NEUROPSICHIATRIA QUOTIDIANA PER IL PEDIATRA DI … · sentano uno dei problemi psicoso-ciali più...

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Medico e Bambino 1/2003 15 Focus NEUROPSICHIATRIA QUOTIDIANA PER IL PEDIATRA DI FAMIGLIA Q uesto Focus su argomenti di neuropsichiatria quoti- diana per il pediatra di famiglia anticipa due ini- ziative: la prima è quella delle ACP Lazio e Umbria di produrre un incontro tematico, per l’ultimo weekend di maggio a Roma, su questo tema specifico (vedi program- ma a pagina 51); la seconda è quella di “Medico e Bam- bino” di dedicare, a questo tema, anche il supplemento estivo che nel 2002 è stato dedicato alla celiachia. A sua volta, queste due decisioni indipendenti (o quasi) tra di loro rispondono, crediamo, a un bisogno progressi- vamente più sentito della pediatria italiana di “sapere qualcosa di più” su questo tema affascinante e - per il pe- diatra - un po’ elusivo, che occupa uno spazio sempre mag- giore della sua attività, anzi, che si infiltra nei singoli at- ti della routine, dall’allattamento all’allevamento, al con- trollo di salute, al vaccino, al consiglio, all’enuresi, al suc- cesso e all’insuccesso scolastico, al capriccio, al tic, al son- no. Si tratta di un bisogno di “rifondazione” del sapere pedia- trico e del sapere neuropsichiatrico, due saperi che hanno sempre più bisogno di integrarsi e al tempo stesso di rifon- darsi, ciascuno senza perdere nulla della sua individua- lità, anzi, rinforzandola. Per il pediatra si tratta di pren- dere atto del cambiamento della sua professione, in atto or- mai da 40 anni, ma sempre più rapidamente, con moto naturalmente accelerato, negli ultimi 30, 20, 10, 5 anni, del cambiamento di una professione che si occupava di quella che era la fascia di età più numerosa e con il più al- to indice di mortalità, ma che adesso è diventata la fascia di età meno numerosa e con la mortalità più bassa. Per il neuropsichiatra si tratta di prendere atto di una quantità di bisogni, da quello della riabilitazione a quello del sostegno, a quello della malattia fittizia, a quello della scuola, a cui non ce la fa, materialmente, a far fronte, e di cercare, quindi, una collaborazione con il “primo livello” delle cure al bambino. Per entrambe le categorie si tratta del dover pescare nel mare del disagio quotidiano, di affrontare una “nuova” epidemiologia, di mettersi al passo con una scienza, la bio- logia della mente o la biologia dei sentimenti, che solo da pochi anni ha cominciato a fare i primi passi sicuri (o quasi). La nuova epidemiologia è, forse, in parte, artificiale. I cri- teri per definirne le dimensioni e i confini sono imprecisi e in parte soggettivi, a dispetto del tentativo di oggettiviz- zarli. Giustamente la neuropsichiatria, e specialmente la pedo-psichiatria, non parlano di “malattie” psichiatriche ma di “disturbi”, il che fa una bella differenza, e non solo sul piano lessicale. Tuttavia ci sono dei numeri, per prendere in considera- zione solo quelli, che non sembrano suscettibili di “sconti”, e che fanno un po’ di impressione. Negli Stati Uniti la percentuale di soggetti nell’età dello sviluppo che richiede un intervento psichiatrico si colloca tra il 12% e il 22%. In dettaglio: 3% di deficit mentali; 3% di iperattività con deficit di attenzione; 3% di dislessia; 3% di difetto mentale; diciamo 0,5% dei disturbi che rien- trano nello “spettro autistico” e arriviamo già, tenendo conto delle comorbilità (che qualcuno, dall’inglese, conti- nua a chiamare “comorbidità”), al 10% della popolazione pediatrica. Se poi ci mettiamo quei disturbi di più diffici- le classificazione, quantificazione e definizione epidemio- logica come i disturbi del sonno dell’età scolare, i disturbi dell’appetito dell’età adolescenziale, il comportamento op-

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Focus

NEUROPSICHIATRIA QUOTIDIANA PER IL PEDIATRA DI FAMIGLIA

Q uesto Focus su argomenti di neuropsichiatria quoti-diana per il pediatra di famiglia anticipa due ini-

ziative: la prima è quella delle ACP Lazio e Umbria diprodurre un incontro tematico, per l’ultimo weekend dimaggio a Roma, su questo tema specifico (vedi program-ma a pagina 51); la seconda è quella di “Medico e Bam-bino” di dedicare, a questo tema, anche il supplementoestivo che nel 2002 è stato dedicato alla celiachia.A sua volta, queste due decisioni indipendenti (o quasi)tra di loro rispondono, crediamo, a un bisogno progressi-vamente più sentito della pediatria italiana di “saperequalcosa di più” su questo tema affascinante e - per il pe-diatra - un po’ elusivo, che occupa uno spazio sempre mag-giore della sua attività, anzi, che si infiltra nei singoli at-ti della routine, dall’allattamento all’allevamento, al con-trollo di salute, al vaccino, al consiglio, all’enuresi, al suc-cesso e all’insuccesso scolastico, al capriccio, al tic, al son-no.Si tratta di un bisogno di “rifondazione” del sapere pedia-trico e del sapere neuropsichiatrico, due saperi che hannosempre più bisogno di integrarsi e al tempo stesso di rifon-darsi, ciascuno senza perdere nulla della sua individua-lità, anzi, rinforzandola. Per il pediatra si tratta di pren-dere atto del cambiamento della sua professione, in atto or-mai da 40 anni, ma sempre più rapidamente, con motonaturalmente accelerato, negli ultimi 30, 20, 10, 5 anni,del cambiamento di una professione che si occupava diquella che era la fascia di età più numerosa e con il più al-to indice di mortalità, ma che adesso è diventata la fasciadi età meno numerosa e con la mortalità più bassa.Per il neuropsichiatra si tratta di prendere atto di unaquantità di bisogni, da quello della riabilitazione a quello

del sostegno, a quello della malattia fittizia, a quello dellascuola, a cui non ce la fa, materialmente, a far fronte, e dicercare, quindi, una collaborazione con il “primo livello”delle cure al bambino.Per entrambe le categorie si tratta del dover pescare nelmare del disagio quotidiano, di affrontare una “nuova”epidemiologia, di mettersi al passo con una scienza, la bio-logia della mente o la biologia dei sentimenti, che solo dapochi anni ha cominciato a fare i primi passi sicuri (oquasi).La nuova epidemiologia è, forse, in parte, artificiale. I cri-teri per definirne le dimensioni e i confini sono imprecisie in parte soggettivi, a dispetto del tentativo di oggettiviz-zarli. Giustamente la neuropsichiatria, e specialmente lapedo-psichiatria, non parlano di “malattie” psichiatrichema di “disturbi”, il che fa una bella differenza, e non solosul piano lessicale.Tuttavia ci sono dei numeri, per prendere in considera-zione solo quelli, che non sembrano suscettibili di “sconti”,e che fanno un po’ di impressione. Negli Stati Uniti la percentuale di soggetti nell’età dellosviluppo che richiede un intervento psichiatrico si collocatra il 12% e il 22%. In dettaglio: 3% di deficit mentali; 3%di iperattività con deficit di attenzione; 3% di dislessia;3% di difetto mentale; diciamo 0,5% dei disturbi che rien-trano nello “spettro autistico” e arriviamo già, tenendoconto delle comorbilità (che qualcuno, dall’inglese, conti-nua a chiamare “comorbidità”), al 10% della popolazionepediatrica. Se poi ci mettiamo quei disturbi di più diffici-le classificazione, quantificazione e definizione epidemio-logica come i disturbi del sonno dell’età scolare, i disturbidell’appetito dell’età adolescenziale, il comportamento op-

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positivo, il disturbo ossessivo-compulsivo, il bullismo e l’a-buso, il disturbo d’ansia e la depressione più o meno ma-scherata, le malattie fittizie e magari anche i tic, l’emi-crania e le fibromialgie, arriviamo a molto più del 30%.Un mare nel quale non abbiamo mai pescato (e forse ab-biamo fatto anche bene a non farlo), ma che non possiamopiù permetterci di non conoscere.Se ci rifacciamo ai dati italiani, i numeri sono relativa-mente minori ma, tuttavia, sempre importanti (Tabelle Ie II).La nuova epidemiologia non è però che uno degli aspettidella rivoluzione culturale che stiamo vivendo, assieme,pediatri, pedo-psichiatri e neuropediatri (già questa di-stinzione operativa tra neurologi e psichiatri dell’età dellosviluppo sta mostrando la corda, sotto il profilo scientifico,se si considerano le basi biologiche della psichiatria). Un secondo aspetto è la rivoluzione nosografica, cioè laoggettivazione dei criteri diagnostici operata per i singolidisturbi da un manuale come il DSM-IV (la quarta edi-zione del “Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbimentali”) o secondo la classificazione ICD- 10 (la decimaedizione dell’International Classification of Diseases del-l’OMS).

Il terzo fattore è dato dallo sviluppo delle neuroscienze, chea loro volta sono una delle componenti del cosiddetto “esa-gono cognitivo” (intelligenza artificiale, psicologia cogni-tiva, neuroscienze, linguistica, antropologia e neurofilo-sofia).Un quarto aspetto è rappresentato dall’aumento delle co-noscenze di tipo psicofarmacologico: conoscenze ancoralontane dall’esaustività, che tuttavia permettono di capirese e perché e come una molecola agisce a livello di funzio-ni mentali superiori; e che permettono altresì di “costrui-re” delle nuove molecole con effetti entro certi limiti pre-vedibili e oggettivamente misurabili.L’ultimo aspetto è rappresentato dalla ECM, che riguar-derà indifferentemente l’intervento farmacologico, e l’in-tervento psicoterapico nelle sue varie accezioni (psicana-lisi, terapia cognitiva, terapia comportamentale, terapiacognitivo-comportamentale, terapia sistemica, psicotera-pia d’appoggio, counselling, riabilitazione psicomotoria).Ogni volta che si porrà il problema dell’intervento, ci sipotrà e probabilmente ci si dovrà basare, per sceglierlo eper giudicarlo, su valutazioni e misurazioni oggettive disuccesso: di successo contro farmaci, di successo contro“non intervento”, di successo contro qualunque altro tipo diapproccio. Anche qui l’epoca dell’improvvisazione e del-l’impressione è finita, o sta finendo, o speriamo che stia fi-nendo.Per scendere di un gradino, e per capirci un po’ meglio, di-ciamo che il neuropediatra, il pedopsichiatra e il pediatrasemplice si possono oggi confrontare con diversi modelli eutilizzare diversi strumenti: sufficientemente semplici, suf-ficientemente obiettivi e sufficientemente comprensibili perconsentire la diagnosi, la scelta e il dialogo interprofessio-nale.Di tutto questo, il nostro Focus è soltanto un assaggio; icontributi che lo compongono sono solo una parte delle“giacenze di magazzino” di Medico e Bambino; gli Autoridi questi contributi sono soltanto pediatri; gli argomenti, iltipo dell’approccio, il linguaggio, sono molto diversi. Tut-to il contrario di quanto ci si dovrebbe attendere da un Fo-cus, mirato (lo dice la parola stessa) a focalizzare unaspetto specifico del sapere o del saper fare. Qui vengonomessi invece a fuoco più che altro un bisogno, una voglia,un’attitudine condivisi; e il fatto che siano già disponibili,nell’archivio della Rivista, tante fiammelle fa intendereche ne nascerà abbastanza da scaldarsene nei prossimianni. O che sia solo un fuoco di paglia? Vedremo: per intanto,stendiamo le mani e cominciamo un po’ a scaldarle.

EPIDEMIOLOGIA DEI PROBLEMI DI SALUTEMENTALE IN ETÀ PEDIATRICA IN ITALIA

Disturbi pervasivi dello sviluppo 0,8%Disturbi dell’apprendimento 5-6%Disturbi severi del comportamento 1,6%Depressione 8%Anoressia 0,6-0,8%Bulimia 1-2%Suicidio 5,3/100.000 (8,8 maschi, 1,9 femmine tra i 15 e i 24 anni)*

*Tra i più bassi valori in ambito EU, a differenza dei dati precedenti che so-no nella media.

Tabella I

EPIDEMIOLOGIA DEI PROBLEMI DI SALUTEMENTALE IN ETÀ PEDIATRICA NEL LAZIO

Disabilità persistenti 17.320 (1,6-2%) Disturbi psicopatol. e/o neuropsicol. 67.356 (6,7-7,2%) Sofferenza silenziosa e/o grave disturbo psicosociale

76.977 (8%)

Totale: 161.653 su 962.224 (16,7%)

Tabella II

«Eu não o educo para vadio,muito menos para amador; educo-o para ser útil ao seu país…»(«Non lo educo a essere un vagabon-do, né tanto meno a essere un amatore,lo educo ad essere utile al suo pae-se…»)

Eça de Queiroz, Os Maias

I disturbi del comportamento rappre-sentano uno dei problemi psicoso-

ciali più frequenti e densi di significatonella condizione infantile moderna. Es-si non costituiscono solo un tema sani-tario, ma investono aspetti sociali digrande rilevanza nella società moder-na. Se riteniamo valida l’ipotesi che l’i-giene psico-fisica del bambino possaavere un ruolo nella formazione di fu-turi individui adulti, capaci di parteci-pare attivamente e costruttivamente al-la comunità umana, secondo i principidi pace, la questione finisce per assu-mere una dimensione politica e filoso-fica.

