Nota a Corte Costituzionale, Sentenza 12 7 13, n. 186, A Cura Di Valentina Zirafa
-
Upload
giovanni-grasso -
Category
Documents
-
view
11 -
download
2
Transcript of Nota a Corte Costituzionale, Sentenza 12 7 13, n. 186, A Cura Di Valentina Zirafa
www.ildirittoamministrativo.it
1
NOTA A CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA 12 luglio 2013, n. 186
A cura di Valentina Zirafa
L’impignorabilità dei beni delle Aziende Sanitarie: dal Decreto Balduzzi alla recente
pronuncia del Giudice delle Leggi
La nota ed attuale sentenza della Corte Costituzionale, n. 187 del 12/07/2013, ha sancito
l’illegittimità della norma che prevede l’impignorabilità dei beni delle Aziende Sanitarie
bocciando, pertanto, le misure contenute sia nella legge di stabilità del 2011 che nelle
successive disposizioni di proroga fino al 2013.
La pronuncia dovrebbe porsi a chiusura della ben nota querelle ma, come spesso accade,
laddove principi basilari della nostra cultura giuridica si intrecciano con altri “interessi”, anche
la più semplice delle argomentazioni di diritto diventa una vexata quaestio.
Appare doveroso ricordare alla memoria, brevemente, l’excursus storico della ben nota
vicenda che nacque da un’unica esigenza di fondo, ovvero quella di risanare i Mega Deficit
Sanitari che per anni hanno flagellato l’Italia.
Nel 2011, onde consentire una maggior tutela delle Regioni commissariate o poste sotto la
tutela del Governo furono varati strumenti legislativi ad hoc: il blocco della pignorabilità dei
beni unitamente all'estinzione del diritto dei pignoramenti e delle prenotazioni a debito sulle
rimesse finanziarie trasferite dalle Regioni ad Asl e ospedali.
Disposizioni confluite dalla legge di stabilità nel cd . “Decreto Balduzzi” e prorogate
dapprima fino al 2012, poi fino al 2013.
Orbene, partendo da una prospettiva civilistica, il principio generale fissato dall’art. 2740 c.c.,
trova sicura applicazione anche nei confronti della pubblica Amministrazione, secondo cui il
debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e
futuri.
www.ildirittoamministrativo.it
2
Anche per la P.A., dunque, “le limitazioni della responsabilità patrimoniale non sono ammesse
se non nei casi stabiliti dalla legge” (art. 2740, 2° co., c.c.).
Sennonché, nel corso degli anni, attraverso fonti di normazione secondaria si è voluto e si è
cercato il modo e lo strumento specifico per aggirare suddetto principio cardine.
Invero, risalendo nel tempo lo stesso D.L. n. 9/93 convertito in l. n. 67/1993, stabiliva che : “le
somme dovute a qualsiasi titolo alle unità sanitarie locali e agli istituti di ricovero e cura a
carattere scientifico, non sono sottoposte ad esecuzione forzata nei limiti degli importi
corrispondenti agli stipendi e alle competenze comunque spettanti al personale dipendente o
convenzionato, nonché nella misura dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini della
erogazione dei servizi sanitari definiti con decreto del Ministro della Sanità di concerto con il
Ministro del Tesoro, da emanare entro due mesi dalla entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto”.
Intervenne, poi, anche il D.M. del 15-10-1993, che individuava i servizi sanitari essenziali per
la erogazione dei quali sono previsti fondi a destinazione vincolata: “a) assistenza medico
generica e pediatrica di base; b) assistenza medico specialistica convenzionata interna; c)
assistenza pubblica ospedaliera o convenzionata obbligatoria; d) assistenza farmaceutica”.
La funzione pratica che, in tal maniera, si otteneva era quella di conferire, ad alcuni beni
appostati nel bilancio delle ASL natura di patrimonio indisponibile ex art. 826, 3° co., c.c., non
essendo assoggettabili ad esecuzione forzata le somme ivi indicate, perché “destinate ad un
pubblico servizio”, anche in applicazione del principio di inalienabilità ed inespropriabilità di
cui all’art. 828, 2° co., c.c.
A causa del perenne e costante male della sanità italiana, ovvero il ritardo nei pagamenti delle
strutture private convenzionate da parte delle ASL, ed a tutela di alcune categorie di soggetti
svantaggiati, la successiva l. 27-12-1997, n. 449, all’art. 8, 6° co., stabilì che “le Regioni e le
aziende sanitarie locali nella liquidazione e nei pagamenti dei loro debiti assegnano la priorità
a quelli che riguardano prestazioni o convenzioni per prestazioni a favore degli handicappati”.
