Non importa quanto freddo sia l'inverno, dopo c'è … N 6-APRILE...La Banca Centrale Europea,...

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Non importa quanto freddo sia l'inverno, dopo c'è sempre la primavera. Eddie Vedder

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Non importa quanto freddo sia l'inverno,

dopo c'è sempre la primavera.

Eddie Vedder

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Siamo appena tornati dal ritiro spirituale sulla Paternità di Dio e la voce del Padre continua a

risuonarci in cuore. Quante volte ci eravamo rivolti a Lui chiedendogli di

farci sentire la sua presenza, di parlarci, di risponderci quando il vuoto si allargava nella nostra anima. Perché, perché? Gli avevamo urlato quando ci eravamo sentiti inchiodati in croce e Lui ci aveva fatto arrivare solo il suo silenzio, un silenzio pesante, disarmante, doloroso che ci aveva trafitto il cuore!

Non avevamo capito che Lui ci aveva riunito in Cristo e aveva siglato con noi una nuova alleanza e che il Vangelo di Gesù era stata la Sua risposta: una risposta di amore e di speranza, di condivisione paterna che esprimeva il suo dolore per le nostre sofferenze, che versava lacrime umane attraverso le lacrime del suo figlio amato, che ci avvolgeva nella sua tenerezza di madre, che si commuoveva, ci restituiva la salute e, se per il nostro bene, anche la vita.

Amavamo Cristo perché era stato uomo, consacravamo il nostro cuore a Cristo perché aveva sofferto più di ognuno di noi, ci professavamo suoi seguaci, cioè cristiani, senza comprendere che Gesù Cristo e il Padre Buono erano una stessa persona.

Qualcuno, finalmente, ci ha aperto gli occhi dell’anima

ed ha predisposto la nostra mente alla conoscenza. Abbiamo, allora, letto il Vangelo secondo la verità che ci era stata oscurata da tanti secoli di imbonimento e di voluta propaganda dell’ignoranza, verità che ci aveva frustrato ed indotto ad avere paura di Dio.

I tre giorni di Assisi ci hanno liberato, ci hanno ridato la speranza e la consapevolezza che, come dice la Beata Madre Speranza, la figura del Padre Nostro indicataci da Gesù: “Non è quella di un giudice severo ma di un Padre pieno di amore e di misericordia che non tiene in conto le debolezze dei suoi figli, le dimentica e le perdona”.

Questa è la Buona Notizia che ci è stata consegnata nel nostro ritiro e per questo abbiamo voluto dedicare le pagine centrali di questo giornale all’evento vissuto dalle oltre trecento persone che vi hanno partecipato.

EditorialE

Redazione: Via della Nocetta, 171 Roma Contatti: [email protected] - www.ciaofrate.org -Comunità del Pettirosso Tel. 00 39 366 [email protected] Responsabile: Marisa GrilloGrafica: Patrizia Ruscio

Hanno collaborato a questo numero:Marisa Grillo, Maria Teresa Lo Bianco, Piero Giovinazzo, Federica Agresti, Valentina Ferranti, Livio Falsetto, Laura Marcotulli, Claudia Iacoella, Pina Orlandi, Chiara Rocchi, Fernando Di Mattia, Antonio Romagna.

In copertina “Nuova Vita” di Patrizia Ruscio

La Paternità di Dio

Aspettiamo i tuoi suggerimenti e le tue idee... Scrivile a [email protected]

C o m u n i t à d e l P e t t i r o s s o

Le opinioni espresse negli articoli sono quelle dell'autore. Il materiale inviato, anche se non pubblicato, non sarà restituito.

direttamente da Assisi... la vignetta di Fernando

Grazie, Dottore,per la cura che mi ha consigliato:ora sto da Dio!

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L’era dei tassi zeroEconomia in pillolE

Oggi l’economia è ferma e si parla di deflazione. Si

spende poco perché c’è il timore del domani e si preferisce rinviare ogni decisione di acquisto o investimento.

Questo atteggiamento di stallo (causato dai forti vincoli di bilancio statale imposti dalle politiche di austerità) ha comportato in Europa la chiusura di attività di tutti i tipi nel campo dell’industria, dell’artigianato, dei servizi ecc, con la conseguente perdita di moltissimi posti di lavoro e instaurando un circolo vizioso: niente lavoro, niente possibilità di acquistare, nessuna vendita di prodotti e servizi, chiusura di fabbriche e uffici, quindi, niente lavoro.

La Banca Centrale Europea, ritenendo insostenibile la situazione, anche se sei anni dopo la Banca Centrale Americana e la Banca d’Inghilterra nonché quella Giapponese, ha deciso di scendere in campo con un ambizioso piano di acquisto di titoli europei, in gran parte titoli di stato dei paesi europei, chiamato: “Quantitive Easing” (QE).

Perché se la BCE acquista imponenti quantitativi di titoli di stato (BTP) italiani aiuta l’economia italiana? Perché in questo modo ne abbassa il rendimento e rende più appetibile l’investimento alternativo. Acquistando in notevole quantità i titoli, cioè creando una maggiore richiesta o domanda, aumenta il prezzo o corso del titolo e, di conseguenza, si abbassa il rendimento del titolo medesimo.

La BCE attraverso il QE intende, dunque, spingere gli investitori/risparmiatori a cercare remunerazioni più interessanti nell’economia reale, forme di investimento più rischiose ma anche più redditizie come ad esempio nelle obbligazioni o nelle azioni delle aziende, per stimolare il loro ciclo produttivo. Addirittura qualcuno potrebbe decidere di creare nuove piccole aziende e, dunque, dar vita a nuovi posti di lavoro e rimettere in moto l’economia.

Ciò garantisce, inoltre, il pagamento del debito pubblico italiano ad un costo più basso.

Di fatto, l’effetto di tale operazione, come confermato dalle notizie dei mass media, è stato quello di far abbassare i rendimenti ancor prima che la manovra avesse inizio.

Con lo spread (differenza tra il rendimento a 10 anni del BTP italiano e il BUND tedesco) sotto i 100 punti, il

rendimento dei BOT è sceso a zero. Il paradosso dei nostri giorni: l’era dei tassi a zero. È possibile prestare i propri risparmi

allo Stato e vedersi remunerati pochi centesimi? A quanto pare per la BCE è il male minore.

La Banca Centrale Europea ha pensato questa manovra anche per sbloccare le erogazioni di denaro da parte delle banche: considerando la liquidità che affluirà nelle loro casse, queste dovrebbero decidersi ad aprire il rubinetto del credito dando un po’ di fiato alle piccole e medie imprese e possibilità di vedersi accordare mutui più facilmente.

Insomma, nel disegno della BCE, l’acquisto copioso di titoli, associato ad una riduzione del valore dell’euro rispetto al dollaro e alla riduzione del prezzo del petrolio (positivo per i paesi europei prevalentemente importatori di questa materia prima) dovrebbe dar vita ad una spinta propulsiva per l’economia.

La BCE ha iniziato tale manovra nel mese di marzo: prevede l’acquisto di titoli per 60 miliardi di euro al mese. Durerà fino a settembre 2016 e, se necessario, potrà essere prolungata.

L’obiettivo di questo programma straordinario è di far salire l’inflazione dell’eurozona intorno al 2%.

Tutti ce lo auguriamo, ma queste misure di intervento saranno tanto più efficaci quanto più saranno significative le riforme strutturali e le azioni che verranno adottate dai paesi membri dell’Unione.

La BCE, nella figura del suo presidente Mario Draghi, ripete sovente che l’Italia deve cogliere questa occasione per fare riforme significative che possano permettere al nostro Paese di uscire dall’immobilismo nel quale si trova da anni in tanti settori come quello del lavoro, della ricerca, della giustizia, della scuola, della burocrazia, del fisco.

Non rimane altro che dare spazio alla volontà di voler cambiare le cose da parte dei nostri governanti e direi alla speranza di vedere un’Italia migliore!

Laura Marcotulli

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il bEllo dElla politica

Non è sempre vero che tutto vada male nella pubblica amministrazione italiana. Ci sono tante iniziative che Comuni, Province, Enti locali, ecc.

mettono in campo e che noi non conosciamo perché non vengono pubblicizzate. Si è pensato di farlo noi per essere il contraltare delle malefatte che, troppo spesso, la classe politica (in senso lato) consegna ai mass media.

Leggendo le news del giovane sindaco di Cerveteri, siamo stati colpiti dalla notizia dell’incontro tra i Sindaci d’Italia che il 7 e l’8 marzo si è tenuto a Cerveteri nell’ambito dell’iniziativa Italia in Comune. Esso è stato finalizzato a uno scambio d’informazioni sulle buone iniziative messe in pratica dalle diverse amministrazioni comunali ed abbiamo pensato che una notizia del genere fosse il migliore dei modi per iniziare la nuova rubrica dedicata al territorio.

Visto che si è trattato di un’iniziativa ideata ed organizzata dal Sindaco, Alessio Pascucci, siamo andati a trovarlo e, cortesemente, ci ha concesso un’intervista. Eccola:

Caro Sindaco, innanzitutto complimenti per l’iniziativa. Ce n’era bisogno. Invitare tutti i sindaci d’Italia per scambiarsi esperienze positive e a basso costo per i cittadini, mi sembra encomiabile in un momento storico come questo. Come è nata quest’idea?

È nata dalla considerazione che, quotidianamente, noi sindaci ci troviamo ad affrontare problematiche simili a quelle dei nostri colleghi. L’idea è quella di “copiare”

le iniziative migliori e di replicare nella propria città i comportamenti virtuosi di altre amministrazioni. Se consideriamo che siamo lasciati soli dal governo centrale, la necessità di fare squadra tra Sindaci è ancora maggiore.

Come pensate di divulgare quelle che verranno ritenute le iniziative più facilmente replicabili?

L’evento di Cerveteri è andato benissimo, hanno partecipato un centinaio di Amministratori locali provenienti da tutta Italia, Isole comprese. Già in questo primo incontro c’è stato uno scambio molto proficuo tra noi, tanto che è stata fondata un’associazione che prende il nome di <<Italia in Comune>>.