Le cronache giudiziarie e le statisti-che ci portano del resto naturalmente ainterrogarci sulle radici dei comporta-menti giovanili devianti, e sul sensoche essi hanno per l’intera comunità.

Come ci ricorda Hans Jonas1, nelmondo moderno il comportamento

umano si è modificato nel tempo,orientandosi verso il paradigma mani-polatorio e produttivo, determinato dal-la potenza tecnologica («Io posso farein modo che…!»), e la serie causale de-gli eventi si è estesa facendo sentiregli effetti dell’agire individuale e collet-tivo fino ai confini della biosfera.

In altre parole, la cultura della “li-bertà individuale incondizionabile”,con l’essere umano collocato al centrodell’universo, iniziata con l’Umanesi-mo, proseguita con la rivoluzionescientifica illuministica, e portata a ma-turazione dalla Rivoluzione Francese,sembra aver raggiunto il suo limiteestremo e invalicabile in questo para-digma comportamentale dell’uomomoderno. E non è un caso che da que-sta cultura l’opinione popolare tragga, apartire dalle teorie psicologiche dell’i-stinto, il pregiudizio che limitare l’atti-vità del bambino corrisponda a una col-pevole repressione.

Ma ormai è necessaria una revisio-ne profonda di questa cultura che haprodotto i suoi frutti, ma che non puòpiù fondare l’agire umano. È invece ne-cessaria una cultura della “responsabi-lità”, in cui la trasmissione del sensodel limite è fattore essenziale di cresci-ta umana e civile1.

È quindi anche necessario un nuovo

fondamento filosofico, per una teoriadello sviluppo che preveda la possibi-lità di regolare il comportamento uma-no fin dai primi mesi di vita, superandolo stereotipo repressivo dell’educazio-ne del bambino per sostituirlo con lapromozione dell’apprendimento dicompetenze prosociali e della capacitàdi soluzione di problemi relazionali.

Essere un “buon cittadino” equiva-le quasi per forza all’essere un “buonessere umano”, cioè un individuo adul-to e maturo, guidato dai principi dell’a-more verso ciò che è “Altro” e del ri-spetto per il mondo in cui vive.

Per chiunque si occupi di problemidei bambini questo significa che ormailo “psico” è necessariamente anche“sociale”. Una nuova frontiera di impe-gno si apre per il pediatra: promuoverela collocazione migliore possibile delbambino nella società e nel mondo.

Il pediatra, particolarmente il pedia-tra di famiglia (PdF), dovrebbe semprepiù essere in grado di offrire ai genito-ri strumenti culturali che permettanodi prevenire errori educativi2-8.

Il disturbo comportamentale più fre-quentemente osservato dal PdF2 è ildisturbo opposizionale (DO) e/o di sfi-da e/o aggressivo, quello che moltichiamano del “bambino onnipotente”o del “piccolo tiranno”4. Esso si so-vrappone in parte al disturbo del com-portamento sociale (DCS), in cui puòsfociare, ed è causa di comportamentidevianti (aggressività, dissocialità, de-linquenza).

COS’È IL DISTURBO OPPOSIZIONALE?

Il disturbo opposizionale si manife-sta con una sintomatologia sostanzial-mente simile a quella del comporta-mento sociale (Tabella I), anche se isintomi aggressivi e distruttivi sonomeno intensi, in quanto l’aggressivitàsi esprime soprattutto sul piano del-l’opposizione.

La sintomatologia è presente quasiesclusivamente nell’ambiente familia-re, e raramente a scuola o nel gruppo,dove spesso il bambino appare addirit-tura timido e sottomesso.

Secondo il sistema diagnosticoDSM-IV, la diagnosi di DO è posta

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Focus

OPPOSITIONAL DISORDER (Medico e Bambino 2003;22:17-21)

Key wordsOppositional disorder, Social behaviour disorder, ADHD, Parenting

SummaryThe oppositional disorder (OD) is the most frequent behavioural disorder during childhoodand adolescence, with a a prevalence which ranges from 1 to 11 % and increases with age.The author describes the diagnostic features of OD according with the DSM IV classificationand underlines its frequent overlap with ADHD as well as with the social behaviour disorder(SBD). The need for prevention and early diagnosis to avoid later severe social problems isstressed. Three types of effective interventions are suggested: psychosocial support to parents,parents’ training in coherent educational approaches and early stimulation of cognitive andemotional development of the child. Paediatricians, by playing an active role in preventingOD, may give an important contribution to societal cohesion.

Il disturbo oppositivoVINCENZO NUZZOPediatra e psicoterapeuta, Napoli

quando almeno 4 dei seguenti 8 sinto-mi sono presenti:• si arrabbia facilmente;• litiga spesso con gli adulti;• contraddice spesso attivamente le re-gole esortazioni o regole degli adulti osi rifiuta di seguirle;• spesso fa arrabbiare gli altri di pro-posito;• attribuisce spesso ad altri la colpaper i suoi errori o suoi comportamentiinadeguati;• è spesso sensibile o si lascia facil-mente irritare da altri;• è spesso arrabbiato o offeso;• è spesso maligno o porta rancore.

Il DO si presenta in vari studi epide-miologici9 come più frequente nellefemmine, e con frequenza variabile tralo 0,7 e l’11,4% delle popolazioni infan-tili studiate a varie età. In una ricercapersonale veniva stimato al 18,5% dellapopolazione pediatrica. Sia il DO che ilDCS tendono ad aumentare di fre-quenza con il procedere dell’età versol’adolescenza.

Entrambi sono frequentemente as-sociati all’ADHD. In generale i pazien-ti con ADHD hanno un DO o un DCS,più frequentemente (20-60%) di quantoi pazienti con DO e DCS abbiano unADHD (5-45%).

Naturalmente alta è anche la co-morbilità tra i due tipi di disturbo com-portamentale; infatti l’84% del pazienticon DO ha sintomi di DCS e il 96% deipazienti con il DCS presenta il DO9.

Rilevante è anche il dato epidemio-logico della maggiore diffusione di

questo disturbo presso alcune culturerispetto ad altre, e cioè segnatamentenelle culture occidentali.

IL DECORSO DEL DISTURBO OPPOSIZIONALE

Gli studi di comorbilità intrinseca aidisturbi comportamentali evidenzianoche sebbene DO e DCS siano due di-sturbi differenti, il primo caratterizzatodalla dimensione della “dissocialità” el’altro dalla dimensione della “aggres-sività”, essi si presentano però nei fatticome fortemente intrecciati.

Il Developmental Trend Study9 ha in-fatti dimostrato che il DO precede qua-si sempre il DCS nel tempo. Inoltre di-versi studi dimostrano la stabilità neltempo dei disturbi comportamentaliprecoci, specie quelli “esternali”, conrischio rilevante di comportamenti de-vianti nell’adolescenza e nell’età adulta(alcolismo, violenza e criminalità), conrischio di disfunzioni psico-sociali chearriva vicino all’88%10. Studi prospetticidimostrano che un DCS nell’adole-scenza aumenta molto il rischio dicomportamenti criminali.

Questo autorizza l’ipotesi che il DOsia una forma lieve e precoce di DCS.

Le ricerche di psicopatologia evolu-tiva evidenziano infatti una serie di per-corsi che conducono dai disturbi pre-coci, come il DO, posto al centro del-l’albero evolutivo, e spesso affiancatoda forme “esternali” (persecuzione deicompagni) o occulte di trasgressione

(rubare, mentire), a evolvere verso for-me antisociali11.

Altrettanto suggestivi sono i dati re-lativi alla frequentissima comorbilitàdei disturbi comportamentali con il di-sturbo da Deficit dell’Attenzione conIperattività (ADHD). Questi dati dimo-strano innanzitutto la maggiore preva-lenza dell’associazione di DO conADHD nell’età prescolare, e di DCScon ADHD in età adolescenziale. Di-versi studi evidenziano come l’ADHDsia un fattore di rischio per DCS in etàadolescenziale9, essendo questo di-sturbo in relazione, come poi si vedrà,con la dimensione psichica particolar-mente controproducente dell’impulsi-vità12.

La comorbilità per ADHD aumentaquindi sensibilmente il rischio di com-portamento antisociale futuro.

FATTORI DI RISCHIOE FATTORI DI PROTEZIONE

Lo stile educativoDO e DCS hanno comuni fattori

eziologici di tipo ambientale. La rile-vanza dei fattori ambientali nella gene-si di questi disturbi è testimoniata dauna vasta serie di osservazioni che ven-gono elencate nella Tabella II.

La ricerca sui “percorsi di sviluppo”(Entwicklungspfaden), cioè sulla storianaturale dei fenomeni psichici, dimo-stra che il comportamento educativoinadeguato dei genitori9 è uno dei fat-tori più frequentemente invocato comecondizionante l’insorgenza di sintomicomportamentali di tipo antisociale.

Lo stile educativo inadeguato si tro-va spesso alla base di disturbi compor-tamentali, sia in quelli di natura preco-ce, in cui sono maggiormente rilevantii fattori di natura genetica, sia in quellitardivi, in cui l’influsso ambientale èpiù diretto e decisivo. Lo stile educati-vo si rivela quindi essere un fattorecentrale in quel continuum di eventiche conduce al comportamento anti-sociale.

Per stile educativo “negativo” si in-tende un comportamento educativoispirato a severità eccessiva, trascura-mento della supervisione9, distanzaemotiva dei genitori dal bambino, con

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Focus

SINTOMI DEL DISTURBO DEL COMPORTAMENTO SOCIALE (DCS)(DSM-IV)

❏ Comportamento aggressivo verso uomini e animali: minaccia o intimida spesso gli al-tri, inizia spesso zuffe, ha già posseduto un’arma capace di arrecare ferite fisiche, è sta-to crudele con persone, tortura animali, ha rubato nel confronto con la vittima, costrin-ge altri ad atti sessuali❏ Distruzione di proprietà: ha già intenzionalmente appiccato incendi con gravi danni,ha intenzionalmente distrutto proprietà altrui❏ Truffa o furto: è entrato furtivamente in case, edifici o auto altrui, dice spesso bugie, perprocurarsi vantaggi o per sfuggire a doveri, ruba oggetti di notevole valore senza con-fronto con la vittima❏ Trasgressione di regole: già prima dei 13 anni è restato fuori casa la notte nonostan-te la proibizione dei genitori, è scappato di casa almeno due volte di notte, ha già spes-so marinato la scuola prima dei 13 anni

Tabella I

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conseguente stimolazione e rinforzo dicomportamenti negativi di recuperodel ragazzo (richiesta di attenzione) einevitabile necessità di accentuare poigli atteggiamenti disciplinari negativi(stile severo aggressivo), non asso-ciandoli a segnali di appoggio, di inte-resse e di attenzione per i comporta-menti positivi del ragazzo, e aggravan-doli spesso con l’uso di modelli violen-ti di disciplina (punizioni fisiche).

Viene invece considerato “positivo”per lo sviluppo il cosiddetto stile edu-cativo autorevole (Tabella III)13, carat-terizzato da fermezza unita a calore e

interesse per il bambino, con uso dimodelli disciplinari il meno possibil-mente negativi e con l’addestramentocontinuo del bambino a modalità pro-sociali di soluzione dei problemi co-municativi8.

Gli effetti positivi sullo sviluppoemotivo-comportamentale dello stileeducativo “positivo” sono stati prova-ti14, ed è interessante osservare comequesto effetto protettivo riguardi pro-prio le famiglie a basso introito econo-mico, cioè quelle in cui deficit cognitivi,circostanze genetico-ambientali nega-tive e difficoltà esistenziali oggettivepossono più facilmente aumentare siail rischio di pratiche educative negativesia il rischio di futuri comportamentiantisociali.

Gli studi prospettici sull’effetto pro-tettivo verso comportamenti antisocia-li mediante intervento attivo sui distur-bi di comportamento15,16 permettono diindividuare tre tipi di intervento effica-cemente protettivo:1. appoggio sociale ai genitori;2. pratiche educative positive;3. stimolazione dello sviluppo cognitivodel bambino.

Modelli di intervento di aiuto psico-sociale sui genitori (cura generale del-

la salute delle madri e dei bambini e in-terventi di counselling educativo) di-mostrano infatti un effetto positivo intermini di riduzione dei fattori di ri-schio e diminuzione degli effetti nega-tivi sullo sviluppo emotivo-sociale9.

Pratiche educative positive sui geni-tori (tecniche terapeutiche a indirizzocomportamentistico tipo parent trai-ning)17,18 dimostrano, attraverso uncomplessivo miglioramento del pat-tern di interazione genitori-bambino,una maggiore capacità da parte dei ge-nitori di promozione di comportamen-ti pro-sociali19.

NB: Anche se lo stile educativo non rappre-senta l’unico responsabile di comporta-menti negativi tendenzialmente antisociali(altri fattori negativi essendo i conflitti, laseparazione, il maltrattamento, la depres-sione, la malattia psichica) (Tabella IV), l’e-videnza dimostra che anche questi fattoriagiscono proprio attraverso una compro-missione della capacità educativa dei geni-tori. In questo modo, attraverso l’attivazionedi circoli viziosi (rinforzi positivi di com-portamenti negativi e giochi di ricatto), fi-niscono per promuovere lo sviluppo di undisturbo opposizionale-aggressivo.

