New Scena - UILT · 2018. 11. 15. · Daniela Ariano, Andrea Jeva, Giorgio Maggi, Laura Nardi,...

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    Fanno parte del Consiglio Direttivo Nazionaleanche i Presidenti delle U.I.L.T. regionali

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    SScena85

    SCENA n. 85 - 3° trimestre 2016luglio-settembre�nito di impaginare il 20 dicembre 2016Registrazione Tribunale di Perugia n. 33 del 6 maggio 2010

    Direttore Responsabile:Stefania Zuccari

    Responsabile editoriale: Antonio Perelli, Presidente UILT

    Comitato di Redazione: Lauro Antoniucci, Paolo Ascagni, Antonio Caponigro,Flavio Cipriani, Enzo D’Arco, Gianni Della Libera, Moreno Fabbri, Francesco Facciolli, Antonella Giordano, Giovanni Plutino, Quinto Romagnoli

    Collaboratori:Daniela Ariano, Andrea Jeva, Giorgio Maggi, Laura Nardi, Francesco Pace, Anna Maria Pisanti, Francesca Rossi Lunich, Giulio Toffoli

    Consulenza fotograca: Davide CuratoloEditing: Daniele Ciprari

    Direzione: via della Valle, 3 - 05022 Amelia (TR)cell. 335.5902231; [email protected]

    Graca e stampa: Graca Animobono s.a.s. - Roma

    Copia singola: € 5,00Abbonamento annuale 4 numeri: € 16,00

    IN QUESTO NUMERO EDITORIALE 3 IL TEATRO CHE LASCIA... 4 TRACCE STUDIO-OSSERVATORIO SUL TEATRO CONTEMPORANEO AD OLIVETO CITRA

    MIRELLA MASTRONARDI: 8 ESPLORARE IL CORPO VOCE COME UN RADIO DRAMMA GLI SPETTACOLI DI TRACCE 10 THE TEMPEST IN LETTONIA 13 STEP BY STEP - SOLI PA SOLIM

    LA SCRITTURA DRAMMATURGICA 17 COME ATTO FISICO

    L’ANGOLO DEL PRESIDENTE 19 «NOI CI SIAMO»

    3° FESTIVAL NAZIONALE UILT 21 PREMI E MOTIVAZIONI DESIGN DELLA LUCE 25 NELLO SPETTACOLO TEATRALE �L’INSERTO: ILLUMINAZIONE TEATRALE

    ACCADEMIA DELLA LUCE 27 WORKSHOP E INTERVISTE SHAKESPEARE 32 IL BARDO DELL’AVON

    LABORATORIO CON ALSINA 36UN DESIDERIO CHIAMATO TEATRO

    SIAE E UILT 38 UN CANTIERE TEATRALE 40 A MONFALCONE

    EDUCAZIONE ALLA TEATRALITÀ 42 ARTE COME VEICOLO E ARTE DELL’ATTORE

    CONVEGNO ARTISTICA-MENTE 46 TRENTO 12 FEBBRAIO 47 ASSEMBLEA NAZIONALE STRAORDINARIA UILT

    IN LIBRERIA 48 ANIMA MUNDI 49LA DRAMMATURGIA DELLE DONNE

    UILT 52 IN SCENA ATTIVITÀ NELLE REGIONI

  • Il signicato di “formae mentis”, titolo del celebre librodi Howard Gardner, si è andato ampliando nel tempo:infatti lo scopo del libro è dimostrare che il fenomeno“intelligenza” può essere scomposto in una serie nitadi abilità umane distinte, di distinte intelligenze: lingui-

    stica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo-cine-stetica, personale e interpersonale, mettendo in discussionel’interpretazione che voleva misurare l’intelligenza mediantetest verbali e proponeva una tecnica capace di applicazioni incampo educativo.

    Da qui l’importanza del teatro e dei laboratori teatrali per losviluppo delle abilità connesse. I laboratori hanno la funzionedi far sperimentare ed acquisire ai partecipanti gli “strumenti”dell’arte teatrale (training �sico-sensoriale, azione teatrale,narrazione, improvvisazione), utilizzati per entrare in contattocon aspetti del proprio essere a cui, nella vita ordinaria, nonsi dà spazio d’espressione.

    Le attività, inoltre, aiutano lo sviluppo di una maggiore capa-cità di ascolto di sé e degli altri, molto importante nella per-formance di gruppo ed una crescita delle proprie potenzialitàespressive, acuendo la propria sensibilità.

    In un’epoca altamente tecnologica dove sembra non ci siaspazio per la comunicazione creativa tra le persone, l’arte tea-trale può aiutarci a riacquistare ducia nelle relazioni umanee nella capacità di comunicare esperienze profonde e interes-santi. Il teatro radicato nel corpo, nella voce, nell’emozione enella coscienza di chi lo pratica conduce ad un’integrazionearmonica di tutte le parti del nostro essere.

    STEFANIA ZUCCARIGiornalista iscritta all’ODG del Lazio, è stata una delle �rme di “Prima�la”,la prestigiosa rivista sullo spettacolo dal vivo diretta da Nuccio Messina, conil quale ha fondato la rivista “InScena” di Gangemi Editore, insieme ad altriredattori e giornalisti dello storico periodico. Nel settore della comunicazionee dell’informazione collabora con varie testate, e partecipa a progetti culturaliin Italia e all’estero.

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    Materiali per la stampa, testi, immagini, progetti e notizie, oltre a suggerimenti e suggestioni possono essere inviati almeno un meseprima della pubblicazione alla mail della Direzione: [email protected] con scadenza per l’invio l’ultimo giorno di: febbraio, maggio, agosto, novembre.

    � Foto nel sommario: GRANDI MANOVRE di Forlì, Compagnia Teatrale COSTELLAZIONE di Formia (LT), Compagnia Teatrale COLONNA INFAME di Conegliano (TV), el’ASSOCIAZIONE TEATRALE FRIULANA di Udine al Festival TRACCE ad Oliveto Citra (SA). In Copertina: “La Tempesta” del Laboratorio Permanente “Tradizioni & Tradimento” del TEATRO DEI DIOSCURI di Campagna (SA). La foto di copertina e tutte lefoto di TRACCE sono di Davide Curatolo.

    EDITORIALEDI STEFANIA ZUCCARI

    FORMÆ MENTIS

  • Ebbene sì, dopo quattro intensi giorni fatti di spettacoli, convegni, unindimenticabile laboratorio, treni che arrivano e poi ripartono, tanterisate, esserci incontrati per la prima volta o abbracciati dopo un anno,oppure otto di lontananza, siamo (con estrema malinconia) arrivatialla �ne di questo stupendo viaggio. La nostra avventura è sì �nita,senza però fallire nel suo intento: lasciare una traccia indelebile nelcuore di chi ha vissuto questa esperienza. Il teatro dopo tutto, oltreogni metodologia, oltre ogni visione personale, oltre qualunque cosala vita ci riservi, sarà sempre casa per ognuno di noi, e ci auguriamoche i sassolini che abbiamo lasciato sul sentiero in questi giorni, viservano per ritornare prima o poi qui a TRACCE.

    Un grazie di cuore a tutti i partecipanti, alle strepitose compagnie,all’Osservatorio, agli esperti e alla UILT per aver reso questo visionarioe luminoso progetto possibile, al comune di Oliveto Citra per averciaccolto con tanta cura e attenzione, alla giuria dei giovani, ai bravis-simi tecnici e allo staff. Grazie perché la vostra presenza ha reso questofestival un momento di gioia condivisa. Ci scusiamo per gli errori com-messi o per qualche nostra mancanza, con la solenne promessa dimigliorare sempre più. Noi vi abbracciamo forte dal profondo delcuore e speriamo di rincontrarvi tutti qui l’anno prossimo. Adesso è ilmomento che ognuno riprenda il proprio sentiero, la malinconia ètanta, ma tutti gli splendidi momenti passati insieme saranno unottimo antidoto.

    A presto!

    �Tra gli spettacoli di TRACCE ad Oliveto Citra:“La Tempesta” di Shakespeare,Laboratorio Permanente “Tradizioni & Tradimento” del TEATRO DEI DIOSCURI di Campagna (SA),regia di Antonio Caponigro ed Emiliano Piemonte.

    Tutte le foto di TRACCEsono di Davide Curatolo.

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    Queste parole, scritte daRosa P. sulla pagina Face-book di TRACCE hanno sa-lutato i quasi 100 ospitidella UILT che per quattro

    giorni hanno “vissuto” il Teatro Con-temporaneo in tutti suoi aspetti, inun paesino di soli 4000 abitanti, nellaValle del Sele, in provincia di Salerno:Oliveto Citra.

    Per il secondo anno infatti il piccoloborgo ha ospitato – all’interno del Pre-mio Sele d’Oro Mezzogiorno – ilgrande evento della UILT: il progettoTRACCE: Studio-Osservatorio sulTeatro Contemporaneo.

    Organizzato dal Centro Studi dellaUILT e dall’Ente Premio Sele d’Oro,TRACCE non è stata né una competi-zione, né una vetrina per le compagnie,ma un vero e proprio confronto sullaricerca teatrale e sul teatro contem-poraneo a 360° con esperti teatrali,professionisti, compagnie, teatranti, al-lievi, pubblico e giovani giurati.

    Un confronto “teorico” arricchito dallapresenza del Festival Teatrale che havisto impegnate ben sei compagnieprovenienti da tutta Italia: TEATRODEI DIOSCURI di Campagna (SA), ASSO-CIAZIONE TEATRALE FRIULANA di Udine(UD), Compagnia TEATROLTRE di Sciacca(AG), Compagnia Teatrale COSTELLA-ZIONE di Formia (LT), Compagnia Tea-trale GRANDI MANOVRE di Forlì (FC),Compagnia Teatrale COLONNA INFAMEdi Conegliano Veneto (TV).

    Perché Oliveto Citra?Tra tante città si è deciso di scegliere unpiccolo paese dell’entroterra salernitanocome location del grande evento UILTperché da 32 anni ad Oliveto Citra sisvolge il Premio Sele d’Oro Mezzo-giorno, una manifestazione che nascea seguito del terremoto del 1980 con loscopo di abbattere i pregiudizi chespesso accompagnano la parola Sud. Albando culturale - che premia chi nelmondo dell’imprenditoria, dell’editoriae del giornalismo si è contraddistintoraccontando un Sud diverso, coraggioso

    e operoso - negli anni si sono aggiuntevarie sezioni culturali e artistiche: il Fe-stival teatrale, Demo d’Autore, lo Smar-tcafè, seminari e mostre.

    Da 18 anni, infatti, il grande contenitoreculturale ospita durante la settimanadel Premio, il Festival Teatrale Nazio-nale Sele d’Oro, unico Festival italianodedicato al Teatro Contemporaneo, conopere di impegno sociale o con atti-nenza al sociale ed alle problematichedell’uomo contemporaneo. Un festivalche da sempre prevede una giuria“popolare” composta da giovani eadulti appassionati del teatro cheseguono annualmente una formazionee che sono aperti al confronto e al di-battito con le compagnie partecipanti.Proprio per non perdere questa “tradi-zione” tutta olivetana, nella formula diTRACCE, nonostante non nasca comeuna competizione, si è deciso di mante-nere il ruolo della giuria popolare, elimi-nando però la carrellata di premi elasciando solo il Premio di gradimentoper il “Miglior spettacolo”.

    IL TEATRO CHE LASCIA…

    TRACCE

    1 / 2 / 3 / 4 settembre • Oliveto Citra (SA)

    DI GIUSY NIGRO

    INCONTRI UILT

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    Ma cosa si è fatto in questi quattro giorni?

