"Neuroscienze Anemos" gen-mar 2016 Anno VI n. 20

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TRIMESTRALE CULTURALE A DIFFUSIONE GRATUITA - GEN-MAR 2016 ANNO VI - NUMERO 20 ISSN 2281-0994 ELISABETTA SIRANI IL BAROCCO AL FEMMINILE A BOLOGNA PERCEZIONE E MOVIMENTO Fenomeno complesso che coinvolge fisiologia, aspetti cognitivi, culturali e simbolici PENSIERO AL FEMMINILE NEUROSCIENZE QUANDO LA MUSICA CI FA OSCILLARE UN VIAGGIO NELLA SINCRONIZZAZIONE NEURALE PSICOLOGIA LA PERCEZIONE MULTIMODALE DARE PIÙ SENSO (SENSI) ALLA REALTÀ FILOSOFIA Il caso Nietzsche: profilo del suo pensiero e ipotesi sulla sua pazzia MEDICINA Il corpo nello spazio: valutazione clinica e strumentale della postura PSICOLOGIA Oggetti "smart": ridimensionano i modi in cui percepiamo la tecnologia A nemos TRIMESTRALE INTERDISCIPLINARE PER L'INTEGRAZIONE TRA NEUROSCIENZE E ALTRE DISCIPLINE NEUROSCIENZE

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"Neuroscienze Anemos" gen-mar 2016 Anno VI n. 20. Trimestrale interdisciplinare per l'integrazione tra neuroscienze e altre discipline

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TrimesTrale culTurale a diffusione graTuiTa - gen-mar 2016 ♦ anno Vi - numero 20 ISSN 2281-0994

elisabetta siraniIl Barocco al femmInIle a Bologna

Percezione e movimentoFenomeno complesso che coinvolge fisiologia,aspetti cognitivi, culturali e simbolici

PENSIERO AL FEMMINILENEUROSCIENZE

QUanDO la MUsiCaCi Fa OsCillare

Un VIaggIo nellaSIncronIZZaZIone

neUrale

PSICOLOGIA

la PerCeZiOneMUltiMODale

Dare PIù SenSo (SenSI)

alla realTà

FILOSOFIAIl caso Nietzsche:

profilo del suo pensiero e ipotesi sulla sua pazzia

MEDICINAIl corpo nello spazio:valutazione clinica

e strumentale della postura

PSICOLOGIAOggetti "smart":

ridimensionano i modi in cuipercepiamo la tecnologia

AnemosTrimesTrale iNTerDisCiPliNare Per l'iNTeGraZiONe Tra NeUrOsCieNZe e alTre DisCiPliNe

n e u r o s c i e n z e

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Centro di riferimento: Centro di Neuroscienze Anemos, Reggio Emilia.Centri Ospedalieri per la Neurochirurgia del rachide e le tecniche mininvasive:

Casa di Cura Salus Hospital (Re), Ospedale di Suzzara (Mn), Casa di Cura San Clemente (Mn), Casa di Cura Villa Maria Cecilia di Cotignola (Ra).

Ambulatori: Reggio Emilia, Correggio, Suzzara, Poggio Rusco, Mantova, Carpi, Modena, Fiorenzuola, Olbia e Agrigento.

CENTRO DI NEUROSCIENZE ANEMOSDirettore sanitario: Dott. Marco Ruini

PSICOLOGIA CLINICA Psicologia (Dott.ssa Anna Maria Sangiorgi)

Psicoterapia di coppia e famigliare (Dott Federico Gasparini)Psicotraumatologia e EMDR (Dott.ssa Federica Maldini)

Psicopatologia dell'apprendimento (Dott.ssa Enrica Giaroli)Logopedia (Dott.ssa Sandra Cocca)

NEUROPSICOLOGIA ADULTI (Dott. Federico Gasparini)

NEUROPSICOLOGIA dello SVILUPPO (Dott.ssa Lisa Faietti, Dott.ssa Linda Iotti)

AREA DI PSICHIATRIADott. Giuseppe CupelloDott. Raffaele Bertolini

AREA DI OCULISTICADott. Valeriano GilioliDott. Vicenzo Vittici

SERVIZIO DI NEUROCHIRURGIADr. Marco Ruini: Responsabile

Dr. Marco Ruini: NeurochirurgoDr. Andrea Veroni: Neurochirurgo

Dr. Andrea Seghedoni: NeurochirurgoDr. Nicola Nicassio: Neurochirurgo

Dr. Raffaele Scrofani: Neurochirurgo

CollaborazioniDr. Ignazio Borghesi, NeurochirurgoProf. Vitaliano Nizzoli, Neurochirurgo

Prof. Lorenzo Genitori, Neurochirurgia PediatricaDr. Bruno Zanotti, Neurochirurgo

SERVIZIO DI TERAPIA ANTALGICADr. Roberto Bianco, Anestesista, Terapia infiltrativa, Agopuntura

Dr. Ezio Gulli, Anestesista, Terapia infiltrativa

SERVIZIO DI RIABILITAZIONE E RIEDUCAZIONE FUNZIONALE

Dr. Aurelio Giavatto, Manipolazioni visceraliDr. Nicolas Negrete, Fisioterapista

Dr. Giorgio Reggiani, FisiatraSERVIZIO DI NEUROLOGIA E DI NEUROFISIOLOGIA

Dr. Mario Baratti, Neurologo, Elettromiografia e Potenziali evocati

Dott. Devetak Massimiliano, Neurologo, doppler tronchi sovraortici e transcranico

Dr.ssa Daniela Monaco, Neurologia, Doppler transcranico per Parkinson

ANEMOS | Centro Servizi di NeuroscienzePoliambulatorio Medico | Libera Università | Ass. CulturaleVia Meuccio Ruini, 6 | 42124 Reggio Emilia tel. 0522 922052 | Fax 0522 517538 | www.anemoscns.it [email protected] | www.associazioneanemos.org

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Anemosneuroscienze

Questo nuovo numero di “Neuroscienze Anemos” è parzialmente

rinnovato nella veste grafica. Si tratta di un rinfresco necessario, come gli addetti all'editoria periodica sanno bene. Infatti, se è certamente il contenuto a fare la qualità di una pubblicazione, è altrettanto vero che la fruizione di un periodico a carattere divulgativo necessita anche di una piacevolezza visiva, e quindi dell'introduzione, talvolta, di novità. Come il lettore potrà verificare, si tratta comunque di una veste grafica in continuità con quella del numero precedente, che rispetta il compromesso tra leggibilità, sobrietà ed estetica. La linea editoriale di “Neuroscienze Anemos”, per così dire mediana tra divulgazione e pubblicazione scientifica per gli addetti ai lavori, si sposa bene con un impaginato ricco di illustrazioni, ma che non cede troppo al gusto del gioco grafico, e parallelamente non adotta

la soluzione opposta di proporre una pubblicazione di solo testo e grafici.La via mediana, a cui si accennava sopra, è una metafora che va oltre l'aspetto puramente visivo di una scelta di impaginato. Infatti, il lettore potrà notare anche che i contributi contenutistici dovuti ad autori che operano nella ricerca accademica (università o laboratori di ricerca, pubblici e privati), si caratterizzano per il desiderio di rendere il discorso intellegibile anche per i non addetti ai lavori, senza snaturare il senso e la pregnanza dei contenuti esposti.Rimangono quasi invariati gli apparati ausiliari alla lettura: la mappa concettuale del numero, l'indicazione della tipologia di articolo (interdisciplinare, approfondimento, ecc.) e l'indicazione di una arbitraria, ma utile perché indicativa, scala di difficoltà della lettura.

Gli EditoriLa Clessidra Editrice

Libera Università di Neuroscienze Anemos

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Un sobrio rinnovo grafico

Editoriale

CONTATTI. Si possono inviare proposte di articoli, segnalazioni di eventi, commenti o altro all’indirizzo che segue:[email protected]

Su Facebook.Neuroscienze AnemosLaClessidraEditrice

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Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

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Hanno inoltre collaborato:Alessandro Carlini, Pierluigi Dalla Rosa, Laura Ferreri,

Sara Uboldi, Angela Verlicchi,

Luogo di stampaE.Lui Tipografia - Reggiolo

(RE)

Registrazione n. 1244 del 01/02/2011

Tribunale di Reggio Emilia

Iconografia: alcune immagini presenti in «Neuroscienze Anemos» sono tratte da siti internet contenenti banche dati

di immagini di libero utilizzo. Qualora vi fossero stati errori e omissioni relativi

al diritto d’autore l’editore rimane a disposizione per sanare la sua

posizione.

www.clessidraeditrice.it

Percezione e movimento

GEN-MAR 2016 | ANNO VI - NUMERO 20

Neuronews▪ La velocità della

memoria episodica▪ Esiste il sesto senso?▪ Il mistero delle nonne▪ Aggressività e inverno

▪ Sonno efficiente

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Fenomeno complesso che coinvolge fisiologia, aspetti cognitivi, culturali e simbolici

10L'uomo

macchinaC'erano quattro gatti.

Relativismo linguistico:imbarazzi e tranelli

filosofici delle lingue

12Incontri

▪ Congressi di neurologia▪ Neuroestetica. L'inven-

zione della bellezza▪ Festival della

matematica

Pensieroal femminileElisabetta Sirani.

Il barocco al femminile

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EditoreEditrice La Clessidra / Anemos

RedazioneVia 25 aprile, 33

42046 Reggiolo (RE)[email protected]

Tel 0522 210183

Direttore ResponsabileDavide Donadio

[email protected]

Direttore ScientificoMarco Ruini

[email protected]

Redazione: Marco Barbieri, Federica Castagnoli,

Tommy Manfredini, Paola Torelli.

Comitato scientifico*Adriano AmatiLaura AndraoMario Baratti

Mauro BertaniRaffaele BertoliniVitaliano Biondi

Ilenia CompagnoniGiuseppe CupelloLorenzo GenitoriEnrico Ghidoni

Aurelio GiavattoFranco Insalaco

Danilo MoriniAntonio Petrucci

Sara PinelliGiorgio Reggiani

Ivana SonciniLeonardo TeggiBruno Zanotti

* Il comitato scientifico è composto da persone che partecipano a vario titolo e con continuità differente alle attività organizzate dalla Libera

Università di Neuroscienze Anemos e di La Clessidra Editrice.

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SOMMARIO16

Percezione e movimentoFenomeno complesso che coinvolge fisiologia, aspetti cognitivi, culturali e simbolici

Anemosneuroscienze

INTRODUzIONE AL TEMA

18Neurofisiologia della percezioneUn glossario minimodi B. Zanotti, A. Verlicchi

NEUROFISIOLOgIA | PSICOLOgIA

22La percezione multimodaleDare più senso (sensi) alla realtàdi Alessandro Carlini

NEUROFISIOLOgIA | PSICOLOgIA

26L'intelligenza degli oggettiOggetti "smart": sono basati su principi infor-mativi completamente nuovidi Pierluigi Dalla Rosa

TECNOLOgIA | PSICOLOgIA

30Quando la musica ci fa oscillareUn viaggio nella sincronizzazione neuraledi Laura Ferreri

NEUROSCIENzE | MUSICA

34Narrazione e spazio incarnatoLo spazio: un medium attraverso cui si sviluppa la conoscenza umana.di Sara Uboldi

NEUROSCIENzE | NARRATOLOgIA

37 Letteratura e percezione del movimentodi Adriano Amati

41Il corpo nello spazioLa valutazione clinica e strumentale della posturadi Giorgio Reggiani

APPROFONDIMENTI MEDICI

52La follia di un filosofoIl caso Nietzsche: profilo del suo pensiero e ipotesi sulla sua pazziadi Antonio Petrucci

FILOSOFIA | PSICHIATRIA

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neuronewsrassegna di notizie dal mondo della scienza

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EsIstE IL sEsto sENso?Identificata nel cervello un'area in grado di percepire in 200 millisecondi i pericoli

Nel nostro cervello esiste una speciale area dedi-cata a captare i pericoli

imminenti, eredità dei nostri antenati preistorici. È questa la conclusione a cui è giunta l'equi-pe di ricerca di Marwa El Zein dell'Inserm (Istituto francese di sanità e ricerca medica) e della Scuola Normale Superiore di Parigi. Pubblicata su “eLife”, la ricerca fornisce una spiegazio-ne scientifica sul perchè i nostri neuroni sembrano impegnarsi di più in caso di cattiva sorte o di pericolo.Quando ci troviamo di fronte ad una minaccia, infatti, si attiva nel nostro cervello una sorta di “sesto senso” in grado di captare in modo automatico ed estremamente rapido quello che ci sembra un pericolo: sono suf-ficienti 200 millisecondi affinché il nostro cervello attivi un segna-le di pericolo.Lo studio ha dimostrato che ad essere collegata al senso del pericolo è una specifica area del cervello. Inoltre, i ricercatori hanno notato che mentre nelle persone ansiose il segnale di allarme viene elaborato nella regione cerebrale responsabi-le dell'azione, accrescendo la

capacità di reagire dei soggetti, nelle persone di indole più tran-quilla il segnale viene processa-to dai circuiti deputati al ricono-scimento facciale. Ecco, quindi, che chi ha un'espressione arrab-biata e guarda dritto verso di noi viene percepito come particolar-mente minaccioso.L'équipe di ricerca è giunta a queste conclusioni esaminando i segnali elettrici di un gruppo di volontari. Ai soggetti sono stati mostrati diversi volti modificati con strumenti digitali e chiesto loro di identificare l'emozione trasmessa da ogni volto. In alcu-ni casi l'espressione delle facce era la stessa, ma cambiava la direzione dello sguardo. Hanno così scoperto che se una per-sona mostra paura e guarda in una direzione particolare, que-sto suo sentimento viene perce-pito più rapidamente rispetto a quanto accadrebbe se ad esse-re trasmessa fosse un'emozione positiva. Ciò probabilmente è eredità del nostro processo evo-lutivo, di quando l'uomo viveva insieme ai predatori. In questo caso riconoscere la paura su un'altra faccia poteva aiutare a individuare il pericolo imminente e a mettersi in salvo.

La vELoCItà dELLa mEmoRIa

EPIsodICaRecuperare i ricordi

del passato è più veloce di quanto creduto finora

Una ricerca condotta in col-laborazione dall'Università di Costanza, in Germania,

e dall'Università di Birmigham, in Gran Bretagna, ha mostrato come il recupero di ricordi del nostro passato avvenga in modo più rapido di quanto ritenuto fino-ra. Non solo, ad essere attivate in questa operazione sono aree della corteccia somatosensoriale e sarebbe possibile interferire con questo processo. I risultati dello studio sono stati pubblicati su “Journal of Neuroscience”.Tramite un sistema di registra-zione elettroencefalografia ad altissima risoluzione temporale, i ricercatori hanno potuto identifica-re la successione in cui vengono attivate le diverse aree cerebrali. Hanno così scoperto non solo che per recuperare eventi della memoria episodica è richiesta la rivisitazione delle informazioni sensoriali registrate al momento dell'evento in questione, ma an-che che ciò avviene in tempi più brevi di quanto finora pensato: tra 0,1 e 0,2 secondi rispetto al mez-zo secondo che si credeva.Inoltre, attraverso diversi esperi-menti, i ricercatori hanno dimo-strato che si può interferire con questo processo di recupero applicando una stimolazione ma-gnetica ripetitiva (rTMS) a quelle determinate aree sensoriali: se si blocca la loro attivazione, la per-sona non è in grado di rievocare il ricordo.

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IL mIstERo dELLE NoNNE

A tenere in forma le nonne sono dei geni, che si sono evoluti come protezione dal declino

cognitivo e per favorire la trasmissione dei propri geni

Sempre più spesso nella nostra società viene attri-buito un ruolo fondamen-

tali ai nonni. Eppure, dal punto di vista evolutivo le nonne rap-presentano una sorta di mistero: vivono per molti anni dopo aver superato l’età per fare figli, un fatto che le rende diverse dalle femmine della maggioranza delle altre specie, che sono invece de-stinate a morire poco dopo aver portato a termine il loro compito riproduttivo.Uno studio pubblicato su “Pnas” e condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università della California a San Diego ha fornito una spiegazione a questo “miste-

ro”: ciò sarebbe dovuto ad un insieme di geni che assicu-rano la sopravvivenza in salute dei nonni, permettendo loro di portare a termine con successo il loro compito di cura dei nipoti. Inoltre, secondo la cosiddetta “ipotesi della nonna” aiutando le mamme nell'accudire i figli, le nonne permettevano alle giovani di avere più tempo per generare altra prole, favorendo la trasmis-sione dei propri geni.I ricercatori sono arrivati a questa conclusione studiando un gene, il CD33. Questo gene permette di controllare la risposta dell’or-

ganismo all’infiammazione ed è collegato al morbo di Alzheimer: in particolare una sua variante proteggerebbe dalla malattia, mentre un’altra la favorirebbe. Analizzando la loro frequen-za e quella di diversi altri geni associati a malattie legate alla vecchiaia, come la demenza o l’ipertensione, gli studiosi hanno scoperto che mentre i livelli delle varianti che predispongono alle malattie sono presenti in ugual modo in uomini e animali, al contrario quelli delle varianti pro-tettive sono più numerosi nelle persone.

PER EssERE fELICI dItE stoP aLLE E-maILControllare compulsivamente le e-mail è fonte di stress

Volete essere felici? Non leggete le e-mail. È que-sta la conclusione a cui

è giunto un team di psicologi britannici. Le e-mail, infatti, rap-presentano quasi una forma di dipendenza per chi è abituato a controllarle in modo ossessivo e ad aggiornarne continuamente il flusso sui computer portatili, tablet e smartphone. Controllare compulsivamente la casella di posta elettronica può diventare "una fonte tossica di stress" se-

condo i ricercatori. La tecnologia sta avendo un impatto sempre più importante nelle nostre vite con ripercussioni per quello che gli psicologi chia-mano il “benessere emozionale” delle persone. I nuovi dispositivi elettronici, come gli smartphone e i recenti smartwatch, rendono, infatti, le persone costantemente reperibili e in allerta per quanto riguarda non solo il lavoro, ma tutti gli aspetti della vita quotidia-na.

La ricerca ha evidenziato come il flusso continuo delle mail o di altri messaggi, oltre al susseguir-si di bip e vibrazioni, influisce negativamente sulle persone, producendo un aumento della tensione e delle preoccupazioni fra gli individui. Il consiglio, quindi, è quello di imparare a distaccarsi dai dispo-sitivi elettronici, effettuando delle pause tra una lettura e l'altra delle e-mail.

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aRRossItE E vI ImBaRazzatE sPEsso? aLLoRa sIEtE PERsoNE BUoNE

L'imbarazzo è sintomo che ci si interessa del benessere altrui

Una ricerca pubblicata sul “Journal of Per-sonality and Social

Psychologist” getta nuova luce sui meccanismi dietro all'imbarazzo. Secondo i ricercatori, infatti, l'imbaraz-zo non sarebbe un segno di debolezza, ma evidenzia che si ha a cuore il benessere al-trui e la volontà di non creare situazioni sgradevoli. Inoltre, l’imbarazzo si può conside-rare un sintomo di fedeltà sentimentale: chi è monoga-mo fa fatica a interagire con persone che lo attraggono. L'equipe di ricerca è partita dal lavoro del sociologo canadese Erving Goffman, che negli anni '50 dichiarò che il rossore e le reazioni simili rappresentano la comunicazione non verbale per

esprimere il proprio dispiacere per quanto è appena successo. Partendo da queste indicazioni, gli studiosi e docenti americani Robert Boyd e Peter J. Richer-son sono giunti alla conclusione che le guance che diventano rosse per la vergogna, l'abbas-

sare gli occhi e il ridere ner-vosamente hanno contribuito all’evoluzione della specie, in quanto sono una manifestazio-ne del tutto simile alla remis-sività degli animali, usata per scongiurare reazioni aggressive da parte dei loro simili.Da queste ricerche si è giun-ti all'ultimo studio di Matthew Feinberg, Robb Willer e Dacher Keltner, pubblicato sul “Journal of Personality and Social Psy-chologist”: secondo i ricercatori quando ci imbarazziamo stia-mo dando un indizio del nostro comportamento pro sociale, cioè del fatto che siamo mag-giormente portati a rispettare le regole sociali, a preoccuparci del benessere altrui e a evitare che le altre persone si trovino a disagio.

aggREssIvItà E INvERNoCon l'accorciarsi delle giornate

si diventa più aggressivi

Si chiama “effetto inverno” ed è quel meccanismo che fa sì che nelle brevi e

buie giornate invernali si scate-ni più facilmente l'aggressività. A scatenare l'aggressività è un meccanismo ormonale differente da uomo e donna, retaggio del nostro passato quando poteva conferire un vantaggio nei periodi in cui il cibo era più scarso.Lo studio, condotto dai ricercatori dell'Indiana University, è stato pubblicato su “Proceedings of the Royal Academy Bed”. L'equipe

ha esaminato le reazioni dei cri-ceti, roditori altamente territoriali, ad un inverno simulato, valutan-done poi i loro comportamenti in situazioni in cui un esemplare era percepito come un intruso. In questo modo hanno esaminato i cambiamenti legati all'effetto inverno nelle femmine. «I risul-tati - ha spiegato Nikki Rendon, autrice dello studio - mostrano per la prima volta che la mela-tonina agisce direttamente sulle ghiandole adrenaliniche nelle femmine per accendere un inter-

ruttore dell'aggressività stagio-nale». Un meccanismo del tutto «diverso da quello che agisce nei maschi».Inoltre, come ha spiegato la stes-sa ricercatrice: «appare sempre più chiaro che gli ormoni sessuali giocano un ruolo importante nel controllare l'aggressività in ma-schi e femmine. Ma le femmine, umane e non, sono molto poco studiate nella scienza. Condu-cendo questa ricerca proprio sulle femmine stiamo contri-buendo a comprendere gli effetti degli ormoni sul comportamento sociale, in un campo attualmen-te dominato da discussioni sul testosterone che regola l'aggres-sività nei maschi».

