Nomi professionali femminili

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NOMI PROFESSIONALI FEMMINILI

È stato questo un argomento dall'interesse alquanto inaspettato: non potevo immaginareche tanto si dibattesse su una lingua talmente "sessista" da impegnare la Presidenza delConsiglio dei Ministri e la Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità trauomo e donna nella stesura di un documento ufficiale, volto a dare delle indicazioni e deisuggerimenti per un uso più "giusto" dell'italiano. Era il 1987.

Avevo sempre creduto che utilizzare il termine "Uomo" per indicare l'intero genere umano, oespressioni similari, si dovesse a quell'uso, in certo senso neutro, di varie parole maschiliche assumono una portata più universale, per cui non c'era tanto da sentirsi offese (noidonne): era semplicemente un modo per colmare la lacuna lasciata dal neutro latino cadutoin disparte.

L'evidenza dimostra che non è così. Ho trovato un estratto da Il sessismo nella linguaitaliana a cura di Alma Sabatini, appunto per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dalquale risulta che già da anni - soprattutto all'estero - si era iniziato ad intervenire contro ilcosiddetto "sessismo linguistico". Si sono interessati e si interessano a ciò associazioniculturali, organismi di varia natura e, a quanto pare, anche le case editrici e le redazionistampa sono fornite di linee-guida "(...) per evitare qualunque forma discriminatoria perrazza e per sesso". In Francia, per esempio, è stata costituita una Commissione per laTerminologia, appositamente per questo adeguamento del linguaggio verso il "lato piùfemminile".

Probabilmente - ma mi posso sbagliare - il problema non è tanto il sentimento didiscriminazione da parte delle donne, quanto una difficoltà derivata dalla presenza crescentedella donna, per esempio in ambiti lavorativi tradizionalmente a lei negati o quasi.Effettivamente la lingua riflette l'evolversi della società che ne fa uso e la sua"femminilizzazione" ne è un sintomo. Oggigiorno, l'ambasciatore italiano in Crimea potrebbebenissimo essere una donna: come la chiamiamo? Ambasciatrice rientra nella classe di nomiche denotavano normalmente la moglie di un funzionario. Logicamente in questo caso nonsarà difficile accettare "ambasciatrice" anche per la carica in sé stessa, o si utilizzerannoforme - come quella proposta dal Gabrielli nel 1976 - "l'ambasciatrice accreditata", ma altricasi possono creare maggiori problemi.

Cito dalla Sabatini: "Il campo in cui i cambiamenti sono particolarmente importanti, sia peril valore emblematico sia per le conseguenze pratiche, è quello dei nomi di professione,mestiere, cariche e titoli". In questo campo, le nuove forme - di solito così ostiche daaccettare - entrano con più facilità, esattamente perché devono riempire veri e propri vuotilinguistici.

Bisogna distinguere tre comportamenti diversi nella nascita ed evoluzione di nuovi terminiper cariche e titoli femminili.Alla prima categoria appartengono i nomi che designavano in passato le mogli dei varifunzionari ora passate ad indicare la titolare di un certo ufficio: sono quelli che a voltepossono creare piccoli dubbi, sono perfettamente integrati nella lingua. Un esempio è il giàcitato ambasciatrice, ma anche governatrice eccetera.Il secondo gruppo è quello dei sostantivi propri di attività svolte fin dal passato da donne:sono i più stabili e accettati. Professoressa, dottoressa eccetera.L'ultimo è il caso di nomi femminili che non esistevano, se non per usi particolari: sono isostantivi più numerosi, che creano più problemi ed ambiguità. L'avvocato ha il suocorrispettivo che oscilla tra il macshile anche per una donna, l'avvocatessa o il più recenteavvocata, proposto anche dalle Raccomandazioni.

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Secondo le Raccomandazioni del Consiglio dei ministri, innanzitutto bisogna "evitare diusare il maschile dei nomi di mestieri, professioni, cariche, per segnalare posizioni diprestigio quando il femminile esiste...).È il caso - abbastanza semplice - di: amministratrice, segretaria, direttrice, procuratrice,senatrice, redattrice, scrittrice ___________________ ed anche: consigliera, rettrice,notaia _________________, forme un po' meno abituali all'orecchio.

Da notare: procuratrice esiste già in latino. Viene da procuratrix -icis, che è il femminile diprocurator -oris.

Altra nota: molte donne con cariche politiche continuano a preferire che ci si rivolga loro conil titolo al maschile di redattore, senatore, ecc.