On-line abbiamo un sito (www.italiaincomune.it) che già comincia ad ospitare le “buone pratiche” che gli amministratori mettono a disposizione dei colleghi. È un archivio pubblico e accessibile a tutti.

Il Comune di Cerveteri ha una popolazione di circa 40.000 abitanti, non pensa che sia meglio confrontarsi con Comuni di analoghe dimensioni? Come pensa che sindaci di città medio grandi, diciamo superiori a 100.000 abitanti, possano confrontarsi con realtà più piccole?

I problemi che affrontano i Sindaci sono in larga parte i medesimi, indipendentemente dalle dimensioni della città. È ovvio che la complessità cambia. Alcune “buone pratiche” restano, però, universali e applicabili ovunque. Pensi ai percorsi per l’abbattimento degli affitti pagati dal Comune o all’incentivo sull’utilizzo di pannelli fotovoltaici nelle scuole. Ci sono Comuni che ci hanno raccontato come rendere redditizi terreni comunali mai sfruttati prima, come ridurre il consumo di suolo nelle città, come incentivare l’uso delle biciclette per andare a scuola e al lavoro, come coinvolgere i cittadini per far “adottare” aree verdi o monumenti. Queste esperienze sono interessanti per qualunque sindaco.

Verranno coinvolti anche i piccoli comuni che, magari, per problemi economici non potranno partecipare?

Certo. Molti amministratori che non sono potuti venire ci hanno scritto dimostrandoci il loro interesse e ci hanno, comunque, trasmesso la loro “buona pratica”. Abbiamo mandato l’evento in diretta streaming e ci sono state più di quattrocento visite online. Un dato veramente incoraggiante che non ci aspettavamo e l’associazione continuerà a lavorare senza sosta.

Belle notizie dalla Pubblica Amministrazione Nasce “Italia in Comune”

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Si tratterà di iniziative meramente amministrative, magari di semplificazione, oppure dirette ad aiutare concretamente la popolazione?

C’è di tutto. Il sindaco di Canzano ci ha raccontato di come ha incentivato l’adozione degli animali, prima tenuti nei canili, prevedendo degli sgravi fiscali per le famiglie affidatarie, riducendo tra l’altro i costi dei canili che sono generalmente molto alti. Un consigliere comunale di Verbania, ci ha raccontato di un percorso “partecipato” con i cittadini per decidere le sorti di una grande opera pubblica in fase di realizzazione che, da principio, era stata osteggiata dai cittadini stessi. Il presidente del Municipio VIII di Roma, ha spiegato il recupero di un’area urbana attraverso le arti di strada (graffiti) in aree da sempre molto degradate. L’unico presupposto richiesto è quello che la pratica sia già attuata nel Comune. Non idee fumose, ma atti concreti replicabili.

La cittadinanza potrà essere coinvolta in modo attivo e trasparente?

Assolutamente sì. L’evento è stato aperto al pubblico e molti cittadini hanno preso parte ai lavori. Anche il sito sarà accessibile a tutti. Non solo, abbiamo iniziato un percorso di collaborazione con associazioni nazionali

(come Libera, Unione Donne in Italia, Banco Alimentare, Banco Farmaceutico e altre) per ricevere da esse, che sono in prima linea,

suggerimenti per atti e pratiche virtuose da sponsorizzare presso i Comuni d’Italia.

Pensate di coinvolgere le associazioni di volontariato laiche e non?

Certo! In questi due giorni molte associazioni hanno voluto dare il proprio contributo. Non soltanto raccontandoci quello che fanno tutti i giorni, ma anche facendo delle proposte concrete. Penso alla proposta di delibera portata dall’UDI per contrastare l’uso lesivo della donna nelle pubblicità presenti sulle plance del territorio comunale; o alla residenza per tutti i senzatetto proposta da Miseria Ladra (Associazione Libera). Le buone idee vengono sempre da chi tutti i giorni cerca di risolvere i problemi rimboccandosi le maniche.

Questo giornale è l’organo della Comunità del Pettirosso, un’associazione di volontariato a tutto campo: abbigliamento, medicine, cure mediche ecc., pensa di poterci coinvolgere in qualcuna delle vostre iniziative?

Siamo a vostra completa disposizione. Sia come Comune di Cerveteri sia come “Italia in Comune”. Abbiamo bisogno delle vostre idee per rendere le nostre città migliori.

Marisa Grillo

Alessio Pascucci

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L’esigenza di decorare e abbellire ciò che ci circonda è una consuetudine antica quanto l’uomo, una necessità primordiale di migliorare il proprio ambiente personalizzandolo con la traduzione iconografica delle proprie idee. È un desiderio che trova riscontro nelle forme più semplici e in quelle più complesse, negli strumenti basilari

e in quelli più avanzati, nelle tecniche più elementari e in quelle più articolate. Tra queste ultime, il mosaico ne risulta certamente principe, soprattutto per il suo grado di complessità al quale l’uomo è giunto seppur partendo da semplici pietre colorate disposte a protezione e decorazione di muri e mattoni.

Il termine mosaico è di origine incerta: alcuni lo fanno derivare dal greco musaikòn “opera degna delle Muse” o dall’arabo muzauwaq che significa “decorazione”.

Le prime decorazioni musive risalgono al 3000 a.C. con i Sumeri, per passare al II millennio a.C. con l’arte minoico-micenea dove il mosaico era usato come pavimentazione colorata in alternativa ai tappeti. È solo attorno al III secolo che il mosaico fa la sua apparizione a Roma usato per impermeabilizzare pavimenti in terra battuta.

Proprio il III secolo a.C. segna l’inizio della tradizione musiva romana che va perfezionandosi con esempi straordinari, non solo a Roma ma anche in Sicilia, ad Aquileia, a Ravenna e a Costantinopoli, in epoca repubblicana e, soprattutto, nel tardo periodo imperiale e bizantino.

I mosaici che meglio sono stati conservati e attualmente sono visibili a Roma risalgono ad un periodo compreso tra il V e XIII secolo d.C. e si concentrano in alcune delle più affascinanti chiese e basiliche.

L’opera musiva paleocristiana più antica, rimasta visibile in città, è quella della volta anulare del deambulatorio del Mausoleo di Santa Costanza, il luogo eletto a sepolcro delle spoglie della figlia di Costantino. Originariamente, l’intera volta dell’edificio era interessata da mosaici dell’epoca che, tuttavia, a causa dei rifacimenti e dei pesanti restauri, sono andati perduti. Quelli superstiti, però, sono ben distanti da quelli che vanno dal V secolo in poi, in quanto presentano un registro iconografico ancora a metà tra pagano e cristiano rappresentando racemi, vegetali e putti intenti a vendemmiare. Difatti, è proprio nel V secolo che si concentrano tre importanti testimonianze musive indiscutibilmente legate al nuovo registro cristiano: l’abside di Santa Pudenziana, la controfacciata di Santa Sabina, la navata e l’arco trionfale di Santa Maria Maggiore.

Santa Pudenziana, basilica eretta su una preesistente Domus Ecclesia, conserva ancora il più antico catino absidale mosaicato che, per la sua composizione, fu il punto di partenza per i mosaici successivi. Risalente all’epoca di Innocenzo I, tra il 410 e il 417, il catino absidale mostra Cristo in trono circondato dai dieci apostoli, il tetramorfo, ovvero i simboli dei quattro evangelisti, e due donne, che potrebbero raffigurare o le sorelle Santa Prassede e Santa Pudenziana oppure le personificazioni muliebri delle due religioni quella ebraica e quella cristiana, figure che ritroviamo anche nella controfacciata di Santa Sabina presso la quale, tra le due figure femminili, campeggia una scritta dedicatoria alla basilica redatta a lettere cubitali dorate.

Di ampio respiro, infine, il ciclo narrativo musivo della navata della Basilica di Santa Maria Maggiore con storie veterotestamentarie che mostrano indubbi richiami stilistici con il cosiddetto “Virgilio Vaticano”, con la Bibbia detta Itala di Quedlinburg e con le immagini e gli attributi visivi imperiali tipici del processo di appropriazione dell’immagine del periodo paleocristiano.

Più ieratiche e ritmicamente dilatate sono, invece, le composizioni dei mosaici dell’arco trionfale con scene cristologiche

dEntro lE mUra

I mosaici di Roma... capolavori intatti nel tempo

Basilica di Santa Pudenziana Santa Maria in Trastevere

San Cosma e Damiano

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Piero Giovinazzo

ed episodi tratti dai Vangeli Apocrifi. Alle estremità della composizione sono raffigurate le due città sante, Gerusalemme e Betlemme, all’interno delle quali si prolungano, illusionisticamente, i colonnati della basilica, a indicare in essa quasi un preludio alla Gerusalemme celeste.

Al VI secolo, risale il catino absidale di San Cosma e Damiano che, sebbene ampiamente rimaneggiato, rimane un esempio, soprattutto, per l’intromissione tra i personaggi del committente dell’opera: papa Felice IV. Il sommo Pontefice Felice IV è raffigurato mentre regge tra le mani il modello della chiesa, San Paolo è raffigurato mentre presenta San Damiano e, infine, San Pietro mentre presenta San Cosma con accanto San Teodoro.

Con un salto temporale di circa un secolo, giungiamo al VII secolo cui risale sia la piccola cappella dedicata ai SS. Primo e Feliciano (presso la meravigliosa basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio), sia l’abside della Basilica di Santa Agnese fuori le mura dove un mosaico raffigura la Santa titolare, insieme ai papi Simmaco ed Onorio. Queste tre figure, isolate e altamente simboliche e immateriali, sono immerse in un abbagliante fondo oro di chiara influenza bizantina.

Al IX secolo, invece, appartengono i mosaici di Santa Prassede e di Santa Cecilia commissionati dal pontefice Pasquale I. Nel catino absidale di Santa Cecilia ritroviamo i Santi Paolo, Cecilia e Pasquale da un lato e i Santi Pietro, Agata e Valeriano dall’altro, mentre il pontefice, con nimbo quadrato in testa (prerogativa dei viventi) presenta a Cristo il modellino della Chiesa.

