non indurite i vostri cuori Quaresima 2016 · Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro...

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Quaresima 2016 non indurite i vostri cuori se udite la sua voce,

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Quaresima 2016 non indurite i vostri cuori

se udite la sua voce,

Il presente sussidio è proposto a quanti intendono vivere, nel periodo della Quaresima, un momento di preghiera e di riflessione personale e quotidiano. In modo semplice e snello, si propone, per ogni gior-no della settimana : 1. Il testo del Vangelo che viene proclamate nella

liturgia del giorno, 2. Da leggere, da meditare, consapevoli che la Pa-

rola ci impegna ad agire. Per ognuno di questi momenti viene suggerito un aiuto e una indica-zione.

Nell’esercizio quotidiano della frequentazione della Parola di Dio in atteggiamento di preghiera, chiedia-mo al Signore che plasmi continuamente la nostra vita affinchè possiamo sperimentare la grandezza del suo amore e della sua misericordia per testimoniarla nella nostra vita . Il Cammino dell’Anno Santo della misericordia, il per-dono e l’Indulgenza che il Signore ci accorda, unito a questo tempo favorevole della quaresima diventi oc-casione per dare alla nostra vita una svolta decisiva, un cambiamento radicale.

UN SEGNO PERMANENTE DI CONVERSIONE NELLA COMUNITA’ CHE CELEBRA L’ANNO SANTO E RICEVE L’INDULGENZA PLENARIA A ognuno è affidato l’impegno di avvicinare le persone animato da misericordia e

pazienza. compiere gesti di effettiva e concreta attenzio-

ne e generosità verso chi è nel bisogno come conseguenza della pratica del digiuno e dell’essenzialità.

Scegliere un’opera di misericordia tra le sette opere corporali e spirituali per farla diventare un suo stile di vita.

Lo spirito con il quale proponiamo di vivere la quare-sima non sta nel fare qualcosa in più per dimostrare la nostra buona volontà. La proposta è ben più seria e si colloca nel cammino indicato dall’Anno Santo della Misericordia e cioè : aprire la vita a Dio perché la no-stra vita : cuore, mente, volontà, sia trasfigurata dal-la sua presenza e si renda così visibile la misericor-dia, la comunione, la pace, la solidarietà, la serenità. Buona quaresima. I Vostri sacerdoti

MERC

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Gesù mette in guardia i suoi discepoli da una vita di fede snatu-rata e ipocrita. Ogni nostro gesto, ogni nostro pensiero deve scaturire dall’intima amicizia con Gesù Cristo: essere sempre rivolti a Lui. L’ipocrisia ci rinchiude in noi stessi, ci fa volgere a Cristo ma ci lascia centrati su noi stessi. Lasciamoci trasformare dall’amore del Signore e abbandoniamoci fiduciosi alla sua Mi-sericordia. Cominciate oggi “Oggi Cristo vi chiama tutti a un impegno serio e perseverante per una partecipazione fraterna dei beni materiali e spirituali che sono immensi nel mondo. E questo comincia oggi, nelle

vostre scuole, nei vostri quartieri, nei vostri villaggi. Questo comincia oggi con un’attenzione sincera agli altri e ai bisognosi, con uno spirito di servizio e di aiuto fraterno, con il senso della giustizia, con l’esercizio del dono di sé. È oggi che comincia la trasformazione del mondo in voi e attorno a voi.” San Giovanni Paolo II, Friburgo, 13 giugno 1984

Cosa critica e cosa insegna Gesù sull'elemosina? Cosa critica e cosa insegna Gesù sulla preghiera? Cosa critica e cosa insegna Gesù sul digiuno? Fai un riassunto per te e decidi come vivere la tua quaresima.

ascoltA

Matteo 6,1-6.16-18 Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel se-greto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu inve-ce, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Pa-dre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

MEDITA

RIFLETTI

giov

11 Dal Vangelo secondo Luca 9,22-25 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”. E, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la sal-verà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?”

La croce del cristiano Pensate a quelle parole così serie che il Signore rivolse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9,23). Desidero farvi notare che la croce di ogni giorno è soprattutto la vostra lotta quotidiana per essere buoni cristiani, che vi rende collaboratori nell’opera redentrice di Cristo... È un programma di vita stupendo, che esige, però, generosità. Considerate quin-di come deve essere la vostra vita, perché se Cristo ci ha redenti morendo sulla croce, non sarebbe coerente la vostra risposta di una vita mediocre. Tutto ciò richiede sforzo, sacrificio, tenacia;

sentire il peso della croce che grava

sulle nostre spalle quotidianamente. San Giovanni Paolo II, Buenos Aires, 11 aprile 1987

Tutti aspettavano il messia, ognuno a modo suo. Qual è il messia che io aspetto e che la gente di oggi aspetta? La condizione per seguire Gesù è la croce. Come reagisco davanti alle croci della vita?

RIFLETTI

ascoltA

MEDITA

ven

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l senso attuale del digiuno Il digiuno è un simbolo, è un segno; è un richiamo serio e stimolante ad accettare o compiere rinunce. Quali rinun-ce? Rinuncia dell’«io», cioè a tanti capricci o aspirazioni malsane; rinuncia ai propri difetti, alla passione irruente, ai desideri illeciti. Digiuno è saper dire «no», secco e deci-so, a quanto viene suggerito o chiesto dall’orgoglio, dall’ egoismo, dal vizio, dando ascolto alla propria coscienza, rispettando il bene altrui, mantenendosi fedeli alla Santa Legge di Dio. Digiuno significa porre un limite ai tanti desi-deri, talora buoni, per allenare la volontà del bene. Gesti

del genere, un tempo, passavano sotto il nome di «fioretti». Cambia il nome, ma resta la sostanza! Essi era-no e sono uno «sport», un allenamento insostituibile per vincere nelle gare dello spirito! Digiuno, infine, significa privarsi di qualcosa per sovvenire alle necessità del fratel-lo, diventando, in tal modo, esercizio di bontà, di carità. San Giovanni Paolo, Roma, 21 marzo 1979

Qual è la forma di digiuno che pratichi? E se non ne pratichi nessuna, qual è la forma che potresti praticare? Il digiuno, come può aiutarmi a prepararmi meglio per la festa della pasqua?

ascoltA

Dal Vangelo secondo Matteo 9,14-15 In quel tempo, giunto Gesù all’altra riva del lago, nella regione dei Gadareni, gli si accostarono i disce-poli di Giovanni e gli dissero: “Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiuna-no?”. E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno”.

MEDITA

RIFLETTI

sab

13 Dal Vangelo secondo Luca 5,27-32 In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi!” Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla di pubblicani e d’altra gente seduta con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: “Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?” Gesù rispose: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i ma-lati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertir-si”.

Gesù non è venuto per i giusti, ma per i peccatori. Il gesto di Gesù produsse rabbia tra le autorità religiose. Era proi-bito sedersi a tavola con pubblicani e peccatori, poiché sedersi a tavola con qualcuno voleva dire trattarlo da fra-tello! Con il suo modo di fare, Gesù stava accogliendo gli esclusi e li stava trattando da fratelli della stessa famiglia di Dio. Invece di parlare direttamente con Gesù, gli scribi dei farisei parlano con i discepoli: Perché mangiate e be-vete con i pubblicani e i peccatori? E Gesù risponde: Non sono i sani che hanno bisogno del medico; io non sono

venuto a chiamare i giusti, ma i pec-

catori a convertirsi!” La coscienza della sua missione aiuta Gesù a trovare la risposta e ad indicare il cammino per l’annuncio della Buona Novella di Dio. Lui è venuto per riunire la gente dispersa, per reintegrare coloro che erano stati esclusi, per rivelare che Dio non è un giudice severo che condanna e respinge, bensì un Padre/Madre che ac-coglie ed abbraccia.

Gesù accoglie ed include le persone. Qual è il mio atteggiamento? Il gesto di Gesù rivela l’esperienza che ha di Dio Padre. Qual è l’immagine di Dio di cui sono portatore/portatrice verso gli altri mediante il mio comportamento?

RIFLETTI

ascoltA

MEDITA

Guarda con paterna

bontà, Dio onnipotente,

la debolezza dei tuoi

figli, e a nostra prote-

zione e difesa stendi il

tuo braccio invincibile.

