Shakespeare in Law -2

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Venerdì 4 settembre 2015 24 Venerdì 4 settembre 2015 25 L’ELZEVIRO OLTRE I FILM E IL RED CARPET: VIAGGIO NELL’ASSENZA/PRESENZA Facebook è un’«agorà» senza il bello del cinema Realismo a Venezia, in un Lido nostalgico di OSCAR IARUSSI D i recente Facebook ha rag- giunto il traguardo di un mi- liardo di persone collegate in un solo giorno - lunedì 24 ago- sto - al social network brevettato da Mark Zuckerberg, che ha diffuso la notizia con comprensibile orgoglio. Quanto poi gli utenti siano davvero partecipi di una dimensione social ovvero utilizzino il network non solo per specchiarvisi, è un altro discorso, materia per sociologi e antropologi culturali. Resta tuttavia l’impressione di un Moloch immateriale, che frutta proventi inimmaginabili fino a qualche anno orsono grazie a una sorta di confederazione delle solitudini, dei narcisismi, delle curiosità spesso irra- gionevoli o irriguardose. E’ un mecca- nismo che va oltre il semplice voyeu- rismo cinematogra- fico e televisivo, nel quale c’è chi propo- ne l’immagine a una moltitudine di osservatori indi- screti o morbosi. In Facebook, infatti, come su YouTube e altri social, ciascu- no è spettatore e pro- duttore di contenu- ti. Sia detto senza al- cuna tentazione «apocalittica» da parte nostra, anche perché, scomodan- do una classica di- cotomia stabilita da Umberto Eco, siamo tutti «integrati» in questo mondo vir- tuale. D’altronde, altri modi di «fare rete» sono rari. Tramon- tati i partiti politici nel loro radicamen- to territoriale, in crisi l’associazioni- smo e la cooperazio- ne a causa dalla chi- mera del successo individuale che bril- la da almeno due de- cenni, restano in piedi il volontariato e talune eccezioni culturali che si manifestano nei festival cinematografici, teatrali, musicali, let- terari, filosofici… Sono i festival, si di- rebbe, ad aver ereditato i caratteri più giocosi dell’agorà, della piazza e del ra- duno nella polis greca, trapiantando nel ‘900 una forma di cittadinanza che oggi resiste persino all’imperio di Facebook. E’ cominciato da qualche giorno il fe- stival di Venezia, che invero va fiero della definizione originaria di Mostra inter- nazionale di arte cinematografica nata nel 1932. E’ il festival più antico del mon- do e nella sua filigrana, di là dai singoli film, affiora alla ribalta la modalità no- vecentesca del confronto serrato vis-à-vis tra critici severi o indulgenti, spettatori appassionati, militanti di una qualche corrente della cinefilia interna- zionale (se ne contano più che nella De- mocrazia cristiana dei bei tempi), finan- che tra visitatori di passaggio al Lido di Venezia dove si tiene la kermesse. Il Lido è l’isola cara alle memorie di Thomas Mann e di Luchino Visconti, con il meraviglioso salone ligneo dove fu am- bientato Morte a Venezia e quindi girato il film, cuore inaccessibile del leggen- dario Grand Hotel des Bains in abban- dono dopo il rogo del 2008, sebbene ades- so sembra possa rinascere con diverse finalità immobiliari. Non lontano, ecco altre «rovine»: il teatro liberty Marinoni, l’ex bellissimo ospedale al mare e il re- siduo cratere ricoperto di ghiaia dove era prevista la costruzione del nuovo Palazzo del Cinema, bloccata per la pre- senza di amianto nel sottosuolo (un «bu- co» costato decine di milioni di euro: ennesimo scandalo veneziano degli ul- timi anni). Il Lido pare concepito per nutrire la nostalgia ed è un’isola rarefatta, lette- raria, quasi un’assenza. Ma l’«assenza» è «più acuta presenza», ricorda un verso di Attilio Bertolucci (padre dei registi Ber- nardo e Giuseppe), che qui si attaglia alle ombre sullo schermo e alle con- versazioni o alle di- spute che ne deriva- no. Sì che il festival di Venezia dia corpo a una forma di so- cialità realistica, concreta, tangibile e niente affatto vir- tuale. E’ un bel pa- radosso del cinema: nato per far sogna- re le masse a occhi aperti, dato per morto a ogni sala trasformata in su- permercato o in ga- rage, oggi risorge negli affollatissimi multiplex, ma an- che come occhio aperto sui sogni di massa. Basti pensare ai film di ieri nel car- tellone della Mo- stra: Spotlight di McCarthy che rico- struisce la vicenda degli abusi sui mi- nori all’interno del- la Chiesa cattolica negli Usa, Winter on Fire di Afineevsky sul movimento dei diritti civili in Ucraina, Looking for Gra- ce di Sue Brooks dedicato al tormento adolescenziale, Beasts of No Nation di Fukunaga sulle guerre africane combat- tute dai bambini, Francofonia di Soku- rov nelle pieghe del rapporto tra arte e potere. Temi non proprio tra i più diffusi su Facebook, che, a dispetto della sua diffusione universale, è dominato da ar- gomenti di campanile, da beghe locali e da personalismi a gogo: non agorà, bensì tribuna per baruffe post-chiozzotte. Venezia si è aperta l’altra sera con le parole del regista Alfonso Cuarón, pre- sidente della giuria e vincitore di due premi Oscar per Gravity : «Sono un mes- sicano che vive in Europa e mi sono sempre sentito il benvenuto. Vorrei la stessa accoglienza per tutti i migranti». Un appello «ammirevole», secondo il pre- sidente della Repubblica, Sergio Matta- rella, presente all’inaugurazione. Misu- ra e realismo di un visionario, Cuarón, tra i campioni del cinema che restituisce concretezza alle cose. OLTRE IL PROCESSO «SHAKESPEARE IN LAW»: LEGGI E PAGINE NOTISSIME DI IERI VISTE CON GLI OCCHI DI OGGI Non dite al Bardo evviva i tribunali Otello e la Giustizia: due poli opposti a confronto Mentre Shakespeare rivela una «pratica» legale di SERGIO LORUSSO A nche nell’Otello il tema del razzismo permea la narra- zione di William Shakespea- re, ma con significative dif- ferenze rispetto al Mercante di Venezia, che emergono dalla contrapposizione in divenire dei protagonisti, oltre che dalla diversa dimensione drammaturgica che qui assume la fisionomia della tragedia. Otello è a capo dell’esercito veneziano che appresta a combattere contro i tur- chi nell’isola di Cipro: è un moro e non un cittadino – com’è tradizione