Norme relative alle misure alle emissioni - ies.al · nell’Ottocento : ad esempio quello...
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WORKSHOP – APPLICAZIONE DELLE NORME UNI CEN/TS 15675:2008 E UNI 10012:2004 ALLE MISURE ALLE EMISSIONI – problematiche e prospettive
Norme relative alle misure alle
emissioni Paolo Bisio (ASL Alessandria)
KOSMOSNET Milano, 8 novembre 2011
L‘inquinamento atmosferico è
determinato dalla presenza
nell’aria di una o più sostanze
indesiderate o estranee, in
quantità e per una durata tali da
alterare la salubrità dell’aria
stessa e da costituire un pericolo
per la salute.
INQUINAMENTO
ATMOSFERICO (1) =
ogni modificazione della normale
composizione o stato fisico
dell'aria atmosferica, dovuta alla
presenza nella stessa di uno o più
sostanze in quantità e con
caratteristiche tali da :
INQUINAMENTO
ATMOSFERICO (2) =
- alterare le normali condizioni
ambientali e di salubrità
dell'aria;
- costituire pericolo ovvero
pregiudizio diretto o indiretto per
la salute dell'uomo;
INQUINAMENTO
ATMOSFERICO (3) =
-compromettere le attività
ricreative e gli altri usi legittimi
dell'ambiente;
-alterare le risorse biologiche e
gli ecosistemi ed i beni materiali
pubblici e privati.
Sono noti gravi episodi di
inquinamento atmosferico già
nell’Ottocento : ad esempio quello
registrato a Londra tra il 1879 e
il 1880.
In quel caso, allo smog fu
attribuito un incremento del tasso
di mortalità del 220% .
All’epoca era in vigore da un
decennio circa una prima
legislazione sul controllo della
emissione dei fumi, conseguenza
della scoperta da parte del
chimico Robert Angus Smith dei
gravi effetti provocati dalle
piogge acide.
Ciò nonostante una pesante cappa
di nebbia mista a fumo gravò per
mesi sulla capitale britannica,
obbligando in certi momenti coloro
che si avventuravano fuori di casa
a camminare, per non perdersi,
radenti ai muri degli edifici.
Pea-Soup Fog e smog (da smoke-
fumo e fog-nebbia) furono
termini che cominciarono a
circolare alla fine dell’Ottocento,
entrando poi nell’uso comune dopo
che un Congresso di esperti lo
aveva pubblicizzato nel 1905.
Per la descrizione della Pea-Soup
Fog si rimanda ad alcune pagine
di Charles Dickens o ad alcune
tele londinesi di Claude Monet….
… o a questa fotografia scattata
nella cittadina inglese di
Staffordshire negli anni ’50 del
1800 (quindi antecdente, ma
nella quale ben si evidenziano le
emissioni delle “Staffordshire
Pottery Works”)
Il “flagello del fumo”, che tanta
eco ebbe nella pubblicistica
ottocentesca, fu pertanto un
fenomeno ricorrente e
tristemente conosciuto sin
dall’Ottocento.
Le sostanze inquinanti emesse
dalle ciminiere a seguito delle
varie fasi del processo
produttivo, mescolate ai fumi
delle abitazioni civili e, più in
generale, all’uso del carbone,
provocarono a più riprese, delle
vere e proprie emergenze.
Casi eclatanti si verificarono
soprattutto nelle zone dell’Europa
centro-occidentale, nel Regno
Unito, ma anche nelle aree più
industrializzate degli Stati Uniti
(Chicago, Pittsburgh, St. Louis,
Cincinnati).
Il 29 ottobre del 1948, la
cittadina di Donora, in
Pennsylvania, restò per cinque
giorni sotto una pesante cappa di
nebbia mescolata alle polveri
inquinanti prodotte da un vicino
stabilimento chimico.
Ben presto, le fasce più deboli
della popolazione, soprattutto
anziani e bambini, mostrarono
difficoltà respiratorie.
Al culmine dell’emergenza, le
autorità sanitarie locali decisero
in via precauzionale di ordinare
l’evacuazione di coloro che
soffrivano di patologie delle vie
aeree.
Per alcuni fu troppo tardi. Si
contarono infatti venti vittime,
cui si aggiunsero altre 7.000
persone con gravi danni alla
salute.
Il disastro di Donora indusse le
autorità federali a varare una
legislazione più moderna sulle
emissioni inquinanti
nell’atmosfera, il Clean Air Act
(1955) e si concluse con la
chiusura della fabbrica
incriminata.
Dopo quella della fine degli anni
Settanta del 1800, un’altra
emergenza colpì Londra nel
dicembre del 1952, allorché la
temuta densa nebbia giallognola
dall’odore acre gravò su tutta
l’area metropolitana londinese per
cinque giorni.
I trasporti furono semi-
paralizzati (i dipendenti
dell’azienda di trasporti pubblici
dovettero camminare con potenti
torce davanti ai bus per spostarsi
per le strade cittadine) e venne
calcolata la morte (indiretta) di
circa 4.000 persone.
Ulteriori 8 000 morti seguirono
nelle settimane e nei mesi
successivi (e occorre considerare
anche i circa 100.000 ammalati
in maniera acuta o cronicizzata)
Le cause del fenomeno vanno
ricercate in un brusco aumento
del livello di inquinamento
verificatosi nei giorni precedenti.
Durante i primi giorni di dicembre
una fredda nebbia calò su
Londra.
A causa del freddo i londinesi
aumentarono la potenza degli
impianti di riscaldamento e
cominciarono a bruciare più
carbone del normale
Il conseguente inquinamento
dell'aria costituito dai fumi di
combustione fu intrappolato da una
inversione termica formata da una
densa massa di aria fredda. La
concentrazione di inquinanti, fumo
freddo in particolare, crebbe
drammaticamente.
Il problema fu reso peggiore
dall'uso per riscaldamento di
carbone di bassa qualità, ad alto
contenuto di zolfo, per permettere
l'esportazione del carbone di alta
qualità a causa della critica
situazione economica della Gran
Bretagna dopo la Seconda guerra
mondiale.
La nebbia fu così spessa che la
circolazione automobilistica divenne
difficile o impossibile.
La gente camminava appoggiata ai
muri.
Le autorità raccomandarono di
tenere a casa i bambini per il
rischio che potessero perdersi.
Lo smog entrò facilmente anche
dentro gli edifici, e concerti,
rappresentazioni teatrali e
proiezioni cinematografiche furono
sospese poiché la scena o lo
schermo non erano visibili al
pubblico
L’ANALISI (1)
In quei giorni la distribuzione barica a in Europa vedeva il
Mediterraneo alle prese con una profonda circolazione
depressionaria, mentre gli stati centrali erano sotto l’influenza
di un’alta pressione dinamica da 1035 mmHg.
L’Inghilterra si trovava nell’angolo di maggior stabilità
atmosferica grazie ad un decisivo contributo subtropicale in
quota portato da un promontorio anticiclonico oceanico.
Il 5 Dicembre a Londra si instaurarono le condizioni ideali per
la nebbia da irraggiamento: cieli sereni, suolo freddo e assenza
di vento.
Nei giorni a seguire la situazione si aggravò a causa dello
scorrimento catabatico d’aria fredda lungo la valle del Tamigi
che favorì ulteriore condensazione dell’aria.
L’ANALISI (2)
L’inversione termica fece il resto intrappolando la massa
nebbiosa sulla città fino a 200m di altezza.
In questa situazione il fumo delle innumerevoli ciminiere che
circondavano Londra si mischiò alla bruma creando una miscela
irrespirabile, densissima ed immobile.
Tra il 6 e l’8 Dicembre per i pedoni non era possibile circolare
di notte a causa della visibilità quasi nulla, alcuni di essi
affermavano di non riuscire neppure a vedersi i piedi. Di giorno
la visibilità era altrettanto limitata, basti pensare che in
centro, per 48h consecutive, questa restò sempre al di sotto
dei 50 metri; ancora peggiore la situazione a Heatrow, dove il
raggio visivo si fermava ad appena 10 metri.
L’ANALISI (3)
Oltre alla visibilità peggiorò anche la qualità dell’aria a causa
dei fumi industriali e residenziali, questi immisero
quotidianamente nell’aria 1000 tonnellate di fuliggine, 2000 di
biossido di carbonio, 140 di acido idroclorico, 14 di composti di
fluoro e 800 di acido solforico.