    La formula di TRACCE ha visto un programma tto di appun-tamenti e momenti di confronto.

    a L’incontro annuale dell’Osservatorio sul Teatro Contem-poraneo, che ha visto al tavolo dei lavori Enrico Pitozzi, Do-cente DAMS di Bologna; Moreno Cerquetelli, GiornalistaRai3 curatore della rubrica “Chi è di scena” e Critico teatrale;Sara Torrenzieri, DAMS di Bologna e Cristina Grazioli, Do-cente di Storia del teatro e dello spettacolo e Storia della regiateatrale. Si è parlato quest’anno del rapporto tra teatro eiconograa;

    aL’incontro dei Responsabili dei Centri Studi Regionali,che viene organizzato a latere del Consiglio Direttivo Nazio-nale e che ad Oliveto Citra gode di momenti più distesi di con-fronto e riessione;

    a Il laboratorio “Esplorare il corpo voce come un radiodramma” condotto dall’attrice Mirella Mastronardi che havisto impegnati 25 attori provenienti non solo dalle 6 com-pagnie partecipanti, ma anche attori delle Compagnie del ter-ritorio, entusiasti.

    a Gli spettacoli:

    LA TEMPESTA messo in scena dal Laboratorio Permanente“Tradizioni & Tradimento” di Teatro dei Dioscuri con la regiadi Antonio Caponigro ed Emiliano Piemonte. «I ragazzi, con la loro prorompente energia, ci traghettano inun viaggio magico su un’isola misteriosa, da Shakespeare adEduardo de Filippo».

    UNE Dì E UNE GNOT messo in scena dall’Associazione Tea-trale Friulana con la regia di Claudio Mezzelani e il testo diPaolo Sartori. «Atmosfere da fumetto, luci so�sticate e una lingua, il friu-lano, tutta da scoprire e amare».

    SONO LE STORIE CHE FANNO ANCORA PAURA AI MAFIOSImesso in scena da TeatrOltre con la regia di Franco Bruno.«Un monologo sorprendente che coinvolge, stupisce e tradi-sce gli spettatori. Un viaggio in una storia di ma�a contro-versa che ha lasciato un segno nella mente di tutti».

    CHOCOLAT messo in scena dalla Compagnia Teatrale Costel-lazione con la regia e drammaturgia di Roberta Costantini,aiuto regia Marco Marino. «...una commedia peccaminosamente deliziosa!”. Spettacolo vincitore del Premio Sele d’Oro Mezzogiorno.

    MEDEA messo in scena dall’Associazione Grandi Manovrecon la regia di Loretta Giovannetti. «Uno spettacolo ipnotico e travolgente che cattura sin dalprimo istante lo spettatore, musiche ricercate e mai scontate».

    LIBRI DA ARDERE messo in scena dalla Compagnia ColonnaInfame con la regia di Katiuscia Bonato e Gianni Della Libera.«Un testo meraviglioso che appassiona l’intera platea, atmo-sfere magiche e glaciali, il libro, porta con sé tutto ció che èproprio dello spirito umano diventando il veicolo delle emo-zioni dei protagonisti».

    �TRACCE ad Oliveto Citra. L’apertura istituzionale del Sindaco Carmine Pignata,accanto al Presidente UILT Antonio Perelli ed Antonio Caponigro, Consigliere UILT.

    �Alcuni partecipanti al laboratorio condotto dall’attrice Mirella Mastronardi.L’incontro dell’Osservatorio sul Teatro Contemporaneo con Flavio Cipriani, Diret-tore Centro Studi UILT, a cui hanno partecipato il giornalista Moreno Cerquetelli, ladocente Cristina Grazioli, Sara Torrenzieri ed Enrico Pitozzi del DAMS di Bologna.

  • Lo spettacolo dell’ospite internazionale Yves Lebreton“Eh?...” Esilarante, magni�co e sorprendente. La sua magia avvolgein un abbraccio l’intera platea, un’esperienza da custodire ge-losamente nello scrigno prezioso dei ricordi per chi ha avutola fortuna di esserci. Il maestro è nell’anima di tutti noi e nel-l’anima resterà. Mimo corporeo, voce che diventa prolunga-mento del corpo, straordinarie espressioni del volto. Non c’èenciclopedia dello spettacolo che non gli dedichi ampio spa-zio. Noi siamo semplicemente onorati che sia stato ospite alnostro festival.

    Yves Lebreton è artista di Teatro Corporeo, allievo di ÉtienneDecroux e fondatore negli anni di tre grandi progetti teatralieuropei: in Danimarca dell’Atelier Teatrale “Studio 2” all’in-terno del Teatro Laboratorio Inter-Scandinavo per l’Arte del-l’Attore, a Parigi della compagnia “Théâtre de l’Arbre” e inItalia del “Centro Internazionale di Formazione, Ricerca eCreazione Teatrale: l’Albero”.

    a Il tradizionale dibattito, dopo ogni spettacolo, tra lacompagnia esibitasi, gli esperti e il pubblico che ha dato lapossibilità di capire a fondo l’approccio della compagnia altesto e alla messinscena, e il loro modo di “fare” e arrivare alTeatro Contemporaneo.

    a Il Caffè delle Idee, un momento a consuntivo dove si èdiscusso, in modo informale davanti ad un caffè, di questaedizione di Tracce e dove sono emerse le problematiche e leproposte per migliorare l’evento. (È giusto ospitare in un Festival di Teatro Contemporaneo YvesLebreton? … Bisogna osare di più nel confronto e dire aper-tamente ciò che si pensa dello spettacolo visto? … I giovanidella giuria forse si sentono a disagio nei confronti degli“esperti”? … Spostare l’evento a metà settembre? … Ri-prendere la formula dell’anno scorso di discutere dello spet-tacolo anche a freddo, il giorno dopo? … Ogni compagniapotrebbe avere più spazio, proponendo alle altre compagnieil proprio approccio attraverso un mini laboratorio?…).

    FARE, VEDERE, DISCUTERNE.

    Questo il trinomio di TRACCE che fa tesoro di questa secondaedizione e vi dà appuntamento all’anno prossimo!

    GIUSY NIGROUf�cio Stampa Teatro dei Dioscuri

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    ESPLORARE IL CORPO VOCE COME UN RADIO DRAMMAalcune domande alla docente Mirella Mastronardi

    A CURA DI DANIELE CIPRARI

    IL LABORATORIO

    Quali sono i contenuti e quali le nalità, gli obiettivi,del tuo laboratorio proposto a TRACCE?

    L’obiettivo del corso è riconnettere l’aspetto vocale della re-citazione con quello sico. Spesso si considera la voce comelontana, avulsa, distante rispetto al linguaggio del corpo: lavoce è invece il risultato di un’azione del corpo. Il corpo agiscee la voce ne è il risultato. Inoltre il senso del laboratorio è la-vorare sulle immagini che la voce produce, la capacità, la qua-lità di produzione delle immagini del sonoro, e comeprovocare queste immagini attraverso la voce. Ecco perchého chiamato il corso «Esplorare il corpo voce come unradio dramma», perché nel radio dramma si lavora proprioin questo senso.

    Ho utilizzato sia testi di tipo drammatico, ma di drammaturgiacontemporanea, sia testi classici della letteratura, e ho lavo-rato sulla costruzione di un respiro comune nei partecipanti.Ho cercato di far trovare loro il proprio respiro e di accordarlocol respiro dell’altro, e poi di condurli a trovare il proprio ritmopreciso, lavorando sulle loro peculiarità senza imporre qual-cosa, perché penso che ciascuno debba, lavorando su sestesso, trovare il proprio modo di unire il corpo con la voce.

    La parola non può essere distante da quella che è una parti-tura del corpo: che sia data da un regista, o frutto di un’im-provvisazione dell’attore, aiuta a capire come produrre delleimmagini attraverso un mondo sonoro. Quello che spesso ac-cade quando non si possiede totalmente il controllo del pro-

    prio mezzo espressivo – cioè del proprio corpo, senza faredistinzione con la voce – è che ci sono due livelli: il corpomanda un messaggio, comunica qualcosa, e la voce invececomunica altro; la voce pronuncia una battuta, il corpo invecene pronuncia un’altra. Allora abbiamo lavorato sul riconnet-tere le due cose, perché solo riconnettendole si può produrreun’immagine, una forma, e quindi comunicare un senso, unsignicato vero, profondo. Un altro livello su cui abbiamo la-vorato è quello di togliere tutte le sovrastrutture, i vizi diforma, i cliché a cui spesso ci si afda o ci si abbandonaquando si legge e si interpreta. Abbiamo lavorato all’iniziosoprattutto su un testo letto, poi su esercizi di accordo, percreare una sorta di orchestra della lettura, in cui ciascuno èuno strumento, ma ciascuno collabora ed entra in un organi-smo più ampio, che per funzionare deve respirare insieme,avere lo stesso respiro. Non necessariamente lo stesso suono,ma lo stesso respiro sì.

    È un’attività di formazione che proponi abitualmente?A chi è rivolta?

    Da più di dieci anni, n da giovanissima, ho iniziato la miaattività di docente. All’inizio ho lavorato soprattutto sull’or-toepia e sulla dizione, dopo ho unito le varie competenze chenel corso degli anni si sono sommate ed evolute all’internodella mia carriera: la mia attività di doppiatrice, di direttriceartistica del sonoro, di prodotti multimediali ma non soltanto,insomma tutto il lavoro sul suono e sulla vocalità che hosvolto negli anni. Il laboratorio si rivolge a tutti coloro che vo-

  • gliono lavorare su se stessi, quindi a teatri, associazioni,gruppi di lavoro, tutti coloro che vogliono esplorare il propriocorpo voce.

    Che risultati può dare nel breve termine, nella praticateatrale?

    A TRACCE abbiamo avuto una giornata di lavoro di pocheore, pur intensissime, e alla ne di questa giornata ci sono giàstati dei risultati, perché i partecipanti hanno cominciato adascoltare, ad accordarsi, a non imporre il proprio cliché pre-ordinato, ma ad entrare in un suono e a collaborare alla crea-zione con grande rispetto verso l’altro, senza prevaricarsi.

    Poi dei risultati sicuramente interessanti ci sono nel togliere icliché, nel capire che ci si può dare di se stessi, non dei luoghiin cui di solito un attore si nasconde, che sono quelli di una re-torica che poi diventa stonata, nta, vuota. Abbiamo cercatodi trovare la propria verità, una verità che non è soltanto im-posizione del proprio ego attoriale ma è collaborazione versoun impianto, lo spettacolo, frutto di tante voci e di tanti corpi.

    Chi ha avuto un primo approccio con questo tipo diformazione, come può cercare di approfondirlo, diintegrarlo?

    Tutte le volte che si iniziano le prove – e sicuramente primadi iniziare lo spettacolo – penso che si debba riservare unaparte di tempo, mezz’ora o un’ora di lavoro, per accordarsi,come fanno gli strumenti nelle orchestre.

    Nel mio corso dò una serie di input che possono aiutare que-sto processo di accordo, sia con se stessi che con gli altri.Mi piace parlare in termini di orchestrazione. Bisogna anche lavorare molto per pulire, cercando di capirequali sono le cose in più, inutili, che sporcano, le rigidità. Perché si è rigidi? Perché una scena funziona male? Comemai ci sono scene sporche? Basta solo l’indicazione del regi-sta, o l’attore può fare molto per lavorare al di là delle indi-cazioni?

    Bisogna lavorare pensando che anche laddove si è in scenada soli si è sempre all’interno di un organismo più grande. Lapalestra, l’allenamento, il training - che chiunque si cimentacon il palcoscenico deve fare - è imparare ad entrare nell’ac-cordo, a capire che si è una parte del tutto. È un’educazione alla responsabilità personale quando si è inscena. È stata una delle prime cose su cui abbiamo lavorato.Cosa signica sapere che si è importanti, che si è il centro diquel momento, di quel lavoro, ma che al tempo stesso non sicoincide con il tutto e bisogna essere un’orchestra.

