NON CI HA INSEGNATO QUESTO, IN FONDO, SHAKESPEARE?
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I personaggi:
- Ronald Alexander Murray: un benestante uomo di campagna scozzese; 71 anni - Brian Padlock: l’agente immobiliare; 32 anni - Craig McGregor: il Direttore del Chronicle; 55 anni - Ann Margaret (Annie) Drummond: una cronista del Chronicle; 25 anni - Bertrand Murray: fratello di sir Ronald Alexander Murray; 67 anni - Christopher Murray: fratello di sir Ronald Alexander Murray, deceduto anni or sono - Muriel Murray: sorella di sir Ronald Alexander Murray; 52 anni - Capitano Allan Munro: comandante della squadra investigativa della stazione della
Scottish Police di Bridge sull’Allan; 46 anni - Tenente Taylor: della squadra investigativa di Bridge sull’Allan; 44 anni - Sottotenente Anderson: della squadra investigativa di Bridge sull’Allan; 38 anni - Sergente Fisherman: della squadra investigativa di Bridge sull’Allan; 55 anni - Agente Christina Barrach (la piccola Chris): della squadra investigativa di Bridge
sull’Allan; 25 anni - James Ramsey: Maggiordomo e segretario di sir Ronald Alexander Murray; 64 anni - Catherine (Katty) Hammerton: Cuoca alla tenuta di sir Murray: corpulenta, di carattere
autoritario; 60 anni - Janel Cullen: Cameriera alla tenuta di sir Murray, addetta ai lavori più faticosi; 50 anni - Chlotilde Cameron: Cameriera alla tenuta di sir Murray; 62 anni - Dr. Williamson: Medico personale di sir Murray; 59 anni - Rebecca Dickinson: Proprietaria della tenuta di Dunblane; amica di Muriel Murray;
madre di Charlotte; 52 anni - Charlotte Dickinson: Figlia di Miss Rebecca; 18 anni - Vittore Castelrosso di San Sepolcro: Proprietario terriero; 66 anni
I luoghi:
- Menstrie: località prossima a Dunblane; sede della residenza di sir Ronald Alexander Murray (sulla Long Road, in uscita dal paese verso est, all’interno di una radura in un boschetto su una piccola altura)
- Dunblane: cittadina del distretto di Stirling. A Dunblane hanno sede: la redazione del Chronicle, nella tortuosa High Street e la tenuta di Miss Rebecca Dickinson, sulla Glen Road, protetta dalla strada da una grande siepe
- Bridge of Allan: sede del commissariato della Polizia Scozzese competente per territorio
- Stirling: cittadina dell’omonimo distretto; sede del governo locale e di varie altre cose - San Sepolcro: località toscana, più o meno equidistante da Roma e da San Marino, dove
sir Ronald Alexander Murray ha intenzione di affittare una villa
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Indice
1. Mercoledì 20 ottobre: stazione ferroviaria di Dunblane. Ore 9 e mezza circa 2. Dunblane: sede del Chronicle. Ore 9 passate da poco 3. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 9 circa 4. La stessa mattina: biblioteca di Dunblane e biblioteca di Stirling 5. All’alba di quella stessa mattina. Menstrie: tenuta di sir Murray 6. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 11 circa 7. Dunblane: sede del Chronicle. Ore 12 circa 8. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Poco prima di mezzogiorno 9. Dunblane: sede del Chronicle. Ore 14 10. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 14 circa 11. Stazione di polizia: Ufficio di Taylor. Ore 15.30 circa 12. Stazione di polizia: Ufficio di Munro. Ore 15.30 circa. 13. Stazione di polizia: Ufficio di Munro. Ore 17.30 14. Stirling: University Badminton Court. Ore 18.30 15. Dunblane: tenuta di Miss Rebecca Dickinson. Ore 17,15 circa 16. Stirling: piscina dello University Sport Center. Ore 18.30 circa 17. Giovedì 21 Ottobre. Menstrie: tenuta di sir Murray. Ore 10.30 circa 18. Lady Muriel: tenuta di sir Murray. Ore 12.30 circa 19. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 14 circa 20. Menstrie: tenuta di sir Murray. Ore 9.00 in punto 21. e-mail da Brian Padlock, Fine Estate Ltd, Londra. Ore 17.15 22. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 17.30 circa 23. Mad Man Pub. Ore 23.15 circa 24. Dunblane: casa di Taylor. Ore 1.30 circa 25. Venerdì 22 Ottobre. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 15.30 circa 26. Casa di Christina. Ore 20.00 circa 27. Casa di Christina. Ore 24.00 circa 28. Sabato 23 Ottobre. Menstrie: Tenuta dei Murray. Ore 10.30 circa 29. Wallace Inn Pub. Ore 14.10 circa 30. Domenica 24 ottobre. Dintorni della casa di Taylor. Ora imprecisata del mattino 31. Stirling. University Sporting Club Resort. Verso mezzogiorno. 32. Dunblane, tenuta di Miss Rebecca Dickinson. Primo pomeriggio 33. Casa di Taylor. Ore 22.53 34. Lunedì 25 Ottobre. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 9.30 circa 35. Katty. Ore 10.30 circa 36. Ospedale di Stirling: Rebecca. Metà pomeriggio 37. Martedì 26 Ottobre. Saletta degli interrogatori. Ore 12 circa. Muriel: Non ci ha insegnato
questo, in fondo, Shakespeare? 38. Ancora Muriel. Primo pomeriggio 39. Mercoledì 27 Ottobre. Bridge of Allan: Bar di fronte alla Stazione di polizia. Ore 8.20 circa 40. Le ipotesi. Parte prima: Katty, Muriel & Ramsey 41. Le ipotesi. Parte seconda: ancora Muriel 42. Le ipotesi. Parte terza: Rebecca, Charlotte, McGregor 43. All’attenzione dell’Ufficio della Procura 44. Venerdì 19 Novembre. Mad Man Pub. Ore 21.30 circa
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Mercoledì 20 ottobre: stazione ferroviaria di Dunblane. Ore 9 e mezza circa
“Davvero da non credere! Se non la provi la differenza, non puoi capirla!” Dopo il suo recente viaggio in Italia, l’aveva capita la differenza e ora si stava gustando
l’attesa di quei pochi minuti prima che giungesse in stazione il treno da Perth. Era una indecifrabile sensazione di piacere. Un piacere sottile, tutto di testa, ma che
sembrava voler coinvolgere anche le viscere: l’aspettativa di una certezza che non potrà deluderti. La certezza che, allo scoccare delle 9 e 47, preannunciato ancora invisibile dai due tipici fischi, svoltata la curva dopo il ponte sul fiume, il treno per Glasgow sarebbe comparso in fondo al rettilineo.
“Chi non ha provato a viaggiare in Italia … non potrà mai gustare un piacere simile! In Italia puoi eventualmente provare un rarissimo piacere opposto, ma altrettanto
intenso: il piacere della puntualità come evento straordinario, circostanza sorprendente, avvenimento ammantato quasi di mistero”
Viaggiava parecchio da quando lavorava per FineEstate di Gordon & Sachs. L’agenzia immobiliare londinese era specializzata nel trovare residenze prestigiose nel sud dell’Europa, particolarmente in Francia, in Spagna e in Italia, per le più varie esigenze di ricchi signori britannici che se lo potevano permettere. In Italia era preferibile viaggiare in macchina, soprattutto sulle brevi distanze. Brian però preferiva il treno, una vecchia abitudine presa quando viveva a Shepperton, nei sobborghi sud-‐occidentali di Londra, a una trentina di chilometri dal centro della capitale. In treno puoi leggere, consultare guide, fare i conti, e perché no, guardarti intorno, pisolare, poltrire.
In Italia l’orario dei treni è un suggerimento, una sollecitazione, un incitamento. Per un motivo o per l’altro, però, questi suggerimenti e queste esortazioni vengono regolarmente disattesi. Ecco, l’unica certezza dell’orario dei treni in Italia è il fatto ineludibile, e talvolta inesplicabile, di venire disatteso. In Italia l’orario ferroviario sembra una cross tabulazione di numeri fatta in ragione di una chimerica, e pertanto irraggiungibile, perfezione. L’orario ferroviario ha una sua aspirazione metafisica di opera d’arte incompiuta. Per realizzarsi, quest’opera d’arte avrebbe bisogno dell’universale e coerente cooperazione dei macchinisti, dei capistazione, e di tutti gli altri addetti che, con le loro singole azioni, contribuiscono al flusso dei treni sopra i binari. Un’opera d’arte collettiva che, ahimè, non riesce quasi mai a realizzarsi compiutamente. Viaggiare in Italia gli ricordava l’atmosfera di quei viaggi che, da bambino, aveva fatto in India con la sua famiglia e con i nonni. Si andava in stazione, ci si guardava intorno, ci si sistemava su un marciapiede accanto a un binario, e si attendeva un annuncio che riguardasse la località della tua meta. Allora il viaggio era un’avventura che cominciava molto prima di partire. In Italia aveva percepito una specie di reminiscenza proveniente da quelle lontane avventure.
Era arrivato due giorni prima a Dunblane, distretto di Stirling, minuscola cittadina nell’umida Scozia meridionale. Lì aveva portato alcune proposte a sir Ronald Alexander Murray che risiedeva nella sua tenuta di Menstrie, a poche miglia da Dunblane. Sir Ronald Murray era stato abbastanza sbrigativo, quasi rude. Aveva sfogliato quasi svogliatamente i depliant, le relazioni, le guide e le offerte proposte da Gordon & Sachs. Gli aveva promesso che avrebbe studiato le offerte con più attenzione e, dopo un rapido drink di commiato, gli aveva chiesto di ritornare dopo una settimana. Ora Brian era lì, in attesa del suo treno per Glasgow. A Glasgow avrebbe preso un aereo per Londra, dove sarebbe arrivato in tempo per riferire ai suoi capi, durante il briefing pomeridiano, l’esito dell’incontro avuto con sir Murray.
Guardò l’orologio: erano le 9 e 39. Era arrivato in stazione con un certo anticipo. Ancora sette minuti di attesa. Aveva tutto
il tempo per andare a comprarsi il giornale. Due giornali per l’esattezza: il Times, che non puoi
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non leggere se lavori a Londra, e l’Allanwater Chronicle, il giornale locale di Dunblane. Il giornale prende nome da quello del fiume, l’Allan appunto, che attraversa la contea, territorio di riferimento del giornale. Si può esser certi però che per i lettori locali il giornale si chiama semplicemente Chronicle. È sempre bene avere un’idea delle cronache locali per fare conversazione con i clienti. Anche se questi ricchi signori sembrano essere molto distanti dal vivere quotidiano, sono a loro modo radicati nel tessuto sociale locale, che benignamente osservano dall’alto del loro paternalismo, e volentieri discorrono degli avvenimenti locali in cui si rispecchiano, e non è poca cosa, le vite, i piaceri e gli affanni individuali, il vivere sociale e la memoria condivisa di una collettività.
Prese il sottopassaggio e raggiunse l’edicola: con l’affettata distrazione di chi compra un giornale alla stazione, chiese il Times e il Chronicle. Piegò e mise nella tasca del soprabito il Times e, tornando verso il sottopassaggio, gettò lo sguardo alla prima pagina del Chronicle. In un rettangolo fortemente evidenziato a fondo pagina lesse: “Ultima ora: sir Murray trovato morto nella sua casa di Menstrie. Non si esclude l’ipotesi del delitto. La polizia cerca un agente immobiliare londinese che potrebbe essere l’ultima persona ad avere visto sir Murray vivo” Dunblane: sede del Chronicle. Ore 9 passate da poco
“Dannazione” pensava Craig McGregor, direttore del Chronicle, con lo sguardo inchiodato allo schermo del suo computer. “Dannazione, un delitto proprio qui, a due passi da Dunblane. E chi ti vanno ad ammazzare? Proprio il vecchio Ronnie…! Dannazione, dannazione e ancora dannazione,” sbraitava dentro di sé McGregor.
“Con tutta la fatica, il tempo, il lavoro che ci sono voluti per stemperare il dolore dopo l’orrendo fatto della scuola! Ci sono voluti anni perché si tornasse a respirare un’atmosfera appena appena serena, priva di incubi, di sospetti, di paure. E adesso? Un delitto, proprio a due passi da qui! Non c’è pace… non c’è proprio pace!”
McGregor si era alzato in piedi: era irrequieto. I fatti di cronaca fanno aumentare le vendite dei giornali: questo è vero. Se fosse stato solo per questo aspetto così grossolanamente materiale come la tiratura, McGregor avrebbe potuto anche essere abbastanza contento … aveva bisogno di aumentare un po’ il fatturato! Però era più preoccupato per la paura e per l’angoscia che si sarebbero immediatamente diffuse tra i suoi concittadini con l’inevitabile corollario fatto di insicurezza e di depressione.
“Se succedono in città, certe cose colpiscono solo le persone. Se succedono qui da noi, in campagna e nei piccoli borghi, queste cose colpiscono il tessuto sociale, come se il male si infiltrasse tra le cose, in attesa di infettare le persone: anche quelle che sembrano più quiete, più innocenti. In città, il male è come fosse di casa: le cronache ne sono piene. La gente quasi non ci fa più caso al male: se lo incontra, cerca di scansarlo. Qui da noi è diverso: il male penetra nelle cose, inquina l’aria e l’acqua; si nasconde tra le fronde degli alberi. Si nasconde nelle cantine e nei solai e poi, improvvisamente, agguanta le persone, ne stravolge la mente e succedono queste cose. Dannazione, dannazione, e ancora dannazione!”
Il Chronicle è un giornale di provincia; un giornale conservatore, come non può essere altrimenti: un piccolo giornale di provincia. Glasgow e Edimburgo distano solo una quarantina di miglia. Quelle quaranta miglia di campagna non costituiscono solo una distanza fisica dal pulsare di città con mezzo milione di abitanti: rappresentano anche un salto nel tempo, con le sue differenze nei ritmi di vita, nelle occupazioni, nei mestieri e anche nei modi di pensare delle persone.
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McGregor dirigeva il Chronicle da oltre vent’anni e la sua carta vincente era sempre stata il ‘politically correct’ nei confronti della gente e del modo di pensare locale: avere la massima cura nel mettere sempre la rispettabilità delle persone davanti a ogni fatto e a ogni opinione.
Un omicidio eccellente lo metteva in difficoltà. Doveva cercare di essere il più asettico possibile. Nulla di ufficiale era ancora trapelato dalle prime indagini della polizia. Da un’indiscrezione McGregor era solo riuscito a sapere che sir Murray probabilmente non era morto per cause naturali e che non si trattava nemmeno di un incidente: un probabile delitto, dunque. Doveva fare la massima attenzione a non sbilanciarsi, a non sollevare polveroni, a gestire la cosa con la massima delicatezza, nel rispetto della vittima, della sua famiglia, e anche nel rispetto del ruolo che, tutto sommato, gli aristocratici ancora continuavano ad avere da quelle parti.
Conosceva bene sir Murray. Eccome, se lo conosceva bene! L’aveva incontrato decine e decine di volte in diverse occasioni pubbliche anche se sir Murray preferiva tenersi in disparte, poco entusiasta delle occasioni mondane e poco disposto a familiarizzare. Lo aveva incontrato ancor più frequentemente in occasioni private. Anche in questi casi sir Murray si teneva, per abitudine, abbastanza in disparte, come se preferisse stare con la mente occupata altrove e non trovasse particolarmente gradevole, in linea di principio, la compagnia delle persone. Sembrava di percepire, osservando Murray nelle situazioni mondane, che riservasse molta più attenzione alle cose, anche ai semplici oggetti, che non alle persone: quasi che gli oggetti esercitassero su di lui una attrazione che le persone non riuscivano a suscitare. Coerentemente con questo modo di apparire, sir Murray era anche estremamente riservato: esibiva di sé il minimo indispensabile. Di lui si conosceva solo la superficie ed era ovvio, dai suoi atteggiamenti, che una amorfa superficie era il massimo che intendeva mostrare di sé.
“A volte è meglio non grattare troppo la superficie… se proprio non è indispensabile,” ragionava fra sé e sé McGregor.
Era necessario evitare pregiudizi per tenere il giornale lontano da qualsivoglia critica. Per questo aveva deciso di pubblicare una breve storia della famiglia di sir Murray, limitandosi allo stretto necessario, senza infastidire la famiglia cui si era sentito in obbligo di telefonare quella mattina stessa per le condoglianze di rito. Si era seduto al computer per cercare alcune informazioni sugli antenati di sir Murray e aveva chiesto alla sua collaboratrice, Ann Margaret Drummond, la sua più giovane cronista, di fare altrettanto.
“Per favore Annie, fa un salto giù alla biblioteca comunale e torna con qualche notizia originale sulla famiglia di sir Murray”
Scartabellando tra gli archivi cui aveva accesso attraverso il suo computer, McGregor poté riassumente a grandi linee l’origine della famiglia di sir Murray.
Il primo antenato di cui era riuscito a trovare traccia era stato un certo George Murray. Nel 1757, questo George Murray aveva partecipato alla riconquista di Fort Williams che
la Compagnia delle Indie Orientali aveva costruito come avamposto degli interessi inglesi nel Bengala. Il forte era tornato temporaneamente nelle mani del maragià locale e il nome di George Murray era iscritto nell’elenco degli ufficiali del contingente inglese che l’aveva riconquistato. Il figlio di George, Alfred, era stato ufficiale dell’esercito britannico. Di lui era registrata la partecipazione all’occupazione inglese di Dublino nel 1798.
Il nonno di sir Murray, William, aveva fatto parte del seguito del duca di Wellington quando questi era stato ministro degli esteri. In questo periodo William Murray aveva partecipato a diverse spedizioni commerciali in India, in America, in Africa. In India e in America William Murray aveva avuto modo di intrecciare relazioni con uomini politici di spicco e con membri dell’aristocrazia finanziaria. In America aveva preso contatti con esponenti di rilievo della Banca Centrale proprio nei giorni in cui il presidente americano Andrew Jackson aveva tentato di ridurne fortemente il potere. In Africa aveva partecipato a incontri preparatori per la firma di una trattato con Re Fuad d’Egitto sulla questione di Suez.
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Nel 1937, per il complesso di queste sue attività, William Murray era stato nominato Baronetto da re Giorgio VI.
Di George Eduard Murray, figlio di William e padre del nostro sir Murray, si sapeva che aveva continuato a mantenere vive le relazioni economiche intraprese da suo padre e che aveva sposato Màiri McCoy, figlia dell’industriale laniero Kennet McCoy, proprietario della McCoy’s Tartans Ltd.
Il nostro sir Ronald Alexander Murray era nato il 14 gennaio 1939, primo di quattro figli. I suoi fratelli erano rispettivamente Bertrand, Christopher e Muriel. Dei tre, Christopher si era trasferito molto giovane negli Stati Uniti, dove era morto, ormai molti anni or sono, in un incidente d’auto. Sir Ronald Murray non si era sposato. Aveva molto viaggiato, risiedeva relativamente stabilmente nella sua tenuta di Menstrie, anche se risiedeva per lunghi periodi nel sud della Francia, nell’Italia centrale (possedeva una casa nel centro di Roma), e ai caraibi, a Cockburn Town per l’esattezza, nell’isola di Gran Turk.
Questo era quanto McGregor era riuscito a mettere insieme sulla storia della famiglia Murray. Una storia semplice, tutto sommato: quasi una banale storia di Lord inglesi. A lui, McGregor, toccava raccontare dalle pagine del Chronicle come il ramo della famiglia facente capo a Ronald Murray si fosse improvvisamente seccato. Craig McGregor si accinse a impaginare la biografia della famiglia, in attesa che Annie tornasse dalla biblioteca col suo contributo al coccodrillo da pubblicare l’indomani. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 9 circa
La stazione di polizia più vicina a Menstrie è quella di Bridge of Allan: meno di cinque miglia di distanza. Quella mattina, il capitano Allan Munro, comandante della squadra investigativa, aveva indetto in fretta e furia una riunione coi pochi uomini di cui disponeva in quel momento, quattro in tutto: il tenente Taylor; il sottotenente Anderson; il non più giovane sergente Fisherman; la giovane agente di prima nomina, Christina Barrach, da tutti chiamata la piccola Chris.
Più per abitudine che non per effettiva necessità, aveva riunito il gruppetto di investigatori nella cucinetta della stazione, dove campeggiava, chissà perché e da quanto tempo, una grande mappa topografica del distretto di Stirling. La località di Menstrie si trovava nel riquadro a nord-‐est rispetto a Stirling. Per un’abitudine non particolarmente utile ma semplicemente come punto di riferimento visivo per i suoi pensieri, Munro aveva affisso una puntina verde sulla località di Menstrie. Per giustificare a se stesso quell’abitudine, quella specie di tic, si diceva che ‘anche i pensieri si devono aggrappare da qualche pare se si trovano in difficoltà’. Sul banco della cucinetta aveva messo una teiera bollente, cinque tazze e una ciotola con le zollette di zucchero: “Anche questo rituale,” pensava Munro, “aiuta a concentrarsi meglio: se le mani sono occupate in gesti automatici, la mente si sente più libera, più leggera, più pronta…”
“Siete già tutti al corrente della morte di sir Ronald Alexander Murray. Poco prima delle due di questa notte James Ramsey, il maggiordomo di sir Murray, ci ha segnalato che sir Murray era morto. In apparenza sir Murray sembra essere morto per cause naturali ma, secondo le dichiarazioni dello stesso Ramsey, le circostanze della morte di sir Murray potrebbero essere sospette.
“So che ciascuno di voi ha in corso altre indagini ma, senza nulla togliere all’importanza di quello che vi occupa in questo momento, vi devo chiedere di sospendere temporaneamente ogni attività prorogabile estranea al caso Murray e di concentrarvi su questo caso.
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“Non sappiamo ancora se sir Murray è morto per cause naturali o se qualcuno lo abbia aiutato. Il corpo è stato trovato questa notte. Il qui presente tenente Taylor, di turno questa notte, ha fatto i primi rilievi sul posto e ha seguito le solite procedure: Coroner, sigilli e così via. Il corpo di sir Murray è stato rimosso questa mattina poco prima delle sette. Il patologo eseguirà l’autopsia non prima di questo pomeriggio o, al più tardi, domani.
“Prima che Taylor vi metta al corrente dei dettagli che ha potuto verificare sul posto, lasciate che vi raccomandi attenzione, prudenza e rapidità di indagine. Come vi dicevo, non sappiamo ancora se si tratta di morte violenta o di morte naturale. Sul corpo non ci sono evidenti segni di violenza ma Ramsey, che oltre a essere maggiordomo è anche segretario di sir Murray, giura che le circostanze della morte sono sospette. Ramsey sostiene anche che qualcuno potrebbe aver sottratto dei documenti dallo studio di sir Murray”
Lo sguardo di Munro si rabbuiò e il tono della voce si abbassò alquanto. “Naturalmente, anche se mancano ancora le più elementari evidenze di morte violenta, il
giornale di questa mattina, come avrete potuto vedere, è già balzato alle conclusioni del possibile omicidio. Non solo, ma il giornale ha già anche pubblicato che cerchiamo un ipotetico agente immobiliare che avrebbe fatto visita a sir Murray ieri pomeriggio”
Munro strinse le mascelle. Era evidente che faceva uno sforzo per misurare le parole. “Avrei due cose da dire su questa cosa. Primo: vorrei proprio sapere chi è la talpa che
parla con i cronisti prima che io o abbia autorizzato. Se scopro che è uno di voi, per lui saranno guai seri. Secondo: nei termini in cui è stata pubblicata, la notizia ci ha già messo addosso gli occhi di tutta la gente, e quando dico ‘gente’, parlo anche del Sindaco, del Prefetto, e di tutti quegli altri bellimbusti che non mancheranno di farci pressione, di denigrarci se non risolviamo il caso al più presto e -‐ e non sarebbe la prima volta -‐ di metterci i bastoni fra le ruote. Non occorre ricordarvi, ma lo faccio lo stesso, che sir Murray, anche se era un tipo molto riservato, era personaggio influente, con amici influenti e con fratelli influenti. Se ci muoviamo male, possiamo essere sicuri che le nostre carriere non ne beneficeranno.
“Non occorre ricordarvi, ma lo faccio lo stesso, che quando la polizia rovista nei cassetti e nelle vite delle persone, questo dà loro molto fastidio e più queste persone sono influenti, più fastidio provano ad essere rovistati, anche perché qualcosa di non proprio edificante lo troviamo sempre. Quindi mi rivolgo a tutti voi, in particolare al carro armato Fisherman, prudenza, prudenza e ancora prudenza, ma anche … sagacia, sagacia, e ancora sagacia. A te la parola Taylor”
Taylor era poco appena più giovane di Munro, un paio d’anni, ma aveva un maggior numero di anni di servizio. Molta gavetta; molto lavoro sul campo; molte meno pause di riflessione all’ombra della scrivania. Ne aveva viste parecchie nel corso della sua carriera. Per questo sembrava un po’ distaccato e distante dall’apprensione di Munro. In parte era anche l’effetto della nottata impegnativa e del fatto che non aveva ancora potuto andare a riposarsi. Il suo atteggiamento distaccato, forse, era più apparente che reale: un meccanismo di difesa instauratosi poco a poco nel corso della professione, proprio per il fatto di averne viste tante.
Forse era anche un modo per mostrarsi meno assillato, rispetto a Munro, dalle questioni di piccola politica locale e da interessi di carriera. Taylor prediligeva il lavoro sul campo. Era più interessato all’attività investigativa che non a un rapido progresso di carriera, la qual cosa – come ben si capiva dalle parole di Munro – voleva dire occuparsi anche del giudizio del sindaco, del prefetto, dei lettori del Chronicle. Non era un caso quindi che Munro lo avesse sopravanzato assumendo la direzione della squadra investigativa. Taylor, infine, aveva operato il primo sopralluogo in casa di sir Murray e i suoi colleghi erano tutti lì ad attendere il suo rapporto. Farli attendere ancora un attimo prima di metterli al corrente gli procurava un sottile quanto stupido – se ne rendeva perfettamente conto – piacere. L’aspetto distaccato faceva parte del gioco ma poi, come sempre quando si trattava di mettere in campo la sua competenza, il tono professionale prendeva il sopravvento su qualunque altra considerazione.
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“Poco prima delle due di questa mattina, dalla tenuta di Menstrie, ci ha chiamato Mr. Ramsey informandoci di aver trovato il suo principale, sir Murray, morto nel suo studio. Ramsey ci ha detto che non c’erano evidenti segni di violenza né di lotta: una morte naturale, apparentemente. Ramsey ci ha però anche detto qualcosa in merito all’ordine, che ha definito ‘innaturale’, della scrivania di sir Murray: un ordine innaturale che lo rendeva sospettoso. Era per questo che aveva deciso di chiamare immediatamente la polizia. Un ordine innaturale …”
Taylor aspettò qualche secondo prima di continuare. Voleva che i colleghi memorizzassero quel concetto di ordine innaturale della scrivania di sir Murray, quasi che un concetto vago e astratto come innaturale potesse avere un ruolo concreto e rilevante in una indagine su un presunto delitto.
“Io e la piccola Chris siamo arrivati nella tenuta di sir Murray alle due e quaranta. Mr. Ramsey, un uomo robusto sui sessant’anni in tenuta sportiva, ci ha accompagnati nello studio. Lo studio si affaccia sul vestibolo: vi si accede attraverso una robusta porta di legno nero. Lo studio è composto da due stanze. Lo studio vero e proprio e una piccola biblioteca annessa. Alla biblioteca si accede solo dallo studio, attraverso una piccola porta color verde marcio. Studio e biblioteca sono pavimentati con un parquet scuro a larghe doghe, quasi completamente coperti con tappeti dallo stile orientale. L’aspetto dello studio è severo ma accogliente, caldo e silenzioso.
“Nello studio vero e proprio c’è una scrivania in noce scuro con una lampada da tavolo in vetro verde e un telefono dalla foggia vecchiotta. Basse pile ordinate di documenti coprono gran parte della superficie della scrivania. La poltrona della scrivania è di pelle marrone con un alto schienale. Alle spalle della poltrona, una finestra che si affaccia sul giardino: una spessa tenda di velluto color porpora era tirata davanti alla finestra. Di fronte alla scrivania, tre sedie girevoli di legno dalla foggia antica e, poco più in dietro, un divanetto e una poltroncina. Sui due lati non occupati da porta e finestra sono appesi diversi quadri con ritratti di personaggi in foggia ottocentesca. La biblioteca è priva di finestre: l’unico accesso è costituito dalla porticina verde. Sul lato destro, entrando, un caminetto che abbiamo trovato spento. Sulla cornice del caminetto due putti di gesso colorato fungono da fermalibri per una serie di volumi rilegati con una legatura recente e senza titoli sul dorso. Sul lato opposto, una poderosa libreria a ferro di cavallo che ricopre buona parte delle due pareti adiacenti. Gli scaffali bassi della biblioteca contengono un bar a vista poco fornito: una bottiglia Armagnac, una di cherry Heering stagionato, alcuni bicchieri. Di fronte al caminetto, tre poltrone attorno a un tavolino basso di cristallo. Delle tre poltrone, due sono piccole, di pelle rossa e di foggia moderna. La terza poltrona è quasi imponente, di pelle marrone con evidenti segni lasciati dall’uso e dal tempo. Sul tavolino una bottiglia di whisky Glenkinchie riserva di 21 anni, un bicchiere vuoto e un portacenere vuoto. Sulla poltrona, il cadavere di sir Murray. In grembo, una pipa spenta e per terra, accanto alla poltrona, una copia del Times spiegazzata. La scena appariva quella di una morte naturale. Nessun segno di colluttazione, nessun segno di violenza. Nulla di anormale. Un sereno trapasso, all’apparenza. Mr. Ramsey, tuttavia, non era per niente convinto”
“Tenente Taylor,” ci disse Ramsey, “io mio occupo della gestione della tenuta ma divido questa occupazione con quella, certamente di maggiore responsabilità, di segretario di sir Murray. Lei viene in questa stanza per la prima volta ed è evidente, così almeno mi pare dalle occhiate che le ho visto lanciare alla sua collaboratrice, che qui le sembri tutto normale. Le posso assicurare però che qui c’è qualcosa che non va. Governo questa casa da vent’anni e le assicuro che le cose qui è come se avessero memoria di qual è il loro posto.
“Ogni oggetto di questa casa è quasi come se avesse una vita sua perché rispecchia la vita e il modo di essere di sir Murray: un modo di essere che è diventato anche il mio con il trascorrere del tempo. Sir Murray era meticoloso e conservatore e considerava che anche le cose fossero conservatrici, ovvero che avessero un certo qual piacere a mantenere rapporti
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stabili con le altre cose. I rapporti tra le cose costituivano, per sir Murray, l’ordine: la qual cosa non rappresentava certo un modo convenzionale di concepire l’ordine! Non so se riesco a spigarmi. Le faccio un esempio.
“Una lettera appena arrivata, non può essere immediatamente messa insieme alle altre lettere. È opportuno un certo periodo di adattamento alla novità per consentire, mi scusi se la cosa le sembra un po’ curiosa, che si instaurino le giuste relazioni con le altre cose con cui quella la lettera può avere relazioni; ovvero: chi ha spedito la lettera; da dove viene la lettera; di che cosa tratta quella lettera. Una lettera che proviene dall’Italia, difficilmente potrà trovare posto accanto a una lettera che proviene dalla City di Londra: troppo diversi, verosimilmente, i contenuti; troppo diverse, direi quasi antropologicamente, per essere messe l’una accanto all’altra, salvo che i contenuti non abbiano qualcosa che le accomuni. Questo vale anche per i libri, per la musica, per gli oggetti. Avrà notato che nello studio non c’è un computer. Un computer non può trovare posto in quell’ambiente. Lo studio di sir Murray è fatto di cose che hanno la memoria rivolta al passato; è fatto di cose che hanno un senso profondo del tempo e dello spazio da cui ogni oggetto proviene. Senso del tempo e dello spazio che sono del tutto incompatibili con quello, direi quasi eversivo, che sgorga dal computer con la sua capacità di appiattire il tempo e lo spazio.
“Questo non vuol dire che sir Murray non apprezzasse le comodità e i servigi che un computer può offrire. Computer, scanner, fax li ho di sopra, in un angolo che ho ritagliato nella mia stanza e che funge da ufficetto personale. Detto tutto ciò, vi posso affermare che l’ordine apparente che lei vede in queste due stanze stride con l’ordine mentale di sir Murray, il quale non se ne sarebbe stato certo lì seduto a gustarsi il suo bicchierino preferito in un ambiente così stridente e imperfetto rispetto al suo modo di sentire. Avrebbe dovuto sentirsi proprio male per non avere la forza di alzarsi e sistemare le cose! L’ordine che c’è in questa stanza non è opera di sir Murray. Qualcuno è stato qui dopo la sua morte e, forse, l’ha anche provocata”
Taylor fece una breve pausa, consapevole del fatto che le parole di Ramsey richiedevano in po’ di tempo per essere digerite. Lasciò ai colleghi il tempo necessario per farsene un idea personale, poi continuò.
“Questo è quanto ha detto Ramsey. Un discorso un po’ astruso. Difficile da immaginare come potesse concretamente funzionare l’idea di ordine di sir Murray, ma dobbiamo ammettere che, per quanto originale, è un’idea che ha una sua logica interna. Si sa che questi aristocratici sanno essere un po’ particolari: dobbiamo tenere conto anche di questo. Sottolineo che Ramsey aveva parlato in modo così accorato che Chris ed io abbiamo convenuto sul fatto che fosse imprudente archiviare la morte di sir Murray come morte naturale. Quindi abbiamo seguito la prassi che va seguita in caso di morte sospetta.
“Chris ha effettuato una serie di fotografie nello studio e nella biblioteca. Abbiamo posto i sigilli allo studio. Abbiamo richiesto, per questa mattina, un intervento della scientifica. Poi abbiamo chiesto a Ramsey, a Miss Catherine Hammerton, la cuoca, e alle due cameriere, Miss Janel Cullen e Miss Chlotilde Cameron, se avessero altre cose da aggiungere, ricordando loro che sarebbero dovuti venire in centrale per effettuare le loro deposizioni. Abbiamo detto loro di rimanere possibilmente nelle proprie stanze, che sono al piano superiore della villa, e abbiamo raccomandato loro di non toccare nulla fino al sopralluogo della scientifica.
“Chris è rimasta a vigilare fino al cambio di turno di questa mattina. Non c’è stato segnalato nulla di anormale riguardo all’attività di sir Murray durante gli ultimi giorni: le visite del fratello e della sorella; le uscite pomeridiane che sir Murray faceva con una certa regolarità. L’unica novità era stata, nel pomeriggio, la visita di un giovane dall’accento londinese che si era presentato con le credenziali di uno studio immobiliare di Londra: la FineEstate di Gordon & Sachs. Per ultima cosa, ho buttato giù dal letto il Dr. Williamson, medico personale di sir Murray. L’ho informato della morte di sir Murray e del fatto che avremmo avuto bisogno di ascoltarlo questa mattina per avere dettagli sullo stato di salute
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del defunto. Il Dr. Williamson si è messo a nostra disposizione e mi ha manifestato il suo stupore per la morte improvvisa di sir Murray che, a suo dire, stava benone. Questo è tutto” La stessa mattina: biblioteca di Dunblane e biblioteca di Stirling
Alla biblioteca comunale di Dunblane, prima, e all’archivio municipale poi, Annie non aveva trovato nessuna notizia particolarmente interessante su sir Murray. Era nato nel 1939, aveva quindi 71 anni .
“Gliene avrei dato qualcuno di più” A suo nome erano accatastati parecchi terreni nei dintorni di Stirling, a nord del fiume
Forth, tra Doune e Tillicoultry. Trattandosi di un aristocratico notoriamente benestante, il fatto di possedere terreni non era una notizia: giusto un’informazione.
Ogni anno sir Murray distribuiva personalmente alcune borse di studio per studenti delle scuole primarie e secondarie di Dunblane, Menstrie e Alloa. Tra le attività filantropiche c’erano anche donazioni all’Università e alla Royal Infirmery di Stirling. Anche queste non erano notizie particolarmente degne di nota.
“Banalità da coccodrillo commemorativo” Non erano certo quelle le notizie che stava cercando, anche se, forse, il prudente
direttore del Chronicle si sarebbe accontentato. “Il nulla. Ecco che cosa ho trovato: il nulla! Mi aspettavo qualcosa di più, accidenti!
Possibile che su una persona così non si trovi nulla men che banale?” Insoddisfatta e irritata per l’esito infruttuoso delle sue ricerche, saltò in macchina e per
andare alla biblioteca centrale di Stirling dove si potevano consultare diversi giornali locali e nazionali e, soprattutto, dove era possibile accedere all’archivio della Central Scotland Family History Society che conteneva le storie delle più importanti famiglie di quella area di Scozia.
Contrariamente alle sue aspettative, anche qui la messe di notizie raccolta a proposito di sir Murray e della sua famiglia fu alquanto scarsa. Questo cominciò a incuriosirla. Poteva essere che questa pochezza di notizie fosse la vera notizia?
Continuò le ricerche negli archivi dei giornali e qualche cosa alla fine cominciò a spuntare fuori. Nel Financial Times del 10 giugno 1967 trovò, per esempio, che sir George Eduard Murray, in viaggio d’affari, e suo figlio il ventottenne Ronald Alexander, erano rimasti bloccati al Cairo a causa dello scoppio, non proprio improvviso, della guerra dei Sei Giorni. Il giornalista riferiva che, nell’hotel in cui risiedeva sir Murray, risedeva anche una delegazione della Repubblica Popolare del Congo. Questa delegazione era al Cairo per negoziare, attraverso intermediari d’eccellenza tra cui forse lo stesso sir Murray, la concessione di un consistente prestito da parte del Fondo Monetario Internazionale. La parte più interessante di questa notizia era pubblicata su un numero di dicembre del Financial Times: il Fondo Monetario Internazionale aveva concesso a Mobutu, presidente-‐dittatore del Congo, un prestito di 27 milioni di dollari.
“Questa potrebbe essere una traccia. Finalmente una traccia” Adesso che aveva trovato un elemento che avrebbe potuto trasformarsi in indizio,
doveva fermarsi un attimo a ragionare. Non poteva andare avanti a scartabellare archivi immensi usando come unica parola chiave il nome di famiglia. Le serviva qualcosa di più. Aveva bisogno di conoscere meglio la persona di cui si stava occupando. Fino a quel momento aveva seguito le tracce di un nome, ora doveva seguire le tracce di una persona.
“Cercare di conoscere la persona: questo si che è difficile! Le persone sono oggetti complicati. Degli altri noi vediamo la buccia: non sappiamo che sapore abbiano sotto i nostri denti! D’altra parte, gli altri non vedono di noi esattamente l’immagine che noi crediamo di
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esibire. Noi stessi siamo un miscuglio di quello che crediamo di essere e di quello che, di noi, vediamo specchiato negli altri, nel loro modo di rapportarsi con noi”
Con tutti i limiti di questo gioco di specchi che è il tentativo di ricostruire un’immagine relativamente autentica di una persona, Annie doveva cercare di capire quale vita, quali interessi, quali storie, quali passioni, quali paure, quali segreti potessero esserci dietro la facciata convenzionale di questo anziano e schivo aristocratico di campagna.
Contemporaneamente, doveva cercare di combinare l’immagine risultante con possibili moventi di un omicidio, sempre che l’ipotesi di lavoro, ovvero che la morte di sir Murray non fosse stata un evento naturale, non venisse contraddetta. Per il momento, comunque, questa era la sua ipotesi di lavoro e ci avrebbe lavorato su fino a prova contraria. Riprese il suo ragionamento.
“Per che cosa si può uccidere se non per passione e odio, avidità, paura? Quale di questi istinti può avere spinto qualcuno a porre fine ai giorni di sir Murray? E sir Murray era consapevole del rischio che stava correndo, degli intenti omicidi che aveva suscitato? Dietro la facciata convenzionale e riservata di sir Murray c’era nascosto qualche segreto per cui si può anche morire? È difficile pensare che quell’anziano signore che si aggirava tra noi con aristocratica discrezione fosse oggetto di passioni violente o di moventi omicidi.
“L’immagine delle persone che ci stanno intorno è un immagine quasi invariabilmente statica: una sorta di fotografia in un continuo presente. Non è l’immagine prospettica da cui traspare una storia, un divenire: non è una sorta di film. Come facciamo a leggere storie, sentimenti, passioni, dietro a una specie di fermo immagine?”
Annie aveva staccato lo sguardo dai giornali e l’aveva fissato su un punto imprecisato del vuoto di fronte a lei, continuando a rimuginare.
“In fondo, chi più chi meno, tutti noi indossiamo la maschera di un ruolo che immaginiamo di avere nella nostra collettività. A volte questo ruolo ci assomiglia molto: in questo caso siamo in massima parte quello che rappresentiamo di noi stessi. Qualche volta, al contrario, la maschera che interpretiamo serve a rappresentare un’immagine pubblica che ci assomiglia poco ma che ci è utile rappresentare per giocare, più nascostamente, altri ruoli. In quale misura sir Murray, quello che conoscevamo pubblicamente, corrispondeva a quello che sir Murray sapeva di essere? E i suoi parenti, i suoi conoscenti? Che cosa sappiamo di loro e dei rapporti che sir Murray aveva con loro? Dovrò lavorare su queste cose, se McGregor me lo lascerà fare. Sono una giornalista che vuole scrivere una storia importante. Questa potrebbe esserlo: una maledetta storia di provincia. Questa potrebbe essere la mia occasione!
“Devo trovare il materiale per scriverla questa maledetta storia di provincia! Che cosa è in fondo un giornalista se non una persona che sa narrare storie ispirandosi alla cronaca?”
Tra i moventi che si era elencata poco prima, l’avidità le sembrava la più probabile, o la meno improbabile. Non riusciva proprio ad immaginarsi sir Murray implicato in vicende passionali. Sostenuta da questi pensieri, Annie aveva deciso di seguire la pista degli affari di famiglia, la pista patrimoniale finanziaria.
Nell’archivio della Central Scotland Family History Society Annie non aveva trovato altre notizie se non scarne note sulla famiglia di sir Murray. Il padre di sir Murray, sir George Eduard Murray era morto nel 1970, lasciando ai figli un notevole patrimonio costituito da terreni, immobili e da un considerevole patrimonio finanziario. Dopo la morte del padre, sia Bertrand che Muriel erano rimasti per qualche anno nella contea di Stirling. Successivamente, si erano trasferiti: Bertrand a Glasgow, Muriel a Perth.
Alla fine di una giornata interamente dedicata alla ricerca di una traccia, Annie si sentiva parecchio frustrata. In una giornata passata a scartabellare tra gli archivi aveva trovato pochissime notizie in confronto a quello che era stato capace di fare il suo capo, al Chronicle, usando il computer da tavolo e senza staccare il sedere dalla sua comoda sedia.
“Un giorno buttato via. Un maledetto giorno buttato via”
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Annie fiutava qualcosa ma non era sicura del suo fiuto: aveva avuto troppo poche occasioni per mettere alla prova il suo fiuto. E non era nemmeno tanto sicura che ci fosse una pista tra il poco materiale che aveva trovato. Ma la possibilità di condurre una sua inchiesta, la prima vera inchiesta da quando era stata assunta al Chronicle, la eccitava.
“Fare una bella inchiesta richiede arte e raffinatezza. Non è cosa per tutti: bisogna esserci portati. E poi ci vuole allenamento ed esperienza. Chissà se ce la farò? È necessario saper individuare, selezionare, soppesare le fonti. Considerare come punti fermi solo i fatti accertati ma non trascurare le voci, le dicerie, le opinioni. Non si può escludere che sia proprio alla radice queste che si possano trovare proprio i fatti più pregnanti: quelli che segnano il destino degli uomini, quelli che danno luogo a una storia davvero degna di essere raccontata.
“Bisogna guardare ai dettagli senza perdere la visione d’insieme. Bisogna inserire i frammenti in un disegno complessivo di cui conosciamo bene soltanto un momento: il finale del dramma. Non sarà per niente facile. Questa sera, in palestra, vedrò se Christina mi saprà dire qualcosa di più. In fondo, facciamo lo stesso mestiere da segugio: io per raccontare storie, lei per dare la caccia ai cattivi”
Se Christina le avesse fornito validi elementi per sospettare che dietro alla morte di sir Murray potesse esserci davvero una storia, l’indomani avrebbe potuto chiedere a McGregor il permesso di condurre un’inchiesta tutta sua. All’alba di quella stessa mattina. Menstrie: tenuta di sir Murray
Quel mattino il tenente Taylor aveva lasciato la casa di sir Murray attorno alle cinque ed era tornato in centrale per sistemare le cose e preparare un breve rapporto informale per il capitano Munro. Christina era rimasta di piantone, in attesa di ricevere il cambio, al termine del turno di notte. Doveva fare in modo che la scena del crimine, se di crimine si trattava, non venisse alterata e doveva sorvegliare che nessuno si avvicinasse al cadavere prima che questo passasse sotto la responsabilità del patologo del Coroner. Erano stati messi i sigilli.
“Dai un’occhiata in giro.” Così le aveva detto Taylor, lasciandola di piantone in casa Murray. Non ce n’era davvero
bisogno! Sebbene lavorassero insieme da poco, Taylor aveva già imparato che Christina sapeva gestire con serietà e professionalità la sua naturale curiosità. L’aveva presa sotto la sua ala protettrice, la piccola Chris: le stava insegnando piano piano i trucchi del mestiere. Fin dai primi giorni dopo il suo arrivo, Taylor aveva intuito che sotto il piccolo fisico e i minuti lineamenti dell’agente Christina Barrach, c’era un carattere forte e un forte spirito di servizio, sostenuto da capacità empatica e da curiosità superiori a quanto era abituato a vedere nei giovani colleghi. Curiosità e spirito di servizio che gli ricordavano un po’ le motivazioni per le quali lui stesso si era arruolato in polizia.
In oltre vent’anni di servizio la curiosità e lo spirito di servizio di Taylor erano stati duramente messi alla prova dalla routine, che finisce con l’appiattire anche le indagini più interessanti. Lo spirito di servizio era stato messo anche alla prova da una non sempre trasparente gestione, da parte dei superiori, di alcuni aspetti relativi alle pubbliche relazioni: rapporti con la stampa, col municipio, con la contea e così via. Queste ‘pastette politiche’, così le chiamava, lo indisponevano. In ogni caso, la passione e lo spirito di servizio avevano tenuto duro anche se, per resistere, avevano dovuto costruirsi intorno un muro psicologico protettivo fatto di durezza e di disincanto. Taylor rivedeva un po’ di se stesso in Christina, ma la vedeva ancora del tutto sprovvista di mura difensive. Per questo aveva provato simpatia per quella ragazza e aveva deciso di occuparsi della sua educazione alla sopravvivenza in mestiere così difficile. Dicendole ‘Dai un’occhiata in giro’ Taylor sapeva benissimo che la
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piccola Chris lo avrebbe fatto comunque, senza bisogno di nessuna sollecitazione. Dicendoglielo però, le dava l’autorizzazione a raccogliere elementi su un caso di morte avvenuta in un contesto poco chiaro.
Nella casa era presente tutto il personale di servizio. Oltre al maggiordomo e segretario James Ramesy, erano presenti la cuoca Miss Catherine Hammerton, detta Katty, e le due cameriere: Miss Janel Cullen e Miss Chlotilde Cameron. Ramsey aveva accompagnato Taylor e Christina nello studio di sir Murray. Le tre donne, invece, si erano trattenute prudentemente tra il vestibolo e la cucina, indecise se avanzare fin sulla porta dello studio per seguire da vicino l’evolversi dei fatti o se rintanarsi in fondo alla cucina per la paura di essere interpellate. La curiosità era stata più forte del timore.
Appena Taylor se ne fu andato, Christina riunì la servitù in fondo alla scala che dal vestibolo porta al primo piano e si rivolse alle tre donne: “Vorrei chiedervi se eravate tutte e tre in casa quando Mr. Ramsey ha trovato il cadavere”
Lo sguardo delle tre donne, tra il titubante e l’interrogativo, si incrociò per un attimo e Catherine Hammerton, la cuoca, una donna robusta sui sessant’anni, prese con autorevolezza la parola.
“Era circa l’una e mezza di questa notte quando James ci ha svegliate e ci ha detto di vestirci e di scendere perché sir Murray era morto e stava arrivando la polizia”
“Prima che arrivasse la polizia, siete entrate nello studio?” “No, James, ossia Mr. Ramsey, ci ha ordinato di non curiosare e di non toccare niente,
altrimenti la polizia si sarebbe arrabbiata con noi. Ci ha ordinato di restare a disposizione nel caso che la polizia avesse avuto bisogno di qualche cosa. Eravamo troppo agitate e spaventate per fare qualunque cosa… Ma, scusi … sir Murray è stato ucciso? Ci scusi sa, ma con tutta la confusione che c’è stata fino ad ora non abbiamo capito ancora nulla di quello che è successo”
Christina non diede soddisfazione alla curiosità della cuoca: “Quindi mi confermate tutte e tre di non aver sentito nulla di sospetto prima che Mr. Ramsey vi svegliasse”
Di nuovo le tre donne si guardarono l’un l’altra scuotendo tutte quante il capo in segno di negazione e sottolineando con un “No, nooo,” prolungato, “proprio niente.”
“Vorrei chiedervi, anche a lei Mr. Ramsey: potete mostrami dove sono le vostre stanze?” D’autorità Ramsey si intromise: “Prego agente, mi segua: le mostro le nostre stanze, qui
al piano di sopra” Dal centro del vestibolo partiva una scala di legno che, con due rampe, portava al livello
superiore. Era possibile accedere al piano superiore anche attraverso a un ascensore, che assomigliava quasi più a un montacarichi. Seguito dalle quattro donne, Ramsey si incamminò rapido per le scale. Arrivato al piano di sopra, Ramsey girò a destra e, aprendo a una a una tutte le porte che sia affacciavano sul corridoio, disse con un che di canzonatorio nella voce: “La stanza doppia di Mrs. Cullen e di Mrs. Hammerton… la stanza singola di Mrs. Cameron… la mia stanza con l’angolo ufficio che vi ho descritto poco fa. Questa è la stanza di sir Murray, con vista sul giardino… e qui le due stanze degli ospiti che vengono utilizzate rispettivamente dal fratello e dalla sorella di sir Murray: sir Bertrand e lady Muriel”
Christina si soffermò sulla soglia di ogni stanza, dando una rapida occhiata all’interno cercando di cogliere contemporaneamente il messaggio d’insieme che le proveniva dalla visione di ogni stanza e l’insieme dei particolari che costituiva il tutto.
Ogni volta che entrava in casa di qualcuno, ogni volta che si trovava nelle stanze nelle quali si svolge la vita delle persone con cui le capitava di avere a che fare, provava un’emozione complessa costituita da elementi contrastanti. Da una parte c’era un considerevole disagio per la violazione involontaria della privacy delle persone: violazione che solitamente veniva perpetrata senza alcun preavviso, in momenti per lo più drammatici e su persone impreparate e rese particolarmente fragili dalla particolare situazione. A questo sentimento si sommava la curiosità di sapere che cosa si cela dietro quelle porte e quelle finestre, altrimenti inaccessibili: curiosità di sapere di quali oggetti si circondano le persone e quale ruolo simbolico quegli oggetti assumono
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nella vita di quelle persone. C’era poi la presunzione, o il desiderio, di poter comprendere il carattere delle persone attraverso gli oggetti esposti nelle loro case, attraverso la varia personalità delle loro stanze. Sentiva un brivido entrando nelle stanze degli altri: un misto di intrusione e di empatia. Christina sentiva che, oltre agli elementi di valore puramente investigativo che potevano essere trovati all’interno delle stanze, quelle intrusioni nei luoghi e nelle vite delle persone erano quasi certamente necessarie per svolgere al meglio le indagini investigative. Le cose, gli oggetti, le azioni, hanno un colore diverso, e quindi un significato diverso, in contesti fisici o psicologici diversi. Le stanze sono aspetti delle persone che le abitano: non possono essere sottovalutati.
“Bene” disse terminato il giro: “Domattina il Coroner disporrà dell’autopsia di sir Murray. In attesa dei riscontri, non dovranno essere violati i sigilli. È opportuno che anche il resto della casa rimanga nello stato in cui si trova adesso. Niente pulizie, niente manomissioni. Dovreste rimanere confinati tra le vostre stanze e la cucina, dove tra poco scenderò per fare dei rilievi. Se avete qualche altro posto dove andare a soggiornare per qualche giorno, ancora meglio. Vi sapremo dire domani se prenderemo le vostre deposizioni qui o se farvi venire nei nostri uffici. Per favore, Mr. Ramsey, mi potrebbe accompagnare da basso e in giardino?”
Una volta scesi, Ramsey riprese la visita guidata della casa. A sinistra passarono per la dispensa che dava sulla cucina. Da questa passarono, attraverso il disimpegno, alla sala da pranzo e da questa direttamente al soggiorno che si affacciava sul giardino al quale si poteva accedere attraverso una portafinestra e pochi scalini. Christina riprese tutte le stanze e il maggior numero di dettagli possibili con la sua macchina fotografica digitale. ‘Oggi tutto sembra irrilevante, magari domani un dettaglio può risultare di importanza decisiva’: così le avevano insegnato in accademia e sapeva che era proprio così. Passarono quindi in giardino.
Si trovarono dalla parte della casa opposta a quella della strada di accesso e dell’entrata principale. Albeggiava ma era ancora troppo buio per distinguere i dettagli del giardino. I rilievi avrebbero dovuto essere effettuati da lì a qualche ora, con la luce del giorno.
“Mr. Ramsey, nessuno dovrà passare per il giardino fin tanto che non verranno effettuati i rilievi. Prego di informare anche la cuoca e le cameriere. Chi si prende cura del giardino? C’è un giardiniere che viene tutti i giorni?”
“C’è un giardiniere che viene due volte alla settimana: d’estate tre volte alla settimana. Domani non è previsto che venga. Le illustro brevemente il giardino, agente Barrach. Qui di fronte una dependance, per eventuali altri ospiti o per allestire eventi in giardino: quei pochi che sir Murray era tenuto a organizzare. Sul retro della dependance ci sono i box, le autorimesse. Più in là c’è un vecchio campo da tennis. È in disuso. Qui c’è solo lady Muriel che si diverte a giocare a tennis, ma va a giocare in campi ben attrezzati: al tennis club, per esempio. Ancora più là, a destra, la serra. Mezza vuota anche quella: il giardiniere la usa come vivaio per fiori, arbusti e cespugli per il rinnovo che fa ogni primavera. Tutto attorno al giardino, come può intravedere, alberi e siepi ci separano dalla vista dalla parte della strada. Dall’altra parte, altri alberi e arbusti ci separano dalle prime pendici della collina”
Rientrarono in casa. “Mr. Ramsey, ci sono altre stanze in casa? Soffitte, cantine?” “Si agente. C’è la cantina. Non c’è nulla di particolare di sotto: solo il vino e l’olio di sir
Murray. Scendiamo: prego, le faccio strada” Da una porta nel vano del sottoscala si accedeva ad una cantina: un locale non grande,
ordinato. A terra alcune piccole damigiane e, al centro della stanza, una struttura più o meno cubica formata da rastrelliere per le bottiglie di vino: sembravano esserci due o trecento bottiglie.
“Qui sir Murray tiene… teneva il suo olio toscano e il suo vino. Aveva una predilezione per il vino italiano: Rosso di Torgiano, Rosso di Montefalco, Brunello di Montalcino, Amarone di Valpolicella. C’è anche vino francese di Bordeaux: Château de Rothschild e Château La Fleur. Come vede, non c’è Champagne: sir Murray trovava volgare bere champagne. Invece, ogni
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tanto, al pomeriggio, sopratutto in estate, amava bere una birra. La birra, la Caledonian Ale, la teniamo su di sopra, in dispensa”
Con ciò la ricognizione della casa si poteva considerare terminata. Più tardi, in ufficio, Chris avrebbe fatto degli schizzi degli ambienti visitati con Ramsey, giusto perché trovava più facile ragionare con un disegno davanti agli occhi e la punta di una matita a simulare persone e azioni. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 11 circa
Il capitano Munro aveva predisposto un elenco delle cose che dovevano essere fatte in tutta fretta.
-‐ Contattare il fratello e la sorella di sir Murray (discrezione) -‐ Sentire il Coroner (urgente) -‐ Sentire il medico di Murray (subito) -‐ Sentire il medico legale (urgente) -‐ Cercare l’agente immobiliare che ha fatto visita a sir Murray ieri pomeriggio (da
interrogare) -‐ Convocare la servitù di sir Murray (da interrogare separatamente) -‐ Chiamare e rassicurare il Sindaco -‐ Chiamare McGregor (diffidarlo dal divulgare notizie pregiudizievoli per le indagini).
Alzò il telefono e chiamò il sottotenente Anderson: “Anderson, com’è la situazione?” “Taylor e la piccola Chris rientrano nel pomeriggio. Fisherman è alla casa di Murray. La
Medicina Legale s’è portata via Murray. Io sono a disposizione” “Bene Anderson. Per favore, trova i numeri di telefono di lady Muriel Murray e del
fratello, Bertrand Murray. Porgi le nostre condoglianze e chiedi loro di rimanere a disposizione per un eventuale colloquio informale qualora il Coroner decidesse di proseguire con le indagini. Chiama anche Fisherman, che dica alla servitù che nulla deve essere toccato o spostato fin tanto che il Coroner non decide cosa fare: sarà questione di poche ore. Ok, basta così. Ah, no, aspetta un attimo! Ancora una cosa! Vedi se a Londra esiste uno studio immobiliare che si chiama qualcosa come Gordon & Sachs o un nome così. Se esiste, chiamali e fatti dire se corrisponde al vero che un loro incaricato ha fatto visita a Murray ieri pomeriggio: in caso affermativo dogli che dobbiamo parlare con questa persona. Poi fammi sapere. E’ tutto”
Munro stava per chiamare il centralino per farsi passare l’ufficio del Coroner quando Anderson bussò alla porta accostandola e chiedendo di entrare.
“Dimmi Anderson” “Capo, non c’è bisogno di sentire Londra! C’è qui fuori un tale, un giovanotto, che dice di
chiamarsi Brian Padlock: l’agente immobiliare che era da Murray ieri pomeriggio. Ha visto sul giornale di essere ‘ricercato dalla polizia’. È agitato e un po’ su di giri. Si deve essere fatto un paio di bicchierini prima di entrare.” Anderson aveva un mezzo sogghigno sulle labbra mentre descriveva l’agente immobiliare.
“Grazie Anderson. Fallo aspettare dieci minuti: il tempo di chiamare l’ufficio del Coroner. Ho un altro incarico per te. Per favore, chiama subito il Dr. Williamson, il medico di Murray. Digli di venire appena può, magari verso mezzogiorno, con tutte le notizie sulla salute di sir Murray. Grazie, vai pure”
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Munro chiese al centralino di poter parlare con l’ufficio del Coroner. Dopo pochi secondi il telefono sulla scrivania squillò.
“Sono il capitano Munro. Parlo con l’ufficio del Coroner? Vorrei parlare con chi ha in carico la pratica di sir Murray. Ah… Proprio lei, buongiorno. Mi deve scusare se la importuno di prima ora, ma… sa com’è… Ha già per caso qualche elemento per un giudizio preliminare?”
“Buongiorno Capitano. Non abbiamo ancora evidenze autoptiche. Sono in corso alcune analisi tossicologiche. Per l’autopsia bisognerà attendere il tardo pomeriggio. Il medico legale però mi ha fatto sapere che c’erano larghe macchie ipostatiche che fanno pensare a una importante emorragia interna. Il Dr. Williamson, il medico personale di sir Murray, ha già parlato col medico legale e ha negato che sir Murray soffrisse di malattie emorragiche o assumesse farmaci anticoagulanti. Questo aspetto non è chiaro ma vedrà che l’autopsia chiarirà tutto. Le farò sapere appena possibile. Quello che le posso dire è che il caso non può essere archiviato prima che l’autopsia stabilisca la causa della morte. Per cui, e credo che il motivo della sua chiamata sia proprio questo, questo ufficio la autorizza a compiere indagini nell’ipotesi che la morte di sir Murray non sia stata causata da eventi naturali. Le faccio inviare immediatamente una formale autorizzazione a procedere. A presto risentirla”
L’umore di Munro, che già non era gran che buono, divenne ancora più nero. “Eccoci qua in mezzo al guado. Dovere indagare per un sospetto omicidio senza sapere
se un omicidio c’è stato davvero. Odio queste incertezze! Ci rendono tutto più difficile: coi parenti e coi testimoni: per non parlare degli interrogatori! Un pugnale in mezzo alle spalle è lì: lo vedi! Non è lì per caso. Qualcuno ce l’ha messo e quel qualcuno io lo devo cercare. Qui invece c’è un vecchio signore che muore bello comodo nella sua poltrona. Un domestico-‐segretario che ci mette la pulce nell’orecchio. Il medico legale che ci saprà dire… e noi dobbiamo lavorare senza avere in mano nulla di certo. È ridicolo! La stampa aspetterà notizie; oppure se le inventerà. Il sindaco non potrà stare con le mani in mano. Comincerà con le sue solite telefonate, a chiedere ‘Come va? Che progressi ci sono?’, ma questa volta lo anticipo io. Sia lui, che quel McGregor”. Chiamò ancora il centralino.
“Mi cerchi il sindaco, per favore” Nelle grandi città c’è una netta separazione tra le istituzioni. C’è una certa distanza fisica tra
le sedi delle varie istituzioni. I capi di queste istituzioni, il sindaco, il coroner, il capo della polizia, e così via, provengono da posti diversi, hanno seguito percorsi diversi e si incontrano per lo più in relazione ai loro compiti e doveri. Quando questi capi si parlano tra loro, lo fanno esclusivamente in base al ruolo istituzionale che ricoprono, lo fanno mantenendo le debite distanze e riconoscendo ciascuno il ruolo e la posizione dell’altro. Nei piccoli centri, al contrario, è probabile che le persone che ricoprono ruoli istituzionali di un certo rilievo si conoscano fin da bambini. Possono avere frequentato le stesse scuole, aver giocato nelle stesse squadre (di cricket, di rugby, o che so altro) o essere stati avversari nello sport, nella politica, e in tante altre cose. Possono avere intricate storie di rapporti personali (magari da giovani si sono innamorati della stessa ragazza e sono stati in forte conflitto per cose come queste). Nei piccoli centri tutti vengono a contatto con tutti e ci possono essere mille storie, tutte tra loro interconnesse, che condizionano anche in maniera rilevante i rapporti personali. Questi rapporti risultano facilitati nel caso di amicizie coltivate nel tempo. Al contrario, questi rapporti possono essere resi tesi e difficili nel caso di passati conflitti: le storie personali di ciascuno sono sempre lì a ricordarci … quello che c’è stato tra me e lui… quello che io so di lui o che lui sa di me e che non fa parte della sua, o della mia, immagine pubblica. Questo è quel che accade nei piccoli centri e qualcosa del genere influenzava anche i rapporti tra Munro e il sindaco e tra Munro e ‘quel’ McGregor.
Facciamo allora finta che questo racconto sia un film. A questo punto, anziché stare accanto a Munro, chiaramente infastidito dal doversi rapportare con altri in relazione alla sua inchiesta, facciamo una carrellata indietro verso la porta dell’ufficio di Munro. Attraversiamo la porta chiusa come se fossimo fantasmi. Ci troviamo nel corridoio dove, seduto su una non troppo comoda sedia, aspetta il giovane Brian Padlock, l’agente immobiliare di FineEstate di Gordon & Sachs per conto della quale aveva visitato sir Murray. Dal campo lungo si passa, con
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una lunga zoomata, a un primissimo piano sul viso del giovane. Viso serio, finemente imperlato di sudore, non si sa se per timore, emozione o semplicemente per la temperatura un po’ troppo elevata di un corridoio senza finestre. Non c’è più, sul viso di Brian, l’espressione di baldanzosa sicurezza mista a uno sguardo vagamente uggioso di un giovanotto in attesa che sopraggiunga il treno che lo deve riportare a Londra.
Quell’espressione era svanita esattamente nel momento in cui aveva gettato l’occhio alla prima pagina del Chronicle e aveva realizzato che quel titolo ‘La polizia desidera parlare con...’ riguardava proprio lui: “Oh mio Dio, vogliono parlare con me!”
Adesso stava lì, con il giornale alquanto strapazzato sulle ginocchia, la valigia accanto alla sedia, l’impermeabile ripiegato sulla valigia. Dunblane: sede del Chronicle. Ore 12 circa
“Non intendo intralciare il lavoro di nessuno, tantomeno il tuo, tantomeno in questo increscioso caso. Ti ringrazio per l’invito alla prudenza, che condivido al cento per cento. Però, a ciascuno il suo mestiere. Io devo vendere un giornale. Nessuna volontà da parte mia di interferire o di ostacolare. Anzi, se mai è vero il contrario: se verrò a sapere qualcosa di utile, te lo farò sapere. Però prego anche te di non interferire con il mio lavoro. A risentirci”
McGregor chiuse la comunicazione con fare indispettito. “Ci mancava anche che Murno venisse a insegnarmi il mio mestiere. ‘Non divulgare
notizie che possano nuocere alla mia inchiesta’. Ma si può dire una cosa del genere a un giornalista? Non sono mica al suo servizio! Ma pensa un po’: non ha proprio niente di meglio da fare quel Munro che telefonare a me? Come se io dovessi chiedere il suo permesso per pubblicare una notizia! Una notizia è una notizia! Quando ho in mano una notizia, non posso sapere prima se nuocerà o non nuocerà alle sue indagini! Che cosa faccio: aspetto che la notizia diventi una non notizia prima di pubblicarla?”
McGregor era veramente indispettito:“Quel Munro… Quel Munro,” mugugnava tra sé e sé. Si alzò dalla scrivania e si affacciò alla finestra. Capiva le esigenze di Munro ma, ugualmente, quel modo di fare offendeva la sua dignità professionale. Rimase in piedi accanto alla finestra a guardare, senza vederlo, il traffico di auto e di persone giù in strada. A poco a poco l’irritazione che aveva in corpo andava dissipandosi. L’argomentazione della prudenza, cui aveva fatto cenno Munro, era comunque convincente. Si sfondava una porta aperta, con lui, quando si trattava di prudenza.
“Poveraccio, quel Munro, ha anche lui le sue gatte da pelare. Questa sera gli farò una telefonata conciliante”
Stava ancora osservando fuori dalla finestra: la giornata autunnale prometteva ancora qualche scoscio di pioggia nel pomeriggio. In quel momento, bussarono alla porta ed entrò Annie.
”Sono stata giù in biblioteca e poi alla biblioteca di Stirling e anche all’archivio. Ho trovato poca roba: quasi niente. Si ha quasi l’impressione che sir Murray abbia avuto una cura particolare a non far sapere in giro molto di sé. Altro che riservatezza! Sembra che Murray abbia voluto accuratamente proteggersi da ogni possibile indiscrezione. Una riservatezza maniacale!”