Va detto che queste sostanze si aggiunsero ad un’aria già
pessima per via dell’eccessivo utilizzo carbone domestico
durante i freddissimi ultimi giorni di Novembre.
La concentrazione di fumi nell’aria aumentò dagli 0.49
milligrammi per metro cubo del 4 Dicembre ai 4.47 del 7
Dicembre.
L’ANALISI (4)
Fu così che i londinesi per 96 ore respirarono nebbia tossica.
Durante il fine settimana del 6 Dicembre 1952 persone
morirono per complicazioni cardiovascolari e respiratorie, ovvero
la media annua dell’epoca; il week end successivo le vittime
furono 4703.
I danni legati alla tossicità dell’aria furono tali che la mortalità
legata a bronchiti, polmoniti, crisi respiratorie e attacchi
cardiaci rimase oltre i valori medi fino al 25 Dicembre.
1966 = PRIMA LEGGE per la tutela
dall’inquinamento atmosferico
L. 615/66 : ITALIA
1974 = PRIMA LEGGE avente per
argomento l’inquinamento
atmosferico : GERMANIA
Negli USA il Clean Air Act (CAA) emesso nel 1970 ed esteso nel 1990, stabilisce che l’Environmental Protection Agency (EPA) emana gli standard di qualità dell’aria che fanno parte del Code of Federal Regulations (CFR) title 40 “Environmental Protection”
• AL MOMENTO NON ESISTE A
LIVELLO MONDIALE
L’ARMONIZZAZIONE DI
TUTTE LE NORME IN MATERIA
AMBIENTALE ANCHE SE GLI
USA E L’UE TENDONO AD
ARMONIZZARE LA LORO
NORMATIVA.
D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203
Può essere considerato la base dell'impianto normativo sviluppato
sino ad oggi
Stabilisce i valori i limite ed i valori guida di qualità dell’aria
Individua i metodi di prelievo e di analisi dei diversi inquinanti atmosferici
Detta norme per la tutela della qualità dell'aria ai fini della protezione della
salute e dell'ambiente su tutto il territorio nazionale
Prefigura piani regionali di controllo della qualità dell’aria
Prevede l’autorizzazione amministrativa per la costruzione degli impianti
industriali fissi di competenza delle Regioni (o per delega prov. e comuni)
Definisce i compiti dei Ministeri, Regioni ed enti locali
“Attuazione delle direttive CEE n° 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell’aria, relativamente a specifici agenti
inquinanti, e di inquinamento prodotto da grandi impianti industriali”.
Ripartizione delle competenze • le Regioni dovevano formulare i piani di rilevamento e l’indirizzo ed il coordinamento dei sistemi di controllo degli inquinanti
• Il Ministero ambiente doveva predisporre i criteri per la raccolta dei dati da effettuare con i sistemi di rilevamento:
D.P.C.M. 21 luglio 1989 atto di indirizzo e coordinamento criteri di interpretazione e di attuazione; D.M. 12 luglio 1990 limita le emissioni inquinanti degli impianti industriali esistenti; D.M. 20 maggio 1991 definisce i criteri per la realizzazione dei sistemi di rilevamento dei dati della qualità dell'aria; in maniera distinta per aree urbane e industriali vengono indicati gli inquinanti da rilevare, le caratteristiche strutturali delle reti con la tipologia delle stazioni di rilevamento, gli standard per gli strumenti informatici necessari all'acquisizione ed elaborazione dei dati; D.P.R. 25 luglio 1991 modifica dell’atto di indirizzo e coordinamento (D.P.C.M. 21 luglio ‘89) in materia di emissioni poco significative (senza autorizzazione) e di attività a ridotto inquinamento atmosferico (autorizzazione semplificata)
Con il D.Lgs. 112/1998 (concernente il conferimento di nuove funzioni alle Regioni ed agli EELL) verrà confermato sostanzialmente
l’impianto delle competenze
D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203
Dalla L. 615/66 che disciplinava anche le emissioni degli impianti mobili al Codice della strada
che detta una nuova disciplina
1) Sui requisiti costruttivi che riducono con dispositivi le emissioni (omologazione)
2) Sul controllo del mantenimento dei dispositivi da parte dei proprietari veicoli (Comuni)
3) Sulle caratteristiche del carburante
La normativa ha come fonte fondamentale le direttive comunitarie che hanno dettato principi comuni in questo settore (prende le mosse dalla Dir. 70/220/CEE concernente le misure da adottare) e provvedono a modificare la disciplina adeguandola alle conoscenze tecniche
INQUINAMENTO DA TRAFFICO VEICOLARE
Negli anni 90 cominciano i primi interventi di urgenza
20 novembre 1991 il Ministro dell’ambiente emana 11 ordinanze
(11 città: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli,
Palermo, Roma, Torino, Venezia) che fissano soglie di attenzione e
allarme oltre le quali il Sindaco assume il potere/dovere di
stabilire misure adeguate (L. 59/1987, art. 8 “grave pericolo di danno
ambientale”)
INQUINAMENTO GRANDI CENTRI URBANI
Il Ministero dell’Ambiente con successivi decreti detta le norme tecniche sui limiti di concentrazione ed i
livelli d’attenzione e d’allarme D.M. 15 aprile 1994, con cui vengono introdotti i livelli di attenzione e di allarme per cinque inquinanti atmosferici nelle aree urbane: biossido di zolfo; particelle sospese totali; biossido di azoto; monossido di carbonio; ozono. Stabilisce inoltre i criteri di individuazione degli stati di attenzione e di allarme in base ai quali i Comuni possono adottare provvedimenti di prevenzione e di contenimento dell'inquinamento atmosferico. D.M. 25 novembre 1994 Aggiorna i livelli di attenzione e di allarme e prevede la misura di alcuni nuovi inquinanti ormai stabilmente presenti nelle aree urbane: benzene; idrocarburi policiclici aromatici; particelle sospese. Per i nuovi inquinanti, considerati di forte impatto per la salute e per l'ambiente, il decreto fissa obiettivi di qualità. D.M. 16 Maggio 1996 “Attivazione di un sistema di sorveglianza di inquinamento da ozono”. Impone alle Regioni di redigere un rapporto annuale per i dati di concentrazione di ozono relativi al periodo 1° gennaio – 31 dicembre nel quale possono essere contenute le informazioni sui precursori (NOx, e composti organici volatili). Stabilisce inoltre che il metodo di riferimento da utilizzare per la determinazione delle concentrazioni di ozono è quello basato sull’assorbimento UV .
