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L UGLIO 2017 MOSORROFA E TUTTA LA VALLATA DEL SANTAGATA BRUCIA. Periodico Mosorrofano di cultura. sport e attualità Leggete e diffondete ‘U MANDAGGHIU- PISA POCU E NON CUSTA Contatti: Redazione: [email protected] Giuseppe Nicolò: [email protected] - 3393437559 Demetrio Giordano: [email protected] - 3454663695 Demetrio Crea: [email protected] - 3932988880 Seguici anche su: www.umandagghiu.wordpress.com U Mandagghiu Periodico Mosorrofano Periodico a cura dell‟Associazione Culturale “Messòchora” Anno IV. Numero 5 Mosorrofa e tutta la vallata del Sant’Agata brucia. Pazzi, criminali, delinquenti, ignoranti,...come si pos- sono definire questi incoscienti che hanno provocato un disastro ambien- tale che va oltre l’immaginabile. Ca- nadair a fare la spola tra il mare e la collina nel tentativo di spegnere l’in- ferno che divora alberi e cose metten- do in serio pericolo anche le abitazio- ni. Elicotteri continuano a scaricare acqua sulle fiamme che ormai lambi- scono le case. Vigili del fuoco e vo- lontari si affannano a porre riparo all’azione insensata dei piromani e la nostra gente lì a guardare andare in fumo la ricchezza delle generazioni future. Una tragedia assurda insop- portabile che si ripropone ogni esta- te . No. non sono gli altri a distrugge- re le numerose opportunità della no- stra terra. sono gente nostra come noi, che hanno figli come noi, che do- vrebbero arrabbiarsi come noi e inve- ce forse poco più lontano da noi assi- stono soddisfatti all’immenso danno prodotto. Nuovi neroni senza cetra ci fanno ascoltare insopportabili e lugu- bri rintocchi di campane per la nostra montagna che muore. Basta .. Ba- staaa. Bisogna fare qualcosa. Capire le ragioni e gli eventuali interessi a tante nefandezze. È evidente che siamo in presenza di azioni dolose. ripetute e diffuse. Bisogna individuare i crimi- nali che hanno provocato questo disa- stro. La loro azione e pari all’omicidio e come tale va trattata. Ora è neces- sario intervenire per reprimere, ma da subito bisogna attivarsi per impe- dire che simili tragedie possano ripe- tersi. Prevenire è meglio che curare è il ritornello che abbiamo imparato sin da bambini, ma questo è il paese delle priorità sovvertite, il paese delle emergenze volute e create. Qualcuno dovrebbe domandarsi come mai in un passato nemmeno tanto lontano nes- sun incendio portava distruzioni e morte sul versante delle nostre colli- ne, eppure da Sala ai campi, il grano biondeggiava carico di spighe fino alla mietitura. Forse perché il territorio era patrimonio di tutti e tutti lo difen- devano? Forse perchè la tanto vitupe- rata Cassa per il Mezzogiorno finan- ziava anche i piccoli proprietari che aiutati apportavano notevoli migliorie ai loro fondi che coltivavano egregia- mente regimentando le acque e rea- lizzando per tempo e nel tempo giu- sto le linee tagliafuoco con la massi- ma attenzione e sorveglianza? Forse perché si era più comunità e non si aspettava l’arrivo dei pompieri per correre con badili per soffocare qual- siasi accenno di fiamme? Forse... for- se … sicuramente la strada che oggi si percorre non è quella giusta per una gestione efficace del territorio. S OMMARIO: Pag.2 A MOSORROFA IL CAMPO DI PAINT- BALL PIÙ GRANDE DELLA CITTÀ Pag.3/5 NESSUNO LASCEREBBE CASA A MENO CHE NON SIA LA CASA A CACCIARTI A RIVA Pag.4 MONTEVARESE - USI E COSTUMI DI UN MONDO CHE NON CÈ PIÙ Pag.5 PROFUMO DI CADDARA ATTO SECONDO Pag.6 PARLARE CON I SORDI È TEMPO PERSO di Giuseppe Nicolò Non è una colata lavica dell’Etna è Mosorrofa che brucia

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LUGLIO 2017

MOSORROFA E TUTTA LA VALLATA DEL SANTAGATA BRUCIA.