McGregor la ascoltava, il volto inespressivo. Questo poteva voler dire che non era molto soddisfatto. Oppure doveva ancora decidere se essere insoddisfatto del lavoro svolto o se, date le circostanze, poteva anche andare bene che non si fosse scoperto gran che di nuovo.
“Però,” continuò Annie, “ho trovato un fatto di un certo interesse, per niente collegato alle nostre attuali vicende. Un fatto isolato, molto lontano, e che non riguarda neppure
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direttamente sir Murray. Nel Financial Times del 10 giugno 1967 si dice che il padre del nostro sir Murray, il vecchio George Murray, potrebbe avere avuto un ruolo rilevante nella intermediazione tra il Fondo Monetario Internazionale e Mobutu per un prestito di 27 milioni di dollari che poi, qualche mese dopo, fu effettivamente erogato a favore della Repubblica Popolare del Congo … Chissà poi che fine hanno fatto quei soldi…
“In quell’occasione il nostro sir Murray accompagnava il padre e l’incontro si è svolto in un albergo del Cairo…”
Il volto di McGregor era rimasto inespressivo. Rimase silenzioso. Lasciò la finestra, girò attorno alla scrivania e si sedette lentamente sulla sua sedia girevole che cigolò un poco sotto il suo peso. L’eco del cigolio sembrava sottolineare il silenzio che era sceso nella stanza appena Annie aveva smesso di parlare.
“Non rimanere in piedi, Annie. Siediti, per favore. Che cosa vorresti dire con questo?” Poco prima, in biblioteca, Ann si era quasi esaltata da sola leggendo quell’artico sul
Financial Time del 1967. Si era detta che, forse, la notizia era proprio la mancanza di notizie. Quella indiscrezione sul Congo sembrava un’eccezione a quella completa mancanza di notizie e risaltava come una possibile traccia per una storia. Adesso, seduta davanti al suo capo, si rendeva conto della pochezza di quello che aveva in mano. Non aveva nulla: nessuna notizia se non un’indiscrezione in un giornale del 1967. Ora che ci pensava, poi, che senso aveva avuto, per il Financial Time, dare proprio quella notizia nel bel mezzo di una ben più importante, giornalisticamente parlando, crisi bellica tra Israele e la lega araba. Si sentiva un’imbecille, seduta lì davanti al suo capo, con un bel niente in mano. Un bel niente che, nella sua mente, le era sembrata un possibile inizio di una storia. McGregor le aveva fatto una domanda e doveva rispondere qualcosa. Decise di essere sincera e solare.
“Capo, non saprei cosa dire. Lì per lì, di fronte a quel nulla che, a giudicare dagli archivi, sembrava essere stata la vita di sir Murray, quella questione del prestito a Mobutu mi ha fatto sospettare che nella vita di sir Murray potessero esserci stati avvenimenti che era preferibile mantenere riservati. Storie, che so, di spionaggio, di questioni finanziarie poco chiare… Se sir Murray fosse stato depositario di segreti o di notizie molto imbarazzanti per qualcuno … questo avrebbe potuto essere un movente…” Non sapeva più che cosa dire, si sentiva davvero imbecille e arrossì un poco sulla gola e sulle guance.
McGregor la fissò negli occhi. “Che cosa ti aspetti che ti dica Annie? Guarda: potrei dirti tre cose. La prima è un
bonario: ‘Oh beata gioventù con la sua fantasia e le sue speranze! La voglia di vincere il Pulitzer è così forte che dal niente riesci a inventarti un intrigo internazionale’. La seconda potrebbe suonare come un rimprovero: ‘Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Non sarai mica matta a voler impelagare sir Murray in faccende losche, così fuori dalla nostra portata, così lontane dalla nostra vita di provincia?’ La terza è: hai troppo poco in mano. Qui da noi non si può dire nulla di male su sir Murray: una persona appartata; un benefattore per la comunità. Talvolta il suo comportamento può sembrare quasi sprezzante… sai … quell’essere schivo in modo eccessivo: ma nulla più di questo. Se però sir Murray è stato ucciso – la qual cosa resta da accertare – beh… allora c’è qualcosa che ci sfugge: qualcosa di così grave per cui qualcuno non ha trovato altra soluzione che uccidere. In questo caso un giornalista può, anzi deve, con tutta la prudenza del caso, indagare. Per indagare si parte da quel che si ha. Tu hai pochissimo in mano, ma puoi comunque partire da lì”
McGregor si alzò di nuovo dalla scrivania e tornò alla finestra. Una sottile pioggia bagnava i marciapiedi. Ripensò allo screzio avuto con Munro. Pensò al suo mestiere di giornalista e alla giovane capace e piena di speranze che aspettava un suo responso. Si risedette alla scrivania.
“Senti Annie: sai come me che questa è una faccenda delicata per almeno tre motivi. Il primo è che sir Murray è stata una persona illustre in questo paese. Il secondo è che la polizia
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ha i suoi problemi e non vuole che noi gliene creiamo degli altri. Il terzo è che, se qualcuno ha davvero ucciso, la cosa può essere pericolosa per chiunque ci metta il naso. Ti rendi conto di questo, vero? Spero di non fare la scelta sbagliata. Ti autorizzo a dare la priorità al caso. Ma ti raccomando la massima prudenza. Non fare nulla di pericoloso e tienimi aggiornato su ogni cosa che fai e su ogni cosa che vieni a sapere”
Ann non si aspettava questa risposta. Si sentì rincuorata ma anche un po’ spaventata. Aveva pensato all’emozione dell’indagine e alla eccitazione per la storia che avrebbe potuto scrivere. Non aveva pensato a rischi personali.
“D’accordo capo. Grazie mille. Grazie davvero per la fiducia. Conosco bene l’agente Barrach che lavora alla squadra investigativa: magari potrei condividere con lei questa mia traccia o sapere da lei in quale direzione lavora la polizia”
McGregor si alzò di nuovo per accompagnare Ann fuori dall’ufficio. “Annie, mi raccomando, la massima prudenza e la massima discrezione … e non fare
nulla senza informarmi” Bridge of Allan: Stazione di polizia. Poco prima di mezzogiorno
La giornata aveva riservato già parecchie noie al capitano Munro. “Basta col telefono, facciamo qualcosa di più utile! Sentiamo un po’ che cos’ha da dirci
l’amico londinese. Si accomodi Mr. Padlock! Mi scusi se l’ho fatta aspettare” Alzando la voce verso il corridoio chiamò anche Anderson: “Anderson, puoi venire nel
mio ufficio?” “Brian Padlock, piacere. Rappresento FineEstate di Gordon & Sachs. Ero in stazione.
Stavo per salire sul treno per Londra. Per fortuna ho comprato il giornale. Ho visto che…” Munro fece cenno a Brian di sedersi di fronte a lui. “Prego Mr. Padlock, si metta comodo, non stia in ansia... Anderson, per favore,
accomodati anche tu” Anderson si sedette all’altra scrivania, prese carta e penna e attese che Munro
cominciasse. “I giornali esagerano sempre. Sa com’è: è il loro mestiere. Vengo subito al dunque, Mr.
Padlock. Questa notte sir Murray è morto improvvisamente e noi dobbiamo condurre le solite indagini di routine. Dunque lei è stato a trovare sir Murray nel pomeriggio, vero? Mi può chiarire il motivo della sua visita?”
Seduto in punta di sedia, stropicciando il già stropicciato giornale, Brian Padlock si schiarì la voce.
“FineEstate di Gordon & Sachs, Londra, è intermediario immobiliare su scala internazionale. Ha una clientela ristretta ma facoltosa. Noi visitiamo personalmente i clienti che offrono residenze di lusso, facciamo i sopralluoghi del caso e verifichiamo che quanto offerto corrisponda ai requisiti richiesti dai clienti che desiderano affittare o acquistare queste residenze. Naturalmente visitiamo personalmente anche i clienti che vogliono affittare o comprare residenze di lusso per comprendere esattamente quali sono le loro specifiche esigenze. I nostri clienti sono molto esigenti: diciamo che sono quasi incontentabili e che la nostra sfida è quella di accontentarli. Vogliamo che rimangano soddisfatti della nostra intermediazione. Vogliamo fidelizzarli, in modo che si rivolgano di nuovo alla nostra agenzia e la consiglino ai loro amici e conoscenti”
Munro cominciava a mostrarsi spazientito dalla manfrina di Brian.
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“Non è me che deve convincere della bontà dei suoi servizi, Mr Padlock, non sono abbastanza agiato. Quello che vorrei sapere da lei è semplicemente il motivo esatto della sua visita a sir Murray”
Brian, capì di essere partito con il piede sbagliato e venne subito al dunque. “Sir Murray, grazie alla nostra intermediazione, aveva trovato un appartamento in affitto
a Roma, in Piazza Maria in Trastevere esattamente. A Roma risiedeva occasionalmente. Ora però aveva deciso di trascorre più tempo in Italia rispetto a quanto non avesse fatto fino ad ora. Per questo cercava una residenza in campagna, lontano dal traffico di Roma. Ci aveva chiesto di verificare la disponibilità di residenze nei pressi di Città di Castello, località non lontano da Firenze che gli era stata consigliata da conoscenti italiani. Per questo…”
In quel momento il telefono sulla scrivania di Munro squillò. “Munro che parla. Chi è? … Ah, si, buon pomeriggio … si ... Certo. No, non disturba affatto,
anzi, ci mancherebbe altro... Davvero?... di già? Meno male, è già qualcosa. D’accordo, provvedo io stesso quanto prima. La ringrazio molto per la sollecitudine. A risentirla”
“Scusi l’interruzione Mr. Padlock. Vada pure avanti. In Italia centrale… diceva, … in campagna, come qui da noi in fondo, vada … vada pure avanti”
“Si, dunque, dicevo … per questo ero stato in ricognizione in Italia nelle scorse settimane. Ho preso contatto con alcune agenzie locali. Ho visitato alcuni luoghi, alcuni davvero belli alla fine di settembre! Così ero andato da sir Murray con qualche proposta: le fotografie, i nomi dei proprietari perché potesse assumere informazioni indipendenti, se lo avesse desiderato. Queste cose qui… ecco. Direi che non c’è molto altro da dire”
Munro lo aveva ascoltato scarabocchiando qualcosa su un foglio di carta. “Sir Murray le aveva detto se c’era qualche motivo speciale per cui voleva andare
proprio in quella regione? E quando avrebbe voluto andarci? A breve, oppure il suo progetto era per un futuro più lontano?”
“Come ho detto, sono stati alcuni suoi conoscenti italiani a suggerirgli quella località, ma il motivo non lo so. Sa, cerchiamo di essere sempre il più discreti possibile con i nostri clienti. In questa fase delle trattative non ci erano state date scadenze. Ieri però avevamo già identificato una possibile opzione: una villa con un po’ di terreno, praticamente alla sommità di una collina. Sir Murray mi ha detto che ne avrebbe parlato con i suoi conoscenti italiani. La trattativa avrebbe potuto concludersi nel giro di due o tre mesi”
“Anderson, per favore, prendi nota delle coordinate di Mr. Padlock, se dovessimo avere ancora bisogno di parlare con lui. Poi, appena fatto, ritorna da me. Mr. Padlock la ringrazio davvero molto per la sollecitudine. Per il momento quello che mi ha detto è sufficiente, grazie. Non voglio farle perdere altro tempo e la lascio tornare immediatamente a casa. Faccia buon ritorno a Londra”
Dopo meno di due minuti Anderson rientrò. Munro aveva un mezzo ghigno sul viso. “Senti qui, Anderson. Era la Medicina Legale al telefono. Per questo ho voluto congedare
subito Mr. Padlock. C’è un primo riscontro. Il tossicologico ha messo in evidenza del Difenacoum nel sangue di sir Murray, ‘un anticoagulante coumarinico’, ha detto il patologo. In parole povere, un topicida in granuli blu.
“Escludendo che sir Murray abbia pensato di suicidarsi proprio nel bel mezzo di una trattativa per trovare una bella residenza sulle colline italiane, dobbiamo concludere che sia stato ucciso. Veleno per topi, Anderson: banale veleno per topi, ecco come è stato ucciso sir Murray. Il Coroner ci invierà a minuti l’autorizzazione a procedere per omicidio. Avvisa la scientifica di mandare al più presto una squadra alla casa di sir Murray. Avvisa anche Fisherman, che è ancora là, e digli di accompagnare qui Ramsey e l’altro personale di servizio per le loro deposizioni. Non appena Taylor e la piccola Chris arrivano in ufficio, venite tutti e tre da me”
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“Ok capo.” disse Anderson: “Accompagnando fuori Mr. Padlock, ho visto il Dr. Williamson in attesa qui fuori, lo faccio entrare?”
“Certo: è ora di iniziare le danze!” Lo sguardo di Munro rivelava, per la prima volta nella giornata, un certo buonumore, e non faceva nulla per nasconderlo.
“Avanti, avanti Dr. Williamson! Sono ansioso di parlare con lei…” Dunblane: sede del Chronicle. Ore 14
McGregor è alla finestra, sovrappensiero. Guarda fuori ma non presta alcuna attenzione a quel che accade sotto la finestra del suo ufficio. Ogni volta che si deve concentrare su qualche cosa, ogni volta che deve prendere una decisione meditata, ogni volta che si trova in qualche genere di difficoltà, si alza dalla scrivania e si affaccia alla finestra, quasi che là fuori ci siano le risposte. Quando deve pensare intensamente, stare in piedi lo aiuta. O forse è che stare alla scrivania, sulla comoda poltrona che si reclina dolcemente indietro, dà al suo corpo un’eccessiva sensazione di rilassatezza che non gli consente di sentire nel corpo, prima ancora che nella mente, la tensione necessaria a far fluire le idee più velocemente.
“Così tra noi c’è un assassino. Caro il mio Ronnie: non sempre si può vincere, vero? Che cosa è successo a un vincitore come te? Hai trovato qualcuno che ti ha fatto pagare qualche peccatuccio?”
Prese a camminare su e giù per l’ufficio. Poi si sedette alla scrivania, fissando immobile il telefono. Alla fine, risoluto, prese in mano la cornetta, compose un numero e attese qualche secondo: “Rebecca? Sono Craig. Ti devo parlare. Va bene se più tardi passo da te, diciamo verso le cinque e mezzo-‐sei? Ok, a più tardi”
Dopo aver fissato per qualche altro secondo il telefono, compose un numero interno dell’ufficio.
“Annie, sono McGregor. Fai un salto da me. Subito!” Trascorsi pochi secondi, Annie bussò ed entrò risolutamente senza aspettare la risposta. “Siediti Annie. Mi ha appena chiamato il capitano Munro. Mi ha avvisato di avere
ricevuto dal Coroner l’autorizzazione ad avviare le indagini per l’omicidio di sir Murray. L’autopsia è ancora in corso ma sembrano esserci elementi che indicano, fuori da ogni ragionevole dubbio, che sir Murray sia stato ucciso. Non mi ha detto altro. Noi possiamo pubblicare la notizia che la polizia ha aperto un fascicolo sulla morte di sir Murray. Molto di più non possiamo dire. Sono convinto che tu abbia avuto un’intuizione interessante. Il movente può essere in qualche traffico in cui sir Murray poteva essere coinvolto.
“Certamente la polizia indagherà sui conti privati di sir Murray: è probabile che loro partiranno dagli affari più recenti per risalire piano piano a quelli meno recenti. Tu dovrai cercare di stare al corrente degli sviluppi ma dovrai dedicare energie a scavare nel passato di Murray e anche di Ramsay: devi andare a caccia di qualsiasi attività ti sembri poco chiara. Ma mi raccomando, prudenza: prudenza assoluta e massima discrezione. Dovremo fare il punto tutti i giorni, sia che tu trovi qualcosa sia che tu non trovi niente. Rimani in contatto con la tua amica poliziotta: dovremo confrontare, con la massima discrezione, le tua piste con quelle che segue la polizia” Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 14 circa
Munro stava in piedi di fianco alla cartina topografica della regione appesa nella cucinetta della stazione di polizia. Sul banco della cucinetta, l’ormai famigliare teiera fumante,
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la ciotola con le zollette di zucchero e una tazza di te piena fin quasi all’orlo: quella del capitano Munro. Di fronte a Munro, ognuno con la sua tazza di te in mano, il tenente Taylor, il sottotenente Anderson, la piccola Chris. Con una certa teatralità, Munro sostituì la puntina verde affissa sulla località di Menstrie con una puntina uguale ma di colore rosso.
L’espressione di Munro non era più quella della mattina. L’espressione preoccupata della mattina aveva lasciato il posto ad uno sguardo acceso. Si sentiva eccitato come un cacciatore subito prima che abbia inizio la battuta di caccia, e non faceva nulla per dissimulare questa sensazione.
“Veleno per topi, signori. Veleno per topi!” La piccola Chris azzardò una battuta: “Veleno per topi? Poco aristocratico direi, per uno
che trovava volgare bere champagne!” Notati gli sguardi interrogativi dei colleghi, aggiunse: “È quello che mi ha detto Ramsey
questa mattina, quando mi ha mostrato la cantina di sir Murray! A proposito di questa mattina: ho fatto alcuni schizzi della residenza di sir Murray”
Ne diede una copia a ciascuno dei suoi colleghi. Munro prese i tre foglietti e li appese, uno affianco all’altro, sul lato inferiore della piantina topografica appesa alla parete.
La tenuta di sir Murray, disegnata da Christina
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La pianta del piano terra della villa di sir Murray, disegnata da Christina
La pianta del primo piano della villa di sir Murray, disegnata da Christina
“Ora sappiamo finalmente di avere a che fare con un omicidio,” continuò Munro. “Dal nostro punto di vista, il veleno per topi è una pistola fumante insidiosa. La sua
azione è lenta: può uccidere nel giro di un paio di giorni ma anche in una settimana o più.
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“Normalmente, il veleno per topi è un veleno casalingo. La cerchia dei sospettati potrebbe restringersi ai conviventi o ai pochi che frequentano abitualmente la casa. Purtroppo, con una latenza così variabile, non sappiamo quando il veleno sia stato somministrato a sir Murray. Pertanto, la cerchia dei sospetti potrebbe allargarsi oltre la ristretta cerchia dei conviventi. Quando avremo i dati completi del tossicologico e il referto autoptico potremmo essere più precisi nel determinare l’intervallo tra somministrazione e morte: speriamo di poter restringere il campo dei sospetti”
Munro prese la sua tazza di te e ne sorseggiò un poco, prendendo tempo. “La scientifica si sta recando sul posto. Fisherman tornerà qui tra poco e accompagnerà
la servitù al completo. Dovremmo raccogliere le loro deposizioni che, a questo punto, non saranno semplici deposizioni ma veri e propri interrogatori. Tutte le persone di casa sono, da questo momento, potenziali sospettati. Ascolta, Chris. Appena Fisherman arriva, tu dovresti andare alla residenza di Murray per seguire da vicino il lavoro della scientifica. Cercate quel veleno, campionate bicchieri, stoviglie, bottiglie: tutto quanto”
Dopo aver bevuto un altro sorso di te, Munro proseguì. “Dobbiamo interrogare il fratello e la sorella di sir Murray. Sono frequentatori assidui
della casa di sir Murray: avranno certamente qualcosa di importante da dirci. Sono inclusi nella rosa dei sospetti”
Dopo un altro sorso di te, Munro si rivolse direttamente a Taylor e a Christina. “Anderson ed io abbiamo già sentito il giovane immobiliarista di Londra, tale Brian Padlock, e il medico di sir Murray, il Dr. Williamson. Il primo ci ha precisato il motivo della sua visita a sir Murray. Murray cercava una villa nei pressi di Firenze. Considerate che aveva già un pied-‐á-‐terre a Roma ma cercava qualcosa di più tranquillo per trattenersi in Italia, pare, per periodi abbastanza lunghi. Dovremo capire che genere di affari intratteneva in Italia.
“Il Dr. Williamson ci ha confermato che sir Murray, benché settantenne, stava abbastanza bene. Da giovane, in Africa, aveva contratto una lieve forma di malaria e aveva sofferto per un certo periodo di ulcera duodenale. Lamentava ancora dolori di stomaco, soprattutto nei cambi di stagione, ma non se ne curava molto. Fumava la pipa, qualche sigaro di tanto in tanto. Beveva vino con regolarità e non disdegnava, la sera, il suo whisky preferito: normale che lo stomaco gli dolesse un po’.… Mi domando … perché diavolo raccontiamo ai nostri medici tutte le nostre piccole cattive abitudini, neanche fossero i nostri confessori… sir Murray non assumeva regolarmente nessuna medicina”
In quel momento entrò Fisherman: “Eccomi, capo. Con me ci sono tutti: Ramsey, la cuoca e le due cameriere”.
Rivolto a tutti, Munro continuò: “Abbiamo parecchie persone da sentire in questi giorni. Dobbiamo dividerci in due squadre per gli interrogatori: una diretta da me, l’altra da Taylor. Dovremo anche indagare su finanze e affari di sir Murray. Probabilmente un certo numero di informazioni ce le potrà fornire Ramsey, in qualità di segretario di sir Murray. È tutto: diamoci da fare! Chris, vai a vedere che la scientifica non tralasci nulla. Taylor, vieni un minuto nel mio ufficio, per favore”
Quando furono nell’ufficio, Munro prese una busta dalla scrivania. “Con la posta di stamattina è arrivato questo. Ti dice qualcosa?” Taylor prese la busta. Era una normalissima busta completamente bianca. La osservò su
entrambi i lati prima di estrarre il foglio che conteneva. Dispiegò il foglio, che era piegato in tre, e osservò anche questo su entrambi i lati. Su un lato, scritta in stampatello probabilmente con l’aiuto di un normografo, c’era la frase ‘Illegal & Disgusting. Stirling, 18 Wellington Rd.’
“Illegale e disgustoso,” disse sottovoce Taylor, e guardò Munro con aria interrogativa. “Irritanti come sempre, questi messaggi anonimi. Se posso commentare,” aggiunse
Taylor restituendo il tutto a Munro: “questo messaggio ci dice di più su chi l’ha spedito, che non sul fatto che vuole denunciare. Gli elementi che mi vengono in mente di primo acchito
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sono due. Primo: il timbro postale è quello di Stirling. Domanda: se voglio denunciare un fatto che avviene a Stirling, non sarebbe meglio rivolgersi direttamente alla Polizia di Stirling? Perché mai da Stirling debbo spedire la denuncia alla polizia di un altro distretto? Secondo: il messaggio è indirizzato personalmente a te: ‘Capitano Munro, Stazione di Polizia, Bridge of Allan’. Se si rivolge a te è per farti capire che la persona che sta facendo qualcosa di ‘illegale e disgustoso’ a Stirling potrebbe essere di tuo interesse e il tuo interesse, Munro, riguarda questo territorio, non quello di Stirling. E ancora: se si rivolge a te, personalmente, forse ti conosce; forse ha fiducia in te…”
“Mi fa piacere che interpretiamo il messaggio più o meno nello stesso modo. La seconda questione è questa: è possibile che l’uccisione di Murray e il fatto qui denunciato siano in qualche modo collegati? Il fatto che una lettera anonima arrivi contemporaneamente a un delitto è una fortuita coincidenza o è l’evidenza di un collegamento tra eventi separati?”
“Non abbiamo elementi per dire se le due cose siano collegate. Io, comunque, non credo alle coincidenze, Munro”
“Sono d’accordo con te, Taylor. È importante che verifichiamo al più presto. Per favore, senti i colleghi di Stirling e chiedi loro se hanno sentore di qualcosa di ‘illegale e di disgustoso’ che avviene al 18 di Wellington Road… Secondo te, perché avranno usato il termine ‘disgustoso’?”
“Non lo so. Forse si tratta davvero di qualcosa di disgustoso. Il termine è forte, ma vago. Azzarderei che abbiano usato quei termini per essere sicuri che indagassimo al più presto. Anche se la parola ’disgustoso’ ha un connotato morale, io ci leggerei più che altro una sollecitazione all’urgenza del nostro intervento.”
Taylor si interruppe e indicò la porta dell’ufficio, attraverso la quale si sentiva un certo trambusto.
“Come ci dividiamo la servitù? Mi occupo io delle cameriere e tu senti cuoca e maggiordomo?”
“Si Taylor, va bene così: mi farò dare qualche buona ricetta dalla cuoca… Ah, Taylor: guarda che noi non sappiamo ancora niente del veleno…”
Seduti lì fuori c’erano: James Ramsey, il maggiordomo-‐segretario di sir Murray; Catherine Hammerton, la cuoca; Janel Cullen e Chlotilde Cameron, le cameriere di sir Murray.
Era arrivato il momento di iniziare con gli interrogatori. In questo momento, quando hanno inizio gli interrogatori, l’investigatore si sente come
il giocatore di poker che si siede al tavolo da gioco; come il pugile che lascia l’accappatoio all’angolo e scende al centro del ring. Non ha importanza se le indagini sono già cominciate; se i primi rilievi sono già stati eseguiti; se ci sono già indizi o sospettati. L’inizio degli interrogatori è l’inizio virtuale: simbolico. Munro si sentiva giocatore di poker. Taylor si sentiva pugile. La partita, o l’incontro, stava davvero cominciando: tutto il resto era preliminari. Stazione di polizia: Ufficio di Taylor. Ore 15.30 circa
Janel Cullen, una delle due cameriere di sir Murray, era già seduta di fronte alla scrivania di Taylor. Taylor le aveva chiesto di pazientare ancora un minuto. Era uscito dal suo ufficio lasciando la porta spalancata ed era andato al centralino. Da lì aveva fatto una telefonata ai colleghi di Stirling sulla segnalazione anonima ricevuta da Munro. Quindi, tornò immediatamente in ufficio.
“Mi scusi se l’ho fatta aspettare! Immagino sia preoccupata per il suo lavoro, Mrs. Cullen. Con la morte di sir Murray non ci sarà più bisogno di lei…”
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Janel Cullen era una signora di circa cinquant’anni. Robusta, con braccia larghe e polsi grossi.
“Ramsey ci ha detto, … ha detto a tutte noi, di non preoccuparci. La tenuta è dei Murray e tutte noi facciamo in qualche modo parte della tenuta. È Ramsey che amministra la casa. Nessuno verrà licenziato: ci sarà ancora bisogno di tutti per fare andare avanti la casa. Arriveranno i parenti di sir Murray… bisogna che tutto sia a posto… I lavori pesanti, poi, li faccio io. Non credo proprio che Chlotilde, l’altra cameriera, o che Katty, la cuoca, si adatterebbero ai lavori che faccio io…”
Le si inumidirono gli occhi che asciugò con un fazzoletto che teneva già stretto nella mano destra.
“Mi scusi ispettore, ma… come mai siamo qui? Quando si muore così… nella propria casa, senza scasso … senza violenza… che cosa c’entra la polizia … Poi, mentre uscivamo per venire qui, ho visto ancora arrivare a casa altri suoi colleghi … ma come mai…?”
“Ha ragione Mrs. Cullen,” sorrise Taylor accomodante mentre, dentro di sé, pensava: “Accidenti, hanno visto arrivare la scientifica…” e continuò: “Ha proprio ragione. Ma questo è un caso un po’ speciale; sa… sir Murray… Non vogliamo trascurare nulla… e il fatto che sir Murray sia morto sulla sua poltrona non esclude a priori altri fatti… fino a che non arriva il referto dell’autopsia… ma stia tranquilla: non si preoccupi… le chiederò soltanto alcune cose”
Di fronte a lui, Mrs. Cullen incrociò le braccia e rimase in attesa della prima domanda. “Quando ha saputo, Mrs. Cullen, della morte di sir Murray?” “Come ho già detto questa notte all’agente che è rimasta con noi fino al mattino, era circa
l’una e mezza quando Ramsey ci ha svegliate. Ha svegliato me e Katty, dicendoci che sir Murray era morto”
“Ricorda a che ora è andata a dormire, ieri sera?” “Sono abitudinaria. Vado in camera verso le nove. Sistemo le mie cose: cucio, ricamo o
leggo un po’. Alle dieci, dieci e mezzo, mi metto a dormire” “Tra le dieci e l’una e mezza, prima che Mr. Ramsey la svegliasse, è per caso stata
disturbata da qualche rumore, ha sentito litigare, ha sentito qualcosa di strano?” “Nossignore, ma queste domande mi fanno venire paura” “La capisco Mrs. Cullen, ma si tranquillizzi: per noi sono le solite domande di routine.
Posso chiederle come si svolgevano le serate a casa di sir Murray?” “Solitamente, se c’era solo sir Murray, io mi ritiravo presto, come le ho detto: alle dieci.
Nel caso ci fossero ospiti, mi capitava di fare un po’ più tardi: fino alle undici, diciamo. Gli ospiti normalmente erano lady Muriel o di sir Beretrand. Non che i Murray sembrassero particolarmente affezionati l’un l’altro, ma le visite di lady Muriel e di sir Bertrand erano frequenti e regolari. Altri ospiti non se ne vedevano quasi mai. Sono mesi e mesi che sir Murray non riceveva nessuno, a parte i fratelli, si intende”
“Altre abitudini di casa, signora Cullen?” “Se sir Murray era solo, dopo cena era solito fare una passeggiata in giardino, poi si
chiudeva nel suo studio, da solo. Qualche volta si chiudeva dentro con Ramsey; sa … Ramsey era il suo segretario. Nelle serate in cui c’erano anche lady Muriel o suo fratello Beretrand, capitava che rimanessero a lungo a discutere in soggiorno. Altro non saprei dire, ispettore”
“Le risulta che qualcuno avesse fatto visita a sir Murray, ieri?” “Nel pomeriggio si, c’era stata una visita. Ho sentito dire che, forse, sir Bertrand avrebbe
potuto venire dopo cena, ma non l’ho sentito arrivare. La sua stanza, comunque, è sempre pronta”
“Sir Murray usciva spesso alla sera?” “Non abitualmente. Aveva abitudini casalinghe. Al pomeriggio usciva spesso per qualche
ora. La sera usciva raramente: non più di un paio di volte al mese. Ramsey invece usciva una volta o due la settimana: tutti i Giovedì e, a volte, qualche altro giorno durante la settimana”
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“Quando sir Murray usciva la sera, tornava tardi? E Ramsey?” “Ho il sonno abbastanza pesante. Quando si dorme in due in una stanza, è meglio avere il
sonno pesante: così non si viene troppo disturbati dall’altro. E dopo un po’ si impara anche a non sentire più le persone che vanno su e giù per le scale. Non so rispondere a questa domanda perché non ho quasi mai sentito rientrare né l’uno, né l’altro. La nostra finestra poi dà sul lato ovest della casa, mentre le auto arrivano dal lato sud. Abbiamo i doppi vetri. È difficile che sentiamo le auto che vanno o che vengono”
“Le sembrava che sir Murray fosse preoccupato in questi giorni; le sembrava che stesse poco bene?”
“Non pensi, signor ispettore, che sir Murray fosse persona da confidarsi con una cameriera! Io lo vedevo abbastanza raramente. Avevo rapporti con le altre persone di servizio e di giorno restavo per lo più confinata in cucina o in camera mia, se non c’erano mansioni per me. E poi, che cosa le posso dire ispettore, sir Murray aveva sempre un’espressione seria: credo di non averlo mai visto sorridere. Difficile capire dalla sua espressione se in questi giorni fosse più preoccupato del solito. Non saprei proprio rispondere a queste domande, ispettore”
“La ringrazio per la collaborazione, Mrs. Cullen. Credo di non avere proprio altro da domandarle. Ha visto che non c’era proprio nulla da preoccuparsi? Allora, visto che in qualche modo lei fa parte della tenuta Murray, come ha detto lei, la troverò lì sa avessi bisogno di farle qualche altra domanda? Non va per caso a riposarsi un po’ da qualche parente in zona?”
“Ramsey ci tiene ad averci tutte a disposizione. Per il momento resto in casa Murray, poi si vedrà”
Taylor accompagnò la signora Cullen fuori dall’ufficio e fece entrare l’altra cameriera: Chlotilde Cameron.
Nell’entrare, Chlotilde cercò interrogativamente lo sguardo di Janel mentre la incrociava. Questa però tenne lo sguardo rivolto in basso, proprio per evitare di incrociare lo sguardo di Chlotilde.
“Si accomodi Mrs. Cameron, non abbia timore. Come ho rassicurato anche alla sua collega, le farò solo poche domande per pura routine,” disse Taylor mentre cercava di soppesare la signora Cameron. Era una signora non più giovane, sui sessanta anni, asciutta, nervosa, dall’aria determinata.
“La signora Cullen,” esordì Mrs. Cameron sottolineando con una certa ironia la parola ‘signora’, “si occupa di lavori pesanti, pulizia e cose del genere. Ne ho viste diverse, come lei, passare in casa Murray. Janel non fa male il suo lavoro ed è anche abbastanza riservata, il che non guasta, ma non la definirei esattamente una mia ‘collega’. Le mie mansioni riguardano direttamente il servizio a sir Murray, così come ho servito suo padre, sir George Eduard”
“Mi perdoni, Mrs Cameron,” la interruppe Taylor: “Ho capito bene? Era già al servizio del padre di sir Murray? Quanto tempo è passato da allora?”
“Se con questo vuole dire che dimostro meno degli anni che ho, la ringrazio per il complimento o per la sua sfacciataggine. Io sono la nipote di uno dei custodi degli stabilimenti di Kennet McCoy, il suocero di sir George Eduard, padre del sir Murray appena deceduto. Sono entrata in casa Murray che avevo dieci anni, come ‘piccinina tuttofare’, si diceva così allora: ne ho fatte di cose in effetti! Ho sessant’anni adesso e sono in casa Murray da cinquanta. Non male, vero? Ora non so come andranno le cose: chi erediterà la tenuta. Non so se continuerò a lavorare. Ero fedele a sir Murray e, per questo, ho dovuto digerire l’intrusione di Ramsey. Adesso se la tenuta verrà ereditata da sir Bertrand e se Ramsey se ne andrà, potrei rimanere ancora al servizio dei Murray. Invece, se la tenuta verrà ereditata da lady Muriel o se Ramsey rimarrà a fare il maggiordomo, non avrò più ragioni per rimanere in casa Murray e me ne andrò dritta dritta in pensione. Proprio così: dritta dritta in pensione”
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Taylor osservava compiaciuto l’eloquio della signora Cameron. “Sembra una macchina da guerra che spara parole… se la lascio parlare a ruota libera …” “Si spieghi meglio, Mrs. Cameron: non va d’accordo con Ramsey o con lady Muriel?” “Sono due situazioni completamente diverse. Ramsey è entrato in casa nostra portato da
sir Murray. Questo è successo una ventina d’anni fa. Un periodo in cui sir Murray viaggiava moltissimo e non era quasi mai a casa. Quando vidi Ramsey per la prima volta rimasi molto stupita che sir Murray se lo fosse portato dietro da chissà dove. Si vedeva che non era molto a suo agio nel ruolo di maggiordomo: non ne aveva le capacità e nemmeno la benché minima predisposizione. Sembrava aver fatto tutt’altro nella vita fino a quel momento. Inoltre parlava con una lieve intonazione francese che non faceva certo una buona impressione. Ricordo che allora sir Murray mi rassicurò dicendomi che come segretario Ramsey era espertissimo e non si poteva avere di meglio: come maggiordomo, avrebbe imparato presto. Quanto a quella vaga intonazione francese, che nel tempo è sparita, pare l’avesse assunta durante la sua lunga permanenza in paesi dove si parlava francese: sa… in Indocina, in Africa…
“Ho accettato la situazione ma non mi sono mai rassegnata del tutto a dover essere comandata da una persona non proprio all’altezza alle sue mansioni. Era così evidente che il suo vero lavoro era lavorare con sir Murray e che il ruolo di maggiordomo non stava tanto bene neanche a lui. Può diventare anche sgarbato Ramsey. Non mi è mai piaciuto lavorare con lui e per lui, tant’è che molti servizi per sir Murray li svolgevo di mia iniziativa, senza interpellare Ramsey. Questo naturalmente disturbava molto Ramsey che non tollerava interferenze sul controllo che amava esercitare su cose e persone.
“Questi i miei rapporti con Ramsey. Per quanto riguarda lady Muriel, non so cosa dirle. Sento per lei una specie di antipatia viscerale. A lei piace soprattutto essere una lady,” disse sottolineando fortemente la parola lady: “vuole essere servita e riverita come una principessa, ma si vede lontano un miglio che dentro, come persona, è tutt’altro che una lady. A me, che sono cameriera, sembra volgare. Non so che cosa ne pensino i sui pari di casta, ma non credo che sia granché apprezzata. Per amor di verità, però, bisogna dire che in qualche occasione e con qualche singola persona, sembra essere affettuosa: con la sua amica Rebecca Dickinson, per esempio. A me però non mi incanta; c’è sempre qualcosa di falso in lei”
Taylor apprezzava molto il fatto che Mrs. Cameron parlasse a ruota libera, apparentemente con sincerità e senza inibizioni. Si vedeva che provava un certo gusto nel fare alcune delle osservazioni: si stava toglieva dei sassolini dalle scarpe che, con tutta evidenza, la disturbavano da tempo. Tuttavia non sembravano maldicenze a titolo gratuito: sembrava fare quadro d’insieme abbastanza veritiero... da suo punto di vista naturalmente.
Taylor non si era nemmeno tanto sorpreso, anzi gli era parecchio piaciuto, che Mrs. Cameron avesse detto che Ramsey era entrato in casa ‘nostra’, riferendosi a casa Murray. In fondo aveva ragione a considerare la tenuta Murray come casa sua: ci viveva da cinquant’anni! Le lanciò uno sguardo di simpatia.
“Già che ci siamo, signora Cameron, giusto per il quadro generale delle persone che stavano attorno a sir Murray: cosa mi dice della cuoca, Catherine Hammerton, se non sbaglio”
“Katty? Katty è una ragazza d’oro. Sa fare molto bene il suo mestiere. Sa fare la spesa; distingue a occhio le verdure buone da quelle cattive; sa cucinare in fretta e bene. Di lei non si lamenta mai nessuno. Ha quasi sessant’anni anche se, essendo robusta, ne dimostra un po’ meno. Era già in casa Murray quando è arrivato Ramsey. Lei però non si è mai lamentata di Ramsay. È una donna buona. Il suo aspetto forte e autoritario nasconde un cuore gentile. Giudica le persone per quello che fanno e non per come lo fanno. Sa perdonare: non è capace di tenere il broncio. Valorizza gli aspetti positivi delle persone: non tutti ne sono capaci. È religiosa e praticante. So che appartiene alla Chiesa Episcopale Scozzese e partecipa ad alcune riunioni della diocesi unita di St Andrews e Dunblane. È molto legata alla famiglia. Quasi ogni
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settimana va a trovare i parenti: da quel che mi racconta, pare abbia una famiglia abbastanza numerosa giù a Stirling”
“Molto bene, signora Cameron,” disse Taylor che prendeva qualche appunto mentre Mrs. Cameron parlava: “Adesso parliamo un po’ di ieri sera. Che cosa pensa che sia successo? Sir Murray stava poco bene per morire… così all’improvviso? Le sembrava preoccupato?”
“Non so cosa pensare, ispettore. Sir Murray era una persona così viva, così vitale. Non intendo dire che fosse iperattivo e pieno di occupazioni, questo no. Ma era sempre concentrato sui suoi affari. Non l’ho mai sentito lamentarsi del suo stato di salute, neanche quando aveva avuto l’ulcera allo stomaco e nemmeno quando era tornato dall’Africa con in regalo una forma di malaria che aveva curato con il chinino. No, non mi pare che stesse male in questi giorni e nemmeno che fosse particolarmente preoccupato anche se, effettivamente, sembrava un po’ più serio del solito… un po’ irritabile, forse: cosa non comune in sir Murray. Però è difficile da dire. Era sempre molto serio in viso: difficile vederlo sorridere”
“A che ora è andata a dormire, ieri sera?” “Alle dieci e mezzo. Alle nove e mezzo ho chiesto a sir Murray se aveva bisogno di
qualcosa. Mi ha risposto che andava tutto bene e si ritirava nel suo studio: dopo di allora non l’ho più visto. Quando si chiude nello studio, so che non vuole essere disturbato. Alle dieci e mezzo sono andata a dormire. Di solito mi alzo alle sei e mezzo e vorrei dormire non meno di sette ore per notte”
“Prima che Mr. Ramsey la svegliasse, ha per caso sentito qualcosa di strano: rumori, voci, movimento?”
“Nulla di tutto ciò. Ho sentito il rumore di un motore: non so bene che ora fosse e non saprei neanche dire se provenisse dal giardino o dalla strada che corre lungo la proprietà. Sa ispettore, ogni tanto c’è qualcuno che corre in macchina nella strada là fuori…. Ho sentito, come sempre, Ramsey andare un po’ avanti e indietro dalla sua stanza. Sa, la sua stanza è proprio accanto alla mia. Quella era la mia stanza prima che Ramsey arrivasse in casa Murray. Ogni tanto mi disturba un po’, Ramsey, col suo andare avanti e indietro…”
“Sir Murray ha ricevuto visite ieri?” “Nel pomeriggio ha ricevuto un giovane che veniva da Londra. Per la sera, nel dopocena,
sia aspettava una visita da sir Bertrand, ma non era sicuro che sarebbe venuto” “Sir Murray usciva alla sera?” “Molto raramente e non per abitudine” “E Ramsey: esce spesso?” “Con regolarità tutti i Giovedì. Saltuariamente anche qualche altra sera” “Sa per caso dove andasse sir Murray quando usciva alla sera?” “Non ne ho idea” “E Ramsey?” “Non ne ho idea e non sono mai stati fatti miei. Se devo azzardare: uscite regolari, mete
regolari. Forse vedeva amici: sempre che ne avesse di amici! Forse andava a giocare d’azzardo. Forse si vedeva con una donna? Chi lo sa”
“Le risulta che sir Murray avesse problemi gravi o nemici?” “Non mi risulta: ma non so davvero nulla delle sue attività. Non so perché avrebbe
dovuto avere nemici: era un uomo d’affari! Forse Ramsey potrà darle questo genere di informazioni: io proprio no” Stazione di polizia: Ufficio di Munro. Ore 15.30 circa.
Munro era seduto alla sua scrivania. Anderson fece entrare Catherine Hammerton, la cuoca.
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“Buongiorno signora Hammerton. È molto che lavora alla tenuta di sir Murray?” “Buongiorno a lei, signor capitano. Tutti mi chiamano Katty, quindi … se anche lei vuole
chiamarmi Katty… Si, lavoro lì da vent’anni. Ne avevo quasi quaranta quando sono entrata al servizio di sir Murray. A quel tempo sir Murray aveva qualche problema di stomaco, si diceva che soffrisse di ulcera. Si era da poco stabilito a Menstrie. Si diceva avesse viaggiato per quasi tutta la vita prima di stabilirsi a Menstrie. Chissà le cose che gli era capitato di mangiare, sempre in giro per il mondo, povero sir Murray! Per il suo stomaco un po’ mal ridotto aveva bisogno di una cucina sana e leggera: buona da gustare però. Fu Ramsey che si mise in contatto con me e mi propose di fare la cuoca in casa Murray. Allora lavoravo a Stirling e vivevo là. Non ho avuto particolari difficoltà a trasferirmi in casa Murray: Stirling è a pochi minuti di auto”
“Se è rimasta lì così a lungo, vuol dire che si è trovata bene. Voglio dire: i suoi rapporti con sir Murray e con l’altro personale di casa sono sempre stati abbastanza buoni, immagino”
“La tenuta di sir Murray è finita col diventare quasi casa mia, il mio piccolo mondo, anche se mi è sempre dispiaciuto un po’ non avere una camera indipendente, tutta mia. Non che Janel sia una cattiva compagna di stanza: anzi! Con lei vado molto d’accordo. È una ragazza semplice, senza particolari pretese. Anche con Chlotilde vado d’accordo. Lei è un po’ più difficile. Vive nella tenuta da così tanto tempo che si sente quasi la padrona di casa e questo genera un po’ di conflitti: con Ramsey in modo particolare. Io però sono responsabile della cucina e della dispensa: lì sono la padrona e mi ci ritrovo benissimo. Tutti mangiano le mie pietanze: questo mi mette in una posizione un po’ privilegiata e mi pare che nessuno abbia nulla da dire nei miei confronti. Se poi qualcuno avesse qualcosa da dire, se la dovrebbe vedere con me…”
Munro la stava squadrando. Una donna forte, corpulenta, dall’aspetto decisamente autoritario: “Neanch’io me la vorrei vedere con lei…” pensava sorridendo tra sé e sé.
“Con Ramsey bisogna saperci fare,” continuava la cuoca: “Si vede che il ruolo di maggiordomo non gli calza a pennello. Si vede anche però che è una persona abituata a comandare e, soprattutto, che non gli piace essere contraddetto. Come le dicevo, però, io sono abbastanza padrona delle mie attività ed è difficile che Ramsey ed io entriamo in conflitto. Sir Murray poi mi ha sempre apprezzato e non ho mai avuto motivo di dispiacermi. Mi lasciava anche una discreta libertà. Sa, capitano, sono un po’ impegnata con la Chiesa Episcopale e non mi ha mai impedito di andare alle riunioni, né di fare qualche salto a trovare i miei familiari”
“Katty … questa notte ha sentito qualcosa di strano?” “Nulla di diverso dal solito, fino a quando Ramsey ci ha svegliato per dirci che sir Murray
era morto e che stava arrivando la polizia. ‘Perché la polizia, che cosa è successo?’ ho chiesto a Ramsey, ma lui mi ha detto di aver chiamato la polizia per la maggior sicurezza di tutti noi. Lì per lì questo mi ha spaventato, ma poi ho visto che Ramsey era tranquillo e mi sono tranquillizzata anch’io”
“C’era stato qualcuno a cena ieri sera, o nel dopocena?” “No, c’era solo sir Murray. Per il dopocena si attendeva forse una visita di sir Bertrand,
ma non l’ho visto. Ho sfornato una torta salata di spinaci e rognone. Ho rassettato e alle nove e mezzo sono salita in camera. Janel era già lì”
“Quindi ieri sera eravate tutti a casa. Non è uscito nessuno, neanche Ramsey?” “Credo che non sia uscito nessuno. Però, come le ho detto, mi sono ritirata alle nove e
non saprei dirle esattamente. Ramsey di solito esce il giovedì, ma non disdegna di uscire anche qualche altra volta durante la settimana”
“Lei sa che cosa fa Ramsey, quando esce? Chi frequenta? Ha amici?” “Non so niente. Ramsey non parla mai della sua vita privata” “Ha per caso sentito, o avuto l’impressione, che qualcuno fosse venuto a trovare sir
Murray, ieri sera?”
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“Non ho sentito nulla. A parte le scale che cigolano un po’, da sopra è difficile sentire quello che succede da basso: al piano terra intendo. No, non ho sentito nulla. Come le ho detto, sir Murray pensava che forse sarebbe arrivato suo fratello, ma non credo che sia arrivato perché di solito, quando arriva verso sera, poi si ferma a dormire nella sua stanza”
“Nella sua stanza?” “Si, ci sono due stanza per gli ospiti. Una sul lato est della casa, confinante con la stanza
di sir Murray, e una sul lato sud. La prima è sempre pronta per sir Bertrand. La seconda, quella sul lato sud, è sempre pronta per lady Muriel. Per altri eventuali ospiti si preparano le stanze nella dependance, una piccola costruzione nel lato nord del giardino, verso il campo da tennis. Adesso però la dependance è chiusa da tempo. Usiamo solo i box. Un paio di locali sono usati come magazzino per vecchie cose in disuso”
“Signora Hammerton: sir Murray è morto per un malore ma noi non sappiamo ancora se è stato un malore spontaneo o, diciamo così, provocato…”
“Oh mio Dio…!” “Da lei vorrei sapere se sir Murray aveva ancora quei problemi di stomaco di cui mi ha
parlato poco fa… se c’erano cibi che non poteva mangiare…” “Negli ultimi anni non si era mai lamentato. Giusto un paio di giorni fa si era lamentato
di un po’ di bruciore di stomaco e mi ha chiesto di preparargli patate bollite e riso pilaf come contorno alla torta di verdure. Però, a dirla tutta, dopo cena i suoi bei bicchierini di whisky se li beveva sempre e comunque…”
“Siccome la casa è in campagna, la sua dispensa,”Munro sottolineò la parola sua ,“non è che per caso viene presa di mira, che so, da scarafaggi, roditori, formiche…”
“Oh mio Dio, noo! L’ultima volta sarà successa qualche anno fa: si trovò un topo morto in dispensa. Ramsey fece venire un disinfestatore che eliminò il problema. Da allora, un paio di volte l’anno, il disinfestatore torna e mette qualche esca. Fa così in quasi tutte le case qua attorno. Lascia le sue scatolette nere lì in giro per quattro o cinque settimane poi se le riporta via. Questo è tutto”
“Questo disinfestatore… ricorda quando è stato lì l’ultima volta?” “Saranno passati almeno un paio di mesi, ispettore… ma cosa c’entra questo con…” “Mi serve ogni genere di informazione, signora Hammerton: dobbiamo essere meticolosi
fino alla noia prima di archiviare un caso. In ogni caso guardi, signora Hammerton, abbiamo già finito. Credo di non aver più bisogno di lei. La ringrazio molto per la sua disponibilità. Il sottotenente Anderson la accompagnerà di là”
Mentre Anderson accompagnava fuori la cuoca, Munro gli si rivolse in modo un poco concitato.
“Anderson, prima di far passare Ramsey, chiama la piccola Chris: raccomandale che non trascurino nulla e di cercare bene anche nella dependance, nei box, nei locali adibiti a magazzino delle ‘vecchie cose in disuso’. Non si sa mai. Poi fa passare Ramsey. Grazie”
“Buon pomeriggio signor Ramsey. Sono il capitano Munro. Come vede, abbiamo preso
sul serio i sui sospetti. Il fratello e la sorella di sir Murray sono già stati contattati dal mio ufficio e contiamo di sentirli al più presto. Qui abbiamo appena raccolto la deposizione di Mrs. Hammerton; di là, il mio collega, l’ispettore Taylor che lei ha già conosciuto questa notte, sta raccogliendo le deposizioni delle due cameriere. Più tardi nel pomeriggio contiamo di avere notizie sui risultati preliminari dell’autopsia”
“La ringrazio, capitano. Effettivamente questa notte ero abbastanza scosso ed ero certo che ci fosse qualcosa di strano nella morte di sir Murray. Come ho detto all’ispettore Taylor, a un primo sguardo, sulla scrivania di sir Murray c’era un ordine che mi era parso innaturale conoscendo il modo di fare di sir Murray. Ora, vedendovi all’opera, da una parte sono
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rassicurato ma dall’altra mi è venuto il dubbio di essere stato troppo precipitoso e di aver lanciato un allarme ingiustificato…”
“Staremo a vedere Mr Ramsey, staremo a vedere. Conterei di sapere qualcosa dal medico legale prima di sera. In ogni caso la metterò al corrente… e mi dica: ora che sir Murray non c’è più, la gestione della casa, il personale, tutto il resto… il suo lavoro da segretario…”
“La situazione è complicata, signor capitano, direi… piuttosto complicata. La gestione della casa è il problema che mi preoccupa meno. La casa girava attorno alle necessità di sir Murray. Adesso che non c’è più bisogna mantenere lo status quo in attesa che subentrino gli eredi. Ad ogni modo, nei prossimi giorni il fratello e la sorella saranno tutti e due qui… il funerale ... le banche… il notaio e quindi la casa dovrà girare al loro servizio”
Ramsey rimase per qualche istante in silenzio. Lo sguardo rivolto verso Munro ma in realtà fissava un punto nel vuoto, concentrato forse su quello che stava per dire. Improvvisamente mutò sguardo: quasi trasfigurandosi riprese a parlare.
“Vede capitano, l’aspetto molto più difficile da gestire è l’ufficio di sir Murray. Per vent’anni l’ho seguito nelle sue attività… bisogna seguirle da vicino certe cose, bisogna prendere in continuazione decisioni… non credo che i fratelli…”
Di fronte a un Munro perplesso, Ramsey era davvero trasfigurato passando dal ruolo di maggiordomo a quello di segretario. Il primo, compito, seduto quasi in punta di sedia, le mani in grembo, la testa un poco piegata di lato, sembrava seguire gli eventi, e con questi anche le domande di Munro, come qualcosa di inevitabile, cui ci si deve adattare e che non richiede particolare impegno o attenzione. Il secondo, il segretario, si era seduto un po’ più indietro sulla sedia, un po’ più a suo agio si sarebbe detto: il dorso un poco girato verso destra. Uno sguardo volitivo rivolto dritto negli occhi di Munro; i sopraccigli un poco aggrottati; gli angoli della bocca appena rivolti in basso. Sulla fronte stempiata, accanto a una lunga e sottile cicatrice, una vena sembrava essersi inturgidita”
Munro era molto interessato da questa trasformazione fisica e, senza alcun dubbio, psicologica: “Quasi due personalità…” pensava.
“Giusto questo le volevo chiedere, signor Ramsey. È curiosa questa sua doppia mansione, un po’ maggiordomo, un po’ segretario… due mansioni così diverse…”
“A volte è il corso della storia che decide per noi… capitano” “Sarebbe a dire?” “Che qualche volta si verificano situazioni che non riesci a governare del tutto… si
trascinano nel tempo, in attesa di trovare soluzioni più congrue … che poi magari non trovi o che ti scordi di cercare… Finisce che ti adatti, che ti va bene così… e che una decisione di tanti anni prima finisce con indirizzare la tua vita per sempre… o quasi”
“Continuo a non capire bene…” fece Munro sporgendosi in avanti. “Sono a casa Murray da più di vent’anni, capitano, ma l’intera storia è molto più vecchia:
diciamo che possiamo farla risalire indietro di oltre quarant’anni. Cercherò di farle un quadro riassuntivo”
“Si prenda il tempo che le serve” Mentre diceva così, Munro si voltò verso Anderson, quasi a volergli raccomandare di
prestare la massima attenzione. Questo movimento non sfuggì a Ramsey che deliberatamente si rivolse a tutti e due, fissandoli alternatamente negli occhi, mentre riprendeva a parlare.
“La prima volta che sir Murray e io ci incrociammo fu nel 1967. Un incontro fugace: al Cairo. Sir Murray accompagnava suo padre in viaggio d’affari. Io ero al seguito di una delegazione consolare. Era appena scoppiata la Guerra dei Sei Giorni. Il Cairo non era un buon posto dove stare. Rimanemmo confinati per qualche tempo nello stesso albergo. Facemmo conoscenza. Io avevo appena ventuno anni: mi stavo appena affacciando sul teatro del mondo. Sir Murray era più vecchio di me di sette anni. Seguendo il padre, si stava attrezzando per diventare un uomo d’affari. Erano anni in cui noi inglesi avevamo ancora qualcosa da dire nel
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mondo. Ce n’erano di cose da fare per noi inglesi! Bastava solo darsi da fare e stare là dove le cose stavano accadendo. Ora l’asse del mondo si è spostato: Cina, Russia: ma allora …”
“La stiamo pigliando un po’ alla lontana, effettivamente …” pensava Munro appoggiandosi allo schienale della sua poltrona.
“Incontrai di nuovo sir Murray alla fine dello stesso anno, a Ginevra, dove suo padre stava portando a termine transazioni finanziarie di una certa consistenza. Io lavoravo nel team della sicurezza di un consolato africano. Per qualche tempo non ci incrociammo più, anche se avevamo preso l’abitudine di tenerci in contatto. Ci rivedemmo nel 1976 a Roma. Il padre di sir Murray era morto da qualche tempo e sir Murray aveva ormai preso in mano le redini del lavoro che era stato di suo padre”
“E sarebbe… esattamente…?” lo interruppe Munro. “Intermediazioni. Sir George, padre di Ronald Murray, conosceva un sacco di gente:
davvero tanta e molto influente. Sir George, il figlio di William Murray, quello che faceva parte dello staff del duca di Wellington, aveva a sua volta ereditato da suo padre, diciamo così, la rubrica degli indirizzi. Dentro c’erano nomi di generali, banchieri, ministri del Regno: ma anche americani, indiani, francesi. Ad ogni generazione, i Murray rimpolpavano quella rubrica e quella di sir Murray era davvero pesante, per lo meno fino alla fine degli anni ottanta”
“Che genere di intermediazioni, Mr. Ramsey?” insistette Munro. “Non credo di poterle dire molto, capitano. Sono questioni d’affari delicate… riservate.
Naturalmente rimango sua disposizione, se avrà bisogno di dati specifici, quando me li vorrà chiedere. Le posso comunque anticipare che sir Murray aveva un ruolo di intermediazione su richieste del mercato. Metteva in contatto chi richiedeva qualcosa con chi era in grado di fornire quel qualcosa: questo nel campo delle merci, ma anche delle informazioni, dei contatti, di altri intermediatori, istituti bancari…”
Munro vedeva una certa reticenza da parte di Ramsey. Decise che era meglio non insistere sulla questione affari e di far proseguire Ramsey nel suo racconto. “Di affari dovremo comunque riparlare…” disse Munro tra sé e sé, in dubbio se il velo di reticenza ostentato da Ramsey fosse reale, o un artificio narrativo per indirizzare le indagini in quella direzione. Si convinse che era meglio soprassedere.
“E com’è che poi lei entrò in casa Murray?” “Alla fine degli anni ottanta, sir Murray aveva deciso di rallentare il ritmo. Voleva essere
un po’ meno presente sul campo. Sa capitano, questo mestiere di intermediazione si fa viaggiando continuamente. Io lavoravo per conto di strutture consolari e per agenzie non governative che operavano in India, in Indocina e in Africa. Avevo anch’io una rete di conoscenze, non così influenti a livello politico o finanziario come quelle di sir Murray, naturalmente! Le mie erano più conoscenze operative. Una ristretta operatività locale, se vogliamo, ma che poteva essere usata, diciamo così, come supporto logistico alla rete di Murray. Nel 1990 ci incontrammo a Johannesburg. Avremmo potuto unire le forze con reciproca soddisfazione: trovammo un accordo. L’apporto portato da lui in questo sodalizio era talmente più importante del mio, che io stesso mi offrii di contraccambiare offrendogli i servigi di maggiordomo e segretario. A lui l’offerta piacque e ci stabilimmo in modo abbastanza stabile nella tenuta di Menstrie…”
Si interruppe, quasi per riprendere fiato. Una pausa abbastanza lunga. Sembrava cerare di riepilogare nella memoria, a occhi socchiusi, il tempo trascorso con sir Murray. Poteva anche sembrare una metafora, quella pausa, del lungo tempo passato assieme a sir Murray. Oppure, si trattava solo uno stratagemma per portare l’attenzione degli ascoltatori sul seguito della narrazione.
“All’inizio, il mio lavoro era essenzialmente quello di segretario. Direi anzi molto di più: lavoravamo quasi come soci. Col passare degli anni poi il lavoro ha preso un indirizzo più finanziario e la mia attività in casa Murray ha dovuto trovare equilibri diversi da quelli iniziali.
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Ed eccomi qui adesso a parlare nelle vesti di maggiordomo segretario. Per questo le dicevo, capitano, che a volte è il corso della storia che decide per noi”
“Una storia davvero interessante, Mr. Ramsey: avventurosa direi! Mi dica la verità, però: il fatto di essere passato dal ruolo quasi di socio, a quello -‐ possiamo dire un po’ meno prestigioso? -‐ di maggiordomo, dovendo gestire la casa e le paturnie delle tre ragazze di là,” Munro indicò con un gesto del capo la direzione del corridoio da dove proveniva un distante ma incessante chiacchiericcio femminile, ”non l’ha vissuto un po’ come una retrocessione? Vede, non mi riferisco tanto alla funzione esercitata, quanto proprio al rapporto personale con sir Murray. Mi perdoni la franchezza, a me forse sarebbe successo così”
“Ci sono cambiamenti che avvengono lentamente. Ci sono cambiamenti così lenti che ci si adatta senza che nemmeno ci accorgiamo che ci sono stati cambiamenti e che ci siamo adattati. In un minuto le ho raccontato vent’anni. Certo, se confronta lo status iniziale con quello finale, senza prendere in nessuna considerazione il tempo che ci sta in mezzo e le cose che nel frattempo sono avvenute, allora si, capisco che possa trovare il cambiamento di posizione, come dire, avvilente: è questa la parola a cui pensa lei, capitano? Ma in realtà non è così. Siamo invecchiati insieme, sir Murray ed io! Siamo cambiati entrambi nel corso degli anni!
“Gli affari, come dicevo, sono diventati più finanziari e la gestione di questi aspetti è stata sempre sua, anche all’inizio della nostra collaborazione. Ma le voglio dire tutta la verità, capitano. Non avevo nessun genere di rimostranza da fare a sir Murray. L’unica cosa è che mi avrebbe fatto piacere sarebbe stato godere di un po’ più di libertà. Questo si: una vita più indipendente; un po’ meno prigioniero nella villa; un po’ più di spazio per me. Questo non si mi sarebbe dispiaciuto. Ora ho sessantaquattro anni. Sarà forse il caso che, terminata questa incresciosa vicenda, io ne approfitti per mettere su casa per conto mio. Non è mai troppo tardi, vero capitano?”
“Sir Murray poneva dei limiti alla sua libertà?” “Assolutamente no! Non è questo che intendo dire. Nessun limite esplicito. Se volevo
uscire: uscivo. Se avevo bisogno di qualche giorno libero: andavo. Ci mancherebbe altro! Sir Murray aveva una personalità forte: gestiva volentieri in prima persona le cose e le persone. Però era anche debole, in un certo senso. Aveva bisogno di averti lì vicino per parlarti: non perché ti volesse davvero parlare, ma perché gli serviva un interlocutore per ragionare a voce alta. Io sentivo questa necessità da parte sua e, psicologicamente, questo finiva per limitarmi un po’. In ogni caso, un piccolo disagio signor capitano: solo un piccolo disagio”
“Questa notte, lei ha esternato all’ispettore Taylor i suoi dubbi in merito all’ordine dei documenti che si trovavano nell’ufficio di sir Murray. Ha trovato qualcosa fuori posto? Ha trovato che mancasse qualcosa?”
“Ho dato un’occhiata in giro, si, ma non ho ancora potuto verificare se mancasse qualcosa. Poi sono stati messi i sigilli. Dovrò verificare in un secondo tempo… potrebbe essere utile per le indagini se …?”
“Se si dovesse scoprire che il suo sospetto è giustificato, Mr. Ramsey, un’occhiata alle carte le dovremmo dare… Le volevo chiedere … Mr. Ramsey: oltre al rappresentante della società immobiliare di Londra di cui ci ha già parlato la signora Hammerton, ieri è venuto qualcun altro a trovare sir Murray?”
“No, capitano. Per la serata era atteso sir Bertrand, ma non s’è visto” “Mi dica una cosa, Mr. Ramsey: la signora Hammerton ci ha detto che c’era sempre una
stanza pronta per sir Bertrand e una per lady Muriel. Venivano spesso a trovare sir Murray? Venivano come ospiti – come dire? – invitati, oppure si presentavano spontaneamente? Mi spiego meglio: si comportavano come ospiti o come padroni di casa? Hanno libero accesso alla casa se, per caso, capitasse loro di arrivare tardi?”
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“Sir Bertrand e lady Muriel venivano abbastanza spesso. Difficile che facessero proprio un’improvvisata. È successo occasionalmente che lady Muriel capitasse improvvisamente da noi, magari dopo essere stata tutto il pomeriggio a Dunblane dalla sua amica Rebecca Dickinson. In ogni caso, ciascuno di loro ha una chiave di casa”
“Rebecca Dickinson?” “Rebecca Dickinson è un’amica di lady Muriel. Era, credo, sua compagna di scuola. Credo
che i Murray frequentassero la sua casa, una villa molto grande, più grande di casa Murray, poco fuori Dunblane”
“E lei Mr Ramsey, frequenta abitualmente qualcuno?” “Non una grande vita sociale, capitano.” Sul viso di Ramsey si era disegnato un sorriso
amaro che assomigliava però anche vagamente a un ghigno trattenuto. “Una o due volte la settimana: qualche amico; una partita a carte; una scappata a
Glasgow. Niente di che. Non sono comunque portato per le relazioni sociali, capitano, e nemmeno per i rapporti affettivi. Sono sempre stato abbastanza solitario e non mi dispiace affatto esserlo. Per questo non vorrei che lei sopravvalutasse quanto le ho detto a proposito del sentirmi prigioniero in villa”
“Un’ultima domanda molto importante, Mr. Ramsey. Che lei sapesse, sir Murray aveva nemici?”
“Non credo: non mi risulta che sir Murray avesse grandi nemici. I suoi affari fruttavano bene e non andavano a scapito di altri: almeno non qui e non direttamente. Nelle transazioni finanziarie è difficile scontentare qualcuno, però non si sa mai: se accumuli molti soldi qualcuno, da qualche parte, potrebbe non gradire. Però, le dico, negli ultimi anni si trattava quasi esclusivamente di investimenti finanziari. Non era sposato. A parte le obbligatorie apparizioni filantropiche, e qualche uscita pomeridiana, la sua vita sociale non era meno limitata della mia. Quando era un avventuriero rampante, trent’anni fa, avrà certamente avuto un bel po’ di nemici. Ma ora, per quel che sono in grado di sapere, lo escluderei”
“La ringrazio molto Mr. Ramsey. Il suo racconto è stato interessante e affascinante… ah... scusi l’indiscrezione: ho visto una cicatrice qui, sulla fronte…” disse Munro alzandosi e facendo cenno di uscire dall’ufficio.
“Da ragazzo. Durante una partita di cricket… se avesse ancora bisogno di me, sa dove trovarmi capitano”
Fuori dalla porta dell’ufficio c’era il centralinista in attesa che Munro uscisse. “Un minuto fa è arrivato questo per lei, capitano,” disse porgendo un fax. Munro vi gettò
sopra uno sguardo: poi, rivolto ad Anderson: “Beviamoci un caffè. Alle cinque e mezza tutti nel mio ufficio. Avvisa la piccola Chris, per favore: voglio qui anche lei. Chiama Taylor: dobbiamo confrontare le deposizioni” Stazione di polizia: Ufficio di Munro. Ore 17.30
C’erano tutti, nell’ufficio di Munro: ognuno con in mano il proprio notes. La piccola Chris, Anderson, Fisherman e, naturalmente, Taylor e Munro che avevano confrontato le deposizioni della servitù. C’era nell’aria un non so che di eccitazione, misto al profumo di caffè che tutti avevano appena bevuto.
“Siamo qui per un briefing sugli sviluppi dell’indagine che richiede, a questo punto, un’accelerazione,” esordì Munro.
