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Indagini e Misure Geotecniche prof. ing. Giulia VIGGIANI 1. Generalità 1.1 Quadro normativo 1.2 Finalità delle indagini geotecniche 1.3 Articolazione delle indagini 1.4 Estensione delle indagini 1.5 Mezzi e programmazione delle indagini 1.6 Rappresentazione dei risultati 2. Scavi e perforazioni di sondaggio 2.1 Scavi accessibili: trincee e pozzi 2.2 Perforazioni di sondaggio 2.2.1 Perfo razioni a percussione 2.2.2 Perfo razioni a rotazione 2.3 Stabilità dei fori di sondaggio 3. Campionamento e classi di qualità dei campioni 3.1 Strumenti per il prelievo di campioni 3.2 Effetti del campionamento 3.2.1 Alter azione dello stato tensionale efficace 3.2.2 Effet ti della perforazione 3.2.3 Effet ti del prelievo 3.3 Requisiti dei campionatori 4. Prove in laboratorio (manca) 4.1 Generalità 4.2 Classificazione ed identificazione 4.3 Stato 4.4 Resistenza 4.5 Compressibilità 4.6 Permeabilità 4.7 Rigidezza 4.8 Prove speciali 5. Prove in sito

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Indagini e Misure Geotecniche prof. ing. Giulia VIGGIANI

1. Generalità 1.1 Quadro normativo1.2 Finalità delle indagini geotecniche 1.3 Articolazione delle indagini1.4 Estensione delle indagini1.5 Mezzi e programmazione delle indagini1.6 Rappresentazione dei risultati

2. Scavi e perforazioni di sondaggio2.1 Scavi accessibili: trincee e pozzi2.2 Perforazioni di sondaggio2.2.1 Perforazioni a percussione2.2.2 Perforazioni a rotazione

2.3 Stabilità dei fori di sondaggio

3. Campionamento e classi di qualità dei campioni3.1 Strumenti per il prelievo di campioni3.2 Effetti del campionamento3.2.1 Alterazione dello stato tensionale efficace3.2.2 Effetti della perforazione3.2.3 Effetti del prelievo

3.3 Requisiti dei campionatori

4. Prove in laboratorio (manca)4.1 Generalità4.2 Classificazione ed identificazione4.3 Stato4.4 Resistenza 4.5 Compressibilità4.6 Permeabilità4.7 Rigidezza4.8 Prove speciali

5. Prove in sito5.1 Prove penetrometriche

5.1.1 Prove penetrometriche dinamiche (SPT e DPT)

5.1.2 Prove penetrometriche statiche (CPT e CPTU)

5.2 Prove scissometriche5.3 Prove pressiometriche5.4 Prove di carico su piastra5.5 Prove dilatometriche 5.6 Prove geofisiche (manca)

6. Permeabilità e pressioni interstiziali

6.1 Richiami di idraulica della filtrazione6.2 Determinazione della permeabilità in sito6.3 Misure di pressione interstiziale6.4 Tempo di risposta di un piezometro

7. Monitoraggio7.1 Misure in sito7.2 Misure di spostamento 7.3 Misure di forza

Testi consigliatiAmpi accenni al tema delle indagini e delle misure geotecniche sono contenuti in alcuni testi di carattere generale:LANCELLOTTA, R. (199X). Geotecnica, McGraw-HillVIGGIANI, C. (199X) Fondazioni, HeveliusTesti più specifici sull’argomento sono invece:CLAYTON, C.R.I., SIMONS, N.E. & MATTHEWS M.C. (1982). Site Investigation.

Granada PublishingDUNNICLIFF (1988), Geotechnical instrumentation for monitoring field

performance, FLORA, A. (1996) Introduzione alle indagini geotecniche. Dalle norme alle

esperienze. Argomenti di Ingegneria Geotecnica, HeveliusHANNA, T.H. (1973) Foundation Instrumentation. Trans Tech PublicationsHVORSLEV, M.J. (1949). Subsurface exploration and sampling of soils for civil

engineering purposes, Waterways Experiment Stations.JAMIOLKOWSKI, M., LADD, C.C., GERMAINE, J.T., LANCELLOTTA, R. (1985). New

Developments in field and laboratory testing of soils. Theme Lecture, Proc. XI ICSMFE, S.Francisco, Balkema, 1, 57-153.

LAMBE, T.W. (1951) Soil testing for engineers. John Wiley & sonsROBB, A.D. (1982) Site investigation. ICE Works Construction Guides, Thomas

Telford.TANZINI, M. (2002). L'indagine geotecnica, Dario Flaccovio EditoreWELTMAN A.J., HEAD J.M. (1983). Site Investigation Manual. CIRIA, London

1. Generalità

1.1Quadro normativo La prescrizione fondamentale in materia di indagini contenuta nella normativa italiana, e cioè il D.M. 11.03.88 – Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, esecuzione e collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione, stabilisce che: "[…] la progettazione deve essere sempre basata sulla caratterizzazione geotecnica dei terreni di fondazione, ottenuta a mezzo di rilievi, indagini e prove. "Si noti che, diversamente da quanto accade in altri Paesi della Comunità Europea, le indicazioni sulle indagini geotecniche in Italia sono fornite sotto forma di Decreto Legge ed hanno, quindi, valore cogente. Tuttavia, le disposizioni della normativa italiana sono relativamente flessibili mentre si insiste sulla stretta relazione esistente fra il programma degli accertamenti e delle prove geotecniche, i criteri di progetto e le modalità esecutive; al progettista è lasciata, in sostanza, larga autonomia nella scelta dell’ampiezza e del grado di approfondimento delle indagini.Un complesso di raccomandazioni più specifiche è contenuto nelle raccomandazioni pubblicate dall’Associazione Geotecnica Italiana:AGI (1977) Raccomandazioni sulla programmazione ed esecuzione delle indagini geotecnicheNelle normative tecniche di molti Paesi europei sono contenute indicazioni e raccomandazioni per l'esecuzione delle indagini geotecniche. In Inghilterra, ad esempio, sono adottati (senza valore di legge) i British Standards, BS:5930 per le indagini in sito e BS:1377 per le indagini in laboratorio; in Germania i DIN, in Francia gli AFNOR.Il quadro normativo generale è in fase di trasformazione e le diverse normative nazionali dei Paesi membri dovrebbero infine essere superate attraverso l'introduzione degli Eurocodici. Le norme relative alla progettazione geotecnica sono contenute nell’Eurocodice 7 (EN(V)1997), di concezione alquanto diversa rispetto alla normativa italiana (DM 11.03.88). In origine il complesso di norme raggruppate nell’EC7 era suddiviso in tre parti: 1 - Norme generali, 2 - Progettazione assistita da prove di laboratorio e 3 - Progettazione assistita da prove in sito. Di recente, si è deciso di unificare le parti 2 e 3 in un unico documento: EC7 Progettazione geotecnica. Parte 2: Indagini e prove. Di queste due parti solo la prima è stata completata ed è in vigore con lo status di pre-norma dal 1994. Essa si affianca alle norme vigenti nei diversi Paesi membri della Comunità Europea e sarà a breve soggetta a revisione finale, dopodiché diventerà norma unica di riferimento. La parte 1 dell’EC7 contiene le indicazioni generali che il progettista deve rispettare, e definisce i meccanismi critici da considerare ed il modo in cui si deve affrontare il progetto. Tra altre novità, quali il progetto agli stati limite, la definizione di valori caratteristici delle azioni e delle resistenze, l’introduzione di coefficienti di sicurezza parziali, la parte 1 degli Eurocodici definisce anche le categorie geotecniche, come segue:

- Categoria 1. Strutture di modeste dimensioni per le quali sia possibile garantire il rispetto dei requisiti fondamentali definiti dall’Eurocodice sulla base dell’esperienza e di indagini geotecniche di tipo qualitativo: case semplici a 1/2 piani con carico massimo di 250 kN per pilastro e di 100 kN per metro di parete, muri ed opere di sostegno con altezza di ritenuta non superiore a 2 m, piccoli scavi per opere di drenaggio, messa in opera di tubazioni interrate e simili;

- Categoria 2. Tipi convenzionali di strutture e fondazioni che non presentino rischi notevoli per situazioni geotecniche o carichi eccezionali: fondazioni superficiali, fondazioni su pali, opere di sostegno, scavi, pile e spalle di ponti, rilevati, sistemi di ancoraggio, gallerie in roccia dura non fratturata senza requisiti di impermeabilità e simili;

- Categoria 3. Tutte le strutture (o parti di struttura) non contemplate nelle due categorie precedenti, cioè strutture non usuali, o di notevoli dimensioni, che debbano essere costruite su terreni particolarmente difficili o in zone altamente sismiche: dighe, scavi a molti livelli sotterranei, edifici con carichi eccezionali, grandi ponti, gallerie e simili.

Nella parte 1 dell’Eurocodice, invece, non ci sono indicazioni su come trattare i dati provenienti dalle prove di laboratorio o in sito. A questo argomento sarà dedicata la parte 2 dell’EC7: EN(V) 1997-2 EC7: Geotechnical design Part 2 Ground investigation and testing, che dovrà fornire i requisiti essenziali delle apparecchiature e delle procedure di prova, i requisiti essenziali per la presentazione dei risultati, le procedure di interpretazione dei parametri ricavati dalle prove, ed alcuni esempi su come ricavare da questi i parametri di progetto.Si occupano, infine, di indagini e misure geotecniche numerosi comitati tecnici dell'International Society for Soil Mechanics and Geotechnical Engineering (ISSMGE): TC10: Geophysical testing in Geotechnical engineering; TC11: Ground properties from in-situ testing; TC29: Laboratory stress strain strength testing of geomaterials.

1.2Finalità dell'indagine geotecnicaLe indagini geotecniche hanno lo scopo di rendere possibile, a costi ragionevoli, la realizzazione di opere di ingegneria civile, riducendo le incertezze ed i rischi relativi alle caratteristiche dei terreni ad un livello accettabile, che è, ovviamente, funzione dell’importanza dell’opera. Più in dettaglio, le indagini geotecniche sono rivolte a:1. l’individuazione del profilo stratigrafico, in termini di: (a) litotipi presenti,

(b) disposizione geometrica dei contatti stratigrafici, (c) presenza di elementi strutturali rilevanti (ad esempio faglie attive) e (d) definizione del regime idraulico delle acque sotterranee;

2. la determinazione delle caratteristiche fisiche (e.g.: granulometria, plasticità, peso dell'unità di volume, contenuto d'acqua, grado di saturazione, ecc.), meccaniche (deformabilità e resistenza al taglio) ed idrauliche (permeabilità) dei litotipi individuati;

3. il controllo della variazione nel tempo di alcune grandezze, quali, ad esempio spostamenti, forze, e pressioni interstiziali, assunte come

rappresentative del comportamento di un’opera in fase di realizzazione o completata.

L'insieme delle attività 1 e 2 va sotto il nome di "caratterizzazione geotecnica", le attività di cui al punto 3 costitutiscono il cosiddetto "monitoraggio". Il corso di IMG esercita, probabilmente, una attrattiva più immediata per gli allievi Civili, che ne vedono la finalizzazione immediata al progetto, alla realizzazione ed al collaudo delle opere. A mia volta, essendo un ingegnere civile, tendo a dare al corso un taglio marcatamente collegato alla progettazione geotecnica. Tuttavia ritengo che anche gli allievi di Ambiente e Territorio, ed in particolare quelli più “territoriali”, ossia quelli che vogliono concentrare la loro attenzione sulle opere di ingegneria civile che modificano il territorio (e.g.: strade, gallerie, bacini artificiali, rilevati, argini fluviali) o sui problemi connessi alla stabilità del territorio (e.g.: analisi di stabilità dei pendii, subsidenza di grandi aree), possano trarre grande giovamento dal corso. In tutti i casi, bisogna ricordare che qualsiasi indagine deve essere programmata e realizzata per rispondere ad un quesito tecnico ben preciso: se non c’è un quesito, non ci deve essere un’indagine. Se non sono adeguatamente finalizzate, infatti, indagini anche ampie e gravose possono rivelarsi incomplete o inutili, se non addirittura controproducenti.1.3 Articolazione delle indaginiCon riferimento ad un’opera da realizzarsi ex-novo, il contributo delle indagini geotecniche si articola nelle seguenti fasi, che accompagnano il progetto e la realizzazione dell’opera, come indicato:1. Studio di fattibilità . L'obiettivo delle indagini, in questa fase, è quello di

definire l'idoneità del sito alla realizzazione dell'opera e fornire indicazioni di massima sulle linee progettuali da seguire. È in genere sufficiente una caratterizzazione geotecnica di larga massima che comprenda l'individuazione della stratigrafia, l'identificazione dei principali tipi di terreno e la posizione delle falde, qualora presenti. È possibile ottenere informazioni mediante uno studio geologico preliminare, la raccolta di dati ed informazioni ricavabili da indagini precedenti (ad esempio condotte per opere preesistenti), l'osservazione del comportamento di opere preesistenti in relazione alla loro tipologia.

2. Progetto . Di norma, questa fase delle indagini è dominata dalla necessità di raccogliere i dati necessari al progetto delle opere provvisionali e definitive, ma non mancano casi in cui diventano predominanti i problemi esecutivi e/o gli effetti sull'ambiente. La caratterizzazione deve essere approfondita allo scopo di consentire l’individuazione delle soluzioni possibili ed il loro confronto tecnico-economico (progetto di massima), la scelta della soluzione definitiva (progetto definitivo) fino alla definizione degli aspetti tecnologici (progetto esecutivo). Devono essere individuati: il profilo stratigrafico, le proprietà fisico-meccaniche dei terreni, il regime delle acque sotterranee.

3. Costruzione . Servono a verificare in corso d'opera le ipotesi fatte in sede di progetto sul profilo stratigrafico, sul regime delle acque sotterranee, sulle caratteristiche meccaniche ed idrauliche dei terreni, allo scopo di stabilire

le migliori metodologie costruttive e prevedere le eventuali difficoltà e ritardi. I controlli in corso d’opera possono comprendere la raccolta di dati circa le proprietà dei terreni attraversati, il rilevamento delle deformazioni o dei cedimenti di punti significativi intorno alla zona dei lavori, la misura delle variazioni della pressione interstiziale indotte dalla applicazione dei carichi, la determinazione delle variazioni delle proprietà dei terreni a seguito di procedimenti per il loro miglioramento. Ricadono infine in questa categoria di indagini anche quelle effettuate per l’approvvigionamento di materiali da costruzione (riutilizzazione di materiali di risulta, come lo smarino di una galleria, per la realizzazione di un rilevato, esistenza di cave di prestito, etc.).

4. Collaudo . Servono a controllare le modalità esecutive delle opere di fondazione (prove di carico su pali, bulloni, ancoraggi e tiranti, controlli non distruttivi, verifica dell'efficacia di interventi di consolidamento, caratteristiche dei materiali impiegati per le costruzioni in terra, etc.)

5. Esercizio . Si eseguono per il confronto tra il comportamento previsto ed il comportamento osservato con finalità di controllo delle opere ma anche di accumulazione ed oggettivazione dell'esperienza. Verifica della sicurezza e della funzionalità di opere importanti o con un alto grado di potenzialità distruttiva (dighe, centrali nucleari, discariche di materiali inquinanti o radioattivi, grandi ponti, centrali elettriche in caverna). In genere le indagini consistono nel rilievo degli spostamenti di punti significativi del manufatto, del suolo e del sottosuolo e nella misura della variazione della pressione interstiziale nel tempo.

La schematizzazione esposta si riferisce, naturalmente, a lavori di una certa importanza. Nella maggior parte dei casi più semplici, infatti, le indagini sono racchiuse in un’unica fase, quella di progetto, e possono essere integrate da indagini successive solo nel caso in cui si manifestino problemi particolari. Naturalmente le indagini possono rendersi indispensabili anche nei casi in cui non si pensi di realizzare un nuovo manufatto ma si debba intervenire su una struttura esistente che ha manifestato dei dissesti. Le indagini hanno, in questo caso, il delicato compito di interpretare l’accaduto per definire eventuali rapporti di causalità tra dissesti strutturali e caratteristiche del sottosuolo, e, quindi, di individuare le tecniche e le modalità degli interventi di consolidamento. Proprio da questa abitudine dei geotecnici alle indagini, deriva forse la maggiore attitudine "culturale" dei geotecnici sul restauro e la conservazione dei beni monumentali ed archeologici; è un'importante area anche dal punto di vista professionale, soprattutto nel nostro paese. L'ISSMGE ha un comitato tecnico dedicato: TC19: Preservation of historic sites la cui Host Member Society è l'AGI, presidente italiano, ex presidente italiano.