    Questo è un laboratorio di tipo pratico: metà corso è basatosu esercizi sia personali che collettivi, poi si lavora su testi cheio propongo o che a volte propongono i partecipanti stessi.Anche testi non teatrali, perché mi piace fare in modo chenon ci si abbandoni al cliché; cerco dei testi che possano met-tere i partecipanti in una dimensione di gioco vero, di ricercavera e di libertà, perché i cliché sono una prigione terribile,soprattutto quando non si sa di averne.

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  • GLI SPETTACOLI DI TRACCEAssociazione Teatrale Friulana - UdineUNE DÌ E UNE GNOTdi Paolo Sartori, regia di Claudio Mezzelani, con Riccardo Trevisani, Lisa Pericoli, Valdi Tessaro, Borislav Vujnovic

    Abbiamo avuto l’utopia di pensare che un’opera in “lingua stra-niera” potesse essere accolta qui a TRACCE, e siamo stati ripagati:è infatti uno spettacolo in friulano, che non è il nostro italiano. Quelloche speriamo è che – al di là di una traduzione simultanea a cui ab-biamo provveduto – gli attori raccontino una storia oltre le parole.L’Associazione Teatrale Friulana è una associazione che raccoglieoltre 45 compagnie di teatro amatoriale, molte delle quali iscrittealla UILT, che si occupa da 20 anni di organizzare e promuovere unconcorso per testi teatrali originali in lingua friulana. Abbiamo decisoche questi testi avrebbero dovuto essere anche rappresentati, altri-menti sarebbe stato un lavoro limitato; ci siamo quindi presi l’impe-gno di mettere in scena il testo premiato come primo classicato.Da parte mia c’è stata, in quanto regista, una selezione di attori al-l’interno delle nostre compagnie che ha portato a compimento que-sto spettacolo. Il testo è di un autore friulano, Paolo Sartori, ed ènato originariamente come un monologo, per trasformarsi poi in undramma con più personaggi. Il lavoro dell’autore è stato principal-mente sulla parola, sulle mille sfaccettature di ogni stessa parola ele mille possibilità che ci dà; in friulano ciò ha un senso, e magari initaliano andrebbe fatto un lavoro parallelo, diverso dalla traduzionesimultanea, che è più tecnica e meno poetica. È uno spettacolo cheparla di cultura, ma al contrario: di come non accettare di cresceredal punto di vista culturale porti alla rovina. Il protagonista è un gio-vane che rinuncia a studiare, a cercare un lavoro, ma che vive di sod-disfazioni efmere, di una vita politicamente non corretta,preoccupandosi solo di andare in discoteca e procurarsi avventuredi una notte. Un mio riferimento, una suggestione registica in fasedi lettura del testo, è stato il lm “Viale del tramonto”, nel quale la

    storia è un lungo ashback del protagonista, fatto di rabbia, ricordo,rimorso, amarezza, disillusione. Una caratteristica nata quasi percaso, ma diventata fondamentale, è la presenza di una colonna so-nora originale, un tappeto sonoro che accompagna l’intero spetta-colo: si tratta di musiche rielaborate da antiche villotte, da musichedella tradizione friulana, a cura del musicista e compositore FlavianoMiani. Così come, a livello di luce, la suggestione dei fumetti accom-pagna tutta la messa in scena in una atmosfera noir, di chiaroscurie contrasti molto forti. (Claudio Mezzelani)

    TeatrOltre - Sciacca (AG) SONO LE STORIE CHE FANNO ANCORA PAURA AI MAFIOSIdi e con Franco Bruno

    In occasione dell’assemblea UILT a Salerno ho proposto questo spet-tacolo come corto teatrale, che è la modalità in cui è nato, il suo nu-cleo originario. Mi è piaciuta una descrizione che ne ha dato unostudente del DAMS di Bologna: è uno spettacolo asciutto, in cui c’èpoco o niente in termini di sovrastrutture, però tutto quello che c’èè nudo, sincero, vero. Nasce come conseguenza di un altro testo, pre-sentato al Premio Sele d’Oro nel 2014, “Da sud a sud, da sole asole”, a sua volta nato come corto in occasione dell’assemblea UILTdi Montecatini. In quel caso la storia di Lia Pipitone, giovane donnauccisa durante una rapina, una di quelle tante storie vere che ren-dono nera la cronaca siciliana, era vissuta e raccontata da donne; ilpadre – presunto vero artece della morte della glia – restavaun’ombra sullo sfondo, per rispondere ad un’esigenza “civile” chedesse spazio alle voci delle donne. Da questa mancanza, da questapresenza resa al minimo, è poi nata l’esigenza di sentire la voce delpadre, Antonino Pipitone, quasi facendo violenza alla nostra co-scienza per cercare di capire cosa potrebbe pensare veramente unpadre che ha ordinato la morte della propria glia. Non c’è un rac-conto; il racconto dello spettacolo è ciò che vive quest’uomo. Primadi fare questo lavoro ho incontrato il glio e il marito di Lia. Quandoho riferito al glio di Lia l’intenzione di far parlare suo nonno inscena, mi ha risposto molto duramente: “Non invitarmi mai allo spet-tacolo, perché quello che racconti sarà nzione per te, ma è storiavera per me; e non posso sopportare l’idea di rivedere il mandantedella morte di mia madre”. All’interno della storia vera, l’unicoaspetto che mi sono “inventato” – seppur in maniera molto leggera,lasciandolo all’interpretazione dello spettatore – è l’approccio delpadre, cercando di capire quali conitti avesse internamente questopersonaggio, conitti che emergono nel suo comportamento. Neicirca 60 minuti di narrazione si tenta perciò di attraversare il puntodi vista di quest’uomo che ha subìto un terremoto nella sua psiche,che era un uomo di Cosa Nostra ma era anche un padre, e pur es-sendone il mandante ha sofferto la morte della glia. A completa-mento dello spettacolo ho inserito alcuni passaggi della sentenza,che ha assolto Antonino Pipitone: è una sentenza che fa capire chei giudici non hanno raccolto gli elementi necessari, che la legge ri-chiede, per condannarlo; nella piena consapevolezza che lui sia statoil mandante hanno dovuto, purtroppo, assolverlo. (Franco Bruno)

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  • Grandi Manovre - Forlì MEDEAda Euripide, Seneca, Wolf e testimonianze contemporaneedrammaturgia e regia di Loretta Giovannetti, con Tiziana Candini, Chiara Tison, Giovanni Laghi, Paolo Morini, Claudio Tozzola, Valentina Bandini, Giulia Limonetti, Anna Rita Ballini

    Medea è un’idea di un anno e mezzo fa, partita da una serie di con-siderazioni sociali legate al disagio che a volte può portare a gestiestremi. All’interno del nostro laboratorio teatrale il percorso si è di-viso in tasselli, con una prima fase di lettura, di introiezione, per avereun’idea del percorso da costruire insieme agli attori: ho letto delletestimonianze dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglionedelle Stiviere, dove sono ricoverate madri assassine, ho letto la Medeadi Seneca e di Euripide, e quella di Christa Wolf, che ne dà una letturamolto diversa da quelle classiche. La seconda fase è stata un lavorodi antropologia culturale – svolto con l’antropologa Vania Bertozzi –sulle origini del mito di Medea e di Giasone; un lavoro legato al corpo,alla memoria e all’approfondimento del mito. Terza fase: un lavorosulle energie, gli equilibri, la preacrobatica, le relazioni corporee e ladrammaturgia del corpo, senza inserire le parole, svolto con Luca Pial-lini. Dopo un anno siamo passati all’ultima fase, il vero e proprio mon-taggio dello spettacolo. Nella cui fase iniziale si trovano moltesituazioni di Christa Wolf e una parola moderna; poi pian piano emer-gono due “costellazioni”, una formata da tre uomini e l’altra da tredonne. Come dice Christa Wolf, è “un dialogo difcile tra due costel-lazioni”, il mondo maschile e il mondo femminile, in mezzo alle qualic’è Medea, la vittima, la donna crudele, abbandonata e tradita.“Grandi Manovre” venne per la prima volta ad Oliveto Citra diciottoanni fa, con “Sailors” di David Mamet, uno spettacolo corale che èrimasto indimenticabile nel nostro cuore, e spero che la dinamicaemersa da Medea ricordi un po’ quella di diciotto anni fa. A livello diregia ho fatto la scelta ben precisa di non far vedere. Innanzitutto dinon far vedere il sangue, ma di preferire il pathos: Medea non rientracon le mani insanguinate, ma si capisce che desidera quel momento,comunica comunque il dolore senza esibire il sangue. Altre mie scelteprecise sono state quella di inserire due brani musicali in inglese, due“elementi di rottura dello schema che siano coerenti con lo schema”,e di giocare con il linguaggio mantenendo in alcuni momenti la clas-sicità, la comunicazione della tragedia, e costruendo il personaggiodi Giasone con una certa impostazione, che giocasse con un linguag-gio artefatto. (Loretta Giovannetti)

    Colonna Infame - Conegliano Veneto (TV)LIBRI DA ARDEREdi Amélie Nothomb, regia di Katiuscia Bonato e Gianni Della Libera,con Gianni Della Libera, Emanuele Favaron, Costanza Broli

    Il Veneto è stata l’area d’Italia più coinvolta nel primo conitto mon-diale: negli ultimi anni le manifestazioni di ricorrenza della GrandeGuerra si sono susseguite e si stanno susseguendo a ritmo elevato,e siamo frastornati da queste celebrazioni. Questo è stato il punto dipartenza che ha incontrato il testo di Amélie Nothomb, un’autricebelga glia di diplomatici, con un passato di anoressia: nella sua car-riera ha scritto romanzi di successo, e a 28 anni ha scritto il suo unicotesto teatrale, incentrato sulla guerra. Uno degli affascinanti punti divista di questo testo è che la guerra è sì presente, ma fa da sfondoalla narrazione. Vediamo i tre personaggi – il Professore, l’assistentee la danzata dell’assistente – vivere all’interno di un’abitazione cir-condati dalla guerra che incombe. La capacità di affrontare la bruta-lità della guerra attraverso la storia di questi personaggi che nellaguerra manifestano la brutalità dell’uomo ci ha permesso di affron-tare questo tema senza nessun aspetto enfatico. Ho apprezzato tantole parole di Papa Bergoglio, quando ha detto che non esiste unaguerra che abbia una giusticazione, di qualsiasi tipo; è un messaggioforte, perché la guerra purtroppo fa parte della natura umana, e adun certo punto bisogna chiedersi se ci sia qualcosa che la naturaumana possa salvare, che è uno dei temi affrontati dal nostro spet-tacolo. Uno spettacolo che è nato in maniera particolare, partendocome un percorso di laboratorio che non sapevamo se sarebbe poinito sulla scena. Fortunatamente abbiamo trovato gli “ingredienti”giusti, due giovani attori che recitano insieme a me, lavorando percapire come sviluppare l’aspetto delle relazioni umane: iniziando daun lavoro più di tipo sico, abbiamo cercato di prendere gli elementidel testo e portarli su un aspetto di improvvisazione, per poi aggiun-gere le parole, che hanno calzato pian piano sulla struttura che ave-vamo creato. È un testo denso, molto carico di parole, e la sda checi siamo dati è stata quella di dargli una sicità, una corporeità, difare in modo che la sicità diventasse un elemento fondamentale edi trovare anche un ritmo molto stretto, una musicalità. Tutti i pezzisono andati al loro posto, e così è nato lo spettacolo, che è stato pro-posto prima alle scuole per capire se trasmetteva e comunicava ciòche volevamo. (Gianni Della Libera)

  • Compagnia Teatrale Costellazione - Formia (LT)CHOCOLATLiberamente ispirato a “Chocolat” di Joanne Harris e all’omonimo�lm di Lasse Hallström, drammaturgia e regia di Roberta Costantini,con Alessandro Acquista, Amelia Cimmino, Angelo De Clemente, Barbara Pagliari, Elisabetta Lisi, Francesca Ferrara, Maria Rosaria Pugliese, Marilena Casatelli, Roberta Costantini, Veruschka Cossuto

