Noi e la Resistenza

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Numero speciale di “Strozzi News” aprile 2013 SECONDARIA DI I GRADO EX “DE TONI “ DELL’IC STURLA LA RESISTENZA E NOI

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Numero speciale della secondaria ex De Toni-Strozzi dell'IC Sturla

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Numero speciale di “Strozzi News” aprile 2013

SECONDARIA DI I GRADO EX “DE TONI “ DELL’IC STURLA

LA RESISTENZA E NOI

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L’argomento che ho approfon-dito sono le Quattro giornate di Napoli, che si svolsero dal 27 al 30 settembre del 1943, esse furono un episodio stori-

co importante di rivolta popolare. I civili napole-tani, cittadini di ogni età, tra cui artisti, poeti e scrit-tori, con l'aiuto di forze militari fedeli al Regno d'Italia, riuscirono infatti a liberare da soli Napoli . Dal 1940 al 1944 la città era stata bombardata i-ninterrottamente, con migliaia di vittime. I giorni più tragici erano stati il 4 dicembre del 1942 e il 28 marzo del 1943, quando venne colpita la nave Ca-terina Costa, carica di esplosivo; lo scoppio provo-cò 600 morti e più di 3000 feriti. Napoli era ridotta alla fame e alla disperazione. I tedeschi avevano iniziato i rastrellamenti, ordinato lo sgombero di tutta l’area occidentale cittadina, incendiato o fatto saltare le attrezzature portuali, le navi, le locomotive, la centrale telefonica e quella del gas, l’acquedotto e la rete elettrica, depredato i magazzini, le case, i negozi. La sera del 27, i popolani , tra cui vi erano in prima fila gli scugnizzi napoletani, innescarono la ribel-lione, assaltando le caserme e i magazzini militari, per rifornirsi di armi e munizioni. L’insurrezione napoletana scoppiò senza preparazione né organiz-zazione . Armati alla perfezione, con un serie di sa-botaggi e agguati, i napoletani avrebbero infine co-

stretto i tedeschi alla resa. Tra il 9 e il 12 settembre furono catturati o uccisi dai civili napoletani decine di soldati tedeschi. Il colonnello Walter Schöll, comandante nazista , che nei giorni dell'armistizio, aveva fatto aprire a cannonate il portone dell'università e fucilare decine di persone , il 12 settembre ordinò una retata di seimila persone, che furono obbligate ad assistere alla fucilazione, davanti all'università, di un mari-naio. Il 13 settembre Schöll dichiarò lo stato d'asse-dio, chiunque fosse stato responsabile di atti ostili alle truppe tedesche sarebbe stato giustiziato, per ogni suo soldato ucciso, sarebbero stati ammazzati cento napoletani. Il 23 settembre i tedeschi decisero di deportare nei campi di lavoro in Germania i ma-schi tra i diciotto e i trentatré anni. Vi furono ra-strellamenti e fucilazioni immediate. I cittadini na-poletani per opporsi a tutto cià si organizzarono militarmente.L’insurrezione napoletana scoppiò come detto senza alcuna preparazione Il 26 set-tembre una folla disarmata liberò alcuni giovani destinati alla deportazione in Germania.

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LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI

Nel 1962 uscì nelle sale cinematografiche il film di Nanni Loy "Le quattro giornate di Napoli" , che ebbe grande successo di critica e pubblico. diretto da Nanni Loi. Nel film viene mostrata la popolazione napoletana che si batte per quattro giorni usando fucili, pietre, bottiglie di benzina, armi improvvisate e oggetti casalinghi. Tra i tanti episodi del film che comincia con la fucilazione di un marinaio toscano e con l'evacuazione dei quartieri sul mare e finisce con la battaglia attorno ai carri armati, sono da ricordare quello di Gennarino Capuozzo, un bambino di dieci anni che muore su una barricata mentre combatte con gli altri,i comattimenti attorno allo stadio del Vomero, le imprese della banda Ajello, formata da ragazzi usciti dal riformatorio, l'agguato ai tedeschi, su cui piovono tavoli, letti e stoviglie, in un vicolo . IL 1° ottobre, all'arrivo degli alleati, i napoletani ritornano anonimamente nelle loro case

IL FILM SULLE QUATTRO GIORNATE

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Quest’anno abbiamo approfondito un argomento storico importante, quello della Resistenza. Ecco una breve sto-ria della lotta di Liberazione. Nel 1943 sale sempre di più nel Paese la rabbia contro Mussolini e i fascisti. Il 5 marzo 1943 scoppia a Torino, per poi diffondersi in tutta l’Italia settentrionale, il pri-mo sciopero generale di protesta contro il fascismo. Il mese successivo Ivanoe Bonomi crea il "Fronte Unifica-to Antifascista". Nella notte tra il 24 e il 25 luglio il Gran Consiglio del Fascismo sfiducia Mussolini e in pratica ne chiede le dimissioni. Mussolini viene arrestato e diventa capo del governo il generale Pietro Badoglio. L’Italia viene inva-sa dai tedeschi e Badoglio firma l’8 settembre l’armistizio con gli Alleati. Intanto i tedeschi attaccano nella notte del 9 settembre e Hitler trasmette l’ordine da Berlino di deportare i soldati Italiani ai lavori forzati. Chiunque avesse resistito sarebbe stato fucilato imme-diatamente. Nella mattina del 9 il re, il principe e Bado-glio fuggono da Roma. La capitale viene difesa dai te-deschi da alcuni reparti dell’esercito sostenuti dalla po-polazione. È il primo atto della Resistenza armata. A Napoli dal 27 al 30 settembre del 1943 si svolsero le eroiche Quattro giornate., di cui parliamo in un'altra pa-gina del giornalino. Il 13 ottobre il governo Badoglio dichiara guerra alla Germania. L’Italia è divisa in tre zone: il Regno del Sud, l’Italia centrale e l’Italia del nord dove si svolge la lotta più aspra contro i tedeschi. Dopo l’azione partigiana a Napoli, gli alleati avanzano fino al Sangro. Qui, a causa di una formidabile linea di-fensiva tedesca chiamata "Linea Gustav" gli americani si fermano dal dicembre del 1943 al maggio del 1944. In seguito, sulla dorsale dell’Appennino incontreranno un’altra linea difensiva chiamata "Linea Gotica" dove saranno costretti a fermarsi dall’inverno del ‘44 all’aprile del ’45.