Infine, è fondamentale l’interventosulla qualità dello sviluppo cognitivo-emotivo precoce del bambino (“pro-cessi attendenti esperienza”), per strut-turare il complesso di competenze co-gnitive e comunicative, indispensabilefondamento per acquisire le compe-tenze sociali (Tabella V).

Questo è possibile solo quando l’ac-compagnamento educativo, interagen-

AMBIENTE FAMILIARE E STILE EDUCATIVO NELLA GENESI DEL COMPORTAMENTO ANTISOCIALE (EVIDENZE)

1. Lo stile educativo “negativo” è tra i fattori considerati buoni predittori per futura de-linquenza2. I fattori familiari si sono rivelati essere i fattori più importanti per la genesi di com-portamenti criminosi imprevisti (“sleeper effect”)3. Lo stile educativo “negativo” determinato dalla percezione del bambino come “diffi-cile” influenza direttamente il suo destino evolutivo4. La maggiore prevalenza di comportamenti antisociali nei maschi è spiegata dallo sti-le educativo maggiormente orientato ai comportamenti pro-sociali nelle femmine5. L’effetto positivo delle terapie comportamentali, attraverso il miglioramento dell’inte-razione genitori-bambino, dimostra l’effetto fortemente provocante e stabilizzante dellostile educativo genitoriale sul comportamento6. L’influsso dello stile di allevamento del lattante da parte dei genitori sull’acquisizionedella competenza cognitiva collegata a matura competenza sociale7. L’effetto protettivo dell’attaccamento precoce sicuro verso il rischio di comportamentiantisociali8. L’influsso delle pratiche educative sullo sviluppo emotivo in termini di regolazioneemotiva 9. La precocissima capacità del bambino (dal 6° all’11° mese) di regolare il proprio com-portamento e quello dei genitori, attraverso la comunicazione di intenzioni ed emozio-ni mediante gestualità e mimica facciale

Tabella II

STILI EDUCATIVI PROTOTIPICI(“PARENTING STILES”)

❏ Autorevole: i genitori, disponibili edaccessibili al dialogo, appoggiano ilbambino, ma praticano chiare regole❏ Permissivo: i genitori garantisconoappoggio ma non praticano regole❏ Autoritario: i genitori danno scarsoappoggio; le regole e disciplina sono alprimo posto❏ Disimpegnato: i genitori non appog-giano né praticano regole

Tabella III

ULTERIORI FATTORIAMBIENTALI PREDITTORI

DI COMPORTAMENTOANTISOCIALE

❏ Stress familiare e conflitti tra genitori❏ Genitori non presenti❏ Genitori aggressivi o criminali❏ Coetanei devianti❏ Stato socio-economico familiare❏ Qualità dell’attaccamento genitore-bambino (insicuro…)❏ Problemi psichici dei genitori❏ Maltrattamento del bambino

Tabella IV

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do con l’acquisizione delle competen-ze cognitive, le orienta verso l’azionerivolta a uno scopo sociale, anziché al-l’azione fine a se stessa, con fusionequindi delle competenze operative ecomunicative e acquisizione della “as-sunzione di prospettiva emotiva”, ca-ratterizzata dalla capacità di compene-trarsi nello stato psichico dell’altro. Sitratta di un percorso in cui l’integrazio-ne tra le diverse tappe dello sviluppocognitivo, emotivo e comunicativo ap-pare finalizzata alla realizzazione di unatendenza dello sviluppo mentale uma-no, così profonda e basica da esseredefinita da Premack e Wodruff (1978,cit in 9) come “teoria della mente”.

L’esercizio delle competenze cogni-tive al di fuori dello scopo sociale orien-ta invece l’individuo verso quel para-digma esclusivamente “manipolatorio”tipico dell’atteggiamento opposiziona-le4 e impressionantemente simile al pa-

radigma fisio-patologico dell’autismoinfantile, estremo caso di disintegra-zione delle competenze cognitivo-so-ciali, caratterizzato dalla strumentaliz-zazione dell’altro come oggetto e dal-l’incapacità di relazionarsi con il mondoumano9.

NATURA DEL DO SECONDOLA FENOMENOLOGIA EVOLUTIVA

I dati appena discussi sulla comor-bilità, sui fattori di rischio e sui fattori diprotezione dei disturbi anti-sociali, de-vono essere completati da una letturacomplessiva alla luce della teoria dellafenomenologia psichica.

Come già accennato, gli studi evolu-tivi9 hanno consentito di individuaredue forme di disturbo comportamenta-le a impronta antisociale: a) un disturboprecoce, più profondo e stabile negli

anni (life course-persistent), caratteriz-zato da fenomeni comportamentali in-nati (temperamento, impulsività), edespresso nosograficamente da entitàcliniche in cui hanno un forte peso ezio-logico i fattori biologico-genetici (tracui l’ADHD); b) un disturbo tardivo,meno profondo, in genere limitato al-l’adolescenza (adolescence limited), de-terminato da variabili ambientali occa-sionali (conflitti familiari) e fortementeinfluenzato da uno stile educativo ne-gativo.

Come ha evidenziato la ricerca pro-spettica di Loeber11, in questi casi il de-corso evolutivo psico-patologico pren-de le mosse da fattori pre- e perinatali,subendo poi via via il condizionamentodi un temperamento “difficile” (“disini-bito”), con disturbo del ritmo sonno/veglia e dell’alimentazione, con com-parsa successiva dei sintomi ipercine-tici, del disturbo opposizionale secon-dario, e infine dei sintomi più franca-mente aggressivi, per complicarsi inseguito con l’insuccesso sociale e sco-lastico, col rifiuto dei coetanei e l’isola-mento che ne deriva, che poi può con-durre alla franca delinquenza8.

Quel temperamento “difficile”, evi-dente già dai primi mesi di vita, appareil più fortemente correlato nel tempocon un comportamento antisociale19.

Dunque, soprattutto nelle forme piùgravi e precoci, i fattori individuali in-nati, intrecciandosi con le variabili am-bientali negative (di stile educativo e diallevamento), finiscono per condizio-nare l’intero sviluppo del bambino. Ifattori di rischio biologico-genetico in-teragiscono tra loro e si sommano aquelli ambientali mostrando il loro ef-fetto, soprattutto in rapporto a compitievolutivi complessi (rapporto con i coe-tanei) e/o nei cosiddetti passaggi evo-lutivi9.

Per chiarire la natura del condizio-namento genetico-biologico si dimo-stra particolarmente utile la teoria co-gnitivo-informativa, che pone alla basedei disturbi del comportamento un de-ficit cognitivo nell’elaborazione delleinformazioni, con incapacità di introiet-tare e utilizzare modelli di comporta-mento pro-sociale, di maturare compe-tenze sociali, e al contrario perpetua-zione dei comportamenti negativi, at-

EVIDENZE RIGUARDO ALL’EFFETTO DELLA QUALITÀ DELLA RELAZIONE GENITORI-BAMBINO SULLO SVILUPPO

EMOTIVO-COGNITIVO PRECOCE

❏ Capacità dei genitori di rispondere sensibilmente ai segnali del bambino, interpre-tandoli secondo il suo temperamento, offre al bambino il senso della “presenza” deigenitori

❏ Risposta dei genitori ai comportamenti con il senso funzionale di presa di contatto:- all’orientamento visivo del bambino verso i 3 mesi- alla produzione spontanea di suoni ritmici e cantanti (vocalizzazione modulata)verso i 3 mesi

- ai segnali e attività del bambino con commento mimico, con offerta di un mezzo diregolazione del proprio comportamento, apprendimento di competenze sociali e diespressione emotiva

❏ Attaccamento sicuro al bambino (“tipo B” di Ainsworth): effetti stabili nel tempo fi-no all’adolescenza

❏ La risposta alle attività del bambino (risposta mimica), l’accompagnamento dellesue attività, e l’adeguata risposta emozionale ai suoi comportamenti da parte dei ge-nitori sono presupposti indispensabili per offrire al bambino (processi attendentiesperienza):- uno strumento pre-verbale di misura del proprio comportamento- uno strumento di apprendimento di competenze sociali e di espressione emotiva- la possibilità di raggiungere (6° mese) la prima forma di esperienza comune, at-

traverso il seguire la direzione dello sguardo dell’adulto- l’uso sempre più astratto degli oggetti a partire dalla permanenza dell’oggetto

(8°mese) fino al gioco simbolico basato sull’astrazione concettuale (metarappre-sentazione)

- l’apprendimento della corretta valutazione degli eventi (“minacciosità”)- l’apprendimento di emozioni positive (attraverso la mancata imitazione di emozioni

negative da parte dei genitori)- l’appoggio al raggiungimento di competenze sociali (con promozione dei rappor-

ti, attaccamento sicuro e buon esempio)❏ Le prevalenti emozioni negative dei genitori fanno da modello al bambino, con ere-

ditamento dello stesso disturbo emotivo (ansia, depressione)

Tabella V

Medico e Bambino 1/2003 21

Focus

traverso l’isolamento sociale e la strut-turazione di comportamenti devianti.

Bisogna quindi guardarsi da una vi-sione rigidamente dualistica della psi-copatologia evolutiva, che isoli le entitàcliniche più fortemente determinate dafattori biologico-genetici (vedi ADHD)dal contesto della fenomenologia men-tale, sempre condizionata dall’evolu-zione nel tempo del complesso rappor-to geni-ambiente20.

L’evoluzione psicofisiologica o psi-copatologica non è costituita da foto-grammi isolati, ma è un film, espres-sione di un percorso evolutivo in cui ladimensione genetica e le caratteristi-che dell’ambiente sono come “strati”che modificano gradualmente l’espres-sione fenotipica, e in cui questa è quin-di sempre solo limitatamente prevedi-bile. Non vi è quindi discontinuità trasviluppo normale e anormale, alcuni ti-pi di comportamento possono esseregiustificatamene considerati predittoridi comportamenti futuri e la “sfavore-volezza” dell’ambiente è sempre relati-va.

CONCLUSIONI

La prevenzione e il contenimentodel DO rappresentano un bersagliocentrale per la prevenzione di disturbicomportamentali in età adolescenzialee adulta. L’intervento adeguato sullemanifestazioni opposizionali nel bam-bino equivale a una prevenzione delcomportamento antisociale21,22.

L’evidenza che aspetti temperamen-tali specifici, rilevabili nei primi mesi divita, elementi comportamentali del di-vezzo, impulsività e sintomi che rien-trino nel quadro del DO in età presco-lare e scolare, predicono un comporta-mento anti-sociale è un’indicazionepreziosa per il pediatra, e lo mette nel-la possibilità (e nel dovere) di interve-nire tempestivamente ed efficacemen-te. Peraltro il tipo degli interventi pro-tettivi dimostratisi efficaci, anche sespecialmente nelle categorie sociali piùsvantaggiate, si adatta perfettamente aquello che dovrebbe e potrebbe esse-re, domani (ma già oggi!) il ruolo delPdF, impegnato primariamente, insie-me ad altri operatori e istituzioni, nellagestione dei problemi comportamen-tali: appoggio sociale ai genitori, con-solidamento di pratiche educative po-sitive (counselling educativo preventi-vo e intervenzionale), stimolazione del-lo sviluppo cognitivo del bambino (sa-lute psico-fisica globale, corretto alle-vamento e scuola).

Ancor prima, l’intervento (preventi-vo) del PdF dovrebbe semplicementeconsistere nella promozione di prati-che di allevamento ed educazione di di-mostrata efficacia.

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MESSAGGI CHIAVE

❏ Il disturbo comportamentale più fre-quentemente osservato dal PdF è il DO(o di sfida e/o di aggressività).❏ Secondo i criteri del DSM-IV la dia-gnosi può essere formalizzata in casodi positività di 4 degli 8 sintomi di solitopresenti nel DO.❏ Ha una frequenza molto variabile,dallo 0,7% all’11,4% della popolazioneinfantile.❏ La sintomatologia è presente più fre-quentemente nell’ambiente familiare, eraramente a scuola o nel gruppo.❏ A volte si sovrappone al disturbo delcomportamento antisociale, in cui puòsfociare.❏ È ipotizzabile (ma non definito) chenei casi gravi e precoci l’interazione travariabili genetiche e ambientali negati-ve sia determinante nello sviluppo delDO.❏ Nei casi gravi sarebbe dimostratal’efficacia di interventi di tipo protettivoche sono di: appoggio sociale genito-riale, di pratiche educative positive, disviluppo cognitivo del bambino. MeB

I l disturbo da deficit di attenzione coniperattività (ADHD) è un disturbo

dello sviluppo che inizia nell’infanzia e ilpiù delle volte si evidenzia durante i pri-mi anni della scuola elementare1. Congli anni le sue manifestazioni cambia-no, a volte spontaneamente diminui-scono, ma i bambini che ne sono affettipossono più facilmente di altri andareincontro a insuccesso scolastico; in etàadulta circa un terzo di essi presenteràancora le caratteristiche dell’ADHD e,tra questi, molti riceveranno diagnosidi personalità antisociale2. L’ADHD de-termina un forte coinvolgimento dellafamiglia e degli insegnanti, generandosentimenti di impotenza, frustrazione einadeguatezza nei confronti di bambinigiudicati “troppo vivaci”, distratti, ma-leducati e disobbedienti3. Le conse-guenze sull’individuo, in termini di stiledi vita insoddisfacente, e sulla società,in termini di costi sanitari e sociali, giu-stifica l’impegno degli operatori per unprecoce riconoscimento del disturbo eper l’inizio di un trattamento che, seben condotto, sarà molto probabilmen-te efficace4-6.