“Misure urgenti per la prevenzione dell’inquinamento atmosferico da benzene”
Fissa il tenore massimo di benzene e idrocarburi aromatici totali nelle benzine i Sindaci possono adottare misure di limitazioni della circolazione con criteri operativi definiti dal D.M. 21 aprile 1999, n. 163, per far fronte all'inquinamento da traffico urbano Il D.M. 163/1999 prevede le grandi città e i Comuni con più di 150.000 abitanti devono stilare un rapporto annuale della qualità dell’aria, disporre misure programmate permanenti o periodiche di limitazione o divieto che possono essere modificate nel corso dell’anno se vi è miglioramento o peggioramento sulla base dei dati, diffondere le valutazioni e il rapporto Comuni con più di 30.000 abitanti devono adottare specifico Piano del traffico urbano
Ciò porterà a definire sempre più poteri speciali ai Sindaci e finanziamenti e incentivi ai comuni per l’adozione di misure
per la riduzione dell’IA e il miglioramento della mobilità
L. 4 novembre 1997, n. 413
E’ un provvedimento programmatico che definisce i principi base di una
strategia per il mantenimento e il miglioramento e avvia il processo dinamico di
adeguamento della normativa
Tende a realizzare un sistema non limitato al controllo delle emissioni ma
esteso alla “gestione” della qualità e stabilisce gli obiettivi per la qualità aria-
ambiente (si intende aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di
quella presente nei luoghi di lavoro)
Prevede la valutazione dei valori limite e le soglie di allarme su tutto il
territorio nazionale che per questo deve essere suddiviso in zone ed agglomerati
(zone con popolazione sup. a 250.000 ab.). Stabilisce gli adempimenti di
rispettiva competenza dello Stato e delle Regioni. Modifica la 203/88 ed i suoi
decreti attuativi
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351
“Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente”
Allo Stato compete
individuazione dei valori limite e dei valori obiettivo di qualità da
raggiungere
Alle Regioni compete
la rilevazione della qualità dell’aria
l’elaborazione e attuazione di Piani di azione
l’individuazione delle aree che hanno bisogno di intervento
Il D.Lgs. attribuisce notevole rilievo al diritto di informazione dei cittadini sulla qualità aria e prevede che Stato Regioni EELL
garantiscano informazioni aggiornate
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351
La Dir. 96/62/CE esprime politiche generali in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria, individuando azioni fondamentali che Stati membri devono attuare per stabilire obiettivi di qualità per prevenire e ridurre effetti nocivi La DIRETTIVA QUADRO definisce il contesto generale rinviando a “direttive figlie” la definizione dei parametri tecnico-operativi relativi ai singoli inquinanti
In particolare fissa
elenco di sostanze sulle quali intervenire in via prioritaria (biossido di zolfo, biossido di azoto, le particelle sospese, piombo, ozono, ossido di carbonio, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, mercurio, cadmio, arsenico, nichel) i criteri adottati per stabilire gli obiettivi di qualità dell’aria per gli inquinanti ed i requisiti di monitoraggio (Valore limite – Valore obiettivo – Soglia di allarme – Margine di tolleranza) i criteri di valutazione della qualità dell’aria i casi in cui devono essere predisposti i piani di intervento e quelli di mantenimento l’obbligo degli Stati membri di predisporre un sistema di controllo e qualità sui dati raccolti i meccanismi per l’informazione del pubblico
ha recepito le direttive “Figlie” della Dir. 96/62/CE
Dir. 1999/30/CE - valori limite per biossido di zolfo, biossido d'azoto,
ossidi di azoto, particelle e piombo
Dir. 2000/69/CE - valori limite per benzene ed monossido di carbonio
Stabilisce il margine di tolleranza
le modalità per ridurlo nel tempo
il termine entro il quale il valore limite deve essere raggiunto
i criteri raccolta dei dati e tecniche di misurazione
le modalità per le informazioni al pubblico
D.M. 2 aprile 2002, n. 60
Dispone per le Regioni
direttive tecniche per effettuare misure per la qualità dell'aria
direttive per adottare un piano per il mantenimento della qualità dell'aria
nelle zone indicate nell'art. 9 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351
elaborazione dei principi generali per realizzare i programmi
Il D.M. n. 261/2002, si propone, quindi, l'obiettivo di dare attuazione
non solo ai programmi di tutela dell'ambiente a livello generale, ma soprattutto ad interventi più specifici e settoriali, come la tutela
dell'"aria ambiente", per realizzare sistemi di controllo e prevenzione dell'inquinamento
D.M. 1 ottobre 2002, n. 261,
Regolamento attuativo elaborato dal MATT di concerto con il Min. Salute, recante le direttive tecniche per la valutazione preliminare della qualità dell'aria e i criteri per
l'elaborazione del piano e dei programmi previsti dal D.Lgs. n. 351/1999
Dir. 2001/80/CE
Limitazioni alle emissioni in atmosfera degli inquinanti da grandi impianti di
combustione
(cd LCP Large Combustion Plants) si applica
agli impianti di combustione con potenza termica nominale pari o sup. a 50 MW
indipendentemente dal combustibile utilizzato
La Commissione europea ha avviato un procedimento di infrazione nei
confronti dell’Italia per mancato recepimento della direttiva cui è
seguita la condanna della Corte di Giustizia
Il MATT, di concerto con gli altri Ministeri competenti e la Conferenza
Unificata, predispone un aggiornamento del programma nazionale di
riduzione che contenga
gli obiettivi calcolati in base ai risultati delle proiezioni aggiornate
le misure aggiuntive necessarie ad assicurare il rispetto dei limiti stabiliti
per l'Italia
Il programma così aggiornato dovrà essere trasmesso, secondo quanto previsto dalla direttiva 2001/81, alla Commissione Europea entro il 31
dicembre 2006
D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 171
“Attuazione della direttiva 2001/81/CE relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici”
La Dir. 2001/81/CE (cd NEC, National Emission Ceilings) stabilisce
la limitazione delle emissioni di sostanze inquinanti provocate da fenomeni di:
acidificazione (deposizione di inquinanti acidi sulla vegetazione, sulle
acque superficiali, sui terreni, sugli edifici e sui monumenti)
eutrofizzazione (alterazione degli ecosistemi terrestri e acquatici in
conseguenza della deposizione di composti azotati dall'atmosfera)
formazione di ozono a livello del suolo
Limiti nazionali (tetti) per le emissioni di ossidi di
zolfo (SOx), ossidi di azoto (NOx), composti organici
volatili (COV) ed ammoniaca (NH3)
Adeguamento entro il 2010
Stabilisce
i valori bersaglio, gli obiettivi a lungo termine, la soglia di allarme e la
soglia di informazione
i metodi ed i criteri per la valutazione delle concentrazioni di ozono
e per la valutazione delle concentrazioni dei precursori dell'ozono
nell'aria
le misure volte a consentire l'informazione del pubblico
le misure volte a mantenere la qualità dell'aria e le misure dirette a
consentirne il miglioramento
le modalità di cooperazione con gli altri Stati membri dell'Unione
europea ai fini della riduzione dei livelli di ozono
D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 183
“Attuazione della direttiva 2002/3/CE relativa all’ozono nell’aria”
obiettivi a lungo termine, valori-obiettivo per il 2010
una soglia di allarme e un inizio di informazione sulle concentrazioni
di ozono nell'aria ambiente della Comunità
metodi e criteri comuni per valutare le concentrazioni di ozono
nell'aria ambiente
conseguimento e messa a disposizione dei cittadini dell'informazione
pertinente sull'ozono nell'aria ambiente
conservazione e/o miglioramento della qualità dell'aria ambiente
Promozione di una cooperazione tra gli Stati membri per diminuire
l'ozono nell'aria ambiente
Dir. 2002/3/CE “Ozono nell’aria”, terza “direttiva figlia”, fissa:
Quarta “direttiva figlia” (ancora da recepire) della direttiva quadro
96/62/CE, concernente la presenza di inquinanti che presentano un
rischio per la salute umana
Dato che le sostanze in oggetto sono agenti cancerogeni umani per i
quali non può essere individuata alcuna soglia riguardo agli effetti
dannosi sulla salute umana, la direttiva è finalizzata ad applicare il
principio secondo il quale l'esposizione a tali inquinanti debba essere
al livello più basso che si possa ragionevolmente raggiungere
concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici
aromatici nell'aria ambiente
Dir. 2004/107/CE
Strategia tematica sull’inquinamento atmosferico
Comunicazione della Commissione europea del 21 settembre 2005
è una delle sette strategie tematiche nell’ambito del Sesto Programma di azione in materia di ambiente
si propone di migliorare la qualità dell’aria per ridurre i rischi per la salute e l’ambiente entro il 2020
pur trattando di tutti i principali inquinanti evidenzia una specifica riduzione soprattutto delle polveri sottili (particolato) e dell’ozono
vuole razionalizzare e aggiornare la legislazione in vigore fondendo in un unico testo la direttiva quadro e le “figlie” per consentire agli Stati membri di attuarla in modo più semplice ed efficace (Proposta di direttiva del 21 settembre 2005 che accompagna la Strategia)
l’aumento, in intensità e frequenza, dei fenomeni
estremi (uragani, temporali, inondazioni, siccità, …)
l'aumento del livello dei mari
la desertificazione
la perdita di biodiversità
CAMBIAMENTI CLIMATICI
biossido di carbonio (CO2)
metano (CH4)
protossido di azoto (N20)
idrofluorocarburi (HFC)
perfluorocarburi (PFC)
esafluoruro di zolfo (Sf6)
GAS SERRA
CONVENZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI
approvata a New York il 9 maggio 1992, per contrastare e ridurre al minimo gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul nostro pianeta.