Periodico Mosorrofano di cultura. sport e attualità

Leggete e diffondete ‘U MANDAGGHIU- PISA POCU E NON CUSTA

Contatti: Redazione: [email protected] Giuseppe Nicolò: [email protected] - 3393437559 Demetrio Giordano: [email protected] - 3454663695 Demetrio Crea: [email protected] - 3932988880

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U Mandagghiu Periodico Mosorrofano

Periodico a cura dell‟Associazione Culturale “Messòchora”

Anno IV. Numero 5

Mosorrofa e tutta la vallata del Sant’Agata brucia. Pazzi, criminali, delinquenti, ignoranti,...come si pos-sono definire questi incoscienti che hanno provocato un disastro ambien-tale che va oltre l’immaginabile. Ca-nadair a fare la spola tra il mare e la collina nel tentativo di spegnere l’in-ferno che divora alberi e cose metten-do in serio pericolo anche le abitazio-ni. Elicotteri continuano a scaricare acqua sulle fiamme che ormai lambi-scono le case. Vigili del fuoco e vo-lontari si affannano a porre riparo all’azione insensata dei piromani e la nostra gente lì a guardare andare in fumo la ricchezza delle generazioni future. Una tragedia assurda insop-portabile che si ripropone ogni esta-te . No. non sono gli altri a distrugge-

re le numerose opportunità della no-stra terra. sono gente nostra come noi, che hanno figli come noi, che do-vrebbero arrabbiarsi come noi e inve-ce forse poco più lontano da noi assi-stono soddisfatti all’immenso danno prodotto. Nuovi neroni senza cetra ci fanno ascoltare insopportabili e lugu-bri rintocchi di campane per la nostra montagna che muore. Basta .. Ba-staaa. Bisogna fare qualcosa. Capire le ragioni e gli eventuali interessi a tante nefandezze. È evidente che siamo in presenza di azioni dolose. ripetute e diffuse. Bisogna individuare i crimi-nali che hanno provocato questo disa-stro. La loro azione e pari all’omicidio e come tale va trattata. Ora è neces-sario intervenire per reprimere, ma da subito bisogna attivarsi per impe-

dire che simili tragedie possano ripe-tersi. Prevenire è meglio che curare è il ritornello che abbiamo imparato sin da bambini, ma questo è il paese delle priorità sovvertite, il paese delle emergenze volute e create. Qualcuno dovrebbe domandarsi come mai in un passato nemmeno tanto lontano nes-sun incendio portava distruzioni e morte sul versante delle nostre colli-ne, eppure da Sala ai campi, il grano biondeggiava carico di spighe fino alla mietitura. Forse perché il territorio era patrimonio di tutti e tutti lo difen-devano? Forse perchè la tanto vitupe-rata Cassa per il Mezzogiorno finan-ziava anche i piccoli proprietari che aiutati apportavano notevoli migliorie ai loro fondi che coltivavano egregia-mente regimentando le acque e rea-lizzando per tempo e nel tempo giu-sto le linee tagliafuoco con la massi-ma attenzione e sorveglianza? Forse perché si era più comunità e non si aspettava l’arrivo dei pompieri per correre con badili per soffocare qual-siasi accenno di fiamme? Forse... for-se … sicuramente la strada che oggi si percorre non è quella giusta per una gestione efficace del territorio.