A Roma, durante l’occupazione nazifascista vi fu il tra-gico eccidio delle Fosse Ardeatine. Il 22 marzo del 1944 i fascisti sono radunati per festeggiare il 25° anniversa-rio della nascita fascismo. Un gruppo di 32 militari te-deschi, sta passeggiando per Via Rossella. Nella parte alta della via c’è uno spazzino con una sigaretta in boc-ca, accanto al suo carretto. E’ un antifascista. A cento metri, un gruppo di persone discute tranquillamente; ad un certo punto uno di essi si toglie il capello. Lo spazzi-no come a un segnale ,compiute alcune azioni e se ne va. Quando i tedeschi arrivano all’altezza del carretto, su cui era stata piazzata una grande quantità di tritolo, vi è una enorme esplosione, nella quale muoiono i militari tedeschi. Quando Hitler viene a sapere del fatto, la sua reazione è terribile. Ordina di fucilare 50 italiani per o-gni tedesco ucciso. Il tenente colonnello delle SS Kap-pler decide di far fucilare 10 antifascisti . Alla fine, de-vono essere fucilate 330 persone, me ne uccidono pare per errore 335. Gli anglo-americani sono ormai vicini a Firenze ma i popolani gli avvertono che vogliono liberare da soli la loro città. Così avviene e solo successivamente gli allea-ti entrano nella città toscana. Ma è al Nord che avviene la vera e propria lotta parti-giana. Il freddo blocca le mani ai guerriglieri e quando scendono verso le abitazioni vengono scacciati di nuovo sui monti, perché i tedeschi entrano nelle case per i ra-strellamenti, chiunque avesse cercato di scappare sareb-be stato ucciso. Per ogni tedesco morto in un’imboscata vengono fucilate 10 persone innocenti. Oltre che contro i nazifascisti che li braccano, i partigia-ni devono combattere contro il freddo e con la fame. Cercano cibo nelle caserme e nei depositi dei loro nemi-ci e molte volte vengono ospitati nelle case dalla gente . Chiedono agli anglo-americani di portargli viveri e armi ma questi, diffidenti, li concedono solo a una parte di loro. . I poveri soldati ai quali non sono stati portati vi-veri e armi devono abituarsi a dormire poco e male , a mangiare quando è possibile e a vivere in mezzo alla sporcizia. Durante gli anni 1943-44 al partigiano occor-rono solo delle armi, della benzina, della farina e del lardo e delle patate. Le principali azioni partigiane sono i sabotaggi.. I parti-giani vengono torturati per rivelare affinché rivelino i nomi dei loro compagni e i luoghi segreti., ma pochissi-mi cedono Segue a p. 5

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BREVE STORIA DELLA RESISTENZA

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I combattimenti delle famose "Quattro giornate", cominciarono il il 27 settembre, quando un grup-po di napoletani armati fermò un'automobile, ucci-dendo il maresciallo tedesco alla guida. Durante tutta la giornata, vi furono scontri molto duri in città. La sera del 27, circa 200 popolani , tra cui vi erano in prima fila gli scugnizzi napoletani, assal-tarono le caserme e i magazzini militari, come l'armeria di castel Sant'Elmo, per rifornirsi di armi e munizioni. Quella stessa sera vennero assaltati e minati due depositi di armi.

I napoletani in armi erano sempre di più e il 28 settembre gli scontri furono numerosi. Diverse pattuglie tedesche subirono agguati con molti mili-tari uccisi, mentre le perdite tra i partenopei furo-

no poche. I tedeschi riuscirono però a catturare 47 insorti e li rinchiusero nel campo sportivo del Lit-torio.

Il 29 settembre, mentre gli Alleati si stavano avvi-cinando a Napoli, gli scontri continuarono senza sosta. Proprio quel giorno vi fu però la svolta. L'e-pisodio decisivo si verificò al Vomero, dove erano detenuti i prigionieri. Il comandante tedesco del presidio, in evidente difficoltà, chiese infatti al co-lonnello Scholl di trattare la resa. Scholl fece pro-pria questa decisione incontrando il tenente napole-tano Enzo Stimolo, chiese infatti il via libera per uscire con i suoi dalla città, in cambio avrebbe or-dinato liberato gli ostaggi detenutivi nel campo sportivo. Era la resa da parte dei tedeschi. L'ultimo giorno di lotta fu il 30 settembre. Nono-stante i nazisti fossero in fuga, i combattimenti continuarono con violenti corpo a corpo, come a Porta Capuana e a Materdei, dove i cannoni tede-schi spararono per tutta la giornata. I tedeschi si ritirarono definitivamente all'alba del 1 ottobre. Po-chissime ore dopo gli anglo-americani ,giunti a Na-poli, rimasero stupiti nel vedere quanto era acca-duto: nonostante le vittime, le macerie, gli incendi, la città era libera grazie al popolo di Napoli. Ter-minata la guerra furono assegnate quattro medaglie d'oro alla memoria di altrettanti valorosi "scugnizzi" napoletani: Gennaro Capuozzo di 12 anni, Filippo Illuminati di 13, Pasquale Formisano di 17 e Mario Menechini di 18 anni. In totale le vit-time delle Quattro giornate furono oltre 300, di cui 140 civili.

Simone Batoli III B aprile 2012

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LE QUATTRO GIORNATE...

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BREVE STORIA DELLA RESISTENZA

Segue da p. 3 Anche aiutare i prigioniere costa caro. Basti pensare a ciò che suc-cesse alla famiglia Cervi, di cui parliamo a parte. I partigiani sono numerosi anche in città. Il loro no-me è GAP o SAP. Le azioni dei primi (Gruppi di azione partigia-na), sono gli attentati; divisi in gruppetti, uccidono i nazifascisti e fanno saltare abitazioni e depositi di munizioni.. Quando uno di essi "dimentica" la borsa da qualche parte è molto probabile che salti in aria qualcosa. Anche le donne par-tecipano attivamente all’azione partigiana. Aiutano gli uomini pre-parandogli viveri e indumenti. Con l’inizio della primavera del 1944 più di mezzo milione di lavo-ratori entrano in sciopero perché non vogliono più lavorare per la guerra tedesca. Quando Hitler vie-ne a sapere di questo fatto ordina che vengano deportati in Germania il 20% dei lavoratori scioperanti; 700 di Torino e 600 di Milano. Nell’Europa occupata non era mai accaduta una cosa simile. Alla fine della primavera Mussolini chiama alle armi i giovani ma pochissimi rispondono. La maggior parte di essi va sui monti per combattere la guerra partigiana. Mancano ancora viveri e armi ma gli Alleati sono ancora diffidenti. Il 31 marzo a causa di una spia, il Comitato mili-tare del CLN torinese viene sgomi-nato.. Su ordine del duce vengono pronunciate 8 condanne a morte. Gli antifascisti vengono fucilati il 5 aprile al poligono di tiro del Marti-netto. L’estate di quell’anno è fondamen-tale per le sorti della guerra. Gli Alleati hanno sfondato letteralmen-te la linea Gustav, sono state libe-rate Roma e Firenze e c’è stato lo sbarco in Normandia. I partigiani del nord compiono sempre più a-zioni di sabotaggio e sono in nu-mero sempre maggiore. Dal 31 lu-glio al 3 agosto, si combatte

