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Nicola Armaroli Vincenzo Balzani ENERGIA PER L’ASTRONAVE TERRA Terza edizione L’era delle rinnovabili

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Nicola Armaroli Vincenzo Balzani

ENERGIA PERL’ASTRONAVE

TERRATerza edizione

L’era delle rinnovabili

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nicola armarolivincenzo balzani

Energia perl’astronave Terra

Terza edizioneL’era delle rinnovabili

chiave di letturaa cura

di Federico Tibone

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Realizzazione editoriale:– Collana ideata da: Federico Tibone e Lisa Vozza– Coordinamento redazionale: Federico Tibone– Redazione: Lucia Sanna Bissani– Progetto grafico: Falcinelli & Co. Srl– Impaginazione: Pierangelo Bassignana– Disegni e grafici: Roberto Marchetti

Copertina:– Progetto grafico e impaginazione: Falcinelli & Co. Srl– Immagine di copertina: BeholdingEye/iStock

Prima edizione: 2008Edizione aggiornata e ampliata: 2011Terza edizione: maggio 2017

Ristampa: prima tiratura5 4 3 2 1 2017 2018 2019 2020 2021

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indice

Prefazione alla terza edizione * 5Introduzione 10

1. Che cos’è l’energia 152. Ieri e oggi 393. Quanta energia sprechiamo? 674. L’energia nella stiva: i combustibili fossili 875. Cambiamenti climatici e altri danni 1176. Energia nucleare: il sogno fallito 1377. Energia dall’aria, dall’acqua e dalla Terra 1698. Energia dal Sole 1959. La transizione energetica 22510. L’unico futuro possibile 255

Le fonti di questo libro 27715 miti da sfatare 280Forse non sapevi che... 286Indice analitico 292

* Il libro è aggiornato ai dati disponibili a febbraio 2017.Molti capitoli di questa terza edizione sono nuovi o fortemente rinnovati.

direzioneeditoriale
Rettangolo
direzioneeditoriale
Rettangolo
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A Claudia e Carla

Se pensi che l’istruzione sia costosa,prova con l’ignoranza.

Derek Bok

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Prefazionealla terza edizione

Siamo in un momento cruciale della storia dell’astro-nave Terra: l’era dell’uomo, l’Antropocene, finora ca-ratterizzata dall’uso crescente dei combustibili fossili,deve fare i conti con la necessità di rinunciare gradual-mente a questa fonte di energia per non compromet-tere la stabilità della biosfera e lo sviluppo della civiltà.

La prima edizione di questo libro risale al 2008;in meno di un decennio sono cambiate più cose diquanto allora potessimo immaginare o sperare.

In quegli anni iniziava a diffondersi la consape-volezza del fatto che ci troviamo su un’astronavecon risorse limitate. I cambiamenti climatici e idanni alla salute causati dall’uso dei combustibilifossili erano già evidenti, ma una potente lobby so-stenuta da grandi compagnie petrolifere finanziavascienziati e centri di ricerca per gettare dubbi sullarealtà del riscaldamento globale e disorientare l’o-pinione pubblica.

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All’epoca le fonti alternative proposte per so-stituire i combustibili fossili erano il nucleare e leenergie rinnovabili. Mentre continuava un accesodibattito tra i sostenitori delle due opzioni, moltidavano per certa una rinascita del nucleare e insi-stevano sull’impossibilità di far fronte alla richiestaglobale di energia con le fonti rinnovabili.

Nel 2008 i pannelli fotovoltaici installati nelmondo (15 GW) producevano meno dell’1% dell’e-nergia elettrica prodotta dai 439 reattori nuclearie parevano poco plausibili come alternativa. NegliUsa si tentava di rilanciare il nucleare con generosicontributi statali e il famoso deposito per rifiuti al-tamente radioattivi di Yucca Mountain sarebbe do-vuto entrare in funzione a breve. In Italia il governolanciava un programma per il ritorno al nucleare.

Nel 2011, quando è uscita la seconda edizionedi questo libro, il quadro era già sostanzialmentecambiato. L’incidente di Fukushima aveva affos-sato le prospettive di rinascita del nucleare; i pos-sibili finanziatori si erano definitivamente ritirati el’accettabilità sociale di questa tecnologia era crol-lata ovunque. Gli italiani, tramite un referendumpopolare, si erano pronunciati in massa contro ilritorno al nucleare proposto dal governo. Nel frat-tempo il fotovoltaico installato nel mondo era piùche quadruplicato, salendo da 15 a 68 GW.

Nel 2009 la conferenza onu sul clima a Cope-naghen aveva preso atto dello scarso impatto delprotocollo di Kyoto, redatto nel 1997 ed entratoin vigore nel 2005, per contenere le emissioni chepossono modificare il clima; pur confermando la

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necessità di evitare il riscaldamento del pianeta, laconferenza non giunse ad accordi sostanziali.

La transizione dai combustibili fossili alle ener-gie rinnovabili faticava a farsi strada, ma qualchesegnale cominciava a manifestarsi: la Germanialanciava un piano nazionale di transizione energe-tica di vasta portata mentre gli Stati Uniti, sotto laguida del presidente Obama, si impegnavano fi-nalmente a sviluppare le energie rinnovabili.

Nel frattempo il degrado ambientale del pianetasi è aggravato a causa del modello di sviluppo domi-nante, l’«economia lineare» che si basa sull’energia deicombustibili fossili, sull’uso indiscriminato delle ri-sorse naturali e sull’accumulo di rifiuti nella biosfera.

Negli ultimi anni il vento sembra essere cam-biato, in particolare grazie a due eventi che hannoavuto un forte impatto sulla pubblica opinione eanche sul mondo della politica e dell’economia.

Nel giugno 2015 l’enciclica Laudato si’ di papaFrancesco sulla cura della «casa comune» ha de-nunciato lo stato di diffuso degrado ambientale esociale e ha esortato a trovare un consenso mon-diale per mettere rapidamente in atto azioni con-crete. Nel dicembre dello stesso anno, alla confe-renza cop21 di Parigi, l’auspicato consenso è statoraggiunto: le delegazioni di 196 Paesi hanno rico-nosciuto che il cambiamento climatico rappresentaun pericolo urgente e potenzialmente irreversibileper tutta l’umanità. Si è convenuto che è assolu-tamente necessario agire per mantenere l’aumentodella temperatura media globale entro 2 °C rispet-to al livello pre-industriale. Questo richiede una

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progressiva ma rapida transizione energetica daicombustibili fossili alle energie rinnovabili.

Inevitabilmente l’accordo di Parigi ha punti de-boli. Ogni nazione si è posta obiettivi che sarannodifficili da verificare e forse non basteranno per fer-mare il surriscaldamento del pianeta. Rimane peròil fatto che parte del mondo economico e politicoinizia ad ascoltare i richiami della scienza e dell’eticaper salvare la biosfera. In questo contesto, vasti mo-vimenti di opinione internazionali chiedono la ricon-versione degli investimenti dall’estrazione dei com-bustibili fossili allo sviluppo delle energie rinnovabili.

Sì, le cose cominciano a cambiare e a dirlo sonoi numeri. Da qualche anno il contributo relativo deicombustibili fossili alla domanda energetica mondia-le ha iniziato a diminuire. In tutto il mondo le tecno-logie rinnovabili dominano largamente i mercati elet-trici in termini di nuova potenza installata. La Cina,martoriata da problemi di inquinamento atmosfericoe timorosa di rivolte sociali, ha approvato una mora-toria sulla costruzione di nuove centrali a carbone inmolte province. Il Giappone deve far fronte a spe-se colossali per la gestione della crisi di Fukushima(a distanza di 6 anni, i reattori danneggiati restanoinesplorabili) mentre continua a tenere spento il suoenorme parco centrali, in attesa di certezze tecniche esostegni politici forse svaniti per sempre.

Mentre in alcune nazioni l’auto elettrica sta di-ventando un serio concorrente alle auto tradizionali,i Paesi produttori di petrolio, terrorizzati all’idea cheil trasporto su strada si trasformi radicalmente, sonoimpegnati in una guerra di tutti contro tutti sulle quo-

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te di produzione e sui prezzi. Il risultato paradossaleè che il petrolio viene venduto sottocosto, per mante-nerlo concorrenziale, portando molti Paesi produtto-ri e aziende energetiche sull’orlo della bancarotta.

Nel 2016 la potenza da eolico e fotovoltaico hasfiorato 800 GW, coprendo il 5% della domanda elet-trica globale. In Europa le rinnovabili coprono il 17%dei consumi energetici totali; 11 Stati della ue hannogià raggiunto l’obiettivo del 20% previsto per il 2020.

Se si considera che vent’anni fa l’eolico e il foto-voltaico erano quasi inesistenti, siamo di fronte al piùveloce e dirompente cambiamento energetico del-la storia. Gli investimenti nelle energie rinnovabilioggi continuano ad aumentare e anche i Paesi menosviluppati intravedono finalmente la possibilità diaccrescere la propria disponibilità energetica.

La transizione energetica dai combustibili fossi-li alle energie rinnovabili è un processo inevitabilee ormai irreversibile, che nemmeno un presidentedegli Stati Uniti ostile potrà fermare e che faci-literà un graduale passaggio dall’economia lineareall’«economia circolare», basata sul riciclo, che po-trà fermare il degrado del pianeta.

Questa terza edizione di Energia per l’astronaveTerra vuole raccontare la complessità della transi-zione e gli ostacoli che restano da superare, riba-dendo con forza che la scienza e la tecnologia nonbastano per vincere la sfida. Per fissare la barra ver-so l’unico futuro possibile occorrono anche buonsenso, sobrietà, collaborazione e responsabilità.

N.A. e V.B., aprile 2017

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Introduzione

Se ho una scarpa un po’ rotta, che faccio? La getto via,assieme all’altra ancora buona, e vado in un grandecentro commerciale a scegliere, fra le centinaia di tipidi scarpe esposte, quelle che più mi piacciono. Grazieal cielo posso esercitare la mia libertà di consumatore.

L’alternativa suggerita da una poesia di Erri DeLuca – Considero valore risparmiare acqua, ripara-re un paio di scarpe… – non la prendo neppure inconsiderazione. Anche perché è difficile trovare uncalzolaio, e per di più la riparazione potrebbe co-starmi più delle scarpe nuove. In fondo poi cosa c’èdi male? È il nostro modello di sviluppo: il consu-mismo. È la nostra civiltà: la civiltà dell’usa-e-getta.

Il filosofo Umberto Galimberti ha scritto che ilconsumismo è «il primo dei vizi capitali della no-stra epoca». È un modello di sviluppo «che offre unfinto benessere basato sulla distruzione delle risor-se e lo sfruttamento delle persone».

Non si è ancora riusciti ad adottare un modello cir-colare di produzione che assicuri risorse per tutti eper le generazioni future, e che richiede di limitareal massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, dimoderare il consumo, di massimizzare l’efficienzadello sfruttamento, di riutilizzare e riciclare.

Papa Francesco

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E se invece di farmi abbagliare dal luccichio delconsumismo provassi allora a guardare dietro lequinte, per capire come stanno le cose nella lororealtà globale?

Scoprirei che quelle scarpe nuove appena com-prate sono fabbricate usando materiali (plastica,collanti, vernici) che sono ottenuti dai combusti-bili fossili, consumando energia (elettrica, termica,meccanica, luminosa), anch’essa prodotta dai com-bustibili fossili. Scoprirei che per fare quelle scarpesi sono prodotte molte sostanze di rifiuto, a cui siaggiungono ora le scarpe vecchie che ho buttato.Scoprirei che le belle scarpe nuove forse sono statefabbricate da operai mal pagati e poco tutelati, avolte addirittura minorenni, in Paesi dove l’inqui-namento raggiunge spesso livelli insostenibili.

Nel comprare le scarpe nuove ho creduto diesercitare una libera scelta. Però, guarda caso, sonoproprio quelle scarpe che secondo uno spot sua-dente visto alla tv «renderanno felici i tuoi passi».E naturalmente con il nuovo paio di scarpe misono portato a casa anche una scatola di cartonee qualche foglio di carta, ottenuti dal legno deglialberi, e un sacchetto di plastica, prodotto ancorauna volta con i combustibili fossili. Dovrò sbaraz-zarmene, e forse non sarò abbastanza scrupolosoda farlo differenziando quei rifiuti.

Il discorso fatto per il paio di scarpe si applicaanche – con problemi ancora più seri di consumodi risorse e produzione di rifiuti – ogni volta checompriamo un computer, un telefonino, un televi-sore o perfino un prosciutto. Dietro le quinte dei

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500 ipermercati italiani, per esempio, si gettanonei rifiuti ogni anno 55000 tonnellate di cibo che,seppur prossimo alla scadenza, potrebbe esseretranquillamente mangiato.