Altresì, la l. n. 67/2006 dispose specifiche sanzioni avverso forme discriminatorie dirette ed
indirette, individuando, tra queste ultime, ipotesi nelle quali “una disposizione, un criterio, una
prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con
disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone”.
www.ildirittoamministrativo.it
3
Dal 2009/2010 iniziò un piano per porre rimedio al preannunciato disastro dei disavanzi nel
Settore Sanità in cui si succedettero “blocchi e rientri” senza mai ottenere un vero risanamento
delle posizioni debitorie.
Come osserva Palmeri in suo scritto:
“Tale modus procedendi impone alle ASL il rispetto dell’ordine cronologico delle fatture o
degli impegni di spesa dopo l’adozione della delibera di impignorabilità che “limita” la
generale responsabilità patrimoniale dell’ente, sottraendo le relative somme alla realizzazione
coattiva ex art. 826, 3° co., c.c. Ciò determina un’eccezione alla generica garanzia
patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c., giacché le somme di denaro ed i crediti dello Stato e
degli altri enti pubblici sono esclusi dall’azione esecutiva da un apposito provvedimento
amministrativo che nella legge trova il fondamento per imprimere a tali beni il vincolo di
destinazione ad un pubblico servizio”.1
A ben vedere, i giudici italiani, a ragione, non hanno mai visto di buon occhio tale impervia
strada, nel seguire la via del risanamento, seppur alcune volte siano apparsi avere un
orientamento altalenante, a volte quasi di passiva tolleranza di uno stato di fatto davvero
inaccettabile.
Purtuttavia la genesi, il caposaldo e il “trait d’union” tra le passate pronunce e l’attuale
interpretazione della Corte Costituzionale è sicuramente da rilevare in quel ben noto principio
che, illo tempore, allargò l’ambito oggettivo della pignorabilità dei crediti della P.A.
sostenendo che: “la mera iscrizione in bilancio dei fondi per generici fini pubblici è, ex se,
inidonea a paralizzare l’azione esecutiva”(Corte Cost. 29-6-1995). Principio di cui,
legislativamente parlando, si perderà in seguito la memoria.
Nelle successive pronunce, in specie nella sentenza della Corte Costituzionale 20-3-1998, n. 69
a mente della quale :
“è costituzionalmente illegittimo l’art. 113, 3° co., d.lg. 25 febbraio 1995 n. 77, come
modificato dal d.lg. 11 giugno 1996 n. 336, nella parte in cui non prevede che
l’impignorabilità delle somme degli enti locali destinate a fini vincolati stabiliti
1 G. Palmeri, Sul rilievo “officioso” dell’impignorabilità dei crediti delle ASL nel procedimento
espropriativo presso terzi, tra tutela dei destinatari dei servizi sanitari essenziali e ragioni creditorie, in
judicium.it e in Rivista dell’Esecuzione Forzata.
www.ildirittoamministrativo.it
4
normativamente, sia inoperante se siano emessi mandati per fini diversi da quelli vincolati,
senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se
non prescritta la fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente”.
Nella successiva Corte Costituzionale n. 211 del 18-6-2003, che ha dichiarò l’incostituzionalità
dell’art. 159 d.lg. n. 267/2000 nella parte in cui non prevede che “l’impignorabilità delle
somme destinate ai fini indicati….non operi qualora, dopo l’adozione da parte dell’organo
esecutivo della delibera semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme
destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere, siano emessi
mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così
come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni d’impegno
da parte dell’ente stesso”.
Nel 2005 fu, invero, sostenuto da alcuna parte della dottrina che: “la mera iscrizione nel
bilancio dell’ente pubblico di entrate destinate alla realizzazione di una finalità pubblica, non
determina di per sé l’impignorabilità della somme. Infatti il bilancio contemplando tutte le
entrate e le uscite in una visione globale.. non può essere considerato come fonte di vincoli di
destinazione di particolari somme, tali da sottrarli all’azione espropriativa dei
creditori……con la conseguenza di considerare assoggettabili a pignoramento anche le somme
di denaro dell’ente pubblico presso la tesoreria”.2
Nonostante ciò, dal 2009 si sono succedute manovre finanziarie e disposizioni legislative di
avallo e proroga della impignorabilità dei beni delle Aziende Sanitarie.
Nel luglio 2013, i Giudici hanno dichiarato il contrasto con l'art. 111 della Costituzione che
regola il giusto processo, poiché secondo la Corte Costituzionale altera "le condizioni di parità
fra i litiganti, ponendo la parte pubblica in una posizione di ingiustificato privilegio, incidendo,
altresì, sulla ragionevole durata del processo".