sull’Appennino emiliano la più grande battaglia campale di tutta la Resistenza italiana, la battaglia di Montefiorino. Mentre i tedeschi costruiscono la Linea Gotica, i partigiani decidono di costruire a Montefiorino un im-ponente centro di resistenza. Se riusciranno nel loro intento, all’arrivo degli Alleati i tedeschi saranno presi tra due fuochi. Ma tre divisioni tedesche vengono all’assalto, incendiando tutte le ca-se della zona. Dopo quattro giorni di battaglia, i partigiani sono cir-condati, ma riescono a contrattac-care furiosamente, sfondando l’accerchiamento a sud, e passano in Toscana. Pochi giorni più tardi Firenze scaccia i tedeschi. Questi, sull’Appennino vengono a sapere da alcuni fascisti del luogo che c’è pieno di partigiani. Reader ordina alle SS di rastrellare la zona. Ci saranno 107 civili trucidati a Valla, 53 impiccati a San Terenzio, 200 uccisi a Vinca (il paese viene distrutto), 108 fucilati a Frigi-do,viene bruciata una scuola a Ber-giola e vi è l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema(560 morti). A Marza-botto, vengono massacrate dalle SS 1830 persone(uomini, donne , vec-chi e bambini) . Il prete viene ucci-so mentre sta dicendo messa tra la sua gente. Quella di Marzabotto è , secondo me, una delle pagine più tristi della storia dell’umanità. Il generale Raffaele Cadorna, per volontà degli Alleati, deve assume-re il comando delle brigate parti-giane . Lui rispose di sì. Scoppia un contrasto con Longo, importan-te rappresentante comunista, che non era d’accordo con questa no-mina. Cadorna minaccia di far ces-sare ogni aiuto da parte degli Alle-ati. Il contrasto dura fino al 1944 quando viene firmato un accordo con il Comando supremo alleato . Il CLNAI possiede ora tutti i poteri nell’Italia occupata e i partigiani, sotto il nome di CVL ( Corpi dei

Volontari della Libertà), saranno comandate dal generale Cadorna il quale avrà due vice comandanti; Parri, del Partito d’Azione, e Lon-go del Partito Comunista. Gli ame-ricani soddisfatti lanciarono ai Par-tigiani armi, munizioni e viveri. L’attività dei Partigiani(che passa-no dai 30 mila dell’inizio del 44 , ai 70 mila di giugno) è in continuo aumento. Si formano varie brigate, tra cui la Garibaldi(formata dal Partito comunista),Giustizia e Li-bertà(del Partito d’azione) e Matte-otti(socialista). I tedeschi sono co-stretti a organizzare una settimana antipartigiana con lo scopo di far vedere a tutti la presunta potenza dell’esercito germanico. Tra l’estate e l’autunno del 44 mol-te zone d’Italia vengono eroica-mente liberate dai partigiani e si costituiscono come libere repubbli-che. Una delle più importanti è la Repubblica della Val d’Ossola.. Il sogno di tutti i combattenti per la libertà e della popolazione è quello di liberare l’Italia nel 1944. Ma alle prime nevi, i tedeschi at-taccano furiosamente, nonostante il freddo e il gelo, e riescono ad arre-stare alcuni capi della resistenza, tra i quali Ferruccio Parri. Ma que-sta è l’ultima fiammata della tiran-nide tedesca. Con la primavera del 1945, riprende l’avanzata degli al-leati verso nord; sfondata la Linea Gotica . I Partigiani liberano le principali città, che insorgono una dopo l’altra scacciando i tedeschi. Il 25 aprile 1945 il CLNAI assume i pieni poteri politici e militari. Il dittatore Mussolini , che aveva tentato la fuga verso il nord, viene scoperto e giustiziato dai Partigia-ni. Il 6 maggio del 1945 sfilano per le vie di Milano le Brigate partigiane con in testa Cadorna e i capi del CLNAI; gli uomini che hanno rida-to la libertà all’Italia. classe 3B aprile 2011 .

Numero speciale di “Strozzi News” aprile 2013

P

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DORME NEI SUOI CAPELLI VEGETALI

FILI CHE IL SOLE E IL VENTO SCIOGLIERANNO

VIVI ALL'ALBA: UNA BUIA SVENTAGLIATA

DI MITRA LO SFERZO' TRA CAPO E COLLO

COME BRUSCA MANATA DI UN AMICO:

COSI' CADDE SUPINO, PER VOLTARSI

A RICONOSCERLO E SCAMBIARE IL COLPO.

NON SENTI' ALLONTANARSI PER LA RIVA

I PASSI DEI FUCILATORI, DOPO

CHE GLI DIEDERO UN CALCIO PER SALUTO

GRIDANDOGLI" CAROGNA" E DENTRO IL FIUME

SCARICARONO L'ARMA E UN PO' PIU' AVANTI

GRAFFIARONO RABBIOSAMENTE IL PONTE

DI BOMBE A MANO: TROPPO POCO A FARE,

ANCHE SE COSI' COMPLICE ED ASSENTE,

CHE LA NOTTE STRARIPI DI TERRORE

PER UN SOL SPARO SECCO. DORME, DORME

LUNGO DISTESO, STRETTO IL GONFIO COLLO

NELLA SCIARPA DI SANGUE LARGA E MORBIDA

SEMPRE PIU' GELIDA; E IL LUNGO CAPPOTTO

INDURITO DI BRINA E' IL SUO SEPOLCRO.

E LA SUA PATRIA E' L'ERBA.

di Corrado Govoni

RESISTENZA E POESIA

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MORTE DEL PARTIGIANO

HANNO SPARATO A MEZZANOTTE

HANNO SPARATO A MEZZANOTTE, HO UDITO

IL RAGAZZO CADERE SULLA NEVE

E LA NEVE COPRIRLO SENZA UN NOME.

GUARDARE I MORTI NELLA CITTA' RIMANE

E ILLIVIDIRE SOTTO IL CIELO. ALL'ALBA,

CON LA NEVE CADENTE DAI FRONTONI,

DAI FILI NERI, SEMPRE PIU' ROVINA

ACCASCIATA DI SCHIANTO SULLA MADRE

CHE CARPONI S'ABBEVERA A QUEGLI OCCHI

GHIACCI DEL FIGLIO, A QUEI CAPELLI SCIOLTI

NEI FIUMI AZZURRI DELLA PRIMAVERA.

di Alfonso Gatto

QUANTO POTE' DURARE IL TUO MARTIRIO QUANTO POTE' DURARE IL TUO MARTIRIO NELLE SINISTRE FOSSE ARDEATINE PER MANO DEL CARNEFICE TEDESCO UBRIACO DI FEROCIA E DI VILTA'? COME IL LUNGO CALVARIO DI GESU' SEVIZIATO DERISO E SPUTACCHIATO NEL SUO ANSANTE SUDOR DI SANGUE E D'ANIMA FOSSE DURATO O UN'ORA O UN SOL MINUTO; FU UN TALE PESO PEL TUO CUORE UMANO, CHE AVRAI SOFFERTO, O FIGLIO, E CONOSCIUTO TUTTO IL DOLOR DEL MONDO IN QUEL MINUTO. di Corrado Govoni

LA RESISTENZA IN LIGURIA (IN CIFRE) DAL SITO DELL'ANPI MARASSI Partigiani combattenti 22.639 Partigiani caduti 2.470 Partigiani mut. e inv. 2.776 Patrioti 10.266 Civili caduti 750