1.4 Estensione delle indaginiL'indagine va estesa al volume significativo di terreno interessato dall'opera. Il volume significativo è quello nel quale si osserva una influenza non trascurabile delle perturbazioni meccaniche o idrauliche provocate dalla costruzione dell'opera. Questa definizione non risolve il problema della

determinazione del volume a cui vanno estese le indagini, perché, a rigore, esso dipende sia dalle caratteristiche dell’opera sia da quelle dei terreni presenti (in particolare dai valori relativi delle rigidezze nei terreni stratificati) e, quindi, non è noto a priori. Indicazioni di massima sono fornite nella Figura 1, tratta dalle Raccomandazioni AGI (1977). È evidente che le indicazioni dell'AGI debbano essere adattate alle condizioni del sottosuolo. Per terreni molto eterogenei e nel caso di stratificazioni profonde di terreni di caratteristiche scadenti è opportuno maggiorare le profondità esplorate; queste potranno invece essere ridotte nel caso in cui si rinvenga a piccola profondità un substrato lapideo.

La profondità ed il numero delle verticali esplorate dipende dalla estensione del volume significativo, dalla complessità locale della stratigrafia e dalla importanza dell'opera. Una sola verticale non è mai sufficiente per la definizione del profilo geotecnico del sottosuolo. Nei casi in cui il volume significativo assume dimensioni assai rilevanti, oppure è caratterizzato da un'estensione lineare assai grande (per esempio nel caso di una strada o di una galleria) è necessario premettere allo studio geotecnico uno studio geologico.La nuova normativa europea è basata su valori caratteristici delle azioni (che vengono definiti dalla norma) e delle resistenze (che devono essere determinati su base statistica). Nel caso dei materiali geotecnici, bisogna tenere presente che, anche nel caso di una indagine molto fitta, il volume di terreno effettivamente indagato (qualche frazione di metro cubo) rappresenta sempre una percentuale molto ridotta del volume significativo, il che rende praticamente impossibile il trattamento statistico delle informazioni. I valori rappresentativi delle proprietà del terreno, dunque, dovranno essere il risultato di una attenta considerazione di tutti i fattori in gioco. Il DM 11.03.88 è piuttosto vago a riguardo dell’estensione delle indagini, indicando solo che esse devono riguardare l’intero volume significativo e che quindi devono avere estensione commisurata alle dimensioni al tipo e alle caratteristiche dell’opera, nonché alla complessità del sottosuolo. L’EC7 Parte 1, invece, nei casi più comuni fornisce indicazioni abbastanza specifiche al riguardo:- per fondazioni su plinti e travi rovesce la profondità delle indagini al di sotto

del piano di posa previsto deve essere pari ad 1-3 volte la dimensione trasversale dei singoli elementi di fondazione;

- per fondazioni a platea, questa profondità dovrebbe essere non minore della dimensioni minima in pianta della platea, a meno che non si incontri uno strato roccioso a minore profondità;

- per fondazioni su pali le indagini devono essere approfondite rispetto alla profondità della punta dei pali di almeno 5 volte il diametro e comunque devono raggiungere una profondità non minore della dimensione minima in pianta della palificata.

Quanto costano le indagini? L’aliquota del costo totale di un’opera che viene spesa per le indagini dipende dall’importanza dell’opera e dalle difficoltà tecniche del sito, rappresentabili attraverso la definizione della categoria geotecnica. È certo che l’aspetto economico, anche se di fondamentale importanza, non può essere l’unico criterio guida.

Con riferimento ad opere che ricadono nella Categoria 2 si può ragionevolmente affermare che il costo delle indagini non supera il valore di qualche punto per cento del costo totale dell’opera, e che le percentuali si riducono all’aumentare di quest’ultimo.Risparmiare sul costo delle indagini, quindi, nella maggior parte dei casi non riduce in modo significativo il costo totale dell’opera mentre può risultare in una errata valutazione del margine di sicurezza rispetto ad uno stato limite, con conseguenze economicamente molto gravose.(vignetta Torre di Pisa).

1.5Mezzi e programmazione delle indaginiNella sostanza essi sono l'esecuzione di scavi e perforazioni di sondaggio, il prelievo di campioni indisturbati per prove di laboratorio, l'esecuzione di prove e misure in sito ed i metodi geofisici. Il programma delle indagini viene stabilito in base alle finalità dello studio, ai dati e alla conoscenze già a disposizione sulla natura de terreni interessati, al costo dell’indagine e al tempo occorrente per la sua esecuzione, ai mezzi di indagine a disposizione; esso deve svilupparsi indicando:

- il tipo, il numero, la disposizione e la profondità degli scavi e delle perforazioni di sondaggio;

- il numero di campioni da prelevare (ad es.: in successione continua, ogni 2 m, ad ogni cambiamento stratigrafico evidente);

- le modalità di campionamento richieste, ammesse, oppure escluse;- il grado di qualità richiesto per i campioni nei diversi tipi di terreno

1.6Rappresentazione dei risultati La scelta di opportune forme di rappresentazione grafica o tabellare dei risultati complessivi ottenuti dall'indagine geotecnica permette di ottenere in maniera sintetica un quadro di insieme completo e dettagliato delle caratteristiche dei terreni di fondazione. Esempi di simbologie per la classifica delle terre sono riportati nelle Figure 2 e 3.Possibili rappresentazioni dei risultati dell'indagine:Profili stratigrafici (lungo una singola verticale) e sezioni stratigrafiche (collegando lungo un allineamento in pianta più profili), vedi Figure 4 e 5. Indicano la successione dei litotipi attraversati e forniscono indicazioni sul regime delle acque sotterranee. 1. Profili geotecnici e sezioni geotecniche, vedi Figure 6 e 7. Associano a

ciascun litotipo precedentemente individuato le informazioni relative alle sue caratteristiche fisiche (e.g.: , s wL, wP, IP, w, etc.) meccaniche (e.g.: c', ', cu, Eed, etc.) ed idrauliche (e.g.: k, cv, etc.).

2. Tabelle e diagrammi riassuntivi dei risultati delle prove di laboratorio e delle prove in sito, per ciascun litotipo, vedi Figura 8.

NOTA: Concetto di analisi statistica delle misure da applicare a quantità omogenee. Per variabili che non sono caratteristiche la definizione di media,

varianza e coefficiente di variazione va intesa applicata a gruppi di dati riferibili a punti materiali nel medesimo stato (ad esempio valori di cu alla stessa profondità)

media, varianza, covarianza,

2.Scavi e perforazioni di sondaggio

2.1 Scavi accessibili: trincee, cunicoli e pozziScavi accessibili per fini geognostici possono essere eseguiti con relativa facilità in presenza di terreni coesivi consistenti, fortemente sovraconsolidati, ed in terreni non coesivi asciutti o parzialmente saturi per profondità limitate. Possono essere trincee, gallerie o cunicoli, e pozzi. La profondità massima raggiungibile con pozzi è pari a circa 10 m, con trincee a circa 34 m.Il vantaggio principale consiste nella possibilità di acquisire informazioni altrimenti non ottenibili circa le caratteristiche stratigrafiche e macro-strutturali del deposito grazie all'osservazione diretta di superfici ampie ed esposte. Gli scavi permettono inoltre di determinare le proprietà geotecniche del terreno mediante l’esecuzione di prove in sito e il prelievo di campioni di grandi dimensioni da inviare al laboratorio e possono essere ispezionati da parte di persone diverse anche in tempi successivi all’esecuzione dello scavo.I limiti risiedono nei costi elevati per lo scavo e le strutture di sostegno provvisorie, che crescono molto rapidamente con la profondità, soprattutto se lo scavo è spinto al di sotto del livello di falda; nella necessità di armature di sostegno che limitano la superficie esposta; nei tempi esecutivi generalmente lunghi; nella difficoltà di ripristino delle condizioni originarie del terreno come di regola necessario.Nella progettazione ed esecuzione degli scavi bisogna tener conto delle seguenti esigenze:- gli scavi devono risultare ispezionabili ed in condizioni di sicurezza per tutto

il tempo necessario per le indagini;- per la sola praticabilità si richiede una larghezza minima di 1 m; per i

campionamenti una sezione orizzontale di almeno 1.01.5 m2;- l’armatura di sostegno deve essere commisurata alla spinta prevedibile alle

diverse profondità nelle condizioni più sfavorevoli (ristagni d’acqua, disgelo, piogge intense, franamenti e simili)

- il mantenimento degli scavi aperti comporta l’obbligo di adeguati provvedimenti contro infortuni e danni a terzi (ad es. recinzioni, sbarramenti, segnalazioni e divieti di accesso);

- l’accesso agli scavi, specialmente dopo un certo tempo dalla esecuzione deve essere attuato con le cautele ed i controlli d’obbligo (efficienza delle scale, stabilità delle armature, accumuli di gas in miscela esplosiva, ristagni d’acqua e simili)

Completata l’indagine gli scavi devono essere completamente occlusi a meno che sia previsto di neutralizzarli completamente entro un breve tempo (<1 anno) con scavi maggiori ed opere definitive. L’occlusione definitiva degli scavi deve essere condotta con tutti i provvedimenti necessari per evitare ogni pericolo di progressiva decompressione e di successivi cedimenti. L’esecuzione degli scavi e la loro occlusione devono essere condotte in modo da non alterare il naturale deflusso delle acque superficiali e sotterranee e da non pregiudicare la stabilità di pendii o di manufatti in prossimità.

Sono utilizzati, in genere, o per opere di grande importanza (ad esempio le dighe di sbarramento) o per opere talmente modeste da non richiedere di raggiungere una profondità elevata.

2.2Perforazioni di sondaggioCon il termine "sondaggio" si indica una perforazione del terreno effettuata a scopo di indagine utilizzando una macchina denominata "sonda".Le principali finalità dei sondaggi sono:(a) il riconoscimento della stratigrafia;(b)il prelievo di campioni indisturbati per la determinazione delle

caratteristiche fisiche e meccaniche;(c) il raggiungimento di una determinata profondità alla quale condurre prove

in sito(d) l'installazione di strumenti di misura (assestimetri, inclinometri,

piezometri)Si distingue tra:(a) perforazioni a distruzione, con lo scopo di raggiungere una determinata

profondità, sono eseguite con strumenti (e.g.: scalpelli, triconi) che disgregano il terreno

(b)perforazioni con carotaggio continuo che consentono il riconoscimento dei litotipi presenti mediante il recupero di colonne di terreno dette carote

Il diametro dei fori di sondaggio varia tra 15 e 30 cm; con i sondaggi è possibile raggiungere profondità superiori a 100 m.I sondaggi a carotaggio continuo possono ancora essere divisi in sondaggi:(a) geognostici – consentono la definizione del profilo stratigrafico e delle

condizioni idrauliche nel sottosuolo; i campioni che sono prelevati con i normali utensili di perforazione sono delle classi Q1 e Q2 (vedi seguito)

(b) geotecnici – oltre alle informazioni riguardanti il profilo stratigrafico prevedono il prelievo di campioni indisturbati per prove di laboratorio (classe Q4 e Q5) e/o l'esecuzione di prove in sito (prove penetrometriche dinamiche SPT, scissometriche, ecc.)

A seconda delle tecniche di perforazione si distingue infine in sondaggi a percussione e sondaggi a rotazione.2.2.1 Perforazioni a percussioneLa tecnica consiste nella disgregazione del terreno per mezzo dell'azione battente di un utensile di perforazione sollevato da un argano mediante funi e lasciato cadere al fondo del foro, vedi Figura 9. Questo tipo di perforazione è usato quasi esclusivamente per l'attraversamento di terreni non coesivi a grana grossa. La profondità ed il diametro del foro dipendono dal tipo di utensile utilizzato, dalla energia d’urto e dal tipo di terreno attraversato. Il sostegno delle pareti del foro è affidato ad un tubo metallico di rivestimento. Gli utensili impiegati sono:

(a) curetta o "sonda a valvola", tubo pesante di grosso spessore, dotato di tagliente all'estremità inferiore e di valvola a sportello per la ritenzione del detrito, vedi Figura 10. Per facilitare il riempimento della curetta e l'avanzamento della perforazione il foro è mantenuto pieno d'acqua.

(b) scalpello per perforazione a distruzione nell'attraversamento di strati lapidei, vedi Figura 11. L'estrazione del detrito viene eseguita mediante benna (Figura 12) o curetta.

Il diametro usuale dei fori è di 200-400 mm; le lunghezze massime raggiungibili sono di 50-60 mI vantaggi dei sondaggi a percussione sono il loro basso costo e la semplicità di esecuzione. Gli svantaggi risiedono nel disturbo arrecato al terreno in posto (in terreni incoerenti processi di sifonamento a fondo foro prodotti durante la fase di estrazione della curetta, vedi Figura 13) che rende impossibile il prelievo di campioni di buona qualità a fondo foro. Poiché la perforazione è eseguita in presenza d’acqua, immessa nel foro o proveniente dalla falda, i materiali estratti sono dilavati, con perdita della frazione fina. Il materiale estratto dal foro, inoltre, risulta completamente rimaneggiato, il che rende difficile ricavare indicazioni anche solo sulla presenza e sulla posizione di eventuali contatti stratigrafici.2.2.2 Perforazioni a rotazioneLa disgregazione del materiale è affidata ad un utensile di perforazione che è soggetto ad un movimento combinato di rotazione e traslazione (avanzamento) trasmesso dall'equipaggio mobile (mandrino) della sonda mediante una batteria di aste, vedi Figura 14.Gli utensili impiegati sono:(a) perforazione a distruzione

(b) perforazione con carotaggio continuo

Con l'eccezione della perforazione con trivelle, l'estrazione del detrito di perforazione, contemporanea alla fase di perforazione vera e propria, è affidata alla circolazione di fluidi (acqua o fango bentonitico), immessi nel foro attraverso le aste (circolazione diretta) o lungo le pareti (circolazione inversa), che svolgono anche le importanti funzioni di raffreddamento dell'utensile di scavo e di sostegno delle pareti del foro. La perforazione senza circolazione di fluido (a secco) è possibile solo per brevi tratti e provoca un forte essiccamento del terreno per effetto del riscaldamento prodotto dalla rotazione della corona.L’utensile di perforazione più semplice consiste in un tubo di acciaio (carotiere) la cui estremità inferiore è munita di una corona tagliente

provvista di elementi di metallo duro. Nella perforazione con carotaggio continuo il fluido di circolazione disturba il campione di terreno prelevato all'interno del carotiere (carota) che pertanto non può essere utilizzato per l'esecuzione di prove meccaniche di laboratorio.Una manovra consiste nel procedere con la perforazione fino a riempire di terreno il carotiere (generalmente della lunghezza di qualche metro) e riportarlo quindi in superficie; è necessario adattare la tecnica di perforazione alla natura del terreno mediante una scelta appropriata del tubo carotiere e della corona, della velocità di rotazione e della spinta della portata e pressione del fluido di circolazione.Il carotiere semplice (vedi Figura 17) dà risultati soddisfacenti in terreni coesivi consistentiTalvolta per ridurre il disturbo arrecato alla carota viene impiegato a secco, cioè senza circolazione di fluidi. Il riscaldamento prodotto per attrito sull'utensile tagliente disturba comunque le caratteristiche fisico-meccaniche del materiale. Inoltre l'attrito tra la parete interna del carotiere e la superficie esterna della carota provoca in quest'ultima una sollecitazione di torsione che produce notevoli distorsioni del materialeIl carotiere a doppia parete (vedi Figure 18 e 19) fornisce risultati soddisfacenti in quasi tutti i tipi di terreno con la sola eccezione dei terreni incoerenti a grana grossa. Le azioni di disturbo esercitate dal fluido di circolazione e dal movimento rotatorio dell'utensile sono ridotte al minimo grazie alla presenza del tubo interno che ruota liberamente rispetto alla parete esterna ed isola il materiale dal fluido di circolazione. Le azioni di disturbo sono ancora significative in corrispondenza della corona tagliente perché in genere la scarpa del tubo interno è arretrata rispetto a quella della parete esterna. In casi particolari (terreni coesivi molto teneri) è possibile utilizzare carotieri doppi con scarpa interna avanzata rispetto al tagliente esterno.Un altro sistema di perforazione è il cosiddetto wire-line. Inizialmente nato per la perforazione a carotaggio continuo in roccia, successivamente è stato modificato per l’esecuzione di sondaggi in terreni di qualsiasi natura. E’ costituito essenzialmente da:- una batteria di aste di perforazione (o colonna di rivestimento) entro le quali, nella parte bassa terminale, è ricavata una sede per il carotiere o l’utensile di perforazione in genere;- un carotiere o un altro utensile di perforazione che scorre all’interno delle aste di perforazione e possiede un sistema di aggancio che lo rende solidale alle aste, sia in termini di rotazione che di spinta.Nell’intercapedine fra la parete esterna del carotiere e la parete interna delle aste scorre il fluido di circolazione, che ha il compito di lubrificare il foro ed asportare i detriti di perforazione. A seconda del tipo di terreno vi possono essere diversi tipi di carotiere (a testa fissa, più o meno sporgenti dall’estremità delle aste, a doppia parete, ecc) o al posto del carotiere può essere calato dentro la batteria di aste un utensile disgregatore (trilama o scalpello a rulli). L’utensile è calato entro la batteria di aste e recuperato mediante un sistema a fune (da qua il nome wire-line) che ha all’estremità un