    SPETTACOLO VINCITORE DEL PREMIO SELE D’ORO

    “Chocolat” ha debuttato nell’agosto del 2012 e in questi anni haincontrato grande favore di critica e di pubblico, partecipando a nu-merosi festival nazionali e internazionali, e per questo dobbiamo rin-graziare la UILT che ci ha dato la possibilità di confrontarci anche conun pubblico straniero. Come ogni spettacolo di COSTELLAZIONE,nasce da un romanzo o da un testo teatrale. In questo caso prendespunto dal romanzo e dal lm omonimi, riadattati e usati come pre-testi per affrontare temi umani di tutti i giorni: non è inquadrato cro-nologicamente proprio perché il messaggio e le tematiche affrontatesono le tematiche dell’umanità, che possono essere ritrovate in ogniperiodo. È la storia di Vianne, una straniera che arriva in un piccolovillaggio molto chiuso, bigotto, e apre in un periodo assolutamentenon indicato – quello della Quaresima – una cioccolateria. Graziealla sua presenza, al suo cioccolato, alla sua sensibilità, riesce pianpiano ad entrare nel cuore degli abitanti del villaggio e a scardinarei loro stereotipi, le loro maschere frutto di una mentalità ristretta edi una ripetitiva quotidianità difcile da sradicare. Riesce perciò aportare amore, pace, a smantellare quelle solitudini e quel grigiumeche regnavano da tempo a causa della presenza della Contessa, sin-daco del villaggio, donna estremamente austera che rappresenta il

    rigore morale a tutti i costi. Nei nostri spettacoli la scelta degli oggettiparte dall’idea, da un tracciato sia drammaturgico che di testo: an-diamo a cercare gli oggetti che possano essere più rappresentativi epiù “usabili” per dare il messaggio che vogliamo comunicare. Vianneveste di rosso, porta colore all’interno di questo paese ingrigito edalle regole ferree, sconvolgendolo, ed arriva in paese col vento; cer-cavamo un elemento di scena che desse la leggerezza e la mobilitàdel vento, e abbiamo pensato ad un drappo di stoffa elastica rossache potesse rendere sia la morbidezza del carattere di Vianne, sia lapossibilità di dare molto movimento. I nostri spettacoli nascono daun’idea e da una suggestione musicale; siamo permeati dalla musica,per noi è un elemento estremamente stimolante e fondamentale, epensiamo che il teatro racchiuda tutte le arti e possa creare una si-nergia tra tutte le possibilità espressive. Da ciò la scelta di introdurreanche il canto e la danza. L’importante è trovare il giusto dosaggio.

    �La regista Roberta Costantini e l’aiuto regista Marco Marino ricevono il Premio Sele d’Oro da Carmine Pignata, Sindaco di Oliveto Citra.

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    Laboratorio PermanenteTradizioni & TradimentoTeatro dei Dioscuri - Campagna (SA)LA TEMPESTAda Shakespeare, regia di Antonio Caponigro ed Emiliano Piemonte

    Nelle parole TRADIZIONI & TRADIMENTO(entrambe dal latino “tràdere”, cioè conse-gnare; consegnare, cioè riportare nel tempo,la prima, consegnare agli altri, quindi tradire,come Giuda con Cristo, la seconda) è rac-chiuso tutto il senso di un lavoro di ricercache TEATRO DEI DIOSCURI, con umiltà e co-raggio, da diversi anni sta portando avanti,con la collaborazione di Strutture Nazionalidi grande spessore culturale.

    Tradizione vuole essere non semplice escontato folclore, ma valorizzazione del vec-chio alla ricerca del nuovo ed in tal senso èsottile, pericoloso, ma interessante ed ecci-tante, il passaggio dalla Tradizione alla tra-sposizione della stessa, all’inevitabileTradimento. Del resto non c’è Tradizionesenza Tradimento, non c’è Tradimento senzaTradizione. Ed è proprio su questo sottile“borderline” che si colloca il lavoro di TEA-TRO DEI DIOSCURI, nel panorama teatralenazionale ed internazionale.

    In 13 anni il Laboratorio Permanente Tra-dizioni & Tradimento (con la consulenzaartistica di Michele Monetta) è diventato illuogo sico e mentale di una ricerca conti-nua su autori e testi teatrali, con seminari,convegni, workshop, un percorso pluriennaleche ha coinvolto docenti di Università ed Ac-cademie, registi, autori, insegnanti, opera-tori, giovani. Il testo diventa spesso un puntodi arrivo momentaneo, da cui si riparte peruna nuova avventura di ricerca antropolo-gico-teatrale, nell’ottica di un continuo adat-tamento e contaminatio delle diversedrammaturgie (autore, attore, regista, luci,musiche, spazio scenico chiuso o aperto of-frono il loro continuo contributo ad unaforma/spettacolo che si arricchisce continua-

    mente di nuovi contenuti attraverso un per-corso/contenuti in continua evoluzione).Da ciò un’implicita insoddisfazione e la ne-cessità del “tradimento”.

    “La Tempesta” di Shakespeare ne è statoe ne è un esempio signicativo. Dal saggiodel La.Per. (affettuoso acronimo che sta perLaboratorio Permanente) 2015 a quello del2016 sono trascorsi due anni di ricerca suShakespeare, sulla sua epoca storica e cul-turale, sulle sue opere, in particolare su “LaTempesta”. Prima la lettura del testo nelle diverse edi-zioni e traduzioni in inglese ed italiano, inversi e prosa, quella magnica di Eduardo innapoletano arcaico (in questo lavoro di ri-cerca e di studio, fondamentale l’aiuto diesperti come Gianni Caliendo e GiovanniGreco della “Silvio D’Amico”)...Poi la riduzione, l’essenzializzazione con l’at-tenzione ai concetti portanti universali e sem-pre attuali dell’opera, no a portare il testo a45’ (dai 5 atti originari!), con un utilizzo per-tinente delle tre lingue messe in gioco: in-glese, italiano e napoletano, la rilettura in

    chiave moderna dei personaggi, la lotta peril potere e quella per l’amore e la libertà, lagura di Calibano originario proprietariodell’isola che la rivendica e la riottiene...Poi il lavoro di ricerca sui linguaggi non ver-bali, il lavoro per sottrazione relativo al lin-guaggio verbale, no a farlo diventare quasiaccessorio rispetto a tutto l’insieme dellamessinscena in continua evoluzione (il lavorocorporeo sull’animale, il workshop con Mi-chele Monetta sulla Commedia dell’Arte,sugli zanni, sulle gure della terra e del-l’aria)... Poi la ricerca relativa a scenograa (moderna,con tralicci e cases, con elementi classici, veli,corde e bastoni), luci, musiche, costumi es-senziali, trucco...Poi il Saggio nale del La.Per. 2016 nell’Au-ditorium dell’Istituto “G.Palatucci”, spaziomoderno; poi la replica nel chiostro del Pa-lazzo di Città del 1580 (Shakespeare eravivo!) con un affascinante incastro tra sceno-graa moderna e scenograa antica “avvin-ghiate” tra di loro... poi la replica/accoglienzaad Oliveto Citra per gli ospiti di TRACCE,con un nuovo adattamento spaziale...

    DI ANTONIO CAPONIGRO

    IN VIAGGIO

    THE TEMPESTSTEP BY STEP • SOLI PA SOLIM

    DA “TRACCE”ALLA LETTONIA

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    All’improvviso compare all’orizzonte unnuovo approdo per la ciurma di Prospero &Co.: la Lettonia, con la possibilità di portarenon semplicemente lo spettacolo in unaterra straniera lontana, anche quello, sì!, masoprattutto di smontarlo e rimontarlo in-sieme alla squadra lettone...Allora si sbarca a Rezekne in 27, prima rap-presentiamo come un dono teatrale il nostrospettacolo, poi con altri 17 partecipanti si la-vora a smontarlo in 5 laboratori diversi, perrimontarlo, arricchito di danze e coreograe,ritmi e musicalità corporee, con l’aggiuntadella lingua lettone, portato magicamente a39’ (continuando quel lavoro di sottrazionedel superuo, soprattutto del parlato)...Poi ti ritrovi, non avendolo previsto prima,anche ospite del Festival Internazionale“STEP BY STEP”, in lettone “SOLI PASOLIM”, ciliegina sulla torta di questo“panta rei” avventuroso e pieno di sor-prese...

    Ora, siamo sbarcati in Patria, dietro di noiuna intensa avventura, dentro un’innità dirisonanze, sguardi, sorrisi, lacrime più omeno furtive, abbracci, addii e arrivederci...ed ora?Ecco che il brand TRADIZIONI&TRADI-MENTO ti richiama, ti solletica la fantasia eti propone di riprendere il percorso su “TheTempest”, di accogliere i frammenti esplo-rati in Lettonia, di adattarli alle esigenze,senza perderli (la splendida esperienzalettone, come tutte le esperienze di vitaemozionalmente signicative, ci ha la-sciato dentro cicatrici incancellabili, nonsiamo più quelli che eravamo prima, econ noi, anche la performance)...Poi, ecco! L’idea di trasformare il saggio dilaboratorio in uno spettacolo da proporreagli Istituti, con un taglio moderno, con undibattito sul percorso e sul prodotto, su lin-gue e linguaggi utilizzati, insomma è la per-formance che ci incita a non fermarci e acontinuare la rotta!...e allora, Prospero & Co ritornano a bordo,corde, vele e remi, verso un nuovo approdo,sorretti dal vento di Ariel e dall’inappagabilenecessità del “tradimento”...

    ANTONIO CAPONIGRO

    NON FATEMI RIMANERESU QUEST’ISOLA NUDA...SCIOGLIETEMI DA OGNI LEGAMECON MANI GENEROSE...

    NUJE SIMME FATTE CU LA STOFFADE LI SUONNE,E CHESTA VITA PICCERELLA NOSTADA SUONNO È CIRCONDATA,SUONNO ETERNO.

    COME VOI PER OGNI COLPAIMPLORATE IL PERDONO,COSÌ LA VOSTRA INDULGENZAMETTA ME IN LIBERTÀ...

    [ PROSPERO ]

    Dove c’è teatro c’è casa:Lettonia, casa mia!

    La nave dei DIOSCURI è salpata per nuoveavventure!!! No, non quelle degli Argonauti,ma avventure teatrali che hanno condotto ilTEATRO DEI DIOSCURI di Campagna (SA)in un paese lontano, ai conni dell’Europa:la Lettonia!

    Non è la prima volta che i DIOSCURI si ci-mentano in imprese internazionali. Dopo laFrancia, il Belgio e la Polonia, quest’anno ètoccato all’Europa dell’Est. Ma questo è statoun viaggio diverso, dal sapore tutto nuovo.Dieci giorni di intense attività che hannovisto coinvolti 27 giovani di TEATRO DEIDIOSCURI provenienti da Campagna epaesi limitro (Eboli, Oliveto Citra, Battipa-glia e Sicignano) e 17 del TEATRO JORIKSdi Rezekne.

    Diario di bordo

    Partenza da Roma Ciampino alle ore 6.30dell’8 settembre.

    Arriviamo a Vilnius, la capitale della Litua-nia. Una mattinata immersi nella città, pran-ziamo con i piatti tipici della Lituania e siparte col pullman per la Lettonia: direzioneRezekne. La stanchezza è tanta (siamo partitida Campagna a mezzanotte e ora sono le14.30!), non ci sono autostrade, il viaggio èlungo ma... il paesaggio ci tiene incollati ai�nestrini.

    Dopo quasi 5 ore di strada, arriviamo a Re-zekne. Non c’è tempo per passare dall’al-bergo, andiamo a Teatro. Svetlana, laresponsabile del progetto ci aspetta nel foyer,entriamo. Assistiamo ad uno spettacolo tea-trale. È recitato in russo (a settembre tutti glispettacoli teatrali vengono recitati in linguarussa e non in lettone). Non capiamo nulla,è impossibile, ma “cavolo, che atmosfere!”.