Per il nostro Signore

Gesù Cristo...

dom

14 Papa Francesco, Bolla Misericordiae Vultus, 15 È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle ope-re di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sem-pre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericor-dia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia per-ché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli.

le opere di misericordia corporale: 1. dare da mangiare agli affamati, 2. dare da bere agli assetati, 3. vestire gli ignudi, 4. accogliere i forestieri, 5. assistere gli ammalati, 6. visitare i carcerati, 7. seppellire i morti.

le opere di misericordia spirituale: 1. consigliare i dubbiosi, 2. insegnare agli ignoranti, 3. ammonire i peccatori, 4. consolare gli afflitti, 5. perdonare le offese, 6. sopportare pazientemente le

persone moleste, 7. pregare Dio per i vivi e per i

morti.

lun

15 Dal Vangelo secondo Matteo 25,31-46 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli se-parerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospita-to, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visi-tarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di

Il Signore Gesù vuole essere cercato e trovato nel volto di tutti quei fratelli sfortunati, poveri, messi ai margini della nostra società. Anzi il criterio del giudizio divino è proprio nell’ acco-gliere il Signore nei fratelli. L’altro è mio fratel-lo proprio perché Cristo l’ha salvato; dal suo volto rispecchia la presenza del Signore che vuole essere visitato, curato, vestito. Il tempo di Quaresima ci può aiutare a compiere gesti concreti di carità che ci fanno autenticare la nostra fede e l’amore per il Signore.

Cosa ti colpisce maggiormente in questa parabola del Giudizio Finale? Fermati e pensa: se il Giudizio finale avvenisse oggi, tu da che parte saresti ?

RIFLETTI

ascoltA

MEDITA

questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà anche a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, pre-parato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponde-ranno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o fo-restiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna”.

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L’invito alla preghiera di Gesù è principalmente invito a mettersi fiduciosi nelle mani di Dio. Il Signore conosce sempre ciò che è bene per i suoi figli, non aspetta che noi glielo chiediamo. Le nostre preghiere, dunque, non cerca-no di persuadere Dio a volere il bene per noi, ma invece esse vogliono far aderire le nostre volontà alla volontà stessa di Dio affinché il suo amore provvidente si realizzi per la nostra vita. Pronunciando le parole del «Padre nostro», Gesù creò un modello di preghiera concreto e insieme universale. Difat-

ti, tutto ciò che si deve dire al Padre è racchiuso in quelle sette domande che tutti conosciamo a memoria. C’è in esse una tale semplicità che persino un bambino le impa-ra, e, parimenti, una profondità che si può consumare un’intera vita meditando il senso di ognuna di esse. San Giovanni Paolo II, Roma, 14 marzo 1979

La preghiera di Gesù dice "perdona i nostri debiti". In alcuni paesi si traduce "perdona le nostre offese". Cosa è più facile: perdonare le offese o perdonare i debiti?

ascoltA

Dal Vangelo secondo Matteo 6,7-15 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali cre-dono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.

MEDITA

RIFLETTI

MER

17 Dal Vangelo secondo Luca 11,29-32 In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: “Questa generazione è una genera-zione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona. Poi-ché come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa gene-razione. La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condan-nerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c’è qui. Quelli di Ninive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c’è qui”.

La conversione degli «altri» Gesù è la Misericordia vivente di Dio, il segno di una sal-vezza certa. Abbarbicarsi nelle proprie convinzioni, ag-grapparsi alle proprie mediocrità, non ci fa cogliere la straordinarietà dell’evento Cristo. Il Signore ci invita a fondare la nostra vita su di Lui, abbandonandoci alla Sua Misericordia e riconoscendoci bisognosi della Sua Grazia.

La santità non è un privilegio di un’«élite» La convinzione che noi dobbiamo condividere e diffonde-re questa chiamata alla santità, è indirizzata a tutti i cri-stiani (cfr Lumen Gentium, cap. 5). Non è un privilegio di

un’ élite spirituale. Non è il fatto

che alcuni si sentono il coraggio eroico. Essa è ancora me-no un rifugio tranquillo, adattato a una certa forma di pie-tà o ad alcuni temperamenti originali. È una grazia propo-sta a tutti i battezzati, secondo modalità o gradi diversi (cfr. Ef 4,7). San Giovanni Paolo II, Roma, 6 giugno 1986

Quaresima, tempo di conversione. Cosa deve cambiare nell’immagine che ho di Dio? Sono come Giona o come Gesù? Su che cosa si basa la mia fede? Sui segni o sulla parola di Gesù?

RIFLETTI

ascoltA

MEDITA

GIOV

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Le tre raccomandazioni di Gesù. Tre raccomandazioni: chiedere, cercare e bussare: “Chiedete e vi sarà dato; cer-cate e troverete; bussate e vi sarà aperto!” Si chiede a una persona. La risposta dipende sia dalla persona sia dall’insistenza con cui si chiede. Cercare lo si fa orientati da qualche criterio. Quanto migliore è il criterio, tanto maggiore sarà la certezza di trovare ciò che si cerca. Bus-sare alla porta si fa nella speranza che ci sia qualcuno all’altro lato della porta, in casa. Gesù completa la racco-mandazione offrendo la certezza della risposta: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aper-

to; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto”. Ciò significa che quando chiediamo a Dio, lui ascolta la nostra richiesta. Quando cerchiamo Dio, lui si lascia incontrare (Is 55,6). Quando bussiamo alla por-ta della casa di Dio, lui ci apre. La Regola d’Oro. “Fate agli altri tutto ciò che vorreste fos-se fatto a voi. In questo consistono la Legge e i Profeti” Questo è il riassunto di tutto l’Antico Testamento, della Legge e dei Profeti. E’ il riassunto di tutto ciò che Dio vuo-le dirci, il riassunto di tutto l’insegnamento di Gesù.

Chiedere, cercare, bussare alla porta: Come preghi e conversi tu con Dio? Come vivi la Regola d’Oro?

ascoltA

Dal Vangelo secondo Matteo 7,7-12 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano! “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.

MEDITA

RIFLETTI

VEN

19 Dal Vangelo secondo Matteo 5,20-26 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!”.

L’atteggiamento di Gesù dinanzi alla legge è, nello stesso tempo, di rottura e di continuità. Rompe con le interpre-tazioni sbagliate, ma mantiene fermo l’obiettivo che la legge deve raggiungere: la pratica della maggiore giusti-zia, che è l’Amore.

Riconciliare. Uno dei punti su cui il Vangelo di Matteo insi-ste maggiormente è la riconciliazione. Ciò indica che nelle comunità di quell’epoca, c’erano molte tensioni tra gruppi radicali con tendenze diverse e perfino opposte. Nessuno

voleva cedere davanti all’altro. Non

c’era dialogo. Matteo illumina questa situazione con paro-le di Gesù sulla riconciliazione che chiedono accoglienza e comprensione. Poiché l’unico peccato che Dio non riesce a perdonare è la nostra mancanza di perdono verso gli altri (Mt 6,14). Per questo, cerca di riconciliarti, prima che sia troppo tardi!

Oggi sono molte le persone che gridano "Giustizia!". Che significato ha per me la giustizia evangelica? Come mi comporto davanti a quelli che non mi accettano come sono? Come si è comportato Gesù davanti quelli che non l'hanno accettato?

RIFLETTI

ascoltA

MEDITA

SAB

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Amare i nemici. Nel vangelo di oggi, Gesù cita l’antica legge che dice: “Amerai il prossimo tuo ed odierai il tuo nemico”. Questo testo non si trova così nell’Antico Testa-mento. Si tratta piuttosto della mentalità regnante, se-condo cui non c’era nessun problema nel fatto che una persona odiasse il suo nemico. Gesù discorda e dice: “Ma io vi dico: Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il sa-luto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordina-rio? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque per-fetti come è perfetto il Padre vostro celeste." E Gesù ce ne dà la prova. Nell’ora della sua crocifissione osservò ciò che predicò.

Siate perfetti come è perfetto il Pa-dre vostro celeste. Gesù non vuole semplicemente spaventare, perché a nulla servirebbe. Lui vuole cambiare il sistema della convivenza umana. La No-vità che vuole costruire viene dalla nuova esperienza che ha di Dio Padre, pieno di tenerezza che accoglie tutti! Le parole di minaccia contro i ricchi non possono essere oc-casione di vendetta da parte dei poveri. Gesù ordina di avere l’atteggiamento contrario: "Amate i vostri nemici!” Il vero amore non può dipendere da ciò che ricevo dall’altro. L’amore deve volere il bene dell’altro indipen-dentemente da ciò che lui fa per me. Perché così è l’amore di Dio per noi.