“pescatore”, conformato in modo tale da permettere le operazioni di aggancio-sgancio.Le operazioni di perforazione wire-line (con carotiere) sono le seguenti:- il mandrino della sonda applica rotazione e spinta (variabile a seconda del tipo di terreno) alla batteria di aste, entro la quale è posizionato il carotiere (la cui conformazione dipende dal tipo di terreno); generalmente vi è circolazione di acqua entro la batteria di aste che fuoriesce dalla parte terminale generalmente senza interferire con l’interno del carotiere in quanto questo fuoriesce dalle aste e l’acqua scorre all’esterno;- una volta eseguito il carotaggio per il tratto desiderato la testa di rotazione della sonda si sposta e viene calato dentro la batteria di aste il “pescatore” che aggancia il carotiere e lo recupera; - la carota viene estratta dal carotiere, che viene pulito e preparato per l’operazione successiva eventualmente sostituendone la parte terminale per una migliore qualità di carotaggio;- il carotiere viene calato entro la batteria di aste tramite il pescatore e una volta arrivato in sede automaticamente si aggancia alla batteria di aste ed è pronto per una nuova manovra di carotaggio; viene aggiunta un’asta e si riprende la perforazione;La Tabella III elenca le principali caratteristiche dei vari tipi di perforazione fornendo indicazioni per la scelta del metodo più adatto in relazione al terreno che si intende attraversare, alla profondità che si intende raggiungere e alle caratteristiche delle carote che si intende prelevare.Ogni foro di sondaggio, ultimata l’indagine, deve essere debitamente richiuso, procedendo ad un sistematico intasamento dal fondo verso la superficie. Nei fori tubati, l’intasamento vene svolto in concomitanza con l’estrazione dei tubi di rivestimento provvisorio. A seconda dei casi, l’intasamento può essere attuato con iniezione di malte cementizie, di miscele cementizie addizionate di bentonite ed argilla, con immissione di sabbia agevolata con flusso d’acqua, o con materiali di risulta, se non vi sono controindicazioni. Ogni perforazione di sondaggio deve essere ubicata topograficamente, riportando la sua posizione ad un sistema di riferimento noto. Durante la perforazione, il sondatore dovrà annotare le profondità, rispetto al piano di campagna, alle quali si hanno i cambiamenti di natura del terreno; se i limiti di passaggio da un livello all’altro non sono netti, dovrà essere indicata la zona di transizione. Le quote di venuta d’acqua e di livello stabilizzato della falda saranno registrate, indicando anche l’ora del rilevamento e le operazioni in corso al momento del rilevamento. Vanno, inoltre, registrate le perdite d’acqua che si verifichino nel corso della perforazione gli eventuali rifluimenti al fondo o franamento delle pareti e la presenza di cavità.Un esempio delle informazioni che bisogna fornire al committente per ogni foro è illustrato in Figura 18. Esse devono contenere la denominazione del cantiere, del committente e dell’impresa esecutrice; la posizione plano-altimetrica del sondaggio, la sua inclinazione rispetto alla verticale ed il suo orientamento; le date di inizio e fine perforazione; il profilo stratigrafico del foro; i metodi di perforazione utilizzati, le caratteristiche dell’attrezzatura di perforazione e del carotiere, indicazioni sulla velocità e la spinta di avanzamento; il diametro del foro; i provvedimenti adottati per la sua

stabilizzazione; la profondità di prelievo di campioni indisturbati, la percentuale di carotaggio; la profondità ed il tipo delle falde e la quota di stabilizzazione dell’acqua nel foro; eventuali franamenti delle pareti, rifluimenti dal fondo, cavità, perdite dell’acqua o fango di circolazione; eventuali prove eseguite e loro profondità; avvenimenti particolari verificatesi durante la perforazione e condizioni metereologiche; località di deposito dei campioni, persona o Ente al quale sono stati consegnati e data di consegna.

2.3 Stabilità dei fori di sondaggioDurante l'esecuzione delle perforazioni è necessario garantire la stabilità delle pareti e del fondo del foro. Allo scopo si possono utilizzare:- tubazioni metalliche di rivestimento;- acqua;- fanghi bentonitici.Spesso l'uso di tubazioni metalliche di rivestimento è accoppiato al riempimento dei fori con acqua o fango bentonitico per assicurare la stabilità del fondo. Esaminiamo ora l’effetto stabilizzante dei fluidi di perforazione.Terreni a grana grossa Anche se il foro di sondaggio viene formato in tempi sufficientemente brevi, data l’elevata permeabilità, le condizioni sono drenate. Lavoriamo, quindi, in termini di tensioni efficaci. Se il terreno è sede di una falda, il foro si riempie d’acqua ed il livello dell’acqua nel foro è in equilibrio con le condizioni idrauliche al contorno. Prendiamo in esame lo stato tensionale di un elemento di terreno adiacente alla parete del foro (vedi Figura XX). La tensione verticale ed orizzontale sono direzioni principali di tensione e valgono:

Da queste è possibile calcolare le tensioni efficaci sottraendo il valore della pressione interstiziale, u = wzw:

Il cerchio di Mohr delle tensioni efficaci, dunque, passa per l’origine del piano di Mohr ed è sempre incompatibile con un criterio di resistenza puramente attritivo,  = ’tan’. Le pareti del foro non sono stabili. Se vogliamo stabilizzare le pareti del foro senza ricorrere ad una tubazione di rivestimento (per inciso, la tubazione di rivestimento impone al terreno una condizione di dilatazione trasversale impedita h = 0) dobbiamo trovare un sistema per applicare al terreno una tensione orizzontale efficace, ’h > 0, per esempio utilizzando un fango bentonitico come fluido di circolazione. Il fango è una miscela di acqua, bentonite e sabbia ed ha la proprietà di formare una pellicola impermeabile sulle pareti del foro, detta cake, che isola dal punto di vista idraulico il foro dal terreno circostante. Perché il film impermeabile si formi è necessario che si inneschi un moto di filtrazione del fango dal foro verso il terreno circostante e cioè che la quota piezometrica del fango sia maggiore di quella dell’acqua presente nel terreno circostante. In genere è sufficiente una differenza di quota piezometrica di 1.0-1.5 m. Inizialmente si verifica una perdita di fango dovuta al moto di filtrazione e all’intorno del foro si crea una zona di penetrazione del fango il cui spessore è

legato alla granulometria del terreno e alla composizione del fango. Nei terreni a grana grossa, lo spessore della zona di penetrazione è dell’ordine di qualche centimetro. La perdita in fango si annulla non appena si forma il cake. I fanghi devono essere progettati per soddisfare i seguenti requisiti:- sostenere lo scavo esercitando una pressione idrostatica sulle pareti del

foro- rimanere nello scavo e non fluire per filtrazione nel terreno;- raffreddare gli utensili di perforazione;- tenere in sospensione i detriti;- potere essere soggetti a vagliatura per eliminare i detriti e essere rimessi in

circolazione;- essere facilmente pompabili.Alcuni di questi requisiti sono contraddittori e la composizione ottimale del fango deve essere ottenuta da un compromesso tra le diverse esigenze. Le caratteristiche tipiche del fango sono elencate di seguito:contenuto in bentonite >4%peso dell’unità di volume 10.4-12.5 kN/m3

contenuto di sabbia 1-25%pH <11.7resistenza a taglio dopo 10 min 50-200 dyn/cm2 (viscosimetro di Fann)A causa della formazione del cake, la spinta del fango si applica al terreno come una spinta totale e vale:

mentre le tensioni efficaci sono pari a:

Perché le pareti dello scavo siano stabili occorre, inoltre, che risulti:

e cioè:

Questa equazione può essere adoperata per “progettare” il fango, ossia per stabilire il peso dell’unità di volume e la quota che il fango deve avere all’interno del foro perché le pareti siano stabili. Ad esempio, se ammettiamo che sia z = zw = zf (falda e fango a piano campagna), per una sabbia con un angolo di attrito ’ = 32° ed un peso dell’unità di volume  = 1.8w, perché lo scavo sia stabile, deve essere f > 1.25w. Tuttavia, il caso in cui la falda è a piano campagna è un caso piuttosto raro e, in genere, risulta zw < z. Inoltre, perché la pellicola impermeabile si formi, occorre che si inneschi un moto di filtrazione dal foro verso il terreno circostante e, quindi, il livello del fango nel foro viene mantenuto più alto di quello della falda nel terreno circostante e quindi zw < zf. È evidente che entrambe le condizioni favoriscono la stabilità del foro.Terreni a grana fina. Nei terreni a grana fina, se lo scavo procede abbastanza rapidamente, possiamo ammettere che le condizioni siano non drenate e

lavorare in termini di tensioni totali. Anche se il terreno è sede di una falda, il foro rimane asciutto. Esaminiamo ancora lo stato tensionale di un elemento di terreno adiacente al foro. Le tensioni verticale ed orizzontale sono tensioni principali e valgono:

Il cerchio di Mohr delle tensioni totali passa per l’origine del piano di Mohr. Le pareti sono stabili finché il diametro del cerchio non è pari a due volte la coesione non drenata del terreno:

Questa condizione si realizza alla profondità critica:

al disotto della quale le pareti del foro non sono più stabili. Anche in questo caso, se vogliamo stabilizzare il foro dobbiamo applicare una tensione totale orizzontale h > 0 con l’effetto di ridurre il diametro del cerchio di Mohr. Nei terreni a grana fina, in linea di principio, è possibile applicare la tensione orizzontale totale anche riempendo il foro di acqua però la presenza di acqua a diretto contatto con il terreno fa si che (nel tempo) il terreno rigonfi. Il rigonfiamento è associato all'equalizzazione delle u < 0 dovute al rilascio tensionale prodotto dallo scavo. È necessario quindi che la perforazione proceda il più rapidamente possibile. Tale inconveniente, naturalmente, non sussiste se, al posto dell’acqua si adopera fango bentonitico, perché questo deposita il cake, con l’ulteriore vantaggio che, dato che il fango è più pesante dell’acqua, esso esercita una pressione maggiore dell’acqua, a parità di battente.

3. Campionamento e classi di qualità dei campioniL’obiettivo del campionamento è il prelievo di campioni di materiale da inviare in laboratorio per l’esecuzione di prove per la sua classificazione (limiti di Atterberg, peso specifico delle particelle, contenuto di sostanza organica, contenuto di CaCO3, ecc.), per la determinazione del suo stato (contenuto d’acqua naturale, grado di saturazione, ecc.), per la determinazione delle caratteristiche meccaniche (resistenza, compressibilità, rigidezza, ecc.) e di permeabilità (poco affidabile).Il processo di prelievo del campione, detto “campionamento”, altera in misura più o meno sensibile le caratteristiche del materiale nel suo stato originario, in relazione alle tecniche di campionamento utilizzate.Affinché i risultati delle prove in laboratorio siano rappresentativi del comportamento del materiale in sito, è necessario che il campione conservi inalterate le caratteristiche macro e micro-strutturali che influenzano la proprietà oggetto della misura.L’Associazione Geotecnica Italiana definisce le 5 classi di qualità dei campioni indicate nella Tabella IV, in relazione alle caratteristiche fisiche e meccaniche del terreno in sito che il processo di campionamento lascia inalterate.I campioni delle classi da Q1 a Q3 vengono detti “disturbati” o “rimaneggiati”, quelli di classe Q4 “a disturbo limitato”, mentre ai soli campioni di classe Q5 spetta l’appellativo di “indisturbati”. È appena il caso di notare che, per la loro stessa natura (elevata permeabilità e resistenza al taglio puramente attritivo) non è possibile prelevare campioni di classe Q4 e Q5 nei depositi di terreni granulari.I campioni devono essere prelevati tenendo conto delle esigenze dell’indagine, cioè del grado di qualità richiesto e delle quantità necessarie per l’esecuzione delle prove di laboratorio. Ad esempio, per le prove di classificazione e di identificazione occorrono campioni di classe Q2 o superiore in quantità da 0.5 a 1.0 kg, mentre per la determinazione delle proprietà meccaniche occorrono campioni di classe Q5 in quantità e dimensioni sufficienti per ricavare i provini per il laboratorio.

3.1 Strumenti per il prelievo di campioniI campioni possono essere prelevati in:(a) Scavi accessibili. La possibilità di accedere direttamente a superfici di

terreno esposte a mezzo di scavi geognostici consente il prelievo di campioni indisturbati, spesso di ottima qualità. I campioni disturbati (Q1, Q2, Q3) rappresentativi di una zona dello scavo, devono essere raccolti in contenitori di buona tenuta come barattoli o sacchi di plastica). I campioni a disturbo limitato o indisturbati (Q4 e Q5) possono essere prelevati e conservati in cilindri campionatori a parete sottile (fustelle) con coperchio a tenuta o prelevati in blocchi che devono poi essere avvolti con involucri impermeabili (e.g.: pellicola da cucina e paraffina fusa), e quindi posti in cassette con un imballaggio morbido, vedi Figura XX.

(b) Fori di sondaggio. I campioni ottenuti con i normali utensili di perforazione sono sempre rimaneggiati (classi di qualità da Q1 a Q2),

prendono il nome di “carote” e vengono conservati ordinatamente in cassette catalogatrici senza particolari precauzioni contro variazioni del contenuto d’acqua. Gli apparecchi per il prelievo di campioni a disturbo limitato o indisturbati dai fori di sondaggio sono detti “campionatori” e devono essere scelti in relazione alle caratteristiche del terreno che si intende campionare.

Per la determinazione delle caratteristiche meccaniche il campione deve avere le dimensioni minime : diametro 100 mm, lunghezza 600 mm. A profondità superiori a 60 m e in terreni molto consistenti, che richiedano l’uso di un campionatore a rotazione a doppia parete, possono accettarsi diametri pari a 80 mm e lunghezze inferiori a 600 mm.A seconda delle caratteristiche geometriche e delle modalità di impiego i campionatori possono essere classificati in:(a) campionatori a parete grossa, infissi staticamente o dinamicamente

(Reynolds)(b) campionatori a parete sottile a tubo aperto, infissi staticamente (Shelby)(c) campionatori a parete sottile a pistone, infissi staticamente a comando

meccanico, o a comando idraulico (Osterberg)(d) campionatori a parete sottile continui (Kiellman)(e) campionatori per campioni di grandi dimensioni (Sherbrooke e Laval)(f) campionatori a rotazione a doppia parete (Denison o Mazier).I campionatori a parete grossa sono costituiti da un cilindro di acciaio di notevole spessore ( 12 mm), aperto inferiormente, e dotato all’estremità superiore di una valvola di ritenuta a sfera. Possono contenere un lamierino di acciaio o di ottone che costituisce l’involucro per la conservazione del campione. Il diametro interno caratteristico dei campionatori a parete grossa è di 70-100 mm e la lunghezza del campione di 350-500 mm. Sono adatti al prelievo di campioni di casse Q2 – Q3 in terreni limo-sabbiosi a addensati o molto addensati. Un particolare campionatore di questa classe (Raymond) si utilizza per le prove penetrometriche dinamiche SPT.I campionatori a parete sottile a tubo aperto (e.g.: Shelby) sono costituiti da un cilindro di acciaio Inox ad alta resistenza con parete di spessore molto ridotto (2 mm) dotato di bordo inferiore tagliente. L’estremità inferiore del tubo è aperta per permettere l’ingresso del campione mentre all’estremità superiore il campionatore è collegato alle aste di manovra mediante una testa a vite dotata di una valvola di ritenuta a sfera.Per ridurre al minimo lo spessore della parete del campionatore, il cilindro metallico costituisce il contenitore nel quale il campione viene conservato. Il cilindro campionatore deve pertanto essere particolarmente resistente alla corrosione. Il diametro caratteristico è 70-150 mm, al lunghezza 400-800 mm. Sono adatti al prelievo di campioni Q4-Q5 in terreni coesivi da teneri a mediamente consistenti.I campionatori a pistone rappresentano una evoluzione dei campionatori a parete sottile a tubo aperto, studiata per il prelievo di campioni Q5 in depositi coesivi teneri o molto teneri (argille sensitive norvegesi). L’elemento caratteristico di questo tipo di campionatori è la presenza di un pistone all’interno del tubo campionatore.