I criteri diagnostici e la terapia sonoattualmente argomento di vivace di-scussione7. I segni su cui si basa la dia-

gnosi, così come in altre condizioni psi-chiatriche, non comprendono valuta-zioni oggettive, indagini strumentali, dilaboratorio o radiologiche, ma le infor-mazioni si ricavano esclusivamente dal-la storia del paziente e dalla valutazionedel suo comportamento ottenute trami-te il colloquio con i genitori, gli inse-gnanti e, meno frequentemente, con al-tre figure che sono coinvolte nella vitaquotidiana del bambino. Questo aspet-to rende difficile il confronto tra i varistudi, soprattutto quelli di prevalenza,laddove si utilizzino procedure di inda-gine con metodologie diverse8. Inoltre,i sintomi di iperattività, impulsività e di-sattenzione si sovrappongono frequen-temente ad altri problemi del compor-tamento, dell’apprendimento e del tonodell’umore, rendendo più complessa lavalutazione diagnostica4,5,9,10.

Il secondo punto critico è rappre-sentato dalla strategia terapeutica, cheprevede l’uso di psicostimolanti e inparticolare il metilfenidato. Questoprincipio farmacologico, efficacenell’80% dei bambini con ADHD, ha su-bito negli Stati Uniti un forte e allar-mante incremento delle vendite negliultimi 10 anni11,12. Infatti i medici statu-nitensi vengono accusati di trattare far-

macologicamente i bambini che mo-strano comportamenti non desiderati inclasse o altrove, al fine di controllarne lavivacità, senza effettuare le necessarie eapprofondite valutazioni prima dellaprescrizione del metilfenidato; in que-sto modo gli stessi genitori e insegnan-ti non sarebbero motivati ad affrontarei problemi familiari e scolastici del bam-bino7,13. Alcune prese di posizione deimass media negli Stati Uniti hannocreato un clima di paura tra medici, ge-nitori ed educatori, generando spessoansia e confusione nell’opinione pub-blica7.

In Italia siamo alla vigilia della rein-troduzione del metilfenidato nelle far-macie e da diversi mesi è in atto il di-battito su come gestire questi bambini:da una parte c’è chi afferma la necessitàdi utilizzare il farmaco per poter aiutarefamiglie disperate e bambini emargina-ti, dall’altra chi prevede uno scenario si-mile a quello americano, dove la disso-nanza tra le aspettative della società e ledifficoltà dell’individuo trovano spessola risposta in una “pillola” non priva dieffetti collaterali14.

Scopo del nostro lavoro, è stato quel-lo di rilevare la percentuale di bambiniaffetti da ADHD tra quelli che afferi-scono all’ambulatorio del pediatra di fa-miglia, utilizzando un percorso diagno-stico complesso in collaborazione conspecialisti neuropsichiatri e in grado diassicurare un elevato grado di accura-tezza diagnostica.

MATERIALI E METODI

Lo studio prevedeva una prima fasedi sospetto del disturbo, che venivasvolta presso l’ambulatorio dei pediatridi famiglia autori del lavoro, e una se-conda fase, di conferma, presso un ser-vizio di neuropsichiatria infantile.

Criteri di esclusione erano: età infe-riore ai 6 anni, ritardo mentale anchelieve, patologie rilevanti a carico delSNC.

Nella prima fase venivano inizial-mente poste le seguenti domande ai ge-nitori che accompagnavano i bambiniinclusi nello studio:• L’insegnante le ha detto che è irre-quieto? È disattento?

22 Medico e Bambino 1/2003

Focus

PREVALENCE OF ATTENTION DEFICIT WITH HYPERACTIVITY DISORDER: A SURVEY BYFAMILY PAEDIATRICIANS (Medico e Bambino 2003;22:22-25)

Key wordsADHD, Epidemiology, Family paediatrician

SummaryThree family paediatricians carried out a survey of ADHD among their patients. Six simplescreening questions and a checklist were used. 19 children, out of 794 referred to their of-fice, fulfilled the ADHD criteria. Out of these children, 16 were reassessed by an child neu-rologist. Diagnosis was confirmed in 12 cases (10 males, 2 females). The overall prevalen-ce of confirmed cases was 1,7% (CI 95%: 0,85-2,35).

Prevalenza dell’ADHD in bambini seguiti dal Pediatra di FamigliaS. CORBO1, F. MAROLLA1, V. SARNO1, M.G. TORRIOLI2, S. VERNACOTOLA2

1Pediatri di famiglia, Associazione Culturale Pediatri del Lazio2Cattedra di Neuropsichiatria Infantile, Università Cattolica “S. Cuore”, Roma

Medico e Bambino 1/2003 23

• Ha difficoltà a mantenere l’attenzio-ne nei compiti? O in altre attività?• Le sembra sia un bambino iperattivoo impulsivo? È un bambino che non stamai fermo?

Avendo ottenuto anche solo una ri-sposta affermativa alle domande, si sot-toponeva al genitore la check-list previ-sta nei criteri del Manuale diagnostico estatistico dei disturbi mentali, quartaedizione (DSM-IV)15, e si approfondival’ intervista con lo scopo di stabilire se ilbambino potesse presentare uno statodi disadattamento sociale e/o scolasti-co. In alcune occasioni è stato necessa-rio programmare una visita successivaper poter effettuare un colloquio più ap-profondito.

Se erano esauditi i criteri di diagnosidel DSM-IV, veniva infine chiesto ai ge-nitori l’assenso per poter contattare ilcorpo insegnante, con lo scopo di otte-nere un’ulteriore conferma mediante lasomministrazione del questionario diConners per la valutazione dei compor-tamenti problematici in classe e, con-temporaneamente, veniva loro propo-sto l’invio presso il Servizio di Neuro-psichiatria Infantile dell’Università Cat-tolica “S. Cuore” di Roma. Qui avvenivail colloquio con i genitori del bambino(anamnesi riguardo al comportamentodel bambino dalla gravidanza al mo-mento della visita; familiarità perADHD e altre patologie psichiatriche oneurologiche; disturbi del sonno; noti-zie sulle scuole frequentate; relazionicon i coetanei e con gli adulti; altri di-sturbi psicologici). A seguito di questaprima visita veniva stabilito un pro-gramma per completare l’iter diagno-stico. Sulla base dei disturbi riferiti oosservati, a una valutazione del quo-ziente intellettivo (WISC-R) e delle ca-pacità attentive, eseguite in tutti i casi,veniva affiancato un approfondimentospecifico per valutare la presenza e lecaratteristiche di co-morbilità sospetta-te. Mediante il questionario di Con-ners16,17 veniva rilevata la valutazionedel comportamento del bambino a ca-sa e a scuola e, infine, venivano effet-tuate la comunicazione della diagnosi ela discussione con i genitori di strate-gie da attuare a casa e a scuola per aiu-tare il bambino a migliorare il suo com-portamento.

RISULTATI

Nel periodo 1/4/1999 - 31/12/1999sono stati studiati 794 bambini (TabellaI); di questi 19 sono stati individuati co-me probabilmente affetti dal disturboADHD. Per 9 di questi bambini il pe-diatra ha preso contatto con l’inse-gnante mediante un colloquio diretto otelefonico. Ai genitori di questi bambiniè stato proposto l’invio presso il Servi-zio di Neuropsichiatria Infantile (Figura1); i genitori di tre bambini (15,8%) han-no rifiutato. Tra i rimanenti bambini,quattro (21%) hanno ricevuto un’altradiagnosi (in 3 casi disturbi dell’appren-dimento, valutati mediante ulteriori te-st, e in un caso disturbo depressivo).Hanno ricevuto conferma del disturboADHD 12 bambini (63,2%), in 3 casicon prevalente disturbo dell’attenzione(Tabella II); la prevalenza generale deldisturbo in percentuale è risultata pari a1,51 (IC 95%:0,67-2,35). Considerando itre bambini i cui genitori hanno rifiuta-to la visita neuropsichiatrica, è possibi-le stimare che almeno 2 di essi avreb-bero potuto ricevere diagnosi diADHD; per tale motivo la prevalenzastimata potrebbe salire a 1,76 (IC 95%:0,85-2,67). Dieci dei 12 bambini chehanno ricevuto diagnosi di ADHD so-no maschi, determinando una preva-lenza percentuale diversa fra i due ses-si: 2,46 (IC 95%:0,95-3,97) tra i maschi e0,52 (IC 95%:0-1,23) tra le femmine, conun rapporto maschi-femmine di 5:1.

DISCUSSIONE

Una delle questioni cruciali relativeal disturbo da deficit di attenzione coniperattività riguarda, come abbiamodetto, la diagnosi, che si basa per lo piùsulla storia ottenuta dal colloquio concoloro che vivono con il bambino. L’im-portanza di un’accurata diagnosi è sta-ta recentemente sottolineata dall’Ac-cademia Americana di Pediatria, cheraccomanda: 1) l’uso dei criteri com-presi nel DSM-IV; 2) l’anamnesi rac-colta in almeno due ambienti, soprat-tutto famiglia e scuola; 3) la ricerca dicondizioni coesistenti (comorbilità)che possono rendere più difficile la dia-gnosi e più complesso l’iter terapeuti-co4.

Oltre al DSM-IV, si possono utiliz-zare i criteri diagnostici della classifi-cazione ICD-10 (Classificazione Inter-nazionale delle Malattie, decima edi-zione) delle malattie psichiatriche. IlDSM-IV definisce l’ADHD distinguen-do tre sottotipi: disturbo con prevalentedisattenzione, disturbo con prevalenteiperattività/impulsività, disturbo misto.L’ICD-10 definisce il disturbo ipercine-tico (HKD), utilizzando criteri diagno-stici più rigidi e richiedendo la presen-za contemporanea di disattenzione e diiperattività/impulsività. Quest’ultimocriterio è inoltre più severo nel separa-re i bambini affetti da altri disturbicomportamentali (ad esempio depres-sione, ansia, disturbo della condotta)

Focus

DISEGNO E RISULTATI DELLO STUDIO

Soggetti studiati: 794 bambini

Rifiuto dell’invio: 3 (0,38%)

Conferma ADHD: 12 (1,51%)

Sintomatologia secondaria ad altro disturbo neuropsichiatrico:disturbi dell’apprendimento: 3 (0,38%)

disturbo depressivo: 1 (0,12%)

Inviati al Servizio di Neuropsichiatria Infantile: 19 (2,39%)

Figura 1

24 Medico e Bambino 1/2003

Focus

dai bambini con HKD8. L’uso di uno odell’altro criterio è stato identificato co-me la causa principale, ancor prima difattori sociali, geografici, razziali edeconomici, della differente prevalenzadel disturbo rilevata nei vari Paesi8.

Nel nostro studio abbiamo utilizzatoi criteri riportati nel DSM-IV, fonda-mentalmente perché è maggiormenteutilizzato in letteratura e per la sempli-cità e la maneggevolezza della check-li-st che lo rendono più idoneo alla realtàdell’ambulatorio pediatrico.

L’iter diagnostico da noi seguito èiniziato con alcune domande, del tuttosimili a quelle attualmente raccoman-date dall’Accademia Americana di Pe-diatria4, e che sono finalizzate a unoscreening rapido dei problemi di com-portamento. Successivamente, in casodi risposta positiva ad almeno una do-manda, veniva eseguito il DSM-IV,spesso accompagnato da una ricca nar-razione degli episodi concernenti ilcomportamento del bambino. In quasila metà dei casi è stato possibile per ilpediatra mettersi in contatto con uno opiù insegnanti di ciascun bambino e,pur non avendo previsto una quantifi-cazione numerica, possiamo affermareche si è trattato di un momento giudi-cato complessivamente in modo moltopositivo da tutti, dimostrando l’utilità

dell’incontro tra operatori che, puravendo compiti diversi, condividonoobiettivi comuni.

A questa fase seguiva quella di con-ferma presso un centro di NPI. Le fa-miglie di tre bambini hanno rifiutato lavalutazione specialistica, a confermadella problematicità legata all’invio dalneuropsichiatra; è infatti comprensibi-le la paura del figlio “non normale”, peril quale si delineano i fantasmi di un fu-turo da disadattato, verso cui ci si di-fende con la negazione del problema.

L’accuratezza diagnostica del pe-diatra, in termini di valore predittivopositivo, ovvero di diagnosi conferma-te sul totale dei bambini valutati dalServizio di Neuropsichiatria Infantile,è stata pari al 75%. Questo risultato cipermette di affermare che il pediatraambulatoriale è in grado di porre unsospetto di ADHD molto fondato, maaltresì non può prescindere, se non neicasi in cui lo stesso sia particolarmenteesperto di psicodiagnostica18, dalla col-laborazione del neuropsichiatra infan-tile.

