallimen-to: le linee guida del Tribunale di Milano sulle novità in materia fallimentare consultabile sul sito www.altalex.com).

4. I contratti in corso di esecuzione; lo scioglimento (art. 169 bis)

Interamente nuovo è l’art. 169 bis in base al quale “il debitore nel ri-corso di cui all’art. 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a scio-gliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data di presen-tazione del ricorso (fatta eccezione per il contratto di lavoro, il preliminare di acquisto della casa di abitazione trascritto e la locazione di immobili). Su richiesta del debitore può es-sere autorizzata la sospensione del contratto per non più 60 giorni, prorogabili una sola volta. In tali casi il contraente ha diritto a un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddi-sfatto come credito anteriore al concordato” (ovvero, presumibil-mente, come un credito concordatario non privilegiato). La norma avvici-na il concordato al fallimento posto che l’art. 72 detta il principio generale della sospensione del contratto finalizzata al subentro o allo scioglimento (a differenza dall’amministrazione straordinaria che postula, in generale, la continuazione automatica del contratto; Cass. 23.2.2012 n. 2762 in Il Fallimento, 2012, 789 con riferimento a un contratto di leasing) e indubbia-mente agevola l’impresa consentendole di poter legittimamente sciogliere, nel primo caso, o non dare esecuzione temporanea, nel secondo caso, alla gran parte dei contratti in essere, valutandone le conseguenze economiche in via preventiva (si pensi, ad esempio, al leasing in corso sulla cui utilità ora viene data la possibilità di riflettere tramite la sospensione e agli altri contratti non più funzionali alle finalità di impresa).

In precedenza, si era ritenuto che – mantenendo l’imprenditore l’eserci-zio dell’impresa – la prosecuzione automatica dei rapporti pendenti fosse atto di ordinaria amministrazione senza, quindi, la necessità di intervento autorizzativo del giudice delegato (Trib. Prato, 14.6.2012, cit.).

La disciplina sui contratti pendenti trova poi completamento nel 186 bis (vedi infra); in questa sede basti ricordare che i contratti pendenti, anche se stipulati con la pubblica amministrazione, non si risolvono con l’apertura della procedura concordataria anche in presenza di clausole negoziali spe-cifiche in tal senso (che diventano inefficaci) purché l’esperto abbia attesta-to la loro coerenza con il piano e la ragionevole capacità di adempimento dell’impresa debitrice (principio di continuità dei contratti in corso); detta continuità opera anche a favore dell’eventuale cessionaria o conferitaria di ramo di azienda dell’impresa debitrice.

Inoltre, l’apertura della procedura concordataria non esclude la parteci-

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pazione dell’impresa a gare per l’assegnazione di contratti pubblici anche in forma di associazione temporanea di imprese con il solo limite della non assunzione del ruolo di mandatario.

5. La modifica dell’art. 178 comma 4, dell’art. 179 comma 2 e dell’art. 180 comma 4; il voto dei creditori e il consenso presunto

Tre sono le significative modifiche introdotte in materia di voto nel concordato.La prima: la riforma ora comporta che, in tema di adesione alla proposta di concordato, il creditore che non ha esercitato il diritto di voto e non ha fat-to pervenire il proprio dissenso per iscritto (lettera, telegramma, fax o anche tramite posta elettronica) nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale dell’adunanza dei creditori (sono necessarie, però, entrambe le condizioni) si reputa consenziente ai fini del computo delle maggioranze (art. 178); è un caso particolare di silenzio-assenso che però non incide sulla caratteristica del credito e sul suo riconoscimento verso la procedura. La seconda: è ora possibile modificare il voto già espresso ex art. 179. Se il commissario rileva, dopo l’approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne dà avviso ai creditori i quali possono costituirsi nel giudizio di omologazione e, in quella sede, possono modifi-care eventualmente il voto già espresso.La terza: qualora siano previste classi di creditori e un creditore appar-tenente a una classe dissenziente ovvero – in caso di assenza di classi – i creditori che rappresentino (almeno?) il 20% dei crediti ammessi al voto contestino la convenienza della proposta, nel giudizio di omologazione, il Tribunale può ora valutare la convenienza economica della proposta e omo-logare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concreta-mente praticabili.

6. La consecuzione tra l’art. 182 bis comma 6 (c.d. preaccordo) e il concordato preventivo

La consecuzione delle procedure concorsuali rappresentava la norma prima della riforma del 2005.

Successivamente, tale norma era entrata in crisi per l’avvenuta abroga-zione del fallimento d’ufficio. Nondimeno, in giurisprudenza, si è arrivati a stabilire che è applicabile il principio della consecuzione di procedure di concordato preventivo e di fallimento, con conseguente retrodatazione degli effetti della sentenza di fallimento alla data della presentazione della (prima) domanda di concordato, qualora la sentenza di fallimento valuti a posteriori che lo stato di crisi dell’imprenditore aveva indotto questi alla presentazione della domanda di concordato (nel caso di specie si erano avute due domande di concordato, la prima dichiarata inammissibile, la seconda sfociata nella revoca del concordato ex art. 173 L.F. Trib. Verona, 26.7.2012 consultabile sul sito www.ilcaso.it). A parte ciò, si ricorda che – comunque – il pubbli-co ministero è legittimato a presentare la richiesta di fallimento ancorché

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nell’ambito di un procedimento di concordato preventivo di cui sia a cono-scenza (Cass. 16.3.2012 n. 4209, “Su conclusioni difformi del PM”, in Il Foro italiano, 2012, I, 2081).

L’art. 182 bis, in ordine al quale è bene ricordare che la dichiarazione del professionista volta a ottenere il divieto di iniziare o proseguire azioni cau-telari o esecutive durante le trattative e prima della formalizzazione dell’ac-cordo di ristrutturazione deve riguardare espressamente la sussistenza delle condizioni per assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei; detta attestazione, inoltre, non può prescindere da una contestuale attesta-zione della veridicità dei dati aziendali (Trib. Roma, 7.5.2012 consultabile sul sito www.ilcaso.it) ha subito due modifiche.

a. La prima riguarda i creditori estranei all’accordo per i quali è stabilito che i crediti non scaduti alla data dell’omologazione debbano essere pagati entro centoventi giorni dalla loro scadenza mentre quelli già scaduti vadano pagati entro centoventi giorni dall’omologa. Si inserisce, quindi, una bre-ve moratoria anche dei debiti verso soggetti estranei ma si deve ritenere che alla moratoria con corrisponda l’interruzione del corso degli interessi, i quali dovranno, quindi, essere corrisposti.

b. La seconda, contenuta nel comma 6, prevede il c.d. preaccordo con sco-po anticipatorio finalizzato alla conclusione dell’accordo ex art. 182 bis: l’impresa che ha pubblicato nel registro delle imprese l’esistenza di una trattativa finalizzata ad ottenere un accordo di ristrutturazione mantiene la conseguente tutela (o garanzia) che impedisce l’avvio di azioni esecu-tive anche se la trattativa non dovesse andare a buon fine ma fosse depo-sitato il ricorso per l’apertura della procedura concordataria. Vi è quindi consecuzione di procedure, e di tutele, senza soluzione di continuità, tra il mero “preaccordo” (avente natura negoziale) ed il conseguente concordato (avente natura concorsuale). Questa disposizione ha una certa affinità, per quanto inversa, alla previsione contenuta nel 161 (vedi sopra).

7. Il finanziamento ponte e la continuità aziendale (artt. 182 quinquies e sexies)

Le norme sono completamente nuove e vanno lette in connessione con quelle del paragrafo seguente, posto che, entrambe, presuppongono il concetto di continuità aziendale (da intendersi quale capacità di produrre reddito, il cui opposto è rappresentato dalla liquidazione) ma anche con il preesistente art. 182 quater (prededucibilità dei crediti funzionali all’acces-so al concordato o all’accordo di ristrutturazione, nei quali non rientra più il compenso dell’attestatore), che, nella pratica, non ha trovato particolare successo.

L’impresa, sia in sede di domanda di omologa dell’accordo di ristruttu-razione, quanto di deposito del mero “preaccordo” (cfr. art. 182 bis modifi-cato), può chiedere al Tribunale l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili (anche garantiti in modo reale) la cui funzionalità alla miglior soddisfazione (non meglio definita) dei creditori risulti da un attestatore.

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La prededucibilità, quindi, è indissolubilmente legata alla funzionalità del finanziamento alla soddisfazione del ceto creditorio. E qui si può annidare, a posteriori, un riesame di merito concreto da parte del giudice delegato e del curatore fallimentare.

Essendo stato utilizzato, verosimilmente non a caso, il termine “finan-ziamenti” è lecito ricondurre tale riferimento a qualsiasi forma tecnica con annesse modalità (durata, tasso, condizioni) e quindi, astrattamente, anche ai finanziamenti non concessi da banche. Potendo questi finanziamenti es-sere anche garantiti, ne dovrebbe discendere che la garanzia reale acquisita sia opponibile all’eventuale successiva procedura fallimentare; in questo modo, in generale, con la garanzia, resterebbero esenti da revocatoria sia gli atti posti in essere in esecuzione di un accordo di ristrutturazione (cosa che sarebbe peraltro già avvenuta ex art. 67) sia gli atti “strumentali” all’ac-cordo (ex art. 182 quinquies). Per i crediti di smobilizzo (c.d. autoliquidanti) si pone, tuttavia, un problema, connesso all’applicabilità dell’art. 45, per quelle cessioni antecedenti che non siano state seguite da tempestiva (an-tecedente) notifica al debitore ceduto.

