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NINO ROTA SacredWorks - volume 4 Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi - Giuseppe Grazioli Nuovo appuntamento con il progetto dedicato a Nino Rota che comprende una panoramica molto ampia delle composizioni per orchestra. Dopo le celebri musiche da film troviamo il capitolo dedicato alla musica sacra con rarità e inediti di grande valore artistico. Le incisioni sono state realizzate in studio dall’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi sotto la direzione di Giuseppe Grazioli, autentico specialista di questo repertorio. CD 1 PRIMA INCISIONE MONDIALE DELLA VERSIONE INTEGRALE MYSTERIUM (1962) Registrazione dal vivo, gennaio 2015 CD 2 PSALLITE NATO SALMO 6 SALMO 99 IL PRESEPIO PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI C'ERA UNA VOLTA NELLA GROTTA AVE MARIA TOTA PULCHRA ES IL NATALE DEGLI INNOCENTI 2 CD al prezzo di 1 Decca 4814799 / DIGITALE Street date: 2 dicembre 2016

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NINO ROTA SacredWorks - volume 4

Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi - Giuseppe Grazioli

Nuovo appuntamento con il progetto dedicato a Nino Rota che comprende una panoramica molto ampia delle composizioni per orchestra. Dopo le celebri musiche da film troviamo il capitolo dedicato alla musica sacra con rarità e inediti di grande valore artistico. Le incisioni sono state realizzate in studio dall’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi sotto la direzione di Giuseppe Grazioli, autentico specialista di questo repertorio. CD 1 PRIMA INCISIONE MONDIALE DELLA VERSIONE INTEGRALE MYSTERIUM (1962) Registrazione dal vivo, gennaio 2015 CD 2 PSALLITE NATO SALMO 6 SALMO 99 IL PRESEPIO PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI C'ERA UNA VOLTA NELLA GROTTA AVE MARIA TOTA PULCHRA ES IL NATALE DEGLI INNOCENTI 2 CD al prezzo di 1 Decca 4814799 / DIGITALE Street date: 2 dicembre 2016

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GIA’ DISPONIBILI NINO ROTA - THE ROTA PROJECT VOL. 1 The Legend of the glass mountain (1949) Concerto per arpa e orchestra (1947-50) Sarabanda e Toccata per Arpa (1945) Ouverture da Il cappello di paglia di Firenze (1945-46) Satyricon / Roma suite (1971) Il padrino per arpa (Love Theme) (1972) Concerto n. 1 per violoncello e orchestra (1972) Concerto n. 2 per violoncello e orchestra (1974) PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI Variazioni sopra un tema gioviale (1953) Fuga per quartetto d’archi, organo e orchestra d’archi (1923) Concerto per violoncello e orchestra (1925) Allegro Concertante (1953) 2 CD al prezzo di 1 Decca 48102846 / DIGITALE NINO ROTA -THE ROTA PROJECT VOL. 2 Amarcord Suite dalla musica del film omonimo (1973) War and Peace (Guerra e Pace) Suite dalla musica del film (1956) Concerto per trombone e Orchestra (1966) Guardando il Fujiyama (1976) Concerto per fagotto e orchestra (1974-77) Castel del Monte ballata per corno e orchestra (1974) PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI Andante sostenuto per il Conc. per Corno K412 di Mozart (1958-59) La Fiera di Bari Ouverture per orchestra (1963) Le Notti di Cabiria Suite dalla musica del film omonimo (1957) La scuola di Guida Idillio di Mario Soldati, Musica di Rota (1959) 2 CD al prezzo di 1 Decca 48103942 / DIGITALE NINO ROTA - THE ROTA PROJECT VOL. 3 Prova d’orchestra – Suite (1978) Concerto in Mi per pianoforte e orchestra “Piccolo Mondo Antico” (1978) PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI Le Molière Imaginaire (1976) Musiche per il ballet-comedie di Maurice Bejart Rabelaisiana (1977) 2 CD al prezzo di 1 Decca 48106943 / DIGITALE

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Che Nino Rota (1911-1979) sia uno dei grandi Maestri del Novecento, e in ispecie della sua seconda parte, la pubblicazione in disco degli opera omnia vale ad asseverare: per convincere i renitenti e risvegliare la memoria dei dormienti. E questa pubblicazione si deve all’iniziativa della milanese Orchestra Verdi: il suo fondatore e ventennale direttore, Luigi Corbani, un amico del cuore di chi scrive, ha sempre avuto fra le prime sue missioni quella di dare il giusto onore alla musica italiana – a differenza di taluni “patrioti” i quali tali non sono che nelle interviste televisive e nelle dichiarazioni giornalistiche. Di tale impresa il co-protagonista è Giuseppe Grazioli, eletto direttore d’orchestra e divenuto pur egli mio amico del cuore: il quale nel panorama odierno si distingue non solo per le non comuni doti di musicista ma per le ancor meno comuni qualità umane: l’intransigenza artistica, la fedeltà e la profondità degli affetti.