Il nostro modello di sviluppo è fondato sullacircolarità forzata produzione-consumo: si pro-ducono merci per soddisfare bisogni, ma si pro-ducono anche bisogni per garantire la continuitàdella produzione delle merci. Queste devono es-sere rapidamente consumate per essere sostituite;e poiché non possono essere troppo fragili, altri-menti nessuno le comprerebbe, è sufficiente che siafragile una loro parte. Così il «pezzo di ricambio»non esiste, o è venduto a un prezzo talmente altoda non rendere conveniente la riparazione.

Se non si sente il bisogno di sostituire un pro-dotto, questo «bisogno» viene indotto dalla pub-blicità che, sostanzialmente, è un appello alla di-struzione delle cose che abbiamo per far posto aquelle di nuova produzione. Dove non arriva lapubblicità soccorre la moda, un’altra strategia pervincere la resistenza degli oggetti alla distruzione.La moda rende infatti socialmente inaccettabileciò che è ancora materialmente utilizzabile.

Ogni volta che si usano risorse per produrre unmanufatto (come un’automobile) o per mettere inopera un servizio (come riscaldare l’acqua di unapiscina) si producono rifiuti, che spesso occupanoun volume maggiore rispetto a quello delle risorseche si sono utilizzate. A seconda del loro stato diaggregazione i rifiuti si accumulano come escre-scenze sulla superficie della Terra (per poi unir-

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si alle acque superficiali o profonde, percorrendospesso molta strada dai punti di scarico) oppure,nel caso siano gassosi, si diffondono nell’atmosfe-ra. Come sappiamo ormai bene, il problema dellacollocazione e del destino dei rifiuti è oggi semprepiù complesso.

Alla fine dei processi che generano merci e ser-vizi l’ambiente naturale risulta impoverito del suocontenuto originale e addizionato (brutta parola,ma non possiamo certo dire «arricchito») di unacerta quantità di sostanze estranee solide, liquideo gassose. Queste sostanze modificano il suolo, leacque e l’atmosfera, rendendoli sempre meno ido-nei a servire per le funzioni vitali; e anche a soste-nere la stessa economia che, in ultima analisi, vivedelle risorse naturali.

Purtroppo ogni richiamo a minori consumi, apartire da quelli energetici, contrasta con l’ideaoggi dominante – sostenuta da molti economistie fatta propria dalla maggior parte dei politici –secondo cui è necessario che il prodotto internolordo (pil) delle nazioni aumenti almeno del 2–3%l’anno. Dimenticano però che un aumento delpil implica un aumento nel consumo delle risorsee nella produzione di rifiuti e che, per il secondoprincipio della termodinamica, come è impossibilecreare il moto perpetuo è anche impossibile avereuno sviluppo infinito sulla base di risorse inesora-bilmente finite. Questa è una realtà con cui econo-mia e politica dovranno rassegnarsi a fare i conti.

A questo punto potreste dire: veramente io vo-levo leggere un libro sull’energia, che c’entra tutta

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questa solfa? Non temete, non vi abbiamo ingan-nato. Nelle pagine che seguono si parlerà di ciòche vi aspettate: dal legame chimico alla legge diEinstein, dal carbone al nucleare, dall’obesità ali-mentare all’energia solare.

Ma tenevamo a chiarire fin d’ora che l’energiaè un tema davvero cruciale per capire il mondo incui viviamo. È la grande disponibilità energeticaa permetterci di condurre una vita immensamentepiù comoda di quella che vivevano i nostri nonni.Allo stesso tempo però il nostro stile di vita puòaggravare il degrado del pianeta e compromettereseriamente la qualità della vita dei nostri nipoti.

La più grande sfida e opportunità che l’umanitàha davanti, per provare a mitigare i principali pro-blemi che l’affliggono, è quella di mettere a puntonuove tecnologie energetiche sostenibili. Cono-scere le leggi fondamentali dell’energia, disporredi alcune informazioni basilari sull’attuale sistemaenergetico, avere un’idea delle prospettive dellenuove tecnologie può aiutarci a diventare personepiù consapevoli e responsabili.

Dopo aver letto questo libro, insomma, la pros-sima volta che vi si rompe una scarpa potreste esse-re tentati di portarla a riparare, o magari di provarea ripararla da soli.

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capitolo ottavoEnergia dal Sole

L’astronave Terra non è un sistema isolato. Deve farfronte a molte necessità del suo equipaggio con leriserve (non rinnovabili) che ha nella stiva, ma godeanche di un grande beneficio: riceve in continuità dalSole una immensa quantità di energia sotto forma diradiazione elettromagnetica, cioè luce e calore.

È proprio questa l’energia che «rinnova» alcu-ne risorse fondamentali della Terra: i prodotti delmondo vegetale e l’ossigeno, mediante il processodella fotosintesi clorofilliana e, con essi, tutta lapiramide alimentare; l’acqua potabile, tramite l’e-vaporazione dei mari e le precipitazioni; il vento,con la formazione di gradienti di temperatura chefanno muovere grandi masse d’aria.

Anche i combustibili fossili sono una risorsa con-tinuamente «rinnovata» dalla luce solare, poiché de-rivano dal processo di fotosintesi; in pratica, però,per noi sono una risorsa non rinnovabile, perché per

Gli scienziati sono chiamati a vedere ciò chetutti hanno già visto e a pensare ciò a cui nessu-no ha ancora pensato.

Albert Szent-Györgyi

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formarsi richiedono un tempo un milione di voltepiù lungo di quello in cui li stiamo consumando.

L’energia solare è abbondante: in meno di un’o-ra la Terra riceve dal Sole una quantità di ener-gia pari all’intero consumo umano mondiale di unanno. L’energia solare, a differenza dei combusti-bili fossili, è presente in tutte le zone del pianeta,anche se con intensità diversa in funzione della la-titudine. E poiché il Sole continuerà a brillare permiliardi di anni, ecco che l’energia solare, oltre aessere abbondante e ben distribuita, è anche ine-sauribile nella nostra scala dei tempi.

Questi importantissimi pregi sono però mitiga-ti da due limitazioni: l’energia solare ha intensitàbassa ed è variabile su scala locale, perché dipendedalle condizioni meteorologiche oltre che dall’al-ternanza tra il dì e la notte.

L’attuale sistema di vita nei Paesi più svilup-pati richiede densità di potenza che vanno dai20–100 W/m2 di un’abitazione ai 300–900 W/m2

di un’acciaieria.La densità di potenza dell’energia solare è in

media di circa 170 W/m2, un valore che si riducequando la si converte in potenza utilizzabile. Per-ciò non sarà mai possibile far funzionare acciaieriee altre strutture ad altissimo consumo energetico,come gli ospedali, con l’energia della radiazionesolare che cade di giorno sui loro tetti.

È facile intuire che la principale sfida scientificae tecnologica è immagazzinare il gigantesco – madiluito – flusso di energia solare, per poi utilizzarlocon l’intensità necessaria laddove è richiesto.

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Convertirla per sfruttarla

Come abbiamo già visto, l’energia è tanto più utilequanto più è concentrata (senza esagerare, altri-menti diventa pericolosa), immagazzinabile e fa-cile da trasportare.

Le ragioni per questi requisiti sono semplici:

1. l’energia in forma concentrata è necessaria per soddisfare leesigenze di strutture grandi e complesse; inoltre dal molto sipuò sempre ottenere il poco, ma non viceversa;

2. quando è immagazzinabile, l’energia si può accumulare ed èsempre pronta all’uso;

3. quando è facilmente trasportabile, l’energia può servire in luo-ghi diversi da quelli in cui sono collocate le sue riserve; nel casodi viaggi su grandi distanze, in particolare con aerei e navi, èassolutamente necessario avere energia trasportabile.

Le sostanze combustibili, in particolare quellefossili, soddisfano tutti e tre i requisiti, sia pure inmisura diversa. L’energia elettrica soddisfa il pri-mo, il terzo e parzialmente anche il secondo requi-sito. L’energia termica soddisfa il primo requisito,ma soltanto quando è sotto forma di calore ad altatemperatura.

L’energia che arriva dal Sole viene convertitadalla fotosintesi naturale in energia chimica (ciboe combustibili).

Con tecniche artificiali si può facilmente con-vertire la luce solare in energia elettrica o in calorea bassa temperatura, più difficilmente in calore adalta temperatura.

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I tentativi di convertire artificialmente l’ener-gia solare in combustibili sono ancora oggetto diricerca.

Il solare termico

La conversione dell’energia solare in calore a bassatemperatura si può ottenere mediante i collettori so-lari o pannelli solari termici (da non confondere coni pannelli fotovoltaici, di cui parleremo più avanti).Questi collettori contengono tubi di rame dove unliquido riscaldato dalla luce solare è utilizzato perscambiare calore con una riserva d’acqua (figura 17).

Un collettore di circa 3 m2 è sufficiente, alle no-stre latitudini, per fornire acqua calda a uso do-mestico per una famiglia media. Con superfici più

Figura 17. Collettori solari per la produzione di acqua calda per usodomestico e uno schema del loro funzionamento. Foto: foto.fritz/Shut-terstock

colle

ttore

solare

pompa

acquacalda

acquafredda

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estese di pannelli si può alimentare anche un im-pianto di riscaldamento a pavimento per gli edifici.

Un collettore solare ha una durata di almeno30 anni, richiede soltanto piccole manutenzioni ein due anni produce una quantità di energia paria quella che è stata necessaria per fabbricarlo. Sitratta di una tecnologia semplice, affidabile e pococostosa, grazie anche agli incentivi promossi damolti governi. In alcune regioni europee le nuoveabitazioni indipendenti hanno per legge l’obbligodi installazione dei collettori solari.

La potenza installata mondiale di collettori solaritermici era di 50 GW nel 2000, 240 GW nel 2010e ha raggiunto i 435 GW alla fine del 2015, conun’area di collettori che ha superato i 600 milionidi metri quadrati. L’energia generata in un anno,357 TWh, è pari a quella che avrebbero fornito 38,4milioni di tonnellate di petrolio, il cui uso avrebbegenerato 124 milioni di tonnellate di CO2.

L’uso dei collettori solari comporta, indirettamen-te, anche un risparmio elettrico. Nelle case moderneinfatti si usano grandi quantità di energia elettrica perscaldare l’acqua nelle lavatrici e nelle lavastoviglie.

Il solare termico è una tecnologia che non con-suma suolo, non presenta pericoli di alcun tipo enon crea danni ambientali. I materiali utilizzatisono tutti riciclabili.

Nel nostro Paese l’uso dei pannelli solari per ilriscaldamento dell’acqua domestica è ancora deso-latamente basso: nel 2014 (dati 2016) la superficieattrezzata a pannelli solari era di 66 metri quadratiper ogni 1000 abitanti, 10 volte meno dell’Austria

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e ben lontana dall’obiettivo dei 450 m2 per 1000abitanti previsti per il 2020.

È da notare poi che buona parte degli impiantisolari italiani si trovano in Alto Adige, non nel piùsoleggiato Mezzogiorno. Persino l’acqua calda del-le docce degli stabilimenti balneari italiani è spessoottenuta bruciando idrocarburi (gpl): un sintomoesemplare di un Paese incapace di guardare al futuro.

Il fotovoltaico: dalla luce all’elettricità

Il processo fotovoltaico consiste nella conversionediretta dell’energia luminosa del Sole in energiaelettrica. Questa conversione avviene nelle celle fo-tovoltaiche, dove l’assorbimento di luce da parte diun materiale semiconduttore provoca una correntedi elettroni.

Singole celle fotovoltaiche collegate tra loroformano moduli che sono assemblati in dispositivipiù ampi, chiamati pannelli fotovoltaici.

Nei pannelli più diffusi l’elemento fotoattivo èsilicio cristallino drogato con piccolissime quantitàdi elementi chimici come boro o fosforo, che con-verte l’energia solare in energia elettrica con unaefficienza del 15–20%.

Il fotovoltaico un tempo era usato soltanto neisatelliti artificiali, in luoghi isolati come i rifugidi alta montagna o in apparecchi che necessitanodi piccole quantità di energia, come le calcolatriciportatili. Negli ultimi 15 anni si è diffuso invece sularga scala.

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Il grande vantaggio del fotovoltaico è quello digenerare energia là dove serve, in qualsiasi luogoilluminato dal Sole. Perciò si va rapidamente dif-fondendo nei Paesi in via di sviluppo, rendendopossibile un grande salto di civiltà per 1,4 miliardidi persone che non hanno accesso alla rete elettrica.

Con un piccolo pannello fotovoltaico appesofuori dalla capanna ed equipaggiato con batterie ri-caricabili (figura 18) una famiglia ottiene due risulta-ti prima impensabili: si libera dalla schiavitù delbuio notturno e può utilizzare un telefono per averecontatti sociali, consultare le previsioni del tempo,scegliere il giorno migliore per recarsi al mercato.

