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Anno 6 - Numero 26 MARZO 2017
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La redazione
Alessandro Granata
Alessia Pozzoli
Andrea Carenzi
Camilla Bagatta
Carlo Maestroni (Coach)
Corinne Cipolla
Davide Bagatta
Don Paolo
Elena Malaraggia
Federica Arensi
Giada Mainardi
Giada Zanini
Giovanni Pasquali
Jessica Maiocchi
Laura Bosoni
Luca Fontana
Marco Catalano
Mariavittoria Andena
Matteo Carenzi
Mattia Maniezzo
Nicolò Coldani
Paola Fulghieri
Sara Castellini
Sara Pasetti
Sara Tedeschi
Stefano Poggi
www.oratoriosancolombano.com
In questo numero…
Pag. 3 - Da Trump a
Leopardi...Muri per tutti i gusti!
Pag. 6 - Anni ‘90 vs 2000
Pag. 8 - Paese che vai, giardino
che trovi
Pag. 12 - Il carillon: dalle torri
alle nostre case
Pag. 14 - La biblioteca
dell’oratorio
Pag. 19 - Lo sapevi che…
Pag. 20 - Beyond! Dentro la
testa di chi scrive e di chi legge
Pag. 24 - Sul web qualcuno ci
spia?
Pag. 26- Dieci piccoli indiani
Pag. 27 - Alpinismo e alpinisti
Pag. 29 - Horizon Zero Dawn
Pag. 31 - Ricetta: ciambella
soffice di carote
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CELEBRAZIONI DEI SACRAMENTI 2017
1A COMUNIONE DOM. 7 MAGGIO
ore 10.00
1A CONFESSIONE DOM. 14 MAGGIO
ore 15.30
CRESIMA DOM. 28 MAGGIO
Ore 15.30
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Nella storia del mondo, o almeno nella storia dell’uomo nel mondo, è
successo che intorno al 10000 a.C. alcune delle tribù decisero di
riunirsi e formare quelle che sono le antenate delle città. A parte i
dettagli sul perché e sul per come, è interessante vedere che una
delle prime preoccupazioni di questa gente sia stata quella di
costruire delle mura per difendersi da chi stava fuori, anche
perché i primi villaggi senza mura ci han messo poco a essere rasi
al suolo. Da qui nasce il primo concetto di muro della storia: la
difesa contro ciò che è fuori, oppure la protezione di ciò che è
dentro, a seconda della prospettiva. Il rischio è quello
dell’esclusione di tutto il mondo esterno, che a lungo andare può
portare a danni veramente seri sul piano sociale, vedi per esempio
la Grande Muraglia Cinese. Questo rischio all’epoca non si
conosceva naturalmente, ma in ciò che è diventata la Cina (e non
parliamo della superpotenza economica, ma del vero e proprio
disastro sociale) si può ben vedere a cosa portano millenni di
isolamento.
Un altro tipo di muro, piuttosto famoso in Europa, è quello eretto
per circoscrivere qualcuno o qualcosa. L’esempio più immediato è
quello dei ghetti che esistevano fino a non troppi anni fa. Anche in
questo caso il risultato è sempre stato un disastro di proporzioni
enormi. E pensare che c’è chi vorrebbe ancora qualcosa che
assomiglia a un ghetto proprio qui, a San Colombano; d’altronde,
parafrasando le parole dello storico Polibio, “Se anche la storia è
maestra di vita, l’uomo per sua natura non impara”.
Da Trump a Leopardi… Muri per tutti i
gusti! di Giovanni Pasquali
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Questo ci porta a parlare di un’altra e più complessa tipologia di
muro: i muri mentali. Questa categoria è difficile da descrivere
perché ognuno ha i propri muri nella testa in cui si rinchiude o che
costruisce per isolare qualcosa che ritiene “altro”. Razzismo,
giudizi sentenziosi sparati a priori, sessismo, bigottismo e via
dicendo sono solo alcuni esempi di muri mentali. Questo
meccanismo scatta (come scattò 12000 anni fa) quando ci si sente
sotto attacco; nel caso dei muri mentali però l’attacco è anch’esso,
naturalmente, mentale. La “chiusura” (che poi diventa un vero e
proprio atteggiamento per la vita) nasce dall’opinione indiscutibile
che ciò che sta dentro al muro sia superiore in qualsiasi valore a ciò
che sta fuori. Una volta tirato su il muro, poi è ben difficile
abbatterlo perché intervengono quelle abusate parole come
“coerenza” o “costanza” che ci impediscono di cambiare idea.
