Newsletter di Psicologia Positiva -...

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1 Newsletter di Psicologia Positiva Aprile 2018 – N° 39 www.psicologiapositiva.it Benvenuti al trentottesimo numero della newsletter positiva! In questa prima edizione del 2018, abbiamo introdotto una novità. Oltre alle consuete rubriche tenute dai membri della redazione e alle latest news su congressi, eventi e pubblicazioni, troverete i contributi redatti da due nostre socie, Daniela Capece ed Eleonora Saladino, che hanno accettato con entusiasmo di condividere con noi le loro conoscenze e competenze nell’ambito della psicologia positiva applicata all’area di lavoro e organizzazioni. A partire da questo numero vorremmo infatti ampliare la cerchia degli autori della nostra newsletter, dando voce a tutte quelle socie e quei soci che hanno voglia di contribuire attivamente attraverso la stesura di articoli su temi specici della psicologia positiva e/o la segnalazione di volumi, eventi, novità che possano interessare la comunità positiva della SIPP. Per chi desidera farsi avanti, ri- cordiamo la nostra email: [email protected]. Ringraziamo Daniela ed Eleonora per la loro disponibilità e ci auguriamo che il loro esempio sia presto seguito da altri soci! Cogliamo questa occasione per ringraziare tutti i soci che hanno inviato proposte di contributi per la undicesima edizione delle Giornate Nazionali di Psicologia Positiva, che si terrà all’Università di Bari venerdì 15 e sabato 16 giugno. Se non l’avete già fatto, vi invitiamo a rinnovare la quota soci per il 2018, che vi ga- rantisce anche una taria agevolata per l'iscrizione al convegno… no al 7 maggio potete usufruire dell’iscrizione early bird! http://www.psicologiapositiva.it/giornate-nazionali-di-psicologia-positiva/#iscriviti Vi aspettiamo numerosi! Buona lettura! EDITORIALE di Marta Bassi Job crafting: personalizzare il lavoro per creare maggiore coinvolgimento e signicato di Daniela Capace L’INTERVISTA: A conversazione con Marta Scrignaro di Marta Bassi LA RECENSIONE: Positive leadership di Eleonora Saladino LA RECENSIONE: Flow at work. Mea - surements and implications. di Marta Bassi La Giornata internazionale della felic- ità di Andrea Fianco WWW… International Positive Educa - tion Network EVENTI INDICE 2 4 6 8 9 10 10

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Newsletter di Psicologia Positiva

Aprile 2018 – N° 39 www.psicologiapositiva.it

Benvenuti al trentottesimo numero della newsletter positiva! In questa prima edizione del 2018, abbiamo introdotto una novità. Oltre alle consuete rubriche tenute dai membri della redazione e alle latest news su congressi, eventi e pubblicazioni, troverete i contributi redatti da due nostre socie, Daniela Capece ed Eleonora Saladino, che hanno accettato con entusiasmo di condividere con noi le loro conoscenze e competenze nell’ambito della psicologia positiva applicata all’area di lavoro e organizzazioni. A partire da questo numero vorremmo infatti ampliare la cerchia degli autori della nostra newsletter, dando voce a tutte quelle socie e quei soci che hanno voglia di contribuire attivamente attraverso la stesura di articoli su temi specifici della psicologia positiva e/o la segnalazione di volumi, eventi, novità che possano interessare la comunità positiva della SIPP. Per chi desidera farsi avanti, ri-cordiamo la nostra email: [email protected]. Ringraziamo Daniela ed Eleonora per la loro disponibilità e ci auguriamo che il loro esempio sia presto seguito da altri soci! Cogliamo questa occasione per ringraziare tutti i soci che hanno inviato proposte di contributi per la undicesima edizione delle Giornate Nazionali di Psicologia Positiva, che si terrà all’Università di Bari venerdì 15 e sabato 16 giugno. Se non l’avete già fatto, vi invitiamo a rinnovare la quota soci per il 2018, che vi ga-rantisce anche una tariffa agevolata per l'iscrizione al convegno… fino al 7 maggio potete usufruire dell’iscrizione early bird! http://www.psicologiapositiva.it/giornate-nazionali-di-psicologia-positiva/#iscriviti Vi aspettiamo numerosi! Buona lettura!

EDITORIALE di Marta Bassi

Job crafting: personalizzare il lavoro per creare maggiore coinvolgimento e significato di Daniela Capace

L’INTERVISTA: A conversazione con Marta Scrignaro di Marta Bassi

LA RECENSIONE: Positive leadership di Eleonora Saladino

LA RECENSIONE: Flow at work. Mea-surements and implications. di Marta Bassi

La Giornata internazionale della felic-ità di Andrea Fianco

WWW… International Positive Educa-tion Network

EVENTI

INDICE

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Job Crafting: persona-lizzare il lavoro per creare maggiore coin-volgimento e significato

di Daniela Capece

Definizione di di Job Crafting In ambito aziendale è prassi comune il job design, ossia la progettazione di ruoli, compiti e man-sioni che vengono assegnati dalla dirigenza ai propri dipendenti (Hilgen e Hollenbeck, 1992). In tempi recenti, tuttavia, si sta andando incontro ad un cambiamento di prospettiva alla luce del crescente numero di lavoratori che, anziché attenersi al classico job design formalmente asse-gnato, ridisegna il proprio lavoro per adattarlo maggiormente a valori, passioni e punti di forza personali. Questo processo è conosciuto come Job Crafting ( JC). Per definizione il JC include infat-ti tutte quelle azioni che un individuo compie proattivamente per modificare il proprio job desi-gn e rimodellare il posto di lavoro così da favorire coinvolgimento, soddisfazione, resilienza e risultati (Berg, Wrzesniewski, e Dutton, 2010). La ricerca suggerisce che gli individui al lavoro ricorrono spontaneamente ad almeno tre diverse forme di job crafting (Wrzesniewski e Dutton, 2001). •Task crafting (modifica dei compiti) Modificare i compiti previsti aggiungendoli o eliminandoli, ampliando o riducendo l’ambito dei compiti o modificando il modo di eseguire i compiti stessi. Un esempio: un ragioniere che crea un nuovo metodo di archiviare le tasse per rendere il suo lavoro meno ripetitivo. •Relational crafting (modifica delle relazioni) Modificare la profondità o la natura delle interazioni con le altre persone. Un esempio: un anali-sta finanziario che comunica con i clienti utilizzando le video-conferenze piuttosto che l‘email. •Cognitive crafting (modifica della percezione) Modificare il modo di concepire lo scopo dei compiti, delle relazioni, o del lavoro nel suo com-plesso. Un esempio: l’addetto alle pulizie di un ospedale che vede il suo lavoro come un mezzo per aiutare i malati a guarire piuttosto che rendere soltanto sterili gli spazi.