Durante l’immissione del campionatore nel foro, il pistone si trova in posizione completamente abbassata e chiude l’apertura all’estremità inferiore del cilindro, impedendo l’ingresso dei detriti di perforazione in sospensione nel fango all’interno del foro o depositati sul fondo del foro.Una volta raggiunto il fondo del foro, il pistone viene bloccato ed il cilindro esterno viene fatto avanzare all’interno del terreno. L’avanzamento può essere comandato meccanicamente, tramite una batteria di aste coassiali alle aste di manovra del pistone, o idraulicamente, come nel campionatore Osterberg. I campionatori a pistone sono adatti al prelievo di campioni di classe (Q4) Q5 in terreni coesivi da teneri a molto teneri.Con i campionatori a parete sottile si possono ottenere campioni con un lunghezza massima di circa 1 m perché per lunghezze maggiori il disturbo prodotto dall’attrito lungo le pareti interne del campionatore diventa eccessivo. È possibile invece campionare in modo continuo colonne di terreno fino a 20-30 m di lunghezza con i campionatori continui, tipo il campionatore Kiellman. In questo caso l’apparecchiatura è provvista di una calza scorrevole che avvolge il campione(che ha un diametro di 67 mm) durante l’avanzamento, eliminando così l’attrito interno. Per ridurre al massimo il disturbo di campionamento in depositi coesivi teneri si ricorre al prelievo di campioni di grandi dimensioni al fondo di fori di sondaggio di grandi dimensioni (diametro minimo del foro pari a 300 mm per il campionatore Laval, 400 mm per il campionatore Sherbrooke)Il campionatore Laval è un campionatore a parete sottile contenuto all'interno di un tubo carotiere, adatto al prelievo di campioni del diametro di 200 mm. Una volta calato il campionatore a fondo foro, con il tubo carotiere bloccato e la valvola aperta si infigge staticamente il campionatore a parete sottile. Si chiude poi la valvola e si fa avanzare il tubo carotiere a rotazione. Solo a questo punto si esegue la manovra di recupero. Il campionatore Sherbrooke preleva un blocco cilindrico di terreno con un diametro di 250 mm utilizzando tre taglienti che realizzano attorno al blocco una scanalatura cilindrica larga 5 cm. Una sonda a rotazione permette di imporre al campionatore circa 5 rotazioni al minuto. Quando si è raggiunta una profondità di 350 mm (in genere in 25-30 min), dalla superficie è possibile attivare 3 diaframmi orizzontali solidali a ciascun tagliente spingendoli all'interno dell'estremità inferiore del blocco. Questa operazione richiede ancora circa 5 min. La chiusura del diaframma orizzontale separa il blocco dal terreno circostante e sostiene il campione alla base durante il recupero. Per evitare che si creino suzioni nel foro al disotto del campione esso deve essere sollevato molto lentamente.I campionatori a rotazione a doppia parete sono basati su un principio di funzionamento analogo a quello del carotiere a doppia parete. Sono composti, infatti, da un cilindro interno di acciaio Inox a parete sottile dotato di scarpa tagliente, che accoglie il campione, e da un cilindro esterno dotato di corona dentata all’estremità. Sono adatti al prelievo di campioni di classe (Q4)Q5 in terreni coesivi molto consistenti.Durante l’avanzamento, che avviene per infissione statica, il tubo esterno ruota e disgrega il terreno adiacente alla superficie esterna del tubo interno, riducendo così la resistenza all’infissione.

A differenza dei carotieri a doppia parete, nei campionatori a rotazione la scarpa del tubo interno è avanzata rispetto alla corona dentata esterna per impedire che la rotazione del tubo esterno disturbi il campione.Nel campionatore Denison, la sporgenza del tagliente interno rispetto alla corona dentata può essere adattata al tipo d terreno modificando la geometria della scarpa interna. Nel campionatore Mazier l’avanzamento della scarpa interna è governato automaticamente dalla consistenza del terreno mediante una molla (terreno meno consistente, avanzamento maggiore). I campioni prelevati a rotazione hanno un diametro caratteristico di 60-150 mm e una lunghezza di 400-800 mm.

3.2 Effetti del campionamentoNel prelievo di un campione di classe Q5 dal terreno esistono numerosi fattori che producono un disturbo più o meno marcato del materiale rispetto alle condizioni che esso conosce in sito. In particolare, prenderemo in esame i seguenti fattori:1. alterazione dello stato tensionale (totale ed) efficace;2. effetti della perforazione;3. effetti del prelievo (infissione ed estrazione del campionatore).Il primo fattore è sempre presente (inevitabile); gli altri due dipendono dalle modalità di prelievo del campioni dal foro di sondaggio e possono essere, se non eliminati, quanto meno minimizzati seguendo opportune procedure.3.2.1 Alterazione dello stato tensionale efficace. Lo stato tensionale in sito è definito dalle tensioni litostatiche:

Per effetto del campionamento le tensioni totali agenti sul campione sono ridotte a zero. Assumendo che il campionamento non alteri la porosità del materiale:v = 0 (condizioni non drenate) e che il comportamento meccanico del materiale possa essere assimilato a quello di un solido isotropo elastico lineare:p' =K'v e q' = 3G's risulta:p' =K'v = 0 e u = p < 0cioè:p'lab = p'sito e q'lab = 0Si noti che l'ipotesi sul legame costitutivo non è completamente irragionevole perché il campionamento è un processo di scarico tensionale e, quindi anche per un terreno normalmente consolidato, il cui stato è rappresentato da un

punto che appartiene alla superficie di snervamento, esso riporta lo stato del terreno verso l'interno della superficie di snervamento.Lo sviluppo di pressioni interstiziali negative (anche molto elevate) all'interno del campione è reso possibile dalla presenza di forze di capillarità al contatto aria –acqua interstiziale sulle superfici esterne del campione. Per mantenere inalterate tali pressioni interstiziali, di suzione, ed impedire così il rigonfiamento del materiale, è necessario impedire o limitare al minimo la possibilità che il campione venga a contatto con acqua sia durante la fase di perforazione che a prelievo avvenuto.È quindi opportuno prendere le seguenti precauzioni:1. limitare il tempo intercorrente tra l'arresto della perforazione ed il

prelievo di campioni;2. eliminare le zone di estremità dei campioni che, durante la fase di

estrazione possono avere subito un contatto prolungato con i fluidi di perforazione;

3. provvedere a sigillare le estremità del tubo campionatore con paraffina fusa e tappi in gomma.

Per effetto della riduzione a zero del deviatore della tensione totale ( e quindi anche di quello della tensione efficace), lo stato tensionale efficace esistente in un campione di laboratorio all'atto della preparazione del provino per prove di compressione e/o di resistenza al taglio, può essere anche molto diverso da quello esistente in sito. Esplorare alla lavagna quale sia lo stato tensionale efficace in sito di due campioni normalmente consolidati ed di un campione sovraconsolidato, e le variazioni che essi subiscono, per effetto del prelievo, nei piani 'v-'h e q'-p'.3.2.2 Effetti della perforazioneAnche in presenza di tubazioni metalliche di rivestimento per le pareti del foro, il rilascio tensionale dovuto allo scavo produce, in genere, il rifluimento del terreno al fondo del foro verso l'interno dello scavo. Tale deformazione nei terreni coesivi avviene inizialmente in condizioni non drenate (cioè a volume costante). Se però si lascia trascorrere un tempo sufficientemente lungo tra l'arresto della perforazione ed il prelievo del campione, il materiale subisce un rigonfiamento che ne altera la porosità e, quindi, ad esempio, la esistenza non drenata.In terreni coesivi particolarmente teneri, il rifluimento può essere talmente forte da interessare un tratto di terreno lungo fino a tre volte il diametro del foro. In terreno dotati di forte sensitività il disturbo arrecato da questo processo di distorsione alle proprietà meccaniche del materiale può essere molto rilevante. Un effetto opposto, di "punzonamento", può aversi per effetto di sollecitazioni assiali troppo elevate sulla tubazione di rivestimento o per velocità di avanzamento del carotiere della sonda troppo elevate.3.2.3 Effetti del prelievo Infissione del campionatore. In figura sono mostrate le azioni trasmesse dal campionatore al terreno all'esterno ed al campione al suo interno, assieme alle forze di volume dovute al peso proprio del campione e alla pressione del fluido agente sulla superficie superiore del campione.

La forza applicata dalla scarpa al terreno, la risultante dell'attrito tra il terreno e la parete esterna del campionatore e la tensione totale verticale nel terreno tendono a favorire l'ingresso del terreno nel tubo campionatore; l'attrito tra il terreno e la parete interna del campionatore e la pressione esercitata dal fluido sulla superficie superiore del campione tendono invece a contrastarlo. All'inizio del processo di campionamento, la risultante dell'attrito sulla parete interna del campionatore è modesta per la lunghezza ridotta del campione. Perciò in questa fase si ha una tendenza al campionamento in eccesso rispetto al volume teorico di campionatore infisso. La tendenza al campionamento in eccesso aumenta con lo spessore del campionatore infisso e con a profondità di prelievo. Al procedere dell'infissione, tuttavia, tale tendenza si inverte risultando in un difetto di campionamento, con distorsioni del terreno evidenziate dalla curvatura delle superfici di strato.La tendenza al campionamento in difetto dipende da valori eccessivi dell'attrito sulla parete interna del campionatore e quindi dalla lunghezza L del campionatore e dal coefficiente di attrito tra terreno e campionatore. Talvolta per ridurre l'attrito interno si aumenta leggermente il diametro interno del tubo campionatore rispetto a quello della scarpa. Un effetto analogo può essere provocato da un aumento rapido della pressione del fluido presente sulla testa del campione per effetto di velocità di infissione troppo elevate o per il cattivo funzionamento della valvola discarico a sfera. In questo caso il terreno forma una specie di tappo alla bocca del campionatore che penetra nel terreno senza prelevare altro materiale.Estrazione del campionatore. Per minimizzare il campionamento in difetto sembra opportuno in sede di progetto del campionatore adottare degli accorgimenti geometrici atti a minimizzare l'attrito tra terreno e parete interna del campionatore (grande diametro, piccola lunghezza, basso valore del rapporto L/D).Considerando però ciò che avviene all'atto dell'estrazione, si nota che bisogna comunque mantenere un certo attrito tra campionatore e terreno per potere trattenere il terreno all'interno del cilindro campionatore. Se la pressione del fluido agente alla testa del campione è positiva, al condizione di estrazione è data da:A > W + P + Rdove:

Si ha allora recupero del campione se:

Si osserva che, in questo caso, l'azione dell'attrito sulla parete è indispensabile per il recupero del campione.Se invece si impedisce al fluido di entrare ne campionatore mediante una valvola a sfera all'atto dell'estrazione anche una modesta dilatazione del fluido

è sufficiente per portarlo in depressione (p<0). In questo caso il recupero del campione è possibile se:

In presenza di una valvola di ritenuta efficiente (oppure utilizzando campionatori a pistone) è quindi possibile recuperare il campione anche con azioni di attrito molto prossime a zero. In entrambi i casi, il recupero è facilitato se L/D è elevato. I requisiti che facilitino il recupero del campione sono opposti a quelli che limitano il disturbo nella fase di infissione e, quindi, la scelta del rapporto L/D deriva da un compromesso.

3.3 Requisiti dei campionatoriIl disturbo nella fase di infissione cresce al crescere del rapporto tra il volume del campionatore ed il volume del campione (coefficiente di parete Cp = (DS

2-D2)/D2). Il coefficiente di spoglia interna è il rapporto tra il diametro interno del campionatore ed il diametro di ingesso (Ci = (Di-D)/D). Per ridurre l'attrito tra la superficie esterna del campionatore ed il terreno si possono adottare campionatori con una scarpa con diametro esterno leggermente maggiorato. Il coefficiente di spoglia esterna quantifica questa maggiorazione:

Per tutti questi coefficienti e per il valore del rapporto L/D esistono valori consigliati dalle raccomandazioni dell'AGI (1977).

4. Prove di laboratorio – manca completamente

4.1 Generalità4.2 Classificazione ed identificazione, stato4.3 Compressibilità: la prova edometrica4.4 Resistenza: la prova di taglio diretto e la prova triassiale4.5 Permeabilità: permeametro a carico costante e a carico variabile,

edometro4.6 Rigidezza a piccole deformazioni: prove di colonna risonante, bender

elements4.7 Altre prove

5. Prove in sitoPer la determinazione del profilo stratigrafico del sottosuolo e delle caratteristiche meccaniche dei terreni presenti, le prove in sito costituiscono un utile complemento alla sperimentazione in laboratorio su campioni di terreno indisturbati. Una disanima dei vantaggi e degli svantaggi delle prove di laboratorio è elencata di seguito.Vantaggi:

1. non è necessario il prelievo di campioni. A tale riguardo le prove in sito sono spesso l'unica fonte di informazioni disponibili per caratterizzare il comportamento meccanico dei terreni incoerenti per i quali il prelievo di campioni indisturbati è impossibile;

2. maggiore rapidità di esecuzione;3. minore costo specifico (soprattutto per quanto riguarda le prove

penetrometriche e scissometriche). Ciò rende possibile investigare un numero molto elevato di verticali con una spesa notevolmente inferiore a quella necessaria per eseguire un uguale numero di sondaggi con prelievo di campioni indisturbati da inviare al laboratorio (questo vantaggio non si applica a prove "speciali" come le prove pressiometriche e le prove di carico su piastra);

4. possibilità di indagare un volume di terreno superiore a quello corrispondente ad un campione di laboratorio, con le sue peculiarità macrostrutturali;

5. con alcune attrezzature è possibile ottenere la registrazione continua con la profondità di parametri che mettono in luce la presenza di caratteri stratigrafici come intercalazioni, lenti di materiali di diversa permeabilità, passaggi di strato.

Svantaggi:1. forniscono un quadro relativamente limitato delle caratteristiche

meccaniche del materiale (ad esempio, non è possibile ottenere informazioni sulle caratteristiche di resistenza e deformabilità in tensioni efficaci di un terreno coesivo da prove penetrometriche);

2. a differenza della maggior parte delle prove di laboratorio convenzionali, le prove meccaniche in sito sollecitano il terreno in maniera disomogenea, con percorsi di tensione e deformazione diversi da punto a punto, e con rotazione delle direzioni principali di tensione. L'interpretazione della risposta meccanica del terreno alle sollecitazioni imposte richiede pertanto la risoluzione di un problema ai limiti di complessità spesso proibitiva;

3. per procedere alla interpretazione dei risultati è necessario introdurre ipotesi sul legame tensioni-deformazioni del materiale (ad es.: mezzo rigido plastico perfetto, mezzo elastico lineare isotropo, mezzo elasto-plastico perfetto, etc.);

4. nelle prove in terreni coesivi sussiste sempre una incertezza riguardo le effettive condizioni di drenaggio (condizioni non drenate, consolidazione parziale, condizioni non drenate), legata alle caratteristiche di

permeabilità e rigidezza del deposito e alla localizzazione di potenziali recapiti drenanti.

5. il grado di disturbo prodotto dall’inserimento dello strumento di misura talvolta è molto elevato.

Per i motivi di cui ai punti 2, 3 e 5 della lista degli svantaggi, l'interpretazione delle prove in sito è spesso basata su correlazioni empiriche (per esempio: interpretazione delle prove penetrometriche dinamiche).Un esame analogo dei vantaggi e svantaggi delle prove di laboratorio porterebbe a concludere che le prove in sito e quelle di laboratorio debbano essere considerate complementari e non alternative e che solo praticandole in parallelo il progettista può arrivare ad una sufficiente determinazione del modello di sottosuolo.

5.1 Prove penetrometricheLe prove penetrometriche si fondano sull'idea che la resistenza opposta dal terreno alla penetrazione di uno strumento dipenda dalle sue caratteristiche meccaniche (evidentemente, soprattutto dalla sua resistenza, dato che la penetrazione è un fenomeno di rottura) oltre che dallo stato del materiale.Si distingue tra:

1. prove penetrometriche dinamichea. con campionatore Raymond (Standard Penetration Test o SPT);b. con punta conica (Standard Cone Penetration Test o SCPT);c. continua (Dynamic probing o DP)

2. prove penetrometriche statichea. con punta meccanica Begemann (cono "olandese", Cone

Penetration Test o CPT);b. con punta elettrica (Cone Penetration Test o CPT);c. con punta piezometrica (piezocono o CPTU, la U serve per

ricordare che nel corso della prova si misurano le pressioni interstiziali);

I risultati delle prove penetrometriche possono essere utilizzati per indagare:profilo stratigrafico;grado di sovraconsolidazione (OCR);stato di addensamento (Dr);resistenza in tensioni totali (cu);resistenza in tensioni efficaci (');deformabilità in tensioni totali (Eu);deformabilità in tensioni efficaci (E');caratteristiche idrauliche (Cv);I risultati delle prove penetrometriche possono essere utilizzati anche per la progettazione diretta, attraverso metodi empirici di particolari opere di fondazione (ad esempio, per il dimensionamento di una fondazione diretta su sabbia con il metodo di Terzaghi e Peck e per il calcolo della resistenza alla punta dei pali con prove CPT).