SOMMARIO:

Pag.2 A MOSORROFA IL CAMPO DI PAINT-

BALL PIÙ GRANDE DELLA CITTÀ Pag.3/5 NESSUNO LASCEREBBE CASA A MENO

CHE NON SIA LA CASA A CACCIARTI A RIVA

Pag.4 MONTEVARESE - USI E COSTUMI DI UN MONDO CHE NON C’È PIÙ

Pag.5 PROFUMO DI CADDARA ATTO SECONDO

Pag.6 PARLARE CON I SORDI È TEMPO PERSO

di Giuseppe Nicolò

Non è una colata lavica dell’Etna è Mosorrofa che brucia

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PAGINA 2 LUGLIO2017 ‘U MANDAGGHIU

A MOSORROFA IL CAMPO PAINTBALL PIU‟ GRANDE DELLA CITTA‟

Il paintball è uno sport ufficialmente riconosciuto dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) e affi-liato alla F.I.D.A.S.C. (Federazione Italiana Discipline Armi Sportive da Caccia) che negli ultimi anni ha ap-passionato un numero sempre mag-giore di persone, da grandi a picci-ni. Il gioco consiste nel simulare una battaglia tra due gruppi di amici: vince il gruppo che ottiene il pun-teggio più alto. Le armi sono pistole ad aria compressa. Ma nulla da te-mere... non sparano ne piombo ne piombini ma palline di gelatina riempite di vernice variamente co-lorata. Ovviamente, la squadra che uscirà più imbrattata da questa bat-taglia simulata sarà la perdente. Sva-riate sono le aree da gioco ove in campi chiusi è possibile simulare la battaglia percorrendo intricati labi-rinti usufruibili con qualsiasi condi-zione meteorologica. Solitamente vengono proposti scenari con un’ambientazione industriale. ma sono preferite vasta aree boschive. Siamo in presenza di un woodsball (dall’ inglese wood-bosco), proprio perché l’attività si svolge all’aria aperta, completamente immersi nel verde, ove una perfetta simulazione dà la sensazione di un’azione reale. Da poco a Mosorrofa sulle colline di

Reggio Calabria è stato inaugurato un nuovo campo da paintball, il più grande della città. L’”A.S.D. DEL-TA FORCE PAINTABALL” è un campo ideato e realizzato dalla fa-miglia Plutino in una vasta area bo-schiva in località Crupanè. “Cercavo da tempo un’attività che valo-rizzasse la splendida zona collinare in cui sono cresciuto e che attirasse gente di tutte le età con voglia di divertirsi…” afferma il presidente Carmelo Pluti-no. I giocatori possono scegliere la modalità di gioco preferita: dal clas-sico deathmatch in cui vince la squa-dra che elimina tutti gli avversari mantenendo anche solo un compo-nente del proprio team in vita. all’ attacco al fortino. Dalla difesa del presidente in cui le squadre hanno il compito di difendere il proprio pre-sidente. un giocatore che non deve per nessun motivo essere colpito e va scortato in una parte stabilita del campo per vincere la partita. alla presa della bandiera. Dal salvate il soldato Ryan, alla “bomba” dove ad un team verrà affidata la bomba ad orologeria che dovrà essere piazzata in una parte strategica del campo e attivata con il pulsante rosso. Parti-to il countdown, la squadra avversa-ria ha il compito di raggiungere la bomba e disattivarla strappando il

filo giusto. Sebbene le varie modali-tà di gioco sono ampiamente cono-sciute tra gli appassionati. Il fattore che fino ad oggi ha attirato i gioca-tori a Mosorrofa è sicuramente il campo woodsball: trincee scavate in terra e costruite con i sacchi pieni di sabbia, cannoni e schioppi da prima guerra mondiale, torrette di guardia per cecchini, ponti di attraversa-mento, rifugi, passaggi segreti e tanto