Nella chiesa di Santa Prassede l’iconografia del catino absidale è suddivisa in due parti. In quella superiore, racchiusi tra due palme che simboleggiano il paradiso, vivono sette personaggi: al centro vi è Cristo che stringe un rotolo nella mano sinistra, alla sinistra di Cristo vi è Pietro, Pudenziana e un diacono, mentre alla destra di Cristo si trovano Paolo, Prassede e Pasquale I. Nella parte inferiore sono raffigurati tredici agnelli. Quello centrale rappresenta Cristo e simboleggia l’Agnello pasquale posto sulla sorgente dei quattro fiumi del paradiso. Ai lati si trovano i dodici ovini che identificano gli apostoli.

L’iconografia inferiore termina a destra con la città di Gerusalemme e a sinistra con quella di Betlemme. La composizione viene chiusa in basso dall’iscrizione dedicatoria che Pasquale I rivolge a Cristo nella speranza che la chiesa eretta potesse garantirgli un posto in paradiso. Rilevanti sono, anche, l’arco absidale con al centro la figura di Cristo-Agnello che presenta una composizione riferita ai capitoli 4 e 5 dell’Apocalisse e l’arco trionfale che ci offre una composizione più complessa con ben ventuno personaggi, traducendo in immagini il capitolo 21 dell’Apocalisse

Infine, nel periodo che intercorre tra l’epoca paleocristiana e quella medioevale, troviamo i mosaici considerati tra i massimi capolavori dell’arte musiva: l’abside di San Clemente e quello di Santa Maria in Trastevere. Quest’ultimo è uno dei grandi capolavori del ‘200 romano, esso raffigura Cristo e angeli, la Croce gemmata, la Gerusalemme celeste, i santi Giovanni, Andrea, Antonio da Padova, Francesco d’Assisi, la Vergine con il papa committente Niccolò IV e i santi Pietro e Paolo.

Anche dopo il XIII secolo continuano a fiorire a Roma opere musive che ormai sono diffuse in tutta Europa, sia nel Rinascimento sia nel Manierismo, sia in epoca barocca che nell’Ottocento, con gli splendidi esempi del catino

absidale della chiesa anglicana di San Paolo dentro le Mura a via Nazionale, realizzato da Edward Burn-Jones, e quelli della facciata di San Paolo fuori le Mura ad opera di Filippo Agricola e Nicola Consoni.

Dove trovare i mosaici a Roma

Basilica di Santa Cecilia

Mausoleo di Santa Costanza Basilica di Santa Prassede

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il bEllo dEl fai da tE

Preparazione1. Se vuoi lasciare il mobile così com’è, lava la superficie con del sapone

neutro, scartavetra leggermente e passa una mano di flatting per impermeabilizzarla all’esterno.

2. Se invece non ti piace il colore, puoi cambiarlo con la tinta che preferisci usando vernice satinata, oppure opaca che non rifletta la luce come la vernice lucida. È importante che prima di iniziare il nuovo trattamento di verniciatura la superficie sia pulita con un diluente, carteggiata, levigata e ben asciutta per favorire l’adesione della pittura. Il legno sverniciato può essere ridipinto con qualsiasi tipo di vernice a base d’acqua o a base di solvente. Fai attenzione, però, perché non tutti i tipi di finitura possono essere ridipinti con successo.

3. I cassetti dovranno essere impermeabilizzati anche all’interno passando, anche qui, una mano di flatting e foderandoli con una plastica (va bene anche un sacco per la spazzatura da condominio, quello più resistente che trovi).

Sistemazione• Scegli dove posizionare la tua fioriera, all’interno della casa, in balcone, sul terrazzo o in giardino, tenendo presente

l’esposizione giusta per i fiori o le piante aromatiche che vorresti coltivare.• E’ opportuno foderare il fondo del cassetto o dei cassetti che intendi utilizzare con della pacciamatura* per una

migliore crescita delle piante.• Tenendo presente la consistenza del fondo dei cassetti, versa al suo interno del terriccio mescolato con dell’argilla

espansa (servirà a diminuirne il peso e a mantenerlo più areato).• Metti a dimora le piantine direttamente nel terriccio o, se preferisci, puoi mantenerle nel vasetto di plastica (se le

hai comprate).• Copri con un ultimo strato di terriccio e innaffia leggermente.• Le innaffiature successive dovranno essere necessariamente leggere e, quindi, più frequenti.

(*) La pacciamatura (da wikipedia) è un’operazione attuata in agricoltura e giardinaggio che si effettua ricoprendo il terreno con uno strato di materiale, al fine di impedire la crescita delle malerbe, mantenere l’umidità nel suolo, proteggere il terreno dall’erosione, dall’azione della pioggia battente, evitare la formazione della cosiddetta crosta superficiale, diminuire il compattamento, mantenere la struttura e innalzare la temperatura del suolo.”

La fioriera Shabby chic…o un piccolo orto Shabby chic

Se la Primavera ti fa venire voglia di prati fioriti sconfinati e tu hai soltanto un balcone, un terrazzo, un giardino, se possiedi un vecchio mobile con dei cassetti, un comodino, una cassettiera, che non usi da tanto tempo, seguendo

i dettami dello Shabby chic, puoi trasformare un angolo della tua casa in qualcosa di esclusivo, sia che si tratti della realizzazione di una fioriera sia di un orto verticale.

Federica Agresti

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SpEcialE aSSiSi

AssisiIn diretta da

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SpEcialE aSSiSi

Siamo ad Assisi nell’albergo Domus Pacis che ci ospita. Oltre trecento partecipanti, convenuti da diverse parti d’Italia, si riversano nella grande

sala riunioni infiorata a festa per riceverle. Lo staff della Comunità del Pettirosso è pronto per le grandi occasioni: è formato da trentadue persone sorridenti e gentili che portano al collo un fazzoletto azzurro, chiuso da un fermaglio con il logo della comunità, sul quale è scritto “Ciao, Fratè”.

È sabato mattina, la giornata più densa di emozioni del nostro ritiro. Aspettiamo l’arrivo del nostro fondatore, padre Renzo, che ci parlerà della Paternità di Dio. È il ventesimo incontro di quello che noi chiamiamo “Il nostro cammino di Fede”. L’inno prescelto per l’incontro riempie con le sue note la sala e confonde le voci delle persone che, con abbracci e strette di mano, si salutano.

Alle nove e trenta padre Renzo arriva, il suo abito francescano svolazza mosso dal suo passo svelto, il suo volto è commosso. Improvvisamente, si fa silenzio e la voce dell’oratore ci fa arrivare il suo benvenuto.

<<Il tema di quest’anno è la paternità di Dio - esordisce con voce chiara – e vi devo fare una confidenza, ogni volta che finisce un ritiro, mi riposo un poco, ma poi mi metto a pensare al ritiro successivo. Siccome ero molto stanco e non stavo bene in salute, qualcuno mi ha chiesto se preferissi cancellare la data di questo ritiro e rimandare il nostro convegno a settembre. Sono andato in cappellina a pregare e ho chiesto a Gesù sacramentato che cosa volesse

da me, di cosa volesse che parlassi, di darmi un consiglio. Spero che anche voi possiate presto trovare questa bella confidenza con Gesù. Ho sentito dentro di me una voce che rispondeva alla mia domanda e mi diceva: “Parla di mio Padre”. Ecco quindi che il tema del nostro incontro lo ha suggerito il Signore>>.

Questa confidenza ci sorprende, come fa a parlare con Gesù così naturalmente – ci chiediamo – per me non è possibile, mi sentirei fuori di testa. Se però guardiamo attentamente il suo volto mentre ce lo confida, capiamo che lui ci riesce veramente e ringraziamo Dio di averci portato in questo luogo. Padre Renzo ci legge una preghiera scritta da Dio Padre per ognuno di noi e noi comprendiamo il perché ci sentiamo sempre così lontani dalla Sua presenza amica. Ve ne facciamo ascoltare l’inizio, è Dio che parla e dice:

“Quando ti sei svegliato stamattina, ti ho osservato ed ho sperato che tu mi rivolgessi la parola chiedendo la mia opinione o ringraziandomi per qualcosa di buono che ti era accaduta ieri, però ho notato che eri molto occupato a cercare il vestito giusto da indossare per andare al lavoro. Ho continuato ad attendere mentre ti giravi in casa per sistemarti, sapevo che avresti avuto il tempo per fermarti qualche minuto e dirmi “Ciao”; però eri troppo occupato. Per questo ho acceso il cielo per te, l’ho riempito di colori e di canti d’uccelli per vedere se così mi ascoltavi, però nemmeno di questo ti sei reso conto…”.

In diretta da Assisi

La mattina del Sabato

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<<Mi metto paura – dice fra Renzo a commento della preghiera – quando vedo che non abbiamo mai un po’ di tempo per noi, corriamo dalla mattina alla sera e non ci fermiamo un attimo per pensare all’essenziale. Quando dico “un po’ di tempo per noi” intendo “tempo per le realtà del cuore” perché, essendo noi stati creati a immagine e somiglianza di Dio, le necessità primarie sono quelle che ci mettono in relazione con Lui. Tutte le cose che assillano il nostro tempo e ci distraggono dal colloquio con Dio ci stanno distruggendo l’anima, pian piano ce la mordono e, ogni tanto, ne va via un pezzetto. Passano gli anni, invecchiamo, siamo stanchi e cosa abbiamo fatto per noi: niente! Possiamo avere avuto successo nel lavoro, possiamo avere avuto una bella casa con tutte le comodità, possiamo avere avuto tante conoscenze gradevoli o importanti, ma non abbiamo avuto un momento per costruire dentro di noi qualcosa che ci sazia, ci conforta, ci dà luce, serenità, ci fa brillare gli occhi. Ecco perché tante persone muoiono piene di rimpianti: “Se tornassi indietro, dicono”. Hanno fatto tutto per apparire e non si sono mai occupate di se stesse. La prima carità dobbiamo averla verso di noi, non verso gli altri, perché se non riusciamo ad avere serenità dentro di noi che cosa diamo agli altri? La nostra frenesia? La nostra instabilità?>>.

