Newsletter "In other Words" n.13-14

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NEWSLETTER MENSILE DI ARTICOLO3-OSSERVATORIO SULLE DISCRIMINAZIONI Novembre e Dicembre 2012 nº 13-14 In Other Words NEWS Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza di- stinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizio- ni personali e sociali. Costituzione della Re- pubblica Italiana, Principi Fondamentali, Articolo 3 Indice: Editoriale 1 A scuola di discriminazione? 2 La paura si impara da bambini 4 Vedi alla voce infanzia 6 “In Other Words “ è un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea—DG Justice Editoriale Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, a ricordo del giorno in cui, nel 1989, venne approvata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite la Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia (entrata in vigore nel settembre dell’anno seguente). E’ dunque per festeggiare tale ricorrenza che questo numero è dedicato all’infanzia. Si tratta di un numero particolare, un numero doppio, con più pagine del solito e un approfondimento finale diverso da quelli che abbiamo pubblicato finora. Maria Bacchi traccia, infatti, una ’storia’ degli argomenti che la stampa ha trattato, in tema di infanzia, nel periodo 2008-2010, così come appaiono dalle nostre newsletter settimanali dei primi tre anni della nostra attività. Il suo approfondimento è, quindi, non solo un lavoro sulla stampa, ma anche su Articolo 3 stesso, una panoramica storica grazie alla quale possiamo guardare in modo più informato al presente, e fare confronti. Possiamo notare miglioramenti nel modo in cui i quotidiani locali trattano oggi il tema dell’infanzia, evitando un linguaggio ‘violento’ e criminalizzante che qualche anno fa era invalso; o rallegrarci leggendo di cittadinanze onorarie ai figli di migranti, che in passato non avremmo trovato; o al contrario constatare come provvedimenti delle Amministrazioni locali che allora ci parevano eccezionali nella loro ingiustizia — come quelli che escludono i minori da servizi essenziali, a causa della morosità dei genitori — siano in realtà divenuti piuttosto comuni. E’ possibile tracciare confronti già a partire da questa stessa newsletter. La narrazione del presente è lasciata a Elena Cesari. A scuola di discriminazione? riflette sulla discriminazione che alcuni bambini subiscono nella scuola. Si tratta in qualche caso di discriminazioni messe in atto dagli insegnanti ai danni di alunni con disabilità; in altri, invece, si tratta di provvedimenti istituzionali (perlopiù riduzioni di fondi, personale e servizi) che, mentre colpiscono tutti gli alunni, vanno ad aggravare ulteriormente situazioni di discriminazione e fragilità sociale, emotiva, economica preesistenti. La paura si impara da bambini, invece, indaga il modo in cui la stampa propaganda un modello di educatore/genitore al quale sarebbero colpevoli di non aderire gli adulti rom e sinti, ‘cattivi genitori’ il cui pessimo esempio non potrà che generare ‘cattivi figli’. E’ così che, mentre gli articoli pullulano di ladri di bambini, magnaccia, tossicodipendenti, maestri di furto o, nel migliore dei casi, padri e madri incapaci e irresponsabili, non rimangono spazio né attenzione per l’infanzia dei piccoli rom e sinti, le prime vittime di provvedimenti volti a punire o redimere i loro genitori. Elena Borghi

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Newsletter mensile dell'Osservatorio sulle Discriminazioni "Articolo 3" di Mantova, redatta nell'ambito del progetto europeo "In Other WORDS

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N E W S L E T T E R M E N S I L E D I A R T I C O L O 3 - O S S E R V A T O R I O S U L L E D I S C R I M I N A Z I O N I

Novembre e Dicembre 2012 nº 13-14

In Other Words NEWS

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza di-stinzione di sesso, di

razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizio-ni personali e sociali.

Costituzione della Re-pubblica Italiana,

Principi Fondamentali, Articolo 3

Indice:

Editoriale 1

A scuola di discriminazione?

2

La paura si impara da bambini

4

Vedi alla voce infanzia 6

“In Other Words “ è un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea—DG Justice

