Norme relative alle misure alle emissioni - ies.al · nell’Ottocento : ad esempio quello...

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WORKSHOP APPLICAZIONE DELLE NORME UNI CEN/TS 15675:2008 E UNI 10012:2004 ALLE MISURE ALLE EMISSIONI problematiche e prospettive Norme relative alle misure alle emissioni Paolo Bisio (ASL Alessandria) KOSMOSNET Milano, 8 novembre 2011

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WORKSHOP – APPLICAZIONE DELLE NORME UNI CEN/TS 15675:2008 E UNI 10012:2004 ALLE MISURE ALLE EMISSIONI – problematiche e prospettive

Norme relative alle misure alle

emissioni Paolo Bisio (ASL Alessandria)

KOSMOSNET Milano, 8 novembre 2011

UNA DEFINIZIONE

(SEMPLICE) E UN PO’ DI

STORIA…

L‘inquinamento atmosferico è

determinato dalla presenza

nell’aria di una o più sostanze

indesiderate o estranee, in

quantità e per una durata tali da

alterare la salubrità dell’aria

stessa e da costituire un pericolo

per la salute.

INQUINAMENTO

ATMOSFERICO (1) =

ogni modificazione della normale

composizione o stato fisico

dell'aria atmosferica, dovuta alla

presenza nella stessa di uno o più

sostanze in quantità e con

caratteristiche tali da :

INQUINAMENTO

ATMOSFERICO (2) =

- alterare le normali condizioni

ambientali e di salubrità

dell'aria;

- costituire pericolo ovvero

pregiudizio diretto o indiretto per

la salute dell'uomo;

INQUINAMENTO

ATMOSFERICO (3) =

-compromettere le attività

ricreative e gli altri usi legittimi

dell'ambiente;

-alterare le risorse biologiche e

gli ecosistemi ed i beni materiali

pubblici e privati.

Sono noti gravi episodi di

inquinamento atmosferico già

nell’Ottocento : ad esempio quello

registrato a Londra tra il 1879 e

il 1880.

In quel caso, allo smog fu

attribuito un incremento del tasso

di mortalità del 220% .

All’epoca era in vigore da un

decennio circa una prima

legislazione sul controllo della

emissione dei fumi, conseguenza

della scoperta da parte del

chimico Robert Angus Smith dei

gravi effetti provocati dalle

piogge acide.

Ciò nonostante una pesante cappa

di nebbia mista a fumo gravò per

mesi sulla capitale britannica,

obbligando in certi momenti coloro

che si avventuravano fuori di casa

a camminare, per non perdersi,

radenti ai muri degli edifici.

Pea-Soup Fog e smog (da smoke-

fumo e fog-nebbia) furono

termini che cominciarono a

circolare alla fine dell’Ottocento,

entrando poi nell’uso comune dopo

che un Congresso di esperti lo

aveva pubblicizzato nel 1905.

Per la descrizione della Pea-Soup

Fog si rimanda ad alcune pagine

di Charles Dickens o ad alcune

tele londinesi di Claude Monet….

… o a questa fotografia scattata

nella cittadina inglese di

Staffordshire negli anni ’50 del

1800 (quindi antecdente, ma

nella quale ben si evidenziano le

emissioni delle “Staffordshire

Pottery Works”)

Il “flagello del fumo”, che tanta

eco ebbe nella pubblicistica

ottocentesca, fu pertanto un

fenomeno ricorrente e

tristemente conosciuto sin

dall’Ottocento.

Le sostanze inquinanti emesse

dalle ciminiere a seguito delle

varie fasi del processo

produttivo, mescolate ai fumi

delle abitazioni civili e, più in

generale, all’uso del carbone,

provocarono a più riprese, delle

vere e proprie emergenze.

Casi eclatanti si verificarono

soprattutto nelle zone dell’Europa

centro-occidentale, nel Regno

Unito, ma anche nelle aree più

industrializzate degli Stati Uniti

(Chicago, Pittsburgh, St. Louis,

Cincinnati).

Il 29 ottobre del 1948, la

cittadina di Donora, in

Pennsylvania, restò per cinque

giorni sotto una pesante cappa di

nebbia mescolata alle polveri

inquinanti prodotte da un vicino

stabilimento chimico.

Ben presto, le fasce più deboli

della popolazione, soprattutto

anziani e bambini, mostrarono

difficoltà respiratorie.

Al culmine dell’emergenza, le

autorità sanitarie locali decisero

in via precauzionale di ordinare

l’evacuazione di coloro che

soffrivano di patologie delle vie

aeree.

Per alcuni fu troppo tardi. Si

contarono infatti venti vittime,

cui si aggiunsero altre 7.000

persone con gravi danni alla

salute.

Il disastro di Donora indusse le

autorità federali a varare una

legislazione più moderna sulle

emissioni inquinanti

nell’atmosfera, il Clean Air Act

(1955) e si concluse con la

chiusura della fabbrica

incriminata.

Dopo quella della fine degli anni

Settanta del 1800, un’altra

emergenza colpì Londra nel

dicembre del 1952, allorché la

temuta densa nebbia giallognola

dall’odore acre gravò su tutta

l’area metropolitana londinese per

cinque giorni.

I trasporti furono semi-

paralizzati (i dipendenti

dell’azienda di trasporti pubblici

dovettero camminare con potenti

torce davanti ai bus per spostarsi

per le strade cittadine) e venne

calcolata la morte (indiretta) di

circa 4.000 persone.

Ulteriori 8 000 morti seguirono

nelle settimane e nei mesi

successivi (e occorre considerare

anche i circa 100.000 ammalati

in maniera acuta o cronicizzata)

Le cause del fenomeno vanno

ricercate in un brusco aumento

del livello di inquinamento

verificatosi nei giorni precedenti.

Durante i primi giorni di dicembre

una fredda nebbia calò su

Londra.

A causa del freddo i londinesi

aumentarono la potenza degli

impianti di riscaldamento e

cominciarono a bruciare più

carbone del normale

Il conseguente inquinamento

dell'aria costituito dai fumi di

combustione fu intrappolato da una

inversione termica formata da una

densa massa di aria fredda. La

concentrazione di inquinanti, fumo

freddo in particolare, crebbe

drammaticamente.

Il problema fu reso peggiore

dall'uso per riscaldamento di

carbone di bassa qualità, ad alto

contenuto di zolfo, per permettere

l'esportazione del carbone di alta

qualità a causa della critica

situazione economica della Gran

Bretagna dopo la Seconda guerra

mondiale.

La nebbia fu così spessa che la

circolazione automobilistica divenne

difficile o impossibile.

La gente camminava appoggiata ai

muri.

Le autorità raccomandarono di

tenere a casa i bambini per il

rischio che potessero perdersi.

Lo smog entrò facilmente anche

dentro gli edifici, e concerti,

rappresentazioni teatrali e

proiezioni cinematografiche furono

sospese poiché la scena o lo

schermo non erano visibili al

pubblico

L’ANALISI (1)

In quei giorni la distribuzione barica a in Europa vedeva il

Mediterraneo alle prese con una profonda circolazione

depressionaria, mentre gli stati centrali erano sotto l’influenza

di un’alta pressione dinamica da 1035 mmHg.

L’Inghilterra si trovava nell’angolo di maggior stabilità

atmosferica grazie ad un decisivo contributo subtropicale in

quota portato da un promontorio anticiclonico oceanico.

Il 5 Dicembre a Londra si instaurarono le condizioni ideali per

la nebbia da irraggiamento: cieli sereni, suolo freddo e assenza

di vento.

Nei giorni a seguire la situazione si aggravò a causa dello

scorrimento catabatico d’aria fredda lungo la valle del Tamigi

che favorì ulteriore condensazione dell’aria.

L’ANALISI (2)

L’inversione termica fece il resto intrappolando la massa

nebbiosa sulla città fino a 200m di altezza.

In questa situazione il fumo delle innumerevoli ciminiere che

circondavano Londra si mischiò alla bruma creando una miscela

irrespirabile, densissima ed immobile.

Tra il 6 e l’8 Dicembre per i pedoni non era possibile circolare

di notte a causa della visibilità quasi nulla, alcuni di essi

affermavano di non riuscire neppure a vedersi i piedi. Di giorno

la visibilità era altrettanto limitata, basti pensare che in

centro, per 48h consecutive, questa restò sempre al di sotto

dei 50 metri; ancora peggiore la situazione a Heatrow, dove il

raggio visivo si fermava ad appena 10 metri.

