NICHOLAS GEORGESCU-ROEGEN E LA BIOECONOMIA

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3 Estratto «Economia e Ambiente», Anno XXV - N. 3 Maggio-Giugno 2006 Editoriale NICHOLAS GEORGESCU-ROEGEN E LA BIOECONOMIA Il rapporto tra ambiente e attività umana – Il problema dell’esaurimento delle risorse – La teoria bioeconomica di Nicholas Georgescu-Roegen di ROMANO MOLESTI Il contributo di Nicholas Georgescu-Roegen Nello studio del rapporto tra economia e ambiente merita di essere ricordata l’opera di Nicholas Geor- gescu-Roegen. Siamo di fronte a un autore che mette in discussione gli elementi essenziali di quella che egli chiama l’economia standard, basata sul modello meccanicistico, tentando di integrare nella scienza economica gli apporti delle scienze biologiche. Oc- corre, egli afferma, dare un nuovo fondamento all’economia nel senso di quella che egli definisce “bioeconomia”. Si tratta di un tentativo di fronte alla crisi dell’ambiente e all’esaurimento delle risorse, sempre più palesi, di rimettere in questione le fon- damenta stesse del sistema che ha generato la crisi, e di gettare le basi per un approccio ispirato alle scien- ze della vita. Per il secondo principio della termodinamica, la materia-energia che entra nel processo economico, è in stato di bassa entropia e quella che ne esce è in sta- to di alta entropia. L’uomo, come ogni organismo vi- vente, combatte la propria degradazione entropica attraverso l’assimilazione di bassa entropia e il riget- to nell’ambiente di alta entropia. In tale visione ter- modinamica (o bioeconomica) l’uomo cerca di carpi- re il più possibile la bassa entropia reperibile nel pro- prio ambiente. La bassa entropia è rara in quanto essa non può essere utilizzata che una sola volta. Un’eccezione è rappresentata dall’energia del sole, che è un flusso che ci arriva in quantità per noi illimi- tata e per un tempo lunghissimo. La terra è un siste- ma termodinamico aperto solo per quanto riguarda l’apporto dell’energia solare: risulta pertanto eviden- te che le risorse a bassa entropia vanno gestite tenen- do conto di questa realtà. La conseguenza di ciò è che anche i problemi del riciclaggio e dell’eliminazione dell’inquinamento vanno gestiti te- nendo conto che essi hanno un costo in termini ener- getici. L’Autore mette in guardia dal troppo facile ottimismo circa la possibilità di sostituzione di una materia, che diventa rara, con un’altra, soprattutto nella convinzione che, nel futuro, sia possibile una crescita esponenziale della tecnologia, che permetta di ridurre continuamente l’input per unità di output. 1 A detta di Georgescu-Roegen la bioeconomia de- ve fondarsi sull’analisi delle numerose asimmetrie che esistono tra le fonti di bassa entropia, che costi- tuiscono la dote dell’umanità, cioè l’energia libera che riceviamo dal sole, l’energia libera terrestre e le materie “ordinate” utilizzabili, che sono disponibili nelle viscere della terra. Una prima asimmetria consiste nel fatto che, men- tre l’energia solare è un flusso, che quindi non po- tremmo togliere a nessuna generazione futura, la ma- teria-energia terrestre è uno stock, di cui possiamo disporre tutto insieme o ripartirlo su un lungo periodo

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Editoriale

NICHOLAS GEORGESCU-ROEGEN E LA BIOECONOMIA

Il rapporto tra ambiente e attività umana – Il problema dell’esaurimento delle risorse – La teoria bioeconomica

di Nicholas Georgescu-Roegen

di

ROMANO MOLESTI

Il contributo di Nicholas Georgescu-Roegen

Nello studio del rapporto tra economia e ambiente

merita di essere ricordata l’opera di Nicholas Geor-gescu-Roegen. Siamo di fronte a un autore che mette in discussione gli elementi essenziali di quella che egli chiama l’economia standard, basata sul modello meccanicistico, tentando di integrare nella scienza economica gli apporti delle scienze biologiche. Oc-corre, egli afferma, dare un nuovo fondamento all’economia nel senso di quella che egli definisce “bioeconomia”. Si tratta di un tentativo di fronte alla crisi dell’ambiente e all’esaurimento delle risorse, sempre più palesi, di rimettere in questione le fon-damenta stesse del sistema che ha generato la crisi, e di gettare le basi per un approccio ispirato alle scien-ze della vita.