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I fratelli Cervi, sette maschi e due femmine, con il padre, Alcide e la madre formavano una famiglia unita di agricoltori. I Cervi abitavano in un paese in

provincia di Reggio Emilia chiamato Campegine. I fratelli Cervi e il padre furono accusati dai fascisti di aver aiutato i prigionieri di guerra fuggiti dai campi. Per questo li arrestarono. I fascisti uccisero tutti i figli, ma risparmiarono la vita ad Alcide, che subito dopo perse anche la moglie, morta per l’enorme dolore causato dalla perdita dei sette figli. Ho voluto soffermarmi ed approfondire questo tragico episodio leggendo un libro intitolato “I miei sette figli”, scritto nel 1954 dallo stesso Alcide Cervi, allora ottantaduenne, con l’aiuto di Renato Nicolai. Alcide disse di aver voluto scrivere il libro per difendere la memoria dei figli e dei partigiani dai “becchini” fascisti e dai riarmisti tedeschi. Egli nacque nel 1875 e si sposò nel 1899. Ebbe il suo primo figlio, Gelindo, nel 1901. Alcide scrive di aver sempre educato i figli, fin da piccoli, secondo i suoi ideali. l’amore per l’uomo, il culto della famiglia, la passione per il lavoro, valori che li avevano spinti verso l’antifascismo. Dice che la sua storia è in un certo qual modo quella del popolo italiano combattente e forte. Aggiunge che, bambini, i figli amavano ascoltare le “fole” (delle favole)dalla madre . Le storie erano semplici ed insegnavano il rispetto per gli altri ed a essere grandi di cuore Alcide ricorda che Aldo,che organizzò in paese il primo nucleo antifascista, era un po’ l’intellettuale della famiglia. Egli leggeva molto e incitava anche gli altri fratelli a leggere ed a istruirsi. Era convinto che solo con la conoscenza era possibile comprendere quello che stava succedendo e che la cultura fosse più importante della propaganda. Non a caso, decise (approfittando del fatto che i fascisti avevano invitato a creare biblioteche nei comuni) di far aprire una biblioteca in paese. In questa biblioteca, insieme ai libri fascisti, ve ne erano altri come : “La Madre”, “Il Capitale”, “Il tallone di ferro”. Aldo voleva che la gente, leggendo, si rendesse conto di quello che avveniva intorno a sé e iniziasse a lottare. Egli era convinto che l’ignoranza del

popolo faceva comodo ai fascisti. Oltre a questo, Aldo, Aldo andando di casa in casa ( a Campegine), chiedeva alle persone di spedire qualcosa ai confinati politici . Inoltre, a partire dal 1936 la famiglia Cervi tenne nascosti molti ricercati politici. I fascisti sapevano che i Cervi erano antifascisti e li tenevano d’occhio. I contadini del paese erano comunque dalla loro parte. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, alla sera, Aldo andava nelle case a leggere e a spiegare i giornali della stampa clandestina come: l’Unità, l’Avanti e Giustizia e Libertà. In quelle occasioni, parlava loro di Hitler e dell’imperialismo,dello sfruttamento di contadini e operai, delle vere ragioni della guerra. Un giorno venne l’ordine di distribuire volantini antifascisti a Mantova, Bologna Parma. L’ ordine fu eseguito con la collaborazione della compagnia teatrale Sarzi. Ai Cervi piaceva ascoltare Radio Mosca, dalla quale i dirigenti comunisti italiani invitavano alla lotta contro il fascismo. Nel 1943,le trasmissioni annunciarono che era arrivato il tempo della liberazione e incitavano i contadini a seminare più grano per evitare carestie e dare il pane al popolo affamato. Per avere i soldi necessari per acquistare delle rivoltelle, i Cervi decisero con la compagnia Sarzi di allestire uno spettacolo teatrale (“Figli di nessuno”). Il lavoro ebbe molto successo. Una notte i Cervi fecero cadere un palo dell’alta tensione, per provocare un incendio. I fascisti ,per trovare i colpevoli, andarono in tutte con l’intento di confrontare le impronte con quelle trovate nel luogo dell’attentato. Aldo, previdente, aveva indossato un paio di scarpe molto grosse, per cui i fascisti non trovarono il colpevole.

Segue a p. 8

LA TRAGICA VICENDA DEI FRATELLI CERVI

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LA TRAGICA VICENDA DEI FRATELLI CERVI

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Segue da p. 7 fascisti insospettiti dalle azioni dai Cervi, un giorno perquisirono la casa, ma non trovarono niente. Per rappresaglia, arrestarono comunque Gelindo e Ferdinando. Aldo, che in quel momento non era in casa, si autodenunciò per ottenere la liberazione dei fratelli. Tuttavia , quando i fascisti vennero per arrestarlo non lo trovarono, era già fuggito con la Compagnia Sarzi. Aldo fece ritorno in paese nella primavera del 1943, pronto per organizzare nuove azioni. Alcide Cervi, nel suo libro , parla del 25 luglio , giorno della caduta del fascismo, scrivendo che quel giorno fu festa per tutti, con canti e balli La famiglia Cervi decise di offrire a tutti la pastasciutta. Alla fabbrica metalmeccanica di Reggio, vi fu una manifestazione operaia per la pace. I soldati tremavano e non avevano il coraggio di sparare alla folla. L’ufficiale però fece partire un colpo. Alla fine nove persone morirono. Quel massacro fece capire a tutti loro che avrebbero dovuto conquistare la pace con il sangue. Il 9 settembre i tedeschi occuparono la città. Ci furono morti e feriti. Numerosi soldati italiani e anglo americani furono salvati dalla gente, tra cui i Cervi, che davano loro vestiti civili e rifugio che in cambio di armi. Nel reggiano i contadini e gli operai iniziarono le azioni di sabotaggio e nacquero i GAP, guidati da Saltini. Da quel giorno, in casa Cervi c’erano russi, inglesi, americani, sudafricani, che venivano e ripartivano con le provviste . Tenere prigionieri in casa era un rischio enorme , i Cervi ne erano consapevoli . Essi furono scoperti da una donna che avvertì subito il fratello, il quale disse che se non avessero sgomberato la casa in 24 ore avrebbe fatto la denuncia. La notte del 25 novembre, i fascisti sicuri di trovare i prigionieri, circondarono la casa e iniziarono a sparare sul bestiame. I Cervi e gli stranieri aprirono il fuoco e spararono fino a quando finirono le munizioni, poi dovettero arrendersi. i C'erano ad attenderli 150 uomini . Prima di salire sul furgone salutarono i parenti e li tranquillizzarono. Furono condotti al carcere di Parma, dove gli otto uomini della famiglia Cervi, furono rinchiusi in una grande

