News Estate 2007 - Italiashcitalia.altervista.org/_altervista_ht/200702p39.pdf · News Estate 2007...

2
News Estate 2007 - 39 - “La lupa, accovacciata nell’erba, alzò il collo e drizzò gli orecchi in avanti, con i sensi tesi e at- tenti; poi l’ansia le fece ruotare gli orecchi all’indietro e dischiudere appena le labbra. I quattro cuccioli le rotolavano intorno, giocando alla lotta; ma il quinto non c’era. Mancava quello venu- to alla luce per ultimo, il più vispo e vitale.” Ci sarebbero molte ragioni per suggerire que- sto libro ai felici proprietari di un siberiano o, generalizziamo pure, a chiunque ami i lupi. Anche se “Il branco della rosa canina” si pro- pone come testo scolastico (e infatti l’unica e- dizione al momento reperibile fa parte del cata- logo Le Monnier), anche se alcune descrizioni un po’ prolisse potrebbero scoraggiare il lettore avventuroso che si aspettava suspense e dialo- ghi brillanti. Le descrizioni non piacciono a tutti, magari a voi che leggete no; ma ciò non toglie che biso- gna essere degli scrittori veramente bravi per dipingere un paesaggio con le parole, e per far- lo in modo così dettagliato che chi legge ha ve- ramente l’impressione di ascoltare le mille voci del bosco e vedere le case di campagna sten- dersi a perdita d’occhio in mezzo ai prati. Gianni Padoan, nel suo romanzo vincitore del Premio Bancarellino, non solo riesce a fare tut- to questo (ossia a trasportare i suoi lettori in uno scenario concreto e assolutamente verosi- mile), ma trasmette anche un messaggio di amore e di rispetto nei confronti della natura e, soprattutto, degli animali. Ma il punto di forza di questo libro non sta tan- to nelle sue incantevoli descrizioni del paesag- gio rurale, quanto invece nello spaccato di vita vissuta che l’autore ha saputo catturare con maestria nelle sue pagine. Vita vissuta e che in un certo senso ci riguarda anche da vicino; al londoniano Klondike e ai timber wolves dei romanzi di esportazione americana, infatti, Pa- doan risponde con il nostro italianissimo A- bruzzo, e più precisamente con i dintorni di Civitella Alfedena (l’Aquila), dove il protago- nista del libro passava tutte le estati, da ragaz- zo, insieme alla nonna. La storia procede su due binari diversi, due ambienti (ma potremmo anche dire due mondi) diametralmente opposti. E procede anche, se vogliamo, attraverso gli occhi di due protago- nisti (benché parlare di protagonisti sia un po’ limitativo in questo caso, trattandosi perlopiù di un cast di personaggi dove ognuno emerge con il suo carattere distinto e anche i cosiddetti comprimari si guadagnano presto l’affetto dei lettori). Da una parte infatti c’è Franco, un giovane biologo laureando appena tornato nel paesino della sua infanzia per portare a termine la sua tesi. E la sua tesi lui la vuole fare sui lupi, sugli animali bellissimi e alteri che insieme all’ ami-

Transcript of News Estate 2007 - Italiashcitalia.altervista.org/_altervista_ht/200702p39.pdf · News Estate 2007...

News Estate 2007

- 39 -

“La lupa, accovacciata nell’erba, alzò il collo e drizzò gli orecchi in avanti, con i sensi tesi e at-tenti; poi l’ansia le fece ruotare gli orecchi all’indietro e dischiudere appena le labbra. I quattro cuccioli le rotolavano intorno, giocando alla lotta; ma il quinto non c’era. Mancava quello venu-to alla luce per ultimo, il più vispo e vitale.”

Ci sarebbero molte ragioni per suggerire que-sto libro ai felici proprietari di un siberiano o, generalizziamo pure, a chiunque ami i lupi. Anche se “Il branco della rosa canina” si pro-pone come testo scolastico (e infatti l’unica e-dizione al momento reperibile fa parte del cata-logo Le Monnier), anche se alcune descrizioni un po’ prolisse potrebbero scoraggiare il lettore avventuroso che si aspettava suspense e dialo-ghi brillanti. Le descrizioni non piacciono a tutti, magari a voi che leggete no; ma ciò non toglie che biso-gna essere degli scrittori veramente bravi per dipingere un paesaggio con le parole, e per far-lo in modo così dettagliato che chi legge ha ve-

ramente l’impressione di ascoltare le mille voci del bosco e vedere le case di campagna sten-dersi a perdita d’occhio in mezzo ai prati. Gianni Padoan, nel suo romanzo vincitore del Premio Bancarellino, non solo riesce a fare tut-to questo (ossia a trasportare i suoi lettori in uno scenario concreto e assolutamente verosi-mile), ma trasmette anche un messaggio di amore e di rispetto nei confronti della natura e, soprattutto, degli animali. Ma il punto di forza di questo libro non sta tan-to nelle sue incantevoli descrizioni del paesag-gio rurale, quanto invece nello spaccato di vita vissuta che l’autore ha saputo catturare con maestria nelle sue pagine. Vita vissuta e che in un certo senso ci riguarda anche da vicino; al londoniano Klondike e ai timber wolves dei romanzi di esportazione americana, infatti, Pa-doan risponde con il nostro italianissimo A-bruzzo, e più precisamente con i dintorni di Civitella Alfedena (l’Aquila), dove il protago-nista del libro passava tutte le estati, da ragaz-zo, insieme alla nonna. La storia procede su due binari diversi, due ambienti (ma potremmo anche dire due mondi) diametralmente opposti. E procede anche, se vogliamo, attraverso gli occhi di due protago-nisti (benché parlare di protagonisti sia un po’ limitativo in questo caso, trattandosi perlopiù di un cast di personaggi dove ognuno emerge con il suo carattere distinto e anche i cosiddetti comprimari si guadagnano presto l’affetto dei lettori). Da una parte infatti c’è Franco, un giovane biologo laureando appena tornato nel paesino della sua infanzia per portare a termine la sua tesi. E la sua tesi lui la vuole fare sui lupi, sugli animali bellissimi e alteri che insieme all’ ami-