Perché mai? È così bello (e così fruttuoso) cambiare idea! L’uomo
nasce per cambiare, e da dove partire se non cambiando idea?
A proposito di muri mentali, avete presente Donald Trump? Tra chi
lo disprezza dicendo che in testa non ha nemmeno un muro e chi lo
adora per la sua fermezza nel perseguire i suoi obiettivi, il mondo è
praticamente diviso in due da qualche mese. Ora, politica a parte,
Trump è un personaggio che può ben mettere in evidenza come
l’atteggiamento di fronte al proprio muro possa essere solo di due
tipi praticamente opposti: rafforzare il muro con costanza e
coerenza (chiamiamolo atteggiamento “Another brick in the wall”
per omaggiare i Pink Floyd) o provare a guardare oltre
(atteggiamento “Leopardi”). È evidente che, in qualsiasi modo la si
veda, Donald è dalla parte A.B.I.T.W. Le righe precedenti
dovrebbero aver già messo in buona luce quanto questo
atteggiamento sia storicamente quantomeno discutibile.
L’atteggiamento “Leopardi” invece dovrebbe essere la vera sfida;
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sicuramente è più difficile ma anche certamente più fruttuoso.
Nell’Infinito il poeta guarda dal colle di Recanati e si trova di
fronte un muro, che più poeticamente diventa una siepe, il concetto
è uguale. Questo muro oltre che fisico è naturalmente anche
mentale. A questo punto la poesia nella versione Trump sarebbe
finita. Invece Leopardi rimette in discussione l’intera prospettiva,
di conseguenza anche sé stesso, riuscendo a superare l’ostacolo
che si (auto)frapponeva e a raggiungere l’infinito. Il cambiamento
richiesto è evidente anche dal punto di vista grafico: il verso terzo
finisce con “esclude.”, quindi con un verbo di chiusura e un segno di
punteggiatura, mentre il verso quarto termina con “interminati”
che si collega a “spazi” a inizio verso quinto, quindi una parola che
di per sé indica apertura e nessun limite, segno di una ritrovata
libertà.
Ora, tutto questo
discorso per dire che la
chiusura mentale è tanto
naturale quanto arida,
mentre un atteggiamento
“open mind” può portare a
spunti interessanti .
Meglio specificare che questo non significa dire di sì a tutto e
accettare socialmente qualsiasi cosa, anche la più stramba.
Ovviamente deve essere chiara la differenza tra muro e freno! Ci
sono limiti (appunto da non confondere con muri) che, sebbene
siano talvolta sfumati, devono essere osservati con attenzione.
L’invito è però quello di esplorare, di immedesimarsi, di provare a
capire e, soprattutto, di cambiare idea, senza ascoltare quelli che
dall’interno delle loro fortezze mentali son già pronti a gridare
all’incoerenza. Non avremmo l’agricoltura se nessuno avesse
provato a piantare un seme…
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Anni ‘90 vs 2000 di Davide Bagatta e Marco Catalano
1999 – 2000. Un cambiamento epocale, unico nella storia. Passa un
secondo e cambiano quattro cifre su quattro. Assurdo! Non variano
solo le cifre, ma cambia tutto. Ecco alcuni esempi.
Il segnale più im-
portante di un’epo-
ca è la sua colonna
sonora. Ora si sen-
t o n o m o l t e
“canzoni” leggere
come quelle di Ro-
vazzi e BelloFigo,
ma anche canzoni “più canzoni” come quelle di J-Ax, Mengoni, Fedez,
e, guardando all’estero Ed Sheeran e Justin Bieber. Negli anni ’90 gli
astri nascenti della musica erano molti di quelli che adesso sono can-
tanti navigati, ad esempio Max Pezzali (all’epoca con gli 883), Jova-
notti, Laura Pausini e Tiziano Ferro.
Un altro elemento fondamentale è la tecnologia.
Una volta per scaricare qualcosa da Internet ci
impiegavi tutta la notte sperando che nessuno
alzasse la cornetta del telefono, adesso ci met-
ti invece dieci secondi. Oggi esistono tantissimi
modelli di dispositivi elettronici tra telefoni,
computer televisori e lettori musicali di ogni
genere. Parte importante della tecnologia sono i
videogiochi: da Crash Bandicoot a Clash Royale,
da Pac-Man a Angry Birds.