Editoriale Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, a ricordo del giorno in cui, nel 1989, venne approvata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite la Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia (entrata in vigore nel settembre dell’anno seguente). E’ dunque per festeggiare tale ricorrenza che questo numero è dedicato all’infanzia. Si tratta di un numero particolare, un numero doppio, con più pagine del solito e un approfondimento finale diverso da quelli che abbiamo pubblicato finora. Maria Bacchi traccia, infatti, una ’storia’ degli argomenti che la stampa ha trattato, in tema di infanzia, nel periodo 2008-2010, così come appaiono dalle nostre newsletter settimanali dei primi tre anni della nostra attività. Il suo approfondimento è, quindi, non solo un lavoro sulla stampa, ma anche su Articolo 3 stesso, una panoramica storica grazie alla quale possiamo guardare in modo più informato al presente, e fare confronti. Possiamo notare miglioramenti nel modo in cui i quotidiani locali trattano oggi il tema dell’infanzia, evitando un linguaggio ‘violento’ e criminalizzante che qualche anno fa era invalso; o rallegrarci leggendo di cittadinanze onorarie ai figli di migranti, che in passato non avremmo trovato; o al contrario constatare come provvedimenti delle Amministrazioni locali che allora ci parevano eccezionali nella loro ingiustizia — come quelli che escludono i minori da servizi essenziali, a causa della morosità dei genitori — siano in realtà divenuti piuttosto comuni. E’ possibile tracciare confronti già a partire da questa stessa newsletter. La narrazione del presente è lasciata a Elena Cesari. A scuola di discriminazione? riflette sulla discriminazione che alcuni bambini subiscono nella scuola. Si tratta in qualche caso di discriminazioni messe in atto dagli insegnanti ai danni di alunni con disabilità; in altri, invece, si tratta di provvedimenti istituzionali (perlopiù riduzioni di fondi, personale e servizi) che, mentre colpiscono tutti gli alunni, vanno ad aggravare ulteriormente situazioni di discriminazione e fragilità sociale, emotiva, economica preesistenti. La paura si impara da bambini, invece, indaga il modo in cui la stampa propaganda un modello di educatore/genitore al quale sarebbero colpevoli di non aderire gli adulti rom e sinti, ‘cattivi genitori’ il cui pessimo esempio non potrà che generare ‘cattivi figli’. E’ così che, mentre gli articoli pullulano di ladri di bambini, magnaccia, tossicodipendenti, maestri di furto o, nel migliore dei casi, padri e madri incapaci e irresponsabili, non rimangono spazio né attenzione per l’infanzia dei piccoli rom e sinti, le prime vittime di provvedimenti volti a punire o redimere i loro genitori.

Elena Borghi

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I l progetto mira a formulare una risposta nei confronti della situazione attuale, in cui i media sono spesso veicoli per la diffusione degli stereotipi, e a contribuire al migliora-

mento del messaggio mediatico, in particolare rispetto alla rappresentazione che esso forni-sce delle minoranze etniche e religiose, delle persone con disabilità e degli appartenenti alla comunità Lesbica-Gay-Bisex-Trans.

Capofila del progetto: Provincia di Mantova Partner: Articolo 3, Intercultural Institute of Timisoara (Romania), Eurocircle (Francia), Diputaciòn Provincial de Jaen (Spagna), IEBA (Portogallo), Fundaciòn Almeria Social y Laboral (Spagna), Tallin University (Estonia). Il progetto prevede la creazione di una redazione locale in ogni Paese, dedita al monitorag-gio dei media, ad attività di ricerca e decostruzione degli stereotipi e ad un lavoro di rete con giornalisti e professionisti dei media, scuole e università, organizzazioni della società civile. Per saperne di più: www.inotherwords-project.eu

“In Other Words”: un progetto europeo contro la discriminazione nei media

“Analizzando come i quotidiani descrivono le bambine e i bambini rom è facile accorgersi

che essi sono destinatari di una

disapprovazione e di un disprezzo simili a

quelli destinati ai padri. Una differenza però c'è e non è di poca

importanza. Ai giovani e ai bambini è

riservato oggi un disprezzo che sfuma

in pericolosa indifferenza.”

E. Cesari a p. 4

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In Other Words

In Other Words NEWS

La newsletter si pubblica ogni mese a Mantova (Italia), Jaen (Spagna),

Almeria (Spagna), Mortagua (Portogallo),

Marsiglia (Francia), Timisoara (Romania) e Tallín (Estonia) con il

sostegno della Direzione Generale Giustizia della Commissione Europea.

L’edizione di Mantova è coordinata da Articolo 3,

Osservatorio sulle discriminazioni

Il progetto

A scuola di discriminazione?

N ella seconda metà del 2012 non sono pochi gli articoli monitorati che raccontano di discriminazioni verso minori o giovanissimi nelle istituzio-

ni scolastiche. All’interno di questo macro insieme di articoli è necessario distin-guere fra le discriminazioni avvenute nel contesto scolastico a opera del persona-le e quelle ‘sistemiche’, cioè a opera del con-testo stesso.

Del primo caso fanno parte tutti quegli arti-

coli che raccontano di bambini emarginati da

insegnanti ed educatori durante l’iter forma-

tivo. Alcuni esempi: “Discriminato dalle mae-

stre”. Il bimbo affetto da una forma di autismo. Il

padre vice-sindaco: “Cambierà scuo-

la” (Provincia, 21/6), Bambina disabile è rifiu-

tata dall’asilo (Provincia, 22/6), Niente maturità, è dislessico. Si presenta da privatista

e passa (Giornale, 29/7). Rientrano invece nel secondo sottoinsieme le discrimi-

nazioni che riguardano l’accesso alla scuola, e che quindi coinvolgono in manie-

ra diretta e indiretta un numero elevato di bambini. Si tratta qui di discrimina-

zioni istituzionali, ovvero di “politiche, norme e prassi amministrative che perpe-

tuano, rinforzano o producono la disuguaglianza e il malessere sociale di mino-

ranze svantaggiate” [1].

Quest’anno la crisi economica e gli ‘ineludibili’ tagli all’offerta formativa e/o al

personale scolastico sono stati utilizzati come alibi, anche dalla stampa, per giu-

stificare o rendere sopportabili all’opinione pubblica vere e proprie discrimina-

zioni. E’ il caso di alcuni servizi chiave, come il trasporto pubblico casa-scuola e

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il servizio mensa rivolti ad alcune fasce deboli della popolazione (come alunni con disabilità, rom e sin-

ti), soppressi o ridotti da alcune municipalità: Niente più scuolabus per i bimbi nomadi (Bresciaoggi, 15/9),

Bimbi nomadi, dopo lo scuolabus via scuola materna e mensa (Bresciaoggi, 18/9), Bambini disabili senza “bus”.

