MARABINI 12 Franca03 - Marcianum Press · 2016. 11. 22. · Toffoli, ormai giunto ad un espressione...

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  • MARIO MARABINI1923 - 1962

    a cura diFraNca LuGaTO

    MARCIANUM PRESS

  • Marcianum Press, Venezia 2015____

    MARIO MARABINI 1923 - 1962Franca Lugato____

    Coordinamento editorialechiara Marabini

    Testi e apparato criticoFranca Lugato

    Catalogazione e fotografieMarta Minelli____

    Progetto grafico e layoutFabrizio Berger, Veneziawww.tostapane.biz

    StampaGrafiche Veneziane, Veneziawww.graficheveneziane.eu____

    tutti i diritti riservati© chiara Marabini© Marcianum Press S.r.l.

    Prima edizioneGiugno 2015www.marcianumpress.it

    iSBN 978-88-6512-412-3

    Il volume è dedicato a Mario Marabini ed è stato realizzato grazie all’impegno morale ed economico della figlia Chiara Marabini

  • 7 MARIO MARABINI: LA SCELTA DELLA SCULTURA GiOVaNNi BiaNcHi

    11 MARIO MARABINI: L’UOMO E L’ARTISTA FraNca LuGaTO

    23 LE RETROSPETTIVE E LA CRITICA FraNca LuGaTO 28 A MARIO MARABINI GiuSEPPE dE LOGu

    31 A MIO PADRE cHiara MaraBiNi

    CATALOGO DELLE OPERE

    34 ScuLTurE84 riTraTTi92 MONuMENTO a GiuSEPPE MaZZiNi 100 MOSaici108 ScENOGraFiE120 diSEGNi

    APPARATI

    144 PrEMi ViNTi144 ESPOSiZiONi PErSONaLi145 ESPOSiZiONi cOLLETTiVE146 BiBLiOGraFia

    APPENDICE

    148 ELENcO dELLE OPErE dELLa cOLLEZiONE PriVaTa cHiara MaraBiNi

    INDICE

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    Nonostante la vicenda di Mario Marabini (1923 – 1962) nel panorama artistico vene-ziano sia stata purtroppo molto breve, risulta interessante cercare di delineare la sua figura nel clima culturale della Venezia di fine anni quaranta e dei successivi anni cinquanta.dopo un’iniziale formazione artistica maturata attraverso la mediazione del fratello maggiore Ottone (1919 - 1992), con il quale collabora alla realizzazione di opere musive per la ditta veneziana Padoan dimostrando un interesse particolare per l’esperienza manuale e pla-stica, Mario Marabini sceglie come mezzo espressivo la pittura. Il suo ingresso nel mon-do dell’arte viene però bruscamente interrot-to dalla chiamata alle armi nel gennaio 1943.dopo la tormentata e drammatica esperienza bellica, Marabini rientra a Venezia nel settem-bre 1945.La città lagunare è in pieno fermento: infatti l’estate del 1945 aveva dato inizio ad uno dei momenti più fecondi e vivaci della cultura ve-neziana che continuerà fino ai primi anni ses-santa. ricorda Giuseppe Marchiori: “L’estate del 1945 fu una stagione d’incontri continui e di mostre, dal ‘Cavallino’ alla ‘Piccola Gal-leria’, nei caffè e nei ristoranti, che incomin-ciavano ad accogliere artisti e pitture al fumo della frittura di pesce e delle bistecche ai ferri. […] Bisognava dimenticare la guerra e trova-re nuove ragioni alla pace attesa e inspera-ta. di qui gli scambi e le discussioni, che per mesi e mesi fecero di Venezia un centro attivo nella cultura artistica italiana, con proposte e progetti elaborati in vista di un totale rinnova-mento della società stessa”1.