della Re- pubblica veneta, allo scopo di scongiu- rare ogni tentativo di uso strumentale della forza militare, che potrebbe ali- mentare ambizioni personali – e si è segretamente sposato con Desdemona, una donna bianca. Si tratta di uno scan- dalo per l’epoca, tenuto conto della forte identità etnica della città lagunare, e quando l’arcano viene portato a cono- scenza del padre di lei, Brabanzio, dal perfido Iago, il Moro viene condotto in giudizio dl genitore innanzi al Consiglio dei Dieci, presieduto dal Doge. La scena è, ancora una volta, quella del Palazzo Ducale, l’accusa è quella di circonvenzione mediante l’esercizio fraudolento di pratiche magiche in dan- no di Desdemona, che mai – a detta di Brabante –avrebbe potuto di sua volontà seguire Otello, fuggendo da suo padre e rischiando di essere derisa da tutta la città per finire tra le braccia del Moro, lei, «una affatto procace giovinetta, d’in- dole sì tranquilla e riservata, da arros- sire perfino di se stessa ad ogni minimo moto dell’animo! E, ad onta di codesta sua natura, dell’età, dell’ambiente del paese, della reputazione e tutto il resto, andarsi a innamorare di qualcosa che aveva fin paura di guardare!». Lei, che ha rifiutato di contrarre matrimonio con i giovani più belli e ricchi della città la- gunare, non può essere caduta in errore, «contro ogni regola della natura»; e «se questo è potuto accadere», perciò, «non può spiegarsi che col ricercarvi maligne e astute pratiche infernali». Nessun po- sto per l’amore, insomma, in una società gravida di pregiudizi qual è ancora quel- la veneziana del sedicesimo secolo, no- nostante il suo sguardo rivolto ad Orien- te. Il Moro tuttavia accetta serenamente il giudizio, anche per evitare di essere subito arrestato – come vorrebbe Bra- banzio per l’onta subita –, persuaso di poter dimostrare di essere un uomo sen- za macchia e senza peccato, un valoroso condottiero al servizio della città, e chia- ma a testimoniare in suo favore Desde- mona. Le accuse sono destinate a cadere fa- cilmente, la verità è quella invocata da Otello: «ella m’amò pei corsi miei pe- rigli, ed io l’amai per quella sua pietà. Ecco: tutta la mia stregoneria, gli in- cantesimi miei, è tutto qui», la ragazza non è stata «trafugata, ingannata, cor- rotta, pervertita con esorcismi e con stregati intrugli acquistati da bassi ciar- latani», come sostiene il padre, che im- puta al Moro di aver fatto sprofondare l’inerme fanciulla nel vizio. Il Doge ram- menta a Brabanzio che affermare un fatto non significa provarlo, «senza più valida testimonianza che queste vostre magre congetture e queste scarne ve- rosimiglianze». Il supremo magistrato della Repub- blica veneziana appare toccato dal rac- conto di Otello: «una storia così, sono sicuro, saprebbe conquistare anche mia figlia», afferma, «tutto è nato per spon- tanea richiesta da sua parte, e per quel certo dolce colloquiare che spinge un’anima verso un’altr’anima», non vi è stato né plagio né inganno. Il Doge invita quindi il padre della ragazza ad «aggiustar per il meglio que- sto affare piuttosto squinternato: spesso un’arma spuntata serve meglio agli uo- mini che non le proprie mani». La sua sentenza è chiara: «quando i rimedi non servono più, se si riesce a discernere il peggio hanno termine pure le afflizioni che la speranza teneva in sospeso. Pian- gere sopra un male ormai passato non giova ad altro che a tirarsi addosso nuo- ve afflizioni. Quando la fortuna si pren- de quel che non può serbare, solo la tolleranza può riuscire a mutare quel torto in una beffa. Ruba qualcosa al la- dro il derubato che ride al ladro; ruba solo a sé chi s’abbandona ad una pena inutile». Desdemona salva quindi il suo inna- morato, ma cadrà poi vittima della ge- losia del Moro, ingannato dalla sordida trama intessuta da Iago per far desti- tuire il comandante in seconda Cassio. È un'altra idea di giustizia quella che emerge dalla parte centrale del dramma shakespeariano: Otello si autoproclama giudice della vicenda che lo riguarda, e sulla base di meri sospetti corroborati da un solo indizio creato ad arte da Iago – il fazzoletto donato dal Moro a Desdemona come pegno d’amore, fatto arrivare nella mani di Cassio – decide di uccidere la sua amata ritenuta infedele, ignorando le sue proteste d’innocenza. Ma è anche la sconfitta della giustizia amministrata, quella che il Doge – nel processo intentato ad Otello da Braban- zio – aveva sottolineato non potersi fon- dare su semplici supposizioni e su ele- menti di prova insufficienti. Shakespea- re mostra, ancora una volta, di non cre- dere più di tanto nella giustizia dei tri- bunali, e su tale atteggiamento potrebbe aver inciso l’esercizio della professione legale – magari negli «anni perduti» del- la sua biografia (1585-1592) – che secondo taluni trapelerebbe dall’estrema dime- stichezza con concetti e istituti giuridici e processuali che trapela dalle sue opere. Una «profonda disillusione – tipica, a ben vedere, proprio degli addetti ai la- vori – verso l’effettiva capacità dei si- stemi giudiziari di fornire risposte au- tenticamente “giuste” alle attese di quanti vi si rivolgono chiedendo l’ap- plicazione imparziale del diritto» (Fran- cesco D’Alessandro, La discriminazione su base razziale nell’opera di Shakespea- re: giudizi e pregiudizi ancora attuali, in «Giustizia e letteratura» I, 2012, pag. 39). 