Mancano i fondi, ma è polemica (Corriere Brescia, 12/12).

In generale, dal monitoraggio della stampa emerge un incremento delle

discriminazioni istituzionali nella scuola, che rischiano di sostenere, fo-

mentare od occultare comportamenti individuali discriminatori nelle

classi sia da parte dei docenti, sia fra compagni di classe. La crisi econo-

mica, infatti, sostiene l’idea di scarsità anche dentro la scuola; l’idea, cioè,

che non sia possibile né auspicabile creare un contesto d’apprendimento

aperto e creativo, che accolga tutte le bambine e tutti i bambini portatrici

e portatori di vissuti esperienziali e di istanze spesso in conflitto fra loro.

Corsi di italiano per bambini stranieri. La scuola dice no (Eco di Bergamo,

14/11), Centinaia di bimbi stranieri non trovano posto a scuola (Repubblica Milano, 17/11), Diritto allo stu-

dio: e gli stranieri? (Voce di Mantova, 3/12). Forte è la tentazione da parte di amministratori, insegnanti e

legislatori ad un’omogeneizzazione della scuola e dei percorsi formati-

vi. Il bambino con disabilità o considerato tale [2], l’alunna stranie-

ra appena arrivata in Italia, i bambini rom del vicino insediamento

rallentano e modificano il ‘regolare’ svolgimento dei programmi

ministeriali, obbligano a soluzioni educative nuove e non facili, co-

stringono a rivedere ruoli e priorità, a mettere fra parentesi gli o-

biettivi didattici e a dare più risalto al percorso.

E’ la scommessa che hanno già accettato di cogliere alcune scuole

site in quartieri con un’altissima densità di bambini stranieri. A Milano, la scuola “Lombardo Radice”

di via Paravia e quella del quartiere Rubattino: Scuola multietnica. Ritorna la prima (Corriere Milano,

15/10), Paravia. Stranieri 9 alunni su dieci. La prima canzone è sulla Guinea (Giornale Milano, 13/10), Mila-

no con gli alunni al Quirinale. La scuola-ghetto diventa un modello (Giornale Milano, 25/9); Quelle borse di

studio ai ragazzi Rom (Avvenire, 1/4), Rom a scuola, via Rubattino in un libro (Avvenire Milano Sette, 20/5).

La scuola di via Paravia, in particolare, è stata oggetto di un conflitto (oggi risolto a favore di un prose-

guimento dell’esperienza educativa), che ha visto contrapposti

da una parte gli abitanti del quartiere e il Comune di Milano, e

dall’altra l’Ufficio scolastico Provinciale e una restrittiva inter-

pretazione della legge introdotta dalla ex ministro Gelmini, che

fissava un tetto del 30% per gli studenti stranieri: La scuola ara-

ba a rischio chiusura: “Rovina i ragazzi” (Libero Milano, 15/9/11)

e Troppi stranieri. No alla classe ghetto, nuovo stop alla scuola multiet-

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Accusati nel migliore dei casi di irresponsabilità, di incuria, di malafede, di cattivo esempio; nel peggiore,

di essere dediti ad abbandoni o furti di bambini. In poche parole di essere pessimi genitori ed educatori.

Ecco come la stampa ritrae gli adulti rom e sinti.

Paola Fucilieri su Il Giornale: “Delitto e castigo. Per tre bambini rom di 6, 8 e 10 anni e i loro irresponsa-

bili genitori. Che li hanno tran-

quillamente lasciati ‘giocare’ al

tiro a segno, con lanci di sassi e

tondini di ferro dal guard rail”. A sei anni fanno il tiro a segno sulle auto. Intervento nel campo Rom di via Bisbi-

no (18/5/10). Di una presunta malafede dei genitori dei bambini sinti dei campi di via Orzinuovi e via

Borgosatollo racconta questo articolo pubblicato su La Padania: Zingari con tre vetture intestate, ma portoghe-

si sullo scuolabus (23/9).

In Rom rapisce una bambina e spara all'eroe che la salva (Giornale.it, 30/10), la giornalista approfitta di una

sventata aggressione ai danni di una donna equadoriana per rinverdire l'antico pregiudizio degli zingari

che rubano i bambini. A dispetto del titolo, che sembra esprimere assoluta certezza dei fatti, nessun tenta-

tivo di rapimento è effettivamente avvenuto, non ci sono prove e l'aggressore non è stato fermato.

Eludendo la complessità del rapporto fra i coniugi, il rispetto della privacy, e

tagliando corto sulle motivazioni della madre, Il Giornale confeziona un altro

articolo insieme di distruzione della figura genitoriale materna nel mondo rom

e di messa alla berlina di una donna: “Una ragazza bella e bionda, ma con pro-

blemi così seri da non rappresentare esattamente una madre ideale. Tossicodi-

pendente (ha fatto uso di metadone anche durante la gravidanza), clandestina

e con una ‘passione’ per la vita nomade, Razia non ha mai accettato di vivere

col padre di sua figlia Carlo”: Rom entra al Buzzi e porta via la figlia. La madre,

una giovane clandestina, aveva ‘rapito’ la neonata, forse temendo che le venisse tolta

(Giornale Milano, 4/12).