cella con altri detenuti. I sette fratelli furono più volte torturati e picchiati con calci e pugni, ma i fascisti non ottennero da loro nemmeno un lamento. I fascisti, infine, dissero loro che avrebbero avuto vita salva se si fossero uniti all’esercito repubblicano fascista. Ovviamente i Cervi non accettarono. Successivamente, furono trasferiti in un altro carcere . Un giorno venne il parroco per le confession. Egli chiese loro di confessare i loro peccati. I Cervi risposero che non avevano peccati di cui pentirsi. Erano stati messi in carcere per aver dato asilo ai perseguitati, da mangiare agli affamati, da bere agli assetati e per aver sempre predicato la giustizia. Gesù laveva detto e fatto queste cose, e per questo era stato crocifisso. Loro, per le medesime cose sarebbero stati fucilati. I Cervi ( tranne il padre che era troppo vecchio), furono mandati a Parma per il processo. Visto che un gappista aveva ucciso un segretario fascista di Bagnolo, i fascistiavevano deciso per rappresaglia di ammazzarli. E così fu. Alcide, invece, a seguito di un bombardamento alleato che colpì anche il carcere, riuscì a fuggire. Dopo circa un mese venne a sapere che i figli erano stati fucilati. Il 10 ottobre 1944 i fascisti diedero fuoco ai fienili della casa dei Cervi. L’incendio fece tornare in mente a Genoveffa Cervi quello della notte in cui avevano preso i suoi figli . Il 14 novembre 1944 la donna morì . Alcide, che ha scritto nel libro di aver continuato a crescere i nipoti, proprio come aveva fatto con i figli, insegnando loro gli stessi principi e a lavorare i campi, conclude con un augurio, rivolto a tutti; quello di un Italia unita dalla concordia, nella quale i morti continuino a ispirare i vivi .. Papà Cervi morì a 95 anni, il 17 marzo 1970. III B 2010-2011

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Franca Lanzone , casalinga , nata a Savona il 28 settembre 1919 , Il 1°ottobre 1943 si unisce alla Brigata "Colombo", Divisione "Gramsci", svolgendo attività di informatrice e di supporto, ad esempio procurando cibo e vestiti alle for-mazioni di montagna -. Fu arrestata la sera del 21 ottobre 1944, nella suaa casa di Savona, da uomini delle Brigate Nere e condotta nella sede della Federazione fascista di Savona -. Fu fucilata il I° novembre 1944, senza processo, da un plotone fascista, nel fossato della Fortezza ex Pria-mar di Savona, con Paola Garelli e altri quattro partigiani. Aveva 25 anni Caro Mario, sono le ultime ore della mia vita, ma con questo vado alla morte senza rancore delle ore vissute. Ricordati i tuoi do-veri verso di me, ti ricorderò sempre. Franca Cara mamma, perdonami e coraggio. Dio solo farà ciò che la vita umana non sarà in grado di adempiere. Ti bacio. La tua Franca

LETTERE DI CONDANNATI A MORTE

Giordano Cavestro(Mirko), studente di scuola media, nato a Parma il 30 novembre del 1925 e fucilato il 4 maggio del 1944 , con altri quattro compagni, nei pressi di Bardi, Parma, come rappresaglia per l'uccisione di quattro fascisti. Cari compagni, Ora tocca a noi. Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d'Italia. Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l'idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella. Siamo alla fine di tutti i mali. Quseti giorni sono come gli ultimi giorni della vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile. Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care. La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà d'esempio. Sui nostri corpi ci sarà il grande faro della Libertà. Cara mamam e cari tutti, Purtroppo il destino ha scelto me ed altri disgraziati, per sfogare la rabbia fascista. Non preoccupatevi tanto e rassegnatevi al più presto della mia perdita. Io sono calmo. Vostro Giordano

Recentemente, noi della redazione di Strozzi News abbiamo incontrato Guido De Benedetti,ebreo di origine piemontese, salvatosi con la sua famiglia dalla deportazione nei campi di sterminio. L'incontro è stato interessantissimo, De Benedetti, stimolato dalle nostre domande, ci ha parlato di tante cose, ad esempio dei pregiudizi antisemiti, delle leggi razziali del 1938, della Shoah, del contributo degli ebrei alla Resistenza, di come lui e i suoi familiari, tra cui lo zio Salvatore Jona noto avvocato e scrittore, siano riusciti a sfuggire alla deportazione. Ce l'hanno fatta, grazie all'aiuto di una famiglia di non ebrei,i Custo, Emanuele e Rosetta, che li ospitarono nella loro casa di Serra Riccò. Ci ha detto che i suoi salvatori sono stati riconosciuti �Giusti tra le nazioni�. Sono definiti così i non ebrei che, a rischio della propria vita e senza trarre alcun vantaggio dalla propria scelta coraggiosa, hanno salvato dalla deportazione uno o più ebrei,

sottraendoli alla caccia spietata che davano loro nazisti e fascisti. Il Giusto tra le nazioni ha il privilegio di vedere aggiunto il proprio nome nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme. Il signor De Benedetti ci ha ricordato che per gli ebrei le cose cambiarono in peggio dopo l�8 settembre 1943, quando il Paese fu invaso dai tedeschi . A quel punto non si trattava più solo di trovare il pane, bisognava sfuggire alla cattura dei nazifascisti per sopravvivere. E non era facile, visto che la pena per chi contravveniva alla legge che imponeva di consegnare ogni ebreo,dichiarato nemico della patria. era la morte. Per fortuna lui e la sua famiglia, trovarono chi aprì coraggiosamente loro la porta di casa e li nascose fino alla Liberazione. Lorenzo Murru III B aprile 2012

NOSTRO INCONTRO CON GUIDO DE BENEDETTI

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La strage di Marzabotto, nota anche come eccidio di Monte Sole, perché av-venne nella zona collinare di Monte Sole, nei pressi di Bologna, tra il 29 set-tembre e il 5 ottobre del 1944, è considerata uno dei più feroci massacri della storia e la più grave strage compiuta dai nazi-sti in Italia.

Nel settembre del 1944 gli Alleati riuscirono a sfondare la linea Gotica, essa andava da Massa Carrara a Pesaro e in pratica divideva in due l'Ita-lia. In quel momento, sull'Appennino To-sco.Emiliano, la Brigata partigiana “Stella Rossa” stava creando molti problemi ai tedeschi. Costoro decisero perciò di annientarla, uccidendo-ne i membri. L'operazione fu affidata dal famigera-to maresciallo Kesserling al maggiore Walter Re-der, nella foto sopra, comandante del 16° reparto corazzato delle SS , già responsabile del massacro di Sant'Anna di Stazzema. Reder e i suoi attaccarono violentemente i partigia-ni che operavano sui monti circostanti la località di Marzabotto,a partire dal 26 settembre del 1944. La mattina del 29 settembre, quattro reparti nazisti, comprendenti sia SS che soldati della Wermarcht accerchiarono e rastrellarono il territorio tra le valli del Setta e del Reno, iniziando a uccide-re partigiani, che non potevano reggere il confron-to, e civili e a bruciare tutto ciò che si trovava sul loro cammino. Fu particolarmente drammatico ciò che accadde nella frazione di Caviglia. Alcune per-sone terrorizzate si erano rifugiate nella chiesa di S.