Il presente album di due dischi, tappa degli opera omnia, contiene una crestomazia di piccole composizioni sacre e un’opera monumentale che si situa ai vertici della musica sacra corale del Novecento: a fianco del Salmo di Florent Schmitt, di quello di Albert Roussel, della Sinfonia di Salmi di Stravinskij: e di poche altre composizioni fra le quali vanno ricordati il Psalmus Hungaricus di Zoltan Kodály e, ancor più in alto, il Veni Creator Spiritus, in lingua polacca, di Karol Szymanowski. Ma se ne differenzia per un’asperità espressiva, una severità di contenuto e di stile che fa tutt’uno con la profondità della tessitura contrappuntistica, onde appare davvero un unicum. L’aggettivo che meglio mi pare attagliarsi al Mysterium è “ferrigno”.

Chi non ha avuto, come l’ho avuto io, il privilegio di conoscere Nino Rota, avrà maggiori difficoltà che non abbia avute io a comprendere la personalità di questo compositore. Da quegli occhi chiari spirava un’infantile innocenza; eppure egli era uomo di profonda saggezza. Era piccolino e si muoveva con passo esitante; il suo sorriso era di un’unica luminosità. Uno dei primi nostri incontri fu 23 settembre del 1970, a Perugia, nella meravigliosa basilica di San Pietro. Francesco Siciliani, suo intimo amico e legato a lui da grande affetto (quanto a stimarlo, inutile dire: uomo di profonda spiritualità, riconosceva a ammirava la spiritualità negli altri), aveva organizzato alla Sagra Musicale Umbra, sua creatura prediletta, la prima esecuzione assoluta dell’Oratorio La vita di Maria; e in fondo la via dell’Oratorio a Rota era consentanea, rappresentando essa quella degli esordî del bimbo compositore, col San Giovanni Battista. Il 23 era la prova generale. Rota medesimo era sul podio; per impacciato, a causa del suo immenso esser schivo, che fosse, possedeva carisma che ridondava su coro e orchestra. La prima esecuzione avvenne il giorno successivo. Dopo il Maestro invitò un gruppo di convenuti, fra i quali anch’io (non Siciliani, che aborriva dalla convivialità con cosiddetto “ambiente misto”) in una trattoria. Eravamo già seduti quando sopravvenne Federico Fellini: la tavolata lo accolse con un applauso: e quel Grande: “Non infondato… ma fuor di luogo!”

Rota era fra i più stretti amici del mio Maestro, Vincenzo Vitale: anche per questo entrai nel suo affetto; e ne conservo un preziosissimo dono, i cinque volumi, riccamente rilegati, de Il mistero dell’amor platonico di Dante Gabriele Rossetti. Ma ciò avvenne assai più tardi, alla fine degli anni Settanta. Dell’inizio, invece, dello stesso decennio, mi è caro rievocare due episodi. Ero seduto avanti a lui e a Vinci Verginelli al Foro Italico per un concerto dell’Orchestra Sinfonica di Roma della Rai; evidentemente (non ricordo la data esatta) doveva esser prima del settembre del 1970 giacché alla Vita di Maria Verginelli lo conoscevo già. Mi presentò al poeta ed erudito e mi disse: “Vuoi cenare con noi? Beninteso, sempre che non ti spaventi!” Alludeva alle voci sulla sua omosessualità; atteggiamento di vita che allora rientrava talora (e, per verità, solo talora) nella condanna sociale. Quella sera egli, profondamente credente, incominciò con infinita delicatezza a oppugnare l’agnosticismo se non lo scetticismo che mi piaceva ostentare. E Verginelli, che su di me poteva agire per il suo esser grande didatta, gli dava man forte.

Di due mesi successivo alla “prima” della Vita di Maria quest’altro piccolo aneddoto. Rota era a Napoli e di nuovo con Vinci Verginelli: m’invitò a colazione. L’appuntamento era davanti al Conservatorio. Scendiamo per port’Alba e giungiamo in quella che oggi si chiama piazza Dante, la statua del Poeta collocata incongruamente a distruggere l’armonia architettonica del meravigliosissimo Foro Carolino del Vanvitelli. “Sei mai stato dal Fetente?”, mi chiede il Maestro. E mi conduce in una poverissima trattoriuccia sita in una piccola traversa che divideva il Foro Carolino da via Cisterna dell’Olio: proprio così si chiamava, ‘O fetente. A tavola mi domanda: “Vuoi l’insalata di alghe?” Questa prelibatezza della cucina povera napoletana non la conoscevo: esitavo; e lui: “Prendila: è buona!” Indi di persona, con cucchiaio e forchetta, la servì nel mio piatto. Se non fanno Santo Nino Rota chi Santo debbono fare?