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Sapevate che gli esseri umani sono biologi-camente predisposti

a sonni corti e ristoratori? A differenza dei primati, infatti, per godere dei benefici del riposo gli uomini necessita-no di una minore quantità di sonno, questo perchè il nostro sonno è più efficien-te. A rivelarlo una ricerca della Duke University che ha esaminato i sonni di centina-ia di specie di mammiferi.Tra le diverse specie ana-lizzate anche 21 gruppi di primati: babbuini, oranghi, lemuri e scimpanzé, fino ad arrivare all'uomo. Si è così visto che l'uomo è un dormi-tore "rapido": per noi sono sufficienti 7 ore di sonno, rispetto alle 14 ore di un ma-caco nemestrino e alle 17 di un Microcebus murinus (un lemure del Madagascar).Ciò è possibile grazie alla maggiore efficienza del-le dormite dell'uomo, che puntano dritte “alla meta”: trascorriamo meno tempo nelle fasi leggere del sonno e più tempo in quelle più profonde. Ciò non dipen-

de da notti più brevi grazie alla luce elettrica e all'uso massiccio di tablet e cellula-ri. Studi compiuti su popola-zioni non ancora raggiunte dalle moderne tecnologie, come alcune popolazioni tribali della Tanzania, Nami-bia e Bolivia, hanno mostra-to che anche chi è lontano dalla tecnologia e si regola seguendo esclusivamente i ritmi naturali dorme poco più di sei ore a notte e si trattie-ne a parlare a lungo al buio intorno al fuoco.Secondo i ricercatori ciò sarebbe un'eredità dei nostri antenati. Quando questi passarono dai giacigli so-spesi a quelli a terra intorno al fuoco, stabilirono turni di guardia per difendersi dai predatori, sviluppando così la capacità di dormire di meno ma in modo più efficiente. Il tempo guada-gnato venne così usato per stringere legami sociali e imparare nuove abilità.

soNNo EffICIENtEGli esseri umani riescono a sfruttare i benefici

del riposo anche dormendo poche ore

BREvI

La “sUPER” vIsta dEI PICCIoNIPossiedono incredibili capacità di discriminare oggetti e immagini

Bastano 15 giorni di addestramen-to per trasformare un piccione in un bravo radiologo. Un risultato

sorprendente se si pensa che il cervello di un piccione è grande come la punta del nostro mignolo. Eppure una ricerca della University of Iowa e della Univer-sity of California di Davis, ha esaminato le potenzialità di apprendimento e il sistema visivo dei piccioni, valutandone la capacità di riconoscere masse so-spette all'interno di immagini di mam-mografie. I risultati, pubblicati su “Plos One”, hanno mostrano che con il giusto addestramento possono riconoscere la presenza di un tumore al seno in alcu-ni tipi di immagini con un'accuratezza paragonabile a quella di uno specialista umano. Come ha spiegato Richard Levenson, coautore della ricerca: “gli uccelli si sono rivelati incredibilmente capaci nel riconoscere la presenza di tumori al seno maligni nelle immagini. Il primo giorno la loro accuratezza nel ricono-scere le immagini a bassa risoluzione era del 50%, ed è salita fino all'85% nel giro di 13-15 giorni".

QI E sPERaNza dI vItaChi ha un quoziente di intelligenza più alto, ha una speranza di vita più lunga

Numerosi studi compiuti recen-temente hanno dimostrato che esiste una correlazione tra quo-

ziente di intelligenza e speranza di vita: chi ha un QI più alto ha una speranza di vita più lunga.Le ragioni di questo legame non sono state ancora del tutto chiarite, ma sembra certa una correlazione di tipo genetico, mentre da studi di epidemio-logia cognitiva, non risulta pienamente spiegabile con fattori di tipo socioeco-nomico.

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L'uomo macchinaAppunti liberi tra filosofia della mente, divagazioni antropologiche e letterarie

C'ERaNo QUattRo gattIRelativismo linguistico: imbarazzi

e tranelli filosofici delle lingue

Nella conversazione quotidiana i termini lingua e linguaggio tendono a sovrap-porsi e a confon-

dersi. In realtà, il primo termine indica un idioma proprio di una comunità linguistica determinata, culturalmente, storicamente e spesso anche geograficamente (lingua italiana, lingua tedesca, lingua inglese), mentre il secondo indica la capacità cognitiva uma-na e, per estensione, l'insieme di codici verbali, non verbali, natu-rali, artificiali, umani, animali, ecc che, tra le varie e innumerevoli funzioni, trasmettono informazio-ni, suscitano reazioni (emotive o pratiche). Va detto che questa distinzione non esiste, ad esem-pio in inglese. Il termine language comprende l'intera area semanti-ca dei due termini italiani.La filosofia, in particolare nel Novecento, ha caricato il linguag-gio di aspettative metafisiche spesso eccessive. È senz'altro vero che l'utilizzo e l'esistenza del linguaggio - concretamente e storicamente espresso in lingue specifiche - implichi problemi fon-damentali della filosofia; si pensi al dibattito sull'arbitrarietà del segno, al valore di verità presup-posto da un certo tipo di proposi-zioni linguistiche. Tuttavia, questa direzione d'indagine apre questio-ni metafisiche talmente ampie da portare alla fine l'oggetto d'inda-gine - il linguaggio appunto - fuori dalla discussione.La fantasia dei filosofi, in que-sto caso, si è contrapposta alla concretezza dei linguisti. Qualche volta i primi sono caduti in imba-

razzanti equivoci o hanno preso a pretesto l'etimologia (in partico-lare del greco antico, con l'aura nobilitante che ne derivava) per sostenere argomentazioni filoso-fiche confuse, anche se non prive di fascino ed elegante erudizione.Già di per sé la concretezza dell'indagine linguistica comporta implicazioni filosofiche che pos-sono essere metodologicamente studiate con più profitto; questo perché tale concretezza, circo-scritta al particolare, è più vicina alla metodologia empirico-spe-rimentale delle scienze naturali. Con ciò non si vuole sostenere che occorra “ridurre” tout court le questioni sociali, semantiche, psi-cologiche e ontologiche implicate dal linguaggio alle metodologie scientifiche. Forse, però, ritornare all'approccio linguistico, cioè, in quanto operato dai linguisti, allo studio del linguaggio - si perdoni il bisticcio di parole - eviterebbe quegli equivoci di cui parlava-mo prima. E anche il filosofo del linguaggio, prima di essere un logico o un metafisico, dovrebbe essere un linguista.1

Un esempio concreto. È noto come l'impiego di una determi-nata lingua (non del linguaggio!) determini alcune componenti delle nostre credenze sul mondo. Alcune lingue organizzano con-cettualmente il mondo in modo diverso dalle lingue indoeuropee, utilizzando morfemi specifici o for-me combinatorie di elementi ele-mentari2. Tra gli ambiti di queste argomentazioni, c'è la questione di genere. L'utilizzo del termine “uomo” come universale dell'uma-no, oltre alla coniugazione al

maschile del linguaggio (in senso simbolico, non flessivo), determi-nerebbe un mondo al maschile. Se la conclusione è storicamente esatta poiché sotto gli occhi di qualsiasi osservatore di buon senso, la premessa linguistica rientra negli abbagli linguistici. È noto, infatti, che solo alcune lin-gue impiegano il termine comune maschile singolare analogo a “uomo” per indicare l'umanità in genere. Anche solo rimanendo nell'ambito delle lingue indoeu-ropee, una lingua slava come il russo impiega il termine человек (čelovek, traducibile come un generico persona) nelle proposi-zioni che in italiano contengono “uomo”. Non vi è una connotazio-ne di genere nelle proposizioni di questo tipo pronunciate dai parlati di questa lingua.Il relativismo linguistico è una conquista intellettuale spesso fraintesa o, al contrario, dimenti-cata. Se è vero che il rapporto tra pensiero e linguaggio è determi-nante per l'attività mentale, non dobbiamo dimenticare che tale rapporto si manifesta all'interno di una cultura storicamente determi-nata e quindi di una lingua. Non possiamo pensare, come faceva

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di Davide Donadio

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Anemosneuroscienze

il buon Heidegger con il tedesco, che la lingua utilizzata per parlare del mondo sia il linguaggio univer-sale della filosofia. Il linguaggio

organizza l'esperienza, ma la lin-gua che lo esprime, relativa, è una trappola se scambiamo la nostra posizione particolare di parlanti di una lingua x come posizione universale.Spesso sono stati linguisti di impostazione antropologica, stu-diando lingue e culture specifiche e inscrivendole in un contesto contrastivo con le lingue-culture europee, ad aver apportato impor-tanti progressi nella nostra cono-scenza, concorrendo ad elaborare il relativismo linguistico.Altro ambito di studio linguistico-contrastivo (come dicevamo, filo-

soficamente interessante) è quello sull'uso idiomatico del linguaggio e la traducibilità interlinguistica dei realia3, detti e proverbi. Ciò va oltre l'interesse linguistico di teoria della traduzione, perché spesso il folklore di una cultura, espresso linguisticamente e dalla cultura materiale e dai riti, è indice del legame lingua-mentalità di cui parlavamo. Rimaniamo alla lingua citata poco sopra, il russo4. Il parlate italiano, recandosi in un luogo meno affollato del previsto, vi racconterà che c'erano “quattro gatti”, mentre il russo, vi dirà che c'era mezza persona (полтара человека); l'italiano è “ubriaco fradicio” e bestemmia “come un turco” (il riferimento è alla paura del turco che ha terrorizzato l'Eu-ropa per tutta l'epoca moderna?), ma il russo è ubriaco e bestem-mia “come un ciabattino” (он пияный как сапожник и ругается как сапожник); l'area semantica idiomatica occupata dal nostro “scaricatore di porto” è spesso rappresentata nel russo dal pove-ro ciabattino. In fin dei conti l'Italia è stata civiltà di mare per secoli.Un italiano “bello come il sole” sarebbe per i russi, meno avvezzi allo splendore dell'astro nostra-no, “bello come se fosse dipinto” (пысаный краавец), mentre il “magro come un chiodo” sarà “magro come un fiammifero (он худой как спичка), quest'ultima come quella che segue, varianti più di colore che indicanti differen-ze tra sostrato culturale delle due lingue: gli italiani che si alzano presto, “si alzano con le galline”, mentre i russi preferiscono “alzarsi

con i galli” (вставать с петухами).Queste varianti idiomatiche che, come dicevamo, hanno particolare importanza nella pratica traduttiva, sono però emblematiche e sug-geriscono che a tutti i livelli del lin-guaggio si possa celare un fattore di relativismo linguistico-culturale.Linguaggi non verbali e lingue, in fin dei conti, sono gli strumenti principali per studiare e interpre-tare il mondo, e il loro utilizzo ap-prossimativo e inconsapevole non può che rendere confuse le idee che cerchiamo di esprimere. Ovviamente, in queste stesse argomentazioni si cela il pericolo di confondere linguaggio e lingua. Oggi risulta problematico ripro-porre l'identità totale linguaggio/pensiero, e occorre sempre tenere presente il relativismo linguistico all'interno di cui ci muoviamo, pur con la consapevolezza che i pro-blemi semantici possono essere affrontati da una prospettiva diver-sa da quella puramente linguistica (psicologica, sociologica, logica, ecc.).Certo, anche la pretesa di cercare nel linguaggio naturale una preci-sione univoca e formale che non può avere, compromette l'indagi-ne suddetta e renderebbe impos-sibili l'arte e la letteratura. Forse ogni percorso formativo dovrebbe prevedere uno studio propedeuti-co dell'ambito semiotico e lingui-stico, così che abbagli semantici (ma anche morfo-sintattici!) non ci facciano vedere assoluti là dove non ce ne sono, permettendoci allo stesso tempo, incolpevoli, di fare poesia con sublime ambiguità e imprecisione.

1 Il lavoro prezioso svolto dalla filosofia analitica ha riportato alcuni problemi metafisici all'alveo del lin-guaggio. Un approccio di questo tipo è rimasto ini-zialmente legato alla logica degli enunciati. Anche quando, negli ultimi decenni, è tornato l'interesse per i cosiddetti problemi metafisici (essere-esistenza, persistenza nel tempo, sostanza, ecc), l'impostazione è rimasta logica. Pur rendendo un utilissimo servizio di chiarificazione concettuale, si corre un pericolo analogo: la scomparsa della realtà e il ripiego totale sulla logica del linguaggio.

2 “Vedere” è un concetto universale linguistico? No, se si pensa che lingue come il kalam (Nuova

Guinea) associano ad una parte del corpo “occhi” il morfema verbale generico “percepire”. Ne parla C. Hagège in L'uomo di parole. Linguaggio e scienze umane, Einaudi, Torino 1989. Gli esempi sono nu-merosissimi quante lo sono le soluzioni linguistiche proposte dalle migliaia di lingue esistenti.

3 I realia sono termini impiegati in senso idiomatico che si riferiscono a fatti storici, riferimenti a persone, opere, eventi specifici di una cultura. Ad esempio, “ritirarsi sull'Aventino” è riferito alla storia romana e probabilmente non è inteso immediatamente da un parlante europeo non italofono (che comunque lo coglie anche senza la conoscenza del fatto storico)

e a maggior ragione extraeuropeo.

4 Si perdoni la pedante precisazione “manualistica”, ma è strumentale al discorso ed evita i fastidiosi usi impropri del termine “slavo” della pubblicistica. La lingua russa fa parte della famiglia linguistica indo-europea, quindi geneticamente imparentata con le lingue neolatine, germaniche, indo-ariane, il greco, ecc. Fa parte del gruppo slavo, sottogruppo slavo orientale che comprende russo, ucraino e bielorusso; le altre l. slave sono l. slave settentrionali: polacco, ceco e slovacco; l. slave meridionali: sloveno, serbo-croato, e bulgaro-macedone.

Immagine. Sopra una tribù della Nuova guinea. Esistono migliaia di culture e di lingue che concettualizzano il mondo in modo radicalmente diverso dalla cultura occidentale.

Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

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inconTriEventi scientifici e culturali

RU

BR

ICH

E

Vi segnaliamo in sintesi i princi-pali appuntamenti riguardanti congressi di neurologia e

discipline affini. Per le date più avan-zate nel corso dell'anno si consiglia di verificare se l'evento è confermato. Consultate il sito della società italiana di Neurologia (http://www.neuro.it/).

6 Febbraio 2016, Savona Update on Ischemic Stroke Segreteria Organizzativa: MedicaLink tel. 010 594541 email [email protected]

18 - 20 Febbraio 2016, Venezia Corso Update diagnostico-terapeutico in neurofisiologia clinica: neuropatie e neuronopatie. X Edizione Segreteria Organizzativa: ACC Med tel. 051 0569163 email [email protected]

19 Febbraio 2016, Bologna Riabilitazione motoria e Sclerosi Multipla: i meccanismi del danno e le strategie del recupero Segreteria Organizzativa: Planning Congressi tel. 051300100

19 Febbraio 2016, Verona Encefalomieliti: uno sguardo d’insieme Segreteria Organizzativa: Eolo Con-gressi tel. 0429767381 – email [email protected]

10 Marzo 2016, Gallarate Quali nuovi spazi terapeutici si aprono nel 2016?

11 - 13 Marzo 2016, Frascati XIV Corso ASC Le Cefalee Primarie

7 - 8 Aprile 2016, Milano III European Days of Albinism

CoNgREssI dI NEURoLogIa

Gli appuntamenti congressuali del 2016

ProgrammaI sessione: Arte, musi-ca, fotografia e neuro-

scienze cognitiveOre 9.00: Saluti e apertura dei lavori Ore 9.20 - 11.30 Moderatore: Bruno Zanotti Interventi di: - MARCO RUINI, Neuroscien-ze e giudizio estetico: l’inven-zione della bellezza - ENRICO GRASSI, Il bello musicale: dalla percezione al piacere (Coffee break)- SALVATORE SPINNATO, Sulla bellezza anatomica del corpo: dalla preistoria al mon-do fluttuante- MARCO AGUGGIA, La bellezza fotografica, tra realtà, errore e inganno 11.40-12.30 discussione

II sessione Letteratura, poesia e neuroscienze cognitiveOre 14.30 - 16.00 Moderatore: Adriano Amati

Interventi di: - STEFANO CALABRESE, Per una definizione scientifica di bellezza - ALBERTO BERTONI, Poe-sia e Alzheimer - MARCO PIVATO, Noverar le stelle. Che cosa hanno in comune scienziati e poeti16.00-16.30 discussione

Ore16.30-18.00 Interventi di dottorandi e dottorande della Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

Segreteria organizzativa: Libera università di Neuro-scienze Anemos, associazione culturale, via Meuccio Ruini, 6, Reggio Emilia. In fondo al presente numero il programma con il profilo dei relatori e dei moderatori. Contatti: www.anemoscns.it - [email protected]

NEURoEstEtICa. L'INvENzIoNE dELLa BELLEzza

Importante convegno che si terrà l'11 marzo 2016 presso l'Università di Modena e Reggio

Emilia (sede di Reggio)

La XIII Festa della Ma-tematica si svolgerà il giorno 4 marzo 2016

negli spazi del Centro Com-merciale "8 Gallery" situato nell'area del Lingotto, a Tori-no. Tra le varie conferenze si segnala: Ferdinando Arzarel-lo (Università di Torino) “Viag-

gio nella quarta dimensione e oltre” Ore 11,30 – 13,00 Conferenza (Multisala UCI Cinemas): ; Simonetta Di Sieno (Università di Milano) “La Bellezza della Mate-matica” Ore 10,00 – 11,30 Conferenza (Multisala UCI Cinemas).

fEstIvaL dELLa matEmatICaL'appuntamento è per il 4 marzo 2016,

"8 Gallery" Lingotto, Torino

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AIl tema del numero

Percezione e movimentoFenomeno complesso che coinvolge fisiologia,aspetti cognitivi, culturali e simbolici

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MAPPA CONCEttuALE: IL tEMA DEL NuMErOPercorsi interdisciplinari

PErCEzIONE E MOvIMENtOFenomeno complesso che coinvolge fisiologia,

aspetti cognitivi, culturali e simbolici

NEurOFISIOLOGIAE PSICOLOGIANeurofisiologia della percezione: un glossario minimo

NEurOFISIOLOGIAE PSICOLOGIADare più senso (sensi) alla realtà

2

tECNOLOGIA E PSICOLOGIAOggetti "smart": sono basati sui principi infor-mativi completamente nuovi, che ridimensiona-no i modi in cui perce-piamo la tecnologia

3

1

dalle neuroscienze alle scienze umane e sociali

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{STRUMENTI DI LETTURAI testi di «Neuroscienze Anemos» sono idealmente suddivisi in In - InterdisciplinaApp - ApprofondimentiR/Np - Ricerca e nuove proposte

Agli articoli viene inoltre assegnato un numero che indica la complessità di comprensione del testo da 1 a 5.

1 2 3 4 5

4

NEurOSCIENzE E MuSICAUn viaggio nella sincronizzazione neurale

altri a

ppro

fond

imen

ti PENSIErO AL FEMMINILE

Elisabetta Sirani:il barocco

al femminile

5

7

8

NEurOSCIENzEE NArrAtOLOGIALo spazio: un medium attraverso cui si svi-luppa la conoscenza umana.

6

MEDICINALa valutazione clinica e strumentale della postura

FILOSOFIA E PSIChIAtrIA

Il caso Nietzsche: profilo del suo

pensiero e ipotesi sulla sua pazzia

Approfondimenti interdisciplinari e altri punti di vista

4

Anemosneuroscienze

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Anemosneuroscienze

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Percezione e movimento

Fenomeno complesso che coinvolge

Fisiologia, aspetti cognitivi,

culturali e simbolici

INtrODUzIONE aL tEma

Il verbo “percepire” è dotato di una certa estensio-ne. Nel suo significato base, percepire significa ac-quisire “la coscienza di una realtà esterna o interna attraverso l’elaborazione organica e psichica di stimoli sensoriali” (Vocabolario treccani).

Il percepire, quindi, coinvolge non solo la sfera psichica, ma anche i media sensoriali che concorrono a formarla e mutarla: l'olfatto, l'odorato, la vista, il tatto. Percepi-re è anche una questione più complessa e può indicare l'esito ultimo di un processo che somma sensi e reazio-ne psichica: percepire un pericolo, una dissonanza, un disagio.Nelle pagine che seguono, abbiamo accostato in parti-colare la percezione con il movimento e lo spazio. La postura e il nostro occupare uno spazio, infatti, sono prerequisiti essenziali affinché l'essere umano – esisten-do – sia anche soggetto di percezione. Come si capisce, le conseguenze filosofiche di queste indagini sono varie e profonde, e porterebbero fino ad indagare le credenze (scarto tra ciò che credo di percepire e ciò che percepi-sco, come nelle illusioni sensoriali) e verità (che rappor-to c'è tra realtà effettuale, la verità, e ciò che percepi-sco?). ma l'approccio scientifico, si sa, è spesso fruttuoso se si concentra sul particolare, estrapolando eventualmente da questo un discorso generale a posteriori. Certo, senza illudersi di non basarsi su una qualche visione del mondo (una filosofia, per così dire, presupposta). Per questo, in luogo di discussioni metafisiche sul percepire, di seguito troverete alcune visuali particolari della problematica: la percezione multimodale, la percezione relativa ad oggetti “intelligenti”, la percezione relativa alla narra-zione, la percezione e la musica e così via.Partendo da una prospettiva così volutamente parzia-le, quindi, non ci si pone l'obiettivo di dare una chiave generale delle problematiche affrontate, ma di intro-durre una riflessione che il lettore interessato andrà ad approfondire autonomamente, magari con l'ausilio delle bibliografie in calce agli interventi che seguono. ■

Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

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Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20Neurofisiologia Psicologia

NEurOFISIOLOGIAdella percezione

UN gLOSSarIO mINImO

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numeroGen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

Parole chiave. Percezione, neurofisiologia, stimoli, recettori somato-sensoriali, illusioni percettive.