Il PROTOCOLLO DI KYOTO
strumento attuativo della Convenzione, firmato nel dicembre 1997, entrato in vigore il 16 febbraio 2005
impegna i paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione ad una riduzione delle emissioni dei principali gas ad effetto serra del 5,2 % rispetto ai valori del 1990, nel periodo 2008-2012, con riduzioni differenti per ogni singolo paese
In particolare, l'Unione Europea ha un obiettivo di riduzione del 8%, nell'ambito del quale l'Italia si è impegnata a ridurre le emissioni del 6,5%
Nessuna limitazione alle emissioni di gas-serra viene prevista per i Paesi in via di sviluppo
Politiche e misure interventi previsti dallo Stato attraverso
programmi attuativi specifici realizzati all'interno del territorio nazionale
Meccanismi flessibili utilizzare a proprio credito attività di
riduzione delle emissioni effettuate al di fuori del territorio nazionale in
considerazione del fatto che i cambiamenti climatici sono un fenomeno
globale ed ogni riduzione delle emissioni di gas serra è efficace
indipendentemente dal luogo del pianeta nel quale viene realizzata
STRUMENTI ATTUATIVI DEL
PROTOCOLLO DI KYOTO
•INTERNATIONAL EMISSIONS TRADING (IET) – consiste nella possibilità che uno
Stato, ed eventualmente un’azienda, possa comperare o vendere ad altri stati o aziende
permessi di emissione in modo da allineare le proprie emissioni con la quota assegnata: il
soggetto interessato venderà tali permessi quando le proprie emissioni sono al di sotto della
quota assegnata, mentre li comprerà quando le proprie emissioni sono al di sopra della quota
assegnata. I permessi di emissione vengono chiamati Assigned Amount Units ed indicati con la
sigla AAUs.
•CLEAN DEVELOPEMENT MECHANISM (CDM) – è un meccanismo di collaborazione
attraverso il quale le aziende o gli Stati che realizzano progetti a tecnologia pulita nei paesi in
via di sviluppo ricevono crediti di emissione pari alla riduzione ottenuta rispetto ai livelli che si
sarebbero avuti senza il progetto. Tali crediti vengono chiamati Certified Emissions Reductions
ed indicati spesso con la sigla CERs
•JOINT IMPLEMENTATION (JI) – è un meccanismo di collaborazione tra paesi
industrializzati e quelli ad economia in transizione, per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi
di riduzione delle emissioni. Analogamente al CDM, permette di ottenere crediti di emissione
attraverso investimenti in tecnologie pulite in altri paesi. Tali crediti vengono chiamati
Emissions Reductions Units ed indicati con la sigla ERU
I MECCANISMI FLESSIBILI
Attività dell'Italia per promuovere una politica di protezione dell'atmosfera
L. 15 gennaio 1994 n. 65, ratifica Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (in vigore dal 21 marzo 1994)
“Programma nazionale per il contenimento delle emissioni di anidride carbonica” approvato dal CIPE il 25 febbraio 1994
Prima Comunicazione Nazionale alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici il 16 gennaio 1995
Seconda Comunicazione Nazionale alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici 15 novembre 1997
Delibera CIPE 19 novembre 1998 "Linee guida per le politiche e le misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra"
Legge 1° giugno 2002, n. 120 ratifica Protocollo di Kyoto
Delibera CIPE 19 dicembre 2002 revisione delle “Linee-guida” del 19 novembre 1998 e il relativo Piano di Azione Nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas serra (PAN)
D.L. 12 novembre 2004, n. 273 “Disposizioni urgenti per l'applicazione della direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità europea
“Delega al governo per il riordino il coordinamento e l’integrazione della legislazione in
materia ambientale e misure di diretta applicazione”
il DDL ha avuto un iter travagliato
9 agosto 2001 il CdM approva lo schema di DDL
19 ottobre 2001 è stato presentata alla Camera (AC 1798) 2 ottobre 2002 è approvato dalla Camera in prima lettura e passa al Senato (AS 1753) 14 maggio 2003 è approvato con modificazioni dal Senato che lo rinvia alla Camera
15 ottobre 2003 la Camera lo approva in seconda lettura con ulteriori modifiche
14 ottobre 2004 il Senato lo approva con modifiche ulteriori 24 novembre 2004 la Camera finalmente lo approva definitivamente
LA LEGGE DELEGA Legge 15 dicembre 2004, n. 308
TRA I VARI SETTORI DA RIORDINARE VI E’
L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO nei seguenti ambiti
1) emissioni provenienti dagli impianti di riscaldamento per uso civile
2) l'incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili o alternative
3) emissioni derivanti dalle attività agricole e zootecniche
4) Incentivazioni per l'uso di veicoli, combustibili e carburanti che possono
contribuire alla riduzione delle emissioni e al miglioramento della qualità
dell'aria
5) informazione ai consumatori sull'impatto ambientale del ciclo di vita dei
prodotti possono causare inquinamento atmosferico
6) predisposizione del piano nazionale di riduzione (direttiva 2001/80/CE) che
stabilisca prescrizioni per i grandi impianti di combustione esistenti
PER REDIGERE IL TESTO IL MINISTRO SI E’ AVVALSO
“di una commissione composta da un numero massimo di ventiquattro
membri scelti fra professori universitari, dirigenti apicali di istituti
pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione nei settori e nelle
materie oggetto della delega”
istituita dalla L. 308/2004
costituita dal Ministro con Decreto 21 gennaio 2005
ha presentato nel settembre 2005 gli Schemi dei decreti legislativi
relativi ad ogni settore previsto dalla legge delega, che poi ha accorpato in un
solo testo
CRITERI DIRETTIVI DELEGA (art. 1, co. 9, lett. g, legge 308/04)
RIORDINARE la normativa sulla tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera, mediante una REVISIONE della disciplina per le emissioni di gas inquinanti in atmosfera, nel rispetto delle norme COMUNITARIE
Continua: criteri direttivi delega
e prevedendo:
1) l'integrazione della disciplina relativa alle emissioni provenienti dagli impianti di riscaldamento per uso civile;
2) l'incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili o alternative anche mediante la disciplina della vendita dell'energia prodotta in eccedenza agli operatori del mercato elettrico nazionale, prolungando sino a dodici anni il periodo di validità dei certificati verdi previsti dalla normativa vigente;
3) una disciplina in materia di controllo delle emissioni
derivanti dalle attività agricole e zootecniche;
Continua: criteri direttivi delega
4) strumenti economici volti ad incentivare l'uso di veicoli,
combustibili e carburanti che possono contribuire significativamente alla riduzione delle emissioni e al miglioramento della qualità dell'aria;
5) strumenti di promozione dell'informazione ai consumatori
sull'impatto ambientale del ciclo di vita dei prodotti che in ragione della loro composizione possono causare inquinamento atmosferico;
6) predisposizione del piano nazionale di riduzione di cui alla
direttiva 2001/80/CE, che stabilisca prescrizioni per i grandi impianti di combustione esistenti
recante Norme in materia ambientale
Parte V “Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle
emissioni in atmosfera”
è suddivisa
Titolo I Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera
di impianti e attività (artt.267-281)
Titolo II Impianti termici civili (artt.282-290)
Titolo III
Combustibili (artt.291-298)
+ allegati da I a X
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
PRINCIPALI NOVITÀ
“riunifica” (come nella legge del 1966) la disciplina in materia di inquinamento atmosferico
amplia la nozione di “impianto”
disciplina anche alcune “attività senza impianto”
introduce un termine di durata (di 15 anni) per le autorizzazioni
Continua: novità
introduce la conferenza di servizi
sostituisce il concetto di “migliori tecnologie disponibili” con quello di “migliori tecniche disponibili” (BAT)
introduce un “obbligo di convogliamento” delle emissioni diffuse
disciplina le ipotesi di guasto tecnico
Titolo I “Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera
di impianti e attività”
si applica
agli impianti e alle attività che producono emissioni (inclusi: impianti termici civili non disciplinati dal Titolo II; esclusi: impianti di incenerimento di rifiuti, impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale IPCC-Integrated Pollution Prevention and Control, impianti per la difesa nazionale, sfiati da ambienti da lavoro)
stabilisce
i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità ai valori limite
determina impegni maggiori per le fonti rinnovabili
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Campo di applicazione (art. 267)
Il titolo I si applica a:
impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II
attività che producono emissioni in atmosfera
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Continua: campo di applicazione
e stabilisce: valori di emissione
Prescrizioni
metodi di campionamento e analisi delle
emissioni
criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite
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ai sensi dell’art. 282, si applica anche agli IMPIANTI TERMICI CIVILI, non disciplinati dal titolo II, ossia: agli impianti aventi potenza termica nominale uguale o superiore alle soglie stabilite, per ciascuna tipologia di impianto, dall’art. 269, comma 14 agli impianti termici civili che utilizzano carbone da vapore, coke metallurgico, coke da gas, antracite, prodotti antracitosi o miscele di antracite e prodotti antracitosi, aventi potenza termica nominale superiore a 3 MW
Continua: campo di applicazione
ATTENZIONE
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
ai sensi dell’art. 267, NON si applica agli
IMPIANTI DI CUI AL D.Lgs. 133/2005
(INCENERIMENTO RIFIUTI).