Maria Assunta. Lì irruppero i tedeschi che li ucci-sero tutti, compreso il prete, don Ubaldo,che stava dicendo messa. Nel cimitero adiacente la chiesa, i nazisti riunirono quasi 200 persone e iniziarono a colpirle con le mitragliatrici, sparando molto basso, per essere sicuri di colpire tutti, anche i bambini. Gettarono contro quella povera gente anche bombe a mano. Nei territori circostanti, i tedeschi uccisero centi-naia di persone con granate e mitragliatrici. A Ca-stellano, frazione di Marzabotto, fu uccisa una don-na con i suoi 7 figli, a Tagliadazza, vennero stermi-nati 11 donne e otto bambini, a Caprara 108 abitan-ti. I nazisti, oltre a uccidere, misero a ferro e a fuoco l'intera Marzabotto, distruggendo anche 800 appar-tamenti, una cartiera, un risificio, quindici strade, sette ponti, cinque scuole, undici cimiteri, nove chiese e cinque oratori. Reder fece inoltre dissemi-nare il territorio di mine che continuarono a uccidere fino al 1966, altre 55 persone. In totale, le vittime di Marzabotto, Grizzano e Va-do di Monzuno furono 1.830, tra cui 200 bambini. Reder, che dopo la liberazione, raggiunse la Bavie-ra, fu catturato dagli americani che lo estradarono in Italia. Processato dal tribunale militare di Bolo-gna nel 1951, fu condannato all'ergastolo, venne però graziato nel 1985 e morì pochi anni dopo in Austria. Recentemente il tribunale militare della Spezia ha condannato all'ergastolo per la strage di Marzabot-to altri dieci criminali nazisti. Matteo Airoldi III B aprile 2012

Numero speciale di “Strozzi News” aprile 2013 Pagina 10

LA STRAGE DI MARZABOTTO

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Numero speciale di “Strozzi News” aprile 2013 Pagina 11

Studiando la Resistenza abbiamo deciso di soffer-marci sulla liberazione di Genova, che ricevette la medaglia d'oro al valor militare per la sua lotta an-tifascsta e perché fu l’unica città in Europa in cui truppe regolari tedesche si arresero alle forze parti-giane e non all’esercito Alleato. Ecco cosa successe nei tre giorni che portarono alla liberazione di Ge-nova

Il 23 aprile alle nove di sera si riunirono i rappre-sentanti del Comitato di Liberazione Ligure, per decidere se far scattare l'insurrezione o attendere ancora. I tedeschi avevano fatto sapere al vescovo Siri , che ne aveva parlato con Paolo Emilio Tavia-ni, che sarebbe diventato ministro nel dopoguerra, che avrebbero rinunciato a distruggere il nostro porto, in cambio di 4 giorni di tregua. che permet-tessero loro di ritirarsi in relativa sicurezza. Alla fi-ne della riunione il CLN scelse l'insurrezione. Il giorno dopo, il 24 aprile, echeggiarono in città i pri-mi colpi di fucile e di mitraglia, seguiti ore dopo da quelli di cannone e mortaio. Fin dal mattino erano state liberate dagli insorti alcune delegazioni del ponente e del levante: nell'ordine Sestri Ponente, Cornigliano,Pontedecimo, Bolzaneto, Rivarolo, Quarto e Quinto. La battaglia più violenta si svolse però in Piazza de Ferrari. Malgrado i successi dei

partigiani, la gIornata si concluse nell'incertezza e nella confusione, tra ponente e levante, c'erano an-cora molte zone da liberare e il generale tedesco Meinhold continuava a minacciare di colpire la no-stra città con le batterie pesanti di Monte Moro e con quelle leggere del porto. Gli Alleati dal canto loro non potevano intervenire perchè erano appena entrati a Spezia. Gli insorti, che avevano fatto mol-ti prigionieri tra i tedesch, imposero loro , con una lettera, un ultimatum. Il 25 aprile ,all'alba , riprese-ro gli scontri in tutta la città. I partigiani conquista-rono il Castello Raggio e liberarono altre zono di Genova, tra cui le delegazioni di Voltri e di Prà. In mattinata le Squadre di azione partigiana conquista-rono Piazza Acquaverde, le caserme di Sturla, che si trovano vicino alla nostra scuola, l'ospedale di Rivarolo. Il professor Carmine Romanzi, futuro rettore dell'università di Genova, si recò a Savigno-ne e consegnò al generale Meinhold una lettera del Cardinale Boetto e la proposta di resa del CLN. . Il generale accettò di trattare la resa e, come garan-zia, diede al professor Romanzi la sua pistola. Nel pomeriggio , il generale tedesco, che era stato infor-mato che le strade per la ritirata sulla linea gotica erano state invase dagli insorti, arrivò a Genova con alcuni ufficiali, scortato da due da due partigia-ni, in moto. Meinhold e i suoi si diressero verso Villa Migone, nella zona di San Fruttuoso, dove ri-siedeva il Cardinale Boetto e dove si trovavano tra gli altri il console tedesco e i rappresentanti del Cln Scappini e Martino. Ale 19.30, proprio a Villa Migone Meinhold firmò l'atto di resa, pur con molti dubbi ed incertezze. In piena notte, il generale trasmise ai propri reparti l'ordine di resa. Il 26 aprile ,alle diciannove, i prigionieri tedeschi sfilavano per il centro cittadino controllati dai par-tigiani armati. Con Meinhold si arresero circa 6000 soldati tedeschi. Quella stessa notte arrivavano a Nervi i primi Angloamericani

Francesca Passaro Elena Guidetti III B aprile 2012

LA LIBERAZIONE DI GENOVA

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Ricordare il 25 aprile ’08 Lettori: Annapaola- Riccardo- Octavia- Martina Ricordare è un modo di commemorare tutti i nostri compatrioti morti per la libertà e perché in un futuro non si ripeta la stessa situazione. Il 25 aprile è una data da ricordare perché è una festa che ricorda la liberazione dell’Italia dal nazismo tede-sco. Bisogna quindi ricordare lo sforzo dei partigiani che sono morti per la libertà italiana. Noi giovani, a volte, consideriamo la libertà un diritto scontato, ma non è così, e per preservarla è importante essere consapevoli del suo valore. Diventa dunque im-portante la funzione del ricordo, del ricordare gli eventi del passato perché dobbiamo imparare dal passato, in modo che l’umanità non commetta gli stessi errori. 25 aprile significa anche appoggio della popolazione civile, donne, anziani, giovani che hanno rischiato la lo-

ro vita per aiutare i partigiani. Molti giovani, ma anche adulti non sanno cosa significa storicamente il 25 aprile, non sanno che è il simbolo della ritrovata libertà dal regime fascista Ricordarsi di questo giorno, fa riflettere sulle molte per-sone che hanno sofferto per la propria patria, al fine di farla diventare migliore, anche purtroppo a costo della vita. E’ importante ricordare un momento storico perché è giusto che non ci si dimentichi di importanti gesta, av-venimenti o addirittura sacrifici di vite. Il 25 aprile significa ricordare il sacrificio dei nostri compatrioti per l’Italia; essi hanno combattuto con tutto

il loro cuore per conquistare la libertà. Classe III C 2007-2008

NUMERO SPECIALE

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RICORDAVAMO COSI’ IL 63°

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Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle mon-tagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impicca-ti. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.“ Passo del discorso sulla Costituzione riportato su una lapide ai Piani di Praglia "Gaetano Gal-lesi - Partigiano della Benedicta - caduto nel rastrellamento - nazifascista - Pasqua 1944"

La strage della Benedicta La cascina della Benedicta distrutta dai tedeschi dopo il rastrellamento dell’aprile 1944, sotto il recupero delle salme.