Allo stesso tempo il fotovoltaico è sempre piùusato anche nei Paesi sviluppati per fornire elet-tricità ad abitazioni e industrie che possono scam-biare energia con la rete in base ad accordi tariffari

Figura 18. I pannelli fotovoltaici danno accesso all’elettricità anche nellezone più povere. Foto: Fotos593/Shutterstock

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con le aziende elettriche, prelevando energia quan-do l’autoproduzione è insufficiente e immettendoin rete l’eventuale eccesso di energia prodotta.

Contrariamente a quanto si crede, il fotovoltaico,grazie alla sua alta efficienza, non richiede superficitroppo grandi. Per soddisfare il fabbisogno di elet-tricità di una famiglia media alle latitudini italianebasta un’area di circa 20 m2 di pannelli fotovoltaici,che possono essere connessi a sistemi di accumulooppure collegati alla rete di distribuzione elettrica.

Si è calcolato che, utilizzando pannelli con unaefficienza di conversione del 10% (ma oggi siamogià al 15–20%), si potrebbe soddisfare l’intero fab-bisogno elettrico europeo con pannelli fotovoltaiciricoprendo in media lo 0,6% della superficie deivari Stati. Per l’Italia servirebbero 2400 km2, un’a-rea estesa quanto la provincia di Piacenza.

Il grande vantaggio del fotovoltaico è che puòessere installato su superfici non altrimenti utiliz-zate: i 700000 capannoni industriali presenti nelnostro Paese, i tetti dei centri commerciali e delleabitazioni, i parcheggi, le pareti antirumore delleautostrade e i terreni aridi. Si tratta di energia cheil Sole ci invia in ogni caso: se non la utilizziamo,va semplicemente perduta.

La tecnologia degli impianti fotovoltaici è or-mai ben collaudata: i pannelli hanno una durata dialmeno 25–30 anni, con una piccola riduzione diefficienza (< 1% l’anno), e a fine vita sono riciclabilial 95%. In 1–2 anni generano l’energia spesa perprodurli (eroi, energy return on investment, di cuiparleremo nel capitolo 9).

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La diffusione dei sistemi fotovoltaici è statapromossa da incentivi statali in molti Paesi, com-presa l’Italia, ma ormai è in grado di svilupparsisenza alcun aiuto finanziario.

Con 295 GW di potenza globale installata,alla fine del 2016 il fotovoltaico generava già unaquantità di energia paragonabile a quella prodottada circa 50 centrali nucleari o a carbone da 1000MW. La produzione è relativamente modesta masta crescendo al ritmo del 30% l’anno. Grandi im-pianti fotovoltaici sono in costruzione anche neiPaesi del Medio Oriente, ricchi di petrolio.

L’85% del fotovoltaico installato nel mondo usapannelli in cui il materiale fotoattivo è una sotti-lissima lamina di silicio. Negli ultimi 10 anni laquantità di celle fabbricabili con un lingotto di si-licio puro è aumentata del 50%, grazie al progressotecnologico che ha permesso di ridurre lo spessoredella lamina da 320 a 180 micrometri; e tra breve siraggiungeranno spessori di 150 micrometri, usan-do il taglio con fili diamantati.

Nel frattempo continua ad aumentare anchel’efficienza nella manifattura e nel funzionamen-to dei moduli, con un’ulteriore riduzione del 25%circa nell’uso di energia in fase di fabbricazione, aparità di potenza prodotta. Nei prossimi 10 annisi dovrebbe affermare il sistema di raffinazione delsilicio tramite letto fluido, oggi ancora poco dif-fuso, che richiede soltanto il 10–20% dell’energianecessaria con il procedimento tradizionale.

I leader mondiali del settore fotovoltaico sonoCina, Germania e Giappone, che raccolgono i frut-

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ti di una lungimirante scelta industriale di innova-zione compiuta più di vent’anni fa. Gli Stati Unitistanno cercando di recuperare il terreno perduto,lanciandosi nella corsa al fotovoltaico di secondagenerazione basato su celle solari a film sottile, cheutilizzano materiali anche diversi dal silicio.

L’Italia gode di un’ottima insolazione, parti-colarmente nelle regioni del Sud. Nel nostro Pae-se il fotovoltaico ha conosciuto un rapido svilup-po dal 2010 al 2013, anche grazie agli incentivieconomici statali. Finiti gli incentivi c’è stata unabrusca frenata, ma poi il fotovoltaico è tornato acrescere, anche se ostacolato da norme burocra-tiche talvolta vessatorie. Ormai ha raggiunto lagrid parity (cioè la competitività economica) con icombustibili fossili, anche senza calcolare le ester-nalità, ossia i danni risparmiati alla collettività intermini di salute e ambiente.

Nel 2015, con 18,9 gigawatt di potenza foto-voltaica installata, capace di coprire quasi l’8% dei no-stri consumi elettrici, eravamo il quinto Paese al mon-do dietro a Cina, Germania, Giappone e Stati Uniti.

Nel giugno 2016 in Italia si è toccato un impor-tante traguardo simbolico: la produzione di elettri-cità è stata coperta per il 50,5% da fonti di energiarinnovabile. Era dagli anni Sessanta che non acca-deva, ma rispetto ad allora il quadro è radicalmen-te cambiato: all’epoca era l’idroelettrico a farla dapadrone e la produzione annua di energia elettricaera circa un terzo di quella attuale.

Nei primi sei mesi del 2016 l’idroelettrico ha rap-presentato invece soltanto il 39% della produzione

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rinnovabile; il resto è venuto da fotovoltaico (21%),eolico (19%), biomasse (16%) e geotermico (5%).

Una tecnologia dirompente

Il fotovoltaico è oggi considerato una «tecnologiadirompente» perché sta cambiando in modo radi-cale il modo di produrre e distribuire elettricità e,di conseguenza, il modo di vivere sia nei Paesi svi-luppati sia in quelli poveri.

Nel settore del fotovoltaico c’è un’intensa atti-vità di ricerca e sviluppo. In laboratorio, con ma-teriali e tecniche speciali (celle tandem) si sonogià ottenute efficienze superiori al 40%, mentre ilprezzo dei moduli commerciali continua da decen-ni a diminuire in modo molto rapido (figura 19).

Oggi un modulo con efficienza del 18–20% co-sta la metà rispetto a un modulo meno efficiente di3–4 anni fa. In certi Paesi africani e sudamericani,nelle gare d’appalto per le nuove centrali elettricheil fotovoltaico è offerto a 2,9 centesimi di dollaroper kWh, la metà del prezzo offerto per il carbone.

In futuro le celle fotovoltaiche saranno semprepiù sottili e, sfruttando nuovi materiali e tecnologiesimili a quelle oggi usate per la stampa, sarà possi-bile realizzare su scala industriale pannelli flessibilida installare sulle pareti degli edifici e anche sulleautomobili. Ulteriori ricerche potrebbero portare amateriali per celle solari spalmabili come vernici.

Nel 2015 la Hanergy, azienda cinese produttricedi fotovoltaico a film sottile, ha presentato al salo-

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ne dell’auto di Pechino la «Hanergy Solar R», unavettura che, secondo i produttori, potrà percorrere20000 km l’anno alimentata da pannelli ultrasottilie ultraleggeri di arseniuro di gallio a doppia giun-zione (efficienza: 31,6%) posti sul tetto e sul cofano.

La crescita del fotovoltaico trascina la crescitadei sistemi di accumulo. Per i pannelli neppure ipiù ottimisti avevano previsto un crollo dei prezzicome quello che si è verificato e che tuttora conti-nua. La stessa cosa sta accadendo per le batterie, inparticolare per le più diffuse, quelle al litio.

Figura 19. La linea retta è la «legge di Swanson»: il prezzo di un mo-dulo fotovoltaico si riduce del 20% per ogni raddoppio della quantitàdi pannelli installati. Fonte dei dati: itrpv, International TechnologyRoadmap for Photovoltaic

1976

prezzoper modulo

19771978

19791980

19811982

19831985

1 10

potenza totale installata (MWp)

100 1000 10 000 100 000

1990

19972001 2006

2008

2009

2010

2014

$ 100

$ 10

$ 1

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Nel 2009 la Deutsche Bank aveva previsto cheil costo delle batterie al litio sarebbe diminuito da650 a 325 dollari per kWh nel 2020; invece già allafine del 2015 il costo era sceso a 300 dollari e ora siprevede che nel 2020 sarà di 170 dollari.

Un’auto elettrica che percorre 6 km per ognikWh di elettricità immagazzinata richiede una bat-teria da 50 kWh per avere un’autonomia di 300 km.Nel 2020 una batteria del genere costerà circa 8000dollari e questo renderà competitivo il prezzo del-le auto elettriche rispetto a quelle a benzina, anchegrazie al minor costo di gestione e manutenzione.L’uso di batterie per accumulare elettricità diventeràcompetitivo anche per usi domestici e di altro tipo.

Nei Paesi sviluppati la sinergia di sviluppo fra fo-tovoltaico, accumulatori, sensoristica e informaticacauserà una rivoluzione nel settore dei trasporti: leauto alimentate da combustibili fossili sono destina-te a lasciare il passo alle auto elettriche a guida auto-noma, cioè prive di conducente.

Il fotovoltaico è la tecnologia più efficiente perconvertire la luce del sole in energia pronta per gliusi finali. Basti pensare che la fotosintesi naturale,che converte l’energia solare in energia chimica, hanormalmente un’efficienza dello 0,1–0,2%, cioè100–200 volte inferiore a quella del fotovoltaico.La grande efficienza del fotovoltaico fa dire a moltiesperti che non c’è bisogno di aspettare sviluppi mi-racolosi nel campo delle energie rinnovabili: il mi-racolo c’è già ed è, appunto, il fotovoltaico al silicio.

Lo sfruttamento dell’energia solare non poneproblemi tecnici, sociali e ambientali, come inve-

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ce accade per i combustibili fossili. In Ruanda, peresempio, in meno di un anno si è costruito un im-pianto fotovoltaico da 8,5 MW che genera energiaper 15000 case e ha creato 350 posti di lavoro.

Al forte sviluppo del fotovoltaico contribuisco-no anche i piccoli impianti domestici, che sonosempre più facili da installare. Si stanno anche svi-luppando sistemi plug-and-play che permetteran-no all’utente di comprare in negozio l’impianto emontarlo poi a casa in poco più di un’ora.

La capacità globale installata di fotovoltaiconel 2016 è aumentata del 31% rispetto al 2015 esi prevede che raggiungerà i 750 GW nel 2020 ei 4500 GW nel 2050. Naturalmente è auspicabi-le che questo sviluppo avvenga secondo i principidell’economia circolare (capitolo 10).

Si prevede che nel 2050 sarà necessario smaltireoltre 60 milioni di tonnellate di vecchi pannelli, se-condo precise norme di riciclo/riuso che l’UnioneEuropea ha già predisposto. Dal riciclo si ricava-no materiali la cui produzione richiederebbe altri-menti molta energia, come l’alluminio, il rame e ilvetro. Non è ancora chiaro se converrà riutilizzareanche il silicio al posto di quello vergine, visto cheoccorrerebbe comunque raffinarlo, con forte con-sumo di energia.

Le molecole di clorofilla delle foglie, che fannola fotosintesi naturale, si auto-rimpiazzano quan-do sono degradate; in modo simile, i pannelli fo-tovoltaici producono energia che può poi essereusata per la loro rigenerazione. Così anche nellastereosfera, cioè nella materia allo stato solido, si ha

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una sorta di «metabolismo»: sia la biosfera sia lastereosfera usano la luce solare come fonte di ener-gia per far funzionare un ciclo che trae dall’am-biente i necessari nutrienti (CO2 per la biosfera eSiO2 per la stereosfera).

Il solare a concentrazione

La conversione dell’energia solare in energia elet-trica si può ottenere anche sfruttando l’energiameccanica del vapore generato da un liquido por-tato a temperature di centinaia di gradi, come ac-cade nelle centrali tradizionali.

Per ottenere le alte temperature necessarie sipossono focalizzare i raggi solari su una caldaiamediante un campo di specchi o, più semplice-mente, si possono usare collettori parabolici lineariche concentrano la luce su un tubo dove circola unfluido che assorbe il calore. Il fluido è costituito dasostanze (per esempio sali fusi) che possono rima-nere ad alta temperatura per molte ore, tanto daessere utilizzabili anche di notte.

Il solare a concentrazione è una tecnologia par-ticolarmente adatta ai luoghi desertici. Non pre-senta pericoli di alcun tipo e non crea danni am-bientali. I materiali usati sono tutti riciclabili.

In Italia c’è un piccolo impianto solare di que-sto tipo (5 MW) a Priolo in Sicilia, frutto di unprogetto congiunto tra Enel ed Enea. In Spagnanel 2015, fra giugno e settembre, gli impianti so-lari a concentrazione (con una potenza collettiva

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di 2300 MW, di cui 800 stoccabili) hanno fornitoquasi il 4% della richiesta di energia elettrica.

Impianti solari a concentrazione vanno diffon-dendosi anche in alcuni Paesi africani, particolar-mente in Marocco dove nel 2018 i 580 MW di ca-pacità programmati forniranno elettricità per oltreun milione di persone.