altro ancora, disseminato in ben 7000 me-tri quadrati di bosco. L’equipaggiamento offerto è di ultima generazione: fucili se-miautomatici robusti e precisi, caschi dota-ti di maschere anti appannamento per non ostacolare la visibilità senza compromette-re la sicurezza. corpetti anti-proiettile e para collo. Le sfere paintball sono biode-gradabili al 100%! Novità assoluta il cam-po per i più piccini dove, con la supervi-sione del personale e con fucili apposita-mente calibrati. i bambini possono tran-quillamente gironzolare nell’area. Il cam-po Delta Force Paintball è inoltre dotato di aree relax e ristoro al chiuso ed all’aper-to pensate per far riposare il giocatore tra uno scontro e l’altro, fare due chiacchiere e gustarsi qualche snack. “La nostra attività ludico ricreativa è adatta a tutte le età e con finalità che vanno dal puro di-vertimento tra amici, al festeggiamento di addii al celibato e nubilato, al team building per aziende” – continua il presidente Carmelo Plutino – “Il bosco ampio e rigoglioso, le numerose strutture costruite e i sistemi di gioco garantiscono un diver-timento unico per ogni categoria e una modalità di gioco più che realistica.”

di Demetrio Giordano

IL CAMPO DI PAINTBALL A CRUPANÈ

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„U MANDAGGHIU LUGLIO 2017 PAGINA 3

NESSUNO LASCEREBBE CASA A MENO CHE NON SIA LA CASA A CACCIARTI A RIVA

di Giusnico

Le onde del mare, alla partenza appa-rentemente calmo, si sono ingrossa-te, il barcone carico di disperati alla ricerca di un futuro si inabissa più volte. Per fortuna questa volta il dio del mare non ha preteso il suo tribu-to ed ha consentito al peschereccio giunto in soccorso di avvicinarsi. Agli occhi dei marinai appare una scena da inferno dantesco. Corpi accatastati uno sull’altro, braccia di alcuni pro-tesi per chiedere aiuto. Perché sono partiti? Perché rischiano la vita sa-pendo di rischiarla? Ora non c’è tem-po per le risposte, bisogna salvare delle vite in balia di questo Mare No-strum diventato Mare Mostrum. Domani opposte fazioni parleranno della necessità di respingere senza se e senza ma, dimenticando che anche i nostri scappavano dalla miseria e dal-le ingiustizie imbarcati in fatiscenti Navi di Lazzaro come venivano chia-mate le carrette e i mercantili riadat-tati per trasportare il solito carico umano verso le Americhe. Anche allora il mare aveva preteso più volte il suo tributo per l’incoscienza degli uomini. Nel naufragio del pirosca-fo Utopia nel 1891 si contarono 576 morti, anni prima 249 in quello dell’Ortigia e 80 in quello del Sudamerica. Il naufragio del Bour-gogne costò 549 morti nel 1898, lo seguì il Sirio con 292 morti nel 1906, e la Principessa Mafalda nel 1927 con

385 morti. I nostri emigranti che giungevano “vivi” in Argentina, in Brasile o sulla triste isola delle lacrime davanti alla statua della “Libertà” avevano fatto i conti con una “Dolorosa e straziande spartenza” come scrive Tommaso Bordonaro per indicare quel distacco violento e doloroso dagli affetti più cari. Il viaggio transoceanico era un’esperienza altamente rischiosa, allora come oggi, bisognava fare i conti con il mal di mare, l’indifferen-za e gli abusi dell’equipaggio, il ri-schio di essere sbarcati in un paese diverso da quello cercato. Cosa c’è di diverso con la “spartenza” di gente che attraversa il canale di Sicilia sulle carrette del mare? Cosa c’e di diver-so nella descrizione dei funzionari Americani che sconfinava sovente nel razzismo. “Non amano l'acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane...Tra loro par-lano lingue a noi incomprensibili, proba-bilmente antichi dialetti. Per poi conti-nuare con gli svizzeri «Dobbiamo re-spingere dalla nostra comunità quegli immigrati che abbiamo chiamato per i lavori più umili e che nel giro di pochi anni, o di una generazione, dopo il primo smarrimento, si guardano attorno e mi-gliorano la loro posizione sociale. È que-sta la paura che abbiamo o temiamo la contaminazione della nostra pura razza meticcia? Aiutiamoli come sap-