Abstract. Si descrive il percorso della percezione di un qualsiasi stimolo sensoriale dal recettore periferico fino alla presa di coscienza a livello corticale. L'articolo è impostato a voci con la finalità di fornire una sorta di “glossario” introduttivo al tema.

di B. Zanotti, A. Verlicchi2App

Introduzione. In estre-ma sintesi la percezio-ne si definisce come il processo neuropsichico che porta alla presa di

coscienza da parte del sog-getto di una realtà esterna o interna.Tale processo si avvale di un sistema sostanzialmente for-mato da un insieme di strut-ture nervose rappresentate dal recettore, dalle vie di condu-zione e dalle circuitazioni centrali, corticali e sottocor-ticali, per l’elaborazione co-sciente.Le percezioni sono molteplici, ma lo schema dei sistemi sen-soriali è univoco, fatto salvo il cambiamento del recettore e delle vie di trasmissione e di elaborazione cosciente.Tutti i sistemi sensoriali sono fina-lizzati a categorizzare le proprietà fondamentali degli stimoli, vale a dire qualità, intensità, durata e po-sizione nello spazio al fine di sinte-tizzare le informazioni in una rap-presentazione coerente e cosciente che porti il soggetto alla precisa co-noscenza dello stimolo stesso.

Recettore. I recettori possono essere raccolti in un unico organo sensoriale, pensiamo alla retina per i fotorecettori, al bulbo olfatto-rio per i recettori dell’olfatto, alle papille gustative per i recettori del gusto, alla coclea per i recettori dell’udito, ecc. o diffusi come i re-cettori somato-sensoriali.

Appare quindi ovvio, vista la spe-cificità, che ogni recettore ha una propria caratterizzazione e si attiva ad un determinato stimolo. Anche se questa regola può presentare del-le eccezioni dove uno stimolo im-proprio può comunque eccitare un recettore altrimenti silene.Il recettore, detto di I tipo, può esse-re rappresentato dalle terminazioni periferiche dei neuroni sensoriali o da cellule nervose specificatamente differenziatesi come nei recettori di II e III tipo, che, tramite un poten-ziale elettrico generatore o la libe-razione di un mediatore chimico danno il via ad un potenziale elet-trico post-sinaptico. Quest’ultimo, viaggiando dalla periferia porterà alle aree sottocorticali e corticali

tutte le informazioni che, oppor-tunamente elaborate, forniranno la percezione cosciente.

Prerequisiti. Un determinato sti-molo deve avere dei requisiti per fare sì che il quid energetico sia capace di indurre un’eccitazione recettoriale e generare conseguente-mente un potenziale d’azione nella fibra nervosa afferente a specifiche aree encefaliche.Lo stimolo però deve trovare anche un recettore che sia programmato per rispondere alla sollecitazione. Negli esseri umani, ad esempio, non vi è la capacità di evocare un’esperienza cosciente di una ra-diazione luminosa nella gamma dell’infrarosso od un suono della ◄

Figura 1.1 - In alto recettori somatosensoriali; sono organelli posti alla periferia, all'inizio di terminazioni nervose sensitive di differenti forme e funzioni. Se ne riportano alcuni tipi a titolo di esempio. A sinistra il corpuscolo di Krause, a destra il corpuscolo di Pacini.

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◄banda degli ultrasuoni. Man-cano i recettori adatti.

Ma anche in possesso di recettori idonei lo stimolo deve raggiunge-re una soglia di intensità minima, sotto la quale non è percepito, ed una durata adeguata. Quest’ulti-mo parametro svela una proprietà delle cellule nervose, vale a dire l’adattamento. Questo fenomeno porta i neuroni sottoposti ad una eccitazione a tornare sileni dopo un variabile lasso di tempo.

Vie di trasmissione. Semplifi-cando quindi sappiamo che, indi-pendentemente dalla natura dello stimolo e dei meccanismi di elabo-razione implicati, il recettore tra-sduce la forma di energia propria dello stimolo (meccanica, lumi-nosa, chimica, ecc.) in un segnale nervoso, il potenziale d’azione, trasmissibile ai centri nervosi supe-riori.Le informazioni concernenti le varie proprietà dello stimolo viag-giano dalla periferia al centro in modo segregato, in parallelo, e man mano che si avvicinano al

Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20Neurofisiologia Psicologia

DETERMINISMO. Concezio-ne di una sequenzialità degli eventi per cui nulla avviene a caso. Ogni nostra azione av-viene in relazione causa-effetto alla situazione precedente, è quindi determinata dalle con-dizioni iniziali. Tutto avviene come conseguenza obbligata e determinata dalla situazione precedente. In psicanalisi Sig-mund Freud chiama “determi-nismo psichico” l’influenza dei processi inconsci sulle nostre azioni. Per le Neuroscienze, e per alcune correnti in filosofia della mente, le nostre deci-sioni vengono prese prima a livello inconscio, influenzate e determinate da valori, morali, conoscenze, esperienze in-troitati soprattutto nell’infanzia, che condizioneranno le nostre decisioni per tutta la vita. Sotto questa veste il libero arbitrio di-venta un’illusione e a noi resta solo la percezione di essere in grado di governare desideri e convinzioni e di decidere in modo autonomo. La meccanica quantistica, la teoria del caos e quella del caso, il probabilismo, hanno smussato questa nostra mancanza di libertà e lasciato alcune possibilità di autonomia senza dover negare l’influenza dei fattori causali.Interessanti alcune posizioni come quella del filosofo ameri-cano Daniel Dennett che cerca di conciliare il determinismo con la libertà umana, dimo-strando concettualmente come determinismo non significhi ineluttabilità, e come la causa-lità sia categoria filosofica più aperta di quanto si poss ritene-re.

RELATIVISMO. È una po-sizione filosofica che nega l’esistenza di verità assolute o, perlomeno, la possibilità di arrivare alla verità assoluta. Ogni essere vivente percepisce il mondo attraverso degli organi di senso; anche gli animali, le piante i batteri debbono capire come varia l’ambiente nel quale vivono per potersi adattare. Negli esseri più evoluti queste informazioni che entrano attra-verso i sensi vengono elabo-rate a livello centrale da centri nervosi specializzati come il nostro cervello.La nostra visione della realtà che ci circonda è quindi sempre una interpretazione del nostro cervello e non può che essere relativa. Se ogni conoscenza viene filtrata dalle percezioni umane, le nostre conoscen-ze precedenti, le esperienze passate, la nostra posizione sociale o di salute o di cultura produrranno visioni della realtà diverse da individuo a indivi-duo. Per relativismo culturale s’intende, ad esempio, il fatto che i valori, i riti, le credenze, gli eventi della vita non abbiano interpretazioni univoche e non siano universali: ogni cultura ha i propri che considera supe-riori a tutti gli altri. L’idea che il “vero”, il “bello” e il “buono” della riflessione umanistica e scientifica fino all'illuminismo e della cultura cattolica non siano assoluti, ma relativi, è il motivo per il quale le autorità religiose così tanto si oppongano al re-lativismo della cultura filosofica e scientifica secolarizzata dei nostri giorni.

ALCUNI CONCETTI FILOSOFICI UTILI«C’è da chiedersi se ciò che definiamo libero arbitrio o

autodeterminazione cosciente di fatto non sia un prodotto

mentale che “sfugge” al nostro controllo e soggiace interamente ad un processo

elettro-chimico autoalimentato ed autocontrollato»

Nell'ambito delle neuroscienze prevale l'idea che la nostra percezione del mondo, mediata da ciò che ci dicono i sensi e dall'interpretazione del cervello, sia soggettiva e non sia

possibile esperire una realtà o una verità oggettive.Riportiamo in questo box alcune concezioni molto popolari

nell'ambito scientifico

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numeroGen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

centro subiscono elaborazioni ed integrazioni sempre più complesse dove l’analisi sensoriale prevede una organizzazione in parallelo.

Percezione cosciente. Al di là della complessità e distribuzione anatomica delle varie vie percettive si ritiene che il talamo rappresen-ti il principale nucleo di arrivo ed elaborazione sensoriale delle sensi-bilità somatica, uditiva e visiva. Da questo nucleo partirebbero poi le proiezioni dirette alle aree corticali superiori.Ma quando e come la stimolazione sensoriale diventa percezione co-sciente?Sebbene medicina, psicologia, filo-sofia, ingegneria, ecc. se ne stiano occupando da molto tempo non si è ancora giunti ad una definizione univoca di come avviene il processo della coscienza. Il limite, forse insu-perabile, è dato anche dal fatto che l’indagine è autoreferenziale, vale a dire che si studia la coscienza con i limiti della propria percezione co-sciente.Si è comunque giunti ad un pos-sibile scenario che è implicato nel processo cosciente: la necessità di una attività sottocorticale di “stimo-

lo” data da alcune aree del tronco cerebrale comunemente identificate come “sostanza reticolare attivatri-ce ascendente” e la necessità che la circuitazione corticale arrivi ad una risonanza di frequenza minima ol-tre la quale scatterebbe l’esperienza cosciente.

Particolari percezioni. Meno di un individuo ogni 200 oltre a per-cepire un determinato stimolo vi associa una qualità derivata da un processo menale avulso dalla rece-zione sensoriale. Come il colore di una nota musicale o il sapore di una forma.Siamo nel campo delle sinestesie e la prima descrizione viene attribuita a Francis Galton, cugino di Char-les Darwin, che ne rendicontò nel 1880.Conosciamo una cinquantina di tipi diversi di sinestesie e pare che que-sta particolare elaborazione percetti-va sia data da attivazioni crociate di vie e processi nervosi naturalmente separati.

Illusioni percettive e libero ar-bitrio. Se la percezione cosciente è l’esito di un meccanismo biologico che dal recettore arriva alla mente

passando per una complessa rete nervosa va da sé che il tutto può essere sottoposto a difetti di trasdu-zione-trasmissione-interpretazione.La percezione quindi può non corri-spondere alla realtà oggettiva.Non solo. C’è da chiedersi se ciò che definiamo libero arbitrio o au-todeterminazione cosciente di fatto non sia un prodotto mentale che “sfugge” al nostro controllo e sog-giace interamente ad un processo elettro-chimico autoalimentato ed autocontrollato.Ma anche se così fosse, per conven-zione sociale, dobbiamo accetta-re l’esistenza del libero arbitrio in quanto l’agire umano ha bisogno di trovare nel soggetto-persona il responsabile, altrimenti gli stessi de-litti sarebbero deresponsabilizzati e rimarrebbero impuniti.La percezione cosciente diventa quindi un dogma della realtà e le conseguenti azioni del soggetto un prodotto della mente e quindi, per convenzione, di sua diretta respon-sabilità. ■

Indicazioni bibliografiche

De Caro M., Lavazza A., Sartori G. (a cura di): Siamo davvero liberi?Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio. Codice edizioni. Torino, 2010.Galton F.: Visualised numerales. Nature 1880; 15: 252-256.Lang F.: M. Il mostro di Düsseldorf (Film). Berlino, 1931.Treccani: Dizionario di Medicina (2010) Voce “percezione”. Treccani.it [visualizzato il 17 dicembre 2015].

Bruno Zanotti Bruno zanotti. Ph.D. in Scienze e Tecnologia Cliniche, Specialista in Neurologia e Neurochirurgia. Segretario Na-zionale della Società di Neuroscienze Ospe-daliere (SNO). Direttore Scientifico della rivi-sta “Topics in Medicine” ed Editorial Assistant del periodico “Progress in Neuroscience”.

Angela Verlicchi. Specialista in Neuro-logia, collabora con la “Libera Università di Neuroscienze Anemos” di Reggio Emilia e l’Associazione “SOS Cervello”. Con B. za-notti ha pubblicato, fra l’altro, “Il coma & Co.” ed ha curato il volume “Statovegetativo.it - I limiti della medicina che salva”. È Direttore editoriale della new Magazine edizioni.

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Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

LA PErCEzIONEmultimodale

Neurofisiologia Psicologia

DarE PIù SENSO (SENSI) aLLa rEaLtà

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Anemosneuroscienze

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A Il tema del numeroGen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

Parole chiave. Percezione multimodale, sensi, fusione percettiva, binding problem.

Abstract. L'articolo illustra come la percezione sia un fenomeno complesso, risultante dalla com-binazione di diversi fattori, in particolare soffermandosi sulla percezione multimodale, vale a dire la percezione risultante da condizioni di stimolo di più modalità contemporaneamente. In certe condizioni, l'apparato percettivo - metaforicamente parlando - va incontro anche ad “inganni”.

di Alessandro Carlini2App

Premessa. Il nostro io sa-rebbe un’isola in un mare vuoto, se non dispones-simo dei nostri sensi per entrare in relazione con il

mondo. Grazie ad essi vediamo il cielo ed il sole, sentiamo suoni e pa-role, godiamo di sapori e profumi.

La percezione dei sensi è forse una delle parti più importanti e multi-formi che caratterizzano il nostro sistema nervoso, ed al tempo stesso una delle cose che consideriamo più scontate e normali. Così semplice da studiarli nei primi anni di scuo-la, ma così complessa da riservare ancora molti misteri per la scienza che li indaga. Cinque sono i sensi che enumeriamo per tradizione, più

un sesto di misteriosa fattura… ma un’analisi più accorta ne svela altri, fondamentali, di continuo ma poco cosciente utilizzo.Scopriamone i principali. È esperien-za comune e quotidiana percepire la temperatura; questo ci è permesso non attraverso un unico “sensore”,

ma grazie ad una rete complessa di recettori presenti in quasi tutto il nostro corpo (tanto nella pelle che negli organi interni). Un’analoga rete di recettori ci permette di perce-pire il dolore in qualunque parte del nostro corpo. Percepiamo le vibra-zioni della musica non solo tramite l’apparato auditivo, ma anche attra-verso la superficie del nostro corpo, così come per il prurito o la pressio-

ne meccanica (vedi articolo nelle pa-gine seguenti). Percepiamo il passare del tempo, anche se non vi è ancora chiarezza su quali meccanismi lo permettano. Percepiamo velocità ed accelerazione grazie ai recettori situati nell’orecchio interno, ma an-che attraverso recettori presenti nei

muscoli e nelle viscere.

Sono quindi molti i canali che portano al nostro cervello infor-mazioni diverse di ogni evento. Se l’origine di più stimoli è univo-ca, questi verranno riunificati in un unico elemento di cui avremo coscienza. Infatti vediamo una sola pagina davanti a noi, su cui è scritto questo testo, nonostante essa sia percepita da due occhi, e da due punti di vista differenti. Per la strada percepiamo i veicoli che ci passano accanto in modo

bimodale, ovvero attraverso sia la loro immagine che il loro rumore. A casa riconosciamo come unico l’evento del bicchiere che abbiamo visto cadere a terra ed infrangersi in mille pezzi in modo assordante (questa volta non l’abbiamo preso al volo…), associandone immagine, movimento e rumore, nonostante l’immagine ci arrivi prima del suono. ◄

Figura 2.1 - In condizioni di percezione multimodale risultano attive non solo le aree corticali delle singole vie sensoriali, ma anche nuove aree funzionali ibride e polifunzionali come la corteccia parietale, indicata con CP nell'illustrazione.CP

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Studi sul funzionamento di ciascuna modalità percettiva,

e delle condizioni di stimolo di più modalità contemporaneamen-te (condizione detta di Percezione Multimodale), ci svelano come l’ap-parente semplicità della percezione sensoriale nasconda delle problema-tiche molto complesse – in primis l’eterogeneità delle informazioni – e come il nostro sistema nervoso sia capace di far fronte a queste difficol-tà in modo sorprendente.

Fusione e sostituzione. Il pro-blema della fusione degli stimoli sensoriali in un unico elemento è noto nel campo della ricerca come Binding Problem. Studi funziona-li sul cervello hanno verificato che in condizioni di percezione mul-timodale risultano attive – a volte in modo sorprendente – non solo le aree corticali delle singole vie sensoriali, ma anche nuove aree funzionali ibride e polifunzionali. Solo a titolo d’esempio: l’area LIP (posta nella corteccia parietale) ap-pare combinare segnali visivi, soma-

tosensoriali, auditivi e vestibolari, a supporto della rappresentazione cognitiva dell’ambiente circostante (Andersen et al., 1997). Accanto ad analoghe ricerche sull’integrazione cross-modale, troviamo anche stu-di sulle singole vie sensoriali in un contesto multimodale, con risul-tati inaspettati: Kohler e colleghi, in una ricerca del 2002 sul sistema nervoso delle scimmie, identifica-rono nell’area F5 (area frontale pre-motoria) un gruppo di neuroni atti-vi sia quando una specifica azione viene osservata, sia nel caso in cui venga solamente ascoltata. In studi sull’uomo di qualche anno succes-sivi (2005 e 2006), Poirier e colleghi hanno verificato che alcune aree della corteccia visiva di soggetti non vedenti venivano attivate da stimoli in movimento… di tipo acustico (in particolare le aree V5, V3 e V1).

Giocando a fare il ventriloquo. L’effetto ventriloquismo è uno degli effetti legati alla percezione multi-modale. Si tratta di un effetto molto studiato, e si basa su una condizione

in cui il sistema percettivo viene in-gannato; in questo modo possiamo scoprire quali siano i limiti percet-tivi affinché la fusione tra i diffe-renti percetti sia ancora garantita. I risultati degli studi mostrano come il nostro sistema operi la fusione di stimoli acustici e visivi anche se originati da sorgenti non coinciden-ti (condizione che ha garantito il successo di tanti pupazzi, ma anche della televisione stessa). Si è inoltre verificato che la fusione percettiva è garantita solo se gli stimoli sono separati da una distanza spaziale (o temporale) piuttosto piccola (Ho-ward e Templeton, 1966; Morein-Zamir et al., 2003). In alcuni casi queste condizioni possono compor-tare anche altre alterazioni della per-cezione dello spazio, del tempo, o di alcune caratteristiche degli ogget-ti stessi (Slutsky e Recanzone, 2001; Morein-Zamir et al., 2003; Shams et al., 2002; Watkins et al., 2006). In quest’ultimo studio, ad esempio, si è verificato in modo sistematico che la semplice presenza di due brevi suoni ravvicinati durante l’accensio-

ne di una luce, può illudere l’osservato-re di aver visto due accensioni lumino-se successive.

Benefici inaspet-tati. Gli studi vol-ti ad identificare le performances della percezione multimodale sono numerosi. I risulta-ti ottenuti hanno evidenziato che la percezione multi-modale rappresenta una condizione di doppio beneficio: essa rende disponi-bile una quantità e varietà maggiore di informazioni, permettendoci una conoscenza più ric-ca del fenomeno percepito, ed inol-tre aumenta in ma-niera considerevole la precisione e la

Figura 2.2 - Contesto multimodale: in una ricerca del 2002 sul sistema nervoso delle scimmie, Kohler e colleghi hanno identificato nell’area F5 (area frontale premotoria) un gruppo di neuroni attivi sia quando una specifica azione viene osservata, sia nel caso in cui venga solamente ascoltata.

Neurofisiologia Psicologia Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numero

Indicazioni bibliografiche

I riferimenti bibliografici sono compresi all'interno del testo (cit. bibliografica autore-anno per la quale si rinvia alle specifiche bibliografie degli autori citati).

Alessandro Carlini. Ing. PhD - “Labora-tory for Research on Learning and Develop-ment” LEAD - CNRS 5022, Università della Borgogna (FR). Ricercatore in neuroscienze e psicologia cognitiva. Il suo campo di ricerca è incentrato sullo studio della percezione vi-siva nell’uomo e l’interazione con l’ambiente, e si amplia fino alla realizzazione di modelli ed applicazioni per la robotica e l’intelligenza artificiale.

reattività del nostro sistema percettivo. Le combinazioni possi-bili tra i diversi sensi sono molteplici; la condizione più comu-ne di percezione visiva ed acustica è anche una delle più indagate. I risul-tati mostrano i molti aspetti che ne traggono beneficio: se lo stimolo è percepito sia visivamente che acusti-camente, la nostra attenzione viene meglio gestita (Bahrick et al. 2004); diventiamo inoltre più efficaci nel riconoscimento dello stimolo stesso (Giard e Peronnet 1999), e nella sua localizzazione nello spazio (Teder-Sälejärvi et al. 2005). In uno studio più recente è stato possibile verifi-care che anche la propriocezione (la percezione che abbiamo del nostro stesso corpo) affiancata alla perce-zione visiva, ne migliora la perce-zione del movimento e del tempo (Carlini e French, 2012).