La paura si impara da bambini. L’etnocentrismo educativo della società gagé riflesso nella stampa

nica (Repubblica Milano, 18/5).

Elena Cesari NOTE:

[1] Clelia Bartoli, Razzisti per legge. L’Italia che discrimina, Laterza, Roma-Bari, 2012.

[2] La percezione della disabilità a scuola, da parte degli insegnanti, e la sua conseguente certificazione sono argo-

menti molto delicati. Non di rado bambini semplicemente molto vivaci, con difficoltà d’apprendimento causate da

problematiche familiari e/o con abilità scarsamente valorizzate in ambito scolastico, sono vittime di un modo di

fare scuola che ha un’unica velocità. Quella dettata dal voto più alto.

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Bambini ladri e ladri di bambini: un pregiudizio per tutte le età

Sappiamo che, fino agli anni ’60, era prassi consolidata della società maggioritaria nei confronti delle

minoranze rom e sinte separare in modo coatto i figli dai genitori e affidare i primi a istituti o famiglie

adottive. Le ripercussioni traumatiche di questa pratica sui bambini rom e sinti e sulle loro famiglie sono

lontane dall'essere state studiate adeguatamente. Tuttavia, a monte vi era l'idea radicata (che ritroviamo

oggi intatta in molta stampa) dell'incapacità genitoriale di rom e sinti. Troppo spesso il parametro di rife-

rimento per questi (pre)giudizi e per le prassi che ne conseguono non è stato e non è il benessere psicofi-

sico delle bambine e dei bambini rom, né ovviamente quello dei loro genitori, bensì i modelli (e i dogmi)

educativi della cultura maggioritaria. Nessuna sorpresa: analizzando come i quotidiani descrivono le

bambine e i bambini rom, è facile accorgersi che essi sono destinatari di una disapprovazione e di un di-

sprezzo simili a quelli destinati ai padri. Una differenza però c'è e non è di poca importanza. Ai giovani e

ai bambini è riservato oggi un disprezzo che sfuma in pericolosa indifferenza. Preoccupata di demolire il

ruolo genitoriale ed educativo di rom e sinti, certa stampa (e certo discorso istituzionale) non si accorge

della fragile e precaria esistenza materiale e sociale delle bambine e dei bambini rom. Fragilità a cui non

solo non si presta un'attenzione e tutela speciali. Ad esempio, per difendere la decisione di interrompere

il servizio di scuolabus e di mensa per i bambini sinti di Brescia, il vicesindaco Fabio Rolfi argomentava:

“Le famiglie dei campi di via Orzinuovi e di via Borgosa-

tollo, proprio perché uguali a tutte le altre, devono pagare

i servizi se ne vogliono usufruire”. Rom e Sinti: “Pronti a

pagare”. Rolfi a La7: “Basta lassismo” (Bresciaoggi, 26/9).

Rolfi non teneva conto né delle condizioni socioeconomi-

che e di emarginazione sociale delle famiglie, né dei risvol-

ti negativi sulle dinamiche di integrazione scolastica e rela-

zionale dei bambini, né, infine, del grave pericolo per l'in-

columità fisica dei bambini costretti a percorrere a piedi

un tratto di strada a scorrimento veloce: Famiglie Rom mo-

rose niente scuolabus: “Ripristinare il servizio: rischiano la vita” (Giorno Milano, 18/9).

Non è raro addirittura che il/la giornalista esprima tra le righe una sorta di rammarico per la non perse-

guibilità dei rom e sinti minori di quattordici anni. Tentato furto la polizia ferma due bambine nomadi (Voce

di Mantova, 26/10): “Da quanto risulta due sorelle di etnia rom, senza fissa dimora, entrambe meno che

quattordicenni e per tale motivo non perseguibili per legge”. Si delineano qui almeno due punti di svol-

ta. Innanzitutto, si apre una gravissima frattura fra una condizione, quella del minore, tutelata dalla legge

e l'intento della stampa di sminuirne la portata, attribuendo ai bambini rom e sinti responsabilità che

solo gli adulti hanno. Scriveva Paola Fucilieri nel già citato articolo del Giornale del 18/5/2010: “Gesti

che non potevano rimanere impuniti: una tragedia sfiorata per ben due volte nel giro di 24 ore e per col-

pa di questi bambini zingari (e dei loro familiari) [...] non è cosa da poco. Soprattutto se la prima volta la

polizia, trovati i minori responsabili di quel ‘giochetto pericoloso’ (tutti penalmente non imputabili per

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Vedi alla voce ‘Infanzia’. Bambine e bambini sulle Newsletter di Articolo 3 (2008-10)

Infanzia deriva etimologicamente dalla parola lati-

na infans: colui che non è in grado di parlare.

L’idea che il bambino e la bambina non possieda-

no strumenti di parola e di pensiero e quindi non

abbiano cittadinanza e diritto all’ascolto è antica e

radicata, quanto assurda. Mostra una sorta di ti-

more del mondo adulto nei confronti di un’età

difficile da addomesticare, età di transiti e muta-

menti continui del corpo e della mente, un’età

altra che fa inesorabilmente da specchio alle defi-

cienze, ai limiti, alle violenze e alle fragilità del

mondo adulto.