“Primissima cosa. Il referto del patologo conferma che sir Murray è stato ucciso. L’arma del delitto era ancora lì, nel suo sangue: veleno per topi. Arma insidiosa, questa, perché uccide a distanza di qualche tempo dalla somministrazione. Il patologo afferma che l’avvelenamento
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potrebbe risalire risale a due-‐cinque giorni prima della morte. Il patologo pone la morte tra le 22.00 di Martedì 19 ottobre e l’una del mattino di Mercoledì 20 ottobre: un arco di tre ore. Pertanto la polpetta avvelenata, se somministrata in dose unica -‐ come tiene a precisare il patologo -‐ deve essere stata somministrata tra Giovedì e Sabato della settimana scorsa.
“La morte è avvenuta per emorragia. Nessun segno di lotta o di violenza sul corpo di sir Murray. Il fatto che sia stato trovato morto in poltrona come per una morte naturale è interpretata dal patologo come la conseguenza di una emorragia cerebrale che gli ha fatto perdere improvvisamente coscienza. La morte è intervenuta nei minuti successivi, per l’estendersi dell’emorragia cerebrale e per vaste emorragie che si sono verificate simultaneamente anche in altri organi: cuore, fegato, pancreas. Multi-organ failure, l’ha definita il patologo: una insufficienza funzionale che ha colpito contemporaneamente vari organi. Un patatrac insomma: un disastro.
“Avrebbe potuto essere un omicidio perfetto se Ramsey, invece che chiamare noi, avesse chiamato un’ambulanza o il medico curante. Una diagnosi di ictus senza l’esecuzione dell’autopsia sarebbe stata la ciliegina sulla torta del delitto perfetto e nessuno avrebbe mai saputo niente del veleno.
“Punto uno e prima domanda. Questo fatto: quello di averci chiamato e di averci messo la pulce nell’orecchio, esclude Ramsey dalla rosa dei sospetti?”
Silenzio pensoso da parte di tutti gli astanti. “Punto due. Questa mattina è arrivata una lettera anonima, impostata Stirling, con il
seguente messaggio: Illegale e disgustoso. Stirling, 18 Wellington Rd. Non abbiamo alcuna evidenza che tra il caso Murray e questo biglietto ci siano dei collegamenti, ma non possiamo nemmeno escluderlo. Abbiamo chiesto ai colleghi di Stirling di fare un sopralluogo. Spero ci sappiano dire presto qualcosa. Qualcuno di voi ha mai saputo qualcosa di movimenti sospetti intorno a quell’indirizzo?”
Tutti scossero la testa in segno negativo mentre si prendevano nota dell’indirizzo. Fisherman aveva alzato la mano: “La scientifica ha trovato veleno per topi in casa
Murray?” Christina alzò la mano a sua volta per aggiornare i colleghi. “La scientifica sta ancora effettuando i rilievi. Fin tanto che sono stata lì, non mi sembra
che abbiano trovato nessuna polverina sospetta. Stanno campionando varie scatole, barattoli e bottiglie in cucina, in dispensa, in cantina, nelle stanze e nei bagni e anche nella serra e nella dependance della villa. Stanno prendendo impronte digitali un po’ dappertutto e stanno cercando impronte anche in giardino”
Alzando la mano per dirigere l’attenzione dei colleghi sulle sue parole, intervenne anche Taylor.
“La cuoca, Catherine Hammerton, ci ha segnalato che un paio di volte l’anno viene effettuata la derattizzazione con il posizionamento di esche da parte di un disinfestatore professionale. L’ultima disinfestazione è stata fatta circa due mesi fa. Se qualche frequentatore di casa Murray stava pensando ad un omicidio, avrebbe potuto prendere una di quelle esche in attesa del momento propizio. La Signora Hammerton ha tenuto anche a precisare che però disinfestazioni di questo genere si fanno in ogni dove nelle campagne qui intorno. Pertanto non dobbiamo né sopravalutare né sottovalutare questo possibile indizio”
“Ecco che siamo arrivati al terzo punto,” riprese Munro: “punto molto importante, questo: la scelta dell’arma del delitto. Scegliendo questa arma, l’assassino ci dice di essere una persona molto vicina a Murray. Intendo dire, una persona che gli si può avvicinare senza destare sospetto e che ha accesso a quello che Murray mangia o beve. Non è indizio da poco questo, anche se non ci indirizza in modo particolare verso nessuno. Potrebbe essere stato qualcuno della servitù? Tutti e quattro avrebbero avuto la possibilità e l’occasione. E i parenti? Questo Bertrand? Questa Muriel? Anche loro frequentavano abitualmente la casa: avrebbero
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avuto possibilità e occasione. Non si può però escludere in maniera assoluta che sir Murray possa aver assunto il veleno in un contesto diverso da quello casalingo. Questa eventualità allargherebbe il raggio delle indagini.
“Dobbiamo scoprire i movimenti di sir Murray negli ultimi sei-‐sette giorni. Dobbiamo chiarire i possibili moventi e il possibile nesso tra movente, occasione e arma del delitto. Ci sono domande?”
Christina alzò la mano: “Credo che si debba partire da Ramsey. È lui che, con i suoi sospetti, ha fatto partire l’indagine. È lui la chiave di volta. Questa notte ci ha detto che qualcuno doveva avere messo le mani tra i documenti di Murray. Se devo essere sincera fino in fondo, questa notte Ramsey mi sembrava più inquieto per il fatto che qualcuno avesse potuto mettere le mani tra i documenti di sir Murray che non per la morte di sir Murray. Ho avuto anche la vaga impressione che fosse preoccupato per se stesso”
Mentre Christina parlava, Munro faceva cenni affermativi con il capo. “Ramsey sa molte cose e non ci ha detto quasi niente. Ci sono due o tre elementi nelle
deposizioni di oggi su cui dobbiamo lavorare. Per prima cosa è necessario lavorare sui rapporti tra Murray e Ramsey. Ramsey ci ha detto di essere stato in rapporti di affari, e forse di amicizia, con sir Murray da moltissimi anni. Il loro primo incontro risale, a detta di Ramsey, al 1967. Si sono ripetutamente, sebbene sporadicamente, incontrati in varie città del mondo. Motivi degli incontri? Intermediazioni d’affari. Quali intermediazioni? Nessuna risposta chiara. In quali paesi lavoravano? Africa? Indocina? Ex colonie?
“A partire dal 1990, i due si sono trasferiti qui formando questo strano, lasciatemelo dire, alquanto strano sodalizio maggiordomo-‐segretario. C’è da lavorare su questi aspetti”
Dopo una breve pausa, Munro riprese le sue considerazioni. “Nelle deposizioni di oggi ci sono altre due cose che non dobbiamo sottovalutare. La
prima è che Chlotilde Cameron, la cameriera più anziana che non nasconde certo la sua antipatia per Ramsey, ci ha detto di averlo sentito andare su e giù per le scale un po’ di volte prima di avvisarle dell’accaduto. Se questo è vero, che cosa ha fatto Ramsey dopo aver scoperto il cadavere di Murray, diciamo così, ancora caldo? Che cos’era tutto quell’andare su e giù? Documenti da cercare? Documenti da fare sparire?”
Un’altra breve pausa per consentire che la considerazione appena formulata si consolidasse nella memoria dei colleghi.
“La seconda cosa ce l’ha detta sempre Chlotilde, forse quella col sonno più leggero di tutte. Ci ha detto esattamente: ‘Ho sentito il rumore di un motore, non so bene che ora fosse’. Per la verità, ci ha anche detto di non essere sicura se il rumore venisse dal cortile o dalla strada che corre sul fianco della tenuta, ma sono convinto che, se non avesse avuto il forte sospetto di avere sentito un rumore di motore nei pressi della casa, forse non ce lo avrebbe neppure detto. Non scordatevi di questa informazione quando fate i prossimi interrogatori. Taylor, c’è qualcos’altro da aggiungere?”
Taylor guardò tra i suoi appunti. “Effettivamente ci sarebbe qualcos’altro che vorrei chiarire. Janel Cullen è la donna di
fatica di casa Murray, quella che fa i lavori pesanti. È possibile che, dal suo punto di vista, un certo modo di comportarsi dei signori possa risultare un po’ strambo, un po’ deformato. Però potrebbe anche essere un punto di vista particolarmente privilegiato per cogliere la realtà delle cose. Vengo al punto. Janel ha detto qualcosa come ‘non che i Murray sembrassero particolarmente affezionati l’un l’altro, ma le visite di lady Muriel e di sir Bertrand erano frequenti e regolari’. In effetti, le visite dovevano essere parecchio frequenti: non si spiegherebbe altrimenti la presenza di due stanze sempre pronte per loro. Sinceramente, a me sembra un po’ strana l’assiduità delle visite tra parenti che non sembrano ‘particolarmente affezionati uno all’altro’. Credo che dobbiamo lavorare a chiarire i rapporti tra fratelli Murray. Già domani, credo, li potremo interrogare”
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Fu Anderson, a questo punto, ad alzare la mano per fare una domanda mentre la punta delle sue orecchie si tingeva di rosso vermiglio: “Ehm… dunque… è vero che sir Murray aveva 71 anni e che Ramsey ne ha 64… quindi … però … nessuno dei due ha famiglia, una moglie… non è che dovremmo capire meglio se tra i due… oppure se tra i moventi … il sesso insomma…”
Munro lo interruppe e lo liberò dall’imbarazzo. “Anderson ha ragione! Indagando sui due dovremmo chiarire anche questi aspetti per
niente marginali. Le statistiche dicono che, tra i 30 e i 50 anni di età, quello passionale è il movente più frequente nei casi di omicidio. Coll’aumentare dell’età la percentuale diminuisce ma rimane elevata se, alla questione diciamo così passionale, si associa una qualche forma di disturbo mentale o psicotico La statistica però è una questione che vale per i grandi numeri ma non si può applicare al singolo caso, purtroppo. In ogni caso Anderson ha ragione: la sfera sessuale non va sottovalutata, anche se le persone implicate hanno già una certa età. Cosa misteriosa il sesso tante volte … Con Ramsey abbiamo accennato a questi aspetti: Ramsey si è naturalmente tenuto sul vago dicendoci di ‘non essere portato per i rapporti affettivi’. Questa frase si può interpretare in molti modi, ovviamente. Grazie Anderson. Ora tutti siamo informati su tutto. Io riassumerei le cose da fare in questo modo:
-‐ Ricostruire movimenti e abitudini di Murray e ricostruire nel dettaglio i suoi movimenti nell’ultima settimana;
-‐ Interrogare i fratelli di Murray sugli aspetti familiari e sui loro rapporti economici; -‐ Indagare sugli affari di Murray: bisognerà esaminare i documenti del suo ufficio, capire
con quali banche lavorava, ecc.; -‐ Ricostruire movimenti e abitudini di Ramsey e dei fratelli di Murray e verificare anche
quelli di cuoca e cameriere.
Breve pausa per consentire a tutti di appuntarsi compiti e priorità. “Fisherman e Anderson: ricostruite i movimenti di Ramsey, della cuoca e delle cameriere
per tutta la settimana: cercate di avere più informazioni possibili sulle loro abitudini. Potete andare domattina presto alla tenuta Murray per interrogarli. Potete anche riconvocarli qui se volete, ma interrogarli nel loro ambiente naturale può essere più proficuo. State in contatto con i colleghi di Stirling per la questione di Wellington Road”
Munro si rivolse quindi a Taylor, che stava ancora scarabocchiando sul suo notes. “Taylor e Chris: indagate sugli affari di Murray; sul ruolo di Ramsey negli affari di
Murray; su questo strano sodalizio. Scavate nel passato: è la che spesso affondano le radici del presente. Taylor, tieniti anche a disposizione per venire con me, domattina sul tardi, a interrogare Bertrand e Muriel. Andremo alla tenuta: loro si sentiranno a proprio agio mentre io potrò rendermi conto di persona del teatro dei fatti. Mi auguro che domani faremo dei passi in avanti. L’adunata è sciolta. Buon lavoro e buona serata a tutti”
Fisherman e Anderson si avviarono verso il cucinino parlottando tra. Identica cosa per Taylor e Christina che stavano andando nell’ufficio di Taylor.
“Sarà un lavoro molto impegnativo, Chris. Bisognerà spulciare un sacco di documenti. Bisognerà torchiare Ramsey. Dovremo farci rilasciare il mandato per verificare i conti bancari di entrambi. Adesso mi occupo subito di fare estendere il mandato per il sequestro di tutti i documenti di Murray. Dovremo poi farli portare tutti quanti qui in ufficio per esaminarli con calma. Bisogna chiedere al magistrato l’autorizzazione per i tabulati telefonici di Murray e di Ramsey. Sistemate queste cose, saremo liberi per stasera. Cosa dici: ti andrebbe di uscire per bere una birra?”
“Lo farei volentieri,” sorrise Christina, “ma tra mezz’ora ho appuntamento in palestra con un’amica. Potremmo magari fare domani sera?”
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Stirling: University Badminton Court. Ore 18.30
Christina Barrach, ovvero Chris, agente di prima nomina in forza alla Polizia di Bridge of Allan, e Ann Drummond, ovvero Annie, la giovane cronista del Chronicle, erano amiche fin da bambine. Erano state compagne di classe sia alle primarie che alle secondarie.
Christina era una ragazzina empatica, piena di interesse per gli altri. Fin da bambina aveva avuto in mente di fare un lavoro tutto improntato alle necessità degli altri. Le sarebbe piaciuto moltissimo fare la pediatra, prendersi cui dei bambini. Oppure l’infermiera. In alternativa, le sarebbe piaciuto fare la psicologa. Dare una mano alle persone in difficoltà: questa le sembrava un’attività cui dedicare le proprie energie.
Al momento di scegliere che cosa studiare per il proprio futuro, aveva dovuto accettare un compromesso. Fare la pediatra avrebbe voluto dire imbarcarsi in studi troppo lunghi senza la certezza di potere approdare, alla fine, alla carriera desiderata. Il mestiere di infermiera, molto bello e interessante dal punto di vista teorico, le era stato sconsigliato da una parente, infermiera, che le aveva parlato di aspettative tradite proprio nell’ambito dell’esercizio della professione. Finì con iscriversi a un corso biennale di psicologia. Il piano di studi includeva anche un breve corso, poco più di un seminario, di psicologia forense. Quando seguì questo corso, sarà stato per l’argomento o per come l’insegnante aveva saputo proporsi, Christina si entusiasmò a tal punto degli aspetti criminologici che decise di cambiare indirizzo di studi e di passare al corso di criminologia. Era attratta dal piano di studi che includeva, oltre i tipici argomenti psicologici e criminologici, anche vari insegnamenti su argomenti sociologici, economici e di politica sociale. Dopo il diploma, il concorso in polizia. Il bando di concorso metteva in evidenza quante buone cose può fare un poliziotto. Fu così che Christina era diventata la ‘piccola Chris’ alla stazione di polizia di Bridge of Allan, a due passi da casa per giunta.
Ann amava la scrittura. A scuola, i suoi temi, erano pieni di avventura. Era abile nel raccontare e aveva un innato senso del pathos: a volte riusciva – cosa per niente facile – a dare venature di avventura anche ai riassunti. Le piaceva raccontare e, raccontando, stupire.
Da ragazzina era rimasta affascinata dal film Tutti gli Uomini del Presidente, dove si raccontava come due giornalisti avessero sollevato lo scandalo del Watergate e avevano costretto alle dimissioni, mica una persona qualunque, ma addirittura un presidente degli Stati Uniti! Non si può escludere che il fascino del giornalismo di inchiesta avesse avuto, almeno agli inizi, qualcosa a che fare col fascino del protagonista del film, che era Robert Redford. In ogni caso la passione per il giornalismo non aveva fatto che consolidarsi nelle aspirazioni di Annie. Bob Woodward e Brian Duffy, i due giornalisti del Washington Post che avevano svelato l’intrigo del Watergate, erano rimasti per lei due autentici eroi. Molto recentemente, nell’album dei suoi eroi si era aggiunto Paul Steiger, che pochi mesi prima aveva vinto un premio Pulitzer proprio per il giornalismo d’inchiesta.
Annie si era iscritta al corso di giornalismo. Il corso di giornalismo che frequentava Ann e quello di criminologia che frequentava
Christina si tenevano entrambi all’università di Stirling: Chris e Annie avevano quindi finito col frequentarsi anche all’università. Approfittando degli impianti sportivi dell’Università, avevano anche preso l’abitudine di giocare qualche partita di badminton. Abitudine che conservavano tuttora, cercando di trovarsi una o due sere alla settimana. Ed era proprio lì che si erano date appuntamento.
Arrivarono tutte e due con qualche minuto di ritardo. Senza tanti convenevoli, si
cambiarono in fretta e giocarono, col santo furore che strema i muscoli e libera la mente, per un’ora di fila, quasi senza prendere fiato: solo brevissime interruzioni per bere un sorso d’acqua di tanto in tanto. Dopo la doccia si sedettero al bar dello Sporting Club Resort per rifocillarsi e, finalmente, per chiacchierare un po’.
“E così, Chris, proprio una bella combinazione… tutte e due sullo stesso caso” esordì Ann fissando il bicchiere di spremuta di ananas che rigirava tra le dita.
“Mi sembra quasi di essere di nuovo a scuola. Ti ricordi? Sedute lì, quando ci davano un tema da svolgere. Appena ci leggevano il titolo, io partivo subito con la fantasia: cercavo il
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modo di trasformare qualsiasi argomento, fosse di storia, di letteratura o di geografia… in una storia che avesse una sua forza, una sua autonomia, immaginando quale forma dovevo dare allo svolgimento…”
“Io invece cercavo di raccogliere tutti i fatti che conoscevo sull’argomento: li mettevo in fila, lì sulla carta, e poi costruivo una scaletta per poterli inserire tutti nel tema, in modo che avessero un senso. Il mio obiettivo era far capire all’insegnante che ero preparata sull’argomento: che mi ero fatta un’idea su quella cosa lì. Se poi l’argomento consentiva di inserire risvolti di tipo storico, sociale o psicologico, ero particolarmente contenta, perché avevo la possibilità di esprimermi in un campo in cui ero sicura di avere qualcosa di originale da dire rispetto ai miei compagni”
“Già, Chris. Mi sembra che sia proprio come allora. D’altra parte siamo le stesse di allora: perché dovrebbe essere diversamente?”
“Naturalmente, allora era vietato copiare. Ti ricordi, Annie, come faceva la prof? Un po’ girava tra i banchi: poi si metteva in fondo all’aula in modo che per noi fosse difficile vederla. Se qualcuno osava bisbigliare, gli piombava alle spalle come un falco…”
“Già. Anche oggi, però, non possiamo copiare… vero Chris? Con l’inchiesta aperta, credo che tu non mi possa dire niente… di come stanno andando le cose… se fate progressi… su cosa state indagando…”
Christina rimase un po’ pensierosa. “L’inchiesta è appena cominciata. Si stanno facendo i primi rilievi. Si raccolgono le
prime deposizioni. Cominciamo a raccogliere pezzettini di informazioni per farci un’idea dell’insieme.
“La situazione non è chiara. Non abbiamo nessuna idea su chi potesse avercela a morte con sir Murray e perché. Sir Murray era di qui: avremmo dovuto avere montagne di informazioni su di lui: eppure non è così. Era molto riservato: della sua sfera privata non sappiamo ancora nulla. Domani cominceremo a guardare tra le sue carte. I documenti che uno maneggia possono dire molto di lui: non tutto naturalmente. L’unica cosa di cui oggi siamo certi è che è morto e che non è morto per cause naturali”
“Lo so,” disse Ann, “McGregor mi ha chiamata nel pomeriggio e me l’ha detto. Credo gli abbia telefonato il tuo capo, perciò è una notizia che possiamo pubblicare. Mi puoi dire come è stato ucciso sir Murray? Sai … McGregor mi ha dato carta bianca per seguire il caso. Mi ha dato carta bianca per effettuare le mie indagini, per scriverci sopra una storia. Sono molto eccitata per questa possibilità ma non vorrei mai che noi due ci troviamo in contrapposizione o in conflitto. Sarebbe così bello, invece, poter lavorare assieme! Ho qualche dubbio però che il tuo capo te lo lasci fare!”
“Annie, è assolutamente fondamentale che non ci siano fughe di notizie. Non devono venire resi pubblici dettagli che sono ancora al vaglio della polizia. Non devono essere pubblicati elementi che possano favorire, direttamente o indirettamente, l’assassino. Non devono diventare di pubblico dominio particolari che possano mettere a rischio i risultati delle indagini o che possano danneggiare qualcuno. Per noi queste regole sono tassative … tu mi dirai, invece, che bisogna rispettare il diritto di cronaca… Nella riunione di questa mattina il mio capo era già arrabbiatissimo con il Chronicle per le notizie che erano state pubblicate… ma sono sicura che noi due sapremo trovare una via… vero Annie?”
“McGregor mi ha detto di stare attentissima. Sai, la sua prudenza è proverbiale giù al giornale. Mi ha detto di stare attenta perché se c’è un assassino in giro… pestargli i piedi… insomma… può essere rischioso anche per me… Sai, oggi sono stata in biblioteca, a Dunblane e anche qui a Stirling. Mi sono insospettita proprio per il fatto di non aver trovato praticamente nessuna notizia su sir Murray … quasi nascondesse qualche cosa…”
“Senti, Annie: avrei una proposta. Adesso te la faccio e poi chiederò al mio capo se ho fatto male a fartela. Vedi, noi abbiamo i nostri metodi: abbiamo molte possibilità investigative
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che i comuni cittadini non hanno, nemmeno i giornalisti. Però abbiamo anche parecchi vincoli da rispettare: richieste, permessi, mandati; un continuo rapportarsi con l’ufficio del Coroner e il con il magistrato. Il senso di tutto ciò è lavorare nel rispetto di tutti e senza ledere, neanche per sbaglio, i diritti di qualcuno. Immagino invece che tu, come cronista, abbia una certa libertà di movimento anche se, concordo con il tuo capo, andare in giro a fare domande può essere pericoloso.
“La proposta è questa. Io potrei metterti al corrente di fatti di cui veniamo a conoscenza durante le indagini e tu, e con te il tuo capo, ti impegni a non pubblicare neanche una parola senza il consenso del mio capo. Tu usi le informazioni riservate che ti passo per orientare e approfondire le tue indagini: in cambio, mi tieni aggiornata sulle informazioni che ottieni. In questo modo forse riusciamo ad ottenere un maggior numero di informazioni e tu potrai raccogliere tutti gli elementi che ti serviranno per pubblicare, appena possibile, una bella storia in esclusiva. Che ne dici?”
“Mi sembra fantastico: per me va bene. Credo che a McGregor la cosa possa andare. Tu senti il tuo capo. Se poi riuscissero a mettersi d’accordo tra loro, ancora meglio. E adesso te la senti di dirmi come è stato ucciso sir Murray?”
“Omicidio premeditato, Annie. Veleno. Veleno per topi. Stai attenta Annie, chi ha ucciso Murray non lo ha fatto per sbaglio”
Erano quasi le nove: non molto tardi, ma faceva già buio. Si avviarono verso il parcheggio. Il rumore dei loro passi nel parcheggio silenzioso aveva un che di inquietante. Niente di meglio di un parcheggio buio, silenzioso e semideserto per fare aumentare il ritmo del respiro. In fretta in macchia e ognuna verso casa propria. Dunblane: tenuta di Miss Rebecca Dickinson. Ore 17,15 circa
Lasciandosi sulla destra il campo da golf, McGregor prese la strada di campagna che esce da Dunblane verso sud e va, inoltrandosi tra i campi, in direzione di Stirling. Un paio di miglia fuori dall’abitato, prese a destra e si inoltrò in un boschetto fino alla piccola radura dove, dietro a un vecchio linificio e ben protetta da una grande siepe, c’era la villa di Rebecca Dickinson.
La tenuta dei Dickinson era un po’ appartata e aveva il fascino discreto dell’opulenza decaduta di una classe di industriali borghesi che aveva raggiunto l’apice del proprio saper fare negli anni immediatamente precedenti la grande guerra. La pianta della villa era a forma di T. Entrando, si vedeva che il lato lungo era costituito da un grande soggiorno confinante con l’area pranzo e cucina. L’altro braccio della T era l’area notte, con camere da letto e servizi: quest’area era ripartita su due piani mentre la prima era costituita dal solo piano terra.
Di fronte alla villa, confinante con il boschetto, le vestigia di un campo da tennis male in arnese. L’ombra del tardo pomeriggio che proveniva dal boschetto sulla destra della casa aveva già cominciato ad inghiottire buona parte della costruzione. Un profondo porticato dava accesso alla porta di ingresso: qui Miss Rebecca Dickinson, le mani sprofondate nelle tasche di una pesante giacca-‐maglione, stava aspettando McGregor che le veniva incontro. Dopo un rapido abbraccio, i due entrarono in casa.
“Sono venuto più presto possibile, Rebecca. Caspita, comincia a fare un bel frescolino quando va giù il sole. È troppo tardi per bere un te?”
“Entra Craig: siediti. Dimmi tutto. Mi sembri preoccupato” “Siediti anche tu Rebecca. Ho avuto notizie direttamente da Munro: sai, è lui che si
occupa di Ronald. Sembra certo che Ronald sia stato ucciso”
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Rebecca sembrava non avere udito le parole di McGregor. Un fine tremolio turbò il labbro superiore e si estese rapidamente a tutto il corpo. Afferrò con mani gelate le mani di McGregor.
“Ucciso?... Noo…! Sei sicuro? Credevo … un ictus… Pensa, Craig: era qui Domenica… Ma come, ucciso? Chi…?”
“Non si sa ancora niente Rebecca. Hanno fatto l’autopsia. Munro era certo di quel che diceva. Mi ha detto che aprono un’inchiesta per omicidio. Voleva essere certo che avessi capito bene. Ho preferito venire a dirtelo personalmente”
“Oh mio Dio, Craig! Ronnie ucciso. Ma perché? Perché…? Grazie Craig per essere venuto! Grazie di cuore, lo apprezzo moltissimo, davvero. Sei sempre stato gentile con me Craig. Oddio… “
Rebecca respirava con fatica. Gli occhi umidi. “Era seduto qui con noi, Domenica. C’era anche Muriel: oh povera Muriel… forse dovrei
telefonarle…” “No,” disse McGregor: “lascia fare alla polizia. Non c’entri. Lascia fare alla polizia… anche
se Muriel è una tua mica, lascia fare a loro. La chiamerai eventualmente domani…” “Ma chi poteva volergli così male, Craig? Nemmeno tu Craig, è vero? Nemmeno tu? È
passato tanto tempo, Craig. Era un uomo tranquillo. Sono tanti anni che se ne stava per conto suo, non dava fastidio a nessuno. Povero Ronald! E povera Muriel!”
Rebecca sembrava aver ripreso il controllo di sé stessa. “Scusami tanto Craig. Mi sono lasciata un po’ andare. Scusami tanto. È stato un colpo
improvviso: non ero proprio preparata. Oh mio Dio, che cosa brutta…! Dovrò dirlo almeno a Charlotte… tra poco tornerà a casa. Non posso non dirglielo…”
“Si. Rebecca: dovrai dirglielo; è opportuno che glie lo dica tu prima che venga a saperlo da altri. Però fammi un grande piacere. Munro me l’ha comunicato perché dirigo il Chronicle. La notizia fino a domani non deve circolare. Se lo dici a Rebecca, raccomandale nel modo più assoluto di non farne parola con nessuno fino a domani. Domani poi la notizia sarà di dominio pubblico e sarà un altro giorno”
Rebecca annuì silenziosa. Con un sorriso triste sul viso si alzò dal divano e si diresse verso il mobile bar.
“Si chiude una pagina, Craig. Sarà bene che mi beva un drink … altro che un te…. Mi fai compagnia Craig? come ai vecchi tempi…?”
“Volentieri Rebecca, molto volentieri. Poi torno al giornale. Vuoi che aspettiamo insieme l’arrivo di Charlotte?”
“No grazie, Craig. Molto gentile da parte tua chiedermelo, lo apprezzo moltissimo No: è una mia incombenza. Un whisky va bene anche per te?” Stirling: piscina dello University Sport Center. Ore 18.30 circa
Non aveva mai invitato Chris a vedersi al di fuori del lavoro, nemmeno per bere una birra. Quella sera però aveva deciso di farlo: l’inizio di una inchiesta importante gli era sembrata una buona occasione per due chiacchiere in libertà e per un brindisi. Gli avrebbe fatto molto piacere ricevere una risposta positiva... ma tant’è! Si sentiva stanco quella sera. Più che stanco, si sentiva sulle spalle gli anni che aveva: quarantaquattro. Non tanti da sentirsi vecchio. Abbastanza per non sentirsi giovane.
“Che stai facendo di te stesso, Taylor?” Erano così tanti anni che tutti lo chiamavano Taylor che, quando pensava a se stesso, si
chiamava per cognome anche lui.
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“In fondo siamo quello che gli altri vedono di noi. E tu che cosa sei? Sei un poliziotto che tutti chiamano Taylor. Ventidue anni di polizia. Niente grilli per la testa. Caparbio, burbero, intransigente con se stesso molto più che con gli altri. La testa sempre applicata al lavoro. Pochi amici. Pochi?” si chiese sogghignando, “pochi davvero! Si potrebbe anche dire nessuno. Sei troppo ritirato in te stesso, Taylor. Sei sicuro che vada bene così?
“Se te lo chiedi, vuol dire che no … non credi che vada bene così, caro il mio Taylor. “Sarà che comincio a soffrire i turni di notte: faccio fatica a recuperare. Mi appesantisco
nel fisico e nella mente. Ecco, in una sera così, mi avrebbe fatto piacere bere un bicchiere con un amico… un amico… Un amico? E allora perché hai chiesto di uscire alla piccola Chris? Da quando la piccola Chris è un tuo amico? Ti vuoi prendere in giro da solo, eh Taylor…”
Christina non aveva potuto (o non aveva voluto?) accettare l’invito ad uscire per bere un bicchiere. I rifiuti, qualunque ne sia la causa, lasciano sempre un certo strascico di frustrazione. Si era chiuso in ufficio e aveva steso un breve rapporto. Aveva compilato i moduli per poter accedere ai tabulati telefonici e quelli per la messa sotto sequestro dei documenti facenti capo a Murray, ovunque questi fossero custoditi. Dei conti bancari si sarebbe occupato l’indomani, dopo aver dato una prima occhiata alle carte di Murray e dopo aver fatto qualche altra domanda a Ramsey.
Terminato il lavoro, aveva salutato tutti e se ne era andato a casa: giusto il tempo di bersi un bicchierino e prendere la borsa della piscina.
Aveva parcheggiato la macchina poco lontano dallo Sporting Club Resort. Si era incamminato verso la piscina. L’ora del crepuscolo non era confacente a pensieri allegri. Era sempre stato così. La mattina aveva un suo fascino. Anche l’alba, naturalmente, e la notte: ma il crepuscolo non gli piaceva. Non lo metteva mai di buon umore, figuriamoci poi quando già di suo non si sentiva tanto per la quale.
La piscina del centro universitario era l’unica piscina disponibile in zona. A Bridge of Allan non c’era. A Dunblane si parlava da anni di costruirne una, soprattutto per non costringere i ragazzi di Dunblane a spostamenti non sempre facili: ma sembrava che il municipio non trovasse i soldi necessari. A Stirling ce n’era una molto carina, proprio vicino al fiume. Una piscina coperta di venticinque metri: l’ideale per nuotate a livello amatoriale. Purtroppo, un paio di anni prima, il tetto aveva ceduto in più punti dopo una forte nevicata. Da allora la piscina era rimasta inagibile. Rimaneva la piscina olimpionica del centro universitario che veniva condivisa dagli atleti e dal pubblico amatoriale. Era affollata. Cinquanta metri poi sono faticosi per chi nuota senza pretese.
Nuotare lo aiutava a pensare. O meglio, lo aiutava a pensare in modo diverso dal normale.
Aveva cominciato ad alternare il footing mattutino, tre quarti d’ora prima di andare in ufficio, a un paio di uscite alla settimana in piscina. All’inizio lo aveva fatto per rimanere in forma: una specie di dovere professionale, per un poliziotto, quello di mantenere una forma fisica decente. Lo faceva anche per tenere sotto controllo quel rotolino di pancetta che, vuoi per l’età, vuoi per il lavoro sedentario, era diventato un compagno di vita che sembrava voler diventare, ahimè, un compagno inseparabile. Col tempo, aveva cominciato ad apprezzare, sia nel nuoto serale che nel footing mattutino, gli effetti sulla mente oltre a quelli sul corpo. Gli effetti sulla mente avevano finito per diventare quasi prioritari nel suo nuovo approccio all’attività fisica.
Taylor era una persona pragmatica. Pensava alla mente come a una funzione del corpo: una funzione più o meno esclusiva del cervello. Il fatto che il nuoto e la corsa agissero anche sul modo di pensare lo aveva incuriosito e, da buon poliziotto, si era messo sulle tracce di qualcosa che potesse spiegargli i motivi di quegli effetti.
Aveva letto della bipartizione del cervello: dell’emisfero destro e dell’emisfero sinistro che collaborano tra loro ma si sono specializzati, durante il corso dell’evoluzione, in funzioni un po’ diverse. L’emisfero sinistro è quello razionale: quello che analizza i dettagli, cerca i rapporti di causa-effetto tra i fenomeni che ci circondano. L’emisfero destro è più specializzato in un’analisi olistica o globale delle cose: la percezione dell’ambiente come coordinate spazio-temporali;
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l’impressione generale suscitata dalla musica, dall’arte, dall’emotività e così via. Taylor si sentiva molto ben disposto nei confronti del suo emisfero sinistro. Nel suo lavoro lo usava moltissimo e gli aveva dato molte soddisfazioni aiutandolo a risolvere casi anche parecchio intricati. Aveva un ottimo emisfero sinistro che però non era così efficiente nel risolvere la sua vita di relazione: “Dovrei far funzionare un po’ di più il mio cervello destro” pensava.
Quando, in quelle sue uscite serali, nuotava per un’oretta o poco più, si accorgeva di una sorta di cambiamento nella sua testa, come se qualcosa scivolasse via e qualcos’altro subentrasse al suo posto. Aveva anche letto che il cervello capta la fatica e il dolore del fisico sottoposto allo sforzo muscolare prolungato e che, in risposta a questo stress, il cervello produce delle sostanze, le endorfine, che hanno la proprietà di mitigare e controbilanciare questo dolore, producendo una sorta di anestesia o di euforia momentanea. Mentre nuotava, pur rimanendo ben cosciente, aveva l’impressione che a mano a mano che lo sforzo del nuoto si intensificava e si prolungava, il suo modo razionale di pensare lasciasse il posto a un modo di pensare che assomiglia di più a quello del sogno che non a quello della veglia.
La differenza tra questi due modi di pensare la descriveva a se stesso con una metafora sulle tessere di un puzzle da ricostituire. Il pensiero razionale era fatto per mettere insieme normali tessere piatte, bidimensionali, con forme, immagini e colori stabili: normalissime tessere da puzzle, insomma. Nel sogno e nel nuoto prolungato invece, le tessere del puzzle potevano assumere forme, immagini e colori instabili: cangianti. Le due dimensioni potevano diventare tre: da piatte che erano, le tessere potevano assumere la forma di solidi. Le normali tessere bidimensionali consentono un’unica soluzione: quella della pura riproduzione dell’immagine originale. Con tessere cangianti come quelle del sogno, le soluzioni possibili diventano infinite: quel che si perde in precisione, si guadagna in potenzialità.
Senza volere troppo eccedere con la metafora, era comunque evidente che, nuotando, le associazioni tra i pensieri diventavano più libere e gli riusciva ogni tanto di intravedere rapporti inusuali tra i dettagli su cui stava ragionando. Questo gli ricordava un’altra cosa che aveva letto sulla libera associazione dei pensieri. Aveva letto che alcune idee particolarmente originali o geniali e, addirittura, anche alcune scoperte scientifiche si erano manifestate alla mente per la prima volta nel bel mezzo del sonno. A Taylor piaceva pensare che il nuoto potesse costituire per i suoi pensieri una sorta di appendice cosciente del sonno che lo aiutava a vedere le cose in modo più creativo, meno rigido, con qualche probabilità in più di trovare soluzioni ai suoi problemi.
Aveva due problemi in testa quella sera. Il primo era il caso Murray: mancavano ancora troppi elementi per farsi un’idea di quello che poteva essere successo, ma avrebbe voluto trovare il modo di cogliere il sottile filo di Arianna che lo conducesse con sicurezza verso una rapida soluzione del caso.
Il secondo era il caso Taylor. Si sentiva parecchio insoddisfatto di sé. Sentiva di avere eluso la questione per troppo
tempo. L’aveva etichettata come irrilevante e rimandabile, pur sapendo benissimo che non era vero. Aveva fatto finta di vivere in un continuo presente: un presente che consente di rimandare i problemi a domani. Ma il tempo se ne infischia dei nostri patetici tentativi di vivere nell’illusione di un presente continuo.
“Il tempo passa e il caso Taylor è sempre aperto,” pensava tra sé e sé: “la situazione si sta facendo grave e urgente”
Chissà perché, gli era venuto il desiderio di parlarne con Chris... una persona nuova intorno a lui … una che sembra disposta ad ascoltare … Era proprio opportuno fare una bella nuotata... liberare la mente…
Giunto in piscina, si era messo il costume, aveva fatto la doccia d’ingresso, aveva
indossato cuffia, occhialini, stringinaso e si era immerso nell’acqua alla temperatura standard: 27°C; abbastanza gradevole. Le prime quattro vasche senza difficoltà; le successive dieci con qualche difficoltà a trovare il ritmo giusto della bracciata, della gambata, della respirazione.
“Questa sera faccio un po’ di fatica,” pensò, ma poi, ingranato il ritmo giusto, andò via liscio come al solito.
Nuotò tranquillo senza fatica per un’ora intera, forse qualcosa di più e, intanto, le tessere del puzzle cambiavano colore e dimensioni e si poteva ragionare con una certa libertà… Sotto
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la doccia calda sentì che stava venendo fuori la fatica. Anche questa volta era stato gradevole nuotare. Si vestì; si pettinò; rimise tutto bella borsa; uscì incamminandosi verso il parcheggio. Mentre apriva la portiera della macchina sentì le voci, poco lontano da lui, di due ragazze che si salutavano. Si voltò. Vide la piccola Chris che faceva un cenno di saluto a un’altra ragazza e saliva in macchina. Taylor la guardò andare via. Rimase qualche minuto pensieroso prima di salire a sua volta in macchina e avviarsi verso casa. Giovedì 21 Ottobre. Menstrie: tenuta di sir Murray. Ore 10.30 circa
Quella mattina, in ufficio, avevano fatto un rapido briefing. Le varie autorizzazioni per i tabulati telefonici, per il sequestro dei documenti, e così via erano tutti alla firma del magistrato e sarebbero arrivate da lì a poco. Munro aveva deciso di inviare alla scientifica la lettera anonima per l’eventuale presenza di impronte digitali o altre tracce utili. Era previsto che in mattinata la scientifica si sarebbe di nuovo recata alla tenuta Murray per effettuare ulteriori campionamenti.
Munro e Taylor arrivarono alla tenuta verso le dieci e mezzo. Nello spiazzo di fianco alla casa c’erano già altre due macchine della polizia: quella della scientifica e quella con cui erano arrivati Fisherman e Anderson per raccogliere, come stabilito la sera precedente, i dettagli sui movimenti della servitù nei giorni immediatamente precedenti la morte di sir Murray.
Taylor suonò alla porta. Dopo pochi secondi fu loro aperto da Chlotilde Cameron. Chlotilde aveva in mano uno strofinaccio che odorava di benzina con cui tentava di
ripulirsi dall’inchiostro con cui erano state prese le impronte digitali e palmari. Aveva un’espressione risentita e addolorata.
“Buongiorno, capitano. Buongiorno, tenente. Scusatemi, sono ancora tutta imbrattata. Sono veramente amareggiata. Mai e poi mai avrei pensato … dopo un’intera vita di servizio … mai mi sarei aspettata di essere sottoposta a questo … come una criminale… Lo sa capitano che sono già venuti dei giornalisti questa mattina? Già: il personaggio famoso… il diritto di cronaca…, ma io non sono tanto sicura che sia giusto che i giornalisti vadano in giro a importunare le persone che soffrono…”
Il capitano Munro, indicando con lo sguardo le mani della cameriera, le sorrise. “Buongiorno, signora Cameron. Via, non si preoccupi per così poco, è solo un po’ di
inchiostro: se si cercano impronte estranee, bisogna che escludiamo le vostre. Purtroppo non ci hanno ancora dato in dotazione gli scanner elettronici: quelli non sporcano.… Quanto ai giornalisti, sta a voi consentirgli o meno di entrare in casa vostra… Sono in casa i fratelli di sir Murray?”
“Si certo. Accomodatevi, vi stanno attendendo in soggiorno. Faccio strada” Mentre attraversavano l’ingresso, Munro indicò a Taylor le stanze sulla destra: “È qui
vero lo studio di sir Murray? È proprio la stanza più vicina all’ingresso. Poi ci fermiamo a dare un’occhiata”
Quando Munro e Taylor, passati per la sala da pranzo, entrarono in soggiorno, lo trovarono vuoto. Bertrand e Muriel Murray erano in giardino e stavano rientrando.
Munro li attese sulla soglia della porta-‐finestra che dava sul giardino. “Sono il capitano Munro. Il mio collega è il tenente Taylor. Permettetemi di
rappresentarvi ancora le più vive condoglianze. Siamo costretti a rubare un po’ del vostro tempo”
Il soggiorno era luminoso. La luce entrava dalla porta-‐finestra, da una larga finestra sulla destra della stanza e dalla finestra della adiacente sala da pranzo. Sotto la finestra più larga, due basse credenze. Accanto alla porta-‐finestra, un armadio e un porta bastoni che fungeva
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anche da porta ombrelli. Due divani in pelle erano addossati alla parete opposta alla porta-‐finestra. A sinistra dei divani, un’antica fuciliera in radica con allineati sei fucili da caccia. Al centro della stanza, un tavolo ovale con attorno sei poltroncine in pelle.
“Splendidi questi fucili,” disse Munro rivolto a sir Bertrand: “Suo fratello era cacciatore?” “Nostro padre era un appassionato cacciatore. Si portava dietro due o tre di questi fucili
quando partiva per i suoi viaggi in Africa, in India, in Indocina. Ci sono dei grossi calibri tra quei fucili. Roba adatta per prede di grandi dimensioni: non per uccelletti di campagna. Qualche volta, da giovani, io e mio fratello andavamo a caccia con lui ma non siamo mai stati dei veri appassionati. Lo si faceva più per passatempo che per cacciare davvero. Anche qui, ogni tanto, in qualche giornata d’autunno non troppo fredda, si andava in giro con il fucile a tracolla. Ma lo si faceva più che altro per passeggiare. Le nostre campagne sono troppo abitate per andare a caccia davvero. E poi, andare a caccia di che cosa: di conigli? Non ci sembrava proprio il caso. Sa… serviva più che altro per passeggiare insieme e come scusa per mantenere in funzione questi vecchi fucili che sono ormai quasi oggetti di antiquariato. Io preferisco i campi da golf ma a Ronald il golf non è mai piaciuto”
Sir Bertrand parlava lentamente, posato, con voce bassa. Sui sessantacinque anni. Alto; magro; vestito sportivo.
“Ma accomodatevi, prego,” prosegui sir Bertrand indicando i divani a suoi ospiti: “io vorrei proprio sedermi, se non vi dispiace”.
Sir Bertrand e la sorella si sedettero su uno dei divani. Munro accostò al divano una poltroncina e vi prese posto. Taylor fece un cenno di ringraziamento ma rimase in piedi vicino al tavolo.
“Mi dica ispettore, allora è vero che Ronald è stato ucciso? È mai possibile una cosa del genere? Perché mai avrebbe dovuto essere ucciso uno che se ne sta tranquillo in casa sua a far niente? Fosse stata una rapina, capirei anche! Ma non è stata una rapina, vero? Non è stato portato via niente, giusto?”
“Sono dolente di dovervi confermare che vostro fratello è stato ucciso. Avvelenato” Munro attese un attimo prima di continuare e cercò di valutare reazioni emotive da
parte dei fratelli. “Molto controllati, i fratelli,” pensò Munro: “nessuna emozione visibile neanche alla parola avvelenato!” Poi, a voce alta, riprese a parlare.
“Se la cosa può essere per voi di qualche consolazione, il patologo ha detto che vostro fratello ha preso improvvisamente conoscenza per una emorragia cerebrale ed è morto poco dopo. Non si è certamente accorto di niente. Non ha minimamente sofferto. Il problema, però, è che l’emorragia è stata provocata. Difficile credere a un avvelenamento accidentale: siamo abbastanza certi che l’avvelenamento sia stato provocato deliberatamente. Crediamo, dunque, si tratti proprio di un omicidio premeditato. Certo, avrebbe anche potuto essersi avvelenato da solo ma … mi chiedo … sa avesse voluto suicidarsi, con questi fucili in casa … avrebbe forse scelto un altro modo per togliersi la vita, non credete? Secondo voi, vostro fratello avrebbe potuto avere qualche ragione per suicidarsi?”
Lady Muriel stava seduta impettita, nervosa, massaggiandosi le mani come se volesse riscaldarsele o giocherellando irrequieta con un sottile anello che portava all’anulare destro.
“Mio fratello era introverso. Difficile che esternasse i suoi sentimenti. Era restio a frequentare la società. Non credo avesse amici. Era così anche da giovane. Faceva le cose per conto suo. Poche relazioni. Pochi sentimenti. Non so se questo potesse essere un’avvisaglia di un latente stato depressivo, ma, tutto sommato, non credo, anche se non mi sentirei di escluderlo in maniera assoluta”
Lady Muriel era una donna ancora abbastanza giovane, sui cinquant’anni. Asciutta e nervosa. Vestita elegantemente. Un tailleur lungo. Una spilla di brillanti. Calze scure. Scarpe eleganti, italiane o francesi, con un tacco relativamente alto.
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“In effetti,” disse Munro, “abbiamo sentito il suo medico. Ci ha detto che vostro fratello stava abbastanza bene. Nessun cenno a possibili stati depressivi. Nessuna prescrizione di farmaci in tal senso. Solo qualche attenzione per vecchi problemi di stomaco. C’era anche una vecchia storia malaria senza attuali strascichi”
“Direi che il quadro corrisponde. Non ho mai sentito Ronald lamentarsi,” disse Bertrand. “Vorremmo chiarire con voi alcuni punti. Siamo venuti in due, il tenente Taylor e io, per
poter procedere più in fretta e per farvi perdere meno tempo possibile. Immagino che abbiate molte cose di cui occuparvi e vorrei proprio disturbarvi il meno possibile. Devo anche avvisarvi che, purtroppo, fin tanto che le indagini non saranno chiuse, dovremo tenere sotto sequestro i beni e le attività di vostro fratello. Se avevate affari in comune con vostro fratello, devo avvisarvi che il sequestro include anche le vostre compartecipazioni in quegli affari. Spero che il disturbo per voi non si prolunghi più di tanto. Quindi, se non vi dispiace, conviene che ci dividiamo in due gruppi. Io mi occuperò di raccogliere la sua deposizione, sir Murray, e il tenente Taylor si occuperà di ascoltare lei, lady Murray”
Bertrand scambiò un’occhiata con la sorella che annuì. “Mi sembra una buona idea. Muriel, tu fermati pure qui in soggiorno, starai più comoda.
Io e il capitano Munro ci trasferiamo qui accanto, nella sala da pranzo. A lor signori va bene così?”
“Perfetto” disse Munro alzandosi e seguendo sir Bertrand il quale, entrato che fu in sala da pranzo, chiuse la porta alle sue spalle. Lady Muriel: tenuta di sir Murray. Ore 12.30 circa
Taylor, che fino a quel momento era rimasto in piedi, si sedette sulla poltroncina lasciata libera da Munro. La scelta della posizione dalla quale interrogare lady Muriel non era stata casuale. Da una parte, mostrando di mettersi in posizione rilassata di fronte a lei cercava di trasmettere tranquillità a lady Muriel mettendola a proprio agio. In secondo luogo, standole seduto proprio di fronte, sapeva di poter ascoltare la sua deposizione anche con gli occhi.
Taylor aveva imparato che ci sono aspetti non verbali nella comunicazione ed è molto importante saperli cogliere. Le parole sono quasi sempre sotto il nostro massimo controllo, in particolare quando siamo interrogati. Cerchiamo di dire le cose in modo chiaro, in modo da farci capire. Però, non sempre diciamo tutto o tutto ciò che pensiamo. Cercare di tenere sotto controllo quello che diciamo è un comportamento spontaneo, normale: figuriamoci, poi, il tipo di controllo che cerchiamo di mettere sulle parole in caso di interrogatorio da parte della polizia! Cerchiamo di evitare di metterci nei guai; cerchiamo di proteggere la memoria del nostro congiunto; cerchiamo di non mettere nei guai qualcuno che ci è caro. Quante cose cerchiamo di fare tenendo sotto controllo le parole mentre rispondiamo!
Rispetto alle parole, le emozioni sono molto meno assoggettabili a un rigido controllo. Le emozioni, anche se cerchiamo di tenerle a freno, sono soggette a riflessi autonomi e si possono estrinsecare in modi diversi: la postura, i movimenti di mani e gambe, il colorito della pelle, la velocità del respiro, la direzione dello sguardo, il tono della voce, la velocità che intercorre tra domanda e risposta, la mimica facciale. Sono tanti i segni di un’emozione, anche fugace, che sfugge al controllo. Un bravo ispettore, aveva imparato Taylor, deve saper cogliere il corollario spontaneo e poco controllabile della comunicazione non verbale. Naturalmente senza eccedere. Sopravvalutare le risposte emotive ci può mandare fuori pista esattamente come il sottovalutarle. L’importante è riuscire a contestualizzare le risposte verbali nel vissuto psicologico di chi si sta interrogando. Più elementi si hanno a disposizione, meglio è.
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“Non vorrei proprio sembrarle scortese, lady Murray: non è galante chiederle quanti anni ha, ma sono rimasto sorpreso nel vederla così giovane. Suo fratello Ronald aveva settantuno anni, se non sbaglio. Lei ha meno di cinquanta”
“Lei maschera di finta galanteria una domanda che a una signora non si dovrebbe fare mai. E poi non capisco bene a che cosa le serve sapere quanti anni ho. La perdono solo perché ha detto che ho meno di cinquant’anni. In verità ne ho cinquantadue. Ronald ne aveva settantuno e Bertrand ne ha sessantasette. Avevo anche un altro fratello, Christopher. Era nato nel 1950; quindi avrebbe sessant’anni oggi ma purtroppo è morto in un incidente d’auto in America quando era ancora uno studente”
“Mi scusi ancora per la scortesia,” proseguì Taylor, “mi serve per inquadrare i vostri rapporti familiari. Lei ha diciannove anni in meno rispetto a sir Ronald e quindici in meno rispetto a suo fratello Bertrand. Quando lei era bambina i suoi fratelli erano già ragazzi grandi. Magari si occupavano poco di lei: dovevano avere interessi molto diversi dai suoi. Era davvero così?”
“Tenente Taylor, se con questo lei vuole pensare che io mi sentissi abbandonata o bistratta dai miei fratelli, si sbaglia di grosso. Con me erano fraterni e paterni nello stesso tempo. Certo, come età ero più vicina al povero Christopher che aveva solo otto anni più di me. Se mai era con lui che ce l’avevo un po’. Lui aveva un’età per cui più facilmente avrebbe potuto giocare con me. Lui però era attratto più dai miei fratelli e dai loro giochi da grande. Si, Christopher mi ha fatto soffrire un po’ da bambina, ma Ronald e Bertrand no. Pensa che non mi rendessi conto della differenza di età? Loro così grandi, io così piccola? Comunque per me quella, finché sono stata bambina, era una condizione naturale. Le ripeto, con me erano insieme fraterni e paterni. Tenga anche conto che mio padre non c’era mai, sempre in giro per il mondo.
“Poi guardi, mio padre è morto che io avevo dodici anni. Christopher ne aveva venti ed era ancora un bamboccione: è sempre stato un bamboccione il povero Christopher! Ronald ve aveva trentuno, Bertrand ventisette. Ero la loro sorellina e anche la loro bambina. Ho quasi avuto altri due padri, ispettore! Ronald, che già allora era serio e chiuso, rappresentava per me una figura paterna seria e severa. Bertrand, che è sempre stato più aperto e fantasioso, era per me la figura di un padre affettuoso”
“Grazie lady Murray: ha espresso con molta chiarezza i rapporti di infanzia con i suoi fratelli. Mi dica: i vostri rapporti, intendo dire i rapporti tra voi fratelli, sono stati buoni anche negli anni successivi? Le spiego meglio la mia domanda. Siete diventati grandi. Ognuno di voi ha avuto la sua vita, ha seguito la sua strada. Vi sarete un po’ persi di vista, immagino. Sir Ronald, mi pare di capire, ha seguito un po’ la carriera di vostro padre, sempre in giro per il mondo. Poi, a partire da una ventina d’anni a questa parte, è tornato qui: quasi una forma di ritiro. Che cosa avete ancora in comune? Vi lega un grande affetto visto che vi riunite spesso tutti insieme sotto questo tetto tanto che per voi, per lei e per suo fratello Bertrand, c’è una stanza sempre pronta?”
“Non trova un po’ riduttivo, tenente, condensare trenta o quarant’anni di vita di un’intera famiglia in poche decine di parole? Come faccio a darle una risposta sintetica?”
“Sono perfettamente d’accordo con lei, lady Muriel. L’eccessiva sintesi distorce la realtà; l’eccessiva semplificazione deforma la verità. Quello che vorrei da lei è una sintesi dei vostri rapporti personali, se crede di poterlo fare”
“Certo che posso, tenente Taylor! Dopo la morte di nostro padre Ronald è stato sempre via per affari. Bertrand si era laureato in lettere. I suoi interessi sono sempre stati le idee degli altri: ‘ogni libro che leggo, è un amico in più’, dice sempre. Ha seguito i suoi interessi a Glasgow dove gestisce una libreria antiquaria, sa: libri, stampe, piccoli oggetti d’arte. Ha lì la sua famiglia e i suoi affari. Bertrand è molto bravo se c’è da occuparsi di libri e di stampe, ma
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quanto a gestire le sue finanze… non è tagliato per queste cose. Quando Ronald si è trasferito qui in modo più stabile, Bertrand si è affidato a lui per la gestione delle sue finanze”
“E lei, lady Murray?” “Questa casa era troppo grande per me e la mamma. Lo stabilimento di mio nonno, il
padre di mia madre, era vicino a Perth. Là avevano anche un paio di negozi e c’era quasi tutta la famiglia materna. Così ci trasferimmo a Perth. Là conobbi il mio futuro marito, dentista a Perth e ricercatore all’Università di Dundee. Là ebbi i miei due figli: il primo, ventitre anni, che studia a Cambridge; l’altro, vent’anni, che studia a Dundee. Sono separata da mio marito. Vedo raramente il mio figlio maggiore e un po’ più frequentemente il minore. I miei figli sono molto indipendenti e io non ho molto da fare a Perth. Per questo, una o due volte la settimana, sono qui. Ronald seguiva volentieri anche le mie finanze. Ero e sono affezionata a questa casa. Qui ci sono ancora alcune vecchie amiche che ogni tanto mi fa piacere vedere”
“È stata qui di recente?” “Sono stata qui l’intero weekend scorso. Sono ritornata a Perth lunedì mattina” “Martedì e mercoledì quindi non è stata qui” “No” “E suo fratello Bertrand quando è stato qui?” “Lui è stato qui da sabato sera a domenica sera: il sabato è il giorno di punta nella sua
libreria” “Le risulta che suo fratello Bertrand sia tornato qui in settimana?” “Non lo so; bisognerebbe chiederlo a lui” “C’era qualche problema con le gestioni finanziarie dei vostri redditi da parte di vostro
fratello?” “Non mi risulta. Lui ci faceva un rapporto trimestrale. Ci interpellava solo se c’erano
decisioni da prendere” “E ultimamente non ci sono state decisioni da prendere?” “No, anche se, il mese scorso, Ronald ci aveva detto che stava facendo delle verifiche
incrociate sulle gestioni dei nostri patrimoni perché una delle banche di cui si serviva gli aveva segnalato qualche anomalia”
“Potrebbe essere più precisa?” “Non molto. Ci disse solo che credeva che Ramsey avesse combinato un piccolo pasticcio
facendo accreditare gli interessi di un fondo su un conto sbagliato. ‘Niente di grave’, aveva aggiunto. Sembra però che Ramsey avesse rimpallato la responsabilità dell’errore sulla banca e a Ronald serviva un po’ di tempo per capire se poteva ancora fidarsi o no di quella banca… o di Ramsey. C’erano di mezzo gli interessi dei nostri investimenti … prima di prendere delle decisioni, doveva capire meglio che cosa era successo… così disse…”
“Si ricorda di che banca stesse parlando?” “No, non ci forniva mai molti dettagli. Solo alla fine dell’anno ci faceva un riassunto dei
fondi e degli interessi di nostra pertinenza. Credo che Ramsey possa darle maggiori dettagli e che, comunque, tra le carte di mio fratello ci sia tutto quel che serve”
“Lei e suo fratello Bertrand dovrete farci avere una copia dei resoconti che vi forniva suo fratello Ronald”
“Nessun problema in merito, tenente. Lei pensa che possa centrarci qualcosa con la morte di Ronald?”
“È troppo presto per fare ipotesi o per delineare scenari: siamo ancora in una fase molto precoce delle indagini. Piuttosto, scusi la banalissima domanda: le risulta che suo fratello avesse nemici?”
“No, non mi risulta: se mi fosse risultato forse avremmo parlato di quella cosa lì e non della mia famiglia: non crede tenente? Mio fratello non era certo un santo: questo è sicuro.
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“Credo che lui e mio padre fossero fatti della stessa pasta. Giravano il mondo per fare affari. Mio nonno fabbricava Tartan a Perth. Non si è quasi mai mosso di li. Commerciava e guadagnava bene. Era rispettabile e tutti gli volevano bene, perfino i suoi operai e suoi commessi. Ma quello era un altro mondo, un mondo che non c’è più.
“Mio padre prima e mio fratello dopo, invece, hanno passato la vita in Africa e non so dove altro per fare affari. Lei può davvero pensare che fossero tutte cose legali, legittime, moralmente ineccepibili? Mia mamma non la pensava così, anche se ha sempre preferito non indagare. Non erano tempi quelli in cui le mogli mettevano il becco negli affari dei mariti. Per rispondere alla sua domanda: no, non so se mio fratello avesse dei nemici ma, se dovessi cercarli, li cercherei nel suo passato”
“Il suo punto di vista è molto chiaro. Però non credo che dobbiamo andare troppo lontano nel tempo, o nello spazio, per cercare la mano che ha provocato la morte di suo fratello, lady Muriel”
“Lei pensa, tenente, a qualcuno in particolare?” “No, mi riferisco alle modalità, all’arma del delitto: il veleno. Per avvelenare qualcuno
bisogna arrivargli molto vicino, o bisogna pagare qualcuno in grado di arrivargli molto, molto vicino”
“Ronald conduceva una vita piuttosto ritirata. Frequentava pochissime persone. Certo è terribile pensare che l’assassino di Ronald potrebbe essere nelle vicinanze, potrebbe muoversi tra noi… Ascolti tenente: io sono convinta che l’assassino venga dal passato di Ronald, dalla sua vita passata, diciamo così, avventurosa. C’è una persona qui che rappresenta il passato di Ronald: questa persona è James Ramsey. Se poi vogliamo aggiungere che Ronald aveva manifestato inquietudine sulla fedeltà di Ramsey… e poi: chi più di Ramsey aveva la possibilità di essere vicino a Ronald quanto basta per poterlo avvelenare…”
“Condivido la logica del suo ragionamento, lady Muriel: però, se fosse stato Ramsey ad avvelenare suo fratello, che motivi avrebbe avuto per insistere che si aprisse un’inchiesta? Avrebbe lasciato archiviare il caso e avrebbe compiuto un delitto perfetto, non è vero?”
“Forse ha ragione, tenente. Ad ogni modo mi sento inquieta, molto inquieta…abbiamo finito adesso? Se non ha altro da chiedermi, vorrei andare a riposarmi un po’…” Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 14 circa
“Così lady Muriel sospetta Ramsey,” disse Munro aprendo una scatola di biscotti e mettendola sulla scrivania a metà strada tra se stesso e Taylor: “Accomodati. Biscotti di Aberlour: Strauberry & Cream, panna e fragola, buoni e sostanziosi”
“Meno male che ieri sera ho fatto un paio di chilometri di nuoto,” sorrise Taylor prendendone uno.
“Che impressione ti ha fatto lady Muriel?” Taylor sospirò. “Personalità complessa. Un’infanzia non facile. La minore di quattro fratelli, tutti
parecchio più anziani di lei. Si ha l’impressione che sia stata uno di quei figli che arrivano del tutto inattesi; sai, quando i genitori ormai non pensano più che ne possano arrivare altri. Diciannove anni dal primo e otto dall’ultimo. Forse si è resa conto di non essere stata una figlia attesa e voluta. Ha certamente patito la differenza di età con i fratelli: ‘loro facevano giochi da grandi’, mi ha detto. Un padre sempre assente che poi, quando lei ha dodici anni, la lascia orfana. Una madre che forse non ha grande stima del marito e che forse un poco, anche, lo teme. Ha un fratello che segue le orme del padre e che riecheggia ai suoi occhi la figura paterna, generando in lei un complicato mix di sentimenti: diffidenza, paura, ma anche
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orgoglio e una forma d’amore più filiale che fraterna. Un altro fratello, che chiama bamboccione, che muore molto giovane. Un terzo fratello, Bertrand, che si occupa, come dice lei, ‘di idee degli altri’, e che vende libri antichi. Un marito da cui si separa.
“Da bambina abbandona Menstrie perché non c’è nulla che la trattenga qui, e si trasferisce a Perth, dove vive la famiglia materna. Una volta separata dal marito però, e con i figli cresciuti, non ha più molto da fare nemmeno a Perth, e si rifugia a Menstrie diverse volte al mese: una specie ritorno alle atmosfere dell’infanzia. Muriel non lascia trasparire trasporto affettivo nei confronti della famiglia, dei figli, dei fratelli. Sembra, per parafrasare Musil, ‘una donna senza qualità’. Questo non vuol dire che sia arida o esente da passioni. Lascia trasparire poco di sé stessa. È intelligente secondo me, molto intelligente. Vorrei dire però che è di una intelligenza di tipo freddo, analitico, se capisci che cosa intendo dire”
Munro si limitò ad annuire. “Veste elegante. Di un’eleganza sobria però e non trascura i dettagli: sono certo
indossasse scarpe italiane. Ci tiene all’esteriorità: forse è l’unica cosa in cui si riconosce. Credo che guardarsi allo specchio, una volta vestita e sistemata per benino, le dia quella fiducia in sé stessa che altrimenti non avrebbe. Esteriorità, come ho detto prima, una forma di pura esteriorità in cui però la forma si trasforma anche in sostanza: un po’ come l’etichetta, il galateo. Non so se rendo l’idea”
Munro continuò ad annuire. “Per quanto riguarda l’uccisione di suo fratello, afferma di non avere sospetti e di non
sapere se suo fratello avesse nemici. Prima punta l’indice lontano, in modo molto indeterminato: ‘io cercherei nel suo passato’. Poi aggiusta subito la mira e spara molto più vicino: ‘c’è una persona qui che rappresenta il passato di Ronald: questa persona è James Ramsey’.
“Sai, Munro, non capisco se butti lì qualche ipotesi a caso, giusto per rispondere alle mie domande. Non capisco neanche fino a che punto sia addolorata per la morte del fratello. Faccio un po’ di fatica a giudicare la persona perché temo di confondere la sua freddezza costituzionale con l’indifferenza… Beh, questo è tutto per quanto riguarda Muriel. E tu… che cosa mi dici di Bertrand?”
Munro si sgranocchiava un biscotto via l’altro. “Un aristocratico, senza dubbio. Quasi la caricatura di un aristocratico. All’apparenza un
uomo serio, tranquillo, abbastanza equilibrato anche se sembra vivere in maniera un po’ distaccata dal mondo reale. Simpatica la definizione della sorella: ‘uno si occupa delle idee degli altri’. Sembra molto interessato ai propri libri e molto meno interessato ai problemi delle proprie finanze, come solo chi possiede molto denaro è in grado di fare. Era molto contento che suo fratello si occupasse degli affari di famiglia, quasi fosse infastidito dall’idea di occuparsi delle proprie sostanze, come se l’occuparsi di faccende venali fosse cosa troppo plebea e non degna per un intellettuale aristocratico”
Si mangiò un altro biscotto e riprese il suo ragguaglio sul colloquio avuto con Bertrand. “Resta da capire se questo suo apparente distacco da l’argent de poche, se così vogliamo
chiamarlo, sia vero o fasullo. Senti un po’, Taylor: se tu fossi davvero poco interessato alle tue sostanze, verresti quasi tutte le settimane da tuo fratello che, al contrario, sembra interessarsi esclusivamente ai propri affari? Non trovi una certa mancanza di coerenza tra quello che Bertrand dice e quello che fa? Indipendentemente da ciò, ho avuto l’impressione che Bertrand fosse affezionato al fratello. Diversi per carattere, forse opposti, però abbastanza vicini come età. Quello che tu dicevi a proposito di Muriel e della differenza di età rispetto ai fratelli, nel caso di Ronald e Bertrand credo abbia avuto un ruolo opposto. Lady Muriel ha detto che ‘loro facevano giochi da grandi’, vero? Sono propenso a credere che questo giocare insieme, da ragazzi, possa avere plasmato un rapporto intenso tra i due. Per quanto poco interessato alla gestione del patrimonio, forse Bertrand frequentava il fratello in virtù del loro vecchio
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rapporto fraterno, per continuare a vederlo giocare un ‘gioco da grandi’, quello dell’uomo d’affari… Anche quelle passeggiate ‘col fucile a tracolla’ … una scusa per passeggiare insieme, facendo, insieme, una cosa da grandi: andare a caccia, anche se solo per finta…. Ogni tanto, i bambini che siamo stati, ritornano….vero Taylor? Proprio come nel caso di questi biscotti: troppo buoni … non ne vuoi ancora uno?... Ma c’è un’altra cosa interessante che è venuta fuori parlando con sir Bertrand…”
Allontanò il più possibile da sé la scatola dei biscotti per come per allontanare la tentazione di mangiarne altri.