Dalla teoria all‘applicazione: il Job Crafting Exercise (JCE) Seppur molte persone pratichino spontaneamente il JC, non sempre sono in grado di individua-re tutte le opportunità delle quali potrebbero beneficiare nel ridisegnare il proprio posto di lavo-ro. Per facilitare la pratica del JC, Justin Berg, Jane Dutton e Amy Wrzesniewski hanno messo a punto il Job Crafting Exercise ( JCE, reperibile su www.jobcrafting.org). Questo strumento consente a individui, organizzazioni e coach di guidare correttamente l’esecuzione del JC per massimizzar-ne i benefici. L’esercizio incoraggia le persone a guardare al proprio lavoro in modo nuovo, come una serie flessibile di mansioni piuttosto che una lista rigida di compiti. Adottando questa pro-spettiva, è possibile individuare con maggiore chiarezza i compiti per ristrutturare e reinterpre-tare il lavoro in base alle proprie esigenze. L’applicazione del JCE genera diversi risultati positivi sia per i lavoratori sia per le organizzazioni, tra cui maggiore felicità sul lavoro, migliore performance individuale e maggiore mobilità verso nuovi ruoli all’interno dell’organizzazione (Wrzesniewski, Berg, Grant, Kurkoski, e Welle, 2016). Gli effetti del JCE sono stati testati inizialmente da Amy Wrzesniewski, Justin Berg, Adam Grant, Jennifer Kurkoski e Brian Welle in ambito sperimentale presso Google LLC, annoverata dalla rivista americana Fortune tra le 500 maggiori imprese statunitensi. La partecipazione ad un workshop sul JCE ha significativamente aumentato la felicità sul lavoro dei dipendenti e la loro efficacia lavorativa, come riportato dalle valutazioni della dirigenza sei settimane più tardi. Per contro, i dipendenti scelti per un progetto di confronto ai quali è stato chiesto di partecipare ad un workshop sullo sviluppo delle competenze, piuttosto che sul JC, non hanno registrato alcun cambiamento significativo nei livelli di felicità ed efficacia sul lavoro. Precedenti studi sul JC sup-portano questo risultato ed evidenziano un aumento del benessere psicologico dei dipendenti (Berg, Grant, e Johnson, 2010), maggiore impegno e coinvolgimento sul lavoro (Tims, Bakker, e Derks, 2012) e migliori risultati in termini di performance (Leana, Appelbaum, e Shevchuk, 2009). Queste evidenze scientifiche concordano con i risultati di altri filoni di ricerca dai quali risulta

evidente quanto perseguire le proprie passio-ni, o attività di personale interesse, possa essere una ricca fonte di soddisfazione, coin-volgimento e significato (Csikszentmihalyi, 1990; Vallerand et al., 2003; Wrzesniewski, Rozin, e Bennett, 2002).

Implicazioni pratiche a livello individuale e organizzativo La pratica del JC mostra di avere implicazioni importanti non solo per l’individuo ma anche per le organizzazioni lavorative. Anzitutto il JC influenza cosa, come, quando e con chi viene svolto il lavoro. In secondo luogo il JC prevale nelle organizzazioni lavorative e viene esegui-to comunque, anche senza il consenso o il controllo della dirigenza. Infine il JC modifica il significato e lo scopo del lavoro (Berg, Wrze-sniewski, e Dutton, 2010; Leana, Appelbaum, e Shevchuk, 2009; McClelland, Leach, Clegg, e McGowan, 2014). Se messo in atto correttamente, il JC offre a tutti i dipendenti un modo per migliorare la propria vita lavorativa sotto molti aspetti e apportare validi contributi sul posto di lavoro. Ogni individuo è diverso dall’altro ed è difficile per l‘organizzazione disegnare il lavoro ottima-le per ogni singolo dipendente. Dando spazio al JC, i job design non sono più fissi e possono quindi essere adattati per venire incontro ai diversi background, motivi e preferenze che sono unici per ogni persona in azienda. La teoria del JC non svaluta l'importanza dei job design assegnati dal management, semplice-mente vuole valorizzare le opportunità che i dipendenti hanno per cambiarli. Fondamen-talmente il JC valorizza l’intraprendenza e l’in-gegno delle risorse umane in azienda. Job design che prevedono un alto grado di autonomia e discrezione offrono senz’altro maggiore opportunità di cambiamento (Black e Ashford, 1995). Pertanto, anche se molte tipologie di impiegati possono fare la differen-za per se stessi e per la propria organizzazio-ne tramite la pratica del JC, i dirigenti godono di una posizione privilegiata in questo proces-so, dato l’alto grado di autonomia di cui godo-no e che offre loro uno spazio considerevole

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per rimodellare il proprio lavoro. E in questa posizione di vantaggio diventano responsabili sia della loro personale attività di JC e sia di quella dei loro team. Per consentire un’integrazione positiva del JC in azienda Berg, Dutton e Wrzesniewski (2007) suggeriscono alla dirigenza alcuni aspetti da tener presente. Visto che il JC ha la