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Nel periodo in cui crescevano le manifestazioni di protesta e delle azioni di guerriglia si colloca l'audace assalto condotto da Giacomo Buranello ed un compagno dei GAP contro due ufficiali tedeschi in via XX Settembre. Prendendo a pretesto questo fatto, il prefetto Basile convoca nella notte del 13 gennaio il Tribunale Militare Speciale, che condanna a morte per fucilazione otto detenuti politici delle carceri di Marassi, che vengono immediatamente prelevati e portati al Forte di San Martino. Contemporaneamente il prefetto, chiede l’ intervento al Forte di San Martino dei carabinieri per un problema di ordine pubblico. Quando il tenente Giuseppe Avezzano Comes vi giunge con venti uomini, si rende conto che non di questo si tratta, ma che sono stati chiamati perché procedano alla fucilazione degli otto prigionieri che si trova davanti. Nasce un alterco durante il quale il tenente dichiara di non riconoscere la legittimità della sentenza e ordina ai suoi uomini di non sparare, prima di essere rinchiuso in una garitta. A questo punto i fascisti fanno mettere i prigionieri a due a

due uno di fronte all'altro e li uccidono a colpi di mitra e di pistola. Il tenente Comes, nel trambusto, viene liberato e riesce a tornare al comando di via Corsica, dove fa rapporto, ed il suo superiore lo elogia per il suo operato. Dopodichè viene trasferito ad Albenga, subisce un primo interrogatorio cui seguiranno arresto, sevizie e deportazione in Germania, da cui tornerà alla fine della guerra. Intanto, la sera del 15 gennaio, fascisti e SS arrestano numerosi antifascisti che, assieme ad altri già detenuti, il giorno 16 vengono caricati su un vagone che parte dallo scalo merci di Sampierdarena con

destinazione Dachau, Questi 42 prigionieri politici sono i primi deportati genovesi in Germania

I NOMI DEI FUCILATI

Odino Bellucci, 32 anni, professore

Giovanni Bertora, 31 anni, tipografo.

Giovanni Giacalone, 53 anni, straccivendolo.

Romeo Guglielmetti, 34 anni, tranviere

Amedeo Lattanzi, 55 anni, giornalaio.

Luigi Marsano, 33 anni, elettricista.

Guido Mirolli, 49 anni, oste

Giovanni Veronelli, 57 anni, operaio. Classe III C aprile 2010

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FORTE DI SAN MARTINO

“Poesia significa in primo luogo libertà: libertà e disobbedienza di fronte ad ogni forma di sopraffazione o di annullamento della persona, di fronte ad ogni forma di regime o peggio di massificazione.” Giorgio Caproni

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In ogni senso resistere vuol dire non cedere a

una volontà esterna e combattere per le proprie

idee” Secondo me la parola resistenza è sinonimo di sfida ad una forza maggiore, come nel caso dei partigia-ni, che sfidarono le maggiori forze della Wermacht. Lorenzo Felici Dal movimento dei partigiani si capisce, l’importanza dell’unione per un ideale può portare alla vittoria contro poteri e idee ingiuste” Gabriele Giuffrida “1. Per me resistere vuol dire libertà 2. Resistere per me vuol dire essere indipendenti 3. Resistere per me vuol dire saper sceglier 4. Per me resistere vuol dire mantenere le proprie idee 5. Per me resistere vuol dire non aggregarsi alla massa” Tommaso Serra Secondo me la parola resistenza significa non farsi coinvolgere troppo dalla moda e dalle cose che ci stanno intorno, cioè non adeguarsi a tutto ciò che accade intorno a noi” Nicolò Casareto Per me al giorno d’oggi la resistenza significa im-pedire qualcosa o qualcuno, per esempio per resi-stere ad un insulto e non reagire. Resistere ad una tentazione e non soddisfarla. Per i partigiani signi-ficava la stessa cosa così, ma la loro resistenza era una resistenza Attiva e non passiva, infatti loro si

opponevano con le armi alla potenza del nazifasci-smo” Francesco Salmi Per me resistenza significa non dare ascolto alle persone di cui non ti puoi fidare anche se ti propon-gono un rimedio più facile per un problema e dare il massimo per risolverlo” Luigi Liberto La resistenza secondo me è sapersi opporre alla moda quando si presenta in modo sbagliato, resi-sterci e non esserne vittima” Alessia Simoni “Per me con la resistenza si capisce l’importanza dell’unione per un ideale e anche si può capire l’opporsi al fascismo e al nazismo” Chathiya Chandran Per me la resistenza può essere legata a molti argo-menti e situazioni. Per me la resistenza è quell’elemento che ti dà forza nei tuoi principi e o-biettivi. Un esempio è la resistenza di astenersi dall’arrabbiarsi per i motivi più quotidiani” Matteo Moretti Resistere al giorno d’oggi vuol dire tante cose:non cadere alle pressioni del giudizio degli altri, vuol dire non cedere ai ricatti che ti vengono proposti quotidianamente” Serena Paneri Resistenza ai giorni d’oggi significa cercare di di-stinguersi nagli atteggiamenti e nelle scelte della vita” Giorgia Rossi Per me resistenza è una parola grande, grandissima. Vuol dire resistere alle voglie, vuol dire resistere a quel che ci piace e non a tutto quello che ci circon-da, vuol dire resistere a non raccontare la verità e resistere per quello che siamo e non per quello che sembriamo” Irene Casagrande Per me resistere vuol dire poter scegliere con la propria testa il proprio destino” Giovanni Rocca segue a p.16

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PER ME RESISTERE...