2. Continua (La puntata precedente è stata pubblicata il 20/8) di VITO SPADA E x nihilo nihil fit. Dal nulla non nasce nulla. Questa è in fondo la drammatica critica alla società moderna dell’ultimo libro di Giovanni Sartori La corsa verso il nulla (edito da Mondadori). Qui l’autore riprende molti dei temi trattati in modo specialistico in altre sue pubblicazioni per renderle fruibili al grande pubblico. Gli uomini devono la conoscenza ed il progresso allo loro capacità di astrazione. Tutte le conquiste della nostra civiltà sono dovute allo sviluppo di un mondo intellegibile che sfugge alla percezione immediata dei sensi. Il fatto è che oggi il nuovo homo videns non concepisce nemmeno questo aspetto della conoscenza, dal momento che per lui quella è semplicemente il vedere. La Tv ed internet per la più parte, producono immagini e distruggono la capacità di astrazione, di visione critica, di ra- zionalizzazione e disamina dei problemi con il risultato di atrofizzare la nostra capacità di comprendere il mondo ed i fatti. Eppure dovrebbe essere chiaro che la conoscenza non possa essere confinata alla sola esperienza visiva, ma abbisogna di categorie e speculazioni mentali che possano qualificarla. Altrimenti il risultato è l’apparizione di un con- flitto emozionale che difficilmente potrà essere ricomposto sotto il do- minio della ragione. Eppure è quello che succede oggi, dove ci si confronta non con le idee e la loro elaborazione, ma con la sola categoria delle squa- lifiche aprioristiche che negano qualsiasi confronto razionale. Si ur- la usando la sola violenza verbale che fa sempre riferimento ad emo- zioni più che a considerazioni lo- giche. L’ideologia e il culto della vio- lenza liberatrice fanno ormai parte della «cultura» moderna. Tutti sono alla ricerca di una rivoluzione che possa prefigurare un nuovo ordine economico e sociale. Il risultato certo di questo approccio è la rivolta per- manente che divora i propri figli co- me nel mito di Saturno. L’ancella di questa pretesa irra- zionale è la comparsa del perfezio- nista che pretende di realizzare alla lettera gli ideali. Quando costui si accorge alla fine che il risultato peggiora, è soltanto capace di rincarare la dose di rivoluzione per creare un mondo nuovo dalle fondamenta. E’invece vero, che a maggiore violenza seguono solo maggiore distruzione e danno. Allora perché dare l’assalto ai sistemi democratici che per loro natura sono strumenti flessibili al cambiamento? Anche le democrazie usano la forza, ma è chiara la differenza con la violenza. Questa è «brutale fa male; la forza di per sé no. La forza comanda, impone e sottopone, la violenza aggredisce, ferisce, distrugge. (..) Lo Stato che mi impone le sue leggi e che, se le violo, mi arresta, rinvia a giudizio e condanna è forza, mentre un aggressore che mi punta un coltello al ventre o la folla che mi lincia, sono violenza». I sistemi liberaldemocratici che sono appunto il risultato della riflessione razionale perché sottomettono il controllo della forza a norme imperative e vincolanti, sono state realizzate senza grandi spargimenti di sangue con semplici spallate che hanno ottenuto il cambiamento democratico con l’assenza della violenza istituzionale. Nelle democrazie si vota e si vince senza guerre e spargimenti di sangue. Da queste premesse si deve concludere che anche l’operatività delle democrazie liberali abbisogna di regole «efficienti» sui sistemi elettorali per garantire la catena di comando ed i suoi controlli. E qui Sartori ritorna sulla sua originaria proposta vecchia di trenta anni, sul sistema elettorale a doppio turno che vieti le coalizioni ed i poteri bloccanti delle minoranze, visto che l’insistenza del mag- gioritario secco o del suo sostituto il «Mattarellum» un sistema misto, mag- gioritario secco per tre quarti e proporzionale per un quarto , ha prodotto solo conflitti bloccanti, coalizioni litigiose, poco coese e soprattutto ingovernabilità costante. Il tema dei conflitti con l’Islam copre una buona parte del libro. Il punto essenziale della sua esposizione è che la scintilla che attizza il fuoco è pa- radossalmente proprio la civiltà occidentale con il suoi valori universali dei diritti individuali e della laicità (la separazione tra Stato e Chiesa) a generare il rigetto del mondo islamico. Questo mondo vede nell’Occidente un «invasore culturale ed una minaccia mortale». Tutta la costruzione politica occidentale si fonda sulla separazione della politica dalla religione, su una convivenza plu- ralistica e su principi di valore laici fondati sulla volontà del popolo. Gli Occidentali hanno avuto in passato guerre di religione fra cattolici e protestanti, in misura diversa dal conflitto sciita e sunnita del mondo arabo, e soprattutto il diritto della «società europea è sempre stato, nel suo impianto il diritto romano e, quindi, un diritto autonomo. Invece, il diritto islamico si deve sempre fondare e ricondurre al suo diritto religioso». In Occidente è largamente consolidato il principio che la tolleranza è il rifiuto di ogni dogma, di ogni verità unica ed di conseguenza il pluralismo è legato al rifiuto del potere unico, monocratico ed uniformante. Questa è la radice del problema su cui Sartori ci invita a riflettere e che la Storia dovrà ricomporre nel tempo. care la consegna del Premio a Crocetti. In particolare, si se- gnalano la targa in memoria dello scrittore e critico lette- rario Arcangelo Leone de Ca- stris, scomparso nel 2010, («Per il lungo rapporto di collabo- razione con Vittorio Bodini, del quale fu grande amico oltre che collega») e il riconoscimento «Le mani del Sud» all’artista Nicola Elia “per l’opera Sulle pianure del Sud non passa mai un Sogno. Inoltre, nel corso delle due serate sarà presentato in an- teprima il cd La luna dei Bor- boni, inciso sui versi dell’omo- nima opera di Bodini dal grup- po romano degli Ecovanavoce. «Anche questo – osserva Va- lentina Bodini – è un modo per avvicinare i più giovani agli autori del passato. Le mie fi- glie, ad esempio, conoscono i versi del nonno solo per averne ascoltato la trasposizione in musica». «Si tratta – le fa eco l’assessore alle Culture del Co- mune di Bari, Silvio Maselli – dell’inizio di un percorso am- pio, concepito per ricucire lo strappo fra i cittadini e la let- tura. Ricordare un gigante co- me Vittorio Bodini ci aiuta a superare la quotidiana ripeti- tività dei soliti stilemi e lan- ciare lo sguardo nell’oltre». Il nudo del 1917 toccherà cifre da record All’asta un Modigliani da 100 milioni di dollari . L'estate non è ancora finita, ma le grandi manovre alle case d’asta internazionali sono già comincia- te: Christie’s ha appena annuncia- to che a novembre metterà in ven- dita un ritratto di donna nuda del 1917 di Amedeo Modigliani, fa- cendo