Per il secondo principio della termodinamica, la materia-energia che entra nel processo economico, è in stato di bassa entropia e quella che ne esce è in sta-to di alta entropia. L’uomo, come ogni organismo vi-vente, combatte la propria degradazione entropica attraverso l’assimilazione di bassa entropia e il riget-to nell’ambiente di alta entropia. In tale visione ter-modinamica (o bioeconomica) l’uomo cerca di carpi-re il più possibile la bassa entropia reperibile nel pro-prio ambiente. La bassa entropia è rara in quanto essa non può essere utilizzata che una sola volta.

Un’eccezione è rappresentata dall’energia del sole, che è un flusso che ci arriva in quantità per noi illimi-tata e per un tempo lunghissimo. La terra è un siste-ma termodinamico aperto solo per quanto riguarda l’apporto dell’energia solare: risulta pertanto eviden-te che le risorse a bassa entropia vanno gestite tenen-do conto di questa realtà. La conseguenza di ciò è che anche i problemi del riciclaggio e dell’eliminazione dell’inquinamento vanno gestiti te-nendo conto che essi hanno un costo in termini ener-getici. L’Autore mette in guardia dal troppo facile ottimismo circa la possibilità di sostituzione di una materia, che diventa rara, con un’altra, soprattutto nella convinzione che, nel futuro, sia possibile una crescita esponenziale della tecnologia, che permetta di ridurre continuamente l’input per unità di output.1

A detta di Georgescu-Roegen la bioeconomia de-ve fondarsi sull’analisi delle numerose asimmetrie che esistono tra le fonti di bassa entropia, che costi-tuiscono la dote dell’umanità, cioè l’energia libera che riceviamo dal sole, l’energia libera terrestre e le materie “ordinate” utilizzabili, che sono disponibili nelle viscere della terra.

Una prima asimmetria consiste nel fatto che, men-tre l’energia solare è un flusso, che quindi non po-tremmo togliere a nessuna generazione futura, la ma-teria-energia terrestre è uno stock, di cui possiamo disporre tutto insieme o ripartirlo su un lungo periodo

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e di cui non conosciamo l’entità, per cui tendiamo a sopravvalutarlo. La seconda asimmetria deriva dalla precedente: poiché non sappiamo trasformare l’energia in materia, l’elemento di gran lunga più cri-tico è la disponibilità di materia prime a bassa entro-pia. Le risorse minerali sembrano, quindi, più diffi-cilmente aumentabili di quelle energetiche almeno a lungo andare. La terza asimmetria consiste nell’enorme differenza tra il flusso di energia solare e lo stock di energia terrestre libera. Le riserve cono-sciute di quest’ultima non rappresentano che due set-timane del flusso di energia che ci arriva dal sole. Occorre, quindi, riflettere sull’errore che si commette ogni volta che si sostituisce, quando non è indispen-sabile, l’energia solare con quella fossile o terrestre in genere.2

Vanno altresì ricordate le altre asimmetrie, che ri-guardano i rischi che l’uomo corre distruggendo le specie di animali e vegetali, che sono concorrenti con lui nell’uso di certe risorse terrestri. Dalle varie a-simmetrie prese in esame per l’autore scaturisce la

necessità di attuare un programma bioeconomico mi-nimo, fondato anzitutto su di una nuova etica, che rieduchi l’umanità a sentire simpatia per le genera-zioni future, che risultano escluse dal mercato e delle cui esigenze non si tiene alcun conto nella formazio-ne dei prezzi e delle decisioni.

Sostiene Georgescu-Roegen, che un programma bioeconomico minimo dovrà essere basato sull’utilizzo più ampio possibile dell’energia solare, risparmiando al massimo lo stock terrestre. Occorre-rà, quindi, provvedere alla riduzione della popolazio-ne fino al livello in cui essa potrà essere nutrita con un’agricoltura organica; inoltre, ridurre le differenze tra Paesi ricchi e Paesi poveri e diminuire gli sprechi dei paesi ricchi; eliminare gli sprechi di energia solare, concepire i prodotti come durevoli e riparabili, evita-re i miti del sempre più grosso e del sempre più per-fezionato (e quindi sempre più fragile e sempre più difficile da riparare); eliminare lo spreco delle risorse negli armamenti, sviluppare un uso intelligente del tempo libero, adoperare con la massima parsimonia

Fiori di campagna

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quegli elementi le cui proprietà fisiche o chimiche non sono rimpiazzabili e che sono detti “elementi vitamine”.