    [1] Giuseppe Marchiori, L’arte a Venezia dopo il 1945, in “Letteratura”, Firenze-roma, n. 43-45, gennaio-giugno 1960, anche in Giuseppe Marchiori, Il Fronte nuovo delle arti, Tacchini, Vercelli 1978, pp.18 - 22.

    accanto alle gallerie già ricordate iniziano la loro attività anche la Galleria San Marco e la galleria dell’Arco, che non aveva finalità lega-te al mercato. come accade in tutto il ter-ritorio nazionale sorgono molte associazioni - come, ad esempio, il Fronte della Gioventù, il centro Veneziano delle arti, il Gruppo Vene-ziano d’arte e l’army Education - tra le quali si distingue, per l’importanza dell’attività svol-ta, il Centro Giovanile di Unità Proletaria della cultura, meglio noto come L’arco.Venezia si dimostra pronta a ricoprire un ruolo chiave nel rinnovamento artistico e culturale del paese. certamente un’azione fondamen-tale è stata svolta dalle gallerie private, assai attive durante la guerra, come viene sottoli-neato dallo stesso Marchiori: “Venezia si sta aggiornando in fatto di pittura. Le varie gallerie cittadine esercitano un’utile funzione educati-va: così più se ne aprono e meglio è, anche se talora i programmi non sono troppo chiari e le opere esposte non tutte sceltissime. Giova constatare – a nostra consolazione – che le mostre sono molto frequentate, che l’interesse per le arti figurative va dilagando tra il pubblico, malgrado i pregiudizi negativi e le molte incom-prensioni in gran parte dovute a scarsa educa-zione estetica, a difetto d’informazione storica. Oggi le gallerie veneziane (Cavallino, Piccola Galleria, dell’arco, San Marco) offrono, a chi voglia, le possibilità di capire, se non di am-mirare, l’arte italiana contemporanea, con mo-stre personali e collettive, talune organizzate persino secondo un preciso orientamento”2.L’attività artistica a Venezia è quanto mai intensa. Gli artisti si incontrano, dibattono, litigano, si schierano. Nella complessa geo-grafia di relazioni e schieramenti possiamo

    [2] Pococurante (Giuseppe Marchiori), Galleria, in “do-mani”, 13 ottobre 1945.

    MARIO MARABINI: LA SCELTA DELLA SCULTURA GiOVaNNi BiaNcHi

    <NudO FEMMNiLEparticolareInv. 1676

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    ricordare alcuni “blocchi” (anche se, come è facile verificare, qualche nome appare in più di uno): quello che gravita attorno alla figura di Giuseppe Marchiori (Vedova, Pizzinato, San-tomaso e Viani) e che si ritrova abitualmente al ristorante all’Angelo; quello che gravita at-torno a carlo cardazzo (deluigi, Guidi, Saet-ti, de Pisis, Gaspari, Bacci, carlo Scarpa, i critici Ambrosini, Morucchio) e che si ritrova abitualmente al ristorante La colomba; quello che si ritrova all’Arco (Bortoluzzi, Pizzinato, colonna, Pornaro, Hollesch, d’arbela, il criti-co Ferrante); quello che si riunisce alla Piccola Galleria (Martini, de Pisis, deluigi, Viani, Leiss, Guidi, Vedova, Dalla Torre, Music, il critico e pittore Breddo). Per quanto riguarda l’indiriz-zo espressivo, pur persistendo una linea che rivendica una “continuità artistica” rifiutando la pura e facile imitazione di modelli stranieri alieni dalla “tradizione” italiana, il dibattito ar-tistico si focalizza tra “figurativi” e “astrattisti”; dibattito che percorrerà, e accenderà gli ani-mi, per tutti gli anni cinquanta.Nel 1946 riprendono le attività della Biennale per i settori del cinema (agosto 1946, Manife-stazione Internazionale d’Arte Cinematografi-ca) e della musica (settembre 1946, iX Festi-val Internazionale di Musica contemporanea), ma sarà l’inaugurazione della XXiV Esposizio-ne Biennale internazionale d’arte, nel giugno del 1948, ad indicare un preciso indirizzo, se-guito da rodolfo Pallucchini3 anche nelle edi-zioni successive, rivolto alla documentazione delle avanguardie artistiche dei primi decenni del Novecento. La ricchissima offerta propo-sta dalla Biennale andava dalla retrospettiva di J.W. Turner alla Mostra degli Impressionisti e a quella degli Artisti Tedeschi bollati da Hit-ler come “degenerati” (tra cui Otto dix, Erich Heckel, Max Pechstein), dalla mostra dei Tre pittori italiani dal 1910 al 1920 (carlo carrà, Giorgio Morandi, Giorgio de chirico) a quella de Il Fronte nuovo delle Arti, dalle retrospetti-ve di Egon Schiele e Paul Klee a quelle, tra le altre, di arturo Martini, Gino rossi, Scipione,