Il futuro dietro l’angolo. La capa-cità di acquisire una stessa informa-zione tramite vie sensoriali differenti è alla base di quanto chiamato so-stituzione sensoriale. Ad esempio, possiamo ottenere le misure di un oggetto sia tramite la vista che tra-mite il tatto. In condizioni normali questo meccanismo ci permette di disporre di un’utile ridondanza di informazioni, ma non è tutto. Alcu-ne ricerche da tempo attive si prefig-gono di studiare ed utilizzare questa capacità del nostro sistema nervoso, al fine di colmare la mancanza di una via sensoriale qualora perduta. L’esempio più ricorrente riguarda le persone non vedenti: per poter dare loro la possibilità di percepire l’am-biente circostante, diversi dispositi-vi vengono periodicamente svilup-pati e testati; i più comuni hanno

il (difficile) compito di trasporre l’informazione visiva in informazio-ne acustica (Proulx e Harder, 2008) o tattile (Johnson e Higgins, 2006). Ad oggi questo tipo di ausili non è ancora giunto a maturazione, ma la velocità con la quale scienza e tec-nologia avanzano lascia pensare che ciò che fino ad oggi è appartenuto solo all’immaginario della fanta-scienza, presto possa divenire realtà, permettendoci (forse) di disporre di devices in grado di eguagliare le per-formances stupefacenti del nostro sistema nervoso. ■

Figura 2.3 - A fianco un famoso

pupazzo della televisione americana.

L'effetto ventriloquismo è uno degli effetti

legati alla percezione multimodale: il sistema

percettivo viene ingannato e si ha una fusione percettiva; ma ciò avviene solo se gli

stimoli sono separati da una distanza

spaziale (o temporale) piccola.

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Tecnologia Psicologia

Parole chiave. Tecnologia, Smart, Interaction Design, user experience.

Abstract. L'articolo illustra brevemente come “l'intelligenza degli oggetti” si sia adattata all'uso in modo molto efficiente negli ultimi anni. La disciplina che applica alle tecnologie la scienza dell'ergono-mia (capacità di eseguire un lavoro) e il design si definisce Interaction Design.

di Pierluigi Dalla Rosa1In

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Tecnologia e vita quo-tidiana. La disciplina dell’Interaction Design ha avuto un ruolo cen-trale negli ultimi 10

anni nel trasformare il modo con cui utilizziamo i dispositivi elet-tronici che fanno parte della nostra quotidianità. Vi ricordate i manua-li d’uso di computer o telefoni cel-lulari?L’Interaction Design applica alle tecnologie la scienza dell’ergono-mia e i principi del design, per-

mettendo all’interfaccia di essere piacevole e funzionale, e quindi superando la necessità di compli-cate operazioni per interagire con la tecnologia. In questo settore una delle avanguardie degli ultimi cin-que anni è quella che passa sotto il nome di “internet of things”. I computer si sono evoluti diventan-do piccolissimi ed efficienti in ter-mini di consumo energetico. Que-sti micro-computer sono integrati non solo in smart-phones e smart-watches, ma sempre di più anche

negli oggetti che ci circondano, gli elettrodomestici, i giocattoli. La prossima rivoluzione nella user experience (quando si parla di user experience ci si riferisce a tutti gli aspetti di un’oggetto od un servi-zio con cui l’utente interagisce) sta proprio nel sviluppare le potenzia-lità dell’intelligenza distribuita in oggetti ed ambienti.

La potenzialità degli ogget-ti smart. La domanda che sorge spontanea è: perché dovremmo

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Anemosneuroscienze

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A Il tema del numero

OggEttI “Smart”: SONO baSatI SU PrINCIPI INfOrmatIVI COmPLEtamENtE NUOVI, ChE rIDImENSIONaNO

I mODI IN CUI PErCEPIamO La tECNOLOgIa

L'INtELLIGENzA degli oggetti

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avere oggetti intelligenti o connes-si? Quali sono le potenzialità? Un oggetto fisico ha una materialità che nessuna interfaccia a schermo può offrire, per quanto eccellente quest’ultima possa essere. La terza dimensione (la profondità, in cui viviamo quotidianamente) è fonda-mentale nel creare una reale e co-stante presenza, ma anche una qua-lità tattile e visiva che è impossibile ricreare in uno schermo, almeno con le tecnologie odierne. Gli “smart objects” però non solo

hanno le qualità di un vaso o di una sedia, ma si portano dietro an-che le qualità degli ambienti virtua-li. La prima diffusione dei media a schermo è stata la televisione, che offre immagini in movimento.Il dinamismo di televisione e cine-ma è solo uno degli elementi carat-terizzanti degli smart-objects, che sono ulteriormente animati grazie ad elementi cinetici come moto-ri o luci led. Queste performances di luci, movimento, stimoli tattili e suono possono rappresentare sia

sequenze predefinite ma anche in-formazioni che provengono dallo spazio digitale. Immaginate per esempio di comprare un bicchie-re durante un viaggio in Australia, una volta arrivati a casa la luce led integrata nel bicchiere si collega alla rete e cambia colore mostrando lo stato meteorologico di Sydney, luogo dove l’oggetto è stato com-prato; un senso di connessione, seppur discreto, ora vive nel nostro ambiente domestico.L’impatto di questo nuovo me-

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◄ dium può essere qualitativamen-te diverso dagli altri media digi-

tali solo considerando le proprietà cinetiche e materiali. Inoltre, per-cepiamo questi oggetti con un’aura ancora maggiore quando complessi algoritmi di intelligenza artificiale muovono i piccoli calcolatori nel cuore degli “smart objects”.Gli algoritmi di “machine learning” imparano a riconoscere la nostra voce, i nostri movimenti a casa, la planimetria del nostro appartamen-to, e così via. Il comportamento di questi oggetti è legato fortemente dall’influenza degli stimoli che li

circondano, un po’ come un bam-bino che cresce, si adatta, impara la lingua che sente parlare attorno a lui e riconosce gli spazi in cui vive. L’oggetto infatti evolve con il suo utente e nel contesto in cui è im-merso, imparando dai segnali che provengono da percettori di ogni tipo come, per esempio, sensori di luce, di polvere, di inquinamento, di rumore, videocamere etc.L’imitazione di una personalità por-ta ad una ridefinizione dell’esperien-za utente, che non è più pianificata a tavolino, ma basata su un set di regole. Proprio queste regole dan-no carattere agli oggetti e possono modificare il comportamento degli utenti in maniera positiva. L’aspira-polvere connesso può incitarci ad uscire di casa quando siamo seduti per troppo tempo senza muoverci, inducendo un comportamento più salutare nella nostra routine. È vero che questa funzione può essere assolta anche da uno smar-twatch, ma la reazione che abbiamo è completamente diversa. Lo smar-twatch non è un’entità che perce-piamo senziente, anzi, rappresenta

le volontà della programmazione di compagnie terze che sentiamo raramente rappresentarci. Quindi un messaggio che ci inciti al movimento è difficile da accet-tare per gran parte degli utenti, ed è probabilmente accolto solo da parte di quelli che attivamente cer-cano di muoversi di più. In senso generale è difficile accettare dei me-dia che richieda-no attivamente la nostra attenzione, ma se un medium diventa un’entità

che percepiamo come animata si attivano nuove ri-sposte emotive ai messaggi veicolati, come nell’esempio dell’aspirapolvere. I fattori che ab-biamo visto, la presenza fisica, il dinamismo e la ca-pacità di imparare, hanno anche un altro risvolto positivo e basilare per una grande opportunità, ovvero al-lungare il ciclo di vita di prodotti altamente tecnologici. L’affezione che lega l’uomo allo smart-object lo rende meno usa e getta, e illumina il mondo del prodotto fisico con la speranza di maggiore sostenibilità.

Oggetti oltre il consumismo. Gli smart-object devono essere pro-gettati usando materiali più dure-voli, con strategie che non si basino sulla moda, ma piuttosto che valo-rizzino gli aspetti distintivi, uscen-do dalle regole della produzione di massa e dell’efficienza di costo a discapito della qualità percettiva.

Siamo di fronte alla nascita di un medium comunicativo, informa-tivo ed espressivo basato su prin-cipi completamente nuovi, che ridimensionano i modi in cui per-cepiamo la tecnologia rendendola elemento onnipresente attorno a noi. La troviamo nella texture del-le nostre case e degli spazi pubblici,

e risulta essere motore di cambia-menti sia della user-experience, con nuove sfide sulla capacità di influenzare in maniera positiva gli utenti, ma anche di rivoluzione di settore, quello del product design, che fin’ora è stato complice di una corsa alla produzione che ha tenuto scarso conto degli effetti ambienta-li legati alla creazione di oggetti che popolano in gran numero le nostre case. ■

Figura 3.1 - Nell'immagine un moderno smartwatch. Questi oggetti assolvono funzioni molto complesse, ma con essi non si percepisce una relazione "intelligente", rappresentano le volontà della programmazione esterna.

Tecnologia Psicologia

Indicazioni bibliografiche

Bibliografia orientativa a cura della redazione

D. Benyon, Progettare l'interazione. Metodi e tecniche per il design di media interattivi , Torino 2012.G. Dall'ò, Smart city. La rivoluzione intelligente delle città, Bologna 2014.

F. Nocera (a cura di), Ergonomia cognitiva, Firenze 2011.D. Saffer, Design dell'interazione. Creare applicazioni intelligenti e di-spositivi ingegnosi con l'interaction design, Torino 2007.D. Voghera, Smart city. Progetti per una città sostenibile, Torino 2014.

Pierluigi Dalla Rosa. Esplora il rapporto tra uomo, tecnologia e natura. La sua pratica tocca l’interaction design applicato a spazi pubblici ed il design di oggetti cinetici e con-nessi. gli strumenti che utilizza sono la teoria dell’animazione, la fotografia sperimentale, l’elettronica e le scienze informatiche. Ha lavorato nella progettazione e sviluppo di esibizioni museali ed installazioni interattive in ambito internazionale. Vive e lavora ad Amsterdam.

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Anemosneuroscienze

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A Il tema del numero

APPROFONDIMENTO

"Percepire" il mondo è un'attività molto complicata da sempre

indagata dalla filosofia. Anche la vita nel quotidiano presenta

problematiche insospettabili

La filosofiadella percezione

La percezione è solitamente indagata attraverso la psi-cologia e la neurofisiologia.

Ma percepire il mondo è affare complicatissimo. Tra le questioni filosofiche rilevanti, c'è senz'altro la seguente: se la percezione è uno stato mentale che come altri tipi di stati mentali rappresenta il mondo e hanno un contenuto, quale differenza corre tra una credenza, intesa sempre come stato mentale di questo tipo, e la percezione? E ancora: è possi-bile riconoscere oggetti senza averne il concetto preliminare. Infatti, l'oggetto tavolo è inteso come tale se lo si conosce, altri-menti è percepito come oggetto con funzione indefinita, ma la cui percezione è decisamente diver-sa dall'oggetto tavolo e dall'uso (nonché dall'immagine astratta) che caratterizza la percezione stessa.La percezione, che riguarda

principalmente i sensi come canale pri-mario, è importante anche perché i dati sensoriali sono, insieme alle teorie che li descri-vono, i dati principali della scienza.Quindi sensi e perce-zione starebbero in relazione stretta tra di loro. Ma si tratta di una relazione diretta? La risposta intuitiva e positiva, ma le illusioni sensoriali, nello specifi-co quelle visive, smentiscono in parte questa certezza. Se infatti la percezione di una dimensione è un fatto immediato tra sorgente luminosa, occhio e che quindi diviene percezione, perché ci inganniamo sulle dimensioni di alcune tipiche rappresentazio-ni? (si veda l'immagine). In altre parole, alcune immagini percet-tive si manifestano con qualità fenomeniche che in realtà non

possiedono.Per capire come la percezione nuda e cruda implichi importan-ti questioni filosofiche, alcune teorie sulla percezione insistono sul fatto che la percezione stessa sia un fatto primariamente espi-stemologico: ovvero sia, perce-piamo qualcosa solo all'interno di teorie precostituite al di fuori delle quali esistono solo dati sensoriali disordinati e senza senso.Non passeremo qui in esame altre teorie. Ci basti ribadire come un fenomeno considerato del tutto naturale e ordinario sia in realtà decisamente complesso. ■

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Figura 4.1 - Le due linee delimitate dai segmenti minori danno l'illusione di essere di differenti dimensioni. In realtà si tratta di

un'illusione precettiva. Le due linee sono infatti della stessa dimensione.

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Neuroscienze Musica Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numero

Parole chiave. Musica, oscillazioni, sincronizzazione, entrainment, risonanza.

Abstract. Questo articolo si propone di analizzare i meccanismi neurofisiologici alla base della capa-cità dell’essere umano di percepire la musica (e più in particolare un ritmo musicale) e sincronizzarsi ad essa. A questo fine, saranno introdotti i concetti di sincronizzazione delle oscillazioni cerebrali (neural entrainment) e risonanza neurale. Saranno inoltre discusse le conseguenze comportamentali di tali fenomeni sia su un piano percettivo sia su quello cognitivo.

di Laura Ferreri3App

Introduzione. La musica è un uno stimolo complesso in grado di attivare l’intero cervello attraverso un’ampia gamma di operazioni percet-

tive e cognitive. Uno degli effetti più potenti della musica sul cervel-lo è quello di provocare specifiche risposte neurali a specifici ritmi, dando luogo all’entrainment e alla risonanza neurale, ovvero alla sin-cronizzazione di oscillazioni ce-rebrali. A cosa si riferiscono questi termini?

Un piccolo esperimento. Fac-ciamo un passo indietro. Mettete il vostro indice sul tavolo e iniziate a tamburellare alla frequenza (ovvero alla velocità) che preferite, cercan-do di mantenerla costante. È pro-babile che lo stiate facendo ad una frequenza che si aggira attorno ai 2 Hz (due battiti per secondo), una velocità spontanea anche definita “frequenza naturale”. Adesso accen-dete la radio o selezionate un brano

musicale e cercate di fare lo stesso. A questo punto è molto probabile che il vostro indice tamburellante, che prima seguiva una pulsazione interna, si sia adattato al percetto, ovvero alla musica. È anche pro-babile che abbiate messo più forza in corrispondenza dei principali accenti percepiti nei punti più sa-lienti, o che abbiate raddoppiato o dimezzato la pulsazione seguendo ciò che la musica vi suggeriva o vi risultava più facile. Si tratta di qualcosa che l’essere umano cono-sce bene: dal piede che si muove a tempo con i suonatori di fisarmo-nica in metro, fino alle migliori (o peggiori) performance in discote-ca, al canto, a un semplice ascolto “passivo”, l’uomo è capace di sin-cronizzarsi con una stimolazione acustica complessa, in una forma di coordinazione temporale tra le più elaborate osservabili in natura.

Le oscillazioni neurali. Il mon-do delle neuroscienze ha provato a

indagare e spiegare tale fenomeno attraverso le oscillazioni neurali. Un’oscillazione neurale è un’attivi-tà ritmica o ripetitiva dei neuroni. Il tessuto nervoso può generarla in diversi modi: da meccanismi all’interno del singolo neurone, a interazioni tra neuroni eccitatori e inibitori che danno luogo a risposte elettriche coerenti (fig. 5.1), visibili su larga scala grazie a tecniche come l’elettroencefalogramma (EEG) e la magnetoencefalografia (MEG). (fig 5.1)Il primo ad accorgersi della loro esistenza fu Hens Berger che, nel 1929, osservò oscillazioni attorno ai 10 Hz in soggetti a riposo e la loro modulazione durante compi-ti cognitivi. Da allora, moltissimi studi hanno approfondito il tema investigando soprattutto fenomeni oscillatori tra l’1 e i 100 Hz, con particolare interesse nelle bande di frequenza delta (1-4 Hz), theta (4-8 Hz), alfa (8-12 Hz), beta (12-30 Hz) e gamma (30-70 Hz) (fig.

QuANDO LA MuSICA CI FA OSCILLArE

UN VIaggIO NELLa SINCrONIzzazIONE NEUraLE

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Figura 5.1 - Rappresentazione di un’attività neurale oscillatoria. Ogni punto della parte superiore della figura rappresenta un potenziale d’azione di un neurone. Quando queste scariche (in inglese, spiking o firing) neurali avvengono secondo pattern sincronizzati (come mostrato in figura), a livello macroscopico si osservano vere e proprie oscillazioni (parte bassa della figura) che possono essere misurate anche dall’esterno dello scalpo. Adattamento da Deco et al., 2012.

5.2). L’aspetto più interessante ai fini di questo

articolo è che le oscillazioni cerebrali, caratteriz-zate da un’ampiezza e una fase, possono essere spontanee o evocate da uno stimolo esterno. I vari modelli matematici che le descrivono sono infatti d’accordo su alcune proprietà fondamentali che ci riconducono all’indice tamburellante sperimenta-to sopra.

Sincronizzarsi al percetto. Un oscillatore non lineare (come un neurone o un network di neuro-ni), in assenza di uno stimolo esterno, può infatti presentare un’oscillazione spontanea. Tale ritmo endogeno può quindi spiegare l’esperienza della pulsazione interna che porta al tamburellare con l’indice a una data frequenza in assenza dello sti-molo musicale. Quando però il network di neuro-ni in oscillazione viene a contatto con uno stimolo esterno, le oscillazioni interne tendono a spostare la loro fase e a modificare la loro ampiezza, sincro-nizzandosi con ciò che viene percepito all’esterno. Ecco quindi che siamo in grado di adattare la no-stra pulsazione a quella del brano musicale, mentre i nostri neuroni si sincronizzano al percetto dando luogo al cosiddetto neural entrainment. Se vi ri-cordate, abbiamo anche parlato di accenti e cambi di pulsazione. A questo punto è importante sotto-lineare che le oscillazioni neurali evocate compa-iono anche a frequenze che non sono direttamente presenti nello stimolo. Per quanto la risposta neu-rale con maggior ampiezza si trovi alla frequenza dello stimolo (rapporto 1:1, es., con uno stimolo acustico a 3 Hz, osserviamo oscillazioni neurali a 3 Hz), le oscillazioni possono essere osservate anche ad armoniche superiori (rapporto 2:1, es., 6 Hz), inferiori (dette subarmoniche, rapporto 1:2, es., 1.5 Hz) e in rapporti più complessi (3:2, es., 4.5 Hz). Si parla in questo caso di risonanza, ed è ciò che spiegherebbe la nostra tendenza ad attribuire strutture metriche (come gli accenti) allo stimolo, anche quando isocrono (identico nel tempo).Le principali evidenze sperimentali, soprattutto nel campo della neurofisiolgia, supportano tale modello esplicativo di entrainment e risonanza delle oscillazioni. Ad esempio, è stato dimostrato

Figura 5.2 - Esempio di diversi ritmi cerebrali (beta, alfa, theta e delta), corrispondenti a diverse frequenze (oscillazioni nel tempo). Da Mcgill University (sito web).

Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20Neuroscienze Musica

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numero

che le oscillazioni in beta possono essere facilmente modulate secon-do la velocità di presentazione de-gli stimoli ritmici. Studi EEG con stimoli semplici, come sequenze di toni identici e isocroni, hanno confermato la nostra tendenza a percepirli come un’alternanza di suoni forti e deboli, con risposte neurali più consistenti in termini di oscillazioni e potenziali evocati

per i suoni percepiti come più for-ti. Esperimenti con ritmi più elabo-rati hanno inoltre confermato una sincronizzazione cerebrale anche a frequenze subarmoniche della fondamentale. Più recentemente, è stata dimostrata la presenza di neu-ral entrainment anche con stimoli più ecologici, ovvero musica reale come brani pop-rock.

Conseguenze su attenzione e percezione. In linea con tali evi-denze sperimentali vi è l’idea che, ascoltando determinati suoni, rit-mi o musica, possiamo sviluppare delle attese rispetto a ciò che ver-rà e comportarci di conseguenza. Secondo la Dynamic Attending Theory, proposta per la prima volta da Mari Riess Jones nel 1976, l’at-tenzione non si sviluppa in modo continuo nel tempo, ma in cicli che sono ancorati ad eventi attesi e rilevanti. In altre parole, anche la nostra attenzione oscilla nel tem-po e viene rivolta soprattutto a stimoli salienti che oscillano con essa. Come abbiamo visto, siamo

in grado di percepire una struttura musicale complessa secondo una metrica precisa. Basti pensare agli accenti nel walzer (1-2-3, 1-2-3) o in una marcia (1-2, 1-2), o al vostro tamburellare iniziale. Proprio que-ste regolarità strutturali possono orientare la nostra attenzione nel tempo, grazie alla sincronizzazio-ne degli oscillatori interni a quelli esterni, come discusso sopra. Di

conseguenza, secondo tale teoria, sviluppiamo un’attesa orientata nel tempo e creiamo attese rispetto ai tipi di eventi e alla loro occorrenza temporale, secondo la quale il trat-tamento degli eventi attesi sarà faci-litato rispetto a quello degli eventi inattesi. Ciò si traduce nel fatto che per esempio, in compiti percettivi, siamo più abili nel rilevare e discri-minare degli stimoli uditivi (come dei rapidi suoni di rumore bianco) o visivi (come delle rapide croci sullo schermo) se sono allineati con la pulsazione percepita, ovvero se accadono quando ce li aspettiamo.