Le persone in sala sono assorte, meditano e si fanno tante domande: “Che cosa sto facendo io della mia vita? - si chiedono – perché sento così forte dentro di me questo vortice che pesa, mi sconquassa, mi fa essere aggressivo verso gli altri e mi leva la pace? Quanto tempo do a me stesso?”. Ci accorgiamo che invece di vivere corriamo, che invece di ammirare le bellezze del creato fuggiamo da noi stessi e ci stordiamo nella musica lanciata a pieno volume o nell’ascolto di trasmissioni televisive demenziali che ci impediscono di pensare. La voce del nostro pastore continua a parlare e, come se avesse letto nei nostri pensieri, dice:

<<Noi sentiamo in cuore la nostalgia di Dio, è come se ci mancasse qualcosa che non ci fa essere sereni, qualcosa di essenziale per cui siamo stati creati e che dobbiamo trovare per vivere e non sopravvivere a noi stessi, quel “qualcosa” si chiama “nostalgia” di un Padre che è modello di ogni paternità e di ogni maternità. Dio è Padre e Madre. Veniamo fuori da una Chiesa così maschilista che non ha mai posato lo sguardo sulla tenerezza di Dio: Dio è uomo e donna nello stesso tempo, nel senso che ha il cuore del padre e quello di una madre, non è corretto trasferire a Dio l’immagine che noi abbiamo della paternità umana, spesso egoistica e possessiva.

Tutti abbiamo del buono dentro di noi perché plasmati dall’energia divina, però, Dio ci lascia

liberi, non vuole telecomandarci come se

fossimo dei robot; Dio ci dà fiducia e aspetta da noi una risposta adeguata a quella scintilla di bene che è rimasta imbrigliata nella nostra interiorità. Ci ha dato l’intelligenza, la capacità di ragionare, la sensibilità e non vuole opprimerci… ci ha dato, insomma, tante possibilità, ma poi la risposta è nostra. La libertà è senz’altro un dono, ma se non la usiamo bene diventa una schiavitù. La libertà non è fare o dire quello che ci pare, l’abuso della libertà è sempre un grande male. L’uomo non si realizza facendo abuso della libertà, ma solo facendo riferimento a Dio>>.

Io come uso la mia libertà? – ci domandiamo – riesco a rispettare quella altrui? Mi è mai capitato di rispondere in modo insolente a chi aveva un’idea diversa dalla mia e avrebbe voluto proporre qualcosa di più costruttivo o armonioso? Sappiamo agire con delicatezza nei rapporti con gli altri? Mentre queste domande affiorano alla nostra coscienza, l’oratore continua:

L’idea malsana che Dio manda all’inferno i peccatori è una delle cose peggiori che gli uomini della chiesa abbiano attribuito a Dio: Dio non manda all’inferno nessuno, siamo noi che scegliamo la via che vogliamo. Dio non s’impone, si propone. Dio è leggero, è delicato, è in attesa di farsi abbracciare per riempirci di gioia. Un santo dice che Dio ha esultato creandoci perché, finalmente, aveva plasmato qualcuno cui poter perdonare.

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Il massimo dell’amore di una persona è, infatti, il saper perdonare. A noi non è facile gestire la volontà del perdono perché abbiamo delle aspettative sulle persone ed è per questo che rimaniamo delusi. Dio, invece, sa che usiamo male i doni che ci ha dato e, per svelarci il Suo volto, per farsi amare e riportarci a Casa, ha mandato suo Figlio. Dio non castiga, Dio corregge e, a volte, come tutti i padri, usa una forma forte perché vuole il nostro bene>>.

Questo proprio non lo immaginavamo, in verità qualcuno ce lo aveva detto ma noi non avevamo ascoltato, eravamo distratti, pensavamo ai nostri problemi irrisolti e non avevamo voglia di interrogarci sulle nostre posizioni, sulle nostre certezze e sui nostri “rancori”. Un Dio così ci spiazza, ci fa sentire ingrati, arroganti, presuntuosi e, soprattutto, stupidi. Dobbiamo ricominciare tutto daccapo, forse è questo il significato di “conversione”, vuol dire rinascere a noi stessi, rinascere al Padre, essere nuove creature. Come si fa? Chi è capace? Dove la troviamo l’umiltà di rinunziare al cumulo di nozioni che ci sono state impartite? È così comodo avercela con Dio e dirgli “Tu non mi capisci, tu non fai niente per me, non è vero che mi ami, io sono trasparente per te”. Padre Renzo, perché ci sconvolgi la vita e non ci lasci i nostri dubbi, le nostre comodità, la nostra via di fuga? Perché ci vuoi levare la visione di un Dio lontano, potente, che tuona dal cielo per castigare le nostre insolenze? Ancora una volta l’oratore entra nei nostri pensieri e con una tenerezza disarmante ci rapisce dicendo:

<<La grande prerogativa di Dio è l’umiltà. Egli si è fatto come noi perché voleva che noi diventassimo come lui, il destino dell’uomo è diventare come Dio per partecipazione. Un giorno vedremo Dio faccia a faccia, un giorno risorgeremo. Non finisce tutto al cimitero. Gesù è morto e risorto per dirci che il destino dell’uomo è risorgere, è vivere con Dio per sempre. Anche il nostro rapporto con la morte deve essere vissuto in maniera più serena e capire che la morte è quella porta che si apre per farci andare a vivere con Dio che è padre. Gesù ha detto “Io vado a prepararvi un posto e quando sarà pronto, vi verrò a prendere”, vi voglio portare in Paradiso con me. Noi guardiamo la morte come una punizione, ma da quando Gesù è morto e risorto, la morte è divenuta un premio.

Anche il Purgatorio è un dono, le anime del purgatorio sono già sante e vivono nel desiderio di vedere Dio. Il loro desiderio è così forte da farle soffrire intensamente ed è quella sofferenza d’amore che le purifica, le rende libere dall’amarezza, dagli scrupoli, dal rimpianto. L’Amore, solo l’amore ci congiunge a Dio>>… e ci racconta la parabola del Figliol prodigo, della pecorella smarrita, della dramma ritrovata e poi ci parla della Maddalena.

<<La parabola del Figliol prodigo - dice - è il paradigma dell’amore di Dio. Il Padre del racconto riassume in sé i caratteri più autentici del Dio della fede cristiana: è umile, perché, pur soffrendo, rispetta la decisione del figlio di andarsene da casa e gli dà in anticipo la sua parte di eredità. A quei tempi la figura del padre era temuta, era quella di un giudice severo che poteva ripudiare il figlio, allontanare dalla sua casa la sposa, decretare la morte di una figlia femmina, dare la prima genitura e benedire il figlio che indicava, dimenticandosi degli altri fino al punto di diffidarne e, sospettoso, farli anche allontanare. Il Padre della parabola, invece, limita se stesso perché la sua creatura esista nella libertà e sta alla finestra ad aspettare che il figlio ritorni. Il Padre descritto da Gesù, è un padre che ha sofferto per la lontananza del figlio e, quando torna, è felice come un bambino, fa festa, lo bacia, lo abbraccia, ordina ai servi di portare il vestito più bello, di mettergli l’anello al dito, i calzari ai piedi e, nientedimeno, di ammazzare il vitello grasso che è la vera ricchezza della famiglia nella civiltà pastorale in cui il racconto è inserito>>.

Quest’ultima frase ci sconvolge, non avevamo mai pensato che Dio potesse soffrire per amore della sua creatura. Molti di noi sono genitori e spesso diciamo: “L’amore per mio figlio è tanto grande che mi fa male al cuore!”, è mai possibile che il Dio Creatore abbia inserito quella sofferenza d’amore nella nostra anima perché

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apparteneva a Lui e ce la voleva regalare? È mai possibile che quando si parla d’amore noi diventiamo come Lui? Allora è proprio vero che c’è un solo modo per vivere in grazia di Dio ed è quello di intenerirsi guardando i bambini, di commuoversi davanti ai sofferenti, di correre incontro a chi ha bisogno di aiuto, di non lasciarsi trasportare dai dissapori che vogliono levarci la pace, ma di guardare oltre, sempre più lontano, sempre più alto per entrare nel cuore del Dio creatore e riposare in Lui.

La mattinata è terminata, padre Renzo, com’è il suo solito, termina la catechesi con una barzelletta che scioglie la tensione emotiva e poi distribuisce alle persone il libretto scritto per il ritiro: è il suo modo di abbracciare tutti a uno a uno.

La valletta Sara dà, con il suo sorriso buono e la sua voce squillante, le istruzioni necessarie per il pranzo. Lo Staff accoglie le persone che hanno bisogno di sostegno, l’assemblea si scioglie e si trasferisce nell’enorme sala da pranzo dell’albergo. Qui il pranzo è servito ed è accompagnato dagli scoppi di risa di persone felici.

Il pomeriggio del SabatoAlle quindici e trenta le persone tornano in sala e si

dispongono nuovamente all’ascolto. Tutti sanno che padre Renzo avrebbe parlato della sofferenza. Tra i presenti ci sono tanti genitori che hanno perso un figlio in giovane età, la loro sofferenza attende una carezza. Noi li amiamo in modo speciale e ogni ultimo venerdì del mese, per essere loro vicini, accorriamo nella chiesa di san Sebastiano fuori le mura in Roma dove il nostro pastore celebra per loro una santa Messa. Conosciamo i nomi di tutti i figli perché padre Renzo li nomina a uno a uno nella Messa e noi li preghiamo perché dal Paradiso intercedano per le nostre intenzioni. Una giovane sposa, che porta lo stesso nome di una figlia partita prematuramente per la Casa del padre, si avvicina alla madre, l’abbraccia forte e le dice: “Io porto il nome di sua figlia e la voglio abbracciare”. Quell’abbraccio, quel calore, quell’amore è valso più di ogni preghiera ed è stato accolto come una carezza di Dio. L’inno suona, padre Renzo si siede. Tutti tacciono e ascoltano.

<< Nel rapporto con Dio che posto occupa la sofferenza, il dolore? – esordisce l’oratore con una voce dolcissima - essa non è risparmiata ad alcuno. Il dolore e la tristezza, se non addirittura l’angoscia, spesso bussano alla nostra porta, per lo più all’improvviso. Nascono, allora, dentro di noi domande drammatiche ma assolutamente legittime: perché il Signore ci fa soffrire? Forse non vede? Mi ha dimenticato?