Amare i nemici. Sono capace di amare i miei nemici? Contempla in silenzio Gesù che, nell’ora della sua morte, amava il nemico che lo uccideva.

ascoltA

Dal Vangelo secondo Matteo 5,43-48 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odie-rai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.

MEDITA

RIFLETTI

DOM

21 CONSIGLIARE I DUBBIOSI Certamente le opere di misericordia spirituali sono più impegnative da vivere rispetto a quelle corporali, che richiedono magari meno prepara-zione e più immediatezza. Quando leggiamo quest’opera di misericordia, siamo sempre tentati di pensare agli altri. Noi stessi siamo i dubbiosi, bisognosi di certezze e di verità (Sap 9, 13-14). Gesù stende la sua mano in nostro aiuto come ha fatto con Pietro: Mt 14, 31. Chiamati ad essere guida per gli altri, ma anche a lasciarci illuminare dagli altri. Ci è chiesta umiltà per metterci in ascolto di Dio, della sua Parola e degli altri. Dopo aver meditato sul valore del pa-ne, del cibo, Gesù ripete anche a noi: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4). - Il Signore dà la riposta ai nostri dubbi con la sua Parola (Is 55, 6- 11). Nel libro di Tobia è scritto. “Chiedi consiglio ad ogni persona che sia saggia” (4, 18). Ci sono anche nel nostro tempo persone sagge e capaci di aiutare gli altri nel discernimento, a cui dare fiducia (“padri spirituali”). Con autorevolez-za, come Gesù. Un compito doveroso per genito-ri, sacerdoti, educatori, insegnanti, per tutti gli adulti; ma anche i piccoli tra loro possono avere questa capacità. Ascoltare Dio e gli altri per

comprendere e consigliare con responsabilità e libertà. Un’opera da esercitare per il bene degli altri; non ci si improvvisa buoni consiglieri; è un dono di Dio, che è il primo nostro consigliere: Attorno a noi e dentro di noi, in questo tempo, non mancano i dubbi. L’incertezza, l’insicurezza accompagnano sempre l’uomo (du-bitare: avere due strade). Avere dei dubbi non è sempre sinonimo di debo-lezza; anzi a volte è il coraggio della verifica; è espressione del senso di responsabilità personale e sociale. Si impara anche dagli insuccessi. Ci so-no anche, purtroppo, molti cattivi consiglieri – scaltri e insidiosi –, la cui falsa autorevolezza è amplificata e diffusa di mezzi di comunicazione sociale. La fede non è esente dai dubbi; la fede è rischio. La verità non è solo ciò che mi piace o ciò che sento. Il credente è uno che cerca la verità, che si interroga, che pensa, che sa fare silenzio. - “L’uomo ha bisogno di sapere e di capire: l’uomo ha bisogno di verità” (Evangelizzazione e Testi-monianza della Carità - 1990, 10). Uno dei sette doni dello Spirito Santo è il Consi-glio, la sapienza del cuore per noi; le buone, san-te ispirazioni. Una delle Litanie lauretane invoca Maria come Madre del Buon Consiglio.

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Chiesa, Assemblea. La parola Chiesa, in greco eklésia, ap-pare 105 volte nel NT, quasi esclusivamente negli Atti de-gli Apostoli e nelle Lettere. Nei vangeli appare tre volte, solo in Matteo. La parola significa letteralmente “convocata” o “scelta”. Indica la gente che si riunisce con-vocata dalla Parola di Dio e cerca di vivere il messaggio del Regno che Gesù porta. La Chiesa o la comunità non è il Regno, bensì uno strumento e una rappresentazione del Regno. Il Regno è maggiore. Nella Chiesa, nella comunità, deve apparire agli occhi di tutti ciò che succede quando un gruppo umano lascia regnare Dio e lascia che si impos-

sessi della propria vita. Le chiavi del Regno. Pietro riceve le chiavi del Regno. Que-sto stesso potere di unire e di sciogliere è dato anche alle comunità (Mt 18,18) ed agli altri discepoli (Gv 20,23). Uno dei punti in cui il vangelo di Matteo insiste maggiormente è la riconciliazione e il perdono. E’ uno dei compiti più importanti dei coordinatori delle comunità. Imitando Pie-tro, devono unire e sciogliere, cioè, fare in modo che ci sia riconciliazione, accettazione reciproca, costruzione della fraternità.

Quali sono le opinioni che ci sono nella nostra comunità su Gesù? Queste differenze nel modo di vivere e di esprimere la fede arricchiscono la comunità o ne rendono difficile il cammino e la comunione? Perché? Chi è Gesù per me? Chi sono io per Gesù?

ascoltA

Dal Vangelo secondo Matteo 16,13-19 Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?» Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?» Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno ri-velato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

MEDITA

RIFLETTI

MAR

23 Dal Vangelo secondo Matteo 23,1-12 In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono sedu-ti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sina-goghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare ‘‘rabbì’’ dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare ‘‘rabbì’’, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno ‘‘padre’’ sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare ‘‘maestri’’, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”.

Smettetela di fare come i farisei L’ipocrisia perverte il rapporto con il Signore. Il pensare di essere a posto, di ritenersi giusti, provoca quella sufficien-za spirituale che ci porta a dire nei fatti: «non ho bisogno di Dio». È la mediocrità che ci fa contentare del nulla e ci invoglia ad apparire dinanzi agli altri, a «fare» per il gusto di essere lodati. Gesù ci invita a prendere sul serio la no-stra vita, a riconoscere i nostri limiti e la nostra pochezza per affidarci a Lui, Grazia sovrabbondante, che ci dona il «meglio».

Essendo a immagine e somiglianza di Dio, la nostra vita non deve essere solo per voi, ma deve essere un dono, un regalo per gli altri. Mettete dunque le vostre qualità al servizio degli altri, particolarmente dei più bisognosi. Con questa apertura a Dio e agli uomini giungerete alla realiz-zazione della vostra personalità. San Giovanni Paolo II, Caracas, 28 gennaio 1985

In cosa critica Gesù i dottori della legge ed in cosa li elogia? Cosa critica in me e cosa elogerebbe in me?

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MER

24

Cristo rivela la Sua gloria annunciando la Sua morte e ri-surrezione. La vera gloria, dunque, si manifesta nella do-nazione piena e completa. Il discepolo che vuole seguire il Signore deve essere capace di rispecchiare la stessa gloria: donare la propria vita nel servizio. Questa è la strada indi-cataci da Gesù e attraverso questa via noi saremo certi di contemplare il volto glorioso del Padre accanto a Cristo, unico Maestro di vita. “Dobbiamo, in piena coscienza, esercitare lo spirito di ri-

nuncia. A causa di una sfrenata bramosia di godimento, l’uomo può distrug-gere se stesso e il suo ambiente. Aspirate ad uno stile di vita semplice! Fate sì che la vostra ricchezza e il vostro benessere divengano una benedizione per gli altri, divi-dendoli con coloro che versano nel bisogno! In questo modo realizzerete anche la promessa divina: «Ha ricolma-to di beni gli affamati». Potete contarci: Dio ricompenserà a dismisura le vostre rinunce. San Giovanni Paolo II, Vaduz (Liechtenstein), 8 settembre

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Dal Vangelo secondo Matteo 20,17-28 In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i Dodici e lungo la via disse loro: “Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagel-lato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà”. Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: “Che cosa vuoi?” Gli rispose: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?” Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”. Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.

MEDITA

Io, cosa chiedo a Gesù nella preghiera? Gesù dice: “Non così dovrà essere tra voi!” Il mio modo di vivere in comunità segue questo consiglio di Gesù?