L’apertura alla cognizione. Ri-assumendo, il nostro sistema ner-voso produce oscillazioni inter-ne in grado di sincronizzarsi con oscillazioni esterne, modificando il nostro comportamento sul piano percettivo grazie alla modulazione dei picchi attenzionali. Da un’altra prospettiva, possiamo dire che la musica (o uno stimolo acustico in generale) è in grado di modificare i ritmi cerebrali con conseguenze

sul piano comportamentale. È im-portante sottolineare che quando si parla di ritmi cerebrali, oscillazioni e sincronizzazione, esiste un mon-do di ricerche che va ben oltre la cognizione musicale e la percezio-ne. Tali fenomeni sono infatti an-che studiati per investigare processi cognitivi complessi come il linguag-gio o la memoria, nei loro aspetti normali e patologici. Per fare un esempio, è stato dimostrato che la memorizzazione di parole è miglio-re se preceduta da una sincronizza-zione in theta. O ancora, i pazienti Alzheimer e quelli con lieve dete-rioramento cognitivo mostrano, a riposo, una minor sincronizzazio-ne nelle bande alfa, theta e gamma. Come introdotto nelle prime righe di questo articolo, la musica è in grado di stimolare l’intero cervel-lo. Dal momento che l’ascolto o la pratica musicale coinvolgono aree importanti per altri processi (come appunto il linguaggio, la memoria o il movimento), negli ultimi anni le neuroscienze si sono interessate in modo crescente all’utilizzo della musica per la stimolazione di tali abilità. Considerando ora il potere della musica sulle oscillazioni cere-brali e l’importanza di queste per compiti cognitivi di alto livello, ha senso chiedersi se e in che modo la musica possa essere utilizzata per modificarli, migliorarli o riabilitar-li. Si tratta di una domanda attuale, per rispondere alla quale saranno necessarie ulteriori ricerche. Ciò che è certo è che il nostro oscillare a ritmo di musica è osservabile tan-to sul piano neurofisiologico quan-to su quello comportamentale, e costituisce uno degli aspetti più sti-molanti nello studio del rapporto tra musica e cervello. ■

Indicazioni bibliograficheBolger, D., Trost, W., & Schön, D. (2013). Rhythm implicitly affects temporal orienting of attention across modalities. Acta psychologica, 142(2), 238-244.Buzsaki, G. (2006). Rhythms of the Brain. Ox-ford University Press.Jones, M. R., & Boltz, M. (1989). Dynamic at-tending and responses to time.Psychological review, 96(3), 459.Large, E. W. (2008). Resonating to musical

rhythm: theory and experiment.The psychology of time, 189-232.Nozaradan, S., Peretz, I., Missal, M., & Mouraux, A. (2011). Tagging the neuronal entrainment to beat and meter. The Journal of Neuroscience, 31(28), 10234-10240.Tierney, A., & Kraus, N. (2014). Neural entrain-ment to the rhythmic structure of music. Journal of cognitive neuroscience.

Laura Ferreri. Ricercatrice in neuroscien-ze cognitive. Dopo la laurea in neuroscienze presso l'Università S. Raffaele di Milano e un dottorato di ricerca all'Université de Bourgogne (Francia) all'interno del progetto Marie Curie EBRAMUS (European BRAin and MUSic), è attualmente post-doc presso l'Università di Bar-cellona nell'unità Brain Cognition & Plasticity. Si occupa principalmente dello studio del rapporto tra musica e cervello, con particolare interesse ai meccanismi di memoria legati al circuito di ri-compensa e alle oscillazioni cerebrali.

« [...] la musica (o uno stimolo acustico in generale) è in grado di modificare i ritmi cerebrali con conseguenze sul piano comportamentale»

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Neuroscienze Narratologia Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

NArrAzIONE E SPAzIO INCArNAtO

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NArrAzIONE E SPAzIO INCArNAtOAnemosneuroscienze

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A Il tema del numeroGen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

Parole chiave. Narrazione, spazio percepito, Simulation Theory, deissi, storyworld, mappe spaziali.

Abstract. Il corpo raccoglie e integra le informazioni creando mappe spaziali dinamiche, funzionali ai diversi comportamenti e obiettivi. Lo spazio può quindi essere concepito come un medium attraverso il quale la conoscenza umana si sviluppa. Differenti studi hanno dimostrato come la manipolazione della distanza fisica moduli la percezione delle persone, con riferimento sia ai legami affettivi e alle risposte emotive, sia ai giudizi valutativi. Pertanto, i processi sensoriali, motori e percettivi influenzano i pensieri dell’io sugli altri, i comportamenti e gli stessi sentimenti. Oltre alla percezione spaziale, la Simulation Theory identifica nei neuroni del sistema motorio l’origine del "modello in prima persona" che consente di simulare e proiettare in modo retroattivo gli stati mentali "as if" in terza persona, determinando quindi lo spostamento deittico che permette la simulazione e innesca il processo straniante della percezione intersoggettiva tipico della narrazione.

di Sara Uboldi3In

Lo spazio percepito è un sofisticato costrutto - che varia in rapporto alla com-plessità culturale, simboli-ca, individuale e di genere

- la cui esistenza è intrinsecamente subordinata alla presenza corporea. Il corpo nello spazio è in costante fluttuazione tra il dentro e il fuori, tra l’esterno e il viscerale, non può pertanto essere concepito al di là dei termini di mescolanza, d’ibridazio-ne, di contatto, di coesistenza e di sconfinamento. Il rapporto corpo-spazio si articola così nel mondo at-traverso un flusso di sensi orientati e disorientati, alterati e contraddetti, in una sorta di fotogramma multiplo: nel movimento, il corpo si richiama, si assembla e si rilascia nello spazio, entra in risonanza con il fuori e con gli altri corpi. Questo spostamento, percettivo e incarnato, produce un ritmo sincopato capace di connettere l’intestino e il profondo con il mon-do esterno. Il corpo si muove utilizzando una

sorta di bussola neuronale che par-tecipa all’attività di orientamento, alla definizione della direzione, alla gestione dei movimenti e alla memo-ria spaziale (Berthoz 2013). Questa struttura neurologica di origine ve-stibolare è stata recentemente iden-tificata nel talamo dei topi, una zona neuronale che trasmette le informa-zioni sensoriali, e nel postsubicu-lum, l’area ippocampale attiva nella costruzione della memoria spaziale (Bett, et al. 2013). Proprio nel talamo si localizzano le cellule specializzate nella direzione, mentre i “neuroni dei luoghi” trovano sede nell’ippo-campo (Buzsáki 2013). L’apprendimento e il comportamen-to spaziale costituiscono dei temi di rinnovato interesse non solo per la psicologia comportamentale e cogni-tiva, ma anche per l’ambito umanisti-co, per la narratologia e la linguistica cognitiva. La Embodied Mind The-sis, sviluppata alla fine del XX secolo dai biologi Maturana e Varela (1998), si pone in ideale contiguità con le

intuizioni di Lakoff e Johnson sulla capacità del corpo di generare signi-ficati ancor prima della manifestazio-ne della coscienza del sé (1980).Secondo i due studiosi, infatti, la concettualizzazione e la categoriz-zazione delle esperienze sono da considerare dei processi direttamente connessi ai comportamenti spaziali e motori, mentre lo strumento preci-puo per tessere questo tipo di corre-lazioni è fornito dalla figura retorica della metafora o, meglio, dal pensie-ro metaforico. Lo stesso concetto di enazione elabo-rato da Varela, che segnala il rapporto di interdipendenza tra i processi sen-soriali, motori e la cognizione, trova risonanza nella metafora della men-te estesa (Extended Mind Thesis) in cui i processi cognitivi oltrepassano i confini del corpo, includendo l’am-biente circostante (Clark, Chalmers 1998).Lo spazio può essere considerato af-fordance; James J. Gibson scrive, a sostegno della sua teoria motoria

LO SPazIO: UN mEDIUm attraVErSO CUI SI SVILUPPa La CONOSCENza UmaNa. COmE I PrOCESSI SENSOrIaLI, mOtOrI E PErCEttIVI INfLUENzaNO I PENSIErI, I COmPOrtamENtI E I SENtImENtI

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della percezione (Gibson 1979, 127), che il terreno da perlustra-

re, con le sue caratteristiche - oriz-zontale, piatto, esteso e rigido -, si offre come invito all’atto, ovvero lo spazio s’incarna come orizzonte di possibilità, in rapporto alle capabili-ties senso-motorie del soggetto. La stessa geografia umana si muove sempre più in questa direzione euri-stica, ai fini di comprendere come i comportamenti degli individui e del-le popolazioni negli spazi geografici siano determinati dalle rappresenta-zioni cognitive. Più nello specifico, è la geografia cognitiva (Cognitive Geography) che, affiancandosi alla psicologia comportamentale e alle neuroscienze cognitive, propone uno sguardo vòlto a studiare lo spa-zio e i territori attraverso livelli diffe-renti che comprendono anche la sfe-ra degli individui, con le loro abilità intellettuali, le loro differenze cultu-rali, educative e di genere (Montello, Grossner, Janelle 2009). Questo approccio sembra accomu-nare la geografia e la psicologia per-cettiva agli studi letterari e linguisti-ci di frontiera. Gli stessi concetti di narrazione, di spostamento deittico, d’immersione nel passato e nei mon-di finzionali prevedono una comune intuizione spazio-temporale fornita dal concetto di distanza.La distanza va oltre il vicino e il lon-tano, raggiunge e assorbe i termini di tempo, di passato, di presente e di futuro. Ovvero, il qui non costitui-sce mai meramente un punto nello spazio, così come l’ora non si riduce al presente: entrambi presuppongo-no un pensiero di tipo dialettico e controfattuale. Ciò significa che spazio e tempo sono sempre concepibili come divenire lo-cativo, seppur con significative varia-zioni e fluttuazioni di tipo antropo-logico. Basti pensare, come esempio, che nella società occidentale la di-stanza nel tempo suggerisce un’idea di passato prossimo o remoto, men-tre nelle culture orientali questa ten-de a una percezione ciclica, rivolta al passato quanto al divenire. Alla base della percezione spazio-tempo coesistono pertanto deter-minazioni culturali e biologiche,

quest’ultime costi-tuite da complessi meccanismi neuro-nali che si svilup-pano e si raffinano fin dalla primissi-ma infanzia.Durante il primo anno di vita, nel bambino emer-gono una serie di competenze per-cettive e spaziali fondamentali: se già dai sei ai nove mesi, il neonato sviluppa strategie egocentriche per muoversi nello spazio (ad esempio, girare a destra o a sinistra per rag-giungere un obiettivo) è a partire dagli undici mesi che la mente ini-zia a sfruttare i landmarks presenti nell’ambiente come àncore cognitive per la perlustrazione del mondo. Dal-le informazioni prettamente egocen-triche si passa quindi a una codifica dello spazio di tipo allocentrico.Il linguaggio stesso è sempre spazia-lizzato: i meccanismi neuronali che consentono il linguaggio interven-gono infatti anche nella percezione spaziale (Pyers et al. 2010; Piccardi et al 2014 a; Piccardi et al. 2014 b). La grammatica spaziale viene utilizzata dall’uomo durante la costruzione delle complesse mappe mentali che sono determinate e influenzate an-che dal vocabolario locativo appar-tenente all’individuo (Piccardi et al. 2015). Non a caso, una delle prerogative del-la narrazione è proprio il continuo intervento sulla prospettiva capace di determinare lo spostamento del cen-tro deittico del lettore, una variazione della focalizzazione che produce una presa di distanza - sia questa di tipo

ontologico o temporale - dal noto, dal familiare e, in alcuni casi, dalla stessa realtà. Parliamo, sempre e co-munque, di distanza dall’hic et nunc. L’immersione negli storyworlds e nei passati implica un processo di strania-mento che si concretizza proprio in uno spostamento del centro deittico di riferimento. A livello neurologico, questo movimento è reso manifesto dall’attivazione delle aree del giro temporale sinistro e del giro posterio-re destro, che segnalano il processo di assunzione e di spostamento della prospettiva (Berns et al. 2013).Recenti test sull’apprendimento il-lustrano significativamente le inter-relazioni esistenti tra orientamento e linguaggio, dimostrando come la competenza spaziale possa miglio-rare a seguito del rafforzamento del vocabolario espressivo (Piccardi et al. 2015). La stessa acquisizione delle preposi-zioni locative nell’infanzia è correla-ta allo sviluppo dei compiti di pro-blem solving spaziali. I bambini con sindrome di Williams, una rara ma-lattia genetica caratterizzata da defi-cit nella cognizione spaziale, presentano sovente difficoltà

«L’apprendimento e il comportamento spaziale costituiscono dei temi di rinnovato interesse non solo per la psicologia comportamentale e cognitiva, ma anche per l’ambito umanistico, per la narratologia e la linguistica cognitiva.»

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A Il tema del numero Anemosneuroscienze

Nella lunga tradizione medico-filosofica occidentale, che si è a lungo occupa-ta del funzionamento dell'organismo,

e nell'immaginario culturale umano, l'essere vivente e l'esser mosso sono diventati sinoni-mi; questo è accaduto in nome del movimento, del mutamento e del divenire, insomma delle numerose trasformazioni che il corpo subisce.Tale concetto, accettato pressoché unanime-mente, solo raramente è stato espresso in forma letteraria. Se ne sono occupati convin-tamente i futuristi, che in pittura e in teatro ne hanno fatto una specie di religione: tutto ciò che era classico e tradizionale veniva fagoci-tato dalla novità, dalla velocità, dall'estremo bi-sogno di rinnovamento. Il manifesto del teatro, pubblicato da Marinetti nel 1913, in tal senso fu una sorta di decalogo cui uniformare tutta la drammaturgia dell'epoca; ma, di regola, non ci sono esempi altrettanto clamorosi in letteratura. L'eccezione è rappresentata da “Aufsatz uber das Marionettentheater”, un libretto di 45 pagi-ne del 1810 di Heinrich von Kleist, che con lar-go anticipo sul Novecento in un racconto - poi diventato celebre - ha scritto le riflessioni più straordinarie sulla percezione del movimento.Kleist chiarisce che a differenza di quella animale, che è sempre “sicura e adeguata”, la motricità del corpo umano è “turbata dalla coscienza”, per cui invece di rispondere come l'animale in modo perfettamente adeguato allo scopo, il movimento umano è trattenuto se non addirittura intralciato dalla riflessione della coscienza che nel muoversi del corpo fa già la sua comparsa. Il movimento del nostro corpo, infatti, oltre a stabilire un contatto con il mondo, veicola l'effetto del mondo sul corpo, che incrina la spontaneità e l'immediatezza del movimento stesso nel suo prosieguo.Questa impercettibile crisi, che chiede al corpo una rielaborazione del messaggio del mondo e una modificazione del movimento successi-vo, è causato dalla coscienza che ne incrina il suo fluire spontaneo. Ogni atto motorio è sì

agito ma anche avvertito, ed è questo autoav-vertimento ad impedire la fluidità motoria, ciò che noi chiamiamo grazia. Solo ciò che non ha coscienza, e agisce (come l'animale) sulla base della propria motricità istintuale può conseguire quella fluidità.Infatti nel racconto di Kleist, un dialogo tra due spettatori che guardano lo spettacolo di un teatrino di marionette, le considerazioni sulla ballerina che è in scena riguardano i movimenti eccezionali di cui è capace: dà la sensazione di volare, di essere senza peso, di muoversi senza compiere alcuno sforzo, e tale grazia le conferisce leggerezza, levità. La conversazione procede finché uno dei due spettatori dice: “Sì! Costei è straordinaria... come solo può esserlo una marionetta”.Questa affermazione poggia sulle ragioni della grazia, la quale vuole che tutto rimanga in so-speso, che le cose vengano da sé; per questo ogni gesto che l'umano compie per imitare la perfezione dell'animale (o di una cosa inani-mata) risulta goffo, impreciso, greve, come se qualcosa ne intralciasse l'armoniosa rotondità: la coscienza, secondo Kleist. ■

APPROFONDIMENTO

Letteraturae percezione del movimento

di Adriano Amati

La marionetta di Von Kleist

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verbali nell’uso delle preposizioni locative. Gli esercizi linguistici sull’impiego del lin-guaggio spaziale assumono così una valenza rieducativa nelle pratiche di orientamento, nei bambini come negli adulti (Pyers et al. 2010). Nello stesso modo, le pratiche di ri-orientamento possono avere un impatto rilevante in caso di patologie e lesioni ce-rebrali che coinvolgono le competenze lin-guistiche, come l’afasia (Hermer-Vazques et al. 1999).Durante la lettura, lo spostamento deittico può utilizzare come punti d’ancoraggio i pronomi riferiti ai personaggi, agli oggetti, allo spazio e ai movimenti. L’impiego di una focalizzazione interna o esterna può condurre questo tipo di movimento cogni-tivo, dirigendo il processo di mentalizzazio-ne e d’inferenza con la storia.I riferimenti deittici sono impiegati dai let-tori con la funzione di àncore cognitive per inferire e interpretare il testo, creando una struttura o, meglio, una macrostruttura coerente della narrazione. Spesso, gli adul-ti tendono a interpretare i movimenti pre-senti nella narrazione assumendo il punto di vista del protagonista, avviando così un processo di personificazione incarnata con il personaggio finzionale. I test cognitivi evidenziano infatti come il lettore ricordi meglio i verbi deittici che in-dicano dei movimenti spazialmente coeren-ti con il punto di vista dei protagonisti della narrazione; in particolare, ciò è manifesto nei casi dei verbi venire e portare, gene-ralmente memorizzati in accordo al movi-mento di avvicinamento al protagonista, e andare a prendere, legati al movimento di distanza, all’allontanamento.

Affordance: nella psicologia cognitiva, il termine indica la caratteristica intrinseca dell’oggetto capace di suggerire la manipolazione dello stesso. Deissi: il termine indica un insieme eterogeneo di forme linguistiche quali avverbi, pronomi e verbi che rimandano alla situazione discorsiva. L’interpretazione dei deittici dipende in particolare da un centro deittico che, in genere, corrisponde con il parlante.

Focalizzazione: categoria che, nell’analisi narratologica, rientra all’interno del “modo” della narrazione, insieme alla distanza e alla prospettiva. Mentre la voce narrativa risponde alla domanda “chi parla?”, la focalizzazione corrisponde a “chi vede”. La focalizzazione può essere interna (livello intradiegetico), esterna (livello extradiegetico) o a grado zero (narratore onnisciente).

Narrazioni controintuitive: storie caratterizzate dalla presenza di personaggi o eventi che trasgrediscono alle leggi fisiche,

meccaniche e biologiche della realtà. I racconti di magia e i romanzi fantasy sono esempi di narrazioni controintuitive.

Narrazioni controfattuali: il pensiero controfattuale scaturisce di fronte a un problema che prevede più soluzioni possibili. In ambito narratologico, la Teoria dei mondi possibili - elaborata da studiosi come David Lewis, Umberto Eco, Lubomir Dolezel e Thomas Pavel - parte dall’assunto controintuitivo per indagare gli storyworld. Secondo questo tipo di prospettiva, sia la creazione sia l’interpretazione dei testi sono da considerare operazioni generatrici di costrutti culturali dotati di una serie di proprietà semantiche, più o meno verosimili rispetto alla realtà di riferimento. In quanto prodotti di una serie di attività mentali, quali il desiderare, l’immaginare, l’ipotizzare, il credere, ecc., i mondi possibili permettono di confrontare stati di cose reciprocamente incompatibili e racconti di fatti più o meno conciliabili con il mondo e con l’esperienza individuale e collettiva.

GLOSSARIO

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A Il tema del numero

La stessa strategia è utilizzata dai bam-bini che, già a tre

e quattro anni, sono in grado di ricordare con precisione i verbi

di moto coerenti con la prospettiva del personaggio ed eserci-tare una spontanea attività di sostitu-zione e omissione dei verbi percepiti in contrasto (Rall, Harris 2010). Queste ricerche s’inseriscono in un consolidato quadro euristico diretto a rilevare i rapporti che si instaura-no tra la storia, il lettore/fruitore, il processo di immaginazione e il pia-cere prodotto dall’esperienza di im-mersione narrativa. In particolare, il Modello situazionale delle narrazio-ne, teorizzato in ambito cognitivista, identifica una natura percettiva e multisensoriale direttamente connes-sa al vissuto esperienziale (Zwaan,

1999). Il modello situazionale - la ricostruzione mentale della storia creata dalla mente del fruitore per inferire e interpretare - deve risultare coerente e prevedere una particolare dimensione spazio-temporale. Ovve-ro, il consumatore di storie ha sem-pre bisogno di un punto d’ancorag-gio, un punto di vista che determina il qui e l’ora da adottare per potere conferire senso agli eventi. La presen-za di modi narrativi differenti agisce pertanto fortemente sulla percezione dello spazio e sugli spostamenti dei-ttici. Come detto, la capacità di spo-starsi nello spazio narrativo assumen-do il punto di vista fisso, o definendo via via i centri deittici per esercitare il movimento cognitivo all’interno dello storyworld, emerge nella prima infanzia. È già stato rilevato come i bambi-ni tendano a privilegiare uno o più punti di vista all’interno della scena narrata, facendo leva sui verbi deittici ritenuti salienti e sulle relazioni con lo spazio in cui si genera l’azione. La tendenza ad adottare un punto di vi-sta interno che sfrutta lo sguardo del protagonista appare quindi predilet-ta e precoce, sebbene la mente del bambino sia in grado di selezionare anche gli oggetti circostanti ritenuti cognitivamente disponibili per uti-lizzarli come àncore (Bryant et al., 1992). È questo il caso riscontrato

in narrazioni con incipit che includo-no riferimenti a oggetti con forte va-lenza simbolica sfruttati come punti di “ancoraggio” per gli spostamenti nello spazio e nel tempo.Queste sono quindi le strategie di orientamento impiegate dalla mente umana per esplorare gli storyworld, attraverso le quali emerge un’idea di letteratura come luogo, o meglio plus luogo, eminentemente eterotopico ed eterocronico (Bodei 2013). Tutto ciò consente di rivalutare la straordi-naria prerogativa delle storie: il po-tere di far muovere la nostra mente tra e oltre le coordinate spazio-tem-porali, anche attraverso la superficie dell’irrealtà, l’assenza o la pluralità dei mondi e dei tempi, come nel caso delle narrazioni controfattuali e controintuitive, per raffinare le no-stre competenze di problem solving e addestrarci ad affrontare la com-plessità del mondo. ■

Indicazioni bibliografiche

Berns G. S., Blane K., Prietula M. J., Pye B. E., 2013, Short and Long-term Effects of a Novel on Connectivity in the Brain, “Brain Connectivity”, 3(6), pp. 290-600.Bodei R., 2013, Immaginare alter vite: realtà, progetti, desideri, Milano, Feltrinelli. Buzsàki G., Moser E., 2013, Memory, Navigation and Theta Rhythm in to Hippocampal-entorhinal System, “Nature Neuroscience”, 16, pp. 130-132. Clark A., Chalmers D., 1998, The Extended Mind, “Analysis”, 58, pp.7-19.Gibson J. J., 1979, The Ecological Approach to Visual Perception, Bo-ston, Houghton Mifflin.Hermer-Vasquez L., Spelke E. S., Katsnelson A. S., 1999, Sources of fle-xibility in human cognition: Dual-task studies of space and language, “Cognitive Psychology”, 39, pp. 3-36. Maturana H., R., Varela J. F., 1998, The tree of knowledge: the biological roots of human understanding, Boston, London Shambhala. Montello D. R., Grosser K. E., Janelle D. G., 2014, Space in Mind: Con-cepts for Spatial Learning and Education, New York, Mit Press Books.Piccardi L., Palermo L., Leonzi M., Risetti M., Zompanti L., et al., 2014a, The Walking Corsi Test (WalCT): a normative study of topographical

working memory in a sample of 4- to 11-year-olds, “Clin Neuropsychol”, 28, pp. 84-96.