Nell’economia standard il capitale sociale e il la-voro sono convenzionalmente considerati le fonti del valore aggiunto, mentre ciò a cui il valore viene aggiunto è fatto di elementi primi indistruttibili of-ferti dalla natura, senza che la natura stessa abbia aggiunto alcun valore. Pur non negando affatto il valore aggiunto tradizionale, Georgescu-Roegen af-ferma che anche la natura in realtà aggiunge valore. Tale supremazia del valore aggiunto dalla natura (bassa entropia) porta l’Autore alla nota afferma-zione secondo cui “ogni volta che produciamo una Cadillac distruggiamo irrevocabilmente una data quantità di bassa entropia che potrebbe essere altri-menti impiegata per produrre un aratro o una zappa. In altre parole, ogni volta che produciamo una Ca-dillac, lo facciamo al costo di ridurre vite umane fu-ture”.3

La teoria bioeconomica di N. Georgescu-Roegen getta nuova luce sul fenomeno della produzione, che viene ad essere basata sul modello fondi-flussi. Ca-pitale e lavoro, nell’impostazione roegeniana, costi-tuiscono i fondi o agenti che trasformano il flusso di risorse naturali in un flusso di prodotti. Tra fondi e flussi intercorre una relazione fondamentale di com-plementarietà dal momento che la sostituibilità tra fondi e flussi è strettamente marginale, limitata a ridurre gli scarti del processo. Costituisce pertanto una palese forzatura della realtà il voler concepire il capitale come un sostituto quasi perfetto delle risor-se naturali, come spesso si fa sotto l’influenza delle funzioni di produzione di tipo Cobb-Douglas.

La teoria bioeconomica Come abbiamo osservato i recenti sviluppi della

“nuova” rivoluzione scientifica hanno contribuito a creare un nuovo paradigma che, per quanto riguarda la bioeconomia, raggiunge la sua massima espres-sione nell’opera di Georgescu-Roegen. Nuovo para-digma, quindi, con passaggio da un’economia basa-ta sul modello meccanicistico della fisica classica newtoniana e della filosofia cartesiana a una nuova visione della realtà. Una nuova impostazione, che colpisce alla radice i fondamenti dell’economia

standard, ma che finora non ha avuto il successo che avrebbe meritato. L’economia neoclassica continua a mantenere le posizioni di preminenza, nonostante numerose crepe siano state aperte nel suo edificio e nonostante la realtà storica dimostri la netta insuffi-cienza dello schema economico standard.

Perché la bioeconomia ha incontrato e continua ad incontrare tante difficoltà per la sua affermazio-ne?

Riteniamo che la causa di ciò sia attribuibile in gran parte alla forza d’inerzia che si avverte riguar-do alle teorie economiche in genere e soprattutto ri-guardo ai paradigmi economici. È stato affermato, a nostro avviso non a torto, che quando un’idea pene-tra in un libro di testo diventa pressoché immortale, e questo riteniamo che sia anche il caso dell’economia standard e dei relativi modelli che si riferiscono all’economia dell’ambiente. Sovente si ha a che fare con una sorta di pigrizia mentale, per cui risulta difficile uscire da schemi e modelli che ci si è abituati a seguire magari fin dai primi studi ac-cademici. Inoltre, molti si rendono conto che l’accettazione di un nuovo paradigma economico potrebbe in certi casi complicare la vita sul piano professionale. Consulenti governativi che seguono determinati indirizzi, docenti inseriti nel mondo ac-cademico, che fanno parte di determinate scuole e che, come tali, sono tenuti in un certo senso, ad una sorta di disciplina di gruppo, avvertono, per le loro carriere, la pericolosità di repentini cambiamenti.

C’è ancora un altro motivo che contribuisce a mantenere ancora in vita certi paradigmi meccanici-stici, un motivo che potremmo definire interno al modello. Il paradigma dell’economia standard porta ad attribuire una particolare importanza ai concetti aritmomorfici, quelli tipici, ad esempio, delle scien-ze esatte ma che consistono comunque in dati ed as-sunzioni ben precisi specie per quanto riguarda il numero, il peso, l’estensione, ecc. I concetti dialet-tici, che invece vengono in evidenza nella bioeco-nomia, sono concetti sfumati in cui si passa da una definizione ad un’altra per gradi, sovente impercet-tibili. Ecco, ora, che il maneggiare tali concetti ri-chiede uno sforzo di indagine certamente maggiore e conduce a risultati che, per quanto possano essere ritenuti validi, si presentano comunque in una for-ma, per così dire, problematica.

Un altro elemento può forse contribuire a creare

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qualche perplessità in coloro che non vogliono guar-dare in faccia la realtà, preferendo accettare schemi e modelli improntati a posizioni ottimistiche, anche se queste poi risultano in definitiva irrealistiche.