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giov

25 Dal Vangelo secondo Luca 16,19-31 In quel tempo, Gesù disse ai farisei: “C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i gior-ni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricor-dati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vo-gliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non

La chiave per capire il senso della Bibbia è il povero Lazzaro, sedu-to davanti alla porta! Dio ci si presenta nella persona del povero, seduto alla nostra porta, per aiutarci a colmare l’abisso enorme che i ricchi hanno creato. Lazzaro è anche Gesù, il Messia povero e servo, che non fu accettato, ma la cui morte cambiò radicalmente tutte le cose. E tutto cambia alla luce della morte del povero. Il luogo del tormento è la situazione della persona senza Dio. Anche se il ricco pensa di avere religione e fede, di fatto non sta con Dio, perché non apre la porta al povero, come fece Zaccheo

Come trattiamo noi i poveri? Hanno un nome per noi? Negli atteggiamenti che assumo nella vita, sono come Lazzaro o come il ricco? Entrando in contatto con noi, i poveri percepiscono qualcosa di diverso? Percepiscono una Buona Novella? Ed io, verso quale lato inclino il mio cuore: verso il miracolo o verso la Parola di Dio?

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vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascol-tino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, nean-che se uno risuscitasse dai morti sarebbero per-suasi”.

VEN

26

Al termine della parabola, Gesù chiede: “Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?” Lo-ro non si rendono conto che la parabola stava parlando proprio di loro. Per questo, con la risposta che loro danno, decretano la loro condanna: “I capi dei sacerdoti e gli an-ziani del popolo risposero: “Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli con-segneranno i frutti a suo tempo”. Diverse volte Gesù usa questo stesso metodo. Lui porta la persona a dire la verità su se stessa, senza rendersi conto che essa stessa si con-danna. Per esempio, nel caso del fariseo che condanna la

giovane considerandola una peccatrice (Luca 7,42-43) e nel caso della parabola dei due figli (Mt 21,28-32). La sentenza data da loro stessi viene confermata dal loro comportamento. Dal chiarimento di Gesù, i sacerdoti, gli anziani e i farisei capiscono che la parabola parla di loro, ma loro non si convertono. Anzi! Mantengono in piedi il loro progetto di uccidere Gesù. Rifiuteranno “la pietra angolare”. Ma non hanno il coraggio di farlo apertamente perché temono la reazione della gente.

Se Gesù tornasse oggi e raccontasse la stessa parabola come reagirei io?

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Dal Vangelo secondo Matteo 21,33-43.45-46 In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: “Ascoltate un’altra para-bola: C’era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi co-struì una torre, poi l’affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l’altro lo uccisero, l’altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l’erede; venite, uccidiamolo, e avre-mo noi l’eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero. Quando dunque verrà il padro-ne della vigna che farà a quei vignaioli?”. Gli rispondono: “Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo”.

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SAB

27 Dal Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32 In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mor-moravano: “Costui riceve i peccatori e mangia con loro”. Allora egli disse loro questa parabola: “Un uo-mo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe vo-luto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi le-verò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più de-gno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo

Con quale dei due figli mi identifico , perché?

Chi sperimenta l’irruzione gratuita e sorprenden-te dell’amore di Dio nella sua vita diventa gioioso e vuole comunicare questa gioia agli altri. L’azione salvatrice di Dio è fonte di gioia: “Rallegratevi con me!” (Lc 15,6.9) E da questa esperienza della gratuità di Dio nasce il senso di festa e di gioia (Lc 15,32). Al termine della para-bola, il Padre chiede di essere contenti e di fare festa. La gioia è minacciata dal figlio maggiore, che non vuole entrare. Pensa di aver diritto ad una gioia solo con i suoi amici e non vuole condi-videre la gioia con tutti i membri della stessa fa-miglia umana. Rappresenta coloro che si conside-rano giusti ed osservanti, e pensano di non avere bisogno di conversione.

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padre. Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio mag-giore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare.

DOM

28

INSEGNARE AGLI IGNORANTI Gesù è Maestro con la sua vita e persona, con i gesti e le parole. “Signore, insegnaci a prega-re” (Lc 11, 1-4). Gesù risorto si affianca ai due discepoli sulla via di Emmaus (Lc 24, 27) e agli altri nel Cenacolo (24, 44-48) e “spiegò loro in tutte le Scritture…”. Tutto è incentrato in lui, nel Cristo (1Cor 10, 1-4). In lui tutto ci è insegnato (Tt 2, 11-15). - Paolo afferma di non voler sapere altro che Cristo crocifisso (tutto il cap. 2 di 1Cor). Gesù insegna all’uomo la verità di Dio: la dottrina del Padre (Gv 7, 16. 25-53; 8); particolarmente con i discorsi dell’Ultima Cena riportati da Gio-vanni (14-17). L’esempio di Gesù, che insegnava come uno che ha autorità (autorevolezza): Mt 7, 28-29; egli viveva quello che diceva, credeva in quello che annunciava (Mt 23, 1-12). Gli ignoranti sono quelli che non sanno, che non hanno appreso per loro volontà o per le circo-stanze della vita. Permane il grave problema dell’analfabetismo, come ricorda Benedetto XVI nella Caritas in veritate (n. 21). - Oggi sembra di saper tutto e non si sa nulla; con il rischio della presunzione di sapere tutto, di sapere abbastan-za; occorre saper passare dalla scienza alla sa-pienza. Sapere, conoscere, essere istruiti e con-sapevoli per vivere bene (don Milani). In questa grande confusione c’è un’esigenza di verità. La

Chiesa è chiamata a “compiere l’annuncio del Vangelo come primo e fondamentale atto di cari-tà verso l’uomo” (CEI, Evang. e Test. Carità, 1990, n. 1). - In campo strettamente cristiano; si sa ben poco di Dio, della propria religione, della fede, di catechismo o della Bibbia . Dovere della Chiesa e del Cristiano, è parlare di Dio, del Vangelo e della Chiesa; dedicarsi a insegnare (1Tm 4, 13-16). - Quanto conosco il Vangelo, la Bibbia, il Magiste-ro, il Catechismo, la Chiesa? Cosa so della vita, della fede, delle realtà future? Conoscenza intesa come comunicazione di fede (non indottrina-mento). Benedetto XVI: “La conoscenza dei con-tenuti della fede è essenziale per dare il proprio assenso” (Porta fidei, 11.10.11; 10-11). Chi è il tuo “maestro”? Ci accontentiamo di leg-gere i giornali e le riviste mondane, di ascoltare la radio, di guardare programmi televisivi... In-segnare: dare segni, simboli, strumenti per capi-re, per vivere meglio. Cosa insegniamo agli altri con le parole, con l’esempio, con la nostra testi-monianza? Sappiamo che si insegna più con la vita, che con le parole e i discorsi. Paolo VI: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” (Evangelii nuntiandi, 1975; 41). - Il mondo attende la verità che solo Cristo può dare, anche per tramite nostro.

LUN

29

Il programma di Gesù, è anche il mio programma, il nostro programma? Il mio atteggiamento è quello di Gesù o della gen-te di Nazaret? Chi sono gli esclusi che dovremmo accogliere meglio nella nostra comunità?

Volevano gettarlo dal precipizio, ma egli se ne andò. Ciò che Gesù disse non calmò gli animi, anzi! L’uso di questi due passaggi della Bibbia produsse ancora più rabbia. La comunità di Nazaret giunse al punto di voler uccidere Ge-sù. E così, nel momento in cui presentò il suo progetto di accogliere gli esclusi, Gesù stesso fu escluso! Ma lui man-teneva la calma! La rabbia degli altri non riuscì a fargli cambiare strada. Luca indica così che è difficile superare la mentalità del privilegio e chiusa in se stessa. E mostrava

che l’atteggiamento polemico da

parte dei pagani esisteva già al tempo di Gesù. Gesù ebbe le stesse difficoltà che ebbero le comunità ebree al tempo di Luca e che abbiamo ancora noi oggi.

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Dal Vangelo secondo Luca 4,24-30 Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israe-le al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro». All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori del-la città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

Dal Vangelo secondo Matteo 18,21-35 In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fra-tello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?” E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A questo proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non aven-do però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Si-gnore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi

La comunità, spazio alternativo di solidarietà e di fra-ternità. La società dell’Impero Romano era dura e senza cuore, senza spa-zio per i piccoli. Loro cercavano un rifugio per il cuore e non lo trovavano. Le sinagoghe anche erano esigenti e non offrivano un luogo per loro. E nel-le comunità cristiane, il rigore di alcuni nell’osservanza della Legge portava nella convivenza gli stessi criteri della sinagoga. Oltre a questo, verso la fine del primo secolo, nelle comunità cristiane cominciavano ad apparire le stesse divisioni che esistevano nella società tra ricco e povero (Gc 2,1-9). Invece di fare della comunità uno spazio di accoglienza, si correva il rischio di farlo diventare un luogo di condanna e di conflitti. Matteo vuole illumi-nare le comunità, in modo che siano uno spazio alternativo di solidarietà e di fraternità. Devono essere una Buona Novella per i poveri.

furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il pa-drone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegna-to, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovu-to. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello”.