capacità di influenzare positivamente le pre-stazioni dei dipendenti nell‘organizzazione, i manager dovrebbero poter creare un conte-sto favorevole al JC che promuova l’intrapren-denza e le risorse individuali. Si può iniziare con il disegnare posizioni di lavoro che offra-no margini di modifica, in modo da consenti-re ai dipendenti di adattarli ai loro interessi e passioni personali, e, allo stesso tempo, adempiere a rilevanti obiettivi aziendali. La pratica del JC va inoltre monitorata. Assunto poi che il JC influenza il tipo di mansioni che vengono completate, come i dipendenti le completano e le dinamiche interpersonali sul posto di lavoro, è possibile generare un im-patto significativo sulle prestazioni a livello individuale e organizzativo. Per le organizzazioni, tuttavia, l‘impatto può essere positivo ma anche negativo, a secon-da di come e perché i dipendenti scelgono di rimodellare il proprio lavoro. Il JC ha infatti anche il potenziale di nuocere all’azienda se la modifica apportata al lavoro dall’individuo è contraria agli obiettivi aziendali. Anche quan-do il JC risulti benefico per il singolo, può es-sere svantaggioso per l'organizzazione. Ad esempio, un impiegato nell’ufficio marketing potrebbe voler rimodellare il suo lavoro dedi-cando più tempo allo sviluppo di nuove idee di branding, perché personalmente ama es-sere creativo, mentre quello di cui l’azienda ha realmente bisogno è la sua capacità di concentrarsi sulla strategia corrente. Oltre a disegnare posti di lavoro che consentano

forme di crafting, dunque, i manager dovreb-bero creare e sostenere un contesto lavorati-vo che possa promuovere un JC positivo. Questo significa costruire una comprensione comune del fatto che la pratica del JC può essere accettata e incoraggiata se allineata agli obiettivi aziendali. Inoltre, visto che il JC può verificarsi senza che la dirigenza ne sia consapevole, e che questo può nuocere agli obiettivi dell’organizzazione, mantenere una comunicazione aperta con i dipendenti su come essi vorrebbero applicare il JC al pro-prio lavoro, può aiutare la dirigenza a trarre da questa pratica i maggiori benefici. Occor-re, inoltre, sottolineare che l'intraprendenza e la proattività coinvolte nel JC derivano dalla pratica del JC stesso, piuttosto che dall’asse-gnazione o imposizione di compiti da parte di qualche fonte esterna. In tal caso, la fiducia della dirigenza verso i dipendenti può svolge-re un ruolo fondamentale nel promuovere o limitare il JC. Per concludere, si possono trarre alcune pre-ziose lezioni dalla teoria del JC. In primo luo-go, il job design non è solo un processo di esclusivo appannaggio del management su-pervisore; anche i dipendenti possono eserci-tare controllo e decisionalità nel ridisegnare la propria posizione di lavoro. In secondo luogo, il JC può generare risultati positivi o negativi per le organizzazioni, e questo pre-senta al management la sfida di favorire un JC vantaggioso anche per l‘organizzazione. Infine, per aiutare a far fronte a questa sfida, il management dovrebbe riconoscere che job crafter efficaci stanno essenzialmente utiliz-zando il loro lavoro come risorsa per ottenere un risultato auspicabile anche per l’azienda. Consentire e incoraggiare questo tipo di in-traprendenza è dunque la chiave per cogliere i frutti del JC.

Bibliografia

Berg, J. M., Dutton, J. E., & Wrzesniewski, A. (2007). What Is Job Crafting and Why Does It Matter? Theory-to- practice briefing. Suite of Materials on Job Crafting (www.jobcrafting.org). All published by the Ross School of Business at the University of Michigan. Berg, J. M., Grant, A. M., & Johnson, V. (2010). When callings are calling: Crafting work and leisure in pursuit of unanswered occupational callings. Organization Science, 21(5), 973-994. Berg, J. M., Wrzesniewski, A., & Dutton, J. E. (2010). Perceiving and responding to challenges in job crafting at different ranks: When proactivity requires adaptivity. Journal of Organizational Behavior, 31(2-3), 158-186.

Black, J.; Ashford, Susan (1995). Fitting In or Making Jobs Fit: Factors Affecting Mode of Adjustment for New Hires. Human Relations 48(4), 421-437. Csikszentmihalyi, M. (1990). Flow: The psychology of optimal experience. New York: Harper & Row. Ilgen, D. R., & Hollenbeck, J. R. (1992). The structure of work: Job design and roles. In M. D. Dunnette & L. Hough (Eds.), Handbook of industrial/ organizational psychology (2 ed., Vol. 2, pp. 165-207). Palo Alto, CA: Consulting Psychologists Press. Leana, C., Appelbaum, E., & Shevchuk, I. (2009). Work process and quality of care in early childhood education: The role of job crafting. Academy of Management Journal, 52(6), 1169-1192. McClelland, G. P., Leach, D. J., Clegg, C. W. and McGowan, I. (2014), Collaborative crafting in call centre teams. Journal of Occupational and Organizational Psychology, 87, 464–486. Tims, M., Bakker, A. B., & Derks, D. (2012). Development and validation of the job crafting scale. Journal of Vocational Behavior, 80(1), 173-186. Vallerand, R. J., Blanchard, C. l., Mageau, G. v. A., Koestner, R., Ratelle, C., Léonard, M., et al. (2003). Les passions de l’âme: On obsessive and harmonious passion. Journal of Personality and Social Psychology, 85(4), 756-767. Wrzesniewski, A., & Dutton, J. E. (2001). Crafting a job: Revisioning employees as active crafters of their work. Academy of Management Review, 26(2), 179-201. Wrzesniewski, A., Rozin, P., & Bennett, G. (2002). Working, playing, and eating: Making the most of most moments. In C. L. M. Keyes & J. Haidt (Eds.), Flourishing: The positive person and the good life. Washington, DC: American Psychological Association. Wrzesniewski, A., Berg J. M., Grant, A. M., Kurkoski, J., & Welle, B. (2016). Mindsets at work: Achieving sustainable gains in happiness and performance. Manuscript in preparation.

La pratica del Job Crafting ha implicazioni importanti sia per l’individuo sia per le organizzazioni lavorative

Daniela Capece: Positive Psychology Trainer e Coach, socia SIPP, ha conseguito il Master of Applied Positive Psychology presso la University of East London. http://akademie-zweinull.de/kontakt/

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Onlus nel Day Hospital di Onco-ematologia Pediatrica del Centro Maria Letizia Verga. I protagonisti di questo progetto sono e sa-ranno sempre i ragazzi che varcano le soglie del Centro. Loro è l’ideazione del nome WAI - We Are In-credible - e del logo, un albero. Loro il motto scelto per il progetto: “Se si sogna da soli è solo un sogno. Se si sogna insieme è la realtà che comincia”.