Piccardi L., Leon-zi M., D’Amico S., Marano A., Guariglia C., 2014b, Development of navigational working memory: evidence from 6- to 10-year-old children, “British Journal of Developmental Psychology”, 32, pp. 205–17. Piccardi L., Palermo L., Bocchi A., Guariglia C., D’Amico S., 2015, Does Spatial Locative Comprehension Predict Landmark-Based Naviga-tion?, “PloS ONE”, 10(1).

Rall J., Harris P. L, 2000, In Cinderella’s slippers? Story Comprehension from the Protagonist’s Point of View, “Developmental Psychology”, Vol. 36, No. 2, pp. 202-208.

Zwaan R. A., 1999, Situation models: T

Sara Uboldi PhD in Scienze Umanistiche, Università di Modena e Reggio Emilia Si occu-pa prevalentemente di Narratologia e Cognitive Poetics.Tra le pubblicazioni: Uboldi S., 2015, Teatro e favole, Saggi e scritti autobiografici, (introdu-zioni ai testi e note ), in Italo Svevo. Opere, (a cura di S. Calabrese), La Letteratura italiana Ricciardi, Istituto dell'Enciclopedia italiana Trec-cani, pp. 987-994 e 111-116. / Uboldi S., Fiaba e Neuroscienze Cognitive (Ledizioni, Milano, 2014). / Calabrese S., Uboldi S. (eds), Aby Warburg. Immagini Permanenti (Archetipolibri, Bologna, 2010). / Calabrese S., Uboldi S., 2014, Perché piacciono maghi e vampiri: letteratura, cognitivismo, controfattualità, in "Enthymema", XI, pp. 129-137.

Figura 6.1 - Il lettore ricorda meglio verbi che indicano dei movimenti spazialmente coerenti con il punto di vista dei protagonisti della narrazione. A dimostrarlo sono test cognitivi. A fianco immagine evocativa di bambina che legge un libro.

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Parole chiave. Postura, spazio, percezione, pie-de, movimento.

Abstract. L'articolo prende in esame la valuta-zione clinica e strumentale della postura umana, fenomeno che richiede complessi percorsi clinici, procedurali e strumentali. Si passano in rassegne le tre unità funzionali fisiologiche della postura: l’uni-ta funzionale superiore (il capo, il cingolo superiore, l’apparato occlusale, il sistema visivo e labirintico), l’unità funzionale intermedia (tronco vertebrale, le sacroiliache e il bacino) e l’unità funzionale inferio-re (articolazioni dell’arto inferiore), nonché il piede nel suo ruolo di trasferire al suolo i progetti motori e posturali integrati con le altre due unità funziona-li superiori in modo armonico e fluente. Si accenna alla stabilometria che permette di studiare le carat-teristiche pressorie del piede in posizione ortostatica e di valutarne le zone che sono maggiormente sotto carico.

di Giorgio ReggianiApp

IL COrPOLa VaLUtazIONE CLINICa

E StrUmENtaLE DELLa POStUra

NELLO SPAzIO

APPROFONDIMENTI MEDICI

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A Il tema del numeroGen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

Introduzione. La Postura Umana caratterizza nel suo complesso la personalità o le intenzioni o i costumi o la cultura di ogni singolo in-

dividuo. È al contempo una inte-razione polisensoriale e integrata. Diversi apparati la compongono pertanto definirne esattamente la dimensione è tuttora impossibile.Immaginiamo ad esempio di es-sere in un museo di fronte ad un’opera d’arte della quale vo-gliamo cogliere gli infiniti aspet-ti. In termini neurofisiologici è l’insieme del nostro corpo che si confronta con un insieme esterno a lui. Milioni di fluttuazioni di informazioni /azioni incomincia-mo ad elaborare. È necessario av-vicinarci o allontanarci dall’ope-ra d’arte al fine di coglierne gli aspetti più rappresentativi e più reconditi. Prendono forma ap-prendimenti, la nostra memoria, la nostra attenzione, un insieme delle nostre abilità sia cognitive che della nostra personalità, che in quel momento interagiscono con l’opera d’arte oggetto della nostra attenzione e curiosità. In un’opera d’arte ci sono aspetti meccanici, prospettici, di luce, di forme, postura dei personaggi o prospettive delle scene che l’auto-re elabora… e noi stessi abbiamo posture per analizzare e per capire meglio il senso comunicativo “il messaggio artistico” degli autori. La postura pertanto in termini ge-nerali è la rappresentazione di un contesto artistico o professionale o semplicemente umano orien-tato a comunicare valori o ad apprendere concetti o elaborare strategie. La Postura Medica contiene alla sua base riferimenti geometrici relativi alla posizione del corpo umano nello spazio e contestual-mente le relazioni tra i suoi seg-menti corporei (catene cinetiche). La postura può essere osservata: in stazione eretta, da seduto, in decubito prono, supino, laterale e nel cammino (marcia, corsa ve-loce).

Nel mondo dello sport poi esi-stono altre modalità che sono so-prattutto condizionate da ostaco-li o da strumenti che ne possono modificare in modo esponenziale le categorie.La corretta postura può definirsi come la deformazione coerente del corpo umano rispetto la gra-vità e rispetto le funzioni che lo stesso può svolgere con il minor dispendio energetico. Contestual-mente non vanno dimenticati i fattori neurofisiologici, biomec-canici, emotivi, psicologici e rela-zionali ad essa correlati.La postura pertanto è un evento molto complesso che interseca di-verse competenze mediche e non. Cercheremo di trattare pertanto gli aspetti medici nella loro di-mensione clinica e sotto un pro-filo di misura poiché tutte le pato-logie correlate alla modificazione del controllo motorio sono con-testualmente correlate alle modi-ficazione della postura umana.

Aspetti fisiologici: ingranaggi e unità funzionali della postu-ra. Quanto andremo a dire parte dal presupposto che il controllo motorio e posturale nell’uomo si basi su vincoli neuro meccanici e su vincoli neuro cognitivi in per-fetto dialogo fra di loro. L’energia che insieme producono è la fon-te inesauribile che oscilla nel bi-nomio apprendimento-plasticità delle componenti anatomo strut-turali del corpo umano. Una fitta rete cibernetica che si basa infatti sulla continua regolazione del-le informazioni che provengono dall’area neuro meccanica, vengo-no modulate dai centri superiori, integrate e pianificate. L’esempio affascinante di questo è la mano del neonato sul seno della madre durante la suzione: si nutre e con-testualmente comunica alla madre il suo grado di soddisfazione. La organizzazione del controllo motorio/posturale umano (non possiamo scinderli per le loro fun-zioni integrate) riferisce sul piano neuromeccanico a tre grandi uni- ◄

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tà funzionali della postura:

1) Unità Funzionale Superiore composta dal capo, dal cingolo su-periore, dall’apparato occlusale, visi-vo e labirintico. 2) Unità Funzionale Intermedia tronco vertebrale, sacroiliache e ba-cino. 3) Unità Funzionale Inferiore: com-prende tutte le articolazione dell’ar-to inferiore. Il piede svolge specifi-che funzioni in quanto trasferisce al suolo i progetti motori e l’energia prodotta dal corpo umano con il compito specifico e contestuale di trasmetterla e di riassorbirla permet-

tendo un dialogo continuo nel quale le componenti anatomiche (recettori e muscoli) si uniscono in una stessa funzione armonica. Questo permette una perfetta fluenza del movimento e permette di realizzare la postura come espressione diretta di specifici progetti motori.Questa complessa attività energetica del piede racchiude competenze bio-meccaniche e neuromotorie talmen-te raffinate da essere in sintonia con quelle labirintiche a tal punto di per-mettere la visione retinica in modo stabile e conseguente. Questi tre aspetti (piede, labirinto, occhio) lan-ciano le competenze neuro cognitive

e con esse si integrano in modo tale da coniugare la visione e l’energia verso un progetto motorio finalizza-to al consolidamento di adeguate o nuove competenze nel complesso si-stema dei processi di apprendimento (postura e apprendimento).Postura ed apprendimento pertanto sono due entità strettamente correla-te; fra loro esiste il mondo dei pro-cessi energetici. Si intendono tutti quegli eventi organici e/o di apparati che garantiscono un adeguato lavoro (energia) sia neuromeccanico che co-gnitivo nel modo più continuativo possibile (pensiamo di contro al fre-ezing del Parkinson). Queste com-

Figura 7.1 - A sinistra rappresentazione diagrammatica dei piani di riferimento cardinali. A destra, il sistema di forze concorrenti della gravità g e del muscolo soleo fs nel mantenere la posizione retta (Cg: centro di gravità).

APPROFONDIMENTI MEDICIGen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

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A AnemosneuroscienzeIl tema del numero

Figura 7.2 - Statokinesiogramma.

Figura 7.3 - Lunghezza e superficie di uno statokinesiogramma.

petenze umane hanno accelerato nel mondo del lavoro (ergonomia) diverse modalità orientate al model-lamento tra postura ed energia, e tra postura e robotica.

La regolazione posturale: aspetti rilevanti

La funzione visiva. Queste tre Uni-tà Funzionali (le 1, 2, 3 sopramen-zionate) hanno sul piano posturale specifiche competenze. La funzione visiva le modera tutte e tre in modo automatico o in modo specifico. Sul

piano neurofisiologico va ricordato che i nostri progetti motori postura-li diventano per noi delle immagini mentali che li facilitano nella loro realizzazione. Nel bilancio posturale non va mai sottovalutata la funzione visiva. Il posturologo pertanto si ras-sicura che alla base di un disordine posturale non vi sia un deficit visivo. La retina è sistema nervoso centrale. Entra in modo diretto nel modulare la postura: si passeggia e si dialoga con qualcuno. Siamo concentrati sul contenuto del dialogo e contestual-mente supervisioniamo gli ostacoli

ambientali. La caduta rappresenta l’evento drammatico di un disordi-ne posturale a carico delle tre unità funzionali.

La funzione stomatognatica: i disordini temporomandibolari e le malocclusioni. Particolare men-zione va fatta alla funzione occlusa-le. È importante nella postura uma-na poiché ha reciproche influenze con l’apparato labirintico e il rachide cervicale. Ricordiamo che la masti-cazione è una funzione indispensa-bile e quotidianamente praticata.

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APPROFONDIMENTI MEDICIGen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

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Essa si esercita sul piano occlu-sale nelle tre dimensioni dello

spazio in quanto ha lo scopo prio-ritario di attuare la prima digestione dei cibi attraverso la triturazione e frantumazione. Contestualmente il cibo in bocca subisce processi quali-quantitativi attraverso una rete neu-ronale integrata tra i nervi cranici. Le informazioni vengono elaborate in sede corticale sino a diventare processi cognitivi veri e propri. Di-versi autori infatti insistono nel ri-cordare che la masticazione umana è un processo che si estende sino ad essere un’attività con profonde signi-

ficati culturali, di tradizioni. Da sola questa precisazione spiega perche vi deve essere una stretta connessione tra nervi cranici, nervi cervicali, si-stema labirintico-utricolo sacculare. Non va del resto dimenticato che i muscoli della bocca hanno già dalla nascita fibre motorie mieliniche allo scopo di permettere la suzione al seno e pertanto la nutrizione.Il paziente disfagico di contro eser-cita uno sforzo adattivo posturale per mantenere adeguata la masti-cazione. Deve praticarla con una postura globale corretta e di facili-tazione fisica alla deglutizione. Ri-schia l’inalazione del cibo nelle vie respiratorie con conseguenze che a volte nelle persone anziane possono essere mortali. Pertanto quando si rompe l’equi-librio tra nervi cranici, labirinti e rachide cervicale possono avvenire eventi gravi quali la disfagia o/e la caduta. Recenti studi evidenziano il ruolo dell’occlusione dentale e delle af-ferenze trigeminali nel controllo posturale. Un cambiamento della posizione mandibolare può portare a cambiamenti nelle afferenze pro-

priocettive e periodontali. Può com-promettere il centro di pressione del piede e la stabilità nel cammino, per contro le variazioni di postura pos-sono influenzare la posizione man-dibolare. La anestesia unilaterale del trigemino provocherebbe uno spo-stamento del peso corporeo sull’arto contro laterale, invece una posizione mandibolare più simmetrica si tra-duce in una simmetrica contrazione del muscolo sternocleidomastoideo e riduce l’oscillazione del corpo. Altri studi sottolineano che l’occlu-

sione dentale può influenzare la po-stura del corpo e la curvatura della colonna vertebrale (scoliosi e lordo-si). Sono state segnalate correlazio-ni lineari tra le diverse morfologie cranio facciali: una postura anteriore nella classe II e una postura poste-riore nella classe III (nella classe II la mascella sopravanza la mandibola, nella classe III la mandibola sopra-vanza la mascella).

L’unità funzionale intermedia: tronco sacroiliache e bacino.

Figura 7.4 La funzione visiva modera l'Unità Funzionale

Intermedia (tronco vertebrale, sacroiliache e bacino) e l'Unità

Funzionale Inferiore: comprende tutte le articolazione dell’arto

inferiore. In senso neurofisiologico i nostri progetti motori posturali

diventano immagini mentali facilitanti.

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A Il tema del numero

La colonna vertebrale dorso lomba-re garantisce il sostegno dinamico agli organi del torace e dell’addome e contestualmente garantisce attra-verso diversi sistemi fascio musco-lari continuità e integrazione delle azioni che vengono condotte dalla mano e dal piede in modo da in-tegrare azioni efficaci rapide e in-dolore. Non possiamo parlando di postura dimenticare il ruolo plastico dei segmenti mobili vertebrali. Per segmento mobile intendiamo un territorio anatomico composto da

due vertebre. Ha un’area anteriore discale e un’area apofisaria articolare posteriore. Le diversità strutturali del disco e dell’articolazione apofisaria permettono movimenti tridimensio-nali e dosati a seconda delle azioni in funzione, in particolare dobbia-mo ricordare che le articolazione

vertebrali dalle cervicali a quelle sa-crali passano dal piano orizzontale “al piano podalico a quella verticale del rachide lombare. La modulazio-ne ulteriore viene svolta dalle fisio-logiche lordosi cervico-lombari in quanto sottoposte alle potenti azio-ni flessorie degli arti e dalla cifosi dorsale sottoposta all’azione del dia-framma combinato con quella dei muscoli addominali. Le funzioni off limited del segmento funzionale ver-tebrale vengono svolte dalla efficien-za discale e legamentosa (ligamento

longitudinale anteriore, ligamento longitudinale posteriore ligamenti interspinosi). Il disco intervertebrale è una fluente struttura in grado di dirigere il movimento in qualsiasi direzione. È pertanto l’elemento di regolazione posturale di elezione per questa sua specificità. Intorno a

lui vi sono le catene cinetiche fascio muscolare che fluttuano sul piano strutturale sino a diventare ligamen-to ovvero il limite invalicabile tra lo spazio corporeo e quello extra cor-poreo. Questi aspetti strutturali della colon-na vertebrale focalizzano l'attenzio-ne su due professionalità: il posturo-logo, con il compito di misurare le funzioni presenti sia con test clinici che strumentali, elaborando poi un programma riabilitativo adeguato; il neurochirurgo che elabora il mec-canismo patogenetico che blocca il segmento mobile vertebrale. La noxa patogena può riguardare il disco, l’articolazione apofisaria, le vie cana-licolari dei nervi. Può esservi inoltre una instabilità del segmento mobile per scivolamento dei corpi vertebrali e articolari fra loro. Le strategie chi-rurgiche attualmente possono inter-venire allo scopo di rendere stabile il segmento mobile. Le fasi intermedie di questo processo sono caratteriz-zate dalla presenza del dolore. La Società Americana del Dolore dà precise indicazioni terapeutiche. Nel dolore acuto qualsiasi pratica riabili-tativa non ha probabilità di successo se non evidenti controindicazioni. Il farmaco o tecniche specifiche neu-rochirurgiche sono raccomandate (infiltrative o con applicazioni in ra-diofrequenza, ecc.).Neurochirurgo e posturologo con-ducono assieme un processo di rior-dino posturale lavorando rispetto al dolore su due piani diversi, il primo nel dolore acuto o subacuto ricorren-te, il secondo nel dolore cronico. Il primo (il neurochirurgo) avrà succes-so nelle terapie sul dolore acuto se riesce contestualmente a collaborare con il posturologo nella normalizza-zione per quanto possibile dell’orga-nizzazione mio fasciale e articolare della postura. Nelle linee guide in-ternazionali vengono posti anche dei criteri temporali per distinguere il dolore acuto - subacuto ricorren-te da quello cronico 4/8 settimane. Questo criterio ha l’utilità oggettiva di “costringere” i professionisti ad una collaborazione serrata mettendo al centro, relativamente al dolore, la qualità di vita del paziente.

«Particolare menzione va fatta alla funzione occlusale. è importante nella postura umana poiché ha reciproche influenze con l’apparato labirintico e il rachide cervicale.»

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La clinica della postura

Aspetti sociali: la caduta, un problema sottovalutato. La per-dita di efficacia da parte del siste-ma adibito al controllo posturale dovuta all’età avanzata o all’effetto di patologie neurortopediche de-generative ha portato la ricerca ad approfondire il funzionamento del controllo posturale e il manteni-mento dell’equilibrio. Lo scopo im-portante è quello di poter usufruire di tecnologie sempre più dinamiche e sempre più indossabili nella vita quotidiana (accelerometri in par-ticolare e pedane stabilometriche dinamiche) che risultano adatte a quantificare in ogni istante qualità e quantità del controllo posturale. L’incremento dell’età media della popolazione e una aspettativa di vita sempre maggiore hanno aumenta-to l’importanza del mantenimento dell’autonomia motorio-funzionale e relazionale delle persone anziane. Infortuni e decessi causati da cadu-te sono sempre più frequenti. Tra gli 0 e i 14 anni le cadute sono 14 per 100mila abitanti sopra i sessantanni 137, sopra gli ottantanni 1269. Un altro aspetto rilevante è che il nume-ro dei decessi per caduta sopra gli ottanta anni è simile al numero dei decessi per incidenti stradali per sog-getti tra i 15 e i 29 anni. Dobbiamo pertanto preoccuparci non solo “del-le stragi delle strade” dei giovani, ma al contempo del tasso di mortalità dovuto alle cadute degli anziani che ha un’incidenza molto elevata (nove volte maggiore su 100mila campio-ni). In un’analisi qualitativa delle ca-dute la metà avviene durante il cam-mino. La domotica è il riferimento organizzativo dello spazio dome-stico. Apre per le persone anziane molte opportunità di prevenzione della caduta. Da tempo, in America, esistono specifiche organizzazioni che si occupano dell’addestramento ergonomico posturale degli anziani.