MAR

1

Perché è così difficile perdonare? Nella nostra comunità, c’è uno spazio per la riconciliazione? Come?

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MERC

2

Come vedo e vivo la legge di Dio: come orizzonte crescente di luce o come imposizione che delimita la mia libertà?

C’erano varie tendenze nelle comunità dei primi cristiani. Alcune pensavano che non fosse necessario osservare le leggi dell’Antico Testamento, Altri accettavano Gesù, Messia, ma non accettavano la libertà di Spirito con cui alcune comunità vivevano la presenza di Gesù. Osservando queste tensioni, Matteo cerca un equilibrio tra i due estremi. La comunità deve essere uno spazio do-ve l’equilibrio può essere raggiunto e vissuto. La risposta

data da Gesù a coloro che lo critica-

vano continuava ad essere ben attuale per le comunità: “Non sono venuto per abolire la legge, ma per dare com-pimento!” Le comunità non potevano essere contro la Legge, né potevano rinchiudersi nell’osservanza della leg-ge. Come Gesù, dovevano dare un passo avanti, e dimo-strare, nella pratica, qual era l’obiettivo che la legge vole-va raggiungere nella vita delle persone, cioè, nella pratica perfetta dell’amore.

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Dal Vangelo secondo Matteo 5,17-19 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano pas-sati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno senza che tutto sia compiu-to. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare al-trettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomi-ni, sarà considerato grande nel regno dei cieli”.

Dal Vangelo secondo Luca 11,14-23 In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate. Ma alcuni dissero: “È in nome di Beelzebul, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni”. Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: “Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demoni in nome di Beelzebul. Ma se io scaccio i demoni in nome di Beelzebul, i vostri disce-poli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guar-dia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strap-pa via l’armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde”.

Gesù termina la sua risposta con questa frase: “Chi non è con me, è contro di me. E chi non raccoglie con me, di-sperde”. In un’altra occasione, anche a proposito di un’espulsione del demonio, i discepoli impediranno ad un uomo di usare il nome di Gesù per scacciare un demonio, perché non era del loro gruppo. Gesù rispose: “Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi!” (Lc 9,50). Sembrano due frasi contraddittorie, ma non lo so-no. La frase del vangelo di oggi è detta contro i nemici che hanno un preconcetto contro Gesù: “Chi non è con me, è contro di me. E chi non raccoglie con me, disperde”. Il pre-

concetto e la non accettazione rendo-no impossibile il dialogo e rompono l’unione. L’altra frase è detta per i discepoli che pensavano di avere il monopo-lio su Gesù: “Chi non è contro di voi, è per voi!” Molte persone che non sono cristiane praticano l’amore, la bon-tà, la giustizia, molte volte in modo assai migliore dei cri-stiani. Non possiamo escluderli. Sono fratelli ed operai nella costruzione del Regno. Noi cristiani non siamo pa-droni di Gesù. Al contrario: Gesù è il nostro signore!

GIOV

3

Chi non è con me, è contro di me. E chi non raccoglie con me, disperde.”. Come avviene questo nella mia vita? “Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi!” Come avviene questo nella mia vita?

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VEN

4

Per te, cos’è la cosa più importante nella religione? Noi oggi, siamo più vicini o più lontani dal Regno di Dio rispetto al dottore che fu elogiato da Gesù? Cosa pensi?

Nel Vangelo di oggi, gli scribi ed i dottori della Legge vo-gliono sapere da Gesù qual è il primo di tutti i comanda-menti. Anche oggi molta gente vuole sapere cosa è più importante nella religione. Alcuni dicono che è l’essere battezzati. Altri dicono che è andare a Messa o partecipa-re alla Messa della domenica. Altri ancora: amare il pros-simo e lottare per un mondo più giusto! Altri si preoccu-pano solo delle apparenze o degli incarichi nella Chiesa. Gesù aveva detto al dottore della Legge: "Non sei lontano

dal regno di Dio!" (Mc 12,34). Il dot-

tore era già vicino, ma per poter entrare nel Regno dove-va fare un passo in più. Nell’ AT il criterio dell’amore verso il prossimo era “Amare il prossimo come te stesso”. Nel NT, Gesù allarga il senso dell’amore: “Questo è il mio co-mandamento: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi! (Gv 15,12-13). Allora il criterio sarà “Amare il prossi-mo come Gesù ci amò”. È il cammino certo per giungere ad una convivenza più giusta e fraterna.

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Dal Vangelo secondo Marco 12,28b-34 In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comanda-menti?”. Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più impor-tante di questi”. Allora lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Dal Vangelo secondo Luca 18,9-14 In quel tempo, Gesù disse questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, la-dri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le deci-me di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.

Nel Vangelo di oggi, Gesù racconta la parabola del fari-seo e del pubblicano per insegnarci a pregare. Gesù ha un modo diverso di vedere le cose. Lui vedeva qualcosa di positivo nel pubblicano, di cui tutti dicevano: “Non sa pre-gare!” Gesù viveva così unito al Padre per mezzo della preghiera, che tutto diventava per lui espressione di pre-ghiera. Gesù viveva in contatto con il Padre. La respirazione della sua vita era fare la volontà del Padre (Gv 5,19). Gesù pre-gava molto ed insisteva, affinché la gente ed i suoi disce-poli facessero lo stesso, poiché nel contatto con Dio nasce

la verità e la persona si incontra con se stessa, in tutta la sua realtà ed umiltà. In Gesù, la preghie-ra era intimamente legata ai fatti concreti della vita ed alle decisioni che doveva prendere. Per poter essere fede-le al progetto del Padre, cercava di rimanere da solo con Lui per ascoltarlo. Gesù pregava i Salmi. Come qualsiasi altro giudeo pio, li conosceva a memoria. Gesù giunse a comporre il suo proprio salmo. E’ il Padre Nostro. La sua vita era una preghiera permanente: "Non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre!" (Gv 5,19.30).

SAB

5

Guardandomi allo specchio di questa parabola, io sono come il fariseo o come il pubblicano? Ci sono persone che dicono che non sanno pregare, ma parlano tutto il tempo con Dio. Tu conosci persone così?

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DOM

6 PERDONARE LE OFFESE Quest’opera non riguarda come le altre una per-sona, una categoria, ma una colpa, un fatto: le offese! Ma è chiaro: sono gli offesi che perdonano “gli offensori”. L’abbiamo già meditata nella frase del Padre nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti co-me noi li rimettiamo ai nostri debitori”; è lo stile del cristiano. Gesù perdonava, donava il perdono di Dio; al paralitico dice: “Figlio, ti sono perdonati i peccati” (Mc 2, 5); alla peccatrice: “I tuoi peccati sono perdonati” (Lc 7, 36-50); alla donna adulte-ra:”Neanche io ti condanno” (Gv 8, 1-11). Sulla croce ha invocato dal Padre il perdono per i suoi persecutori, ma aggiungendo: “non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). La sera di Pasqua Gesù risorto offre perdono e pace alla sua Chiesa, alla primitiva comunità cristiana composta dai disce-poli divisi tra loro e segnati dal peccato (Gv 20, 19-23); è nello Spirito Santo che noi possiamo per-donare ed essere perdonati. Tutta la vita di Gesù è un’offerta, un dono, un sacrificio per togliere il peccato del mondo, per “scontare” le nostre col-pe, per perdonare le nostre offese. Può essere più facile dar da mangiare, che perdonare il nostro prossimo. Gesù è molto esigente e chiede a Pietro di perdonare non sette volte ma settanta volte sette, cioè sempre, senza contare mai. Quanto è vero l’ammonimento del Vangelo sulla trave e la

pagliuzza (Mt 7, 1-5). Il male c’è e rimane; ma il bene lo supera e vince. Nelle pagine della prima e mai revocata alleanza, Dio si presenta come colui che perdona:(“che perdona la colpa”); Sal 86, 5 (“tu sei buono e perdoni”) e 103, 3 (“Egli perdona tutte le tue colpe”). Riguardo al perdono il nostro comportamento spesso è di coloro che sono avari nel concederlo e felici nel riceverlo! Il “per-dono” è, infatti, un “super-dono”. Esso richiede a volte un cammino lungo e faticoso. Insieme è più facile perdonare. Perdonare è lasciar andare, supera-re…; è perdonare ciò che non sembra scusabile. Quante famiglie e comunità, anche tra noi, quan-te relazioni, sono segnate dall’odio, dal rancore, dal risentimento, dall’amor proprio, dal broncio, dall’indifferenza, dall’antipatia, dall’invidia, dalla vendetta. “Dove c’è l’odio che io porti l’amore …”. Quante volte anche noi facciamo l’esperienza di un qualcosa che cerchiamo di ignorare, di dimen-ticare, ma ce l’abbiamo sempre davanti, sempre in mente. Occorre cercare, sforzarsi di capire, comprendere, scusare, sdrammatizzare. “La mi-glior vendetta è il perdono”: ne siamo veramente convinti? Da parte nostra è importante fare sem-pre il primo passo per avviarci sulla via della pace: la comunità cristiana è il luogo del perdono. - Non è sempre facile accogliere il perdono di Dio e nep-pure perdonare se stessi.