    Terminato lo spettacolo ci aspettano percena in un piccolo ristorantino. Finalmenteandiamo in albergo e... si crolla!

    Al mattino seguente ci si sveglia e... Woow!Sembra di stare in un sogno... Siamo in unalbergo 4 stelle, ancora deve essere inaugu-rato, ma ci ospita per due giorni. Facciamocolazione e subito in campo. Facciamo cono-scenza con gli amici della compagnia Let-tone, da questo momento in poi saranno inostri compagni di gioco. Si balla, sotto al ca-lore del sole che ci accarezza. A mezzogiornoandiamo a Teatro. È davvero bello! La seraprecedente non ci eravamo resi conto dellasua imponenza. È nel centro della piccola cit-tadina. Da subito ci ha aperto le porte. Oggici tocca andare in scena: portiamo “La Tem-pesta”, lo spettacolo, saggio del LaboratorioPermanente “Tradizioni & Tradimento”.Prove e spettacolo. Che emozione. Stiamoper esibirci davanti ad un pubblico straniero.Chissà se capirà la nostra lingua (lo spetta-colo è in tre lingue: italiano, inglese e napo-letano), chissà se piacerà il nostrotradimento.

    È andata bene, abbiamo fatto del nostro me-glio ma... si sa, non siamo mai soddisfatti. Andiamo a pranzo... Non ci eravamo resiconto la sera precedente che il “nostro” ri-storantino è proprio ai piedi della collinettadei ruderi del Castello di Rezekne. Terminatoil pranzo saliamo le scale della collina e...magia ci ritroviamo in un altro tempo lon-tano... la tentazione è troppa, non resistiamo,iniziamo a correre, a rotolarci a fare gli“scemi” tra i ruderi e quel prato verde. Orasì, che ci siamo fatti riconoscere! Ma non c’ètempo, dobbiamo ritornare in Teatro (ci scan-discono il tempo, sicuro di non stare in Sviz-zera? Che precisione!!!!). Questa sera ciaspetta una serata importante: ci cono-sciamo uf�cialmente e tra un gioco e l’altroad ogni partecipante viene af�dato il nostroamico segreto: in questi giorni dobbiamococcolarlo e fargli regali, senza farcene ac-corgere. La serata trascorre piacevolmente e

  • si ritorna in albergo. Il giorno seguente, ini-ziano i lavori: vengono attivati ben 5 labora-tori teatrali (recitazione, ritmo, teatro-danza,tecnolab e comunicazione). Veniamo divisinei vari gruppi. Si inizia a lavorare ad unanuova versione della “Tempesta” con inscena 44 ragazzi e 4 lingue, all’italiano, na-poletano e inglese aggiungiamo il lettone(che avventura!). Tra i laboratori, un coffeebreak (quanto stiamo mangiando!), unachiacchierata e i primi regalini che iniziano aspuntare su un tavolo, nel guardaroba, inbagno, a terra, si fanno le 18! Eh no! Ci di-spiace, ora dobbiamo fermarci, questa sera èSERATA ITALIANA, dobbiamo cucinare lapasta e dobbiamo allestire il foyer (ormai ilTeatro di Rezekne è la nostra nuova casa!).Lo ammettiamo, abbiamo portato vino, olioe freselle dall’Italia, ma non la pasta... l’ab-biamo comprata in un supermercato vicinoal teatro e... oh no! Ma che pasta è?! Lapasta al sugo non è venuta proprio come celo aspettavamo ma... alla faccia come hannogradito i nostri compagni lettoni! Mangiamo,balliamo, beviamo e ... la serata �nisce trauna risata e l’altra. Ci ritiriamo in albergo, ciaspetta un pullman, abbiamo cambiato al-loggio... a 7 km dalla cittadina, nella campa-gna rezeknese ci apre le porte una guesthouse molto particolare. Rimaniamo un po’di stucco... Da un quattro stelle ad una casinain campagna, tipica lettone. Ma ci mettiamodavvero poco ad adattarci, da subito diventala nostra nuova casa!

    I giorni proseguono tra laboratori, prove perla danza del ´ash mob, coffee break, rega-lini, risate e tanto cibo. Iniziano ad instau-rarsi dei feeling (ah l’amor adolescenziale!),iniziamo ad insegnare parole in italiano e adimparare il lettone (ma è assai dif�cile, loroinvece subito apprendono!) Uh, un regaloper me... chi sarà il mio amico segreto?

    Giunge la serata lettone, veniamo trasportatinelle tradizioni lettoni con costumi, balli ecanti tradizionali. Ci fanno assaggiare ancheil liquore e i dolci tipici lettoni. Andiamoanche a visitare la capitale Riga, piccina mamolto, molto carina tipica e particolare... haun odore così diverso e poi c’è un silenzio euna calma. Non sembra di stare in una capi-tale europea!!! I giorni passano, i laboratorisi intensi�cano, andiamo ad invitare la gentein mezzo alla strada a venire a Teatro venerdì16 settembre. Alle ore 14 in Teatro ci sarà“La Tempesta” in una nuova versione. En-triamo, con il permesso del Preside, anche inuna scuola e... troviamo anche una bambinaitaliana, che ormai da anni abita là! Balliamoe invitiamo, ridiamo e scherziamo... e cisiamo! È venerdì 16. Stiamo per andare inscena. Siamo tutti emozionati... chi è nuovoallo spettacolo e chi è vecchio... Nuove voci,nuovi compagni, nuove atmosfere, nuovisguardi. C’è tanto, ma proprio tanto pub-blico! (la verità: non credevamo che alle duedel pomeriggio ci fosse così tanta gente ateatro!). Andiamo in scena, va tutto bene,meglio del previsto! Ci applaudono, ed è unapplauso sincero. Ci commoviamo... stiamoper dirci addio. Andiamo a pranzo, andiamoal Comune. Veniamo ospitati dal vicesindacocon cui scambiamo dei piccoli regali (Cam-pagna e Rezekne si salutano). Andiamo in uncampo sportivo, giochiamo una bella partitaa calcio, con piccoli infortuni... (ma si correin ospedale!). Ritorniamo alla guest house,italiani e lettoni. Ci aspetta una sorpresa: unfalò. Arrostiamo le salsicce sul fuoco, bal-liamo, cantiamo... è proprio un momento ma-linconico, ma è il momento perfetto. C’è lavoglia di tornare a casa ma... anche quelposto ormai è casa nostra... Ci salutiamo,scopriamo i nostri amici segreti. Tra una la-crima e l’altra ci diciamo “Arrivederci!”

    Andiamo a dormire. Alle 4.30 c’è il pullmanper Vilnius, e poi l’aereo per Ciampino... Fac-ciamo tardi (siamo proprio italiani). Arri-viamo giusto in tempo prima della chiusuradel gate. Decolliamo... Dopo due ore e mezzasiamo in Italia. Ritorniamo a casa.

    Grazie di tutto... è un’esperienza che porte-remo sempre con noi.

    Il progetto, che vede TEATRO JORIKS ca-pola e TEATRO DEI DIOSCURI partner, èstato nanziato dall’Unione Europea coni fondi del Bando Erasmus Plus, progetto“Art Market”, per lo scambio culturaletra giovani.

    GIUSY NIGRO

    www.teatrodeidioscuri.com

    Lettonia mon amour!

    «Questa esperienza non può essere spiegatacon semplici parole, mi ha cambiata total-mente e mi ha fatta crescere ancora di più...Non mi sarei potuta aspettare niente di me-glio da questa grande e seconda famiglia».

    Antonella L.

    «Purtroppo il tempo passa velocemente ecosì anche questi 10 giorni in Lettonia sonovolati via in un attimo. Da questa esperienzaposso trarre solo cose positive sia a livelloculturale che a livello umano; i ragazzi sonostati fantastici �n da subito e abbiamo in-staurato un bellissimo rapporto (e anche uncerto feeling!!!!), nuove usanze, nuovi me-todi, trasmettere le nostre conoscenze e ap-prendere le loro non può che fare bene. Èstata un'esperienza unica che non capitatutti i giorni e spero che il futuro ci riservialtre esperienze come queste. Ritrovarsi lì suquel palco, tutti insieme, è stato fantastico emi ritengo fortunato perché sensazioni dabrividi come queste non possono essereespresse ma vanno solo e soltanto VISSUTE.Viva la Lettonia, viva il TEATRO!».

    Cristian D’A.

    «È complicato parlare di un'esperienza delgenere in poche righe... Innanzitutto possodire che è stata un'occasione di crescita suvari fronti, per conoscere persone con usi ecostumi diversi dai nostri, per parlare linguediverse e per mettere a confronto tante idee!È stato davvero bello condividere emozioni,sentimenti, pensieri, momenti della giornatama, soprattutto, condividere la passione chetutti avevamo in comune: il TEATRO».

    Gerardo G.

    «... se vuoi conoscere davvero una città, deviperderti". Perderti nelle sue strade, nei suoiodori, nel suo ventre che ti accoglie comeuna madre. Occhi pieni di colori, di bellezza,di ordine e natura incontaminata; di sorrisi,di abbracci, di amicizie che nascono. Ogniviaggio è esperienza di vita. Unica. E ti sforzidi fotografare con la mente e con il cuoreogni momento, ogni piccolo gesto, per�no un�ore sul ciglio della strada che ti riportaverso casa inizia ad avere un sapore diverso.Sapore di nostalgia, di una terra incontami-nata che ti appartiene non appena arrivi.Quella che si chiama Lettonia per te si chia-merà ricordi, amici, risate vicino ad un falò.

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  • E passerà del tempo ma quel sapore di li-bertà, di vita assaporata in quei giorni ti re-steranno per sempre addosso e mentre dis�le valigie, i ricordi appena vissuti ti coccolanoe ti fanno ingenuamente sorridere, lascian-doti immaginare la prossima avventura...»

    Marta C.

    «Un breve percorso che ci ha permesso diraggiungere grandi risultati. Un’esperienzastancante, ma estremamente soddisfacente».

    Giusy T.

    «Un’esperienza che non capita tutti i giorni,ma che ognuno di noi dovrebbe vivere. Lapossibilità di cambiare vita per una decina digiorni facendo quello che più ami nella vita,ti completa. Un paese che ci ha accolti congrande entusiasmo e voglia di fare, di cono-scere ed andare a fondo in una nuova cul-tura. Condividere un lavoro durato ben dueanni è stata una s�da, vinta alla grande gra-zie alla dedizione di entrambi i gruppi. Il tea-tro, ancora una volta, maestro di vita».

    Giulia D.G.

    «Sentire la mancanza della Lettonia, di Re-zekne, di coloro con i quali sono partito, dellepersone conosciute e scoperte in quei diecigiorni, sentire la mancanza di quell’esseresempre tutti impegnati per un comune in-tento, del fare nuove esperienze e dell’averebellissime persone con le quali condividerlenon è forse il massimo, specialmente per unnostalgico cronico come me. Ma, di sicuro,per sentire una tale mancanza di quel gio-vane Stato a quasi 2000 km di distanza, tuttoquesto deve essere stato davvero magni�co».

    Vincenzo P.

    «È stata come da aspettative un’avventurameravigliosa, un’avventura che ci ha portatoa conoscere luoghi che forse non immagina-vamo e soprattutto ci ha fatto conoscere per-sone che in poco tempo sono diventate tantoimportanti. Ci porteremo dentro gli occhi, latesta e il cuore questa meravigliosa espe-rienza».

    Dario M.

    «È stata un’esperienza davvero unica! So-prattutto è stato bello il conoscersi tramite iregali segreti. Un’esperienza che rifarei mi-liardi di volte! Grazie per questi magni�cigiorni!»

    Carmen D’I.