Sarà molto interessante vedere come la giurisprudenza valuterà queste ipotesi anche nell’ottica della continuità aziendale.

Inoltre, il comma 3, consente – e questa è una grande novità rispetto all’im-pianto tradizionale – al Tribunale di autorizzare, pendente la procedura, il pagamento (anche integrale) di crediti anteriori purché l’attestatore dia atto che i pagamenti sono essenziali (secondo una prospettiva causal finalistica) alla prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali alla migliore soddi-sfazione dei creditori (sarà da vedere se all’aggettivo migliore si darà una valenza assoluta o relativa).

In sostanza, ciò che viene in rilievo, a giustificazione di questi anomali poteri del Tribunale, è la salvaguardia del valore dell’impresa in un’ottica di continuità, concetto sui cui si torna nel paragrafo successivo. Se ne potreb-be dedurre che questi pagamenti possano essere esenti da revocatoria.

Per quanto attiene, invece, ai finanziamenti in corso, si legga infra.

A rafforzamento di questo concetto, l’art. 182 sexies stabilisce – per l’arco di tempo intercorrente tra la domanda di concordato e l’eventuale omologa dello stesso – la sospensione degli obblighi civilistici connessi alla conser-vazione e quindi ricostituzione del capitale sociale (artt. 2446 e 2447, artt. 2482 bis e ter, art. 2484 c.c.) a tutela degli amministratori dell’impresa per quanto attiene la loro responsabilità, da un lato, e rendendo (temporanea-mente) inoperanti le cause di scioglimento della società, dall’altro.

8. Il concordato con continuità aziendale (art. 186 bis)

L’art. 186 bis, di cui si è già in parte accennato, introduce una disciplina speciale per i concordati aventi prospettive di risanamento, i cui piani:- prevedono la prosecuzione dell’attività d’impresa;- o prevedono la cessione dell’azienda in esercizio;

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- ovvero prevedono il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.

Il piano deve avere naturalmente delle particolarità:- può prevedere anche la liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa;- deve contenere un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività;- deve contenere l’indicazione delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;- può prevedere una moratoria fino a un anno per il pagamento dei credi-tori privilegiati ipotecari o pignoratizi (anche in misura inferiore al 100% secondo quanto previsto dall’art. 160, comma 2, qui richiamato), salvo sia prevista la liquidazione dei beni gravati. In tal caso detti creditori non han-no diritto di voto.

La relazione del professionista deve attestare che la prosecuzione dell’atti-vità d’impresa è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

Fermo quanto previsto dal nuovo art. 169 bis sui contratti in corso di ese-cuzione, la nuova disciplina non impedisce all’impresa la continuazione di contratti pubblici se il professionista ha attestato:I. la conformità al piano e II. la ragionevole capacità di adempimento.

Di tale continuazione può quindi beneficiare anche la società cessionaria o conferitaria d’azienda cui i contratti sono stati trasferiti.

La norma contiene poi, come già anticipato sopra, una serie di adempimen-ti che consentono all’azienda in concordato di partecipare alle procedure di assegnazione di contratti pubblici proprio nella già citata finalità di garan-tire la continuità dell’impresa.

Nulla si dice, in particolare, sui finanziamenti in corso ma la continuità aziendale, implicitamente, ne postula una prosecuzione quasi automati-ca (la stessa cosa dovrebbe dirsi per i contratti di fornitura); opinare di-versamente significherebbe minare alla base la possibilità di proseguire nell’operatività ordinaria.

9. Prime conclusioni

Allo stato, si può ritenere che la nuova disciplina, nell’intenzione di “pro-teggere” (o salvaguardare) l’impresa in crisi, presenti alcune luci e qualche ombra.

Nell’operare su due differenti livelli, concordato e accordi di ristruttura-zione, non scioglie ancora il dubbio se i secondi vadano o meno considerati quali procedure concorsuali.

Non vi è dubbio che il massiccio ricorso alla prededuzione rischia,

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nell’ottica di un eventuale successivo fallimento, di ridurre ancora di più le già modeste possibilità di rimborso dei creditori chirografari anteriori nondimeno la continuità aziendale assume un peso sinora sconosciuto e che ispira tutta la riforma. Una riforma – peraltro – iniziata nel 2005 e che ha avuto almeno tre successivi interventi di modifica, cui si aggiunge ora quello in commento, a dimostrazione della necessità, sempre maggiore, di conservazione dell’impresa in difficoltà, a scapito comunque del rispetto della concorrenza “pura” sul mercato nei confronti delle imprese in bonis che non possono proporre ai propri fornitori analoghe opportunità.

Ultimo aspetto, non certo marginale per il mondo bancario, è quello della classificazione, in base ai criteri della Banca d’Italia, dei finanziamenti con-cessi secondo la nuova disciplina o già in corso. Sul punto appare chiaro che dovrà essere la Vigilanza a pronunciarsi il prima possibile.

La sensazione che emerge è di un futuro sensibile incremento della ca-tegoria delle posizioni ristrutturate (magari adattando l’attuale definizio-ne alle nuove fattispecie); sicuramente vi sarà un significativo incremento della categoria di centrale rischi “finanziamenti alla procedure concorsua-li”, almeno per quanto attiene i concordati preventivi. Sia come sia, trovo plausibile che le nuove ipotesi di finanziamento possano entrare a far parte della macro categoria delle attività finanziarie deteriorate.

BIBLIOGRAFIA

AMBROSINI, “Contenuti e fattibilità del piano di concordato preventivo alla luce della riforma del 2012”, consultabile sul sito www.ilcaso.it.

ESTRANGEROS, “La continuità aziendale nella gestione delle crisi: le nuo-ve regole consultabile”, su Diritto bancario, settembre 2012.

FABIANI, “Riflessioni precoci sull’evoluzione della disciplina della re-golazione concordata della crisi di impresa”, consultabile sul sito www.ilcaso.it

FABIANI, “Vademecum per la domanda ‘prenotativa’ di concordato preven-tivo”, consultabile sul sito www.ilcaso.it.

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39ARGOMENTI

APPENDICE

Il finanziamento all’impresa in difficoltà: schema attuale

L’attuale scenario normativo prevede 6 diverse ipotesi:

a. finanziamento erogato extra legge fallimentare;

b. finanziamento erogato ai sensi dell’art. 67 comma 3 lettera d. (in esecu-zione di un “piano attestato”);

c. finanziamento erogato ai sensi dell’art. 67 comma 3 lettera e) (in esecu-zione del concordato preventivo nonché dell’accordo omologato ex art. 182 bis); vi si tratta, oltre ai consueti concordati liquidatori, dei c.d. concorda-ti di risanamento con continuazione dell’impresa o affitto/cessione della stessa;

d. finanziamento ordinario o “ponte” erogato ai sensi dell’art. 182 quater (in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione se previsti dal piano o dall’accordo con richiesta espressa di prededuzione);4

e. concordato con continuità aziendale ex art. 186 bis;

f. finanziamento ponte se autorizzato ex art. 182 quinquies.

Che succede se l’azienda successivamente fallisce ?

Ipotesi sub. aIl credito della banca sarà chirografario o, se garantito, con garanzia re-vocabile se acquisita nel periodo sospetto. Teorico rischio di concessione abusiva di credito;

Ipotesi sub. b e sub. cIl credito della banca avrà la connotazione indicata nel piano e i pagamen-ti e le garanzie ricevute dalla banca saranno non revocabili. L’ipotesi è documentale;5

Ipotesi sub. dIl credito della banca sarà prededucibile se è intervenuta l’omologa del con-cordato o dell’accordo di ristrutturazione. Se il finanziamento della banca concorresse con un finanziamento soci analogamente finalizzato, questo gode della prededuzione nei limiti dell’80% dell’importo globale (e non più con il 100% dell’onorario dei professionisti incaricati della redazione del

4 Che significa essere pagati con preferenza e prima di tutti gli altri creditori.

5 Si intende che la delibera della banca dovrà essere condizionata alla presentazione del piano e alla sua omo-

loga.

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40 ARGOMENTI

piano essendo stata abrogata questa specifica disposizione). Ipotesi docu-mentale.

Ipotesi sub. eIl credito della banca sarà prededucibile e le garanzie opponibili.

Ipotesi sub. fIl credito della banca sarà prededucibile e le eventuali garanzie acquisite sa-ranno opponibili anche se ottenute in chiave funzionale alla presentazione dell’accordo.

N.B. Le ipotesi sub. b, c, d, e. ed f, oltre a godere dell’esenzione dai ri-schi revocatori, non corrono rischi di natura penale stante la disposizione esimente del nuovo art. 217 bis della legge fallimentare (concorso in ban-carotta).

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41CLAUSOLE IN RETE

CLAUSOLE IN RETE

help to buyfavorire la ripresa delle transazioni immobiliari

di Domenico De Stefano, Federico De Stefano, Lorenzo Stucchi e Giovanni De Marchi notai

Chi si farà carico, tra qualche lustro, di raccontare anche il risvolto immobiliare della crisi economi-ca più grave che si sia abbattuta sull’Europa dopo la Seconda guerra mondale, avrà modo di sinte-tizzare probabilmente in poche battute le cause che hanno provocato e connotato la crisi immo-biliare in Italia e le circostanze e/o i rimedi che ne avranno consentito il superamento.