Oggi il Maestro milanese è conosciuto dai più in quanto autore di colonne sonore per il cinematografo; arte nella quale raggiunse eccellenza planetaria sicché nessuno poteva competere con lui in questo ramo. Ma egli va ricordato come compositore di musica assoluta alla quale era fortemente portato e che ha segnato la sua vita spirituale. Infatti i suoi

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esordî di piccolo prodigio a dodici anni furono, mi ripeto, addirittura con un Oratorio; egli fu insegnante di Composizione a molti e Direttore del Conservatorio di Bari; onde viveva a Torre a Mare, occupando solo per brevi spazî l’appartamento romano di via delle Coppelle. Rota era ed è profondamente inviso alla cosiddetta Cultura; giacché la sua dottrina compositiva, tale che della musica contemporanea nulla gli era ignoto, lo portava a respingere i dogmi dell’Avanguardia e a restare saldamente ancorato alla Tonalità; rivissuta però con profondo senso storico. Il suo catalogo è immenso perché egli era tanto portato alla musica da non poter stare senza comporre; e la sua dottrina era pari al suo genio. Debbo aggiungere qualcosa sulla sua profonda cultura; aveva del mondo classico, quindi del Latino e del Greco, una conoscenza da filologo: e il suo sodalizio col poeta Vinci Verginelli sulla comune passione greco-latina si basava. Verginelli gli stese il testo de La vita di Maria. Nel 1962 era nato un altro “Oratorio”, pel quale Verginelli aveva scelto testi scritturali, intitolato Mysterium: quando venne eseguito il 19 e 20 ottobre 2012 al Teatro San Carlo di Napoli sotto la direzione di Giuseppe Grazioli m’incontrai per la prima volta con questo artista che, come ho detto, sarebbe entrato nel recinto dei miei affetti.. Grazioli realizza una delle iniziative per che la Verdi passerà alla storia: l’incisione degli opera omnia di Rota. Tra i grandi direttori oggi solo Riccardo Muti esegue le composizioni del Maestro e le inserisce persino nelle tournées dell’Orchestra Sinfonica di Chicago, con ammirazione, mi dice egli stesso, innanzitutto dei professori dell’organismo sinfonico.

Ho qualche perplessità sull’attribuzione del Mysterium al “genere” dell’Oratorio, la quale risale agli Autori. Gli storici della musica per “Oratorio” intendono solitamente un’Azione la quale, a differenza di quelle del teatro musicale, non venga rappresentata e venga proiettata su di un teatro ideale. Così il Mysterium, nel quale narrazione non v’è ma solo contemplazione di verità di fede e del messaggio evangelico, sarebbe piuttosto ascrivibile alla forma della Cantata.

La distinzione conta meno del giudizio estetico su questo capolavoro. Suddiviso in sette parti e facente spazio anche al coro infantile al quale la chiusa estatica è affidata, esso s’apre sulla cupa terribilità dell’annuncio “In principio erat Verbum” sottolineato da “ostinati” orchestrali e figure a ritmo puntato. Su “Et ego resuscitabo eum in novissimo die”, fanfare appaiono una citazione del Requiem di Verdi. Il modello del Mysterium sembra essere la Sinfonia di Salmi di Stravinskij, una delle più belle opere del Maestro russo; Rota se ne discosta per il suo fare spazio al quartetto vocale e per una ricerca ritmica che rende difficoltosa l’esecuzione della partitura. Vi sono sezioni nelle quali a ogni battuta l’indicazione di tempo muta e i ritmi asimmetrici abbondano. Grazioli con l’orchestra sancarliana seppe dominare perfettamente i perigli; vieppiù lo ha potuto alla Verdi: l’esecuzione registrata al concerto e qui pubblicata è davvero di altissima qualità.

L’orchestrazione era un altro dei doni posseduti dal compositore; sicché la vasta orchestra con i legni a tre produce sonorità magmatiche rinserrate nel grave e altre eteree alle quali apporta colore chiaro l’arpa. Il “Veni sancte Spiritus” finale si chiude sopra una lievissima dissonanza.