    «Questa è stata un’esperienza fantasticaperché ci ha dato un’opportunità di crescitae di confronto con nuove persone, nuove tra-dizioni, ma soprattutto nuove culture. I ra-gazzi lettoni sono stati fantastici e fare unospettacolo con ragazzi di nazione diversa èstata una cosa bellissima».

    Isabella D.M.

    13ª RASSEGNA NAZIONALE DI TEATRO EDUCATIVO

    IL GERIONE 8/20 maggio 2017 • Campagna (SA)a cura di: COMUNE DI CAMPAGNA - ASS. CULT. TEATRO DEI DIOSCURI - IST. COMPRENSIVO “CAMPAGNA CAPOLUOGO”- IST. COMPRENSIVO “G. PALATUCCI” - I.I.S. “T. CONFALONIERI” - PRO LOCO CITTA’ DI CAMPAGNA

    “IL MIO NOME È NESSUNO!”SI È SEMPRE STRANIERO PER QUALCUNO

    In nessuna parte di terra mi posso accasare… E me ne stacco sempre straniero… (G. Ungaretti)

    L’eterno tema dello Straniero ha affascinato da sempre l’Umanità, provocando mistero, cu-riosità, a volte paura, tabù, o perlomeno difdenza. Inevitabilmente il tema dello Straniero si collega a quello del Viaggio: si è stranieri perché siviene da un altrove, più o meno conosciuto; si viaggia per vari motivi, a volte piacevoli di sco-perta ed avventura, a volte spiacevoli od obbligati da necessità più o meno esistenziali. La tematica della 10ª edizione della Rassegna Gerione “La mia terra, la nostra Terra – viaggiare:per cieli, per terre, per mari” (2013) ha evocato viaggi d’avventura e di ricerca; quella di que-st’anno, implicitamente considera comunque il viaggio, ma mette l’essere umano al centro dellanostra attenzione, nel rapporto con gli altri e con se stesso. Ulisse, il viaggiatore straniero perantonomasia, ha attraversato nei millenni la letteratura mondiale, a volte costretto dagli eventie dalle peripezie (Omero), altre dalla curiosità e desiderio morboso di conoscere (Dante). Altriautori hanno scritto di lui: James Joyce, Ugo Foscolo, Giovanni Pascoli, Umberto Saba, PrimoLevi...; lo scrittore Valerio Massimo Manfredi ne ha fatto una trilogia di volumi: “Il giuramento”,“Il ritorno”, “L’oracolo” (quest’ultimo ambientato ai giorni nostri). Ulisse è lo straniero cheentra in contatto con gli stranieri, da cui assorbe comunque esperienze, conoscenze, valori.Come Ulisse, personaggi di ieri e di oggi, reali e fantastici: Enea, Medea, Gulliver, Alice... La scelta del Comitato Organizzatore di quest’anno è caduta su un argomento per molti aspettisempre attuale; la frase “Il mio nome è Nessuno”, tratta dall’Odissea, dall’incontro di Ulissecon Polifemo, astutamente pronunciata dal primo per sfuggire al secondo ed ai suoi compagniCiclopi, assume un signicato ben diverso, grazie al sottotitolo, che ne raddrizza il tiro e larende universale: “si è sempre Straniero per qualcuno”. Il nostro NESSUNO non è un nome messo lì per sfuggire abilmente con un equivoco linguisticoalle ire del gigante, ma rappresenta l’anonimato in cui viene avvolto lo straniero di oggi. Ma chi è lo Straniero di oggi? È l’altro, il diverso da noi, per cultura, lingua, religione, tradizione.È l’immigrato, il profugo, con i suoi problemi, i suoi drammi, il suo allontanamento più o menoforzato dalla terra d’origine, ma con il suo importante bagaglio di esperienze, conoscenze, valori. Cosa si aspetta lo Straniero? L’accoglienza, l’interazione/integrazione/inclusione; la conoscenzareciproca, per diventare un po’ meno stranieri l’uno per l’altro. Cosa siamo disposti ad offrirgli noi? Pietà, ipocrita sopportazione, oppure reale disponibilitàall’incontro? Ma la nostra tematica 2017 si presta anche ad una lettura in chiave pirandelliana (Uno, nessunoe centomila). Un’improvvisa scoperta fa crollare di colpo tutte le certezze di Vitangelo Moscarda,il protagonista del romanzo di Pirandello, che viene travolto da una profonda crisi esistenziale:ha sempre creduto di essere “uno” quando in realtà è “centomila” dal momento che ogni per-sona gli attribuisce una forma diversa. Rendendosi conto di prendere vita solo attraverso gliocchi degli altri, scopre quindi di non essere di per sé proprio “nessuno”. A noi piace contrap-porre a questa visione drammatica dell’essere umano l’idea di un viaggio dentro di sé, di unpercorso di conoscenza di se stesso per sentirsi meno Straniero a se stesso, rafforzare la propriaidentità e affrontare in maniera positiva il rapporto con l’altro. Tema interessante, avvincente, molto profondo, con signicativi risvolti losoci, quello diquest’anno, che possiamo affrontare anche con la giusta leggerezza e positività della condivi-sione dell’esistenza, del reciproco arricchirsi grazie al reciproco donarsi all’altro. “L’isola chenon c’è”, durante la 12ª edizione ci ha offerto spettacoli teatrali molto signicativi; ci aspettiamocose altrettanto interessanti ed originali quest’anno con “Il mio nome è Nessuno”! In bocca al lupo a tutte le agenzie educative, Scuole, Associazioni, Oratori, ecc. che verranno afarci visita e ci proporranno nei loro spettacoli il loro modo di “affrontare lo Straniero!”

    ANTONIO CAPONIGRO Direttore Artistico de IL GERIONE

    Domande entro il 28 febbraio 2017 • Info e bando: cell. 331 7458009 - 334 6577763;[email protected]; www.ilgerione.net

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    LA SCRITTURA DRAMMATURGICA COME ATTO FISICO

    Dinamiche di intrecci tra CORPO, SENSO e PAROLA

    Senza alcun dubbio il ‘900 ha apportato cambia-menti fondamentali anche nel modo di scrivere testiteatrali. Chi scrive compone pensando al teatro inmodo diverso, consapevole che il testo drammaticoha assunto nel contesto del termine drammaturgia

    un signicato particolare. Il testo assume una importanza pa-ritetica rispetto a tutte le altre drammaturgie della composi-zione che porteranno alla performance scenica.

    Si lavora quindi con il testo, e questo concetto credo ormaisia chiaro e consolidato. Comporre con il testo non vuol direrinunciare ad un testo o rinunciare alla parola, ma semplice-mente lavorare lo spettacolo pensando a tutte le possibili di-namiche offerte dalla composizione drammaturgica e quindiincontrando i corpi, lo spazio-la luce, il silenzio, il rumore, lamusica e la musicalità, insieme alle parole scritte che si tra-sformano in parole vive in quanto ospitate in corpi vivi, in si-tuazioni dinamiche (movimento). Chi scrive testi teatrali deveacquisire la necessità di queste esigenze ed in fase di

    composizione del testo scritto (prima creazione) fonderequesti possibili intrecci tra corpo, senso e parola in ununico magma che scorrerà già nella pagina scritta, pronta adessere trasformata in un’azione che è contenuta già in pro-dromi nel testo scritto.

    Queste teorie inducono il drammaturgo a comporre in un modoparticolare che si avvicina assolutamente ad un atto sico, inuna scrittura dove prevale la actio. Probabilmente quello chemanca alla maggior parte dei drammaturghi contemporanei èquesta idea di scrittura, e forse per questa ragione resta difcilescegliere testi contemporanei soprattutto per chi segue questomodo di agire a teatro. Nell’ambito dell’eterna problematicacontemporaneo-moderno, dove spesso non si può sistemati-camente avvicinare il contemporaneo al moderno, si può av-valorare questo concetto con degli esempi importanti didrammaturgie non contemporanee che hanno invece le carat-teristiche della modernità sino ad assumere un signicato dicostante attualità.

    RIFLESSIONI

    LA RIFLESSIONE INDOTTA E SVILUPPATA NEL TAVOLO DI DRAMMATURGIA PROPOSTO ALL’INTERNO DEL FE-STIVAL DI TEATRO CONTEMPORANEO “TRACCE” HA PROPOSTO DEGLI INTERROGATIVI DI ESSENZIALE IM-PORTANZA PRATICA CHE HANNO EVOCATO DEI PERCORSI CHE COINVOLGONO IN UNA RIDEFINIZIONE ILSIGNIFICATO DEL TERMINE DRAMMATURGIA (INDICANDO CON TALE TERMINE NON SOLO LA DRAMMA-TURGIA DEL TESTO, MA ANCHE TUTTE LE ALTRE DRAMMATURGIE DELLA COMPOSIZIONE CHE PORTERÀAL MOMENTO PERFORMATIVO) E CHE, RIGUARDO ALLA DRAMMATURGIA DEL TESTO, APRONO STRADE ADUNA DRAMMATURGIA CONTEMPORANEA CHE POSSA AVERE ANCHE LE CARATTERISTICHE DI MODERNITÀ.

    �Tavolo di drammaturgia di TRACCE Studio-Osservatorio

    sul Teatro Contemporaneo:Moreno Cerquetelli, Cristina Grazioli,

    Flavio Cipriani, Sara Torrenzieri.

    DI FLAVIO CIPRIANIDIRETTORE CENTRO STUDI UILT

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    «Immaginate di prendere un giornale,credendo che si tratti del giornale di oggie di leggerlo con interesse. All’improvvisovi accorgete che si tratta del giornale diieri e di colpo questo perde ogni inte-resse. Perché? Gli uomini e le donne chelo hanno realizzato sono intelligenti, scri-vono bene e tuttavia l’indomani quelloche hanno scritto per il novanta percento è morto, ed il giornale serve soload avvolgere il pesce. Qual è dunque ladifferenza tra una pagina di giornale diieri ed una pagina di Shakespeare scrittamolte centinaia di anni fa? Perché nonpassa di moda la pagina di Shake-speare?».Questa domanda si pone PeterBrook nel suo scritto “DimenticareShakespeare”.

    Possiamo considerare la drammatur-gia di Shakespeare sempre attuale econ le caratteristiche di modernità?Sicuramente si concentrano in quell’es-sere drammaturgo di quel suo tempoanche altre condizioni di specica impor-tanza, come quella di essere regista, at-tore ed anche dramaturg dei suoi scritti,in un teatro dove costantemente ve-nivano posti a confronto in un con-tatto stretto attori e spettatori. Uncontatto sico stretto e violentodove trovava espressione una scrit-tura composta per immagini edazioni, una scrittura dove coesiste-vano due piani contemporanei diazione, uno orizzontale ed uno verti-cale, che rispettavano anche la par-ticolare disposizione dello spazioscenico a più livelli dove vivevanoqueste drammaturgie. L’idea che ri-cevo da questa drammaturgia è quella dipagine in attesa di essere portate invita, quelle dinamiche di intrecci tracorpo, senso e parole a cui facevo ri-ferimento, con quella parola poetica ir-rinunciabile ed immutabile che èrafnata poiesis. La modernità consiste soprattutto nellapossibilità, anzi per quanto mi riguardanella necessità, di agire in una dram-maturgia consuntiva, dove il testoperformativo è composto insiemeagli attori pensando per immagini edazioni e non rinunciando alla parolanecessaria, una parola che nasce nelcorpo come atto sico. ed incontra ilsenso della composizione.