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E infine non possiamo di-
menticarci lo sport e i suoi
idoli. Nel basket siamo pas-
sati da Michael Jordan a
Lebron James; nel calcio da
Baggio e Van Basten a Ro-
naldo, Messi e Gabigol.
Oltre a tutti questi cam-
biamenti ci sono le cose che non passano mai di moda. Ad esempio
nei videogiochi Super Ma-
rio Bros e Pokémon;
nell’abbigliamento le scar-
pe Converse All Star e
nelle saghe letterarie Har-
ry Potter.
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Paese che vai, giardino che trovi di Corinne Cipolla
Ormai non manca molto alla primavera e gli amanti del verde posso-
no cominciare a fare progetti per il giardino di quest’anno. Come la
casa, anche il giardino deve rispecchiare la personalità di chi lo abi-
ta. A questo scopo esistono diversi stili di giardini dai quali trarre
ispirazione per realizzare la propria oasi di relax. Ecco alcuni
esempi:
ALL’ITALIANA
Nacque nel ‘500 per impreziosire importanti ville e la sua particola-
rità sta nell’organizzazione geometrica e molto definita della di-
sposizione di piante e strutture architettoniche; così che spesso
siepi e sentieri formano dei labirinti naturali e l’insieme risulta re-
golare e maestoso.
Tali caratteristiche
rendono necessaria
una continua manu-
tenzione e una preci-
sa scelta delle piante
da utilizzare, che
solitamente hanno
solo uno scopo orna-
mentale.
ALLA FRANCESE
Fece la sua comparsa nel 1700 a causa del desiderio dei reali fran-
cesi di possedere giardini nello stile di quelli italiani, da cui è stato
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ripresa l’organizzazione
geometrica. Tra le due
tipologie vi sono però di-
verse differenze, infatti
la tradizione francese
presenta disegni decora-
tivi sulle architetture,
assenza di terrazzamenti
ed un carattere meno
schematico. Gli aspetti
tipici di questi giardini sono: la cura nella disposizione dei fiori in
modo che la sequenza dei loro colori risulti armoniosa, i giochi d’ac-
qua delle fontane, la maestosità e la spettacolarità scenografica da-
ta da viali, ampi spazi verdi delimitati da siepi precise e curate e
dalla studiata disposizione di alberi e arbusti.
ALL’INGLESE
Risale al ‘700 ed è costruito
disponendo le piante in mo-
do che i colori seguano l’an-
damento delle stagioni; tut-
to viene organizzato in mo-
do preciso e personale
escludendo schemi archi-
tettonici o geometrici. Esso
include invece elementi tipi-
ci del paesaggio naturale come laghi e ruscelli.
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ALLA CINESE
In questo tipo di giardino
vengono scelte prevalen-
temente piante di dimen-
sioni ridotte o legate a
particolari significati,
tra le più comuni vi sono
il pesco (simbolo di lon-
gevità), l’albicocco e il
pero (emblema di saggez-
za, giustizia e di lunghe
amicizie). Alberi e fiori
creano un effetto di contrasto con la staticità delle architetture
(muraglioni, ponti, padiglioni), elementi fondamentali assieme all’ac-
qua e alle rocce; queste ultime vengono spesso scolpite per simula-
re l’erosione da parte di fenomeni atmosferici. Lo scopo dei giardi-
ni cinesi è quello di creare un paesaggio idealizzato costruendo
equilibri visivi.
ALLA GIAPPONESE
Questo tipo di giardino si divide in varie categorie, tra le principali
troviamo: Kaiyū-shiki-teien, Karesansui e Zen.
I giardini Kaiyū-shiki-teien (letteralmente “giardini passeggiata”)
appartengono alla vecchia cultura giapponese e furono ideati per la
classe nobile della popolazione. Essi seguono un preciso percorso
circolare destinato alle passeggiate e alle escursioni, infatti è co-
stituito da viali delimitati da bambù che portano alla scoperta delle
bellezze volutamente nascoste nella natura. Spesso la loro proget-
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tazione si basava sulla ricreazione in miniatura di aree geografiche
particolarmente amate dai proprietari e solitamente includono la-
ghetti e stagni sormontati a piccoli ponti.
I giardini Karesansui (letteralmente “giardini di pietra”) sono molto
particolari poiché in essi i fiori sono presenti solo in casi ecceziona-
li, anche l’acqua è prevalentemente assente, mentre l’elemento prin-
cipe sono i sassi. Questi ultimi sono infatti scelti con cura a seconda
di dimensione, forma e colore; inoltre la loro disposizione deve ri-
sultare armonica ed esprimere sensazioni e valori predefiniti, fon-
damentalmente vogliono essere trasmessi i concetti di salute, im-
mortalità e longevità.