Analisi clinica della postura. Contempla un’osservazione sia sta-tica che dinamica. La postura statica è l’osservazione di un soggetto in tre diversi decubiti ortostatico, seduto, supino/prono, mentre la postura

dinamica è l’osservazione di un sog-getto quando si interfaccia con un oggetto nei processi di presa/rilascio dell’oggetto medesimo. O quando deambula allo scopo di svolgere azioni finalistiche ovvero usando oggetti specifici (dalla racchetta da tennis alla chiave dinamometrica del meccanico).La postura statica ha specifici reperi nel corpo umano. Questi punti ge-ometrici del corpo umano sono la nuca, la settima cervicale, le spine scapolari interne, l’ottava dorsale, le spine iliache posteriori superiori, entrambe le ali del bacino, la linea interglutea, le pieghe cutanee delle

ginocchia, il punto posteriore inter-medio dei calcagni. Questi punti alla osservazione devono essere simme-trici fra loro o intermedi tra le spalle o tra le ali iliache sul piano frontale.Sul piano sagittale la distanza della spinosa della quinta vertebra cervi-cale e della terza vertebra lombare devono essere entrambe 5/6 cm. di-stanti rispetto un piano posteriore verticale quando contestualmente il dorso e i talloni sono a lui appoggia-ti. Questi parametri statici semplici sono di facile rilevamento e conte-stualmente di alto valore clinico poi-ché condizionano la postura sia in termini biomeccanici che in termini energetici.La postura dinamica più frequente è quella correlata alla deambulazio-ne per il cingolo inferiore, e quella correlata alla presa o al rilascio degli oggetti per il cingolo superiore. Per-tanto si rinforza l’estrema importan-za tra presa di un oggetto e setting vertebrale. La osservazione dinami-ca, come in quella statica, si fa osser-vando il soggetto nel pieno di azio-ni specifiche. Lo si osserva mentre cammina osservando la fluenza e la

uniformità dei movimenti articolari e delle catene cinetiche coinvolte. Si osservano contestualmente gli stessi parametri osservati nella fase statica avendo cura di rilevare le simmetrie rispetto ad una linea immaginaria che parte dal processo odontoide della seconda vertebra cervicale e si proietta passando per il sacro sino ad arrivare tra i condili tibiali. La manipolazione degli oggetti e il contestuale setting posturale dina-mico che relaziona rachide e arto superiore deve tener conto del fat-to che il controllo posturale umano è orientato al ruolo determinante delle supervisione visiva. Tutto è in

funzione della visione e della perce-zione visiva. Quando raggiungiamo o abbandoniamo un oggetto la qua-lità delle nostre azioni è garantita se lo facciamo mantenendo l’oggetto in un campo visivo orizzontale di 20 gradi, e con gli avambracci posti sullo stesso piano. Le articolazioni dell’arto superiore sono inserite in una sinergia flessoria con gradi che oscillano intorno al terzo fisiologico. È possibile pertanto manipolare un oggetto in modo dinamico (esplorar-lo) se ho le spalle antepulse intorno ai 30 gradi, se compio movimenti di flesso/estensione dei gomiti tra i 90gradi +- 30gradi, se gli avambrac-ci possono scivolare su un tavolo. Così porto le mie mani all’interno di angoli visivi tra -+20gradi rispet-to il piano orizzontale. In queste condizioni ergonomiche e per ca-richi di lavoro non oltre ai 5 Kg il nostro corpo è in grado di svolgere un proficuo lavoro intermittente. In caso contrario il lavoro essendo ef-fettuato con una postura ergonomi-ca svantaggiosa determina un’usura dell’apparato muscolo/tendineo con manifestazioni cliniche che iniziano

«La perdita di efficacia da parte del sistema adibito al controllo posturale dovuta all’età

avanzata o all’effetto di patologie neurortopediche degenerative ha portato la ricerca ad approfondire

il funzionamento del controllo posturale e il mantenimento dell’equilibrio.»

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Anemosneuroscienze

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numero

con le tendiniti, proseguono con le calcificazioni verso le lacerazioni, sino alle lesioni conclamate dell’ap-parato muscolo/tendineo che è il trasduttore (l’esecutore delle nostre azioni) nelle varie posture.

Strumenti di misura della po-stura e criteri di analisi dei dati posturali. L’uomo è un bipede che sta fermo o si muove come se fosse un pendolo inverso. Questo assioma è alla base della architettura stru-mentale per l’analisi della postura. Un soggetto in posizione ortostatica oscilla sul piano di appoggio, pertan-to pendola sulle articolazioni tibio-tarsiche in modo inverso rispetto il pendolo tradizionalmente inteso.Le variabili fisiche che intervengono sono: il centro di massa, COM (il baricentro o centro di gravità) rap-presenta il movimento vero e pro-prio ed è il risultato del COP (centro di pressione). Nella posizione orto-statica completamente ferma è rap-presentato da una linea retta che par-te dal sacro e termina al suolo poco

avanti i malleoli tibiali. Il centro di pressione COP è la proiezione al suolo della pressione esercitata dalle forze che agiscono sul corpo umano. Il COP è l’indicatore per indagare le strategie di controllo della posizione ortostatica e configura pertanto il modello detto di cinematica inver-sa. Nei robot industriali succede esatta-mente il contrario: il movimento fi-nale ha una direzione centrifuga. Solo recentemente nella robotica collega-ta alla disabilità sono avvenute im-portanti scoperte che permettono al disabile di aumentare notevolmente le potenzialità dei suoi movimenti. La qualità della percezione periferica elaborata da complessi microcircuiti digitali - meccanici permettono di costruire una sorta di unità ciberne-tica periferica ovvero una unità che modifica il controllo motorio a se-conda delle percezioni che si produ-cono tra questi ausili di alta tecnolo-gia e il contesto circostante. La modulazione dei muscoli flesso estensori della caviglia (la loro neu-

romodulazione) è la via finale che descrive per singolo individuo un’area del centro di pressione e il gomitolo ovvero il per-corso punto per punto all’interno di questa area. Anche i muscoli flessori delle anche svolgono una importante modulazione poiché fanno da contrap-peso al baricentro cor-poreo che passa davanti a loro. I labirinti con il sacculo e l’utricolo e la

visione rappresentano ulteriori fat-tori di sensibilizzazione dell’esame. Questo infatti può essere eseguito ad occhi chiusi con o senza l’ipere-stensione del rachide cervicale. In questo modo (nella iperestensione) viene ridotta la funzione del canale posteriore, pertanto l’individuo deve dimostrare di saper mantenere la po-sizione ortostatica nell’ambito di parametri stabilometrici fisiologici. Nelle patologie neurodegenerative questi parametri vengono altamente modificati. Anche nei disordini posturali minori (quelli non causati da fratture o po-litraumi) è possibile verificare se vi è una modificazione delle frequenze posturali. Il paziente viene esamina-to con il capo completamente retro-flesso pertanto il labirinto posteriore perde ogni ruolo di controllo rispet-to il piano orizzontale. I parametri della stabilometria sono:A) Area di oscillazione (misurata in millimetri quadrati, valori normali inferiore ai 20 mmq).

Figura 7.5 - A fianco schema generale della colonna vertebrale. La colonna vertebrale dorso lombare garantisce il sostegno dinamico agli organi del torace e dell’addome e contestualmente garantisce, attraverso diversi sistemi fascio muscolari, continuità e integrazione delle azioni che vengono condotte dalla mano e dal piede.

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APPROFONDIMENTI MEDICI

B) Gomitolo del percorso effet-tuato dal COP dentro all’area

(valore normale sino a 400 mmq).C) LFS (la lunghezza del gomitolo per unità di superficie, valore nor-male 0,8-1,2).D) La differenzazione delle frequen-ze posturali con analisi secondo Fourier.E) Indice di Romberg: occhi aperti occhi chiusi.

Sono parametri che permettono di individuare il grado di insufficienza posturale relativo ai parametri indi-cati.La analisi delle frequenze oscillato-rie si suddivide in quelle dovute alla dinamica degli apparati toraco ad-dominali (Cuore-Polmone-Visceri); in quelle dovute al setting posturale (efficienza e disposizione geometri-ca delle catene cinetiche fascio mu-scolari).Nelle frequenze da patologie neuro-muscolari (Ictus, Parkinson, Sclerosi Multiple, Polineuropatie, esiti di Po-litraumi Cranio Encefalici e Frattu-rativi Vertebrali). Va ulteriormente precisato:1) ogni laboratorio determina i pro-pri valori medi di riferimento,2) la valutazione stabilometrica è una valutazione funzionale. Coabita con gli altri esami tradizionali (RX, TAC, RM, elettromiografia, ecogra-

fia) che descrivono invece la geome-tria delle forme (RX, TAC, ECO). La Risonanza Magnetica e dell’Elettro-miografia forniscono informazioni sullo stato biologico dell’area anato-mica considerata. Tutti questi esami pertanto hanno specifici orienta-menti. Il medico posturologo defini-sce la qualità del controllo posturale e motorio del paziente alla luce di tutti questi dati acquisiti.

Altre modalità strumentali di valutazione posturale. Si ricorda tra queste l'utilizzo di sensori iner-ziali che posti sul sacro permettono di registrare il cammino, la cinemati-ca longopelvica e degli arti inferiori sia in studio che sul campo. Permet-te inoltre di valutare la accelerazio-ne impiegata durante il cammino e di registrare gli aspetti simmetrici e asimmetrici desto-sinistri. Viene re-gistrata inoltre l’energia al suolo du-rante le fasi del cammino. Fornisce anche i parametri spazio temporali del passo e gli angoli di rotazione in 3D della pelvi. Il sensore inerziale può essere applicato in altre parti del corpo allo scopo di rilevare qual è il piano posturale rilevante nel mo-vimento in esame. L’uso più diffuso è quello di applicare il sensore sulla fronte di un paziente affetto da sco-liosi, da esiti traumatici vertebrali, da interventi di stabilizzazione ver-

tebrali ecc. per valutare nell’ambito della flessione globale richiesta in condizioni di ortostatismo qual è il piano posturale prevalente.Vi è inoltre la valutazione del piano occlusale con sonde elettromiografi-che che rilevano i potenziali e il re-clutamento dei muscoli temporali e masseteri. Questa modalità ha strette correlazioni con la postura generale e dà importanti indicazioni ai denti-sti relativamente alle protesi dentali agli splint temporo mandibolari e ai Bite. La stabilometria, il sensore inerziale e le unità di elettromiografia di su-perficie compongono il laboratorio mobile del posturologo. Questo ha notevolmente migliorato la oppor-tunità di queste tecnologie di inse-rirsi nella tradizionale valutazione strumentale dei disordini posturali statici e dinamici. ■

Indicazioni bibliografiche

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Giorgio Reggiani. Fisiatra. già primario fisiatra e direttore del laboratorio di analisi strumentale del movimento, della disabilità, della postura e del gesto sportivo presso l’ospedale di Carpi dal 1990 al 2011.Direttore del laboratorio di analisi del movi-mento nel 2011 e 2012 presso la Clinica Ma-raini di Lugano nel Canton Ticino integrato in un progetto multidisciplinare che coinvolgeva i 5 ospedali del Cantone medesimo con par-ticolare attenzione alle patologie neurogeria-triche e NCH. Nello stesso periodo ha fatto parte del comi-tato scientifico della FERB onlus belga che opera a Bergamo nelle neurolesioni croniche ischemiche e degenerative.Attualmente è libero professionista provvisto di un laboratorio mobile di analisi del movi-mento, della postura-occlusione e del gesto sportivo

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ALTRI APPROFONDIMENTI

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Parole chiave. Nietzsche, Wagner, si-filide.

Abstract. L'articolo traccia una sinteti-ca analisi delle opere del filosofo tedesco, prendendo il via dalla parte finale della sua esistenza, caratterizzata da una mi-steriosa follia, la cui causa non è mai sta-ta ben chiarita. Da alcuni ricondotta alla sifilide, da altri (tra cui il filosofo e medico Jaspers) da ritenersi una generica "ma-lattia mentale" sulla quale è impossibile ormai avere dettagli certi.Questo evento assume anche valore simbolico: con la morte, altrettanto sim-bolica, di Dio, l'uomo diviene libero, ma sostenziamente solo.

di Antonio Petrucci1In

LA FOLLIAIL CaSO NIEtzSChE:

PrOfILO DEL SUO PENSIErO E IPOtESI

SULLa SUa PazzIa

di un filosofo

Filosofia Psichiatria

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Torino, 3 gennaio 1889. Vuole la tradizione (non si sa quanto sto-ricamente fondata, ma seducente e quindi dif-

ficile da tralasciare) che il 3 genna-io 1889 - era una fredda mattina, a Torino - Friedrich Nietzsche abbia visto un vetturino picchiare sel-vaggiamente il suo cavallo. Nietz-sche non riuscì a dominare la sua emozione: abbracciò il cavallo e pianse; poi si smarrì e non poté ritrovare la strada di casa.Qualcuno lo riconobbe e lo riac-

compagnò alla pensio-ne, nella quale aveva affittato una camera, in via Carlo Alberto 6, di fronte a Palazzo Carignano.Tra il 3 e il 7 genna-io, Nietzsche scrisse i così detti “biglietti della follia”.Scrisse prima di tutto a Cosima - la moglie di Richard Wagner - l’Arianna del suo immaginario (visto che lui s’identificava con il dio Dioniso); e le dichiarò dispera-tamente tutto il suo amore: amore che lo aveva evidentemente accompagnato - dopo la rottura con i Wa-gner - negli anni dei suoi vagabondaggi.

Scrisse poi a Peter Gast, a Jacob Burckhardt e a Franz Overbeck: tutti amici degli anni trascorsi a Basilea come profes-sore di filologia (1869-1879). Pe-ter Gast era il più amato dei suoi allievi: aveva scritto sotto detta-tura uno dei suoi libri, Umano, troppo umano (del 1878), essendo Nietzsche, per il dolore alla te-sta, nell’impossibilità di scrivere. Jacob Burckhardt era professo-re di storia e Franz Overbeck di teologia. Burckhardt, che aveva ricevuto una lettera, dalla quale apparivano evidenti le condizio-

ni psichiche alterate di Nietzsche, andò a trovare Overbeck. Overbeck si mise in viaggio la sera del 7 gennaio e il pomerig-gio dell’8 giunse a Torino. Trovò Nietzsche al pianoforte, ma in uno stato di scomposta alterazio-ne. Il giorno dopo partirono per Basilea, accompagnati da un me-dico. Nietzsche era in uno stato di esaltazione: recitava, cantava, improvvisava discorsi. Fu ricove-rato prima nella clinica psichia-trica di Basilea (il 10 gennaio) e alcuni giorni dopo nella clinica psichiatrica universitaria di Jena. In entrambi i casi la diagnosi fu di paralisi cerebrale progressiva. Ma qual era la causa della paralisi cerebrale?

La follia di Nietzsche. L’ipote-si più accreditata (più mitizzata, anche) è quella della sifilide giun-ta all’ultimo stadio. Nietzsche l’avrebbe contratta a Colonia nel 1865 durante la visita a un bordel-lo. Tuttavia questa ipotesi non è mai stata dimostrata. Karl Jaspers, che era filosofo e professore di fi-losofia, ma aveva studiato medi-cina e psichiatria, sostiene che la causa della malattia di Nietzsche non è dimostrabile: “La diagnosi della malattia (...) non giunse mai ad una assoluta certezza”; “non si è riusciti a fare una diagnosi me-dica che riassumesse i sintomi in un quadro chiaro, preciso ed uni-voco della malattia”. In questo quadro d’incertezza, mi pare doversi ricordare che il padre di Nietzsche, Karl Ludwig, nato nel 1813, era morto a 36 anni per “malattia cerebrale”; precoce morte che pesa come un’ombra minacciosa sulla vita del figlio (v. Ecce homo).Quello che è certo è che Nietzsche soffriva di violente emicranie e di dolore agli occhi che lo riduceva-no quasi alla cecità (i dolori erano accompagnati da crisi di vomito). Altrettanto certo è che la sua sa-lute era sempre stata precaria e costellata di sfortunati eventi:

Figura 8.1 - Nietzsche è entrato

profondamente anche nella cultura di massa.

Non sono pochi, anche a sproposito, gli artisti o

altre figure intellettuali che si sono rifatte al filosofo

tedesco. In alto locandina del film ispirato alla vita di

Nietzsche, film del 1977 diretto da Liliana Cavani.

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Filosofia Psichiatria Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20

nel 1868, ad esempio, era stato congedato dal servizio militare

per una caduta da cavallo. Nel 1879, dopo dieci anni di insegna-mento all’Università, Nietzsche chie-se il pensionamento giacché le sue condizioni fisiche non gli consenti-vano di continuare a insegnare. Le cose andarono meglio, perlopiù, nel decennio successivo, durante il qua-le il filosofo vagabondò in Svizzera e in Italia, ma ci furono comunque “alti e bassi”, momenti di esaltazione e di depressione - fino al collasso fi-nale. Le condizioni di salute non gli avevano impedito di scrivere moltis-simo - lo dimostra il corpus delle sue opere e anche la quantità di appunti inediti: Nietzsche, mentre scriveva un libro, correggeva le bozze del pre-cedente e già progettava (e prendeva appunti) per l’opera successiva; lavo-rando anche di notte in condizioni di luce evidentemente poco adatte a chi soffre di occhi.Il mistero della demenza di Nietz-sche rimane e assume quasi valore simbolico. Nella Gaia scienza egli aveva parlato di un folle che annun-cia la morte di Dio. Ma lo fa con spa-vento, con timore e tremore, perché, dice il folle, se Dio è morto l’uomo è libero, ma, se Dio è morto, l’uo-mo è solo. Erano (sono) gli uomini all’altezza di un’impresa così gran-de e disperata - uccidere Dio, fare a meno di lui? La domanda del folle sembra racchiudere in sé il destino di Nietzsche.

Il caso Wagner. Ciò che inten-diamo fare adesso è di gettare uno sguardo alla frenetica attività dell’an-no precedente l’esplosione della follia, il 1888. Ci guiderà nel farlo l’impressione che Nietzsche sapesse o meglio sentisse che il suo tempo stava per scadere, che la follia stava per impadronirsi della sua mente e che pertanto bisognasse concludere.L’anno 1888 incomincia con Il caso Wagner. Ma, per capire l’importan-za di questo scritto, bisogna fare un passo indietro: ne La nascita della tra-gedia, il suo primo libro, del 1872, Nietzsche aveva salutato nell’ope-ra di Richard Wagner la “rinascita” della grande arte tragica (quella di

Eschilo e di Sofocle, sintesi supre-ma di bellezza apollinea ed ebbrez-za dionisiaca). Wagner allora, per il giovane filosofo, era non solo il più grande dei musicisti viventi, ma l’ar-tista “totale”, in grado di confrontar-si coi Greci. Con qualche (prudente) riserva il giudizio era stato ripetuto nella quarta “Considerazione inat-tuale”, Richard Wagner a Bayreuth, del 1876. All’inizio del 1888 la prima cosa che Nietzsche fa è di contraddire (e can-cellare) il giudizio di allora: Wagner è diventato l’espressione massima della décadence. Un’arte decadente è un’arte che finge, che si finge tragi-ca, ma non ha lo spessore né artisti-co né morale per esserlo; la vera arte tragica è quella mediterranea, san-guigna, solare, vicina alla vita - che il filosofo ora riconosce nella Carmen di Georges Bizet.Nietzsche non era stato solo un en-tusiastico ammiratore della musica wagneriana: lui aveva conosciuto e frequentato, da giovane professore universitario, la casa di Richard Wa-gner e di sua moglie Cosima Liszt a Triebschen, sul lago di Lucerna. Alla sua sconfinata ammirazione per il Maestro si era aggiunta anche la se-greta passione per Cosima. Ora l’ira e il rancore dominano il piccolo sag-gio del 1888: e si ha l’impressione che davvero ci sia qualcosa di perso-nale (di patologico anche) nell’attac-co durissimo all’arte “decadente” di Wagner. Forse, più di un’interpreta-zione edipica del rapporto con i co-niugi Wagner, potrebbe avvicinarsi alla verità storica l’interpretazione di René Girard del “desiderio mimeti-co”: a questo proposito occorre ri-cordare che Nietzsche componeva musica e forse aveva sognato di di-ventare musicista prima che filosofo (di lui si ricorda, ad es., un Inno alla vita su parole di Lou von Salomé).Come se non bastasse, per calmare il suo furore, quello che aveva scritto, Nietzsche (sempre nel 1888) prepara un’altra opera, Nietzsche contro Wa-gner, che è un’antologia di tutti i suoi scritti sul musicista… Il libro però non fu pubblicato. Perché lo stesso Nietzsche rinunciò a pubblicarlo, il 2 gennaio 1889, cioè il giorno prima

dell’esplosione della follia.

Crepuscolo degli idoli. Il caso Wagner è solo l’inizio del forsennato lavoro compiuto nel 1888.Nel 1887, dopo la pubblicazione del-la Genealogia della morale, Nietzsche aveva progettato un’opera “sistema-tica”, La volontà di potenza. Tentati-vo di una trasvalutazione di tutti i valori; opera nella quale intendeva esprimere in forma definitiva il suo pensiero. Nel 1888 il progetto viene

Figura 8.2 - In alto dipindo di Franz von Lenbach (1836–1904) raffigurante Richard Wagner.

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accantonato; però, dagli appunti de La volontà di potenza, nascono due libri: il primo è il Crepuscolo degli ido-li ovvero Come si filosofa col martello, pubblicato a novembre; il secondo è L’Anticristo. Maledizione del Cristia-nesimo, che verrà stampato solo nel 1895 ma che è già pronto per la stam-pa nel settembre del 1888 e che vie-ne ormai considerato da Nietzsche come l’intera “Trasvalutazione di tutti i valori”. Dunque l’opera con-clusiva del filosofo è qui, in questi due volumetti che adesso andremo a esaminare - mentre è ormai con-siderata un falso notorio l’opera La volontà di potenza (del 1906) “rima-neggiata” dalla sorella Elisabeth con l’aiuto di Peter Gast.

La parola-chiave del “Crepuscolo” è décadence e la morale greco-ebraica-cristiana è l’espressione della deca-denza. La morale è “contro-natura” - dice Nietzsche - perché è contro la vita, contro l’istinto o gli istinti della vita “sana”. Essa infatti nega, mentre “l’immoralista” afferma.La morale (e quindi la decadenza) è dovuta, soprattutto, al cristianesimo che ha dato spazio al debole, al brut-to, al malato – a tutto ciò che non è forza, salute, felicità. Tale morale è stata, del resto, “rilanciata”, nell’epo-ca moderna, dalla filosofia di Arthur Schopenhauer. A tutto ciò si contrappone il dio Dioniso - di cui Nietzsche si dichiara seguace - che accetta ed esalta la vita perfino nel momento del dolore.Una pagina del “Crepuscolo” ci sembra vada sottolineata: è il capi-tolo “Come il ‘mondo vero’ finì per diventare favola” con sottotitolo “Storia di un errore”. Si tratta appa-rentemente di appunti che dovevano essere rielaborati - ma la rielaborazio-ne non avvenne e gli appunti furono utilizzati così com’erano. Nietzsche parla del “dualismo” cioè dell’idea che accompagna la storia della filo-sofia occidentale - incominciando da Platone - che il mondo non sia che una copia materiale e imperfet-ta di un altro mondo immateriale e perfetto oppure la manifestazione di una realtà inconoscibile (Kant). Il positivismo però ha aperto la strada alla verità: il “mondo vero” non esi-ste e pertanto il “mondo apparente” è l’unico mondo reale.Stabilire che “non c’è un altro mon-do” ma che questo è l’unico mon-do, o comunque il solo che ci sia dato, dovrebbe ristabilire la priorità del corpo sull’anima, dei sensi sulla concettualizzazione, della vita sulla morale, della verità sulla menzogna. Se ciò non accade è per via della re-sistenza che religione e morale (armi degli uomini “imperfetti”) contrap-pongono a tale conquista della filo-sofia.