Risulta in tutto e per tutto evidente che l’impostazione di Georgescu-Roegen e della bioe-conomia ci mettono di fronte ad una realtà che, per certi aspetti, risulta tutt’altro che confortante. La bioeconomia ci dice che la terra su cui viviamo ha dei limiti ben precisi, che la razza umana, se vuole sopravvivere, deve adeguare il suo comportamento alle esigenze del pianeta, evitando modi di vivere irrazionali e stravaganti, che sono in netto contrasto con i limiti biofisici della terra e con la seconda leg-ge della termodinamica.

La seconda legge, appunto. È questo un aspetto nodale di tutta l’impostazione bioeconomica. Tale legge ci dice che l’energia si degrada irrimediabil-mente da energia utilizzabile a energia non più uti-lizzabile. Il quadro è completato da quella che Ge-orgescu-Roegen definisce come la quarta legge del-la termodinamica, un principio individuato dall’Autore, secondo cui non solo l’energia ma an-che la materia si degrada. Ora, si è discusso a lungo se tal enunciato possa, per così dire, essere elevato al rango di legge scientifica. I fisici, in genere, non si sono mostrati entusiasti nel considerare l’asserzione di Georgescu-Roegen come una possi-bile quarta legge della termodinamica. In ogni caso, si possa o non si possa parlare di una quarta legge della termodinamica, il problema che pone l’Autore è un problema reale. Oltre all’energia anche la ma-teria si degrada: il riciclaggio completo non è possi-bile, anche ammesso che si disponga d’energia a sufficienza. Gli elementi di cui l’uomo può avvaler-si subiscono un’usura progressiva per cui, anche il voler mantenere uno stato stazionario, potrebbe ri-sultare un’utopia. Il poter continuare a coltivare due spighe di grano dove ne nascevano altrettante sa-rebbe già un miracolo.

Che sia accettabile o meno la cosiddetta quarta legge della termodinamica, il problema che ci sta davanti è comunque un problema da cui non si può prescindere, al di là di meri nominalismi. Anche senza volere addentrarci in questa sede in discussio-ni che ci porterebbero troppo lontano, ci sembra op-portuno ricordare quanto ci dichiarò una volta Ge-orgescu-Roegen nel corso di una conversazione: Il-

ya Prigogine, cui egli aveva chiesto un giudizio sul-la validità o meno, dal punto di vista della fisica, della cosiddetta quarta legge della termodinamica, non si era mai espresso negativamente al riguardo, limitandosi a sospendere il giudizio.

L’impostazione di Georgescu Roegen si diffe-renzia notevolmente da quella di tanti assertori dello sviluppo sostenibile: quest’ultimo concetto, per co-me viene definito, si presta ad essere diretto, se non in tutte, almeno in molte direzioni. Sia coloro che si occupano dell’ambiente sia coloro che non se ne oc-cupano, in genere tutti oggi parlano di sviluppo so-stenibile, che sovente si riduce ad un’espressione priva di significato, un’espressione con cui spesso vengono contrabbandate le impostazioni più dispa-rate. Innanzi tutto ci sono i problemi della sostenibi-lità debole e della sostenibilità forte, due imposta-zioni che, nonostante facciano riferimento entrambe al termine sostenibilità, come abbiamo visto hanno ben poco in comune. Sotto questo aspetto ci sembra alquanto ottimistica l’affermazione di Daly, secon-do cui la sostenibilità debole costituisce già un pas-so in avanti rispetto alla posizione dell’economia standard. Potremmo anche capovolgere il discorso e affermare che una posizione, che si riduce a poco più di un esercizio verbale, non solo non costituisce un reale progresso ma, a ben guardare le cose, può rappresentare anche un pericolo in quanto può dare, in alcuni casi, l’impressione che si sia pervenuti ad un mutamento di indirizzo mentre l’impostazione di fondo è rimasta pressoché invariata.

Rimane da chiarire se, con il concetto di sosteni-bilità forte, la questione possa considerarsi avviata a soluzione o se anche questo concetto risulti insuffi-ciente. A questo proposito il discorso deve farsi ar-ticolato. Riteniamo che, rispetto all’economia stan-dard, tuttora ancorata al paradigma meccanicistico, il concetto di sostenibilità forte costituisca un gros-so passo in avanti e che, quindi, meriti la più ampia considerazione. Resta, comunque, da vedere se esso possa risultare ancora valido a lungo termine.