Fin dalla sua nascita, Articolo 3 ha dedicato molto

spazio nelle sue newsletter alle diverse dimensioni

in cui si prospettano i diritti e le discriminazioni

riguardanti i bambini e gli adolescenti. Abbiamo

lavorato non solo per denunciare le molte discri-

minazioni di cui, direttamente o indirettamente,

bambine e bambini sono vittime, spesso da parte

delle stesse istituzioni che dovrebbero tutelarli; ma

anche per riflettere sulla rappresentazione che la

stampa dà dell’infanzia e dell’adolescenza, violan-

do a volte la stessa Carta di Treviso che richiama i

giornalisti a criteri deontologici di protezione dei

minori e della loro immagine. Abbiamo analizzato

le culture che portano a queste violazioni ma an-

che le buone pratiche che qualche volta, qua e là,

emergono. Abbiamo intervistato studiose e studio-

si, responsabili del mondo dell’educazione, ma

anche e soprattutto abbiamo dato voce a ragazze e

ragazzi, italiani e immigrati di prima o seconda

generazione, appartenenti alle minoranze e alla

cultura maggioritaria.

Quella che segue è una panoramica dei temi ap-

parsi sulle NL settimanali di Articolo 3 nei primi

tre anni della sua attività.

la loro giovanissima età) aveva accondisceso, trattando con il vecchio capo dell’insediamento, a un tratta-

mento di favore per i piccoli” (corsivi miei) .

D'altra parte, tutta la comunità rom è immediatamente e direttamente incolpata per le azioni dei bambi-

ni, quasi si trattasse di una sorta di ‘mandante’: “La tecnica adottata è sempre la stessa [...]: se i rom non

rispettano la legge, la polizia non rispetta la loro tranquillità”. Continua la giornalista: “I nove ragazzini

sono figli di un rom molto noto agli investigatori […]. Ebbene, lui e la moglie ieri sono stati portati al

commissariato dove qualcuno li ha redarguiti pesantemente per l’educazione piuttosto originale e deci-

samente discutibile impartita ai figlioletti: c’è infatti il forte sospetto che gli adulti abbiano insegnato ai

bambini a usare le vetture come tiro a segno”.

Elena Cesari 

Vignetta di M

arco Biani sulla fam

igerata coperti-na di Panoram

a del 10 luglio 2008, che propone-va un’inchiesta sui “ladri bam

bini” rom, titolan-

do “Nati per rubare ”.

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indirizzata ai loro alunni rom e sinti dalle maestre

di via Pini, a Milano, che per mesi cercarono di

garantirne la frequenza scolastica mentre venivano

sgomberati con le famiglie prima dall’ex edificio

Enel di via Rubattino e poi dalla baraccopoli di

Segrate. “Vi insegneremo mille parole – scrivono

ai loro allievi – centomila parole, perché nessuno

possa più cercare di ammutolire chi, come voi,

non ha voce” (NL n°3, 2010). Sull’accesso

all’istruzione dei bimbi rom e sinti è da leggere

anche il bell’articolo di Eva Rizzin, I sciula i nini

miri, la scuola è anche mia (NL n°8, 2010).

La ‘riforma Gelmini’

Per non dar voce ai bambini, nonostante la pretesa

di fare il contrario, venne alla luce la discutibilissi-

ma proposta leghista, inizialmente inserita nel

progetto Gelmini di riforma della scuola, di istitu-

ire classi-ponte. I bambini stranieri avrebbero do-

vuto esservi ‘parcheggiati’, ben lontani dai coeta-

nei, fino al loro apprendimento della lingua italia-

na: un progetto chiaramente discriminatorio, umi-

liante e inutile dal punto di vista didattico. Su

questo presero la parola in molti sulla nostra

newsletter. In primo luogo quelle ragazze e quei

Il ‘pacchetto sicurezza’

L’editoriale della newsletter n°2 del 2008 titolava

Il nome dei bambini ed era dedicato alle conseguen-

ze per i bambini, soprattutto rom e sinti, del

‘pacchetto sicurezza’ dell’allora ministro

dell’Interno Maroni e alla cultura della paura e

della diffidenza che quella serie di provvedimenti

avrebbe diffuso. Su questo tema interveniva sul n°

3 una studiosa di levatura internazionale, Clotilde

Pontecorvo, che, in Impronte digitali ai bambini sinti

e rom, rievocava l’effetto traumatico dei censimen-

ti, dei controlli e delle discriminazioni che le leggi

razziali volute dal fascismo avevano avuto sulla sua

infanzia di bambina ebrea.