L’ANALISI (3)

Oltre alla visibilità peggiorò anche la qualità dell’aria a causa

dei fumi industriali e residenziali, questi immisero

quotidianamente nell’aria 1000 tonnellate di fuliggine, 2000 di

biossido di carbonio, 140 di acido idroclorico, 14 di composti di

fluoro e 800 di acido solforico.

Va detto che queste sostanze si aggiunsero ad un’aria già

pessima per via dell’eccessivo utilizzo carbone domestico

durante i freddissimi ultimi giorni di Novembre.

La concentrazione di fumi nell’aria aumentò dagli 0.49

milligrammi per metro cubo del 4 Dicembre ai 4.47 del 7

Dicembre.

L’ANALISI (4)

Fu così che i londinesi per 96 ore respirarono nebbia tossica.

Durante il fine settimana del 6 Dicembre 1952 persone

morirono per complicazioni cardiovascolari e respiratorie, ovvero

la media annua dell’epoca; il week end successivo le vittime

furono 4703.

I danni legati alla tossicità dell’aria furono tali che la mortalità

legata a bronchiti, polmoniti, crisi respiratorie e attacchi

cardiaci rimase oltre i valori medi fino al 25 Dicembre.

QUANDO LE PRIME LEGGI ?

Le prime leggi per il

controllo delle emissioni in

atmosfera sono degli anni

’60 - ’70

1966 = PRIMA LEGGE per la tutela

dall’inquinamento atmosferico

L. 615/66 : ITALIA

1974 = PRIMA LEGGE avente per

argomento l’inquinamento

atmosferico : GERMANIA

1970 = istituzione dell’EPA

(Environmental Protection Agency)

Negli USA il Clean Air Act (CAA) emesso nel 1970 ed esteso nel 1990, stabilisce che l’Environmental Protection Agency (EPA) emana gli standard di qualità dell’aria che fanno parte del Code of Federal Regulations (CFR) title 40 “Environmental Protection”

COEVAMENTE INIZIANO I

SUMMIT MONDIALI SULLA

PROTEZIONE AMBIENTALE E

PER LO SVILUPPO

SOSTENIBILE

• STOCCOLMA (1972)

• NAIROBI (1982)

• RIO (1992)

• JOHANNESBURG (2002)

• AL MOMENTO NON ESISTE A

LIVELLO MONDIALE

L’ARMONIZZAZIONE DI

TUTTE LE NORME IN MATERIA

AMBIENTALE ANCHE SE GLI

USA E L’UE TENDONO AD

ARMONIZZARE LA LORO

NORMATIVA.

COSA SUCCEDE POI

IN ITALIA ?

D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203

Può essere considerato la base dell'impianto normativo sviluppato

sino ad oggi

Stabilisce i valori i limite ed i valori guida di qualità dell’aria

Individua i metodi di prelievo e di analisi dei diversi inquinanti atmosferici

Detta norme per la tutela della qualità dell'aria ai fini della protezione della

salute e dell'ambiente su tutto il territorio nazionale

Prefigura piani regionali di controllo della qualità dell’aria

Prevede l’autorizzazione amministrativa per la costruzione degli impianti

industriali fissi di competenza delle Regioni (o per delega prov. e comuni)

Definisce i compiti dei Ministeri, Regioni ed enti locali

“Attuazione delle direttive CEE n° 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell’aria, relativamente a specifici agenti

inquinanti, e di inquinamento prodotto da grandi impianti industriali”.

Ripartizione delle competenze • le Regioni dovevano formulare i piani di rilevamento e l’indirizzo ed il coordinamento dei sistemi di controllo degli inquinanti

• Il Ministero ambiente doveva predisporre i criteri per la raccolta dei dati da effettuare con i sistemi di rilevamento:

D.P.C.M. 21 luglio 1989 atto di indirizzo e coordinamento criteri di interpretazione e di attuazione; D.M. 12 luglio 1990 limita le emissioni inquinanti degli impianti industriali esistenti; D.M. 20 maggio 1991 definisce i criteri per la realizzazione dei sistemi di rilevamento dei dati della qualità dell'aria; in maniera distinta per aree urbane e industriali vengono indicati gli inquinanti da rilevare, le caratteristiche strutturali delle reti con la tipologia delle stazioni di rilevamento, gli standard per gli strumenti informatici necessari all'acquisizione ed elaborazione dei dati; D.P.R. 25 luglio 1991 modifica dell’atto di indirizzo e coordinamento (D.P.C.M. 21 luglio ‘89) in materia di emissioni poco significative (senza autorizzazione) e di attività a ridotto inquinamento atmosferico (autorizzazione semplificata)

Con il D.Lgs. 112/1998 (concernente il conferimento di nuove funzioni alle Regioni ed agli EELL) verrà confermato sostanzialmente

l’impianto delle competenze

D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203

Dalla L. 615/66 che disciplinava anche le emissioni degli impianti mobili al Codice della strada

che detta una nuova disciplina

1) Sui requisiti costruttivi che riducono con dispositivi le emissioni (omologazione)

2) Sul controllo del mantenimento dei dispositivi da parte dei proprietari veicoli (Comuni)

3) Sulle caratteristiche del carburante

La normativa ha come fonte fondamentale le direttive comunitarie che hanno dettato principi comuni in questo settore (prende le mosse dalla Dir. 70/220/CEE concernente le misure da adottare) e provvedono a modificare la disciplina adeguandola alle conoscenze tecniche

INQUINAMENTO DA TRAFFICO VEICOLARE

Negli anni 90 cominciano i primi interventi di urgenza

20 novembre 1991 il Ministro dell’ambiente emana 11 ordinanze

(11 città: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli,

Palermo, Roma, Torino, Venezia) che fissano soglie di attenzione e

allarme oltre le quali il Sindaco assume il potere/dovere di

stabilire misure adeguate (L. 59/1987, art. 8 “grave pericolo di danno

ambientale”)

INQUINAMENTO GRANDI CENTRI URBANI

Il Ministero dell’Ambiente con successivi decreti detta le norme tecniche sui limiti di concentrazione ed i

livelli d’attenzione e d’allarme D.M. 15 aprile 1994, con cui vengono introdotti i livelli di attenzione e di allarme per cinque inquinanti atmosferici nelle aree urbane: biossido di zolfo; particelle sospese totali; biossido di azoto; monossido di carbonio; ozono. Stabilisce inoltre i criteri di individuazione degli stati di attenzione e di allarme in base ai quali i Comuni possono adottare provvedimenti di prevenzione e di contenimento dell'inquinamento atmosferico. D.M. 25 novembre 1994 Aggiorna i livelli di attenzione e di allarme e prevede la misura di alcuni nuovi inquinanti ormai stabilmente presenti nelle aree urbane: benzene; idrocarburi policiclici aromatici; particelle sospese. Per i nuovi inquinanti, considerati di forte impatto per la salute e per l'ambiente, il decreto fissa obiettivi di qualità. D.M. 16 Maggio 1996 “Attivazione di un sistema di sorveglianza di inquinamento da ozono”. Impone alle Regioni di redigere un rapporto annuale per i dati di concentrazione di ozono relativi al periodo 1° gennaio – 31 dicembre nel quale possono essere contenute le informazioni sui precursori (NOx, e composti organici volatili). Stabilisce inoltre che il metodo di riferimento da utilizzare per la determinazione delle concentrazioni di ozono è quello basato sull’assorbimento UV .