circolare l’aspettativa di in- cassi per oltre 100 milioni di dolla- ri, un record per l’artista livornese. Nelle ultime stagioni i prezzi per opere di grande qualità sono saliti alle stelle: se il «Nu Couchè» di Modigliani dovesse realmente rea- lizzare la cifra auspicata, sarebbe comunque meno dei 180 milioni di dollari pagati lo scorso maggio da un collezionista da Christie’s per un dipinto di Pablo Picasso. Cento milioni è diventata la nuova soglia per un capolavoro degno di que- sto nome. E il nudo di Modigliani ha un pedigree di eccezione: lo metterebbe in vendita – secondo fonti del «Wall Street Journal» – la storica dell’arte Laura Mattioli Ros- si, figlia del leggendario collezioni- sta milanese Gianni Mattioli e la fondatrice del Cima, Center for the Italian Modern Art di Soho. Altre 26 opere della raccolta di fa- miglia Mattioli sono esposte al museo Peggy Guggenheim di Ve- nezia. Christie’s non ha voluto confermare l’identità del vendito- re. LE CERIMONIE DOMANI E DOMENICA I DUE EVENTI PRESENTATI DA ANTONIO CAPRARICA E PASQUALE BELLINI A Lecce e Bari i premi nel nome di Vittorio Bodini di LEONARDO PETROCELLI «M io padre si è sempre diviso fra Bari e Lec- ce. Ha amato queste due città intensamente, appassionata- mente e per ragioni diverse. Escludere l’una a vantaggio dell’altra non avrebbe senso». Ec- co perché il Premio Internazionale de- dicato a Vittorio Bodini - poeta, ispa- nista e insuperato traduttore di classici in lingua spagnola - si sdoppierà que- st’anno nel suo passaggio fi- nale con due serate conclusive ed altrettante premiazioni di- verse, equamente distribuite nelle due città pugliesi. «Bari e Lecce, appunto - spiega Valen- tina Bodini, figlia del poeta e direttore del Centro Studi a lui intitolato -. È quindi la Puglia tutta, senza campanilismi né provincialismi, a raccogliersi e legarsi nel ricordo di Bodini, animando un Premio che in- tende omaggiare i figli più il- lustri di questa terra nonché promuovere i nuovi talenti che, fra presente e futuro, contri- buiranno a renderla ancora grande». I nomi dei vincitori, selezio- nati da una giuria internazio- nale presieduta dalla docente Anna Dolfi e composta, fra gli altri, dagli italianisti Pasquale Guaragnella e Lucio Giannone e dall’editore Livio Muci, sono già noti: Fabio Pusterla, autore di Argéman (Marcos y Marcos), per la sezione Poesia e Nicola Crocetti per la sezione Tradu- zione. A ognuno di loro sarà dedicata una serata diversa. La prima è prevista sabato a Lec- ce, presso il Teatro Romano, con la conduzione del giorna- lista e saggista Antonio Capra- rica. Oltre alla incoronazione di Pusterla, la manifestazione dispenserà altri riconoscimen- ti: la targa in memoria del pit- tore Lino Paolo Suppressa «per l’intenso sodalizio, umano e ar- tistico, con Vittorio Bodini» e la targa «La luna dei Borboni 2015» all’italianista e professo- re emerito dell’Università di Bari Francesco Tateo per «il rapporto di amicizia e colla- borazione con Vittorio Bodini, del quale fu collega presso l’Università degli Studi di Ba- ri». Infine, l’artista Francesco Ferreri, autore del murales su Vittorio Bodini che campeggia dall’anno scorso su un palazzo di via Taranto a Lecce, riceverà il premio «Le mani del Sud». Altrettanto ricco l’appunta- mento barese, presentato ieri nella Sala Giunta del Comune di Bari, e fissato per domenica alle 20.30 negli spazi del For- tino di Sant'Antonio Abate. La serata, condotta dal docente e critico, nonché allievo di Bo- dini, Pasquale Bellini, vedrà, anche in questa occasione, nu- merosi riconoscimenti affian- RITRATTO DI FAMIGLIA Una foto d’archivio di Bodini con la figlia La disillusione che traspare dalle opere sembra quella tipica degli addetti ai lavori: si occupò di legge fino al 1592? SULLA RETE Mark Zuckerberg, re di Facebook. In alto, Mark Ruffalo e la moglie Sunrise Coigney fotografati al Festival di Venezia per il film «Spotlight» Tra i nomi: Pusterla, Crocetti e l’artista Elia. Omaggio a Leone de Castris CULTURA & SPETTACOLI Il social network ha superato il traguardo di un miliardo di persone collegate. Le «baruffe chiozzotte» IL SAGGIO LA SFIDA DEI DOGMI E IL PERICOLO DELLA CORSA VERSO IL NULLA Quando la «forza» in democrazia non indica violenza Le riflessioni sociali e politiche proposte da Giovanni Sartori SAGGISTICA Giovanni Sartori TESTIMONI E IMPUTATI Un’immagine tratta dall’Otello di Orson Welles In alto, William Shakespeare, del quale in questo articolo si tratteggia l’abitudine a utilizzare forme di racconto processuale tutte da riscoprire Vetrina REPERTO UNICO, RISALE A CIRCA 1.800 ANNI FA Scoperto sarcofago in Israele n Le autorità archeologiche israeliane hanno an- nunciato il ritrovamento di un sarcofago di pie- tra calcarea risalente a circa 1800 anni fa, uno dei più rari mai rinvenuti nel paese. La scoperta è avvenuta durante la costruzione di alcune ville ad Ashkelon, città costiera nel sud di Israele. Il sarcofago – che pesa circa 2 tonnellate e ha una lunghezza di 2.5 metri – è stato però danneggiato dalle escavatrici nel tentativo di nasconderlo. Il reperto è scolpito su entrambi i lati ed ha incisa sul coperchio una persona ricurva. IL «CYBORG» REALIZZATO IN GIAPPONE Un androide Leonardo Da Vinci n Faccia a faccia con Leonardo da Vinci: arriva dal Giappone il primo androide che riproduce il vol- to e la mimica facciale del celebre genio del Ri- nascimento italiano così come doveva apparire negli ultimi anni della sua esistenza. Con le so- pracciglia aggrottate e la sua lunga barba bian- ca, accoglierà fino al 27 settembre i visitatori del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnolo- gia di Milano interagendo con loro e pronun- ciando frasi tratte dai manoscritti di Leonardo. Il robot, che si avvale di tecnologie di mimica facciale di ultima generazione, è stato progettato dal gruppo di Minoru Asada, direttore del dipar- timento di robotica di neuroscienze cognitive dell’università di Osaka, che da anni lavora allo sviluppo di androidi sempre più capaci di inte- ragire con le persone secondo modalità umane.