“Si tratta di Muriel. Tu mi hai fatto un quadro abbastanza impietoso di lady Muriel: ‘una donna senza qualità’. Ci vai giù pesante, vero Taylor? Mi hai fatto il quadro di una donna sostanzialmente sola, senza riferimenti affettivi certi, abbracciata in qualche modo alla sua esteriorità. Beh! Bertrand mi ha detto che lui e suo fratello la trattavano non tanto come una sorellina ma quanto una figlia o meglio, ha usato queste precise parole: ‘come una piccola bimba che dovevamo sorvegliare e di cui, con nostro padre spesso assente, sentivamo una certa responsabilità’. Mi ha detto che Muriel viveva un po’ come un’appendice della madre e che ha cominciato a staccarsi da lei solo dopo aver conosciuto un giovane dentista, ricercatore all’università di Dundee. Muriel e il dentista si erano sposati. Erano nati i figli. Muriel però non era molto contenta. Forse sperava che essere la moglie di un dentista e di un universitario l’avrebbe fatta sentire parte di un mondo borghese benestante, come era quello della famiglia materna, industriali della lana e del Tartan.
Bertrand mi ha spiegato che però il marito di Muriel faceva il dentista giusto per guadagnarsi la pagnotta. Il suo vero e unico interesse era la ricerca. Come se non bastasse, dice Bertrand, al marito di Muriel non interessava nel modo più assoluto fare la carriera di professore universitario: troppe beghe, troppa politica. A lui piaceva solo studiare e fare ricerca, e questo continua ad essere il suo interesse esclusivo anche adesso che comincia ad avere una certa età. Buon per lui che si diverte, ma la cosa irritava Muriel. Le cose sono arrivate a un punto tale che, per mantenere un certo stile di vita e per mantenere il figlio che è andato a studiare a Cambridge, Muriel ha dovuto cominciare ad attingere al proprio capitale, gestito finanziariamente dal fratello Ronald. Insomma, il marito è stato per Muriel una delusione affettiva ed economica. Muriel è diventata sempre più insofferente, attaccando continuamente il marito per il suo disinteresse all’economia della famiglia. Intendiamoci, secondo Bertrand, Muriel ha una situazione patrimoniale solida e consistente, sia per quanto ereditato dal padre che per quanto le deriva da parte materna. Ma lo scarso interesse del marito per le questioni relative al ‘decoro economico’ familiare, così pare lo chiamasse Muriel, ha fatto sì che i due si siano, alla fine, separati, e che gli aspetti finanziari cominciassero a essere per Muriel una specie di ossessione, quasi una ‘paranoia’, ha detto Bertrand. Per questo non mancava di fare visita a suo fratello, qui a Menstrie, una o due volte la settimana.
“Bertrand ha parlato di paranoia anche a proposito di suo fratello. Ha detto, ‘la paranoia di trovare un’altra casa in Italia’. Quando gli ho chiesto a che cosa si riferisse esattamente, mi ha risposto che Ronald aveva avuto l’impressione di sentirsi osservato, di sentirsi controllato nella sua casa di Roma. Voleva cercare una casa più isolata, in un luogo appartato, un po’ come a Menstrie: un posto che gli desse la possibilità di tenere sotto controllo chi va e chi viene, come se temesse qualcosa. Ronald gli aveva riferito che amici italiani avevano identificato un posto che avrebbe potuto fare al caso suo e che era già in fase di trattativa. Se questo vuol dire che sir Murray aveva paura di qualcosa, alla luce degli eventi, non si può dire che avesse tutti i torti”
“In buona sostanza, Munro, che cosa abbiamo ricavato oggi secondo te?” “Poco più che impressioni! Abbiamo l’impressione che ci sia un fratello, Bertrand,
affezionato al fratello maggiore e scarsamente interessato alle faccende patrimoniali. Uno che
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si occupa di ‘idee altrui’ e di libri. Un soggetto che, se questa impressione corrispondesse alla realtà, non sembrerebbe avere moventi omicidi.
“Dall’altra parte abbiamo una sorella, Muriel, con alcune difficoltà relazionali, per la quale l’apparenza è sostanzialmente importante e che, pur essendo decisamente ricca, vive con una certa difficoltà psicologica il dover attingere al capitale per mantenere quello che lei chiama ‘decoro’. Sembra una persona un po’ problematica, infelice credo, ma non sembra una persona con un movente omicida nei confronti di un fratello che le amministrava, pare anche con successo, le sostanze”
“In definitiva,”disse Taylor alzandosi, “abbiamo acquisito due pezzi del puzzle che ci aiutano a comporre un ipotetico quadro di insieme ma non ci danno un sostanziale abbrivio verso chi e verso che cosa dirigere i sospetti. Credo che, comunque, un elemento concreto lady Muriel ce l’abbia fornito: quella questione della banca, di Ramsey e dell’accredito sul conto sbagliato. Credo che dovremmo gettare le reti in quella direzione.
“Oggi io e la piccola Chris metteremo le mani sulle carte di sir Murray e vedremo anche di risentire Ramsey, anche se continuo a credere che Ramsey non possa essere coinvolto nella morte di Murray perché, senza i suoi sospetti, non saremmo nemmeno qui a indagare … e a mangiare questi tuoi buonissimi biscotti…”
“Taylor, per favore. C’è da tenere sotto pressione la scientifica. Vorrei sapere: primo, se hanno trovato da qualche parte tracce del veleno. Secondo, se nello studio di sir Murray, sulla sua scrivania, sui suoi faldoni, eccetera, ci sono impronte che non siano quelle dello stesso sir Murray. Terzo, se sulla lettera anonima ci sono impronte identificabili che non siano le mie o le tue. Inoltre vorrei sapere dai colleghi di Stirling se hanno già qualche elemento sul 18 di Wellington Road. Non c’è bisogno che te ne occupi tu personalmente: chiedi a Fisherman e a Anderson di farlo e chiedi loro anche se sono riusciti a ricostruire i movimenti di Ramsey e delle cameriere. Naturalmente, è tutto urgente. Ah… un’ultima cosa: bisogna chiamare quell’impiegato di Londra, quel Brian Padlock, l’agente immobiliare. Ci deve mandare al più presto, via e-‐mail o per corriere espresso, tutta la documentazione sulla casa in Italia per la quale Murray era in trattativa. A dopo” Menstrie: tenuta di sir Murray. Ore 9.00 in punto
“Sono Ann Margaret Drummond, del Chronicle. Mi potrebbe aprire per favore? Non voglio disturbare: dovrei rivolgere solo un paio di domande a Mr. Ramsey”
Annie si era presentata alla tenuta di sir Murray alle nove in punto. “Ramsey in persona che parla. I signori non intendono parlare con nessuno” “No, no: non li voglio disturbare, ci mancherebbe altro… mi rendo conto… Le chiederei
solo la cortesia di rispondere lei stesso a qualche domanda. Sa, devo scrivere una breve cronaca e non vorrei scrivere cose inesatte… cose che potrebbero offendere qualcuno: sa … girano voci giù in città …”
“Le apro, ma non posso farla entrare… i signori non gradirebbero … la aspetto nel parcheggio di lato alla casa: segua il vialetto”
Ann non era venuta alla tenuta per scrivere un pezzo di cronaca. E nemmeno aveva avuto sentore di strane voci sul caso Murray. La scusa, comunque, era verosimile perché c’è sempre chi si fa strane idee o si figura i più immaginifici scenari quando un delitto irrompe nella tua comunità, figurarsi in una piccola comunità di campagna.
Si era presentata alla tenuta per prendere contatto con la situazione reale: con i luoghi, con le persone. In modo particolare voleva incontrare personalmente Ramsey che le
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sembrava l’unica persona che potesse, consapevolmente o meno, suggerirle qualche traccia per iniziare a indagare su sir Murray: la persona, gli affari, i retroscena.
“Piacere, Ann Margaret Drummond: Mr. Ramsey, immagino” “Ramsey in persona: piacere. Non ho molto tempo per lei, signorina Drummond: di che
voci stava parlando?” “Quando succede qualcosa del genere si scatena una ridda di voci incontrollabili. Una,
per esempio, è che sia implacata un’amante gelosa…” “Ma mi faccia il piacere! Non vorrà dare credito a una cretinata del genere!” “Vede, Mr. Ramsey che ho fatto bene a venire a parlarle? Così possiamo subito affermare
che quella dell’amate gelosa è una voce destituita di ogni credibilità” “No. È solo una grandissima cretinata. Lo scriva pure questo!” Ramsey era irritato. “Bene,” pensava Ann: “l’aggancio ha funzionato” “Mr. Ramsey, le dispiace se, mentre parliamo, scatto qualche foto?” Si era portata una piccola macchina fotografica digitale, compatta, dotata di un buon
grandangolo. “Faccia pure signorina Drummond, ma solo qui fuori. L’interno della casa è off-limit. Ci
sono ancora i sigilli. Ora mi scusi un attimo: devo vedere chi sta arrivando” Ramsey era rientrato in casa per parlare al citofono. Ann ne approfittò per estrarre la
macchina fotografica. Fece un paio di riprese poi, mentre Ramsey stava tornando da lei, scattò un’altra foto avendo cura di includere nell’inquadratura, utilizzando lo zoom, un bel primo piano di Ramsey.
“Sta arrivando la polizia scientifica” disse Ramsey quando le fu vicino. “Allora metto via la macchina fotografica,” disse Ann riponendo la macchina nella borsa:
“non vorrei che i poliziotti si infastidissero vedendomi fotografare qui in giro. Un’altra delle voci che ho sentito giù in città, chiacchiere da bar sicuramente, è che sir Murray faceva una vita riservata perché aveva qualcosa da nascondere”
“Altra cretinata. Certo che se la gente giù in città dice tutte queste cretinate allora, aveva proprio ragione sir Murray ad essere riservato, a non mescolarsi con quegli imbecilli! Se uno se ne sta volentieri per conto suo, allora deve avere per forza qualcosa da nascondere? Proprio una bella cretinata! Ne ha altre di questo genere da farmi sentire signorina Drummond?”
“Si, ce ne sarebbe un’altra ma non so bene come dirglielo, perché la riguarda personalmente”
“Ne ho viste e ne ho sentite parecchie nella mia vita, signorina Drummond. Non abbia timore, spari anche questa”
“C’è chi dice che lei ha un’aria sospetta. Che lei non è di queste parti. Sa com’è, la gente di campagna è sempre sospettosa nei confronti di chi viene da fuori. A proposito, Mr. Ramsey, era al servizio di sir Murray da molto tempo?”
“Si, ne ho già parlato anche con la polizia. Sir Murray ad io ci siamo incontrati molte volte in passato. Parlo di trent’anni fa. Io lavoravo in ambienti consolari all’epoca. Ho vissuto all’estero per molti anni. Dovevo parlare in francese, in tedesco, in italiano e me la cavavo un po’ anche con l’arabo e con lo suiri, si immagini un po’… Può darsi che il mio accento, in effetti, possa avere risentito di tutti quegli anni all’estero ...
“Una ventina d’anni fa sir Murray decise che era ora di tirare i remi in barca e di gestire i suoi affari comodamente da casa. Aveva perso l’entusiasmo per il lavoro sul campo, sempre in giro per il mondo. Aveva accumulato una certa fortuna. Desiderava amministrare il suo patrimonio. Anch’io ero stufo di una vita senza radici. Così, parlando dei nostri reciproci desideri, saltò fuori la proposta di trasferirci entrambi qui nella sua tenuta dove io avrei potuto dargli una mano a tenere ordine negli affari e, nel contempo, avrei potuto seguire la
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conduzione della tenuta. Ed eccomi qua senza alcun rimpianto per essere stato al suo fianco per tutto questo tempo. Se la gente è così piccola, meschina e ignorante del mondo da essere sospettosa di tutti quelli che vengono da fuori, questo non è affar mio e non mi sfiora minimamente”
“Ancora una cosa, Mr. Ramsey. Di che cosa si occupava sir Ramsey quando lavorava, come ha detto lei, sul campo?”
“Non credo di essere autorizzato a parlarne e non ne so neanche tantissimo, signorina Drummond, era tanto tempo fa. Erano più o meno gli stessi affari di cui si occupava suo padre, sir George: si trattava di intermediazioni finanziare. Negli ultimi vent’anni si è limitato ad amministrare il patrimonio ed era così bravo che amministrava anche le sostanze dei fratelli. Era bravo in questo mestiere. Ora credo di dover rientrare…”
“Un’ultima cosa, Mr. Ramsey, se non le dispiace. Lei che idea si è fatto? Che sospetti ha?” “Ha qualche cosa a che vedere con l’articolo che deve scrivere, signorina Drummond,
quello che penso io?” “Non necessariamente, ma…” “Giusto. Non necessariamente. Non penso niente e non sospetto nessuno. Sono anch’io in
attesa che la polizia scopra chi è stato. Ora, se non le dispiace, dovrei proprio andare. Ah… se ascoltasse altre cretinate giù in città, non le ascolti. Se proprio ha qualche dubbio, mi dia una telefonata. Arrivederci. Le apro il cancello”
Ann uscì dalla tenuta molto soddisfatta. Non si aspettava di ottenere di più. Aveva avuto la conferma che la matrice del delitto poteva affondare le radici nel passato, un passato comune a sir Murray e a Ramsey. Aveva avuto la conferma che sir Murray muoveva finanziariamente risorse importanti e che Ramsey, in qualità di aiutante di campo, doveva essere al corrente delle operazioni di sir Murray.
Era anche riuscita a fotografare Ramsey: sperava che questo le sarebbe tornato utile. Ann pensava anche che avrebbe dovuto scaricare la foto di Ramsey in un programma di morphing fotografico e vedere se riusciva a ricostruire il volto che Ramsey avrebbe potuto avere una trentina di anni prima.
Ora veniva la parte più difficile. Avrebbe dovuto cercare di sapere che genere di affari erano soliti trattare sir Murray e Ramsey quando entrambi lavoravano sul campo. Che rapporti c’erano a quel tempo tra quei due? E che rapporti c’erano, adesso, tra un riservato aristocratico signore di campagna e il suo improbabile maggiordomo? Si prospettava un eccitante lavoro da segugio: cercare le fonti … vagliare il materiale …
e-mail da Brian Padlock, Fine Estate Ltd, Londra. Ore 17.15 Giovedì 21 ottobre 2010, 17:15 Da: "Brian Padlock" <[email protected]> A: "[email protected]" <[email protected]> Gentilissimo Capitano Allan Munro, rispondo immediatamente alla vostra richiesta di delucidazioni in merito alla trattativa che avevamo in corso con sir Ronald A. Murray, Menstrie, Clackmannanshire, Regno Unito.
A nome della Direzione Generale della La FineEstate Ltd, Londra, Le riconfermo il desiderio di collaborare alle Vostre indagini fornendo tutte le informazioni che riterrete necessarie. La Direzione Generale è lieta di collaborare ed esprime un ringraziamento formale per aver richiesto l’invio delle informazioni a Voi necessarie tramite posta elettronica, limitando al minimo l’impegno di tempo per il nostro personale.
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Quanto vi viene comunicato con la presente e-mail può contenere informazioni sensibili. Siamo certi che il trattamento di queste informazioni da parte Vostra avverrà secondo i criteri
di riservatezza imposti dalla legge. L’oggetto della trattativa era la cessione a sir R.A. Murray di una villa su due piani sita in
località San Sepolcro, Toscana, Italia. Sir Murray aveva avuto l’indirizzo del proprietario della villa, il Conte Vittore Castelrosso di
San Sepolcro, da parte di conoscenti romani. Il nostro compito era di quello di metterci in contatto col proprietario, di verificare alcuni requisiti della casa, di trovare un congruo accordo economico che soddisfacesse entrambe le parti.
Quanto ai requisiti della casa, sir Murray desiderava la piena documentazione riguardante le seguenti caratteristiche: accessibilità stradale e ferroviaria; presenza di barriere fisiche anti-intrusione sia a livello degli accessi alla proprietà che della casa vera e propria; presenza e tipologia di sistemi di allarme; disponibilità di almeno due linee telefoniche; presenza di almeno tre stanze per gli ospiti; possibilità di alloggiare un proprio dipendente; presenza e affidabilità di servitù locale; disponibilità di un’auto privata ed eventualmente anche di un autista. Sir Murray ci aveva anche chiesto di verificare i tempi di percorrenza tra San Sepolcro e Roma e tra San Sepolcro e San Marino: desiderava risiedere in una località più o meno equidistante dalle due località. Tra i requisiti essenziali della casa, oltre ai sistemi di sicurezza e anti-intrusione, c’era che la casa fosse sufficientemente isolata, preferibilmente su una collina da cui si potesse dominare visivamente la strada di accesso ma che fosse, nello stesso tempo, abbastanza protetta alla vista dall’esterno, eventualmente da filari di alberi. Questo è stato il mandato principale.
Sir Murray ci ha richiesto anche due altri servigi, per così dire, di carattere riservato. Il primo era raccogliere informazioni sul proprietario: affidabilità commerciale, solidità economica, eventuali trascorsi o pendenze penali. Non voleva avere rapporti con persone in qualche modo non affidabili da qualsiasi punto di vista. Il secondo compito era quello di effettuare, dopo la stipula del contratto, una ricerca e una eventuale decontaminazione di strumenti di intercettazione ambientale. Ci aveva detto di avere avuto spiacevoli esperienze in passato, esperienze che voleva evitare di ripetere.
Per quanto di nostra competenza, abbiamo verificato i requisiti e le dotazioni della casa. Tutto era risultato piuttosto in linea con le particolari richieste di sir Murray. Rimaneva solo da
installare una seconda linea telefonica e, eventualmente, un sistema di allarme per l’esterno della casa: videocamere o sensori di movimento. Il padrone di casa era più favorevole alle videocamere. Infatti, possedendo tre grossi cani da guardia, un rottweiler e una coppia di mastini napoletani, riteneva che l’esterno della casa fosse sufficientemente protetto e, soprattutto, che il sistema di sensori fosse controindicato con i cani sempre in movimento.
Abbiamo anche verificato i tempi di percorrenza, in auto, da San Sepolcro a Roma e a San Marino. Entrambe le località sono raggiungibili in poco meno di tre ore partendo da San Sepolcro. Nessun problema particolare riguardo al personale di servizio. Sul posto era presente personale di fiducia del Conte Vittore Rosso di San Secondo che poteva essere messo a completa disposizione di sir Murray, il quale poteva portare personale di propria fiducia o reclutare sul posto personale referenziato attraverso agenzie locali.
Per quanto riguarda infine le cosiddette informazioni riservate, ci siamo affidati a una nota agenzia locale specializzata. Quest’agenzia ci ha fornito un rapporto che fa parte della documentazione che Vi alleghiamo. Per quanto concerne la ricerca di strumenti di intercettazione ambientale, questa agenzia ci ha fornito un preventivo che avremmo provveduto a trasmettere a sir Murray.
Si allegano alla presente lettera due documenti: uno su San Sepolcro, redatta da noi stessi, l’altro sul proprietario della tenuta, Conte Vittore Rosso di San Sepolcro, redatta dall’agenzia di informazioni nostra fiduciaria in Italia.
Rimaniamo a Vostra disposizione e porgiamo i più distinti saluti. Sinceramente Vostro Brian Padlock per conto di FineEstate Ltd, Londra
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Documento #1. San Sepolcro.doc San Sepolcro: località in provincia di Arezzo, Toscana. Il nome della cittadina sembra derivare da reliquie provenienti dal Sacro Sepolcro di Gerusalemme. San Sepolcro è situato strategicamente sulla linea di confine tra quattro importanti regioni dell’Italia centrale: Toscana, Umbria, Marche, Emilia Romagna. Per questa posizione strategica San Sepolcro è stata spesso al centro delle contese territoriali tra potentati locali. Nel 1520, Papa Leone X vi stabilì una sede vescovile facendo di San Sepolcro un avamposto strategico papale all’interno dello stato fiorentino. Forte è l’impronta lasciata dalle congregazioni religiose che hanno avuto un potere politico ed economico importante, in particolare i benedettini camaldolesi. Questi hanno svolto per secoli, e svolgono tuttora, un’intensa opera di collegamento tra curia romana e cristiani anglicani. Questi canali di collegamento sono stati anche utilizzati come canali privilegiati in situazioni di politica internazionale anche molto difficili. Dal punto di vista residenziale, San Sepolcro è invidiabile per bellezza, clima, cucina, opere d’arte (per esempio vi nacque e vi operò Pier della Francesca). Buona connettività con Roma, Firenze e San Marino. Documento #2. Vittore Rosso San Sepolcro.doc Vittore Rosso di San Sepolcro. La famiglia Rosso di San Sepolcro origina da un ramo della famiglia fiorentina Del Rosso. Alcuni Del Rosso furono priori di Firenze; essi si opposero ai Medici ai tempi della costituzione della Repubblica fiorentina nel 1527. Dopo la sconfitta repubblicana, alcuni membri della famiglia si rifugiarono a San Sepolcro. Col tempo, il nome degli eredi della famiglia Del Rosso si è trasformato in Rosso e, ancora in seguito, in Rosso di San Sepolcro. Vittore Rosso di San Sepolcro è noto in paese e tra i suoi amici come “il Conte”. Non risulta però alcun ascendente nobiliare anche se pare esistere una bolla papale di Papa Giulio III, nativo di San Savino, non molto lontano da San Sepolcro, in cui si concede alla famiglia Del Rosso uno speciale salvacondotto senza vincoli temporali per l’accesso al Vaticano. I Rosso di San Sepolcro hanno sempre goduto di ottima accoglienza in ambito Vaticano. Per quanto riguarda personalmente Vittore, è nota la sua frequentazione con referenti dello IOR, la banca del Vaticano appunto, e con referenti di alcune banche Sanmarinesi. Per quanto riguarda le specifiche richieste di informazione su affidabilità commerciale e solidità economica, si può certamente rispondere che Vittore Rosso di San Sepolcro dispone di ampio credito e non vi sono elementi per sospettare incrinature nella sua solidità economica. Vittore Rosso di San Sepolcro non risulta avere avuto problemi con la giustizia. Come è noto, anche dopo la non trasparente gestione Marcinkus dello IOR (la banca vaticana), sono state effettuate indagini da parte della magistratura italiana sulla banca vaticana per comportamenti sospetti in relazione a movimenti, attraverso società fittizie off-shore, di cospicui capitali ritenuti collegati a operazioni di riciclaggio di denaro sporco, compiuto con la complicità tra prelati vaticani, uomini politici italiani e uomini d’affari in odore di mafia. Alcuni referenti di Vittore Rosso di san Sepolcro in Vaticano sono stati sfiorati da queste indagini. Per la verità, nessuna di queste indagini è mai approdata a processo. Nessun problema, infine, riguardo alla decontaminazione ambientale: per l’agenzia trattasi di pura routine. È disponibile per il cliente una bozza di preventivo. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 17.30 circa
Munro aveva in mano alcune copie della e-‐mail dell’agenzia immobiliare da distribuire ai suoi collaboratori. Ne diede una copia a Fisherman.
“Tieni Fisherman, fammi sapere cosa ne pensi. Notizie dalla scientifica?” “No capo, s’è n’è occupato Anderson che ora non c’è perché è di turno questa notte.
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Prima di uscire però mi ha riferito che, per quanto riguarda le impronte, gli esiti arriveranno domani. Per le tracce di veleno potrebbe volerci un po’ di più: dopodomani probabilmente ”
“E i colleghi di Stirling ci sanno dire qualcosa su Wellington Road?” “Si, o meglio, no. Si, nel senso che hanno cominciato le loro verifiche. No, nel senso che
non è stato trovato niente di strano. “Al 18 di Wellington Road c’è un unico portone che dà accesso a due piccole palazzine
gemelle, di tre piani, separate da un cortile interno. Una delle due palazzine è interamente occupata da un distaccamento del Dipartimento di Scienze Motorie dell’Università: la scuola di masso-‐fisioterapia… pare sia una scuola molto rinomata…
“Nell’altra palazzina ci sono sei appartamenti civili. Di questi appartamenti, due sono occupati da due anziane signore, entrambe vedove; uno è occupato da tre studenti; uno è occupato da una coppia di giovanotti gay che possiedono un negozio di antiquariato nel centro di Stirling. Degli altri due appartamenti, uno è occupato da una famiglia di due persone, madre sui quarant’anni e figlia sui sedici anni, niente padre. L’ultimo appartamento è vuoto.
“I colleghi di Stirling mi hanno detto che, se non ci saranno emergenze, metteranno sotto controllo la palazzina e ci faranno avere un primo rapporto domani”
“E i movimenti della servitù di Murray, l’avete ricostruiti?” “Sto completando il rapporto, capitano. Siamo andati indietro fino al martedì precedente
quello della morte di sir Murray. C’è qualcosa anche sui movimenti di sir Bertrand e di lady Muriel. Questa sera, prima di uscire, le metto il rapporto sul tavolo. Ad ogni modo, capitano, mi sembra che non ci sia nulla di rilevante: apparentemente solo movimenti abitudinari”
“Grazie, Fisherman. Dai una copia del rapporto anche agli altri e fai lo stesso col rapporto che ti manderanno i colleghi da Stirling. Hai visto in giro Taylor?”
“Si capitano, è nel suo ufficio con la piccola Chris. Stanno esaminando le carte requisite nello studio di sir Murray”
Munro si affacciò all’ufficio di Taylor: “Posso entrare?” “Avanti, avanti! Non abbiamo niente da nascondere!” esclamò Taylor con tono brusco. “Se vuoi accomodarti, qui ce n’è per tutti ...!” Accogliendo Munro, Taylor si era buttato all’indietro sulla sedia, aveva sollevato le
braccia ben distese sopra la testa e le aveva stirate a lungo, sbuffando rumorosamente. Christina, meno plateale, si era alzata dalla sedia e si sgranchiva le gambe, passando ripetutamente il palmo delle mani sulla gonna, nell’atto di far sparire delle piegoline invisibili della stoffa che solo lei era in grado di percepire.
“È difficile raccapezzarsi tra queste carte, capo” “Qual è la difficoltà?” chiese Munro, indicando le carte sparse sulla scrivania di Taylor. Taylor fece cenno di rispondere, ma si trattenne per qualche secondo, cercando le parole
giuste per descrivere la situazione. “Ci sono due principali difficoltà: la prima è cercare di capire perché certe cose sono
archiviate in un certo modo: è la difficoltà di entrare in una parte della mente di sir Murray. La seconda difficoltà è che i dati per noi più importanti, i riscontri oggettivi, mancano del tutto o sono criptici. Guarda, Munro: niente di più eloquente di un esempio pratico”
Taylor prese uno dei faldoni che era sulla scrivania: sulla costa la scritta MURIEL. “Ecco qua,” riprese Taylor: “… Muriel. Lo apro e trovo un foto di famiglia. C’è una data:
1969. Dietro c’è una scritta: Muriel, un anno. Nella foto si vedono due adulti, il padre a destra e la madre, a sinistra, con in braccio una bambina: Muriel appunto. I quattro figli a scalare da destra a sinistra con sopra, in penna, le scritte: Ronald, Bertrand, Christopher, Muriel che è, appunto, in braccio alla mamma. Perché i nomi dei fratelli, e anche il proprio, scritti sulla foto? Che cosa significa questo? Paura di dimenticarsi i nomi o le facce dei propri fratelli? Una foto ad uso dei posteri? Bah! Proseguiamo. La foto di una bicicletta appoggiata a un muro. Nessuna
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scritta. Nessuna data. Andiamo avanti. Una pagella di Muriel a nove anni. Ottimi voti. Andiamo avanti. Una ciocca di capelli ricci. Nessuna scritta, nessuna data. Andiamo avanti. Una foto di classe, con le ragazze disposte su quattro file. Dietro la foto, firme e disegnini ovunque. Davanti, un viso circolettato: Muriel, molto probabilmente. Una foto dei quattro fratelli seduti sul bordo di una piscina: di nuovo i quattro nomi scritti a penna sulla foto. Andiamo avanti! Una lettera di Muriel, busta inclusa: data 1989. Sulla busta l’indirizzo: Mr. Ronald A. Murray, Country Lodge Hotel, Freetown, Sierra Leone. La lettera inizia così: ‘Perth, 12 marzo 1989. Fratellone, sai la novità? Sono incinta’. Detto per inciso, non sarebbe stato più carino dire al proprio fratello qualcosa come ‘aspetto un bambino’ invece di dire ‘sono incinta’? Ma andiamo avanti.
“L’indicazione di una data, ma non dell’ammontare, di un bonifico bancario; poi una di un fido; poi il nome di un fondo di investimento con l’indicazione di una data di acquisto ma senza indicazione delle quote acquistate o del controvalore economico. E poi avanti così: un altro bonifico; poi un altro e finalmente la copia di una bonifico eseguito da una banca di Saint Peter Port, Guernsey, UK. Quest’ultimo bonifico è abbastanza recente.
“In questo faldone, dopo alcuni ricordi di famiglia e accenni a una sorta di biografia, da un certo momento in poi si affastellano solo riferimenti a operazioni bancarie, foglietti con codici, con numeri, indirizzi; foglietti con sopra scritto ‘dare’ o ‘avere’ ma non si capisce assolutamente chi deve ‘dare’ o ‘avere’ e, soprattutto, quanto deve ‘dare’ o ‘avere’!
“Questi faldoni sembrano un misto tra un album di ricordi e il libro mastro di un usuraio: una sorta di partita doppia criptata. Se non troviamo una chiave di lettura, una specie di stele di Rosetta, non andremo molto lontano, caro Munro!”
Taylor si passò una mano sulla fronte, quasi stesse davvero sudando. “Sembra che, da un certo momento in poi, i rapporti tra sir Murray e sua sorella siano
diventati esclusivamente finanziari: da un certo momento in poi, solo rapporti di dare e avere. Più nulla di personale, nulla di biografico, nulla di qualche valore affettivo. Solo appunti finanziari criptici.
“Vorrei capire qualcosa di più su questa storia. Sia sulla storia affettiva tra fratello e sorella, sia sui rapporti economici, di cui si capisce proprio poco. Non vi sono elementi per capire l’ammontare e la tipologia delle transazioni. Nessuna traccia di quelle copie dei report periodici di cui ci ha parlato lady Muriel. Questi report o non sono mai esistiti, o non sono veritieri, oppure non è questo l’archivio giusto dove cercarli. Quello che intendo dire, Munro, è che è molto difficile leggere la storia contenuta in questo faldone.
“Questa è la situazione Munro. Difficile, molto difficile; perché, vedi, molti dei faldoni cui abbiamo dato un occhio, sono fatti nello stesso modo. Come diceva Ramsey a proposito dell’ordine con cui Murray sistemava le sue cose? ‘Cose che hanno un senso profondo del tempo e dello spazio da cui ogni oggetto proviene’. Forse questo senso è troppo profondo per noi.
“Credo che per capire meglio le cose dovremo convocare Ramsey e studiare bene il suo archivio. Era segretario di Murray dopotutto: magari aveva un modo meno personale di archiviare le carte”
“Avete ragione: Ramsey va sentito al più presto. Avete notato anche voi anche voi quello che ho notato io nelle carte che mi avete appena mostrato?”
“Se ti riferisci alla Sierra Leone e alla Banca di Saint Peter Port, si: abbiamo notato. Sono piccoli indizi di qualche interesse. Ora io e Chris cercheremo ancora un po’ tra queste carte per trovare qualche altro indizio e per prepararci una serie di domande per Ramsey”
“Taylor, Chris,” disse Munro mentre usciva, “vi ho mandato la e-‐mail che ci ha spedito l’immobiliarista di Londra. Fisherman vi farà avere il rapporto sulla ricostruzione dei movimenti della servitù di sir Murray. Date un’occhiata a entrambe le cose, se non siete troppo stanchi. A domani, e buona fortuna con quelle carte!”
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Erano già usciti tutti quando Fisherman posò sulle scrivanie dei colleghi il suo rapporto, allegando un bigliettino: ‘ecco qui i movimenti di casa Murray secondo la ricostruzione fatta da me e da Anderson’ Rapporto: Movimenti Personale di Casa Murray, Ottobre 2010 Martedì 12 Ramsay ore 11-12: ufficio postale; ore 22-01: pub Hammerton (cuoca) ore 10-12: spesa e mercato;
ore 16-19: chiesa episcopale Cullen (cameriera 1) ore 16-19: visita a familiari Cameron (cameriera 2) sempre a casa Sir Murray assente tutto il giorno (Londra) Bertrand Murray assente Muriel Murray assente Mercoledì 13 Ramsay sempre a casa Hammerton ore 10-12: spesa Cullen sempre a casa Cameron ore 14-16: Stirling per spese personali Sir Murray ore 10-12: dal Rettore Università di Stirling;
16-19 fuori casa (non si sa dove) Bertrand Murray assente Muriel Murray presente dalle 16 di mercoledì fino ore 12 di giovedì Giovedì 14 Ramsay ore 10-12: Stirling per spese personali;
ore 22-01 visita amici e pub Hammerton ore 10-11: spesa; 14-16: chiesa episcopale;
ore16.30 -18.30: visita a familiari Cullen ore 15-17: spese personali a Munstrie Cameron sempre a casa Sir Murray ore 16-19 fuori casa (non si sa dove) Bertrand Murray assente Muriel Murray presente fino a ore 12 Venerdì 15 Ramsay ore 11-12: banca e ufficio postale;
ore 17-19 spese personali Hammerton ore 10-12: spesa e mercato Cullen sempre a casa Cameron sempre a casa Sir Murray sempre a casa Bertrand Murray assente Muriel Murray assente Sabato 16 Ramsay sempre a casa Hammerton ore 9-10: spesa; 17-18: chiesa episcopale;
19 -22.30: visita a familiari Cullen ore 16-18: spese personali Cameron sempre a casa Sir Murray ore 10-12: passeggiata (?) Bertrand Murray dalle 20 fino a lunedì ore 9 Muriel Murray presente dalle 16 fino a lunedì ore 15;
ore 17-19 visita a Mrs. Dickinson
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Domenica 17 Ramsay ore 10-12 passeggiata; ore 16-24 amici e pub Hammerton ore 10-11: chiesa; 12 -22.30: in famiglia Cullen ore 10-11: chiesa; 12-16: in famiglia Cameron ore 10-11: chiesa Sir Murray ore 10-12: passeggiata con Bertrand
ore 17-20: con Muriel in visita a Mrs. Dickinson Bertrand Murray ore 10-12: passeggiata con sir Murray Muriel Murray ore 10-11: chiesa
ore 17-20: con sir Murray in visita a Mrs Dickinson Lunedì 18 Ramsay sempre a casa Hammerton ore 9-11: spesa e mercato Cullen sempre a casa Cameron sempre a casa Sir Murray sempre a casa Bertrand Murray partito ore 9 Muriel Murray in casa fino a ore 16 Martedì 19 Ramsay ore 22-24: pub Hammerton ore 10-12: spesa e mercato; ore 16-17: chiesa episcopale;
ore 17.30- 18.30 visita parenti Cullen ore 14-16: spese personali Cameron sempre a casa Sir Murray ore 9-12: fuori casa (non si sa dove) Bertrand Murray assente Muriel Murray assente Mad Man Pub. Ore 23.15 circa
Taylor e Chris erano rimasti in ufficio fin quasi alle undici. Avevano esaminato diversi faldoni. Per ciascuno avevano cercato di ricostruire, o forse era meglio dire immaginare, il tipo di storia avrebbe potuto prendere vita da quei documenti.
Ogni documento rappresenta un’azione. Un faldone pieno di documenti contiene una serie di singole azioni: frammenti separati, si presume, di un unicum: una persona, un periodo, un’attività… Mettendo in ordine i documenti di un faldone, si dovrebbe poter ri-‐disegnare una storia composta da singole azioni tra loro coerenti. Come un film, che è la rappresentazione dinamica di una serie di rappresentazioni statiche: i fotogrammi Oppure come nel fumetto, dove le scene rappresentate sono poche rispetto a quelle del film ma sono fortemente interconnesse da un filo conduttore che si genera, e si auto mantiene, procedendo da una vignetta alla successiva.
Avendo in mente queste analogie, Taylor e Christina si erano messi al lavoro sui faldoni di sir Murray. Si aspettavano che, consacrandoci la giusta quantità di tempo, pazienza e dedizione, avrebbero potuto estrarre ricostruzioni verosimili dell’attività di sir Murray. Niente di più illusorio.
L’esame del contenuto dei faldoni di sir Murray era stato sconfortante: un misto di coerenza e di incoerenza che risultava frustrante perché impediva ogni tentativo di ricostruzione di un qualsivoglia contenuto sensato. Alcuni documenti erano ordinati cronologicamente. Per altri la cronologia non era verificabile perché mancava qualunque elemento di riferimento. Alcuni documenti sembravano essere stati inseriti nei faldoni in modo del tutto casuale. Fu presto evidente però, non senza una certa sorpresa per Taylor e
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per Christina, che la disposizione di certi documenti all’interno dei faldoni non era dovuta al caso o alla negligenza ma alla precisa volontà di sir Murray.
La faccenda era quanto mai complicata. C’erano documenti che potevano essere messi in fila a costituire una linea temporale di
eventi. Questa linearità però veniva frammentata e scompigliata da altri elementi che sembravano del tutto fuori contesto. Un esempio per tutti: in un faldone intitolato 2006-2007, che cosa ci facevano, nell’ordine, la fotografia di una pista sabbiosa per l’atterraggio di piccoli velivoli ai margini di quel che sembrava una foresta, uno scontrino del ristorante Guy Savoy di Rue Troyon a Parigi e una cartolina del Colosseo di Roma, inseriti tra la copia di un assegno intestato a FineEstate Ltd e un foglietto, stilato a mano, riportante la scritta, evidentemente cifrata, GAUL4021SAUBS2517238? In quale contesto e in quale relazione potevano essere collocati, e interpretarti, quei cinque elementi: l’assegno, la foto, lo scontrino, la cartolina e il codice cifrato? Non che fosse del tutto impossibile fare ipotesi per collegare i diversi elementi, ma ogni ipotesi rimaneva pura congettura senza possibilità di verifica.
Situazioni simili, ovvero sequenze di elementi tra loro apparentemente poco coerenti, si ripetevano troppo frequentemente e con troppa regolarità all’interno dei vari faldoni per non essere notate da Taylor e da Christina come una costante del metodo di archiviazione di sir Murray. Notare la stranezza e capirla però sono due capitoli diversi.
Taylor e Christina si erano trovati d’accordo che dovevano esserci solo due possibilità per interpretare quelle stranezze ricorrenti. La prima era che Murray inserisse deliberatamente, tra i suoi documenti, elementi di disturbo messi lì con l’unico scopo di rendere più difficile la lettura dell’archivio da parte di estranei: una personalissima forma di depistaggio. La seconda era che questi elementi, apparentemente estranei alla documentazione, costituissero delle coordinate mnemoniche, locali o temporali, per collocare determinati documenti in un contesto noto solo a Murray.
Era questo il senso dell’ordine e il senso delle cose di Murray cui alludeva Ramsey quando diceva ‘cose che hanno un senso profondo del tempo e dello spazio' ?
Andata perduta la chiave di lettura personale di sir Murray, molti di quei documenti perdevano di significato, perdevano la loro contestualizzazione: i documenti, di per sé già quasi incomprensibili, cessavano del tutto di parlare e una parte della storia andava perduta per sempre. Chissà se Ramsey possedeva una copia della chiave interpretativa? E in caso affermativo, avrebbe permesso loro di utilizzarla?
Usciti dalla stazione di polizia, Taylor e la piccola Chris erano decisamente stanchi ma anche decisamente affamati.
“Si potrebbe andare a mangiare un boccone giù al Mad Man Pub, appena dopo il ponte della ferrovia. Che ne dici Taylor? Ieri non ho potuto accettare il tuo invito. Oggi i fatti hanno congiurato contro di noi per farci finire tardi. Accetterò volentieri stasera il tuo invito”
Taylor si limitò ad annuire. Era rimasto piacevolmente sorpreso dalla proposta, ma non voleva lasciar trasparire troppo delle sue sensazioni. E poi aveva molta sete e non vedeva l’ora di bersi un paio di birre.
“Ottima idea, ho una sete che non ci vedo … tutta quella carta polverosa…” Evidentemente però, oltre a una gran sete, avevano anche una gran fame perché, tempo
cinque minuti, erano già seduti a un tavolo e avevano ordinato birra e torte di pasta sfoglia. Taylor aveva chiesto una staek ale pie: bocconcini di manzo in umido cotti nella birra.
Christina aveva preferito una vege-cheese pie: torta di verdure e formaggi misti. In attesa che arrivassero i piatti ordinati, stavano già assaggiando delle ottime patate al forno che il pub faceva trovare sui tavoli, pronte per essere consumate. Insieme alle patate, un paio di salsine da accompagnamento molto saporite: una di scalogno e bacon stracotti nel vino rosso, l’altra di funghi rosolati nel brandy.
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“Queste salse ci faranno venire ancora più sete” osservò Taylor. Chris annuì senza parlare perché aveva la bocca piena di patate arrosto insaporite con salsa di scalogno.
Immediatamente dopo aver terminato il corso di investigazioni criminali, Christina aveva
partecipato al concorso pubblico per entrare nella polizia criminale. Superato il concorso, aveva dovuto superare anche il corso propedeutico all’inserimento operativo. Al termine dell’iter Christina era giunta, fresca fresca di prima nomina, a Bridge of Allan dove era stata immediatamente assegnata alle cure di Taylor. Sulle prime Taylor non aveva molto gradito. A lui sarebbe molto piaciuto lavorare da solo, anche se non era possibile. Già gli toccava di dover lavorare in coppia: con una agente di prima nomina poi … a cui si deve insegnare tutto… Questo non gli piaceva molto. Inoltre non si sentiva molto portato per l’insegnamento, o per il tutoraggio, come si usava dire da qualche tempo. Infine, anche se Taylor cercava con tutte le sue forze di negarlo a sé stesso, tuttavia forse un po’ misogino lo era davvero, come dicevano i suoi colleghi per prenderlo in giro, e quell’idea lo disturbava moltissimo.
A Christina, invece, Taylor era parso immediatamente un tutor ideale: serio e preciso, educato, cordiale quanto basta, mai ridanciano. All’occasione, ma senza esagerare, si mostrava anche ironico e tagliente nel giudicare le persone, primo fra tutti lui stesso, cui non faceva concessioni di alcun genere. Un po’ brusco nei modi, tradiva una certa timidezza: una timidezza che era stata domata dalla professionalità e trasformata in riservatezza e capacità introspettiva. Benché tra loro ci fosse un abisso di esperienza, Chris non si era mai sentita intimidita da Taylor. Lei aveva subito ammesso di avere molte cose da imparare e lui aveva saputo porgersi alle sue domande, non dall’alto della sua posizione, ma col modo di fare di un fratello maggiore che mette a disposizione la propria esperienza. Ora avevano un caso difficile tra le mani: il primo omicidio che li vedeva lavorare in coppia.
Arrivarono i boccali di birra. “Alla salute” disse Christina. “Slainte” rispose Taylor in gaelico. Durante la cena, si sforzarono di non parlare di lavoro. Chiacchierarono del più e del
meno, qualcosa per conoscersi meglio: chiacchierarono del cibo, di quello che facevano per cercare di mantenersi in forma, di come occupavano il poco tempo libero, cose così.
“Vorrei chiederti una cosa personale, Taylor, se non ti sembro troppo invadente. Non riguarda proprio il lavoro lavoro, ma… piuttosto … come ti rapporti tu con il lavoro. Posso?”
Taylor annuì in modo accondiscendente deglutendo con gusto un sorso di birra. “Il tuo modo di guardare alle persone, o alle cose, è cambiato facendo il lavoro che fai?” “Lo sai che è quasi mezzanotte, Chris? Per rispondere a questa domanda avremmo
bisogno di un intero week-‐end!” “Non è necessario che tu mi dia subito tutta la risposta o tutte le tue considerazioni in
merito! Avremo tempo per discuterne ancora, spero, magari durante qualche altra pausa come questa. Quello che vorrei sapere, in due parole, è se questo mestiere, a lungo andare, ti cambia dentro”
“Credo che tutti i mestieri, a lungo andare, ti cambino dentro, Chris. Deve essere così, perché l’esperienza ti fa conoscere meglio il mondo e conoscere meglio il mondo cambia il tuo punto di vista sul mondo. Si, Chris. Questo mestiere ti cambia dentro”
Mentre rispondeva, lo sguardo di Taylor, che fino a quel momento era stato insolitamente gaio, era tornato ad essere più serio.
“Ragionavo su questa cosa Taylor… guardando le carte di Murray… ma la stessa cosa avviene in molte delle situazioni in cui ci si imbatte, che so: … una violenza domestica, un abuso, una rissa tra ubriaconi … Ogni volta che ci avviciniamo a una situazione e guardiamo le cose più da vicino … ci accorgiamo che tutto è un po’ diverso da come appare a prima vista. Un bravo genitore non è detto che sia davvero sempre un bravo genitore e nemmeno un bravo insegnante è detto che sia davvero bravo e rispettoso. Quello che sembra un buon marito, o una buona moglie, se li guardi da vicino, possono non essere bravi mariti o brave mogli. Un
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ladruncolo, un truffatore, magari anche un assassino, uno stupratore, non sempre, visto da vicino, risulta poi essere una persona perfida, cattiva, indegna al cento per cento. Guarda questo Murray: un vecchio signore di campagna, un sir, un ricco possidente. Non che essere sir sia una garanzia di niente ma, all’apparenza, si direbbe una persona rispettabile... ma ecco che, guardando da vicino, tutto sembra deformarsi ….”
“Da lontano non vedi le rughe attorno agli occhi di una persona…” Taylor sembrava parlare a sé stesso.
“Una mia amica, quando studiava biologia marina, mi diceva che quando appoggi l’occhio all’oculare del microscopio, vedi un mondo completamente diverso, del tutto inatteso...”
“Anche senza microscopio, Chris. Se guardi la superficie del mare vedi una cosa, se metti una maschera e guardi sotto la superficie dell’acqua, vedi davvero un altro mondo….”
“Ma, Taylor, mi chiedo: se ogni volta che indago su una persona mi accorgo che quella persona è diversa dalla persona che sembra … non è che allora…. sarà così per tutte le persone? … non mi accorgo che le persone sono diverse da quel che sembrano solo perché non le osservo abbastanza da vicino? È così che stanno davvero le cose? Non c’è nessuno che è quello che sembra?”
“Chris, le persone sono cose complesse. Tutti hanno diversi lati del proprio essere: credo che in tutti convivano molteplici tendenze e aspetti del carattere anche contraddittori. Si cerca di mostrare il lato più presentabile del nostro essere complessi e complicati. Ci possono essere aspetti di noi stessi che preferiamo non mettere troppo in evidenza: aspetti che forse non piacciono neppure a noi stessi, ma che fanno comunque parte del nostro essere. Tutti vorremmo avere un bel naso. Ma se ti capita di avere un brutto naso, proprio li nel mezzo della faccia: che cosa fai? O te lo tieni o vai dal chirurgo plastico. Se ti accorgi di avere un difetto nel carattere, se hai delle tendenze asociali, se provi piacere a fare cose che la società ritiene disdicevoli, allori ti mascheri e cerchi di apparire diverso da come sei.
“Io credo che l’esibire, ma soprattutto il nascondere, qualcosa di sé, sia una caratteristica tipica di noi umani: qualcosa che ha a che fare con l’apprendimento, con l’adattamento, con la facoltà di capire che cosa gli altri si aspettano da noi. Cerchiamo di adeguarci alle aspettative degli altri: c’è qualcosa nel mio carattere che potrebbe spiacerti? Allora faccio in modo che quel lato del mio carattere sia il meno evidente possibile ai tuoi occhi! È una cosa normale. Certo, quando scopri che una persona non è proprio come ti eri immaginata che fosse, allora ti dispiace: ti senti imbrogliata, ti senti tradita … tutto questo, però, Chris, è normale. Il nostro lavoro ci obbliga solo a guardare da vicino persone che, altrimenti, avremmo guardato solo da lontano”
“Sai cosa ti dico, Taylor. Questo lavoro mi sembra un corso accelerato per conoscere l’umanità. E ti dico un’altra cosa: temo che l’umanità mi stia deludendo. L’umanità al cui servizio ho deciso di dedicare le mie energie si sta rivelando qualcosa di diverso da quello che avevo immaginato. Forse è solo una questione di prospettiva: forse devo solo mettere meglio a fuoco la realtà e sostituire l’immagine dell’umanità reale a quell’immagine molto teorica dell’umanità che spadroneggiava nella mia immaginazione. L’indecisione e il turbamento che provo in questo momento sono solo dovuti al fatto che sono atterrata nel mondo reale e non mi sono ancora molto bene assuefatta”
Christina rimase silenziosa per qualche istante, poi riprese. “Poi guardo te, Taylor. Uno che fa questo mestiere da vent’anni. Vedo che guardi con
distacco all’umanità in cui ti imbatti. Mi sembra che tu non ti lasci intaccare né distrarre dalle situazioni umane. Rimani freddo, lucido, professionale. È una difesa, questa, la tua, per non lasciarti coinvolgere umanamente e per tacitare le emozioni? È il frutto di una disillusione? È perché la routine ha preso il sopravvento sulle emozioni? È perché sei anche tu deluso dall’umanità?”
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“Molte di queste cose e anche altre. Come ti dicevo, Chris, le persone (noi compresi, naturalmente) sono cose complesse. Facciamo un mestiere difficile, Chris! Difficile per le situazioni in cui incappiamo, che sono difficili da gestire di per sé. Difficile perché abbiamo a che fare con le persone, vittime e criminali, proprio nel momento in cui devono fronteggiare momenti particolarmente difficili, magari i peggiori, della loro vita. Allora, in questo mestiere, se vogliamo essere efficaci e all’altezza della situazione, dobbiamo difenderci. Si, dobbiamo cercare di tacitare le emozioni perché queste ti possono distrarre, ti possono tradire, ti possono sopraffare. Sono tre i motivi per cui è necessario mettere un argine tra le tue emozioni e le cose del tuo lavoro: devi poter mantenere la necessaria lucidità di giudizio; devi essere in grado di trasmettere alle vittime forza d’animo e capacità di gestire le situazioni (e questo non puoi farlo se sei in preda all’emozione); devi salvaguardare il tuo stesso equilibrio mentale”
“Si, certo, è vero… ma la delusione…” “La delusione fa parte della vita, Chris: però sbagli a vivere questa situazione come una
delusione. Se a deluderti è la differenza tra l’umanità teorica, quella che avevi nella tua mente, e l’umanità reale, quella che incontri tutti i giorni sul lavoro, allora non devi sentirti delusa ma devi semplicemente prendere atto che avevi fatto un errore di valutazione, o di ‘prospettiva’, come dici tu.
“È vero: questo lavoro sembra un corso accelerato per conoscere l’umanità. Però, se non vivi proprio sotto una campana di vetro, alla fine l’umanità impari a conoscerla comunque! Questo lavoro ti facilita il compito perché sei costretta a guardare le persone (scusa la metafora banale) con la lente di ingrandimento. Però, prima o poi, impari a conoscerla l’umanità: e più sensibile sei, prima impari a conoscerla. E tu sei davvero sensibile. Sei attenta agli altri, li osservi: basta pensare a come, un attimo fa, hai descritto il mio essere distaccato. Hai una certa propensione per l’analisi psicologica. Sei empatica: ti lasci coinvolgere. E se ti lasci coinvolgere, allora le delusioni cominciano presto, non è vero Chris? Non dirmi che i tuoi genitori non ti hanno deluso: quando è stato, Chris? Te lo ricordi? A cinque o sei anni? E gli insegnanti, la tua maestra per esempio, non ti hanno mai delusa? E la tua migliore amica? E il primo fidanzatino? Più si cresce, più si resta delusi: fa parte del processo di maturazione delle persone, dello sviluppo cognitivo: un processo che va avanti per tutta la vita. Io ho qualche anno più di te: è giusto che sia un po’ più deluso di te. Ma può esserci anche di peggio, Chris… non è difficile rimanere delusi anche da se stessi…. Metti tutto insieme e…”
“Temo che tu abbia ragione, Taylor. Forse ero troppo fiduciosa nell’umanità, in me stessa, nelle mie capacità, nel mio sapermi relazionare con gli altri…”
“Attenzione Chris a non vedere solo il lato negativo in questi tuoi sentimenti: considera e sfrutta gli aspetti positivi che ne possono derivare. Non pensare che le soluzioni che io ho adottato per me stesso valgano necessariamente anche per te. Considera che le tue doti personali, per esempio l’empatia e quello che tu chiami capacità di ‘sapersi relazionare con gli altri’, sono di estrema utilità nel nostro mestiere. Servono a capire meglio le situazioni, e quindi a risolvere i casi. Ma servono anche a cogliere sprazzi inattesi di quella umanità positiva che non fa solo parte della tua immaginazione, Chris, ma che esiste davvero anche nella realtà: bisogna solo saperla scovare.
“Le persone, Chris, sono cose davvero complesse. Ma ora mi sembra che abbiamo fatto tardi: è l’una passata. Credo che dobbiamo andare a riposare un po’ se domani vogliamo essere in forma per riprendere in mano quei maledetti faldoni. Non so se riuscirò ad alzarmi alle sei per andare a fare la mia mezz’oretta di footing del venerdì”
“Già, sarà ora di andare. Mi è stata utile questa chiacchierata, Taylor. Allora… a domani”
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Dunblane: casa di Taylor. Ore 1.30 circa
Rientrando a casa Taylor fece bene attenzione a non fare rumore. Nell’appartamento accanto al suo abitava una famiglia con tre bambini di uno nato da poco. Gli capitava abbastanza frequentemente di sentire piangere il neonato in varie ore della notte.
Immaginava i genitori stanchi e assonnati che si aggiravano attorno al bambino accudendolo. Non voleva aggiungere del suo per ridurre le ore di sonno dei due vicini che gli sembravano proprio delle brave persone.
“Il tarlo mentale che affligge la piccola Chris,” pensò Taylor, “le farebbe venire in mente che i miei vicini, che sembrano proprio brave persone, potrebbero anche non esserlo per niente. E allora che dovrei fare quando li incrocio sul pianerottolo? Li dovrei guardare in cagnesco perché mi sono venuti dei dubbi sul loro essere o non essere brave persone? Dovrei evitare di essere gentile con loro fin tanto che non ho raccolto sufficienti prove a discarico? Forse la piccola Chris ha bisogno di qualche iniezione di fiducia. Forse lo stress che si accumula in questo lavoro, comincia a venire fuori…”
In cucina si preparò un bicchiere di bicarbonato. La steak pie era buona ma gli era venuta un po’ di acidità e continuava ad avere parecchia sete. “Il tuo stomaco non è più come una volta, Taylor” si disse. Poi aprì il frigo e tirò fuori una bottiglietta di birra.
“Non sarà l’ideale per l’acidità …” Era tardi ma il sonno stentava ad arrivare. Si sedette in poltrona nel suo piccolo salotto. Non aveva acceso la luce in salotto: era più che sufficiente quella che filtrava dalla
cucina. Accese la televisione e zittì l’audio. Le immagini scorrevano silenziose, come se il mondo, là dietro lo schermo, fosse
diventato un unico immenso acquario. Non era infrequente per Taylor avere qualche difficoltà a prendere sonno. In questi casi, la semioscurità del salotto e la tivù accesa senza audio si erano rivelati un discreto mix sensoriale che consentiva ai suoi pensieri di fluire liberamente fin tanto che si confondevano con il sogno. A quel punto poteva spegnere tutto e andare a letto, sicuro che avrebbe dormito bene. C’erano alcuni nuclei attorno ai quali i pensieri di Taylor fluivano quella sera.
Uno era costituito da quei maledetti faldoni. “Caro il mio sir Murray: che cosa stavi combinando, tu e il tuo amico Ramsey? Adesso
non hai più nulla da temere ma … sai che ti abbiamo colto con le mani nel sacco? La banca di Saint Peter Port, nell’isola di Guernsey, nel bel mezzo della Manica. Con tutte le banche internazionali che ci sono a ogni angolo del Regno Unito, proprio una banca così sospetta dovevi scegliere? E che cosa ci facevi in Sierra Leone vent’anni fa? Non mi risulta che la Sierra Leone sia mai stato un posto tanto tranquillo per starci. Un crocicchio di guerre. La guerra civile. Un crocicchio di contrabbandi: armi, diamanti, soldati bambino e che altro? E il tuo amico Ramsey? Non mi convince mica tanto il suo ruolo di maggiordomo-‐segretario. Mi sembrate due soci, voi due: il gatto e la volpe! Vent’anni in Africa o giù di lì e poi altri vent’anni nell’umida campagna scozzese a far fruttare i quattrini: con quale sistema è ancora tutto da vedere.... Non siete molto convincenti voi due…. Domani, caro il mio Ramsey, dovrai provare a rispondere a qualche domandina….”
L’altro nucleo attorno al quale fluivano i pensieri di Taylor era Christina. “Era proprio stanca stasera. Affranta. È stato carino da parte sua proporre di andare a
mangiare un boccone insieme. Dopo il rifiuto di ieri, non mi sarei mai sognato di chiederle di nuovo di uscire. Era così stanca che, forse, l’idea di andare a casa e doversi preparare qualcosa da mangiare proprio non le andava. O forse ha voluto scusarsi con me per ieri e, per non mettermi in imbarazzo, ha proposto di fare un salto giù al pub. Chissà, magari entrambe le cose; oppure, nessuna delle due. Un semplice impulso, data l’ora e la stanchezza, mangiare
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qualcosa giù al pub, fare quattro chiacchiere: nessuna malizia; nessun retro-‐pensiero; giusto per la compagnia… È seria, la piccola Chris; è motivata a lavorare bene. Ha intuizione.
“Bisognerà che ci dividiamo meglio i compiti: non possiamo passare giorni su quei faldoni. Dobbiamo orientarci un po’ e poi approfondire gli aspetti che ci sembrano più interessanti. Ha tutti i numeri per diventare un buon investigatore, la piccola Chris. È ancora un po’ fragile però. Quando avrà accumulato un po’ di esperienza sarà davvero brava. Questo è il momento più difficile. È adesso che vengono fuori i problemi, i dubbi, le insicurezze. È adesso che ti può venire in mente di avere sbagliato strada. È adesso che ti puoi salvare e fuggire dalla polizia! Pensaci, piccola Chris, pensaci! Beh, tutto sommato, sarei contento per lei se si rinfrancasse un pochino, se ritrovasse un po’ della serenità e dell’entusiasmo che si affievoliscono quando emergono le prime difficoltà psicologiche, quando non sei più così certo di quello che stai facendo, di come lo stai facendo e del perché lo stai facendo. Tutto passa, piccola Chris! Vedrai che tra qualche mese ti sembrerà tutto normale! Imparerai anche tu a nascondere lo sporco sotto il tappeto…”
Le palpebre si stavano facendo pesanti. Il sonno si stava avvicinando. “È arrivata l’ora di andare a letto, Taylor. Sveglia alle sei. Una mezz’ora di corsa nell’aria
fredda di questo novembre nebbioso ti farà bene” Spense tutto e, nel buio totale in cui era immersa la casa, raggiunse il letto e si mise sotto
il piumino. I sogni stavano rimescolano già tutti i suoi pensieri. Venerdì 22 Ottobre. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 15.30 circa
“Mi raccomando, c’è il segreto istruttorio su tutto quanto… Si… Si… No, in questo momento non puoi pubblicare niente. Si, si, certo ... la polizia sta ricostruendo i fatti, … indagini a 360 gradi … non sono emersi indizi che facciano pensare che sir Murray avesse nemici … certo, tutto questo lo puoi dire. Senti, McGregor: è chiaro che in questo momento non puoi pubblicare gran che e non puoi puntare il dito contro nessuno. D’altra parte, ti assumeresti tutti i rischi a puntare il dito verso qualcuno che poi dovesse risultare estraneo ai fatti, oppure a mettere sull’avviso il colpevole prima che l’abbiamo messo nel sacco.
“Non mi pare sia nelle tue corde assumerti rischi così seri, per così poco in cambio poi! Invece ti prometto che, al momento giusto, potrete scrivere le vostre storie ad effetto. Al giornale farà un gran bene vedrai, ed anche a te. Ma non adesso. Adesso dobbiamo indagare e, se la tua ragazza della cronaca vorrà, discretamente, collaborare con i miei, certo ne ricaverà il suo buon tornaconto. Per lei saranno elementi per una storia forte e drammatica … per noi saranno elementi utili per ricostruire il contesto di transazioni molto, molto sospette.
“Si… si. D’accordo, ti faccio sapere. Ciao: tranquillo… si, ciao” Munro abbassò la cornetta sbuffando. “Ah! Quel McGregor…! Bene ragazzi,” riprese dopo un profondo sospiro, “la ragazza della
cronaca, l’amica della piccola Chris per intenderci, sta indagando sul passato di Ramsey e potrà occuparsi, dopo aver parlato te,” disse rivolgendosi a Christina, ”di indagare su alcune banche estere. I giornali hanno i loro canali informativi che non è detto siano gli stessi che usiamo noi.
“Ascolta Chris: io e McGregor siamo d’accordo che tu le passerai le notizie rilevanti. Ti metterai d’accordo con Taylor su che cosa dirle e che cosa no. Lei, per contro, ti passerà tutte le informazioni che riuscirà a trovare. È un buon accordo paritetico, mi sembra”
La giornata era stata densa. Erano stati tutti molto attivi sui vari fronti. Christina aveva continuato, quasi per tutto il giorno, a cercare nei faldoni di sir Murray elementi concreti per indagare sui suoi affari: che genere di affari, quali movimenti finanziari, quali beneficiari, e
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così via. Nel frattempo, aveva avuto l’autorizzazione a richiedere tabulati telefonici di Ramsey, di sir Murray e dei suoi fratelli. Aveva anche avuto l’autorizzazione a porre il sequestro sui conti bancari inglesi di sir Murray e di Ramsey.
Taylor era andato alla tenuta Murray e aveva parlato con Ramsey e con Bertrand. Muriel non c’era: era andata a trovare la sua amica Rebecca Dickinson e Taylor non aveva ritenuto urgente parlare con lei. Fisherman e Anderson erano riusciti finalmente ad avere qualche risultato dalla scientifica e dai colleghi di Stirling sul 18 di Wellington Road.
“Ragazzi,” disse Munro, “facciamo sinteticamente il punto della situazione con i nuovi aggiornamenti. Fisherman, Anderson: cominciate voi. Che novità ci sono dalla scientifica e da Stirling?”
Fu Anderson, più elevato in grado, a parlare. Mentre Anderson cominciava a parlare, Fisherman distribuiva a tutti i presenti alcuni documenti che aveva in mano: si trattava delle copie del rapporto della scientifica e quelle del rapporto dei colleghi di Stirling.
“Per prima cosa vi farà piacere sapere che la scientifica ha identificato le impronte sulla lettera anonima: all’esterno della busta c’erano molte impronte parzialmente sovrapposte. All’interno della busta, vicino e sulle strisce adesive, e sulla carta da lettere, in più punti, c’erano impronte complete e isolate: identificate come quelle di sir Ronald Alexander Murray. L’originale delle impronte è stato il campione preso in sede di autopsia”.
“Bingo!” esclamò Munro, “E fino a quando pensavate di tenere questa notizia nel cassetto? Allora, cerchiamo di capire: la vittima del nostro caso di avvelenamento si è presa la briga di scrivere una lettera anonima, verosimilmente nel suo studio di Menstrie, di partire da Menstrie e andare a spedire la lettera a Stirling per inviarla a questa stazione di polizia: al Capitano Munro, Stazione di Polizia, Bridge of Allan. Evidentemente ha preferito non farsi vedere né a Menstrie né qui a Bridge of Allan nell’atto di spedire una lettera. Ha preferito farlo in un posto dove il rischio di essere notato era molto basso. Occorre capire cosa voleva farci sapere e perché. Che cosa dicono i colleghi di Stirling?”
“Siamo stati fortunati, capo” disse Fisherman. “I colleghi di Stirling hanno potuto osservare la casa per più di ventiquattro ore senza interruzione. Qui c’è il loro rapporto. Ma dalla scientifica c’è anche un’altra notizia interessante. Sulla scrivania di sir Murray, su alcuni faldoni e su vari fascicoli all’interno dei faldoni sono state trovate tre serie di impronte recenti: quelle di Murray, naturalmente; quelle di Ramsey e quelle … indovinate un po’... quelle del fratello: Bertrand Murray”
Sul viso di Munro si era stampato un largo sorriso. “Ottima anche questa notizia! Quindi Bertrand ha recentemente messo le mani sui
documenti del fratello. Resta da capire quando, perché e se era autorizzato a farlo. In quanto a Ramsey, può darsi fosse autorizzato a mettere le mani su quei documenti ma può anche essere che ci abbia messo mano senza autorizzazione. Taylor: tu hai parlato con loro questa mattina: che cosa ci puoi dire?”
Taylor sollevò gli occhi dal rapporto che descriveva i movimenti attorno alla casa di Wellington Road. Prima di parlare indirizzò lo sguardo verso Christina perché le domande che aveva posto a Ramsey e a Bertrand erano il risultato del lavoro che avevano condotto insieme e che li aveva tenuti occupati tutto il pomeriggio precedente fino a tardi.
“Ci siamo fatti l’idea, la piccola Chris ed io, che gli affari di sir Murray e di Ramsey fossero poco chiari. Dico ‘affari di sir Murray e di Ramsey’ perché sembra di capire che i due fossero associati nella gestione degli affari. Il rapporto tra sir Murray e il suo segretario-‐maggiordomo non era un semplice rapporto tra un datore di lavoro e un dipendente, come volevano lasciar supporre. Io credo che, quando entrambi erano all’estero, avevano trovato il modo di diventare, se non proprio soci, almeno alleati o collaboratori in affari sulla cui legalità non scommetterei un penny. Una volta rientrati qui, avevano trovato utile dare a intendere che Ramsey fosse un subalterno di sir Murray.
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“Sono abbastanza convinto che tra i due ci fosse un rapporto molto più paritetico di quanto volessero lasciare intendere. Ricordate che cosa ci ha detto di Ramsey la vecchia cameriera, Chlotilde Cameron? Ci disse esattamente: ‘era così evidente che il suo vero lavoro era lavorare con sir Murray e che il ruolo di maggiordomo non stava tanto bene neanche a lui’. Credo che l’impressione di Chlotilde fosse corretta.
“Con Ramsey, quindi, questa mattina ho dovuto andare all’attacco. Gli ho detto: a) che sapevamo che il suo rapporto con sir Murray non era un vero e proprio rapporto tra datore di lavoro e dipendente, ma era un rapporto tutt’affatto particolare di soci cointeressati agli stessi affari; b) che avevamo il permesso del magistrato di analizzare i suoi conti bancari, che nel frattempo erano stati congelati, e che potevamo analizzare i suoi tabulati telefonici. Quindi gli ho chiesto di rilasciarmi una dichiarazione spontanea sulla natura dei suoi rapporti con sir Murray, dicendogli molto chiaramente che la natura poco chiara dei loro rapporti concorreva ad aggravare la sua posizione nella nostra inchiesta per omicidio. La risposta di Ramsey è stata abbastanza semplice.