Come mai un albero come logo di una ra-dio? Già; è un simbolo particolare per una web radio, ma dal significato molto profondo. L’-hanno scelto i ragazzi perché li rappresenta. L’albero è innanzitutto il simbolo della vita. E’ poi un simbolo di forza grazie al tronco pos-sente. I ragazzi hanno voluto che le radici fossero robuste per dare l’idea della determi-nazione che ci vuole per continuare a matura-re e crescere dentro la sfida della malattia. E i fiori a nota musicale rappresentano tutti quei momenti della loro vita che sono felici ed effimeri insieme, la loro bellezza dura poco, ma è intensa. Proprio come la musica che attiva la nostra parte emotiva. Un simbolo molto flourishing direi!!

Perché We Are Incredibile? Cosa c’è d’in-credibile in tutto questo? Non è facile per me rispondere a questa do-manda. Sono infiniti gli aspetti inverosimili di questa esperienza. Molti associano al termine incredible il concetto di “super eroi”; in fondo c’è anche un film di animazione che porta questo titolo “Gli incredibili”! Ma proprio a questo film possiamo ispirarci per cogliere la portata dell’incredibilità che sta in questo progetto, ossia la sua “normalità”. Ciò che per me è più incredibile dell’esperienza WAI è il suo favorire l’espressione dell’ES-S-E-N-ZA, per dirla con Ammaniti, dell’adolescenza. Come ci ricorda nel suo recente contributo La famiglia adolescente, infatti, l’adolescenza è caratteriz-zata da esplorazione creativa, socialità inten-sa, effervescenza emotiva, ricerca di novità. Che tutti questi ingredienti siano giocati all’in-terno di un percorso di malattia così duro

l’ha dovuta affrontare. Valori, credenze, obiet-tivi, immagine di sé, immagine degli altri, rela-zioni interpersonali, nulla è più come prima e spesso ci si sente come “pesci fuor d’acqua”. Sono numerosi i bilanci che si fanno nel corso delle terapie. Molte persone sulle quali si pen-sava di poter contare si rivelano egoiste, e nuove ed impensate amicizie si creano lungo le corsie. Le persone del mondo fuori dall’o-spedale spesso risultano curiose o indelicate, incapaci di offrire il sostegno desiderato. Ri-tessere la narrazione della propria storia di vita risulta difficile. Interiorizzare l’identità di malato, prima, e di sopravvissuto, dopo, senza rimanerne schiacciato, è un obiettivo consi-stente, specialmente in un’età in cui la costru-zione della propria identità è un compito prio-ritario di sviluppo. La partita si fa davvero dura. Da qui a luglio 2016 nasce Radio WAI. Il fischio di inizio parte da un incontro tra me, il dottor Marco Spinelli, medico pediatra ed oncologo del Centro, e due genitori davvero speciali, Emilia Sada e Bill Niada fondatori di Magica Cleme Onlus, creata nel 2004 in me-moria di Clementina, la loro figlia maggiore che nonostante la malattia diagnosticatale all’età di soli quattro anni, ha potuto vivere una vita assolutamente straordinaria, come quantità di gioia che ha saputo dare e ottene-re. Missione della Fondazione è portare be-nessere e “normalità” nei bambini che, seppur in cura, desiderano divertirsi e stare in mezzo ai loro coetanei. Ciò che ci ha unito fin dall’inizio è stato quello che la psicologia definisce “approccio saluto-genico”, ossia la consapevolezza che ‘star bene’ non significa solo sopravvivere alla ma-lattia, ma esserci nella propria vita con tutto se stessi, rischiare e investire le proprie ener-gie in qualcosa di vero, di bello, sviluppare i propri talenti e coltivare le proprie passioni, non solo dopo, ma anche durante il percorso di cura. Radio WAI nasce quindi dal desiderio di pro-porre un luogo di incontro e di amicizia per tutti gli adolescenti che trascorrono presso il Centro Maria Letizia Verga lunghi mesi tra visite mediche e chemioterapie. Questo pro-getto lancia loro una sfida: lasciare un segno positivo di sé, per sé e per il mondo, insieme. Radio WAI ha una sede unica e speciale: la Stanza Teen di Fondazione Magica Cleme

L'INTERVISTA A conversazione con Marta Scrignaro di Marta Bassi

Cara Omonima! I nostri soci ti conoscono bene: Dr.ssa Mar-ta Scrignaro, membro del Consiglio Diretti-vo della SIPP dal lontano 2004, colonna portante delle nostre newsletter trimestra-li, docente a contratto presso il Diparti-mento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche nazionali ed internazionali sulla psicologia positiva in ambito della salute. Segni particolari: sempre sorridente, curio-sa e disponibile. Quello che forse i nostri soci poco cono-scono è il tuo instancabile lavoro quotidia-no volto all’applicazione pratica dei princi-pi della psicologia positiva. Raccontaci un po’ dei tuoi recenti progetti. Mi è giunta voce che sei diventata …una deejay! Che cosa stai combinando?

Vedo che le voci corrono in fretta! Ebbene sì, in questi ultimi due anni mi sono dedica al mondo della web radio. Le strade su cui ti può portare la psicologia positiva sono veramente imprevedibili…!! Come molti di voi sanno, da anni mi occupo di promozione del benessere nelle transizioni di vita normative e para-nor-mative e in particolar modo ho investito molte delle mie energie nel contesto oncologico adulto. Cinque anni fa, però, ho conosciuto il mondo della ematologia pediatrica grazie al dottor Jankovic, grande pediatra ed ematologo nonché responsabile dell’attività psicosociale del Centro Maria Letizia Verga di Monza per lo studio e la cura della leucemia del bambino. Gli sono molto grata per l’opportunità che mi ha offerto di iniziare ad occuparmi dei pazien-ti adolescenti che la letteratura scientifica definisce “senza terra”. Un compito altamente sfidante e affascinante insieme. L’adolescenza, come sappiamo, è il tempo della ri-nascita. Autonomia, indipendenza, sogni, idee, progetti per il futuro, amicizie uniche e speciali. Una diagnosi di cancro in questo periodo dell’esistenza segna una bru-sca e violenta battuta d’arresto, come mi ha detto un nostro ragazzo: “quando accade, si mette in pausa la propria vita, il tasto play si rompe e tu con quello che c’è lì fuori dall’ospeda-le inizi a c’entrarci poco”. Niente più sport, nien-te più feste con gli amici, niente più scuola, niente più panini, pizze, cioccolato e coca-cola. Sempre più difficile riconoscersi in un corpo che si trasforma a causa delle terapie. Nessu-no di chi ti sta accanto riesce a comprendere fino in fondo ciò che vivi. L’esperienza della malattia, infatti, cambia profondamente chi

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Se si sogna da soli è solo un sogno.