Che male ho fatto per meritarmi questo? Dove sono dunque la bontà paterna e la fedeltà di Dio?

Queste domande appartengono alla

fragilità umana, all’incapacità dell’uomo di leggere nelle proprie esperienze di vita la grandezza del disegno di Dio. La sofferenza umana ha sempre commosso il cuore di Dio. Egli soffre con noi quando soffriamo, però sa che le lacrime che versiamo ci fanno crescere. La sofferenza esiste perché noi abbiamo bisogno di essere purificati. Finché stiamo bene e la nostra vita scorre senza problemi, l’egoismo ci allontana da Dio, dai fratelli, da noi stessi. La prova unisce le persone, crea compassione, solidarietà. Se Dio permette la sofferenza, è per aiutarci a scoprire la giusta scala dei valori. Anche Gesù ha sofferto, anche Gesù ha avuto paura, anche Gesù si è sentito abbandonato dal Padre ed ha gridato “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” ed è proprio nella sua sofferenza che l’uomo Gesù si è fatto uno con l’umanità peccatrice, ha sperimentato nella sua carne lacerata la lontananza da Dio e, in un grido di dolore, l’ha redenta.

Il dolore, allora, serve all’uomo per diventare più uomo, serve all’umanità per sentirsi unita in un unico destino: quello di ritrovarsi salvata nell’amore di Dio.

Dopo questo excursus sul dolore la platea si fa seria, siamo arrivati al centro della nostra fede, al cuore della nostra esistenza, al crocevia tra quello che siamo e quello che diverremo, alla risposta da dare a Dio per accoglierlo o escluderlo dalla nostra vita.

Padre Renzo capisce, intuisce i nostri pensieri, i nostri sentimenti e li vuole toccare, ne vuole sentire la nervatura per sperimentare se ciò che ci ha fatto conoscere del Padre ha aumentato il nostro amore per Lui e ci ha dato sicurezza e pace. Cambia tono, sorride e invita le persone a dare la loro testimonianza, solo così potrà dire a Gesù: “Ho parlato di tuo Padre, ti è piaciuto? Dimmi se sono riuscito a farlo amare come lo amo io”.

Federico si propone e, con la sua carrozzella, è accompagnato al microfono.

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Testimonianza di Federico AzzaroAbbiamo conosciuto Federico l’otto marzo del 2014 ad

Assisi perché ha partecipato al nostro ritiro sulla preghiera. In quell’occasione ci ha stupito con la sua testimonianza piena di umorismo, di passione e di fede. Ricordo che, dopo averlo ascoltato, ci siamo commossi per la lezione di umiltà evangelica che ci aveva impartito.

Lui, costretto alla carrozzella per una malattia che lo aveva colto fin da bambino, aveva sentito forte la chiamata di Dio e avrebbe voluto consacrarsi al Signore nel sacerdozio. Non è stato esaudito perché la legge della chiesa l’ha reputato non idoneo a questo servizio in quanto legato indissolubilmente a una carrozzella. Federico ha accettato la sentenza con ragionevolezza e umiltà.

Nonostante la sua vita sia stata segnata dalla croce, ci ha confidato che ritiene ciò una benedizione perché, in questo modo, può testimoniare Cristo stando in croce insieme a Lui.

Una sua battuta ci ha riempito d’ilarità, quando, ridendo, ci ha raccontato della sua partecipazione ad Assisi a un convegno sul tema “Alzati e cammina!”.

Oggi, Federico torna a parlare e lo fa dopo l’intervento di padre Renzo sul “Perché della sofferenza nella nostra vita”. Ascoltiamolo:

<<Io, a marzo dell’anno scorso, sono stato operato al Bambin Gesù di Palidoro e là ho sperimentato veramente la paternità di Dio.

Ci chiediamo: che senso ha il dolore? Forse a me il dolore l’ha insegnato Giobbe leggendo la Bibbia. La sofferenza di Giobbe è stata enorme e, per me, è stata un grande esempio. Perché dov’è che sperimentiamo Dio? Nel silenzio.

Mi ricordo che io stavo con le gambe divaricate, perché con il gesso le gambe rimangono divaricate, e la mia sofferenza era atroce. Ricordo che quella mattina, dopo quattro ore e mezzo d’intervento, ho guardato la carrozzina e mi è venuto da piangere, erano i miei piedi… e mi sono detto: “Guarda un po’ come sono importanti le cose che non hai… quando le hai, non te ne importa niente” e mi è uscita una lacrima; sempre guardando la carrozzina, poi, mi sono domandato: “Chissà i piedi miei quando li potrò riprendere” perché in quel momento ero immobile, divaricato sul letto. La mia mamma spirituale, che sta qui ad Assisi, in quell’occasione mi ha detto: “Federico, tu adesso non fare niente, non ti disperare perché non puoi pregare, e anche se hai portato con te il breviario non pregare, soffri e offri”.

Ricordo che quando sono arrivato al San Raffaele ho incontrato una grande famiglia di medici e terapisti con un’umanità assurda. Nonostante l’intervento, io sono arrivato là con le gambe piegate al terzo stadio, ossia al massimo, tanto è vero che alla valutazione iniziale mi hanno detto: “E ora cosa gli facciamo a questo? Qui non siamo a Lourdes, qui mica facciamo i miracoli!”. Io ho risposto: “E che mi fate? Sarà quello che Dio vorrà!” era un po’ un modo di abbandonarmi a Dio.

È stato allora che il mio amico Mariano, che sta qui con me e che ho conosciuto a Lourdes, mi ha chiamato e mi ha detto una cosa molto bella: “Tu in questo momento sei come una preda, fissa lo sguardo sull’obiettivo che hai, non ti fidare di quello che ti dicono, vai avanti diritto per la tua strada e abbi la mente pienamente libera per l’obiettivo che dovrai perseguire”. Io quelle parole le ho portate con me per tutta la permanenza in ospedale. A volte non c’è rosario, non c’è breviario, non c’è niente che tenga e ti salvi la vita quanto la parola di un amico, perché quella è fondamentale.

Pensate che oggi, come diceva padre Renzo, sono arrivato a usare dei tutori che mi permettono di avere una posizione eretta, sto in piedi, ritto e con questi tutori stiamo provando a fare degli esercizi di carico sui piedi. Oggi, mi accorgo di tutti i progressi che sto facendo e penso: “Sì è vero, Dio è Padre, ed è giusto che lo chiamiamo Padre. Noi, però, dobbiamo fare il nostro ruolo di figli. Un figlio può dire: “Sia fatta la tua volontà”, però, alla fine, è lui che deve metterci del suo, alla fine è lui che deve “andà de tigna”, alla fine è lui che deve avere quella forza di volontà che lo spinge a lottare, perché è vero, forse non si può dare un senso al dolore, ma si può dare senso alla vita e alla morte… gli si può dare senso, dobbiamo arrivarci stanchi però, stanchi, dobbiamo dire: “Io più di questo non posso fare!”.

I medici mi dicono sempre: “Ma tu dove vuoi arrivare, Federico?”. Forse loro credono che io voglia andare a fare la maratona di Roma. È capitato, a volte, che qualcuno abbia pensato: “Ma tu hai le gambe flesse di quattro gradi e pretendi di essere elastic-man, di combattere una spasticità così forte…” Io ho risposto: “Ma guarda che non hai capito niente, io vorrei solo avere un po’ di autonomia”.

Pensate che Dio, nella sua Paternità, mi ha tolto l’appellativo assurdo che i medici mi avevano appiccicato. Quando ero piccolino, i medici dicevano a mia madre: “Ah ma suo figlio è pigro!”… “Mio figlio è pigro? - rispondeva

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mia madre – mio figlio ha una malattia”. Io quest’accusa l’ho portata con me fino a oggi che ho venticinque anni, finché un terapista mi ha detto: “Grazie, perché con te si lavora una meraviglia, hai una forza di volontà da leone!”. Mi ha liberato! (Applausi prolungati!), mi ha liberato, tu con quelle parole la ammazzi una persona, se tu dici a uno che è pigro quello se ne fa una colpa, e si chiede: “Perché gli altri riescono ed io no? Perché?”.

Questa è la Paternità di Dio, è una parola che ti dice: “Guarda che non è finita, vai avanti, non è finita, c’è ancora quel pizzico, quel passo che devi fare e se non lo fai tu non lo fa nessuno”. Mi ha liberato! E il messaggio che vi do oggi è questo: “Non vi arrendete! Non è vero che tutto va male! Non è vero (applausi fragorosi), a me Dio ha salvato mio padre, a me Dio ha dato una speranza in più, mi ha fatto capire che non ero io in colpa se non riuscivo a camminare, che non ero io che non m’impegnavo, ma era la frustrazione di quello che non sapeva fare il medico e si scaricava le colpe su di me (applausi, bravo!); però, non era nemmeno colpa sua perché è inutile che qualcuno

dica: “Ma ci pensi quante cose avresti potuto fare se ti avessero fatto prima l’intervento?”. Ho risposto:

“No, perché io devo andare avanti adesso, il presente è adesso, ed io con Gesù posso andare

dove voglio, tanto lo so che a Dio piaccio così come sono”. A tutti quelli che i figli gli sono morti, io vorrei dire:

“Guardate che tutti noi ci rincontreremo in Paradiso e i vostri figli sono già uno spicchio di Paradiso, se no qui stiamo giocando, dovete essere sorridenti, dobbiamo essere sorridenti perché se no la sofferenza ci mette al tappeto. Nessun pugile è pugile se non è capace d’incassare, un pugile bravo incassa e colpisce al momento giusto, è così che dovete fare con la vita, è così che la vita vi offre occasioni, perché non è domani, è oggi che vi si chiede di vivere” (applausi ripetuti).