“Misure urgenti per la prevenzione dell’inquinamento atmosferico da benzene”

Fissa il tenore massimo di benzene e idrocarburi aromatici totali nelle benzine i Sindaci possono adottare misure di limitazioni della circolazione con criteri operativi definiti dal D.M. 21 aprile 1999, n. 163, per far fronte all'inquinamento da traffico urbano Il D.M. 163/1999 prevede le grandi città e i Comuni con più di 150.000 abitanti devono stilare un rapporto annuale della qualità dell’aria, disporre misure programmate permanenti o periodiche di limitazione o divieto che possono essere modificate nel corso dell’anno se vi è miglioramento o peggioramento sulla base dei dati, diffondere le valutazioni e il rapporto Comuni con più di 30.000 abitanti devono adottare specifico Piano del traffico urbano

Ciò porterà a definire sempre più poteri speciali ai Sindaci e finanziamenti e incentivi ai comuni per l’adozione di misure

per la riduzione dell’IA e il miglioramento della mobilità

L. 4 novembre 1997, n. 413

E’ un provvedimento programmatico che definisce i principi base di una

strategia per il mantenimento e il miglioramento e avvia il processo dinamico di

adeguamento della normativa

Tende a realizzare un sistema non limitato al controllo delle emissioni ma

esteso alla “gestione” della qualità e stabilisce gli obiettivi per la qualità aria-

ambiente (si intende aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di

quella presente nei luoghi di lavoro)

Prevede la valutazione dei valori limite e le soglie di allarme su tutto il

territorio nazionale che per questo deve essere suddiviso in zone ed agglomerati

(zone con popolazione sup. a 250.000 ab.). Stabilisce gli adempimenti di

rispettiva competenza dello Stato e delle Regioni. Modifica la 203/88 ed i suoi

decreti attuativi

D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351

“Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente”

Allo Stato compete

individuazione dei valori limite e dei valori obiettivo di qualità da

raggiungere

Alle Regioni compete

la rilevazione della qualità dell’aria

l’elaborazione e attuazione di Piani di azione

l’individuazione delle aree che hanno bisogno di intervento

Il D.Lgs. attribuisce notevole rilievo al diritto di informazione dei cittadini sulla qualità aria e prevede che Stato Regioni EELL

garantiscano informazioni aggiornate

D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351

La Dir. 96/62/CE esprime politiche generali in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria, individuando azioni fondamentali che Stati membri devono attuare per stabilire obiettivi di qualità per prevenire e ridurre effetti nocivi La DIRETTIVA QUADRO definisce il contesto generale rinviando a “direttive figlie” la definizione dei parametri tecnico-operativi relativi ai singoli inquinanti

In particolare fissa

elenco di sostanze sulle quali intervenire in via prioritaria (biossido di zolfo, biossido di azoto, le particelle sospese, piombo, ozono, ossido di carbonio, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, mercurio, cadmio, arsenico, nichel) i criteri adottati per stabilire gli obiettivi di qualità dell’aria per gli inquinanti ed i requisiti di monitoraggio (Valore limite – Valore obiettivo – Soglia di allarme – Margine di tolleranza) i criteri di valutazione della qualità dell’aria i casi in cui devono essere predisposti i piani di intervento e quelli di mantenimento l’obbligo degli Stati membri di predisporre un sistema di controllo e qualità sui dati raccolti i meccanismi per l’informazione del pubblico

ha recepito le direttive “Figlie” della Dir. 96/62/CE

Dir. 1999/30/CE - valori limite per biossido di zolfo, biossido d'azoto,

ossidi di azoto, particelle e piombo

Dir. 2000/69/CE - valori limite per benzene ed monossido di carbonio

Stabilisce il margine di tolleranza

le modalità per ridurlo nel tempo

il termine entro il quale il valore limite deve essere raggiunto

i criteri raccolta dei dati e tecniche di misurazione

le modalità per le informazioni al pubblico

D.M. 2 aprile 2002, n. 60

Dispone per le Regioni

direttive tecniche per effettuare misure per la qualità dell'aria

direttive per adottare un piano per il mantenimento della qualità dell'aria

nelle zone indicate nell'art. 9 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351

elaborazione dei principi generali per realizzare i programmi

Il D.M. n. 261/2002, si propone, quindi, l'obiettivo di dare attuazione

non solo ai programmi di tutela dell'ambiente a livello generale, ma soprattutto ad interventi più specifici e settoriali, come la tutela

dell'"aria ambiente", per realizzare sistemi di controllo e prevenzione dell'inquinamento

D.M. 1 ottobre 2002, n. 261,

Regolamento attuativo elaborato dal MATT di concerto con il Min. Salute, recante le direttive tecniche per la valutazione preliminare della qualità dell'aria e i criteri per

l'elaborazione del piano e dei programmi previsti dal D.Lgs. n. 351/1999

Dir. 2001/80/CE

Limitazioni alle emissioni in atmosfera degli inquinanti da grandi impianti di

combustione

(cd LCP Large Combustion Plants) si applica

agli impianti di combustione con potenza termica nominale pari o sup. a 50 MW

indipendentemente dal combustibile utilizzato

La Commissione europea ha avviato un procedimento di infrazione nei

confronti dell’Italia per mancato recepimento della direttiva cui è

seguita la condanna della Corte di Giustizia

Il MATT, di concerto con gli altri Ministeri competenti e la Conferenza

Unificata, predispone un aggiornamento del programma nazionale di

riduzione che contenga

gli obiettivi calcolati in base ai risultati delle proiezioni aggiornate

le misure aggiuntive necessarie ad assicurare il rispetto dei limiti stabiliti

per l'Italia

Il programma così aggiornato dovrà essere trasmesso, secondo quanto previsto dalla direttiva 2001/81, alla Commissione Europea entro il 31

dicembre 2006

D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 171

“Attuazione della direttiva 2001/81/CE relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici”

La Dir. 2001/81/CE (cd NEC, National Emission Ceilings) stabilisce

la limitazione delle emissioni di sostanze inquinanti provocate da fenomeni di:

acidificazione (deposizione di inquinanti acidi sulla vegetazione, sulle

acque superficiali, sui terreni, sugli edifici e sui monumenti)

eutrofizzazione (alterazione degli ecosistemi terrestri e acquatici in

conseguenza della deposizione di composti azotati dall'atmosfera)

formazione di ozono a livello del suolo

Limiti nazionali (tetti) per le emissioni di ossidi di

zolfo (SOx), ossidi di azoto (NOx), composti organici

volatili (COV) ed ammoniaca (NH3)

Adeguamento entro il 2010

Stabilisce

i valori bersaglio, gli obiettivi a lungo termine, la soglia di allarme e la

soglia di informazione

i metodi ed i criteri per la valutazione delle concentrazioni di ozono

e per la valutazione delle concentrazioni dei precursori dell'ozono

nell'aria

le misure volte a consentire l'informazione del pubblico

le misure volte a mantenere la qualità dell'aria e le misure dirette a

consentirne il miglioramento

le modalità di cooperazione con gli altri Stati membri dell'Unione

europea ai fini della riduzione dei livelli di ozono

D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 183

“Attuazione della direttiva 2002/3/CE relativa all’ozono nell’aria”

obiettivi a lungo termine, valori-obiettivo per il 2010

una soglia di allarme e un inizio di informazione sulle concentrazioni

di ozono nell'aria ambiente della Comunità

metodi e criteri comuni per valutare le concentrazioni di ozono

nell'aria ambiente

conseguimento e messa a disposizione dei cittadini dell'informazione

pertinente sull'ozono nell'aria ambiente

conservazione e/o miglioramento della qualità dell'aria ambiente

Promozione di una cooperazione tra gli Stati membri per diminuire

l'ozono nell'aria ambiente

Dir. 2002/3/CE “Ozono nell’aria”, terza “direttiva figlia”, fissa:

Quarta “direttiva figlia” (ancora da recepire) della direttiva quadro

96/62/CE, concernente la presenza di inquinanti che presentano un

rischio per la salute umana

Dato che le sostanze in oggetto sono agenti cancerogeni umani per i

quali non può essere individuata alcuna soglia riguardo agli effetti

dannosi sulla salute umana, la direttiva è finalizzata ad applicare il

principio secondo il quale l'esposizione a tali inquinanti debba essere

al livello più basso che si possa ragionevolmente raggiungere

concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici

aromatici nell'aria ambiente

Dir. 2004/107/CE

Strategia tematica sull’inquinamento atmosferico

Comunicazione della Commissione europea del 21 settembre 2005

è una delle sette strategie tematiche nell’ambito del Sesto Programma di azione in materia di ambiente

si propone di migliorare la qualità dell’aria per ridurre i rischi per la salute e l’ambiente entro il 2020

pur trattando di tutti i principali inquinanti evidenzia una specifica riduzione soprattutto delle polveri sottili (particolato) e dell’ozono

vuole razionalizzare e aggiornare la legislazione in vigore fondendo in un unico testo la direttiva quadro e le “figlie” per consentire agli Stati membri di attuarla in modo più semplice ed efficace (Proposta di direttiva del 21 settembre 2005 che accompagna la Strategia)

l’aumento, in intensità e frequenza, dei fenomeni

estremi (uragani, temporali, inondazioni, siccità, …)

l'aumento del livello dei mari

la desertificazione

la perdita di biodiversità

CAMBIAMENTI CLIMATICI

biossido di carbonio (CO2)

metano (CH4)

protossido di azoto (N20)

idrofluorocarburi (HFC)

perfluorocarburi (PFC)

esafluoruro di zolfo (Sf6)

GAS SERRA

CONVENZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

approvata a New York il 9 maggio 1992, per contrastare e ridurre al minimo gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul nostro pianeta.