Un problema che si crea, seguendo queste indicazioni, è che l'uso del femminile non saràpiù sufficiente in presenza di un superlativo relativo. La soluzione proposta è rendereesplicito il tutto cui ci si rivolge. Con l'esempio - ripreso dallo stesso testo - risulta piùchiaro: non potendo dire "Marguerite Yourcenar è uno dei più grandi scrittori viventi", non sipotrà nemmeno dire "Marguerite Yourcenar è una delle più grandi scrittrici viventi", perchéla si starebbe comparando solo al campo (più ristretto) delle scrittrici. Quindi si dovrà dire:"Marguerite Yourcenar è una delle più grandi tra scrittrici e scrittori viventi". Non so sequesto significa andare un po' oltre: sembra più che logico, ma se è vero che la lingua tendeall'economia - cosa altrettanto logica - perché arrivare a tale pesantezza?

3) Il terzo punto riguarda le forme epicene dei nomi. Sono i nomi promiscui, ossia quelli conla stessa forma maschile o femminile, che si distinguono grazie all'articolo che liaccompagna (questa è tra l'altro la linea più comune in Francia):

- il/la dentista- il/la preside- il/la cliente- il/la barista( anche se c'è chi distingue, utilizzando i termini inglesi "barman" o"bartender")- il/la violinista- il/la parlamentare- il/la complice- il/la giudice

In questa categoria rientrano anche prestiti dall'inglese che terminano in -er: il/la leader, il/la manager, il/la designer. Non seguono tale regola sostantivi che anche in inglese hanno ledue forme: steward/hostess.

4) Le forme con suffisso in -essa sono da evitare nel modo più assoluto:

- mai vigilessa, ma il/la vigile

Tra l'altro queste forme assumono spesso un significato che potremmo definire scherzoso,come nel caso di "sindachessa".

A maggior ragione quando "(...) hanno un regolare femminile in -a":

- il deputato/la deputata, entrambi participio passato del verbo deputare.- l'avvocato/l'avvocata, dal latino advocatus/advocata- il magistrato/la magistrata, "assimilabile ad un participio passato".- il prefetto/la prefetta, "dal participio passato latino praefectus, -a, -um del verbo

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paraeficere (...)".

Tale norma non va rispettata nel caso di nomi in -essa ormai più che consueti:

- dottoressa- professoressa- sacerdotessa- poetessa- contessa

Studentessa, nelle Raccomandazioni, lo troviamo anche nella forma la studente, nome chesi può considerare epiceno, per analogia con un altro participio presente come "(la)presidente". In questo caso, lo stesso Serianni mostra tutta la sua reticenza nell'accettarecerte soluzioni delle raccomandazioni: "(...) se è possibile che l'uso ufficiale consoliditendenze già esistenti (la presidente), è ben difficile che possa imporre forme puramenteartificiali, scalzando un uso ben consolidato (la studente invece di studentessa)".

5) Quando un nome si può rendere al femminile senza "recare disturbo alla lingua" èpreferibile all'uso del maschile anche per il femminile o all'aggiunta del suddetto suffisso -essa. Tra l'altro, alcuni di questi nomi sono già presenti in alcuni dizionari:

- la ministra- la sindaca

Tra questi ci sono anche parole con cui è meglio non usare il modificatore "donna":

- la pretora: si fa notare che "pretora" è come "ambasciatrice", ossia uno di quei termini cheindicavano normalmente la moglie del funzionario, ma sono passati a denotare la caricastessa nel caso di una donna.I femminili in -tora sono molto frequenti nei dialetti, per esempio tintore/tintora (semprepreso dalle Raccomandazioni).Più spesso però la regola indica il femminile dei nomi in -tore con la desinenza -trice:

- uditrice- operatrice- fornitrice

Si dà per buono anche questrice per questore o questora che, per assonanza con pastora,risulta chissà più familiare al nostro orecchio.

Si consiglia di non usare lo stesso modificatore "donna" neanche con i sostantivi maschili in-sore: con essi il problema è tangibile, perché quasi nessuno ha il femminile corrispondente:

- possessore = posseditrice o possessora?- difensore = difenditrice o difensora?

E soprattutto:

- evasore- oppressore- incisore- eversore- successore

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- estensore- revisore (tra l'altro ci interessa)

Nella maggior parte di questi casi con un'accezione non tanto positiva, forse non ci sidovrebbe lamentare tanto: anche queste erano attività riservate agli uomini? Effettivamenteun tiranno donna non è il caso più frequente del mondo e forse, in quanto le donne soloultimamente possono gestire reali somme di denaro, hanno anche iniziato ad evadere,mentre prima erano impossibilitate per non avere accesso alle finanze della famiglia, primagestite dal padre e poi dal marito.

Un femminile in -essa è professoressa: probabilmente perché già Aristoclea insegnò aPitagora e Diotima a Socrate, il quale ebbe anche come prima maestra la stessa di Platone,ossia Aspasia di Mileto. Per lo stesso motivo, chissà, esiste anche sacerdotessa: è questo,stando a Rosalind Miles in The women's history of the world (Elliot, 2009), il mestiererealmente più antico del mondo per la donna. Comunque sacerdotessa è ormai in uso soloriferito all'antichità. Una sacerdote è la forma suggerita.

Altro caso è: la poeta o la poetessa?