    Ma facciamo riferimento alla dramma-turgia del testo per focalizzare la proble-matica. Come accennavo sicuramente viè stato un cambiamento nel teorizzare emettere in pratica scritta una dramma-

    turgia teatrale ed «a partire dal Nove-cento anche gli autori drammaticihanno messo in atto a livello della scrit-tura procedimenti diversi che si possonode�nire post-drammatici destabiliz-zando i cardini della forma dramma se-condo Sarrazac: dialogo, favola, mimesie personaggio». (Lehmann)

    E possiamo citare Brecht, Beckett, Io-nesco, Genet, Pinter, Muller comeesempi illuminanti. Questi autori apronola strada alla modernità rispetto allascrittura drammatica. «Se esiste ancoraun corpo del dramma è un corpo fram-mentato. L’ingresso del dramma nellamodernità è concomitante all’avventodella regia moderna: il dramma ammettela sua incompiutezza, le sue aperture, faappello alla scena». (J. P. Sarrazac)

    Oltre ad essere cambiato il modo di in-tendere il dramma, con la perdita dellasua unità e la predisposizione alla fram-mentazione, è anche profondamentemutato lo sguardo di chi scrive. È sicura-mente uno sguardo tragico: è il drammadella vita che prevale rispetto al drammanella vita. «Il teatro post-novecentescoforgiato da 50 anni di innovazione einevitabilmente pervaso dalla multime-dialità, dal frazionamento e dall’im-pianto non logocentrico dei linguaggidella contemporaneità, non reagisce in-terpretativamente alle sollecitazionidrammatiche né prevede il �ne dellarappresentazione, piuttosto avvolge iltesto in autonome forme teatrali oppurelo decostruisce oppure lo riduce a nucleidi limpida poesia oppure ne estrae inputgenetici oppure lo immette in tessituredi scambi relazionali fra attore e spet-tatore». (G. Guccini)

    Ancora una riessione indotta dalla let-tura di un articolo di Gerardo Guccini checi fa capire come sia relativa la condi-zione di essere considerato contempora-neo rispetto a quella di essere modernoe come spesso queste due condizioninon coincidano: «Al culmine della sua carriera Goldonisi dimostra consapevole di avere acqui-sita un’arte del comporre che, pur arti-colandosi in prospettive di genere, nonaveva niente a che fare né con i canonidel letterario né con le pratiche comicheche avvincevano l’opera del poeta dicompagnia alle esigenze ed alla culturadi committenti scenici, impedendole dimanifestarsi in forme disgiunte dai con-tingenti esiti scenico-performativi.Avesse posseduto le correnti terminolo-

    gie teatrali, Goldoni avrebbe forse par-lato delle sue drammaturgie come discritture sceniche testualmente espresse.il modo in cui componeva si era infattiemancipato dagli schemi referenzialidella processualità retorica classica-mente scanditi in inventio, dispositio edelocutio, per trasformarsi in una trascri-zione in tempo reale delle improvvisa-zioni sceniche di ordine virtuale che sisvolgevano con dovizia di invenzioni emovimenti concertati nella sua stessatesta».

    C’è un lo rosso che lega nella sua prassidi intendere la drammaturgia scritta idue grandi citati Shakespeare e Goldoni,«quella maniera di comporre basatasulla capacità di immaginare lo spetta-colo improvvisandone in corso di operale nerbature drammatiche». (G. Guccini)Questa capacità che è estremamentemoderna ed attuale è di peculiare perti-nenza del drammaturgo o investe nellacomposizione dello spettacolo anche ilregista in una sua funzione specica didramaturg allorché “maneggia” ladrammaturgia scritta? E questa possibi-lità ci permette di utilizzare anche dram-maturgie scritte non specicamente peril teatro oltre quelle drammaturgie giàpronte per il teatro?

    E per nire, ancora specicamente sullascrittura drammaturgica, scrivere allon-tanandosi dalla struttura classica deldramma non implica la impossibilità dicreare scritture drammatiche ma vuoldire solamente usare in modo modernouna scrittura drammatica, sia essapronta per essere consegnata al teatroma anche lontana da questa situazione.«Un cambiamento di unità di misura e disenso del dramma nel passaggio daldramma nella vita al dramma della vita:non c’è più una grande azione organicacon un inizio, un centro ed una �ne chehanno luogo durante una giornata fatalee si svolgono nel senso della vita e dellamorte, bensì una azione frantumata checopre tutta una vita e per�no la cronacadi una vita. Osserviamo cambiamenti diestensione ma anche di ritmo interno, in-terruzioni, ´ashback, anticipazioni, ripe-tizioni, variazioni, soluzioni opzionali(messe delle azioni al condizionale,esplorazioni del possibile), operazionitutte che �gurano con grande frequenzanelle opere moderne e contemporanee,dove infrangono la sacrosanta progres-sione drammatica». (J. P. Sarrazac)

    FLAVIO CIPRIANI

  • L’ANGOLO

    Carissime amiche e carissimi amici dell’Unione, all’indomani della con-clusione del nostro TERZO FESTIVAL NAZIONALE, che si è tenuto dal10 settembre al 19 novembre al Teatro “Artemisio Gian Maria Vo-lonté” di Velletri (Roma), dovremo insieme tracciarne un bilancio, pro-seguendo il dibattito già iniziato nel nostro Consiglio Direttivo

    Nazionale, riunitosi domenica 20 novembre sempre nell’accogliente cornice di “Be-nito al Bosco”. Comunque oggi, lasciando ad altri ed in altri spazi il compito di riferiree di esprimere giudizi in merito agli spettacoli ed ai premi assegnati con le relativemotivazioni, a me spetta il compito di ringraziare tutti coloro che si sono adoperatiper l’organizzazione e la realizzazione di questo nostro importante appuntamento(che – ricordo – dovrà avere d’ora in avanti una cadenza biennale) e tutti coloro chevi hanno preso parte come autori, adattatori, registi, interpreti e tecnici, mettendo an-cora una volta in luce il loro attaccamento all’Unione e la loro passione per il Teatro.Naturalmente mi complimento con chi ha ricevuto premi e consensi, ma il mio pen-siero va anche a chi, pur impegnandosi al massimo e nella convinzione di far bene,non ha vinto niente: comprendo la sua delusione ma gli ricordo che questa è la nor-male condizione delle Rassegne a premi, del Teatro e della vita! In tutti noi ci dev’es-sere sempre umiltà, voglia di far meglio, comprensione dei propri limiti, capacità direcepire i giudizi obiettivi e tesi a far crescere, pur con l’orgoglio che sempre deve ac-compagnare il nostro sforzo ed il nostro impegno. Nel teatro non professionistico, nelteatro che amiamo, queste sono condizioni “teoriche” che dovrebbero diventare pra-tiche ed esistenziali, che nessuno dovrebbe dimenticare!

    E, lasciatoci alle spalle il Festival, cerchiamo ora di guardare avanti. Riporto una fraseche mi ha detto Mariano Rigillo, ospite d’onore della serata conclusiva: «sieteproprio una bella realtà.. e pensare che non sapevo che eravate così numerosi e cosìben organizzati!». Dunque da una parte una bella soddisfazione per il complimento,dall’altra un po’ di rammarico perché ancora non siamo noti e conosciuti come do-vremmo esserlo.

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    �TERZO FESTIVAL NAZIONALE UILT Il presidente nazionale Antonio Perelli

    con Mariano Rigillo, ospite d’onore della serata conclusiva del 19 novembre.

    Velletri, Teatro Artemisio Gian Maria Volontè.

    DI ANTONIO PERELLIPRESIDENTE UILT

    «NOI CI SIAMO»

  • Ma c’è in Italia, oggi, una precisa cono-scenza e consapevolezza della diffu-sione del Teatro Amatoriale e quindi unreale interesse nei suoi confronti? “Lagente” sa che esistiamo, che siamo tantie in ogni Regione, che scriviamo, met-tiamo in scena, recitiamo opere di autoristranieri ed italiani, antichi e moderni?E soprattutto le Istituzioni, soprattutto alivello locale, sanno di noi? E, se losanno, in che rapporto entrano con noi?In altri termini, verrebbe da chiedersi seoggi c’è ancora il desiderio di pensare alteatro amatoriale e magari praticarlo adun certo livello o questo pensiero e que-sto impegno vengono considerati digran lunga secondari rispetto a problemiben più gravi e pressanti?

    Certo, con la consueta assurda ed ass-siante burocrazia italica, con un’incredi-bile evasione scale, con la nostraeconomia che non riesce a riprendersi,con un’Europa traballante sotto i colpidelle spinte nazionaliste e che elevamuri contro i migranti, con guerre senzane, con sbarchi di “disperati” talmentecontinui da non fare quasi più notizia eper giunta con un neo presidente degliStati Uniti che sembra più preoccupareche rassicurare l’intera Europa, il quadronazionale e quello internazionale non cipiacciono affatto: ed in questo quadro cipossono essere ancora “testa” e “spa-zio” per il nostro tipo di Teatro?

    Può sembrare incredibile ma la rispostapuò essere positiva. Non dobbiamo farcicondizionare dalla scarsa protezione edal nanziamento quasi nullo da partedelle Istituzioni, dalle scelte anticulturalidi tanti Comuni, condizionati dagli spre-

    chi quando non dalla corruzione e so-prattutto dalla ormai cronica mancanzadi fondi, dallo scetticismo e la difdenzacon cui “la politica” ci guarda.. Lo so cheda qualche rappresentante della politicasiamo visti, infatti, o come idealisti vo-lontari da compatire oppure come ntiidealisti – che in realtà, sotto sotto, ciguadagnano – da non ascoltare e nonnanziare.

    Nonostante tutto però, se guardo il po-polo UILT ed anche la gente comune, congrande soddisfazione constato ancoravoglia di esserci, di partecipare, di ricer-care eventi culturali, di organizzare Ras-segne, di far vedere che siamo in gradodi farci sentire e di diffondere cultura,non solo quella teatrale. Nei centri ur-bani e nei paesi più piccoli come deside-rio di creare qualcosa di nuovo e diintelligente, libero e creativo, nei centripiù grandi e nelle grandi città come val-vola di sfogo per le frustrazioni quoti-diane e come bisogno naturale control’abbrutimento e l’omologazione cultu-rale, il teatro non professionistico è vivoe pulsante, in crescita (a proposito, ab-biamo superato i quattordicimilacentoiscritti) e soprattutto in grado, tra pochealtre entità, di proporsi come un feno-meno non solo ricreativo, ma positiva-mente critico nei confronti di tutto ciòche è brutto e degradato ed inne, per-ché no, come voce di libertà e di bel-lezza.

    Grazie, UILT! E buon teatro a tutti noi!

    ANTONIO PERELLIPresidente Nazionale UILT

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    �La Compagnia Teatrale COSTELLAZIONEdi Formia (LT), vincitrice della precedente

    edizione del Festival, ha presentato fuori concorso nella serata nale

    ”Il gioco delle rose” drammaturgia e regia di Roberta Costantini e

    Marco Marino, testo originale di Roberto e Roberta Costantini.

    (foto Davide Curatolo)

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    È”Tango” della COMPAGNIA TEA-TRO FINESTRA di Aprilia (LT) loSPETTACOLO VINCITORE dellaIII edizione del Festival Nazio-nale UILT – Unione Italiana Li-

    bero Teatro, svoltasi presso il TeatroArtemisio-Gian Maria Volonté di Velletri(RM) dal 10 settembre al 19 novembre2016, succedendo dopo tre anni alla Com-pagnia Teatrale COSTELLAZIONE di Formia(LT), trionfatrice nel 2013. La serata nale– aperta proprio da COSTELLAZIONE,che ha presentato fuori concorso “Ilgioco delle rose” – si è poi conclusacon il momento più atteso dalle 10compagnie partecipanti: la cerimo-nia di consegna dei premi.

    «Un ottimo lavoro di drammaturgia contemporanea, chepone l’attenzione su un tema politico e sociale di grande em-patia, con sperimentazioni registiche di notevole ef�cacia che,senza togliere nulla al valore di testimonianza storica del testoe fondendo insieme emozione e ragione, riescono a tenerealta la tensione e l’attenzione».Questa la motivazione che la Giuria Tecnica – presiedutadal regista e drammaturgo Francesco Randazzo, compo-sta inoltre dall’attrice Loredana Martinez, dall’attore EnricoPozzi e dall’organizzatore teatrale Umberto Cappadocia –ha espresso nell’assegnare il primo premio come MigliorSpettacolo a “Tango” di TEATRO FINESTRA, testo di Fran-cesca Zanni per la regia di Raffaele Calabrese, interpretato daClaudia Achilli e Raffaele Calabrese. I due hanno ricevuto ilpremio, opera realizzata dall’artista Sergio Gotti, dalle manidel presidente UILT Antonio Perelli e dell’ospite d’onoredella serata, l’attore Mariano Rigillo.