Infine, la valutazione del potenziale di liquefazione dei terreni incoerenti sciolti nel caso di terremoti è spesso basata sui risultati di prove SPT.

5.1.1Prove penetrometriche dinamiche La prova SPT, ideata negli Stati Uniti nel 1972, consiste nella misura del numero di colpi necessari per l’infissione di un campionatore Raymond (De = 51 mm, Di = 35 mm, L = 610 mm, spessore delle pareti s = 8 mm) sotto i colpi di un maglio della massa di 63.5 kg (±0.5 kg) e volata di 0.76 m (±0.02 m). La prova viene eseguita al fondo di un foro di sondaggio spinto alla profondità desiderata. Per le operazioni di pulizia e approfondimento del foro non è possibile eseguire la prova con frequenza maggiore di una al metro. Il campionatore viene infisso per tre avanzamenti successivi di 150 mm ciascuno. Il primo tratto, detto di avviamento, comprende l’eventuale penetrazione iniziale per peso proprio; se sotto un numero di colpi N1 = 50 l’avanzamento è minore di 15  cm, l’infissione deve essere sospesa, la prova è considerata conclusa, e si annota la relativa penetrazione (ad esempio N1 = 50/13 cm).La resistenza alla penetrazione è caratterizzata dalla somma del numero di colpi necessari all’avanzamento del secondo e terzo tratto da 150 mm:NSPT = N2 + N3

In questo modo si elimina o si riduce al minimo l’influenza di fattori estranei quali presenza di detrito a fondo foro e i disturbo prodotto dal rilascio tensionale durante la perforazione. Se con N2 + N3 = 100 non si raggiunge l’avanzamento di 30 cm, si dice che la prova è andata “a rifiuto”, l’infissione è sospesa e la prova è considerata conclusa, annotando la relativa penetrazione.Al termine di ciascuna determinazione il campionatore Raymond viene riportato in superficie per consentire l’approfondimento del foro e per recuperare il campione che è di classe Q2 (al massimo Q3). Quando è richiesto di conservare il campione, esso è trasferito dal tubo di campionamento a contenitori a tenuta (barattoli, sacchetti di plastica).I principali vantaggi della prova SPT sono:- può essere eseguita in qualunque tipo di terreno, anche se il campo di impiego ottimale è relativo ai terreni sabbiosi;

- consente il riconoscimento diretto dei terreni attraversati;- esistono un gran numero di correlazioni empiriche e di metodi di progetto basati sulla misura di NSPT (grande diffusione, lungo e documentato uso).

I principali svantaggi, invece, sono:- si tratta di una misura discontinua;- bisogna eseguire un foro di sondaggio;- si riscontra una leggera dipendenza dei risultati della prova dalle modalità di esecuzione del foro;

- nei terreni a grana fina, le operazioni di battitura inducono la generazione di elevate sovrappressioni interstiziali.

I risultati di una prova SPT sono influenzati da alcuni fattori che possono essere suddivisi in tre gruppi principali:1. tecnica di perforazione (metodo di sostegno del foro, metodo di

avanzamento del foro, diametro del foro);2. attrezzatura utilizzata per l’esecuzione della prova SPT (dispositivo di

battitura comprendente la testa di battitura in acciaio, il maglio e il dispositivo di rilascio, caratteristiche del campionatore);

3. procedura di esecuzione della prova (penetrazione iniziale, infissione preliminare, infissione vera e propria, frequenza di battitura).

La Figura XX riassume l’influenza dei diversi fattori sul valore della resistenza alla penetrazione. È evidente che le maggiori differenze nella resistenza alla penetrazione nei terreni a grana grossa derivano dalle diverse modalità nelle tecniche di perforazione. In particolare esistono numerosi dati relativi all’influenza del diametro del foro sulla resistenza alla penetrazione. Skempton (1986) ha suggerito di correggere i valori di NSPT ottenuti in fori di grande diametro attraverso un coefficiente correttivo, Cd, i cui valori sono riportati nella Tabella V:NSPT corretto = NSPT misurato×Cd

Palmar e Stuart (1957) hanno introdotto l’impiego di una punta conica, in sostituzione della scarpa tagliente, quando le prove sono eseguite in formazioni contenenti ghiaia e ciottoli. Tuttavia Thorburn (1986) ha mostrato che nei terreni a grana grossa, l’impiego della punta conica comporta un aumento della resistenza alla penetrazione anche fino al 100%. La Figura YY mostra un esempio delle differenze che si possono ottenere nella resistenza alla penetrazione fra prove eseguite con la scarpa aperta e con la punta conica. Per quanto riguarda l’influenza dell’attrezzatura sulla resistenza alla penetrazione si è proposto di valutare l’efficienza del sistema di infissione mediante una misura dell’energia effettivamente ceduta dal maglio alle aste. Essa viene poi espressa attraverso il cosiddetto rendimento energetico, ER, che rappresenta il rapporto tra l’energia effettivamente ceduta dal maglio alle aste e l’energia potenziale teorica del maglio.Molti ricercatori hanno misurato l’energia effettivamente ceduta dal maglio alle aste in diversi sistemi di infissione e trovato una notevole variabilità. Schmertmann e Palacios (1979) hanno mostrato sperimentalmente che, per NSPT<50, il numero di colpi è inversamente proporzionale all’energia ceduta dal maglio alle aste. Per tenere conto di questa osservazione, Seed et al. (1985) hanno suggerito che il numero di colpi dell’SPT sia corretto rispetto ad un valore di riferimento che corrisponde al 60% dell’energia potenziale del maglio, N60 = NSPT(ER/0.60)perché la maggior parte delle misure effettuate su sistemi di infissione tradizionali, in base ai quali sono state stabilite le correlazioni empiriche adottate nella pratica progettuale, mostrano che il valore medio dell’energia effettivamente ceduta pari al 60% dell’energia potenziale teorica del maglio.Il penetrometro dinamico a cono (SCPT) è un attrezzo costituito da una punta conica con apertura di 60° e diametro di 35.7 mm (area della sezione, A = 10 cm2) infissa nel terreno tramite una colonna di aste protette da una tubazione di rivestimento, che viene infissa separatamente ed

alternativamente alla punta. Il sistema di infissione è quello dell’SPT, con il maglio che viene fatto agire dapprima sulle aste, infiggendo la punta, e quindi sulla colonna di tubi. Come nell’SPT, la resistenza alla penetrazione è espressa dal numero di colpi necessari all’infissione della punta per un tratto di 30 cm; manca evidentemente il primo tratto di penetrazione a vuoto di 15 cm.La prova penetrometrica dinamica continua (DP) consiste nella misura della resistenza alla penetrazione di una punta conica di dimensioni standard infissa per battitura nel terreno con una colonna di aste di acciaio di diametro inferiore a quello della punta, per mezzo di un dispositivo di battitura standard. Si ritiene che il maggior diametro della punta rispetto alle aste sottragga queste ultime dall’azione dell’attrito laterale del terreno e pertanto non vi sono tubazioni di rivestimento. Le principali caratteristiche dei penetrometri per prove penetrometriche dinamiche continue, secondo la classificazione adottata dall’ISSMGE (1988), sono riassunte nella tabella XX. Il risultato della prova è rappresentato dal numero di colpi necessari ad una penetrazione standard in genere compresa tra 10 e 20 cm.La prova penetrometrica dinamica continua ha incontrato una certa diffusione, anche in Italia, per la sue doti di economicità e speditezzaLe prove SPT permettono la ricostruzione del profilo stratigrafico mediante riconoscimento diretto dei terreni recuperati all’interno del campionatore. Il numero di colpi dell'SPT è un indice della resistenza (di picco) del terreno. Ne deriva che correlazioni dirette tra NSPT e angolo di attrito siano concettualmente sbagliate, perché esse devono contenere anche una dipendenza dalla tensione efficace. Molto utilizzata è la correlazione di De Mello (YEAR), ’ = f(NSPT, ’v), mostrata nella Figura XX. Correlazioni di specifici organismi tecnici in cui si legano direttamente NSPT e ', e.g.: Road Bridge Specification: ’ = (15NSPT)½+15(°) o Japanese National Railway: ’ = 0.3NSPT+20(°) si riferiscono ad intervalli di profondità, e quindi di tensione efficace limitati e ben definiti dal tipo di opera alla quale si riferiscono. Nei terreni a grana grossa, tuttavia, l'angolo di attrito al picco, 'p, non è una proprietà del materiale ma un parametro che dipende dallo stato in cui si trova il materiale (mentre è una proprietà del materiale l'angolo di attrito a volume costante, 'cv, o di stato critico). In particolare l'angolo di attrito al picco cresce all'aumentare della dilatanza e poiché quest'ultima dipende dallo stato di addensamento e dal livello tensionale è lecito attendersi che l'angolo di attrito al picco cresca all'aumentare della densità relativa e diminuisca al crescere del livello tensionale (efficace). Allo stato attuale, pertanto, si preferisce correlare il numero di colpi dell'SPT alla densità relativa e poi da questa e dallo stato tensionale efficace risalire all'angolo di attrito al picco. Le prime correlazioni tra la densità relativa ed NSPT sono state introdotte da Terzaghi e Peck (1948), nell'ambito di un metodo di dimensionamento delle fondazioni dirette che verrà illustrato nel seguito. Successivamente Gibbs e Holtz (1957) hanno mostrato che la resistenza alla penetrazione sia influenzata non solo dalla densità relativa ma anche dalla tensione verticale efficace, suggerendo la correlazione:

rappresentata nella Figura YY, che si riferisce a sabbie silicee normalmente consolidate. Essa po’ portare ad una leggera sopravvalutazione di Dr nel caso in cui il deposito sia sovraconsolidato o debolmente cementato. In questi casi risulta più appropriata la correlazione proposta da Bazaraa (1967), riportata nella stessa Figura YY con linea tratteggiata.Basandosi sulla elaborazione dei risultati di un elevato numero di prove eseguite in Giappone, Cina e negli Stati Uniti, Skempton (1986) ha proposto la seguente correlazione:

In cui i parametri a e b sono pressocchè costanti per 0.35<Dr<0.85 e 50 kPa <’v<250 kPa. Se si indica con (N1)60 il numero di colpi dell´SPT riferito a 100 kPa (1 atmosfera) e ad un rendimento (energia effettivamente trasmessa rispetto al valore teorico) pari al 60%:

vale la relazione riportata nella tabella che segue:

molto sciolta

sciolta media densa molto densa

Dr 0%-15% 15%-35% 35%-65% 65%-85% 85%-100%(N1)60

0-3 3-8 8-25 25-42 42-58

Si noti che, per Dr>35%, la relazione in tabella corrisponde a :

Infine, per passare dalla densità relativa all'angolo di attrito al picco si possono utilizzare le correlazioni di Schmertmann (1977), riprodotte nella Figura YY o la relazione proposta da Bolton (1986):

in cui p'f è la pressione media a rottura da esprimere in kPa. Le correlazioni empiriche di NSPT con le caratteristiche di deformabilità (moduli elastici) sono molto meno giustificate concettualmente. Esse si fondano sul presupposto che esistano valori caratteristici del rapporto tra la

resistenza e la rigidezza di un materiale, mentre in realtà questi sono due parametri meccanici del tutto indipendenti. Hanno quindi validità limitata a particolari classi di materiali. A titolo di esempio, nella Figura XX sono riportate le corrslazioni proposte da Denver (1982) tra il modulo di Young, E, e il numero di colpi dell’NSPT per diversi tipi di terreno, nella Figura YY le correlazioni di Mitchell e Gardner (1975) tra modulo confinato (edometrico) e numero di colpi dell’SPT. I risultati delle prove penetrometriche dinamiche sono anche adoperati nella progettazione diretta e nel calcolo dei cedimenti delle fondazioni superficiali. La Figura XX riproduce la relazione tra NSPT, angolo di attrito e fattori di capacità portante Nq e N. Per quanto detto sopra, questo genere di correlazioni sono applicabili solo per la progettazione di fondazioni superficiali (ossia per un intervallo limitato di ’v). Terzaghi e Peck (1948) hanno pubblicato l'abaco di Figura ZZ che fornisce in funzione del numero di colpi dell'SPT il carico totale che applicato ad una fondazione di larghezza B, provocherebbe un cedimento pari a 25.4 mm. Correzioni al numero di colpi dell'SPT per sabbie fini e/o limose sotto falda se NSPT > 15: N'= NSPT + 0.5 (NSPT - 15). Perché? Anche nell’Eurocodice 7 si suggerisce che per sabbie fini il valore di NSPT si debba ridurre nel rapporto 55/60.Burland e Burbidge (1985) hanno sviluppato un metodo per la previsione del cedimento sulla base dei risultati di proe SPT, elaborando a tal fine oltre 200 casi di osservazione del cedimento di opere in vera grandezza (edifici, serbatoi, rilevati) fondati su terreni a grana grossa. Per sabbie fini o limose sotto falda si applica la stessa correzione di Terzaghi e Peck. Se il terreno è invece costituito da ghiaia o sabbia e ghiaia i valori misurati di N vengono incrementati del 25%. Perché? Anche l’EC7 suggerisce che per sabbie grosse i valori di NSPT siano incrementati nel rapporto 65/60.valutazione del potenziale di liquefazione di depositi a grana grossa

5.1.2Prove penetrometriche statiche La prova penetrometrica statica consiste nella misura della resistenza alla penetrazione nel terreno di una punta conica standardizzata con apertura di 60° e diametro di 35.7 mm (area della sezione, A = 10 cm2), che viene infissa nel terreno con un martinetto meccanico o idraulico, alla velocità costante di 20 mm/s.Nel penetrometro meccanico (punta Begemann), la colonna di aste che fa avanzare la punta è protetta da una tubazione di rivestimento con diametro esterno uguale a quello della punta. Fra punta e tubi è disposto un manicotto scorrevole (friction jacket) con area di AL = 150 cm2, opportunamente sagomato per evitare l'ingresso di terreno nell'intercapedine fra aste e tubi, che permette la misura di una resistenza laterale locale. Si fanno penetrare in successione la punta, il manicotto, la tubazione di rivestimento e tutti e tre insieme per successivi tratti di 0.1 m, misurando la forza necessaria per infiggere la punta, RP, la forza necessaria ad infiggere il manicotto, RLL, la forza necessaria ad infiggere la tubazione di rivestimento, RL, e la forza totale, R.