piamo e come possiamo. Chi meglio di chi è stato povero può capire la povertà? Senza falsi buonismi aiutia-moli a portare tra noi la ricchezza della loro parte sana. Respingiamo senza se e senza ma, chi tra loro de-linque. Nessuno lascerebbe casa a meno che non sia la casa a cacciarti a riva scrive la poetessa somala Warsan Shire, giunta in inghilterra con i geni-tori che scappavano dalla guerra. È solita recitare le proprie opere ad alta voce, e fa parte del movimento lette-rario dei Black British Poets, immigrati che utilizzano l’arte per non dimenti-care le proprie origini. E allora co-me diceva Arbore “ Meditate gente, meditate” leggendo:

Home Nessuno lascia casa a meno che casa non sia la bocca di uno squalo. Solo si fugge verso il confine al vedere la città intera fuggire, i tuoi vicini che cor-rono più veloci di te, il ragazzo con cui andasti a scuola che ti baciò vertiginosa-mente dietro la vecchia ferriera carico di un fucile più grande del suo corpo. Solo si lascia casa quando è la casa a non lasciarti restare. Nessuno lascia casa a meno che non sia la casa a cacciarti, fuoco sotto i piedi, san-gue caldo nella pancia. Non è qualcosa che avresti mai pensato di fare e pur facendolo hai conservato l’inno a portata di respiro, aspettando di essere nel bagno di un aeroporto per fare a pezzi il passaporto. Inghiottendo ogni boccone di carta mette in chiaro che non saresti tornata indie-tro. Dovete capire che nessuno affida i propri bambini ad una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra. Chi sceglierebbe di passare giorni e notti nel ventre di un camion a meno che il tragitto percorso significhi più di un viaggio. Nessuno sceglierebbe di: strisciare sotto

(Continua a pagina 5)

Emigranti in coperta per un pò d’aria Il colore della disperazione

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PAGINA 4 LUGLIO 2017 ‘U MANDAGGHIU

MONTEVARESE - USI E COSTUMI DI UN MONDO CHE NON C‟È PIÙ di Francesco Ventura

“Montevarese”, questo è il nome dato dall’antropologo norvegese Jan Brøg-ger alla città di Bova. Perché lo ha fat-to? Beh, principalmente perché Brøg-ger era uno di quegli antropologhi culturali, diversi da quelli classici. Questi infatti studiava le relazioni so-ciali intime e personale dei bovesi, quindi il nome Montevarese era uno pseudonimo per celare Bova per mo-tivi di privacy. Oggi la cortina di ri-servatezza che ha protetto i segreti dei bovesi si è disciolta. Il motivo è sem-plice, sono passati più di cinquant’an-ni dal giorno in cui è stata compiuta questa importante ricerca, chiunque all’epoca avesse confidato un proprio segreto a Jean Brøgger ed a sua mo-glie Bodil oggi ora non c’è più od è molto anziano e quindi non ne può essere danneggiato. Ed ecco infatti comparire lo studio norvegese in lin-gua italiana, pubblicato qui a Reggio da Laruffa Editore. Questo libro è importante perché descrive la società bovese del secondo dopoguerra, ed insieme a quella descrive le comunità aspromontane e pre-aspromontane di tutta la Bovesia, ossia quell’area di sedici comuni in cui si è sino ad un certo momento parlato greco calabro, con una continuità straordinaria, risa-