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Non dite al Bardo evviva i tribunali(GdM, 4 settembre 2015)

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L’ELZEVIRO OLTRE I FILM E IL RED CARPET: VIAGGIO NELL’ASSENZA/PRESENZA

Facebook è un’«agorà»senza il bello del cinemaRealismo a Venezia, in un Lido nostalgico

di OSCAR IARUSSI

Di recente Facebook ha rag-giunto il traguardo di un mi-liardo di persone collegate inun solo giorno - lunedì 24 ago-

sto - al social network brevettato da MarkZuckerberg, che ha diffuso la notizia concomprensibile orgoglio. Quanto poi gliutenti siano davvero partecipi di unadimensione social ovvero utilizzino iln e t w o rk non solo per specchiarvisi, è unaltro discorso, materia per sociologi eantropologi culturali. Resta tuttavial’impressione di un Moloch immateriale,che frutta proventi inimmaginabili finoa qualche anno orsono grazie a una sortadi confederazione delle solitudini, deinarcisismi, delle curiosità spesso irra-gionevoli o irriguardose. E’ un mecca-nismo che va oltre il semplice voyeu -rismo cinematog ra-fico e televisivo, nelquale c’è chi propo-ne l’immagine auna moltitudine diosservatori indi-screti o morbosi. InFacebook, infatti,come su YouTube ealtri social, ciascu-no è spettatore e pro-duttore di contenu-ti. Sia detto senza al-cuna tentazione«apocalittica» daparte nostra, ancheperché, scomodan-do una classica di-cotomia stabilita daUmberto Eco, siamotutti «integrati» inquesto mondo vir-t u a l e.

D’altronde, altrimodi di «fare rete»sono rari. Tramon-tati i partiti politicinel loro radicamen-to territoriale, incrisi l’associazioni -smo e la cooperazio-ne a causa dalla chi-mera del successoindividuale che bril-la da almeno due de-cenni, restano inpiedi il volontariato e talune eccezioniculturali che si manifestano nei festivalcinematografici, teatrali, musicali, let-terari, filosofici… Sono i festival, si di-rebbe, ad aver ereditato i caratteri piùgiocosi dell’a gorà, della piazza e del ra-duno nella polis greca, trapiantando nel‘900 una forma di cittadinanza che oggiresiste persino all’imperio di Facebook.

E’ cominciato da qualche giorno il fe-stival di Venezia, che invero va fiero delladefinizione originaria di Mostra inter-nazionale di arte cinematografica natanel 1932. E’ il festival più antico del mon-do e nella sua filigrana, di là dai singolifilm, affiora alla ribalta la modalità no-vecentesca del confronto serratovis-à-vis tra critici severi o indulgenti,spettatori appassionati, militanti di unaqualche corrente della cinefilia interna-zionale (se ne contano più che nella De-mocrazia cristiana dei bei tempi), finan-che tra visitatori di passaggio al Lido diVenezia dove si tiene la kermesse.

Il Lido è l’isola cara alle memorie diThomas Mann e di Luchino Visconti, con

il meraviglioso salone ligneo dove fu am-bientato Morte a Venezia e quindi giratoil film, cuore inaccessibile del leggen-dario Grand Hotel des Bains in abban-dono dopo il rogo del 2008, sebbene ades-so sembra possa rinascere con diversefinalità immobiliari. Non lontano, eccoaltre «rovine»: il teatro liberty Marinoni,l’ex bellissimo ospedale al mare e il re-siduo cratere ricoperto di ghiaia doveera prevista la costruzione del nuovoPalazzo del Cinema, bloccata per la pre-senza di amianto nel sottosuolo (un «bu-co» costato decine di milioni di euro:ennesimo scandalo veneziano degli ul-timi anni).

Il Lido pare concepito per nutrire lanostalgia ed è un’isola rarefatta, lette-raria, quasi un’assenza. Ma l’«assenza» è«più acuta presenza», ricorda un verso diAttilio Bertolucci (padre dei registi Ber-

nardo e Giuseppe),che qui si attagliaalle ombre sulloschermo e alle con-versazioni o alle di-spute che ne deriva-no. Sì che il festivaldi Venezia dia corpoa una forma di so-cialità realistica,concreta, tangibilee niente affatto vir-tuale. E’ un bel pa-radosso del cinema:nato per far sogna-re le masse a occhiaperti, dato permorto a ogni salatrasformata in su-permercato o in ga-rage, oggi risorgenegli affollatissimimultiplex, ma an-che come occhioaperto sui sogni dimassa.

Basti pensare aifilm di ieri nel car-tellone della Mo-stra: Spotlight diMcCarthy che rico-struisce la vicendadegli abusi sui mi-nori all’interno del-la Chiesa cattolicanegli Usa, Winter on

F i re di Afineevsky sul movimento deidiritti civili in Ucraina, Looking for Gra-ce di Sue Brooks dedicato al tormentoadolescenziale, Beasts of No Nation diFukunaga sulle guerre africane combat-tute dai bambini, F rancofonia di Soku-rov nelle pieghe del rapporto tra arte epotere. Temi non proprio tra i più diffusisu Facebook, che, a dispetto della suadiffusione universale, è dominato da ar-gomenti di campanile, da beghe locali eda personalismi a gogo: non a gorà, bensìtribuna per baruffe post-chiozzotte.

Venezia si è aperta l’altra sera con leparole del regista Alfonso Cuarón, pre-sidente della giuria e vincitore di duepremi Oscar per G ra v i t y : «Sono un mes-sicano che vive in Europa e mi sonosempre sentito il benvenuto. Vorrei lastessa accoglienza per tutti i migranti».Un appello «ammirevole», secondo il pre-sidente della Repubblica, Sergio Matta-rella, presente all’inaugurazione. Misu-ra e realismo di un visionario, Cuarón,tra i campioni del cinema che restituisceconcretezza alle cose.

OLTRE IL PROCESSO «SHAKESPEARE IN LAW»: LEGGI E PAGINE NOTISSIME DI IERI VISTE CON GLI OCCHI DI OGGI

Non dite al Bardoevviva i tribunaliOtello e la Giustizia: due poli opposti a confrontoMentre Shakespeare rivela una «pratica» legale

di SERGIO LORUSSO

Anche nell’Otello il tema delrazzismo permea la narra-zione di William Shakespea-re, ma con significative dif-

ferenze rispetto al Mercante di Venezia,che emergono dalla contrapposizione indivenire dei protagonisti, oltre che dalladiversa dimensione drammaturgica chequi assume la fisionomia della tragedia.Otello è a capo dell’esercito venezianoche appresta a combattere contro i tur-chi nell’isola di Cipro: è un moro e nonun cittadino – com’è tradizione della Re-pubblica veneta, allo scopo di scongiu-rare ogni tentativo di uso strumentaledella forza militare, che potrebbe ali-mentare ambizioni personali – e si èsegretamente sposato con Desdemona,una donna bianca. Si tratta di uno scan-dalo per l’epoca, tenuto conto della forteidentità etnica della città lagunare, equando l’arcano viene portato a cono-scenza del padre di lei, Brabanzio, dalperfido Iago, il Moro viene condotto ingiudizio dl genitore innanzi al Consigliodei Dieci, presieduto dal Doge.