Continua: campo di applicazione
ATTENZIONE
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
CRITERIO BASE
Tutti gli impianti che producono emissioni in atmosfera devono essere autorizzati
L’autorizzazione è assorbita:
nell’Autorizzazione Integrata Ambientale per gli impianti soggetti alla normativa IPPC (D.Lgs. 59/2005)
nell’autorizzazione allo smaltimento e recupero di rifiuti in procedura ordinaria (art. 208) o semplificata (artt. 214, 216, per le modifiche sostanziali delle emissioni individuate dalle specifiche norme tecniche)
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Esclusioni dall’autorizzazione (1)
- Impianti di combustione (compresi i gruppi elettrogeni a cogenerazione), di potenza termica nominale < 1 MW, alimentati a biomasse, a gasolio (anche in emulsione), o a biodisel
- Impianti di combustione alimentati ad olio combustibile di
potenza termica nominale < 0,3 MW - Impianti di combustione alimentati alimentati a metano o
GPL, di potenza termica nominale < 3 MW - Impianti di combustione ubicati all’interno di impianti di
smaltimento rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati da processi di depurazione e biogas, di potenza termica fino a 3 MW, se l’attività di recupero è soggetta a procedure semplificate e le stesse sono state espletate
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Esclusioni dall’autorizzazione (2)
- Impianti di combustione alimentati a biogas di potenza ≤ 3 MW - Gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o GPL, di
potenza < 3 MW - Gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza
< 1 MW - Impianti di combustione connessi ad attività di stoccaggio di
prodotti petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza < 5 MW se a metano o GPL, e < 2,5 MW se a gasolio
- Impianti di emergenza, sicurezza, laboratori di analisi e ricerca,
impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazione, individuazione di prototipi (tranne in caso di emissioni di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate – parte II, allegato I)
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Esclusioni dall’autorizzazione (3)
- Per gli impianti elencati, l’A.C. può prevedere l’obbligo di comunicare, in via preventiva, la data di messa in esercizio o di avvio dell’attività
- Le norme di cui al Titolo I non si applicano agli impianti e alle attività di cui all’elenco della parte I dell’allegato IV (impianti con emissioni scarsamente rilevanti)
- Per tali impianti e attività l’A.C. può prevedere una comunicazione che attesti il ricadere in tale elenco nonché, in via preventiva, la data di messa in esercizio o inizio attività
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Esclusioni dall’autorizzazione (4)
- Sono inoltre esclusi gli impianti di deposito di oli minerali, compresi gas liquefatti.
- I gestori devono comunque adottare misure per contenere le emissioni diffuse e le disposizioni eventualmente impartite dall’A.C
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occorre partire dalla fine …
LE ABROGAZIONI ESPRESSE (art. 280)
NORMATIVE GENERALI: DPR 203/1988 (presistente norma quadro) DPCM 21 luglio 1989 DM 12 luglio 1990 DPR 25 luglio 1991 Legge 615/1966
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Continua: abrogazioni espresse
NORMATIVE SETTORIALI E TECNICHE DM 105/1987 (limiti emissioni atmosferiche da impianti
termoelettrici a vapore)
DM 8 maggio 1989 (limitazione emissioni atmosferiche di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione)
DM 44/2004 (recepimento direttiva 1999/13/CE su emissioni di COV di talune attività industriali)
DM 21 dicembre 1995 (disciplina dei metodi di controllo delle emissioni atmosferiche dagli impianti industriali – compreso allegato contenente i criteri di valutazione dei risultati ottenuti con sistemi di rilevamento in continuo delle emissioni)
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Continua: abrogazioni espresse
DM 16 maggio 1996 (sistema di sorveglianza di inquinamento da ozono)
DM 76/1999 (norme per l'installazione dei dispositivi di recupero dei vapori di benzina presso i distributori)
DM 107/2000 (norme tecniche per l'adeguamento degli impianti di deposito di benzina ai fini del controllo delle emissioni dei vapori)
art. 12, comma 8, d. lgs. 387/2003 (inserimento degli impianti energetici di potenza non superiore a 3 MW termici ubicati all'interno di impianti di smaltimento rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas – che rispettino le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ex art. 31 d. lgs. 22/1997 – tra le attività ad inquinamento atmosferico poco significativo, non necessitanti quindi di autorizzazione)
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Continua: abrogazioni espresse
D.M. 12/7/1990 (limiti agli impianti esistenti)
DPR 1391/1970 (impianti termici civili)
D.P.C.M. 395/2001 (zolfo in combustibili liquidi)
D.P.C.M. 08/03/2002 (combustibili)
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Rimangono in vigore :
L. 549/1993 (sostanze lesive per l’ozono stratosferico)
L. 273/2004 (gas ad effetto serra)
Disposizioni sulla qualità dell’aria
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regimi “collaterali” sopravvissuti = rapporti con le altre normative non abrogate espressamente
espressamente esclusi: impianti di incenerimento rifiuti disciplinati dal d. lgs. 133/2005
«resta fermo», per gli impianti sottoposti ad AIA, «quanto previsto» dal d. lgs. 59/2005 e per tali impianti l'AIA SOSTITUISCE l'autorizzazione alle emissioni prevista dal titolo I
Continua …
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
“implicitamente” si desume che resta ferma anche l’autorizzazione “unica” regionale degli impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili ex art. 12 d. lgs. 387/2003 (non abrogato espressamente, eccetto il comma 8)
nulla dice (dunque “sopravvive”) riguardo alla autorizzazione ad emettere gas a effetto serra ex DL 273/2004, conv. con legge 316/2004 (non abrogati espressamente)
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DEFINIZIONI art. 268
IMPIANTO
«il macchinario o il sistema o l'insieme di macchinari o di sistemi costituito da una struttura fissa e dotato di autonomia funzionale in quanto destinato ad una specifica attività; la specifica attività a cui é destinato l'impianto può costituire la fase di un ciclo produttivo più ampio»
art. 270.4: se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili [1], aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee [2] e localizzati nello stesso luogo [3] sono destinati a specifiche attività tra loro identiche [4], l'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può considerarli come un unico impianto
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vecchia definizione DPR 203/1988: «lo stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi
industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale»
DPCM 21.7.1989 : «uno stabilimento può essere costituito da più impianti. Il singolo impianto all'interno di uno stabilimento è l'insieme delle linee produttive finalizzate ad una specifica produzione. Le linee produttive possono comprendere a loro volta più punti di emissione derivanti da una o più apparecchiature e/o da operazioni funzionali al ciclo produttivo»
«il DPR 203/1988 si applica agli impianti industriali di produzione di beni o servizi, ivi compresi gli impianti di imprese artigiane, nonché agli impianti di pubblica utilità, che diano luogo ad emissioni inquinanti convogliate o tecnicamente convogliabil»
«sono esclusi dal campo di applicazione del DPR 203/1988 gli impianti termici non inseriti in un ciclo di produzione industriale ivi compresi gli impianti inseriti in complessi industriali, ma destinati esclusivamente a riscaldamento dei locali, nonché gli impianti di climatizzazione, gli impianti termici destinati al riscaldamento di ambienti, al riscaldamento di acqua per utenze civili, a sterilizzazione e disinfezioni mediche, a lavaggio di biancheria e simili, all'uso di cucine, mense, forni da pane ed altri pubblici esercizi destinati ad attività di ristorazione».