La resistenza unitaria alla punta, qc (= RP/A) è il dato principale che si ricava dalla prova; essa viene presentata in genere sotto forma di diagramma di qc

con la profondità (profilo penetrometrico). Il rapporto tra RLL e la superficie laterale del manicotto, rappresenta la resistenza laterale locale unitaria fs = RLL/AL. Oltre a qc si diagramma in funzione della profondità il rapporto FR = qc/fs.Nel penetrometro elettrico vi è un'unica batteria di aste e le resistenze alla punta e laterale locale vengono misurate direttamente sull'attrezzo a mezzo di trasduttori elettrici (da cui il nome dell'apparecchio). Il vantaggio di questo sistema è quello di avere una misura continua e contemporanea delle due grandezze, che inoltre può esser acquisita su supporto informatico ed elaborata automaticamente.Nel piezocono (CPTU) alla normale punta penetrometrica elettrica vengono aggiunte una o più piastre porose collegate a trasduttori ce consentono la misura della pressione interstiziale nell'intorno della punta durante l'infissione. Con questa apparecchiatura è anche possibile eseguire prove di dissipazione della pressione interstiziale indotta dall'infissione, arrestando la penetrazione ad una determinata profondità e registrando l'andamento nel tempo della pressione neutra. I penetrometri statici sono in genere montati su un autocarro che fornisce anche la necessaria reazione con il proprio peso. La capacità di un penetrometro è pertanto limitata a 100-200kN, da cui discende l'impossibilità di penetrare in terreni sabbiosi molto addensati o con orizzonti cementati o con significativa frazione ghiaiosa. In questi casi si può ricorrere ad un preforo, ma così facendo si perdono le osservazioni nel tratto attraversato con la perforazione e si aumenta notevolmente la complicazione ed il costo della prova.I risultati delle prove CPT possono essere utilizzati per il riconoscimento della costituzione del sottosuolo in base ai valori caratteristici assunti dalla resistenza alla punta, all'andamento del profilo penetrometrico, ai valori caratteristici assunti dal rapporto FR, e, nel caso di prove CPTU, anche all'esame delle sovrappressioni interstiziali generate durante l’infissione. In particolare, a stratificazioni di terreni a grana grossa (sabbie e ghiaie) corrispondono profili penetrometrici con andamento marcatamente variabile, valori di qc elevati (2-30 MPa) e sovrappressioni interstiziali generate nel corso dell'infissione trascurabili; a stratificazioni di terreni a grana fina (argille e limi) corrispondono andamenti molto più uniformi e valori di resistenza alla punta più bassi (0-2 MPa), con significative sovrappressioni interstiziali. Poiché il rapporto FR è determinato essenzialmente dalla natura del terreno può aiutare ad oggettivare il riconoscimento stratigrafico (vedi Figure XX e YY e Tabella XX). In definitiva le prove CPT permettono un buon riconoscimento dei terreni eventualmente eseguendo qualche profilo in adiacenza ad un sondaggio per tarare il riconoscimento.Come il numero di colpi dell’SPT, nei terreni a grana grossa la resistenza alla punta è un indice della resistenza (di picco) del terreno e quindi è funzione della tensione efficace in sito, 'v, e del grado di addensamento, Dr, ovvero dell'angolo di attrito, '. Robertson et al. (1983) hanno suggerito di correlare il rapporto qc/NSPT alla dimensione media dei frani del terreno, come mostrato

nella Figura XX. Esistono numerose correlazioni tra qc, Dr e ’v, ottenute principalmente con prove in camera di calibrazione, cioè operando su letti di sabbia ricostituiti in laboratorio in contenitori di grandi dimensioni in condizioni controllate e soggetti a stati tensionali noti. Nella Figura XX sono riportate le correlazioni fra qc, 'v e Dr ottenute da Schmertmann (1976) e Baldi et al. (1981) per sabbie silicee normalmente consolidate e da Baldi et al. (1986) per sabbie sovraconsolidate. Come in precedenza per passare dalla densità relativa all'angolo di attrito al picco si possono utilizzare le correlazioni di Schmertmann (1977), già riprodotte nella Figura YY o la relazione proposta da Bolton (1986). Una correlazione diretta fra qc, 'v e ' è riportata invece nella Figura ZZ.Nei terreni a grana fina la resistenza alla punta può essere messa in relazione alla coesione non drenata, cu, e alla tensione totale litostatica alla profondità della punta, v. Analogia con la formula per la resistenza alla punta non drenata di un palo molto snello: qlim=Nc cu+ D, con qlim = qp e D = z, da cui cu=(qc-z)/Nc, con Nc=15÷25). Esplorare alla lavagna l'andamento atteso della resistenza alla punta per un deposito argilloso normalmente consolidato e sovraconsolidato (dipendenza di cu dall’indice dei vuoti, dell’indice dei vuoti dalla profondità, rapporto cu/’v = f(IP)= costante per un deposito NC). Da questo discende che, per terreni coesivi sovraconsolidati, estrapolando le letture di qc fino alla quota, al disopra del piano campagna corrispondente a qc = 0, si ottiene una stima approssimata dell’erosione che il deposito ha subito nel corso della sua storia geologica. Questo consente di stimare la tensione verticale efficace massima ed il grado di sovraconsolidazione (vedi Figura XX).Come già per le prove penetrometriche dinamiche, la valutazione delle caratteristiche di deformabilità dai risultati di prove CPT è un’operazione concettualmente meno chiara e quindi le correlazioni sono meno affidabili. Per terreni a grana grossa, sono state suggerite numerose correlazioni tra la resistenza alla punta ed il modulo di rigidezza del terreno. Fra di esse la più semplice è:

proposta, con diversi valori di k da De Beer (1965), Webb (1969, Schmertmann et al. (1978). Per fondazioni dotate di un adeguato coefficiente di sicurezza, si può porre Eed = 1.21.4. Meyerhof e Fellenius (1985) suggeriscono i valori di k riportati nella Tabella V. Alcuni risultati recenti ottenuti da Jamiolkowski et al. (1988) su sabbia del Ticino sono riportati nelle Figure XX e YY. Il rapporto tra un modulo di rigidezza (sia esso modulo edometrico o modulo di Young) e la resistenza alla punta viene espresso come funzione della densità relativa e del grado di sovraconsolidazione:

In cui pa è la pressione atmosferica, 'm è la tensione media efficace, e C0, C1 e C2 sono costanti empiriche. Analogamente, per terreni a grana fina il rapporto tra Eu e cu può essere correlato all'indice di plasticità e al grado di sovraconsolidazione (vedi Figura XX).

Come già i risultati dell'SPT anche i risultati del CPT possono essere usati per la progettazione diretta delle fondazioni superficiali in terreni a grana grossa. Schmertmann (1970) ha proposto un metodo per il calcolo del cedimento in asse ad una fondazione usando i risultati della prova CPT . Numerose correlazioni tra le resistenze unitarie alla punta e laterale di un palo di fondazione e resistenza penetrometrica alla stessa profondità (cfr. libro fondazioni di Viggiani).Come accennato, infine, utilizzando il piezocono è possibile eseguire prove di dissipazione della pressione interstiziale indotta dall'infissione, arrestando la penetrazione ad una determinata profondità e registrando l'andamento nel tempo della pressione neutra. Queste prove possono essere interpretate con la teoria della cavità cilindrica o della cavità sferica, risolvendo l’equazione della consolidazione alle differenze finite, e ricavando i valori del coefficiente di consolidazione del terreno, come mostrato negli esempi riportati nelle Figure XX e YY.

5.2 Prova scissometrica (Field Vane Test)La prova scissometrica, introdotta originariamente in Svezia nel 1911, si esegue in terreni coesivi teneri (cu<20-30 kPa) per la determinazione della coesione non drenata. Consiste nella misura della coppia che è necessario applicare ad un utensile costituito da quattro alette verticali e ortogonali tra loro per provocare la rottura del terreno lungo la superficie cilindrica che inviluppa le alette mantenere lo strumento in rotazione con una velocità di 6°/min. Le alette sono caratterizzate da un rapporto L/D = 2, con D = 45-55-65 mm.; lo spessore delle alette è sottile (area palette/area cilindro inviluppo delle palette  0.15). La prova si esegue, infiggendo la coppia di alette 0.5 m al disotto del fondo di un foro di sondaggio e ponendo lo strumento in rotazione. In alternativa si può utilizzare il cosiddetto scissometro autoperforante (o Vane Borer) infisso staticamente nel terreno in modo non dissimile da una punta penetrometrica CPT. In questo caso, durante la penetrazione le alette sono protette da una scarpa; raggiunta la profondità desiderata si arresta la penetrazione dello strumento e si infiggono le sole alette per una profondità di 0.5 m. In entrambi i casi, l'esecuzione della prova, cioè la messa in rotazione dello strumento, ha luogo subito dopo l'infissione (tmax = 5 min).L'interpretazione della prova scissometrica si basa sulla possibilità di correlare il valore del massimo momento torcente misurato nel corso della prova con la resistenza del terreno mobilitata sulla superficie di rottura cilindrica generata dalla rotazione delle palette. Nell'ipotesi che il terreno sia assimilabile ad un mezzo rigido plastico perfetto, siano cu,h e cu,v le resistenze a taglio in condizioni non drenate mobilitate lungo le superfici orizzontali e verticali rispettivamente. Per l'equilibrio, il momento esterno applicato alle aste deve risultare uguale all'integrale dei momenti degli sforzi trasmessi dal terreno al cilindro di terreno trascinato dalle palette nella condizione di rottura, M = Mv + 2Mh, con:

Si noti che si è implicitamente assunto che lo sforzo di taglio lungo le basi sia uniforme e pari a cu,h, congruentemente con l'ipotesi di mezzo rigido plastico perfetto.In definitiva:

Introducendo il grado di anisotropia, R = cu,v/cu,h, si ha:

e, quindi:

Se il terreno è isotropo nei confronti della resistenza non drenata, R = 1:

che è il modo usuale di interpretare le prove scissometriche. L'esperienza ha tuttavia mostrato che i valori i coesione non drenata ottenuti utilizzando l'ultima equazione si discostano da quelli ottenuti dall'analisi a ritroso del comportamento di opere in vera grandezza (soprattutto rilevati e scavi armati) nelle quali siano state raggiunte condizioni di equilibrio limite. Tali discordanze possono essere attribuite ad effetti dell'anisotropia e del tempo (sia nel senso della consolidazione che nel senso della viscosità dello scheletro solido).Anisotropia. Per descrivere la variazione di resistenza non drenata al variare dell'angolo di inclinazione del piano di scorrimento rispetto alla verticale, , si può usare la relazione proposta da Casagrande e Carrillo (1944):

si noti che se  = 90°, cos = 1 e cu,v = cu,h

In presenza di anisotropia della resistenza non drenata i risultati della prova scissometrica si possono interpretare usando la (**) purché si possa valutare in qualche modo il valore di R.Un metodo per la determinazione diretta di R consiste nell'eseguire la prova con lame caratterizzate da diversi valori del rapporto L/D.Infatti:

Questa equazione è una relazione lineare tra le grandezze:

Interpolando con una retta i valori di x ed y ottenuti sperimentalmente si ottiene R.In alternativa, se non è possibile eseguire misure con apparecchi di diverso rapporto L/D, una valutazione di massima di R si può ottenere utilizzando la correlazione di Bjerrum (1973). Effetti del tempo. Un primo problema relativo agli effetti del tempo sui risultati delle prove scissometriche è costituito dalla necessità di fare dissipare le sovrappressioni indotte dalla infissione delle lame (specialmente per gli scissometri autoperforanti, o Vane Borer). A tale scopo, in genere, si lasciano trascorrere  5 min dal termine dell'infissione all'inizio della prova. Questo intervallo di tempo può però risultare insufficiente in terreni a grana molto fina, di bassissima permeabilità, e poco consistenti, e al passare del tempo, si registrano incrementi di cu, che denunciano un fenomeno di equalizzazione delle pressioni interstiziali ancora in atto. Un secondo effetto legato al tempo, che può influenzare i risultati della prova, è la velocità di rotazione delle lame. In presenza di terreni caratterizzati da un comportamento viscoso si osserva un incremento della resistenza non drenata all'aumentare della velocità di rotazione. Per tenere conto di questo effetto, Bjerrum (1973) ha proposto l'impiego di un fattore correttivo dipendente dall'indice di plasticità del materiale per i valori di cu misurati da prove scissometriche:cu, corretto = cu, scissometro R (IP)dove R è un coefficiente minore di 1, tanto più basso quanto più è alto l'indice di plasticità IP

5.3 Prove pressiometricheLe prove pressiometriche sono prove in sito nelle quali si misura la deformazione radiale del terreno dovuta all'espansione di una sonda cilindrica. A seconda del metodo di installazione le attrezzature sono "tradizionali" (pressiometro Menard) o "auto-perforanti". Le prime necessitano che si esegua una perforazione di sondaggio preliminare all'interno del quale viene posizionata la sonda per l'esecuzione della prova alla quota richiesta, mentre nelle seconde lo strumento rimuove un volume di terreno pari a quello della sonda che in esso viene introdotta con il vantaggio di ridurre al minimo il disturbo del terreno circostante lo strumento e quindi di permettere stime dello stato tensionale iniziale e della rigidezza più attendibili. Il pressiometro tradizionale di tipo Menard, sviluppato negli anni '50, consiste di una sonda cilindrica che si espande in direzione radiale, sospesa all'interno di un foro di sondaggio alla profondità alla quale si desidera eseguire la prova, e di una unità per il controllo della pressione e la lettura della variazione di volume della cella di misura, in superficie. La sonda è formata da tre celle: le due celle più esterne prendono il nome di celle di guardia e sono piene di aria in pressione, mentre la cella centrale, che è la vera e propria cella di misura è piena di acqua in pressione. Le celle di guardia servono ad assicurarsi che, nel tratto di misura, l'espansione della sonda sia uniforme, mentre la cella di misura è collegata ad un indicatore dei livelli di acqua che registra le sue

variazioni di volume. La pressione dell'aria e dell'acqua è applicata usando anidride carbonica in pressione ad intervalli temporali e di pressione regolari, e l'espansione della cella di misura registrata a 15, 30, 60 e 120 s dopo ciascun incremento di pressione. Il risultato della prova è un diagramma di variazione di volume in funzione della pressione applicata (curva pressiometrica): esso assume una forma caratteristica che può essere divisa in tre tratti successivi. Inizialmente la pressione cresce da zero fino ad un valore di pressione, p0, prossimo alla tensione totale orizzontale in sito. Segue poi una fase pseudo-elastica in cui la relazione tra la pressione applicata e l'espansione volumetrica della cella di misura è lineare, che si estende tra i valori di pressione p0 e pf, e poi una fase plastica, o delle grandi deformazioni, in cui la curva pressiometrica non è più lineare e volge la concavità verso l'alto. Il massimo valore di pressione che si riesce a mantenere nella sonda si chiama la pressione limite, pl.La pressione corrispondente all'inizio della fase elastica, p0, fornisce una stima della tensione orizzontale in sito e quindi del coefficiente di spinta a riposo. Il tratto corrispondente alla fase pseudo-elastica può essere interpretato facendo riferimento alla teoria dell'espansione della cavità cilindrica in un continuo elastico lineare isotropo con parametri E e per la quale esiste una soluzione analitica in forma chiusa. In particolare risulta:

e, quindi, si può risalire al modulo di Young , E, o del modulo di taglio, G, del terreno come:

In definitiva si pone:

in cui K è una funzione della dimensione iniziale della sonda e del coefficiente di Poisson del terreno, pari a 0.5 in condizioni non drenate (argille) o posto arbitrariamente pari a 0.33 in condizioni drenate (sabbie).La pressione limite, pl, può essere messa in relazione con la resistenza non drenata dei terreni argillosi, cu, facendo riferimento alla teoria dell'espansione della cavità cilindrica in un mezzo rigido plastico perfetto, ottenendo relazioni del tipo:

in cui Np = ¾(Nc - 1) con il fattore di capacità portante di Terzaghi, Nc = 910. Per i terreni a grana grossa, esistono relazioni che legano la pressione limite all'angolo di attrito dei terreni a grana grossa, ', e alla dilatanza.Le prove pressiometriche si sono evolute negli anni sia dal punto di vista della tecnica, sviluppando la tecnica dell'auto-perforazione e migliorando la qualità delle misure, sia dal punto di vista dell'interpretazione e della diversificazione delle modalità di prova. Due esempi di pressiometro auto-perforante sono

quello francese (PAFSOR) e quello inglese dell'Università di Cambridge (CAMKOMETER), che porta anche un trasduttore per la misura della pressione interstiziale sulla membrana della sonda. Tra le possibilità offerte da questo ultimo tipo di pressiometro c'è quella di eseguire una prova di dissipazione, gonfiando la sonda abbastanza rapidamente (in condizioni non drenate), ed osservando la dissipazione delle sovrappressioni interstiziali indotte nel terreno sotto un valore di pressione costante. Questo tipo di prova permette di determinare il coefficiente di consolidazione del terreno in direzione orizzontale. Anche molto diffusa con i pressiometri auto-perforanti la consuetudine di eseguire cicli di scarico e ricarico in campo elastico per determinare un modulo elastico di ricarico.Il risultato di una prova pressiometrica con pressiometro auto-perforante è una curva di pressione applicata in funzione della deformazione radiale misurata. In essa manca il primo tratto perché le pareti della sonda sono già a contatto con le pareti del foro: per questo il valore di pressione alla quale cominciano a registrarsi le deformazioni radiali, p0, fornisce una buona stima della tensione totale orizzontale in sito, h0.

5.4 Prove di carico su piastraLe prove di carico su piastra sono usate per determinare le caratteristiche di deformabilità del terreno, nei casi in cui le dimensioni della piastra possano essere considerate rappresentative per il problema in esame. La zona influenzata dal carico si estende infatti fino ad una profondità pari a circa due volte la dimensione minore della piastra ed essendo questa decisamente limitata (dimensione caratteristica piastra) ne deriva che possano esserci notevoli divergenze tra i risultati della prova ed il comportamento di strutture reali.La prova può essere eseguita sia in superficie, sia al fondo di un foro di sondaggio, ed è particolarmente utile per indagare materiali sabbiosi e ghiaiosi, per i quali non si hanno molte alternative o depositi coesivi consistenti fessurati il cui comportamento per la pronunciata macrostruttura è fortemente influenzato dal volume di terreno interessato dalla prova (le prove di laboratorio e le altre prove in sito, ad eccezione delle prove pressiometriche, interessano un volume di terreno minore).L'interpretazione della prova è basata sulla teoria dell'elasticità, che consente di pervenire ad una soluzione in forma chiusa del problema al contorno in esame e di ricavare:

In cui B è una dimensione caratteristica della piastra, p è il carico unitario applicato, w è il cedimento misurato, I1 è un coefficiente di influenza che dipende dalla forma della fondazione e dallo spessore dello strato deformabile, e I2 è un coefficiente correttivo compreso tra 0.85 e 1 che dipende dalla profondità del piano di posa della piastra.I risultati di prove di carico su piastra sono talvolta utilizzati per ottenere valori della costante di sottofondo, k, per il calcolo delle caratteristiche della sollecitazione nelle strutture di fondazione utilizzando il metodo di Winkler.