La scena è, ancora una volta, quelladel Palazzo Ducale, l’accusa è quella dicirconvenzione mediante l’e s e rc i z i ofraudolento di pratiche magiche in dan-no di Desdemona, che mai – a detta diBrabante – avrebbe potuto di sua volontàseguire Otello, fuggendo da suo padre erischiando di essere derisa da tutta lacittà per finire tra le braccia del Moro,lei, «una affatto procace giovinetta, d’in -dole sì tranquilla e riservata, da arros-sire perfino di se stessa ad ogni minimomoto dell’animo! E, ad onta di codestasua natura, dell’età, dell’ambiente delpaese, della reputazione e tutto il resto,

andarsi a innamorare di qualcosa cheaveva fin paura di guardare!». Lei, che harifiutato di contrarre matrimonio con igiovani più belli e ricchi della città la-gunare, non può essere caduta in errore,«contro ogni regola della natura»; e «sequesto è potuto accadere», perciò, «nonpuò spiegarsi che col ricercarvi malignee astute pratiche infernali». Nessun po-sto per l’amore, insomma, in una societàgravida di pregiudizi qual è ancora quel-la veneziana del sedicesimo secolo, no-nostante il suo sguardo rivolto ad Orien-t e.

Il Moro tuttavia accetta serenamenteil giudizio, anche per evitare di esseresubito arrestato – come vorrebbe Bra-banzio per l’onta subita –, persuaso dipoter dimostrare di essere un uomo sen-za macchia e senza peccato, un valorosocondottiero al servizio della città, e chia-

ma a testimoniare in suo favore Desde-mona.

Le accuse sono destinate a cadere fa-cilmente, la verità è quella invocata daOtello: «ella m’amò pei corsi miei pe-rigli, ed io l’amai per quella sua pietà.Ecco: tutta la mia stregoneria, gli in-cantesimi miei, è tutto qui», la ragazzanon è stata «trafugata, ingannata, cor-rotta, pervertita con esorcismi e constregati intrugli acquistati da bassi ciar-latani», come sostiene il padre, che im-

puta al Moro di aver fatto sprofondarel’inerme fanciulla nel vizio. Il Doge ram-menta a Brabanzio che affermare unfatto non significa provarlo, «senza piùvalida testimonianza che queste vostremagre congetture e queste scarne ve-rosimiglianz e».

Il supremo magistrato della Repub-blica veneziana appare toccato dal rac-conto di Otello: «una storia così, sonosicuro, saprebbe conquistare anche miafiglia», afferma, «tutto è nato per spon-

tanea richiesta da sua parte, e per quelcerto dolce colloquiare che spingeu n’anima verso un’altr’anima», non vi èstato né plagio né inganno.

Il Doge invita quindi il padre dellaragazza ad «aggiustar per il meglio que-sto affare piuttosto squinternato: spessou n’arma spuntata serve meglio agli uo-mini che non le proprie mani». La suasentenza è chiara: «quando i rimedi nonservono più, se si riesce a discernere ilpeggio hanno termine pure le afflizioni

che la speranza teneva in sospeso. Pian-gere sopra un male ormai passato nongiova ad altro che a tirarsi addosso nuo-ve afflizioni. Quando la fortuna si pren-de quel che non può serbare, solo latolleranza può riuscire a mutare queltorto in una beffa. Ruba qualcosa al la-dro il derubato che ride al ladro; rubasolo a sé chi s’abbandona ad una penai nu t i l e » .

Desdemona salva quindi il suo inna-morato, ma cadrà poi vittima della ge-

losia del Moro, ingannato dalla sordidatrama intessuta da Iago per far desti-tuire il comandante in seconda Cassio. Èun'altra idea di giustizia quella cheemerge dalla parte centrale del drammashakespeariano: Otello si autoproclamagiudice della vicenda che lo riguarda, esulla base di meri sospetti corroborati daun solo indizio creato ad arte da Iago – ilfazzoletto donato dal Moro a Desdemonacome pegno d’amore, fatto arrivare nellamani di Cassio –decide di uccidere la suaamata ritenuta infedele, ignorando lesue proteste d’innocenza.

Ma è anche la sconfitta della giustiziaamministrata, quella che il Doge – nelprocesso intentato ad Otello da Braban-zio – aveva sottolineato non potersi fon-dare su semplici supposizioni e su ele-menti di prova insufficienti. Shakespea-re mostra, ancora una volta, di non cre-dere più di tanto nella giustizia dei tri-bunali, e su tale atteggiamento potrebbeaver inciso l’esercizio della professionelegale – magari negli «anni perduti» del-la sua biografia (1585-1592) – che secondotaluni trapelerebbe dall’estrema dime-stichezza con concetti e istituti giuridicie processuali che trapela dalle sue opere.Una «profonda disillusione – tipica, aben vedere, proprio degli addetti ai la-vori – verso l’effettiva capacità dei si-stemi giudiziari di fornire risposte au-tenticamente “giuste” alle attese diquanti vi si rivolgono chiedendo l’ap -plicazione imparziale del diritto» (Fran-cesco D’A l e s s a n d ro, La discriminazionesu base razziale nell’opera di Shakespea-re: giudizi e pregiudizi ancora attuali, in«Giustizia e letteratura» I, 2012, pag. 39).

2. Continua (La puntata precedente èstata pubblicata il 20/8)

di VITO SPADA

Ex nihilo nihil fit. Dal nulla non nasce nulla. Questa è in fondo ladrammatica critica alla società moderna dell’ultimo libro di GiovanniSartori La corsa verso il nulla (edito da Mondadori). Qui l’a u t o reriprende molti dei temi trattati in modo specialistico in altre sue

pubblicazioni per renderle fruibili al grande pubblico. Gli uomini devono laconoscenza ed il progresso allo loro capacità di astrazione. Tutte le conquistedella nostra civiltà sono dovute allo sviluppo di un mondo intellegibile che sfuggealla percezione immediata dei sensi. Il fatto è che oggi il nuovo homo videns nonconcepisce nemmeno questo aspetto della conoscenza, dal momento che per luiquella è semplicemente il vedere. La Tv ed internet per la più parte, produconoimmagini e distruggono la capacità di astrazione, di visione critica, di ra-zionalizzazione e disamina dei problemi con il risultato di atrofizzare la nostracapacità di comprendere il mondo ed i fatti.