IMPIANTO: D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
inquinamento atmosferico «ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta
all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente»
DPR 203/1988: “ogni modificazione della normale composizione o stato
fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell'aria; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo; da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell'ambiente; alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati”
Continua: definizioni D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
emissione
«qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico»
DPR 203/1988: «qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa
introdotta nell'atmosfera, proveniente da un impianto, che possa produrre inquinamento atmosferico»
Continua: definizioni D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
definizioni nuove
emissione convogliata: emissione di un effluente gassoso effettuata
attraverso uno o più appositi punti emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella definizione
di emissione convogliata emissione tecnicamente convogliabile: emissione
diffusa che deve essere convogliata sulla base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela
emissioni totali: somma delle emissioni diffuse e convogliate
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migliori tecniche disponibili
la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche ad evitare ovvero, se ciò risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si intende per:
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Continua: migliori tecniche disponibili
1) tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione,
costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;
2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta
l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di
protezione dell'ambiente nel suo complesso;
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DPR 203/1988:
«migliore tecnologia disponibile:
sistema tecnologico adeguatamente verificato e sperimentato che consente il contenimento e/o la riduzione delle emissioni a livelli accettabili per la protezione della salute e dell'ambiente, sempreché l'applicazione di tali misure non comporti costi eccessivi»
Continua: migliori tecniche disponibili D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
altre definizioni nuove
periodo di avviamento: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui
l'impianto, a seguito dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, è portato da una condizione nella quale non esercita l'attività a cui è destinato, o la esercita in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico, ad una condizione nella quale tale attività è esercitata in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico
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periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui
l'impianto, a seguito dell'interruzione dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, non dovuta ad un guasto, è portato da una condizione nella quale esercita l'attività a cui è destinato in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale funzione è esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico o non è esercitata
carico di processo: il livello percentuale di produzione rispetto alla potenzialità
nominale dell'impianto minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l'esercizio
dell'impianto in condizione di regime
Continua: altre definizioni nuove D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
autorità competente la Regione (o Provincia autonoma) o la diversa autorità
indicata dalla legge regionale quale autorità competente al rilascio dell'autorizzazione alle emissioni e all'adozione degli altri provvedimenti previsti dal titolo I
Ministero dell'ambiente per le piattaforme off-shore e per i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore
(ovviamente) autorità che rilascia l’AIA per gli impianti sottoposti ad AIA
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Autorizzazione (artt. 269-270)
secondo l’art. 269, salvo casi particolari, per tutti gli impianti che producono emissioni deve essere richiesta una specifica autorizzazione
l’autorizzazione va richiesta dal gestore per: 1) installare un impianto nuovo 2) trasferire un impianto da un luogo ad un
altro
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procedura
indizione da parte dell’autorità competente – entro 30 gg. dalla ricezione della richiesta – di una conferenza di servizi istruttoria, nel corso della quale si procede anche ad un contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi (in particolare, in quelli svolti dal Comune ai sensi del DPR 380/2001 – TU edilizia – e del RD 1265/1934 – TU leggi sanitarie – artt. 216 e 217 su industrie insalubri)
pronuncia entro 120 gg. (o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, entro 150 gg. dalla ricezione della domanda stessa)
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qualora il suddetto termine non sia rispettato, il gestore può, entro i successivi 60 gg., richiedere al Ministro dell’ambiente di provvedere. In tal caso, il Ministro si deve esprimere di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, sentito il Comune interessato, entro 90 gg. (decorso tale termine, si applica l'art. 2, comma 5, legge 241/1990 = NON si applica il silenzio assenso, ma può essere proposto ricorso al TAR contro il silenzio - anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente - fintanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini; il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza)
Continua: procedura D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
contenuto dell’autorizzazione
1) per le emissioni tecnicamente convogliabili, le modalità di
captazione e di convogliamento;
2) per le emissioni convogliate : i valori limite di emissione le prescrizioni i metodi di campionamento e di analisi i criteri per la valutazione della conformità dei valori
misurati ai valori limite la periodicità dei controlli di competenza del gestore
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Continua: contenuto dell’autorizzazione
3) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad
assicurarne il contenimento; 4) il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio –
che deve essere comunicata all’autorità competente con un anticipo di almeno 15 giorni – e la messa a regime dell’impianto
5) la data entro cui devono essere comunicati all’autorità
competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata di durata non inferiore a 10 giorni, decorrenti dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonché il numero dei campionamenti da realizzare
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durata e rinnovo dell’autorizzazione
l’autorizzazione ha una durata di 15 anni
la domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un anno prima della scadenza e, in attesa dell’adozione del relativo provvedimento, l’esercizio dell’impianto può continuare anche dopo la scadenza della precedente autorizzazione in caso di mancata pronuncia in termini del Ministro dell’ambiente a cui sia stato richiesto di provvedere in sostituzione dell’autorità competente rimasta inerte
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MODIFICHE D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
Modifica: variazione di quanto indicato nel progetto, nella relazione tecnica o nell’autorizzazione
Modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che modifica le modalità di convogliamento
ATTENZIONE Già l’art.15 del DPR 303/56 parlava di
“modifiche sostanziali” :
Sono sottoposte a preventiva autorizzazione:
a) la modifica sostanziale dell'impianto che comporti variazioni qualitative e/o quantitative delle emissioni inquinanti;
b) il trasferimento dell'impianto in altra località.
Modifica sostanziale (circ. 1AMB/93 Regione Lombardia) (1)
Si intendono per "modifiche sostanziali di impianti" sottoposte ad autorizzazione preventiva ai sensi dell'art. 15 lett. a) del DPR n. 203/88 gli interventi modificativi o dell'intero complesso tecnologico-produttivo costituito dallo stabilimento, ove esso sia costituito da un solo impianto ovvero dei singoli impianti posti all'interno dello stabilimento (sostituzione, incremento, modifiche parziali, ecc.), allorchè tali interventi modificativi possano determinare, in relazione alla situazione preesistente, variazioni "qualitative" ovvero "significativamente quantitative" delle emissioni inquinanti convogliate o tecnicamente convogliabili.
Modifica sostanziale (circ. 1AMB/93 Regione Lombardia) (2)
Si ha sempre variazione qualitativa nel caso di passaggio, nell'ambito di ciascuna tabella, da sostanze appartenenti a classi meno tossiche a sostanze appartenenti a classi più tossiche. Non si verifica variazione qualitativa nel caso di passaggio a sostanze appartenenti alla medesima classe ovvero a classi meno tossiche nell'ambito di ciascuna tabella. Si ha comunque sempre variazione qualitativa in riferimento alle sostanze di cui alle classi previste nelle tabelle A1 e A2 del D.M. 12.7.90. Sino a quando lo Stato o la Regione non disciplineranno diversamente la materia, non si avranno variazioni quantitative che comportino la domanda di variazione di cui all'art. 15 a) del DPR n. 203/88, nei casi in cui le modifiche apportate agli impianti comportino diminuzione o lascino inalterati i quantitativi (flussi di massa) di sostanze inquinanti denunciati o autorizzati.