Dal Vangelo secondo Giovanni 4,43-54 In quel tempo, Gesù partì dalla Samaria per andare in Galilea. Ma egli stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch’essi infatti era-no andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. Costui, udito che Gesù era venuto dal-la Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. Gesù gli disse: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. Ma il funzionario del re insistette: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”. Gesù gli risponde: “Va’, tuo figlio vive”. Quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli venne-ro incontro i servi a dirgli: “Tuo figlio vive!” S’informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: “Ieri, un’ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato”. Il padre riconobbe che proprio in quell’ora Gesù gli aveva detto: “Tuo figlio vive”, e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.

Malgrado la risposta di Gesù, l’uomo non tace e ripete la stessa richiesta: “Signore, scendi prima che il mio bambi-no muoia!” Gesù continua nella sua posizione. Non ri-sponde alla richiesta e non va a casa con l’uomo e gli ripe-te la stessa risposta, ma formulata in modo diverso: “Vai! Tuo figlio è vivo!” Sia nella prima risposta come pure nella seconda risposta, Gesù chiede fede, molta fede. Chiede che il funzionario creda che il figlio è già curato. Ed il vero miracolo avviene! Senza vedere nessun segnale, né nes-sun prodigio, l’uomo crede nella parola di Gesù e ritorna a

casa. Non deve essere stato facile. Questo è il vero mira-colo della fede; credere senza nessun’altra garanzia, ec-cetto la Parola di Gesù. L’ideale è credere nella parola di Gesù, anche senza vedere

LUN

7

Come vivi la tua fede? Hai fiducia nella parola di Gesù o solo credi ai miracoli ed alle esperienze sensibili? Gesù accoglie le persone eretiche e straniere. Ed io, come mi relaziono con le persone?

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MEDITA

RIFLETTI

MAR

8

Hai mai avuto un’esperienza simile a quella del paralitico: rimanere molto tempo senza aiuto? Com’è la situazione di assi-stenza ai malati nel luogo dove ti trovi? Percepisce segnali di solidarietà?

Il Vangelo di oggi descrive Gesù che cura un paralitico che aveva aspettato 38 anni che qualcuno lo aiutasse a rag-giungere l’acqua della piscina per poter essere curato! Trentotto anni! Davanti a questa assenza totale di solida-rietà, cosa fa Gesù? Trasgredisce la legge del sabato e cura il paralitico. Oggi, mancando l’assistenza alle persone malate nei paesi

poveri, la gente sperimenta la stes-

sa mancanza di solidarietà. Vivono in un abbandono tota-le, senza aiuto né solidarietà da parte di nessuno. Ma an-che da noi, nelle nostre città e nei nostri paesi, forse an-che nelle nostre famiglie succede di rimanere senza aiuto, senza solidarietà

RIFLETTI

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Dal Vangelo secondo Giovanni 5,1-16 Era un giorno di festa per i Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Vi è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzata, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava là un uomo che da trentotto anni era ma-lato. Gesù, vedendolo disteso e sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: “Vuoi guarire?” Gli rispose il malato: “Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me”. Gesù gli disse: “Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”. E sull’istante quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo guarito: “È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio”. Ma egli rispose loro: “Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina”. Gli chiesero allora: “Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?” Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: “Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio”. Quell’uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

Dal Vangelo secondo Giovanni 5,17-30 In quel tempo, Gesù rispose ai Giudei: “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero”. Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Gesù riprese a parlare e disse: “In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole; il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, perché tutti onori-no il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In ve-rità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico: è venuto il mo-mento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non vi meravigliate di questo, poi-ché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fece-ro il bene, per una risurrezione di vita e quanti fecero il male, per una risurrezione di condanna. Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato”.

MERC

9

Come ti immagini il rapporto tra Gesù ed il Padre?

«Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha man-dato». Nella persona di Gesù c’è il sigillo supremo della sapienza e della potenza di Dio, ma i Giudei - anche noi a volte - dallo stupore passeranno all’incredulità e al di-sprezzo. Il cammino della verità è insidiato da tentazioni e difficoltà, che sono dentro di noi. «Chi ascolta la mia paro-la e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla

vita». Se c’è un’avventura che merita d’essere tentata, è questa ricerca della sapienza del vivere, che si impara a-scoltando la parola di Cristo e progredendo nell’ esperien-za della genuina spiritualità cristiana. Dio sempre è acces-sibile e si fa trovare nella parola di Cristo, il Vangelo; Egli ci comunica la sua stessa vita e ogni giudizio è rimesso a Lui che è morto ed è risorto per noi.

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giov

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Cosa pensi quando vedi la testimonianza di esù raccontata nel Vangelo, cosa ti dicono le sue opere?

Gesù Cristo è l’inviato del Padre: attraverso la Sua testi-monianza, Egli ci manifesta la volontà di Dio. Credere a Colui che il Padre ha mandato è condizione indispensabile per ottenere la vita e risplendere della gloria di Dio. La-sciamoci, dunque, rivestire della Grazia divina così anche noi testimonieremo la Gloria del Padre e annunceremo la vita che ci è donata in Cristo, l’unico e autentico testimo-

ne.

preghiera evangelica. Questo è il significato della vita: conoscere Cristo. Cono-scere Cristo come amico, come uno che vuol bene a voi, a chi vi è vicino e a tutti gli uomini, qui e dappertutto, qua-lunque lingua parlino, in qualunque modo si vestano, qua-lunque sia il colore della loro pelle. San Giovanni Paolo II, New York, 3 ottobre 1979

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Dal Vangelo secondo Giovanni 5,31-47

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: “Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non

sarebbe vera; ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace.

Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza

da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi. Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di

Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di

me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non

avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non

credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene,

sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita.

Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma io vi conosco e so che non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel

nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete

credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?

Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vo-

stra speranza. Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. Ma se non credete

ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?”

Dal Vangelo secondo Giovanni 7,1-2.10.25-30 In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne. Andati i suoi fratelli alla festa, vi andò anche lui; non apertamente però, di nascosto. Alcuni di Gerusalemme dicevano: “Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla libera-mente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia”. Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: “Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato”. Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.

ven

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Come al tempo di Gesù, anche oggi, ci sono molte idee ed opinioni nuove sulle cose della fede. Come faccio? Mi afferro alle vecchie idee e mi rinchiudo in esse, o cerco di capire il perché delle novità?

Questo Gesù che fu un giovane come voi, che visse esem-plarmente in famiglia e che conobbe a fondo il mondo degli uomini, chi è per voi? È solo un uomo, un grande uomo, un riformatore sociale? È solo un profeta mal com-preso dai Suoi (cfr Lc 2,34) e perciò messo a morte? O non è piuttosto il «Figlio dell’uomo», cioè l’uomo per eccellen-za, che nella realtà della carne assume e riassume le vicis-situdini e le tribolazioni degli uomini suoi fratelli, e insie-me, come «Figlio di Dio», tutte le riscatta e le redime? Io so che Cristo, uomo e Dio, è il punto supremo di riferi-

mento. San Giovanni Paolo II, Roma, 14 aprile 1984

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SAB

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Le persone accettano la novità solo se va d’accordo con le proprie idee e che appartengono al passato. E tu?