Tra i modi in cui si potrebbe utilizzare il calo-re ad alta temperatura di origine solare c’è anchela produzione di idrogeno mediante scissione ter-mica dell’acqua. Del possibile uso dell’idrogeno incampo energetico parleremo più avanti.

Dalla luce all’energia chimica: la fotosintesi naturale

La fotosintesi naturale è un processo che avvienenelle piante: la luce del Sole è assorbita dalle mo-lecole di clorofilla e con la loro mediazione trasfor-ma sostanze a basso contenuto energetico (acqua,H2O, e anidride carbonica, CO2) in sostanze adalto contenuto energetico (ossigeno, O2, e carboi-drati contenuti nei prodotti vegetali):

luce solare H2O + CO2 O2 + carboidrati

clorofilla

La fotosintesi naturale, che in ultima analisi tra-sforma la luce solare in energia chimica, è anche ilprocesso che indirettamente ci ha regalato i giaci-menti dei combustibili fossili (carbone, petrolio egas naturale). Queste sostanze infatti si sono for-

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mate nel sottosuolo in seguito alla trasformazionedi organismi vegetali e animali, mediante processichimici molto complessi avvenuti nel corso di cen-tinaia di milioni di anni.

Come abbiamo già ricordato la fotosintesi natu-rale continua ancora oggi a produrre combustibilifossili, ma lo fa a un ritmo immensamente più len-to di quello con cui li consumiamo.

La fotosintesi naturale può convertire al mas-simo circa il 5% dell’energia della luce solare inenergia chimica, ma con poche eccezioni, come lacanna da zucchero in Brasile e in altre regioni tro-picali, l’efficienza di conversione è molto minoredell’1%. Per esempio, nel caso del granoturco ècirca dello 0,2%.

Il processo fotosintetico naturale è molto com-plesso, ma il suo meccanismo è stato in gran partecompreso grazie agli studi compiuti negli ultimidecenni. I primi stadi sono i seguenti:

1. la luce è assorbita dalle foglie mediante un sistema organiz-zato di molecole di clorofilla, che passano così a uno statoelettronico eccitato;

2. l’energia elettronica è trasferita e convogliata, un po’ come inuna antenna, su un sito detto centro di reazione ;

3. in questo sito l’energia è utilizzata, in tempi estremamentebrevi (dell’ordine del picosecondo, 10–12 s), per separare ca-riche elettriche di segno opposto: un «più» da una parte, un«meno» dall’altra.

Ottenuto questo primo risultato, il processo nel-le foglie continua con una serie molto complessa direazioni che portano alla formazione di ossigeno e

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carboidrati. Il tutto può avvenire grazie a una pre-cisa organizzazione molecolare, frutto di miliardidi anni di evoluzione: organizzazione nello spazio(giuste distanze fra le varie molecole coinvolte nelprocesso), nel tempo (alcune reazioni devono esseremolto più veloci di altre e devono avvenire in tem-pi estremamente brevi) e nell’energia (ogni stadiodel processo avviene utilizzando una parte dell’e-nergia fornita dalla luce solare).

Biomasse tradizionali e biocombustibili

La biomassa, cioè la materia organica che è il pro-dotto finale del processo di fotosintesi naturale,può essere usata per soddisfare tre bisogni fonda-mentali dell’uomo: cibo, energia e materiali.

La biomassa sotto forma di legna da ardere for-nisce ancora oggi gran parte della energia termicaper usi domestici nelle nazioni meno sviluppate.

Ma sono biomassa anche i residui di attivitàagricole e forestali, gli scarti delle industrie ali-mentari, i liquidi reflui derivanti dagli allevamenti,i rifiuti organici urbani e anche colture specifica-mente coltivate per la produzione di energia. Que-sti materiali possono essere riutilizzati per la fab-bricazione di materiali di vario tipo (bioplastiche,biofibre, farmaci), per la generazione di energiaelettrica e termica (biopower) e per la produzionedi combustibili gassosi o liquidi (biocombustibili).

Nel 2014 i biocombusibili su scala globale han-no fornito lo 0,8% dell’energia di uso finale. Nel

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2015 hanno generato elettricità per 464 TWh, conun aumento soltanto dello 0,9 % rispetto al 2014.Nel decennio precedente invece il tasso medio diaumento annuo era stato notevole (14,3%).

Il biogas si ottiene per fermentazione anaerobicadi residui organici di varia origine (liquami zootec-nici, fanghi di depurazione, scarti agro-industriali);è costituito prevalentemente da metano (50–80%)e, dopo opportuno trattamento, può essere im-messo nella rete di distribuzione del gas naturale eusato come tale. La produzione di biometano è unottimo modo per utilizzare rifiuti. In alcuni Paesieuropei il biometano costituisce una parte impor-tante dell’energia utilizzata per i trasporti.

Per la produzione di biocombustibili liquidi,in particolare bioetanolo e biodiesel, attualmentesi usano colture dedicate come granoturco, barba-bietole, colza, girasoli. Queste attività mettono laproduzione di energia in diretta competizione conla produzione di cibo, in un mondo dove centina-ia di milioni di persone soffrono ancora la fame edove nei prossimi quarant’anni andranno aggiuntialtri 2 miliardi di posti a tavola. Si è calcolato cheper riempire con bioetanolo il serbatoio di un suvsi utilizza una quantità di mais sufficiente a nutrireuna persona per un anno; per rimpiazzare i com-bustibili fossili con biocombustibili servirebbe unasuperficie di terreno doppia di quella attualmenteusata per l’agricoltura in tutto il mondo.

Ma non è questo il solo problema dei biocom-bustibili: per rappresentare un’alternativa credi-bile ai combustibili fossili, essi devono fornire un

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guadagno energetico e offrire benefici dal punto divista ambientale.

Alcuni studi autorevoli indicano invece chel’energia fossile necessaria per far crescere le col-ture e convertirle in biocombustibili (aratura, se-mina, irrigazione, fertilizzazione, trasporto, trat-tamento industriale) è spesso superiore a quellapoi ottenuta dall’uso del biocombustibile stesso,come vedremo meglio nel capitolo 9 (figura 20).Soltanto la produzione di etanolo derivato dallacanna da zucchero in Brasile risulta energetica-mente sostenibile.

Secondo alcuni scienziati anche il bilancio am-bientale è negativo. Infatti, anche se in teoria ibiocombustibili sono CO2-neutri, nel senso chela CO2 prodotta dal loro uso è quella che hannoassorbito dall’ambiente per crescere, nella praticanon lo sono, a causa dell’energia che si deve forni-re per la coltivazione. Se anche si trattasse di bio-massa spontanea, occorre pur sempre raccoglierla,trasportarla e convertirla.

Un altro fattore ambientale negativo è che l’e-stensione di monocolture dedicate alla produzionedi biocombustibili in certi Paesi causa deforesta-zioni e più generalmente distruzione di ecosistemipreziosi per l’equilibrio della biosfera.

Per tutte queste ragioni gli incentivi per la pro-duzione di biocombustibili non vanno consideratistimoli per lo sviluppo di energie rinnovabili, mapiuttosto sussidi agli agricoltori.

Anche in Italia un sistema di incentivi errato statrasformando l’agricoltura alimentare in agricoltura

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energia dal sole 215

energetica; nel 2015 sono stati censiti 1300 impian-ti, corrispondenti a una potenza installata di 1000MWe. Nella Valle Padana decine di migliaia di et-tari di terreno fertilissimo sono coltivati a mais peralimentare impianti a biogas, che dovrebbero invecefunzionare impiegando soltanto scarti agricoli.

Da anni sono in corso ricerche per produrre i co-siddetti biocombustibili di seconda generazione, prodot-ti da biomasse ligneo-cellulosiche, che non sono incompetizione con il cibo. Se queste ricerche avrannosuccesso, i biocombustibili potranno dare un contri-buto non trascurabile, in particolare come carburanteper il trasporto aereo, un settore in cui i combustibililiquidi sono praticamente impossibili da sostituire.

Figura 20. La produzione di biocombustibili richiede, oltre all’uso di ter-ra fertile, anche grandi quantità di energia fossile. Foto: branislavpudar/Shutterstock

ENERGIASOLARE

BILANCIOENERGETICO?

ENERGIA FOSSILE biocombustibile

(fertilizzanti, irrigazione,pesticidi, raccolta,

trasporto, lavorazione)

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La fotosintesi artificiale

Agli inizi del secolo scorso, quando il petrolio e il gasnaturale non erano ancora entrati nell’uso comune,lo sviluppo industriale e civile era basato essenzial-mente sul consumo di enormi quantità di carbone,con grandi problemi di inquinamento atmosferico.

Già allora qualche scienziato si chiedeva perchémai l’uomo, per soddisfare il suo bisogno semprecrescente di energia, dovesse far ricorso alla «spor-ca energia solare fossile» e non alla energia pulitae abbondante che arriva con continuità dal Sole.Tra questi scienziati ha avuto un ruolo importan-te Giacomo Ciamician, professore all’universitàdi Bologna dove oggi il Dipartimento di Chimicaporta il suo nome.

Nel 1912 in una conferenza dal titolo «La foto-chimica del futuro», presentata a New York all’ot-tavo Congresso internazionale di chimica applicata,Ciamician affrontò il problema dell’energia con pa-role che colpiscono per la loro lungimiranza. Disseper esempio:

La civiltà moderna è figlia del carbon fossile: l’uomo se n’èservito e se ne serve con crescente avidità e spensierata pro-digalità per la conquista del mondo. La Terra ne possiedeancora enormi giacimenti, ma essi non sono inesauribili. Bi-sogna pensare all’avvenire.

Affascinato dalla capacità delle piante di far usodella luce solare, Ciamician preconizzò il giornoin cui il loro segreto sarebbe stato svelato e usatodall’uomo per risolvere il problema dell’energia:

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energia dal sole 217

Selve di tubi di vetro e serre di ogni dimensione s’innalzeran-no al Sole nelle zone desertiche e in questi apparecchi traspa-renti si compiranno quei processi fotochimici di cui fino allo-ra le piante avevano il segreto, ma che l’industria umana avràsaputo carpire: essa saprà farli ben altrimenti fruttare, perchéla natura non ha fretta, mentre l’umanità è frettolosa. E segiungerà in un lontano avvenire il momento in cui il carbonefossile sarà esaurito, non per questo la civiltà avrà fine: perchéla vita e la civiltà dureranno finché splende il Sole.

Se al carbone di Ciamician, che a quel tempoera praticamente l’unico combustibile usato, so-stituiamo più in generale tutti i combustibili fossili,il ragionamento è del tutto attuale. L’inquietudinedella nostra civiltà – che già Ciamician notava – èoggi accresciuta di fronte a problemi che appa-iono ormai troppo complessi per essere governa-ti: l’inquinamento della biosfera, l’effetto serra, lacrescente disuguaglianza nella distribuzione delbenessere, l’aumento della popolazione, il generaleimpoverimento delle risorse naturali.

Il segreto della fotosintesi naturale è ormai statocarpito ma l’umanità, che oggi ha ancor più fret-ta di allora, non è ancora riuscita a utilizzarlo perprodurre combustibili artificiali mediante la con-versione dell’energia solare. La realizzazione delsogno di Ciamician è oggi una delle sfide più im-portanti che la scienza ha di fronte per uscire dallaincombente crisi energetica ed ecologica.

La ricerca sulla fotosintesi artificiale mira allaproduzione di combustibili partendo da sostanzemolto diffuse come l’acqua o l’anidride carbonica.L’acqua dovrebbe essere scissa in idrogeno e ossi-geno, secondo questo schema:

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energia per l’astronave terra218

luce solare

H2O H2 + 1/2 O2

molecole artificiali

L’anidride carbonica potrebbe invece essere ri-dotta a metanolo, con la concomitante generazio-ne di ossigeno. Ma poiché quest’ultimo processo èmolto complicato già sulla carta, tutta l’attenzionedei ricercatori è concentrata sulla scissione dell’ac-qua in idrogeno e ossigeno, che permetterebbe dicreare un ciclo chiuso per la produzione di energia.

Si parte da acqua, una molecola inerte a bassocontenuto energetico (e proprio perciò abbondan-tissima sulla Terra), e si «inietta» in essa energiasotto forma di luce solare, ottenendo così la sepa-razione dei due componenti, idrogeno (combusti-bile) e ossigeno (comburente), come schematizza-to nella figura 21.

Quando questi due componenti vengono ricom-binati in un processo di combustione (o in una cellaa combustibile) essi producono energia termica (oelettrica) restituendo l’energia immagazzinata e for-mando, come unico prodotto, acqua. Per poter scin-dere l’acqua è però necessario l’intervento di sostanzecapaci di assorbire la luce solare e di «mediare» il pro-cesso, come fa la clorofilla nella fotosintesi naturale.