A chi in questa congiuntura si trova immerso e coinvolto, con il ben più modesto ruolo di opera-tore pratico del diritto, spetta invece il compito di rivisitare vecchi strumenti negoziali che consen-tano di limitare i danni di questa stagnazione del mercato. E, forse, di metterne a fuoco di nuovi.

In particolare, il problema che viene qui affron-tato è quello di limitare le conseguenze negative che discendono dalla realizzazione di interventi edilizi che, a causa della indisponibilità di credi-to nei confronti degli aspiranti acquirenti, hanno dato luogo a una consistente quantità di unità abitative “invendute”

La difficoltà di pagare per intero il prezzo pattu-ito al momento del perfezionamento del contratto di vendita induce cioè a ricercare strumenti alter-nativi, che possano essere utilizzati per favorire la conclusione di un accordo tra venditori e acqui-renti portatori in egual misura dell’interesse allo

scambio, reso inattuabile dall’assenza di credito.L’esigenza dunque è, da un lato, di consentire

agli acquirenti di conseguire immediatamente la disponibilità di un bene che consenta di soddisfa-re il bisogno abitativo primario diluendo nel tem-po l’esborso finanziario e, dall’altro, di garantire i venditori sui quali grava l’onere finanziario so-stenuto per la realizzazione dell’intervento e che non incassano immediatamente tutto il prezzo.

Un ragionevole contemperamento di interessi può consistere nel concedere immediatamente il godimento dell’immobile ai futuri acquirenti, rinviando a un momento successivo, allorché il prezzo sia interamente pagato, il trasferimento del diritto di proprietà.

I vantaggi reciproci consistono da un lato nel soddisfacimento del bisogno abitativo, dall’altro nell’alleggerimento dell’onere finanziario e di quello manutentivo.

Le tipologie contrattuali ipotizzabili per perse-guire tale risultato sono diverse: da figure più tra-dizionali come il collegamento negoziale tra un contratto di locazione e un contratto preliminare non trascritto o di opzione di vendita, ovvero la vendita con riserva di proprietà, fino a figure che, solo di recente, cominciano a diffondersi con il nome di rent to buy.

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Tutte queste figure contrattuali consentono: i) ai venditori di incentivare i potenziali acquirenti all’acquisto, pur differito, di immobili altrimenti di difficile collocazione, cominciando a incassare il corrispettivo dovuto, sebbene in forma rateale; ii) agli acquirenti di conseguire immediatamente il godimento e di “prenotare” l’immobile deside-rato, diluendo nel tempo l’impegno finanziario, magari facilitando un successivo ricorso al credi-to bancario.

Le tipologie contrattuali citate presentano si-gnificative differenze, sia sotto il profilo civilisti-co, sia sotto il profilo fiscale.

La prima figura (locazione con collegato un contratto preliminare non trascritto o di opzione di vendita) è probabilmente la soluzione più tradizionale: si caratterizza per il fatto che la disciplina civilistica è dettata dalla combinazione delle discipline delle due figure di riferimento e che la disciplina fiscale è di volta in volta quella relativa al contratto in corso di ese-cuzione.

La seconda figura (vendita con riserva di proprietà) è quella che offre all’acquirente la maggiore tutela, in quanto il trasferimento della proprietà è subordinato unicamente al pagamen-to del prezzo, il cui adempimento è rimesso alla diligenza del l’ac quirente medesimo. Qualora l’ac-quirente paghi interamente il prezzo pattuito, egli non ha ragione di temere le conseguenze di vicen-de in danno del venditore (salvo l’azione revoca-toria), stante la situazione giuridica di aspettativa già acquisita. Sotto il profilo fiscale questa secon-da figura è caratterizzata da una più accentuata onerosità, in quanto il Legislatore fiscale consi-dera la vendita con riserva di proprietà come una comune cessione di beni ai fini IVA, ovvero come

un contratto immediatamente traslativo ai fini dell’imposta di registro. La scelta di tale seconda soluzione comporta pertanto che l’acquirente sia in grado di sostenere da subito l’integrale impe-gno finanziario relativo alle imposte da pagare.

La terza figura (rent to buy) è meno nota, in quanto solo di recente ha cominciato a suscita-re l’interesse degli operatori e dei professionisti del settore immobiliare. Si tratta di una tipologia contrattuale unitaria, consistente: i) in una pri-ma fase nel corso della quale il futuro acquirente consegue il godimento dell’immobile pagando un canone periodico in denaro; ii) in una secon-da fase nel corso della quale il futuro acquirente consegue la proprietà dell’immobile pagando una somma di denaro a saldo di quanto già anticipato nel corso della prima fase.

L’autonomia privata è libera di modulare tempi, modalità e importi dei pagamenti nel corso delle due fasi, a seconda di quanto ritenuto, di volta in volta, più conveniente.

Le principali differenze del rent to buy sotto il profilo civilistico rispetto alle figure esaminate in precedenza consistono: i) con riguardo alla prima, nella maggiore autonomia della quale i contraenti possono usufruire, giacché l’unitarie-tà dell’operazione induce a ritenere inapplicabile la disciplina normativa vincolistica prevista dal-la legge in materia di locazione (Cass. 23 marzo 1992, n. 3587); ii) con riguardo alla seconda, nel-la maggiore flessibilità che consente di decidere liberamente come imputare i pagamenti relativi alle due fasi rispetto al prezzo complessivo e di prevedere se l’acquisto debba essere obbligatorio o facoltativo per almeno una delle parti, fermo restando che il successivo trasferimento non è automatico, ma presuppone comunque un’ulte-

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riore manifestazione di volontà.Sotto il profilo fiscale tale figura (rent to buy) è

diversamente disciplinata a seconda che il suc-cessivo acquisto sia considerato sin dall’origine obbligatorio, ovvero sia rimesso alla decisione di una delle parti (di regola l’acquirente). Nel primo caso l’operazione è equiparata a una cessione di beni ai fini IVA e, probabilmente, alla vendita con riserva della proprietà ai fini dell’imposta di regi-stro; nel secondo caso trova, al contrario, appli-cazione il regime fiscale previsto per le locazioni o per i trasferimenti, in ragione di quale sia il rap-porto in corso di esecuzione.

È indubbio che, astrattamente, tutte le tipolo-gie contrattuali appena descritte abbiano carat-teristiche in grado di favorire la conclusione di un accordo tra venditori e acquirenti nell’attuale momento di crisi. Tuttavia, nessuna di esse in-contra, nella situazione legislativa attuale, il pie-no gradimento da parte degli operatori: ciascuna figura presenta infatti limiti applicativi che ne rendono poco attraente l’utilizzo.

La locazione con collegato un contratto preli-minare non trascritto o di opzione di vendita de-nota limiti operativi sia di carattere civilistico, sia di carattere fiscale.

A livello civilistico: i) applicazione del regime vincolistico delle locazioni per il periodo in cui tale rapporto è in corso di esecuzione, con conse-guente forte limitazione dell’autonomia privata; ii) impossibilità di tutelare il futuro acquirente per l’eventualità in cui, prima dell’acquisto della proprietà, intervengano iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli a carico del venditore o, addirit-tura, intervenga l’insolvenza del venditore con apertura di una procedura concorsuale.

A livello fiscale, la principale conseguenza ne-

gativa consiste, in caso di operazione soggetta a IVA, nell’applicazione di un’aliquota ben più onerosa rispetto a quella di una vendita per la quale ricorrano i presupposti per le agevolazioni prima casa (10% anziché 4%).

La vendita con riserva della proprietà presen-ta limiti operativi soprattutto di carattere fiscale: essa infatti è considerata una comune cessione di beni ai fini IVA, ovvero come un contratto im-mediatamente traslativo ai fini dell’imposta di registro. L’acquirente è pertanto costretto a cor-rispondere da subito l’intera imposta dovuta. In caso di vendita con riserva di proprietà, inoltre, è difficile disciplinare l’ipotesi in cui l’acquirente, prima di aver saldato il prezzo, decida di “vende-re” l’immobile, che tuttavia non è (ancora) suo. Non è ipotizzabile, infatti, né la perdita completa di quanto da lui versato, né la restituzione da par-te del venditore.

Il rent to buy presenta sostanzialmente gli stessi limiti civilistici e fiscali della locazione con colle-gato un contratto preliminare non trascritto o di opzione di vendita, con la sola eccezione, proba-bilmente, dei vincoli all’autonomia contrattuale, in quanto è convincente l’argomento che esclude l’applicazione del regime vincolistico della loca-zione, per l’unitarietà funzionale del contratto, che è finalizzato al successivo trasferimento della proprietà.

L’insoddisfazione per le tipologie contrattuali de-scritte induce a immaginare un’ulteriore figura, che, in base alla legislazione attualmente vigente, possa meglio realizzare l’obiettivo di conciliare le esigenze di venditori e acquirenti: per sempli-cità espositiva la chiameremo help to buy. Essa consiste in un contratto preliminare di vendita,

CLAUSOLE IN RETE

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trascritto, avente effetti parzialmente anticipati e caratterizzato da particolari accorgimenti da in-serire nel regolamento contrattuale.