News Estate 2007

- 40 -

co Severino ha spiato da un masso sopra a un cespuglio di rose canine. Franco è un sognatore, idealista, devoto anima e corpo alla sua missione che è, dapprima, quella di informare la gente su come siano ve-ramente i lupi, e in secondo luogo quella di sconfiggere il nemico più implacabile, la su-perstizione di contadini e paesani che riaffiora violentissima quando il branco affamato ster-mina numerosi caprioli. E proprio il suo amore per i lupi contribuirà ad estraniarlo dai suoi co-etanei, in particolare l’amica Renata (che – for-se – vorrebbe essere qualcosa di più di un’ a-mica, ma che non riesce a capire veramente le ragioni e la passione che animano Franco nella sua ricerca, nel suo amore per i lupi). Solo Se-verino gli rimane accanto, un po’ per camerati-smo forse, un po’ perché nemmeno lui ha di-menticato gli occhi gialli di mamma lupa quel giorno, nella rosa canina. E quando la minaccia dei cacciatori, delle tagliole e dei bocconi av-velenati torna a farsi attuale, toccherà proprio a Franco e a Severino fare in modo che il branco di lupi non venga distrutto dall’ egoismo e dal-la crudeltà degli uomini. L’altro protagonista è il giovane cucciolo di lupo “Orecchio Piegato”, figlio del capobranco e della sua compagna; “quello venuto alla luce per ultimo, il più vispo e vitale”. Dapprima un lupacchiotto vivace alla scoperta del mondo, poi un adulto che porterà nuovo vigore al bran-co perseguitato dagli uomini, Orecchio Piegato incontra Franco durante una scappatella nei boschi, lontano dall’occhio vigile della madre. E anche se in un primo tempo è terrorizzato da quello strano essere privo di pelo che cammina su due zampe, ben presto il cucciolo vince la sua diffidenza. Arriva al punto di considerare Franco come un compagno di giochi – sia pure di un’altra specie. Lentamente, fra il giovane studioso e il cucciolo di lupo si sviluppa un rapporto meraviglioso di fiducia e reciproco rispetto, destinato purtroppo a finire quando un gesto amichevole del lupo viene interpretato male dagli altri uomini. Quando le loro strade si dividono, Franco abbandona Civitella Alfe-dena con un dolore segreto nel cuore. E’ vero

che lui non ha mai cercato di addomesticarlo, il lupo, ma… ma indubbiamente fra i due stava nascendo qualcosa. E forse si erano spinti en-trambi vicinissimi a capire che cosa abbia spin-to lupi e uomini a vivere insieme, nella notte dei tempi. Anche se l’incanto si è spezzato, Franco sa che non potrà mai dimenticare le ore trascorse a osservare il lupo, le centinaia di ap-punti presi sul suo comportamento. Rivelare come e quando le strade dei due pro-tagonisti – lupo e biologo – torneranno a incro-ciarsi nel più drammatico dei modi sarebbe ro-vinare in parte il piacere della lettura. Vi basti sapere che il lettore si troverà ben presto a scorrere le pagine col fiato sospeso, piacevol-mente costretto a “salti” di prospettiva tra il mondo degli uomini e quello dei lupi. Ma c’è di più. Sì, perché intorno alla storia di Franco e Orecchio Piegato (che comunque rimane il cardine della trama) ruota una miriade di altre storie, a volte avvincenti, a volte tristi, a volte che ci fanno sorridere. Protagonista un cast di indimenticabili comprimari sia lupeschi (come il vice dalle zampe storte, la giovane lupa rossa scacciata dal branco, per non parlare poi del vecchio capo - indimenticabile la scena del suo addio alla compagna), sia umani (i compaesani di Franco avvinti da ataviche paure e supersti-zioni, ma anche i bracconieri senza scrupoli e, grazie al cielo, anche personaggi burberi ma di buon cuore, come Zi’ Nicandro che con i lupi ha instaurato un reciproco rispetto). C’è azione, c’è suspense, c’è amore, ci sono descrizioni minuziose e dettagliate che, per ci-tare Michael Pfeiffer, sembrano quadri dipinti con le parole. Insomma “Il Branco della Rosa Canina” è, e non lo dico in senso dispregiativo, un libro per tutte le età e che a tutti i suoi letto-ri ha da insegnare qualcosa; non fosse altro che a guardare il mondo che ci circonda con occhi diversi, più attenti e consapevoli. Una lettura irrinunciabile, consigliatissima sot-to tutti i punti di vista… una volta finito non potrete fare a meno di consigliarlo ai vostri a-mici e conoscenti!

Cristina Pezzica