Figura 21. Uno schema del processo di fotosintesi artificiale

2H+

H2

catalizzatorecatalizzatore

eantenna

mem

bra

na

H2O

1/2O2

e

LUCE SOLARE

D APe e

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energia dal sole 219

Alcuni obiettivi parziali sono stati recentementeraggiunti, ma ci sono molti problemi non ancorarisolti, per esempio quello di trovare catalizzato-ri capaci di far avvenire i processi coinvolti nellagenerazione di idrogeno e ossigeno, alla fine dellacatena di reazioni. Ci vorranno parecchi anni e illavoro di molti scienziati per giungere alla produ-zione di idrogeno dall’acqua per via fotochimica.Nel frattempo, però, sui mezzi di comunicazionedi massa l’idrogeno è già diventato una leggenda.

Il sogno dell’idrogeno

Stando a quanto riportano alcuni giornali, l’idro-geno potrà risolvere tutti i problemi energetici:sarebbe una forma di energia abbondante, pulitae persino «democratica». Anche negli ambientiscientifici poco informati e in quelli politici chesi documentano soltanto attraverso i quotidiani,si sentono discorsi che suonano più o meno così:«oggi siamo costretti a usare i combustibili fossiliche sono in via di esaurimento e che produconoanidride carbonica, responsabile dell’effetto serra,ma tra pochi anni potremo finalmente usare l’i-drogeno, che non inquina perché quando lo si usaproduce soltanto acqua».

Purtroppo le cose sono ben più complicate. Ve-diamo di capire perché.

L’idrogeno che serve per produrre energia è l’i-drogeno molecolare, gassoso, di formula H2. È notoda più di duecento anni che quando l’idrogeno bru-

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energia per l’astronave terra220

cia si libera energia, proprio come accade quando sibruciano gas naturale, petrolio e carbone. La gran-de differenza è che la combustione dei combustibilifossili produce anidride carbonica, mentre quelladell’idrogeno produce soltanto acqua:

H2 + 1/2 O2 H2O + energia

Tra l’idrogeno e i combustibili fossili c’è peròanche un’altra fondamentale differenza, che vienespesso dimenticata. I combustibili fossili sono ri-sorse energetiche primarie, che si trovano in gia-cimenti naturali dai quali vengono estratti per poiessere usati. Sulla Terra invece non ci sono giaci-menti di idrogeno molecolare.

Quello che è abbondante in natura è l’idroge-no combinato con altri elementi, per esempio conl’ossigeno nelle molecole dell’acqua. Spesso suigiornali si legge che «l’acqua sarà il carbone delfuturo», e altrettanto spesso questa frase è accom-pagnata da una citazione di Jules Verne tratta daL’isola misteriosa:

E quando le riserve di carbone saranno finite, da dove trarràl’uomo l’energia necessaria per far funzionare le sue mac-chine? Dall’acqua. Io penso che un giorno l’acqua sarà usatacome combustibile e che l’idrogeno e l’ossigeno che la co-stituiscono, usati separatamente o assieme, forniranno unasorgente inesauribile di calore e di luce.

L’acqua in realtà, come l’esperienza comuneci conferma, non alimenta il fuoco ma lo spegne.L’acqua non «brucia», perché è già «bruciata». Bru-ciare, infatti, significa combinare una sostanza con

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energia dal sole 221

l’ossigeno: e l’idrogeno dell’acqua è già combinatocon l’ossigeno.

Alcuni giornalisti tuttavia non si rassegnano:se anche ammettono che l’idrogeno non c’è, so-stengono che lo si può estrarre facilmente dall’ac-qua. Niente affatto: se si vuole generare idrogenodall’acqua, per esempio per via elettrochimica conl’elettrolisi, si deve spendere energia:

H2O + energia H2 +1/2 O2

Si tratta della stessa quantità di energia che poil’idrogeno può generare come calore quando bru-cia con l’ossigeno per ridare acqua. In conclusionel’idrogeno molecolare non è una fonte primaria dienergia, per il semplice fatto che sulla Terra nonc’è. Se lo si vuole usare, bisogna prima consumareenergia per produrlo.

Non si può neppure dire che «l’idrogeno è puli-to». In effetti è «pulito» oppure «sporco» a secon-da della fonte di energia che si usa per produrlo.Utilizzare come combustibile idrogeno ottenutoda metano non offre alcun vantaggio per quantoriguarda l’impatto ambientale: il processo compor-ta la generazione della stessa quantità di anidridecarbonica che si produce bruciando direttamente ilmetano. Analogamente, se si usa energia nucleareper produrre l’idrogeno, si hanno tutti i problemiconnessi all’uso dell’energia nucleare.

La prospettiva cambia completamente se si tro-va un modo per produrre idrogeno dall’acquausando una fonte di energia abbondante, rinnova-bile e non inquinante come l’energia solare. Lo si

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energia per l’astronave terra222

potrebbe produrre mediante la fotosintesi artificia-le, un metodo che però, come abbiamo visto, è an-cora al livello di studi di base. Si va sempre più af-fermando la possibilità di produrre idrogenomediante elettrolisi dell’acqua con energia elettricaprodotta da pannelli fotovoltaici, come illustratonella figura 22.

Quando sarà prodotto in modo sufficientementeeconomico, l’idrogeno potrà essere utilizzato comevettore energetico, non senza aver prima risolto al-tri problemi legati al fatto che è un gas difficile datrasportare, immagazzinare e usare.

Un grande vantaggio dell’idrogeno come vetto-re energetico sta nel fatto che esso si può intercam-biare direttamente con un altro importante vettoregià largamente usato: l’energia elettrica. Infatti conl’elettricità si possono ottenere idrogeno e ossigeno

Figura 22. Uno schema della produzione di idrogeno tramite elettrolisidell’acqua mediante energia elettrica prodotta dal fotovoltaico

RETE

inverter

trasformatore

H2

O2

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energia dal sole 223

mediante l’elettrolisi dell’acqua e, viceversa, usandoi dispositivi chiamati celle a combustibile, da idroge-no e ossigeno si può ottenere energia elettrica. Fer-mo restando, però, che chi vuole usare l’idrogeno ol’energia elettrica deve prima «fabbricarseli».

In ogni caso, anche se ci vorrà ancora tempo,la produzione di idrogeno usando l’energia solareè la migliore soluzione che si prospetta per pro-durre combustibile per i trasporti. Tanto più checombinando l’idrogeno con anidride carbonica sipossono poi ottenere combustibili liquidi comemetanolo e idrocarburi liquidi.

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capitolo nonoLa transizione energetica

Nei precedenti capitoli abbiamo illustrato il con-cetto di energia e il crescente impatto di fonti e tec-nologie energetiche sulla storia della civiltà e sull’e-quilibrio della biosfera.

Come abbiamo visto, i combustibili fossili sonoancora di gran lunga la fonte di energia preponde-rante, ma varie opzioni alternative sono diventatecompetitive e crescono con vigore, specialmentenella produzione elettrica.

Ora ci cimenteremo con gli scenari per il futuro,ben sapendo però che la storia delle previsioni in cam-po tecnologico ed energetico è costellata di insuccessi.

Quando apparvero le prime automobili, i com-mercianti di cavalli ridevano, certi che quelle sca-tole con le ruote non avrebbero mai avuto successo.Nel 1954 un autorevole scienziato dichiarò solen-nemente, alla presenza del presidente degli StatiUniti, Eisenhower, che l’energia nucleare sarebbe

I problemi importanti sono sempre complessi espesso pieni di contraddizioni. Bisogna quindiaffrontarli globalmente, con saperi diversi chedebbono interagire fra loro.

Edgar Morin

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energia per l’astronave terra226

presto diventata troppo economica per poter avereun prezzo; fu probabilmente una delle predizionipiù infelici della storia. È anche istruttivo rivede-re oggi Blade Runner, film cult di fantascienza del1982: la storia, ambientata tra il 2017 e il 2020, sisvolge in una Los Angeles fortemente inquinata edal clima impazzito, dove abbondano però telefonicon il filo, auto volanti e persone che fumano incontinuazione, un gesto autolesionista ormai con-finato ai margini della vita sociale.

Consapevoli che queste esperienze passate sug-geriscono la massima prudenza, non vogliamoperò sottrarci al difficile compito di delineare leprospettive e i limiti della più grande sfida scien-tifica e tecnologica che l’umanità dovrà affrontarenel ventunesimo secolo: la transizione energeticadalle fonti fossili alle fonti rinnovabili.

Questa sfida è molto difficile, ma non impossi-bile; la scienza e la tecnologia possono affrontarla erisolverla. Tuttavia questo non basterà: si tratta an-che di una sfida etica, politica e sociale che richiedescelte lungimiranti per tener finalmente conto deilimiti fisici insormontabili della nostra casa comu-ne, l’astronave Terra.

La transizione energetica richiede un cambia-mento parziale dei nostri stili di vita, ma questonon significa che vivremo peggio: semplicementevivremo in modo diverso. I cambiamenti maggioririguarderanno probabilmente l’alimentazione e ilnostro modo di muoverci e viaggiare. Per inten-derci: meno carne, meno frutta fuori stagione e piùtrasporti pubblici.

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la transizione energetica 227

Le energie rinnovabili possono bastare?

Questa è una domanda fondamentale e, forse l’a-vrete intuito, anche retorica. Infatti, non avrem-mo intrapreso la fatica di scrivere questo libro se lerisorse rinnovabili non fossero sufficienti, in lineadi principio, a coprire ampiamente il fabbisognopresente e futuro della nostra civiltà.

È difficile - e controverso - stabilire il realepotenziale delle risorse rinnovabili a disposizionesulla Terra. Una stima di questo tipo richiede ac-curate analisi tecniche, ambientali ed economiche.

In primo luogo occorre capire fin dove possiamospingerci per catturare i flussi naturali delle energierinnovabili (dette anche perenni, cioè inesauribilisulla scala temporale della civiltà umana).

Per esempio, il Sole invia sulla Terra una quan-tità di energia luminosa enormemente superiore alnostro fabbisogno, però tecnicamente non è possi-bile sfruttare tutta la superficie del pianeta (in par-ticolare gli oceani, che lo ricoprono per due terzi).

Allo stesso modo, le viscere della Terra sonoroventi ovunque, ma la stima del potenziale geo-termico cambia enormemente a seconda della pro-fondità massima che consideriamo raggiungibiletrivellando la superficie terrestre.

In secondo luogo a questi limiti tecnici vannoaggiunti quelli ambientali (tutte le attività umanecomportano impatti sulla biosfera, anche la produ-zione di energia rinnovabile) ed economici (quan-to siamo disposti a spendere per produrre l’energiache ci serve?). La situazione è ulteriormente com-

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energia per l’astronave terra228

plicata dal fatto che le condizioni tecniche ed eco-nomiche possono cambiare anche in modo rapidoe imprevedibile, per via del progresso tecnologicoo di mutamenti del quadro geopolitico.

Nonostante le incertezze del caso, vi è un diffu-so consenso fra gli scienziati sul fatto che le energierinnovabili siano ampiamente sufficienti per copri-re il fabbisogno energetico della civiltà moderna,anche in un pianeta che nei prossimi decenni rag-giungerà i 9-10 miliardi di abitanti.

Un quadro della situazione è descritto dalla fi-gura 23. Il riferimento unitario è il cubetto nero,che rappresenta l’attuale fabbisogno energeticoprimario mondiale, cioè tutta l’energia consumataattualmente dall’umanità ogni anno. Gli altri cubirappresentano sulla stessa scala i principali flussirinnovabili presenti in natura.

I cubi in secondo piano rappresentano il poten-ziale teorico disponibile, quelli in primo piano (piùpiccoli) sono una stima dell’energia effettivamenteutilizzabile tenendo conto dell’attuale quadro tec-nico, ambientale ed economico.

La somma dei volumi dei cubi in primo piano èpari a quasi 25 volte il fabbisogno primario attuale.In linea di principio, quindi, il mondo potrebbe giàoggi funzionare a energie rinnovabili.

A questo punto ci si potrebbe chiedere: ma per-ché allora ciò non accade? La ragione è che si trattadi un processo lungo e complesso; la transizione,però, è già iniziata.

Nel corso della storia sono già avvenute varietransizioni energetiche, con l’ascesa progressiva di

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la transizione energetica 229

una nuova fonte che ha sostituito quella dominan-te, divenuta obsoleta: la legna fu progressivamentesostituita dal carbone e poi il carbone dal petrolio,che ora è insidiato dall’ascesa del gas.

Ognuno di questi processi ha richiesto decenni,e questa scala temporale va messa in conto ancheper la transizione energetica attualmente in corso.

Oggi però la transizione non può essere guidatasoltanto dal mercato e dallo sviluppo tecnologico:servono anche scelte politiche illuminate e tecnica-mente fondate, che stanno faticosamente inizian-do a emergere.

Perché questa volta abbiamo fretta, molta fret-ta: i cambiamenti climatici sono già in atto e mi-nacciano di travolgerci.