L’help to buy si articola in: i) contratto prelimina re trascritto, di durata più o meno lunga; ii) conse-gna immediata del bene al promissario acquiren-te; iii) dazione di una caparra confirmatoria e/o un acconto prezzo di ammontare pari al 5-10% da corrispondere alla conclusione del contratto preliminare di vendita; iv) pagamento periodico, per esempio mensile, di un certo importo a titolo di acconto prezzo a carico del promissario ac-quirente, che tenga conto dell’immediato godi-mento, delle eventuali spese e dell’onere fiscale che, nel frattempo, resta a carico del venditore; v) durata del contratto preliminare e prezzo va-riabili: quanto più si accorcia la durata del con-tratto tanto più diminuisce il prezzo; vi) diritto di recesso, libero o vincolato, in favore del pro-missario acquirente, con previsione di una mul-ta penitenziale variabile, in funzione degli anni trascorsi dalla conclusione del contratto prelimi-nare di vendita; vii) modulazione convenzionale della rilevanza dell’inadempimento ai fini della risoluzione del contratto, in modo da evitare che un piccolo ritardo nei pagamenti periodici possa esporre il promissario acquirente che, per esem-pio, abbia già pagato puntualmente buona parte degli acconti prezzo al rischio di perdere l’occa-sione di acquistare il bene; viii) previsione di una penale variabile, in funzione degli anni trascorsi dalla conclusione del contratto preliminare di vendita, per il caso di inadempimento dell’obbli-go di concludere il contratto definitivo da parte del promissario acquirente.

Prima di approfondire gli argomenti civilistici

e fiscali che – a nostro avviso – rendono la figura dell’help to buy preferibile rispetto a quelle esa-minate in precedenza, è opportuno soffermarsi brevemente su alcune brevi considerazioni, che ispirano l’articolazione del regolamento contrat-tuale.

Innanzitutto la figura delineata è immaginata per le molte iniziative immobiliari residenziali di recente realizzazione destinate a persone, in particolare giovani nuclei familiari, privi della li-quidità necessaria per l’acquisto. In particolare persone che non hanno a disposizione nemmeno un importo pari al 20-30% del prezzo comples-sivo (condizione essenziale per poter accedere al credito bancario).

Questa vocazione dell’help to buy comporta che si debba elaborare uno strumento che con-senta ai futuri acquirenti di ottenere il godimen-to dell’immobile con una cifra iniziale piuttosto bassa, di corrispondere periodicamente importi in denaro che abbassino il saldo prezzo finale e di creare una virtuosità storica che dovrebbe essere valutata positivamente dalle banche, in vista del-la concessione del finanziamento necessario per la conclusione della compravendita.

Ove si registrasse la disponibilità delle banche – peraltro imposta dalla legge – a fare luogo al frazionamento del mutuo eventualmente conces-so per la realizzazione dell’intervento edilizio, il sistema a pagamenti periodici per la durata del contratto preliminare potrebbe sovrapporsi (o coincidere) all’accollo – liberatorio o non libera-torio a seconda delle circostanze – della quota di mutuo frazionato.1

La variabilità della durata del contratto prelimi-nare e del prezzo consente, da un lato, di incen-

1 Il vantaggio per tutte le parti è evidente e non ultimo – a noi sembra – quello della possibilità per la banca di monitorare la regolarità e puntualità dei

pagamenti da parte degli acquirenti. Inoltre la composizione della rata (capitale + interessi) potrebbe essere presa a base per l’imputazione delle rate al

prezzo della vendita ovvero al corrispettivo per il godimento.

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tivare i promissari acquirenti a perfezionare la compravendita non appena possibile, per ottene-re le migliori condizioni economiche e, dall’altro, di remunerare i promittenti venditori del benefi-cio finanziario che concedono ai promissari ac-quirenti che non fossero in grado di concludere in tempi brevi la compravendita.

Il diritto di recesso libero o vincolato consente al promissario acquirente di sciogliersi dal con-tratto per il caso in cui sopravvengano circostanze nel corso della durata del contratto che lo induca-no a ritenere l’acquisto non più utile. Tale diritto è bilanciato dalla multa penitenziale a carico del promissario acquirente, a remunerazione del go-dimento temporaneo del bene e della perdita di chance per il promittente venditore.

La penale in caso di inadempimento dell’obbli-go di concludere il contratto definitivo da parte del promissario acquirente è diretta a contempe-rare l’interesse del promittente venditore a essere indennizzato per la perdita della disponibilità del bene per la durata del contratto inadempiuto e l’interesse del promissario acquirente a recupe-rare una parte della somma pagata, ove l’inadem-pimento intervenga dopo un periodo già piuttosto lungo dalla conclusione del contratto.

Passando ad affrontare le ragioni che inducono a preferire la figura dell’help to buy rispetto alle altre esaminate in apertura, è bene suddividere l’anali-si, ancora una volta, in: i) argomenti di carattere civilistico e ii) argomenti di carattere fiscale.

Presupposto comune a entrambi i campi di in-dagine è che i protagonisti saranno quasi sempre, da un lato, costruttori o venditori istituzionali e, dall’altro, privati interessati ad acquistare la pro-pria abitazione principale.

Iniziando a esaminare la figura sotto il profi-lo civilistico, occorre innanzitutto rilevare che la soluzione del preliminare trascritto si lascia preferire a tutte le figure citate in apertura, con l’eccezione della vendita con riserva della pro-prietà, per il fatto che: i) l’efficacia prenotativa del preliminare trascritto consente al promissa-rio acquirente di prevalere sulle iscrizioni e tra-scrizioni pregiudizievoli a carico del promittente venditore che intervengono nel corso della durata del contratto preliminare; ii) il fallimento del pro-mittente venditore non comporta la sospensione del contratto, allorché questo abbia ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti o affini entro il terzo grado (articolo 72, comma 8, L. Fall.).

La figura dell’help to buy si lascia inoltre pre-ferire alla vendita con riserva della proprietà, in quanto, pur assicurando la medesima protezione dei futuri acquirenti, offre una maggiore elasti-cità e un maggior spazio all’autonomia privata, per il fatto che, pur permettendo l’anticipazione di taluni effetti propri della vendita, rimane un contratto a efficacia obbligatoria. Tale ultima cir-costanza comporta che i contraenti possano de-terminare con maggiore libertà la variabilità della durata del contratto, del futuro prezzo e dell’im-porto della penale, nonché prevedere il diritto di recesso con multa penitenziale e graduare la gra-vità dell’inadempimento.

Passando a esaminare la figura sotto il profilo fiscale, giova precisare che la figura dell’help to buy risulta più favorevole sia per i proprietari sia per gli acquirenti. Esaminando infatti la situazio-ne che più di frequente sarà oggetto di tale con-venzione, ossia quella tra costruttore e persona

CLAUSOLE IN RETE

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fisica interessata ad acquistare la propria abita-zione principale, è dato rilevare che, sia sotto il profilo delle imposte dirette, sia sotto il profilo delle imposte indirette, l’help to buy risulta più conveniente o almeno di più semplice gestione per entrambi i soggetti coinvolti.

Rispetto alla locazione con collegato un con-tratto preliminare non trascritto o a un’opzione di vendita o al rent to buy, la figura in esame offre il vantaggio, per il venditore-costruttore, di non dover applicare ora la disciplina della locazio-ne, ora la disciplina della vendita, a un contratto con una stessa funzione unitaria: differenziare i due regimi fiscali tra le due fasi del rapporto può comportare infatti il verificarsi di conseguenze distorte. Per esempio, a danno del costruttore, potrebbe accadere che, nella prima fase, i canoni di locazione, più alti rispetto ai valori di mercato, siano soggetti a imposizione tributaria e, nella seconda fase, il prezzo di vendita, più basso in funzione di quanto già anticipato, generi una mi-nusvalenza rispetto ai suoi valori di bilancio, ov-vero, nel caso in cui non vi sia minusvalenza, al pagamento delle imposte sia per la locazione, sia per la vendita.

Anche per gli acquirenti il doppio regime po-trebbe condurre a conseguenze penalizzanti. In caso di obbligo bilaterale infatti l’acquirente pa-gherebbe da subito l’intera imposta dovuta (di regola l’IVA agevolata al 4%), con il rischio di in-trodurre nell’operazione un insostenibile stress finanziario. Anche in caso di obbligo unilaterale il doppio regime è comunque penalizzante, in quanto di regola l’imposta dovuta per il periodo di locazione sarà ben superiore all’imposta do-vuta per la vendita (10% anziché 4%, dato che sovente l’acquirente richiederà le agevolazioni

prima casa).Rispetto alla vendita con riserva di proprietà, la

figura in esame offre il vantaggio, per gli acqui-renti, di non dover pagare da subito l’intera im-posta dovuta per il trasferimento. Trattandosi di un’operazione di regola soggetta a IVA, infatti, gli acconti saranno a loro volta soggetti a IVA, con applicazione dell’imposta mano a mano che il promittente venditore emetterà le relative fatture.

In conclusione, la figura qui definita help to buy sembra veramente preferibile a tutte le altre che la prassi contrattuale ha fino ad oggi proposto per favorire la commercializzazione di immobi-li residenziali nell’attuale critica congiuntura di mercato.