    �Lo spettacolo vincitore: “Tango” della Compagnia

    TEATRO FINESTRA di Aprilia (LT). I due protagonisti: Claudia Achilli e

    Raffaele Calabrese, che rma anche la regia (foto Carlo Picca).

    3° FESTIVAL NAZIONALE UILTLa serata conclusiva del 19 novembre: premi e motivazioni

    Teatro Artemisio-Gian Maria Volontè di Velletri - RM

  • La premiazione è stata condotta dal pre-sidente Antonio Perelli e da EnricoCappelli, responsabile organizzativo delFestival, con la collaborazione dell’attriceLucilla Magliocchetti.

    Ha conquistato il premio come spetta-colo secondo classicato “L’artedella commedia” di Eduardo De Fi-lippo, regia di Marcello Andria, dellaCOMPAGNIA DELL’ECLISSI di Salernodiretta da Enzo Tota: «Una classica e ben congegnata comme-dia di sapore pirandelliano, eseguita consapiente capacità interpretativa da un

    gruppo af�atato e di notevole espe-rienza, che ci restituisce in modo origi-nale un Eduardo moderno e sempreaffascinante».

    A completare il virtuale “podio”, laCOMPAGNIA COLONNA INFAME diConegliano Veneto (TV) e “I 39 scalini”di Patrick Barlow, spettacolo premiatocome terzo classicato: «Una concezione �gurativa nuova e di-vertente, con allusioni drammaturgicheoriginali e capaci di mettere in mostra lestraordinarie possibilità del teatro, anchedi quello cosiddetto minimalista. Grande

    ritmo e grande intesa tra gli attori, chesi cimentano in tanti ruoli diversi nelsolco di un ben chiaro �lo conduttore».

    “I 39 scalini” completa il suo risultatocon il Premio alla Migliore regia, as-segnato a Gianni Della Libera: «Con un ritmo incalzante ed avvincente,in questo lavoro vengono sapientementeamalgamati vari �loni teatrali, dall’hu-mor inglese al poliziesco, dal cabaret althriller, con una varietà di situazioni di-verse, tenute abilmente insieme da unaregia attenta e meticolosa, non priva diautentica ironia».

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    LA SERATA DI PREMIAZIONE DEL FESTIVAL�Enrico Cappelli, che ha curato l’organizzazione con il suo gruppo IL TEATRONE di Velletri. L’attore Mariano Rigillo consegna il primo premio a Raffaele Calabrese e Claudia Achilli,

    della Compagnia TEATRO FINESTRA di Aprilia (LT). Enzo Tota ritira il premio secondo classicato per la COMPAGNIA DELL’ECLISSI di Salerno. I premi sono opera dell’artista Sergio Gotti. �Antonio Perelli presenta i premiati, accanto a Lucilla Magliocchetti. Terzo posto per “I 39 scalini” della COLONNA INFAME di Conegliano (TV)

    oltre al premio alla regia per Gianni Della Libera e per il caratterista Amerigo Gardenal (foto Davide Curatolo).

  • Altro riconoscimento per “Tango” eTEATRO FINESTRA, vincitori del premiocome Migliore scenograa: «Pochi elementi, comuni e familiari, maadoperati in modo insolito e fortementeespressivo, integrati da un sapientegioco di luci ed ombre, evocano scenariben più tragici e rimandano ad una dop-pia dimensione, quella della memoria diun passato di dolore e quella della de-nuncia sociale».

    È invece “Ladro di razza”, testo diGianni Clementi portato in scena da LABOTTEGA DE LE OMBRE di Macerata,a conquistare il premio come Miglioretesto di autore italiano contempora-neo: «riesce a fondere, nel ritmo di unospettacolo teatrale che ha i suoi tempi ei suoi spazi, un pezzo di storia nazionaleed una vicenda privata, innestando inuna vicenda tragica elementi in parte co-mici ed in parte ri´essivi, con notevolisfumature espressive».

    Questi tutti i premi assegnati dalla GiuriaTecnica ai singoli attori, sulla base dellerispettive motivazioni.Migliore attore protagonista è Mas-simo Biondi, in “Under” di GRANDIMANOVRE, compagnia di Forlì direttada Loretta Giovannetti, autrice del testo:«Sempre in crescita e comunque convin-cente la carica interpretativa dell’attoreche segue, senza smarrire il tempo tea-trale, l’evoluzione negativa del suo per-sonaggio verso un abisso di introversionee di violenza di genere, facendolo risul-tare credibile pur in un ambiente sur-reale». Migliore attrice protagonista è Clau-dia Achilli, di “Tango”, COMPAGNIATEATRO FINESTRA di Aprilia (LT); «Una brillante interpretazione, espressivae di forte impatto emotivo, di un perso-naggio dif�cile ed impegnativo, in cui simescolano diversi sentimenti, in un dia-logo sotteso e doloroso con il pubbliconel racconto di una storia tristissima».

    Migliore attore non protagonista èFrancesco Faggi, per lo spettacolo “Ilsonno dei giusti”, QAOS di Forlì; «Il giovane attore è stato assolutamenteconvincente nell’interpretare il suo per-sonaggio, mostrando sicurezza di sé,buona presenza scenica ed un’ egregiatenuta del ruolo».Migliore attrice non protagonista èMargherita Caciorgna, in “Ladro dirazza”, LA BOTTEGA DE LE OMBRE diMacerata; «Eccellente impegno di un’attrice dotatadi personalità e di grande capacità diadattamento alla trasformazione del per-sonaggio, che segue un percorso evolu-tivo misto di spunti a volte comici a voltepatetici, sempre in un’atmosfera di crudorealismo».Miglior attore caratterista è AmerigoGardenal, ne “I 39 scalini”, CO-LONNA INFAME di Conegliano (TV):«Inarrestabile e scatenato, con grandevigore interpretativo passa da una situa-

    �”L’arte della commedia” della COMPAGNIA DELL’ECLISSI di Salerno.� “Under” di GRANDI MANOVRE di Forlì, premio miglior attore a Massimo Biondi.�“Ladro di Razza” della Compagnia LA BOTTEGA DE LE OMBRE di Macerata, Sante Latini e Margherita Caciorgna, tra i premiati (foto Carlo Picca).

  • zione più o meno stravagante ad un’altrasenza perdere mai né la misura né ilritmo, cambiando continuamente facciaed insieme rimanendo fedele a se stessoe restituendo così un personaggio dif�-cile da dimenticare».

    Lo speciale premio di “Gradimento delpubblico”, assegnato in base alle appo-site schede di valutazione che gli spetta-tori hanno compilato al termine diognuno dei dieci spettacoli in concorso,è andato alla COMPAGNIA DEL-L’ECLISSI di Salerno con “L’arte dellacommedia”, indicato come MiglioreSpettacolo dalla Giuria Giovani: «Sebbene sia uno testi più rappresentatidegli ultimi anni, questo spettacolo ri-salta per equilibrio e scelta dei tempiteatrali; inoltre, un perfetto connubio trai personaggi e la fantasia dei singoli at-tori determina un’eccellente esecuzione:così, pur seguendo alla lettera un co-pione già famoso, gli attori sono riuscitia dare nuovo lustro ai loro personaggi».La speciale Giuria Giovani ha inoltre as-segnato i seguenti premi:

    Miglior attore Sante Latini, “Ladro dirazza”, LA BOTTEGA DE LE OMBRE diMacerata: «Per aver interpretato l’evolu-zione del personaggio in ogni sua sfac-cettatura, dalla più comica alla piùtragica, nonché per la scioltezza nel pa-droneggiare un dialetto diverso dal pro-prio».Migliore attrice Claudia Achilli,“Tango”, TEATRO FINESTRA di Aprilia: «un’interpretazione dirompente, che nonrisulta mai arti�ciosa nonostante l’altolivello di drammaticità del personaggio.Grazie all’ indiscutibile passione unita aduna notevole abilità tecnica è riuscita acolpire e commuovere la Giuria Giovani».Migliore resa tematica “Under”,GRANDI MANOVRE di Forlì;«Per aver presentato un tema spessoposto in secondo piano dalla cronaca, ri-portando non solo gli aspetti cruenti e �-sici, ma il disagio e le deviazionipsicologiche indotte da determinati mec-canismi sociali. L’esclusione sociale, ilsenso di inadeguatezza e l’ incapacità diesternare sentimenti a lungo repressi,portano Mike a commettere non solo un

    crimine, ma a contagiare Amy con la pro-pria malattia».Attore più giovane: Francesco Faggi,“Il sonno dei giusti”, QAOS di Forlì.«Per sottolineare l’importanza della par-tecipazione giovanile, non solo al Festi-val, ma in generale all’attività teatrale, laGiuria Giovani premia il giovanissimoFrancesco Faggi perché non ha portatoin scena solo un personaggio, ma tuttala sua passione per il teatro».

    In conclusione, i ringraziamenti: al Sindaco e ai Consiglieri Comunali diVelletri; alla Sig.ra Anna Cerbara dellaFondazione; al tecnico audio/luci del tea-tro Pasquale Caputo; alle “signore delbotteghino” Antonella Consolandi,Eliana Gallo, Elisabetta Berdini e a FulvioDe Angelis; alla DS e ai docenti dell’ IPS-SAR “Ugo Tognazzi” di Velletri, i cuialunni hanno effettuato il servizio di salae di ristorazione; al maestro scultoreGotti e agli altri artisti creatori dei premie agli sponsor.

    DANIELE CIPRARI

    �La Giuria Giovani del Festival (foto Davide Curatolo). La Compagnia QAOS di Forlì, premio al giovane attore Francesco Faggi.

    Tra gli spettacoli nalisti:"Pilato" dell’Ass. LA RIBALTAdi Vibo Valentia, che ha sostituitoLA BETULLA di Nave (Brescia);“Ho fatto qualcosa di buono” PRIMOATTO di Saluzzo (CN)(foto Davide Curatolo).

    “L’uomo senza nome”TEATRO DELLE RANE di Leverano (LE)(foto Diego Gavini);"Il padre" ORION THEATRE di Terni(foto Davide Curatolo).

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  • LO SPECIALE

    DESIGN DELLA LUCENELLO SPETTACOLO TEATRALE

    ACCADEMIA DELLA LUCE

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    L’Accademia della Luce si è data la missione di informare ed educare alla cultura sull’uso della Luce special-mente nell’universo estetico/emozionale legato allo spettacolo nelle sue varie forme, alla visione e godimento dellospazio che ci avvolge, stimolando le potenzialità culturali/psicologiche di cui la luce è portatrice. Attraverso la suaorganizzazione con professionisti del settore, organizza corsi di formazione, seminari ed eventi (Festa della Luce –Anno Internazionale della Luce), workshop e pubblicazioni, informando e stimolando la creatività delle applicazioni,invadendo l’universo Luce in ambiti quali il teatro, la televisione, beni culturali, siti archeologici, musei, spazi urbani,architettura d’interni ed esterni, laddove la Luce più che per vedere... serve per guardare. L’Accademia della Luceopera ovunque, ma in particolare in sedi prestigiose come: Teatri, Università (Politecnico di Milano, La Sapienza diRoma), Accademie di Belle Arti (Macerata), Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, Istituto Europeodi Design, presso organizzazioni culturali/artistiche, scuole, ha contatti con l’ingegneristica attraverso ditte costruttricidi materiali illuminotecnici. Ha conquistato notorietà anche all’estero con interventi in Brasile, in Ungheria e in Fra