I giardini zen, come quelli Karesansui, danno particolare rilievo alle
rocce e alla ghiaia, i quali assu-
mono precisi significati: le pri-
me rappresentano alberi e mon-
tagne, la seconda i corsi d’acqua
che li bagnano. In alcuni casi
alcune zone vengono scavate per
poter inserire realmente
dell’acqua, che rende il paesag-
gio riprodotto più realistico.
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Carillon: dalle torri alle nostre case di Federica Arensi
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Il carillon come lo intendiamo noi è
il risultato di una lunghissima
evoluzione iniziata nel Medioevo. Il
nome tipicamente francese deriva
dal latino medievale quatrinio che
di fatto significa “quattro
campane”, ma i francesi per
indicare questo congegno spesso
utilizzano anche l’espressione
boite à musique che può essere
tradotto con “scatola musicale”.
Nel Medioevo il carillon era un
c o n g e g n o c o m p l e t a m e n t e
meccanico formato da quattro
campane, che, solitamente situate
nei campanili o sulle torri civiche, erano collegate attraverso delle
funi alla tastiera di un organo.
Nel 1400 questo strumento prese piede in Germania, Belgio e
Olanda dove i carillon più diffusi delle torri campanarie erano
proprio quelli di Malines, Bruges e Douai; ma la vera storia del
carillon come lo intendiamo al giorno d’oggi, nasce nel 1796, quando
un orologiaio di Ginevra, Antoine Favre (1767-1828), ebbe l’idea di
fondere il meccanismo musicale con quello di un orologio. Il risultato
di questa fusione fu il carillon sans timbre ni marteau, ossia
“carillon senza campane nè martelli”, che erano tipici del
meccanismo medioevale. L’orologiaio svizzero pensò a come poter
perfezionare il suo progetto di orologio musicale e a come costruirlo
in dimensioni ridotte. Inizialmente utilizzò delle ruote dentate per
colpire delle lamine metalliche accuratamente accordate e in
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seguito le sostituì con dei cilindri dentati che erano di fatto più
stabili e pratici.
In quel periodo la costruzione dei carillon era artigianale: le singole
parti venivano eseguite in modo individuale da artigiani a domicilio,
che molto spesso erano contadini che riutilizzavano tempo invernale
per produrre qualcosa che potesse portar loro guadagno. In seguito
i meccanismi venivano assemblati e inseriti in cofanetti da persone
che erano stato ingaggiate a tal scopo dai fabbricanti stessi.
Il marchingegno era però destinato a un processo di
perfezionamento. Nel 1820 si ebbe l’idea di sostituire le lamine
segmentate con un sottile pettine o con una tastiera costruita in
maniera da poter aumentare la
risonanza all ’ interno del
cofanetto e di conseguenza
aumentare anche il volume del
suono che veniva emesso. Ma il
miglioramento più importante
che venne apportato, consisteva
nell’inserimento di smorzatori, a
quei tempi costruiti con piume di
pollo, che riuscivano a rendere
più puliti e nitidi i suoni emessi dalla lamina.
Infine, verso il 1875, Charles Paillard, i fratelli Nicole e molti altri
fabbricanti svizzeri incominciarono a produrre carillon
industrialmente, così da riuscire a produrre un grande quantitativo
di meccanismi a basso costo ed è proprio grazie a questo metodo
che fu possibile superare la concorrenza francese. Altre innovazioni
invece ebbero come obbiettivo il miglioramento della melodia stessa
e del suo ritmo, arrivando poi ad un risultato piacevole o divertente
di cui tutti noi possiamo godere ascoltando un carillon in azione.
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La biblioteca dell’oratorio di Nicolò Coldani
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La biblioteca possiede molti libri
di generi diversi. Era un angolo
dimenticato dell’oratorio: abbiamo
cercato di pulirlo e renderlo crea-
tivo.
Ci sono tre regole molto semplici:
- deve regnare il silenzio;
- i libri vanno riconsegnati entro
un mese (in caso contrario si pa-
gheranno 25 centesimi);
- quando si prende in prestito un
libro si deve scrivere su un fo-
gliettino il proprio numero di tele-
fono oppure la propria email.
Se volete leggere un libro che non abbiamo, ce lo direte e noi prov-
vederemo.