Eppure dovrebbe essere chiaro che la conoscenza non possa essere confinataalla sola esperienza visiva, ma abbisogna di categorie e speculazioni mentali chepossano qualificarla. Altrimenti ilrisultato è l’apparizione di un con-flitto emozionale che difficilmentepotrà essere ricomposto sotto il do-minio della ragione. Eppure è quelloche succede oggi, dove ci si confrontanon con le idee e la loro elaborazione,ma con la sola categoria delle squa-lifiche aprioristiche che neganoqualsiasi confronto razionale. Si ur-la usando la sola violenza verbaleche fa sempre riferimento ad emo-zioni più che a considerazioni lo-giche. L’ideologia e il culto della vio-lenza liberatrice fanno ormai partedella «cultura» moderna. Tutti sonoalla ricerca di una rivoluzione chepossa prefigurare un nuovo ordineeconomico e sociale. Il risultato certodi questo approccio è la rivolta per-manente che divora i propri figli co-me nel mito di Saturno.

L’ancella di questa pretesa irra-zionale è la comparsa del perfezio-nista che pretende di realizzare allalettera gli ideali. Quando costui si accorge alla fine che il risultato peggiora, èsoltanto capace di rincarare la dose di rivoluzione per creare un mondo nuovodalle fondamenta. E’ invece vero, che a maggiore violenza seguono solo maggioredistruzione e danno. Allora perché dare l’assalto ai sistemi democratici che perloro natura sono strumenti flessibili al cambiamento? Anche le democrazieusano la forza, ma è chiara la differenza con la violenza. Questa è «brutale famale; la forza di per sé no. La forza comanda, impone e sottopone, la violenzaaggredisce, ferisce, distrugge. (..) Lo Stato che mi impone le sue leggi e che, se leviolo, mi arresta, rinvia a giudizio e condanna è forza, mentre un aggressore chemi punta un coltello al ventre o la folla che mi lincia, sono violenza». I sistemiliberaldemocratici che sono appunto il risultato della riflessione razionaleperché sottomettono il controllo della forza a norme imperative e vincolanti,sono state realizzate senza grandi spargimenti di sangue con semplici spall at eche hanno ottenuto il cambiamento democratico con l’assenza della violenzai s t i t u z i o n a l e.

Nelle democrazie si vota e si vince senza guerre e spargimenti di sangue. Daqueste premesse si deve concludere che anche l’operatività delle democrazieliberali abbisogna di regole «efficienti» sui sistemi elettorali per garantire lacatena di comando ed i suoi controlli. E qui Sartori ritorna sulla sua originariaproposta vecchia di trenta anni, sul sistema elettorale a doppio turno che vieti lecoalizioni ed i poteri bloccanti delle minoranze, visto che l’insistenza del mag-gioritario secco o del suo sostituto il «Mattarellum» un sistema misto, mag-gioritario secco per tre quarti e proporzionale per un quarto , ha prodotto soloconflitti bloccanti, coalizioni litigiose, poco coese e soprattutto ingover nabilitàcostante. Il tema dei conflitti con l’Islam copre una buona parte del libro. Il puntoessenziale della sua esposizione è che la scintilla che attizza il fuoco è pa-radossalmente proprio la civiltà occidentale con il suoi valori universali deidiritti individuali e della laicità (la separazione tra Stato e Chiesa) a generare ilrigetto del mondo islamico. Questo mondo vede nell’Occidente un «invasoreculturale ed una minaccia mortale». Tutta la costruzione politica occidentale sifonda sulla separazione della politica dalla religione, su una convivenza plu -ralistica e su principi di valore laici fondati sulla volontà del popolo. GliOccidentali hanno avuto in passato guerre di religione fra cattolici e protestanti,in misura diversa dal conflitto sciita e sunnita del mondo arabo, e soprattutto ildiritto della «società europea è sempre stato, nel suo impianto il diritto romano e,quindi, un diritto autonomo. Invece, il diritto islamico si deve sempre fondare ericondurre al suo diritto religioso». In Occidente è largamente consolidato ilprincipio che la tolleranza è il rifiuto di ogni dogma, di ogni verità unica ed diconseguenza il pluralismo è legato al rifiuto del potere unico, monocratico eduniformante. Questa è la radice del problema su cui Sartori ci invita a riflet t e ree che la Storia dovrà ricomporre nel tempo.

care la consegna del Premio aCrocetti. In particolare, si se-gnalano la targa in memoriadello scrittore e critico lette-rario Arcangelo Leone de Ca-stris, scomparso nel 2010, («Peril lungo rapporto di collabo-razione con Vittorio Bodini, delquale fu grande amico oltre checollega») e il riconoscimento«Le mani del Sud» all’ar tistaNicola Elia “per l’opera Sullepianure del Sud non passa maiun Sogno.

Inoltre, nel corso delle dueserate sarà presentato in an-teprima il cd La luna dei Bor-boni, inciso sui versi dell’omo -nima opera di Bodini dal grup-po romano degli Ecovanavoce.«Anche questo – osserva Va-lentina Bodini – è un modo peravvicinare i più giovani agliautori del passato. Le mie fi-glie, ad esempio, conoscono iversi del nonno solo per averneascoltato la trasposizione inmusica». «Si tratta – le fa ecol’assessore alle Culture del Co-mune di Bari, Silvio Maselli –dell’inizio di un percorso am-pio, concepito per ricucire lostrappo fra i cittadini e la let-tura. Ricordare un gigante co-me Vittorio Bodini ci aiuta asuperare la quotidiana ripeti-tività dei soliti stilemi e lan-ciare lo sguardo nell’o l t re » .

Il nudo del 1917 toccherà cifre da recordAll’asta un Modigliani da 100 milioni di dollari.

L'estate non è ancora finita, male grandi manovre alle case d’astainternazionali sono già comincia-te: Christie’s ha appena annuncia-to che a novembre metterà in ven-dita un ritratto di donna nuda del1917 di Amedeo Modigliani, fa-cendo circolare l’aspettativa di in-cassi per oltre 100 milioni di dolla-ri, un record per l’artista livornese.Nelle ultime stagioni i prezzi peropere di grande qualità sono salitialle stelle: se il «Nu Couchè» diModigliani dovesse realmente rea-lizzare la cifra auspicata, sarebbecomunque meno dei 180 milioni didollari pagati lo scorso maggio daun collezionista da Christie’s per

un dipinto di Pablo Picasso. Centomilioni è diventata la nuova sogliaper un capolavoro degno di que-sto nome. E il nudo di Modiglianiha un pedigree di eccezione: lometterebbe in vendita – secondofonti del «Wall Street Journal» – lastorica dell’arte Laura Mattioli Ros-si, figlia del leggendario collezioni-sta milanese Gianni Mattioli e lafondatrice del Cima, Center for theItalian Modern Art di Soho.Altre 26 opere della raccolta di fa-miglia Mattioli sono esposte almuseo Peggy Guggenheim di Ve-nezia. Christie’s non ha volutoconfermare l’identità del vendito-re.