La reazione della gente è assai diversa. Alcuni dicono: è il profeta. Altri: è il Messia, il Cristo. Altri ribadiscono: non può essere, perché il messia verrà da Betlemme e lui vie-ne dalla Galilea! Queste diverse idee sul Messia produco-no divisione e confronto. C’era gente che voleva prender-lo, ma non lo fecero. Probabilmente perché avevano pau-ra della gente Dinanzi a questo argomento stupido, l’onestà di Nicodemo si rivolta ed alza la voce per difende-

re Gesù: “La nostra Legge giudica for-

se un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?” La reazione degli altri è di presa in giro: "Sei forse anche tu, Nicodemo, della Galilea!? Dà uno sguardo alla Bibbia e vedrai che dalla Galilea non potrà venire nessun profeta!" Loro sono sicuri! Con il libro del passato in mano si difendono contro il futuro che arriva scomodando. Mol-ta gente continua a fare oggi la stessa cosa. Si accetta la novità solo se va d’accordo con le proprie idee che appar-tengono al passato.

RIFLETTI

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Dal Vangelo secondo Giovanni 7,40-53 In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: “Questi è davvero il profeta!” Altri dicevano: “Questi è il Cristo!” Altri invece dicevano: “Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?” E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: “Perché non lo avete condotto?” Risposero le guardie: “Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo!” Ma i farisei replicarono loro: “Forse vi siete lasciati ingannare anche voi? Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!” Disse allora Nicodemo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: “La nostra Legge giu-dica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?” Gli risposero: “Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea”. E tornarono ciascuno a casa sua.

DOM

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SOPPORTARE PAZIENTEMENTE LE PERSONE MOLESTE Sembra quasi che questa opera di misericordia ci chieda poco: sopportare! Ma basta sopportare? Forse, a volte, è già molto! E non solo le persone moleste; con pazienza e con sapienza. Anche in questo caso pensiamo anzitutto a noi stessi: Quanti sopportano me? Sono io molesto per gli altri? La risposta non è difficile… se siamo sinceri. Quanto Dio ci sopporta con pazienza, tenerezza e amore. Già nell’Antico Testamento Dio sopporta il popolo eletto, popolo dalla testa dura (Dt 9, 13; Es 34, 6-7). Gesù tante volte “sopporta” i dodici apostoli (chi lo tradisce, lo rinnega e lo abbandona), che non capiscono, non lo seguono (Mt 16, 5-12; 20, 20-25). San Paolo: Col 3, 13; Ef 4, 2: “sopportandovi a vicenda nell’amore”. - Il dono della pazienza è frutto dell’azione dello Spirito Santo (Gal 5, 22). Sarebbe interessante tentare un elenco delle per-sone che ci sono moleste: il vicino di casa, i ragaz-zi che giocano, gli zingari, l’automobilista, il confu-sionario, il chiacchierone, l’antipatico, l’extra co-munitario, il venditore ambulante, il testimone di Geova, ecc. La famiglia è un luogo di educazione, di esercizio,

all’accoglienza, alla sopportazione e alla pazienza (il marito e la moglie, i figli, i genitori, i fratelli, la suocera, i parenti). Sopportare significa accogliere, a volte anche comprendere, soprattutto nei confronti di coloro che ci è dato di servire, di aiutare, di assistere, di accompagnare; di soffrire con loro. Accettare l’altro, evitando la rabbia, il disprezzo per l’altro, la fuga dagli altri. È necessario un pro-fondo e lungo lavoro su se stessi. Non basta la sopportazione. Esercitarci a vedere il bene, il positivo negli altri. Da cristiani dovremo abituarci anche a rilevare il bene, a parlarne; non fermarci solo ai difetti, alle mancanze. - Nella nostra società occidentale, oggi siamo tutti impazienti. Impariamo a coltivare e vivere la cortesia, la ma-gnanimità (grandezza d’animo), l’attenzione agli altri, la pazienza, evitando la fretta, la prepotenza, l’arroganza, l’indifferenza, l’insofferenza.

LUN

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A volte la Chiesa ci dice cose che non piacciono , come reagisci?

Gesù si manifesta come la luce che sconfigge le tenebre. Ora noi, quando ci fidiamo di noi stessi, siamo come colo-ro che rifiutano la luce per restare all’ombra del male e della morte. Il Signore è la luce della nostra vita; con la Sua presenza e la Sua Parola rischiara le tenebre del no-stro peccato facendoci intravedere la strada che conduce al Padre. Illuminati da Cristo, potremo capire con certezza ciò che ci giova per essere testimoni credibili del Regno.

Se oggi la Chiesa dice cose che non piacciono, è perché sente l’obbligo di farlo. Essa lo fa per dovere di lealtà. Sa-rebbe in realtà molto più facile tenersi sulle generalità. Ma talvolta essa deve, in armonia con il Vangelo di Gesù Cristo, mantenere gli ideali nella loro massima apertura, anche a rischio di dover sfidare le opinioni correnti. San Giovanni Paolo II, Amersfoort (Olanda), 15 maggio 1985

RIFLETTI

ascoltA

MEDITA

Dal Vangelo di Giovanni 8,12-20 In quel tempo, di nuovo Gesù parlò ai farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscere-ste anche il Padre mio». Gesù pronunciò queste parole nel luogo del tesoro, mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora venuta la sua ora.

Dal Vangelo secondo Giovanni 8,21-30 In quel tempo, Gesù disse ai farisei: “Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire”. Dicevano allora i Giudei: “Forse si ucciderà, dal momento che dice: Do-ve vado io, voi non potete venire?” E diceva loro: “Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati”. Gli dissero allora: “Tu chi sei?”. Gesù disse loro: “Proprio ciò che vi dico. Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui”. Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo. Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite”. A queste sue parole, molti credettero in lui.

MAR

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Chi si rinchiude nei suoi criteri e pensa di sapere già tutto, non sarà mai capace di capire l’altro. Così erano i farisei davanti a Gesù. Ed io come mi comporto dinanzi agli altri?

«Tu chi sei?». A questa domanda Gesù risponde con e-strema chiarezza; dicendo: «Io Sono» riprende l’appellativo di Dio stesso. La Sua pretesa di essere Dio sconvolge i Suoi interlocutori ma tra questi alcuni credo-no. Il Signore Gesù è il Dio Crocifisso e Risorto che con il dono della Sua vita manifesta la volontà salvifica del Pa-dre. Nella croce Egli si rivela Dio misericordioso che pren-de su di sé le conseguenze del peccato partecipandoci una vita di grazia che niente e nessuno potrà mai toglierci. Credere in Lui è la condizione necessaria per ottenere la comunione divina e la salvezza.

Chi è Cristo? Cristo è colui che sa dare la risposta a tutti i nostri perché. Capirete che mille difficoltà non hanno la forza di ingenerare un dubbio; che nessun macigno può rendere fragile la costruzione dell’onestà, della castità, della generosità. Con la voce del Concilio Vaticano II vi ripeto: « La Chiesa vi guarda con fiducia e amore... Guar-datela e troverete in essa il volto di Cristo, il vero eroe umile e saggio; il profeta della verità e dell’amore, il com-pagno e amico dei giovani». San Giovanni Paolo II, Brescia, 26 settembre 1982

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Sentirsi liberi perché sottomessi totalmente al Padre. Esiste qualcosa di questo tipo in te? Conosci persone così?

Rimanere fedeli alla Parola del Signore per essere davvero discepoli. Questo invito di Gesù ci aiuta a prendere co-scienza che non possiamo dirci Suoi discepoli e alla prima occasione dimenticarci della Sua Parola. Quante volte alle esigenze evangeliche abbiamo preferito quella comodità superficiale che ha spento ogni nostro desiderio e ogni nostra ansia di vivere insieme a Cristo? Quante volte alla Parola di verità abbiamo preferito le opinioni comuni, i

pensieri allettanti di persone medio-cri che ci chiudono facendoci vivere

una vita a metà? Essere fedeli al Signore, alla sua Parola, per essere veramente liberi, dipendenti solo dalla verità e dall’amore.

RIFLETTI

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Dal Vangelo secondo Giovanni 8,31-42 In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: “Se rimanete fedeli alla mia paro-la, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Gli risposero: “Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Divente-rete liberi?” Gesù rispose: “In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Fi-glio vi farà liberi, sarete liberi davvero. Gli risposero: “Il nostro padre è Abramo”. Rispose Gesù: “Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vo-stro”. Gli risposero: “Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!” Disse loro Gesù: “Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato”.