“Riassumendo, mi ha detto le seguenti cose. Per prima cosa, confermando quello che ci aveva detto nella prima deposizione: il suo primo incontro con Murray risaliva al 1967. Sir Murray aveva accompagnato suo padre, George Eduard Murray, in occasione di un incontro con una delegazione congolese ai massimi livelli: era presente il presidente Mobutu in persona. Ramsey era presente perché faceva parte dello staff addetto alla sicurezza: in pratica un mercenario, anche se lui preferisce dire ‘addetto consolare’. L’argomento in questione era la mediazione di sir Murray padre presso il fondo monetario internazionale per la concessione di un prestito al Congo di trenta milioni di dollari. L’accordo era che, se il prestito fosse stato concesso, Mobutu avrebbe accreditato a sir Murray una commissione del dieci percento. Pochi mesi più tardi il prestito fu concesso: ventisette milioni finirono nelle casse di Mobutu, tre milioni furono accreditati a sir Murray. Ramsey mi ha detto che, dopo quel primo incontro, ne seguirono molti altri, soprattutto dopo che sir Murray, il nostro sir Ronald Alexander Murray, aveva preso il posto del padre nel ruolo di intermediatore.
“Dalla metà degli anni settanta, Ramsey e Murray si erano associati in modo relativamente stabile nel mondo degli affari africani. Ramsey, in qualità di militare con vari compiti operativi, era al corrente di tutta una serie di necessità commerciali e logistiche di apparati di potere locale, mentre Murray disponeva di una rete di conoscenze tale da poter soddisfare molte se non tutte le esigenze di questi apparati di potere locale.
“Il consorzio Ramsey-‐Murray era quindi in prima linea in vari tipi di scambi e transazioni. La loro percentuale, a seconda del rischio e del valore della transazione, variava dal cinque al venti percento. ‘Non tutte le transazioni erano formalmente legali’, mi ha detto Ramsey, ’ma ormai glielo posso dire perché i reati eventualmente connessi sono caduti in prescrizione da molto tempo’. Tornati in Inghilterra, i due si sono sostanzialmente limitati ad amministrare i capitali e siccome se la cavavamo abbastanza bene, Murray ha amministrato anche i capitali del fratello e della sorella. ‘Io non ero molto d’accordo a gestire anche i beni di altre persone’, mi ha detto Ramsey, ‘per questo negli ultimi tempi avevo cercato di separare il mio dal loro, ma avendo a che fare con varie banche e società off-shore, la cosa non era così semplice’. Questo, in estrema sintesi, quel che Ramsey ha spontaneamente dichiarato”
I colleghi nella stanza sembravano sconcertati sia per il tipo di affari che emergevano dalle dichiarazioni di Ramsey, che per la quantità di denaro in questione: milioni e milioni di sterline gestiti in regime di off-‐shore. I colleghi erano anche impressionati dalla facilità con cui Taylor era riuscito ad ottenere da Ramsey queste notizie.
“Complimenti Taylor: credo che tu abbia sollevato un cortina su un aspetto fondamentale in questo caso: milioni di sterline possono essere un movente abbastanza forte per un omicidio: che ne dici?”
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“Lasciamo perdere i complimenti, Munro. I complimenti ce li faremo alla fine di tutto e saranno complimenti condivisi con tutti, ne sono sicuro. Però sono d’accordo con te: milioni di sterline sono un ottimo movente, anche se continuo a pensare che Ramsey, se fosse il colpevole, non ci avrebbe convinto ad aprire una indagine su una morte che sembrava del tutto spontanea e, forse, non avrebbe nemmeno fatto la dichiarazione che ha fatto. Secondo me le cose sono più complesse di come appaiono.” Così dicendo rivolse un sorriso ammiccante a Christina.
“Volete sapere anche quello che mi ha detto Bertrand?” Munro assentì con un cenno del capo. “A Bertrand, che ho interrogato dopo aver sentito Ramsey, ho detto che dalle nostre
prime indagini era già emerso in modo del tutto inequivocabile che la gestione delle finanze da parte di suo fratello Ronald aveva molto di illegale e che, in conseguenza di queste prime evidenze, il Coroner stava autorizzando il blocco cautelativo di tutti i conti e la ricerca interbancaria di eventuali conti coperti da nomi in codice o prestanome. Gli ho detto anche che sappiamo che suo fratello gestiva quantità ingenti di denaro, che non sapevamo a quali persone quel denaro appartenesse, e che tutti quelli che avevano interessi personali nella gestione finanziaria di sir Murray avrebbero potuto avere un movente economico nell’omicidio del fratello”
“Ti aspettavi che si sbottonasse un po’, Taylor?” chiese Munro. “Si… però devo dire che non mi è parso particolarmente turbato dalle mie affermazioni.
Mi ha detto che, dal punto di vista teorico, il mio ragionamento avrebbe anche potuto funzionare, anche se era difficile pensare che qualcuno avesse voluto uccidere chi gli stava amministrando, con evidente successo, il patrimonio. ‘Prima di uccidere chi amministra il mio patrimonio, vedrei di tornare in possesso dei miei soldi, non crede ispettore?’ Queste sono state le sue esatte parole”
“Assolutamente logico,” sottolineò Munro, “assolutamente logico. Senti Taylor, ti ricordi che Muriel, la sorella, aveva parlato di operazioni bancarie poco chiare fatte da Ramsey su cui sir Murray stava indagando?”
“Si, Munro, certo! Dovremo lavorare parecchio su queste questioni bancarie. Dobbiamo attivare l’unità per il crimine finanziario di Stirling. Sanno il fatto loro. Ma, ascoltate, perché a questo proposito c’è ancora una cosa importante che mi ha detto Bertrand. Ha detto che, effettivamente, suo fratello aveva ricevuto ripetuti segnali relativi a ‘interferenze’ sulla gestione del patrimonio o, quantomeno, su parte della gestione. ‘Ronald era preoccupato e stava prendendo le sue contromisure’. Così ha detto Bertrand anche se non ha potuto, o non ha voluto, essere più chiaro o più esplicito su chi fosse la persona, le persone o le entità all’origine delle ‘interferenze’.
“Bertrand mi ha anche detto che il fratello gli aveva riferito di voler mettere mano a un nuovo testamento. Diceva di essersi reso conto, quasi improvvisamente, di quanto disperso fosse il capitale che amministrava e di come fosse difficile poter definire tempi e modi certi per poter gestire il patrimonio in modo più diretto e personale. Sapeva di avere una certa età; sapeva di avere dei doveri verso i familiari che gli avevano affidato il loro patrimonio; si era accorto che qualcuno si stava muovendo contro di lui. Le contromisure che aveva messo in essere erano due: quella di un maggior controllo sui suoi referenti bancari in giro per il mondo -‐ e pare che fossero tanti – e quella di predisporre un documento testamentario in cui individuare in modo preciso chi doveva beneficiare di che cosa. Inoltre, avrebbe dovuto esserci un documento riservato, una sorta di scrittura privata, che, in caso di premorienza di sir Murray, avrebbe consentito a chi gli aveva affidato un capitale di disporre degli strumenti necessari per stornare il proprio capitale dagli investimenti e di ritornarne in possesso in tempi accettabili. Purtroppo non sappiamo chi siano queste persone, eccezion fatta per Bertrand, per Muriel e per Ramsey. È molto probabile che ci siano altre persone i cui beni
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erano amministrarti allegramente da sir Murray. Anche su questo dovremo concentrare le nostre attenzioni”
Dicendo queste ultime parole Taylor rivolse lo sguardo su Christina. “Vorrei dire un’ultima cosa, poi non vi tedio più,” disse Taylor. “Avrei voluto parlare anche con lady Muriel ma non era in casa. Ramsey mi ha detto che
era in visita da Mrs. Rebecca Dickinson. La mia perplessità è questa: ma perché è andata lei in visita dall’amica Rebecca? Non avrebbe dovuto essere il contrario? Non avrebbe dovuto essere l’amica Rebecca, l’ex compagna di scuola, che va a fare visita all’amica Muriel in occasione di un lutto? Io non mi intendo molto di etichetta e non mi intendo molto, ahimè, di psicologia femminile. Voi, soprattutto tu Chris, avete qualche idea in proposito? Non c’è nulla di strano in questo comportamento secondo voi?”
L’inattesa domanda sull’etichetta e sulla psicologia femminile colse impreparati i suoi colleghi: non si sentivano di commentare. Fu Christina a toglierli dall’imbarazzo.
“Tra due amiche, se lo sono davvero, le questioni di etichetta non hanno la priorità. Il funerale di sir Murray dovrebbe essere imminente, sempre che il Coroner lo autorizzi e non richieda al patologo indagini supplementari. Io mi sarei aspettata che lady Muriel rimanesse in casa per occuparsi, assieme al fratello, di queste incombenze. Le donne, infatti, sono persone pratiche, spesso più pratiche degli uomini. Le donne però, e chiedo scusa a tutti voi maschi se uso stereotipi che hanno però una certa solidità, hanno un repertorio più ampio di esigenze rispetto alla media degli uomini e sono meno legate a stereotipi. Le loro priorità possono essere sorprendenti se viste dall’osservatorio del punto di vista maschile.
“Per rispondere a Taylor, direi che il comportamento di Muriel non è quello che ci si aspetterebbe dalla maggior parte delle donne ma non è nemmeno un comportamento fuori dal normale. Non si può neanche escludere che restare in quella casa possa essere una sorgente di sofferenza per lady Muriel. Nulla di meglio che andare da una vecchia amica per attenuare il dolore. Le donne si sostengono a vicenda, molto di più, credo, di quanto non facciate voi uomini. Capisco la tua perplessità Taylor, ma io non ci vedo un’anomalia particolare. Detto ciò, credo sia il caso che andiamo a fare quattro chiacchiere con questa Rebecca. Una cosa vorrei sapere da te, Taylor: Muriel era al corrente, come Bertrand, che sir Murray stava mettendo mano al testamento? Sapete com’è… quando una persona decide di cambiare testamento, c’è sempre qualcuno che si avvantaggia e qualcuno che ci rimette…”
“Non lo so, Chris. Bertrand mi ha parlato delle intenzioni di sir Murray ma non mi ha detto, e io purtroppo non gliel’ho chiesto, se di questa cosa fosse al corrente anche sua sorella. Muriel resta comunque da essere sentita e, visto che Bertrand ha lasciato le sue impronte sulle carte di sir Murray, dovremo sentire di nuovo anche lui”
“Bene, ragazzi, “ concluse Munro, “mi pare che oggi abbiamo fatto dei bei passi in avanti. Abbiamo delle impronte digitali, quelle di Bertrand, che bisogna capire perché sono
finite lì, sui faldoni e sui fascicoli di suo fratello. Abbiamo delle impronte, quelle di Murray, che ci dicono che è lui l’autore della misteriosa lettera anonima. Abbiamo l’ammissione di Ramsey sulla natura non troppo legale e trasparente del sodalizio con Murray, abbiam…”…
“Merda di una merda di una merda!” Esclamò Taylor balzando in piedi. Istantaneamente, ognuno con una sua personale espressione di stupore nello sguardo, tutti fissarono Taylor il quale, rivolto a tutti, agitava il foglio che teneva in mano.
“È un’ora che parliamo, rigirandoci tra le mani questo pezzo di carta che ci ha dato Fisherman. Prostituzione, prostituzione minorile! Merda di una merda! È qui, davanti ai nostri occhi! Guardate: Giovedì 21 ottobre: ore 15.20 entrano ragazze con zainetto scuola (Haldane più amiche). Poi, guardate: Venerdì 22 Ottobre: ore 07.30: escono ragazze con zainetto scuola; poi, guardate allo stesso giorno: ore 14.00: entra ragazza con zainetto scuola (Haldane). Nella notte tra giovedì e venerdì c’erano tre ragazze con zainetto scuola, ma solo una di loro abita lì: la figlia della signora Haldane. E le altre due che ci fanno? Sono amiche, sono ospiti? Ma
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guardate più avanti, tra le 22.40 di giovedì e l’1.40 di venerdì: almeno quattro visitatori di una certa età, senza contare i tre giovani attorno ai vent’anni che potrebbero anche essere andati a trovare gli studenti che abitano lì. Ma almeno quattro adulti sono stati lì circa un’ora. Non ho dubbi: si tratta di prostituzione e, quello che temo di più, prostituzione minorile. Scusate l’esclamazione di prima: è stato più forte di me. ‘Illegale e disgustoso’. Ecco spiegato il senso delle parole di Murray!”
Il rapporto che tutti avevano in mano era il seguente: Polizia Centrale di Scozia - Comando Area Urbana di Stirling Rapporto di sorveglianza: stabile sito in 18 Wellington Rd. 18 Wellington Road: n° due palazzine Prima Palazzina: scuola di fisioterapia. Aperta dalle 7.30 alle 17.30. Insegnati e allievi accedono con badge Seconda palazzina Piano terra: app. 1, abitato Mrs. Allay, vedova, 76 anni Piano terra: app. 2, abitato Mrs. Ballantine, vedova, 69 anni Primo Piano: app. 1, abitato Mr. Strath & Mr Lindsay, antiquari in Stirling Primo Piano: app. 2 , abitato Mr. Scott, Mr Decary, Mr Lee (studenti, Univ. Stirling) Secondo Piano: app. 1, Mrs. Haldane & figlia (studentessa ginnasyum) Secondo Piano: app. 2, vuoto Movimenti giovedì 21 Ottobre ore 12: entra signora con spesa (Allay) ore 12,10: entra signora con spesa (Ballantine) ore 15.20 entrano 3 ragazze con zainetto scuola (Haldane + amiche) ore 16.45: esce signora (Ballantine) ore 17: esce signora (Haldane) ore 17.45 entra signora (Ballantine) ore 18.20: entra signora con grosse borse spese (Haldane) ore 18. 25: entrano due studenti (Lee, Decary) ore 18.30: entra studente (Scott) ore 18.45: entrano Mr. Strath & Mr Lindsay ore 19.30: esce studente: Lee ore 21: entrano due ragazzi sui 24 anni: studenti? ore 21.30: entra un ragazzo sui 20 anni: studente? ore 22.40: entrano due signori sui 40 anni ore 23: entra un signore sui 60 anni ore 23.40: escono due signori sui 40 Venerdì 22 ottobre ore 00.20: entra signore sui 55 anni ore 00.50: escono tre ragazzi sui 20 anni ore 01.10: entra studente Lee ore 01.40: escono signore sui 40 e signore sui 60 ore 06.30: esce signora (Ballantine) ore 07.30: escono ragazze con zainetto scuola ore 7.45: escono studenti (Scott, Lee) ore 8.00: esce studente (Decary) ore 8.00: entra signora (Ballantine) ore 8.30: esce signora (Haldane) ore 8.45: escono Mr. Strath & Mr Lindsay
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ore 11.30: esce signora (Allay) ore 11.45: esce signora (Ballantine) ore 12.00: entrano, con spesa, signore (Allay e Haldane) ore 12.35: entra signora con spesa (Ballantine) ore 14.00: entra ragazza con zainetto scuola (Haldane) Casa di Christina. Ore 20.00 circa
Si era fatta una lunga doccia bollente. La giornata era stata lunga ed erano successe molte cose. Dopo un abbrivio lento, le indagini sembravano finalmente essersi avviate e si aprivano spiragli promettenti.
Paradossalmente, quando cominciano a venire alla luce i primi elementi di un certo valore, l’indagine attraversa la sua prima fase critica. Fino a che non ci sono indizi, è buio pesto. Come si dice: ‘si brancola nel buio’. Quando finalmente compaiono i primi indizi, da una parte sei contento perché stai facendo progressi, dall’altra però comincia a manifestarsi, insieme alla contraddittorietà di alcuni elementi, anche la complessità del lavoro che resta da fare. Si aprono diverse piste: forse troppe! Bisogna aggiungere altri indizi per ridurre il numero delle ipotesi. Il caso Murray era entrato nella fase in cui mille scenari sono possibili.
Era stata a lungo sotto la doccia, sperando che l’acqua portasse via le impressioni sgradevoli e gli indizi meno importanti, lasciando lì, in bella vista, solo quelli più utili. Con pochi elementi non puoi ricostruire nessuna storia. Con molti elementi, devi trovare i nessi. Il problema è che, alla fine, le devi eliminare tutte le storie, tutte tranne una: quella vera. La doccia l’aveva rilassata ma, purtroppo, gli indizi in disordine e le impressioni sgradevoli erano ancora tutti lì.
Aveva chiamato Annie, per dar corso alle istruzioni di Munro. “Chris,” aveva risposto Annie, “questa sera ti stupirò. Non ti voglio anticipare nulla, ma
vedrai che non vengo da te a mani vuote!” Si era messa una tuta da ginnastica comoda. Era andata in cucina e adesso era lì, davanti
alla porta del frigo spalancata, quasi ad interrogare il suo frigorifero sulle possibilità di assortire qualcosa di appetitoso per sé e per l‘amica. C’erano già un bel po’ di verdure bollite: una bella insalata mista. Poi avrebbe preparato delle crocchette calde: cipolla rosolata, uova, un po’ di erbe aromatiche, un po’ di senape, un po’ di formaggio tipo Emmenthal e una grattatina di formaggio Cheddar stagionato. Facili, veloci e gustose, queste crocchette. Un po’ di formaggio fresco e frutta.
“Ok, per la cena non ci sono problemi” Annie arrivò con un certo anticipo e si mise ad aiutare Christina in cucina. Tempo un
quarto d’ora erano sedute a tavola. “Mai e poi mai vorrei avere Ramsey per maggiordomo,” esordì Ann. “Davvero storie terribili, Chris. Mangiamo, e poi ti aggiorno” La cena era appetitosa con quel tipico sapore casalingo che rassicura. Il clima sereno e
amichevole. Qualche scoppio di riso: risate che, di tanto in tanto, venivano annegate in un bicchiere di birra. Terminata la cena, si affaccendarono pochi minuti attorno al lavello e pulirono per bene il tavolo. Chris tirò fuori una bottiglia di Cherry con due bicchierini. Poi prese un blocco per gli appunti. Ann tirò fuori dalla borsa una cartelletta di cartone piena di fogli. Si sedettero di nuovo al tavolo di cucina e Ann cominciò a parlare.
“La prima cosa che ho trovato è questa. Da una fonte risulta che tale James Ramsey, nato a Plymouth il 5 febbraio 1950, soldato legionario, era stato dato per disperso dopo un’operazione militare congiunta franco-‐inglese effettuata tra il 18 e il 20 maggio 1978 a Mariaville, ora Kolwezi, una città dello Zaire meridionale a poche decine di chilometri dal
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confine con lo Zambia e con l’Angola. L’azione militare mirava a liberare Kolwezi, importante centro minerario, dalle cosiddette Tigri del Katanga che erano giunte dall’Angola e stavano facendo strage di cittadini europei o colonizzatori bianchi. Le miniere di questa regione sono ricche di rame, cobalto, radio e … udite udite: di uranio. Di questo James Ramsey, all’epoca senza familiari viventi o rintracciabili nel Regno Unito, non ho trovato altre tracce. James Ramsey ricompare solo nel 1991, a Menstrie, come maggiordomo di sir Murray”
“Inquietante” mormorò Christina che stava prendendo appunti. “Ti sembrano affidabili le fonti?” “Un annuario di forze militari legionarie inglesi e incroci con il database anagrafico del
Regno Unito. Nell’annuario, c’è anche una foto del giovane soldato James Ramsey: un ragazzo tarchiato, biondo col viso rotondo. Piuttosto diverso dal nostro James Ramsey: alto, viso quadrato. Sono passati circa trentacinque anni da quella fotografia, ma francamente non trovo molta somiglianza tra il soldato di allora e il maggiordomo di oggi. Devo confessarti, Chris, che ho fatto una foto a Ramsey e l’ho passata attraverso un programma di morphing per vedere che aspetto avrebbe potuto avere venti o trenta anni fa il nostro Ramsey: poco a che vedere con quell’altro James Ramsay”
“Omonimia o sostituzione di persona? Furto di identità: é questo che sospetti?” “Direi di si. Mi sembra che ci siano tutti gli elementi. Andiamo avanti. Il secondo
argomento devo prenderlo un po’ alla lontana. “Fin dal 1964, un certo Colonnello Mike Hoare dirigeva una compagnia di soldati
mercenari di stanza in Congo, al servizio di Moise Ciombe. Ho trovato una foto del 1969 e una del 1971: in entrambe mi pare di avere identificato un soldato che assomiglia al nostro Ramsey, solo che aveva un altro nome: Adam Ripplecourt. Ho trovato tracce di un nucleo armato capeggiato da questo Adam Ripplecourt nella guerra civile Angolana a sostegno di uno dei gruppi ribelli, il Movimento Popolare per l’Indipendenza dell’Angola guidato da Jonas Savimbi. Questo accadeva nel 1975. Questo fatto è indirettamente riportato in margine agli accordi di Alvor con cui viene siglata l’indipendenza dell’Angola dal Portogallo. Agli atti risulta che vari gruppi militari cosiddetti indipendenti, tra cui quello capeggiato da Adam Rippleycourt, sono stati convinti ad abbandonare il paese dietro pagamento di cifre considerevoli”
“Secondo te, quindi, il nostro Ramsey sarebbe in realtà questo Adam Ripplecourt, un mercenario. Hai altri elementi in proposito?”
“Si: credo di averne almeno altri tre. Stai a sentire. “Uscito dal Congo nel 1975 lo ritroviamo poco lontano, nella Repubblica Centroafricana
tra il 1976 e il 1978, dopo il colpo di stato con cui il colonnello Bokassa è salito al potere. Qui Adam è a capo di un esercito privato che mantiene l’ordine nella provincia mineraria di Bakouma, a 100 Km dalla Repubblica del Congo, ricca di diamanti e, manco a dirlo, di uranio. Gli interessi economici personali di Bokassa e quelli delle compagnie minerarie francesi sostanzialmente coincidevano. Nelle miniere lavoravano popolazioni locali ridotte allo stato di schiavitù. Molto utilizzati come minatori erano i bambini a partire dai sei anni. Nella zona, gli eserciti privati servivano a mantenere l’ordine, a sedare eventuali tentativi di rivolta e a mantenere lo status quo sui metodi estrattivi. Risulta che questi eserciti privati fossero pagati in diamanti grezzi. Inutile dire che sono state successivamente rese note centinaia di terribili storie di abusi su donne, vecchi e bambini. Una storia veramente brutta questa qui. Orrenda, veramente orrenda”
“Fa venire il voltastomaco” disse Christina, che continuava a prendere appunti. “Alla fine del 1978, un esercito privato comandato da Adam sostiene azioni militari ai
confini tra Uganda e Tanzania. Il contesto è il tentativo di invasione della Tanzania da parte delle truppe ugandesi di Idi Amin. L’interesse, tanto per cambiare, è rappresentato dalle zone minerarie che producono rame, cobalto, nichel, tungsteno, ma soprattutto diamanti, oro e una
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qualità di gemme tra le più apprezzate nei mercati internazionali: la tanzanite. Anche in queste miniere sono impiegati innumerevoli bambini. È possibile che tra le attività di Adam in Tanzania, ci fosse quella di rapire, dopo aver raso al suolo i villaggi dove vivevano, i bambini da trasformare in soldati o in minatori. Questi dati furono riportati da gruppi di militari dell’intelligence inglese che cercava di contrastare i piani di Amin”
“Quindi anche questi dati sarebbero avvallati da fonti abbastanza attendibili” “Direi di si. Devo confessare che tra il 1978 e il 1988 ho un buco nero. Non ho trovato
alcuna traccia della attività di Adam Ripplecourt. Avrà cessato le sue attività militari? Sarà semplicemente stato più accorto a non mettersi troppo in mostra? Non so che dire. Il suo nome però salta di nuovo fuori nel 1988, in Sierra Leone…”
“Sierra Leone? 1988… 1989…?” la interruppe Christina. “Si, Sierra Leone: c’è qualcosa di strano?” “È che abbiamo trovato un riscontro che pone sir Murray in Sierra Leone nel marzo del
1989…” “Molto interessante, Chris: davvero interessante. Dicevo: approfittando della guerra
civile che era in corso da alcuni anni, Adam mette la sua capacità militare al servizio di bande di trafficanti di diamanti e di rapitori di bambini. Si direbbe il solito copione. Anche qui sembra che la forma prevalente di pagamento per queste attività militare fosse costituita da diamanti grezzi, estratti, come al solito, dalle mani dei bambini mandati in miniera come animali. Questi dati sono di fonte giornalistica, della CNN in particolare”
“Annie: hai trovato tutto questo in un solo giorno? Ma come hai fatto? Sai che cosa mi stupisce di più? Mi chiedo: se ci sono così tanti dati su questi crimini compiuti da un cittadino inglese che ha un nome e un cognome, come mai allora non si sono aperte delle indagini ufficiali, non c’è stato un processo, una condanna…”
“Perché Adam Ripplecourt è morto, cara la mia Christina!” “Morto? Ma non hai detto che…” “Nel 1989, in Liberia, durante uno scontro tra bande armate, il colonnello Adam
Ripplecourt è stato colpito alla testa. Anche questa è una notizia di fonte giornalistica. Il suo corpo, portato via dai commilitoni in ritirata, non è mai stato trovato, né di Adam Ripplecourt si è mai avuta altra notizia. Ora, Christina cara, hai visto che Ramsey ha una bella cicatrice sulla testa…”
“Già, Annie, un incidente di cricket, dice …” “Può dire tutto quello che vuole, Christina! Non posso essere sicura al cento per cento. I
miei sono solo indizi e le fonti non sempre possono essere affidabilissime. Però i risultati della mia ricerca sono molto suggestivi per questa tesi. Ascolta: Adam Ripplecourt è un criminale di guerra o, più semplicemente, un criminale. Si è straordinariamente arricchito in molti anni di pratica criminale in Africa. Ad un certo momento, ferito più o meno gravemente, ha deciso di uscire di scena. Ha assunto l’identità di un commilitone morto anni prima e di cui nessuno ha mai chiesto nulla ed è rientrato nella società civile”
“Sai, Annie, oggi Taylor ha interrogato Ramsey e, sebbene sui particolari della loro relazione sia stato molto vago, la sua storia potrebbe avere punti di contatto con la tua. Ramsey ha ammesso di essere in affari da moltissimi anni con sir Murray. Le loro attività concernevano non precisate transazioni. Posso immaginare che denari molto sporchi, diamanti grezzi, oro e non so che altro, dovessero essere convertiti in denaro pulito e spendibile. Ora dovremmo chiarire questi meccanismi. Dopo dovrò sentire Taylor. Credo che dovremo farci autorizzare un mandato d’arresto. Annie, è vero che mi puoi dare una copia della tua documentazione?”
“Questa è già la tua copia, Chris, fanne buon uso” Ann passò nelle mani di Christina la cartellina con l’intera documentazione.
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“La mia copia, è in ufficio. Senti un po’, Christina. Avete già un’idea dei canali attraverso i quali hanno viaggiato le transazioni finanziarie? Perché, vedi, contrabbandare preziosi non è nemmeno tanto difficile, ma ripulire il denaro sporco richiede società e banche accondiscendenti. È un mondo vario e variopinto quello! Qualche tempo fa ho condotto una piccola inchiesta per conto mio su questa cosa e ho raccolto un bel po’ di materiale. Immagino che voi abbiate i vostri canali ma, se vuoi, ti faccio avere un po’ di documentazione in generale. Se invece vuoi della documentazione selezionata, mi dovresti dare qualche indicazione specifica sui movimenti finanziari di sir Murray”
“I nostri colleghi di Stirling hanno una divisione finanziaria: si occuperanno loro di rintracciare i percorsi delle transazioni. La situazione è un po’ complessa perché, vedi, quelle transazioni sono ormai piuttosto datate: credo non potremo rintracciare più niente di quelle storie. Però ci sono certamente nuove storie e nuove transazioni.
“Murray e Ramsey gestivano insieme i loro rispettivi capitali, probabilmente accumulati nel modo che mi hai mostrato. Non credo che investissero solo in buoni del tesoro! Potrebbero aver continuato, ne sarei quasi certa, a investire i loro soldi in attività illegali molto remunerative. Sir Murray amministrava anche i beni dei fratelli e, forse, di altri soggetti di cui non siamo ancora a conoscenza. Se tanto mi dà tanto, sarei propensa a credere che anche il denaro amministrato per conto terzi non sia stato gestito nel modo più pulito possibile. Alti rendimenti, alto rischio. Bertrand e Muriel, fratello e sorella del nostro sir Murray, gli hanno fatto amministrare i loro beni per molto tempo e continuavano a farlo: erano evidentemente contenti dei rendimenti, quindi…
“Abbiamo spulciato un po’ di documenti ma sono francamente difficili da interpretare e questo mi rende, ovviamente, molto sospettosa. Abbiamo trovato documenti bancari facenti capo una banca delle isole del canale, una banca di Saint Peter Port, Guernsey. Se vuoi, poi, ci sono le residenze secondarie di sir Murray: una nei caraibi, a Cockburn Town, nelle isole di Turks e Caicos, e una a Roma. Anzi, sir Murray era in trattativa per affittare una nuova residenza in Italia, a metà strada, questa era stata la sua esplicita richiesta all’immobiliare che trattava per lui in Italia, tra Roma e San Marino. Se ti può essere utile. Per il momento non ho altre informazioni. Sei un tesoro, Annie, come sempre. Ti voglio bene” Casa di Christina. Ore 24.00 circa
“Mestiere duro e giornata dura, molto dura. Forse ho sbagliato a scegliere questo
mestiere. È un vero disgusto, quasi un dolore fisico, andare a sbattere contro tutto questo male, tutta questa malvagità.
“A volte sei contento, perché senti di essere dalla parte giusta. Sei contento, perche senti che aiutare i giusti e stare dalla loro parte ti fa sentire leggero. Però, quando vedi la quantità di male che c’è in giro e vedi che non puoi fare proprio nulla per fermare certe cose, allora ti viene il magone”
Christina si era seduta in poltrona. Non poteva andare a letto senza cercare di rilassarsi un po’ dopo una giornata del genere.
“Ecco, vedi? Uno segue le tracce, studia le carte, cerca di mettersi nei panni di questo e di quest’altro; guardi, soppesi, valuti, fai ipotesi, cerchi riscontri. Quasi fosse un gioco di intelligenza, un enigma da risolvere. Un gioco astratto che ti impegna il cervello e, se riesci a risolvere l’enigma, si contento e puoi passare ad un altro gioco o, come nei videogiochi, a un livello superiore di difficoltà”
La parola enigma le ballava nel cervello e davanti agli occhi. Aveva messo un CD e stava ascoltando la musica: l’ascoltava ad un volume discretamente alto, con le cuffie naturalmente,
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perché non voleva disturbare i vicini data l’ora, ma aveva bisogno di farsi un po’ stordire. Il CD che stava ascoltando conteneva tre opere di Edward Elgar, uno dei suoi autori preferiti. Il primo dei tre pezzi si intitolava, emblematicamente, Variazioni sul tema Enigma.
“Enigma, enigma, enigma, enigma, enigma…” sussurrava tra se. Il secondo tema, che Christina adorava ma che anche temeva per il dolore empatico che
emergeva da ogni nota, era il concerto per violoncello e orchestra in Mi minore opera 85. Questo concerto era stato scritto in occasione di un dolore vissuto da Elgar in prima persona, uno dei milioni di dolori che la tragedia della prima guerra mondiale aveva dispensato senza parsimonia. Quelle note, così intime e così personali, sembravano chiamare a raccolta il dolore da tutti i punti dell’universo. Questa sera era la sera giusta in cui fare risuonare quelle note. Una sorta di testimonianza per il dolore, e per l’imbecillità umana che ne è la causa, che oggi era emerso come elemento costante e pervasivo nelle indagini sul caso Murray. La voce del dolore che risuonava alta nel brano di Elgar, nel caso del sodalizio Ramsay-‐Murray era quella provocata dalla violenza perpetrata sul debole e sull’indifeso… tipicamente maschile…, pensava Christina.
Il terzo brano era la serenata per orchestra d’archi in Mi minore. Di nuovo una tonalità in Mi minore, molto intimista, molto raccolta attorno a un’anima ancora dolente. Ma in questa serenata c’era anche una sorta di risveglio dello sguardo umano verso le cose belle, le cose buone. Christina si aspettava che questa serenata l’avrebbe aiutata a metabolizzare il male e a ridarle quel po’ di quella serenità necessaria per guardare avanti con fiducia, sia in queste indagini e, in generale, nella vita. Dopo di che si sarebbe sentita di andare finalmente a dormire.
Avrebbe voluto sentirsi contenta. In fondo, oggi, le indagini avevano fatto un bel passo in avanti: le impronte di sir Murray sulla lettera anonima; le impronte di Bertrand sulle carte del fratello; le ammissioni di Ramsey sul sodalizio con Murray.
“Però poi, tutto quel male, tutto quel dolore. La prostituzione minorile! Qui a due passi da noi! Troppo dolore, troppo dolore, povere bambine. E poi, l’Africa di Ramsey, o di quell’Adam che sia. Un mondo inconcepibile per i nostri occhi. Un mondo inconcepibile per noi che, diciamoci la verità, facciamo finta di non sapere e voltiamo la faccia dall’altra parte per far finta di non vedere, anche se sappiamo benissimo che cosa succede e perché succede. Sappiamo benissimo, anche se ci ripugna l’idea e ci sentiamo anche in colpa per questo, che è proprio il nostro bel mondo pulito, educato e rispettoso che trae vantaggio da quel che succede laggiù. Un mondo inconcepibile, fatto di razzia e di violenza. Un posto dove la violenza è l’unico metro e l’unico mezzo. I deboli, i bambini, i disarmati, sono gli schiavi e le vittime sacrificali. Attorno, solo animali violenti che cercano di arraffare il più possibile. Un dolore universale. Un dolore cosmico”
Appena uscita Annie, Christina aveva sentito la necessità di chiamare Taylor. “Speriamo di non disturbarlo” Era assolutamente necessario chiamarlo, dopo le storie che aveva sentito da Annie. Oltre
alla necessità di comunicargli quello che aveva appena saputo, in vista di un mandato di arresto da richiedere al Coroner, sentiva forte il desiderio di sentire una voce maschile forte, pacata, rassicurante. Queste storie africane e queste storie di prostituzione minorile non le facevano volere un gran bene alla metà maschile del mondo.
“Chissà se Taylor è quello che sembra o è anche lui mezza verità e mezza mistificazione?”
Era evidente che la distaccata professionalità che Taylor esibiva era diventata una parte della sua vera anima. Christina se lo immaginava da giovane, con i suoi entusiasmi e le sue crisi. Le crisi saranno state dolorose e l’entusiasmo non sempre sufficiente a controbilanciarle. Sarà stato per Taylor come per gli alberi: la corteccia si rafforza crescendo. Se vuoi sopravvivere devi diventare più duro. Che cosa aveva detto Taylor l’altra sera? ‘È necessario
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mettere un argine tra le tue emozioni e le cose del tuo lavoro’. Un argine: si, un argine ci vuole, altrimenti questo dolore mi ammazzerà”
Taylor le aveva detto che avrebbe pensato lui ad avvisare il Coroner e si sarebbe consigliato con Munro sulla cosa più opportuna da fare. Le aveva anche detto di essere stato informato che i colleghi di Stirling avevano già predisposto di intervenire al più presto, magari questa sera stessa, nell’ipotesi, da loro condivisa, di una vicenda di prostituzione minorile.
“Chris, questa potrebbe essere una notte gravida di conseguenze. Le cose sono complesse. Quando si mettono in moto non sai bene come andranno a finire. Oggi è stata una giornata dura. Domani ci attende un sabato impegnativo. Vai a riposare. Buona notte… Ah, Chris… non possiamo salvare il mondo… siamo troppo piccoli e troppo deboli per farlo … ma nel nostro piccolo possiamo dare una mano a raddrizzarlo ed evitare che vada tutto in malora. Non siamo noi i salvatori, non possiamo esserlo: possiamo considerarci, eventualmente, manutentori. E se facciamo bene il nostro mestiere, vedrai che anche il mondo girerà un pochino meglio. A letto, adesso! March! Buona notte!”
Così era finita la telefonata con Taylor. “… A letto, adesso! March! Buona notte? ... ma come si permette questo tono
paternalistico …. Che rabbia…. Che rabbia!” Non le era piaciuta l’ultima frase di Taylor però era contenta di avere sentito la sua voce.
Era stato anche gentile: aveva capito il momento. Le venne in mente com’era bello, da bambina, essere triste ed essere consolata da papà… La serenata per orchestra d’archi in Mi minore di Elgar stava funzionando... Sabato 23 Ottobre. Menstrie: Tenuta dei Murray. Ore 10.30 circa
La sera precedente Taylor aveva chiamato Munro per aggiornarlo sui fatti e per sapere se era d’accordo a fermare Ramsey. Munro non era stato d’accordo.
“Credo abbiamo molti elementi indiziari ma poche prove, Taylor” gli aveva risposto. “Se è implicato, fin tanto che è in libertà cercherà di far sparire prove e conquibus. È
anche possibile che, costretto a fare le cose in fretta, si lasci dietro più prove e più tracce di quante non ne riesca a cancellare. In questo momento lo lascerei libero di trafficare in modo tale che lasci tracce sulle banche implicate nei traffici. Il suo telefono è sotto controllo, vero?”
“Abbiamo accesso in tempo reale ai tabulati dei Murray, di Ramsey, e della servitù. Abbiamo sotto controllo anche l’IP del computer di Ramsey: possiamo controllare ogni contatto di Ramsey. Se credi che sia utile, domani chiediamo al Coroner l’autorizzazione alla intercettazione delle conversazioni”
Verso mezzanotte Taylor aveva anche telefonato a Fischerman, che era di turno. “Tutto tranquillo” gli aveva risposto. Appena arrivati in ufficio, verso le otto e mezza, Taylor e Christina avevano saputo
dell’irruzione dei colleghi di Stirling al 18 di Wellington Road. Erano nell’ufficio di Taylor che bevevano una tazza di te organizzandosi sulle priorità per quella mattina quando era entrato Fisherman che, sebbene fosse smontato dal turno, non se ne era ancora andato.
“Hanno chiamato da Stirling: questa notte all’una hanno fatto irruzione nella casa sotto controllo. Sembrano esserci riscontri sulla questione prostituzione. Hanno fermato la signora Haldane e la figlia. La figlia può essere trattenuta solo ventiquattro ore, perché è minore. Pare che, dopo un giro di telefonate fatte questa notte ai parenti che abitano in zona, si sia trovato un parente disponibile per l’affidamento della ragazza. Se ne sta occupando il giudice minorile”
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“Grazie Fisherman, vai pure a riposarti”. Poi, rivolto a Christina: “Purtroppo l’intuizione era giusta! Avrei davvero preferito sbagliarmi. Quali erano dunque le intenzioni di Murray con la sua lettera anonima? Segnalare una casa chiusa? Dubito proprio dopo quello che mi hai detto di lui, vero Chris? E allora? Stava puntando il dito verso qualcuno che frequentava la casa? Dovremo chiarire la cosa con gli amici di Stirling ”
Taylor aveva chiesto a Christina di fare un breve rapporto sulle notizie avute dalla sua amica Ann in modo da poter chiedere, in via ufficiale, notizie anagrafiche, militari, legali e di polizia sulle persone corrispondenti a James Ramsey e a Adam Ripplecourt. Christina si era da poco chiusa in ufficio per scrivere il rapporto, quando il centralino informò Taylor che era stato richiesto l’intervento di una volante e di un’ambulanza alla tenuta Murray.
“Hanno sparato Ramsey” “Qui le cose o si complicano … o si semplificano,” pensò Taylor che rispose: “Ok, ci vado
io. Avvisate Munro Munro” Compose il numero di telefono della scientifica. Dopo la scientifica, informò l’ufficio del
Coroner. Infine, indossato il giaccone, si era affacciato all’ufficio di Christina. “Dobbiamo andare immediatamente a Menstrie: pare abbiano sparato a Ramsey, pare.
Non so altro. Spicciamoci” Sul portone di ingresso trovarono l’ambulanza. Il medico dell’ambulanza consegnò a
Taylor un foglietto. “Potrete richiedere a questo numero il rapporto ufficiale del nostro intervento. Per
l’uomo laggiù non c’è stato niente da fare. Un colpo di grosso calibro in pieno petto. È certamente morto sul colpo. È là in fondo, dietro al campo da tennis, vicino a quella costruzione là in fondo, dove ci sono i box”
“Dietro la dependance, Taylor, dai andiamo, svelto!” disse Christina nervosa, con le pupille piccolissime e un fremito del labbro superiore.
“La morte è un compagno di lavoro cui non ci si abitua tanto facilmente, povera Chris” pensava Taylor mentre guidava lentamente nella direzione indicata da Christina. Gli venne l’impulso di stringerle la mano per consolarla, ma non lo fece.
“Ognuno deve trovare la sua via per conto proprio: prima lo fa, meglio è. Se gli fai da balia, farà più fatica a montare le proprie difese”
Christina fissava la stradina che girava attorno alla dependance. Aveva notato che Taylor la spiava con la coda dell’occhio. Le avrebbe fatto piacere una parola d’incoraggiamento ma lui se ne stava lì, neutro, professionale, senza parlare.
“Meglio così; niente smancerie tra colleghi” pensò, stringendo le labbra che erano diventate sottili e pallide.
Là di fronte, proprio davanti ai box, c’era Ramsey, innegabilmente morto. Sembrava quasi il manichino per un’esercitazione, non una persona: schiena al suolo, le braccia allargate lontane dal corpo, gli occhi vitrei spalancati verso il cielo, una larga ferita nera in mezzo al petto e una nera pozza di sangue che si allargava sotto al busto, come una specie d’ombra.
La squadra della scientifica era stata velocissima: erano arrivati e avevano recintato la zona. I ragazzi erano all’opera attorno al corpo di Ramsey.
Taylor e Christina erano scesi dall’auto e si erano avvicinati. Non c’era ombra di dubbio: il colpo al petto era stato devastante. Al posto dello sterno c’era un buco nero. Il cuore, la sotto, doveva essere spappolato. Attorno alla ferita, residui bruciati di vestito. Sembrava proprio non esserci dubbio: un colpo sparato a bruciapelo con un’arma di grosso calibro.
“Potrebbero avere usato uno dei fucili di sir Murray, quelli in soggiorno” disse Christina a Taylor.
“L’arma del delitto è qui intorno?” chiese Taylor a uno degli agenti della scientifica. “Qui non abbiamo trovato niente tenente” “L’ora della morte?”
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“Il patologo ha detto tre o quattro ore fa. Ma deve chiedere a lui, tenente” “Noi dobbiamo fare qualche domanda agli inquilini. Non diamo fastidio se ci mettiamo in
sala da pranzo?” chiese Taylor allo stesso agente. “Fate pure, tenente: ma cercate di stare circoscritti a un’unica area ristretta, per favore” “Agente, per favore,” chiese Christina ”quando entrate in casa per i riscontri sui fucili, mi
fa il piacere di chiamarmi?” “Non mancherò agente, stia tranquilla” Poco più indietro, con un grande plaid sulle spalle, Bertrand Murray osservava la scena,
in attesa di accompagnare in casa Taylor e Christina. Christina lo scorse e gli fece un cenno di intesa poi si rivolse a Taylor.
“L’ipotesi del suicidio non la farei nemmeno. Sembra sia stato ucciso in questo punto: non vedo segni di trascinamento. È stato ucciso da qualcuno della casa o da qualcuno venuto da fuori. Purtroppo il terreno qua attorno è secco e duro non so se si troveranno tracce per capire da dove è arrivato l’assassino o se è stato un agguato. Per me la cerchia dei sospetti si restringe alle persone che sono qui oggi”
Entrarono in casa accompagnati da Bertrand. “Erano da poco passate le nove e mezzo, tenente. Sono andato a prendere la macchina
per fare un salto in paese e l’ho trovato lì, davanti ai box” Accompagnandoli in casa, Bertrand aveva cominciato a parlare rivolgendosi a Taylor. Si
avviarono direttamente in sala da pranzo dove era già presente lady Muriel. La cuoca e le cameriere erano in cucina. Taylor le chiamò in sala da pranzo.
“Non dobbiamo disturbare i ragazzi della scientifica. Per questo staremo tutti in questa stanza. Vi devo fare alcune domande”
Taylor prese due sedie, una per sé e una per Christina, e le dispose sul lato corto del grande tavolo da pranzo, quello prospiciente al soggiorno. Chiese a lady Muriel e a suo fratello Bertrand di accomodarsi sul lato lungo, quello verso il giardino e fece accomodare le tre signore di servizio sull’altro lato lungo del tavolo. Così facendo, lui e Christina potevano guardare bene in viso tutti quanti e, tenendo i padroni di casa e la loro servitù sui lati opposti del tavolo, si manteneva una giusta separazione di ruolo e di censo, evitando di mettere qualcuno in eccessivo imbarazzo per quella improvvisa e promiscua riunione.
“Scusate la brutalità della domanda: magari risparmiamo tempo. Qualcuno di voi ha sparato a Ramsey?”
Nessuno si fece avanti per rispondere: si guardavano l’un l’altro cercando di leggere la verità nascosta nel viso degli altri.
“Qualcuno di voi ha sentito uno sparo questa mattina?” Dopo due o tre lunghi secondi di silenzio fu Bertrand a parlare. “Verso le sette mi è parso di sentire uno sparo ma solo dopo aver trovato Ramsey colpito
davanti ai box ho realizzato che forse avevo davvero sentito uno sparo” “Nessun altro ha sentito uno sparo verso le sette di questa mattina?” Nessuna risposta. Fu di nuovo Bertrand a rompere il silenzio. “Signor tenente, le finestre hanno i tripli vetri qui in villa. Sono state messe per una
questione di isolamento termico ma funzionano anche ottimamente come isolamento acustico. Uno sparo da quella parte della tenuta lo si sente solo se hai la finestra aperta oppure se sei sul lato giusto della casa. La mia stanza, oltre a quella del mio povero fratello, sono le uniche che danno sul lato nord, nord-‐est. Poi, sa tenente, qui non è che si faccia molto caso agli spari. Siamo in piena campagna, ogni tanto si avvicinano i cacciatori. Inoltre, oggi è sabato, un giorno in cui ne girano abbastanza di cacciatori. Qui si cacciano lepri, conigli, piccioni e, in questa stagione, anche fagiani, pernici, beccaccini e, per non farci mancare niente, anche il piviere dorato. Non è così raro sentire colpi di fucile sparati da cacciatori anche abbastanza
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vicini alla casa. Tutto questo per dirle che è verosimile che nessuno abbia sentito o abbia fatto caso a un colpo di fucile al mattino presto”
“Qualcuno di voi sa dirmi che cosa ha fatto ieri Ramsey?” chiese Taylor. A questa domanda fu la cuoca, Katty Hammerton, a parlare. “Ieri mattina, dopo che lei, signor tenente, se ne è andato Ramsey si è chiuso nella sua
stanza e ci è stato tutto il giorno. Non lo si è visto in giro quasi per niente, è vero Chlotilde?” “È vero”, confermò Chlotilde Cameron: “lo si sentiva agitarsi parecchio in camera sua…” “A me ha chiesto di trovargli qualche scatola di cartone,” aggiunse Janel Cullen: “dava
l’impressione di essere indaffarato a sistemare le sue cose” “Mi state facendo il quadro di una persona che mette in ordine le sue cose o di uno che si
prepara a mollare gli ormeggi in fretta e furia?” chiese Taylor. “Entrambe le cose, signor tenente: uno che mette in ordine le sue cose e si libera del
superfluo per, come dice lei, ‘mollare gli ormeggi’ alleggerito da inutili fardelli” disse sarcasticamente Chlotilde.
“Avrà pensato che i suoi servizi da maggiordomo non erano più richiesti in questa casa” disse Taylor guardando Christina con un mezzo sorriso amaro.
Christina rispose allo sguardo di Taylor con un’espressione dura. “Ha sentito odore di bruciato e se la stava dando a gambe” fece Christina a bassa voce,
quasi ragionando tra sé. “Una fuga l’avrebbe messo in cima alla lista dei sospettati. Però….. però, qualcuno l’ha
fermato. Questo spariglia le carte dei sospettati …” Christina cercò lo sguardo di Muriel e di suo fratello Bertrand. Voleva vedere se le parole
che stava per dire avrebbero suscitato qualche reazione sul loro volto. “Chi ha ucciso sir Murray poteva avere qualcosa da temere anche da Ramsey. Credo che
ci sia un solo assassino per entrambe le vittime” “Chi può avere ucciso Ronald, e perché anche Ramsey…?” disse lady Muriel con un filo di
voce tenendo lo sguardo fisso nel vuoto. Questa sembrava una domanda rivolta solo a se stessa.
“Mi ha sorpreso un po’ non trovarla in casa ieri, lady Muriel. Mi è stato detto che era andata a fare visita a una certa Rebecca Dickinson…”
Taylor non aveva fatto in tempo a finire la frase che Lady Muriel aveva alzato uno sguardo fiero nella sua direzione.
“Rebecca, è l’unica amica, l’unica vera amica che ho qui a Menstrie. Era una mia compagna di scuola. Non abbiamo mai avuto segreti. Siamo cresciute come sorelle. I miei fratelli erano troppo più grandi di me! Per me Rebecca è sempre stata, ed è tuttora, parte della mia famiglia. Una sorella adottiva, se volete. Voglio molto bene a Rebecca. Sto molto bene con lei, molto meglio che non – scusami Bertrand! – con i miei stessi fratelli. Sto tanto bene con lei e con la cara Charlotte, sua figlia! Sto bene con loro…parliamo … giochiamo a tennis… con loro sto come stavo da ragazza…”
Lady Muriel si era interrotta con gli occhi pieni di lacrime e un groppo alla gola che le impediva di proseguire. Bertrand, con un gesto lento, le prese una mano fra le sue mentre Muriel si asciugava gli occhi con un fazzolettino che già teneva nell’altra mano.
In quel momento fece ingresso la squadra della scientifica. Christina si alzò e andò loro incontro.
“Qui avanti, sulla sinistra, c’è la fuciliera. Tutte le verifiche del caso, per favore: impronte, uso recente dell’arma, residui di polvere … anche sui vestiti di questi cinque signori, per favore.” Christina indicò le persone sedute attorno al tavolo.
“Vi chiederei anche di cercare impronte all’interno della fuciliera. Alcuni di questi fucili sono vecchi e davvero pesanti: ci si può sbilanciare prendendone uno senza essere avvezzi al loro peso. Nel cassetto in basso ci sono scatole delle munizioni. Esaminate le compatibilità di
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calibro e confrontate le polveri con quelle dei residui sulla ferita, per favore. Ci aspettiamo dei risultati rapidi, possibilmente in giornata. Grazie ragazzi”
Mentre Christina parlava, Taylor la seguiva con lo sguardo: nei suoi occhi si leggeva un’espressione come di sorpresa che, tradotta in linguaggio verbale, poteva equivalere a un ‘Perbacco!’ Appena Christina ebbe finito, Taylor si alzò e si rivolse ai presenti con un’espressione come di rassegnata routine delle raccomandazioni ufficiali: usò un tono della voce piano e uniforme e parole ben scandite.
“Ora i colleghi della scientifica dovranno prendere dei campioni dai vostri vestiti, dalle vostre mani, dai vostri visi. Vi pregherei di restare in questa stanza a loro disposizione”
Taylor quindi si rivolse a Bertrand. “Signor Murray, mi può seguire un attimo in ingresso, per favore? Adempirà agli obblighi
con la scientifica più tardi” Taylor, Christina e Bertrand uscirono dalla stanza da pranzo e attraversarono l’ingresso,
fuori dalla portata uditiva delle altre persone che erano rimaste nella sala da pranzo. “Signor Murray,” disse Taylor a bassa voce mentre prendeva Murray sottobraccio e lo
accompagnava fin sulla soglia della porta dello studio, “mi sa spiegare come mai le sue impronte sono state trovate un po’ dappertutto sulla scrivania e sui faldoni di suo fratello e anche in alcuni dei fascicoli all’interno dei faldoni? Ci vuole dire qualche cosa in proposito?”
Bertrand assunse un’aria contrita, come di un bambino colto a combinare una birichinata.
“Confesso di averle taciuto una cosa, tenente. Non mi sembrava così rilevante, anche se lei adesso mi dirà che la cosa invece era molto importante e avrei dovuto dirla subito. La sera in cui Ronald è stato ucciso, avevo detto che sarei venuto a trovarlo dopo cena. In realtà ho fatto un po’ tardi con dei clienti ma ho deciso di fare ugualmente un salto da Ronald. Sapevo che non andava a letto presto e avrei voluto sapere qualcosa di più sul testamento cui Ronald aveva detto di voler mettere mano.
“Sono arrivato pochi minuti prima di mezzanotte. Entrato in biblioteca, ho trovato Ronald che sembrava addormentato in poltrona. L’ho chiamato, l’ho scosso. Gli ho cercato il polso carotideo, ho cercato di capire se respirava. Nulla. Alla fine ho realizzato che era morto. Ho pensato a un infarto, a un ictus... Mi sembrava evidente che, ormai, non c’era più niente da fare. Era morto. Così ho frugato fra le sue carte. Lo confesso: non avevo idea di che cosa avesse voluto fare con il testamento. Sono abbastanza ricco, signor tenente: questo mi garantisce il privilegio di non preoccuparmi troppo dei soldi. Però Ronald ne gestiva una quantità non indifferente. Le sue recenti preoccupazioni mi avevano reso, lo ammetto, un po’ inquieto. Non capivo se c’erano stati dissesti. Questa novità del testamento non aveva contribuito a rendermi sereno: che aggiustamenti aveva in mente Ronald? Lo riconosco, tenente, ero preoccupato: lei non lo sarebbe stato?”
“Già, ma mi hai appena detto di essere abbastanza ricco da permetterti il lusso di non preoccuparti troppo … non ti sembra di contraddirti, Bertrand?...” Così pensava Taylor mentre prestava attenzione alla ammissione di Bertrand che stava continuando a parlare.
“Ho frugato fra le sue carte ma non ho trovato niente. Avevo messo le carte un po’ sottosopra, quindi ho cercato, in fretta e furia, di mettere un po’ in ordine e me ne sono andato via, come se non fossi venuto a trovare Ronald quella sera…. Si crede sempre sia più facile sviare i sospetti, anche mentendo, piuttosto che spiegare le cose. Ci si sente sempre dalla parte dei sospettati, dei colpevoli, anche quando non è vero. È per questo che non le ho parlato della mia visita a Ronald”
“Prendo atto delle sue parole signor Murray,” disse Taylor gettando uno sguardo di intesa verso Christina, “ma si renderà conto che le sue affermazioni di oggi sono più sospette che non se mi avesse detto tutto ciò la prima volta che ci siamo incontrati… oppure, se avesse chiamato un’ambulanza invece di andarsene alla chetichella… Ma mi dica un’ultima cosa cosa,
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già che siamo in argomento: le risulta che sua sorella fosse al corrente delle intenzioni di suo fratello di mettere mano al testamento?”
Bertrand sospirò: “Ronald non mi ha detto di averne parlato con Muriel, né Muriel mi ha fatto cenno, in questi giorni, a una questione testamento. Quindi, per quel che ne so, Muriel non ne era al corrente”
“Adesso sentiremo da sua sorella se sapeva qualcosa in proposito. Sarebbe così gentile da mandarci qui sua sorella mentre lei, signor Murray, collabora con gli agenti della scientifica?”
Muriel Murray si avvicinò a Taylor con una certa irritazione dipinta sul viso. “C’è qualche problema signor tenente?” “Devo disturbarla solo per una informazione lady Muriel,” disse Taylor con l’espressione
più sorridente che gli riuscì di fare: “le risulta che suo fratello Ronald avesse recentemente messo mano al suo testamento?”
“Testamento?” L’espressione di lady Muriel era a metà tra lo stupefatto e l’offeso. “Non sapevo neanche che ci fosse un testamento!” “Grazie lady Muriel, è tutto. Pregherei tutti quanti voi, lei, suo fratello e la servitù, di non
lasciare Menstrie per le prossime quarantotto ore. Io e l’agente Barrach potremo avere bisogno di rivolgervi qualche altra domanda nei prossimi giorni. Arrivederci”
Taylor e Christina tornarono alla loro macchina. Si sederono in vettura ma non ripartirono immediatamente”
“Se l’avessimo arrestato prima, sarebbe ancora vivo…” Christina aveva parlato indicando il corpo di Ramsey che, in quel momento, veniva
caricato sul furgone per essere portato verso le attenzioni del patologo. “Non avevamo elementi per arrestarlo. E poi pensavamo che ci sarebbe stato molto più
utile se si sentiva libero di agire, con la speranza che commettesse qualche errore, piuttosto che non silenzioso e reticente in una cella. Comunque hai ragione tu, Chris: probabilmente sarebbe ancora vivo se l’avessimo arrestato prima. Ma con quale capo d’accusa? Riguardo alla morte di Murray, abbiamo anche un solo elemento contro Ramsey che la Procura convaliderebbe? No: neanche mezzo! E riguardo all’Africa? Se si vuole arrestare qualcuno, bisogna produrre qualcosa di più di quelle poche e non del tutto certe informazioni che abbiamo! Sia come sia, adesso è morto e, da morto, non ci serve a niente a meno che, come dici tu, ci sia un solo colpevole per due vittime. Allora forse, anche da morto, Ramsey ci può aiutare a incastrare l’assassino di Murray”
Taylor sembrava più dispiaciuto per le informazioni andate perse insieme a Ramsey che non per la sua fine prematura e violenta. Christina, al contrario, sentiva un malessere particolare mentre osservava il corpo di Ramsey che veniva caricato sul furgone della scientifica, più come un pacco che come una persona.
“Quante volte ti è capitato, Taylor, di vedere un delinquente ucciso? Che cosa provi quando viene ucciso uno che se lo merita?”
Christina lo guardava dritto negli occhi mentre faceva questa domanda. “Dipende. Non ho un punto di vista etico predeterminato sul male fatto a chi produce il
male. Mi sento molto relativista su queste cose: se il cattivo è un aggressore che viene ucciso dall’aggredito per legittima difesa, è un conto. Se il cattivo viene ucciso in modo premeditato, magari da chi in precedenza è stato la sua vittima… beh, questo è un altro conto. Se il cattivo viene ucciso da un altro cattivo, questo è un altro conto ancora. Se poi mi parli della pena di morte…”
“Non fare il furbo con me, Taylor: non è questa la risposta. Ti ho chiesto che cosa provi, quando viene ucciso uno che se lo merita. Il centro della domanda … non è sull’etica astratta … è sul provare, sul sentire: sai quella cosa che si sente qui, sotto il petto?”
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Christina stava quasi gridando la sua domanda, tanto che Taylor, che prima aveva lo sguardo fisso di fronte a sé, si dovette voltare verso di lei con aria interrogativa.
“Si Chris, ce l’ho anch’io quelle strane sensazioni qui, sotto lo sterno! È solo che non m’interrogo più molto, come fai tu, su queste sensazioni! Cerco di tenerle a freno, queste sensazioni, perché mi impediscono di essere concentrato sul lavoro che è quello di risolvere i casi presto e bene! E ti ripeto, comunque, che dipende dai casi. Ci sono cattivi più cattivi degli altri e ci sono buoni meno buoni degli altri. Non c’è un dolore assoluto, come non c’è un bene o un male assoluto. C’è tutta una scala di valori: è lì dentro che ci muoviamo!
“Certo è che quando viene ucciso uno che se lo sarebbe meritato, non posso dire di essere troppo dispiaciuto anche se, come poliziotto, dovrei pensare a una giustizia cieca che opera con pari distacco in ogni diversa occasione. Però, pur cercando di limitare il più possibile le emozioni, sono anche un uomo e provo un grande malessere quando la vittima è un innocente e molto meno malessere, qualche volta nessun malessere, quando nei pani della vittima si trova uno che se la meritava. Nello specifico, credo che Ramsey potrebbe essere uno che se la meritava. Ma quale Ramsey se meritava di più: quello di vent’anni fa o quello di oggi? O non c’è nessuna differenza? In ogni caso, avrei preferito averlo vivo davanti a me per fargli alcune domande che temo rimarranno senza risposta. Ecco che cosa provo ora!”
Anche Taylor aveva francamente alzato la voce. Era la prima volta che lo faceva con Chris e adesso si sentiva un po’ confuso, ma anche un po’ sollevato per aver detto delle cose che, dicendole, uno si sente un po’ meglio.
“Non volevo che ti arrabbiassi, Taylor, scusa. Da te volevo semplicemente una risposta autentica, diretta, spontanea, senza troppi fronzoli razionali!”
Dicendo queste parole, Christina dentro di sé quasi sorrideva pensando: “Touché” Wallace Inn Pub. Ore 14.10 circa
Tornando verso l’ufficio, data l’ora, decisero di fare uno spuntino al Wallace Inn Pub di Causewayhead, proprio a metà strada tra Menstrie e Bridge of Allan.
Al contrario di Taylor, Christina sembrava più rilassata circa le indagini. “Il campo si restringe: uno di quei cinque ha ucciso sia Murray che Ramsay. Il movente
non può essere che il danaro. Io punterei su Bertrand: è una persona troppo falsa: troppo falso quel suo essere al di sopra dei soldi. E poi, guarda … la storia del fratello: lo trova morto, fruga in giro e se ne va via come un ladro … Se non è sospetto questo! Ha ucciso e forse ha anche fatto sparire il famoso testamento…”
“Non sarei così sicuro della tua conclusione, Chris, o… della tua speranza, oserei dire” Mentre parlava, Taylor aveva passato a Christina il menù del pub. “I quattrini, assieme alla gelosia, sono sempre un ottimo movente, e forse lo sono anche
in questo caso; però ci sono troppi elementi che non si incastrano tra loro se vogliamo considerare seriamente la tua ipotesi”
“Hot filled baguettes: ottimo!” esclamò Christina: “una bella baguette calda ripiena. Mi fa venire l’acquolina in bocca”
“Bene,” pensò Taylor, “tutto sommato non mi sembra che la brutta fine di Ramsey le abbia tolto l’appetito”
“Una bella baguette calda va bene anche per me” Al cameriere che era arrivato subito Taylor chiese: “Due mezze pinte di Real Ale e due
baguettes ripiene: per me con tonno, cheddar cheese stagionato, insalata e maionese e per lei…”
“Per me con bacon, pollo, maionese e fagiolini verdi” concluse Christina.
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“Ci sono troppi elementi che non si incastrano con la tua ipotesi, Chris. Il primo è di carattere comportamentale. L’omicidio di Murray è stato premeditato e attuato con molta perizia, tant’è che se Ramsey non ci avesse messo lo zampino, non ci sarebbe nessun caso Murray aperto. Il secondo omicidio, una fucilata al petto alle sette del mattino, mi sa molto più dell’improvvisato: quasi passionale. Un’esplosione d’odio. Nulla a che vedere, come modus operandi, con il primo omicidio. Sembrano due profili diversi e, se devo dirti la mia impressione epidermica, sembrano i profili di due donne: una razionale, l’altra passionale.
“Questa non è un’ipotesi di lavoro: è solo un’impressione che lascio accantonata lì, in un angolo della mia testa. Il secondo motivo per cui la tua ipotesi mi sembra poco plausibile è che faccio fatica ad associare il movente, i quattrini, con Bertrand e i suoi rapporti col fratello. Sospettare che Bertrand faccia fuori chi gli sta gestendo il patrimonio? Se Bertrand avesse scoperto di essere stato derubato o imbrogliato… allora potrebbe essere. A momento però non abbiamo nessun elemento sul fatto che Bertrand sia stato imbrogliato. Al contrario, Bertrand e sua sorella si sono detti abbastanza soddisfatti della gestione finanziaria. A meno che non abbiamo riscontri contrari, è difficile pensare che qualcuno voglia far fuori chi gli fa fruttare bene gli investimenti. Questo è quanto afferma Bertrand e, pur trattandosi di persona falsa e bugiarda, sono abbastanza disposto a dargli credito su questo punto.
“Terzo elemento: sir Murray ci ha mandato un segnale su quanto stava accadendo in quel di Wellington Rd. Chi voleva denunciare? Ramsey forse? Suo fratello? Qualcun altro? Non lo sappiamo ma, decisamente, escluderei Bertrand: di famiglia troppo vista per arrischiare certe frequentazioni così vicino a casa sua!
“Bene, io faccio fatica a pensare che l’uccisione di Murray e la sua denuncia anonima non siano collegati. Se voleva denunciare Ramsey e Ramsay lo ha ucciso, allora qualcun altro ha ucciso Ramsey e abbiamo a che fare con due responsabili, non con uno solo. Se voleva denunciare qualcun altro, questo qualcun altro potrebbe avere ucciso entrambi: ma di questo qualcun altro non sappiamo neppure se esiste.
“Non vedo ancora emergere il bandolo della matassa. O meglio, ne vedo troppi di bandoli …”
Nel frattempo erano arrivate birra e baguettes ed erano entrambe molto molto allettanti.
Con la bocca piena Taylor riprese: “Certo che di quattrini qua sembrano essercene in ballo tanti! Quelli guadagnati, non si sa come, da Murray e da Ramsey; i patrimoni di Muriel e di Bertrand, gestiti chissà come e chissà dove; eventuali altri patrimoni di cui non sappiamo nulla; e poi …. e poi la questione di questo fantomatico testamento …. I quattrini sono sempre un gran bel movente …”
“Ogni tanto questo Taylor mi fulmina con alcune delle sue frasi… o delle sue parole…” stava pensando Christina mentre, masticando la sua baguette, ascoltava Taylor. “Prendi questa parola che ogni tanto usa: quattrini. Nessuno usa più questa parola antiquata! Non conosco nessuno che dice quattrini, quando parla di soldi. Solo Taylor dice quattrini … e la diceva anche mio padre… Taylor mi ricorda papà, e questo un po’ mi turba. Un po’ mi avvicina a lui, un po’ mi allontana; ma, soprattutto, mi turba”
“Già i quattrini,” sottolineò Christina ad alta voce; poi bevve un lungo sorso di birra. “Non posso darti torto. Troppe cose che non si incastrano: un bel puzzle!” “Un puzzle che non è un puzzle. Ci capita spesso, anche a me, di utilizzare la metafora del
pauzzle quando parliamo di indagini criminali. Tu come la pensi, Chris? Il nostro mestiere è un po’ come risolvere puzzles, o dici così perché è un modo di dire?”
Taylor aveva smesso di masticare, aveva abbassato il panino sul piatto e aveva cominciato a fissare Christina dritto negli occhi. Il suo sguardo, fortemente indagatore, passava rapidamente da un occhio all’altro di Christina, quasi a scrutare, direttamente nel
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cervello, che cosa Christina stesse pensando mentre si prendeva il tempo di masticare il boccone che aveva in bocca, prima di rispondere.