Un’analisi spassionata impone peraltro di segna-lare come il percorso negoziale proposto potrebbe essere reso ulteriormente – e forse decisivamente – più appetibile se il Legislatore intervenisse con pochi ed elementari ritocchi alla normativa civili-stica e fiscale così da consentire un’utilizzazione di questo schema negoziale con una maggiore efficienza temporale e al riparo da pretestuose assimilazioni alla locazione con gli anacronistici vincoli che potrebbero conseguirne.

Sarebbe infatti opportuno:i) allungare la durata dell’efficacia prenotativa della trascrizione del contratto preliminare, at-tualmente stabilita in tre anni dall’art. 2645 bis del codice civile;ii) stabilire esplicitamente che la consegna anti-cipata in forza di contratto preliminare (trascritto) non soggiace al regime vincolistico della locazione e alla conseguente disciplina relativa al rilascio;iii) sconfessare normativamente le interpretazio-

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ni affacciate nella prassi amministrativa che equi-parano il trattamento fiscale del contratto preli-minare ad effetti anticipati a quello della vendita;iv) affermare, una volta per tutte, che la tassazio-ne del trasferimento immobiliare definitivo as-sorbe tutte le anticipazioni di imposte corrisposte in occasione del contratto preliminare quali che ne siano le clausole e i negozi accessori necessa-riamente connessi.

Al di là dell’evidente utilità sociale, tanto mag-giore se si pensa all’applicazione di questa pro-posta al social housing, si tratterebbe di riforme a costo zero, capaci anzi di incrementare, con l’au-mento del numero degli accordi, lo stesso gettito erariale.

Illustrazione di Bill Butcher

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PRO CONTRO

Locazione + Contrattopreliminare non tra-scritto

Locazione + Opzione di vendita

Per che acquista:• tutela tipica della locazione:il conduttore è detentore qualificato

Per chi vende:• sollievo finanziario: - il canone può essere impiegato per il pagamento dell’eventuale mutuo - al conduttore possono essere accol- late le spese ordinarie di manuten- zione e condominiali

Per chi acquista:• la mancanza di liquidità può determinare l’impu-tabilità dell’inadempimento all’acquirente• le vicende pregiudizievoli in cui il venditore può incorrere fino al trasferimento della proprietà• trattamento fiscale oneroso

Per chi vende:• applicazione della tutela tipica della locazione

Vendita con riserva di proprietà

Per chi acquista:• insensibilità alle vicende pregiudizie-voli che riguardano il venditore

Per chi vende:• sollievo finanziario (come sopra)• tutela tipica per il caso di inadempi-mento dell’acquirente

Per chi acquista:• trattamento fiscale oneroso: la tassazione è im-mediata (la stessa della vendita)

Rent to buy Per chi acquista:• maggior flessibilità contrattuale • (in certi casi) minor costo rispetto a un finanziamento bancario• tempo a disposizione per alienare altro immobile di cui l’acquirente sia eventualmente proprietario

Per chi vende:• sollievo finanziario (come sopra)• non applicabilità della disciplina del-le locazioni

Per chi acquista:• costi più alti rispetto a una vendita immediata• penale per il recesso • le vicende pregiudizievoli in cui il venditore può incorrere fino al trasferimento della proprietà • trattamento fiscale incerto

Per chi vende:• eventuale significativo aumento di valore dell’im-mobile oggetto di RTB• incertezza della disciplina applicabile in caso di inadempimento dell’acquirente

Help to buy Per chi acquista:• maggior flessibilità contrattuale • (in certi casi) minor costo rispetto a un finanziamento bancario• tempo a disposizione per alienare altro immobile di cui l’acquirente sia eventualmente proprietario• trattamento fiscale non penalizzante e non maggiormente oneroso rispetto a una vendita tradizionale• limitazione dei rischi derivanti dalle vicende pregiudizievoli in cui il vendi-tore può incorrere fino al trasferimento della proprietà* Per chi vende:• sollievo finanziario (come sopra)• non applicabilità della disciplina del-le locazioni• immediato introito finanziario

Per chi acquista:• costi più alti rispetto a una vendita immediata• penale per il recesso Per chi vende:• eventuale significativo aumento di valore dell’im-mobile oggetto di HTB• utilizzabile prevalentemente per una certa tipo-logia di immobili (immobili ultimati destinati ad abitazione)

* per la durata massima (allo stato attuale) di tre anni

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49CLAUSOLE IN RETE

CONTRATTO PRELIMINARE DI VENDITAREPUBBLICA ITALIANA

Il giornoInAvanti a mesono presenti:[società “Alfa”]in seguito chiamata “parte promittente venditrice” o “promittente venditore” [PV][Tizio]in seguito chiamato “parte promissaria acquirente” o “promissario acquirente” [PA],persone della cui identità personale io notaio sono certo le quali nella rispettiva qualità

convengono:

1. [formula negoziale]PV si obbliga a vendere a PA che si obbliga ad acquistare

2. [diritto]* la proprietà* la nuda proprietà* l’usufrutto* etc.

3. [oggetto] [descrizione con dati catastali,1 confini e indicazione della quota millesimale di comproprietà delle parti comuni]Per una migliore identificazione di quanto sopra descritto le parti fanno espresso riferimento alla planimetria, che qui si allega sotto la lettera “__”. PV dichiara la conformità allo stato di fatto di detta planimetria e dei dati catastali.L’appartamento è destinato ad abitazione di PA e delle persone abitualmente conviventi.2 Ogni modifica della destinazione è vietata per tutto il periodo intercorrente tra la data di per-fezionamento del presente contratto e la data del contratto definitivo di vendita.

4. [prezzo della vendita]Le parti dichiarano di avere convenuto, per la vendita che si sono obbligate a concludere, il prezzo come di seguito determinato:

1 N.B. Il contratto che qui si propone è funzionale agli accordi relativi a porzioni immobiliari per i quali sussistono le condizioni di agibilità e accatastate. A ciò consegue la non applicabilità della normativa posta a tutela degli acquirenti degli immobili da costruire: art. 1, lett. d) D. Lgs. 122 del 2005.

2 La destinazione ad abitazione principale è funzionale all’applicazione dell’art. 72, u.c., L.F.

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50 CLAUSOLE IN RETE

* euro…… oltre IVA qualora il contratto definitivo di vendita sia perfezionato entro il gior-no……;* euro…… oltre IVA qualora il contratto definitivo di vendita sia perfezionato entro il gior-no……,* euro…… oltre IVA qualora il contratto definitivo di vendita sia perfezionato entro il gior-no......

5. [caparra acconti prezzo e saldo prezzo finale]A titolo di caparra confirmatoria e acconto prezzo, PA ha corrisposto la somma di euro...... a PV che ne rilascia corrispondente quietanza.A titolo di acconto prezzo PA si obbliga a corrispondere a PV la somma di…… euro mensili.

Al momento della conclusione del contratto definitivo di vendita PA corrisponderà a PV il saldo prezzo, corrispondente alla differenza tra il prezzo come sopra determinato e la parte già versata a titolo di acconto e di caparra.

Il pagamento degli acconti potrà essere effettuato con le seguenti modalità:…….

[eventualmente: particolare modalità di pagamento dell’acconto prezzo può essere l’accollo di una quota di mutuo di PV]Il pagamento degli acconti sopra descritti è effettuato mediante accollo cumulativo in favore di Banca……, del residuo debito capitale alla data odierna del mutuo di originari euro……, stipulato da PV con atto ricevuto dal notaio…… di……, il giorno…… Rep. n……, registrato presso l’Agenzia delle Entrate di……, il giorno……, al n……, garantito da ipoteca iscritta presso l’Agenzia del Terri-torio di…… in data…… ai numeri……, in seguito frazionato con atto ricevuto dal notaio…… di……, il giorno…… Rep. n……, registrato presso l’Agenzia delle Entrate di……, il giorno……, al n……, annotato presso l’Agenzia del Territorio di…… in data…… ai numeri……, lotto numero……PA, che si accolla il residuo debito capitale, subentra nella medesima posizione facente capo all’originario debitore e conseguentemente riconosce di essere tenuta a pagare, alle conve-nute scadenze, tutte le rate del mutuo, comprensive di capitale, interessi e spese, come con-venute nell’atto di frazionamento, con scadenza successiva alla data odierna e si impegna a notificare all’Istituto mutuante copia del presente atto.Qualora tutte le rate di mutuo con scadenza successiva all’accollo siano state pagate da PA, la ricevuta della Banca che attesti l’estinzione del lotto di mutuo costituisce quietanza della parte di prezzo corrispondente alla quota di capitale accollata.

6. [inadempimento clausola risolutiva espressa e clausola penale]Il contratto può essere risolto in caso di inadempimento delle parti che non sia di scarsa im-portanza, ai sensi dell’articolo 1455 c.c.Il contratto si risolve in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento di PA all’obbligo del pagamento di n…… acconti come sopra convenuti, per un importo complessivo di euro…

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51CLAUSOLE IN RETE

…,3 decorsi n…… giorni dalla scadenza del termine per il pagamento dell’acconto che integra detta somma complessiva. In tale eventualità PA sarà tenuto a corrispondere a PV, a titolo di penale, ai sensi dell’articolo 1382 c.c., la somma come di seguito determinata:

· euro…… qualora PV comunichi a PA che intende valersi della clausola risolutiva entro il giorno……;

· euro…… qualora PV comunichi a PA che intende valersi della clausola risolutiva entro il giorno……;

· euro…… qualora PV comunichi a PA che intende valersi della clausola risolutiva entro il giorno……

Le comunicazioni di cui sopra devono essere fatta a mezzo di lettera raccomandata a.r.PV ha facoltà di trattenere direttamente dagli acconti già corrisposti la somma come sopra determinata, restituendo a PA l’eventuale eccedenza.[eventualmente:] È fatta salva la risarcibilità del danno ulteriore.