Il ‘pacchetto sicurezza’ diede lo spunto ad azioni

di caccia al clandestino che colpirono i bambini

in vari modi. Uno di questi, illegale e particolar-

mente doloroso, fu l’utilizzo dei bambini per arri-

vare a individuare genitori e parenti non in pos-

sesso del permesso di soggiorno. Una brutta storia

è il titolo dell’editoriale che apriva la newsletter n°

65 del 2009: è la vicenda, portata ad Articolo 3 da

alcune insegnanti coinvolte nella storia, di una

bimba brasiliana di scuola elementare mantovana:

un carabiniere, nonostante l’opposizione delle

insegnanti, aveva cercato di interrogarla sulla pre-

senza a casa sua di uno zio ‘clandestino’. Le mae-

stre si opposero fermamente, nonostante pressio-

ni di vario tipo, a questa operazione. Su questo

argomento e sulla tutela e l’ascolto del minore in

ambito giudiziario, Articolo 3 ricevette consulenze

autorevoli, tra cui quella di Annapaola Specchio,

esperta di diritti dei minori, che comparvero sulla

newsletter n°66, insieme a un ampio repertorio

di fonti curato da Angelica Bertellini.

E’ importante che, quando i bambini non posso-

no prendere parola, siano i loro maestri a farlo

per loro. E’ quanto appare dalla bellissima lettera

Michele Ferri, Il m

ondo è anche di Tobias

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ragazzi che nella scuola italiana furono inseriti

anni prima e che appresero rapidamente la nostra

lingua nell’interazione coi compagni e le inse-

gnanti. Sulla NL n°18 del 2008 compariva

un’intervista a Elvira Mujcic, giunta in Italia nel

’94 come giovanissima profuga dalla Bosnia e ora

tra le maggiori scrittrici slave in lingua italiana.

Sulla NL n°19 un’altra intervista: a farla era Sonia

Chiarello, una studentessa delle superiori che a

quel tempo collaborava col nostro Osservatorio,

che dialogava con la sua coetanea Costanta Ralu-

ca Filip: In tre mesi ho imparato a conversare.

In una prospettiva totalmente diversa da quella

delle classi-ponte si collocava l’iniziativa

dell’Istituto comprensivo di Bozzolo di organizzare

corsi di lingua araba per i bambini, molti, che

questa avevano come lingua madre. Proposta che

suscitò numerose polemiche e che fu oggetto di

due interessanti interventi sulla nostra newsletter:

il primo della dirigente dell’Istituto, Patrizia Ron-

coletta, che sulla NL n°4 del 2008 scriveva: “Ho

motivato il valore dell’identità individuale che, se

ben conosciuta, permette a chiunque di incontra-

re il nuovo e il diverso senza paura, con quella

sana curiosità, con quel giusto interesse che sottin-

tende ogni relazione corretta”. L’articolo di Ron-

coletta era ripreso sulla newsletter n°13 da Clotil-

de Pontecorvo, psicologa della comunicazione, in

Identità plurime. Nel 2009, purtroppo, sembrava

prevalere in alcune realtà lombarde la tendenza

opposta: Corsi di arabo per i bambini. L’assessore nega

le aule (Brescia oggi, 3/10/ 2009).

Ma altri aspetti della ‘riforma Gelmini’ ci indusse-

ro riflessioni più generali: l’intero numero della

NL n°8 del 2008 era dedicato alla scuola. In parti-

colare Non è un paese per bambini, di Antonio Pen-

zo, denunciava i pericoli di degrado

(puntualmente poi verificatosi) legati

all’introduzione del maestro unico che, in nome

di un risparmio di 8 miliardi di euro, prevedeva di

far uscire dalla scuola pubblica 133mila insegnan-

ti. Con conseguenze sull’organizzazione dei tempi

scuola e sui moduli d’insegnamento davvero di-

speranti per i bambini e le loro famiglie.

Sull’argomento ritornava Fernanda Goffetti sulla

newsletter successiva, con A lenzuola spiegate, in

cui raccontava la manifestazione di protesta delle

insegnanti della scuola Pomponazzo, che espone-

vano un lenzuolo con drappi neri e scritte contro

il maestro unico. Il lenzuolo è stato poi inspiega-

bilmente sequestrato dalle forze dell’ordine

(chiamate da chi?) nel corso dell’orario di lezione.

Sempre Fernanda Goffetti discuteva un altro a-

spetto della riforma: l’introduzione del voto in

decimi, vetusto retaggio di una scuola che si spera-

va finita, in cui la valutazione rinunciava a ogni

aspetto formativo in nome di puri criteri sommati-

vi: Io non voglio dare voti ai bambini e alle bambine

(NL n°24, 2009). Sullo stesso numero: Condottieri

e voti in condotta, di Silvana Sgarioto.

Le Amministrazioni locali, intanto…

Classificare, valutare, stabilire standard, separare,

uniformare. Questa scuola che vuole risparmiare e

dare una parvenza d’efficienza non pare proprio

capace di parlare con bambine e bambini, di co-

noscerli e assumersene la responsabilità. Spesso

non sa che accondiscendere alle istituzioni locali

che operano vere e proprie scelte discriminatorie

nei loro confronti.

Accadde a Goito (MN), quando la scuola comuna-

le per l’infanzia ammetteva all’iscrizione i soli

bambini di fede cristiana, o le cui famiglie accet-

tassero le tradizioni cristiane (NL n°3, 2010). E, in

modo ancor più platealmente discriminatorio,

accadde a Montecchio Maggiore (VI), dove il Co-

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mune decise di escludere dalle mense scolastiche i

bambini della scuola, vanamente intitolata ad An-

na Frank, provenienti da famiglie non in grado di

pagare la retta. Bambini e bambine con genitori

‘inadempienti’ si trovarono di punto in bianco

davanti a un panino al prosciutto (alla faccia del

rispetto per le tradizioni alimentari di chi è musul-

mano o ebreo) e a un bicchiere d’acqua, quasi a

volerli persuadere ad andarsene (NL n°8, 2010).