La mia ragazza ieri mi ha detto: “Vorrei tanto che uno dei due avesse le gambe per aiutarci”. Le ho detto: “Mbe, che vogliamo fa’? Guarda che se è così, lasciami subito, perché io il malessere tuo non lo posso colmare, non posso, lo sai a chi ti devi affidare? A Dio. Perché dietro i miracoli di Dio ci sta una fede e una forza di volontà incredibile, da Gesù ci andava gente che diceva: <<Se vuoi puoi guarirmi!>>”. Ragazzi, non sono cose da poco, non sono abra cadabra i miracoli di Gesù: “Se vuoi, puoi guarirmi… e lui rispondeva: lo voglio!”. Questa è fede! E io il miracolo completo a Gesù non gliel’ho mai chiesto, sapete perché? Perché da Gesù io ci voglio arrivare con le stimmate della carrozzina, io ci voglio arrivare così come sono, poi gli

...Federico!...Federico!

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dico: “Quello che mi vuoi dare in più per vivere bene è ben accetto, se tu vuoi che il miracolo sia completo, che ci sia, ma io non te lo chiedo, perché deve essere un tuo dono”.

Ecco qui il senso del dolore, ci sono due modi di portare la croce: uno, che ti lasci schiacciare e non è proprio il massimo; due, ABBRACCIATEVELA!

Non è bello soffrire, è una cazzata che ci hanno raccontato! Invece di dire tutti quei rosari, tutte quelle preghiere come se fossimo dei robot e poi ci ammazziamo l’uno con l’altro, andiamo negli ospedali, io dopo la terapia porto un pacco di merendine anche a chi non conosco, è poco, ma offro quello che ho. Il dolore non si deve sconfiggere, ma si deve condividere, perché così si dà senso alle cose. Allo stadio tutti corrono, ma solo uno conquista il premio. Un atleta è temperante in tutto, la preparazione spirituale ci rende atleti, non siamo stati fatti per essere schiacciati dalla croce, ma per saperla portare e condividere, siamo uomini liberi! Vi voglio bene>>.

Grazie! Applausi, bravo… e poi silenzio, nessuno osa più parlare, nemmeno padre Renzo che, commosso, dice: “Questa sera possiamo chiudere qui la nostra catechesi”.

È giunta la mattina dell’ultima giornata del ritiro, il tempo è volato. Le persone si alzano presto per andare a salutare Gesù sacramentato nella Porziuncola che si trova a due passi dal nostro albergo. Che gioia potere entrare nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli e pensare a San Francesco che, da quel luogo, ha salvato la Chiesa di Cristo che stava crollando, gli rivolgiamo un ringraziamento e torniamo in albergo dove ci attende una lauta colazione.

Lo staff è già all’opera, nuova gente è arrivata da Roma o dalle città limitrofe per partecipare all’ultimo giorno del convegno e lo staff la accoglie, dà loro spiegazioni, mostra loro i libri messi a disposizione che parlano delle opere di Dio, dona loro l’ultimo numero del nostro giornalino e indica i premi della riffa che chiuderà il nostro ritiro.

Alle nove e trenta padre Renzo parla e conclude la catechesi sulla paternità di Dio, poi il presidente della Comunità del Pettirosso fa il resoconto di tutte le opere svolte dalla Comunità, dei nuovi progetti in corso e, con commozione, comunica la realizzazione del pozzo trivellato in Congo grazie, anche. alla generosità delle offerte lasciate da molti dei presenti e dice il nome dell’opera realizzata, si chiama “Pozzo Ciao Fratè”. Un applauso ne sottolinea la soddisfazione. Poi arriva il momento della Santa Messa che è officiata in sala: quanta grazia, quanta fede, quanta pace ritrovata!

Un grazie dal profondo del cuore a Dio Padre che, tramite padre Renzo, ci ha fatto assaporare la Sua Paternità.

Domenica mattina

Maria Teresa Lo Bianco

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dopo la miStica la maStica

Valentina Ferranti

1. Preparate il passato di cavolo nero mettendo dentro una pentola molto grande l’acqua insieme alle foglie di cavolo nero, tagliate in tre parti, ed il resto degli ingredienti. Lasciate cuocere per circa un’ora e, trascorso questo tempo, frullatelo con un mixer ad immersione e fatelo ridurre completamente (deve rimanere una crema densa), salatelo e lasciatelo raffreddare.

2. Una volta raffreddato, fate sciogliere il lievito in mezzo bicchiere d’acqua con un cucchiaino di zucchero, preparate la farina a fontana, create la conca e versate la crema di cavolo al centro insieme al lievito sciolto, al parmigiano e all’olio. Cominciate ad amalgamare la farina agli ingredienti partendo dal centro, piano, piano, senza farli fuoriuscire dal perimetro della farina e create la pasta.

3. Appena si comincia a formare l’impasto aggiungete il sale e continuate ad impastare, se dovesse servire aggiungete altra farina finché non ottenete un impasto classico da pizza, liscio ed omogeneo. Sbattetelo 5 - 6 volte sul tavolo per fargli incorporare aria e lasciatelo lievitare per due ore circa.

4. Trascorso questo tempo accendete il forno al massimo e fatelo scaldare, impastate nuovamente l’impasto, stendetelo ed adagiatelo su una teglia antiaderente precedentemente unta con dell’olio.

5. Procedete a farcire la pizza con il formaggio e lo speck e richiudetela adagiandoci sopra un altro disco di pasta.

6. Ungetela in superficie con un filo d’olio ed infornate per circa 20 minuti a 220°.

7. Una volta cotta lasciatela riposare alcuni minuti e poi servitela... buon appetito!

Per il passato di cavolo nero 1,5 l d’acqua 10 foglie di cavolo nero 1 cipolla 1 carota 1 zucchina 50 gr di passata di pomodoro 1 costa di sedano 1 patata Sale q.b.

Per l’impasto 700 gr di farina 00 1 cucchiaino di zucchero 50 ml olio 50 gr parmigiano 20 gr lievito 500 gr passato di cavolo Sale q.b.

Per il ripieno 300 gr stracchino o gorgonzola 150 gr speck.

Pizza di cavolo nero con speck e

stracchino Ecco una pizza creata dal “recupero” di un passato di cavolo unito alla farina e farcita con del formaggio (in questo caso stracchino) e speck per dare sapore. È una pizza originale... decisamente colorata, ricca di ingredienti e bizzarra quanto gustosa, soprattutto se sostituite lo stracchino con il gorgonzola.

PIC-NIC

di

Primavera..

cosa

portiamo?

INGREDIENTI:

PREPARAZIONE:

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Bolle di sapone

Fin da bambina mi divertiva molto giocare con le bolle di sapone.

Mi sembrava di sognare e di vivere in un mondo magico, pieno di colori. Il soffio dentro un anello di plastica imbevuto di acqua e sapone, magicamente, prendeva vita e assumeva forme lucenti e trasparenti.

Trascorsi diversi anni, con meraviglia, ho trovato nella valigia dei farmaci un tubetto colorato di bolle di sapone! Mi trovavo in Bangladesh, su una vecchia nave di Green Peace ormai in disuso e allestita come ospedale sulle acque del Bramaputra.

Ero partita come medico-anestesista volontario insieme all’equipe italiana “Emergenza Sorrisi”: è un’organizzazio-ne (ONG) che opera nei Paesi più poveri del mondo. È costituita da medici, infermieri e organizzatori volontari. Si lavora in condizioni disagiate. Gli interventi chirurgici sono, per lo più, la risoluzione delle ustioni e la correzione di malformazioni sul palato e sul labbro. Da qui il nome dell’organizzazione: Emergenza Sorrisi.

Il Bangladesh è un Paese poverissimo dove la Sanità Pubblica è quasi inesistente. Molte persone vivono lungo le rive del Bramaputra in fatiscenti capanne e, utilizzando barconi di legno, raggiungono la nave allestita come ospedale.

La malnutrizione durante la gravidanza può portare alla nascita di bimbi affetti da labiopalatoschisi (labbro leporino). Le giovani donne, se non operate nell’infanzia, quando vengono promesse spose possono essere ripudiate a causa del loro volto non “perfetto”.

Le mani, le braccia e il viso di molte persone sono ricoperte da ustioni dal momento che, per cucinare, usano vecchi bracieri che facilmente prendono fuoco.

Molte persone salgono sulla nave con la grande speranza nel cuore di poter stare un poco meglio. Sono vestiti alla buona, solo qualche indumento, le donne hanno il

volto coperto dal velo, sono scalzi, non hanno nulla ma, incredibilmente, nei loro occhi brilla una forte luce di gioia e di serenità: hanno l’essenziale ed è proprio vero che l’essenziale è invisibile agli occhi!

Noi abbiamo tante cose ma non siamo mai contenti. Mi viene in mente un pensiero di Chiara Amirante: “Se vuoi essere più felice non concentrare la tua attenzione su ciò che non hai. Custodisci un cuore profondamente riconoscente per tutto ciò che ti è stato donato”.

Nei primi giorni della Missione l’acqua fredda della doccia, il riso un po’ scotto e il letto scomodo mi hanno creato un po’ di disagio, ma tutto questo è scomparso appena ho incontrato lo sguardo luminoso delle persone e ho visto con quanta fiducia si affidavano a noi uomini con la pelle bianca portatori di chissà quale miracolosa medicina! “Se vuoi salire fino al Cielo, devi scendere fino a chi soffre e dare la mano al povero“ soleva dire Madre Teresa di Calcutta.

Il ponte della nave era pieno di bambini un po’ impauriti e abbracciati alle loro mamme. Conquistare la loro simpatia, per poi visitarli, non è stata un’impresa facile, così, all’inizio, le bolle di sapone hanno preso il posto dei farmaci e dello stetoscopio. In modo un po’ buffo, io mi sono messa a soffiare nell’anello di plastica e le bolle di sapone colorate hanno iniziato a danzare nell’aria tra i volti incuriositi dei piccoli spettatori. Il più coraggioso tra loro ha fatto presto capolino tra le coloratissime vesti della mamma, si è avvicinato a me, mi ha imitato e sorriso! Ad uno ad uno, incredibilmente, mi sono trovata circondata da tanti bimbi e giovani adolescenti che, meravigliati, hanno iniziato a giocare con quelle strabilianti bolle colorate che salivano verso il cielo in modo magico. La bambina più divertita sono stata io!