Il PROTOCOLLO DI KYOTO

strumento attuativo della Convenzione, firmato nel dicembre 1997, entrato in vigore il 16 febbraio 2005

impegna i paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione ad una riduzione delle emissioni dei principali gas ad effetto serra del 5,2 % rispetto ai valori del 1990, nel periodo 2008-2012, con riduzioni differenti per ogni singolo paese

In particolare, l'Unione Europea ha un obiettivo di riduzione del 8%, nell'ambito del quale l'Italia si è impegnata a ridurre le emissioni del 6,5%

Nessuna limitazione alle emissioni di gas-serra viene prevista per i Paesi in via di sviluppo

Politiche e misure interventi previsti dallo Stato attraverso

programmi attuativi specifici realizzati all'interno del territorio nazionale

Meccanismi flessibili utilizzare a proprio credito attività di

riduzione delle emissioni effettuate al di fuori del territorio nazionale in

considerazione del fatto che i cambiamenti climatici sono un fenomeno

globale ed ogni riduzione delle emissioni di gas serra è efficace

indipendentemente dal luogo del pianeta nel quale viene realizzata

STRUMENTI ATTUATIVI DEL

PROTOCOLLO DI KYOTO

•INTERNATIONAL EMISSIONS TRADING (IET) – consiste nella possibilità che uno

Stato, ed eventualmente un’azienda, possa comperare o vendere ad altri stati o aziende

permessi di emissione in modo da allineare le proprie emissioni con la quota assegnata: il

soggetto interessato venderà tali permessi quando le proprie emissioni sono al di sotto della

quota assegnata, mentre li comprerà quando le proprie emissioni sono al di sopra della quota

assegnata. I permessi di emissione vengono chiamati Assigned Amount Units ed indicati con la

sigla AAUs.

•CLEAN DEVELOPEMENT MECHANISM (CDM) – è un meccanismo di collaborazione

attraverso il quale le aziende o gli Stati che realizzano progetti a tecnologia pulita nei paesi in

via di sviluppo ricevono crediti di emissione pari alla riduzione ottenuta rispetto ai livelli che si

sarebbero avuti senza il progetto. Tali crediti vengono chiamati Certified Emissions Reductions

ed indicati spesso con la sigla CERs

•JOINT IMPLEMENTATION (JI) – è un meccanismo di collaborazione tra paesi

industrializzati e quelli ad economia in transizione, per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi

di riduzione delle emissioni. Analogamente al CDM, permette di ottenere crediti di emissione

attraverso investimenti in tecnologie pulite in altri paesi. Tali crediti vengono chiamati

Emissions Reductions Units ed indicati con la sigla ERU

I MECCANISMI FLESSIBILI

Attività dell'Italia per promuovere una politica di protezione dell'atmosfera

L. 15 gennaio 1994 n. 65, ratifica Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (in vigore dal 21 marzo 1994)

“Programma nazionale per il contenimento delle emissioni di anidride carbonica” approvato dal CIPE il 25 febbraio 1994

Prima Comunicazione Nazionale alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici il 16 gennaio 1995

Seconda Comunicazione Nazionale alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici 15 novembre 1997

Delibera CIPE 19 novembre 1998 "Linee guida per le politiche e le misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra"

Legge 1° giugno 2002, n. 120 ratifica Protocollo di Kyoto

Delibera CIPE 19 dicembre 2002 revisione delle “Linee-guida” del 19 novembre 1998 e il relativo Piano di Azione Nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas serra (PAN)

D.L. 12 novembre 2004, n. 273 “Disposizioni urgenti per l'applicazione della direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità europea

“Delega al governo per il riordino il coordinamento e l’integrazione della legislazione in

materia ambientale e misure di diretta applicazione”

il DDL ha avuto un iter travagliato

9 agosto 2001 il CdM approva lo schema di DDL

19 ottobre 2001 è stato presentata alla Camera (AC 1798) 2 ottobre 2002 è approvato dalla Camera in prima lettura e passa al Senato (AS 1753) 14 maggio 2003 è approvato con modificazioni dal Senato che lo rinvia alla Camera

15 ottobre 2003 la Camera lo approva in seconda lettura con ulteriori modifiche

14 ottobre 2004 il Senato lo approva con modifiche ulteriori 24 novembre 2004 la Camera finalmente lo approva definitivamente

LA LEGGE DELEGA Legge 15 dicembre 2004, n. 308

TRA I VARI SETTORI DA RIORDINARE VI E’

L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO nei seguenti ambiti

1) emissioni provenienti dagli impianti di riscaldamento per uso civile

2) l'incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili o alternative

3) emissioni derivanti dalle attività agricole e zootecniche

4) Incentivazioni per l'uso di veicoli, combustibili e carburanti che possono

contribuire alla riduzione delle emissioni e al miglioramento della qualità

dell'aria

5) informazione ai consumatori sull'impatto ambientale del ciclo di vita dei

prodotti possono causare inquinamento atmosferico

6) predisposizione del piano nazionale di riduzione (direttiva 2001/80/CE) che

stabilisca prescrizioni per i grandi impianti di combustione esistenti

PER REDIGERE IL TESTO IL MINISTRO SI E’ AVVALSO

“di una commissione composta da un numero massimo di ventiquattro

membri scelti fra professori universitari, dirigenti apicali di istituti

pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione nei settori e nelle

materie oggetto della delega”

istituita dalla L. 308/2004

costituita dal Ministro con Decreto 21 gennaio 2005

ha presentato nel settembre 2005 gli Schemi dei decreti legislativi

relativi ad ogni settore previsto dalla legge delega, che poi ha accorpato in un

solo testo

CRITERI DIRETTIVI DELEGA (art. 1, co. 9, lett. g, legge 308/04)

RIORDINARE la normativa sulla tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera, mediante una REVISIONE della disciplina per le emissioni di gas inquinanti in atmosfera, nel rispetto delle norme COMUNITARIE

Continua: criteri direttivi delega

e prevedendo:

1) l'integrazione della disciplina relativa alle emissioni provenienti dagli impianti di riscaldamento per uso civile;

2) l'incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili o alternative anche mediante la disciplina della vendita dell'energia prodotta in eccedenza agli operatori del mercato elettrico nazionale, prolungando sino a dodici anni il periodo di validità dei certificati verdi previsti dalla normativa vigente;

3) una disciplina in materia di controllo delle emissioni

derivanti dalle attività agricole e zootecniche;

Continua: criteri direttivi delega

4) strumenti economici volti ad incentivare l'uso di veicoli,

combustibili e carburanti che possono contribuire significativamente alla riduzione delle emissioni e al miglioramento della qualità dell'aria;

5) strumenti di promozione dell'informazione ai consumatori

sull'impatto ambientale del ciclo di vita dei prodotti che in ragione della loro composizione possono causare inquinamento atmosferico;

6) predisposizione del piano nazionale di riduzione di cui alla

direttiva 2001/80/CE, che stabilisca prescrizioni per i grandi impianti di combustione esistenti

recante Norme in materia ambientale

Parte V “Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle

emissioni in atmosfera”

è suddivisa

Titolo I Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera

di impianti e attività (artt.267-281)

Titolo II Impianti termici civili (artt.282-290)

Titolo III

Combustibili (artt.291-298)

+ allegati da I a X

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

PRINCIPALI NOVITÀ

“riunifica” (come nella legge del 1966) la disciplina in materia di inquinamento atmosferico

amplia la nozione di “impianto”

disciplina anche alcune “attività senza impianto”

introduce un termine di durata (di 15 anni) per le autorizzazioni

Continua: novità

introduce la conferenza di servizi

sostituisce il concetto di “migliori tecnologie disponibili” con quello di “migliori tecniche disponibili” (BAT)

introduce un “obbligo di convogliamento” delle emissioni diffuse

disciplina le ipotesi di guasto tecnico

Titolo I “Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera

di impianti e attività”

si applica

agli impianti e alle attività che producono emissioni (inclusi: impianti termici civili non disciplinati dal Titolo II; esclusi: impianti di incenerimento di rifiuti, impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale IPCC-Integrated Pollution Prevention and Control, impianti per la difesa nazionale, sfiati da ambienti da lavoro)

stabilisce

i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità ai valori limite

determina impegni maggiori per le fonti rinnovabili

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Campo di applicazione (art. 267)

Il titolo I si applica a:

impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II

attività che producono emissioni in atmosfera

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Continua: campo di applicazione

e stabilisce: valori di emissione

Prescrizioni

metodi di campionamento e analisi delle

emissioni

criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

ai sensi dell’art. 282, si applica anche agli IMPIANTI TERMICI CIVILI, non disciplinati dal titolo II, ossia: agli impianti aventi potenza termica nominale uguale o superiore alle soglie stabilite, per ciascuna tipologia di impianto, dall’art. 269, comma 14 agli impianti termici civili che utilizzano carbone da vapore, coke metallurgico, coke da gas, antracite, prodotti antracitosi o miscele di antracite e prodotti antracitosi, aventi potenza termica nominale superiore a 3 MW

Continua: campo di applicazione

ATTENZIONE

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

ai sensi dell’art. 267, NON si applica agli

IMPIANTI DI CUI AL D.Lgs. 133/2005

(INCENERIMENTO RIFIUTI).