Se si sogna insieme è la realtà che comincia

Assolutamente sì. Abbiamo già in corso un progetto nel progetto del quale non posso fornirvi i dettagli perché sarà una sorpresa per tutti voi e non voglio rovinarvela. Ciò che però posso sicuramente condividere è che radio WAI sta per uscire dalle porte dell’ospedale per promuovere le competenze emotive (con-sapevolezza di sé, gestione delle emozioni, gestione dello stress), relazionali (empatia, relazioni e comunicazione efficaci) e cognitive (pensiero critico, capacità di prendere decisio-ni e risolvere problemi, pensiero creativo) negli adolescenti e giovani adulti del territorio grazie ad un modello di peer education.

Questa sì che è una bella notizia, Marta! Attendo con grande curiosità i prossimi aggiornamenti, allora. E di te cosa mi dici? Che tipo di esperienza vivi? Per me questo progetto significa moltissimo sul piano professionale e personale. I risultati sono tangibili, ma credo che nessuno meglio dei ragazzi stessi possa raccontare cosa signi-fichi questo viaggio incominciato insieme: “Con radio WAI è iniziato qualcosa di stupen-do e raro (…), una realtà che riempie l’anima, che ti infonde speranza e vibrazioni positive , una vera e propria terapia, un ‘antidolorifico’ per l’umore”. “È un semplice gruppo di ragazzi che non hanno bisogno di conoscersi, perché solo con uno sguardo riescono a capire il do-lore dell'altro; persone stupende con cui pos-so essere e sentirmi me stessa”. “Per me radio WAI è un nuovo inizio. Ho ri-iniziato a ridere, a divertirmi, a tornare a casa felice ogni volta che entro in contatto con questa iniziativa”. “Un'incredibile energia positiva; è questa la caratteristica principale del gruppo WAI. Si è tutti molto più sollevati, con molta leggerezza, quella provocata dalle risate. Risate miste a tanta creatività. Siamo un uragano di idee che

non smette mai di sognare... insieme”! “Radio WAI per me è un insieme di emozioni, tra cui tranquillità, serenità, felicità e tanta voglia di stare insieme”. “E’ un’opportunità di confronto, è sorrisi, voglia di trasmettere un’energia uni-ca, che nasce da un’esperienza terribile che però ci ha insegnato ad apprezzare le piccole cose. Insieme, come gruppo, perché la felicità è condividere”! “E’ una opportunità per cresce-re, conoscere nuovi punti di vista. Radio WAI è qualcuno che riesce a capirmi, perché tutti i miei amici non possono comprendere il mio dolore, ma loro sì”. “E’ conoscersi e condivide-re le emozioni; ognuno di noi mette ciò che prova esprimendolo a seconda di come si è fatti: chi con un disegno, chi con una frase, chi con le foto, oltre che con la musica!” “Wai è energia, Wai è speranza, Wai è CREDERCI IN-SIEME. WAI è INCREDIBLE”.

Radio WAI, quindi, è un qualcosa di diverso da una semplice web radio. E’ un vero e proprio progetto di promozione del benessere affin-ché il percorso di malattia dei nostri ragazzi adolescenti non diventi una esclusiva lotta per la sopravvivenza, ma possa essere occasione di crescita e di sviluppo di sé.

Bibliografia Ammaniti, M. (2016). La famiglia adolescente. Roma: Laterza.

rende questo progetto estensibile a tutta la popolazione di adolescenti, non solo ai ragazzi malati.

Come si sviluppa nella quotidianità la vita della radio. Cosa fanno di preciso i ragazzi? La radio suona ventiquattro ore su ventiquat-tro. Ciascun ragazzo ha una propria playlist e può dare il proprio contributo partecipando alle riunioni di redazione che si tengono set-timanalmente nella Stanza Teen, o facendo pervenire le proprie idee e proposte qualora non riesca ad esserci in presenza. Radio WAI oggi ha una propria web-app (www.magicacleme.org/radiowai/) in cui si possono ascoltare le playlist scelte dai ragazzi, seguire la programmazione della radio, legge-re rubriche e approfondimenti, non manca una pagina Facebook (radio WAI) in cui segui-re le dirette e i video della vita insieme; pre-sente all’appello è anche un profilo Instagram (radiowai). C’è lavoro per tutti, nessuno esclu-so!

Quindi è possibile portare la psicologia positiva in ospedale? Direi che è possibile. Radio WAI è un progetto che promuove le risorse degli adolescenti in terapia affinché le investano nello sviluppo delle competenze per la vita (life skills), che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce come essenziali per la promozione del benessere in un’ottica bio-psico-sociale. Fondamentale è lavorare in team con persone che abbiano la nostra stessa fiducia nella ten-denza attualizzante, in quell’energia presente in ciascuna persona, qualsiasi condizione stia vivendo, a progredire e crescere a fronte delle avversità.

Ci sono già sviluppi futuri del progetto?