L’Anticristo. Il tema del “Crepu-scolo”, la décadence, viene ripreso e, se possibile, radicalizzato ne L’Anti-cristo.Il cristianesimo - secondo Nietzsche

- offende la vita: esso ha inquinato alle radici - col senso di colpa e col peccato - le fonti della gioia; ha pro-messo un aldilà inesistente; ha men-tito su Dio e sull’anima.Più del Cristo è Paolo ad avere edifi-cato questa religione insidiosa e vele-nosa. Più del cattolicesimo è Lutero ad avere impedito la “liquidazione” definitiva del cristianesimo. La Chie-sa, infine, ha impedito lo sviluppo di una cultura “sana” come quella ri-nascimentale. Come se non bastasse, i filosofi tedeschi (segretamente dei teologi mascherati) hanno a loro vol-ta alimentato il pensiero cristiano.Il cristianesimo è nichilista perché “dice di no” alla vita. Per liberarsi dal nichilismo - per cancellarlo dal-la faccia della terra - non c’è che lo scetticismo. Zarathustra (l’alter-ego di Nietzsche) è uno scettico che pre-para il ritorno del dio Dioniso. Tale ritorno sarà l’inizio di un’epoca nuo-va, caratterizzata dalla pienezza del vivere.Anche in questo libro però le argo-mentazioni sembrano sopraffatte dal rancore: forse è la fretta, il senso del-la fine ad incalzarlo; ma anche il sen-so di oppressione, e l’insofferenza, per l’educazione ricevuta e per la sua incapacità di liberarsene. Poiché non riesce a liberare se stesso, l’anarchico filosofo sta tentando di “liberare il mondo” da una cultura millenaria. È giunto il momento di Ecce homo.

Ecce homo. Ecce homo (che verrà pubblicato nel 1908) si divide in quattro parti: “Perché sono così sag-gio”, “Perché sono così astuto”, “Per-ché scrivo libri così buoni”, “Perché sono un destino”. Si nota, fin dai titoli, e poi in vari passaggi, l’eufo-ria che pervade l’opera. Tuttavia, è probabile che Ecce homo sia un li-bro sottovalutato. Indubbiamente c’è troppo compiacimento, e anche troppa urgenza, però Nietzsche par-la di sé e dei suoi libri - e questo è importante.Importante, ad es., che egli parli di suo padre, più di una volta, e che gli attribuisca la sua “natura specia-le” (“Considero un grande privilegio aver avuto un tale padre”), mentre proclama che la madre e la sorella sono quello che lui non vuole es-

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sere, quello che lui odia (“cre-dermi imparentato con una

tale canaille sarebbe una bestemmia contro la mia divinità”).Ancora più importanti le sue osserva-zioni sulla dieta, sul clima, sul ripo-so ecc., che compaiono nella secon-da parte (“Perché sono così astuto”). Nietzsche dichiara la sua avversione per tutto ciò che è tedesco, la cucina, il clima, la cultura tedesca. A tutto ciò egli si è sottratto con la fuga. La cucina migliore è quella piemontese, il clima migliore è quello italiano, la cultura più raffinata è quella fran-cese. Saper trovare l’alimentazione adatta al proprio fisico, il clima adat-to, le letture adatte è il segreto dello scrittore. Un po’ stravagante, questo sì; ma, in ultima analisi, come gli si può dare torto?Più di una volta Nietzsche parla della sua salute ma non col compiacimen-to dell’ipocondriaco. La sua cattiva salute è sempre stata un ostacolo da superare, ma forse anche uno spro-ne. E, soprattutto, non gli ha impe-dito di attendere alla sua opera.Nella terza parte, il filosofo esamina tutte le sue opere dalla Nascita della tragedia (1872) fino al Crepuscolo degli

idoli (1888). La sua opera per eccel-lenza - scrive - è il Così parlò Zarathu-stra (1882-83). Le opere precedenti in qualche modo la preparano. Le ope-re seguenti servono a “sgombrare il campo” (dai pregiudizi, dalla mora-le, dal cristianesimo ecc.) affinché la voce di Zarathustra risuoni più alta e più forte. Il messaggio di Zarathu-stra è una affermazione della esisten-za che implica anche l’accettazione del dolore - affermazione che viene esaltata, elevata alla ennesima poten-za, dalla teoria dell’eterno ritorno di tutte le cose. (Questa teoria serve an-che a respingere la visione del tem-po proposta da Agostino o da He-gel: non c’è una fine e un fine della Storia giacché il tempo è un anello che ripercorre se stesso.) Tutto ciò coincide con la filosofia tragica e col dionisiaco. Il dio della prima opera di Nietzsche - il dio dell’ebbrezza - torna a suggellare questa ultima, tor-mentata riflessione su se stesso.

Rimarrebbe da dire qualcosa sui Di-tirambi di Dioniso - ma non mi pare che essi aggiungano niente alle opere esaminate. Se mai, sono la dimostra-zione finale che Nietzsche sentiva di avere terminato la sua opera, assolto il proprio compito, anzi la propria missione, e che poteva liberamente cantare a se stesso qualche consolan-te canzone. ■

Figura 8.3 - Il famoso personaggio letterario (alter ego di Nietzsche), zarathustra, prende il nome dal profeta e mistico persiano, fondatore dello zoroastrismo vissuto tra il 628 a.C. e il 551 a.C. A Fianco zoroastro dipinto da Raffaello, particolare della Scuola di Atene.

Filosofia Psichiatria

Indicazioni bibliografiche

Per una drammatica ricostruzione “in diretta” dell’esplosione della follia, v. F. Nietzsche, Lettere da Torino, Adelphi, Milano, 2008.Per le opere esaminate o citate, v. F. Nietzsche, Opere, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi, Milano, 1964 e segg. Si tratta dell’opera omnia del filosofo ma esistono ovviamente varie edizioni di singole opere.Sono stati consultati inoltre: K. Jaspers, Nietzsche, Introduzione alla comprensione del suo filosofare, Mursia, Milano, 1996.

A. Magris, Nietzsche, Morcelliana, Brescia, 2003.G. Penzo, Nietzsche allo specchio, Laterza, Roma-Bari, 1993.R. Girard, La pietra dello scandalo, Adelphi, Milano, 2004.

Antonio Petrucci. Ha insegnato filosofia all’indirizzo socio-psico-pedagogico dell’Isti-tuto “Matilde di Canossa” di Reggio Emilia. Ha curato i seguenti “Quaderni del Canossa”: Friedrich Nietzsche Un filosofo e la sua om-bra, RE 2003; Filosofia al cinema, RE 2006; Perché la sofferenza?, RE 2011.Ha collaborato ai seguenti volumi: Scienza, coscienza e storia nel ‘caso Galilei’, a cura di S. Spreafico, FrancoAngeli, Milano, 2003; Problema, tentazione, mistero. La cultura oc-cidentale e la domanda sul male, a cura di S. Spreafico e M. Carrattieri, ed. San Lorenzo, RE, 2007; Prendersi cura della disabilità in-tellettiva, a cura di C. Ruggerini, A. Dalla Vec-chia, F. Vezzosi, Erickson, Trento, 2008.Ha pubblicato inoltre: Per un’etica della pre-senza. Saggio di filosofia morale su L’Alma-nacco n. 55-56, RE, dic. 2010; Filosofia e medicina. Un itinerario storico su L’Almanac-co n. 58, dic. 2011; Dell’uomo giusto e del ti-ranno. Letture platoniche su L’Almanacco n. 60, dic. 2012.

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numero

Il Barocco al femminile

Pensiero al femminile. l'approccio multidisciplinare di «Neuroscienze Anemos» guarda anche al mondo della psicologia sociale. la questione delle discriminazioni di genere e del ruolo della donna nella società rientra tra le problematiche anche della nostra epoca. Da qui l'esigenza di puntare la lente sul contributo del genere femminile ai settori importanti della scienza e della cultura.

APensiero al femminile

Elisabetta Sirani

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IL PERSONAggIO

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Quando si parla di Barocco, si pen-sa subito

ai grandi autori della scultura e della pittura: Bernini, Caravaggio, guido Reni, guercino. Se poi si considera in particolare la cosiddet-ta scuola emiliana che diede grande impulso alla pittura barocca ita-liana, oltre al già citato guido Reni, sono i Car-racci a dominare le sto-rie dell'arte.Ma nel capoluogo emi-liano fu attiva anche una pittrice poco consi-derata nei secoli e riva-lutata solo molto tempo dopo. Parliamo di Eli-sabetta Sirani.

ELISAbEttA SIrANI

tra I PrINCIPaLI PIttOrI DEL SUO tEmPO E DELLaSCUOLa bOLOgNESE

Il barocco al femminile

Anemosneuroscienze

Figura 9.1 - Sopra, Madonna con bambino e San Giovanni. Nella pagina a fianco autoritratto di Elisabetta Sirani. ◄

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IL PERSONAggIO

Elisabetta nacque a Bo-logna l'8 gennaio 1638 e qui vi morì il 28 agosto del

1665. Era figlia d'arte, visto che giovanni Andrea Sirani era un noto pittore bolognese, già as-sistente di guido Reni.Pare che la giovane Elisabet-ta si dimostrasse fin da subito predisposta alle arti, forse an-che per il contesto così fertile e le frequentazioni del padre. La Sirani realizzò alcuni ritratti importanti già intorno ai dicias-sette anni.La pittrice bolognese aveva un rapporto dinamico con la sua passione per la pittura. Non contenta di aver appreso i ru-dimenti dall'osservazione delle tecniche tradizionali, pare che

impiegasse una tecnica parti-colare per rifinire i suoi lavori. Il tratteggio dei soggetti veniva rifinito qualche volta con tem-pera ad acqua.

Ecco una breve carrellata del-le principale opere della Sirani. Fra i suoi primi lavori, l'acqua-forte del S. Eustachio (1655). Nel 1656 dipinse i ritratti della madre e di ginevra Cantofo-li mentre nel 1657 quello della moglie del dottor gallerani, e nel 1658 il Battesimo di Cristo (conservato a Bologna, S. giro-lamo della Certosa).Nel 1662 fu eseguito il S. Anto-nio col piccolo Redentore con-servato alla ricca Pinacoteca Nazionale di Bologna. La critica

d'arte ha rinvenuto in particolare in questo dipinto, un tenue cro-matismo e un tratto più sciolto che lo renderebbero più prege-vole rispetto alla Madonna del Rosario (stesso luogo di con-servazione del precedente).Molte opere risultando di incer-ta attribuzione, e ciò la dice lun-ga sulla fortuna delle sue opere nel periodo subito successivo alla sua morte, ma tra le più si-cure o verificate indichiamo le seguenti: La Concezione, il S. Francesco di Sales, due Bea-ti della famiglia ghisilieri; i Ss. Antonio e Romeo; in S. Carlo a Bologna una Madonna, e in S. Paolo in Monte all'Osservanza

Figura 9.2 - Sopra Porzia che si ferisce alla coscia, 1664.

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il Beato Marco Fantuzzi.

I temi sacri predominano come in tutta la pittura occidentale fino alla fine del XVIII secolo, ma la Sirani non disdegnò an-che di ritrarre temi mitologici e storici, nonché effigi dei suoi contemporanei, qualche volta compresi proprio nei quadri di soggetto profano.Gli influssi sulla Sirani sono da ricercarsi innanzi tutto in guido Reni, ma alcune opere risento-no anche di altre influenze. La Porzia che si ferisce alla coscia del1664, ad esempio, ricorda gli incarnati e le pose del guer-cino.

Come si diceva in precedenza, l'opera della Sirani andò incon-tro ad un oblio quasi totale dopo la scomparsa della pittrice. Ma nell'Ottocento cominciava a sorgere una nuova sensibilità per le autrici donne dei secoli passati. Inizialmente non per le qualità intrinseche dei lavo-ri delle artisti, ma per l'aspetto “eroico e patetico” di queste fi-gure che potevano ritenersi del-

le emarginate, in quanto donne in un contesto totalmente ma-schile.Questa scintilla di interesse, comunque, anche se non diret-ta solo all'opera, ebbe il merito di preparare il campo alla riva-lutazione di questa autrice.Se vogliamo, il percorso finale di questo riconoscimento, av-venne nel 1947. Con l'entrata in vigore dell'ordinamento re-

Figura 9.3 - Sopra Bellezza che scaccia il Tempo.

«La pittrice bolognese aveva un rapporto dinamico con la sua passione per la pittura. Non contenta di aver appreso i rudimenti dall'osservazione delle tecniche tradizionali, pare che impiegasse una tecnica particolare per rifinire i suoi lavori.»

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Bibliografia essenzialeB. Buscaroli Fabbri e D. Rondoni, Il veleno, l'arte. Storia vera e teatrale di Elisa-betta Sirani pittrice, Genova 2004.

Adelina Modesti, Elisabetta Sirani. Una virtuosa del Seicento bolognese, Bologna 2004.

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APPROFONDIMENTO

Figura 9.4 - Qui a fianco Giuditta con la testa d Oloferne, 1658.

pubblicano in luogo di quel-lo monarchico, la "Scuola provinciale femminile di arti

e mestieri" di Bologna, intito-lata nel periodo del regno alla Regina Margherita, divenne la scuola Elisabetta Sirani. Più di recente, nel 1994, alla pittrice bolognese è stato dedicato un cratere di 28 km di diametro sul pianeta Venere, fatto puramente

celebrativo ma importante, poi-ché di solito queste intestazio-ni sono dedicate a personaggi illustri delle arti, della scienza, della letteratura.

Tra le varie mostre dedicate ne-gli anni alla pittrice, si segnala per importanza la monografica del 1995, mentre una più re-cente si segnala alla metà degli

anni duemila, a Bologna.Occorre ammettere che il valore artistico di Elisabetta Sirani è indubbio e la qualità pittorica dei suoi lavori la può far annoverare tra i principali pittori del suo tempo e della scuola bolognese.Le difficoltà della condizione femminile, notoriamente su-bordinata anche e forse di più nelle classi elevate al mondo degli uomini, non impedì alle donne dell'epoca barocca di dedicarsi con passione all'ar-te. Tra le altre, si ricorda ad esempio Lavinia Fontana, figlia di Prospero Fontana e la famosa Artemisia gentile-schi, figlia di Orazio. ■

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convegno di neuroestetica

data: 11/03/2016

sede del convegno: Univer-sità degli studi di Modena e Reggio Emilia, Palazzo Dossetti, viale Alle-gri 9, Reggio Emilia (RE)

relatori: - marco aguggia, medico neurolo-go e fisiatra, dirige l'unità operativa Neurologica e Stroke Unit di Asti. Professore presso la Scuola di Spe-cializzazione di Neurologia Univer-sità di Torino Membro Consiglio Direttivo e del Gruppo di Studio di neuroestetica della SNO (Società Neuroscienze Ospedaliere)- alberto Bertoni, Professore Asso-ciato di Letteratura comparata pres-so l’Università di Bologna;- stefano calabrese, Professore Or-dinario di Semiotica del testo pres-so l’Università di Modena e Reggio Emilia; - enrico grassi, Specialista in Neu-rologia. Neurologo presso U.O di Neurologia del Nuovo Ospedale di Prato. Coordinatore nazionale del Gruppo di Ricerca in Neurostetica della SNO. - marco ruini, Specialista in Neu-rologia e Neurochirurgia; Direttore del Centro di Neuroscienze Ane-mos; Direttore scientifico della Ri-vista "Neuroscienze Anemos";- salvatore spinnato, Specialista in Neurochirurgia. Neurochirurgo presso A.O. Niguarda Cà Granda, Milano; autore di saggi di Neu-roscienze. "La rappresentazione anatomica dell'immagine del cor-po umano" 2013; "Sulla nuca: da Mondino alla geisha" 2016- marco Pivato, laureato in Chimi-ca e tecnologia farmaceutica, spe-

cializzato in Comunicazione della Scienza. Membro dell'Associazio-ne Stampa Medica Italiana (Asmi), dell'unione Giornalisti Scientifici Italiani (Ugis). Collabora con "La Stampa" ed è redattore presso "il Resto del Carlino" di Ferrara. Ha pubblicato: "A poca voce" (2008), "Il miracolo scippato" (2011), "No-verar le stelle" (2015)

moderatori: - amati adriano: Scrittore. Oltre a libri di turismo ed arte ha pub-blicato: "Turista a Tebaide" (1991), "Bertrand il matematico" (1994), "Dialoghi del namoro" (1997), "Domicilio Mantova" (2003), "Det-to tra noi" (2005), "I miei" (2006), "Una voglia di Sur" (2008), "L'iride azzurra" (2010), "Ballate" (2013), "Nebbia a teatro" (2014). - zanotti Bruno: Specialista in Neurologia e Neurochirurgia; Se-gretario Nazionale della Società di Neuroscienze Ospedaliere (SNO). Direttore scientifico della rivista "Topic in Medicine" ed Editorial Assistant del periodico "Progress in Neuroscience."

Programmai sessione: arte, musica, fotografia e neuroscienze cognitiveOre 9.00: Saluti e apertura dei la-vori Ore 9.20 - 11.30 Moderatore: Bru-no Zanotti Interventi di: - marco ruini, Neuroscienze e giudizio estetico: l’invenzione della bel-lezza - enrico grassi, Il bello musica-le: dalla percezione al piacere (Coffee break)- salvatore sPinnato, Sul-la bellezza anatomica del corpo: dalla preistoria al mondo fluttuante

- marco aguggia, La bellezza fotografica, tra realtà, errore e inganno 11.40-12.30 discussione

ii sessione letteratura, poesia e neuroscienze cognitiveOre 14.30 - 16.00 Moderatore: Adriano Amati Interventi di: - steFano calaBrese, Per una definizione scientifica di bellezza - alBerto Bertoni, Poesia e Alzheimer - marco Pivato, Noverar le stel-le. Che cosa hanno in comune scienziati e poeti16.00-16.30 discussione

Ore16.30-18.00 Interventi di dotto-randi e dottorande della Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

segreteria organizza-tiva: Libera università di Neuro-scienze Anemos, associazione cul-turale, via Meuccio Ruini, 6, Reggio Emilia. contatti: www.anemoscns.it [email protected]

Neuroestetica. L'invenzione della bellezza

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L’Associazione culturale e di volontariato Anemos, fondata nel marzo 2009, nasce per coordinare e ampliare le attività di volontariato sociale di un gruppo di amici

di Novellara (RE), nonchè le attività culturali del Centro di Neuroscienze Anemos, l’attività editoriale scientifica in collaborazione con la casa editrice New Magazine Edizioni e con la casa editrice La Clessidra. Tra i vari campi d’attività accennati:

♦ Libera Università di Neuroscienze Anemos: organizza convegni, seminari e corsi multidisciplinari sul tema delle neuroscienze in collaborazione con La Clessidra Editrice (vedi testo sotto). Pubblicazione della rivista «Neuroscienze Anemos»

♦ “Libri Anemos”. Attività editoriale con la Casa Editrice New Magazine con una collana di Neuroscienze e una collana di Narrativa e Poesia

♦ Biblioteca di Neuroscienze Anemos

♦ Promozione e valorizzazione di giovani artisti

♦ Programmi di volontariato sociale nei paesi in via di sviluppo e in Italia

www.associazioneanemos.org

Nell’autunno del 2010 è nato il progetto «Neuroscienze Anemos», trimestrale di neuroscienze, scienze cognitive, psicologia clinica e filosofia della mente.

Il periodico di divulgazione scientifica, distribuito gratuitamente nelle biblioteche pubbliche della provincia di Reggio Emilia e Mantova e in altri circuiti distributivi, si sviluppa in stretta correlazione con La Clessidra Editrice, giovane casa editrice Reggiana (con sede a Reggiolo, RE) nata in un contesto di associazionismo cultura-le nel 2004 e costituitasi come casa editrice nel 2006.

Editrice La Clessidra è specializzata in editoria periodica locale e settoriale. La giovane casa editrice raduna intorno a sé un attivo gruppo di intellettuali, colla-

boratori abituali e occasionali, che agiscono oltre la sfera dell'editoria.

Sotto questo aspetto, le attività promosse dall'editore contribuiscono ad alimenta-re il dibattito sulla contemporaneità, non solo presentando e divulgando la pro-

pria attività e quella di altri operatori culturali, ma anche promuovendo convegni e seminari (riguardanti l'ambito scientifico e le scienze umane) , divulgando l'attività di artisti, scrittori, studiosi di varie discipline.

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la clessidra editrice

l'associazione anemosPresidente: dr. Marco Ruini

Le Clessidra Editrice. Redazione editrice e della rivista: via XXV aprile, 33 - 42046 Reggiolo (RE) tel. 0522 210183

Direzione editoriale: Davide Donadio Tommy Manfredini

GLI EDITORI