Continua: campo di applicazione

ATTENZIONE

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

CRITERIO BASE

Tutti gli impianti che producono emissioni in atmosfera devono essere autorizzati

L’autorizzazione è assorbita:

nell’Autorizzazione Integrata Ambientale per gli impianti soggetti alla normativa IPPC (D.Lgs. 59/2005)

nell’autorizzazione allo smaltimento e recupero di rifiuti in procedura ordinaria (art. 208) o semplificata (artt. 214, 216, per le modifiche sostanziali delle emissioni individuate dalle specifiche norme tecniche)

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Esclusioni dall’autorizzazione (1)

- Impianti di combustione (compresi i gruppi elettrogeni a cogenerazione), di potenza termica nominale < 1 MW, alimentati a biomasse, a gasolio (anche in emulsione), o a biodisel

- Impianti di combustione alimentati ad olio combustibile di

potenza termica nominale < 0,3 MW - Impianti di combustione alimentati alimentati a metano o

GPL, di potenza termica nominale < 3 MW - Impianti di combustione ubicati all’interno di impianti di

smaltimento rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati da processi di depurazione e biogas, di potenza termica fino a 3 MW, se l’attività di recupero è soggetta a procedure semplificate e le stesse sono state espletate

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Esclusioni dall’autorizzazione (2)

- Impianti di combustione alimentati a biogas di potenza ≤ 3 MW - Gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o GPL, di

potenza < 3 MW - Gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza

< 1 MW - Impianti di combustione connessi ad attività di stoccaggio di

prodotti petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza < 5 MW se a metano o GPL, e < 2,5 MW se a gasolio

- Impianti di emergenza, sicurezza, laboratori di analisi e ricerca,

impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazione, individuazione di prototipi (tranne in caso di emissioni di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate – parte II, allegato I)

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Esclusioni dall’autorizzazione (3)

- Per gli impianti elencati, l’A.C. può prevedere l’obbligo di comunicare, in via preventiva, la data di messa in esercizio o di avvio dell’attività

- Le norme di cui al Titolo I non si applicano agli impianti e alle attività di cui all’elenco della parte I dell’allegato IV (impianti con emissioni scarsamente rilevanti)

- Per tali impianti e attività l’A.C. può prevedere una comunicazione che attesti il ricadere in tale elenco nonché, in via preventiva, la data di messa in esercizio o inizio attività

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Esclusioni dall’autorizzazione (4)

- Sono inoltre esclusi gli impianti di deposito di oli minerali, compresi gas liquefatti.

- I gestori devono comunque adottare misure per contenere le emissioni diffuse e le disposizioni eventualmente impartite dall’A.C

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

occorre partire dalla fine …

LE ABROGAZIONI ESPRESSE (art. 280)

NORMATIVE GENERALI: DPR 203/1988 (presistente norma quadro) DPCM 21 luglio 1989 DM 12 luglio 1990 DPR 25 luglio 1991 Legge 615/1966

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Continua: abrogazioni espresse

NORMATIVE SETTORIALI E TECNICHE DM 105/1987 (limiti emissioni atmosferiche da impianti

termoelettrici a vapore)

DM 8 maggio 1989 (limitazione emissioni atmosferiche di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione)

DM 44/2004 (recepimento direttiva 1999/13/CE su emissioni di COV di talune attività industriali)

DM 21 dicembre 1995 (disciplina dei metodi di controllo delle emissioni atmosferiche dagli impianti industriali – compreso allegato contenente i criteri di valutazione dei risultati ottenuti con sistemi di rilevamento in continuo delle emissioni)

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Continua: abrogazioni espresse

DM 16 maggio 1996 (sistema di sorveglianza di inquinamento da ozono)

DM 76/1999 (norme per l'installazione dei dispositivi di recupero dei vapori di benzina presso i distributori)

DM 107/2000 (norme tecniche per l'adeguamento degli impianti di deposito di benzina ai fini del controllo delle emissioni dei vapori)

art. 12, comma 8, d. lgs. 387/2003 (inserimento degli impianti energetici di potenza non superiore a 3 MW termici ubicati all'interno di impianti di smaltimento rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas – che rispettino le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ex art. 31 d. lgs. 22/1997 – tra le attività ad inquinamento atmosferico poco significativo, non necessitanti quindi di autorizzazione)

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Continua: abrogazioni espresse

D.M. 12/7/1990 (limiti agli impianti esistenti)

DPR 1391/1970 (impianti termici civili)

D.P.C.M. 395/2001 (zolfo in combustibili liquidi)

D.P.C.M. 08/03/2002 (combustibili)

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Rimangono in vigore :

L. 549/1993 (sostanze lesive per l’ozono stratosferico)

L. 273/2004 (gas ad effetto serra)

Disposizioni sulla qualità dell’aria

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

regimi “collaterali” sopravvissuti = rapporti con le altre normative non abrogate espressamente

espressamente esclusi: impianti di incenerimento rifiuti disciplinati dal d. lgs. 133/2005

«resta fermo», per gli impianti sottoposti ad AIA, «quanto previsto» dal d. lgs. 59/2005 e per tali impianti l'AIA SOSTITUISCE l'autorizzazione alle emissioni prevista dal titolo I

Continua …

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

“implicitamente” si desume che resta ferma anche l’autorizzazione “unica” regionale degli impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili ex art. 12 d. lgs. 387/2003 (non abrogato espressamente, eccetto il comma 8)

nulla dice (dunque “sopravvive”) riguardo alla autorizzazione ad emettere gas a effetto serra ex DL 273/2004, conv. con legge 316/2004 (non abrogati espressamente)

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

DEFINIZIONI art. 268

IMPIANTO

«il macchinario o il sistema o l'insieme di macchinari o di sistemi costituito da una struttura fissa e dotato di autonomia funzionale in quanto destinato ad una specifica attività; la specifica attività a cui é destinato l'impianto può costituire la fase di un ciclo produttivo più ampio»

art. 270.4: se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili [1], aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee [2] e localizzati nello stesso luogo [3] sono destinati a specifiche attività tra loro identiche [4], l'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può considerarli come un unico impianto

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

vecchia definizione DPR 203/1988: «lo stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi

industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale»

DPCM 21.7.1989 : «uno stabilimento può essere costituito da più impianti. Il singolo impianto all'interno di uno stabilimento è l'insieme delle linee produttive finalizzate ad una specifica produzione. Le linee produttive possono comprendere a loro volta più punti di emissione derivanti da una o più apparecchiature e/o da operazioni funzionali al ciclo produttivo»

«il DPR 203/1988 si applica agli impianti industriali di produzione di beni o servizi, ivi compresi gli impianti di imprese artigiane, nonché agli impianti di pubblica utilità, che diano luogo ad emissioni inquinanti convogliate o tecnicamente convogliabil»

«sono esclusi dal campo di applicazione del DPR 203/1988 gli impianti termici non inseriti in un ciclo di produzione industriale ivi compresi gli impianti inseriti in complessi industriali, ma destinati esclusivamente a riscaldamento dei locali, nonché gli impianti di climatizzazione, gli impianti termici destinati al riscaldamento di ambienti, al riscaldamento di acqua per utenze civili, a sterilizzazione e disinfezioni mediche, a lavaggio di biancheria e simili, all'uso di cucine, mense, forni da pane ed altri pubblici esercizi destinati ad attività di ristorazione».