Continua: MODIFICHE
a) modifica non sostanziale: comporta una variazione di quanto indicato nel progetto
o nella relazione tecnica allegata alla domanda di autorizzazione o nell'autorizzazione o nell'autorizzazione rilasciata ai sensi del DPR 203/1988 o nei documenti previsti dall'art. 12 del DPR 203/1988 [impianti esistenti], anche relativa alle modalità di esercizio o ai combustibili utilizzati) = obbligo di comunicazione all'autorità competente
• l'autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l'autorizzazione in atto
• se l'autorità non si esprime entro 60 gg., il gestore può procedere all'esecuzione della modifica non sostanziale comunicata, fatto salvo il potere dell'autorità di provvedere anche successivamente, nel termine di 6 mesi dalla ricezione della comunicazione
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Continua: MODIFICHE
b) modifica sostanziale:
«comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse»
= obbligo (anzi, “ordine”) di presentare una domanda di aggiornamento, che soggiace alla stessa procedura prevista per il rilascio delle autorizzazioni - in tal caso, l’aggiornamento dell’autorizzazione comporta il decorso di un nuovo periodo di 15 anni
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ATTIVITÀ - in assenza di impianto - soggette ad autorizzazione (art. 269.10-13)
chi effettua «in modo non occasionale», «in un luogo a ciò adibito» ed «in assenza di un impianto» (fatte salve attività in deroga):
1) attività di verniciatura 2) attività di lavorazione, trasformazione o conservazione di materiali agricoli, le quali producano emissioni 3) attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti deve presentare all'autorità competente apposita domanda
…continua
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
se un luogo é adibito all'esercizio non occasionale delle suddette attività, ivi effettuate in modo occasionale da più soggetti, l'autorizzazione é richiesta dal
gestore del luogo
= soggetto che esercita un
potere decisionale circa le
modalità e le condizioni di utilizzo
di tale area da parte di chi
esercita l'attività
…continua
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
l‘autorità competente valuta se le emissioni prodotte da tali attività devono essere convogliate attraverso la realizzazione di un impianto
nel caso sia disposto il convogliamento delle emissioni, si applicano i valori limite e le prescrizioni contenuti nelle autorizzazioni
nel caso in cui non sia disposto il convogliamento delle emissioni, l'autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni finalizzate ad assicurare il contenimento delle emissioni diffuse prodotte dall'attività
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esclusioni dall’obbligo di autorizzazione (art. 269.14-16)
d) impianti di combustione, ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte IV del decreto e tali procedure sono state espletate; e) impianti di combustione alimentati a biogas di cui all'Allegato X alla parte V del decreto, di potenza termica nominale complessiva inferiore o uguale a 3 MW;
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Continua: esclusioni obbligo di autorizzazione
Ma l’autorità competente può prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori di tali impianti comunichino in via preventiva la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività
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convogliamento delle emissioni (art. 270) in sede di autorizzazione, l'autorità competente verifica se
le emissioni diffuse, di un impianto o di un macchinario fisso dotato di autonomia funzionale, sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell'Allegato I e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento
in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale, l'autorità competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse anche se la tecnica individuata non soddisfa il requisito della disponibilità di cui all'art. 268, co.1, lett. aa), n.2)
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continua: convogliamento delle emissioni
i criteri da utilizzare per le suddette verifiche saranno stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute
in caso di emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, ciascun impianto o macchinario fisso dotato di autonomia funzionale deve avere un solo punto di emissione e i valori limite di emissione si applicano a ciascun punto di emissione (eccezioni ove non sia tecnicamente possibile) –
gli impianti anteriori al 2006 ed al 1988 devono adeguarsi a quanto sopra entro i 3 anni successivi al primo rinnovo dell'autorizzazione effettuato ai sensi dell'art. 281.1
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poteri di ordinanza (art. 278)
In caso di INOSSERVANZA delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione, con:
a) DIFFIDA, e assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
…continua art. 278
b) DIFFIDA e contestuale SOSPENSIONE dell'attività autorizzata per un periodo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente c) REVOCA dell'autorizzazione ed CHIUSURA dell'impianto ovvero CESSAZIONE dell'attività, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente
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valori limite di emissione (art. 271)
L'Allegato I stabilisce:
1) i VALORI LIMITE di EMISSIONE, con l'indicazione di un valore massimo e di un valore minimo
…continua
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valori limite di emissione
2) le PRESCRIZIONI per l'ESERCIZIO degli impianti anteriori al 1988 e di tutti gli IMPIANTI DI CUI ALL'ART. 269.14 (esclusi dall’obbligo di autorizzazione, ad eccezione degli impianti di combustione ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate)
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Continua: valori limite di emissione
tali valori limite e prescrizioni si applicano agli impianti nuovi e agli impianti anteriori al 2006 esclusivamente nei casi espressamente previsti dall’Allegato I
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Va inoltre considerato che:
le REGIONI potranno stabilire, con legge o con provvedimento generale e sulla base delle migliori tecniche disponibili, valori limite di emissione
compresi tra i valori minimi e massimi fissati dall’Allegato I (nonché, ai fini della
valutazione dell'entità della diluizione delle emissioni, portate caratteristiche di specifiche tipologie di impianti);
valori limite di emissione (art. 271) D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
i PIANI e i PROGRAMMI, previsti dall’art. 8 d.lgs. 351/1999 e dall’art. 3
d.lgs. 183/ 2004, potranno stabilire VALORI LIMITE DI EMISSIONE E
PRESCRIZIONI, anche inerenti le condizioni di costruzione o di
esercizio dell’impianto, più severi di quelli fissati dall’Allegato I e dalla normativa regionale, purché ciò risulti necessario al conseguimento del valori limite e dei valori bersaglio di qualità dell’aria;
Continua: valori limite di emissione D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
valori limite di emissione
L’AUTORIZZAZIONE:
dovrà stabilire i valori limite di emissione e le prescrizioni sulla base dei valori e delle prescrizioni fissati dall’Allegato I, dalla normativa regionale e dai piani e programmi relativi alla qualità dell’aria.
Nel caso in cui la normativa regionale e i citati piani e programmi non stabiliscano valori limite di emissione, non dovrà comunque essere superato, nell’autorizzazione, il valore massimo stabilito dall’Allegato I
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potrà prevedere valori limite di emissione PIÙ SEVERI di quelli fissati dall’Allegato I, dalla normativa regionale e dai piani e programmi relativi alla qualità dell’aria
a) in sede di rinnovo, in base alle migliori tecniche disponibili, anche tenuto conto del rapporto costi e benefici complessivi o
b) per zone di particolare pregio naturalistico, individuate all’interno dei piani e dei programmi adottati ai sensi degli articoli 8 e 9 del d. lgs. 351/1999, o dell’art. 3 del d. lgs. 183/2004 o dell’art. 4 del Dpr 203/1988
…continua D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
Con apposito Decreto Ministeriale (entro 29.4.2007) sarà integrato l'Allegato I con la fissazione di valori limite e prescrizioni per l'esercizio degli impianti nuovi e di quelli anteriori al 2006
Fino all'adozione di tale decreto:
valori limite di emissione
…continua
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- per gli impianti anteriori al 1988 ed al 2006, si applicano i metodi precedentemente in uso
- per gli impianti nuovi, si applicano i metodi stabiliti dall'autorità competente sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, delle pertinenti norme tecniche ISO, oppure, ove anche queste ultime non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali o internazionali
- per gli impianti nuovi o per gli impianti anteriori al 2006, l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni sulla base dei valori e delle prescrizioni fissati nei piani e programmi … e sulla base delle migliori tecniche disponibili (non devono comunque essere superati i valori minimi che l'Allegato I fissa per gli impianti anteriori al 1988)
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disciplina specifica per le ipotesi di guasto tecnico (art. 271.14)
IN PRECEDENZA:
rigidità della normativa ambientale italiana previgente nell’indicare l’ambito di obbligatorietà dei valori limite di emissione = i valori limite devono essere rispettati in qualsiasi fase di funzionamento dell’attività (l’art. 3, comma 15, del DM 12.7.1990 prevedeva che «in caso di guasto tale da non permettere il rispetto dei valori limite di emissione”, l’obbligo dell’impresa di informare immediatamente le autorità e di provvedere al rapido ripristino funzionale», ma tale disposizione non aveva valore di legge - e non poteva perciò vincolare i giudici - e non prevedeva espressamente deroghe ai limiti tabellari in caso di situazioni anomale dell’impianto)
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severità della prevalente giurisprudenza
il guasto tecnico non può configurarsi come evento “eccezionale o imprevedibile” e non può quindi integrare il “caso fortuito” e giustificare un momentaneo superamento dei limiti di emissione
…continua D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
2) introduce un principio generale: i valori limite di emissione si applicano esclusivamente «ai periodi di normale funzionamento dell’impianto» (= intesi come i periodi in cui l'impianto è in funzione con esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si verificano guasti tali da non permettere il rispetto dei valori stessi)
…continua D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
l'autorizzazione può stabilire specifiche prescrizioni per tali periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di tali guasti
se si verifica un guasto tale da non permettere il rispetto di valori limite di emissione, l'autorità competente deve essere informata entro le 8 ore successive e può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre prescrizioni, fermo restando l'obbligo del gestore di procedere al ripristino funzionale dell'impianto nel più breve tempo possibile (ma la violazione di tale obbligo non è espressamente sanzionata dall’art. 279 – perciò l’unica sanzione astrattamente applicabile è quella prevista dall’art. 674 cod. pen. per il “getto pericoloso di cose”)
ATTENZIONE D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
ATTENZIONE
IL GESTORE E’ COMUNQUE TENUTO AD ADOTTARE TUTTE LE PRECAUZIONI OPPORTUNE PER RIDURRE AL MINIMO LE EMISSIONI DURANTE LE FASI DI AVVIAMENTO E DI ARRESTO
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REGIMI “SPECIALI”
Impianti e attività in deroga (art. 272 + allegato IV)
Grandi impianti di combustione (artt. 273-274 + allegato II)
Emissioni di composti organici volatili (artt. 273-274 + allegato III)
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sanzioni (art. 279) Analogamente al DPR 203/1988, sono
previste quasi esclusivamente SANZIONI di natura PENALE
Ecco le principali fattispecie criminose:
installazione o esercizio di un impianto o di una attività senza autorizzazione (ma anche continuazione dell’esercizio di impianto o dell’attività con autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa, revocata o dopo l’ordine di chiusura o di cessazione) = arresto da 2 mesi a 2 anni o l’ammenda da 258 a 1032 €
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continua: sanzioni
modifica sostanziale dell’impianto senza autorizzazione = arresto fino a 6 mesi o ammenda fino a 1032 € modifica non sostanziale senza la prescritta comunicazione = solo ammenda fino a 1000 € violazione dei valori limite di emissione o delle prescrizioni stabilite dall’autorizzazione = arresto fino a 1 anno o ammenda fino a 1032 € (se però il superamento dei valori limite determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria si applica la pena dell’arresto fino ad 1 anno)
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regime transitorio (art. 281)
Il DPR 203/1988 prevedeva 2 regimi:
impianti nuovi
impianti esistenti
Il D.lgs. n. 152/2006 prevede invece 3 regimi:
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Continua: regime transitorio
1) impianto anteriore al 1988 un impianto che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o
costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente
2) impianto anteriore al 2006 un impianto che non ricade nella definizione di cui al punto 1) e che,
alla data di entrata in vigore della parte quinta del d. lgs. 152/2006 (29 aprile 2006), è autorizzato ai sensi del DPR 203/1988, purché in funzione o messo in funzione entro i successivi 24 mesi (29 aprile 2008); si considerano anteriori al 2006 anche gli impianti anteriori al 1988 la cui autorizzazione è stata aggiornata ai sensi dell'art. 11 del DPR 203/1988
3) impianto nuovo un impianto che non ricade nelle definizioni dei punti 1) e 2)
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Titolo II “Impianti termici civili”
disciplina
impianti termici civili non sottoposti ad autorizzazione
definisce l’autorità competente per i controlli • i comuni aventi popolazione superiore ai 40.000 ab.