Figura 23. Il potenziale teorico annuale delle fonti energetiche rinno-vabili (cubi bianchi) e la sua porzione già oggi tecnicamente sfruttabile(cubi grigi) confrontati con l’attuale consumo di energia primaria (cu-betto nero). Questa stima è molto prudenziale rispetto ad altre che sitrovano in letteratura. Fonte dei dati: N. Armaroli, V. Balzani, Energyfor a Sustainable World, Wiley-vch 2011

consumo annuale odiernodi energia primaria

solare geotermico eolico ondee maree

idroelettrico

22

183

0,006 0,03

0,22

0,11

0,1210

1

4,5

3,0

le potenzialità delle energie rinnovabili

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energia per l’astronave terra230

Una quota energetica ideale

Per delineare un possibile cammino da oggi al 2050è utile stabilire un livello «ideale» della domandaenergetica globale, cioè un livello che - in linea diprincipio - possa garantire una buona qualità divita a tutti i cittadini del mondo, e non soltanto auna minoranza di privilegiati.

Al di là dei princìpi morali, questo approccio si ba-sa sull’osservazione della realtà: le disparità non sonopiù socialmente sostenibili neppure nei Paesi ricchiche, per esempio, hanno sempre più difficoltà nel ge-stire i flussi migratori da regioni limitrofe più povere.Le disuguaglianze sono ormai diventate la minacciapiù concreta alla convivenza pacifica tra i popoli.

Un parametro utile per tracciare un percorso ra-gionevole per la transizione energetica è il consumoannuo medio pro capite di energia primaria di unadata nazione (espresso in tep/anno, cioè in tonnel-late equivalenti di petrolio all’anno).

Questo parametro risulta correlato in manierapraticamente identica con vari indicatori che de-scrivono la qualità della vita, come l’indice di svi-luppo umano (hdi), la mortalità infantile, la lon-gevità media o l’accesso all’istruzione.

La figura 24 mostra che la mortalità infantile di-minuisce notevolmente all’aumentare del consu-mo di energia pro capite, fino a un valore di circa1,5 tep/anno. Poi si verifica una forte inflessione:la tendenza positiva continua, ma in modo note-volmente decelerato, fino a circa 3 tep/anno. Oltrequesto valore non vi è più ulteriore riduzione della

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la transizione energetica 231

mortalità infantile; in molti casi, anzi, si riscontraun peggioramento.

Grafici come questo mostrano in modo chiaroche un consumo medio pro capite superiore a circa2,8 tep/anno pro capite è semplicemente inutile.

In un pianeta con risorse finite, dove però si mol-tiplicano gli appelli ad aumentare i consumi, occor-rerebbe far conoscere il più possibile questo fatto:quando superiamo un livello medio di consumo pri-mario di circa 2,8 tep/anno a persona, stiamo sol-tanto sprecando energia e danneggiando la biosfera.

I dati sul consumo pro capite medio di energiadi alcuni Paesi, riportati nella tabella 8, ci aiutano adisegnare uno percorso ideale da qui al 2050.

Attualmente il consumo mondiale medio indi-viduale si attesta a 1,8 tep/anno, un valore ancora

Figura 24. La mortalità infantile in funzione del consumo pro capite me-dio annuo di energia di alcune nazioni (fonte dei dati: us/doe e onu).L’andamento è del tutto analogo se, al posto della mortalità infantile, siesaminano altri parametri che descrivono la qualità della vita.

0

0 2 4

Sudafrica

6 8 10

consumo annuale di energia pro capite (tep/anno)

mo

rtalit

à infa

ntile

per

og

ni 1000 n

ascite

12 14 16 18 20

20

40

60

80

100

Turkmenistan

Ciad

Nigeria

India

Brasile

Cina

Cuba

ItaliaGermania

RussiaUSA Canada

Arabia Saudita

SingaporeQatar

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energia per l’astronave terra232

ben inferiore a quello «ideale», 2,8 tep/anno, cheabbiamo indicato in precedenza.

Se nel 2050 tutti gli abitanti del mondo, sti-mando siano 9 miliardi, avessero a disposizione ilvalore ottimale di 2,8 tep/anno, il consumo com-plessivo di energia primaria salirebbe a 25,2 Gtep:sarebbe cioè circa doppio rispetto a oggi (tabella 8).

In linea di principio l’obiettivo non è impossi-bile; dopo tutto, negli ultimi 35 anni la domandamondiale di energia è per l’appunto raddoppiata.La sfida però è enorme, perché l’ulteriore raddop-pio dovrebbe essere accompagnato da una rimodu-lazione radicale del nostro mix energetico, con unadrastica riduzione della dipendenza dai combusti-bili fossili e una ridistribuzione più egualitaria delconsumo energetico tra i vari Paesi, che sarebbesenz’altro desiderabile, ma è piuttosto improbabile.

Un’analisi dei dati della tabella 8 offre alcunispunti interessanti.

Al Canada e agli Stati Uniti vanno «condona-te» alcune condizioni oggettive sfavorevoli (invernirigidi, estati calde, trasporti su lunghe distanze);tuttavia pare evidente che il loro consumo di ener-gia oltrepassi ogni livello ragionevole.

Il consumo europeo è sostanzialmente più bas-so, ma ancora superiore al necessario; ciò giustificagli obiettivi di riduzione dei consumi energeticifissati dall’Unione Europea nel corso degli anni.

La Cina è il più grande consumatore di energia,ma è ancora al di sotto della soglia che abbiamostimato ottimale in termini di consumo medio in-dividuale.

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la transizione energetica 233

Infine ci sono tante nazioni il cui consumo è lar-gamente inferiore a un livello di dignità. I dati perl’India e l’Etiopia nella tabella sono auto-esplicati-vi e possono aiutare a comprendere – forse megliodi tante analisi politiche ed economiche – i flussimigratori oggi in corso.

Nella tabella 8 è interessante notare che l’Italia,Paese industrializzato tra i primi 10 esportatori mon-diali, riesce a unire elevati standard di vita al livello«ideale» di consumo energetico, nonostante i diffusisprechi che possiamo notare nella vita quotidiana.

Occorre però sottolineare che il valore «ideale»che abbiamo citato per il consumo pro capite pri-

Mtep TOTALI tep/ABITANTE

Canada 330 9,2

usa 2281 7,0

Francia 239 3,7

Unione Europea 1606 3,2

Italia 152 2,5

Mondo 2050(proiezione, v. testo) 25 200 2,8

Cina 3014 2,2

Mondo 2015 13 147 1,8

Brasile 293 1,4

India 701 0,5

Etiopia 5 0,05

TABELLA 8 . Il consumo annuale di energia in alcuni Paesi e nel mondo,dati complessivi e pro capite

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mario, 2,8 tep/anno, riflette l’attuale modesta ef-ficienza della conversione energetica. Negli StatiUniti, per esempio, meno del 40% dell’energia pri-maria è convertito in servizi energetici utili per ilconsumatore finale; il restante 60% è letteralmentebuttato via, dissipato principalmente come calore.

Nel corso del ventunesimo secolo possiamo edobbiamo far aumentare sensibilmente la nostraefficienza energetica. Se grazie a questo passassimoda 2,8 a 1,5 tep/anno di consumo primario, nel2050 potremmo avere un consumo globale prima-rio limitato a 13,5 Gtep, praticamente identico aquello attuale.

Un consumo pro capite di 1,5 tep/anno corri-sponderebbe all’ambizioso obiettivo della «societàa 2000 W», un modello sostenibile basato su ef-ficienza, sostituzione e sobrietà attivamente per-seguito dalla ricca Svizzera e che alcuni scienziaticonsiderano raggiungibile.

Il collo di bottiglia dei materiali

Abbiamo già sottolineato il fatto che le energierinnovabili, in particolare quelle solari dirette eindirette, possono abbondantemente fornire tuttal’energia di cui la civiltà moderna ha bisogno. Inaltre parole, lo sterminato flusso di fotoni che col-pisce la superficie terrestre rende fattibile la transi-zione energetica.

È un’ottima notizia, ma non deve indurci a pen-sare che, in un futuro alimentato al 100% dalle rin-

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la transizione energetica 235

novabili, potremo consumare o addirittura spreca-re allegramente energia.

La ragione è semplice quanto disarmante: iflussi energetici rinnovabili, senza il supporto dellatecnologia, hanno utilizzi molto limitati. Possonofornire per esempio calore a bassa temperatura (ac-qua calda) o azione meccanica elementare (mulinia vento, imbarcazioni a vela).

Ma la civiltà moderna ha bisogno di forme dienergia finale - elettricità e combustibili – che sia-no flessibili, potenti e capaci di integrarsi a vicenda.Però, laddove un litro di benzina può conservarsi persecoli (se nessuno gli dà fuoco), l’elettricità invece èmolto difficile da immagazzinare: le batterie infattisi scaricano in fretta, anche se non vengono usate.

Eccoci arrivati a una questione nevralgica per latransizione energetica: per convertire i flussi rin-novabili di energia primaria offerti dalla natura inenergia per usi pratici, occorrono congegni e di-spositivi materiali come pannelli fotovoltaici, paleeoliche e batterie.

Tutti questi dispositivi sono fabbricati con ri-sorse minerali che non cadono dal cielo come laluce o il vento: vanno reperite in natura, scavan-do la crosta terrestre esattamente come accade perpetrolio, carbone e gas. Anche le tecnologie rin-novabili, nonostante la straordinaria generosità delSole, debbono quindi fare i conti con la limitatadisponibilità di risorse dell’astronave Terra.

E sembra quasi che la natura si diverta a far di-pendere le tecnologie energetiche più avanzate darisorse poco abbondanti, in particolare metalli rari.

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energia per l’astronave terra236

Le pale eoliche, i pannelli fotovoltaici, le autoelettriche e le sorgenti di luce ad alta efficienza, perfunzionare, necessitano infatti di elementi chimicirelativamente rari sulla crosta terrestre, come neo-dimio, praseodimio, disprosio, litio, iridio, euro-pio, terbio, argento, cerio, indio e germanio.

Per le loro proprietà chimico-fisiche (per esem-pio magnetiche, elettrochimiche, di assorbimentoed emissione di luce) questi elementi sono oggi – eresteranno probabilmente anche in futuro – diffi-cilmente sostituibili.

La tavola periodica della figura 25 fornisce una vi-sione immediata della relativa scarsità degli elementi(in grigio) più cruciali per la transizione energetica.

Un esempio può dare un’idea concreta del pro-blema. Per convertire ad automobili elettriche tut-to il parco veicoli italiano (37 milioni di mezzi),bisognerebbe aumentare del 60% la produzioneelettrica rinnovabile nazionale: è un obiettivo am-bizioso, ma sicuramente raggiungibile.

Purtroppo, però, quegli ipotetici 37 milioni diauto elettriche italiane richiederebbero un aumentodi ben 10 volte della produzione mondiale di litio perla fabbricazione delle batterie! Questo obiettivo è im-possibile da raggiungere in pochi anni (anche se, for-tunatamente, secondo le stime più recenti le risorse diquesto prezioso metallo presenti nella crosta terrestreconsentiranno un enorme aumento nella produzio-ne di accumulatori elettrici ad alta efficienza).

L’esempio del litio fa capire che, nel compli-cato processo della transizione energetica, il collodi bottiglia non è costituto dai fotoni generati dal

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la transizione energetica 237

Sole, ma dagli atomi reperibili sulla Terra. Per ri-solvere questo problema c’è una sola possibile stra-tegia: riciclare, riciclare, riciclare.

Se in futuro volessimo avere tutti un’auto elet-trica, bisognerebbe che la produzione mineraria dielementi come il litio crescesse enormemente nellafase iniziale del nuovo ciclo industriale; nella fasesuccessiva bisognerebbe poi riciclare massiccia-mente questi metalli.

Oggi, purtroppo, il tasso di riciclo dei metalliè ancora troppo basso, come mostra la figura 26.Occorre perciò un cambiamento radicale del pa-radigma economico e industriale: infatti, i rifiutidevono diventare preziose «risorse secondarie»,

Figura 25. Ciascuna casella di questa tavola periodica ha un’area propor-zionale all’abbondanza relativa di quell’elemento chimico nella crosta ter-restre. Molti tra gli elementi necessari per fabbricare dispositivi di conver-sione e accumulatori di energia rinnovabile (caselle a sfondo grigio) sonorelativamente rari. Fonte dei dati: W.F. Sheehan, Chemistry vol. 49, 1976

NeHe

BeLi FN

Na

K

Mg Al Si P S

BrS

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GeGaZnCuNiCoFeMnCrVTiScCa

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PbSnInAg CdPdRh

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TlHgAu

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Os

Pa

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Np Pu AmCm Bk Cf Ef FmMdNo Lr

ReTaHfLuYbTmErHoDyTbGdEuPmNd

PrCeLa

Sm

W

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energia per l’astronave terra238

anziché scarti inutili e dannosi per l’ambiente ela salute.