7. [diritto di recesso e multa penitenziale]PA può recedere dal presente contratto con preavviso di n…… giorni.[ovvero]PA può recedere dal presente contratto con preavviso di n…… giorni al verificarsi di uno dei seguenti eventi:

· ……Del verificarsi dell’evento che legittima PA a recedere deve essere data adeguata dimostrazio-ne e, ove possibile, documentazione a PV.

In tal caso PA sarà tenuta a corrispondere a PV, ai sensi dell’articolo 1373, comma 3, c.c. la somma come di seguito determinata:

· euro…… qualora PA comunichi a PV l’esercizio del recesso entro il giorno……;· euro…… qualora PA comunichi a PV l’esercizio del recesso entro il giorno……;· euro…… qualora PA comunichi a PV l’esercizio del recesso entro il giorno……

Le comunicazioni di cui sopra devono essere fatta a mezzo di lettera raccomandata a.r.PV ha facoltà di trattenere direttamente dagli acconti già corrisposti la somma come sopra determinata, restituendo a PA l’eventuale eccedenza.

8. [scelta del notaio]La scelta del notaio incaricato di ricevere il contratto definitivo di vendita spetta a……

9. [termine per l’adempimento]Le parti si obbligano reciprocamente a concludere il contratto definitivo di vendita entro il giorno……PA ha diritto di pretendere che il contratto definitivo di vendita sia stipulato anche prima del predetto termine, fissando il mese nel corso del quale perfezionare il medesimo, con preavviso di giorni…… PV e PA individueranno di comune accordo una data utile per il perfezionamento del contratto nel corso del mese scelto da PA.

3 È opportuno determinare detto importo in misura superiore all’ottava parte del prezzo.

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10. [Inadempimento]Fermo restando quanto stabilito al precedente articolo 6, trascorsa la data sopra convenuta quale termine finale per l’adempimento, in caso di inadempimento di una parte, l’altra avrà la facoltà di scegliere tra:a) domandare l’esecuzione in forma specifica del presente contratto, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ.;b) domandare la risoluzione del presente contratto, ai sensi dell’art. 1453 e seguenti cod. civ., richiedendo il risarcimento dei danni eventualmente subiti ed accertati, fermo restando quan-to sopra pattuito all’articolo 6;c) intimare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1454 cod. civ., l’adempimento alla parte inadem-piente, fissando alla stessa a mezzo lettera raccomandata a.r. un ulteriore termine - non in-feriore a quindici [o più] giorni e non superiore a…… giorni - per la conclusione del contratto definitivo, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il presente contratto si intenderà risolto di diritto.

[eventualmente][sostituzione di PA][contratto preliminare per persona da nominare]PA si riserva la facoltà di nominare persone o enti che debbano acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti da questo contratto.La dichiarazione di nomina deve essere comunicata da PA a PV entro il giorno……La dichiarazione di nomina e l’accettazione della persona/e o ente nominati devono essere redatte nella medesima forma di questo contratto e devono essere trascritte ai sensi dell’art. 1403 cod. civ.In assenza di procura idonea ai sensi dell’art 1402 e 1403 cod. civ., la dichiarazione di nomina è priva di effetto se non è accompagnata dall’accettazione delle persone o enti nominati.In assenza di dichiarazione di nomina efficace ai sensi di legge, il contratto definitivo di vendita deve essere stipulato tra le parti qui intervenute.[cedibilità del contratto]PV sin da ora consente che, nei limiti previsti dalla legge, PA sostituisca a sé un terzo nei rap-porti derivanti da questo contratto.

11. [consegna]L’immobile sopra descritto è consegnato in data……. a PA. Le parti danno atto di aver redatto/si obbligano a redigere verbale di consegna del bene in oggetto.4

[eventualmente][Ai sensi dell’articolo 1477, comma 3, c.c., PV consegna a PA copia autentica del suo titolo di acquisto, del regolamento di condominio vigente e dell’attestato di certificazione energetica…]

12. [spese di gestione e condominiali]Le spese e gli oneri relativi al bene in oggetto sono a carico di PA e a suo favore saranno tutti i frutti da esso dipendenti.Le spese condominiali ordinarie e straordinarie sono a carico di PA a decorrere da data di ef-

4 Tale verbale ha particolare rilievo per evitare strumentali recriminazioni su pretesi vizi da parte di PA

CLAUSOLE IN RETE

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53CLAUSOLE IN RETE

fettiva consegna.[eventualmente]Nel caso in cui, nel periodo intercorrente da oggi alla stipulazione dell’atto definitivo di vendi-ta, fossero convocate assemblee condominiali che comportassero l’assunzione di decisioni di spesa, PV si impegna a rilasciare delega per l’intervento a PA.

13. [garanzie]PV garantisce a PA che:- le unità immobiliari in oggetto sono e saranno di sua esclusiva proprietà, libere da iscrizio-ni, trascrizioni pregiudizievoli e da diritti di terzi in genere, (ad eccezione di……)- il fabbricato e le unità immobiliari in oggetto sono urbanisticamente regolari e aventi la de-stinazione di……;- il fabbricato nel quale si trovano le unità immobiliari in oggetto è di recente costruzione, è stato edificato secondo le disposizioni attualmente in vigore e secondo i principi di buona costruzione;- le parti comuni e le unità immobiliari in oggetto sono in ottimo stato di manutenzione e gli impianti sono conformi alla normativa in materia di sicurezza attualmente in vigore, come da certificati che PV consegna a PA.

14. [situazione urbanistica del bene e agibilità]

15. [accordi per l’accesso al credito][eventualmente]PA dà atto e PV si dichiara edotta del fatto che PA richiederà un finanziamento sotto forma di mutuo ipotecario alla Banca…… per far fronte al pagamento di quanto in contratto.Pertanto PV si impegna fin d’ora a rendersi disponibile per la predisposizione della documen-tazione che le fosse richiesta da parte della banca concedente il mutuo. Si impegna inoltre, ove necessario, a prestarsi a intervenire, nella veste di terzo datore di ipoteca, in un eventuale atto di mutuo stipulato prima della conclusione dell’atto di vendita.

16. [clausole particolari relative a ipotesi di disponibilità condizionata]

17. [regime patrimoniale della famiglia]Ai sensi dell’art. 2659 cod. civ., in relazione al regime patrimoniale della famiglia, PA dichiara di essere…

18. [regime tributario applicabile]PV dichiara che la vendita alla cui conclusione le parti si sono obbligate con il presente con-

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tratto sarà soggetta ad IVA e che, in quanto necessario, eserciterà l’opzione in sede di contrat-to definitivo di vendita.[eventuale] Ai sensi di legge, PA dichiara che, al momento della conclusione del contratto definitivo di vendita, sussisteranno i presupposti e ricorreranno tutte le condizioni di cui alla nota II-bis per richiedere le agevolazioni prima casa.

19. [spese]Spese e tributi del presente, del successivo atto di vendita, degli eventuali atti necessari per finanziare PA inerenti e conseguenti, sono a carico di PA.

20. [trascrizione]Qualora il contratto definitivo di vendita non venisse perfezionato entro tre anni dalla trascri-zione del presente atto, le parti si obbligano reciprocamente a perfezionare nuovamente un contratto preliminare da trascrivere nei pubblici registri immobiliari.

[formule di chiusura dell’atto pubblico]

CLAUSOLE IN RETE

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il saluto di Lavinia di Lavinia Vacca notaio

Questa è l’ultima volta che mi affaccio alla finestra di Federnotizie. Come recita l’Ecclesiaste, c’è un tempo per ogni cosa e quello che viviamo ora non è più il tempo in

cui ci si può soffermare su vecchiette arzille, contadini testardi, zitelle intristite.Ho iniziato nel 1994 con un articolo che si intitolava “In difesa del buon Don Cesare”. Già il titolo la

dice lunga su quanto le cose che io racconto siano ormai superate e desuete.I ragazzi di oggi, intendo i colleghi giovani, nemmeno sanno chi è Don Cesare.Con un po’ di presunzione devo dire che grazie ai miei raccontini su Federnotizie ho raggiunto una

certa “fama” nella categoria.Dialogo tra congressisti: “Davvero? Tu sei Lavinia Vacca? Come sono contenta di conoscerti. Io ti

leggo sempre, mi fai tanto ridere...”.Oddio... io l’ho sempre preso come un complimento questa storia che faccio ridere. Se così non

era... meglio non pensarci ora.È stata davvero una bellissima esperienza e ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno fatto l’ono-

re di seguirmi con attenzione. Come tutte le cose però anche questa ha un inizio e una fine.Ecco perché oggi io raccatto tutti i miei alberi capitozzati, i defunti burloni, i colleghi speciali, i pa-

renti serpenti e lascio libero il davanzale a nuovi narratori, adatti a nuovi tempi.

P.S. Chiedo scusa se magari stavolta non sono riuscita a farvi ridere; non tutti almeno.

FINESTRASUL CORTILE

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PROMOSSI E BOCCIATI

Temo che, questa volta, la rubrica si occuperà di un’unica categoria: quella dei bocciati.Perchè solo bocciati?