“Di nuovo. Un modo di fare identico a quello di papà. Gli dici una cosa e subito ti rimbalza indietro una domanda che, per quanto banale possa sembrare, evidentemente per lui ha invece una grande importanza e ti fa pesare questa importanza come se dalla tua risposta potesse cambiare il destino del mondo. Insopportabile la tensione nervosa che mi da questo modo di fare! Identico a papà, porca miseria…”
Questo stava pensando Christina. Poi, a voce alta “Mah, Taylor: era un modo di dire! Non ho soppesato la parola… mentre tu ogni tanto
salti fuori con queste domande che … un po’ mi mettono a disagio…” “A disagio? Scusa, non avevo intenzione. Ti ho solo chiesto se davvero pensi che il nostro
mestiere sia quello di risolvere puzzles, perché, sai, io non penso che sia così: penso che questo modo di dire non venga dal nostro mondo di investigatori, ma da fuori, dal mondo degli altri”
“Il mondo degli altri? Pensi che possiamo dividere il mondo tra noi, che indaghiamo, e gli altri, che non indagano?”
“Bella domanda davvero, Chris, cerchiamo di ricordarcela perché credo che varrà la pena di discutere anche su questo. Però se continuiamo a fare domande su domande non troveremo neanche una risposta. Torniamo un attimo alla questione del puzzle. Che cos’è un puzzle? Vuoi rispondermi? Prendila come un gioco, non voglio metterti a disagio”
“Beh… se stiamo giocando… Dunque… un puzzle è un insieme di pezzi, di solito tanti pezzi, in cui è stata scomposta un’immagine: un quadro, una fotografia di cui si ha un modello in scala ridotta. Lo scopo è ricomporre l’immagine originale: ricomporre l’ordine perduto. Per farlo ci si basa su corrispondenze: colori, linee, i bordi, dettagli. Sono molti gli aspetti che ti guidano alla ricostruzione del modello. Molto spesso questi aspetti sono dettagli. Tutto sommato, sì: il puzzle è una discreta metafora del nostro lavoro”
“È bello non essere d’accordo con te, Chris. Mi piace discutere con te. Vedi … come dicevi tu, nel puzzle, tu hai un modello davanti agli occhi: lo sai già, in anticipo, come sarà il quadro finale delle cose se sarai stato capace di ri-‐mettere in ordine tutti i pezzi. Ri-‐mettere in ordine: mettere in ordine di nuovo. Nel nostro lavoro non c’è nessun modello cui rifarsi: il modello dobbiamo inventarcelo noi tra infiniti modelli possibili. Se ci pensi, se pensi che davvero, e non per finta, i modelli teorici che possiamo ricostruire sono quasi infiniti … beh … ti viene una certa vertigine, una certa ansia…”
Taylor chiamò il cameriere. Il suo bicchiere era vuoto e anche quello di Christina. “Altre due birre per favore” “Nel puzzle,” proseguì Taylor, “i pezzi sono tutti lì, nella scatola: non uno di più, non uno
di meno. Nel nostro lavoro hai infiniti pezzi. Qualcuno è lì davanti a te; qualcuno è nascosto, magari molto difficile da scovare; qualcuno te lo devi inventare tu; ma soprattutto sei circondato da milioni di pezzi che non centrano niente con il tuo puzzle. Sono lì, ma non centrano niente col quadro che devi ri-‐costruire. È come se tu dovessi ricostruire un puzzle ma sul tuo tavolo ci fossero anche le tessere di altre decine di puzzles: sono certo che sarebbe un gioco divertente ma davvero molto molto difficile”
Le birre erano arrivate. “Slainte!” dissero contemporaneamente alzando i loro bicchieri: “Alla nostra!” Christina seguiva con interesse gli argomenti, abbastanza astratti per una persona
concreta come lei, che sembravano animare Taylor di un’insolita vivacità. “Il nostro mestiere è molto più difficile. È più complesso perché il mondo, là fuori, è più
complesso. È più complesso perché devi trovare l’unico quadro corrispondente al vero tra i mille possibili, frutto dell’immaginazione. È proprio l’immaginazione che ci consente di risolvere i casi in modo del tutto diverso da come si risolvono i puzzles. Anche uno stupido
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che sappia analizzare i dettagli, oppure una macchina sufficientemente istruita per analizzare i dettagli o seguire determinate procedure, potrebbe ri-‐ordinare un puzzle. Per un’indagine di polizia ci vuole ben altra intelligenza, ben altra perspicacia, ben altra immaginazione. È un lavoro scientifico, il nostro. Scientifico e artistico nello stesso momento, dove arte e scienza sono alleate indissolubilmente abbracciate...
“Noi dobbiamo osservare, scoprire, inventare, o meglio, riuscire a re-‐inventare, non semplicemente ri-‐costruire, la dinamica dei fatti. La nostra non è una scienza esatta e nemmeno una scienza sperimentale ma dobbiamo comunque fare degli esperimenti: esperimenti mentali, si intende.
“Se abbiamo diverse ipotesi, dobbiamo immaginare esperimenti mentali per saggiare le ipotesi con i fatti che abbiamo a disposizione. Dobbiamo vagliare le diverse possibilità: dobbiamo giudicare. Per giudicare dobbiamo essere abbastanza duttili, elastici, adattabili per fare in modo che i vari elementi di cui disponiamo possano incastrarsi tra loro secondo una certa logica. Ma dobbiamo anche essere rigidi: dobbiamo lasciare agire i nostri pregiudizi (pre-‐giudizi) che non sono nient’altro che il risultato ben consolidato di anni e anni di esperienza. Il pregiudizio, in questo senso, è l’intero nostro bagaglio di esperienze che ci evita di dover ogni volta sottoporre a giudizio analitico quelle cose che sappiamo andare, grossomodo, sempre nello stesso modo”
Taylor bevve un lungo sorso di birra e riprese il suo monologo. “Dobbiamo osservare, formulare ipotesi, giudicare. Osservare non è solo guardare: è
cercare di adattare le idee ai fatti. Con le ipotesi cerchiamo di adattare le idee fra loro in un percorso logico e plausibile in cui i fatti si collocano senza stridore, senza incompatibilità. In una indagine criminale, il progresso consiste nel trovare un sempre migliore adattamento delle idee con i fatti. Succede spesso però che quello che ci sembra un progresso sia, al contrario, una falsa pista: le nostre spiegazioni possono essere contraddette ad ogni passo da nuovi elementi che incrinano le nostre precedenti costruzioni mentali.
“Di fronte agli elementi che mancano, o di fronte a quelli che sono in surplus e non centrano con il nostro caso, dobbiamo mettere in moto la creatività: per questo dicevo che dobbiamo essere un po’ artisti. Dobbiamo immaginare scenari non noti; dobbiamo immaginare sentimenti, pulsioni, dolori, paure che non sono i nostri, ma che potrebbero anche essere nostri. Un po’ arte, un po’ scienza.
“La nostra è una scienza storica, fatta di sequenze più o meno imprevedibili di eventi che si dipanano nel tempo. Il tempo stesso non è una variabile indipendente. Il tempo ha un ruolo attivo: può indebolire certe pulsioni oppure può farne aumentare altre fino allo spasimo. Il tempo può coprire di polvere le cose (la famosa polvere del tempo); oppure può soffiarla via la polvere e svelare nuove cose… No, Chris, affrontare un caso non è risolvere un puzzle…”
Taylor smise di parlare, rimanendo assorto, quasi assente. Anche Christina rimase assorta qualche secondo, poi strinse il braccio sinistro di Taylor
facendo un cenno col volto che sembrava dire: Il tempo della ricreazione è finito. “Sarà bene che torniamo in ufficio: magari ci sono novità”
Domenica 24 ottobre. Dintorni della casa di Taylor. Ora imprecisata del mattino
La domenica mattina, lavoro permettendo, è dedicata al “lungo”. Il lungo è quel tipo di allenamento che chi corre abitualmente e con una certa resistenza cerca di non farsi mancare una volta la settimana o una volta ogni quindici giorni, alternandolo agli altri tipi di corsa: ripetute veloci, corsa media con allunghi, e così via. Gli atleti competitivi, e molti fanatici della
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corsa, fanno un lungo di 15-‐20 miglia ogni domenica. Taylor non poteva certo considerarsi un atleta e non voleva considerasi un fanatico.
“Un fanatico mette le sensazioni della corsa al di sopra di tutte le cose. Io amo la corsa: faccio anche piccoli sacrifici per concedermi un’oretta di corsa, ma non sono certo un fanatico” Ad ogni modo, è difficile trovare un fanatico della corsa che ammetta di essere fanatico.
Questa domenica Taylor era libero: poteva permettersi il lungo. “Per fare quindici miglia dovrei correre un paio d’ore. Non so se ce la faccio” Normalmente, il lungo di Taylor consisteva nel correre a buona andatura per un’ora e
mezza oppure, se decideva di tarare la corsa sul percorso, si prefiggeva una meta di 13 miglia (vent’un chilometri circa).
“Se poi mi sentissi così bene da fare qualcosa di più…” Quando faceva corse più brevi, poteva variare il ritmo: un po’ lento, un po’ veloce,
qualche scatto. Quando accelerava, sentiva aumentare il ritmo della respirazione e sentiva anche, tra il collo e il petto, che il cuore batteva più veloce e con maggior vigore. Quando rallentava, sentiva il sollievo per il cuore e per il respiro ma avvertiva l’aumento della sudorazione. Durante il lungo Taylor non prevedeva cambi di ritmo
“Troppo faticoso. Tieni il tuo ritmo: riscaldamento lento per i primi dieci-‐dodici minuti e poi cerca di mantenere un ritmo medio, sempre lo stesso, fino alla fine”
Si era accorto però che verso la fine del percorso, gli ultimi quindici-‐venti minuti del suo lungo, il ritmo tendeva inesorabilmente ad abbassarsi.
“Faccio quel che posso, non voglio forzare. Magari la prossima volta andrà un pochino meglio”
A che cosa serve il lungo? Aumenta la resistenza, forse. Ti consente di misurarla la tua resistenza. Ti tiene impegnato un bel paio d’ore. Ti costringe a concentrarti sul tuo ritmo di corsa, a parlare con i tuoi muscoli, con i tuoi polmoni, con il tuo cuore, con i tuoi piedi. Ti costringe a fare un lungo giro, guardare dove metti i piedi, fare attenzione ai gradini, ai topicchi dei marciapiedi, alle cacche dei cani dei padroni maleducati. Ti costringe a parlare con te stesso. Ti accorgi di essere stanco quando sono stanchi anche i pensieri, oppure quando ti domandi a che punto sei della fatica.
A che cosa serve il lungo? A misurare te stesso: non tanto i tuoi limiti ma la tua capacità di gestirti in una fatica prolungata.
“Devi gestire te stesso e i tuoi limiti per tutta la settimana, Taylor!” ”Si ma quella è una cosa diversa: lì devo gestire le mie capacità di capire le cose, di
metterle in ordine, di inventarmi delle situazioni compatibili con i fatti, di interagire con le persone, di sopportare Munro. Devo gestire la mia emotività, i miei sentimenti, mortificandoli magari. Devo gestire le mie reazioni nei confronti del telefono rispondendo, per esempio, invece di scaraventarlo fuori dalla finestra. Devo mettere alla prova la mia pazienza con il computer, con il fax. Devo cercare di essere sempre all’altezza, senza distrarmi, senza cadute di tono e di attenzione. Devo far vedere ai miei colleghi che sono un punto di riferimento. Devo essere un compagno affidabile per il mio compagno, Chris, per sostenerla senza apparire; per aiutarla senza intromettermi; per farla sentire sicura anche se io non lo sono. Insomma, quello è lavoro. Il lungo è un’altra cosa. Anzi, il lungo è l’altra cosa! Il lungo è l’opposto del lavoro; è rimuovere il lavoro; è rinfrescare l’aria; è rinnovare l’anima; è ripristinare lo spirito affinché possa affrontare una nuova settimana di lavoro. È concedersi due ore per estraniarsi e per stare con sé stessi senza troppe complicazioni, senza angosce, nemmeno quella di completarlo il lungo, perché il lungo deve essere un rilassamento ai limiti dello sfinimento. Il lungo è un luogo dello spirito che ha a che fare con i muscoli, certo, con l’allenamento, col fisico, con tutto il fisico e la fatica che ci vuole per farlo, questo dannato di un lungo: ma il lungo sei tu stesso ridotto alla tua essenza fisica, che poi è il luogo dove abita il tuo spirito. Il lungo è il tuo spirito che respira, eccome se respira! … quasi in affanno … È il tuo
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spirito che si dilata, che si sente libero, quasi che non ci fosse che lui al mondo. Il lungo è il tuo spirito che si rigenera entrando in contatto con la natura, con l’aria, la pioggia, la neve, il sole, il caldo. Qualsiasi sia il clima, quando fai il lungo senti la natura entrare in te attraverso le narici, la pelle, la bocca, le orecchie. Il lungo è fatica; il lungo è ristoro. E poi viene la doccia, una specie di rottura delle acque, e ti senti rinato… Un fanatico mette le sensazioni della corsa al di sopra di tutte le cose. Io, amo la corsa, ma non sono un fanatico…” Stirling. University Sporting Club Resort. Verso mezzogiorno
“Anche oggi una bella partita davvero, Chris … e che sudata! Sei proprio un osso duro. Non so come fai a fare quelle palle lente e smorzate che mi fanno cadere sotto rete! Mi è venuta una sete terribile! Devo reintegrare sali e zuccheri. Mi berrò un bel frullato di frutta con latte acido,” disse Annie al cameriere che si era appena presentato.
“Per me un’acqua tonica” fece Christina. “Così Ramsey, alias Adam Ripplecourt, è stato ucciso. Avete dei sospetti, Chris?” “Non ancora. Sono quasi sicura che l’assassino è uno degli abitanti della casa: azzarderei
Bertrand Murray, ma non abbiamo ancora alcun elemento. La scientifica ci sta lavorando oggi. Spero che domani avremo elementi importanti … ti farò sapere”
Erano arrivate le bibite: si gettarono avidamente sulle loro cannucce. “Ieri pomeriggio sono andata a interrogare Rebecca Dickinson: sai, l’amica di Muriel che
abita poco fuori Dunblane?” “Si?” “Una donna interessante. Non è stato un vero e proprio interrogatorio. Volevo solo che
mi confermasse quello che mi aveva detto Muriel. Mi ha confermato tutto: l’amicizia di vecchia data con Muriel e con i suoi fratelli; le visite frequenti sia di Muriel che di Ronald; le partite a tennis. Ho conosciuto anche la figlia di Rebecca, Charlotte: una ragazzina simpatica, sui diciotto anni, sportiva, molto sveglia. Una famiglia un po’ curiosa”
Christina si interruppe un attimo per bere un altro lungo sorso della sua bibita. “Rebecca è una donna forte e autonoma. Ha cresciuto sua figlia da sola: ovvero, Charlotte
non ha un padre ufficiale. Rebecca non ha mai lavorato. Proviene da una famiglia con una buona rendita. Mi ha raccontato di uno zio materno, giovane broker di successo, morto nel 1912 nel naufragio del Titanic. Il nonno di Rebecca ne rilevò l’attività di brokeraggio ampliandone considerevolmente il giro d’affari. Quando questi morì, nello sbarco in Normandia, l’attività fu rilevata dal padre di Rebecca che l’ha mantenuta fino alla morte, avvenuta nel 1988 in un incidente stradale dove ha perso la vita anche la mamma di Rebecca. Rebecca aveva ventisei anni. Da allora ha abitato da sola nella sua tenuta fin tanto che non è nata Charlotte.
“Tutto questo sarebbe solo un interessante racconto se non fosse che ho notato una qualche nota stonata nell’insieme. Rebecca è molto carina, educata, accogliente, con un largo sorriso. Però, sai quelle sensazioni indefinite che non sai da dove vengano? Ebbene, in quella sua gentilezza e disponibilità ho avvertito qualcosa di stonato, qualcosa che veniva represso o nascosto. Forse era solo la spontanea prudenza di una donna sola in una grande casa. Ma era un atteggiamento che stonava un po’ con la gentilezza e la disponibilità che esibiva formalmente.
“Non mi sono mai accontentata di guardare alla superficie delle cose, lo sai Annie: ho sempre cercato di scavare un po’ sotto le apparenze. Con questo mestiere, poi, sono sempre meno sicura che la gente che incontro sia al cento per cento quello che mostra di essere. Sono diventata sospettosa. Insomma, non che sospetti nulla di preciso sul conto di Rebecca
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Dickinson, ma sono abbastanza certa che mi abbia taciuto qualcosa e che non si tratti di una semplice questione di pudore.
“Questo forse è un fatto nuovo, di quelli che Taylor dice che ti costringono a un continuo riadattamento delle idee ai fatti …. Una sua teoria della conoscenza in fatto di indagini criminali…”
Christina rimase silenziosa e cogitabonda per qualche istante. Poi, improvvisamente più rilassata, sorrise ad Annie.
“Spero che domani dagli archivi anagrafici ci arrivino notizie riguardanti James Ramsey e Adam Ripplecourt. Nel frattempo, tu, che novità mi porti?”
“Ho svolto una ricerca sulle vie seguite dal denaro sporco. Potrebbe essere il nucleo di un articolo-‐inchiesta che pubblicheremo prossimamente sul Chronicle. Il titolo potrebbe suonare così: ‘Storie di riciclaggio nelle campagne scozzesi’.
“L’articolo-‐inchiesta sarà centrato prevalentemente su Ramsey. Sai come la vede McGregor… preferisce non calcare la mano su Murray …. La comunità lo considera un benefattore … non è opportuno insistere su alcuni lati oscuri della persona… Bene: ho ancora sete …”
Rivolgendosi al cameriere: “Per favore, può portare anche a me una tonica?” Con aria quasi avvilita: “Sai Chris, i dati che ho raccolto sono di provenienza
giornalistica. Non potrei giurare al cento per cento sulla affidabilità di tutte le fonti. Ma posso fare un quadro della situazione piuttosto verosimile”
“Tranquilla, Annie. A me serve il quadro generale. Sarà il nucleo di investigazioni finanziare di Stirling a seguire il percorso vero dei soldi. Mi sa che ci vorranno mesi. Mi sa anche che gli eredi di sir Murray rimarranno a bocca asciutta un bel po’ prima di vedere il loro ’quattrini’, come dice Taylor, sempre che questi non siano già scomparsi in qualche meandro informatico o in qualche sperduta isola del sud accessibile a pochi …”
“Chris, ti faccio notare, e non so questo che cosa voglia dire, che in due minuti hai nominato Taylor due volte …”
“È il mio capo, il mio diretto superiore, il mio tutor, il membro anziano della coppia investigativa che formiamo…”
“Già: il tuo capo, il tuo tutor, il membro anziano, eccetera, eccetera, eccetera… Ma torniamo al dunque. Le informazioni che mi hai dato l’altro giorno includevano una banca di Saint Peter Port, Guernsey, e una serie di residenze che, immagino, non siano solo residenze di vacanza ma siano residenze scelte per motivi di affari. Una nei caraibi; una a Roma; una a strada tra Roma e San Marino. Un mix davvero interessante, Chris”
Annie si era interrotta per bere un sorso di acqua tonica. Il cielo, che era stato coperto, grigio e basso fino a pochi minuti prima, ora sembrava aprirsi. Qua e là, tra le nuvole che correvano veloci da occidente verso oriente, si aprivano piccole fratture di azzurro e di tanto in tanto l’aria pareva attraversata da sciabolate di luce. La temperatura pareva volersi alzare. Sarebbe stato bello pranzare lì, al Resort dello Sporting Club, all’aperto, proprio di fronte al parco. Annie chiese a Christina se era d’accordo a fare uno spuntino lì.
“Non ho impegni particolari, Annie. Mi fa piacere fare uno spuntino qui visto che il tempo migliora”
Dissero al cameriere che si sarebbero spostate ad un tavolo all’aperto per mangiare uno spuntino e chiesero il menù. Una volta nella nuova sistemazione, Annie proseguì.
“Fino agli anni settanta, gran parte del denaro di dubbia provenienza confluiva nelle banche svizzere: Ginevra, Losanna, Basilea, Zurigo e anche città più piccole come Lugano, Bellinzona, Locarno. Riservatezza e conti cifrati non nominali erano sufficienti a garantire sicurezza e usufrutto garantito. Allora non esistevano grandi restrizioni. Si potevano versare e prelevare quantità di contanti importanti. Per trasferirli da un posto all’altro, da una nazione all’altra, ci si serviva di professionisti del contrabbando che, in cambio di una percentuale
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nell’ordine del cinque percento, si occupavano degli aspetti per così dire logistici locali dei trasferimenti. Con l’avvento dell’informatica, i flussi di denaro sono stati facilitati: capitali enormi possono essere trasferiti in pochi secondi. L’informatica tuttavia può lasciare tracce non sempre desiderabili per chi opera certe transazioni. Le cose quindi si sono un po’ complicate. Ora si rende necessario far viaggiare velocemente i soldi da una parte all’altra del mondo: bisogna costituire società in paesi fiscalmente vantaggiosi ed emettere fatture fittizie tra le varie società. Bisogna costruire castelli di società all’interno di altre società e complesse reti di compartecipazioni tra società. Il tutto serve a creare un ampio pannello di possibilità per effettuare transazioni ma soprattutto a confondere talmente le vie delle transazioni da rendere difficile risalire alle fonti e alle persone fisiche che muovono questi denari. L’obiettivo è fare girare il denaro qua e là per il mondo facendolo convolare alla fine su un conto tranquillo che ne consenta la pronta disponibilità. Da noi, le isole del canale si sono specializzate a provvedere conti relativamente tranquilli su cui far confluire denari che hanno fatto il giro del mondo. Le banche delle isole dello stretto sono quindi il terminale finale della filiera. Uno si potrebbe domandare: ma se le cose stanno così e tutti lo sanno, perché le autorità non fanno nulla per impedire questi flussi? La risposta potrebbe essere che questi flussi di denaro in ingresso, si parla di miliardi di sterline l’anno, tutto sommato sono utili alla nazione. In secondo luogo, conoscere questi terminali ti consente, se necessario, di sorvegliare alcuni di questi flussi”
“Una sorta ragion di Stato: è questo che stai dicendo? Consento una specie di contrabbando perché lo stato trae vantaggio da danaro fresco che può entrare nel giro virtuoso di investimenti legali e, contemporaneamente, mi consente di controllare le attività di società e persone da incastrare, all’occasione”
“Una lettura plausibile la tua, Chris. Considera che Guernsey ha meno di 65.000 abitanti ma vi hanno sede cinquantatre banche, tra cui molte cosiddette offshore, e circa venticinquemila società di intermediazione che gestiscono fondi internazionali, società di assicurazione…. Ordiniamo qualcosa da mangiare…?”
Il menù offriva una limitata scelta di spuntini. Spuntini dolci: Dundee cake con le mandorle; plumcake al limone; dolcetti all’avena. Spuntini salati: focaccine; sandwich con gamberetti e uova sode; sandwich con salmone affumicato, pepe verde e salsa di cetrioli. Al cameriere chiesero un Dundee cake, un sandwich al salmone e due tazze di Earl Grey.
“Occupiamoci ora un attimo delle residenze di sir Murray: Italia, con San Marino e la città del Vaticano, e Turks e Caicos. Cominciamo da quest’ultima. Il sistema bancario di Turks e Caicos, almeno dal punto di vista teorico, ha due vantaggi: da una parte, fonda il segreto bancario sul concetto astratto, e sull’esercizio concreto, della inviolabile libertà individuale. Il secondo vantaggio teorico è di essere in stretto contatto col sistema bancario americano. Giusto per informazione, Chris: il 46% di tutto il denaro ripulito nel mondo, viene ripulito negli Stati Uniti e una discreta quantità di questo danaro transita poi per le isole Cayman.
“Ora passiamo all’Italia. Il sistema bancario di San Marino, che è un piccolo stato indipendente all’interno dello stato italiano, è sottoposto a leggi anti riciclaggio. Di fatto però, ci sono disposizioni locali che disciplinano la segretezza e la confidenzialità dei rapporti tra clienti, banche e società di intermediazione. La particolare discrezione del sistema bancario di San Marino lo rende, in teoria, discretamente interessante per chi volesse condurre transazioni non del tutto trasparenti.
“Il sistema bancario del Vaticano, l’Istituto per le Opere Religiose, noto con l’acronimo IOR, è ancora più complicato. La banca vaticana non è, speriamo ancora per poco, sottoposta alle leggi internazionali sul controllo delle entità finanziarie. La banca del Vaticano non ha accesso diretto al sistema finanziario internazionale: per fare questo, si deve servire si società di intermediazione finanziaria. Questo implica triangolazioni che possono rendere molto poco trasparenti e poco tracciabili i flussi finanziari. Il sistema bancario del Vaticano consente una
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tale flessibilità e una tale discrezione da rendere il Vaticano, di fatto, una cosa abbastanza simile a un vero e proprio paradiso fiscale. Piano piano le cose stanno cambiando anche lì, però tu pensa che oggi, 24 Ottobre 2010, il Vaticano non ha ancora adottato le norme anti riciclaggio sancite dall’Unione Europea nel 1994 e recepite dallo stato italiano, meglio tardi che mai, nel 1999. Ci sono dati pubblicati che mettono gli Stati Uniti, per quantità di danaro riciclato, in testa alla classifica dei paesi riciclatori. In questa classifica l’Italia è in seconda posizione e l’Inghilterra in nona. Niente male. Inoltre, un terzo del denaro riciclato in Italia transita per il Vaticano. La fonte di questi ultimi dati è il centro studi John Walker Crime Trends Analysis: non so dire che grado di affidabilità abbia questo centro studi, ma credo che gestisca statisticamente i dati ufficiali disponibili. Tutto chiaro?
“Un’ultima cosa: la ciliegina sulla torta. Gran parte del flusso di denaro da ripulire che viene dall’Africa equatoriale, frutto di guerre, contrabbando e cose turpi varie, transita dalla Liberia. Dove risulterebbe morto, nel 1989, il colonnello Adam Ripplecourt, alias James Ramsey? In Liberia, appunto. E con questo il cerchio è chiuso”
“Isole del Canale, Toscana con San Sepolcro, San Marino, Roma, Caraibi…,” ripeteva Christina come un mantra … Il cameriere, che aveva portato gli spuntini proprio in quel momento, pensò con invidia che quelle due ragazze stavano progettando davvero delle belle vacanze… Dunblane, tenuta di Miss Rebecca Dickinson. Primo pomeriggio
“Il cielo si sta aprendo un pochettino. Andiamo a fare due passi, Craig? Mi sento oppressa a stare in casa. Ho voglia di una boccata d’aria… Una tensione insostenibile in questi giorni, Craig…. Charlotte sembra non rendersene conto, per fortuna”
Craig McGregor e Rebecca Dickinson presero i loro soprabiti e si avviarono lungo la stradina che, passando dietro al campo da tennis, costeggia la faggeta. Craig non sapeva cosa dire. Era la persona meno indicata per dire qualcosa. Poteva fare solo quello aveva fatto da sempre, con Rebecca… “Non proprio da sempre…” pensava McGragor camminando guardandosi le punte delle scarpe: “… prima … prima che arrivasse Ronald, le cose erano diverse con Rebecca…”
Poteva dunque fare quello aveva fatto quasi sempre, con Rebecca: lasciare che si appoggiasse a lui. Rebecca, infatti, lo prese sottobraccio e, camminando, sembrava rilassarsi. Craig lo percepiva dalla tensione dei muscoli del braccio e della mano di Rebecca. Si era aggrappata rigida al suo braccio, ma a poco a poco, quella rigidità andava scemando. Craig aveva rallentato un poco l’andatura: i loro passi si erano sincronizzati. Sentì la dita di Rebecca toccargli il polso, quasi a richiamare la sua attenzione.
“Ieri pomeriggio è venuta la Polizia: una giovane agente molto gentile. Voleva qualche informazione su Muriel. Le ho raccontato di noi: di Muriel di me, intendo. Di come ci siamo conosciute a scuola, di come io e Muriel ci vedessimo qui quasi tutti i giorni ai tempi della scuola e come anche Ronald, Bertrand e il povero Christopher, sebbene più vecchi di noi, passassero molte giornate con me”
“Non ho capito perché è stata qui la polizia, Rebecca” “È successo che l’altro ieri, o il giorno prima, la polizia avesse cercato Muriel a casa sua
per farle delle domande ma non hanno potuto interrogarla perché Muriel era qui. Così la polizia è passata di qui per una verifica. L’agente che è venuta qui ha voluto sapere di Muriel: che tipo di persona è. Le ho detto che è una cara amica. Che è stata un po’ sfortunata col suo matrimonio. Che è una persona un po’ sola. Che prima si era sentita trascurata dai fratelli molto più anziani di lei e dopo era stata lasciata troppo sola dall’uomo che aveva sposato. E
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infine, i figli che stanno crescendo in fretta e lei soffre per la loro naturale tendenza a staccarsi da lei. Niente di speciale, insomma: una storia tutto sommato comune ma, non per questo meno triste”
“Ma scusa Rebecca, perché mai la polizia dovrebbe essere interessata a Muriel?” “No Craig, non è che l’agente fosse interessata a Muriel. No, mi ha chiesto che tipo di
persona fosse e come mai, benché il fratello fosse morto da poche ore, avesse passato tanto tempo qui con me. Così le ho descritto in poche parole la situazione per farle capire che qui, forse, è l’unico posto dove Muriel si sente bene, si sente a suo agio…”
Craig abbassò la testa e a voce molto bassa chiese: “E di Charlotte …?” “E di Charlotte … che cosa?” disse Rebecca con una certa stizza. “E di Charlotte … che cosa?” ripeté alzando il tono della voce e fermandosi
improvvisamente. “Non ti arrabbiare, Rebecca, non è proprio il caso … intendevo…” “Capisco benissimo che cosa intendevi, Craig, perdonami … ho i nervi a fior di pelle…” Ripresero a camminare lungo il sentiero che si inoltrava nella faggeta, lasciando i campi
aperti sulla destra. “Non ho detto niente di particolare. Le ho detto semplicemente di essere una donna
libera, indipendente, economicamente autosufficiente. A un certo punto è arrivata una figlia e mi ha fatto piacere crescerla da sola. Punto. Io e Charlotte siamo una famiglia di due persone. Non c’è nulla di strano o di particolare in questa cosa. Anche Charlotte è molto affezionata alla zia Muriel. A proposito, oggi Charlotte e Muriel vanno giù Stirling a giocare a tennis. Il nostro campo qui è un disastro: non si potrebbe neanche giocarci a polo…”
Craig continuava a camminare a capo chino. “In modo un po’ collaterale sto collaborando con la polizia, lo sai?” Rebecca si arrestò di nuovo. “Che cosa intendi dire? Spero che tu stia bene attento a quello che fai! … Non vorrai
mica…?” L’espressione di Craig mutò di colpo. Da pacata che era, divenne improvvisamente
indignata, risentita, quasi infuriata. Prese Rebecca per entrambe le spalle e la scosse leggermente per un paio di volte, quasi a volerla trasportare in una realtà diversa da quella dove lei pareva stare.
“Dopo trentaquattro anni, dico trentaquattro, ancora fai finta di non conoscermi?” La voce di Craig era francamente alta e la tonalità sfiorava il falsetto. Stava gridando. Se
qualcuno li avesse visti in quel momento, avrebbe senz’altro detto che quei due stessero litigando.
“Dopo trentaquattro anni, dico io, dopo trentaquattro anni…” La voce di Craig si era abbassata improvvisamente divenendo gutturale. I suoi occhi
erano diventati lucidi di lacrime. Si staccò di colpo da Rebecca. Fece qualche passo; si mise le mani in tasca e camminò per qualche metro lasciandosi dietro Rebecca. Questa, rimasta sorpresa un solo istante per la reazione di Craig, accelerò il passo nella sua direzione e gli si riattaccò immediatamente al braccio destro, senza dire una parola.
“Sembra che tu non mi conosca, Rebecca. Sembra che tu non consideri il numero di anni che ti sono stato vicino, senza mai aprire bocca: che lui ci fosse o non ci fosse; che ti rendesse felice o che ti abbandonasse per mesi. Non ho mai fatto nulla nella mia vita che potesse essere un danno per te, né mai lo farei! Questo lo sai, Rebecca! È vero o no?”
“Su questo potremmo discutere a lungo caro Craig, caro fedelissimo Craig, ma ora non è proprio il caso: dimmi come stai collaborando con la polizia, se vuoi”
Craig si bloccò di nuovo, interdetto.
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“Come: ‘si potrebbe discutere a lungo’, Rebecca? …,“ vedendo però che Rebecca scuoteva la testa e non intendeva proseguire la discussione in quella direzione, riprese a camminare con Rebecca sottobraccio.
“Ho incaricato la mia collaboratrice, Annie Drummond, di effettuare alcune indagini su Ramsey, sulle vie oscure della finanza… Il mio scopo è aiutare la polizia a indirizzare le indagini nella giusta direzione, senza andare troppo in giro a fare domande dappertutto, senza venire qui a disturbarti, senza implicarti…”
“Perché mai dovrei essere implicata, Craig: ma cosa stai dicendo?” “Intendo due cose, Rebecca. Una è che spero che tu non abbia dato a Ronald soldi tuoi da
investire….” “Ronald è sempre stato così cortese da non chiedermelo mai. Le mie rendite sono
trasparenti” “Bene. L’altra cosa è che voglio che la tua vita privata resti privata. L’ultima cosa che
vorrei è vedere poliziotti qui in giro a fare domande. Non può venirne fuori che sofferenza. Se avessi potuto fare qualcosa per renderti immune dalla sofferenza….”
“Lo so Craig, lo so. Datti pace. Rientriamo, per favore. Beviamo un te. Mi è venuto freddo” Casa di Taylor. Ore 22.53
“Risponde la segreteria telefonica di Christina Barrach. In questo momento non posso rispondere. Lasciate il vostro nome e vi richiamerò più tardi”
Taylor rimase indispettito: “Perché non sei casa? Ti devo chiamare sul cellulare… scusa” Prese il suo cellulare, sulla rubrica cercò: ‘Chris mobile’. Chiamò. “Risponde la segreteria telefonica di Christina Barrach. In questo momento non posso
rispondere. Lasciate il vostro nome e vi richiamerò più tardi” “Porca vacca, Chris, è urgente! Chiamami appena puoi! Taylor che parla!” Dopo pochi minuti il telefono squillò: “Ciao Taylor, cosa succede? ero sotto la doccia! Ed
è anche domenica. Lo so… lo so… non dirmelo: per noi la domenica è un vago suggerimento …” “Ciao Chris, non ti preoccupare. Tranquilla: è domenica anche per me anche se tra pochi
minuti, tecnicamente, sarà lunedì. Ti ho voluto avvisare di una importante novità. La scientifica ha trovato una serie di elementi e di corrispondenze. Ha avvisato Munro che ha disposto il fermo di Catherine Hammerton, Katty: la cuoca di Murray. Dagli elementi che ha fornito la scientifica sembra fuori discussione: è stata lei a uccidere Ramsey. Questa è una svolta. Questo è un nuovo fatto: un fatto molto importante. Ora dobbiamo rimettere in moto le meningi per ri-‐adeguare le idee ai fatti”
“Katty? La cuoca? Io puntavo su Bertrand! Allora si che dovrò ri-adeguare le idee ai fatti! Ma, scusa Taylor, ammesso e non concesso che la cuoca abbia ucciso Ramsey, dobbiamo pensare che abbia ucciso anche Murray?”
“Se dovessimo considerare le statistiche, si: se in una casa vengono uccise due persone, è molto più probabile che ci sia un solo assassino che non due: questa era anche la tua ipotesi in fondo. Ma le statistiche valgono solo sui grandi numeri, non sui singoli fatti.
“Se non seguiamo le statistiche ma seguiamo i fatti, credo che scopriremo che non c’è un solo assassino ma due. Adesso ognuno di noi due, per conto suo, fa i suoi ragionamenti. Prima di discuterne insieme è necessario che ci ragioniamo su separatamente. E sai perché? Te lo spiego in poche parole.
“Gli elementi nelle mani della scientifica indicano che Katty ha sparato a Ramsey: Ketty ha sparato a Ramsey è il fatto. Ma i fatti sono descrizioni di qualcosa che è successo. Sono entità separate da quello che è successo in realtà: sono ri-‐costruzioni della mente. In questo
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senso, i fatti, in quanto descrizioni personali, sono discrezionali e dipendono dagli schemi interpretativi che ciascuno di noi si è precostituito nella sua propria mente. Menti diverse, schemi diversi, descrizioni diverse dei cosiddetti fatti. Dal che si deduce che c’è poco di oggettivo anche nei fatti. Quindi ognuno di noi fa i suoi ragionamenti e magari domani ci vediamo un pochino prima e ci ragioniamo un po’ insieme. Che ne dici? Ci possiamo vedere al bar un po’ prima delle otto: ci mangiamo un dolcetto e confrontiamo le nostre idee davanti a un buon caffè prima di gettarci nella mischia. Ti va bene Chris?”
“Ok, Taylor. Venti minuti alle otto al bar di fronte all’ufficio. A quest’ora della sera faccio un po’ di fatica a seguire i tuoi ragionamenti astratti. Per me i fatti sono cose concrete: quello che puoi provare con prove inoppugnabili è un fatto. Il resto sono chiacchiere. Adesso penso a questa novità di Katty e vedo di adeguare le mie idee ai fatti. Grazie per aver chiamato. ‘Notte” Lunedì 25 Ottobre. Bridge of Allan: Stazione di polizia. Ore 9.30 circa
Sopra il tavolo del cucinotto c’era una copia del Chronicle, già tutto spiegazzato. Il giorno prima, sul numero domenicale, la notizia della morte di Ramsey era messa in evidenza con un taglio basso. I redattori però gli avevano dedicato poco spazio il che, per il numero domenicale, era abbastanza ovvio. Il numero domenicale, che era il frutto dell’attività congiunta di diverse redazioni di piccoli giornali di provincia organizzati in network, era soprattutto dedicato alle famiglie: conteneva articoli, approfondimenti e inserti su spettacoli, televisione, libri, musica, cultura, passatempo, giochi e, naturalmente, sugli avvenimenti sportivi del sabato. L’impaginazione del giornale era già stata completata quando era arrivata la notizia della morte di Ramsey. Senza sovvertire l’impaginazione, la redazione aveva deciso di occupare lo spazio riservato alle notizie dell’ultima ora. In fondo, un omicidio dietro casa è un bell’argomento di discussione domenicale, al pub, ai giardini, in famiglia, e anche in chiesa.
Il numero del lunedì, invece, è notoriamente dedicato agli avvenimenti sportivi della domenica e alla cronaca. L’apertura non poteva non essere dedicata alla sconfitta dei Celtics, nella Premier League, da parte dei Glasgow Rangers. Un disastro per i Celtics: passati in vantaggio con un gol di Hooper; pareggio su autogol di Loovens; doppietta assassina di Miller. Punteggio finale: tre a uno per i Rangers. Poi c’era il riassunto dei risultati delle partite di sabato: Dundee sconfitto due a uno dal Motherwell; Aberdin quattro a due contro l’Hibernian; Hamilton battuto in casa due a uno dal St. Johnstone; gli Hearts vittoriosi tre a zero sul St. Mirren; Inverness vittorioso due a uno sul Kilmarnock. Per fortuna il rugby aveva dato una bella soddisfazione. L’Irlanda battuta in casa sua: quarantadue e ventidue. Grande Scozia!
La notizia dell’uccisione di Ramsey era data con la dovuta rilevanza. L’articolo metteva in evidenza la personalità chiusa dell’ucciso e il sospetto che lo stesso Ramsey potesse essere stato responsabile dell’omicidio di sir Murray. Con grande prudenza e fair-‐play, il Chronicle si asteneva da ulteriori commenti sulle indagini, sottolineando che la polizia locale e quella di Stirling stavano lavorando alacremente su entrambi i casi che sembravano, con tutta evidenza, collegati. Il collegamento tra i due casi era, a detta del giornale, di natura finanziaria: una serie di operazioni illegali su cui la polizia stava indagando. Tra le righe si lasciava intendere che la responsabilità di questa gestione finanziaria illegale fosse tutta a carico di Ramsey, del quale si diceva che probabilmente aveva trovato nella sua posizione in casa Murray una comoda copertura per sue illecite attività. In fondo, sembrava voler affermare il giornalista del Chronicle, sir Murray è stato ingenuo a prendere Ramsey sotto il suo tetto e ha finito col pagare questa ingenuità con la vita. Forse sir Murray aveva scoperto i traffici di Ramsey e Ramsey lo aveva ucciso. Si trattava ora di fare luce sulla morte di Ramsey.
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L’articolo rimandava poi a una inchiesta di approfondimento, a firma Ann Margaret Drummond. Il titolo era: Le vie del riciclaggio. L’articolo era lungo e disegnava il percorso che danaro di illecita provenienza, procurato magari da contrabbando e vendita di armi a signori della guerra dell’Africa occidentale, poteva seguire partendo, sporco, dalla Liberia, per arrivare, pulito, in Inghilterra mediante una serie di balzi informatici attraverso l’Africa, gli Stati Uniti, l’Italia con la compiacenza di banche di San Marino e della Città del Vaticano, fino alle banche delle isole dello Stretto. Tutto ciò Christina e Taylor l’avevano già letto al bar di fronte all’ufficio dove si erano incontrati per un rapido briefing privato.
Munro aveva convocato tutti nel suo ufficio per le dieci. “Vi ho convocati per un rapido aggiornamento. Finito qui, io e Taylor interrogheremo
ufficialmente la signora Hammerton. L’esito dell’interrogatorio vi verrà riassunto e saranno a vostra disposizione i nastri della registrazione”
Il tono di voce di Munro era sicuro, benché impersonale e quasi duro. “La scientifica ci ha fatto avere elementi probanti che inchiodano la signora Hammerton.
L’interrogatorio dovrà chiarirne i motivi e la dinamica. Non sarà difficile avere la confessione. “Non ho idea se l’uccisione di Ramsey e quella di sir Murray siano opera della stessa
mano, ma lasciatemi dubitare” Annuendo, Chris volse lo sguardo su Taylor: nella loro discussione mattutina al bar
avevano alla fine convenuto sull’ipotesi: due omicidi, due assassini. Intanto Munro aveva continuato a parlare.
“La scientifica ha individuato il fucile che ha sparato. Una doppietta di grosso calibro a canne sovrapposte. Era nella fuciliera con gli altri fucili. Sull’esterno del fucile nessuna impronta. Anche le canne sono state ripulite. Residui di polvere tuttavia sono stati trovati su uno dei due percussori e su uno dei tamponi, quello sul polso sinistro per la precisione, effettuati sulla signora Hammerton”
Tutti seguivano attentamente le parole di Munro. Taylor sembrava annuire con piccoli, quasi impercettibili, movimenti del viso.
“Nel cassetto inferiore della fuciliera c’erano varie scatole di cartucce. Nel petto di Ramsey sono state trovate entrambe le borre delle cartucce sparate. Vecchie borre di feltro. Identiche a quelle delle cartucce compatibili per calibro trovate nella cassettiera della fuciliera”
Munro fece una breve pausa. Poi, guardò Christina. “Nei pressi della vittima non sono stati rinvenuti bossoli: evidentemente sono stati fatti
sparire. Nessuna impronta sul fucile, sulla scatola delle cartucce e sulla fuciliera ad eccezione di un’impronta di palmo di mano sinistra sul fondale posteriore della fuciliera. Chi ha preso quel fucile, in un primo momento è stato sorpreso dal peso dell’arma, si è sbilanciato in avanti ed ha appoggiato la mano sinistra sul fondo della fuciliera. Quando ha riposto l’arma, l’assassino l’ha pulita piuttosto accuratamente e ha probabilmente fatto in modo di togliere qualsiasi altra impronta ma si è dimenticato di avere appoggiato la mano sul fondo del mobile. Manco a dirlo, l’impronta della mano è quella della signora Hammerton”
Munro non staccava gli occhi da Christina “Su referto della scientifica c’è scritto che l’agente Barrach ha chiesto espressamente che
venissero cercate impronte all’interno della fuciliera. Perspicace davvero la piccola Chris: complimenti davvero!”
Paonazza, Christina sorrideva con modestia mista a un certo compiacimento. Non le piaceva essere al centro dell’attenzione, ma un complimento in pubblico da parte del capo fa sempre un certo piacere.
“Non mi sembra che ci siano dubbi sull’interpretazione dei fatti. Ci resta da capire quali siano stati i motivi”
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Munro prese un fax dalla sua scrivania. “Prima che andiate di devo ragguagliare su altri due fatti: il primo è che la divisione
finanziaria della polizia di Stirling ha avviato le indagini sul giro del denaro sporco. Quello che avrete forse visto sul Chronicle di questa mattina sembra essere un percorso abbastanza plausibile. Taylor: è inutile a questo punto che tu e la piccola Chris diventiate matti sui faldoni di Murray. Mandiamo tutto a Stirling: loro hanno uomini e mezzi per queste faccende. Il secondo fatto è molto interessante e devo fare i complimenti alla giornalista del Chronicle amica della piccola Chris, che ha scovato questa cosa, puntualmente, confermata dagli amici di Stirling. Vi leggo il fax: Come da Vs. richiesta …. eccetera eccetera eccetera, ecco:
-‐ Adam Ripplecourt: nato il 14 Luglio 1945; Maggio 1989: dato per disperso in Liberia.
L’ultima volta che è stato visto, Adam Ripplecourt era rimasto ‘ferito alla testa’ in uno scontro armato: questo fatto è presente nel rapporto del comandante di un reggimento di soldati irregolari pervenuto al Ministero per gli Affari Esteri. Nel 1999 lo stato civile ne ha dichiarato la morte presunta.
-‐ James Ramsey nato il 7 Aprile 1946; il Ministero per gli Affari Esteri registra la sua presenza a Kinshasa nel giugno del 1967; attualmente risulta residente a Menstrie, contea di Stirling. Non risultano parenti collaterali, né figli. La foto del passaporto mostra una lunga cicatrice sulla fronte.
Munro posò il fax sulla scrivania. “Ricordiamo tutti di aver visto una bella cicatrice sulla fronte di Ramsey, vero Taylor? Ricordo anche la risposta che diede Ramsey quando gli chiesi che cosa gli fosse successo:
‘da ragazzo, durante una partita di cricket’. Le cose quindi stanno così: Adam Ripplecourt è stato ferito, forse davvero gravemente; è riparato dietro le linee ed è semplicemente sparito. Tempo dopo ricompare sotto il nome di James Ramsey, probabilmente un suo vecchio commilitone morto a cui ha semplicemente rubato l’identità. Così facendo Ramsey ha ripulito la sua identità e il suo passato. Chris, per favore, ricordami più tardi di chiamare McGregor per complimentarmi con la sua assistente. La riunione è sciolta. Taylor, andiamo a sentire che cos’à da dirci la signora Hammerton” Katty. Ore 10.30 circa
Catherine Hammerton era seduta al cosiddetto tavolo degli interrogatori. Di solito Munro e i suoi interrogavano le persone nei loro uffici. Tuttavia, se la persona da interrogare era in stato di arresto o di fermo giudiziario, l’interrogatorio doveva svolgersi in un ambiente debitamente sorvegliato e secondo le procedure previste.
Munro e Taylor erano seduti di fronte a lei. Catherine teneva le mani in grembo. Era visibilmente stanca ma il viso sembrava disteso e sereno.
“Questo è in incontro informale signora Hammerton, ma devo informarla che qualunque cosa dica potrà essere usata contro di lei. È libera di non parlare in assenza di un avvocato. Se decidesse di parlare con noi in assenza di un legale, quanto lei dirà verrà considerato una dichiarazione spontanea. Questa conversazione viene registrata. Vuole parlare con me e con il tenente Taylor, signora Hammerton?”
“Si vorrei farlo subito, grazie” “Mi vuole rilasciare le sue generalità, signora Hammerton?”
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“Capitano, glielo dissi già l’altro giorno: preferirei mi chiamasse Katty. Mi chiamano tutti così. ‘Signora Hammerton’ mi fa sentire ancora più in soggezione. …”
“Prego, Katty…” “Mi chiamo Catherine Hammerton. Sono nata 14 Aprile 1950 a Dunkeld, a nord di
Dundee. All’età di due anni, con la famiglia, mi sono trasferita a Stirling” “Katty, le ripeto che, se vuole, può anche non rispondere alle nostre domande. Se è tutto
chiaro … mi stia bene ad ascoltare … ci pensi bene prima di rispondere… Dunque: è stata lei a sparare a Ramsey?”
“Certamente, si … sono dispiaciuta … non sono riuscita ad attendere il giudizio di Dio … e ho anticipato quello degli uomini … sono stata superba. Ora dovrò pagare il giudizio degli uomini … ma questo mi interessa poco … dovrò affrontare il giudizio di Dio … che Dio mi perdoni ….”
“Katty, l’altro giorno, quando siete venuti qui tutti quanti per le vostre deposizioni sulla morte di sir Murray, ho sentito nelle parole di tutti un certo risentimento, o un certo astio, nei confronti di Ramsey. Lei, al contrario, era stata l’unica a parlarcene senza ostilità. Stava mentendo…?”
“No capitano, non stavo mentendo: non è mia abitudine. Ero l’unica, in effetti, ad aver con Ramsey un rapporto abbastanza disteso. Nessuna intimità, ci mancherebbe altro, ma fino all’altro giorno non avevo ragioni …”
Chaterine aveva cominciato ad agitarsi sulla sedia. Teneva le mani davanti allo stomaco: la mano destra a racchiudere la mano sinistra. Le mani si stringevano così forte una all’altra che le nocche erano diventate bianchissime: profondi solco rossi sottopelle facevano intravedere l’architettura dell’articolazione delle nocche.
“E ‘l’altro giorno’ … che cosa è successo, Katty?” “È successo … è successo, signor capitano … è successo…” Non riusciva a terminare la frase. Gli occhi le si erano riempiti di lacrime. Si soffiò il naso
e fu scossa da singhiozzi “È successo .. … è successo … non ce la faccio …” “Possiamo interrompere, signora Hammerton, lo sa … non è obbligata …” “Mi perdoni, signor capitano… L’altra notte mi hanno telefonato … la mia bambina …” Catherine fu di nuovo scossa da violenti singhiozzi. Poi, fatto un grosso sospiro,
continuò. “L’altra notte mi ha chiamato la polizia… era successo un pasticcio … la mia bambina, la
mia nipotina Brighde… la mia nipotina Brighde… era stata fermata assieme a mia sorella Caroline … una storia brutta brutta capitano … mi vergogno anche a pensarle certe cose… sento un dolore forte qui nel petto … come si raccogliesse in me tutto il dolore del mondo...”
“Mi spieghi meglio, Katty, per favore …” “Mi hanno chiamato: volevano sapere da me se potevo prendermi cura di Brighde … per
qualche giorno … finché le cose non si fossero chiarite … Ma io volevo sapere che cos’era successo … la mia bambina, la mia piccola Brighde… che dolore, che dolore capitano… tutto il dolore del mondo per tutto il male del mondo … che Dio mi perdoni…”
“Chi l’ha chiamata, Katty?” “Mi hanno passato la mia piccola Brighde …. Piangeva … piangeva come me adesso … No
zia, non posso venire da te … lacrime … singhiozzi … ancora lacrime … non posso venire da te zia … quell’uomo … quell’uomo … c’è lì quell’uomo … Che Dio mi perdoni capitano … che Dio mi accolga, dopo tutto … che mi punisca ma che mi accolga … tutto il male del mondo in quell’uomo … che Dio mi perdoni … non ho potuto fare a meno, superba che non sono altro, adesso andrò incontro alla punizione di Dio e degli uomini … tutto il dolore del mondo è qui nel mio cuore, capitano… stava scappando quel maledetto … ah! Ramsey avresti dovuto
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morire prima e non costringermi a dannarmi l’anima per vendicare la mia piccola Brighde … Che l’inferno sia con te, Ramsey… dannato … per sempre dannato …”
“Stia calma Katty, si rilassi…” “Vorrei un bicchiere d’acqua …. Mi fa male … Mi fa male …” Catherine era diventa pallida, molto pallida, le labbra violacee e la fronte si era
improvvisamente imperlata di sudore. Le braccia incrociate sul petto, la testa reclinata in avanti, quasi a toccare il tavolo con la fronte.
“Mi fa male, mi fa male …. Mi fa male…” “Interrompiamo! … interrompiamo! ” esclamò Munro concitato: “un bicchiere d’acqua…
si metta distesa qui, signora Hammerton … adesso facciamo venire un medico …” Dieci minuti dopo, quando Katty fu caricata sull’ambulanza, accompagnata da
Fisherman, era priva di coscienza.
Taylor aveva chiamato i colleghi di Stirling e aveva avuto la temuta conferma. Venerdì notte c’era stata l’irruzione al 18 di Wellington Road. La signora Haldane, Caroline Haldane, era stata fermata col sospetto di istigazione alla prostituzione minorile. Sua figlia Brighde era stata accompagnata alla stazione della polizia sia come vittima che come persona informata sui fatti. Trattandosi di minore, prima di essere condotta in una casa-‐famiglia, era stata fatta una ricerca tra i parenti prossimi se ci fosse qualcuno disponibile ad assumersi la responsabilità di accogliere e di sorvegliare la minore. Tra gli altri era stata chiamata la signora Catherine Hammerton, sorella di Caroline Haldane. Haldane è il nome da sposata, ora vedova; il nome da nubile era Caroline Hammerton.
“Grazie. Era l’informazione che mi mancava” disse Taylor abbassando il ricevitore. Munro era in attesa che Fisherman chiamasse dall’ospedale. “Concludendo, Taylor: dimmi se sbaglio. Katty è l’unica in casa Murray che mantiene
rapporti discreti con Ramsey. È una donna pia; partecipa a riunioni ecclesiali. Essere gentile, per lei, non è solo un dovere civile: considerata la sua forte fede, direi che si sente in dovere di intrattenere rapporti … come possiamo dire? … fraterni … col prossimo, anche nel caso in cui il prossimo non sia persona particolarmente degna come nel caso di Ramsey. Però tutta la sua impalcatura di sacralità e di bontà le frana addosso nel momento in cui realizza che Ramsey è colpevole di comportamenti abominevoli nei confronti della nipotina che ama come una figlia. Ramsey sta per tagliare la corda. Nulla a che vedere col 18 di Wellington Road, di cui non sospetta nulla. Sta per tagliare la corda perché la questione dei soldi, del riciclaggio e, forse, dell’assassinio di sir Murray si stanno stringendo attorno a lui come un cappio attorno alla gola. Prende le sue carte, le mette in macchina e si accinge a fuggire. Però … non fa i conti con la cara vecchia Katty, la cuoca. Questa, sentendo i movimenti di Ramsey e dopo una notte che mi posso immaginare popolata dai peggiori incubi della sua vita, scende in soggiorno, imbraccia un fucile, lo carica, va di fronte ai box e spara due colpi a bruciapelo nel petto di Ramsey. Ritorna in soggiorno. Pulisce il fucile, pulisce la fuciliera. Si pulisce lei stessa e se ne torna in camera sua. Siamo in campagna. La caccia è aperta. Sono da poco passate le sette di un sabato mattina. Nessuno si stupisce di sentire un paio di colpi di doppietta. Ma la scientifica è stata brava e l’ha incastrata. Tu pensi che possa avere a che fare con l’omicidio di Murray?”
Taylor scosse la testa: “Nel modo più assoluto, no! Ha ucciso Ramsey sconvolta dall’angoscia e dal dolore. È stata la decisione di un attimo in una mente sconvolta. Murray, invece, è stato ucciso in modo freddo e premeditato. A parte il fatto che mi sfugge un qualsiasi possibile movente, è proprio la sua personalità a sembrarmi incompatibile con un omicidio premeditato…”
“Già,” lo interruppe Munro, “ma se non ci fossero state le prove schiaccianti della scientifica a incastrarla, forse avresti detto così di lei anche per l’omicidio di Ramsey…”
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“Potresti aver ragione, Munro, certamente … ma lasciami finire il ragionamento: l’omicidio di Ramsey è stato un incidente … un concorso ingovernabile di eventi innescato da Murray e concluso da Katty in modo del tutto imprevedibile … Io penso che Murray avesse scoperto due cose su Ramsey: La prima è che stava rubandogli dei soldi. La seconda è che Ramsey aveva un debole per le ragazzine molto giovani. Il biglietto anonimo che ci ha mandato aveva lo scopo di incastrare Ramsey. Farlo arrestare. Rendergli impossibile l’accesso ai conti off-‐shore. Eventualmente, se Ramsey fosse rimasto in gattabuia per un po’, forse Murray avrebbe potuto anche cercare di rendergli la pariglia: mettere le mani sui soldi di Ramsey. Cose così, tra gentiluomini… Com’è che si dice?: …. niente di personale … gli affari sono affari…”
“Questo metterebbe nuovamente Ramsey in cima all’elenco dei potenziali assassini di sir Murray: un bel movente il suo, non credi?”
“Un bel movente certamente!” Taylor si mise a passeggiare avanti e indietro, pensoso, inquieto. “Ho sempre detto che Ramsey non era l’assassino di Murray perché, se non fosse stato
per lui che ci ha messo in allarme, l’assassinio di Murray sarebbe stato preso per morte naturale”
Taylor sembrava un leone in gabbia: camminava avanti e indietro con rabbia, una rabbia nei confronti di sé stesso, per essersi affezionato a una sua idea e non aver preso in sufficiente considerazione altre ipotesi.
“Potrebbe averci messo la pulce nell’orecchio per costringerci a mettere tutti i documenti sotto sequestro. Per impedire che eredi, notai e banche prendessero immediatamente in mano gli aspetti della successione…. Aveva bisogno di qualche giorno per sistemare le carte prima che lo facessero gli altri … certo … certo, potrebbe essere … se è così … arguto questo Ramsey … e deficiente io che mi sono lasciato prendere per il naso…”
In quel momento chiamò Fisherman. “Capitano? La signora Hammerton non ce l’ha fatta. In ambulanza l’hanno defibrillata
due volte. L’hanno portata in terapia intensiva dove hanno provato a rianimarla per un’ora ma, alla fine, hanno desistito. Torno in ufficio”
Munro fissò Taylor. “Taylor, dove credi sarà andata adesso l’anima di Catherine Hammerton?” “In paradiso, no di certo: è come se avesse ucciso Caino. All’inferno nemmeno: Dio è
misericordioso, lo sai no? È andata in Purgatorio e dovrà starci tanto tanto tempo. Alla fine però Dio la perdonerà… proprio come lei si augurava”
Il telefono sulla scrivania di Munro squillò di nuovo. “Capo, sono di nuovo io dall’ospedale” La voce di Fischerman era concitata “C’è qui ricoverata, da ieri sera, Charlotte Dickinson, la figlia di Rebecca Dickinson. La
ragazza è in coma farmacologico. Rebecca Dickinson è qui in ospedale, ad assistere la figlia: vorrebbe parlarle, capo. C’è qui anche McGregor, direttore del Chronicle. Mi ha visto qui e vorrebbe parlarle un attimo. Glielo posso passare, capo?”
“Passamelo” “Ciao Munro. McGregor che parla” “Che succede McGregor? Come mai sei lì?” “Qui è quasi successa un’altra tragedia!” “La giovane Charlotte Dickinson intendi?” “Esattamente. Credo che abbiamo perso tempo, sia io che i tuoi, a seguire piste che ci
hanno portato fuori strada” “Cosa intendi dire McGregor?”
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“Abbiamo seguito piste malavitose, storie africane, riciclaggio. Non che tutto ciò fosse sbagliato … ma sono piste che ci hanno allontanato dal bersaglio grosso … hai del lavoro urgente da fare Munro”
“Puoi spiegarti meglio?” “Sono qui con Rebecca Dickinson. È distrutta e ha paura, Munro. Ieri sera Charlotte ha
avuto un incidente” “Cioè?” “Stava tornando a casa quando è uscita di strada ed è andata a sbattere contro un albero.
I soccorritori hanno chiamato subito un’ambulanza. La ragazza non sembrava ferita, solo qualche escoriazione, ma si comportava in modo strano: come ubriaca o drogata. Qui in ospedale ha dato in escandescenze poi ha perso conoscenza. Le hanno fatto una TAC e anche le indagini tossicologiche. Non hanno trovato nulla ma la situazione è precipitata. Sono sorte difficoltà respiratorie e un’aritmia cardiaca e la ragazza è andata in coma. Adesso c’è anche un blocco renale. Per fortuna che la dottoressa che l’ha presa in carico in rianimazione ha pensato a un’intossicazione acuta da glicole etilenico. Il test per la fluorescenza delle urine con la lampada di Wood ha avvalorato i suoi sospetti. Charlotte ora è in dialisi e la stanno curando con un farmaco specifico… fomepizol mi pare abbiano detto… Senti Munro, dopo Ronald e dopo Ramsey non posso proprio pensare che sia una coincidenza quello che è successo a Charlotte, non credi?”
“Una cosa molto sospetta, certo … anche se …” “Non c’è tempo per fare ipotesi, Munro! È necessario che tu o il tuo più fidato
collaboratore, o tutti e due, veniate immediatamente a parlare con Rebecca. Vi sta aspettando: ha delle cose importanti da dirvi”
“Si … anche … è già stata interrogata” “Fai in fretta, Munro, per Dio! Vuoi vedere altri morti? Dovrò dire sul giornale di domani
che la polizia, dopo tre morti, brancola ancora nel buio? … Scusa Munro! Scusami tanto, so che state lavorando … ma … i risultati … scusa, sono sotto pressione. Ti prego: te lo chiedo anche come un favore personale, vieni a parlare con Rebecca … subito…” Ospedale di Stirling: Rebecca. Metà pomeriggio
Poco prima delle sette di martedì mattina, il sottotenente Anderson e il sergente Fisherman si erano presentati alla tenuta Murray. Lì, di fronte a un Bertrand Murray chiuso in un pensieroso silenzio, a una Janel Cullen che non riusciva a trattenere le lacrime e a una Chlotilde Cameron che faceva fatica a nascondere un velato sogghigno … lì, davanti a tutti, avevano fatto salire in macchina una alquanto altera Muriel Murray, con i polsi ammanettati nascosti sotto un largo scialle giallo.
La sera prima, in ospedale, i medici erano stati categorici. “Intossicazione acuta dal glicole etilenico. Il quadro clinico è quello classico. Il
laboratorio ha confermato la presenza degli ossalati” “Oltre che negli anticongelanti,” aveva chiesto Munro, “il glicole etilenico si può trovare
facilmente in altri posti?” “Poco probabile. L’anticongelante è l’unica sorgente facilmente accessibile. Il glicole
etilenico si usa in tracce nell’industria chimica e in quella farmacologica, ma l’accesso a queste sostanze non è libero a chicchessia”
“Quello che vorrei sapere,” aveva insistito Munro, “è se c’è qualche possibilità di assumere la sostanza per sbaglio; che so: all’università … in un laboratorio, toccando un flacone…”
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“Del tutto escluso: la sostanza va bevuta. All’origine, il glicole etilenico è un po’ vischioso, appena appena dolciastro, trasparente come l’acqua. Non si può bere per sbaglio”
“Ma lo si può sciogliere nell’acqua vero?” “Si mescola istantaneamente nell’acqua o in qualunque soluzione acquosa. Se mescolato
ad una bibita, una qualunque bibita, il suo sapore dolciastro si fonde con quello della bibita ed è assolutamente impossibile accorgersi della sua presenza”
“Un veleno ideale” aveva suggerito Munro. “Le ingestioni accidentali sono del tutto eccezionali. Dal punto di vista di un criminale il
glicole etilenico è un veleno ideale: facile da reperire; solubile nell’acqua; insapore; ne basta relativamente poco per uccidere una persona. Inoltre, i primi sintomi dell’intossicazione sono quasi indistinguibili da quelli dell’intossicazione etilica: della comune sbronza, insomma. Questa ragazza è stata davvero fortunata: se in rianimazione non avessero intuito subito la causa del malore le cose avrebbero potuto mettersi davvero male. Ora, per fortuna, la ragazza è fuori pericolo”
“Possiamo interrogarla?” “Ora è sedata. La terremo sedata per le prossime 48 ore. Non potrà parlare che dopo
questo temine” “Quanto tempo dopo l’ingestione della sostanza si avvertono i primi sintomi, dottore?” “I primi sintomi compaiono tra i trenta e i quaranta minuti dall’ingestione” “Quindi dovremmo collocare l’avvelenamento tra una mezzora e un’ora prima dell’ora
dell’incidente” “Senza ombra di dubbio” “Senza ombra di dubbio” pensava Munro. Poi, rivolgendosi a Taylor: “Andiamo dalla
signora Dickinson. Guarda là McGregor come scalpita…” Munro e Taylor si avvicinarono alla signora Dickinson che li aspettava poco più in là, nel
corridoio. Accanto a lei Craig McGregor. Rapide strette di mano. “Vi lascio soli” disse McGragor brusco, allontanandosi. “Craig, ti prego…” “No Rebecca, meglio che parliate da soli. Sono qui a due passi se hai bisogno…” “Suggerirei di andare a sederci là, vicino alle macchinette del caffè” aveva proposto
Taylor vedendo la signora Dickinson francamente pallida. McGregor, ancora nei pressi, aveva seguito la scena: “Ti porto un te Rebecca” Senza ulteriori preamboli Munro cominciò a domandare: “Dov’è stata sua figlia ieri
prima di avere l’incidente” “Domenica pomeriggio è stata in giro con i suoi amici. Poi è passata di casa a prendere la
borsa ed è andata in macchina al Tennis Club di Stirling, per una partita a tennis con sua zia” “Sua zia?” “Muriel Murray … sa… in casa la chiamiamo zia … ” “E poi che cosa ha fatto?” “Non lo so. Di solito giocano un paio d’ore poi bevono qualcosa al bar … e basta…
L’incidente è capitato mentre tornava a casa” Lo sguardo di Munro fu così significativo che Taylor salutò in fretta e partì alla volta del
Tennis Club McGregor intanto si era avvicinato con un bicchiere di te. “Resta qui Craig… non c’è proprio alcun motivo per cui tu te ne debba stare in
disparte…” Rebecca prese McGregor per una manica della giacca e lo costrinse a sedersi su una
sedia lì vicino. McGregor lasciò fare. Fissò negli occhi Munro per un attimo. Poi abbassò lo sguardo fissandolo sulla punta delle sue scarpe. Rebecca aveva mantenuto la sua mano sul braccio di McGregor.
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“Capitano… c’è una cosa che non sa…” “Più di una probabilmente” “L’altro giorno ho parlato con quella sua giovane agente ...” “L’agente Christina Barrach” “Esattamente. Ho trascurato di dire all’agente Barrach una cosa che allora non mi
sembrava proprio così indispensabile da dire, ma ora … in questo frangente… credo di avere sbagliato…”
“La ascolto…” McGregor si alzò ma solo per avvicinare maggiormente la sua sedia a quella di Rebecca. “Mia figlia … Charlotte, non lo sa. Non lo sa nessuno in realtà, ad eccezione di Craig …
Craig, che ringrazio per essere qui al mio fianco … il padre di Charlotte è … è Ronald Murray… forse avrei dovuto dirlo alla sua agente …”
Munro guardava Rebecca Dickinson e poi McGregor spostando rapidamente uno sguardo interrogativo ed estremamente duro da uno all’altro.