IMPIANTO: D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

inquinamento atmosferico «ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta

all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente»

DPR 203/1988: “ogni modificazione della normale composizione o stato

fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell'aria; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo; da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell'ambiente; alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati”

Continua: definizioni D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

emissione

«qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico»

DPR 203/1988: «qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa

introdotta nell'atmosfera, proveniente da un impianto, che possa produrre inquinamento atmosferico»

Continua: definizioni D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

definizioni nuove

emissione convogliata: emissione di un effluente gassoso effettuata

attraverso uno o più appositi punti emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella definizione

di emissione convogliata emissione tecnicamente convogliabile: emissione

diffusa che deve essere convogliata sulla base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela

emissioni totali: somma delle emissioni diffuse e convogliate

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

migliori tecniche disponibili

la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche ad evitare ovvero, se ciò risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si intende per:

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Continua: migliori tecniche disponibili

1) tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione,

costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;

2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta

l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di

protezione dell'ambiente nel suo complesso;

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

DPR 203/1988:

«migliore tecnologia disponibile:

sistema tecnologico adeguatamente verificato e sperimentato che consente il contenimento e/o la riduzione delle emissioni a livelli accettabili per la protezione della salute e dell'ambiente, sempreché l'applicazione di tali misure non comporti costi eccessivi»

Continua: migliori tecniche disponibili D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

altre definizioni nuove

periodo di avviamento: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui

l'impianto, a seguito dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, è portato da una condizione nella quale non esercita l'attività a cui è destinato, o la esercita in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico, ad una condizione nella quale tale attività è esercitata in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico

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periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui

l'impianto, a seguito dell'interruzione dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, non dovuta ad un guasto, è portato da una condizione nella quale esercita l'attività a cui è destinato in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale funzione è esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico o non è esercitata

carico di processo: il livello percentuale di produzione rispetto alla potenzialità

nominale dell'impianto minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l'esercizio

dell'impianto in condizione di regime

Continua: altre definizioni nuove D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

autorità competente la Regione (o Provincia autonoma) o la diversa autorità

indicata dalla legge regionale quale autorità competente al rilascio dell'autorizzazione alle emissioni e all'adozione degli altri provvedimenti previsti dal titolo I

Ministero dell'ambiente per le piattaforme off-shore e per i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore

(ovviamente) autorità che rilascia l’AIA per gli impianti sottoposti ad AIA

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Autorizzazione (artt. 269-270)

secondo l’art. 269, salvo casi particolari, per tutti gli impianti che producono emissioni deve essere richiesta una specifica autorizzazione

l’autorizzazione va richiesta dal gestore per: 1) installare un impianto nuovo 2) trasferire un impianto da un luogo ad un

altro

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

procedura

indizione da parte dell’autorità competente – entro 30 gg. dalla ricezione della richiesta – di una conferenza di servizi istruttoria, nel corso della quale si procede anche ad un contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi (in particolare, in quelli svolti dal Comune ai sensi del DPR 380/2001 – TU edilizia – e del RD 1265/1934 – TU leggi sanitarie – artt. 216 e 217 su industrie insalubri)

pronuncia entro 120 gg. (o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, entro 150 gg. dalla ricezione della domanda stessa)

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

qualora il suddetto termine non sia rispettato, il gestore può, entro i successivi 60 gg., richiedere al Ministro dell’ambiente di provvedere. In tal caso, il Ministro si deve esprimere di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, sentito il Comune interessato, entro 90 gg. (decorso tale termine, si applica l'art. 2, comma 5, legge 241/1990 = NON si applica il silenzio assenso, ma può essere proposto ricorso al TAR contro il silenzio - anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente - fintanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini; il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza)

Continua: procedura D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

contenuto dell’autorizzazione

1) per le emissioni tecnicamente convogliabili, le modalità di

captazione e di convogliamento;

2) per le emissioni convogliate : i valori limite di emissione le prescrizioni i metodi di campionamento e di analisi i criteri per la valutazione della conformità dei valori

misurati ai valori limite la periodicità dei controlli di competenza del gestore

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Continua: contenuto dell’autorizzazione

3) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad

assicurarne il contenimento; 4) il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio –

che deve essere comunicata all’autorità competente con un anticipo di almeno 15 giorni – e la messa a regime dell’impianto

5) la data entro cui devono essere comunicati all’autorità

competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata di durata non inferiore a 10 giorni, decorrenti dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonché il numero dei campionamenti da realizzare

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durata e rinnovo dell’autorizzazione

l’autorizzazione ha una durata di 15 anni

la domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un anno prima della scadenza e, in attesa dell’adozione del relativo provvedimento, l’esercizio dell’impianto può continuare anche dopo la scadenza della precedente autorizzazione in caso di mancata pronuncia in termini del Ministro dell’ambiente a cui sia stato richiesto di provvedere in sostituzione dell’autorità competente rimasta inerte

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MODIFICHE

A) non sostanziali

B) sostanziali

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MODIFICHE D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Modifica: variazione di quanto indicato nel progetto, nella relazione tecnica o nell’autorizzazione

Modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che modifica le modalità di convogliamento

ATTENZIONE Già l’art.15 del DPR 303/56 parlava di

“modifiche sostanziali” :

Sono sottoposte a preventiva autorizzazione:

a) la modifica sostanziale dell'impianto che comporti variazioni qualitative e/o quantitative delle emissioni inquinanti;

b) il trasferimento dell'impianto in altra località.

Modifica sostanziale (circ. 1AMB/93 Regione Lombardia) (1)

Si intendono per "modifiche sostanziali di impianti" sottoposte ad autorizzazione preventiva ai sensi dell'art. 15 lett. a) del DPR n. 203/88 gli interventi modificativi o dell'intero complesso tecnologico-produttivo costituito dallo stabilimento, ove esso sia costituito da un solo impianto ovvero dei singoli impianti posti all'interno dello stabilimento (sostituzione, incremento, modifiche parziali, ecc.), allorchè tali interventi modificativi possano determinare, in relazione alla situazione preesistente, variazioni "qualitative" ovvero "significativamente quantitative" delle emissioni inquinanti convogliate o tecnicamente convogliabili.

Modifica sostanziale (circ. 1AMB/93 Regione Lombardia) (2)

Si ha sempre variazione qualitativa nel caso di passaggio, nell'ambito di ciascuna tabella, da sostanze appartenenti a classi meno tossiche a sostanze appartenenti a classi più tossiche. Non si verifica variazione qualitativa nel caso di passaggio a sostanze appartenenti alla medesima classe ovvero a classi meno tossiche nell'ambito di ciascuna tabella. Si ha comunque sempre variazione qualitativa in riferimento alle sostanze di cui alle classi previste nelle tabelle A1 e A2 del D.M. 12.7.90. Sino a quando lo Stato o la Regione non disciplineranno diversamente la materia, non si avranno variazioni quantitative che comportino la domanda di variazione di cui all'art. 15 a) del DPR n. 203/88, nei casi in cui le modifiche apportate agli impianti comportino diminuzione o lascino inalterati i quantitativi (flussi di massa) di sostanze inquinanti denunciati o autorizzati.

Continua: MODIFICHE

a) modifica non sostanziale: comporta una variazione di quanto indicato nel progetto

o nella relazione tecnica allegata alla domanda di autorizzazione o nell'autorizzazione o nell'autorizzazione rilasciata ai sensi del DPR 203/1988 o nei documenti previsti dall'art. 12 del DPR 203/1988 [impianti esistenti], anche relativa alle modalità di esercizio o ai combustibili utilizzati) = obbligo di comunicazione all'autorità competente

• l'autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l'autorizzazione in atto

• se l'autorità non si esprime entro 60 gg., il gestore può procedere all'esecuzione della modifica non sostanziale comunicata, fatto salvo il potere dell'autorità di provvedere anche successivamente, nel termine di 6 mesi dalla ricezione della comunicazione

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Continua: MODIFICHE

b) modifica sostanziale:

«comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse»

= obbligo (anzi, “ordine”) di presentare una domanda di aggiornamento, che soggiace alla stessa procedura prevista per il rilascio delle autorizzazioni - in tal caso, l’aggiornamento dell’autorizzazione comporta il decorso di un nuovo periodo di 15 anni

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ATTIVITÀ - in assenza di impianto - soggette ad autorizzazione (art. 269.10-13)

chi effettua «in modo non occasionale», «in un luogo a ciò adibito» ed «in assenza di un impianto» (fatte salve attività in deroga):

1) attività di verniciatura 2) attività di lavorazione, trasformazione o conservazione di materiali agricoli, le quali producano emissioni 3) attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti deve presentare all'autorità competente apposita domanda

…continua

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

se un luogo é adibito all'esercizio non occasionale delle suddette attività, ivi effettuate in modo occasionale da più soggetti, l'autorizzazione é richiesta dal

gestore del luogo

= soggetto che esercita un

potere decisionale circa le

modalità e le condizioni di utilizzo

di tale area da parte di chi

esercita l'attività

…continua

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

l‘autorità competente valuta se le emissioni prodotte da tali attività devono essere convogliate attraverso la realizzazione di un impianto

nel caso sia disposto il convogliamento delle emissioni, si applicano i valori limite e le prescrizioni contenuti nelle autorizzazioni

nel caso in cui non sia disposto il convogliamento delle emissioni, l'autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni finalizzate ad assicurare il contenimento delle emissioni diffuse prodotte dall'attività