In occasione di una mia recente relazione, ho esaminato le decisioni delle Co.Re.Di., le richie-ste di pareri inviate alla Commissione deontolo-gia del CNN, gli esposti ricevuti dalla medesima commissione.

Dal materiale esaminato emerge una situazione del notariato estremamente preoccupante: ai casi di gravissime violazioni della legge e del codice deontologico, si aggiungono incredibili “errori” che mettono pesantemente in dubbio la prepa-razione dei notai e fanno riflettere sui metodi di aggiornamento e informazione finora praticati.

Bocciati, quindi i notai che hanno commes-so le violazioni, bocciati i notai che si sono resi responsabili di gravi errori, bocciati i notai che, con i loro comportamenti, hanno provocato gli esposti, ma bocciati anche i Consigli notarili che non esercitano col necessario rigore i loro doveri di controllo.

Vogliamo proprio promuovere qualcuno, anche se non fa altro che il proprio dovere?

Possiamo promuovere i molti notai che svolgo-no al meglio le loro funzioni di pubblici ufficiali depositari della fede pubblica e di professionisti preparati e responsabili. Possiamo promuovere i Consigli (temo non siano molti) che svolgono al meglio i loro compiti di indagine, controllo, ac-certamento delle violazioni.

A me e ai tanti colleghi “per bene” resta l’ama-rezza di vedere una categoria, certamente privile-giata, scadere nella considerazione dell’opinione pubblica per i comportamenti di pochi, ma sem-pre troppi, ai più infimi livelli per avidità, scorret-tezza, disonestà.

Come nella intera società italiana, è necessaria

nel notariato una forte reazione etica, un moto di orgoglio, una grande autocritica: di questi pro-blemi dovremo parlare nel prossimo Congresso, questi problemi dovranno essere presenti a chi si candiderà per le prossime elezioni del C.N.N. e della Cassa.

di Gian Franco Condò notaioKALEIDOSCOPIO

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Caro Direttore,ho letto, a mia volta, “sconcertata” il puntuto intervento del notaio Arrigo Roveda, relativo

al mio articolo: “Passato e presente…: unioni di fatto e matrimoni gay” nel Kaleidoscopio, di luglio; uno sconcerto non certo dovuto al fatto che l’autore esprima posizioni differenti dalle mie: ben vengano, sempre, il dibattito intellettuale e il pluralismo delle idee, ma in questo caso c’è solo il silenzio assordante dell’assenza di argomentazioni “contro” e l’arroganza del pregiudizio ideologico che tra l’altro rivelano una lettura del mio testo molto superficia-le, se non a stralci, e una parziale, se non volutamente travisata, comprensione di quanto esposto.

Sicura di trovarmi di fronte a lettori di una certa levatura culturale e di un’auspicabile for-mazione classica, in quel mio intervento ho esposto, a partire dal mondo antico e arrivando fino ad oggi, correnti di pensiero – filosofiche e non – che hanno improntato la nostra storia millenaria e che, in quanto tali, spiegano e giustificano, appunto “storicamente” e non per mio vezzo intellettuale, i motivi delle contrastanti opzioni pro o contro la realtà omosessuale e il suo riconoscimento. Ma ha colto la sostanza e il senso di questa analisi il nostro notaio?

Quanto alle radici identitarie dell’Occidente, tra le quali l’autore si dichiara orgoglioso che non vi compaiano Grecia, Roma e Cristianesimo – ma è solo il Cristianesimo che lo indi-spettisce – continuo a sostenere con convinzione, impermeabile al sarcasmo del lettore, che sono greco-romane-cristiane e che, anche in questo caso, è stato il conformismo ideologico e l’opportunismo politico a imporre di negare valore alla nostra storia e dignità alle nostre obiettive origini, escludendole dalla Costituzione europea. O vogliamo negare che la Grecia, con la sua democrazia avanzata – unico esempio in tutto il bacino del mediterraneo – con la sua speculazione filosofica, col suo sapere storico, scientifico, artistico, letterario, abbia pro-fondamente permeato la romanità? Che Roma abbia unificato e “civilizzato” nell’intento di una solida integrazione il vastissimo territorio che dalla Spagna e da gran parte dell’odierna Europa è giunto fino al vicino Oriente? Che nel marasma della sua caduta, il Cristianesimo ne

KALEIDOSCOPIO

BOTTA E RISPOSTA

Un intervento contestato in Federnotizie, Kaleidoscopio, luglio 2012

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abbia ereditato e rielaborato in senso lato i presupposti, aggiungendovi due principi, a mio parere, irrinunciabili: la netta distinzione tra Stato e religione e il libero arbitrio dell’uomo?

Questa è storia, non retriva opinione personale; azzerarla o sottacerla fa parte di quell’at-teggiamento intellettuale “gauchiste” che, come ho ampiamente dimostrato nel mio articolo (dalla Sofistica a Marx) fa dell’antropocentrismo e del laicismo radicale la sua bandiera, “at-tribuendo all’uomo il compito di creare il mondo, un mondo in cui le leggi naturali” siano “corrette se non negate”. Una corrente di pensiero, appunto: legittima e rispettabile, non “La Corrente di Pensiero” assoluta perché il mio interlocutore vi si riconosce, bollando come “assurde” tout court opinioni differenti dalle proprie e, a suo parere, “assurdamente” diffuse e “banalmente” comuni.

Aggiungo che non ho mai usato, nel mio articolo, “espressioni ingiuriose verso persone che hanno orientamenti sessuali diversi” dai miei (ma che ne sa il lettore?).

Non ha afferrato, l’autore della lettera, che stavo riferendo e criticando in modo subli-minale le riserve mentali e la superficialità di giudizio di larghi strati della società odierna che, ignorando o non conoscendo nella sostanza la condizione omosessuale, la liquida con interpretazioni grevi o la normalizza in stucchevoli contesti familistici? Quando interi perio-di hanno per soggetto “la gente comune” o “gli italiani” o “l’Italia”, non risulta fin troppo chiaro che si riporta un quadro generale, comune appunto, diffuso appunto, che si può non condividere ma che è sotto gli occhi di tutti, come ho documentato?

Legga con maggiore attenzione, caro notaio, e con spirito libero; non estrapoli da un con-testo complesso e argomentato espressioni e aggettivi distorcendoli a suo uso, come spesso avviene anche in un certo giornalismo ad effetto. In questo modo avrebbe captato tra le righe la mia preoccupazione e il mio rifiuto nel vedere offeso o banalizzato il fenomeno gay come oggi ancora largamente avviene.

La società attuale non è quella dei salotti “bene”radical-chic; gli omosessuali non sono solo quelli, splendidamente sereni e realizzati, di sua conoscenza e la diversità – perché di questo si tratta – può creare qualche problema oltre ad essere uno speciale arricchimento.

A proposito, ha letto il recente libro di Paola Concia, La vera storia dei miei capelli bian-chi, Mondadori, aprile 2012? È un’autobiografia sincera, autentica, appassionata e molto istruttiva in questo senso: l’autrice, tra l’altro, ripercorre le tappe della sua educazione sen-timentale, sottolineando le difficoltà, le contraddizioni, le lotte con se stessa e le sofferenze per accettare e far accettare la sua omosessualità oggi pienamente palesata e felicemente conclusa in un’unione formalizzata.

Ma la gauche caviar a cui, intuisco, appartiene il nostro sconcertato lettore, vive nell’empi-reo autoreferenziale del “Pensiero Unico”, chiusa nella realtà elitaria della propria esperien-za, intellettuale e di vita, inorridisce alle espressioni, per altro volutamente virgolettate di “in natura” e “contro natura”, rispetta solo il suo credo progressista.

Non posso nascondere la mia delusione, caro notaio! Col suo intervento non ha arricchito il dibattito, non ha, certo volutamente, colto o apprezzato le argomentazioni forti e obiettive, apportate nel mio articolo, per difendere il riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto, qualsiasi esse siano, ma si è permesso di giudicare, a sproposito, l’onestà intellettuale di chi esprime opinioni non preconfezionate, non pilotate da suggestioni di stampo confessionale o ideologico, da me aborrite, ma convinzioni di matrice meramente culturale che partono da molto, molto lontano.

Gabriella Gazzola

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Ricevo gli insulti di Gabriella Gazzola, grecista e latinista, notista di politica, costume e società, e me li tengo. Proseguire oltre sarebbe stucchevole. Io, ottuso a luglio e ora privo di “una certa levatura culturale e di un’auspicabile formazione classica”, non capisco quanto scrive la grecista; lei non capisce quanto scrivo io.

Mai ho pensato di criticare l’argomentato contenuto dell’intervento pubblicato a luglio. Altro avrebbe dovuto essere il ragionamento da sviluppare. Semplicemente ho stigmatizza-to l’uso di una “grammatica relazionale”, di un linguaggio, che è stato stigmatizzato anche quando a utilizzarlo è stato Antonio Cassano.

Ma Antonio Cassano avrà letto il recente libro di Paola Concia La vera storia dei miei capelli bianchi, Mondadori, aprile 2012?

È evidente che Gabriella Gazzola e io, a giudicare dai reciproci scritti, non ci stiamo simpa-tici. Se ci dovessimo incontrare la situazione non potrà che migliorare.