“Accidenti a voi! A tutti e due. McGregor: accidenti anche a te! Dovrò decidere se denunciarvi per intralcio alla giustizia”
Munro lasciò la sedia e prese a camminare veloce, su e giù, davanti alle macchinette del caffè. Sembrava una locomotiva a vapore. Camminava e sbuffava. Poi si risedette.
“Signori: credo che l’abbiate fatta grossa! Non si può tacere un fatto così importante. Non si puo!!”
Si accorse che stava quasi gridando e abbassò il tono della voce: un sussurro che sembrava un ringhio: “Non si può! Non si può! Non si può!”
“Charlotte non sa … non volevo che sapesse … in una situazione simile poi! Venire a sapere chi è tuo padre nel momento in cui muore …”
Rebecca parlava a voce bassissima, quasi sussurrasse fra sé e sé. “Munro, ti capisco … capisco la tua rabbia ma vedi … sembrava una questione privata tra
Ronald e Ramsey … perché costringere la signora Dickinson a mettere in piazza la sua vita privata …”
“Craig, signora Dickinson: può essere che, se avessimo saputo questa cosa, forse avremmo potuto seguire altre piste più significative … avremmo forse … dico forse… potuto evitare l’incidente di sua figlia …”
Munro rimase un attimo soprappensiero, guardò Rebecca con uno sguardo assorto. “Signora Dickerson, lei sa qualcosa di un testamento che sir Murray avrebbe
recentemente modificato?” Rebecca, invece di rispondere allo sguardo penetrante di Munro, si rivolse verso
McGregor e prese con entrambe la mani la mano sinistra di McGregor. Poi si rivolse a Munro. “Ronald veniva spesso a trovarmi. Le cose che erano successe molto tempo fa facevano
parte di un lontano passato, per tutti e due. Ma deve sapere che Ronald è sempre stato un tipico maschio alfa. Dove c’è lui non c’è spazio per altri maschi… Deve sapere che io e Craig … eravamo innamorati … vero Craig? Forse lo siamo ancora … io credo di si … ma Ronald era un asso-‐piglia-‐tutto. Stavamo insieme io e Craig, ma Ronald veniva a trovarmi spesso … lo faceva da quando io e Muriel eravamo piccoline. A quei tempi Ronald girava per il mondo in continuazione: era spesso assente. Quando tornava a casa veniva immancabilmente a trovarmi… in uno di quegli incontri è successo … che Charlotte è stata concepita…. Craig, allora, ha fatto un passo indietro e … scusa se te lo dico solo adesso Craig … non credo tu abbia fatto bene. Dal canto suo, Ronald non è mai stato padre, ma neanche zio, se vogliamo dire così, di Charlotte. Era un amico che ogni tanto veniva a trovarmi …
“Ed ecco che, qualche settimana fa, Ronald viene da me e mi dice ‘credo di avere dei problemi Rebecca: Ramsey sta cercando di tirarmi qualche scherzetto. Credo che potrei avere dei guai. Ci ho pensato su in questi giorni e, se dovessi partire per un bel po’ o se dovessi sparire,
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vorrei che tu sappia che ho modificato il testamento: ho dato disposizioni per cedere due terzi del mio patrimonio a Charlotte, una delle pochissime cose buone che mi lascerò dietro alla mia dipartita’. Ecco quel che mi disse … poi mi disse di tempi tecnici per la registrazione, mi chiese il nome del mio notaio… fui veramente colpita … non mi sarei mai aspettata una cosa simile da Ronald… ”
Il viso di Rebecca di era segnato di lacrime. McGregor le asciugava gli occhi. “Signora Dickinson, ha messo al corrente Charlotte di questa cosa?” “Naturalmente no, signor capitano” “McGregor era al corrente naturalmente…” “No. Craig era l’unico a sapere chi fosse il padre di Charlotte ma … di questa assunzione
di responsabilità di Ronald l’ha saputo anche lui in questo momento” “E Muriel? Che cosa sapeva Muriel?” “Muriel non sapeva niente di niente. Però lei venne a trovarmi poco dopo che Ronald mi
aveva lasciato dicendomi del testamento. Muriel si è accorta subito che ero sottosopra e voleva sapere a tutti i costi che cosa fosse successo”
“Lei le disse del testamento?” “Assolutamente no ma le dissi che suo fratello voleva diventare il padre legale di
Charlotte perché era suo padre naturale” “Le reazioni di Muriel?” “Era veramente stupefatta: ‘Non lo sapevo! Non me lo sarei mai aspettato! Ma, cara,
carissima Rebecca, perché non me l’hai mai detto? Che bella cosa Rebecca: allora siamo una famiglia. Dobbiamo festeggiare!’ Così ci bevemmo un cicchettino: ‘A noi, alla nostra amicizia, alla nostra nuova famiglia!’”
“Ci pensi bene, signora Dickinson: nessun altro era al corrente?” “Nessun altro. Ne sono certa” “McGregor: nessun altro che fosse al corrente del paternità di Ronald?” “Munro, sai bene che non avrei detto questa cosa a nessuno mai, neanche sotto tortura.
E, per quel che conosco Ronald, non ho il minimo dubbio: non ne ha fatto menzione a nessuno mai… Sono certo che anche il notaio non sappia nulla: gli ha certamente consegnato una busta chiusa e sigillata. Non è da Ronald lasciare che qualcuno sappia alcunché di lui”
“Rien ne va plus, les jeux sont faits” aveva detto Munro con una certa soddisfazione negli occhi.
“Spero che Charlotte si riprenda presto e bene, signora Dickinson. La ringrazio per avermi chiamato e per avermi chiarito molte cose. Grazie anche a te, McGregor. Per favore tenetevi a disposizione tutti e due: potrei aver bisogno ancora di voi” Martedì 26 Ottobre. Saletta degli interrogatori. Ore 12 circa. Muriel: Non ci ha insegnato questo, in fondo, Shakespeare?
Ora Muriel Murray era seduta al tavolo degli interrogatori. Davanti a lei Munro e Taylor. “Questo non è un colloquio informale, signora Murray,” esordì Munro: “devo informarla
che qualunque cosa dica potrà essere usata contro di lei. Ci dovrebbe essere un avvocato con lei. In sua assenza è libera di non rispondere a nessuna delle nostre domande. Se risponderà alle nostre domande in assenza di assistenza legale, o se vuole dirci qualche cosa spontaneamente, quanto lei dirà verrà considerato una dichiarazione spontanea. Questa conversazione viene registrata. È tutto chiaro?”
“Non vedo come possa non esserlo, signor capitano. È tale e quale a quello che si vede nei telefilm”
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C’era una certa spavalderia, quasi una venatura di arroganza, nel tono di Muriel. “Vuole dichiarare qualche cosa spontaneamente, signora Murray?” “Di che cosa sono accusata, nello specifico, signor capitano?” “Di due cose signora Murray. La prima di avere attentato alla vita di Charlotte Dickinson:
crediamo che le abbia somministrato del glicole etilenico mescolato a una bibita dopo la partita di tennis di domenica pomeriggio. Di questo abbiamo una serie di riscontri. La seconda è di avere causato la morte di suo fratello somministrandogli del difenacoum, un anticoagulante molto diffuso come veleno per topi”
“Suppongo, signor capitano, anzi ne sono più che certa, che non abbiate molti riscontri oggettivi per questa seconda accusa”
“C’è una dinamica dei fatti, signora Murray…” “Non vorrei lei pensasse, capitano, che io sia una sciocca! Come tutti, posso commettere
degli errori, ma non sono una sciocca. So per certo che, se non fosse per la storia di Charlotte, non mi troverei qui in questo momento. Mio fratello è morto. Un fatto indiscutibile. C’era del veleno per topi nel suo sangue? Un altro fatto indiscutibile, immagino! E allora? È un veleno molto comune: l’ha detto lei stesso. Chiunque può averlo somministrato a mio fratello, magari è stato lui stesso ad avvelenarsi! Potrebbe essere stato un incidente, chi può dirlo? Non potete accusare nessuno di avere ucciso Ronald. Non bastano vaghi indizi o una ‘dinamica dei fatti’, signor capitano! La vostra è una semplice congettura: una delle mille possibili ricostruzioni dei fatti. I miei avvocati si eserciteranno a produrne decine di ricostruzioni dei fatti non meno verosimili della vostra!”
“Vuole fare una dichiarazione spontanea, signora Murray, o preferisce rispondere alle nostre domande. O vuole aspettare il suo avvocato?”
“Faccio una dichiarazione spontanea e potrò rispondere anche ad alcune delle vostre domande. Voglio solo rimarcare che non mi dovete considerare una stupida”
“Cominciamo con Charlotte?” “No, signor capitano, cominciamo con me: con Muriel… anzi ancora prima … cominciamo
con mio padre…” “Signora Murray, se cominciamo da suo padre, la prendiamo piuttosto alla lontana. È
mezzogiorno. Che cosa dice se ci facciamo portare qualcosa da mangiare e ce la prendiamo con calma?”
La domanda di Munro sembrò stemperare la pressione che si sentiva nell’aria. “Prederei del te con qualche biscotto, se è possibile” disse Muriel. “Taylor?” “Va bene anche per me” “Te e biscotti per tutti, allora … e dell’acqua minerale” “Dunque, signora Murray…” “Mio padre si chiamava George Eduard Murray… Mi ha lasciato orfana quando avevo
dodici anni. Era sempre in viaggio mio padre: Africa, Svizzera, Indonesia, India… andava ovunque sentisse profumo di affari… La mamma doveva sentirsi molto sola … povera mamma … faccio quasi fatica a credere che abbiano avuto il tempo di concepire quattro figli … Concepirli è facile: è vero signor capitano? Più difficile è accudirli. Ma questo non è affare per un certo tipo di maschio. Tale era mio padre e tale, evidentemente, è stato anche mio fratello…”
“Qualcosa della sua vita ci ha già raccontato, signora Murray, anche se, deve ammetterlo, il racconto che mi ha fatto a casa sua era un’abile mescolanza di verità e di bugie…”
“No comment, signor capitano: non ho nulla da dire sulle sue illazioni. Mio padre e mio nonno sono stati gli artefici della ricchezza della nostra famiglia. Una bambina però non vede la ricchezza della famiglia crescere. Vede una mamma sola e si sente sola lei stessa. È questo che vede una bambina. Si sente sola anche perché i suoi fratelli sono troppo più grandi di lei.
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Sono come dei padri supplenti. A volte ti coccolano, a volte ti sgridano, il più delle volte non ti considerano proprio…”
“Signora Murray, mi sembra stia già delineando una strategia difensiva … un profondo malessere … una sindrome da abbandono … ma questo non può cancellare i fatti … signora Murray, passiamo ai fatti, alle circostanza, al movente …”
“Ecco voi poliziotti! Voi maschi! Voi maschi e poliziotti!” Muriel aveva alzato il tono della voce: stava decisamente gridando. “Andate per le spicce, voi! ‘I fatti, le circostanze, il movente!’ Per voi è tutto lì: chi, come e
perché. Chi è stato? Come l’ha fatto? Perché l’ha fatto? Ci deve pur essere un motivo perché l’ha fatto! Il movente lo chiamate voi! Una ragione plausibile per commettere un’azione socialmente riprovevole. Voi non avete nessun interesse per la verità, capitano, a voi interessa un movente, un qualsiasi movente che dia credibilità causale alla vostra ricostruzione parziale dei fatti… a voi interessa solo una sorta di coerenza interna tra alcune poche cose: il chi, il come, il perché …
“Le cose non stanno mai come voi le avete ricostruite…. Le cose sono molto più complicate, hanno una loro storia le cose, signor capitano … Non si improvvisano le cose …”
Dopo la breve sfuriata, Muriel aveva ritrovato una certa rassegnata pacatezza. “Non si improvvisano le cose, capitano. Molta neve si deve accumulare, piano piano,
prima che si stacchi la slavina. Ma quando si stacca non la puoi più fermare: bisogna solo aspettare la fine di tutto per giudicare i danni. Non ci ha insegnato questo, in fondo, Shakespeare? Ognuno di noi subisce mille azioni da parte degli altri. Ognuno di noi mette in moto mille azioni nei confronti degli altri. La vita è un accumularsi di pesi e di contrappesi. Troppi pesi portano alla rovina. Tutto frana: la tragedia si compie.
“Se ti guardi indietro sembra che ognuna di quelle piccole azioni, fatte o subite, ognuna di quelle minuscole, trascurabili azioni sembra aver contribuito in modo determinante alla rovina, tanto che ti chiedi: come ho fatto a non accorgermi prima che tutto stava andando verso la rovina? Ecco capitano, … è come se tutto si muovesse prigioniero d’un’unica spirale e sia quasi dolce il lasciarsi andare al suo volere. È come se tutti gli uomini andassero incontro al loro destino senza opporre alcuna resistenza, consci d’appartenere a un unico disegno e consapevoli del fatto che ogni resistenza è tanto sciocca quanto inutile.
“Pensate a Romeo! Pensate a Otello! Pensate a Cleopatra! E pensate pure a Muriel, se credete, ... che resistenza avrebbe potuto opporre il suo fragile corpo, la sua debole volontà, di fronte all’inflessibilità del destino …?”
“Mia cara signora Murray, Otello è responsabile dei suoi atti, non meno di Jago; non mi tiri in ballo l’inflessibilità del destino…”
“Certo! Siete molto pratici voi poliziotti. Se fosse per voi, arresterete la Notte perché ha rapito il Sole. Vi fermate a guardare i singoli atti. Il grande disegno, che include anche voi, purtroppo vi sfugge … ‘Chi, come e perché’. Chi è stato. Come l’ha fatto. Perché l’ha fatto. Solo questo vi interessa”
“Forse la stupirà, signora Murray,” intervenne Taylor: “io penso che ci sia del vero nel suo modo di pensare, anche se non si può dare ogni colpa al disegno universale. Forse non c’è un disegno universale ma c’è senz’altro una trama universale che tutti noi, con i nostri atti, contribuiamo a costruire. Noi ci muoviamo giocoforza in questa trama: ne seguiamo i condizionamenti, ne subiamo la forza, ma siamo in grado anche di modificarla. C’è in ballo la volontà e la libertà individuali. Entro certi limiti, indirizziamo noi stessi i nostri destini e qualche volta agevoliamo la nostra stessa rovina. Lei sembra quasi dire che non c’è modo di ribellarsi al destino: in questo caso lei nega ogni possibilità alla libertà e, negando la libertà, nega la responsabilità. Lei è troppo intelligente per non capire che la società umana non potrebbe reggere un minuto se si negasse il concetto di responsabilità. Sul piano filosofico potremmo discutere fino all’eternità sui concetti di libertà e di responsabilità ma noi, qui e
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adesso, non possiamo discutere sul piano filosofico. Noi dobbiamo determinare il ‘chi, il come e il perché’, come dice lei. Sul perché, sui mille perché che hanno spinto la sua mano là dove credeva che il destino la spingesse, saranno i giudici a valutare. Sarà là che si dovrà confrontare con questi temi. Sarà là che dovrà emergere la verità sull’inarrestabile forza del destino e sulla sua responsabilità individuale, lady Murray!”
“Uomini rudi, questi poliziotti: pragmatici,” disse Muriel tra sé e sé, sogghignando, “… e poi, che dire della ‘verità’, signor tenente! Nei sogni… là si che la verità ha la sua concretezza! Nei sogni, anche l’inverosimile si manifesta con i paramenti della certezza! Mi capite vero? Quaggiù però la verità non la possiedono neanche gli scienziati e nemmeno i filosofi o i teologi: la verità forse la sfiorano i poeti, ma i poliziotti … i giudici … no, non sono abbastanza poeti per coglierla, questa evanescente verità …”
Munro picchiettò la punta della penna sul tavolo quasi a voler significare che ne aveva abbastanza di queste digressioni.
“Che cosa sa dell’esistenza del testamento di suo fratello Ronald? Suo fratello Bertrand ci ha detto di essere stato messo al corrente dallo stesso Ronald, qualche tempo fa, dell’esistenza di una revisione del testamento. Quando l’abbiamo interrogata ci aveva detto di non saperne niente. Vuole aggiornare la sua versione, signora Murray?”
“Che importanza può mai avere, capitano, se io sapessi o non sapessi se Ronald aveva apportato variazioni al suo testamento. Qualunque cosa avesse fatto era in suo diritto farlo! Non ho mai visto il vecchio testamento e, men che meno, quello nuovo. La cosa migliore sarebbe stata che Ronald non avesse fatto alcun testamento. Siamo noi, io e Bertrand, i suoi eredi. Il patrimonio di famiglia va diviso tra me e Bertrand. Se mai, Ronald avrebbe dovuto tenere separate e distinte le gestioni dei nostri patrimoni personali”
“Il patrimonio di famiglia è molto consistente signora Murray?” “Esattamente non lo so ma è certamente considerevole. Ci sono terreni e fabbricati,
anche da parte McCoy, la famiglia della mamma” “Quindi, indipendentemente dal fatto che lei sapesse o meno del testamento, la morte di
suo fratello avrebbe significato un bell’incremento del suo patrimonio personale?” “Mi rifiuto di rispondere a questa domanda” “Brava! Anche il suo avvocato, se fosse stato qui, le avrebbe suggerito di non rispondere.
Sta di fatto però che, senza ombra di dubbio, la morte di suo fratello avrebbe significato un bell’incremento del suo patrimonio.”
“Lo stesso vale per Bertrand. C’è qualche differenza? Perché non fa questa domanda anche a Bertrand?”
“Lei stessa ci ha detto,” intervenne Taylor, “che suo fratello Bertrand si interessa ‘di idee degli altri’, colleziona e vende libri antichi: nel mondo di Bertrand il patrimonio non sembra essere in cima ai suoi pensieri”
“Già: però non potrebbe dedicarsi al piacere di collezionare le ‘idee degli altri’ se non avesse, alle spalle, un patrimonio che gli consente di farlo. Anche la sua vita dipende dal patrimonio, non solo la mia”
“Però noi crediamo che per lei,” continuò Taylor, “il patrimonio abbia un significato più importante, vorrei dire più profondo. Intendo dire, non tanto per il benessere materiale, quanto per uno status psicologico… La sua vita coniugale sembra avere sofferto per la passione di suo marito per la ricerca e non per la professione. I suoi figli, molto giovani entrambi, hanno tagliato il cordone ombelicale. Uno studia a Cambridge. Immagino consumino molte risorse. La servitù di sir Murray, per quel che può contare la loro testimonianza in merito, ha rimarcato il fatto che lei ci tiene molto ad apparire lady”
“Ah, ah! Bella psicologia da quattro soldi, la vostra! Se il vostro castello di accuse si basa su questi elementi posso stare tranquilla. Si, è vero, mio marito, promettente dentista, è rimasto un promettente dentista: sempre occupato con la sua ricerca, non ha mai sostenuto
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economicamente la famiglia. Il mensile che mi arriva da lui è semplicemente ridicolo. Quanto ai figli, hanno diritto alla loro vita e io sono ben contenta di sostenere le loro necessità che sono, tra l’altro, modeste. È vero: sono nata in una famiglia ricca e sono abituata ad un certo stile di vita. Comprendo l’invidia di chi non può: la servitù per esempio; ma lo stile di vita non mi sembra un delitto …”
“Suo fratello Ronald le aveva detto di sospettare che, cito le sue stesse parole, ‘Ramsey avesse combinato un piccolo pasticcio facendo accreditare gli interessi di un fondo su un conto sbagliato’. Sapeva che suo fratello e Ramsey erano ai ferri corti? Che c’era in corso tra loro una guerra sotterranea quasi senza esclusione di colpi e che, probabilmente, il bottino di questa guerra era il patrimonio gestito congiuntamente dai due attraverso meccanismi poco trasparenti?”
“Mio fratello mi ha espresso questi dubbi e io rimasi abbastanza spaventata perché temevo che Ramsey potesse mettere le mani anche su parte del mio patrimonio. La risposta alla sua domanda comunque è: no, non avevo idea dell’entità dello scontro ma la cosa non mi stupisce: si assomigliavano molto mio fratello e Ramsey. Entrambi ugualmente egoisti, introversi, monotoni, egocentrici, incapaci di specchiarsi negli occhi degli altri se non per misurare la loro potenza dall’altrui turbamento: del tutto estranei al sentire degli altri e, ne sono certa, estranei perfino a sé stessi”
Munro rimase concentrato per un paio di minuti poi rivolse a Muriel un mezzo sorriso. “Se Ramsay armeggiava per impadronirsi -‐ scusi il termine -‐ del malloppo, la morte di
suo fratello avrebbe potuto mettere in seria difficoltà Ramsey qualora su certi conti occorresse la doppia firma contemporanea per operare”
“Capitano, la sua ingenuità e la contortaggine dei suoi pensieri mi sorprendono! Se lo scopo fosse stato fermare Ramsay, non sarebbe stata più opportuna la morte di Ramsay invece di quella di mio fratello?”
Munro e Taylor si scambiarono un’occhiata significativa. “Intende dire, signora Murray, che la morte di suo fratello è stata accidentale? Che
l’obiettivo del veleno era Ramsay?” “No comment, capitano. Non intendo rispondere a questa domanda. Questa potrebbe
essere una delle ricostruzioni dei fatti che i miei avvocati potrebbero esibire in mia difesa, se ce ne fosse bisogno. I miei avvocati potrebbero anche supporre che se mio fratello e Ramsay erano in guerra, l’ipotesi più ovvia è che sia stato Ramsay ad avvelenare mio fratello. O no? Se poi Ramsay ha fatto il diavolo a quattro per convincervi ad indagare, avrà avuto i suoi buoni motivi: depistare le indagini, disporre di più tempo per dirottare soldi da un conto all’altro… le possibilità sono tante capitano…”
Munro rimase silenzioso per un minuto. “Se è stanca, possiamo fare una pausa” “Nessun problema per me, capitano. Credo che siate più stanchi voi di me. Ma non si
preoccupi, se vuole fare una pausa, non deve chiedere a me… ma mi lasci dire una cosa, capitano, visto che vi vedo abbastanza indecisi sulla ricostruzione dei fatti, me lo lasci dire con le parole di Agatha Christie, sa … Assassinio sull’Orient Espress… ‘Amico mio, per carità, dica qualcosa! Dimostri che l’impossibile può essere possibile!’… ”
Il tempo di bere un caffè e di sgranchirsi un pochino le ginocchia. “Non c’è più rispetto per le istituzioni, caro Taylor, neanche da parte dei gentiluomini e
delle gentildonne di campagna: questa lady ci prende per il culo, e neanche tanto sottilmente…”
Mentre si sorbiva piano piano il suo caffè, Munro sembrava comunque abbastanza sicuro di sé.
“Che scherzi pure: per me è stata lei a far fuori il fratello”
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“Possibile. Anzi: probabile. Però ha ragione lei: non abbiamo gran che per incastrarla” “In questo momento lei sembra molto più avanti rispetto a noi: ad ogni nostra
rappresentazione, ne oppone un’altra altrettanto plausibile. Il fatto è che mentre noi lavoravamo per venire a capo della faccenda, lei ha avuto tutto il tempo di ragionarci sopra, di immaginare scenari alternativi per disseminare dubbi sul nostro castello accusatorio”
“Mi pare ci stia riuscendo benissimo” “Che cosa dobbiamo fare, Taylor? Questa signora ha fatto fuori suo fratello e ha quasi
fatto fuori sua nipote. Per il fratello si può invocare una sorte di nemesi storica, se vogliamo. Charlotte invece ha avuto la sola colpa di trovarsi inconsapevolmente sulla traiettoria dell’avidità di Muriel.
“E noi che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo sfruttare al meglio i pochi elementi concreti che abbiamo. Dobbiamo cercare di tenere quella donna lontano dalla società per il maggior tempo possibile. È una donna molto pericolosa. Credo sia una donna malata: una sorta di odio per i suoi simili; una sorta di rivalsa per quel che crede le sia stato sottratto. È come se cercasse un compenso a ciò che non ha avuto. Il nostro compito è individuare il colpevole, cercare le prove per una condanna. Se non troviamo le prove, dobbiamo cercare di mettere insieme una serie di indizi che equivalgano, come plausibilità, a prove concrete”
“Si, Munro: non possiamo fare molto di più anche se sai … nei processi indiziari si commettono molti errori giudiziari ...”
“Non è compito nostro Taylor. È proprio per questo che il sistema è articolato su due pilastri separati e distinti. Da una parte ci siamo noi, che cerchiamo di raccogliere gli elementi, l’occasione, il modo e il movente: il ‘chi, il come e il perché’ di lady Muriel. Dall’altra c’è il sistema giudiziario: l’equilibrio tra accusa e difesa, la contrapposizione delle ipotesi, delle ricostruzioni, dell’interpretazione degli elementi che noi siamo tenuti a portare. A noi un compito, a loro un altro. Noi non abbiamo responsabilità nel giudizio!”
“Permettimi di dubitare, Munro. Sai che io dubito sempre, quasi per partito preso. Nel momento in cui non riusciamo a portare in giudizio tutti gli elementi probanti, diveniamo attori attivi degli errori giudiziari, in un caso o nell’altro. L’unica nostra giustificazione morale e quella di avere fatto tutto il possibile, di aver profuso ogni possibile sforzo, di non aver tralasciato il minimo indizio”
“Ti sembra di non aver fatto tutto il possibile, Taylor?” “Sono convinto che abbiamo fatto tutto il possibile. Sono convinto tuttavia che avremmo
forse potuto fare meglio… magari si poteva sottrarre Ramsey alla vendetta della Hammerton. Così facendo magari la povera signora Hammerton sarebbe ancora viva. Con Ramsey vivo avremmo forse potuto avere qualche elemento di prova in più… non lo so Munro … non mi sento affatto soddisfatto per come sono andate le cose …”
“Torniamo di là Taylor, non abbiamo finito con lady Muriel” Ancora Muriel. Primo pomeriggio
“E di Charlotte che cosa mi dice signora Murray?” È una brava ragazza” “Non ho dubbi in merito,” rispose Munro spazientito: “però non è questa la risposta
giusta, signora Murray” “Quando mi avete interrogata qualche giorno fa, mi sono sforzata di raccontarvi con
tutta sincerità i miei rapporti di amicizia con Rebecca Dickinson. Con un padre assente, la mia famiglia era solo la mamma. Una mamma molto triste tuttavia: non ha trasmesso gioia alla mia infanzia.
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“La mia compagna di scuola Rebecca, al contrario, era la fonte pressoché unica delle mie gioie. Ci frequentavamo moltissimo nella sua casa. Giocavamo. Ci raccontavamo tutto. Esploravamo il mondo delle nostre sensazioni. Era una sorella per me. Eravamo più che sorelle. Non esiste nel mio vocabolario una parola per indicare un così forte rapporto di unione tra due bambine. Questo rapporto è durato fino ad oggi e sono sicuro che, non ostante la faccenda di Charlotte, qualcosa di quel rapporto permane ancora tra me e Rebecca”
“Mi permetta di dubitare di questa cosa, signora Murray, ma prego vada avanti” “Voi maschi! Voi poliziotti! Avete una psicologia troppo ristretta per capire quali sono i
fili che possono legare due donne, qualsiasi cosa accada nelle loro vite…” “I suoi rapporti con Rebecca Dickinson sono solo l’introduzione a quello che ci voleva
raccontare su Charlotte…” “Si certo. Charlotte è una brava ragazza. Vede capitano, io e Rebecca eravamo unite
come una calamita e un pezzo di ferro, come le dita sono attaccate alla mano. Da bambina, non faceva parte dei miei pensieri l’idea che qualcosa si sarebbe frapposto tra noi. Poi siamo diventate grandi. È arrivato prima McGregor, quell’essere insulso, a corteggiare Rebecca. E lei gli dava corda. Da una parte ero contenta per lei; dall’altra sentivo il disagio crescere in me. È stato in quei giorni che i miei pensieri su Rebecca sono diventati doppi e opposti. Non so come dire capitano: materia e antimateria; luce e buio; musica e silenzio; sussurri e grida, per dirla con Ingmar Bergman.
“Se per qualche motivo ero contenta per lei, per lo stesso motivo ero scontenta di lei, e anche di me stessa. Questo è cominciato quando quell’essere insulso di McGregor ha cominciato a ronzarle attorno. Poi i miei fratelli; tutti e tre: Christopher, Bertrand e Ronald. Venivano con me con la scusa di farmi compagnia; poi non facevano altro che monopolizzare l’attenzione di Rebecca. Christopher s’è tolto presto di torno. Forse era deluso. Forse era troppo debole. Presto partì per l’America con la scusa degli studi; poi l’incidente. Bertrand non era combattivo; già allora era piuttosto svagato: si lasciava prendere più dai racconti che dalla vita vera. Ronald era il più vivo di tutti noi. Ronald non ha mai lasciato niente per gli altri: se poteva, prendeva tutto. Quando eravamo insieme, io, lui e Rebecca, era lui il dominatore incondizionato del gruppo. Da una parte, mi piaceva che il dominatore della situazione fosse mio fratello Ronald ma, nello stesso momento, odiavo Ronald perché interferiva col mio rapporto esclusivo con Rebecca. Per fortuna che Ronald stava via per mesi di fila. Durante la sua lontananza, i miei incontri con Rebecca mi davano grande gioia ”
Muriel si fermò qualche secondo per bere un lungo sorso d’acqua. Munro e Taylor si guardarono bene dall’intervenire. Il racconto di lady Muriel sembrava avviato a uno svolgimento interessante.
“Ma la vita ha i suoi alti e bassi. Mi sono sposata. Mi sono trasferita a Perth. Ho avuto i miei figli e tutte le altre vicende normali della vita. Tornavo spesso a Menstrie e ogni volta che tornavo non mancavo di andare a trovare Rebecca.. finché un giorno … Rebecca era incinta”
Muriel rimase a lungo in silenzio. “Incinta … nessun padre … Aveva deciso di non dire a nessuno chi fosse il padre …
Nemmeno a me … Questo mi ferì molto: ‘non ci devono essere segreti tra noi, abbiamo fatto un patto’, le dicevo. Ma Rebecca fu irremovibile: ‘eravamo bambine quando abbiamo fatto quel patto Muriel, oggi non posso più rispettare quel vecchio patto: ti voglio bene Muriel, ma non posso rispettare quel patto’. Così mi diceva Rebecca. Così, a dividerci ci fu anche quella bambina, Charlotte, e un patto infranto. Ma il mio rapporto con Rebecca continuò, con serena amicizia”
“Fino a che…” azzardò Munro… “Fino a che…” Muriel rimase soprapensiero per almeno un minuto. “Fino a che… qualche settimana fa … ero con Rebecca, chiacchieravamo del più e del
meno ma mi ero accorta che era un po’ sottosopra: ‘che cosa c’è che non va Rebecca’, le chiesi.
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‘Devi sapere perché fino ad oggi non ho potuto rispettare il nostro antico patto di bambine’, mi disse. Io mi sentii balzare il cuore in gola… dopo tanti anni … quel patto ritornava a vivere … ‘Il padre naturale di Charlotte è Ronald; si Muriel, non guardarmi così, proprio lui, Ronald, tuo fratello’ …
“Non so come stessi guardando Rebecca, signor capitano, ma certo lei deve avere colto angoscia più che sorpresa sul mio volto… ‘Ronald mi ha detto che vuole assumersi la responsabilità di Charlotte: vuole diventare suo padre legale…’. Così mi disse Rebecca. Ricordo che sentivo le sue parole come arrivare da molto lontano, da una distanza siderale. Le orecchie mi ronzavano e mi fischiavano. Mi dovetti attaccare con le mani ai braccioli della poltrona tant’era la vertigine che provavo”
“Un altro colpo al suo rapporto esclusivo con la signora Dickinson…” disse serio Munro. “Non parli capitano, per favore … non può capire niente di questa cosa … continui ad
occuparsi dei fatti, delle prove … lasci stare le faccende dell’anima …” Munro cominciava a sentirsi offeso dal modo di fare di lady Muriel ma si sforzò di non
proferire parola: voleva che lei continuasse nel suo racconto. Taylor restava silenzioso, quasi con una certa tristezza, a osservare Muriel.
“Pensi, capitano, che bel terzetto di donne che eravamo: io avevo avuto un padre assente e sono rimasta orfana molto presto; Rebecca ha perso i genitori che era ancora molto giovane; Charlotte non aveva mai avuto un padre. Io ero separata; Rebecca non aveva un marito. Rapporti problematici con la metà maschile del mondo, vero? Le premesse non sembravano essere un buon viatico per Charlotte! Avremmo potuto essere una bella famiglia tutta al femminile. Charlotte mi chiama ‘zia Mury’, lo sa? … e a un certo momento, ecco che spunta un padre: e chi è? Nientemeno che mio fratello Ronald: ‘Ronald il dominante’. La ‘zia Mury’, una zia per scherzo, diventava zia per davvero!”
“Una nuova doppia reazione, signora Murray, una reazione contrastante nei confronti di Charlotte?” azzardò coraggiosamente Munro.
“Questa volta capitano ci ha quasi azzeccato, ma non credo che abbia capito: è stato solo fortunato”
Sospiro spazientito di Munro. “Avrei potuto essere contenta per Charlotte che aveva trovato un padre, ma sapevo per
certo che Charlotte non sarebbe stata per niente contenta. Se un tuo vicino di casa, un amico di famiglia, quando hai diciotto anni salta su e ti dice: ‘sai una cosa Charlotte? Sono io tuo padre!’: beh, non credo che la cosa ti faccia molto piacere. A me, la prima cosa che mi sarebbe venuta in mente da dirgli sarebbe stata: ‘Ah! Bello stronzo che sei!’.
“Nei confronti di Rebecca ebbi, come al solito, una doppia reazione. Ero contenta per lei perché finalmente poteva regolarizzare una situazione che, per altro, aveva fronteggiato più che egregiamente per tanto tempo. Due cose però mi dispiacquero. La prima è che si fosse servita del nostro antico patto per mettermi al corrente di una cosa che non poteva più tenere nascosta: per me è stato quasi un secondo tradimento di quell’antico patto. La seconda è che Rebecca, ingenua com’è, aveva quasi certamente interpretato le intenzioni di Ronald nel modo sbagliato”
“Che cosa intendete dire? Il riconoscimento legale avrebbe portato dei vantaggi a Charlotte”
“Rebecca ha certamente pensato che Ronald, dopo tanti anni di assenza, avesse finalmente ceduto, con l’età e con l’avvicinarsi del momento delle decisioni importanti, all’idea di comportarsi da padre. Recuperare il tempo perduto? Recuperare un rapporto padre-‐figlia? Recuperare l’idea di una famiglia normale? Povera illusa, Rebecca, se ha pensato davvero così! Si vede che non conosceva Ronald abbastanza bene! Ronald non è mai stato uno che da: è sempre stato uno che prende. E se vuole prendere qualcosa, usa ogni mezzo. Lo ruba o lo compra. Ronald sapeva che Charlotte era sua figlia. Ma su Charlotte non c’era la sua impronta
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evidente. Solo lui e Rebecca sapevano come stavano le cose. Una volta che lui e Rebecca non ci fossero stati più, con loro sarebbe sparita ogni memoria di un legame tra lui e Charlotte.
“Che cosa succede a Ronald? Ramsay gli sta combinando qualche scherzetto? Si prospetta l’ipotesi di dover sparire in fretta? Di dover abbandonare Menstrie per lidi più sicuri? Allora non si può rimandare: bisogna riaffermare il proprio dominio sul territorio, bisogna apporre il proprio marchio di fabbrica anche su Charlotte. Il vecchio babbuino dominante, tira fuori le unghie e riafferma il proprio dominio: ‘Donna vieni qui: ricordati che quel cucciolo mi appartiene!’ Questo, costi quel che costi: tanto più che il costo, quello economico, lo paghiamo Bertrand ed io. Lo sa, signor capitano, che il figlio eredita i due terzi del patrimonio del padre? Con una sola parola, Ronald ha rivendicato la sua progenitura e ha privato me e Bertrand di un bel pezzo del patrimonio.”
“Questo si che è un bel movente, non crede signora Murray?” “Certo che è un bel movente signor capitano! Se Rebecca avesse avuto sentore che
Ramsey stava tramando per impossessarsi del denaro di Ronald, allora la morte di Ronald, con il congelamento immediato del patrimonio, sarebbe stata una cosa decisamente vantaggiosa. Con la morte di Ronald, il patrimonio, e la fetta che avrebbe ereditato Charlotte, si sarebbe conservato inalterato, al riparo dagli attacchi da parte di Ramsey, e Charlotte sarebbe venuta in immediatamente venuta in possesso dei due terzi dell’eredità di mio fratello. In parole povere, Rebecca aveva l’interesse e l’opportunità – è così che dite voi poliziotti, vero? – di uccidere Ronald”
Sguardo significativo tra Munro e Taylor. “Il suo avvocato apprezzerà moltissimo i suoi sforzi per proporre sempre nuovi, per
quanto arditi, scenari. Vogliamo tornare a Charlotte?” “Capitano, si ricorda quando a scuola ci hanno insegnato l’esperimento di Galileo con il
piano inclinato? Si ricorda le conclusioni? Era qualcosa come ‘un corpo, inizialmente fermo, lasciato cadere su un piano inclinato scivola lungo il piano con moto uniformemente accelerato’. Una volta avviata, la tragedia, come dicevamo prima, non può più essere fermata se non, eventualmente, come avveniva nella tragedia greca, da interventi superumani. Ma qui non siamo nella tragedia greca: qui e adesso non ci sono interventi superumani.
“La storia di Charlotte è fin troppo banale, signor capitano. È una storia banale, che si adatta perfettamente ai vostri canoni ipersemplici: ‘chi, come, perché’.
“Chi? La zia Mury. “Come? Facendo in modo che Charlotte si distraesse un attimo e versandogli un mezzo
bicchiere di antigelo nella sua acqua tonica. “Perché? Perché, a quel punto della vicenda, era avvenuto tutto quel che doveva avvenire
nel modo drammaturgicamente più prevedibile: Charlotte, senza alcun merito personale se non quello esistere, si sarebbe accaparrata due terzi degli averi di Ronald, sottraendone un terzo a me e un terzo a Bertrand. Bertrand vive su un suo pianeta; io, al contrario, vivo su questo pianeta e mi seccava molto dover regalare il mio terzo alla nipotina!”
“Nessun rimorso signora Murray?” “Di nuovo la domanda sbagliata, signor capitano! Rimorso? Certo! Nei confronti di
Charlotte e molto, ma molto di più, nei confronti di Rebecca! Ma la questione non è: rimorso o non rimorso. Ho semplicemente compiuto quel che doveva essere compiuto! Ma le cose non sono andate come era previsto che andassero.
“È come se, questa volta, fossero davvero intervenuti poteri superumani e comincio a pensare che sia andata proprio così. Charlotte non doveva avere un incidente. Non doveva avere nessun incidente. Doveva tornare a casa. Doveva sentirsi male a casa sua, magari nella sua stanza. Rebecca avrebbe dovuto chiamare un medico e, più tardi, Charlotte avrebbe dovuto essere portata in ospedale dove avrebbe dovuto arrivare troppo tardi per ogni diagnosi e per ogni cura. Invece guardi un po’ che cosa è andato a succedere: ha avuto un lieve
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incidente. Se almeno l’incidente fosse stato grave! E invece, no: ha avuto un incidente lieve; è arrivata in ospedale troppo in anticipo rispetto ai piani. Non solo: è anche incappata in una dottoressa ‘troppo’ competente. E adesso è lì, nel suo letto d’ospedale, che si sta riprendendo. È il suo essere viva che mi accusa! Ma come vede, capitano, e anche lei tenente che mi parlava di libertà e di responsabilità, io non mi sottraggo a questa responsabilità” Mercoledì 27 Ottobre. Bridge of Allan: Bar di fronte alla Stazione di polizia. Ore 8.20 circa
Taylor aveva trascorso una notte inquieta. Quell’interrogatorio era tornato più volte nei suoi sogni. Quella Muriel la sapeva lunga: li aveva tenuti sempre inchiodati alle corde. Aveva ragione lei: avevano in mano pochi elementi per accusarla dell’uccisione del fratello.
Si era alzato molto presto. Si era fatto un bel caffè e poi era andato a fare una bella corsa nelle strade ancora quasi deserte, alle primissime luci dell’alba. Il desiderio era di espellere dal corpo, assieme al sudore e al fiato, quella spiacevole sensazione che gli era rimasta appiccicata dentro, dopo l’interrogatorio del pomeriggio precedente.
Corse per una quarantina di minuti: otto chilometri, più o meno. Rientrò in casa: la corsa gli aveva fatto bene anche se quel dannato malessere non era stato espulso del tutto: aveva lasciato delle tracce nel suo umore e una certa eco nei suoi pensieri.
Si era bevuto un altro bel caffè. Poi, in successione: stretching, denti, barba, e doccia. Quindi era uscito. Arrivò al bar prima delle otto. Aveva appuntamento con Chris verso le otto e un quarto. Ordinò un caffè. Si sedette a un tavolo e si mise a scorrere i titoli del Chronicle.
Si parlava dell’arresto di Muriel Murray. Si parlava dello strano incidente occorso a Charlotte e del fatto che l’incidente fosse stato causato da un avvelenamento non accidentale. Si prospettava che tra le due cose potesse esserci un nesso. Si prospettava l’ipotesi che Muriel Murray potesse essere l’autrice sia dell’attentato alla vita di Charlotte Dickinson che dell’uccisione del fratello, visto che in entrambi i casi sembrava essere stato usato un veleno. Il giornale precisava che ‘Il movente di queste azioni resta oscuro’.
Per quanto riguarda la morte di Ramsey, il Chronicle precisava che questa era stata causata da fatti, estranei all’uccisione di sir Murray, che avevano esasperato la povera Katty Hammerton, cuoca di casa Murray. L’omicidio di Ramsay, avvenuto in un momento di rabbia inestinguibile, non aveva estinto il dolore della povera donna, anzi l’aveva esasperato tanto che, subito dopo la confessione, era stata colpita da infarto: di crepacuore … diceva il Chronicle.
“Beh, ma allora c’è una talpa in polizia!” pensò Taylor sogghignando fra sé e sé. “Ciao Taylor…” Christina era apparsa alle sue spalle. Portava un vassoio con due caffè americani e due
paste. “Cerchi qualcosa di particolare sul giornale?” “Ciao Chris… oh… grazie! Appoggia qui, ti faccio posto. Leggevo di Muriel… sono molto
informati al Chronicle, sai ?” Christina sorrideva con l’aria di volersi discolpare. “Ieri sera Munro mi ha dato i compiti per casa. Mi ha raccontato dell’interrogatorio e mi
ha detto che cosa dire, e che cosa non dire, ad Annie, la mia amica del Chronicle. Così sono andata da lei e le ho dato alcune dritte … hai letto l’articolo? … dicono qualcosa che non avrebbero dovuto?”
“No. Niente di compromettente. Va tutto bene. Mi sorprendevo un po’ di quanto fossero bene informati … ma se la talpa siete tu e Munro … almeno questa volta Munro non si arrabbierà …”
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“Gli sembrava di avere un debito con McGregor e con la mia amica… Allora: che ne dici di Muriel?”
“Una donna all’altezza della sua famiglia: intelligente, cinica, assolutamente egoista, amorale… non sai dire se sei più respinto o più attratto dalle sue cattive virtù…”
Taylor aveva fatto a pezzettini la pasta e aveva disposto i pezzettini a formare un cerchio dentro il piattino: “Sai a che cosa sto pensando, Chris?”
“Stai giocando con la tua colazione, non hai fame questa mattina?” “Stavo pensando che ci avviamo a chiudere questo caso ma di verità n’è venuta fuori
poca. Non abbiamo capito quasi nulla. Guarda qua! Cosa mi dici? Questi pezzettini di pane sono tutti uguali perché sono tutti pezzettini di pane, oppure sono tutti diversi perché sono distinti e individualmente distinguibili uno dall’altro?”
“Sai una cosa Taylor? Se fossi stata io a farti questa domanda, mi avresti detto che non si può rispondere perché la domanda è sbagliata: non si possono confondere gli individui con la categoria cui appartengono. La categoria è una: puoi dividerlo all’infinito il tuo pezzettino di pane, rimane sempre pane. Ma ogni briciola è una briciola diversa dall’altra! Che cosa vorresti dire con questa saporita metafora?”
“Risposta esatta! Brava, Chris! Però c’è la tendenza a farlo spesso, purtroppo, questo genere di errore! Nello specifico, io mi incolpo in modo particolare di aver guardato a tutti i potenziali sospetti nello stesso modo: categoria ‘sospetti’.
“In quanto sospetti (categoria), sono tutti uguali, i sospetti; ma sono anche tutti diversi, i sospetti, in quanto singoli individui. Non ho sufficientemente vagliato, forse non ne ho avuto il tempo, le singole persone. Ho cercato di non giudicarle senza avere prima imparato a conoscerle. Forse l’inchiesta è stata veloce; forse si sono intrecciati troppi avvenimenti in troppo poco tempo. Non ho fatto in tempo a conoscere le persone e, non conoscendo le persone, non sono riuscito a entrare nel loro mondo: nel mondo come lo vedono i loro occhi e come lo sente il loro cuore. Il loro cuore era importante e non sono riuscito a coglierlo. Nel nostro lavoro è importante cogliere il cuore delle persone. È dal cuore che partono le passioni ed è per il cervello che passano i pensieri che sono influenzati dalle passioni del cuore. Il movente matura nel cuore, mentre il ‘come’ matura nel cervello. Non possiamo limitarci a capire uno solo dei due: dobbiamo capirli tutti e due. Questa volta ho fallito sul versante del cuore: l’ho sottovalutato”
Taylor mangiucchiava svogliatamente alcuni pezzettini della sua pasta ridotta in briciole. Christina non si sentiva di commentare queste considerazioni. Lei aveva sentito dolore quando aveva visto Ramsey steso a terra con il torace squarciato. Aveva sentito empatia quando aveva parlato con Rebecca Dickerson. Anche lei però aveva dato la precedenza al ragionamento, alle deduzioni: è questo che ti insegnano alla scuola per detective. Alla scuola di investigazione criminale ti insegnano a guardare con attenzione ai fatti, alla vittima, alla scena del crimine, ai particolari. Ti insegnano a interrogare testimoni e sospetti; ti insegnano a non contaminare il campo, a raccogliere le prove, a raccogliere informazioni ambientali, sociali, economiche…
“A scuola non ci hanno detto gran che su questa questione del cuore, ma credo che tu abbia ragione, Taylor”
“Chris, confido in te, nelle tue capacità di leggere nel cuore delle persone. Nella formulazione delle nostre ipotesi non dobbiamo mai perdere di vista il cuore delle persone. Nel caso Murray lo abbiamo un po’ trascurato questo aspetto. Abbiamo seguito gli indizi più ovvi; ci siamo accontentati di seguire i percorsi investigativi più collaudati, di seguire i ragionamenti più semplici. Ci siamo lasciati trascinare dall’incalzare degli aspetti più prosaici che a mano a mano venivano a galla, ma abbiamo dato poco peso alle ragioni dell’anima. L’interrogatorio di Muriel me ne ha ricordato l’importanza….
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“Adesso però dobbiamo andare in ufficio: dobbiamo trarre le conclusioni del lavoro fatto. Visto che le prove che abbiamo in mano sono ben poca cosa, vediamo se gli aspetti psicologici ci danno una mano. Munro si aspetta a breve che gli forniamo gli elementi di incriminazione da trasmettere al pubblico ministero”
“Ci vorrebbe un mentalist, un profiler …” “Cara la mia Chris, qui siamo a Bridge of Allan, contea di Stirling: non siamo all’FBI.
Togliti dalla testa queste idee da telefilm americano! Finiamo il caffè e andiamo al lavoro. Forza, march!”
“March??... è la seconda volta, porca di quella miseria Taylor, che mi dici ‘march’! La prossima volta… ti cavo gli occhi… ecco cosa faccio!” Questo, però, Christina lo stava solo pensando.... Quello che in realtà disse fu un semplice: “Ok, Taylor! Andiamo” Le ipotesi. Parte prima: Katty, Muriel & Ramsey
Taylor e Christina erano seduti fianco a fianco alla scrivania di Taylor. Normalmente, la scrivania di Taylor era completamente sommersa da una quantità straripante di carte: era un caos apparente, costituito da svariati strati di documenti che coprivano ogni centimetro quadrato della superficie della scrivania. Era un caos apparente perché Taylor era in grado di trovare quasi istantaneamente qualsiasi cosa cercasse sulla sua scrivania. Per far lavorare Christina al suo fianco Taylor aveva ammonticchiato varie pile di carte sul lato corto della scrivania alla sua destra. Di fronte a loro, due cartelline con la scritta: ‘EVIDENZE’. Lo stampatello maiuscolo dell’intestazione sembrava voler rafforzare l’importanza del contenuto. Le cartelline contenevano le copie dei referti e dei riscontri relativi al caso.
Christina prese un block notes e una penna: “Prepariamo uno schema riassuntivo. Un elenco delle vittime e dei i principali dati sull’atto criminoso: esito, causa, ora del delitto, eccetera”
“Bene” approvò Taylor. “Dobbiamo aggiungere il nome del sospettato, le prove e i riscontri oggettivi, altri elementi a carico o a discarico, e una nostra valutazione – una specie di punteggio – sulla probabilità che il sospettato sia davvero il responsabile dell’atto criminoso”
“Ok, Taylor: cominciamo. Io comincerei con Ramsey, dove abbiamo una confessione” “Tu che cosa dici, Chris: ti sembra che possiamo considerare valida e attendibile a tutti
gli effetti la confessione di Katty? Intendo dire dal punto di vista della ragione, del cuore, del modus operandi, delle evidenze… e dei motivi scatenanti?”
“Direi di si: al di là di ogni ragionevole dubbio” “Bene! Allora siamo pronti a concludere il primo schema”
Schema n° 1 Vittima: ……. James Ramsey (alias Adam Ripplecourt), ucciso con due colpi di fucile a
Menstrie, tenuta di sir Murray, sabato 23 ottobre 2010, alle ore 7 circa Movente: …… Rapporto sessuale continuato su minore (nipote di Katherine Hammerton)
ridotta in stato di prostituzione Altro:………… Osservanza cristiana annichilita dalla indignazione per l’oltraggiosità del
comportamento di Ramsay Colpevole: … Katherine Hammerton (Katty) Evidenze: …. Confessione; Residui polvere da sparo; Impronte fuciliera Probabilità:... Da 1 a 10: 10 (Certezza)
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“Bene Chris. Proseguiamo con le cose facili. Secondo te Muriel è credibile quando afferma di avere avvelenato Charlotte?” “Anche per lei abbiamo una confessione spontanea sia sul modus operandi che sul
movente. Inoltre, la sequenza dei fatti: tennis-‐sosta al bar-‐incidente, è perfettamente coerente e ci sono parecchi testimoni. Movente, opportunità e confessione: non manca niente”
“Questo per quanto riguarda la ragione. E per quanto riguarda il cuore?” “Non ci sono dubbi nemmeno da questo punto di vista. Muriel mi sembra soffrire di una
certa dissociazione affettiva oltre a essere quasi del tutto amorale” “Sarebbe a dire?” “Muriel è una persona colta, educata, sa stare perfettamente in società, è abituata a
comportarsi secondo le regole. Sa perfettamente che cosa è bene, che cosa è male, che cosa è buona educazione, che cosa non lo è. Conosce perfettamente le regole ma non esita a trasgredirle se questo le arreca un vantaggio. Intendimi bene, Taylor! Questa non è una sua caratteristica totalizzante: non è così, sempre. Diventa così quando la situazione, dal suo punto di vista esasperatamente shakespeariano, le detta comportamenti antisociali.
“Il comportamento di Muriel è la dimostrazione lampante del detto che ogni presente affonda le radici nel proprio passato. Nella sua mente si sente una predestinata alla sofferenza ma credo che in fondo abbia davvero sofferto fin da bambina. A un certo punto l’equilibrio si è rotto: tutto è precipitato come nelle tragedie di Shakespeare. Ha fatto quello che lei si aspettava che sé stessa, secondo il copione della tragedia. Ha trascurato le regole sociali, ha trasgredito, ha chiuso gli occhi nei confronti dell’imperativo etico. Ha fatto quello che c’era da fare: Charlotte andava eliminata.
“Quando parlo di dissociazione affettiva mi riferisco al fatto, che lei stessa ammette, di essere contemporaneamente contenta e dispiaciuta per la medesima cosa. Questo le accade nei confronti di Rebecca, di Charlotte, e immagino anche nei confronti di suo fratello Ronald”
“Quindi possiamo riempire lo schema di Charlotte?” “Certo” “Anch’io avrei un paio di cosette da dire su Muriel e sul suo mondo interiore, ma credo
che avremo occasione di parlare di nuovo di Muriel tra poco” Schema n° 2 Vittima: ……. Charlotte Dickinson: tentato omicidio mediante avvelenamento con glicole
etilenico somministrato, domenica 24 ottobre, alle ore 18 circa al Tennis Club di Stirling
Movente: …… Eredità di sir Murray (due terzi dell’intero patrimonio) Altro:………… No Colpevole: … Muriel Murray Evidenze: …. Confessione; congruità temporale (unica persona con Charlotte al bar del Tennis
Club); Non evidenze oggettive Probabilità:... Da 1 a 10: 10 (Certezza)
“Altri ripensamenti, Chris? “No, Taylor. Anzi… mi domando solo se … se Muriel dovesse ritrattare davanti al
Pubblico Ministero o al processo … con i soli indizi che abbiamo … con i nostri ragionamenti di psicologia spicciola … senza prove oggettive…”
“Condivido tutti i tuoi dubbi e la tua apprensione. Abbiamo fatto tutto il possibile? Si. Abbiamo raccolto tutto ciò che era possibile raccogliere? Si. Abbiamo trascurato qualcosa? Credo di no. Abbiamo la coscienza a posto con il nostro operato? Abbastanza, direi. Siamo convinti che Muriel abbia tentato di uccidere Charlotte avvelenandola con il glicole etilenico? Si. Vorremmo che i giudici la giudicassero colpevole e che la trattenessero nelle patrie galere
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per il tempo più lungo possibile? Si. Basta. Il nostro dovere è questo: mettere in campo tutto il nostro sapere, tutta la nostra professionalità, tutte le evidenze che riusciamo a raccogliere e, alla fine, proporre una ricostruzione aderente ai fatti, per quanto anche solo indiziaria. Dopo di che, sarà il Pubblico Ministero decidere il da farsi e saranno i giudici a esprimersi sulla colpevolezza e sulla pena. Il sistema è fatto così e, ti dirò cara Chris, sono molto contento di non dovere essere io a giudicare sulla colpa e sulla pena.
“In ogni caso, stai tranquilla Chris: anche se Muriel dovesse ritrattare in fase di dibattimento, indizi, riscontri e dinamica dei fatti inchioderanno la zietta alle sue responsabilità nei confronti di Charlotte. Andiamo avanti adesso, perché ora viene il difficile”
“Già, adesso dobbiamo affrontare la cosa da cui tutto è partito. Ti ricordi Taylor quel martedì notte?”
“Un anziano signore trovato morto in poltrona. Beh, non sembrava proprio che potesse diventare un caso complicato! E adesso eccoci qui, alle battute finali: tre morti in tutto e ancora poche certezze”
“Le evidenze, i riscontri, le prove, i fatti: sono tutti qui davanti a noi, in queste cartelette. Ogni pezzo di carta, un fatto. Il nostro compito: dare vita a questi pezzi di carta, dare un senso a questi fatti.
“Ha ragione Muriel! Le ricostruzioni possibili sono quasi infinite. Per afferrare la soluzione giusta bisogna individuare i condizionamenti della psiche e bisogna attribuirgli il giusto peso nella dinamica degli eventi. Come facciamo però a immaginare quelli giusti e, soprattutto, come facciamo ad attribuirgli il giusto peso se queste sono cose che più astratte e inconsistenti non possono essere?”
“Per farlo nel modo migliore, Chris, conto molto sul tuo intuito. Credo che fondamentalmente ci siano due aspetti da considerare nelle azioni umane: lo stato di necessità e i cosiddetti meccanismi premianti. Molto spesso le azioni dell’uomo sono condizionate dallo stato di necessità: vero o presunto che sia, come abbiamo visto nel caso di Muriel.
“Lo stato di necessità è una condizione che si è venuta a formare attraverso un particolare processo storico: una successione di eventi che ti condizionano e restringono le tue possibilità di risposta costringendoti ad agire in un certo modo: quasi tu non possa fare altrimenti. È un distorto senso dello stato di necessità che sembra guidare il comportamento di Muriel, tanto da farle sembrare inevitabile quello che fa. Una certa quota di stato di necessità, per quanto distorto, lo si può ravvisare anche nell’uccisione di Ramsay da parte di Katty.
“Senza lo stato di necessità, è difficile che l’uomo si comporti in maniera tanto antisociale da arrivare a commettere un omicidio. Quanto ai meccanismi premianti …”
“Questa è materia mia, Taylor: te la faccio io la lezioncina! Sai che cos’è stato a darmi la spinta definitiva ad iscrivermi al corso di criminologia che mi ha portato ad essere qui e adesso con te a discutere di questo caso? È stato l’aver frequentato il corso di psicologia forense! Lì ho imparato molte cose e mi sono sentita fortemente motivata a intraprendere questo tipo di lavoro. È stato lì che ho imparato come i fatti della vita influenzano il cervello e come il cervello, a sua volta, influenza i fatti della vita. È stato soprattutto nelle lezioni sulle tossicodipendenze che ci hanno parlato di queste cose: il circuito della ricompensa e le sostanze chimiche del nostro cervello, come la dopamina, che governano questi circuiti.
“Il ruolo delle necessità primarie – fame, sete, sesso – la cui soddisfazione è associata a questa chimica del cervello. E come altri aspetti come le cure parentali, gli stati affettivi, lo stato sociale, ovvero lo stato di dominanza o di sudditanza nei confronti dei propri simili, siano tutti elementi in cui il meccanismo della ricompensa gioca un ruolo essenziale nel determinare le nostre scelte e gli atti conseguenti.
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“È qui che si gioca gran parte della partita dei condizionamenti. Questi meccanismi possono essere così forti da rappresentare, come dicevi tu prima a proposito dei condizionamenti esterni, uno stato di necessità interno. Ma tu tutto questo già lo sai, vero Taylor?”
“Per sentito dire, Chris. Ora cerchiamo di passare dalle parole ai fatti. Cerchiamo un assassino. Consideriamo Ramsey: non come la vittima di Katty, ma come il potenziale assassino di Murray. Durante quasi tutta l’inchiesta, ho spesso espresso i miei dubbi sulla sua possibile colpevolezza. Potrei però essermi sbagliato di grosso ma mi sono già rammaricato della mia miopia”
“Consideriamo il rapporto Murray-‐Ramsay. Con il passare dei giorni mi sono convinta che la figura di Ramsey come maggiordomo-‐segretario fosse una rappresentazione menzognera, anzi falsificatoria, dei reali rapporti di forza tra i due personaggi. In una coppia costituita da un signore di campagna e dal suo maggiordomo, noi ci rappresentiamo che il personaggio dominante, quello dotato del più elevato valore contrattuale, sia il signore di campagna. Credo che questa rappresentazione sia stata artatamente progettata da Ramsey e che, tra i due, il personaggio dominante in realtà fosse proprio Ramsey”
“La tua ipotesi, Chris, è così contraria alle evidenze che, proprio per questo, mi sento molto ben disposto a prenderla in seria considerazione. Su che cosa basi la tua sensazione?”
“Ripensa a tutta la storia, Taylor. I due si incontrano per la prima volta nel 1967. Uno accompagnava il ricco papà, l’altro faceva già parte dell’entourage della sicurezza di un dittatore centroafricano. Secondo te, in quel momento, chi dei due è il più duro? La storia continua. Da una parte c’è sir Murray: un mediatore. Uno che intrattiene rapporti ad alto livello di potere: ministri, sottosegretari, diplomatici, banchieri. Dall’altra c’è Ramsey: un soldato mercenario; un ufficiale; uno che si mette d’accordo con dittatori sanguinari; che combatte e uccide in prima persona; che organizza ed esegue, con tutto quel che ne deriva, incursioni nei villaggi. Uno che rapisce bambini e ne fa dei bambini soldato da vendere al maggior offerente. Chi dei due, secondo te, è il più duro? Andiamo avanti: c’è uno che fa affari molto molto sporchi, con guerre molto molto sporche, con personaggi molto molto sporchi. Guadagna soldi molto molto sporchi, e non sempre viene pagato in danaro contante: di volta in volta il compenso può essere costituito da lingotti di metallo prezioso, diamanti grezzi, tanzanite, partite di droga, o che so altro. Dall’altra parte c’è un mediatore d’affari: uno che tiene contatti con affaristi senza scrupoli ed è molto abile a fare girare i soldi, a ripulirli. Da una parte abbiamo Murray: uno che ha contatti con il male, diciamo così, virtuale; uno sulle cui mani non si trova né sangue né polvere da sparo. Dall’altra parte abbiamo Ramsey: uno che il male, quello reale, lo pratica in prima persona. Allora, chi dei due, secondo te è più duro? Chi dei due è il produttore di ricchezza? Se questo è il quadro generale, è Ramsey quello che ha in mano gli affari: Murray è un ottimo partner, ma non è lui a dirigere la musica”
“Un quadro convincente, Chris. Quindi, secondo te, quando Ramsey decide di lasciare, metaforicamente e concretamente, il campo di battaglia, si accorda con Murray per una sorta di rappresentazione teatrale: il vecchio sir si ritira a vita privata e si porta dietro un servizievole compagno che gli fa da segretario e da maggiordomo”
“Già. Murray mantiene i contatti con le banche, con i prelati, con le mafie del caso per continuare a gestire gli affari di Ramsey. Murray funge anche da promotore finanziario: si fa dare soldi da parenti e amici e lo passa a Ramsey che lo ‘investe’ a modo suo, immagino nelle guerre e nei contrabbandi che sono il suo mondo da sempre. Murray recita alla perfezione la parte del grande finanziere. Per i suoi amici, per i suoi parenti, per i suoi concittadini é un abile finanziere. Ramsey recita, forse un po’ meno bene, la parte del segretario, ma è lui la mente pensante, l’uomo d’azione, l’anello forte della coppia”
“Scusa Chris, perché dici che Ramsey recita un po’ meno bene?”
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“Ti ricordi che quando abbiamo interrogato la servitù, qualcuno aveva parlato di una certa insofferenza di Ramsey nell’occuparsi di certe faccende. Se non sbaglio la vecchia cameriera, Chlotilde Cameron, aveva detto qualcosa del genere riferendosi all’epoca in cui Ramsey aveva ‘preso servizio’ come maggiordomo: ‘Si vedeva che non era molto a suo agio nel ruolo di maggiordomo; non ne aveva le capacità…’. Anche Katty aveva detto qualcosa di simile: ‘Era evidente che il suo vero lavoro era lavorare con sir Murray e che il ruolo di maggiordomo non gli stava bene’. Queste notazioni, allora, non avevano avuto nessun significato particolare per me: non mi si è accesa nessuna lampadina in testa. Ma ora, alla luce di questa nuova interpretazione, le stesse notazioni suonano quasi come indizi di un certo peso.
“Dico che recitava meno bene perché agli occhi della servitù la sua parte era sembrata un po’ fasulla”
“Impressionante. Brava Chris! Sei così brava che ti abbraccerei” Fugace vampata purpurea tra collo e orecchie di Christina. Taylor continuò con una
certa eccitazione “Sai cosa ti dico, Chris? Qui si ribalta tutto! C’è davvero la possibilità che si debba
cambiare la prospettiva. Abbiamo sempre creduto all’unica versione, quella di Murray, che ci è stata raccontata da Muriel, da Bertrand e anche da Rebecca: ovvero che Ramsey stesse cercando di derubare Murray. Adesso mi si prospetta in mente l’ipotesi che fosse invece Murray che stesse cercando di derubare Ramsey. Eccitante! Ma perché non ci abbiamo pensato prima?”
“Non è detto, Taylor, che questa nuova interpretazione sia la rappresentazione corretta dei fatti. Ad ogni modo non ci è venuta in mente prima perché seguivamo una rappresentazione più logica dei fatti che teneva conto di un contesto e di ruoli diversi da quelli che abbiamo immaginato adesso. In ogni caso, può anche essere che Ramsey avesse incamerato soldi che non gli appartenevano; che avesse contravvenuto a patti, o che altro. È possibile che Muriel o Bertrand avessero chiesto ragguagli più precisi al fratello, oppure che avessero chiesto la restituzione di una parte del capitale: Murray si è trovato in difficoltà. I dettagli di queste cose credo che potranno essere ricostruiti molto più in là, quando saranno disponibili i dettagli delle varie transazioni. Ci vorranno molti mesi, temo. Se ne discuterà al processo”
“Non so se si discuterà mai di questi dettagli, Chris: per noi potrebbero elementi fondamentali. Non è che si può mandare sotto processo Ramsey per avere ucciso Murray o Murray per aver derubato Ramsey. Sono ormai entrambi fuori da ogni giurisdizione giudiziaria…”
Taylor rimase un attimo meditabondo poi alzò verso Christina uno sguardo interrogativo.
“Quindi potrebbe anche essere che la denuncia di Wellington Road non fosse una controffensiva nei confronti di un Ramsey che stava mettendo le dita nella marmellata di Murray, ma potrebbe essere stata una strategia offensiva di Murray per allontanare Ramsey dal posto di manovra e avere maggiori probabilità di accedere ai quattrini! Sostanzialmente i fatti rimarrebbero quelli che sono ma cambierebbero le premesse dei fatti e, quindi, anche la loro interpretazione”
“Temo proprio che l’uso dei bambini come oggetto sessuale sia una consuetudine in certi posti e in certe situazioni. Ramsey può aver preso l’abitudine laggiù, in Africa, e se l’è portata dietro fin qui. Purtroppo, anche qui da noi, ahimé, l’abitudine sembra essere diffusa. Per Murray non doveva essere difficile sapere certe cose di Ramsay. Si, Taylor: concordo con l’ipotesi che l’affare di Wellington Road potrebbe anche essere stata una mossa offensiva di Murray”
“Forse Ramsey ha avuto sentore anche di questo e ha messo in atto l’avvelenamento… Quindi questo Ramsey potrebbe proprio avermi imbrogliato. Lo dicevo a Munro l’altro giorno:
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Ramsay potrebbe averci convinto che Murray era stato assassinato giusto per bloccare testamenti e cose del genere e avere il tempo di mettere le mani su più quattrini possibile… Se le cose stanno davvero così, questo Ramsey, o questo Adam Ripplecourt per chiamarlo col suo vero nome, era di una scaltrezza e di un sangue freddo inquietanti… ”
“Taylor, da uno che ha fatto il mercenario in Africa per vent’anni non mi aspetterei molto meno di così …”
“Ok, Chris. Credo che abbiamo chiarito molto meglio i rapporti tra i due, grazie alla tua intuizione. Mi sembra una ricostruzione convincente: coerente con i fatti.