- È più corretto la poeta: viene dal latino poeta, ae, termine della prima coniugazione,comprendente normalmente i termini femminili. Anche il plurale poetae suona più legato aquesto genere. Il suffisso -essa sembra un po' sminuire, mentre il mantenimento completodel maschile snaturare. Le Raccomandazioni notano come poeta sembri vicino a atleta,nome epiceno. Accanto a questi pongono anche una profeta. Viene dal greco prophetés,femminile prophetís, "quasi omologo". Profetessa, altro termine possibile per l'antichità.

Le Raccomandazioni vedono come anomalia anche dottoressa, ormai familiari a tutti, forseperché alla stregua di sacerdotessa: c'erano donne già nell'alto medioevo che, rinchiuse neimonasteri, sanavano e curavano molto meglio di tanti uomini. La forma regolare sarebbedottrice.

Le cariche militari rientrano nello stesso caso, quello in cui è preferibile evitare il maschile oil suffisso -essa:

- la generale- la comandante

ma anche:

- la carabiniera- l'appuntata- la brigadiera

Ancora senza il modificatore donna:

- medica- architetta- chirurga- critica- perita- esperta- arbitra (un po' strano, no?)

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Stesso discorso per le cariche ecclesiastiche

6) i maschili in -ere hanno il femminile regolare in -era:

- ferroviera- ingegnera- cancelliera- magazziniera- cavaliera (del lavoro): altro strano caso: forse non ce ne sono abbastanza per abituarel'orecchio

Un caso particolare:

Circa la soprano (riporto): "trattandosi oggi soltanto di tipi di voce femminili e potendosiusare con l'articolo femminile (v. Devoto-Oli soprano) è meglio evitare l'articolo maschile,che comporta sequenze discordanti, come «Il soprano Cecilia Gasdia, è ammalato ...»".

Ora il dubbio che sorge è questo: e i termini, molto più usati per uomini che per donne, madi genere nettamente femminile come la guardia, la sentinella, la spia, la maschera, laguida, la scorta, la controfigura, la vedetta, perché non vengono presi in considerazione? Lalogica, è vero, è semplice: perché sono un numero più che esiguo, ma non sorge il dubbioche a volte alcuni discorsi si portino troppo oltre. È giusto porsi il problema quando si habisogno di un termine senza il quale si incontra come un "blocco" nell'esprimersi, mascatenare le furie per un linguaggio troppo sessista, che usa il maschile per indicare l'uomonella sua universalità, realmente potrebbe sembrare un po' eccessivo. Soprattutto perchéanche queste forme femminile per il maschile vengono accettate tranquillamente per il lorovaloro astratto: vengono da "fare la guardia", "essere di scorta".

I suggerimenti per colamre le tante lacune possono essere vari. Sulla scia del Serianni,innanzitutto sicuramente mantenere i femminili che già esistono e "(...) generalizzare gliepiceni di uso stabile (...)"; far corrispondere alle forme maschili in -o o in -iere il femminilesemplice in -a, "queste ultime sono parole che all'inizio possono sembrare bizzarre, ma sonogrammaticalmente ben formate e non è difficile abituarcisi", così il Serianni, che cita«l'Unità» dell'8 marzo 1997, dove si trova la sindaca.In generale, si può affermare con il Serianni che "(...) c'è da restare molto perplessi difronte all'estremismo delle proposte (...). Tanto più che nemmeno l'opuscolo della Sabatinipropone" di eliminare le soluzioni che la lingua ha tranquillamente scelto nel tempo

ALCUNI CASI PARTICOLARI, TRATTI DA FORME LINGUISTICHE SESSISTE DA EVITARE EPROPOSTE ALTERNATIVE, CAP. III.2 DELLE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO DEIMINISTRI

1) La prima questione presa in considerazione è "il maschile neutro non marcato". In questocaso, il suggerimento dato è quello di evitare "uomo" e "uomini" in senso lato, sostituendolia seconda del contesto.Esempi:

NON: I diritti dell'uomo MA: I diritti umani, della persona, dell'essere umano, ecc.

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2) Secondo suggerimento è quello di evitare il maschile neutro per i popoli, le categorie,ecc.Esempi:

NON: I romani, gli ateniesi MA: il popolo romano, atenieseNON: I fratelli (per indicare fratelli e sorelle) MA: Sorelle e fratelli (o viceversa)

I maschili in -ere sono altrettanto stabilizzati ed hanno il femminile normalmente in -iera:

- giardiniere/giardiniera- infermiere/infermiera

Secondo i testi di riferimento sono accettati anche ingegnere/ingegnera (che perde la "i" delsuffisso) e cancelliere/cancelliera.

Il caso più difficile è quello per i femminili che non sono ancora di uso corrente, anche sealcuni vocabolari li indicano già tra le loro voci:

- architetta- medica- primaria

Sindaca, per esempio, è un po' più difficile, anche se viene fatto notare che esiste