Poco dopo esplose il caso Adro, il paese della pro-

vincia di Brescia amministrato da un fervente sin-

daco leghista che nella scuola, questa volta coeren-

temente intitolata a Gianfranco Miglio, in un tri-

pudio di soli delle Alpi e simboli leghisti, esclude-

va dalla mensa i bambini figli di genitori morosi.

Le polemiche furono vivaci, ne scrivevamo sulla

NL n°12 dello stesso anno: Colpire i bambini per

educare i genitori. Abbiamo ripreso l’argomento in

quella successiva e nella n°15, con contributi di

cittadini adrensi che seguono la nostra attività.

Gli amministratori in questione si rivalevano delle

difficoltà dei genitori escludendo i figli da servizi

che entravano a pieno titolo nelle attività educati-

ve che la scuola dell’obbligo deve offrire; in que-

sto modo si esercita sulle famiglie in difficoltà, in

buona parte straniere, una pressione che indeboli-

sce le risorse emotive e le speranze di adulti e

bambini. E questa linea di tendenza negli anni

non sembra affievolirsi, tanto che la partecipazio-

ne opzionale alla mensa è diventata pratica conso-

lidata.

Le mancate assunzioni di responsabilità del mon-

do adulto

C’è un gruppetto di bulli che in prima media mo-

lesta un compagno fino a indurre i genitori a far-

gli cambiare scuola? Basta sospenderli per quindi-

ci giorni. E la Gazzetta di Mantova titola: Cambia

scuola per i bulli. Studente della Sacchi minacciato da

quattro ragazzi. La prof al bambino di 10 anni: lo fa-

rai anche tu (Gazzetta di Mantova, 10/11/09). La

newsletter n°61 dedicava alla vicenda molto spa-

zio: abbiamo intervistato l’insegnante e il dirigen-

te scolastico, che mostravano consapevolezza della

complessità della situazione.

Ma la proposta più responsabile venne

dall’assessore alle Politiche Sociali della Provincia,

Fausto Banzi, che avrebbe voluto inserire i ragazzi

sospesi in un’attività socialmente utile che sia loro

di aiuto (Lupi e agnelli oltre lo specchio). Un solo

altro segnale di responsabilizzazione del mondo

adulto nei confronti di quel disagio adolescenziale

che si trasforma in bullismo: nel 2008

l’Osservatorio regionale sui minori ha dichiarato

di voler proporre azioni di sensibilizzazione delle

Istituzioni e della società nei confronti del disagio

giovanile (Minori da aiutare, Gazzetta di Mantova,

10/12/08).

Sulla stampa locale sono dilagati titoli allarmistici

o minacciosi, come: Saranno tempi duri per i bulli a

scuola. Previsto un patto tra istituto e genitori che impo-Un caso recente, di cui abbiamo scritto nella NL n. 12 e di

cui tratta anche E. Cesari in questo numero, a p. 3.

L’articolo di Repubblica.it sul caso di Adro, 8/4/10

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ne ai secondi di collaborare con i docenti (Voce di

Mantova, 2/9/08), dove pare che il giornalista

non colga la contraddizione stridente fra parole

come “patto” e “collaborazione” e il verbo

“imporre” che le collega.

Ma della preoccupante violenza del linguaggio

giornalistico in tema di infanzia e adolescenza

abbiamo dovuto rilevare troppi esempi clamorosi.

Un

lin-

guaggio giornalistico violento

Sulla newsletter n°2 del 2008 dovemmo occuparci

di una serie di articoli, davvero incredibili, dedica-

ti dalla Voce di Mantova a un bimbo nordafrica-

no: La piccola peste della scuola elementare Pomponaz-

zo è un nordafricano; Un bimbo terribile colpisce anco-

ra, i compagni terrorizzati lo fuggono, preoccupati gli

insegnanti; Minacce agli insegnanti e violenza in classe:

terrore alle elementari Pomponazzo. Bimbo terribile:

fuggi-fuggi a scuola. Già otto genitori hanno ritirato i

propri figli portandoli in alto istituto. Interrogazione in

comune contro il bambino nordafricano e suo padre

assistito cronico e violento (Voce di Mantova,

9/3/08). Per fortuna, in questo caso, sulla stampa

mantovana comparivano anche lettere di genitori

della scuola e cittadini indignati per le parole del

quotidiano. Che peraltro dava tutte le informazio-

ni necessarie a individuare il giovanissimo bersa-

glio della campagna denigratoria, in spregio alla

normativa che tutela la privacy dei minori. Non

riuscimmo mai a sapere chi, irresponsabilmente,

fece circolare quelle notizie, mentre dalle inse-

gnanti del bambino venivamo informati di un

attento lavoro, e dei buoni risultati che si stavano

ottenendo, per un suo più sereno inserimento

nella scuola.

E, sempre nel 2008, il primo anno della nostra

attività, sulla newsletter n°8 in Piccoli mostri imma-

ginari discutevamo di non notizie che ritraggono

bambini ‘malefici’. La testata è sempre la Voce di

Mantova. Occhiello: Sconcertante episodio di violen-

za domestica in Valletta Valsecchi. Ma la polizia nega.