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Per i soci interessati ad approfondire l’applicazione dei principi di psicologia positiva in ambito lavorativo, consiglio la lettura del volume di Kim Cameron in merito alla leadership positiva. Seppure la prima edizione risalga a dieci anni fa, il contenuto è stato aggiornato nel 2012 e rappresenta ancora un solido punto di riferimento per coloro che si affacciano alla psicologia positiva delle organizzazioni. Partiamo anzitutto dall’autore, Kim Cameron: classe 1946, professore universitario dalla lunga e ricca carriera accademica nella quale ha ricoperto anche il ruolo di Rettore presso la Wea-therhead School of Management alla Case Western Reserve University, autore di 15 libri acca-demici e oltre 130 articoli scientifici. Co-fondatore, insieme a Robert L. Kahn, del Center for Positive Organizational Scholarship presso l’Università del Michigan (http://positiveorgs.bus.umich.edu/), la sua attività è stata riconosciuta tra le 20 più significative del 2004 dall’Harvard Business Review nell’ambito delle scienze delle organizzazioni. Come scrivevo, nel volume che segnalo ai lettori Cameron parla di leadership positiva, ossia di quella dirigenza che, declinata in base ai principi della psicologia positiva, può fare la differen-za all’interno del contesto organizzativo. Secondo l’autore, l’essenza della leadership positiva è “la modalità con cui i leader favoriscono il raggiungimento di eccezionali performance positive, incoraggiano un orientamento positivo nelle organizzazioni, e generano un focus sul virtuosi-smo e l’eudaimonia” (p. 1). Che cosa intende esattamente Cameron con questa definizione? Partendo dall’osservazione e dallo studio di quelle organizzazioni che sono riuscite ad eccellere nel proprio campo rispetto ad altre comparabili per settore, attività e caratteristiche, l’autore identifica alcune strategie vincenti che hanno in comune tre specifiche caratteristiche: 1. un focus sulle performance positive che si discostano in modo significativo, dalla media di aziende simili, in termini di risultati raggiunti come tempistiche di realizzazione di progetti, risparmi di budget e contenimento dell’impatto ambientale; 2. un bias affermativo, ossia un orientamento verso ciò che c’è di positivo - e non solo negati-vo - in azienda; 3. un focus sul virtuosismo e l’eudaimonia, ovvero l’attenzione verso la piena realizzazione delle potenzialità e delle risorse dell’individuo. Tra tutte le strategie emerse durante le sue indagini, Cameron ne individua in particolare quattro, ossia quelle che risultano agevolare in modo più significativo il raggiungimento di performance positive eccellenti. Queste, illustrate in Figura 1, prevedono il “coltivare il positi-vo” in modo consapevole, l’impegnarsi a favorire un clima positivo, relazioni positive, una comu-nicazione positiva e un significato positivo del lavoro. Si tratta di strategie altamente correlate, che si influenzano e rinforzano a vicenda: Clima positivo: creare un contesto in cui le emozioni positive predominano su quelle negative nell’ambiente di lavoro, portando effetti benefici sia nel breve che nel lungo periodo; Relazioni positive: stabilire relazioni che siano fonte di arricchimento, vitalità e apprendimen-to, sia per i singoli individui che per le organizzazioni, con persone in grado di generare be-nessere a livello fisico, psicologico, emotivo e organizzativo: Comunicazione positiva: promuovere l’utilizzo di un linguaggio positivo e supportivo al posto di un linguaggio negativo e critico.

Riqualificare il valore del lavoro, inteso come

risorsa positiva nella vita delle persone

LA RECENSIONE Cameron, K. (2012) Positive leadership

(2nd Ed.) San Francisco:

Berrett- Koehler Publishers.

di Eleonora Saladino

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Significato positivo: attribuire alla propria occupazione, al proprio lavoro, un significato pro-fondo e favorire il coinvolgimento personale in modo da soddisfare il bisogno umano univer-sale di ricerca di significato. Ogni capitolo del libro include una breve descrizione di alcune semplici attività che possono facilitare l’implementazione della relativa strategia, alcune domande diagnostiche per i leader e alcuni riferimenti alle ricerche scientifiche a sostegno delle strategie. Inoltre, ai fini esemplifi-cativi, un intero capitolo è dedicato ad illustrare, passo per passo, l’applicazione delle quattro strategie nel contesto di un’organizzazione (processo che viene chiamato Personal Manage-ment Interview Program). Il ruolo del leader, consapevole dell’importanza delle strategie pro-poste, diviene così fondamentale e decisivo per il raggiungimento di performance positive. Ciò che rende davvero prezioso leggere il libro è la consapevolezza che i costrutti esposti e le strategie proposte, oltre ad essere comprensibili a livello intuitivo e avere un alto grado di “ovvietà” che potrebbero farli sembrare troppo semplici o semplicistici, in realtà sono suppor-tati da ricerche scientifiche condotte da numerosi esperti, studiosi e ricercatori a livello inter-nazionale. Inoltre, possono essere molto utili sia la tabella di autovalutazione del proprio stile di leader-ship positiva, che la lista dei comportamenti positivi da implementare per facilitare la sinergia delle quattro strategie. Il volume si configura dunque come un ottimo punto di partenza per lo sviluppo di interventi organizzativi basati su elementi concreti che non rischiano di confonde-re il valore scientifico delle scoperte della psicologia positiva con il proliferare di articoli som-mari sul pensiero positivo o sulla ricerca della felicità a tutti i costi.

Eleonora Saladino: psicologa, autrice, docente a contratto presso l’Università di Ferrara e

socia SIPP. [email protected]

FIG. 1. LE 4 STRATEGIE DI LEADERSHIP

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LA RECENSIONE Fullagar, C. e Delle Fave,

A. (a cura di) (2017) Flow at work. Measure-

ments and implications. Oxon, UK: Routledge.

di Marta Bassi

Curato da Clive Fullagar e Antonella Delle Fave, il volume rappresenta la prima pubblicazione collettanea sul flow in ambito lavorativo. Il flow è quell’esperienza soggettiva caratterizzata da elevato coinvolgimento e concentrazione - nota anche come esperienza ottimale - che gioca un ruolo cruciale nel promuovere la good life delle persone e in particolare, come trattato nel volume, nel promuovere prestazioni positive, produttività e benessere sul lavoro. Ai primi capitoli è affidato il compito di fare chiarezza sugli aspetti concettuali e metodologici legati al costrutto, delineandone storia, evoluzione e peculiarità rispetto a costrutti affini quali il work engagement, e presentando in maniera critica gli strumenti di misurazione a disposi-zione dei ricercatori, a livello di intervista, sondaggi e scale di rilevazione. Vengono inoltre illu-strati i principali modelli teorici sviluppati per inquadrare il fenomeno del flow in una prospet-tiva ad ampio respiro, volta alla promozione del benessere sul lavoro. I capitoli successivi approfondiscono l’argomento attraverso ricerche empiriche che affrontano una serie di temi connessi alla promozione del flow. Accanto ad una visione statica dell’espe-rienza ottimale intesa come tratto stabile, i dati di ricerca portano sostegno ad una concezione dinamica del costrutto secondo cui esso è caratterizzato da significative fluttuazioni intra-indi-viduali connesse a fattori prossimali e situazionali. Per meglio comprendere questi fattori di-venta quindi cruciale analizzare il contesto lavorativo e i compiti svolti che possono favorire