lente ad una tradizione prossima ai suoi primi tremila anni. Leggere “Montevarese” è leggere uno spaccato di vita di Cardeto, Roccaforte, Samo, ma anche Mosorrofa, Vinco, Santo Stefano e Condofuri. Sfogliando le pagine del libro si comprende come ogni paese avesse la sua versione della leggenda “ru fuddhito”, ma come vi sia una ritualità comune nel momento dell’addio, il “visito” infatti accompa-gna, anzi precede nella tradizione, ogni funerale. Si tratta dell’usanza di rendere omaggio alla famiglia prima della liturgia funebre, recandosi pres-so la dimora dell’estinto, un luogo più familiare ed umano in cui parenti ed amici intimi possono accostarsi per un ultimo saluto. Al “visito” si collega anche l’uso, a dire il vero comune in tutto il meridione, di una veglia fune-bre, in cui i parenti più stretti, solita-mente unicamente di sesso maschile, vegliano il defunto. Durante la veglia è consentito consumare pasti e scam-biare aneddoti divertenti e curiosi ri-guardanti la vita dell’estinto. Una sor-ta di rituale domestico avente eco nei misteri elusini legati a Persefone. Più seria e meno prosaica è invece la de-scrizione del mondo del lavoro e dei matrimoni, tra loro molto legati. Il

mondo agricolo era un mondo in cui regnava la pace dettata dalla necessità, perché tutti avevano a turno bisogno di tutti per potere in breve tempo se-minare e mietere il grano, raccogliere le olive che altrimenti sarebbero mar-cite o pigiare l’uva altrimenti poi in-servibile. Il contadino bovese confessa di non litigare col vicino perché oggi domani gli sarebbe stato vitale l’aiuto e la solidarietà, ma c’è dell’altro. I matrimoni, combinati tra i grandi proprietari e più sentimentali tra i meno abbienti, erano un’ulteriore garanzia di pace. Famiglie numerose tutte tra loro intrecciate in parentele caleidoscopiche, in cui, tolto il tabù di sposarsi tra primi cugini, tutti finivano bene o male ad essere tra loro impa-rentati. La bellicosità si spostava coi vicini di altri paesi, altre famiglie a loro volta unite, con tanti giochi di campanilismo tuttora meno vigorosa-mente persistenti. Bova e l’acerrima rivale Roghudi, con Roghudi che al-lungava il latte con l’acqua per fare la cresta sui Bovesi e Bova che limava la circonferenza delle pagnotte per ri-durre di qualche grammo la dieta dei Roghudesi, ovviamente senza ritoc-carne il prezzo. Insieme alla cortina di riservatezza è scomparso anche lo stesso Jean Brøgger, il quale ora ripo-sa nella sua terra scandinava dove, come racconta la moglie venuta a Reggio per la presentazione dell’edi-zione italiana, sino all’ultimo respiro ha con affetto ricordato chi con tanta calabra ospitalità ha aperto porte, cuori e sogni a quel professore sceso da vette più alte dell’Aspromonte. Rimane agli eredi di quei calabresi una morale valida negli anni Cinquanta come adesso. L’invito ad opporre l’orgoglio alla rassegnazione, di con-durre una economia agricola fiorente, in grado di potere sostenere un siste-ma turistico altrimenti impotente se privo di una pulsante identità locale.

Matrimonio a Mosorrofa… una delle tante Montevarese d’altri tempi

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PROFUMO DI CADDARA ATTO SECONDO di Giuseppe Nicolò

„U MANDAGGHIU MARZO 2017 PAGINA 5

L’ANGOLO DELL’ENIGMISTA

INDOVINELLO

„n‟anca ca. „n‟anca da e ndu menzu u piripillà

La soluzione nel prossimo numero

La soluzione del n 4

Lo specchio

PILLOLE DI SAGGEZZA

CU NON SI FACI I FATTI SOI CU NA LANTERNA VA CERCANDU

GUAI Impicciarsi dei fatti degli altri non è sa-lutare, ma denunciare gli abusi è dovere di ogni buon cittadino.