Titolo: “Non vengo”. Coltello puntato contro la madre.

Sottotitolo: Bambino di dieci anni ferisce il genitore

che vorrebbe portalo all’Isola dei bimbi (Voce di Man-

tova, 23/8/08). Sullo stesso numero, a lato

dell’articolo precedente: Ingoia le pedine di Forza4,

bambino di sette anni in ospedale.

“Crescunt sivae beluae”, diceva un notaio della

Lucchesia nel 1552 a proposito dei bambini dei

suoi villaggi. Ma la belluinità pare in realtà prero-

gativa di alcuni giornalisti che sull’infanzia e sui

suoi dolori fanno squallide e vuote operazioni sen-

sazionalistiche. Quando alla “paura degli iner-

mi” (Curzio Malaparte, a proposito della violenza

dei nazisti nei ghetti ebraici) si unisce il razzismo,

escono operazioni anche peggiori: Arrivano gli zin-

gari. Presi. Rilasciati. E il sottotitolo: I ladri sono mi-

norenni e non ci sono le prove dello scasso. La questura

costretta a liberarli. Non c’è effrazione, non c’è re-

furtiva, non ci sono arnesi da scasso. C’è invece

una signora che, allarmata da alcune scampanella-

te, telefona in questura e dichiara al volonteroso

giornalista della Voce che i due ragazzini che suo-

navano “avevano i tratti somatici degli zinga-

ri” (Voce di Mantova, 3/9/08).

Per fortuna dopo la rovente estate del 2008 non

abbiamo più dovuto segnalare articoli di questa

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natura contro i bambini. Resta l’interrogativo in-

quietante sulla logica giornalistica che li sottende.

Una sorta di patologico “furor

d’abiezione” (sempre Malaparte) di chi

dall’infanzia e dalle sue paure sembra non essere

mai uscito, pur riuscendo a scrivere per un giorna-

le. Minori non accompagnati e profughi

Notizia vera che, invece, ci ha mobilitato è quella

relativa alla presenza e alla successiva scomparsa di

un gruppo di giovanissimi afghani: Salvati nove

profughi ragazzini, e L’odissea dei clandestini. Tutti

espulsi i profughi ragazzini. Sfamati e rivestiti adesso

sono in viaggio (Gazzetta di Mantova, 22/1/09 e

1/2/09). Naturalmente non potevamo non coglie-

re la gravità del fatto: un minore straniero non

accompagnato gode di precise tutele previste dal

diritto internazionale. A maggior ragione se pro-

viene da zone di guerra. Parole come “ragazzino”,

“profugo” ed “espulso” non possono stare insie-

me. Leggerezza dell’autore dell’articolo o assoluta

incompetenza delle forze dell’ordine e delle auto-

rità preposte? Ne parliamo con i responsabili, rice-

vendo risposte preoccupanti. Pare che del gruppo

facessero parte alcuni maggiorenni, ai quali i pic-

coli sono stati affidati prima di essere rimessi in

strada. Ne discutevamo sulla newsletter n°24 del

2009 e convocavamo, con l’aiuto della Caritas, un

incontro sul problema dei minori stranieri non

accompagnati. Parteciparono, con nostra sorpresa,

rappresentanti di Comune, Provincia, Sindacati,

Prefettura, Questura e Carabinieri. Purtroppo, a

quel primo incontro non ne sono seguiti altri. Il

problema nella nostra zona non sembrava quasi

esistere. Un dato certo è che, dove esiste, ha ri-

svolti economici gravosi per le amministrazioni

dei comuni in cui avvengono i fermi. Che, in que-

sto caso, potrebbero essere salvifici.

Lo conferma la storia di Abdul, che intervenne,

ancora minorenne, a un convegno della CGIL

mantovana sulla xenofobia, raccontando la sua

storia di giovanissimo profugo afghano ormai per-

fettamente inserito nella vita della nostra città: Per

fortuna mi hanno preso i carabinieri (Voce di Manto-

va, 1/3/09). Abdul è diventato rapidamente un

collaboratore volontario di Articolo 3, l’abbiamo

intervistato (I Piccoli Maestri. Un dono

dall’Afghanistan, NL n°29, 2009); abbiamo pubbli-

cato a più riprese la sua storia nella sezione I Picco-

li Maestri della nostra newsletter (NL nn°31 e 34,

2009); ha scritto per noi articoli preziosi sulla si-

tuazione dei profughi sull’isola di Lesbo (NL n°

61, 2009) e sui problemi che incontra un giovane

straniero al compimento del diciottesimo anno

(NL nn°6 e 7, 2010).

Quando i minori cessano di essere classificati e

descritti da altri e prendono direttamente la paro-

la possono diventare “piccoli maestri”, anticele-

brativi e antiretorici come i giovani partigiani pro-

tagonisti del libro omonimo di Luigi Meneghello.

Da loro possiamo imparare a conoscere e a proteg-

gere quella parte oscura e altra di noi stessi e della

società che è l’infanzia. Maria Bacchi

Le NL citate sono consultabili nell’archivio di Art3

Immagine dal film Welcome, sulle vicende di un giovanissimo