Mi ripeto. Il Mysterium, composizione come poche dotta ma eloquente a un tempo, è almeno, e dico almeno, all’altezza della Sinfonia di Salmi. Quanto al Salmo di Florent Schmitt a al Salmo di Albert Roussel, che sopra ho ricordati fra i grandi esempi della musica sacra novecentesca, mi vien fatto di ricordare un istante anche il sommo Vincenzo Vitale, il didatta di pianoforte e, in senso assoluto, di musica, del quale alcuni di noi hanno avuto il privilegio d’esser allievi. Il Salmo di Schmitt me lo fece conoscere proprio lui che a Parigi, per esservi seguace dei corsi di perfezionamento pianistico di Alfred Cortot e di quelli di Composizione di Roussel, aveva conosciuto Schmitt di persona. Vitale era, con Siciliani, intimo amico di Rota; e per lui accettava persino di recarsi a Bari quale commissario ministeriale ai diplomi di pianoforte. Così posso dire d’aver vissuto una doppia triangolazione: quella Rota-Vitale-Siciliani e quella Rota-Vitale-Roussel. Rota, Vitale e Siciliani avevano in comune non solo l’esser sommi musicisti ma di avere una straordinaria cultura classica; necessaria per scrivere il Mysterium, opera scaturiente dal cuore ma anche dal Paraclitus (Veni creator spiritus …. mentes tuorum visita… sermone ditans guttura… ). Mi domando se non sia il caso di tentar di riproporre oggi anche qualche composizione sacra di Siciliani: nemmeno io le conosco per aver egli ritiratele dalla circolazione: direttore artistico principe dal quale poteva dipendere il destino di esecutori e compositori, non voleva venissero eseguite per piaggeria; e poi, mi diceva, “Mi sono disgustato di scrivere perché mi veniva troppo facile….”. Chissà se Rota ha mai conosciuto le composizioni di Francesco il Perugino? Formidabile lettore di partiture senza nemmeno l’ausilio del pianoforte, capace di memorizzarle all’istante, sono certo che non avrebbe condiviso il giudizio che venivano troppo facili.

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C’era una volta nella grotta non è un brano di musica spirituale: è una di quelle piccole cose che mostrano la grande mano dell’Autore nella ricercata ingenuità. Ave Maria, Psallite nato e il Salmo 99, appaiono gentili esercitazioni di Conservatorio. Del Presepio va detto, con più forza, quanto affermato per il brano dell’Aladino: la scrittura per quartetto avvolge la voce di soffici armonie e timbri mirabilmente individuati; la sezione “Un poco più mosso” mostra un delizioso calco vivaldiano e al tempo stesso è una eco delle Pastorali presepiali della musica napoletana, riecheggiate in Franco Alfano e Ottorino Respighi.

Ma le Pastorali presepiali, coi loro metri binarî a suddivisione ternaria, ben altro peso acquistano ne Il Natale degli Innocenti. Si tratta d’un piccolo, intensissimo Oratorio del quale sarebbe troppo facile indicare quale fonte stilistica Les noces di Stravinskij, che appaiono un suggerimento esterno in ispecie quanto alla timbrica. L’insondabile cultura musicale di Rota, insieme con quella relativa al mondo classico e alle lingue greca e latina, vi rifulgono: non a caso sodale e autore dei testi del Maestro era il coltissimo latinista Vinci Verginelli. Il “declamato” dell’Historicus ha inflessioni modali e aspetto ritmico proprio del tono di lezione del Canto Romano liturgico; e le armonie sanno esser arcaiche insieme e moderne. Il Gloria in altissimis è una Giga colla quale gli Angeli festeggiano il Salvatore: danzano perché gli umili comprendano la gioia dei Cieli e perché i Cieli stessi danzano per lo scandalo dell’Incarnazione. La visita e l’adorazione dei Magi assumono movenze arcane nella semplicità stilistica di musica affidata a un coro infantile. Stella ista sicut flamma mette in onore la modalità frigia, ancora apparentando Rota ai grandi Maestri della modalità novecentesca, Maurice Emmanuel, Ottorino Respighi, Gino Marinuzzi. La fuga in Egitto è elaborata e, coi suoi “ostinati”, drammatica e potente. Ex Aegypto vocavi filium meum è un raffinato minuscolo Mottetto. La strage degli Innocenti si riallaccia alla precedente drammaticità; la conclusione, Vox in Rama, si concentra sullo strazio della simbolica Rachele sugli Innocenti e la misteriosa cadenza in Do maggiore lo sottolinea. Per affinità stilistica e altezza artistica, Il Natale degli Innocenti si pone degnamente al fianco di uno dei tardi capolavori arcaizzanti di Respighi, la Lauda per la Natività del Signore.

Paolo Isotta