Arrigo Roveda

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Da quando ho iniziato la mia avventura come presidente dell’Associazione sindacale dei notai della Lombardia mi sono prefissato, fra gli altri, due obiettivi di natura strutturale e organizzativa:- facilitare il ricambio generazionale, coinvolgendo, insieme ai notai più esperti del sindacato, tanti giovani colleghi che avessero manifestato la loro disponibilità e il loro entusiasmo;- rinsaldare il collegamento territoriale tra tutti i colleghi della Lombardia.

È fondamentale, a mio avviso, che il sindacato si sforzi di ascoltare maggiormente le istanze delle varie realtà territoriali e di comunicare con queste realtà anche in considerazione della sempre mag-giore contiguità professionale legata alle nuove norme sulla facoltà di rogito.

Sarebbe importante riuscire a far sentire il maggior numero di colleghi della Lombardia parte di un gruppo più ampio in cui ci potranno essere esigenze diverse ma in cui si parla e ci si confronta per trovare insieme un modello di notariato da poter proporre, con forza, a tutta la categoria e all’esterno.

È necessario favorire in ogni modo la partecipazione dei colleghi che devono sapere di avere, oltre ai loro Consigli notarili, già oberati da mille attività, un solido punto di riferimento nel Sindacato per portare idee nuove e contribuire a una politica attiva della categoria.

Da qui è nata l’idea di un Convegno itinerante le cui tappe sono le seguenti:

Como, 11 ottobre (per i notai dei distretti di Como, Lecco e Sondrio)Brescia, 30 ottobreCremona, 28 novembre (per i colleghi dei distretti di Cremona, Pavia e Mantova)Bergamo, 30 novembreMilano, 10 dicembre (per i colleghi dei distretti di Milano, Busto Arsizio, Lodi, Monza e Varese).

A questo punto occorreva trovare il tema e, inconsapevolmente, Alessandra Mascellaro ha ispirato il tema del Convegno. Avevo già letto e salvato nel pc qualche articolo di giornale sul tema del so-vraindebitamento e poi un giorno ho scoperto che ne stava scrivendo uno lei, proprio per Federno-tizie. Così ne abbiamo parlato e abbiamo ritenuto che fosse l’argomento giusto: nuovo, propositivo e che dà al notariato una nuova opportunità di aggiornare e valorizzare il proprio ruolo in un nuovo ambito (così com’era già accaduto con il tema della mediazione). Abbiamo pensato che il notariato non possa, soprattutto in questo momento storico, lasciarsi sfuggire questa occasione e debba farsi trovare pronto a raccogliere la sfida lanciata dal legislatore; ma questo richiede un nuovo approccio e un diverso modo di lavorare, rispetto a quello cui siamo abituati, che esige un grande sforzo culturale e di approfondimento. Per troppo tempo ci siamo adagiati su un’attività nella quale, ormai, possiamo muoverci a occhi chiusi e, forse, in tanti si sono impigriti e hanno perso la voglia di crescere. È arri-vato il momento di invertire questo atteggiamento.

Ovviamente, per la (speriamo) riuscita dell’iniziativa dovevamo creare un format e così abbiamo indi-

Convegno itinerante sul sovraindebitamento

di Domenico Chiofalo, notaio, presidente dell’Associazione sindacale dei notai della Lombardia

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viduato un gruppo di “relatori in tour” formato dal moderatore, da un professore, un avvocato com-mercialista, un notaio e, di volta in volta, un magistrato del tribunale della sede presso cui si svolgerà l’incontro designato dal presidente del tribunale.

Un primo risultato è stato già ottenuto e tanti colleghi di varie zone d’Italia hanno manifestato in-teresse per questa idea e noi saremo ben contenti di condividerla con le altre Associazioni sindacali regionali, in primis, e con chiunque altro ritenga necessario dare nuovi stimoli alla categoria.

“Composizione della crisi da sovraindebitamento. Via di fuga per consumatori, pro-fessionisti e piccoli imprenditori?” è il titolo del convegno itinerante promosso dall’Associa-zione sindacale dei notai della Lombardia, titolo che intende sollecitare l’attenzione sul contenuto di una legge (n. 3/2012) da cogliere come un’opportunità per le professioni e come una facilitazione per il cittadino.

L’impianto attuale delle norme è frutto di un iter legislativo tormentato. Il dibattito sul-la necessità di introdurre nel nostro ordinamento una procedura di regolazione dell’insolven-za civile, che si era intensificato negli ultimi anni in ragione del progressivo indebitamento dei soggetti privati e delle famiglie, è alla fine sfociato nell’introduzione della procedura di com-posizione della crisi da sovraindebitamento (attualmente disciplinata dalla Legge 3/2012, in corso di modifica in forza del D.L. 4 ottobre 2012, non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficia-le della Repubblica). Il provvedimento legislativo in oggetto ha il merito di porre il nostro pae-se in linea con gli altri stati membri dell’Unione Europea, che già da molto tempo sono prov-visti di strumenti e procedimenti esdebitatori sia per i consumatori che per le piccole imprese. La composizione delle crisi da sovraindebitamento viene definita come una procedura (assimilabile al concordato) che consiste nella conclusione di un accordo tra debitore e creditori il cui scopo è quello di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti pro-cedure concorsuali. Con il termine sovraindebitamento si intende quella situazione patologica che viene determinata dall’impossibilità non temporanea di adempiere regolarmente alle obbligazioni assunte attraverso il ricorso ai redditi, ai beni mobili e immobili di proprietà.

La nuova procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento si applica attualmente

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di Alessandra Mascellaro, notaio

In sintesi

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all’insieme di soggetti non destinatari delle tradizionali procedure concorsuali, accomunando sogget-ti tradizionalmente molto eterogenei per struttura e caratteristiche: l’imprenditore commerciale “sot-tosoglia”, il debitore civile e il professionista (non qualificabile propriamente né come imprenditore non fallibile, né come consumatore). È però solo con il D.L. 4 ottobre 2012 che viene definitivamente chiarito che la procedura si estende anche ai consumatori.

Il principio della responsabilità patrimoniale di cui all’art 2740 c.c. prevede che il de-bitore risponda dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i propri beni, pre-senti e futuri. L’imprenditore commerciale insolvente invece ha sempre avuto la possibi-lità di liberarsi delle obbligazioni non soddisfatte mediante una proposta di concordato preventivo o in caso di intervenuto fallimento di concordato fallimentare, o comunque di accede-re, se imprenditore individuale, all’istituto dell’esdebitazione (ex artt. 142 e ss. Legge Fallimentare). La responsabilità patrimoniale potenzialmente perpetua del debitore civile, in considerazione della possibilità dei creditori di soddisfarsi anche sui beni e crediti futuri del debitore, comporta invece il rischio, socialmente molto sentito nell’attuale periodo di crisi, che le persone fisiche si trovino co-strette a convivere per gran parte della loro esistenza con il peso dell’indebitamento.

Una annotazione di non scarso rilievo: la legge 3/2012 attribuisce ai professionisti (notai, avvocati e commercialisti) in via transitoria – e fino all’iscrizione in apposito registro degli organismi di com-posizione della crisi – la funzione di “compositori della crisi” che coadiuvano il debitore nel trovare un accordo con i creditori al fine della risoluzione della crisi da sovraindebitamento; il D.L. in corso di pubblicazione elimina la transitorietà e attribuisce in via definitiva questa funzione a notai, avvocati e commercialisti, con competenza concorrente a quella degli organismi di composizione della crisi.

Le prime ricostruzioni dottrinali riconoscono agli organismi di composizione della crisi (e quindi al professionista) il perseguimento di un interesse generale costituito dalla risoluzione della situazione di sovraindebitamento a beneficio dell’intera collettività. I poteri attribuiti all’organismo costituisco-no un ibrido fra le attribuzioni inerenti la sfera pubblica e quella privata poichè le relative funzioni spaziano dall’assunzione di ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristruttura-zione, al raggiungimento dell’accordo, alla collaborazione con giudice-debitore-creditori, fino alla verifica della veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, all’attestazione di fattibilità del piano, all’esecuzione della pubblicità della proposta e dell’accordo al competente ufficio del registro delle imprese e (ai sensi del D.L. 4 ottobre 2012) anche all’Agenzia del Territorio.

Il tema è quindi di grande attualità non solo perché riafferma la fiducia del legislatore nelle tradizio-nali professioni ordinistiche, ma anche perché offre al notariato una prospettiva e una nuova fun-zione, ancorchè in via non esclusiva. Questa può essere la nuova sfida che la categoria può raccoglie-re e vincere con la professionalità e la specializzazione che da sempre ne è connotato essenziale.

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r u b r i c h e

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REDAZIONE: Milano, Via Manzoni 14, Tel. 02.76017512 - Fax 02.87152802Questo numero è stato consegnato per la stampa il 5 novembre 2012 per una tiratura di 3.100 copie presso 3 Erre, Orio Litta (LO).Rivista associata all’Unione della Stampa Periodica Italiana

Edito a cura dell’Associazione Sindacale Notai della Lombardia – iscritto il 13.5.1988 al n. 345 nel Registro della Stampa del Tribunale di Milano. Pubblicazione non in vendita, inviata a tutti gli iscritti delle associazioni sindacali notarili. Direzione e Redazione: via Manzoni 14, 20121 Milano, email. [email protected] - Web. www.federnotizie.org

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