    [3] Rodolfo Pallucchini curò cinque edizioni della Bienna-le dal 1948 al 1956.

    arturo Nathan, camillo rho, dalle personali di Massimo campigli, Filippo de Pisis, Mario Mafai, Mino Maccari, Giacomo Manzù, Ma-rino Marini a quelle di Georges Braque, Ge-orges rouault, Marc chagall, Henry Moore, Oskar Kokoschka, Fritz Wotruba.Ma le due rassegne che si rivelarono di mag-gior interesse furono la retrospettiva di Pablo Picasso (prima personale alla Biennale all’età di 67 anni) presentata in catalogo da renato Guttuso, e l’esposizione della collezione Peg-gy Guggenheim, presentata da Giulio carlo argan. Queste due mostre permettono di entrare nel vivo del dibattito sull’arte contem-poranea. Nota è infatti l’influenza di Picasso sulle giovani generazioni di artisti; si può quin-di comprendere l’attenzione posta a questa esposizione. La collezione di Peggy Guggen-heim offre invece la possibilità di ripercorre-re le avanguardie “storiche” dal cubismo al surrealismo, attraverso l’esperienza astratta. In più si potevano vedere per la prima volta le opere dei giovani pittori americani prota-gonisti dell’espressionismo astratto e dell’ac-tion painting, da Pollock a rothko. Questa edizione della Biennale rappresenta simboli-camente l’inizio di un nuovo corso dell’arte contemporanea in una italia che è ora una repubblica democratica e antifascista.È in questo clima che Marabini decide di ri-prendere la sua attività artistica e di comple-tare i suoi studi iscrivendosi, nel 1948, all’Isti-tuto Statale d’arte.Ricomincia anche la sua attività di mosaicista collaborando con il suo insegnante romual-do Scarpa. Pur continuando a disegnare e a dipingere, inizia a manifestare un crescente interesse per la scultura che ben presto pre-dominerà sulle altre forme espressive. Verso la fine del 1955 si iscrive all’Accademia di Belle Arti dove, nel 1959, si diploma in scultu-ra con alberto Viani. Marabini dunque sceglie il linguaggio plastico per dare voce alla sua ricerca artistica, scelta non facile e rischiosa data la difficoltà della scultura di trovare una collocazione nel mercato artistico.Marabini si inserisce inevitabilmente nel di-