A questo riguardo occorre considerare separata-mente due aspetti. L’economia standard risulta tut-tora ancorata al dogma meccanicistico per cui si presentano notevoli difficoltà per un cambio radica-le di indirizzo. È già difficile far accettare a certi rappresentanti della cultura economica consolidata i principi della sostenibilità, per cui una battaglia per

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obiettivi ancora più radicali potrebbe risultare già in partenza votata al fallimento. Il concetto di sosteni-bilità forte potrebbe invece costituire un obiettivo più concretamente perseguibile.

Un nuovo approccio per lo sviluppo futuro Nell’esame che abbiamo compiuto all’inizio

sugli aspetti caratterizzati la rivoluzione delle scienze, abbiamo visto come oggi sia chiaramente emerso un nuovo paradigma scientifico che si in-cardina sui concetti di complessità, sistematicità, ecc. Comunque si voglia vedere la cosa, la vita sul pianeta si svolge sotto il dominio di queste due leggi della termodinamica, la seconda e la quarta. Ora, se questo è vero, la situazione, nel lungo ter-mine non può certo essere definita rosea. Anche ipotizzando i più grandi sviluppi della scienza nel futuro, l’uomo dovrà sempre fare i conti con la se-conda legge della termodinamica per cui, contra-riamente a quanto potessero pensare anche i più

ottimisti, sarebbe comunque fuori luogo parlare delle “magnifiche sorti e progressive”.

Nel lungo termine non possono essere ipotizza-te forme di progresso economico che portino ad aumenti della produzione così come noi oggi li in-tendiamo. Costituiscono dei limiti invalicabili: la finitezza del pianeta terra e delle sue risorse e la legge di entropia. Sono questi i cardini che debbo-no essere tenuti presenti: è solo su questi che deve basarsi ogni ragionamento sulle prospettive future, sugli scenari possibili. Non si tratta tanto di essere ottimisti o pessimisti quanto di prendere atto della realtà quale essa si presenta.

Secondo l’impostazione di Georgescu-Roegen, nel lungo periodo anche una situazione stazionaria risulta di difficile attuazione per cui non si potreb-be più parlare di sviluppo sostenibile anche in ter-mini di sostenibilità forte. Questa è la situazione, di cui, piaccia o non piaccia, si dovrebbe prendere atto.

Indubbiamente non è certo una strada facile quella che dovrà essere percorsa. Una strada che

Papaveri in un campo di grano

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richiede sacrifici, che possono essere compiuti solo a seguito di adeguate motivazioni. E quali potran-no essere queste motivazioni? Occorrerà soprattut-to una nuova etica che, nel caso specifico, dovrà riguardare i nostri rapporti con le generazioni futu-re, nei confronti delle quali dovrà svilupparsi un nuovo sentimento di affezione.

Se all’inizio – afferma Georgescu-Roegen – fu detto: “non uccidere” e poi “ama il prossimo tuo come te stesso”, il nuovo comandamento dovrà es-sere “ama le generazioni future come te stesso”.4 Questo è un imperativo categorico dal quale non si può prescindere. Un imperativo che risulterà tanto più attuabile quanto più si cercherà in ogni modo di instillare in tutti, specie nelle nuove generazioni, questo nuovo tipo di cultura.

L’ultimo anello della catena, che, come abbia-mo osservato, comporta una serie di passaggi logi-ci, consiste dunque nel cercare di creare una nuova mentalità, un nuovo approccio ai problemi dell’ecologia.

A tale scopo sarà necessaria un’opera di educa-zione e di diffusione della cultura ambientale. L’ homo oecologicus sarà formato nella famiglia, educato nella scuola e completato nell’impegno svolto nelle associazioni ambientalistiche.

Se l’ecologia costituisce una dimensione globa-le della vita (oikos, la casa di tutti) è evidente che la soluzione dei problemi, che essa comporta, non potrà che essere trovata in un approccio globale, approccio nel quale l’elemento dell’educazione ri-veste un ruolo fondamentale.

Romano Molesti

Romano Molesti è professore ordinario di Storia del Pensiero Economico nell’Università di Verona e Presidente dell’ANEAT, Associazione Nazionale degli Economisti dell’Ambiente e del Territorio

NOTE

1) N. GEORGESCU-ROEGEN, Demain la Dècrois-sance, Lausanne, 1979, p. 18.

2) N. GEORGESCU-ROEGEN, L’Energie et les Mithes Economiques, in Demain la Décroissance, cit.

3) N. GEORGESCU-ROEGEN, La legge di entropia e il problema economico, in Analisi economica e pro-cesso economico, Sansoni, Firenze 1973, p. 278.

4) N. GEORGESCU-ROEGEN, Lo stato stazionario e la salvezza ecologica: un’analisi termodinamica, in “E-conomia e ambiente”, n. 1, 1984, p. 15.