Però per riciclare i rifiuti, specie quelli elettroni-ci, occorre spendere molta energia; questo confer-ma che l’energia è il problema dei problemi.

Un sistema energetico rinnovabile al 100% dovràdunque riservare una quota importante della produzio-ne per alimentare la cosiddetta economia circolare, chevalorizza i rifiuti; ne riparleremo nel prossimo capitolo.

Il collo di bottiglia energetico: l’EROI

Se si vuole discutere di scenari energetici in modoscientifico, bisogna tenere presente che ogni formadi energia ha, a sua volta, un costo energetico.

Figura 26. L’odierno tasso di riciclo dei metalli (per il riuso negli stessiimpieghi per cui sono stati inizialmente estratti). Fonte dei dati: unep,Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente

61

Pm

55

Cs

37

Rb

19

K

20

Ca

11

Na

43

Tc

84

Po

85

At

86

Rn

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Xe

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14

Si

15

P

16

S

17

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18

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6

C

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8

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9

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Ne

2

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tasso di riciclo

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75

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76

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Pt

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80

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Pb

83

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58

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59

Pr

60

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62

Sm

63

Eu

64

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65

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66

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67

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68

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69

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70

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71

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38

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39

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44

Ru

45

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51

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21

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Co

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Ni

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Se

35 36

12

Mg

13

Al

3

Li

4

Be

5

B

1

>50%

10-50%

<1%

H

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la transizione energetica 239

La benzina che acquistiamo nel distributore vici-no a casa, per esempio, ha già effettuato un lunghissi-mo viaggio: è stata estratta come petrolio in un giaci-mento situato in un altro continente, probabilmentea migliaia di metri di profondità in mare; il petrolioè stato raffinato in un impianto industriale e traspor-tato numerose volte, prima e dopo la raffinazione.Tutto questo ha comportato un consumo energetico.

Ora, affinché quella benzina sia effettivamenteuna fonte di energia, occorre che il suo contenutoenergetico sia superiore all’energia già consumata «amonte». In caso contrario la benzina diventa essastessa un consumo di energia, cosa che evidentemen-te non avrebbe alcun senso né fisico né economico.

Il problema si può descrivere quantitativamenteusando il parametro chiamato eroi (energy returnon investment), che è il rapporto tra l’energia cheottengo da una data fonte (Eout) e l’energia neces-saria per renderla disponibile (Ein):

eroi = Eout / Ein

Eout rappresenta per esempio l’energia contenutanel petrolio alla bocca del pozzo, oppure l’elettrici-tà prodotta da un pannello fotovoltaico.

Ein descrive invece gli investimenti energeticiche hanno permesso di rendere disponibile l’e-nergia Eout: la ricerca dei giacimenti di petrolio, letrivellazioni, la fabbricazione e lo smaltimento deidispositivi impiegati e anche, in linea di principio,l’energia necessaria per riparare i danni eventual-mente causati, come le esternalità sanitarie.

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energia per l’astronave terra240

In pratica, se l’eroi vale per esempio 50, signi-fica che l’energia che ottengo da una data fonte è50 volte superiore all’energia che devo investire perpoterne disporre. Se invece l’eroi è uguale o in-feriore a 1, significa che la «fonte» in realtà è undissipatore di energia.

In genere Eout è facile da misurare; calcolare Eininvece è complicato: entrano in gioco così tantifattori che la stima può diventare arbitraria.

La difficoltà nella stima quantitativa dell’eroiha finora impedito di definire una metodologia dicalcolo universalmente accettata. Si possono fareconfronti affidabili dell’eroi per una stessa fontedi energia, come il petrolio proveniente da diver-se aree geografiche; invece il confronto tra fonti dienergia completamente diverse - per esempio, trapetrolio e vento - è più controverso.

Nel caso del petrolio, il cosiddetto eroi «allabocca del pozzo» (cioè prima dei processi di tra-sporto e raffinazione) corrisponde al rapporto tra ilnumero di barili estratti e il numero di barili con-sumati nel processo di estrazione.

L’eroi del petrolio tende a diminuire nel tem-po poiché, man mano che il giacimento si svuota,occorre prelevare a profondità sempre maggiori oeffettuare operazioni che stimolino la produzione(come l’iniezione di acqua ad alta pressione), facen-do così aumentare la spesa energetica Ein.

Si stima per esempio che l’eroi del petrolio ne-gli Stati Uniti sia sceso all’incirca da 20 a 10 trail 1970 e il 2013. Il petrolio da giacimenti mariniin acque ultraprofonde ha un eroi probabilmente

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la transizione energetica 241

inferiore a 10, mentre l’eroi per il petrolio «tight»(di cui abbiamo parlato nel capitolo 4) è media-mente stimato inferiore a 2.

Nel caso dell’energia solare l’eroi è definito dalrapporto tra l’energia prodotta da un dispositivodi conversione (come un modulo fotovoltaico) nelcorso della sua vita operativa e l’energia utilizzataper fabbricarlo.

Al contrario di quanto avviene per i combusti-bili fossili, per le energie rinnovabili l’eroi tendead aumentare nel tempo, perché i progressi tecno-logici portano a un’ottimizzazione energetica deiprocessi di produzione industriale.

L’eroi è un parametro utile e intuitivo, ma vausato con cautela. In particolare occorre semprechiarire i «confini» entro cui lo si stima.

Nel caso dei combustibili per i trasporti, peresempio, si dovrebbe considerare non soltanto l’e-nergia necessaria per estrarre e raffinare il petrolio,ma anche quella spesa per portare il combustibileal punto di utilizzo e quella necessaria per man-tenere le infrastrutture indissolubilmente legateall’uso del combustibile stesso (automobili, auto-strade, ponti, reti di distribuzione commerciale).

Allo stesso modo, per stimare esaustivamentel’eroi di sistemi di produzione elettrica, si do-vrebbe prendere in considerazione non soltantol’energia spesa per fabbricare i convertitori (peresempio pannelli fotovoltaici, pale eoliche, turbi-ne a vapore, alternatori), ma anche tutta l’energiadissipata nei processi di distribuzione e, eventual-mente, di accumulo.

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energia per l’astronave terra242

Si potrebbe poi scegliere di valutare anche il va-lore sociale delle varie fonti di energia, includendonel calcolo dell’eroi parametri come l’energia dellavoro umano o l’energia necessaria per compensa-re l’impatto ambientale.

Un importante concetto correlato all’eroi èquello di energia netta, definita come la differenzatra Eout e Ein, cioè l’energia che effettivamente siguadagna:

energia netta = Eout - Ein

Se si divide l’energia netta per Eout, si ottienel’energia guadagnata come percentuale del totalealla fonte:

guadagno energetico percentuale = __ene___rgia__E out

___ne_tta__ = 1 - _e_r1_o__

i_

Come si può vedere nella figura 27, questo gua-dagno percentuale diminuisce rapidamente quandol’eroi scende sotto il valore 10; questa caduta repen-tina è spesso chiamata «baratro dell’energia netta».

La figura 27 mostra, per esempio, che un litrodi combustibile con eroi pari a 100 eroga effetti-vamente (come energia netta) il 99% del propriocontenuto energetico alla società. Un litro di com-bustibile con un eroi pari a 2 eroga invece menodel 50% dell’energia disponibile alla fonte.

Questa dipendenza dell’energia guadagnatadall’eroi è il motivo per cui le quote di produzionedi combustibili fossili da parte delle varie nazio-ni, pubblicate annualmente da aziende e agenzieinternazionali, possono essere fuorvianti. Un au-

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la transizione energetica 243

mento della produzione globale di petrolio, infatti,non corrisponde necessariamente a un aumentodell’energia disponibile alla società: se nel frattem-po l’eroi è diminuito, l’energia disponibile può ri-dursi anziché aumentare.

Il grafico della figura 27 ha vari messaggi inte-ressanti. Innanzitutto, le tecnologie energetichetradizionali sono state caratterizzate da eroi ele-vati, superiori a 50 (al netto del costo energeticodei danni alla salute e al clima, che nessuno maiconsidera). Il prodigioso sviluppo economico etecnologico che l’umanità ha conosciuto nell’ulti-

Figura 27. La percentuale di energia netta erogata come funzione dell’eroiper diverse forme di energia (PV = fotovoltaico). L’area grigia in altoe a destra rappresenta la porzione dell’energia alla fonte che occorrespendere per convertire l’energia primaria in energia utilizzabile. I valoridell’eroi indicati si basano su un vasto insieme di dati di letteratura.L’eroi per la produzione di idrogeno H2 con celle fotoelettrochimiche(pec), qui dedotto dai pochissimi studi oggi disponibili, è destinato adaumentare in futuro grazie al progresso tecnologico.

EROI

idro petrolio e gasconvenzionali

petrolio e gasnon

convenzionali

biocombustibili

ELETTRICITÀSOLARE

ENERGIASPESA

COMBUSTIBILISOLARI

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100

90 80 70 60 50 40 30 5 020 10

il «baratrodell’energia

netta»

ENERGIA RESADISPONIBILE

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energia per l’astronave terra244

mo secolo è anche il risultato di questo eccezionale– e forse irripetibile – dividendo energetico (a sca-pito dei danni inferti all’astronave Terra e ai suoipasseggeri).

Riguardo alle energie rinnovabili la buona no-tizia è che le tecnologie elettriche in maggioreespansione – eolico e fotovoltaico - si posizionanogià al di sopra del baratro dell’energia netta, convalori di eroi stimati superiori a 10-20. Questetecnologie si possono quindi già classificare a pie-no diritto come energeticamente sostenibili, ancheperché limitano drasticamente le esternalità sani-tarie rispetto ai combustibili fossili.

Si noti però che i biocombustibili e anche l’idro-geno prodotto tramite processi di fotosintesi artifi-ciale si trovano nel baratro dell’energia netta. Questoconferma che la produzione sostenibile di combu-stibili solari resta la sfida principale nella transizioneenergetica: per garantire un tenore di vita accetta-bile, infatti, non basta che l’eroi sia superiore a 1;occorre che sia il più elevato possibile, idealmentecon valori ben fuori dal baratro (eroi > 5).

Il concetto è illustrato schematicamente nella fi-gura 28. A sinistra si vede che, in un sistema eco-nomico basato su energia a elevato eroi, soltantouna piccola frazione dell’energia primaria estrattadev’essere reinvestita nel processo di produzione edistribuzione energetica: la maggior parte dell’ener-gia è quindi veramente disponibile per l’economia.

Parte di questa energia netta sarà usata per sod-disfare i bisogni primari (come cibo, abitazioni,lavoro, welfare, istruzione, organizzazione gover-

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la transizione energetica 245

nativa), mentre la parte restante può servire perattività ricreative (come tempo libero, sport, con-sumi non essenziali) o per la crescita economica(come nuove attività produttive e infrastrutture).

Se l’eroi cala, tuttavia, una frazione più gran-de dell’energia prodotta deve essere reinvestita permantenere il flusso di energia complessiva. Comesi vede a destra nella figura 28, perciò, non restache erodere l’energia disponibile per le attività ri-creative e la crescita economica.

Un’ulteriore diminuzione di eroi porterebbe auna situazione in cui l’energia netta diventa insuf-ficiente a coprire persino il fabbisogno energeticoper i bisogni primari.

Il passaggio a fonti di energia a eroi più basso -per esempio, dal petrolio convenzionale «facile» aquello di scisto - ha quindi profonde implicazionieconomiche per la società. Non solo: eroi minoricomportano anche un’intensificazione del tasso diacquisizione di risorse naturali, con conseguente

Figura 28. Il ruolo chiave del parametro eroi per la società.Quando l’eroi diminuisce, una porzione sempre più ampia della fonteenergetica primaria deve essere reinvestita per rendere l’energia disponi-bile (freccia grigia scura); si riduce così la quota di energia a disposizionedella società per la sostenibilità e il benessere sociale ed economico.

alto EROI basso EROI

FONTE DIENERGIA

FONTE DIENERGIA

bisogni primari bisogni primari

attività ricreativecrescita

energia dareinvestire

energia dareinvestire

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energia per l’astronave terra246

aumento del degrado ambientale. Questi concetticruciali, purtroppo, sono spesso ignorati quando sidiscutono gli scenari della transizione energetica.

In conclusione, la gestione della complessatransizione energetica in corso richiede che il pa-rametro eroi sia preso adeguatamente in conside-razione, così da orientare le politiche energetichebasandole sull’evidenza scientifica e sul buon sensoeconomico.

Infatti, il passaggio a tecnologie energetiche a eroiprogressivamente più bassi evidenzia sempre più i li-miti strutturali della crescita economica infinita.

Le scelte non sono tutte uguali

È ormai evidente che il tempo delle scelte decisiveper la transizione energetica è adesso. Ed è altret-tanto evidente che le scelte non sono tutte uguali.

Per capirlo basta pensare al caso dei trasporti: èil sistema che mostra la maggior inerzia al cambia-mento, per una serie di ragioni sociali, tecniche edeconomiche, a cominciare dalla sua capillare diffu-sione planetaria.