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

esclusioni dall’obbligo di autorizzazione (art. 269.14-16)

d) impianti di combustione, ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte IV del decreto e tali procedure sono state espletate; e) impianti di combustione alimentati a biogas di cui all'Allegato X alla parte V del decreto, di potenza termica nominale complessiva inferiore o uguale a 3 MW;

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Continua: esclusioni obbligo di autorizzazione

Ma l’autorità competente può prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori di tali impianti comunichino in via preventiva la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

convogliamento delle emissioni (art. 270) in sede di autorizzazione, l'autorità competente verifica se

le emissioni diffuse, di un impianto o di un macchinario fisso dotato di autonomia funzionale, sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell'Allegato I e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento

in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale, l'autorità competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse anche se la tecnica individuata non soddisfa il requisito della disponibilità di cui all'art. 268, co.1, lett. aa), n.2)

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

continua: convogliamento delle emissioni

i criteri da utilizzare per le suddette verifiche saranno stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute

in caso di emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, ciascun impianto o macchinario fisso dotato di autonomia funzionale deve avere un solo punto di emissione e i valori limite di emissione si applicano a ciascun punto di emissione (eccezioni ove non sia tecnicamente possibile) –

gli impianti anteriori al 2006 ed al 1988 devono adeguarsi a quanto sopra entro i 3 anni successivi al primo rinnovo dell'autorizzazione effettuato ai sensi dell'art. 281.1

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

poteri di ordinanza (art. 278)

In caso di INOSSERVANZA delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione, con:

a) DIFFIDA, e assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

…continua art. 278

b) DIFFIDA e contestuale SOSPENSIONE dell'attività autorizzata per un periodo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente c) REVOCA dell'autorizzazione ed CHIUSURA dell'impianto ovvero CESSAZIONE dell'attività, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

valori limite di emissione (art. 271)

L'Allegato I stabilisce:

1) i VALORI LIMITE di EMISSIONE, con l'indicazione di un valore massimo e di un valore minimo

…continua

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

valori limite di emissione

2) le PRESCRIZIONI per l'ESERCIZIO degli impianti anteriori al 1988 e di tutti gli IMPIANTI DI CUI ALL'ART. 269.14 (esclusi dall’obbligo di autorizzazione, ad eccezione degli impianti di combustione ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate)

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Continua: valori limite di emissione

tali valori limite e prescrizioni si applicano agli impianti nuovi e agli impianti anteriori al 2006 esclusivamente nei casi espressamente previsti dall’Allegato I

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Va inoltre considerato che:

le REGIONI potranno stabilire, con legge o con provvedimento generale e sulla base delle migliori tecniche disponibili, valori limite di emissione

compresi tra i valori minimi e massimi fissati dall’Allegato I (nonché, ai fini della

valutazione dell'entità della diluizione delle emissioni, portate caratteristiche di specifiche tipologie di impianti);

valori limite di emissione (art. 271) D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

i PIANI e i PROGRAMMI, previsti dall’art. 8 d.lgs. 351/1999 e dall’art. 3

d.lgs. 183/ 2004, potranno stabilire VALORI LIMITE DI EMISSIONE E

PRESCRIZIONI, anche inerenti le condizioni di costruzione o di

esercizio dell’impianto, più severi di quelli fissati dall’Allegato I e dalla normativa regionale, purché ciò risulti necessario al conseguimento del valori limite e dei valori bersaglio di qualità dell’aria;

Continua: valori limite di emissione D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

valori limite di emissione

L’AUTORIZZAZIONE:

dovrà stabilire i valori limite di emissione e le prescrizioni sulla base dei valori e delle prescrizioni fissati dall’Allegato I, dalla normativa regionale e dai piani e programmi relativi alla qualità dell’aria.

Nel caso in cui la normativa regionale e i citati piani e programmi non stabiliscano valori limite di emissione, non dovrà comunque essere superato, nell’autorizzazione, il valore massimo stabilito dall’Allegato I

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potrà prevedere valori limite di emissione PIÙ SEVERI di quelli fissati dall’Allegato I, dalla normativa regionale e dai piani e programmi relativi alla qualità dell’aria

a) in sede di rinnovo, in base alle migliori tecniche disponibili, anche tenuto conto del rapporto costi e benefici complessivi o

b) per zone di particolare pregio naturalistico, individuate all’interno dei piani e dei programmi adottati ai sensi degli articoli 8 e 9 del d. lgs. 351/1999, o dell’art. 3 del d. lgs. 183/2004 o dell’art. 4 del Dpr 203/1988

…continua D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Con apposito Decreto Ministeriale (entro 29.4.2007) sarà integrato l'Allegato I con la fissazione di valori limite e prescrizioni per l'esercizio degli impianti nuovi e di quelli anteriori al 2006

Fino all'adozione di tale decreto:

valori limite di emissione

…continua

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

- per gli impianti anteriori al 1988 ed al 2006, si applicano i metodi precedentemente in uso

- per gli impianti nuovi, si applicano i metodi stabiliti dall'autorità competente sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, delle pertinenti norme tecniche ISO, oppure, ove anche queste ultime non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali o internazionali

- per gli impianti nuovi o per gli impianti anteriori al 2006, l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni sulla base dei valori e delle prescrizioni fissati nei piani e programmi … e sulla base delle migliori tecniche disponibili (non devono comunque essere superati i valori minimi che l'Allegato I fissa per gli impianti anteriori al 1988)

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disciplina specifica per le ipotesi di guasto tecnico (art. 271.14)

IN PRECEDENZA:

rigidità della normativa ambientale italiana previgente nell’indicare l’ambito di obbligatorietà dei valori limite di emissione = i valori limite devono essere rispettati in qualsiasi fase di funzionamento dell’attività (l’art. 3, comma 15, del DM 12.7.1990 prevedeva che «in caso di guasto tale da non permettere il rispetto dei valori limite di emissione”, l’obbligo dell’impresa di informare immediatamente le autorità e di provvedere al rapido ripristino funzionale», ma tale disposizione non aveva valore di legge - e non poteva perciò vincolare i giudici - e non prevedeva espressamente deroghe ai limiti tabellari in caso di situazioni anomale dell’impianto)

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severità della prevalente giurisprudenza

il guasto tecnico non può configurarsi come evento “eccezionale o imprevedibile” e non può quindi integrare il “caso fortuito” e giustificare un momentaneo superamento dei limiti di emissione

…continua D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

…continua

IMPORTANZA DELL’ART. 271.14

1) ha forza di legge

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

2) introduce un principio generale: i valori limite di emissione si applicano esclusivamente «ai periodi di normale funzionamento dell’impianto» (= intesi come i periodi in cui l'impianto è in funzione con esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si verificano guasti tali da non permettere il rispetto dei valori stessi)

…continua D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

l'autorizzazione può stabilire specifiche prescrizioni per tali periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di tali guasti

se si verifica un guasto tale da non permettere il rispetto di valori limite di emissione, l'autorità competente deve essere informata entro le 8 ore successive e può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre prescrizioni, fermo restando l'obbligo del gestore di procedere al ripristino funzionale dell'impianto nel più breve tempo possibile (ma la violazione di tale obbligo non è espressamente sanzionata dall’art. 279 – perciò l’unica sanzione astrattamente applicabile è quella prevista dall’art. 674 cod. pen. per il “getto pericoloso di cose”)

ATTENZIONE D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

ATTENZIONE

IL GESTORE E’ COMUNQUE TENUTO AD ADOTTARE TUTTE LE PRECAUZIONI OPPORTUNE PER RIDURRE AL MINIMO LE EMISSIONI DURANTE LE FASI DI AVVIAMENTO E DI ARRESTO

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

REGIMI “SPECIALI”

Impianti e attività in deroga (art. 272 + allegato IV)

Grandi impianti di combustione (artt. 273-274 + allegato II)

Emissioni di composti organici volatili (artt. 273-274 + allegato III)

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

sanzioni (art. 279) Analogamente al DPR 203/1988, sono

previste quasi esclusivamente SANZIONI di natura PENALE

Ecco le principali fattispecie criminose:

installazione o esercizio di un impianto o di una attività senza autorizzazione (ma anche continuazione dell’esercizio di impianto o dell’attività con autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa, revocata o dopo l’ordine di chiusura o di cessazione) = arresto da 2 mesi a 2 anni o l’ammenda da 258 a 1032 €