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    battito sulla scultura che aveva un riscontro internazionale alla Biennale ma che certa-mente va ricondotto, per la sua definizione in ambito locale, alle mostre dell’Opera Bevilac-qua La Masa.come ha sottolineato Nico Stringa, prenden-do in esame la partecipazione degli scultori alle mostre collettive dell’Opera Bevilacqua La Masa, “durante gli anni cinquanta le due anime della scultura, astratta e figurativa, si confrontano, ma con ben diversa accentua-zione e consapevolezza; e sono ancora una volta artisti della stessa generazione che im-boccano strade divergenti. L’impressione che si ricava da uno sguardo retrospettivo è di una lenta ma inarrestabile estinzione della figurazione, con poche eccezioni. Uno degli ultimi scultori che ancora nella figura riescono a immettere alito vitale è Giuseppe Romanelli, che nel 1953 è opportunamente premiato alla Bevilacqua con un grande gesso spazioso, Bagnante, riassuntivo del limite verso cui può spingersi in direzione spaziale una poetica della figura. [...] Nel 1953 è premiato anche Bruno de Toffoli (1913 - 1978) con un’opera matura del suo spazialismo”4.dunque nel 1953 nel momento di riconosce-re, grazie ai premi, gli scultori “veneziani” più autorevoli la giuria agisce in modo equo rico-noscendo sia l’opera di un “figurativo” come Romanelli, dove è evidente l’eco di Arturo Martini, sia quella di un “astratto” come de Toffoli, ormai giunto ad un espressione libera da ogni rimando alla figura.Scorrendo velocemente le partecipazioni degli scultori alle mostre dell’Opera Bevilacqua La Masa dal 1947 al 1962, basandoci soprattut-to sulle opere riprodotte in catalogo, vediamo delinearsi nettamente questa cesura tra una ricerca legata principalmente alla figura umana e quella invece indirizzata verso un’espressio-

    [4] Nico Stringa, Sculture alla Fondazione Bevilacqua La Masa dal 1908 al 1968: temi e schemi, in Luca Massimo Barbero (a cura di), Emblemi d’Arte, da Boccioni a Tan-credi. Cent’anni della Fondazione Bevilacqua La Masa 1899-1999, (catalogo della mostra, Venezia, Galleria Be-vilacqua La Masa e Palazzetto Tito 1999), Electa, Milano 1999, p. 243.

    ne non figurativa, seguendo la via indicata da alberto Viani già dai primi anni quaranta.Sul versante del figurativo, dove si riscon-trano continue eco del magistero di arturo Martini, troviamo ricorrenti i nomi di Romano Vio (1913 - 1984), di Ennio Pettenello (1912 - 1996), di remigio Barbaro (1911 - 2005), di Giuseppe romanelli (1916 - 1982), di Luigi Pavanati (1915 - 1977) e di Guido Manarin (1918 - 1955). Soggetto privilegiato è la figu-ra umana e in particolare il nudo femminile, a volte reso in modo sensuale e “primitivo”, dove non mancano riferimenti alle Pomone di Marino Marini.Sul versante astratto, oltre a Bruno De Toffoli (1913 - 1978), si ricordano Salvatore Mes-sina (1916 - 1982), Giorgio Zennaro (1926 - 2005), Giancarlo Franco Tramontin (1931), Giuseppe Lotto (1935), Giorgio Gasparini (1937 - 2000), e rina Biondi (1940 - 2002): astrattismo inteso come pura espressione ritmica di volumi, ma talvolta come estrema sintesi plastica della figura umana.Posto dinanzi alla scelta Marabini non ha dubbi e, pur essendo stato allievo di Alberto Viani, come evidenzia Franca Lugato, “rimar-rà sempre ancorato al mondo figurativo sul solco del percorso tracciato a Venezia dall’in-segnamento e dall’opera martiniana”.a sottolineare questa scelta si ricorda la sua partecipazione, nelle fila degli scultori figura-tivi, alla mostra collettiva organizzata alla gal-leria 3950 (8 – 16 marzo 1961), dove il suo nome compare accanto a quello, tra gli altri, di remigio Barbaro, di Guido Manarin, e di Giuseppe romanelli che abbiamo già indica-to come protagonisti delle mostre dell’Opera Bevilacqua La Masa.Per un tragico incidente Mario Marabini termi-na prematuramente la sua vita terrena, ed è quindi impossibile sapere quale corso avreb-be preso la sua ricerca plastica. dalle opere che ci ha lasciato possiamo però supporre che difficilmente si sarebbe allontanato dalla rappresentazione della figura umana che per lui sembra essere la “forma” più viva e carica di grazia.