• le province nella restante parte del territorio La questione dell’autorità competente per i controlli è già stabilita dal D. Lgs. 112/98 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali" all’art. 31, che afferma il ruolo unico delle province per le seguenti funzioni:
la redazione e l'adozione dei programmi di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico l'autorizzazione alla installazione ed all'esercizio degli impianti di produzione di energia il controllo sul rendimento energetico degli impianti termici
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Titolo III “Combustibili”
disciplina
le caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere utilizzati negli impianti di cui trattano i Titolo I e II
stabilisce
le condizioni di utilizzo e le prescrizioni
prevede possano essere stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili o nel gasolio, più elevati rispetto a quelli fissati
nell’allegato X al D. Lgs.
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CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (1)
La caratterizzazione delle emissioni in atmosfera è effettuata attraverso analisi fisico-chimiche, mediante monitoraggio in continuo o con metodi puntuali, su campioni rappresentativi.
CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (2)
Il campionamento nei camini, va fatto in condizioni isocinetiche, ovvero in condizioni talli che la velocità degli effluenti gassosi nella sezione di misura sia la medesima di quella all’ugello di prelievo.
CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (3)
Per alcuni parametri è necessario adottare dispositivi atti ad impedire la condensazione del vapore e così via.
La normativa vigente, D.Lgs 152 del 2006, fissa per le varie emissioni, parametri diversi e valori limite molto bassi di cui si deve tener conto nella scelta delle metodiche e della strumentazione di analisi.
CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (4)
Si ricercano e determinano i seguenti parametri: Materiali particellari o polveri Metalli pesanti (Cd, Hg, Tl, Ni, Se, As, Co,
Te, ...) Microinquinanti organici (IPA, PCDD + PCDF) Acidi inorganici (HCl, HF, HBr) Ossidi di S, N, C
CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (5)
Per valutare i risultati del rilevamento degli inquinanti occorre conoscere le condizioni meteorologiche locali e su scala più ampia perché esse influiscono sulle concentrazioni al suolo, sul trasporto e su eventuali trasformazioni chimiche degli inquinanti.
CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (6)
I dati meteorologici da acquisire sono:
temperatura dell’aria
direzione e velocità del vento
umidità dell’aria
entità delle precipitazioni
radiazione solare
pressione atmosferica
METODOLOGIA ANALITICA (1)
Le determinazioni degli inquinanti devono essere eseguite adottando le metodologie di campionamento e di analisi previste dall'art. 4 del d.m. 12 luglio 1990 (metodi UNICHIM), integrati e sostituiti da quelli indicati dal d.m. 25 agosto 2000. Per eventuali inquinanti non normati, la metodologia analitica adottata dovrà essere ritenuta idonea dal responsabile dell'ARPA, competente per territorio.
METODOLOGIA ANALITICA (2)
Le determinazioni degli inquinanti dovranno essere effettuate esclusivamente in relazione alle sostanze che vengono effettivamente impiegate nel ciclo tecnologico.
I controlli degli inquinanti dovranno essere eseguiti nelle più gravose condizioni di esercizio dell'impianto.
METODOLOGIA ANALITICA (3)
I risultati delle analisi eseguite all'emissione devono riportare i seguenti dati: - concentrazione degli inquinanti espressa in mg/Nm3 - portata di aeriforme espressa in Nm3/h - temperatura di aeriforme in °C
N.B. Il dato di portata è inteso in condizioni normali (273 K e 101,323 kPa) - L'accesso ai punti di prelievo deve essere a norma di sicurezza secondo le norme vigenti. - I punti di emissione devono essere chiaramente identificati mediante apposizione di idonee segnalazioni.
METODO COSA DETERMINA
parametri fluodinamici e umidità
- UNI 10169:2001 Portata, Pressione,
Temperatura, Velocità
- UNI 10169:2001
UNI EN 14790:2006
Umidità
METODO COSA DETERMINA
Ossidi
- UNI 10878:2000 Ossidi di azoto
[Campionamento + analisi
successiva in laboratorio]
- UNI EN 14792:2006 Ossidi di azoto (NO/NO2/NOx)
[strumentale diretta]
- DM 25/08/2000 GU n° 223
23/09/2000 All 1
Ossidi di azoto
Ossidi di zolfo
[Campionamento + analisi
successiva in laboratorio]
METODO COSA DETERMINA
Ossidi
- ISO 11632:1998 Biossido di zolfo
[Campionamento + analisi
successiva in laboratorio]
- EPA CTM 034 1999
UNI 10393:1995
UNI EN 14791:2006
Biossido di zolfo
[strumentale diretta]
- EPA CTM 034 1999
UNI EN 15058:2006
ISO 12039:2001
Monossido di carbonio
[strumentale diretta]
METODO COSA DETERMINA
ossidi
- EPA CTM 034 1999
ISO 12039:2001
Biossido di carbonio
[strumentale diretta]
- EPA CTM 034 1999
ISO 12039:2001
UNI EN 14789:2006
Ossigeno
[strumentale diretta]
METODO COSA DETERMINA
Sostanze diverse
- DM 25/08/2000 GU n° 223
23/09/2000 All 2, UNI EN 1911-
1:2000
UNI EN 1911-2:2000
UNI EN 1911-3:2000 metodo C
Acido cloridrico
- DM 25/08/2000 GU n° 223
23/09/2000 All 2
Acido fluoridrico
- M.U. 634:84 Acido solfidrico
METODO COSA DETERMINA
Sostanze diverse
- M.U. 632:84 Ammoniaca
- M.U. 607:83 Cloro
- UNI EN 13284-1:2003 Polveri totali
METODO COSA DETERMINA
Metalli
- UNI EN 14385:2004 Antimonio, Arsenico, Cadmio,
Cobalto, Cromo, Manganese,
Nichel, Piombo, Rame, Tallio,
Vanadio
- UNI EN 13211:2003 Mercurio
METODO COSA DETERMINA
Sostanze organiche (varie)
- UNI EN 12619:2002
UNI EN 13526:2002
UNI EN 13649:2002
Sostanze organiche volatili
(SOV espresse come TOC)
- UNI EN 13649:2002 Composti organoalogenati
- DM 25/08/2000 GU n° 223
23/09/2000 All 3
Idrocarburi policiclici aromatici
(IPA)
METODO COSA DETERMINA
Sostanze organiche (varie)
- UNI EN 1948-1:2006
UNI EN 1948-2:2006
UNI CEN/TS 1948-4:2007
Policlorobifenili (PCB)
- UNI EN 1948-1:2006
UNI EN 1948-2:2006
UNI EN 1948-3:2006
Policlorodibenzodiossine
(PCDD)