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continua: sanzioni

modifica sostanziale dell’impianto senza autorizzazione = arresto fino a 6 mesi o ammenda fino a 1032 € modifica non sostanziale senza la prescritta comunicazione = solo ammenda fino a 1000 € violazione dei valori limite di emissione o delle prescrizioni stabilite dall’autorizzazione = arresto fino a 1 anno o ammenda fino a 1032 € (se però il superamento dei valori limite determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria si applica la pena dell’arresto fino ad 1 anno)

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

regime transitorio (art. 281)

Il DPR 203/1988 prevedeva 2 regimi:

impianti nuovi

impianti esistenti

Il D.lgs. n. 152/2006 prevede invece 3 regimi:

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Continua: regime transitorio

1) impianto anteriore al 1988 un impianto che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o

costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente

2) impianto anteriore al 2006 un impianto che non ricade nella definizione di cui al punto 1) e che,

alla data di entrata in vigore della parte quinta del d. lgs. 152/2006 (29 aprile 2006), è autorizzato ai sensi del DPR 203/1988, purché in funzione o messo in funzione entro i successivi 24 mesi (29 aprile 2008); si considerano anteriori al 2006 anche gli impianti anteriori al 1988 la cui autorizzazione è stata aggiornata ai sensi dell'art. 11 del DPR 203/1988

3) impianto nuovo un impianto che non ricade nelle definizioni dei punti 1) e 2)

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Titolo II “Impianti termici civili”

disciplina

impianti termici civili non sottoposti ad autorizzazione

definisce l’autorità competente per i controlli • i comuni aventi popolazione superiore ai 40.000 ab.

• le province nella restante parte del territorio La questione dell’autorità competente per i controlli è già stabilita dal D. Lgs. 112/98 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali" all’art. 31, che afferma il ruolo unico delle province per le seguenti funzioni:

la redazione e l'adozione dei programmi di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico l'autorizzazione alla installazione ed all'esercizio degli impianti di produzione di energia il controllo sul rendimento energetico degli impianti termici

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Titolo III “Combustibili”

disciplina

le caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere utilizzati negli impianti di cui trattano i Titolo I e II

stabilisce

le condizioni di utilizzo e le prescrizioni

prevede possano essere stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili o nel gasolio, più elevati rispetto a quelli fissati

nell’allegato X al D. Lgs.

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

I METODI DI ANALISI

NORMATI

CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (1)

La caratterizzazione delle emissioni in atmosfera è effettuata attraverso analisi fisico-chimiche, mediante monitoraggio in continuo o con metodi puntuali, su campioni rappresentativi.

CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (2)

Il campionamento nei camini, va fatto in condizioni isocinetiche, ovvero in condizioni talli che la velocità degli effluenti gassosi nella sezione di misura sia la medesima di quella all’ugello di prelievo.

CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (3)

Per alcuni parametri è necessario adottare dispositivi atti ad impedire la condensazione del vapore e così via.

La normativa vigente, D.Lgs 152 del 2006, fissa per le varie emissioni, parametri diversi e valori limite molto bassi di cui si deve tener conto nella scelta delle metodiche e della strumentazione di analisi.

CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (4)

Si ricercano e determinano i seguenti parametri: Materiali particellari o polveri Metalli pesanti (Cd, Hg, Tl, Ni, Se, As, Co,

Te, ...) Microinquinanti organici (IPA, PCDD + PCDF) Acidi inorganici (HCl, HF, HBr) Ossidi di S, N, C

CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (5)

Per valutare i risultati del rilevamento degli inquinanti occorre conoscere le condizioni meteorologiche locali e su scala più ampia perché esse influiscono sulle concentrazioni al suolo, sul trasporto e su eventuali trasformazioni chimiche degli inquinanti.

CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA (6)

I dati meteorologici da acquisire sono:

temperatura dell’aria

direzione e velocità del vento

umidità dell’aria

entità delle precipitazioni

radiazione solare

pressione atmosferica

METODOLOGIA ANALITICA (1)

Le determinazioni degli inquinanti devono essere eseguite adottando le metodologie di campionamento e di analisi previste dall'art. 4 del d.m. 12 luglio 1990 (metodi UNICHIM), integrati e sostituiti da quelli indicati dal d.m. 25 agosto 2000. Per eventuali inquinanti non normati, la metodologia analitica adottata dovrà essere ritenuta idonea dal responsabile dell'ARPA, competente per territorio.

METODOLOGIA ANALITICA (2)

Le determinazioni degli inquinanti dovranno essere effettuate esclusivamente in relazione alle sostanze che vengono effettivamente impiegate nel ciclo tecnologico.

I controlli degli inquinanti dovranno essere eseguiti nelle più gravose condizioni di esercizio dell'impianto.

METODOLOGIA ANALITICA (3)

I risultati delle analisi eseguite all'emissione devono riportare i seguenti dati: - concentrazione degli inquinanti espressa in mg/Nm3 - portata di aeriforme espressa in Nm3/h - temperatura di aeriforme in °C

N.B. Il dato di portata è inteso in condizioni normali (273 K e 101,323 kPa) - L'accesso ai punti di prelievo deve essere a norma di sicurezza secondo le norme vigenti. - I punti di emissione devono essere chiaramente identificati mediante apposizione di idonee segnalazioni.

METODO COSA DETERMINA

parametri fluodinamici e umidità

- UNI 10169:2001 Portata, Pressione,

Temperatura, Velocità

- UNI 10169:2001

UNI EN 14790:2006

Umidità

METODO COSA DETERMINA

Ossidi

- UNI 10878:2000 Ossidi di azoto

[Campionamento + analisi

successiva in laboratorio]

- UNI EN 14792:2006 Ossidi di azoto (NO/NO2/NOx)

[strumentale diretta]

- DM 25/08/2000 GU n° 223

23/09/2000 All 1

Ossidi di azoto

Ossidi di zolfo

[Campionamento + analisi

successiva in laboratorio]

METODO COSA DETERMINA

Ossidi

- ISO 11632:1998 Biossido di zolfo

[Campionamento + analisi

successiva in laboratorio]

- EPA CTM 034 1999

UNI 10393:1995

UNI EN 14791:2006

Biossido di zolfo

[strumentale diretta]

- EPA CTM 034 1999

UNI EN 15058:2006

ISO 12039:2001

Monossido di carbonio

[strumentale diretta]

METODO COSA DETERMINA

ossidi

- EPA CTM 034 1999

ISO 12039:2001

Biossido di carbonio

[strumentale diretta]

- EPA CTM 034 1999

ISO 12039:2001

UNI EN 14789:2006

Ossigeno

[strumentale diretta]

METODO COSA DETERMINA

Sostanze diverse

- DM 25/08/2000 GU n° 223

23/09/2000 All 2, UNI EN 1911-

1:2000

UNI EN 1911-2:2000

UNI EN 1911-3:2000 metodo C

Acido cloridrico

- DM 25/08/2000 GU n° 223

23/09/2000 All 2

Acido fluoridrico

- M.U. 634:84 Acido solfidrico

METODO COSA DETERMINA

Sostanze diverse

- M.U. 632:84 Ammoniaca

- M.U. 607:83 Cloro

- UNI EN 13284-1:2003 Polveri totali

METODO COSA DETERMINA

Metalli

- UNI EN 14385:2004 Antimonio, Arsenico, Cadmio,

Cobalto, Cromo, Manganese,

Nichel, Piombo, Rame, Tallio,

Vanadio

- UNI EN 13211:2003 Mercurio

METODO COSA DETERMINA

Sostanze organiche (varie)

- UNI EN 12619:2002

UNI EN 13526:2002

UNI EN 13649:2002

Sostanze organiche volatili

(SOV espresse come TOC)

- UNI EN 13649:2002 Composti organoalogenati

- DM 25/08/2000 GU n° 223

23/09/2000 All 3

Idrocarburi policiclici aromatici

(IPA)

METODO COSA DETERMINA

Sostanze organiche (varie)

- UNI EN 1948-1:2006

UNI EN 1948-2:2006

UNI CEN/TS 1948-4:2007

Policlorobifenili (PCB)

- UNI EN 1948-1:2006

UNI EN 1948-2:2006

UNI EN 1948-3:2006

Policlorodibenzodiossine

(PCDD)

CE N’EST QU’UN DÉBUT

CONTINUONS LE COMBAT !