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Quest'anno abbiamo appro-fondito a scuola la vicenda dei fratelli Cervi, Siamo nel 1943, la famiglia Cervi, composta dal padre Alcide, dalla madre Genoveffa, da sette figli maschi: Gelindo, Antenore, Aldo, Agostino, Ferdinando, Ovidio, Ettore e da due femmine. Diomira e Caterina abita tra i comuni

di Campegine e Gattatico, in provincia di Reggio Emilia. I Cervi sono una famiglia povera di conta-dini e mezzadri. Al dominio in Italia, dal 1922, è la dittatura fascista e i Cervi, molto legati all'idea di liberta sono fin da subito antifascisti. Essi durante la guerra danno inizio alle loro attività antifasciste clandestine , compiendo azioni di sabotaggio e of-frendo ospitalità ai giovani che non volevano com-battere con i fascisti di Salò dopo l'8 settembre del 1943, ai combattenti per la libertà e agli alleati . U-

na sera, nel novembre del 1943, la casa dei Cervi viene circondata e poi messa a ferro e fuoco dai fa-scisti . E' l'ultima volta che i fratelli vedranno la lo-ro casa e la famiglia. Alcide e i sette fratelli maschi vengono infatti condotti in cella a Reggio Emilia. La mattina del 28 dicembre alle alle 6.30 i fascisti fanno uscire di prigione i sette fratelli con la scusa di dover andare a Parma per il processo. Lasciano invece in cella il padre che invano aspetterà. il loro ritorno I sette fratelli, per rappresaglia, a seguito dell'uccisione del segretario fascista di Bagnolo, vengono condotti al Poligono di tiro di Peggio E-milia , dove vengono fucilati, senza processo. Il più vecchio, Gelindo , ha 44 anni, il più giovane, Etto-re, 22. Il padre Alcide farà invece ritorno in paese. Afflitto dal dolore, dopo essere venuto a conoscen-za di quanto era accaduto ai suoi figli, perderà pre-sto anche la moglie, morta di crepacuore. Giulia Bonavera II C aprile 2013

Numero speciale di “Strozzi News” aprile 2013

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NOI E I FRATELLI CERVI

Mentre leggevo la vicenda dei fratelli Cervi ho pensato che il loro comportamento è stato davvero molto coraggioso, eroico. Essi sono morti per aver nascosto americani e partigiani, ma soprattutto sono morti per la libertà di tutti noi. Sicuramente il padre Alcide avrebbe preferito morire lui, piutto-sto che sapere che erano stati uccisi i suoi figli. Invece i fascisti gli hanno risparmiato la vita, forse per farlo soffrire, dopo che gli avevano ammazzato sette figli. Lorenzo Frascolla II C aprile 20-

I fratelli Cervi, alla loro Italia

di Salvatore Quasimodo

In tutta la terra ridono uomini vili,/principi, poeti, che ripetono il mon-do/in sogni, saggi di malizia e ladri/ di sapienza. Anche nella mia patria ridono/sulla pietà, sul cuore pazien-te, la solitaria/malinconia dei poveri.

E la mia terra è bella/ d'uomini e d'alberi, di martirio, di figure/di pie-tra e di colore, d'antiche meditazio-ni./

Gli stranieri vi battono con dita di mercanti/ il petto dei santi, le reli-quie d'amore,/bevono vino e incenso alla forte luna/ delle rive, su chitarre di re accorda-no/canti di vulcani. Da anni e anni/

vi entrano in armi, scivolano dalle valli/lungo le pianure con gli anima-li e i fiumi./Nella notte dolcissima Polifemo piange/qui ancora il suo occhio spento dal navigante/dell'isola lontana. E il ramo d'ulivo è sempre ardente./Anche qui dividono in sogni la natura,/vestono la morte, e ridono, i nemici/familiari,. Alcuni erano con me nel tempo/ dei versi d'amore e solitudine, nei confusi/dolori di lente macine e lacrime./ Nel mio cuore e finì la loro storia/quando caddero gli alberi e le mura/tra furie e lamenti fraterni nella città lombarda./

Ma io scrivo ancora parole d'amore,/e anche questa terra è una lettera d'amore/alla mia terra. Scrivo ai fra-

telli Cervi,/ non alle sette stelle dell'Orsa: ai set-te emiliani/dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,/morirono tirando dadi

d'amore nel silenzio./Non sapevano soldati, filosofi, poeti,/di questo u-manesimo di razza contadi-na.L'amore,

la morte, in una fossa di nebbia ap-pena fonda.Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore, non per memoria, ma per i giorni che striscianotardi di storia, rapidi di macchine di sangue.

4 dicembre 1955

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segue da p. 15 La resistenza per me significa non farsi condiziona-re dal pensiero degli altri; significa saper avere una propria opinione, non seguire la massa sulla moda o sui gusti, perché a ognuno piacciono cose diver-se. Per me resistenza significa non farsi mai mette-re i piedi in testa e saper lottare per le cose a cui si tiene. Lara Lungarotti Resistere vuol dire non mollare mai anche se sei stanco. Per me la parola resistenza ha vari signifi-cati,tra cui:paura,tensione, sofferenza … Non dubitare di se stessi ma essere convinti delle proprie azioni ed essere fiduciosi nella riuscita dei propri scopi. Essere disposti alla morte piuttosto che alla resa. Per me resistenza vuol dire anche co-raggio.“ Francesco Montaldo “Per me resistenza significa avere la forza di rial-zarsi anche quando il mondo ti crolla addosso, per riuscire ad oltre di alzarmi la mattina e vedere il sorriso di chi amo” Denise Berlingheri Per me resistenza significa ragionare con la propria testa e non seguire le mode così si potrebbe avere un futuro migliore per noi e per i nostri figli” Alberto Capurro Resistenza vuol dire per me resistere a un regime che va contro i principi dello stato, libertà e ugua-glianza. Resistenza vuol dire perdere la vita per ga-rantire ai propri figli un futuro libero da dittature. Resistenza vuol dire dare agli altri la propri libertà. Secondo me la parola resistenza significa anche fa-re sacrifici, perché solo se ci si impone si può dire le proprie opinioni, cercando di migliorare la vita

futura, infatti la parola resistenza significa un futu-ro migliore.” Simone Libreri e Pietro Prian Per me la parola resistenza vuol dire non farsi tra-sportare dalla massa, ma avere le proprie idee; resi-stere vuol dire non arrendersi e combattere per i propri pensieri anche contro il parere di tanti. Elena Pietrasanta “Resistere vuol dire non seguire la moda che ti ob-bliga a fare una cosa ma esprimere ciò che si pensa, vuol dire rifiutare ciò che non va come vorremmo, vuol dire non infischiarsene dei problemi per risol-verli. Ed è questo che rende grande un paese. Emanuele Pastorino “Resistenza vuol dire contrapporsi alle minacce fi-siche e/o morali ;avere proprie idee, essere liberi. La resistenza è stata una via per rendere libero e fe-lice un popolo. Resistere è saper scegliere il proprio destino” Emanuele Carlini Resistere a qualcosa che non riesci a sopporta-re,resistere all’azione sbagliata di una persona che, magari ha sbagliato senza volere. Per me resistere non è un concetto tanto facile; molte persone riescono a compierlo altre no! Non ci riescono perché non si sentono ancora pronte, perché è più facile adeguarsi…,quindi per me resi-stere vuol dire impegnarsi per superare gli ostacoli che incontriamo, anche quando ci sembrano diffici-li e complicati” Alice Fagni “Mi piace ricordare la resistenza perché mi rende fiero sapere che ci sono stati dei miei compatrioti che hanno dato la loro vita per togliere il loro Paese dalla brutta strada in cui era. Quindi è giusto man-tenere l’ideale della resistenza e festeggiare il 25 Aprile, il giorno della liberazione dell’Italia. Matteo Galatini

III G aprile 2012

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PER ME RESISTERE...

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