Tanti bimbi e tanti ragazzi sono stati operati e tante giovinette, tolto il velo, hanno potuto mostrare un volto più

il mondo fUori E dEntro

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Claudia Iacoella

bello che mai e non rischiare di essere ripudiate. L’equipe italiana è stata subito colmata di cortesia da parte del popolo bengalese.

Di giorno, in sala operatoria si lavorava con la nave che oscillava sulle acque del Bramaputra e la sera visitavamo i nostri piccoli pazienti sulle brandine alloggiate sul ponte sotto le stelle.

Dominique La Pierre nel suo libro “La Città della Gioia “ cita un vecchio proverbio indiano: ”Tutto ciò che non viene donato va perduto”.

Con questo libro in borsa, sono pronta a ripartire per la prossima missione: quella quotidiana! Essa inizia al mattino quando la sveglia suona, o meglio, suonano dato che sul mio comodino ne ho messe due per vincere il sonno. Dopo aver dormito in un letto comodo e fatto la doccia con l’acqua calda, vado al lavoro e poi a pranzo con gli amici mangiando riso cotto al punto giusto con il meraviglioso ricordo di quei giorni in cui un letto scomodo, l’acqua fredda e il riso un poco scotto hanno arricchito il mio cuore insegnandomi che l’essenziale è

davvero invisibile agli occhi. Così la Missione in Bangladesh ha

arricchito la mia vita in modo inaspettato!

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il viaggio

L’idea di scrivere e suggerire un viaggio in uno dei luoghi più mistici del pianeta è partita dal titolo di un libro: “Perché non lo portate a Lourdes?” di

Lorenzo Amurri.L’autore, che si dichiara ateo, in chiusura del suo libro,

descrivendo un’ultima visita alla grotta, scrive: “Non cerco né mi aspetto alcuna rivelazione mistica. Non sono attratto da quello che succede dentro la grotta, il mio sguardo si posa sull’arco che la forma, sulla roccia esterna, sulla solidità che sorregge la Basilica, sul tempo che le è trascorso davanti senza scalfirla. Accanto a me, inginocchiata, c’è una giovane monaca: indossa una veste marrone con cappuccio dietro la schiena, una corda nera intorno alla vita e una specie di bandana rosso bordeaux le copre il capo. Ha un viso luminoso di rara bellezza, rivolto verso la statua di Maria, in totale e commossa adorazione. Chiude gli occhi e resta così, immobile. Mi giro di nuovo verso la roccia e li chiudo anche io. D’un tratto tutto intorno a noi sparisce. Niente piscine, niente cattedrale con le sue basiliche, niente ponti, niente chiese, niente Notre-Dame, niente candelieri, niente panche e niente contaminazione umana. Solo l’energia che sgorga da questo luogo, che è impossibile non

percepire, che attrae e spoglia di senso tutto quello che le hanno costruito intorno. È questa l’immagine che voglio conservare”.

Diverse persone che sono state a Lourdes hanno conservato gelosamente le stesse sensazioni. Sensazioni che valgono il viaggio al di là della mercificazione indubbia che si è fatta dell’avvenimento e della località.

Fiducia e affidamento. Questo è il cuore dell’esperienza che si vive a Lourdes. Il pellegrinaggio rappresenta per ciascuno di noi, la possibilità di vivere momenti di grande emozione e approfondire il vero significato dei segni del Santuario.

Era l’anno 1858 quando una piccola pastorella, Bernardette Soubirous, riferì della visione di una “bellissima Signora”, appena fuori del paese. Queste visioni continuarono ancora per diverso tempo ed oggi, Lourdes è diventata una delle più frequentate mete di pellegrinaggi e di devozione.

Anche se il paese pullula di negozi di articoli religiosi e turistici, a volte quasi supermercati, non appena si attraversa il ponte e si accede alla spianata, l’aria si fa quasi rarefatta e si entra in una bolla mistica. La Basilica dell’Immacolata

Lourdes

La Bellissima SignoraGiovedì’ 11 febbraio 1858: l’incontro“Prima apparizione. Accompagnata da sua sorella e da un’amica, Bernardette si reca a Massabielle, lungo il Gave, per raccogliere ossa e legna secca. Mentre si sta togliendo le calze per attraversare il fiume, sente un rumore che somigliava ad un colpo di vento, essa alza la testa verso la Grotta : “ Ho visto una signora vestita di bianco. Indossava un abito bianco, un velo bianco, una cintura blu ed una rosa gialla su ogni piede”. Fa il segno della croce e recita il rosario con la Signora. Terminata la preghiera, la Signora scompare bruscamente.”

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Pina Orlandi

appare grandiosa: un imponente complesso di stile gotico-bizantino, alla base del quale si può ammirare la Chiesa del Rosario. A lato, le 14 stazioni della Via Crucis.

Appena oltre, a destra della Basilica e vicino al fiume, si trova la grotta miracolosa, la grotta di Massabielle, dove Bernardette ebbe la prima visione. Vi è stata posta una statua della Madonna in marmo bianco. È qui che, in fondo alla grotta, sgorga la sorgente miracolosa, la cui acqua viene raccolta e dove migliaia di fedeli, soprattutto ammalati, con gesti pieni d’amore e fiducia in Dio, vengono a bagnarsi sia per devozione, sia perché le acque hanno la fama di possedere proprietà terapeutiche.

Una visita del museo e della casa di Bernardette aiutano il visitatore a collocare meglio visivamente quanto avvenuto quasi due secoli fa.

Anche la cornice naturale che circonda il santuario vale il viaggio. Ci sono, infatti, interessanti escursioni che si possono fare partendo da Lourdes.

Chateau-Fort de Lourdes, una fortezza raggiungibile via ascensore e da cui è possibile, oltre che visitare la bella costruzione medievale, godere di una incredibile vista su tutta la cittadina francese. Prendendo poi la funicolare ed arrivando a Pic du Jer si può ammirare un incredibile panorama dei Pirenei Centrali.

Sempre nelle vicinanze, si trovano Cauterets e Luz Ardiden, famosi centri di villeggiatura e frequentate località termali con acque solforose, già note ai romani e celebri fin dal medioevo.

Infine, si può effettuare un’interessante escursione a bordo del Piccolo Treno d’Artouste che si arrampica tra le rocce fino ad uno splendido laghetto. Nelle vicinanze si possono visitare le grotte di Bètharram con magnifiche concrezioni calcaree.

Come arrivare a Lourdes:- In auto: il tragitto migliore per coloro che pro-

vengono dall’Italia è quello della Costa Azzur-ra. Da Ventimiglia, in Liguria, si seguono le indicazioni per Tolosa-Bayonne-Biarritz, pren-

dendo la strada Pan-Europea E80 che, pensate, inizia in Turchia ed arriva sino in Spagna. Le direzioni sono quelle che seguono i percorsi di Nimes - Carcassonne - Tolosa. Proseguendo per l’autostrada A64 si arriva a Tarbes, infine, seguendo poi la N21 si arriva a Lourdes. Vale la pena fer-marsi a visitare Tolosa, antica città situata sulla Garonna, ricca di chiese e palazzi medievali, soprannominata “ ville rose”” per il caldo colore rosato dei suoi edifici.- In treno: consultando il sito delle Ferrovie dello Stato ita-liane è possibile individuare l’orario migliore per la parten-za, anche se è preferibile fare il viaggio di notte; la stazione ferroviaria è quella di Tarbes-Lourdes, raggiungibile con collegamenti diretti sia da Parigi ma anche da Ventimiglia o Lione, Marsiglia.- In aereo + auto o pullman. La città più vicina è Tarbes-Lourdes, sede dell’aeroporto, a pochi chilometri dal centro mariano. La direzione è quella per Ossun, autostrada A64. In alternativa sono frequenti i voli dall’aeroporto di Pau.- In nave: ultimamente è stato organizzato un viaggio via mare, partendo dal porto di Civitavecchia e con arrivo a Barcellona. In questo caso è prevista una visita panoramica guidata della città ed una visita alla Cité di Carcassonne, uno dei più importanti esempi in Europa di città fortificata medievale, chiusa da un doppio giro di mura merlate e dife-se da 52 torri, perfettamente restaurata e conservata.Un discorso a sé va fatto per il Treno Bianco dell’Unitalsi - l’Unione Nazionale Trasporto Ammalati a Lourdes e ai Santuari Internazionali, o per altri viaggi, specializzati per gli ammalati, organizzati dalla Romana Pellegrinaggi o da altre organizzazioni minori.Si tratta di treni attrezzati “ad hoc” che prevedono l’assi-stenza a bordo di gruppi di volontari, preparati ed organiz-zati per la cura degli ammalati e l’assistenza, nelle diverse fasi, dei programmi predisposti per il viaggio e per il sog-giorno a Lourdes.La dedizione e l’amorevole cura da parte dei volontari ren-dono il viaggio una esperienza indimenticabile anche per gli ammalati più gravi.

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cUrioSità mEdicHE Forse non tutti sanno cheRubrica di curiosità mediche a cura del Dr. Livio Falsetto medico chirurgo specializzato in Medicina interna, Dietologia e Dermatologia

Dr Livio Falsetto

Se l’Aspirina fosse stata inventata oggi non sarebbe in commercio perché non avrebbe potuto superare il vaglio della “Food and Drugs Administration”:

i suoi effetti collaterali indesiderati, soprattutto sullo stomaco, non ne avrebbero consentito l’uso medico.

Per fortuna fu scoperta oltre un secolo fa e, con qualche alto e basso, oggi l’acido acetilsalicilico viene prodotto senza restrizioni nella quantità di 50.000 tonnellate l’anno.

È superfluo elencare tutte le proprietà di questo glorioso farmaco. Ci limitiamo, in questa sede, ad evidenziarne l’ultima pubblicata di recente sull’European Journal of Cardiovascular Prevention and rehabilitation da un gruppo di ricercatori finlandesi: “l’aspirina ha una discreta attività ipotensiva”.

Questi studiosi, ispirati da precedenti osservazioni di colleghi spagnoli dell’Università Vigo e Santiago di Compostela, che nel 2005 avevano segnalato questa azione sulla pressione arteriosa (pubblicazione sul Journal of the American College of Cardiology), hanno ripreso gli studi su questo argomento.