l’insorgenza del flow. Reperire esperienza ottimale sul lavoro presenta infatti importanti conseguenze a livello individuale ed organizzativo. Per il singolo, il flow è connesso a umore positivo, utilizzo di strate-gie di coping proattive, coinvolgimento nel compito che si sta svolgendo, soddisfazione lavorativa, crea-tività ed energia. Per l’organizzazione, il flow è legato a clima lavorativo positivo, spontaneità, elevata prestazione in-role ed extra-role, qualità dei servizi, ed efficacia del team di lavoro. Secondo alcuni auto-ri, questi risultati sono generati da un processo a cicli positivi, o spirali, in base al quale l’esperienza di flow comporta l’investimento incrementale di risor-se personali e ambientali sul lavoro. Alla luce di questi dati, vengono proposte alcune strategie per favorire l’insorgenza e il mantenimento dell’esperienza ottimale a lungo termine. Anzitutto, occorre calibrare le mansioni lavorative, ossia le sfide, alle abilità della persona, per poi aumentare gradualmente le sfide di pari passo con un aumento progressivo di competenza. Un’altra strategia consi-ste nel promuovere il lavoro di gruppo sfruttando le

proprietà “contagiose” del flow identificate in diverse ricerche. E’ poi possibile selezionare il personale in base alla flow proneness, ossia alla propensione individuale ad esperire flow sulla base di caratteristiche di personalità. Gli autori suggeriscono inoltre la strada della metacogni-zione del flow, ossia la consapevolezza delle condizioni e dei prerequisiti - specifici per ciascun individuo - che consentono di entrare in flow. Infine, ulteriori promettenti suggerimenti per la promozione dell’esperienza ottimale giungono dalla ricerca sulla motivazione lavorativa che

esplora i punti di convergenza tra il flow e i costrutti di goal setting, goal framing, aspetta-tive e credenze di autoefficacia. A conclusione della parte dedicata alla ricerca empirica sul flow troviamo un capitolo fuori dal coro che richiama l’attenzione del lettore su un’area largamente trascurata dalla psicologia del lavoro, ossia l’interazione tra le componenti individuali e culturali nell’esperienza lavorati-va. In particolare vengono prese in esame l’esperienza soggettiva di persone impiegate in occupazioni tradizionali quali l’artigianato e l’agricoltura, e la relazione tra lavoro e sele-zione psicologica, volta a rafforzare l’identità individuale e l’appartenenza sociale e cultura-le. Approfondire questi aspetti in futuro rap-presenta una sfida per gli psicologi del lavoro impegnati a comprendere le scelte lavorative in un mercato globale caratterizzato da so-stanziali trasformazioni a livello sociale ed economico. A Mihaly Csikszentmihalyi, padre fondatore della ricerca sul flow, spetta il compito di chiudere il volume con un capitolo dal titolo emblematico: Will work ever be fun again? Ri-prendendo alcuni temi esposti nel capitolo precedente, l’autore descrive la dicotomia materiale ed esperienziale tra lavoro e tempo libero generata della transizione industriale che, attraverso lo scollegamento tra azioni individuali e prodotto del proprio operato, ha portato all’alienazione dei lavoratori. Ricom-porre questa frattura richiede una ri-concet-tualizzazione e riprogettazione del lavoro ba-sate su significato, gratificazione e autorealiz-zazione: la ricerca sul flow sta procedendo in questa direzione al fine di riqualificare il valo-re del lavoro inteso come risorsa positiva nella vita delle persone.

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Infine Claudio Milani ha parlato di come le per-sone con disabilità mentale possano trovare nel teatro una preziosa opportunità espressiva sul piano relazionale ed emotivo, oltre che una grande occasione di protagonismo e integrazio-ne sociale. Il regista e attore ha voluto sottoli-neare l’autenticità del suo modo di lavorare con queste persone che nella rappresentazione teatrale sono attori a tutti gli effetti e recitano con un loro stile personale, per nulla banale. La disabilità acquisisce quindi un valore che rende lo spettacolo unico e reale con un grande impat-to sul pubblico e soprattutto sugli attori che, vivendo questa esperienza, scoprono nuove risorse e nuove parti di sé potendo così crescere e sentirsi maggiormente riconosciuti dal e nel mondo. L’incontro tra queste dimensioni - diverse ma, allo stesso tempo, simili nel loro modo di pro-muovere benessere - ha generato un’interazio-ne ricca e stimolante con il pubblico presente che ha attivamente partecipato con domande e riflessioni interessanti in merito al concetto di felicità nei diversi contesti educativi, sociali, artistici e culturali. Ci piacerebbe per l’anno prossimo ripetere l’esperienza e naturalmente siete tutti invitati!

La giornata interna-zionale della felicità

di Andrea Fianco

Lo scorso 20 marzo, in occasione della giornata mondiale della felicità, la Società Italiana di Psicologia Positiva ha organizzato un evento a scopo divulgativo presso la Casa della Psicologia di Milano.