Dal Vangelo secondo Giovanni 8,51-59 In quel tempo, disse Gesù ai Giudei: “In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”. Gli dissero i Giudei: “Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: ‘‘Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte’’. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?” Rispose Gesù: “Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: ‘‘È nostro Dio!’’, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò”. Gli dissero allora i Giudei: “Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?” Rispose loro Gesù: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono”. Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tem-pio.

GIOV

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Dialogo di sordi tra Gesù e i giudei. Hai fatto qualche volta l’esperienza di parlare con una persona che pensa esattamente l’opposto di te e non se ne rende conto?

Il mondo e l’uomo soffocano se non si aprono a Cristo Non cercate al di fuori ciò che potete trovare dentro di voi. Non aspettatevi dagli altri ciò di cui siete capaci e che siete stati chiamati ad essere e a fare. Non rimandate a domani la costruzione di una società nuova, dove i sogni più nobili non siano frustrati e dove voi possiate essere i protagonisti della vostra storia. Ricordate che la persona umana e il rispetto per essa sono la via verso un mondo nuovo. Il mondo e l’uomo soffocano se non si aprono a Gesù Cristo.

San Giovanni Paolo II, Camagüey (Cuba), 23 gennaio 1998

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RIFLETTI

ven

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I giudei condannano Gesù in nome di Dio, in nome dell’immagine che hanno di Dio. Ho condannato qualche volta qualcu-no in nome di Dio e poi ho scoperto che ero nell’errore?

Di fronte alla pretesa di Gesù che dice di essere Dio biso-gna prendere posizione. Non si può restare indifferenti. Per gli avversari di Gesù la sua pretesa è inaccettabile, il loro scandalo è totale. Altri, invece, vedendo le opere che Egli compie, credono in Lui. E noi? Da che parte stiamo? Se viviamo la nostra giornata senza fare mai riferimento a Cristo allora siamo nel gruppo degli avversari di Gesù che reputano scandalosa la Sua pretesa: noi bastiamo a noi

stessi, abbiamo le buone intenzioni; che bisogno c’è di Gesù e delle Sue

pretese? Al contrario, se riconosciamo la nostra vita, ciò che ci accade, come dono del Signore, se percepiamo nel-la realtà in cui viviamo la Sua presenza, allora appartenia-mo al gruppo degli amici di Cristo: la nostra vita senza il Signore non vale la pena essere vissuta, a Lui appartenia-mo e in Lui troveremo la gioia e la pace.

RIFLETTI

ascoltA

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Dal Vangelo secondo Giovanni 10,31-42 In quel tempo, i Giudei portarono pietre per lapidare Gesù. Egli disse loro: “Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?” Gli risposero i Giudei: “Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”. Rispose loro Gesù: “Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dei? Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può es-sere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, per-ché ho detto: Sono Figlio di Dio? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre”. Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò. Molti andarono da lui e dicevano: “Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovan-ni ha detto di costui era vero”. E in quel luogo molti credettero in lui.

Dal Vangelo secondo Matteo 1,16-24 Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babi-lonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici. Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salve-rà il suo popolo dai suoi peccati”. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo.

sab

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Che cosa ti ha colpito in questo brano? Perché?

Giuseppe fu chiamato da Dio a collaborare al suo proget-to di salvezza. Egli, con umiltà ed energia, divenne il cu-stode di Gesù e di Maria, sua sposa. L’atteggiamento di Giuseppe ci dice che quando il Signore chiama, bisogna rispondere con prontezza, abbandonando ogni proprio progetto, per abbracciare con amore i disegni sconvolgen-ti di Dio. Così solo possiamo realizzare la nostra vita e ot-tenere il dono della giustizia e della pace. Il cristiano sa, inoltre, che il Figlio di Dio, uguale al Padre,

quando venne nel mondo, volle anche sottoporsi alla fati-ca del lavoro, diventando per noi «falegname» (cfr. Mc 6,3) e inserendo in tal modo il lavoro quotidiano dell’uomo nell’opera sublime della redenzione. San Giu-seppe è vissuto in questa luce. Tocca a tutti noi cristiani camminare nella stessa direzione, conferendo al nostro lavoro, mediante la Sua grazia, quel pregio di imitazione divina e di genuina spiritualità cristiana. San Giovanni Paolo II, Roma, 1º maggio 1988

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RIFLETTI

Dom

20 PREGARE DIO PER I VIVI E PER I MORTI L’ultima “opera” è quella di pregare per gli altri, sia vivi che defunti. Noi non abbiamo l’idea della preghiera come di un’opera; ci sembra una cosa spirituale, non pratica. Anche pregare è fare, è compiere un’azione. Essa è una concreta e squisita forma di carità, espres-sione di amore; a volte non possiamo far altro che affidare una persona, una situazione alla miseri-cordia di Dio. La liturgia ci educa alla preghiera, soprattutto la prece eucaristica: Ricordati, Signore. Pregare non al posto degli altri, ma per gli altri. Invocare lo Spi-rito Santo (Rm 8, 26). Inter-cedere: pregare significa avere a cuore una persona, metterla nelle mani di Dio. Pregare è caricarci degli altri, dei loro pesi, della loro storia, della loro vita (Gc 5, 16). Pregare è avvicinarci a Dio, stare con lui, come Gesù con il Padre, e par-largli di noi, dei nostri cari, della nostra vita, della nostra comunità, del mondo (Col 1, 9). Quanti esempi di preghiera per gli altri nell’Antico Testa-mento: Abramo intercede (Gen 18, 17-32); Mosè prega sul monte (Es 17, 8-13); 150 Salmi e i Canti-ci (+ di 50). - L’esempio più bello e significativo, vincolante per noi è quello di Gesù che pregava sempre e apparteneva a un popolo che sapeva

pregare (Mt 5, 44; 6, 5-13; ecc.). Gesù pregava per quanti incontrava sul suo cammino (Lc 22, 32: per Pietro); prega fin sulla croce, con i salmi. Con-tinua a intercedere per noi (Rm 8, 34; Ebr 7, 25). È bello pensare: Gesù prega anche per me! Si in-staura una comunione di grazia. Paolo a Timoteo (1Tm 2,1-8): preghiere e suppliche; (2Tm 1, 3-5): prego per te! La Beata Teresa di Calcutta diceva: “La preghiera è per te una sorgente per amare”. - Benedetto XVI nella Spe Salvi: “Pregare non significa uscire dalla storia e ritirarsi nell’angolo privato della propria felicità” . “Nel pregare deve sempre esserci questo intrec-cio tra preghiera pubblica e preghiera personale” . La vera “raccomandazione” a un “grande”, al Dio dei viventi (Mt 22, 32; Es 3, 6). La preghiera per i defunti è testimoniata già in 2Mac 12, 38-45. Per i nostri defunti: non solo lapi-di, fiori e lumi, ma preghiere. Anche la celebrazio-ne della Santa Messa per loro. La nostra preghiera serve ai defunti? Ormai sono fuori dal tempo; an-che Dio è fuori dal tempo! Il Purgatorio: tempo di purificazione. - Pregare in comunione con loro: “che vengono dalla grande tribolazione”(Ap 7, 9-17).

PREGHIERA DELL’ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA Signore Gesù Cristo, tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste, e ci hai detto che chi vede te vede Lui. Mostraci il tuo volto e saremo salvi. Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro; l'adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura; fece piangere Pietro dopo il tradimento, e assicurò il Paradiso al ladrone pentito. Fa' che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana: Se tu conoscessi il dono di Dio! Tu sei il volto visibile del Padre invisibile, del Dio che manifesta la sua onnipotenza soprattutto con il perdono e la misericordia: fa' che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te, suo Signore, risorto e nella gloria. Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch'essi

rivestiti di debolezza per sentire giusta compassione per quelli che sono nel l'ignoranza e nell'errore; fa' che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio. Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione perché il Giubileo della Misericordia sia un anno di grazia del Signore e la sua Chiesa con rinnovato entusiasmo possa portare ai poveri il lieto messaggio, proclamare ai prigionieri e agli oppressi la li-bertà e ai ciechi restituire la vista. Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia a teche vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei se-coli. Amen

Parrocchia S. Nicolò Vescovo - Zanica