Nel modello di Winkler il terreno è assimilato ad un letto di molle elastiche indipendenti o meglio ad un liquido di peso specifico k nel quale la fondazione galleggi; in altre parole si ammette che esista una relazione lineare tra il cedimento in un punto della superficie limite e la pressione agente nello stesso punto, indipendentemente dal valore della pressione in altri punti della superficie limite:

Dove k [FL-3] è detta costante di sottofondo o coefficiente di reazione del terreno, ed è per definizione il rapporto tra carico e cedimento. Il valore del cedimento di una fondazione, tuttavia, oltre che dai valori del carico e alla proprietà del terreno dipende anche dalla forma e dalle dimensioni della fondazione e dalla costituzione del sottosuolo ed è quindi evidente che la costante di sottofondo k non è una proprietà del terreno e non ha alcun senso fornirne valori tipici per un tipo di terreno. Al valore di k determinato con prove di carico su piastra standard di forma quadrata o circolare con lato o diametro b= 0.3 m può assegnarsi il simbolo . Avendo fissato la forma e le dimensioni della piastra il valore di dipende solo dalle caratteristiche del terreno di fondazione e d ha quindi senso assumere per esso valori tipici che dipendono solo dal tipo di terreno di fondazione, come indicato nella Tabella VII. Per essere utilizzati per l'analisi di una fondazione di forma e dimensioni diverse da quella standard i valori della costante di sottofondo devono essere opportunamente modificati. In prima approssimazione e per il campo di profondità di interesse per una fondazione diretta un terreno coesivo sovraconsolidato può essere assimilato ad un mezzo elastico omogeneo. Per un mezzo siffatto il cedimento di una piastra di lato b vale:

Mentre il cedimento di una fondazione di larghezza B vale:

Si ha allora:

Dalla quale tenendo conto dei valori dei coefficienti relativi al quadrato o cerchio e striscia indefinita, si ottiene:

In un terreno a grana grossa, invece, per l'aumento dello stato di tensione efficace, la rigidezza aumenta con la profondità e il cedimento cresce con legge meno che lineare con la dimensione in pianta della fondazione e tende ad un valore asintotico al tendere ad infinito della dimensione B. Un comportamento di questo tipo può essere modellato con il cosiddetto mezzo alla Gibson, cioè semispazio elastico con modulo di Young crescente linearmente con la profondità. Ai fini della valutazione di k si può utilizzare la relazione empirica proposta da Terzaghi e Peck (1948):

che porta ad un valore asintotico di w = 4w1 per B che tende all'infinito e assume che non vi sia una significativa dipendenza del cedimento dalla forma in pianta della fondazione. Si ha allora:

Si ricorda che il modello di Winkler non è coincidente con quello del semispazio elastico. È un modello molto povero (una sola costante elastica, k, mentre anche nel più scemo dei semispazi elastici – quello isotropo – ci vogliono almeno due costanti elastiche – E e , K e G, e – per descrivere il legame costitutivo), qualche volta i risultati di un calcolo fatto con Winkler possono essere molto fuorvianti. Discutere in aula l'esempio del serbatoio circolare calcolato con Winkler e con il semispazio elastico.5.5 Prove dilatometricheLe prove dilatometriche si eseguono con il dilatometro piatto (o dilatometro Marchetti, dal nome del collega – Università dell'Aquila – che lo ha inventato). La prova consiste nella dilatazione, mediante invio di gas in pressione, di una membrana piana di forma circolare del diametro di 60 mm, situata sulla faccia di una lama di spessore pari a 14 mm e larghezza pari a 95 mm, che viene infissa nel terreno con procedura identica a quella delle prove penetrometriche statiche. La penetrazione della lama viene arrestata ogni 200 mm per eseguire la prova, che viene effettuata non appena raggiunta la quota desiderata, senza tempi di attesa.Durante la prova si misurano la pressione corrispondente al primo spostamento della membrana e quella corrispondente ad uno spostamento prefissato di 1.1 mm. Una serie di correlazioni empiriche consente di ottenere informazioni sulla stratigrafia del terreno sulla storia tensionale del deposito e sulle caratteristiche di deformabilità e resistenza.Per la valutazione del coefficiente di spinta a riposo K0 con prove dilatometriche in terreni coesivi (non cementati), si può procedere come segue:

1. si determina la pressione p0 corrispondente all'inizio del moto della membrana, segnalato dall'interruzione di un segnale elettrico (membrana verticale);

2. si determina la pressione p1 necessaria all'espansione della membrana per un tratto pari ad 1.1 mm, ance questa espansione è segnalata dalla chiusura di un contatto elettrico;

3. si calcola l'indice di sforzo laterale:

correlabile in modo empirico a K0.In numerosi depositi argillosi normalmente consolidati si è osservato che KD

 2, mentre in argille fortemente sovraconsolidate KD  2. In alcune sezioni

di pendii instabili in depositi argillosi sovraconsolidati caratterizzati da valori di KD = 5 – 10, sono state individuate zone di spessore compreso tra 0.5 – 1.0 m con valori di KD  2. La diminuzione di KD è stata associata alla presenza di materiale rimaneggiato appartenete ad una zona (o banda) di scorrimento. Il profilo di KD può essere allora adoperato per individuare zone di taglio facenti parte di superfici di scorrimento di frane avvenute; se si è investigata più di una verticale, si può giungere alla ricostruzione della o delle superfici di scorrimento. Si noti che il fatto che la diminuzione di KD sia associata alla presenza di materiale rimaneggiato per scorrimento è solo un'ipotesi; i risultati sono incoraggianti ma non sono sufficienti per essere considerati di validità generale; è necessario confrontare i risultati ottenuti con prove dilatometriche con quelli di altri metodi che consentono di individuare la superficie di scorrimento in modo più certo (in clinometri, osservazione diretta, etc.).Si calcolano anche l’indice di materiale:

che viene messo in relazione alla natura del materiale nel quale si è eseguita la prova, ed il modulo dilatometrico:

Quest’ultimo viene correlato al modulo di taglio iniziale, G0, utilizzando correlazioni del tipo di quella riportata nella Figura ZZ.

6. Permeabilità e pressioni interstiziali

6.1 Richiami di idraulica della filtrazione

Nei processi di filtrazione il moto dell'acqua si verifica da punti cui compete maggiore energia a punti cui compete minore energia. Se ci si riferisce ad un elemento di fluido di peso unitario, i termini di energia possono convenientemente essere espressi sotto forma di altezze. Si definisce così il carico idraulico totale, H:

in cui z è la quota geometrica rispetto ad un riferimento arbitrario, u e w sono la pressione del fluido ed il suo peso specifico, e V è la velocità del fluido. La perdita di carico totale H tra due punti del campo del moto esprime il lavoro speso per vincere le resistenze al moto. Nei problemi di filtrazione le velocità dell'acqua sono in genere molto piccole così che l'altezza cinetica, V2/2g, può essere trascurata senza apprezzabili errori e il carico idraulico totale può essere confuso con la quota piezometrica, h:

Il rapporto tra la perdita di carico, h, tra due punti e la lunghezza del tratto in cui essa si realizza, L, è detto gradiente idraulico, i = h/L = grad h. Nel caso di moto laminare la velocità di flusso attraverso un mezzo poroso può essere legata al gradiente idraulico attraverso la relazione sperimentale di d'Arcy (1856):

in cui k è il coefficiente di conducibilità idraulica o coefficiente di permeabilità1.Resta da osservare che la velocità di filtrazione, , che appare nella legge di d'Arcy non è la velocità effettiva del fluido nel mezzo poroso. Nei moti di filtrazione, infatti, l'acqua si muove nel terreno attraverso gli spazi intergranulari che hanno forma e dimensioni molto variabili; di conseguenza

1 In realtà k non è una caratteristica del mezzo poroso ma dipende anche dalle caratteristiche del fluido filtrante:

dove kPij, coefficiente di permeabilità intrinseca, è caratteristico del mezzo poroso e e sono la densità e la viscosità del fluido filtrante. Poiché la densità e la viscosità del fluido filtrante sono funzioni della temperatura il valore della permeabilità viene in genere riportato a quello corrispondente alla temperatura di 20°C tramite la relazione:

in cui i suffissi T e 20 si riferiscono a 20°C e a T°C, rispettivamente.

sono molto variabili i valori locali della velocità nei diversi punti del campo di moto. Nello studio dei problemi di filtrazione si rinuncia ad una descrizione puntuale del campo di moto e si fa riferimento ad una velocità media apparente, o velocità di filtrazione, , riferita all'area lorda (vuoti + pieni) interessata dal moto di filtrazione. Si noti anche che la velocità di filtrazione è minore della velocità media attraverso i pori, v p (riferita cioè alla sola frazione di area lorda corrispondente ai vuoti). Dalla definizione di porosità, n = Vv/V, con Vv volume dei vuoti e V volume totale, deriva:

Nel ricavare le equazioni della filtrazione il terreno verrà assimilato ad un mezzo poroso saturo, omogeneo ed elastico lineare isotropo. Si faranno inoltre le ipotesi di incompressibilità dell'acqua e delle particelle che costituiscono lo scheletro solido. In generale l'equazione di continuità, che esprime il principio di conservazione della massa per la fase fluida, può scriversi:

dove Vt è il dominio dello spazio occupato da una data massa di fluido al tempo t e wn, con n porosità del mezzo, è la densità di massa del fluido nel mezzo poroso. Per il teorema di Reynolds l'equazione di continuità può scriversi:

dove t è la frontiera di Vt e è il versore della normale ad . Il primo integrale rappresenta la variazione locale della densità di massa del fluido mentre il secondo rappresenta il flusso di massa attraverso la frontiera di Vt. Si noti che il prodotto n v = vp . Dal teorema della divergenza:

Ne consegue:

Poiché l'integrale deve risultare nullo per ogni Vt, deve essere:

che è la forma "locale" dell'equazione di continuità. Nelle ipotesi di incomprimibilità dell'acqua (w = cost.) l'equazione di continuità si semplifica nella:

La velocità di filtrazione può essere espressa in funzione del gradiente idraulico usando la relazione di d'Arcy:

sostituendo:

Nelle ipotesi di completa saturazione del mezzo e di incompressibilità dei granuli:

se poi il mezzo poroso è assimilato ad un continuo elastico ed isotropo:

con ' modulo di compressibilità volumetrica dello scheletro solido e p'= 1/3 tr('). Introducendo infine l'ipotesi di isotropia del mezzo nei riguardi della permeabilità il tensore k si riduce a k =k1 dove lo scalare k è costante per l'ipotesi di omogeneità del mezzo. In definitiva può scriversi:

Nel caso di flusso stazionario le caratteristiche del moto variano da punto a punto ma sono indipendenti dal tempo. In questo caso l'equazione della filtrazione si riduce all'equazione di Laplace:

Si noti che la dipendenza dal tempo scompare anche nel caso in cui, pur variando le condizioni idrauliche al contorno, lo scheletro solido sia indeformabile (' = 0). L'equazione che regge il fenomeno di transitorio è allora formalmente identica a quella che regge il regime stazionario. Questo non vuol dire che la soluzione non dipenda dal tempo, perché nel transitorio variano nel tempo i valori di h al contorno. Avendo ipotizzato l'incompressibilità del fluido e del mezzo poroso ogni variazione delle condizioni al contorno si trasmette istantaneamente in ogni punto del campo di moto.

6.2 Determinazione della permeabilità in sitoLa determinazione delle caratteristiche di permeabilità per i terreni coesivi a grana fina si può effettuare in laboratorio su campioni indisturbati (come?! Permeametro a carico costante e variabile, edometro). La permeabilità alla scala del campione di laboratorio, tuttavia, può differire sostanzialmente dalla permeabilità del deposito in sito per la grande influenza che hanno sul valore del coefficiente di permeabilità le macrostrutture come intercalazioni di terreni a granulometria più grossa, presenza di fessure, etc. Per i terreni a grana grossa, per i quali il campionamento indisturbato è impossibile si devono eseguire misure in sito con prove in foro o prove di emungimento da pozzi. Le prove in foro si eseguono solo in terreni con permeabilità medio alta e vengono condotte nel corso della perforazione di sondaggi o in fori appositamente eseguiti predisponendo una opportuna sezione filtrante in

corrispondenza del punto di misura ed applicando una differenza di carico idraulico tra l'interno del foro ed il terreno.A seconda della direzione in cui avviene il flusso si distingue tra:

a. prove di immissione (moto di filtrazione dal foro verso il terreno)b. prove di emungimento (moto di filtrazione dal terreno verso il foro)

Inoltre le prove possono essere condotte:a. a carico costante, misurando la portata in ingresso o in uscita dal foro,

necessaria a mantenere il moto in condizioni stazionarieb. a carico variabile, misurando la velocità di abbassamento o risalita del

livello d'acqua nel foro.Problemi di intasamento del filtro e/o erosione delle pareti del foro. È buona norma eseguire le prove a coppie assumendo come valore di permeabilità la media tra i due valori. È anche importante controllare la linearità della relazione che lega carico idraulico e portata (se la portata aumenta in modo meno che lineare con il carico idraulico applicato, intasamento, se più che lineare, erosione e perdita di condizioni laminari del flusso).Le prove a carico costante sono eseguite secondo lo schema riportato nella Figura XX. Il valore della permeabilità è valutato dalla relazione Q = FkH in cui H è la differenza di carico idraulico tra foro e terreno ed F è un coefficiente di forma (coefficiente di ingresso) che dipende dalla geometria della sezione filtrante e dalle caratteristiche del problema in esame (nel senso specificato dalla Figura XX).Se il terreno presenta una significativa anisotropia della permeabilità il valore misurato è più prossimo a kh. Nelle prove a carico variabile, per il principio di conservazione della massa:Qdt=Fkhdt=-Adhin cui A è l'area della sezione del foro. Separando le variabili:

e integrando:

cioè:

dove h0 è il livello dell'acqua nel foro al tempo t0 di inizio della prova.Le prove in foro possono essere considerate praticamente puntiformi date le dimensioni ridotte della sezione filtrante. Quando si vuole valutare la permeabilità complessiva di uno strato di terreno incoerente, una stima migliore si ottiene mediante prove di emungimento da pozzi con misura delle pressioni interstiziali a varie distanze dall'asse del pozzo.

Per l'interpretazione della prova è necessario esaminare le condizioni idrauliche nel sottosuolo. Nella maggior parte dei casi queste sono riconducibili ad uno dei due schemi:

1. acquifero confinato (Thiern, 1906)2. acquifero confinato solo inferiormente (Dupuit, 1863)

In un acquifero confinato, se il pozzo interessa tutto l’acquifero, le linee di flusso sono orizzontali. Si ammette comunque che le linee di flusso siano orizzontali se il pozzo interessa non meno del 70% dello spessore dell’acquifero. In questo caso i piezometri necessari alla osservazione della posizione della superficie piezometrica nell’intorno del pozzo possono essere disposti a qualunque distanza dal pozzo. Al contrario, se la zona filtrante interessa solo in parte l’acquifero, l’influenza della componente verticale della velocità di filtrazione può essere trascurata solo a distanze r dall’asse del pozzo tali che:

in cui kh e kv sono i valori della permeabilità in direzione orizzontale (radiale) e verticale e b è lo spessore dell'acquifero. Per l’interpretazione della prova si ammette che l’acquifero sia confinato tra due strati orizzontali, che abbia estensione infinita e che sia omogeneo e isotropo. Si ammette inoltre che il volume di acqua immagazzinato nel pozzo sia trascurabile rispetto al volume dell’acquifero. Infine si ipotizza che il pozzo interessi interamente lo spessore dell’acquifero e che la portata di emungimento sia costante nel tempo. È evidente che il moto dell’acqua che si genera nell’acquifero durante la prova di pompaggio ha carattere transitorio. Tuttavia per tempi sufficientemente elevati e a distanze sufficientemente piccole dall’asse del pozzo, l’andamento del cono di depressione della superficie piezometrica è tale che l’abbassamento relativo tra due piezometri risulta indipendente dal tempo e la soluzione coincide con quella relativa alle condizioni di filtrazione stazionaria (si parla anche di condizione quasi stazionaria). In condizioni stazionarie la portata che attraversa ciascuna sezione cilindrica di raggio pari ad r è costante e vale:

separando le variabili:

e integrando tra r1 e r2 e h1 e h2, si ottiene:

da cui è possibile ricavare k (si noti che questo valore del coefficiente di permeabilità è praticamente kh).In un acquifero non confinato per ottenere la massima depressione della superficie piezometrica è sufficiente predisporre una sezione filtrante nella parte inferiore del pozzo la cui lunghezza sia pari alla metà o a un terzo dello

spessore dell’acquifero. Il moto di filtrazione ha nuovamente carattere non stazionario e la portata d’acqua emunta dal pozzo scaturisce dai tre meccanismi di espansione dell’acqua dovuta alla riduzione di pressione, compressione dello scheletro solido e abbassamento della superficie freatica. La prova di pompaggio in un acquifero non confinato costituisce un problema di filtrazione a frontiera mobile estremamente complicato. In pratica, per l’interpretazione ci si riconduce a circostanze alle quali è applicabile l’ipotesi di Dupuit (equipotenziali verticali, linee di flusso radiali e orizzontali) e in tal caso, per tempi sufficientemente lunghi e a distanze non eccessive dal pozzo si può dimostrare che si instaura una condizione di filtrazione quasi stazionaria. In condizioni stazionarie e nelle ipotesi di Dupuit, risulta:

separando le variabili:

e integrando tra r1 e r2 e h1 e h2, si ottiene:

da cui è possibile ricavare k (si noti che anche questo valore del coefficiente di permeabilità è praticamente kh).