Ci risiamo. Il 10 agosto alle ore 20.30 la premiata ditta Nino Casile & Co ripropone la frittolata in piaz-za San Demetrio. Un appuntamento da non perdere. Suoni e sapori la faranno da padrone e come ogni an-no ci ritroveremo in piazza con tan-tissima gente a gustare un panino con le frittole innaffiate con un buon bicchiere di vino. Più di mille perso-ne l’anno scorso si son messi in fila per assaporare la specialità di Mosor-rofa. Il tutto esaurito ha lasciato pa-recchi con l’acquolina in bocca ma nessuno si aspettava che in pieno agosto tanta gente avrebbe disertato

il mare per non mancare a quella che ormai è diventata una istituzione. An-che quest’anno sarà un successo? Han-no ancora dubbi i Casile broders? Il tam tam è iniziato. Ovunque si parla di questo incontro e certamente la piazza brulicherà di gente. I molti mo-sorrofani che vivono lontano dal paese non si faranno sfuggire l’occasione per passare una serata all’insegna della buona musica e assaporare una leccor-nia di altri tempi. Certo il tasso di co-lesterolo non va misurato il giorno dopo, ma vivere sempre a stecchetto non giova certo alla salute.

recinti, essere picchiata fin quando la tua ombra non ti abbandona, violentata, an-negata, costretta al fondo della barca per il colore della pelle, esser venduta, ridotta alla fame, venir sparata alla frontiera co-me un animale ferito, essere compatita, perdere il proprio nome, perdere la propria famiglia, chiamare casa un campo profu-ghi per un anno, o due, o dieci, spogliata e perquisita, in prigione ovunque e se so-pravvivi venire accolta dall’altra parte con andatevene a casa neri, rifugiati, spor-

chi immigrati, richiedenti asilo che pro-sciugano il nostro paese. Negri con con le mani aperte hanno un odore strano sel-vaggio. Guarda cosa hanno fatto dei loro Paesi. Cosa faranno al nostro? Il disprezzo negli sguardi per strada più lieve rispetto ad un arto strappato. L’umiliazione quotidiana più dolce di quattordici uomini che assomigliano a tuo padre, tra le tue gambe. Gli insulti più facili da inghiottire che le macerie, che il corpo del tuo bambino fat-to a pezzi.

Per ora dimentica l’orgoglio sopravvivere è più importante. Voglio andare a casa, ma casa è la bocca di uno squalo, casa è una canna di pistola e nessuno lascerebbe casa a meno che non sia la casa a cacciarti a riva, a meno che la casa stessa ti dica di lasciare dietro di te ciò che non puoi, anche fosse umano. Nessuno lascia casa finché casa non di-venta una voce angosciosa all’orecchio che dice parti, scappa da me adesso, non so cosa io sia diventata, ma so che qualsiasi altro posto è più sicuro di qui.

(Continua da pagina 3)

il 10 agosto in piazza alle 4 ?Solo io e Nino? Qualcosa non quadra !

NESSUNO LASCEREBBE CASA A MENO CHE NON SIA LA CASA A CACCIARTI A RIVA

di Giusnico

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PAGINA 6 LUGLIO 2017 ‘U MANDAGGHIU