La stima della prevalenza del di-sturbo tra i bambini in cura dai pediatriè stata di poco inferiore al 2%, percen-tuale che rientra nel range di prevalen-za dell’ADHD/HKD nella popolazionegenerale, compreso tra 1,7% e il 16%. InEuropa studi che hanno utilizzato i cri-teri ICD-10 riguardano la Germania(4% a 8 anni, 2% a 13 anni), la Svezia (2%tra i 5 e i 12 anni) e il Regno Unito (2%a 7 anni). Gli studi, soprattutto statuni-tensi, che hanno utilizzato il DSM-IVriportano, proprio in ragione dei crite-ri di diagnosi più ampi sopra descritti,tassi più elevati compresi fra il 4,2% e il26% nella fascia d’età 6-12 anni9,10.

È possibile che il nostro dato sotto-stimi l’entità del problema fondamen-talmente perché la popolazione in curapresso i pediatri può non essere rap-presentativa di quella generale. Infatti,è noto che in Italia, unico Paese almondo in cui lo Stato fornisce un ser-vizio di assistenza territoriale speciali-stica gratuito per tutti i bambini, l’ob-bligatorietà di essere in cura presso ilpediatra termina a 6 anni; questo aspet-to potrebbe aver selezionato famigliemeno svantaggiate, culturalmente piùmotivate ad apprezzare le diversità as-

sistenziali tra le varie figure mediche ea scegliere la continuità con il propriopediatra. Un’altra causa di sottostimapotrebbe derivare dall’incapacità delpediatra di “vedere” il disturbo quan-do viene negato a priori dal genitore;questo è possibile soprattutto quando èelevato il grado di tolleranza familiare oquando il genitore si riconosce appienonel proprio figlio.

Al pari della letteratura9,10, abbiamorilevato una differenza marcata tra idue sessi, con un rapporto maschi/femmine pari a 5 a 1.

Alla fine di questo percorso diagno-stico ci siamo resi conto di aver presocontatto con una realtà che tende asfuggire alla razionalità, infarcita diumiliazioni personali, frustrazioni, in-comprensioni, pregiudizi, a volte vio-lenza, che si ripercuote in maniera im-portante sui genitori, ma soprattuttosul bambino, sul suo stato d’animo, sul-la sua spontaneità e spensieratezza nel-l’affrontare l’esperienza quotidiana. Cisiamo resi conto che, se da una partec’è una famiglia con il suo bambino sof-ferente che chiedono un aiuto, dall’al-tra c’è una società spesso sorda, emar-ginante, causa di insuccesso scolasti-co, che colpevolizza i genitori, soprat-tutto la madre.

Il nostro lavoro ci ha permesso dimaturare alcune considerazioni. Rite-niamo sia compito del pediatra formar-si coscienziosamente sul disturbo, sa-pere utilizzare le tecniche di counsel-ling per fare in modo che la narrazionedei genitori costituisca una risorsa dia-gnostica e terapeutica, entrare in con-tatto con gli insegnanti per compren-dere le dinamiche scolastiche, sospet-tare il disturbo ed effettuare una dia-gnosi differenziale, affiancare il neuro-psichiatra e la famiglia durante la fasedi diagnosi e inizio terapia, farsi caricodel follow-up di questi bambini, sapen-do prevenire ulteriori disagi e infon-dendo quella fiducia necessaria al rag-giungimento di obiettivi soddisfacenti.Lavorare in questi termini è senza dub-bio impegnativo, ma costituisce un for-te momento di crescita professionaledel pediatra ambulatoriale, soprattuttoin una realtà in cui le patologie emer-genti trovano origine sempre di piùdalla realtà psicosociale dell’infanzia19.

CARATTERISTICHE DELLAPOPOLAZIONE STUDIATA

Totale soggetti studiati 794Età media (± DS) 9,45 (2,03)Maschi (%) 52,2Femmine (%) 47,8

CARATTERISTICHEDEI BAMBINI CHE HANNO

RICEVUTO DIAGNOSI DI ADHD

Totale soggetti 12Età media (+ DS) 9,09 (1,81)Prevalenza ADHDnella popolazione studiata 1,51%Maschi nr. 10 (2,46)(% sulla popolazione totale)Femmine nr. 2 (0,52)(% sulla popolazione totale)

Tabella I

Tabella II

V ivere con un figlio con ADHD1 (At-tention Deficit Hyperactivity Disor-

der) non è così semplice, e spesso neglianni risulta altamente frustrante convi-vere con le loro oggettive difficoltà econtinue richieste, con la loro impulsi-vità, soprattutto se poi quest’ultima siassocia a una grave e frequente comor-

bilità, il “Disturbo Oppositivo-Provoca-torio”2. Ancora più difficile diventa inol-tre vivere la quotidianità, quando ilbambino comincia a frequentare lascuola elementare, che diventa il terre-no preferito dal bambino disattento eiperattivo per “fare mostra” di tutte leproprie difficoltà3.

Medico e Bambino 1/2003 25

Bibliografia

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Focus

Il Progetto ADHD “Parents for Parents”RAFFAELE D’ERRICO1, ENZO AIELLO2

1Pediatra di famiglia ASL NA1-48, Promotore del Progetto ADHD “Parents for Parents”,Presidente dell’AIFA Onlus2Genitore di un bambino con ADHD, Vicepresidente dell’AIFA Onlus

THE ADHD “PARENTS FOR PARENTS” PROJECT(Medico e Bambino 2003;22:25-28)

Key wordsADHD, Parenting, Psychotropic drugs, Lay association

SummaryParents of ADHD children face a number of problems that range from parental stress andfamily dysfunction to difficulties in access to appropriate diagnostic and treatment facilities.The picture risks to be further complicated by the media which often fail to provide scientifi-cally based and appropriate information, as recently shown by media campaign carriedout in Italy against the use of psychotropic drugs in children. The ADHD “Parents for Pa-rents” project aims at collecting and circulating evidence-based information among ADHDparents and provide support to their everyday struggle.

MESSAGGI CHIAVE

Cosa conoscevamo dell’argomento❏ La prevalenza dell’ADHD è molto va-riabile tra i vari studi, in quanto le pro-cedure di indagine utilizzano metodolo-gie diverse.❏ In Italia mancano stime precise di pre-valenza del disturbo.❏ Pochi sono gli studi che hanno comeambito iniziale osservazionale le cureprimarie, con particolare riferimento allacapacità del PdF di saper riconoscere ildisturbo attraverso l’utilizzo di metodi-che di screening codificate e di relativafacile gestione.

Cosa aggiunge questo articolo❏ La prevalenza dell’ADHD rilevata dalPdF e successivamente confermata dalneuropsichiatra infantile (NPI) è pariall’1,5% (IC 95%: 0,67-2,35) con unrapporto tra maschi e femmine di 5:1.❏ L’accuratezza diagnostica del PdF, intermini di valore predittivo positivo(avendo come gold standard diagnosticoil servizio di NPI), è pari al 75%.❏ Il riconoscimento dei casi di ADHD daparte del PdF deve prevedere l’utilizzo diun percorso rigoroso, ma relativamentesemplice, di screening, con la successivanecessaria collaborazione territoriale de-gli insegnanti e del servizio di NPI.

with ADHD. Arch Gen Psychiatry 1999;56:1088-96.7. Zametkin AJ, Ernst M. Problems in the ma-nagement of Attention-Deficit-HyperactivityDisorder. N Engl J Med 1999;340-1:40-6.8. Swanson JM, Sergeant JA, Tailor E, et al. At-tention deficit hyperactivity disorder and hy-perkinetic disorder. Lancet 1998;351:429-33.9. Guevara JP, Stein MT. Evidence based ma-nagement of attention deficit hyperactivity di-sorder. BMJ 2001;323:1232-5.10. Brown RT, Freeman WS, Perrin JM, et al.Prevalence and assessment of attention defi-cit/hyperactivity disorder in primary care set-tings. Pediatrics 2001;107(3):e43.11. Safer DJ, Zito JM, Fine EM. Increasedmethylphenidate usage for attention deficit di-sorder in the 1990s. Pediatrics 1996;98(6 pt1):1084-8.12. Zito JM, Safer DJ, dos Reis S, et al. Trendsin the prescribing of psychotropic medicationsto preschoolers. JAMA 2000;283:1025-30.13. Goldman LS, Genel M, Bezman RJ, SlanetzPJ. Diagnosis and treatment of Attention-Defi-cit/Hyperactivity Disorder in Children andAdolescents. JAMA 1998;279:1100-7.

14. Diller L. Coca-Cola, McDonald’s e Ritalin.Informazione sui farmaci 2001;25(4):109-11.15. American Psychiatric Association. Manua-le Diagnostico e Statistico dei Disturbi Menta-li (DSM IV). Milano: Masson, 1995.16. Scala di valutazione dei comportamenti pro-blematici in classe (TRS-Conners 1969). In:Kirby EA, Grimley LK. Disturbi dell’attenzionee iperattività. Ed. Erikson, 1989.17. Questionario generale per i genitori (PSQ-Conners, 1969). In: Kirby EA, Grimley LK. Di-sturbi dell’attenzione e iperattività. Ed. Erik-son, 1989.18. Nuzzo V. Il disturbo di attenzione con ipe-rattività (ADD/ADHD). Medico e Bambino2001;20: 581-94.19. American Academy of Pediatrics - Com-mittee on psychosocial aspects of child and fa-mily health. The new morbidity revisited: a re-newed commitment ti the psychosocialaspects of pediatric care. Pediatrics 2001;108,5:1227-30.

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Focus

Il rapporto nella coppia comincia avacillare, e non di rado un bambino conADHD può essere causa di separazioneo comunque di gravi incomprensioni,che si riflettono inevitabilmente sullafamiglia e sui figli. Se il trattamento far-macologico con psicostimolanti riescespesso a “cancellare” i sintomi cardinedell’ADHD e a ripristinare una situa-zione clinica di benessere fisico e psi-chico nel bambino, i problemi relazio-nali e psicologici che negli anni si sonoprodotti in lui e in chi gli ha gravitatoattorno spesso sono tali che un inter-vento educativo e relazionale su di essoe sulle persone coinvolte nella sua cre-scita (genitori, insegnanti, operatori) sirende necessario. Ma anche la condivi-sione tra genitori rappresenta un mo-mento fondamentale, perché contribui-sce a scollare i sensi di colpa, a usciredalla solitudine nella quale troppo spes-so anche gli operatori medici finisconoper relegare la famiglia che vive l’espe-rienza frustrante di un bambino disat-tento/iperattivo4.

Alla luce di una quasi totale assenzasul territorio italiano di istituzioni, cen-tri operativi e associazioni volte a salva-guardare la salute psico-fisica di questibambini e delle loro famiglie, in un pa-norama nazionale che risulta ancoralontano dal considerare il bambino psi-chiatrico come affetto da “malattie” no-sologicamente ben definibili e trattabili,e in un contesto sociale e politico chemette in discussione la famiglia qualeistituto su cui invece dovrebbe fondarel’intera società civile, nasce il ProgettoADHD “Parents for Parents”5 e il suo si-to Internet (www.aifa.it): genitori cheaiutano altri genitori, condividendo larealtà di sofferenza e di solitudine che èattorno alle famiglie di bambini conADHD. Tutto questo sfocerà, poi, inun’Associazione non lucrativa per l’uti-lità sociale, l’AIFA, Associazione Italia-na Famiglie ADHD. Una vera e propriarete di solidarietà per dare e ricevereun sostegno umano, informazioni, suf-fragare dubbi e fornire risposte con-crete.

Le testimonianze raccolte in questoprimo anno da tutta l’Italia, alcune dellequali presentate nel sito del progetto5,denunciano proprio la scarsa capacitàdi ascolto, la vaghezza nelle diagnosi,

risposte poco convincenti e risultati te-rapeutici deludenti o inesistenti.

Al nostro principale impegno di so-stegno alle famiglie, quindi, non pote-va non essere associato quello dellostudio e dell’approfondimento scientifi-co, oltre che di denuncia di questa veraemergenza, anomala nel contesto eu-ropeo, grave nelle ricadute sociali,scandalosa a livello scientifico ed eticoprofessionale.

Il Progetto ADHD “Parents for Pa-rents” è oggi apprezzato e stimato dachi si occupa nel nostro Paese diADHD e ben conosciuto da societàscientifiche pediatriche e neuropsi-chiatriche, come la FIMP, la SIP, laSINPIA, l’ACP e associazioni simili co-me l’AIDAI. Ogni giorno riceviamo datanti genitori espressioni di stima, e pe-diatri, neuropsichiatri e psicologi chie-dono di poter collaborare al nostro pro-getto.

Le dolorose testimonianze dei geni-tori in quasi tutte le zone d’Italia e le no-stre esperienze personali, l’approfondi-mento delle realtà scientifiche riguar-danti l’ADHD attraverso testi, studi e ri-cerche principalmente statunitensi, ciinducono a dover riconoscere triste-mente, come già segnalato in svariatecircostanze anche al Ministro della Sa-lute6,7, che in Italia, a parte rare e perquesto lodevolissime eccezioni, la neu-ropsichiatria, la neurologia e la psico-farmacologia clinica hanno accumulatodecenni di ritardo.

La mappatura italiana di Centri eprofessionisti esperti nella diagnosi enel trattamento dell’ADHD, presentesul sito del progetto8, presenta ancoravuoti molto consistenti e presenze as-solutamente insufficienti alla realtàqualitativa e quantitativa dell’ADHD.