6.3 Misure di pressione interstizialeLa misura in sito della pressione interstiziale riveste un'importanza fondamentale nell'analisi della maggioranza dei problemi di geotecnica. Infatti, il comportamento meccanico (resistenza e rigidezza) dei terreni dipende dalle tensioni efficaci 'ij (= ij - iju). La tensione efficace, 'ij, non può essere misurata direttamente, la tensione totale, ij, può essere misurata o calcolata in modo piuttosto affidabile (è quella in equilibrio con i carichi totali agenti). Per quanto riguarda la u sono possibili due situazioni:1. la u è idrostatica o corrispondente a condizioni di moto stazionario (u è

in equilibrio con le condizioni idrauliche di contorno). Si calcola attraverso l'applicazione della teoria dei moti di filtrazione in un mezzo poroso. Una volta risolta l'equazione di Laplace, sono noti i valori di h, e quindi i valori di u = w(h-z) in ogni punto ed è quindi possibile calcolare in ogni punto le tensioni efficaci:

Le equazioni indefinite dell'equilibrio scritte in termini di tensioni efficaci:

mostrano che, se l'acqua contenuta nei pori è in condizioni di quiete o di moto permanente (in altre parole: se i termini h/xi sono da considerarsi alla stregua di termini noti perché possono essere ricavati dalla soluzione dell'equazione di Laplace), le variazioni delle tensioni efficaci sono da considerarsi disaccoppiate da quelle delle pressioni interstiziali; le stesse equazioni mostrano, inoltre, che in generale lo scheletro solido è in equilibrio sotto l'azione delle tensioni efficaci e delle cosiddette forze di filtrazione (wh/xi) che l'acqua in moto esercita su di esso. Le incertezze del calcolo, nel caso di condizioni di moto stazionario, sono legate all'eterogeneità nei valori del coefficiente di permeabilità (k1, k2,…), all'anisotropia dei terreni (kv  kh), e all'influenza delle macrostrutture.

2. le condizioni sono non drenate: vale u = B[3 + A(1 – 3)] (o simile) al tempo t = 0, e bisogna usare la teoria della consolidazione (monodimensionale o tridimensionale) per il calcolo delle pressioni interstiziali nei tempi successivi. Le incertezze del calcolo sono legate, in questo caso, alla determinazione di u (dipendenza di A dallo stato tensionale e dalla storia di carico), e, per la fase di consolidazione, alla determinazione della posizione e della continuità delle superfici drenanti, alla presenza di macrostrutture. Resta poi sempre la questione di stabilire quanto dura la condizione non drenata… Esempi rilevanti per la geotecnica: previsione del tempo di consolidazione di un banco argilloso naturale, calcolo delle portate affluenti ad uno scavo sotto falda, previsione dell'efficienza di un sistema di drenaggio, regime delle spinte esercitate da un terrapieno su di una struttura di sostegno provvisoria, etc.

Gli strumenti e le tecniche impiegate si differenziano fra loro a seconda delle caratteristiche del terreno nel quale vengono installati. In particolare si distinguono: piezometri idraulici: a tubo aperto

a cella porosa, tipo Casagrandea circuito chiuso

celle piezometriche: elettrichea corda vibrantepneumatiche

I piezometri idraulici a tubo aperto sono costituiti da una tubazione metallica o in pvc, dotata di una sezione terminale forata e ricoperta generalmente da un filtro in geotessile, che viene posizionata alla profondità desiderata mediante una perforazione di sondaggio. Se si è in presenza di un deposito omogeneo e la quota piezometrica è costante con la profondità non è necessario sigillare il tratto finestrato. Se invece si è interessati ad una misura localizzata, per garantire l'isolamento idraulico della sezione di misura dagli altri strati attraversati dalla perforazione, al di sotto ed al di sopra di tale sezione vengono posti dei tamponi di bentonite, di spessore pari a 0.6 m.La misura si esegue lasciando che l'acqua presente all'interno del tubo raggiunga le condizioni di equilibrio con l'acqua all'interno del terreno e misurando con una sondina la profondità della superficie libera all'interno del

tubo in condizioni di equilibrio. Poiché il diametro del tubo è piuttosto grande (50 mm), il raggiungimento delle condizioni di equilibrio richiede l'ingresso nel tubo di volumi di acqua considerevoli. Tali tipi di piezometri vengono utilizzati in terreni a grana grossa quali sabbie grosse e ghiaie. I piezometri a cella porosa di tipo Casagrande sono tra i più semplici e maggiormente diffusi strumenti per la misura delle pressioni interstiziale, essendo impiegabili anche in terreni relativamente poco permeabili (10-

8 m/s<k<10-5 m/s – sabbie limose e limi). Essi sono costituiti da una cella porosa cilindrica ( = 5-8 cm, h = 20-25 cm), la cui cavità interna è collegata a due tubicini rigidi di pvc con  = 1.0-1.5 cm. La cella porosa viene posizionata in corrispondenza del punto di misura mediante un foro di sondaggio. A sondaggio ultimato,con il rivestimento in opera, si riempie il foro con malta di cemento, bentonite e acqua (50-6-100) fino a 0.5 m al disotto della quota prevista per il piezometro. Si pone poi in opera un filtro dello spessore di 0.5 ritirando man mano il rivestimento. Si pone in opera il piezometro in ed isolata idraulicamente dai terreni attraversati mediante un tappo di bentonite, mentre i tubicini di pvc vengono prolungati fino all'estremità del foro. L'esecuzione della misura è concettualmente simile a quanto già visto per i piezometri a tubo aperto.Quando la pressione neutra da misurare corrisponda ad un livello d'acqua posto più in alto della superficie del terreno, l'estremità superiore del tubo piezometrico viene chiusa con un manometro: si ottiene così il piezometro idraulico a circuito chiuso, tra l'altro dotato di maggiore prontezza. Un esempio di piezometro a circuito chiuso è quello introdotto da Bishop, rappresentato in Figura xx. La pietra porosa ceramica delimita una cella piezometrica collegata al manometro di misura tramite due tubicini di plastica, che consente di effettuare il lavaggio della cella eliminando eventuali bolle d’aria.Un piezometro di prontezza molto elevata può essere ottenuto rinunziando alla comunicazione idraulica tra la cavità piezometrica e l'esterno e misurando invece la pressione all'interno della cavità con un trasduttore di pressione. Si ottiene così una cella piezometrica. I tipi di celle piezometriche si differenziano per il tipo di trasduttore utilizzato per la misura della pressione interstiziale; in tutti i casi la misura di pressione viene ricondotta alla misura dell'inflessione di un diaframma metallico. Se la pressione nella cavità agisce su un diaframma la cui inflessione è bilanciata dalla pressione di un gas si ha un piezometro pneumatico; se l'inflessione del diaframma è misurata con un estensimetro a filo vibrante (e, in questo caso si opera una misura della frequenza di vibrazione libera di un filo metallico collegato al diaframma) il piezometro si dice a corda vibrante; se l'inflessione del diaframma è misurata con estensimetri elettrici a variazione di resistenza, il piezometro si dice elettrico o a strain gauges.Piezometro pneumatico. Due tubicini pneumatici, in cui può essere immesso azoto in pressione, collegano lo strumento alla superficie. Le letture si ottengono ad un manometro. Il piezometro contiene una membrana flessibile su cui agisce da un lato la pressione dell'acqua e dall'altro la pressione dell'azoto. Quando la pressione del gas eccede la pressione dell'acqua la membrana si stacca dal circuito di scarico. Appena il gas ritorna in superficie si chiude la fornitura del gas. La pressione del gas nel sistema diminuisce fin

quando la pressione dell'acqua eguagli quella del gas e la membrana torna nella posizione indeformata. A questo punto si può leggere la pressione sul manometro.Piezometro a corda vibrante converte la pressione interstiziale in una frequenza utilizzando una membrana deformabile, una corda di acciaio tesa e un avvolgimento elettromagnetico. Un cambiamento della pressione nell'acqua di porosità deforma una membrana a cui è fissata la corda, quindi cambia la tensione nella corda. Se eccitata dal magnete la corda vibra alla sua frequenza naturale e genera un segnale elettrico trasmesso alla centralina.Piezometro a strain gauges. Estensimetro elettrico a variazione di resistenza. Ponte di Wheatstone.Le modalità di installazione sono analoghe a quelle dei piezometri idraulici; il segnale elettrico è riportato in superficie attraverso cavi elettrici. In terreni argillosi di ridotta consistenza le celle piezometriche possono essere installate per infissione statica. Durante l'infissione l'elemento poroso è protetto da un manicotto che ne impedisce danneggiamenti ed occlusioni. Raggiunta la quota prefissata per l'esecuzione della misura, il manicotto viene sollevato e la sezione di misura rimane a contatto con il terreno. Nella maggior parte dei casi i piezometri infissi possono essere recuperati al termine delle misure. I piezometri a tubo aperto sono molto semplici ed economici ed inoltre sono certamente i più sicuri ed affidabili. Fra gli inconvenienti associati all'uso dei piezometri idraulici a tubo aperto si possono citare la prontezza limitata e l'elevato costo di esercizio derivante dall'impossibilità di centralizzare ed automatizzare le misure (bisogna mandare l'omino a fare la lettura). Sono particolarmente adatti per piccole installazioni, o come strumenti di controllo in grandi installazioni.Di contro, le celle piezometriche sono caratterizzate da una prontezza assai elevata che ne rende possibile l'uso anche in terreni a grana fina. Il campo delle pressioni misurabile è molto ampio, la centralizzazione ed automatizzazione delle misure agevole. Di contro il loro costo è elevato (anche se il maggiore costo di acquisto può essere compensato dal minore costo di esercizio). Sono perciò adatti per installazioni che comprendano un grande numero di strumenti e/o che richiedano misure frequenti per lunghi periodi di tempo. Nel lungo termine possono dare problemi di deriva e/o di guasti occasionali. È buona norma prevedere strumenti abbondanti rispetto alle misure strettamente necessarie.

6.4 Tempo di risposta di un piezometroLa pressione dell’acqua all’interno di un piezometro può essere diversa da quella esistente nel terreno circostante (ad esempio a causa di perturbazioni rappresentate dall’applicazione di carichi in superficie o dall’esecuzione di scavi, o per effetto di oscillazioni della falda). È pertanto necessario che un volume di acqua fluisca verso o dal piezometro perchè si raggiunga una condizione di equilibrio. Si definisce deformabilità volumetrica di un piezometro, V, il rapporto tra il volume di acqua V che deve affluire al

piezometro perchè esso sia in grado di registrare una variazione di pressione u, e la variazione di pressione stessa:

Ad esempio, per un piezometro a tubo aperto, la deformabilitá volumetrica è:

in cui A è l’area della sezione trasversale del piezometro e h é l’innalzamento del livello dell’acqua all’interno del piezometro. Durante la fase transitoria in cui il piezometro non è a regime, la quota piezometrica dell’acqua all’interno del piezometro è diversa da quella dell’acqua all’esterno del piezometro ed ogni misura effettuata in tale fase non è rappresentativa del reale valore della pressione interstiziale. Il tempo richiesto per raggiungere la condizione di equilibrio dipende dalle caratteristiche del terreno e dalle caratteristiche del piezometro. Una analisi semplificata può effettuarsi con riferimento al piezometro a tubo aperto rappresentato nella Figura XX trascurando la compressibilità del terreno, cioè ammettendo che il moto sia caratterizzato da un campo di velocità indivergente e assumendo che le dimensioni del piezometro siano abbastanza piccole.Equazione di continuità:

Ricordando che: e e quindi

risulta:

separando le variabili:

Si osserva che il rapporto:

Ha le dimensioni fisiche di un tempo e viene detto tempo di ritardo fondamentale del piezometro. Esso dipende sia dalle caratteristiche del piezometro, attraverso il rapporto A/F, sia dal coefficiente di permeabilità del terreno in cui esso è inserito.Sostituendo l'espressione di T ed integrando si ottiene:

Si introduce un rapporto di equalizzazione:

il cui valore è pari a zero per H/H0 =1 (e cioè all'inizio del periodo di equalizzazione) e tende ad uno al crescere del tempo. Il tempo necessario ad ottenere E=1 è teoricamente infinito. In pratica si definisca tempo di equalizzazione di un piezometro, il tempo necessario per ottenere E=0.95, cioè:

Se invece di un piezometro a tubo aperto si ha a che fare con un qualunque altro tipo di piezometro idraulico a tubo chiuso o con una cella piezometrica, in luogo dell'area A del piezometro bisogna inserire il prodotto tra la deformabilità volumetrica della cella ed il peso dell'unità di volume dell'acqua:

e cioè:

In clinometriGli spostamenti orizzontali che precedono o accompagnano i movimenti franosi vengono misurati mediante appositi tubazioni flessibili, tubi inclinometrici, collocati verticalmente nel terreno. Le indagini vengono eseguite calando nei tubi uno strumento (inclinometro) contenente nel suo interno un pendolo, che indica le deviazione rispetto alla verticale.

Si esegue una prima lettura ad intervalli di quota minimi e si conducono poi successive rilevazioni per individuare le variazioni verificatesi nell’inclinazione alle medesime quote.Tali variazioni possono essere integrate per determinare le inflessioni intervenute nel periodo di tempo intercorrente tra due serie di letture. La precisione delle rilevazioni non dipende tanto dalla sensibilità dello strumento usato quanto piuttosto dalla circostanza che le diverse serie di letture siano state o meno eseguite alle medesime profondità e col medesimo orientamento dell’apparecchiatura.

Il dispositivo comunemente usato per soddisfare le suddette condizioni consiste in un tubo scanalato (dotato di 4 scanalature) internamente, nel quale sono eseguite le osservazioni per mezzo della sonda inclinometrica. Tale sonda è costituita da un pendolo la cui punta crea un contatto su una bobina e la divide in due resistenze in modo da formare la metà di un ponte di Wheatstone; l’altra metà, contenuta in una scatola di controllo portatile superficiale (unità di superficie), include un potenziometro di precisione le cui letture sono direttamente proporzionali alla inclinazione dello strumento rispetto al pendolo.

Lo strumento viene guidato nella discesa da quattro ruote molleggiate e complanari al piano del pendolo, che viaggiano nelle scanalature del tubo di rivestimento. Quest’ultimo infatti, avente diametro di circa 2,5 pollici e realizzato in materiale plastico (oppure di alluminio anodizzato o di vetroresina), possiede al suo interno due coppie di scanalature ruotate di 90° l’una rispetto all’altra, che consentono di orientare lo strumento.

La deformazione del tubo viene determinata eseguendo le misure nei due piani perpendicolari.

Lo strumento, in definitiva, è concepito per misurare solamente movimenti del terreno normali all'asse del sondaggio (nel caso generale di sondaggi subverticali, i movimenti rilevabili sono solo quelli orizzontali). La sonda inclinometrica, in definitiva, può rilevare l'andamento degli spostamenti lungo l'asse del sondaggio in modo completo e dettagliato e può essere usata per localizzare i movimenti del terreno, ovunque essi abbiamo luogo. Le sonde inclinometriche possono anche essere collegate in serie lungo la verticale mediante un cavetto d’acciaio, inserito all’interno del tubo inclinometrico verticale e ivi lasciate in posizione FISSA (INCLINOMETRI FISSI).

Gli inclinometri fissi trovano applicazione nei casi in cui si abbia l’esigenza di eseguire misure “in continuo” oppure “a distanza”.