PARLARE CON I SORDI È TEMPO PERSO. ALLA GUIDA DELLA CITTÀ SERVE QUALCUNO MENO DURO D‟ORECCHI

Abbiamo più volte sollecitato l’amministrazione comunale per portare a soluzione i gravi problemi che attanagliano le periferie ma sovente abbiamo avuto la sensazione che i no-stri amministratori erano più presi dalla voglia di esternare inutili giustificazioni alle palesi inefficienze. che agire per ri-durre i disagi dei cittadini. Ci rendiamo conto che è più faci-le fare i lacchè che avere il co-raggio della critica e della de-nuncia e chi governa preferi-sce gli osanna degli amici. Più redditizio al diritto antepor-re il favore. ma non sarà sem-pre cosi se saremo sempre più numerosi ad agire nell’interes-se di tutti. Se il buon giorno si vede dal mattino la lettera al sindaco Falcomatà dai toni de-licati ma non per questo meno forti di Antonino Crucitti presi-dente dell’azione cattolica di Mosorrofa e don Mimmo La-bella ci preannuncia un bella giornata. “Le scriviamo queste righe co-me cittadini delle frazioni Mo-sorrofa e Sala . residenti nella periferia collinare del Comu-ne. anzi della Città Metropoli-tana di Reggio Calabria di cui Lei è il massimo rappresentan-te liberamente eletto dai citta-dini che in grande maggioran-za lo hanno votato riponendo in Lei fiducia e speranza per un concreto cambiamento del-le condizioni di vivibilità di un territorio perennemente afflitto da inadeguata fruizione di ser-vizi pubblici essenziali quali l’erogazione idrica e le condi-zioni delle arterie stradali. Oggi. a quasi tre anni del suo

mandato amministrativo. dob-biamo registrare le consuete delusioni della cittadinanza in merito alla risoluzione della questione della mancata ero-gazione idrica che si ripresen-ta puntuale da aprile a novem-bre. con il prezioso liquido che manca nelle abitazioni per quasi tutto l’arco della giorna-ta. I cittadini che possono per-metterselo azionano le auto-clavi con relativo aumento delle spese per il consumo di energia elettrica mentre le fa-miglie che ne sono sprovviste si affidano alla Provvidenza. Questo a fronte. come lei ben sa. di tariffe per il servizio idri-co tra le più alte d’Italia. Il con-sigliere Brunetti. cui più volte è stata segnalata la questione da parte del nostro parroco. Domenico Labella. sostiene che il problema non è così grave come viene denunciato. Le ricordiamo comunque il grande spreco d’acqua che si registra da più di due anni in seguito alla rottura di una tu-batura di proprietà comunale in località Mandarano sita in un appezzamento di terreno appartenente a un privato; la questione era stata sollevata e sottoposta alla Sua attenzione oltre un anno addietro da una delegazione di cittadini guidata dal Parroco. ricevuti a Palazzo San Giorgio a cui Lei aveva assicurato che il problema sa-rebbe stato risolto nel più bre-ve tempo possibile. Le segnaliamo poi le condizio-ni del manto stradale interes-sato da vere e proprie voragi-ni. fonte di gioia per gommisti e meccanici ma non per le ta-

sche dei cittadini. Vorremmo anche chiedere no-tizie del campo sportivo. finan-ziato e mai realizzato in locali-tà “Bufano”. oggi ridotto a pa-scolo per le pecore e per la cui fantomatica realizzazione era-no stati sradicati decine di al-beri secolari d’ulivo. Sulla mancanza di adeguate strutture quali un parco giochi e aree attrezzate per i bambini del territorio ci affidiamo alla sua sensibilità di padre di fa-miglia. Ed infine Le segnaliamo le no-te discariche abusive vicino ai torrenti. fonte di grave preoc-cupazione per la popolazione. su cui mai la sua Amministra-zione ha pensato d’intervenire In attesa di conoscere quali iniziative concrete intende at-tuare per affrontare e risolvere le questioni che abbiamo sot-toposto alla Sua attenzione. attendiamo cortese riscontro alla presente lettera.”

Avrà qualcuno la sfrontatezza di rispondere anche a don Mimmo “basta una semplice perdita alla condotta idrica per fare speculazioni politiche di basso rango”. Certo a qual-che beneficiato con delega di settore farebbe piacere illuder-si di avere a che fare con uno “ sparuto drappello” per poter continuare a blaterare “bastava una semplice telefo-nata ad uno dei numeri infor-mativi messi a disposizione dal Comune per conoscere co-me i lavori di ripristino fossero già in corso di esecuzione”. Continuando così lo sparuto drappello si ingrosserà sempre più …