In questo contesto, i media, semprein cerca di sensazionalismo, hanno avu-to buon gioco a disconoscere la realtàscientifica dell’ADHD e della comorbi-lità collegata, a terrorizzare sul farma-co, a gettare discredito sui pochi pro-fessionisti e studiosi che da molti annistanno aiutando tantissime famiglie ita-liane9-17.

A noi genitori, per il conseguimentodel “bene” dei nostri figli, la prima cosache interessa è che si diffonda la veritàscientifica sull’ADHD, la collegata co-

morbilità e le conoscenze sul tratta-mento multimodale, il tutto alla luce de-gli studi, delle ricerche e degli ap-profondimenti degli ultimi venticinqueanni e, in particolare, di questi ultimidieci18.

Deve risultare chiaro che ogni noti-zia falsa, fornita al solo fine di fare delsensazionalismo (con titoli del tipo«Non drogate quei bambini»9, «Nientefarmaci siamo piccoli»10, «Bambini sen-za sfogo tra pasticche e TV»12, «Arrivadagli USA la pillola calma-bambini»13) oqualunque affermazione espressa sullabase di proprie convinzioni personali enon supportata dagli studi e dalla seriaricerca scientifica, rappresentano undanno incalcolabile non solo alla veritàscientifica, ma in primo luogo a bambi-ni e ragazzi con ADHD e alle loro fami-glie (in termini morali e materiali).

In questi tentativi di mistificazionerisulta evidente anche la precisa vo-lontà di riportare la questione non allaradice dei problemi da affrontare (larealtà scientifica dell’ADHD, la sua dia-gnosi, il trattamento multimodale, l’ag-giornamento culturale delle categorieinteressate, le indagini epidemiologi-che ecc.), ma a un aspetto molto più avalle, quello del farmaco, che opportu-namente manipolato, può facilmenteprestarsi allo scandalismo. Persinoun’associazione come la nostra sta su-bendo l’oltraggio di essere presentatae considerata come un gruppo di geni-tori che, per raggiungere la “tranquil-lità familiare”, avrebbe lo scopo di me-dicalizzare questa realtà9,17. In questocontesto, anche la vaghezza di certeespressioni fornite da illustri neuropsi-chiatri o psicologi si presta a equivoci(più o meno voluti) da parte dei giorna-listi, e rischia da un lato di fare del ter-rorismo, dall’altro di creare ancor piùconfusione su questioni peraltro sco-nosciute al grande pubblico.

«Il Ritalin è molto dannoso se usato asproposito» (cosa vera per tutti i farma-ci, come potrebbe fare eccezione il Ri-talin?); «Il Ritalin non è molto utile seusato a proposito»14. Ma il Ritalin (me-tilfenidato idrocloruro) appartiene allacategoria degli psicostimolanti, e tuttala letteratura scientifica internazionalepluridecennale concorda nell’afferma-re che Ritalin e psicostimolanti rappre-

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Focus

sentano i farmaci d’elezione per il trat-tamento dell’ADD/ADHD20.

Accade che certe affermazioni ripor-tate sui giornali, oltre a risultare in con-trasto con la totalità della letteraturascientifica internazionale, appaiano an-cor più incomprensibili, e vorremmo di-re paradossali, nel momento in cui glistessi professionisti che le formulanosottolineano di non aver mai fatto spe-rimentazione o somministrato ai propripazienti questa categoria di farmaci psi-costimolanti11: le loro affermazioni nonderiverebbero nemmeno da una loropersonale esperienza clinica.

«Il Ritalin è un farmaco vecchissimo,oggi esistono almeno dieci molecolesomministrabili a bambini con questedifficoltà», leggiamo in un altro recentearticolo apparso su un diffuso rotocal-co15. Un’affermazione di questo genere,a dir poco vaga, si presta a gravi equi-voci, oltre a nascondere la sostanza delproblema, che risiede nella grandiosacomplessità dell’ADHD e della sua co-morbilità. L’ignaro lettore percepiscel’ADHD come un disturbo neuropsi-chiatrico, tutto sommato abbastanzaomogeneo e definito, al pari di un raf-freddore, per cui oltre al paracetamolosono disponibili farmaci più nuovi ed ef-ficaci. Questo perché non si riesce pro-prio a capire se nell’accennare a queste“dieci molecole” ci si riferisca agli altrifarmaci della classe degli psicostimo-lanti - D,L-Amphetamine, D-Ampheta-mine - o agli altri farmaci utilizzati nelrestante 20-30% dei casi non risolti congli psicostimolanti, spesso per la pre-senza di comorbilità complesse (anti-depressivi triciclici, buproprione, ven-lafaxina, clonidina, guanfacina ecc.), in-dicati tutti nell’articolo “Alternatives toPsychostimulant Medication for trea-ting ADHD”20.

Come AIFA abbiamo la necessità diriportare tutte le questioni alla loro ra-dice ed esaminarle alla luce delle ricer-che, degli studi, delle sperimentazionieffettuate, con quel fondamentale spiri-to d’umiltà che emerge anche nei gran-di clinici e studiosi dell’ADHD, comeemblematicamente si rileva dall’atteg-giamento del Prof. Russell Barkley nel-la prefazione della sua guida ai genito-ri2. Uno spirito d’umiltà che si coniugain un atteggiamento di “servizio alla

scienza”, di grande apertura intellet-tuale e disponibilità, qualità tutte dimo-strateci peraltro dallo stesso Barkleyquando, nel giro di qualche ora, ci harisposto personalmente per e-mail a se-guito di alcune nostre richieste.

Noi genitori ci attiveremo semprepiù perché i genitori del progetto, pro-prio a partire da un’operazione cultura-le che intendiamo ancora approfondire,abbiano quegli strumenti per compren-dere sempre più i confini netti tra scien-za e chiacchierologia, tra passione eamore della verità scientifica e sloganspregiudicati o espressioni approssi-mate.

In quest’opera di approfondimentoculturale, l’AIFA ha recentemente mes-so a disposizione sul proprio sito Inter-net21 tutta la bibliografia sugli psicosti-molanti presente nel testo della Childand Adolescent Psychiatric Clinics delluglio 200019, perché possa rappresen-tare per tutti gli interessati e addetti ailavori un utile e basilare riferimento. Lamonumentalità di questa bibliografiasarà prova, nel caso ce ne fosse ancorabisogno, che l’ADHD con le 1000 pub-blicazioni all’anno su argomenti corre-lati è il disturbo psichiatrico dell’etàevolutiva maggiormente studiato e che,rispetto a tutto ciò, in Italia c’è un’ur-gente necessità di «una grande rincorsaper allinearsi alle conoscenze interna-zionali» (Prof. Pfanner al CongressoSINPIA di Villasimius 2001)22.

Animati da questo spirito, pur rima-nendo nel ruolo che ci compete comegenitori, vorremmo manifestare unmessaggio di speranza, nella consape-volezza dell’attuale grave situazione incui versano i bambini italiani affetti daADHD e le loro famiglie, con l’auspiciodi favorire una proficua e intensa colla-borazione tra ricercatori, professionisti,associazioni, società scientifiche e cul-turali, nella speranza che quanto primaanche in Italia la scienza, gli studi e le ri-cerche condotte secondo il rigorosometodo scientifico, possano dissiparequella nebbia che oggi avvolge il di-sturbo disattentivo con iperattività nelnostro Paese.

A questo scopo, come terreno fe-condo d’incontro e di discussione pro-poniamo il già citato volume monogra-fico della Child and Adolescent Psychia-

tric Clinics del luglio 2000 sull’ADHD.Tra i tanti handbooks e testi statuniten-si su questo argomento, questo testo ciè sembrato quello più idoneo a questoscopo, insieme ai risultati dello studioMTA23.

Bibliografia

1. Cos’è l’ADHD? www.aifa.it/descrizione.htm2. Barkley R.A. Taking Charge of ADHD. TheComplete, Authoritative Guide for Parents.New York: Guilford Press, 1995.3. Vio C, Marzocchi GM, Offredi F. Il bambinocon Deficit di Attenzione/Iperattività. Diagno-si psicologica e formazione dei genitori. Erick-son, 1999.4. D’Errico R. Aiello E. Vorrei scappare in undeserto e gridare… Una guida pratica al-l’ADHD attraverso le storie di tutti i giorni dibambini iperattivi e disattenti. De Nicola Edi-tore, 2002.5. Progetto ADHD “Parents for Parents -www.aifa.it/scopi.htm6. D’Errico R, Riccio G. Al Ministro della Sa-nità On. Prof. Sirchia, 27/12/2001;www.aifa.it/documenti/letterasirchia12-01.zip7. Aiello E. Al Ministro della Sanità On. Prof.Sirchia, 25/1/2002; www.aifa.it/documenti/letteraministro2-02.zip8. Progetto ADHD “Parents for Parents -www.aifa.it/risorse.htm9. Rossigni S. Non drogate quei bambini. L’E-spresso 31/1/2002.10. Benelli E. Niente farmaci siamo piccoli.L’Espresso 15/2/2001; www.aifa.it/documen-ti/articoloespresso.zip11. Maltese C. Psicofarmaci per ragazzi. Re-pubblica 7/7/2001; www.aifa.it/documenti/articolomaltese.zip12. Cesarano G. Bambini senza sfogo fra pa-sticche e tv. Metromilano 24/1/2002; www.ai-fa.it/documenti/casometro.zip13. Marra N. Arriva dagli USA la pillola calma-

MESSAGGI CHIAVE

Cosa conoscevamo dell’argomento❏ La vita dei genitori dei bambini conADHD è difficile, non solo per le difficoltàdi risposta ai bisogni del bambino, maanche per le conflittualità “esterne”, inambito relazionale e sociale.❏ Le difficoltà riguardano anche la catti-va conoscenza ed informazione sulla ge-stione del bambino con ADHD.

Cosa aggiunge questo articolo❏ Il progetto ADHD “Parents for parents”nasce su iniziativa dell’AIFA (Associa-zione Italiana Famiglie ADHD) ed hamesso a disposizione dei genitori e deglioperatori sanitari un sito Internet(www.aifa.it) che ha gli obiettivi di con-dividere esperienze, uscire dalla solitu-dine genitoriale, e produrre informazio-ne scientifica sul problema dell’ADHD.

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Focus

C i sono pochi argomenti, io credo,che infastidiscono il pediatra (e il

genitore) quanto i disturbi veri o pre-sunti dell’appetito e del sonno dei bam-bini. Sono disturbi inafferrabili e indo-mabili, difficilmente misurabili, soprat-tutto quando rientrano nelle variantidella norma (un bambino che mangiameno di quel che la madre vorrebbe,oppure un bambino che ingrassa «an-che se non mangia mai»; un bambinoche dorme «ma quando vuole lui», o unbambino «che non si riesce mai a man-dare a letto»), ma difficilmente inter-pretabili anche quando diventano vera

patologia (l’insonnia, l’ipersonnia, l’a-noressia mentale, la bulimia, l’obesità),comunque, sempre difficilmente con-trollabili.

Poche funzioni neurologiche sonoindagate con la precisione analitica concui vengono studiati i meccanismi ce-rebrali che regolano il sonno e la ve-glia; pochi aspetti della vita, come ilsonno, vengono sottoposti ad analisi edescrizione (sonnografie, EEG, stadidel sonno) tanto accurate quanto inuti-li; pochi argomenti sono progrediti, sulpiano genetico e molecolare, come laconoscenza del feedback dell’appetito-

stato e dei meccanismi che regolanol’accumulo di grasso di riserva e la di-spersione energetica. E tuttavia, quasiniente di tutto questo arriva sul tavolodelle possibilità di intervento concreto,né sul versante francamente mediconé sul versante educazionale.

Sonno e appetito seguono stradeben distinte, e corrispondono a neces-sità evolutive in parte diverse. Tuttavia,sonno e nutrimento costituiscono duemomenti anabolici complementari (unratto privato di sonno, malgrado mangidi più perde di peso, e finisce per mori-re per un difetto secondario dell’im-munità, non troppo diversamente daquanto accade a un ratto fortementesottoalimentato). Dall’altra sonno e ap-petito, rispondono in modo simile aiprincipali neurotrasmettitori e ad altrimediatori; sono controllati da nucleiposti all’interno del circuito di Papez, ein parte, addirittura, dagli stessi nuclei(nucleo sopraottico), dagli stessi neu-rotrasmettitori (essenzialmente sero-tonina, noradrenalina) e influenzatidalle stesse molecole (pro-opio-mela-nocortina e derivati, cortisolo); vengo-no compromessi per cause simili (di-storsione del ritmo circadiano, stress),e associati agli stessi tipi di disturbomentale (disturbo d’ansia, disturbo de-pressivo).

I farmaci che inducono il sonno in-ducono anche l’appetito (antistamini-ci) e quelli che deprimono uno depri-mono anche l’altro (amfetamine). Pertutti questi buoni motivi vengono ac-comunati quasi meccanicamente, inun’anamnesi medica che cerchi infor-mazioni sull’equilibrio di fondo di unapersona (se mangia e dorme bene è se-gno che sta bene, e viceversa); infinesi influenzano reciprocamente.

Sarà comunque necessario iniziarecon una analisi separata dei due pro-blemi.

Per entrambi cercheremo di distin-guere i disturbi maggiori dai disturbiminori, ben sapendo che dei primi è fa-cile parlare, ma che riguardano solouna quota assai piccola della popola-zione pediatrica (circa 1%), mentre suisecondi, che interessano almeno 1/3dei bambini “normali”, è difficile direcose concrete o comunque pratica-mente utilizzabili.