LE CERIMONIE DOMANI E DOMENICA I DUE EVENTI PRESENTATI DA ANTONIO CAPRARICA E PASQUALE BELLINI

A Lecce e Bari i preminel nome di Vittorio Bodini

di LEONARDO PETROCELLI

«M io padre siè semprediviso fraBari e Lec-

ce. Ha amato queste due cittàintensamente, appassionata-

mente e per ragionidiverse. Escluderel’una a vantaggiodell’altra nonavrebbe senso». Ec-co perché il PremioInternazionale de-dicato a VittorioBodini - poeta, ispa-nista e insuperato

traduttore di classici in linguaspagnola - si sdoppierà que-st’anno nel suo passaggio fi-nale con due serate conclusiveed altrettante premiazioni di-verse, equamente distribuitenelle due città pugliesi. «Bari eLecce, appunto - spiega Valen-

tina Bodini, figlia del poeta edirettore del Centro Studi a luiintitolato -. È quindi la Pugliatutta, senza campanilismi néprovincialismi, a raccogliersi elegarsi nel ricordo di Bodini,animando un Premio che in-tende omaggiare i figli più il-lustri di questa terra nonchépromuovere i nuovi talenti che,fra presente e futuro, contri-buiranno a renderla ancorag rande».

I nomi dei vincitori, selezio-nati da una giuria internazio-nale presieduta dalla docenteAnna Dolfi e composta, fra glialtri, dagli italianisti PasqualeGuaragnella e Lucio Giannonee dall’editore Livio Muci, sonogià noti: Fabio Pusterla, autoredi Argéman (Marcos y Marcos),per la sezione Poesia e NicolaCrocetti per la sezione Tradu-zione. A ognuno di loro saràdedicata una serata diversa. La

prima è prevista sabato a Lec-ce, presso il Teatro Romano,con la conduzione del giorna-lista e saggista Antonio Capra-rica. Oltre alla incoronazionedi Pusterla, la manifestazionedispenserà altri riconoscimen-ti: la targa in memoria del pit-tore Lino Paolo Suppressa «perl’intenso sodalizio, umano e ar-tistico, con Vittorio Bodini» e latarga «La luna dei Borboni2015» all’italianista e professo-re emerito dell’Università diBari Francesco Tateo per «ilrapporto di amicizia e colla-borazione con Vittorio Bodini,del quale fu collega presso

l’Università degli Studi di Ba-ri». Infine, l’artista FrancescoFerreri, autore del murales suVittorio Bodini che campeggiadall’anno scorso su un palazzodi via Taranto a Lecce, riceveràil premio «Le mani del Sud».

Altrettanto ricco l’appunta -mento barese, presentato ierinella Sala Giunta del Comunedi Bari, e fissato per domenicaalle 20.30 negli spazi del For-tino di Sant'Antonio Abate. Laserata, condotta dal docente ecritico, nonché allievo di Bo-dini, Pasquale Bellini, vedrà,anche in questa occasione, nu-merosi riconoscimenti affian-

RITRATTO DIFA M I G L I AUna fotod’archiviodi Bodinicon la figlia.

La disillusione che trasparedalle opere sembra quella

tipica degli addetti ai lavori: sioccupò di legge fino al 1592?

SULLA RETE Mark Zuckerberg, re diFacebook. In alto, Mark Ruffalo e lamoglie Sunrise Coigney fotografati alFestival di Venezia per il film «Spotlight»

Tra i nomi: Pusterla,Crocetti e l’artista

Elia. Omaggio aLeone de Castris

C U LT U R A &S P E T TAC O L I

Il social network ha superatoil traguardo di un miliardo

di persone collegate. Le«baruffe chiozzotte»

IL SAGGIO LA SFIDA DEI DOGMI E IL PERICOLO DELLA CORSA VERSO IL NULLA

Quando la «forza»in democrazianon indica violenzaLe riflessioni sociali e politicheproposte da Giovanni Sartori

S AG G I S T I C A Giovanni Sartori

TESTIMONI EI M P U TAT IU n’immagine trattadall’Otello di OrsonWe l l e sIn alto, WilliamShakespeare, delquale in questoarticolo sitratteggial’abitudine autilizzare forme diraccontoprocessuale tutteda riscoprire

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Ve t r i n aREPERTO UNICO, RISALE A CIRCA 1.800 ANNI FA

Scoperto sarcofago in Israelen Le autorità archeologiche israeliane hanno an-

nunciato il ritrovamento di un sarcofago di pie-tra calcarea risalente a circa 1800 anni fa, uno deipiù rari mai rinvenuti nel paese. La scoperta èavvenuta durante la costruzione di alcune villead Ashkelon, città costiera nel sud di Israele. Ilsarcofago – che pesa circa 2 tonnellate e ha unalunghezza di 2.5 metri – è stato però danneggiatodalle escavatrici nel tentativo di nasconderlo. Ilreperto è scolpito su entrambi i lati ed ha incisasul coperchio una persona ricurva.

IL «CYBORG» REALIZZATO IN GIAPPONE

Un androide Leonardo Da Vincin Faccia a faccia con Leonardo da Vinci: arriva dal

Giappone il primo androide che riproduce il vol-to e la mimica facciale del celebre genio del Ri-nascimento italiano così come doveva apparirenegli ultimi anni della sua esistenza. Con le so-pracciglia aggrottate e la sua lunga barba bian-ca, accoglierà fino al 27 settembre i visitatori delMuseo Nazionale della Scienza e della Tecnolo-gia di Milano interagendo con loro e pronun-ciando frasi tratte dai manoscritti di Leonardo.Il robot, che si avvale di tecnologie di mimicafacciale di ultima generazione, è stato progettatodal gruppo di Minoru Asada, direttore del dipar-timento di robotica di neuroscienze cognitivedell’università di Osaka, che da anni lavora allosviluppo di androidi sempre più capaci di inte-ragire con le persone secondo modalità umane.