Uno studio recente ha analizzato in dettaglio ledue alternative concrete ai combustibili fossili peril sistema dei trasporti su strada negli Stati Uniti:bioetanolo ed elettricità da fotovoltaico. Nella fi-liera del biocombustibile la biomassa prodotta dal-la fotosintesi (mais) è convertita industrialmente inbioetanolo, da usare in motori a combustione inter-na. Nell’altro caso l’elettricità generata da pannelli

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la transizione energetica 247

fotovoltaici è distribuita alla rete e immagazzinatanelle batterie che alimentano motori elettrici.

Lo studio ha calcolato l’efficienza di conversio-ne energetica dei fotoni del Sole in energia mecca-nica delle ruote di un’automobile (sun-to-wheels)nei due casi.

Per il bioetanolo le efficienze dei vari passag-gi sono: fotosintesi 0, 2%, lavorazione industriale47%, motore a combustione interna 27%. Il ren-dimento complessivo, dato dal prodotto delle treefficienze, è un modesto 0,03% (soltanto 3 fotoniogni 10000 convertiti in energia utile!), principal-mente a causa della bassissima efficienza della fo-tosintesi.

La filiera del fotovoltaico impiega un maggiornumero di passaggi, ma tutti molto più efficienti:cella solare 8,4%, distribuzione di energia elettrica92%, stoccaggio di energia elettrica nelle batterie80%, motore elettrico 87%. L’efficienza complessi-va è pari al 5,4%, cioè ben due ordini di grandezzasuperiore a quella del bioetanolo (per confronto, labenzina e il gasolio hanno efficienze di conversione«da giacimento a ruota» del 10-15%).

È chiaro che la scelta migliore per una mobilitàalternativa ai combustibili fossili è l’auto elettrica,anche perché, con la tecnologia attuale, la coltiva-zione del mais per bioetanolo (che secondo alcunistudiosi ha addirittura un eroi negativo!) richie-derebbe più del 100% delle terre arabili nazionaliper soddisfare l’intero fabbisogno degli Stati Uniti.Invece la superficie da coprire con pannelli fotovol-taici, per ottenere un’energia equivalente, sarebbe

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energia per l’astronave terra248

soltanto lo 0,7% delle terre arabili (in realtà bastamolto meno, visto che si possono tranquillamenteutilizzare superfici non coltivabili, in particolaretetti di edifici e infrastrutture).

È interessante anche notare che l’efficienza te-orica massima per la filiera dei biocarburanti è sti-mata allo 0,35%, molto più bassa del rendimentogià ottenibile oggi con auto elettriche alimentateda pannelli fotovoltaici.

In sintesi: la filiera del bioetanolo da mais negliStati Uniti non ha senso oggi, né lo avrà mai.

Risultati altrettanto inequivocabili si ottengo-no facendo calcoli simili per l’Italia. Immaginia-mo per esempio di avere un giardino e dedicar-ne un metro quadrato alla coltivazione di colza,usando poi l’intero raccolto annuale per produrrebiodiesel che metteremo nel serbatoio di un’autoa gasolio. Su un altro metro quadrato di giardinoposiamo invece un pannello fotovoltaico al siliciocristallino, usando poi l’intera produzione elettri-ca annuale per alimentare la batteria di un’autoelettrica.

Quanta strada riusciremo a percorrere nei duecasi? Come è illustrato nella figura 29, l’auto elet-trica coprirebbe una distanza 250 volte superiorerispetto all’auto a biodiesel. Il risultato si commen-ta da solo.

Dunque le scelte non sono tutte uguali e an-che le loro conseguenze possono essere clamorosa-mente diverse. Soltanto un dialogo costruttivo trascienziati e decisori politici può guidare la transi-zione energetica su binari ragionevoli.

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la transizione energetica 249

Scenari rinnovabili al 100% (o quasi)

Nell’ultimo decennio scienziati, centri di ricer-ca e agenzie internazionali hanno elaborato pianiper una massiccia conversione alle rinnovabili disingole nazioni (Stati Uniti, Australia, Germania,Finlandia) e anche del mondo intero.

A livello di singole nazioni, il piano Energiewende(«Transizione energetica») della Germania è quel-lo allo stadio più avanzato. Fu approvato dal par-lamento tedesco nel settembre 2010 e rafforzatoalcuni mesi dopo, in seguito al disastro di Fuku-shima. L’obiettivo primario del piano è un cambia-mento totale della politica energetica, basato su (a)un mercato incentrato sull’offerta e non più sulla

Figura 29. Un’auto a gasolio, usando il biodiesel prodotto in un anno da1 m2 di terreno coltivato a colza, si fermerebbe dopo 2 km. Un’auto elet-trica, con l’elettricità prodotta in un anno da 1 m2 di pannello fotovol-taico al silicio cristallino (con l’insolazione tipica dell’Italia settentrio-nale) può percorrere 500 km. Fonte dei dati: Giorgio Lulli e CaterinaSummonte, imm-cnr, Bologna

Bologna

Torino

ModenaParmaPiacenza

Reggio Emilia

Gap

500 km500 km

2 km

con l’energia da 1 m2

di pannello solare

con l’energia da 1 m2

coltivato a colza

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energia per l’astronave terra250

domanda di energia e (b) il passaggio da una pro-duzione centralizzata a una distribuita, con ener-gia elettrica prodotta da piccoli impianti diffusi sulterritorio. Lo scopo è di abbattere la sovrappro-duzione e gli sprechi per promuovere il risparmioenergetico e l'efficienza del sistema.

Il piano tedesco prevede una riduzione del-le emissioni di CO2 rispetto al 1990 pari al 55%nel 2030 e a oltre l’80% nel 2050. A metà secolole energie rinnovabili dovranno fornire il 60% deiconsumi primari e l’80% di quelli elettrici e il con-sumo di energia primaria dovrà essere ridotto allametà di quello del 2008, grazie all’aumento dell’ef-ficienza e all’espansione dell’uso dell’elettricità.

I centri di ricerca, le università e le aziende tede-sche sono parte integrante del progetto, che mira agarantire alla Germania la leadership mondiale dellatransizione energetica e a consolidare il suo ruolo disuperpotenza manifatturiera. Tra le altre misure, ilpiano prevede l’uscita definitiva dal nucleare entro il2022 e l’uscita dal carbone entro il 2050.

Nonostante goda di un vastissimo consenso po-polare e sia appoggiato da tutti i principali partitipolitici tedeschi, il piano Energiewende è stato an-che oggetto di critiche.

C’è chi ritiene che i suoi costi, stimati in almeno1000 miliardi di euro, siano proibitivi e c’è chi pen-sa sia utopistico rinunciare a una fonte energeticaabbondante come il carbone, di cui la Germaniaha consistenti riserve. I sostenitori però ribattonoche i vantaggi per l’economia e i cittadini tedeschisaranno molto maggiori.

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la transizione energetica 251

Al momento è impossibile prevedere se il pia-no raggiungerà i suoi obiettivi. L’unica certezza èche la Germania continua imperterrita sulla stradadella Energiewende, e lo fa come «sistema Paese».

Viene da augurarsi che anche altre nazioni euro-pee manifatturiere e povere di risorse, come l’Italia,non perdano questa occasione storica di sviluppo.

Tra i numerosi piani energetici saliti alla ribaltanel corso di questi anni il più celebre e ambizioso, equindi anche il più controverso e criticato, è quellodi Mark Jacobson, Mark Delucchi e colleghi del-le università di Stanford e Berkeley (California),Berlino (Germania) e Aarhus (Danimarca).

Questo piano è chiamato wws (wind, water,sunlight) in quanto prevede unicamente l’utilizzodi vento, acqua e sole come sorgenti primarie nel2050. Sono quindi esclusi il gas e il nucleare (usatiinvece come «energie-ponte» in alcuni piani con-correnti), i biocombustibili e le biomasse di qualsi-asi tipo, le tecnologie per la cattura e la conversionedella CO2 e persino gli accumulatori elettrici.

Il piano wws viene periodicamente aggiorna-to; nella sua versione più recente propone un pia-no d’azione per la transizione energetica al 2050di 139 Paesi, quasi il mondo intero. Le ambizionidel wws appaiono però oggettivamente eccessive;basti dire che per i trasporti su strada prevede l’usoesclusivo di veicoli elettrici o ibridi elettrico-idro-geno con celle a combustibile. Queste tecnologiesono raccomandate persino per i trasporti via maresu brevi distanze e per quelli aerei sino 1000 km.

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energia per l’astronave terra252

Il piano prevede la messa in rete di 11,8 TWdi elettricità rinnovabile, prodotta con il seguentemix di fonti: 48% da fotovoltaico, 37% da turbineeoliche, 10% da solare termico a concentrazione,4% da idroelettrico, 1% da geotermico, moti ondo-si e maree. A questo totale va aggiunto un ulteriore6% di solare a concentrazione usato come tecnolo-gia di accumulo.

Sostanzialmente il wws è un piano di conver-sione integrale del sistema energetico mondialeall’elettricità. Grazie alla maggiore efficienza deimotori elettrici rispetto a quelli a combustione,ciò permetterebbe una drastica riduzione dei con-sumi primari.

L’unico combustibile ipotizzato è l’idrogeno,prodotto essenzialmente da elettrolisi dell’acquatramite fonti rinnovabili, e con un ruolo piuttostoridotto. Il riscaldamento e il raffrescamento degliedifici è previsto unicamente tramite pompe di ca-lore elettriche, il solare termico è considerato cometecnologia di accumulo di calore nei picchi giorna-lieri di insolazione.

Secondo Jacobson e colleghi il piano creerebbe24 milioni di posti di lavoro permanenti, evitereb-be ogni anno quasi 5 milioni di morti premature acausa dell’inquinamento e nel 2050 farebbe rispar-miare ben 50000 miliardi di dollari l’anno, sottoforma di danni climatici e ambientali evitati.

Un piano di questa portata – che richiederebbein 30-35 anni quasi due miliardi di nuovi disposi-tivi per la produzione di energia rinnovabile e inve-stimenti per migliaia di miliardi – è utopistico, ma

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la transizione energetica 253

ha il pregio di evidenziare le dimensioni quantita-tive della sfida che abbiamo davanti.

Il fiorire di progetti che mirano a dimostrare lafattibilità di un mondo rinnovabile al 100% con-ferma che siamo veramente in una fase storica cru-ciale per la transizione energetica e fa sperare inun’ulteriore accelerazione del processo.

Se si vuole ancorare un ragionevole ottimismoalla realtà complessa delle cose, però, occorre sot-tolineare alcuni punti-chiave:

1. la prima generazione di convertitori e accumulatori di ener-gie rinnovabili viene oggi fabbricata utilizzando principal-mente energie fossili. Soltato nelle fasi successive si potrannoprodurre dispositivi rinnovabili usando le energie rinnovabilistesse e chiudendo così definitivamente l’era dei combusti-bili fossili. L’attuale fase di «inseminazione» richiederà unaquota non irrilevante delle riserve fossili rimanenti e avrà unimpatto sul clima e sull’ambiente che è difficile da stimare;

2. la disponibilità effettiva di risorse minerali e la capacità diriciclo delle filiere energetiche saranno fattori fondamenta-li per il successo di una transizione che possa garantire lasalvaguardia della biosfera e una pacifica condivisione dellerisorse energetiche;

3. occorre valutare con la massima attenzione se un mondo al100% rinnovabile possa garantire valori di eroi sufficien-temente alti, ossia compatibili con una civiltà tecnologica-mente avanzata, in un pianeta abitato da oltre 9 miliardi dipersone;

4. la transizione dovrà far gradualmente aumentare l’impiegodell’elettricità negli usi finali, a scapito dei combustibili (cheoggi invece usiamo per il 75% circa). Questo è auspicabile,come previsto dal piano wws, perchè già oggi abbiamo tecno-logie rinnovabili avanzate per la produzione di elettricità - ma

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energia per l’astronave terra254

non di combustibili! - e perché i motori elettrici hanno un’ef-ficienza almeno tripla rispetto a quelli a combustione interna;

5. La transizione energetica richiede un aumento poderoso de-gli investimenti in ricerca e sviluppo, un ammodernamentoe consolidamento delle reti elettriche e dei sistemi di accu-mulo, un adeguamento dell’infrastruttura energetica globa-le e un cambiamento radicale del sistema dei trasporti, laprogressiva uscita di scena dei motori a combustione per farspazio a veicoli elettrici. In pratica, tutto questo richiede unaristrutturazione del sistema finanziario ed economico inter-nazionale;

6. I Paesi più ricchi dovranno ridurre i propri consumi energe-tici, anche in maniera consistente.

In conclusione, la transizione energetica è unasfida possibile, affascinante e avvincente, ma nonsarà una passeggiata. Siccome però non abbiamoalternative, non ci resta che impegnarci a fondoper realizzarla.