L’appetito e il sonno: uno sguardo d’insiemeFRANCO PANIZONProfessore Emerito, Dipartimento di Scienze della Riproduzione e dello Sviluppo,Università di Trieste

EATING AND SLEEPING DISORDERS (Medico e Bambino 2003;22:28-32)

Key wordsEating disorders, Sleeping disorders, Benzodiazepines

SummaryPhysiology, pathophysiology and common clinical presentation of eating and sleeping di-sorders are described. The case-management to eating disorders must first determinewhether they are accompanied by weight loss. If so, a number of organic disorders ran-ging from metabolic disturbances to gastrointestinal diseases schould be considered in thedifferential diagnosis. Eating disorders without weight loss are as a rule minor problemsand reassurance or counselling are usually sufficient. Severe sleeping disorders are excee-dingly rare. Sleeping disorders are frequent markers, particularly during adolescence, ofan underlying psychological problem. Drugs can be used but within a broader approachto diagnosis and treatment.

bambini. Il Tempo 7/3/2002; www.aifa.it/do-cumenti/guidi.zip14. Marra N. Guidi, battaglia contro l’abuso diRitalin. Il Tempo 7/3/2002; www.aifa.it/docu-menti/guidi.zip15. Levi G. Caso Ritalin: parla un grande psi-chiatra. Un malato tanti Giamburrasca. L’E-spresso 21/2/2002; www.aifa.it/documenti/levi.zip16. D’Errico R, Improta A, Nuzzo V, Cianchet-ti C. Ritalin e Report RAI 3: un’occasione perun’ottima disinformazione. Report RAI 311/10/2001; www.aifa.it/documenti/ritalinre-port.zip17. AIFA, SINPIA, Commenti e comunicatistampa alla trasmissione di Maurizio Costan-zo Show del 14/1/2003; www.aifa.it/docu-menti/costanzo14-1-03.zip

18. D’Errico R, Improta A. ADHD e simposioSopsi, 22/2/2002; www.aifa.it/documenti/so-psi.zip19. Child and Adolescent Psychiatric Clinics.Luglio 2000, 577.20. Alternatives to Psychostimulant Medica-tion for treating ADHD. Child and AdolescentPsychiatric Clinics. Luglio 2000, 605-46. 21. Progetto ADHD “Parents for Parents” -www.aifa.it/biliostimolanti.htm22. D’Errico R. Luci ed ombre sull’ADHD nel pa-norama mondiale e italiano. Il Medico Pediatra2001;5,vol.10:339-40.23. MTA Cooperative Group. Arch Gen Psy-chiatr 1999;56:1073 e 1088.

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Focus

L’APPETITO

La funzione evolutivo-adattativa del-l’appetito è chiara. L’appetito è lo sti-molo fisiologico al rifornimento ener-getico, essenziale per la vita. E‚ dun-que, un istinto ancestrale profondo,che non tradisce quasi mai. Questorende il pediatra abbastanza tranquillosull’argomento, e gli consente di ri-spondere un po’ brutalmente alla mam-ma preoccupata che il bambino nonmangi: «se non mangia, mangerà»; op-pure: «nessuno è mai morto di fameavendo da mangiare». In verità le cosesono un po’ più complicate, e questo ti-po di risposta è giusto solo se la curvadel peso non diventa preoccupante.Per questo motivo distingueremo, inpratica, i disturbi dell’appetito in mag-giori e minori, a seconda che la curvadel peso sia o non sia modificata

I meccanismi centrali di regolazio-ne dell’appetito e della conservazio-ne/dispersione energetica girano at-torno all’effetto della leptina, liberatadall’adipocita in misura proporzionaleall’accumulo di grasso, sul nucleo ar-cuato dell’ipotalamo che libera peptidistimolanti dell’appetito (il neuropepti-de Y, NPY (che controlla anche la sen-sibilità cellulare all’insulina), e l’agou-ti-related peptide AGRP, e peptidi inibi-tori dell’appetito, la Pro-Opio-Melano-cortina, MOM, e il CART, (Cocaine-Amphetamine-Related Transcript); que-sti agiscono rispettivamente sul centrodella fame (che libera il Melanin Con-centrating Hormone, MCH, e lo HCTRHypocretin/orexin) e sul centro dellasazietà (che libera il Corticotropin Re-leasing Hormone, CRH, e il TirotropinReleasing Hormone, TRH).

Questi meccanismi sono soggettiperaltro a numerose interferenze, inparte riconoscibili, in parte sconosciuteo non misurabili, controllate da altremolecole e da altri sistemi. Il livello gli-cemico, il livello di colecistochinina, ilriempimento gastrico, il bioritmo delcortisolo, la sensibilità cellulare all’in-sulina e agli steroidi, il triptofano ali-mentare; e poi l’ansia, lo stress, le va-riazioni dell’umore; e poi le abitudini,la periodicità circadiana, la convivialità,l’attività fisica. La complessità di questisistemi, come si è detto, rende quasi

inutile cercare di conoscerli e di quan-tificarne il ruolo, caso per caso. Tutta-via non se ne può fare a meno, anchesolo per restare ammirati e per ricono-scersi impotenti a un approccio “biolo-gico”.

I DISTURBI DELL’APPETITO

IL DSM-IV considera quattro diver-si tipi di disturbo dell’alimentazione:quattro grossolane alterazioni del com-portamento alimentare (accantonandoil problema della obesità): 1) l’anores-sia mentale; 2) la bulimia; 3) la pica; 4)il disturbo di ruminazione. La pica ècollegata a fattori predisponenti; ritar-do mentale e trascuratezza; al di fuoridi queste due condizioni, per se rare etali da necessitare di un approccio mi-rato piuttosto alla causa predisponenteche all’effetto, penso che la potremotrascurare. Quanto alla ruminazione,cavallo di battaglia e ultima sponda del-la classica clinica psicosomatica del lat-tante, mi sembra molto difficilmenteseparabile dal reflusso gastroesofageograve a cui assomiglia nei minimi par-ticolari; nella mia vita non ho osservatonessun caso “primitivo” di ruminazio-ne mentre i pochi casi erano tutti ascri-vibili a reflusso gastroesofageo.

Tenendo dunque un conto solo mar-ginale del DSM-IV distingueremo, co-me già detto, i disturbi dell’appetito in

due categorie principali, minori o mag-giori, e includeremo in queste ultimeanche l’anoressia mentale e la bulimia.Si tratta, beninteso, di una distinzionesoggettiva e discutibile.

I disturbi maggiori dell’appetito (con flessione della curva ponderale)

Innanzitutto il difetto dell’appetitopuò essere l’espressione di un distur-bo profondo dell’omeostasi. Qualun-que malattia fisica, per la messa in cir-colo del TNF, produce una caduta del-l’appetito: per esempio la banale infe-zione virale (per tempi brevi); il tumore(in ambito pediatrico in genere lo si ri-conosce prima, e per altre cause); tipi-camente la malattia infiammatoria cro-nica. Una alterazione generalizzata delmilieu intérieur (acidosi, alcalosi,ipo/iper-natremia, ipo/iper-potasse-mia, ipo-ossiemia cronica, ipercalce-mia) produce ugualmente una perditadi appetito per un’alterazione dei mec-canismi periferici di utilizzazione deinutrienti.

Un disturbo dell’appetito con fles-sione della curva ponderale può esse-re dovuto inoltre ad alcune specifichepatologie della sfera gastrointestinale:le sindromi da ipersensibilità alimenta-re (celiachia e forse ipersensibilità alleproteine del latte) possono produrreinappetenza; così come la possono pro-durre i disturbi dello svuotamento ga-strico e la patologia dolorosa dell’eso-

NUCLEOARCUATO

CENTRO DELLA SAZIETÀCRH Corticotropin Releasing HormoneTRH Tireotropin Releasing Hormon

CENTRO DELLA FAMEMCH Melanin Concentrating HormoneHCRT Hypocretin/Orexin

NPY Neuropeptide YAGRP Agouti-related peptide

POMC Pro-opiomelanocortinCART Cocaine-amphetamine-related transcript

LEPTINA

ADIPOCITA

Figura 1. Il controllo neuro-ormonale dell’obesità. L’adipocita produce leptina in misura propor-zionale all’accumulo di grasso. La leptina si attacca al recettore LEPR sui neuroni del nucleo ar-cuato dell’ipotalamo che a loro volta liberano peptidi, inibitori dell’appetito (POMC, CART) ostimolanti dell’appetito (NPY, AGRP), che a loro volta agiscono sui centri ipotalamici della sa-zietà (con liberazione di CRH e TRH) e della fame (con liberazione di MCH e HCRT).

fago o dello stomaco (esofagite da re-flusso).

Infine, un disturbo maggiore del-l’appetito può essere, per cosi dire, pri-mario, essenziale, espressione di un di-sturbo mentale, come è nella anoressianervosa, o nella bulimia .

L’approccio a questa prima serie dicondizioni è concettualmente (e prati-camente) semplice, come quasi sem-pre quando si tratta di riconoscere unamalattia organica o un disturbo psi-chiatrico maggiore, e passa attraversoun’anamnesi mirata e ad esami miratiin funzione dell’anamnesi. Il sintomoguida è qui il disturbo di crescita.

I disturbi minori dell’appetito (senzamodificazione della curva ponderale)

Questi disturbi potrebbero, a rigo-re, essere trascurati in quanto tali, e au-torizzano in qualche modo il pediatra auna certa brutalità, come già detto.

Tuttavia, se collocati in un contestospecifico (tipicamente in un atteggia-mento di introversione e di disimpegnoscolastico), possono suggerire la pre-senza di problematiche relazionali piùcomplesse meritevoli di attenzione (di-sturbo d’ansia, disturbo depressivo).

I disturbi dell’appetito con aumento del peso

Questo è un problema troppo gros-so e anomalo rispetto alla materia chestiamo trattando: possiamo solo accen-narvi. Si potrebbe dire, ed è vero, checontrabbandare questo problema tra idisturbi dell’appetito è sleale: eppuresarebbe altrettanto sleale non conside-rare l’eccesso di peso come espressio-ne di una disregolazione dei sistemidell’omeostasi del grasso, che ha cer-tamente nell’assunzione di cibo uno deipoli di più difficle controllo. Basti pen-sare che, in un calcolo matematico ir-realistico, un eccesso di 50 calorie algiorno (un cucchiaino d’olio) portereb-be a un eccesso ponderale di circa 2 kgall’anno, 20 kg in 10 anni, 100 kg in 50anni. Il discorso è paradossale. Si deveconsiderare invece che l’organismo hasistemi di ammortizzamento molto ef-ficaci, che mette in funzione di fronte aristrettezze o ad eccessi alimentari: sitratta di non forzarli troppo e troppo si-stematicamente.

IL SONNO

Il bisogno di sonno ha premesseevoluzionistiche altrettanto o quasi al-trettanto antiche quanto il bisogno dinutrizione: la vita nella terra è infatti di-pendente dalla luce, e tutti gli organi-smi eucarioti, e forse anche i procarioti,hanno un ritmo circadiano. Questoproduce un pattern diurno (attività du-rante il giorno, riposo notturno) negligli animali in cui la visione ha il princi-pale ruolo adattivo, come l’uomo, l’a-quila, le api, o le farfalle; un pattern not-turno negli animali in cui la percezionedell’ambiente è prevalentemente basa-ta sull’olfatto e sull’udito, come il ca-priolo, il gufo, il pipistrello.

Le funzioni biologiche riconosciuteal sonno nell’uomo sono due: una ana-bolica, acetilcolinergica, che si svolgedurante il sonno a onde lente, N-REM,di risparmio energetico (non sostitui-bile dal semplice apporto alimentare),particolarmente necessaria per il ripri-stino del glicogeno encefalico; l’altra,noradrenergica, che si svolge nel son-no a onde rapide, REM, di stabilizza-zione della memoria. Quest’ultima fun-zione è massima nell’età fetale (in cuitutto il tempo trascorre in una situazio-ne REM), e si riduce nel corso della vi-ta. Il ritmo sonno/veglia ha a che farecon almeno due sistemi complessi dicontrollo.

Il primo è il segnapassi del nucleosopraottico. La luce è il principale re-golatore esterno del ritmo circadiano(che non si identifica sic et simplicitercon il ritmo sonno-veglia, anche se locondiziona); un fotorecettore retinicotrasmette lo stimolo luminoso a quelloche è il principale controllore centraledel ritmo circadiano, il nucleo sopraot-tico, e da questo alla ghiandola pinea-le.

La perdita del segnapassi fotico (co-me nei ciechi) porta a un disordine nelritmo del sonno, senza alterare il rap-porto quantitativo sonno/veglia, che ècontrollato da altri sistemi, anche secondizionato dal ritmo solare. È comese, durante la veglia, si accumulasseuna sostanza che induce (o viceversa) ilsonno, e che durante il sonno viene dis-sipata.

Un secondo segnapassi, il foglietto

intergenicolato del talamo, indipen-dente dalla luce, è controllato dall’atti-vità fisica (che a sua volta dipende dal-lo stato di veglia), ed è quello che con-trolla il bioritmo del cortisolo (nadirnotturno e azimut mattutino).