“Se consideriamo Ramsey un indiziato sufficientemente motivato all’omicidio di Murray, allora abbiamo due scenari: il primo, quello di un estremo atto difensivo nei confronti di un Murray che tentava di impadronirsi del malloppo, mettendo anche in atto denuncie anonime. Il secondo, quello di un’azione offensiva diretta a mettere le mani sulla parte del patrimonio che Murray aveva portato alla comune gestione finanziaria. Entrambi i moventi sono più che plausibili. A Ramsey non mancava certo l’occasione per portare a buon fine l’avvelenamento: purtroppo non ci sono i riscontri oggettivi ad avvalorare questa ipotesi. Bene, con questi elementi possiamo anche compilare un altro schemino” Schema n° 3 Vittima: ……. Sir Ronald Murray, ucciso mediante somministrazione di Difenacoum: veleno
per topi; avvelenamento avvenuto nel periodo 14-‐16 ottobre; decesso tra le ore 22.00 di Martedì 19 e le 1.00 di Mercoledì 20 Ottobre 2010
Movente: …… a) Difesa e contrattacco nei confronti di sir Murray che tentava di screditarlo (Wellington Road); tentativo di impadronirsi dell’intero capitale b) Impadronirsi della parte di patrimonio portata da Murray nella gestione comune
Altro:………… Blocco della successione per il tempo necessario a trafugare il malloppo Colpevole: … James Ramsey Evidenze: …. a) Denuncia sui fatti di Wellington Road (ref. movente a) b) Nessun riscontro (in attesa riscontri su movimenti bancari) (ref. movente b) c) Nessun riscontro sull’avvelenamento Probabilità:... Da 1 a 10: 8 (alta probabilità) Le ipotesi. Parte seconda: ancora Muriel
La discussione su Ramsey li aveva sfiniti. Christina e Taylor si erano presi una pausa. Andando nel cucinotto per prepararsi una tazza di te passarono davanti alla porta
aperta dell’ufficio di Munro. Teylor bussò e mise dentro la testa. “Capo, per questa sera, massimo domani, riusciamo a darti uno schema delle nostre
conclusioni” “Non vedo l’ora” fu la risposta, ma Taylor era già ben oltre l’ufficio di Munro,
all’inseguimento di Christina. “Non invidio gli strizzacervelli che hanno a che fare tutto il santo giorno con problemi
psicologici… Mi sembra un lavoro così faticoso … ti devi immedesimare … devi entrare e uscire da diversi modi di pensare… Tu invece mi sembri abbastanza predisposta all’analisi psicologica delle persone”
“E io credo che loro, gli strizzacervelli, non invidino noi…”
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La pausa era stata breve. Il te era stato troppo veloce. Il problema che li aspettava nell’altra stanza non era un problema da poco: si trattava di esplorare Muriel. Personalità complessa. ‘Amorale’ l’aveva definita Taylor.
“Muriel ci ha indicato, del tutto spontaneamente, una serie di motivi che possono aver preparato, nella sua psiche, il terreno favorevole a progettare e a mettere in atto l’uccisione di suo fratello. Anche se tra il progettare e il mettere in atto c’è una bella differenza… Tanti progettano, forse tutti progettano ma, per fortuna, poi sono pochi quelli che davvero cercano di mettere in atto…”
“Ci sono troppe tensioni bipolari in Muriel” Christina si interruppe e rimase pensosa per un bel po’. “Si, ci sono troppe tensioni bipolari… Hai presente, Taylor, che cosa dice George Orwell
in 1984: ‘Avere contemporaneamente due opinioni che si cancellano l’un l’altra, essendo consapevoli che sono contraddittorie e credere in entrambe e usare logica contro logica, ripudiare la moralità e invocarla al tempo stesso’. Parole che si adattano bene a Muriel!
“Ecco, è quasi un disturbo bipolare il suo, un oscillare tra due contrari in cerca di un impossibile denominatore comune… una soluzione al suo problema esistenziale cruciale… quello della solidità. Vedi come, da una parte, non ha voluto dirci niente di niente che la compromettesse nei confronti dell’uccisione di suo fratello. Ha fatto quasi a gara per trovare altri indiziati e altri moventi, quasi a voler inficiare fin da subito ogni possibile addebito avessimo voluto farle in merito… però, tutto questo affannarsi a trovare plausibili colpevoli alternativi a me è parso come un tentativo abbastanza palese, e non so fino a che punto involontario, di volersi attribuire la responsabilità dell’omicidio, mettendo però in mostra un doveroso velo difensivo. Come dire: ‘affermo che non sono stata io ma lo faccio in modo tale che tu capisca che sono stata io ma, nel contempo, non ti offro alcun mezzo per dimostrare che sono stata io’.
“È così che funziona, secondo me, con Muriel. È una doppia sfida: una sfida a sé stessa, per dimostrare la sua abilità a mettersi sia nei panni dell’innocente che in quelli del colpevole. Ed è una sfida a noi, che ci convinciamo che lei sia colpevole ma rimaniamo incapaci di poterlo dimostrare. Il rischio di questa doppia sfida, per Muriel, per la sua latente schizofrenia, è quella di confondere le due Muriel: è quella di perdersi tra i meandri contrastanti della sua doppiezza. Questa confusione potrebbe farle commettere qualche errore. Un errore che possa mettere in evidenza la sua effettiva colpevolezza oppure un errore che possa rendere evidente la sua non colpevolezza. In entrambi i casi Muriel si sentirebbe perdente: perdente come deve essersi sentita quasi sempre nell’arco della sua vita. Perdente, al limite della non esistenza, per un padre assente. Perdente, con dei fratelli troppo più grandi di lei. Perdente, con un marito i cui interessi navigavano troppo lontano da lei e dal suo mondo fatto di cose concrete. Perdente, con i figli che si sono allontanati da lei troppo precocemente. Perdente, con un’amica, l’unica, che non ha prestato fede ai vecchi patti: quelli più sentiti perché fatti da bambini, quando le emozioni e le promesse sono totalizzanti. Perdente, infine, perché, compulsivamente legata alle disponibilità economiche, si vede sottrarre una fetta importante di una possibile eredità da una mocciosa come Charlotte. Una perdente nata la nostra Muriel.
“Chi, più di un perdente nato, può gestire psicologicamente la propria rivalsa immaginando e mettendo in atto un piano criminoso? Un omicidio o, addirittura, una serie di due omicidi risarcitori? Si, Taylor, secondo me Muriel ha le stigmate psicologiche per essere un perfetto colpevole”
“Interessante il quadro che mi hai fatto sulle stigmate psicologiche del perfetto colpevole. Tu mi descrivi un abito psicologico di perdente in cerca di rivalsa. Un abito psicologico che si è venuto a determinare come conseguenza di una lunga serie di vicende spiacevoli che sono capitate a Muriel nel corso della sua vita. Ci vedo una certa passività nell’evolversi di questo abito psicologico: quasi ti fossi assuefatta all’idea della tragedia
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shakespeariana dove tutto è ineluttabile. Invece io vedo in Muriel anche una notevole componente creativa: artistica direi. Ti spiego meglio il mio pensiero.
“Muriel si esprime quasi sempre in forma ambigua. Con le sue affermazioni enigmatiche, gioca con noi a impersonare la Sibilla o la Sfinge. Gioca con l’essenzialità degli opposti: antitetici ma bilanciati nella loro verosimiglianza. Lancia segnali trasversali, buoni per qualunque ricostruzione. E noi siamo costretti a stare al suo gioco: la seguiamo, allo stesso tempo sollecitati e riluttanti, sul filo delle sue più o meno discordanti rivelazioni.
“È come se Muriel ci fornisse la possibilità di lanciare fugaci sguardi oltre il velo di Maya ma, ad ogni sguardo, la realtà che osserviamo assume aspetti diversi, svelandosi per quello che è: una realtà irreale, menzognera e falsa. Muriel è un’abile manipolatrice della realtà: in questo senso è un’artista perché porta a compimento l’ambiguità propria di una certa arte.
“L’ambiguità del sorriso della Gioconda di Leonardo è proverbiale. Nell’arte, la irrisolutezza è la capacità di non definire in modo univoco la situazione rappresentata o lo stato mentale dei soggetti ritratti ma di lasciare che l’osservatore, in base alle proprie esperienze e al proprio stato mentale, giunga alla sua propria interpretazione e che anche questa, in determinati casi, possa oscillare tra stati diversi. Molto tipici in questo senso, sono i disegni di Esher.
“Ambiguità e irrisolutezza sono elementi centrali in alcune delle opere d’arte: la Pietà Rondanini di Michelangelo, la Ragazza con l’Orecchino di Perla di Vermeer, il Tristano e Isotta di Wagner.
“La irrisolvibilità premeditata è una costituente della grande opera d’arte. Al servizio del male, la irrisolvibilità premeditata ha come scopo il delitto perfetto. Allora noi lavoriamo, in un certo senso, contro l’arte, o meglio: contro la componente ambigua dell’arte. L’arte però ha come scopo l’idealità, mentre l’idealità non è il nostro scopo. Il nostro è un lavoro tecnico, profano, concreto. Le nostre ambizioni sono inchiodate alla concretezza della realtà: all’odore acre del sangue per dirla fuor di metafora. L’arte la guardi e la assapori con la mente. Quello di cui ci occupiamo noi, invece, è la crudezza della realtà: quella cosa che, se ci sbatti contro troppo forte, puoi farti molto male”
Christina lo osservava con curiosità. “Forse mi sono lasciato prendere un po’ la mano dalle mie elucubrazioni. Forse è meglio
riprendere dalle tue osservazioni sulle stigmate psicologiche del perfetto colpevole. Allora, Chris, se le cose stanno come dici tu, per l’omicidio del fratello dobbiamo immaginare uno scenario aderente a quelli che pensiamo essere stati i fatti. Ascolta come la vedo io.
“Muriel viene spesso a trovare suo fratello. Non ha molto altro da fare. Il suo matrimonio è finito. I figli preferiscono starsene per i fatti loro. Il giro di amici e di parenti in quel di Perth è affettivamente marginale. La sua vera casa, il suo rifugio, è Menstrie. L’unico contatto umano che le resta è l’amica di infanzia Rebecca, per quanto anche questo rapporto non sia più perfetto e cristallino come Muriel avrebbe desiderato. Muriel frequenta la tenuta di Menstrie con assiduità. Si rende conto che suo fratello e Ramsey sono ai ferri corti. Muriel è una donna intelligente, molto intelligente: coglie i dettagli psicologici delle persone che le stanno intorno. Riesce a vedere abbastanza bene anche attraverso la cortina dei silenzi e delle manovre diversive che certamente sia Ronald che Ramsey (che continuiamo a chiamare così giusto per convenzione) avranno messo in atto per non rendere troppo evidente il dissidio. Muriel capisce chi è il personaggio forte della coppia Murray-‐Ramsey. Le è assolutamente chiaro che il vincitore della loro guerra si accaparrerà gran parte della fortuna. In questa situazione, le possibilità sono solo due. Se il vincitore della guerra sarà Ramsey, Murray e lei stessa, subiranno un tracollo finanziario. Se il vincitore della guerra sarà Murray, Murray e lei stessa vedranno aumentare la loro fortuna finanziaria. Purtroppo però Murray è in evidente difficoltà. Lo è anche agli occhi di Muriel: lei se ne rende conto, in modo particolare, quando il fratello le comunica che Ramsey sta lavorando contro di lui. Lei conosce bene suo fratello e sa
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che, se fosse stato in posizione di forza, non avrebbe fatto alcun cenno al problema: lo avrebbe risolto e basta. Il solo fatto di parlarne era un evidente ammissione di essere in uno stato di grande difficoltà. Che cosa può fare Muriel per difendere il capitale che ha dato in gestione al fratello? Una possibilità, la più ovvia, è quella di fermare Ramsey ricorrendo a qualsiasi mezzo per consentire a suo fratello di riprendere il controllo della situazione e dei quattrini.
“Muriel potrebbe dunque avere immaginato un atto drastico e drammaticamente shakespeariano: preparare una bevanda avvelenata per Ramsey. Per inciso ritengo improbabile che Muriel abbia preparato un cibo avvelenato perché in casa Murray è la cuoca ad avere la sovranità nella preparazione dei cibi. Muriel quindi prepara un beverone avvelenato per Ramsey ma, come talvolta succede, le ciambelle non riescono con il buco: il beverone se lo beve Murray. Una domanda che ci possiamo fare è questa: una sola dose di veleno sarebbe stata sufficiente a provocare la morte di Murray o era necessario che fossero somministrate più dosi in tempi diversi? Per i nostri scopi sarebbe importante disporre di una risposta certa a questa domanda, risposta che purtroppo non abbiamo”
Taylor interruppe un attimo la sua tirata. Prese un respiro come se si trattasse di immergersi in apnea e, quindi, continuò.
“Ma adesso ascoltami bene, Chris. C’è anche un’ altra ipotesi, un’ipotesi che una donna intelligente come Muriel non può non avere considerato: chiudere la stalla prima che i buoi scappino. Ascolta il mio ragionamento, Chris, poi dimmi se ti sembra che possa filare.
“C’è una guerra tra Murray e Ramsey. Muriel valuta la situazione. Soppesa le persone. Si rende conto che si è aperta una lotta all’ultimo sangue: tra due personalità così forti non può essere altrimenti. Muriel potrebbe aver pensato che la cosa migliore da fare era limitare i danni; qualcosa del tipo: ‘salviamo il salvabile’. Per lei, la persona più accessibile è il fratello. Ucciderlo avrebbe potuto risolvere diversi problemi: si sarebbe messo fine alla guerra Ramsey-‐Murray; la situazione patrimoniale sarebbe stata congelata allo status quo; si sarebbero potute avviare immediatamente le procedure per la successione impedendo a Ramsey ogni accesso ai quattrini. La morte improvvisa in un uomo di settant’anni è una cosa abbastanza normale che non dovrebbe suscitare alcun sospetto: è un modo relativamente semplice e vantaggioso, dal punto di vista di Muriel, per gestire l’intero problema. Questo si che è un piano intelligente, fantasioso, direi quasi ardito, drammaturgicamente complesso: degno di una mente singolare quale quella di Muriel! Tu che cosa ne dici, Chris?”
“Non so quanto sia realistica la tua ipotesi, Taylor, ma è certo molto affascinante: abbastanza contorta per essere compatibile con il quadro psicologico che abbiamo prospettato per Muriel. Io però, se non ti dispiace troppo, avrei qualche aggiuntina da fare al movente. Ascolta. Nella tua ricostruzione non fai cenno alla questione del testamento. Muriel ci ha detto di non averne mai saputo niente. Quando ha attentato alla vita di Charlotte sapeva che la ragazza avrebbe ereditato i due terzi del patrimonio qualora la paternità di Murray fosse stata ufficialmente riconosciuta: in questo senso il ruolo del testamento è molto importante. La domanda è: Muriel sapeva della revisione del testamento? Bertrand ne era al corrente. Possibile che Muriel non ne sapesse niente? Ho qualche dubbio. Se fosse venuta al corrente dell’intenzione di suo fratello di cambiare il testamento o che il testamento era stato da poco modificato, il movente avrebbe potuto essere quello di fare sparire il documento e impedire che venisse regolarmente depositato. Movente semplice questo: bloccare cambiamenti nell’asse ereditario. Questo movente può anche essere associato a quello che hai proposto tu. Che dici: compiliamo uno schema sulla morte si sir Murray indicando come colpevole Muriel?”
“Si, mi sembra abbastanza convincente anche questa possibilità. Se però consideri il testamento un movente rilevante -‐ e io credo che sia un movente rilevante -‐ allora bisogna inserire anche Bertrand tra gli indiziati. Vogliamo discutere la posizione di Bertrand prima di trarre conclusioni?”
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“D’accordo, Taylor. Anche Bertrand merita un certo approfondimento psicologico. Hai notato l’immagine che vuol dare di sé? Distaccato, neutrale, collaborante, pacato, mai invadente, relativamente poco interessato agli aspetti economici. Quanto c’è di vero e quanto c’è di falso nello stereotipo che ci mostra Bertrand?”
“Così poco interessato al lato finanziario non deve essere. Va a trovare il fratello, di sera, quasi di nascosto; si accorge che il fratello è morto e non trova niente di meglio da fare che mettere le mani tra le sue carte alla ricerca di un testamento che dice di non aver trovato. Poi, fatto ancora più inquietante, non avvisa nessuno e se la svigna come se nulla fosse. Credo che finga: l’aspetto economico gli interessa: eccome se gli interessa! Senza la montagna di quattrini che ha non potrebbe permettersi di ‘occuparsi delle idee degli altri’, di vivere, come dice Muriel, ‘su un suo pianeta’. Quindi su questo aspetto mente: e se mente su questo aspetto, potrebbe mentire anche su tutto il resto”
“Guarda qui, Taylor!” disse Christina che stava consultando le trascrizioni delle dichiarazioni.
“C’è una piccola contraddizione. Una prima volta, riferendosi a quel che il fratello gli aveva detto sulla necessità di mettere mano al testamento, Bertrand ci ha detto che col nuovo testamento il fratello intendeva mettere un po’ più in ordine i conti. Sir Murray gli avrebbe detto di essersi ‘reso conto di quanto disperso fosse il capitale e di come fosse difficile poter definire tempi e modi certi per poter gestire il patrimonio nel modo più diretto e personale’. Invece, quando gli abbiamo chiesto se, a suo parere, Muriel fosse al corrente di un nuovo testamento, ci ha detto: ‘per quel che ne so io, Muriel non era al corrente di variazioni nell’assetto ereditario’. C’è una bella differenza tra ‘mettere in ordine i conti’ e ‘variazioni dell’assetto ereditario’! Non trovi? Guarda Taylor, secondo me Bertrand se la tira ma, in fondo in fondo, è della stessa pasta degli altri Murray: bugiardo, egoista, amorale. Ha cercato di prenderci in giro anche lui, non meno degli altri. Non può assolutamente essere escluso dalla lista dei sospettati: poteva avere un movente e non gli mancavano certo le occasioni. Nello schemino che gli dedicheremo suggerirei di attribuirgli una probabilità di colpevolezza un po’ più bassa rispetto a quella di Muriel, e sai perché? Perché Bertrand è un maschio: ovvero, per certe cose è più pragmatico e decisamente meno creativo. Credo non mentisse quando ci ha detto: ‘Prima di uccidere chi amministra il mio patrimonio, vedrei di tornare in possesso dei miei soldi, non crede ispettore?’”
“Chris, mi hai fatto venire in mente una cosa, rileggendo queste dichiarazioni. Se Bertrand afferma di ritenere che Muriel non fosse al corrente di ‘variazioni nell’assetto ereditario’, vuol dire che invece lui ne era al corrente: era al corrente delle variazioni dell’assetto ereditario, il che significa che era al corrente della paternità di Ronald e di tutte le conseguenze sul piano finanziario. O gliene ha parlato suo fratello, o ha potuto vedere una copia del testamento aggiornato. In entrambi i casi, impedire l’attuazione di queste variazioni nell’assetto testamentario è un ottimo movente per l’omicidio del fratello e anche per la correità con la sorella, almeno a livello di pianificazione, nel tentativo di omicidio nei confronti di Charlotte.”
“Vero. Assolutamente vero” rispose Christina: “prepariamo gli schemi nuovi e correggiamo anche quello che abbiamo già fatto su Charlotte.” Schema n° 4 Vittima: ……. Sir Ronald Murray, ucciso mediante somministrazione di Difenacoum: veleno
per topi… (vedi schema 3) Movente: …… a) Ereditare il patrimonio di sir Murray
b) Bloccare i tentativi di appropriazione da parte di Ramsey c) Impedire che si realizzassero variazioni nell’asse ereditario
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Altro:………… No Colpevole: … Muriel Murray (in correità con Bertrand Murray?) Evidenze: …. Nessun riscontro Probabilità:... Da 1 a 10: 6 (probabilità medio-‐alta) Schema n° 5 Vittima: ……. Sir Ronald Murray, ucciso mediante somministrazione di Difenacoum: veleno
per topi… (vedi schema 3) Movente: …… a) Ereditare il patrimonio di sir Murray
b) Bloccare i tentativi di appropriazione da parte di Ramsey c) Impedire che si realizzassero variazioni nell’asse ereditario
Altro:………… No Colpevole: … Bertrand Murray (in correità con Muriel Murray?) Evidenze: …. Nessun riscontro Probabilità:... Da 1 a 10: 4 (probabilità medio-‐bassa) Schema n° 2 CORRETTO Vittima: ……. Charlotte Dickinson: tentato omicidio mediante avvelenamento con glicole
etilenico somministrato, domenica 24 ottobre, alle ore 18 circa a Stirling Movente: …… Eredità di sir Murray (due terzi dell’intero patrimonio) Altro:………… No Colpevole: … Muriel Murray e Bertrand Murray (correo) Evidenze: …. Confessione di Muriel; congruità temporale (ultima persona con Charlotte
prima del malore); Non evidenze oggettive Probabilità:... Da 1 a 10: Muriel Murray: 10 (Certezza);
Bertrand Murray: 6 (probabilità medio-‐alta)
“Chris, andiamo a mangiare un boccone. Sono scoppiato. Riprendiamo nel pomeriggio. Dai, march”
“Ma insomma, Taylor, la smetti o no di comandarmi a bacchetta con questo ’march’? Mi fai veramente arrabbiare!”
“Oh, scusa Chris, non volevo offenderti. È un modo di dire affettuoso! Lo dico anche a me stesso quando devo darmi la carica!”
“Ok: scuse accettate, però ’march’ lo dici a te stesso, non a me. Intesi?” “Troppo simpatica, Chris quando si arrabbia…” pensava Taylor mentre attraversavano la
strada per andare al bar di fronte. Le ipotesi. Parte terza: Rebecca, Charlotte, McGregor
“E Rebecca come la vedi, Chris?” “Una gentildonna di campagna. Una romantica gentildonna di campagna” “Tutto qui?” “Tutto qui” “Non hai nessun altro elemento psicologico su cui possiamo lavorare per capire se
Rebecca Dickinson può avere avuto a che fare con l’uccisione di Murray?”
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“Non dico che non possiamo ragionare su questa ipotesi. Dico soltanto che nella definizione che ti ho dato, ‘romantica gentildonna di campagna’, secondo me c’è già tutto il profilo psicologico che ci serve”
“Oh, finalmente! Così mi piace, Chris! La posso toccare con mano questa arcana differenza tra l’uomo e la donna! Cosa diavolo vuol dire che nella definizione di ‘romantica gentildonna di campagna … c’è già tutto il profilo psicologico che ci serve’? Ti puoi spiegare un po’ meglio?”
“La gentildonna di campagna, con la sua bella e ordinata tenuta, non ostenta ricchezza e non necessita di ulteriori ricchezze rispetto a quelle che possiede. Benché le sia successo di essere una madre senza marito, cosa che ritengo alquanto rara tra le gentildonne di campagna, ha deciso di esserlo con dignità, senza nascondersi ma senza esibirsi: direi una donna alquanto seria, dignitosa, pacata, equilibrata. È una donna romantica, no? Lo hai notato anche tu, vero? Il modo di arredare la casa, il modo di vestire, il modo di fare … un tantino costruito direi, ma solo quel tanto che basta a sottolineare il suo essere davvero romantica.
“Guardandola e parlando con lei, a parte quelle lievi stonature di cui ti ho parlato – o ne ho parlato ad Annie, non mi ricordo più -‐ ho avuto l’impressione di essere di fronte a quello che per me è l’archetipo della romantica donna di campagna inglese.
“La domanda è: in quali condizioni deve trovarsi una romantica gentildonna di campagna per trasformarsi in omicida? Questa è la domanda! E io abbozzerei un primo approccio di risposta. Se ti mettono nelle condizioni di dover cessare di essere quello che sei; se dovessero metterti nelle condizioni di dover rinunciare alla vita così come te la sei preparata, direi così come te la sei apparecchiata o come te la sei cucita addosso secondo il tuo modo di sentire; se ti dovessero mettere nelle condizioni di cambiare improvvisamente, a cinquantadue anni, la rete delle relazioni così come l’hai tessuta, intendo le relazioni con Charlotte, quelle con McGregor, quelle con i tuoi amici e conoscenti; se ti dovessero costringere a rinunciare al tuo microcosmo che è il contenitore perfetto della tua vita e dei tuoi sentimenti … beh … si …direi che la romantica gentildonna di campagna potrebbe anche opporsi con forza a questa prospettiva di cambiamento”
“Cioè, Chris: tu intendi dire che la nostra gentildonna di campagna romantica potrebbe uccidere per eccesso di conservatorismo?”
“Si. Il tuo è un modo simpatico per definire la questione. A me pare più che evidente che questa donna non ha le stigmate dell’assassino seriale e nemmeno quelle dello psicotico. Secondo me è una donna meravigliosa dalle mille e una qualità. Ci sono momenti in cui anch’io vorrei essere come lei: tranquilla, serena, madre affettuosa, amata da tutti quelli che ti circondano. Il punto è: si può rinunciare a tutto questo? Questa donna ha trovato un suo equilibrio esistenziale e potrebbe averci impiegato molto tempo a trovare quest’equilibrio attraverso le varie difficoltà che ha dovuto affrontare. Ha mantenuto sostanzialmente irrisolto nel suo cuore il conflitto tra i due uomini della sua vita; a ventisei anni è rimasta completamente sola nella sua grande casa; ha cresciuto una figlia senza avere un marito, cosa che nell’ambiente non particolarmente progressista della campagna scozzese qualche problema sulle relazioni sociali te le può anche dare. Non ostante ciò, la nostra signora ha trovato un ottimo equilibrio. Ad un certo punto Ronald Murray, il ‘vecchio babbuino dominante’ come lo chiama Muriel – fantastica questa definizione, vero Taylor? -‐ arriva e, senza neanche sospettare di dare una spallata a un castello di carte costruito con pazienza per anni, ti dice: ‘Ho deciso di cambiare atteggiamento nei confronti tuoi e di mia figlia. Riconoscerò di essere il padre di Charlotte. Questo riconoscimento le varrà, alla mia dipartita, due terzi del mio patrimonio. È chiaro che questo nuovo stato di cose potrà comportare dei cambiamenti per tutti noi’.
“Queste non sono le parole autentiche di sir Murray: Rebecca ne ha usate altre, decisamente più romantiche ma il senso, alle orecchie di Rebecca, avrebbe potuto essere
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questo. È vero che una donna romantica come Rebecca avrebbe potuto leggere le parole di Murray in modo romantico, ma è anche vero che l’interpretazione che di questa cosa ha ci dato Muriel potrebbe non essere molto lontana dal vero. Per me è abbastanza verosimile che Rebecca possa avere interpretato le parole di Murray come una possibile minaccia al suo stile di vita: una minaccia per l’equilibrio faticosamente trovato e una ancora più grave minaccia per la serenità di Charlotte”
“Quindi, secondo te, una lettura invadente dei propositi, magari del tutto innocenti, di Murray avrebbe potuto costituire per Rebecca quella sorta di stato di necessità di cui si era parlato prima: la necessità di difendere uno status quo faticosamente conquistato al quale non si vuole rinunciare”
“Potrebbe essere un’ipotesi di movente psicologico. Comunque, secondo me, Rebecca è assolutamente estranea all’omicidio di Murray. Anche perché, e scusa se è poco, se Rebecca avesse ucciso Murray prima del riconoscimento di paternità o prima della modifica testamentaria, Charlotte non avrebbe preso un centesimo dell’eredità … ”
“Scusa Chris, rimaniamo sull’ipotesi accusatoria. Questo potrebbe essere stato il suo movente psicologico. Ora dobbiamo valutare possibilità e occasione che certo non sono mancate alla nostra signora Dickinson”
“Si, Taylor: possibilità e occasione. Credo che, messa in puri termini di possibilità e di occasioni, Rebecca Dickinson ne abbia avute più di tutti gli altri indiziati. Sir Murray andava spesso in visita da lei. Tra parentesi: questo andare spesso a farle visita depone, secondo me, per un forma di affetto da parte di sir Murray nei confronti di Rebecca e non solo una riaffermazione di dominanza nei suoi confronti, come vuol farci credere Muriel. Sia come sia, ad ogni visita di Ronald, Rebecca gli avrà certamente offerto qualcosa da bere: nessun problema quindi a somministrargli una o più dosi di veleno per topi. Questo è quanto.
“Prendiamoci pure nota di queste considerazioni per la sua scheda anche se ritengo puramente accademico il movente che abbiamo prospettato. Io sono la prima a non dare nessun credito a quel movente e alle conseguenti ricostruzioni.
Affrontiamo anche Charlotte e McGregor prima di compilare la scheda di Rebecca: le loro vite sono intrecciate e il loro potenziale coinvolgimento nel caso è in funzione di questo intreccio”
“Bene, Chris: Charlotte e McGregor. Partiamo da Charlotte” “Non ho elementi su Charlotte, Taylor. Non l’ho vista e non le ho parlato. Potrei solo
immaginare delle cose di cui però non ho nessun riscontro. Una ragazzina di diciotto anni. Una ragazza carina, benestante, con una mamma adorabile, una famiglia non molto ingombrante. Teoricamente non vedo pericoli, deviazioni, odi tali da rendere Charlotte prona alla tentazione di compiere atti criminali”
“Sono d’accordo: ma sai anche tu che gli adolescenti sono capaci di odi e di amori sconfinati. Quella è l’età in cui le passioni sono totalizzanti e travolgenti. È l’età in cui l’idea di responsabilità per le conseguenze dei propri atti può essere molto vaga. È l’età, anche questa romantica in qualche modo, dell’idealità, della libertà sconfinata, degli ostacoli da saltare a piè pari. È un’età, quella, in cui è quasi normale progettare di uccidere qualcuno che odi. Abbiamo purtroppo esempi molto vicini di giovani che sono passati dall’idea ai fatti. Il mio naturalmente è un discorso molto generico e non so fino a che punto possa adattarsi a Charlotte”
“Sforzandomi molto vedo tre possibilità teoriche per cui Charlotte avrebbe potuto nutrire un odio profondo per Murray, tanto da volerlo uccidere. La prima è che sia venuta a sapere che Murray era il suo genitore naturale. Questo potrebbe sconvolgere, soprattutto se quella persona usa frequentare casa tua come amico di famiglia. Un adolescente potrebbe giustamente farsi mille domande sulla propria madre, su quella persona e su sé stessa finendo col covare un odio immenso verso tutti: verso quella persona, verso la madre e, tipicamente,
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anche verso sé stessa. Abbiamo avuto evidenze o il benché minimo sentore che Charlotte odiasse sua madre? No. Abbiamo avuto evidenze o sentore che Charlotte odiasse Murray? No. E poi, scusa, chi mai avrebbe avuto interesse a far sapere a Charlotte come stavano le cose tra Murray e sua madre? Per me, quest’ipotesi è nulla.
“Il secondo motivo per cui Charlotte avrebbe potuto odiare Murray sarebbe stato l’averlo colto in atteggiamenti passionali o violenti nei confronti della madre. Abbiamo evidenze o sentore di ciò? No. Possiamo escluderlo in modo tassativo? No. Secondo me questa ipotesi è possibile ma molto molto molto improbabile. Murray era un grandissimo bastardo, nessun dubbio in merito, ma non credo in suoi atteggiamenti scorretti con Rebecca. Non posso provarlo, ma sono istintivamente sicura di ciò.
“Da ultimo Charlotte avrebbe potuto odiare Murray se lui l’avesse molestata. Di questo non abbiamo alcuna evidenza. Se si fosse trattato di Ramsey … ma Murray…. non lo so: sappiamo troppo poco di Murray da questo punto di vista. La questione di Wellington Road ci dice che anche dalle nostre parti gli amanti delle minorenni non mancano … ma non abbiamo evidenze… No: io escluderei anche questa possibilità”
“D’accordo, Chris: compileremo comunque una scheda anche per Charlotte, giusto per non far mancare a Munro nessuna delle nostre conclusioni, nemmeno quelle perfettamente negative.
“E ora tocca a McGregor. Credo che su McGregor avrai qualche ipotesi psicologica, vero Chris? Il suo rapporto discreto con Rebecca Dickinson, la predilezione a mantenere una posizione defilata, la sua posizione al Chronicle. È tutto normale secondo te? In che modo avrà vissuto l’intromissione di Murray nel suo rapporto con Rebecca: sarà riuscito a metabolizzare la sua sconfitta amorosa, oppure la frustrazione è rimasta lì per tanti anni in attesa del momento opportuno per esplodere? La gelosia è uno dei moventi più comuni”
“Se volessi provare a definire McGregor, lo definirei un ‘prudente costituzionale’. Quando mi parla di lui, la mia amica Annie mi dice che, a ogni riunione di redazione, la parola chiave è ‘prudenza’. Intendiamoci, non che McGregor intenda limitare o frustrare le iniziative dei sui redattori! Anzi, pare che li sproni in continuo a lavorare bene, a contare sulla qualità e sulla serietà ma, nel contempo, mai abbassare la guardia … prudenza … non esporre il fianco a critiche… non entrare in situazioni difficili se non si ha la certezza di poterne uscire puliti e senza difficoltà… cose così”
“Si, McGregor è noto per essere un personaggio prudente. Dirige il Chronicle da molti anni e non mi risulta che abbia mai avuto screzi importanti con nessuno”
“In certe posizioni bisogna fare di necessità virtù. Prendi il nostro capo per esempio, Munro. Si arriva in una posizione di comando coniugando abilità e politica. Ma poi, per rimanere in sella, la prudenza diventa la virtù migliore. Invece tu, Taylor, di prudenza e di politica non te ne intendi molto, vero?”
“Stiamo lavorando su McGregor, non su Taylor!” “Si, si: scantona pure… Ma poi su questa cosa, in privato, ci dobbiamo tornare…” “Ok. Andremo al pub a far salire un po’ il livello alcolemico e parleremo della mia
prudenza… ma adesso andiamo avanti… mi si stanno cuocendo le meningi…” “Giusto: procediamo senza divagare! “Se per Munro la prudenza è una necessità, per McGregor la prudenza è una condizione
innata. Cerco di spiegarmi meglio: io credo che McGregor sia doppiamente prudente. Lo è in modo razionale: soppesa i pro e i contro di ogni situazione. Ma lo è anche a livello istintivo: possiede la capacità di intuire, e quindi di evitare o saper gestire al meglio, i rischi insiti nelle diverse situazioni. McGregor è una persona capace, perspicace, ambiziosa. Vuole arrivare ed è arrivato: dirigere un giornale, anche se di provincia, è una posizione difficile da ottenere e ancora di più difficile da mantenere. Bisogna evitare di farsi nemici, evitare le trappole, cose così”
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“E secondo te, Chris, questa ‘prudenza costituzionale’ è un elemento a favore o contro l’inserimento di McGregor tra gli indiziati dell’assassinio di Murray? Psicologicamente, questa prudenza costituzionale, lo tiene lontano dalle tentazioni delittuose oppure, all’opposto, lo conduce alla pianificazione del delitto perfetto?”
“Tra McGregor e Murray c’era uno stato di competizione attorno a Rebecca Dickinson. Quindi, in linea di massima, McGregor avrebbe potuto trarre beneficio – e non poca soddisfazione, immagino -‐ dalla morte di Murray. Quindi non possiamo non inserirlo tra le persone almeno teoricamente sospettabili. Altri elementi di contatto o di attrito tra i due io non li vedo…”
Christina rimase qualche secondo a guardare un punto perso tra sé e l’infinito, poi continuò.
“Sai cosa penso, Taylor? … Una persona razionalmente prudente, una persona prudente per necessità, come Munro o come me o come tanti altri, potrebbe, sotto la pressione di certi eventi, perdere lucidità, mettersi in situazioni rischiose, prendere decisioni senza averne prima soppesato rischi e conseguenze.
“McGregor invece, che è un prudente istintivo, non credo possa avere preso decisioni troppo rischiose: credo cioè che sia psicologicamente incapace di assumere decisioni troppo rischiose, e mettere in atto un delitto è una decisione veramente rischiosa.
“Ammettiamo che, per gelosia o per solidarietà con uno stato d’animo negativo di Rebecca nei confronti di Murray, avesse pensato di eliminarlo. Che cosa avrebbe avuto da perdere McGregor nel caso la sua colpevolezza fosse stata scoperta? Sarebbe andato in prigione, avrebbe perso la direzione del giornale e, soprattutto, avrebbe perso la possibilità di stare al fianco di Rebecca, la qual cosa sembra essere un aspetto fondamentale della sua vita. No Taylor, sono certa che McGregor, ancora prima che razionalmente, scarterebbe istintivamente l’idea del delitto”
“Sembri molto sicura, Chris” “Lo leggo nella vita di McGregor!” “Hai le visioni, Chris? Sei sensitiva?” “No, Taylor. Cerco di osservare la vita delle persone e quegli aspetti psicologici che
possono farci capire meglio perché certe persone fanno o non fanno certe cose. “Ma scusa, Taylor, mi fai arrabbiare: perché mi chiedi se sono una sensitiva? Non siamo
forse qui per questo oggi: cercare di entrare nella psiche delle persone? Non è questo il lavoro che stiamo facendo, oggi? Anzi … che io sto facendo … tu ti limiti a fare qualche osservazione …”
“Perdonami, Chris, vai avanti ti prego: sono solo un po’ stanco. Che cosa vedi nel modo di vivere di McGregor?”
“Si … ho perso il filo … dunque … McGregor era in ospedale a fare compagnia a Rebecca, giusto?”
“Giusto” “Quindi McGregor è molto vicino a Rebecca, giusto? Vuole ancora essere un punto di
riferimento per Rebecca, giusto?” “L’impressione è che sia proprio così” “McGregor ha cercato di essere vicino alle nostre indagini mettendoci a disposizione
Annie che, tra l’altro, ci ha dato una mano per davvero. Giusto?” “Giusto” “Bene. Noi credevamo che McGregor si fosse prestato a darci una mano perché gli
serviva avere accesso a informazioni esclusive sul caso: l’abbiamo considerato un interesse giornalistico.
“Osservando la cosa ex-‐post, oserei dire che pur avendo tratto il giusto vantaggio per il giornale, lo scopo ultimo della disponibilità di McGregor era quello di proteggere Rebecca.
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McGregor era uno dei pochissimi, se non l’unico, a sapere della relazione tra Murray e Rebecca. È molto probabile che volesse essere tenuto informato, dall’interno, degli sviluppi dell’indagine per sapere in anticipo se ci fosse stato qualche sospetto su Rebecca o se la vecchia relazione segreta tra Murray e Rebecca corresse il rischio di essere resa pubblica o, peggio ancora, potesse venire considerata un movente per il delitto.
“Io credo che indirizzare, attraverso Annie, le indagini sul conto di Ramsey, sul periodo mercenario africano, sul riciclo di denaro sporco sia stata un’operazione che aveva un duplice scopo da parte di McGregor: indirizzarci verso moventi robusti e tenerci, nel contempo, il più lontano possibile dalle vicende di Rebecca. Prudente si, ma anche abilissimo il nostro McGregor, non credi, Taylor?”
“Si, Chris: fin troppo abile e interessato. Secondo me, con il suo intervento, McGregor ha oltrepassato i limiti, per quanto sfumati, del lecito. Il suo intervento è stato depistante: abbiamo saputo troppo tardi della relazione che aveva coinvolto Murray e Rebecca Dickinson. L’esistenza di questa relazione ci è stata semplicemente nascosta e non si può dire che questa relazione fosse irrilevante ai fini dell’inchiesta. Non credi che un uomo capace di orientare, da lontano, le nostre indagini abbia potuto anche architettare un delitto?”
“Ti dico subito la mia risposta Taylor: no. Per due motivi. Uno, il più facile, è quello del mezzo e dell’occasione. Quand’anche McGregor avesse deciso di eliminare Murray, avrebbe deciso di avvelenarlo con il veleno per topi? Dove, come, quando? McGregor incontrava Murray occasionalmente, poche volte l’anno. No, McGregor non avrebbe avuto né il mezzo né l’occasione … a meno che …. non si fosse messo d’accordo con Rebecca che aveva sia il mezzo che l’occasione ….”
Lunga pausa di silenzio che rivelava l’infiltrasi del dubbio nel ragionamento di Christina. “… È proprio vero che nessuno è come sembra … non so, Taylor, mi sento un po’
frastornata, paralizzata da questo pensiero. Sono certa che McGregor non c’entra, ma da un punto di vista puramente teorico… non si può escludere che possa avere convinto Rebecca … Si, avrebbe potuto … ma non l’ha fatto, Taylor, ne sono sicura…”
“Allora, Chris: se consideriamo la variante Rebecca, quello del mezzo e dell’occasione mi sembra un motivo un po’ traballante per escludere McGregor dalla rosa dei sospetti. Ci teniamo un bel punto di domanda su questa questione e vedremo dove inserirlo nelle schede di Rebecca e di McGregor. Vuoi dirmi adesso quale è il secondo motivo per cui escluderesti McGregor dal novero degli indiziati?”
“Taylor, dubito fortemente che Rebecca possa avere fatto qualcosa in vece di McGregor: non riesco a immaginare una Rebecca che agisce come longa manus di McGregor. Rebecca si appoggia a McGregor anche se, paradossalmente, è Rebecca l’entità dominante tra i due. McGregor si considera al servizio di Rebecca e sente di avere valore agli occhi di Rebecca proprio perché è sempre lì al suo fianco. Ma non sarà mai McGregor a liberare Rebecca dal peso delle sue decisioni. Né sarà mai che Rebecca prenda il posto di un compiacente sottomesso, psicologicamente parlando: di un amato servitore, se vuoi dirlo con altre parole”
“Quindi non pensi proprio che McGregor possa aver detto a Rebecca qualcosa come: ‘Io penso che si lo si debba far fuori, questo Ronald: tu che hai l’occasione e il mezzo, avvelenalo col veleno per topi’?”
“Lo escludo nella maniera più tassativa. Nella tua ipotesi c’è solo un elemento interessante: McGregor deve avere odiato Murray con tutto l’odio di cui era capace. Nell’immaginario di McGregor il veleno per topi può aver rappresentato la metafora perfetta del suo sentimento nei confronti di Murray. Io credo che abbia goduto all’inverosimile quando ha saputo che Murray era stato ucciso col veleno per topi, ma escludo che possa avere avuto qualunque ruolo in quell’avvelenamento”
“Una annotazione col punto interrogativo la scriviamo lo stesso nello schema di Rebecca”
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“Va bene, ma ascoltami ancora un attimo a proposito di McGregor. Pensa a una venticinquina di anni fa: più o meno quando sono nata io. Rendo l’idea? McGregor è innamorato di Rebecca. Rebecca ricambia. I due sono in età di essere fidanzati o anche di sposarsi, non sono proprio ragazzini. Sono un coppia adatta all’immaginario della provincia scozzese: un promettente giovane giornalista e una giovane ricca ragazza romantica. Però c’è un problema. Un maschio alfa, e quando dico ‘Alfa’ lo dico con la a maiuscola, si aggira nei paraggi: è il fratello della più cara amica di Rebecca. Il maschio alfa domina, non può farne a meno. E anche una futura gentildonna di campagna romantica non può che non essere invincibilmente attratta da un maschio alfa di quel genere: i geni tramandati dai maschi alfa del paleolitico sono ancora lì che influenzano fortemente le nostre scelte, soprattutto quelle delle ragazze, caro il mio Taylor…”
“Dal paleolitico…” sospirò Taylor. “Che cosa fa allora McGregor? Fa quello che fanno tutti i maschi non-‐alfa quando un
maschio alfa entra nel territorio e si avvicina alla femmina: arretra prudentemente, lascia spazio. Ascolta Taylor, non fare quella faccia! Non è detto che il maschio alfa, in generale, sia meglio del maschio non-‐alfa. È solo più forte, più dominante, più aggressivo: c’è poco da fare, ha più fascino. Lo sai benissimo che ci sono moltissime donne che seguono brutti ceffi da cui non avranno nulla da guadagnare, ma lo fanno perché i brutti ceffi, spesso, sono irresistibili maschi alfa!”
“Vada per il maschio alfa, Chris. Quindi McGregor fa un passo indietro. Però si arrabbia e cova rancore, o no?”
“Sarà certamente così. Però non può mettere in atto alcuna vendetta: Rebecca non apprezzerebbe. La strategia che McGregor mette in campo è una strategia di prudenza che gli consente di stare vicino a Rebecca e gli consente di continuare a coltivare il sentimento che ha per lei. McGregor non se ne va. Arretra di un passo, ma rimane a breve distanza: osserva e non lascia mai che Rebecca rimanga sola. Semmai, è il maschio dominante, sicuro di sé e richiamato dai suoi affari, che lascia spesso la femmina incustodita: la considera sua proprietà ma non può stare sempre accanto a lei. Ed ecco che, in queste numerose occasioni, McGregor è sempre lì: disponibile. Rebecca può appoggiarsi a lui. Paradossalmente è McGregor il sostegno di Rebecca, non il maschio alfa! Quando Rebecca rimane incinta, durante la gravidanza, durante la crescita di Charlotte, è sempre McGregor il compagno, diciamo spirituale, di Rebecca. Rebecca sa di averlo sacrificato alla passione e sente anche un forte senso di colpa. Ma ogni volta che Murray rientra in campo, McGregor fa un passo indietro. Dunque se Murray entra ancora una volta in campo affermando di voler riconoscere Charlotte, che cosa deve fare McGregor? Quello che ha sempre fatto per venticinque anni: un passo indietro. È fatto così McGregor, non può fare altrimenti”
“Questa volta non sono convintissimo, Chris. Quando ti senti costretto a fare un passo indietro per venticinque anni ogni volta che si avvicina il tuo maschio alfa, non ti viene voglia, alla fine, di farlo fuori quel fottutissimo maschio alfa?”
“Atteggiamento comprensibile, il tuo, Taylor ma non credo sia nelle corde di McGregor. “McGregor odia, come tutti, ma ha un maggiore controllo su sé stesso. Semmai,
preferisce agire come il cinese che si siede sul fiume e aspetta che il cadavere del suo nemico gli passi davanti. Diciamo che McGregor è stato molto fortunato: non è una cosa che capiti tutti i giorni quella di sedersi per aspettare di veder passare il cadavere del tuo nemico e vederlo passare davvero, trasportato dalla corrente del fiume!”
“Ok: abbiamo finito. Mi sembra che abbiamo fatto un discreto lavoro. Vorrei parlarti di una mia sensazione. Una cosa che mi è venuta in mente facendo tutte queste ipotesi, cambiando in continuazione angolo di visuale e centro di gravità alla ricerca dell’equilibrio migliore. L’ho già capito sai che le mie fantasticherie astratte non ti convincono molto, Chris!
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… ma vorrei fare solo un parallelismo tra le sensazioni generate dalle nostre ricostruzioni e quelle generate da alcune espressioni artistiche. Posso? Ok, ascolta.
“Il celebre pittore Piet Mondrian ha osservato che i rettangoli che si formano dall’incrocio di alcune linee parallele verticali con altre linee parallele orizzontali non sono qualitativamente uguali. I vari rettangoli che si formano hanno differenti rapporti tra lato lungo e lato corto; le loro dimensioni, la loro forma e la loro superficie sono diversi. Tutti uguali in quanto rettangoli, ma tutti diversi in quanto singoli rettangoli individuali. Come le briciole di pane stamattina, ricordi? Bene, questi rettangoli, secondo Mondrian, hanno equilibri, forza, tensioni diverse. Scopo della sua arte era ricercare l’armonia tramite l’equilibrio dei rapporti fra linee, superfici e colori. L’opera artistica riuscita è quella che coglie l’armonia e l’equilibrio delle forme e che genera, nella percezione di chi osserva l’opera, serenità e assenza di tensione negativa: queste le parole di Mondrian.
“Questa serenità, questa assenza di tensioni negative, dovrebbe essere generata anche dalla giusta interpretazione dei fatti. Abbiamo fatto diversi tentativi di ricostruzione dei fatti cercando di far concordare quanto sappiamo di alcuni avvenimenti con quanto crediamo di aver capito delle personalità dei nostri sospettati. Se una di queste ricostruzioni mi desse la stessa sensazione di assenza di tensione negativa, come quella descritta da Mondrian, allora potrei dire che quella è la ricostruzione giusta. Mi rendo conto che il processo ha poco di razionale! Ma sono convinto che ci sia anche un occhio interno, che sfugge al controllo diretto della coscienza, che è in grado di vedere la giustezza delle cose percependo l’equilibrio tra le loro relazioni…
“Perdona questo ragionamento confuso, Chris, però, purtroppo, nessuna di queste ricostruzioni, per quanto razionalmente convincente, mi dà un sufficiente grado di serenità”
“Beh, l’unica cosa che mi viene in mente da dirti, Taylor, è che forse la nostre ricostruzioni non sono artistiche ma, ti assicuro, sono razionalmente e psicologicamente valide”
“Dai, sistemiamo queste ultime schede, poi facciamo una tabellina riassuntiva indicando solo le probabilità di colpevolezza che abbiamo desunto dai nostri ragionamenti e infine diamo tutto quanto a Munro; dopo di che potremmo andare a farci una bella birra”
“Si, Taylor: una bella birra, lavoro artistico o meno, ce la meritiamo proprio: anche doppia direi! Ah, Taylor: un’ultimissima cosa. Pensi che dobbiamo far menzione in qualche modo alle due cameriere: Chlotilde Cameron e Janel Cullen?”
“Si, certo. Aggiungiamo alla documentazione che non è emerso alcun elemento a loro carico. È giusto sottolineare in positivo, alla luce degli atti, la loro completa estraneità ai fatti. Dopo di che, credo, per noi il caso è chiuso. Non ci rimane che rimanere a disposizione della Procura e del Tribunale, se sarà il caso” Schema n° 6 Vittima: ……. Sir Ronald Murray, ucciso mediante somministrazione di Difenacoum: veleno
per topi… (vedi schema 3) Movente: …… a) Mantenere l’indipendenza da un troppo ingombrante sir Murray
b) Indotta all’omicidio di McGregor (?) Altro:………… Ampia disponibilità di mezzi ed occasione Colpevole: … Rebecca Dickinson Evidenze: …. Nessun riscontro Probabilità:... Da 1 a 10: 1 (probabilità prossima a zero)
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Schema n° 7 Vittima: ……. Sir Ronald Murray, ucciso mediante somministrazione di Difenacoum: veleno
per topi… (vedi schema 3) Movente: …… a) Scoperta paternità sir Murray nei propri confronti (??)
b) Molestie (??) Altro:………… Possibile disponibilità di mezzi ed occasione Colpevole: … Charlotte Dickinson Evidenze: …. Nessun riscontro Probabilità:... Da 1 a 10: 0 (i detectives escludono questa possibilità) Schema n° 8 Vittima: Vittima: ……. Sir Ronald Murray, ucciso mediante somministrazione di Difenacoum: veleno
per topi… (vedi schema 3) Movente: …… a) Gelosia Altro:………… Assenza di mezzi e occasione Colpevole: … Craig McGregor (mandante) Evidenze: …. Nessun riscontro Probabilità:... Da 1 a 10: 1 (probabilità prossima a zero) Probabilità di colpevolezza o coinvolgimento (punteggio da 1 a 10) Colpevoli Vittime James
Ramsey Ronald Murray
Charlotte Dickinson
Omicidio
Omicidio
tentato omicidio
James Ramsey alias Adam Ripplecourt
8 probabilità alta
Kathrine Hammerton 10 certezza
Muriel Murray 6 probabilità medio-alta
10 certezza
Bertrand Murray 4 probabilità medio-bassa
6* probabilità medio-alta
Rebecca Dickinson 1 probabilità prossima a zero
Charlotte Dickinson 0 probabilità nulla
Craig McGregor 1** probabilità prossima a zero
* Correità ** Mandante All’attenzione dell’Ufficio della Procura Trasmissione A: Ufficio della Procura e Pubblico Ministero, Corte di Giustizia, Stirling Da: Polizia Distrettuale, Bridge of Allan
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Si trasmettono, corredati dalla pertinente documentazione, i seguenti quattro moduli di imputazione. Vittima: Adam Ripplecourt, alias James Ramsey (identità rubata quella di James
Ramsey) Delitto: Omicidio volontario Movente: Vendetta (per rapporto sessuale continuato su nipote minore ridotta in stato di
prostituzione) Colpevole: Chaterine Hammerton, rea confessa Status: Non più perseguibile: deceduta Vittima: Charlotte Dickinson Delitto: Tentato omicidio Movente: Interesse economico (eredità) Colpevole: Muriel Murray, rea confessa Status Detenuta Vittima: Sir Ronald Alexander Murray Delitto: Omicidio volontario Movente: Interesse economico Colpevole: Adam Ripplecourt, alias James Ramsey Status Non più perseguibile: deceduto Vittima: Sir Ronald Alexander Murray Delitto: Omicidio volontario Movente: Interesse economico (eredità) Colpevole: Muriel Murray Status Detenuta Questa Polizia Distrettuale indica in Adam Ripplecourt, alias James Ramsey (deceduto), il soggetto maggiormente indiziato per l’omicidio di sir Ronald Alexander Murray. Elementi a supporto di questa ipotesi indiziaria sono le transazioni finanziarie il cui dettaglio verrà fornito in separata sede dal Nucleo di Investigazioni Finanziarie di Stirling. Si chiede all’Ufficio della Procura di valutare i citati elementi anche per considerare l’ipotesi di seconda istanza qui oltre riportata. In seconda istanza, questa Polizia Distrettuale indica una elevata probabilità che responsabile dell’omicidio di sir Ronald Alexander Murray possa essere la sopracitata Muriel Murray, già indicata come autrice rea confessa del tentato omicidio di Charlotte Dickinson. Mancano tuttavia evidenze probanti a sostegno di questa ipotesi indiziaria. Unici elementi di valenza probatoria sono una revisione del testamento e una dichiarazione autografa di paternità presunta da parte di sir Murray nei confronti di Charlotte Dickinson. Questi documenti risultano essere stati depositati presso il notaio di fiducia di Rebecca Dickinson due giorni prima della morte dello stesso sir Murray.
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I detectives di questa Polizia Distrettuale responsabili dell’indagine sostengono che la citata Muriel Murray possa avere ucciso il fratello Ronald nel tentativo di bloccare la stesura e/o la trascrizione/registrazione di questi documenti e le connesse variazioni dell’assetto ereditario. I detectives segnalano come decisamente rilevante il fatto che la morte di sir Murray avrebbe interrotto i tentativi in corso da parte di Adam Ripplecourt, alias James Ramsey, di appropriazione indebita di capitali appartenenti a Muriel e Bertrand Murray e dagli stessi affidati in gestione al fratello Ronald. Su queste basi, questa Polizia Distrettuale indica la citata Muriel Murray come possibile responsabile dell’omicidio del fratello, sir Ronald Alexander Murray. In allegato, il sunto delle valutazioni eseguite dai detectives responsabili dell’indagine investigativa i quali restano a disposizione per chiarimenti e integrazioni del caso. In fede Cap. Allan Munro Bridge of Allan, 28 Ottobre 2010 Venerdì 19 Novembre. Mad Man Pub. Ore 21.30 circa
Le ultime settimane erano state tranquille. Tranquille si fa per dire: c’è sempre qualcuno che si inventa qualcosa per cui c’è bisogno che qualcun’altro accorra, verbalizzi, soccorra, sequestri, fermi, arresti e avanti di questo passo. Fatti di sangue gravi però, per fortuna, non ce n’erano stati.
La Procura aveva risposto abbastanza in fretta. Veniva aperto un procedimento contro Muriel per tentato omicidio nei confronti di Charlotte. Per l’omicidio di sir Murray, invece, la Procura aveva giudicato ‘del tutto insufficienti’ gli elementi raccolti. Con quegli elementi, quasi esclusivamente indiziari, non era possibile accusare nessuno di omicidio. Qualunque avvocato avrebbe smontato le teorie accusatorie in pochi minuti. Il caso rimaneva aperto. I sospetti rimanevano tutti sospetti. Bisognava sforzarsi di trovare prove più concrete. Ci sarebbe voluto almeno un altro anno per fare chiarezza sulle questioni puramente finanziarie. Questo avrebbe permesso di ricostruire alcuni elementi ma, in quanto a trovare prove evidenti che inchiodassero il vero colpevole vero alle proprie responsabilità… questa evenienza era davvero improbabile. Il caso rimaneva aperto o, per meglio dire: congelato.
Taylor e Christina si erano dati un appuntamento al Mad Man Pub per fare quattro chiacchiere con un bel boccale di birra in mano. Il Mad Man Pub piaceva ad entrambi. Avrebbe potuto diventare un’abitudine trovarsi lì, fuori orario di servizio. In fondo, benché il lavoro li costringesse a stare insieme praticamente tutto il giorno, avevano piacere a passare insieme qualche ora più rilassata, eventualmente anche parlando di lavoro, ma senza la pressione dell’obbligo e del dovere.
Taylor aveva sollevato il bicchiere verso Christina in segno di brindisi. “È vero che Ramsey -‐ continueremo sempre a chiamarlo sempre così, vero Chris? – è il
candidato colpevole numero uno. Però, con gli elementi che gli abbiamo fornito, la Procura non sarebbe stata in grado di processarlo. Che cosa mi resta da dire: meno male che è morto!”
“Taylor, non credo dovresti parlare così…” “Che cosa vuoi che ti dica, Chris. Almeno così, se è stato davvero lui a uccidere Murray,
non mi devo preoccupare di avere un assassino libero in giro per le strade. Però … c’è la questione Muriel…”
“Muriel rimarrà in prigione per qualche anno…” “Non ne sarei così sicuro, Chris. Credo che i giudici saranno persuasi dell’ipotesi del
tentato omicidio premeditato e la condanneranno a una pena adeguata… tra i sette e i dieci
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anni, direi: in fondo, le sue dichiarazioni sono state una vera e propria confessione spontanea. Ma se ritrattasse che cosa resterebbe di concreto ai giudici? Ci sono le sue parole dette subito dopo l’arresto; c’è la partita di tennis e la sosta al bar … un insieme di episodi staccati fortemente suggestivi della ricostruzione che lei stessa ha ammesso ma … in quanto a prove, non ci sono prove veramente schiaccianti … né ci sono prove che Muriel sapesse dell’esistenza del testamento o che ne conoscesse il contenuto: no… ci sono solo elementi circostanziali.
“Un buon avvocato potrebbe convincere i giudici che non ci sono prove sufficienti per una condanna. Potrebbe essere addirittura assolta: ma in realtà non credo in quest’ultima possibilità… Oppure… potrebbe essere ritenuta responsabile solo di lesioni gravi: in tal caso potrebbe cavarsela con tre o quattro anni… Non vorrei mai che, tra una cosa e l’altra, tra un annetto o poco più potesse andarsene tranquillamente in giro … sarebbe avvilente… anche perché io sospetto fortemente che possa anche avere ucciso suo fratello… dovrò berci su un altro bicchiere… ”
“Abbiamo fatto di tutto, Taylor… C’erano dei fatti e noi abbiamo cercato di collegarli tra loro. Abbiamo trovato elementi sicuri che collegavano alcuni fatti tra loro e c’erano anche degli elementi, meno sicuri, che ci hanno consentito di presumere determinati collegamenti tra i fatti. Non credo avremmo potuto fare di meglio e dubito che, col passare dei giorni, possiamo trovare altri elementi che ci consentano di spiegare i fatti meglio di quanto abbiamo fatto finora”
“I fatti, i fatti, Chris! I fatti! Sono proprio i fatti ad essere confusi e sfuggevoli. Quando diciamo ‘fatti’ ci immaginiamo degli elementi concreti, oggettivi, inalterabili, che sono lì davanti a noi ad aspettare di essere interpretati … invece sono anche loro proteiformi, sfuggenti…”
“Un uomo viene trovato morto in una biblioteca. L’uomo ha in grembo una pipa spenta; per terra, accanto alla poltrona su cui è seduto l’uomo, una copia del Times spiegazzata. È un fatto o non è un fatto, questo, Taylor?”
“Si, si, Chris, è un fatto! Certo che è un fatto! Però … vedi … ci sono fatti e fatti …. forse l’errore è semantico: usiamo una stessa parola per dire cose diverse: ma la colpa non è nostra, è dei fatti … Come dire? … Nemmeno il vedere un fatto coi propri occhi ti consente di coglierlo pienamente. Bisogna che ti faccia un esempio.
Un uomo che passa per la strada: che cosa vedi? Uno che sta andando in qualche posto o uno che sta tornando da qualche posto? Se vuoi dare un’unica risposta, un’unica ricostruzione, devi poter partire da premesse sicure. Se le premesse non sono certe, e non lo sono quasi mai, allora anche le nostre ricostruzioni non possono essere sicure al cento per cento. I fatti, come noi li vediamo, dipendono anche dai nostri occhi: da quello che percepiamo, da quel che crediamo di sapere e da tutto quello che per certo ignoriamo. Questo vale per i fatti che osserviamo… figuriamoci poi per quelli che immaginiamo e che ricostruiamo nelle nostre menti!”
Chris fissò Taylor negli occhi, scrutandolo al di sopra del bicchiere di birra che teneva a mezz’aria. Posò il bicchiere sul tavolo e si appoggiò allo schienale della sedia con aria sconsolata.
“Certo che se cominciamo a mettere in dubbio anche i fatti … allora non ne usciamo più!” “In teoria, Chris, il nostro lavoro è semplice: accertare i fatti e fornirne ‘la’ spiegazione. Questo presupporrebbe che i cosiddetti ‘fatti’ fossero indiscutibilmente oggettivi e certi.
Ma se ci pensi bene, i fatti non sono così oggettivi come possono sembrare a prima vista. I fatti dipendono in parte da come ci accostiamo a loro. Se i fatti sono influenzati anche in piccola parte dalla nostra soggettività, allora non possiamo fornire ‘la’ spiegazione ma soltanto ‘una’ spiegazione: non la verità, ma una presunzione di veridicità.”
“Forse è per questo, Taylor, che si lavora in coppia e che la squadra investigativa è composta da diverse persone: per ridurre il margine della soggettività…”
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Taylor non si lasciò distrarre dalla digressione. “Anche se crediamo di lavorare per la ricostruzione della verità, in effetti noi lavoriamo
per la verosimiglianza… come la chiamava lady Muriel? … la ‘coerenza interna’ delle nostre ricostruzioni … Già, ma la verità è un’altra cosa, inattingibile, se non per pura combinazione”
“Dai, Taylor, non esagerare! Hai bevuto troppa birra? Hai la sbornia triste? Ma cosa stai dicendo? La verità è ‘inattingibile …. se non per pura combinazione’. Non ti sembra di stare esagerando? In fondo le nostre galere sono belle piene di criminali…. siamo noi che li prendiamo, con le nostre ricostruzioni, e i giudici li condannano…”
“Vero. Però ci sono cose di cui si preferisce parlare poco: per esempio che almeno il cinquanta percento degli omicidi rimane impunito… Vedi quante cose sembrano in un modo e sono in un altro? Verità e apparenza! Noi vorremmo essere come Galileo, come Bacon, come la scienza: noi vorremmo che i nostri sforzi servissero a determinare la verità … ma in fondo anche nella scienza … si, anche lì la verità è una parvenza di verità, una parvenza che muta ad ogni nuova scoperta…. Si, Chris, stasera, in effetti, mi sento un po’ depresso… ”
“Non va bene allontanarsi troppo dalla concretezza della realtà di tutti i giorni come fai tu ogni tanto, per puro esercizio mentale e anche par vantarti un po’. A filosofeggiare troppo si rischia di non essere poi presi troppo sul serio: sono sicura che tu non vuoi questo, Taylor. C’è bisogno che ti dica due cose per farti tornare nel mondo delle persone normali e per farti passare la depressione…”
“Io sono perfettamente normale, Chris” “Se dico quasi normale, so di farti piacere: ma lasciami finire quello che ti stavo dicendo.
C’è bisogno che ti dica due cose. La prima è che non tutte le ciambelle riescono col buco: le percentuali dei casi irrisolti ce le hanno raccontate anche a scuola. È vero che tante volte i fatti ci sfuggono o non sappiamo collegarli nel modo giusto: la verità ci sfugge. Ma altre volte ci riusciamo benissimo. Abbiamo molti buoni motivi per rattristarci ma ne abbiamo almeno in pari numero per rallegrarci.
“La seconda cosa è che se alzi troppo l’asticella delle tue ambizioni, per esempio quando parli dell’unica verità possibile, allora ti metti tu stesso nelle condizioni di non essere all’altezza delle tue ambizioni: lo dici tu stesso che quella verità lì è inattingibile per definizione! La saggezza può essere cercare di collocare l’asticella ad una altezza ragionevole.
“Visto che hai parlato di scienza: anche gli scienziati, quando cercano la verità, sanno di inseguire una chimera, un orizzonte che più procedi più si allontana. Questo però non li scoraggia affatto: anzi, sono stimolati dall’idea di affaticarsi attorno a una ricostruzione verosimigliante dei fatti che abbia, almeno temporaneamente, l’aspetto della verità!
“L’idea di inseguire la verità è molto più motivante che non quella di ricostruire veridicità che salvino le apparenze. Questo vale per gli scienziati e vale, pari pari, per il nostro lavoro di investigatori e per quello dei giudici… ognuno nel suo campo, ognuno alle prese con i propri fatti sfuggenti, con le proprie ricostruzioni, con i propri tentativi di attingere a pezzetti di verità …”
“Hai ragione Chris: così giovane e già così saggia. In effetti forse esageravo: alle parole ogni tanto piace lasciarsi andare un po’. Hai perfettamente ragione: bisogna tenere l’asticella ad una altezza ragionevole. L’asticella troppo alta, ovvero l’idea di avere a che fare con ‘la’ verità, ti può montare la testa. È difficile convivere col pensiero di essere depositari della verità, anche limitatamente al ristretto ambito del nostro lavoro. La verità, come concetto, è molto ingombrante. Rischia di farti perdere l’equilibrio; di sostituire, nel tuo modo di fare e di pensare, la sobrietà, la modestia e l’equilibrio con l’arroganza della saccenteria. Questo è il modo migliore per sbagliare. Concordo pienamente con te: è saggio avere obiettivi più limitati che non quello di possedere la verità. Se lavori con più equilibrio, lavori meglio. La consapevolezza di avere dei limiti ti dà maggiore equilibrio, maggiore serenità, maggiore
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fiducia nei tuoi mezzi. Sei un detective migliore e anche una persona migliore. Non credi Chris?”
“Messa così, la cosa è molto bella, Taylor. Approvo, e ci brindo sopra: a noi due! Slainte!”