A tenere le fila dell’incontro in qualità di moderatrice è stata la giornalista scientifica Paola Emilia Cicerone che ringraziamo per la sua impeccabile conduzione dei lavori. Nel primo in-tervento dal titolo L’esplorazione della felicità Antonella Delle Fave ha illustrato alcuni risultati di una ricerca internazionale, pubblicata nel 2016, in cui ad una popolazione di quasi 3000 persone adulte di varia provenienza culturale è stato chiesto di dare una propria definizione di felicità (https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2016.00030/full). Si parla molto di felicità oggigiorno in ambito accademico ma non è mai stata svolta un’indagine sistematica a partire da ciò che le persone pensano e credono in riferimento alla felicità. Dallo studio con-dotto è emerso che nella maggioranza dei casi le risposte delle persone si riferiscono a di-mensioni di carattere psicologico e, in particolare, al senso di armonia interiore. Fonte impor-tante di felicità sono anche le relazioni sociali, sentimentali e familiari. Per contro, il lavoro e i beni materiali non sembrano occupare un ruolo sostanziale nella definizione di felicità; sono infatti poche le risposte che associano questi aspetti al sentirsi felici. Nel comparare le diverse culture emerge infine quanto la dimensione della comunità e collettività assuma molta impor-tanza nelle definizioni di felicità in alcuni paesi orientali e in particolare in India, mentre abbia un peso molto limitato nei paesi occidentali dove prevale una visione prevalentemente indivi-dualistica della felicità. Nella tavola rotonda successiva alla presentazione di Antonella Delle Fave si sono susseguiti gli interventi del sottoscritto in qualità di psicologo, psicoterapeuta e presidente della SIPP, Massimiliano Reggi – psicologo e rappresentante regionale del Gruppo Relazioni Transcultu-rali per l’Africa Orientale e il Corno d’Africa – e Claudio Milani – attore, regista, educatore presso l’Associazione La Nostra Famiglia IRCCS E. Medea. Nel corso della discussione, sempre moderata da Paola Cicerone, si è parlato di scuola, cooperazione internazionale e salute men-tale, teatro e disabilità. Ciascuno dei professionisti ha condiviso la propria esperienza sul cam-po evidenziando come la relazione di aiuto di per sé sia fonte di benessere per utenti o pa-zienti ma anche per lo stesso operatore che, nel contribuire al benessere altrui, ha l’opportuni-tà di sentirsi appagato e soddisfatto per quello che fa e quindi di crescere a livello personale e professionale. Nel mio intervento ho parlato di come la figura dello psicologo scolastico possa avere un ruolo sostanziale nel promuovere il benessere di alunni, genitori e insegnanti attraverso servizi orientati a prevenire, oltre che gestire, situazioni a rischio. La scuola è un microcosmo sociale molto complesso in cui si lavora a stretto contatto con la disabilità, l’interculturalità, il conflitto e con tanti altri fenomeni che riguardano l’individuo e le dinamiche intra e inter-personali che si vengono a creare a diversi livelli. Per tutte queste ragioni è fondamentale implementare interventi e servizi in grado supportare bambini e ragazzi nella loro crescita e nel loro diritto ad essere felici. Massimiliano Reggi, mentre sullo sfondo venivano proiettate immagini di un progetto di salute mentale da lui coordinato in Somalia, ha parlato della sua esperienza di cooperazione interna-zionale e in particolare di come sia stato difficile implementare un servizio orientato a prende-re in carico pazienti psichiatrici fino a quel momento legati con le catene presso le loro abita-zioni. A titolo esemplificativo è stato presentato il caso di un paziente che, grazie al progetto, ha avuto l’opportunità di partecipare alla vita pubblica ed esprimersi come persona liberando-si dallo stigma di “matto”.

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Società Italiana di Psicologia Positiva

c/o Scuola Asipse Via Settembrini, 2 –20124 Milano

[email protected]

Consiglio Direttivo

Andrea Fianco – Presidente Chiara Ruini - Presidente Eletto

Spiridione Masaraki - Presidente Passato Federico Colombo – Tesoriere Beatrice Corsale – Consigliere

Antonella Delle Fave – Consigliere Andrea Crocetti – Consigliere

Marta Bassi – Consigliere Marta Scrignaro - Consigliere

WWW… INTERNATIONAL POSITIVE EDUCATION NETWORK

http://ipen-network.com/

L’International Positive Education Network (IPEN) è una rete a livello internazionale che si pone l’obiettivo di mettere in connessione singole persone come insegnanti, genitori, accademici, ricercatori e studenti, ma anche istituzioni quali scuole, università, azien-de, e governi al fine di promuovere ai diversi livelli la psicologia positiva nei contesti educativi. L’IPEN è nata nel 2014 ad opera di Martin Seligman, Lord James O'Shau-ghnessy e altri 16 importanti rappresentanti della psicologia positiva in tutto il mondo. In generale questa rete vuole contribuire al cambiamento delle prassi e delle politi-che educative attraverso la promozione del benessere individuale e sociale favo-rendo la collaborazione tra professionisti a livello internazionale. Nella sezione Community è possibile visualizzare il numero e la geo-localizzazione di tutti i partner che collaborano al progetto. Il sito presenta inoltre una cospicua sezione dedicata a più di 100 risorse (Learning library) riguardo le possibili attività da proporre nei contesti educativi. Si spazia dalla pratica della mindfulness ad esperienze orientate a promuovere emozioni positive fino ad attività orientate alla promozione delle virtù e dei punti di forza. Per ciascuno di questi interventi di educazione positiva si trovano informazioni su contenuto, durata, obiettivi e azioni da svolgere. Il dato più rilevante: si tratta di una banca dati condivisa e fruibile da chiunque.

CivediamoaBariil15e16giugnoprossimi!

• Dal 27 al 30 giugno 2018 si terrà a Budapest la nona edizione della European Conference on Positive Psychology “Positive psychology for a flourishing Europe in times of transitions”. Antonella Delle Fave, membro del Direttivo SIPP, sarà tra i keynote speakers con un intervento dal titolo The contextualization of well-being research: conceptual and empirical challenges.

• Il 18-20 ottobre 2018 Aretai – The center on virtues (http://filosofia.dafist.unige.it/?pa-ge_id=1540) organizza presso l’Università Europea di Roma il suo terzo convegno interna-zionale dal titolo “Virtue ethics and psychology. Towards a new science of virtues?”, al quale parteciperà Antonella Delle Fave come relatrice. Aretai in greco antico significa eccellenze del carattere, quelle che i latini chiamavano virtutes e che gli studiosi di psicologia positiva ben conoscono con il nome di virtù. Il Centro, composto essenzialmente da studiosi di filosofia, ha per obiettivo la ricerca sul piano teorico di che cosa significhi essere uomini realizzati (quali siano le virtù necessarie) e la diffusione di una educazione all’autorealizzazione.

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