Dalle osservazioni empiriche sullaregolarità dei bioritmi si possono rico-noscere almeno due distinti gruppi dieffetti, che suggeriscono l’esistenza dialmeno due segnapassi del ritmo circa-diano: uno più eterodiretto, che proba-bilmente si identifica con il nucleo so-praottico, che controlla la temperaturacutanea, l’ormone della crescita e la cal-ciuria; e un segnapassi a regolazione in-trinseca, che tentativamente può essereidentificato con il foglietto intergenico-lato, che controlla la temperatura cen-trale, la potassiuria e il ritmo cortisole-mico.

Ma questi bioritmi non possono es-sere immediatamente identificati con ilritmo veglia/sonno e attenzione/disat-tenzione, che pure influenzano profon-damente. Le centraline che controllanopiù direttamente l’alternanza sonno/ve-glia (e anche lo stato di attenzione e diallarme durante il giorno e inoltre ilpassaggio dal sonno N-REM al sonnoREM) sono collocate più caudalmente,nel ponte. L’equilibrio tra la spinta se-rotoninergica sedativa dei nuclei del ra-fe mediano e il sistema adrenergico dellocus coeruleus e della sostanza retico-lare attivante regola non solo il passag-gio tra veglia e sonno e la profondità diquest’ultimo, ma anche il passaggio trasonno a onde lente, o sonno N-REM(durante il quale sono attivi sia il locuscoeruleus che i nuclei del rafe) e il son-no REM (durante il quale entrambiquei nuclei cessano l’attività, mentre siattiva la sostanza reticolare).

Questo sistema di controllo del son-no interagisce coi sistemi che control-lano il ritmo circadiano a livello dell’i-potalamo posteriore, in particolare delnucleo tubero-mammillare.

I DISTURBI DEL SONNO

A differenza di quanto abbiamo fattoper i disturbi dell’appetito, non distin-gueremo i disturbi del sonno in mag-giori o minori. Potremmo dire che tutti

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i disturbi del sonno possono esser con-siderati minori (forse a eccezione dellepiù gravi forme di apnea da sonno,OSAS), poiché nessuno di questi com-porta un’alterazione fisica misurabile etanto meno il rischio di morte, ma solouna menomazione parziale e special-mente un disturbo sociale (difficoltàscolastiche, interferenza con la vita del-la famiglia).

Dissonnie e parasonnieIl DSM-IV descrive due tipi princi-

pali di disturbo: ❏ Un disturbo quali-quantitativo delsonno che produce insoddisfazione esonnolenza diurna (dissonnia, a suavolta distinta in alterazioni della quan-tità del sonno - insonnia e ipersonnia - ein disturbi del ritmo sonno/veglia).L’insonnia, come vedremo, è molto fre-quente nel bambino; quanto ai disturbidel ciclo, bisogna accennare al disturbopre-ciclico, dei primi 3 mesi di vita, unperiodo in cui i bioritmi non si sono an-cora assestati e allo spostamento inavanti dei cicli (addormentamento e ri-sveglio tardivo) che interessa in modoparticolare l’adolescente. ❏ Il disturbo dovuto a eventi anomaliche compaiono nel sonno (parasonnie:in particolare il disturbo d’ansia colle-gato ai sogni e il disturbo da terrore nel

sonno, il sonnambulismo, e parzial-mente l’enuresi).

L’apnea notturna e i disturbi del re-spiro durante il sonno vengono asso-ciati alle dissonnie.

Una recente indagine sugli scolaristatunitensi fornisce questi numeri . Il17% degli scolari russa abitualmente; il18% presenta disturbi che il DSM-IVclassificherebbe come insonnia; il 14%presenta eccessiva sonnolenza diurna;il 38% presenta parasonnie. Questi nu-meri non si discostano troppo da quelliraccolti una diecina di anni fa, in Italia,da Zoppi.

CHE FARE?

PrevenireÈ meglio che curare, se non sempre,

spesso. I disturbi del sonno e dell’ap-petito sono disturbi complessi; una del-le componenti di entrambi è l’abitudi-ne. La ragionevolezza ci porterebbe arinforzare alcune abitudini che sem-brano utili. L’abitudine a dormire in ar-monia con il sole e con la luna, in sicu-rezza, possibilmente da soli, comunquesentendosi protetti dalla vicinanza deifamiliari e magari dalla presenza di unoggetto di consolazione; l’abitudine amangiare più volte nella giornata, a pa-

sti separati; l’abitudinea non superare la so-glia di soddisfazione(cioè, per il bambino,ad accontentarsi diquello che c’è nel piat-to e per i genitori anon offrire di più e tan-to meno a insistere); anon cercare (e a nonoffrire) nel cibo (e conil cibo) una gratifica-zione affettiva, ma sol-tanto quello che il cibopuò naturalmente da-re, cioè la soddisfazio-ne del fabbisognoenergetico; infine l’a-bitudine a muoversi.Bisogna riconoscereche mancano deglistudi controllati su tut-ti questi punti, quindisi tratta di indicazioni

in larga misura soggettive, solo coe-renti con quanto si sa e con quantosembra. Peraltro ci sono informazioniche consentono di dar peso e sostegnoa qualche linea operativa.

È ragionevolmente dimostrato:❏ che l’allattamento al seno riduce il ri-schio di obesità; che la velocità dellacrescita ponderale in questo periodo ècorrelata col soovrappeso nell’età dellascuola;❏ che il mangiare alla stessa tavola, infamiglia, mantiene basso il consumo dibevande dolci e di grassi e aumenta ilconsumo di verdura; ❏ che ridurre il tempo passato alla TVriduce l’assunzione di calorie e aumen-ta il tempo del gioco “normale” e dellaattività fisica.

Per quanto riguarda il sonno, in li-nea di massima, si tratta di produrre in-torno al bambino un ambiente che in-duca il sonno, di lasciarlo addormenta-re da solo, in modo che al risveglio not-turno (che è la regola) ritrovi la situa-zione a lui familiare che ha indotto ilsonno la prima volta, in cui c’è la pre-senza di oggetti sostitutivi (gli “sleepaids”, appunto) e non ci sono, invece, igenitori.

Tutto questo può essere anche inse-rito, oltre che in un programma pre-ventivo, anche in un progetto terapeu-tico di tipo comportamentistico.

DiagnosticareDiagnosticare le malattie organiche

o i disturbi mentali o i fattori relaziona-li che stanno dietro a un disturbo delsonno e dell’appetito è un atto medicodoveroso.

Numerose cause organiche e alcu-ne importanti malattie mentali (anores-sia nervosa, bulimia, disturbo d’ansia,depressione) sono in causa nei disturbimaggiori dell’appetito. Tocca al pedia-tra riconoscerle o almeno sospettarle.

Poche cause organiche possono es-sere individuate nei disturbi del sonno.Le gravi cerebropatie di qualunque na-tura possono associarsi a disturbi delsonno severi, di tipo lesionale. Nelbambino non neuroleso, forse l’unicacausa di disturbo del sonno è la OSAS,che può essere poi quasi sempre af-frontata con successo in via ortodonti-co-otoiatrica.

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CurareQuando, come avviene nella grande

maggioranza dei casi, non si possa ri-conoscere una causa organica di inap-petenza o di insonnia, né uno specificodisturbo mentale, la richiesta dalla par-te dei genitori, e la tentazione difficil-mente superabile dalla parte del pedia-tra è di usare un farmaco.

Tra i farmaci che inducono il sonno,il più usato dai pediatri, e quasi l’unico,è la niaprazina, un antistaminico a ef-fetto selettivamente centrale, serotoni-nergico.

Il suo utilizzo viene di solito consen-tito dalla pediatria ufficiale solo comepalliativo occasionale, oppure comestrumento artificioso “per interrompereun circolo vizioso”; ma non c’è nessunaprova, intendo dire nessuno studio con-trollato, che dimostri che effettivamen-te questo farmaco possa avere un effet-to educativo di innesco di un compor-tamento virtuoso.

Le benzodiazepine non vanno, di re-gola, usate nei disturbi del sonno nelbambino.

Nel bambino piccolo hanno infattiun effetto paradosso. Nel preadole-scente e adolescente, il disturbo delsonno può essere legato a un eventoesistenziale stressante (insonnia post-traumatica), e in questo caso può esse-re superato con un breve ciclo di ben-zodiazepine, ma sappiamo che si risol-verà da sé. Se il disturbo è persistente,quasi certamente nasconde un proble-ma personale importante: può esseresintomatico di una causa esterna (abu-so, bullismo,difficoltà relazionali o so-ciali) oppure un disturbo psichiatrico“mascherato” (disturbo d’ansia o de-pressione): in tutti i casi richiede un ap-proccio, almeno inizialmente, non far-macologico.

La melatonina, a dosi gradualmenteaumentate, fino a 6 mg/notte è il far-maco indicato nelle insonnie associatea condizioni neurolesionali. Per la co-siddetta inappetenza ci sono pochi dub-bi sull’efficacia a breve termine e sullainsensatezza a medio termine dell’usodella ciproeptadina, un altro antistami-nico, con effetto serotoninergico.

Per l’eccesso di appetito, per ora,nessun approccio farmacologico puòessere considerato al tempo stesso suf-

ficientemente efficace e sicuro, e quindiraccomandato per i disturbi minori (peri disturbi importanti sarà ragionevolelasciare la responsabilità agli speciali-sti).

Non resta dunque, nella pratica quo-tidiana, se non proporre ai genitori dicambiare il proprio atteggiamento, sce-gliendo tra la messa in atto di regole ac-cettabili (mangiare ai pasti, pasti nu-merosi, pasti in comune, dosi razionate,nessuna insistenza e mai chiedere se ilbambino ne vuole ancora, televisionerazionata, andare a dormire presto, im-parare a dormire da soli, o magari con ilcane) e la resa incondizionata (rinun-ciare al controllo dei pasti limitandosi,almeno, al non fornire il “fuori pasto”,lasciare che il bambino venga nel lettogrande). Meglio ancora, lasciare che igenitori decidano “da soli” la politica daseguire, cercando di fare in modo che lascelta sia consapevole e coerente. E‚ ilcosiddetto “counselling”: ascoltare, la-sciar parlare, orientare empaticamentele decisioni e possibilmente condivi-derle.

CONCLUSIONI

La mia conclusione provvisoria eprobabilmente un po’ stupida, e ancheabbastanza lapalissiana, dunque inuti-le, è che i disturbi del sonno e dell’ap-petito esprimono una disarmonia sotti-le tra il soggetto e il suo ambiente; unosquilibrio, una “disapprovazione” reci-proca inconsapevole.

Ho vissuto poco tempo in Africa, eho visto dormire (non dico mangiare) ibambini africani: in tutti i momenti delgiorno e della notte, pacificamente,profondissimamente; li ho visti attacca-ti al seno quando volevano, da piccoli, ecapaci di non sentire la fame da piùgrandicelli. Ho visto su di me come ilcambiamento del mio stile e del mio rit-mo di vita, il cambiamento delle miemotivazioni e delle mie abitudini, mi ab-biano portato a mangiare di più dima-grendo, a non aver mai sonno dormen-do meno tempo, a lasciarmi andare alsonno come alla veglia, disposto a man-giare allegramente come alla mancan-za di cibo.

Allora, penso che non ci siano rego-

le per curare un disturbo del sonno odell’appetito, se non cercare di riporta-re armonia attorno al bambino, cioèdentro di noi; calmando le nostre ansie,ridimensionando i nostri successi e lenostre frustrazioni, e quindi trasferendonella vita dei nostri bambini quell’equi-librio e quel senso della vita che ci con-sentono di risuonare armoniosamentecoi nostri simili e con il mondo che cicirconda. Facile da dire, impossibile dafare, stupido da predicare.

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MESSAGGI CHIAVE

❏ Le funzioni neurologiche che regolanoil sonno e la veglia e i meccanismi difeed-back dell’appetito sono ben cono-sciuti, ma pochi sono, in caso di distur-bo, i risvolti in termini di interventi con-creti, sia sul versante medico che educa-zionale.❏ I disturbi dell’appetito maggiori si ac-compagnano a flessione della curvaponderale e richiedono l’esclusione diuna condizione di probabile organicitào di un disturbo mentale (anoressia).❏ I disturbi dell’appetito minori, senzamodificazione della curva ponderale,possono essere trascurati, anche se avolte suggeriscono problematiche rela-zionali più complesse.❏ I disturbi del sonno si distinguono indissonnie (insonnia, ipersonnia, distur-bo del ritmo sonno/veglia) e parason-nie (ansia da sogni, terrori notturni, son-nambulismo).❏ La prevenzione dei disturbi del sonnoe dell’appetito si basa su raccomanda-zioni operative (regole di ragionevolebuon senso, spesso inevase) che nonhanno una chiara dimostrazione di effi-cacia.❏ La cura farmacologica ha pochi spa-zi terapeutici, in quanto l’utilizzo degliantistaminici (niaprazina per il sonno,ciproeptadina per l’inappetenza), hauna efficacia sul breve periodo ma nes-suna dimostrazione di innesco di uncomportamento virtuoso sul medio-lungoperiodo. La melatonina è proposta nelleinsonnie associate a condizioni neuro-lesionali.❏ Le regole del counselling (ascolto,orientamento e condivisione delle deci-sioni operative di modifica di alcunicomportamenti) rimangono al momentoun presidio fondamentale che è di aiutoalla comprensione dei disturbi.