Al contrario degli iberici che non erano riusciti ad individuare la ragione di questa sorprendente capacità terapeutica, indicando soltanto un legame tra Aspirina e sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS), i finlandesi, da bravi esegeti della fisiopatologia e farmacologia, hanno individuato il vero meccanismo d’azione.

Hanno arruolato circa 800 pazienti, tutti ipertesi medio-moderati, e diviso questi in due gruppi, seguendoli per un periodo di un anno con ripetuti monitoraggi pressori.

Al primo gruppo hanno prescritto un adeguato stile di vita (dieta, attività fisica) oltre ad una blanda terapia medica; al secondo gruppo hanno aggiunto una aspirina da 100 mg al giorno da assumere solo la sera dopo il pasto.

Solo in questo secondo gruppo si è registrato un sensibile abbassamento della pressione arteriosa (tra 5 e 10 mmHg) sia sistolica che diastolica.

Il razionale di questo studio risiede nell’effetto molecolare

dei FANFS (FANS è l’acronimo dell’espressione “farmaci anti-infiammatori non steroidei” e individua una classe di farmaci dall’effetto anti-infiammatorio, analgesico ed antipiretico): questi agiscono inibendo la produzione delle “isoforme di ciclossigenasi 1 e 2 (COX 1 e 2). Tutti gli antinfiammatori non steroidi inibiscono la COX 2. La conseguente carenza di questa sostanza causa aumento della pressione arteriosa media per un effetto vaso costrittivo e per antagonismo con alcuni farmaci ipotensivi come i beta-bloccanti e gli inibitori del sistema renina-angiotensiva.

L’Aspirina al contrario, ha un effetto maggiore di inibizione della COX-1 con conseguente spiccata azione antiaggregante e vasodilatativa.

ASPIRINA DI SERABUON GIORNO SI SPERAASPIRINA

Felix Hoffmann (1868-1946) Nato a Ludwigsburg in Germania, si laureò in Chimica e Farmacia all’Università di Monaco nel 1893.Nell’agosto del 1897 sintetizzò per conto della Bayer due farmaci: l’Aspirina e l’Eroina, aggiungendo un gruppo

acetilico (CH3 CO) rispettivamente all’acido salicilico e alla morfina.All’acido acetilsalicilico è stato dato il nome di Aspirina dove “A” sta per Acetil e Spirin dalla ”spirea”, un arbusto fonte alternativa di acido salicilico più economico di quello estratto dalla corteccia del salice. Nel 2002 Felix Hoffmann è stato introdotto nel “National Inventors Hall of Fame”.

Spirea Ulmaria

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notiziE dalla comUnità dEl pEttiroSSo

Gemellaggio Comunità del Pettirosso/ProvidencelandL’attività del progetto “Diamoci una mano” procede a gonfie vele. Grazie alla disponibilità dei locali di Villa Ardeatina il lavoro di distribuzione dei vostri doni va avanti molto celermente. Sono sempre più numerose le persone/organizzazioni che ci chiedono aiuto, ma anche che lo donano. Non vi fermate: il vostro aiuto è prezioso. Oltre al carcere di Viterbo abbiamo consegnato abbigliamento, scarpe, libri, giocattoli, mobili, all’Istituto di Malattie Mentali di Colle Cesarano, all’Istituto Parificato Caterina di Santa Rosa di Roma, molto attivo nell’assistenza ai bisognosi; ai Servizi Sociali di Rocca di Papa; alla comunità “Le Colonne di Ercole” di Subiaco, una casa famiglia che accoglie adolescenti; alla CO.RE.VO. Volontari Regina Coeli, una onlus coordinata da Padre Vittorio che si occupa del recupero dei carcerati di Regina Coeli e dell’assistenza ai senzatetto. Abbiamo anche donato un congruo numero di medicinali alla organizzazione Le Medicine onlus di Grottaferrata.

Bomboniere solidaliIl progetto “Bomboniere Solidali” sta per diventare realtà. Le persone cominciano a chiedere di avere realizzate dalla Comunità del Pettirosso le bomboniere da consegnare agli ospiti che, con loro, festeggeranno matrimoni, battesimi, anniversari, lauree e altre occasioni di condivisione. Le offerte che faranno per questo servizio serviranno ai progetti di bene che la nostra comunità compie giornalmente. La bella notizia, quindi, è duplice: riceveranno delle opere originali fatte dai nostri artisti e una benedizione dal Cielo per l’aiuto che daranno ai bisognosi. Troverete notizie più dettagliate nel nostro sito dove saranno pubblicate anche le immagini di alcune bomboniere realizzate.

Cenacolo di PreghieraNel numero precedente abbiamo parlato, in modo esauriente, del nostro Cenacolo di Preghiera. Esso è seguito da un numero di persone sempre maggiore in Italia e all’estero. La preghiera comunitaria si alza al cielo ogni terzo venerdì del mese alle ore 21:30; chiunque può pregare dalla propria casa insieme a congiunti e amici. Ad esso hanno aderito, oltre alle suore dell’Ospedale Pediatrico di Betlemme, alla Comunità di Montepiano “Maria serve del Signore”, al Santuario di Gibilmanna in Sicilia, alla Parrocchia di Komono in Congo, anche la Comunità delle povere sorelle francescane di Assisi e le Clarisse di Cortona.

Il testo dell’ultima preghiera comunitaria aveva come sfondo la Passione di Cristo e si elevava piena di tenerezza verso nostro Signore che, nella sofferenza disumana da lui patita, ci ha salvato. Alcune preghiere chiedevano il perché della nostra sofferenza e altre ci facevano arrivare la risposta che ci aiutava a offrire il dolore umano per diventare più umani e accostarci l’uno all’altro in una misericordia solidale.La preghiera che tutti potranno scaricare dal nostro sito (www.ciaofrate.org), e che venerdì 17 aprile alle ore 21:30 gli innamorati di Cristo nel mondo potranno condividere, parlerà di Risurrezione. Una risurrezione dalle nostre difficoltà, dalle nostre debolezze, dai nostri rimpianti, dal nostro egoismo, per riprendere con Cristo Risorto il nostro cammino di fede e gioire con Lui della nuova Vita ritrovata.Abbiamo pensato di mettere nel sito un collegamento con la posta elettronica della Comunità per chi volesse chiedere

preghiere. Esse saranno mormorate a Dio Padre da tutte le persone che partecipano al Cenacolo.Incontriamoci su quel ponte di luce che unisce la terra con il Cielo e, abbracciati l’uno con l’altro, preghiamo

insieme. BUON CENACOLO!

... ultimissime!

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notizie dalla comunità del pettirosso

Periodico a diffusione interna - Diffusione e stampa in proprio - Attività editoriale a carattere non commerciale ai sensi previsti dall’art. 4 DPR 16/10/1972 n. 633 e succ. mod.

c/c postale IBAN:IT26X0760103200001020745012c/c bancario IBAN:IT18W0569603204000008850X31

per eventuali offerte intestare a Comunità del Pettirosso

Progetto Komono Come ampiamente illustrato nello scorso numero del nostro giornale, il “Progetto Komono”, che prevedeva la trivellazione di un pozzo, è stato portato a termine felicemente. Oggi l’acqua potabile può essere attinta liberamente dalla popolazione e salvare la vita agli abitanti del villaggio. In tanti di voi hanno partecipato, con offerte e preghiere, alla sua trivellazione e questo giornale vuole ringraziarvi tutti. La misericordia di Dio unisce popoli, razze e nazioni e la Provvidenza che arriva porta la Sua voce.Questa pagina riporta le immagini del pozzo finito e funzionante. Noterete, tra esse, la foto che mostra l’acqua che bevevano e comprenderete, quindi, il ringraziamento profondo del Vescovo, di tutte le persone che ne stanno beneficiando e del sacerdote che lo ha seguito: Pierre Romeo Mvouli.

La Comunità di Komono sta elaborando un cartello, da porre accanto al pozzo, che porterà il nome dell’opera compiuta, si chiamerà: “ Ciao Fraté”. A tutti voi Pierre Romeo dice: “Continuiamo ad amarci come Cristo ci ha amato!”.

Acqua che bevevano

Pozzo “Ciao Fratè” nel Villaggio Komono Repubblica popolare del Congo

Pierre Romeo Mvouli

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Sintesi documentoNome file: 01-24 bisDEFINITIVO N.6-APRILE 2015.pdfTitolo: -Creato con: Adobe InDesign CS6 (Windows)Applicazione: Adobe PDF Library 10.0.1Autore: -Creato il: 06.04.2015 22:18:50Modificato il: 07.04.2015 08:38:48Dimensione file: 130.9 MByte / 134023.8 KByteTrapping: NoOutput Intent: ISO Coated v2 (ECI)PDF/X Versione: -Versione PDF: 1.4Numero pagine: 24Formato documento: 230.00 x 317.00 mmFormato finale: 210.00 x 297.00 mm

Riepilogo Errore Avviso Riparato Informazioni suDocumento - - - -PDF/X - - - -Pagine - - - -Colori - - - 3Caratteri - - - -Immagini - - - -Contenuto - - - -

ColoriCopertura massima 356% è superiore al limite 340% #1 (2)Copertura massima 363% è superiore al limite 340% #1 (5)Copertura massima 387% è superiore al limite 340% #1 (1)

Informazioni addizionaliSeparazioni colore: 4

CMYK

Spazi cromaticiDeviceCMYK / DeviceGray / DeviceN

Caratteri: 35ARBERKLEY TrueType / WinAnsi / sottogruppo incorporato ARBLANCA TrueType / WinAnsi / sottogruppo incorporato ARCENA TrueType / WinAnsi / sottogruppo incorporato Aparajita-BoldItalic TrueType / WinAnsi / sottogruppo incorporato BaskOldFace TrueType / WinAnsi / sottogruppo incorporato BerlinSansFB-Bold (3x) TrueType / WinAnsi / sottogruppo incorporato BerlinSansFB-Reg TrueType / WinAnsi / sottogruppo incorporato

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