Con la norma che fissa l'impignorabilità dei fondi della Aziende sanitarie nelle Regioni oggetto
di piano di rientro, secondo il Collegio, è stata resa "inutile la possibilità riconosciuta ai
creditori di agire in giudizio al fine di ottenere il soddisfacimento delle obbligazioni dagli
stessi vantate nei confronti delle aziende sanitarie e ospedaliere delle Regioni soggette a
commissariamento". Per la Corte ciò è rilevante "tanto più ove si consideri che la predetta
disposizione, rendendo inefficaci i pignoramenti già eseguiti, consente ai debitori, in aperto
2 COMOGLIO-FERRI-TARUFFO, Lezioni sul processo civile, II, Bologna, 2005, 357-358
www.ildirittoamministrativo.it
5
contrasto con l'art. 24 della Costituzione, di rientrare nella piena disponibilità dei beni sino a
quel momento vincolati alla soddisfazione dei creditori esecutanti".
La Corte evidenzia inoltre che la durata nel tempo della "disposizione ora censurata,
inizialmente prevista per un anno", è "già stata, con due provvedimenti di proroga adottati dal
legislatore, differita di ulteriori due anni sino al 31 dicembre 2013".
Secondo la Consulta, infine, per giustificare l'impignorabilità "non può valere (...) il fatto che
(...) possa essere" ritenuta "strumentale ad assicurare la continuità della erogazione delle
funzioni essenziali" del "servizio sanitario: infatti, a presidio di tale essenziale esigenza" è già
in vigore la legge 67/1993, "in base alla quale è assicurata la impignorabilità dei fondi a
destinazione vincolata essenziali ai fini della erogazione dei servizi sanitari".
L’attuale pronuncia della Corte Costituzionale appare, quindi, a molti del tutto nuova ed
evolutiva nel panorama giurisprudenziale, quasi una “ventata d’aria fresca” nell’attuale
scenario giuridico, ma anche politico/istituzionale.
Occorre, quindi, evidenziare come, in materia, suddetta pronuncia rappresenti, oggi, non altro
che “ il giusto recupero” di un principio cardine del nostro ordinamento e di una
interpretazione costituzionalmente orientata, nata nel 1995 ma, che poi, si volle lasciare
sospesa ed inattuata .
La Corte ha definitivamente espunto, si spera, tutte quelle eccezioni ingiustificate nonché
restrizioni in senso comunitario, motivate mediante la solita, classica, attenuante del
risanamento della spesa pubblica sanitaria e non.
Eccezioni si direbbe illegittimamente ricavate quasi ad hoc “a mezzo di un apposito
provvedimento amministrativo che nella legge trova il fondamento” , e, verrebbe da
aggiungere, in un contesto ormai “europeizzato”, perpetrando continue violazioni ai principi
basilari disposti dai Trattati UE che l’Italia stessa si è impegnata a rispettare.
D’altra parte, si creava un vero e proprio controsenso anche con il D.Lgs. 9 novembre 2012
n.192 che, con decorrenza 1 gennaio 2013, sostituisce le vecchie prescrizioni del D.Lgs
231/2002 e pone in esecuzione la disciplina impartita dalla più recente direttiva comunitaria
2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
www.ildirittoamministrativo.it
6
I principi in esso sanciti rivestono carattere generale e, ad eccezione delle procedure
concorsuali, si applicano: “ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una
transazione commerciale” effettuata “tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni”.
Eppure i giudici amministrativi italiani hanno fatto da precursore.
Infatti, in sede di applicazione della normativa al giudizio di ottemperanza, diverse sezioni del
Tar Campano, peraltro Regione in primis coinvolta, rimisero gli atti alla Corte Costituzionale
paventando un contrasto con i medesimi articoli sopra menzionati.
Il giudice amministrativo ha poi dubitato, in via generale, che la scelta legislativa di sospendere
i pagamenti possa rappresentare una soluzione adeguata alla risoluzione dei problemi di
disavanzo (Tar Campania, Salerno n. 01479/2011).
Finanche il Tar Lombardo, nel decidere una controversia riguardante un’azienda sanitaria
provinciale , stabilì che l’ottemperanza, mediante la quale si dà attuazione al giudicato, non
rientra nel divieto che letteralmente si riferisce alla sola procedura esecutiva innanzi al
Giudice Ordinario (Tar Lombardia, Milano, n.1573/2011).
Le sentenze richiamate, sono degne di nota, poiché hanno dubitato, altresì, fortemente e per la
prima volta della compatibilità circa la sospensione/blocco della pignorabilità dei beni delle
Aziende Sanitarie, con la normativa comunitaria e, in particolare, con il principio della libera
concorrenza.
In conclusione, de jure condito e de jure condendo, citando un articolo in materia pubblicato
nel 2012 dal Sole24ore, è veramente facile poter dire che la questione circa la pignorabilità dei
beni delle Aziende Sanitarie è “Una storia molto italiana e molto parlamentare”.3
3 R.Turno, “Impignorabili i beni delle ASL nelle Regioni in rosso, su il Sole24ore del 21/11/2012