Se avete libri che non leggete potete portarceli e noi li metteremo
in biblioteca.
Si ringraziano le persone che hanno aiutato a mettere a posto la
biblioteca dell'oratorio:
Arianna Ion, Carola e Greta, Sara e Alice Castellini, Nicolò Coldani,
Andrea, Sara e Anna Tedeschi, Savina Guaragni.
Si ringrazia anche Don Paolo per la disponibilità che ci ha dato.
Orari:
Venerdì: 16.00-17.30
Sabato: 15.30-18.00
Domenica: 15.30-18.30 (esclusi giorni di compleanno).
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1) In Cina c’è uno zoo dove gli esseri
umani sono chiusi nelle gabbie e gli
animali sono in libertà.
2) La rana del legno, originaria dell’A-
laska, si congela durante l’inverno e
nonostante il suo cuore smetta di
battere, rimane viva.
3) In Nepal c’è un festival dedicato ai
cani, per ringraziarli della loro leal-
tà e amicizia.
4) In Russia esiste un “tempio di tutte le religioni” in cui convivo-
no elementi di culture differenti.
5) Una mucca può salire le scale ma
non riesce scenderle.
6) Secondo alcuni studi, le persone
che si distraggono più facilmente
sono molto più creative.
7) Le nostre dita in acqua raggrinziscono affinché possiamo avere
una migliore presa sott’acqua.
8) Non riuscirete a trovare il ponte di Varolio se lo cercate su
Google Maps. Devi cercarlo nel tuo cor-
po!
9) Secondo alcuni studi il cervello umano
diventa completamente attivo alle ore
10.
10) La distanza dal proprio polso al proprio
gomito è uguale alla lunghezza del piede.
Lo sapevi che... di Stefano Poggi
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BEYOND! Dentro la testa di chi scrive
e di chi legge di Paola Fulghieri
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Poesia
Chiudi gli occhi.
Apri la mente.
Che cosa scopri,
se guardi attentamente?
Un po’ di tristezza?
Un po’ di allegria?
Mistero, bellezza,
un po’ di follia?
Drizza le orecchie.
Stai bene attento.
C’è una parola,
una frase in fermento?
Seguine il ritmo.
Afferra il rumore
e gustane, poi,
lentamente il sapore.
È divertente?
Impertinente?
Senti che mette
radici alla svelta?
Ormai
la poesia
ti sta sbocciando in testa.
Instructions for Growing
Poetry
Shut your eyes.
Open your mind.
Look inside.
What do you find?
Something funny?
Something sad?
Something beautiful,
mysterious, mad?
Open your ears.
Listen well.
A word or phrase
begins to swell?
Catch its rhythm.
Hold its sound.
Gently, slowly
roll it round.
Does it please you?
Does it tease you?
Does it ask
to grow and spread?
Now those little
words are sprouting
poetry
inside your head.
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Chi ci sta parlando è il grande poeta e scrittore per l'infanzia Tony
Mitton (1951-in vita), attraverso il suo scritto introduttivo del
libro Plum, tradotto in Italia da Einaudi come “Prugna”.
A sinistra la bella traduzione nella nostra lingua madre, a destra il
testo nell'accattivante
versione originale.
Il brano racconta in maniera divertente come nasce una poesia, in
che modo -secondo l'autore- chi si accinge a scrivere trova
l'ispirazione dentro di sé.
Ebbene partiamo da qui!
Siamo tutti potenziali poeti o scrittori, dobbiamo solo imparare
ad esprimere in maniera
efficace la nostra idea, il nostro pensiero. Quello che proviamo e
sentiamo dentro di noi.
Quello in cui crediamo. Quello che vogliamo raccontare o
denunciare.
O semplicemente quello che siamo costretti a scrivere in
particolari circostanze
chiamate “compito in classe”.
Esistono milioni di manuali che spiegano come costruire e
organizzare al meglio un testo, in base alle richieste (saggio breve,
riassunto, poesia, lettera, racconto, articolo d'opinione...) e
fortunatamente anche gli scrittori che amiamo hanno tanti consigli
da darci.
Perciò, attenzione: questo luogo scritto che stai percorrendo
riga per riga,
non ti mostrerà niente di più di quel che già sai.
Ecco, infatti, lì c'è l'intervista che tempo fa avevi fatto allo
scrittore, te la ricordi?
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TU:- Scrivere non fa per me, è noioso.
SCRITTORE:-Ti sbagli, scommetto che lo fai spesso...ogni volta
che disegni, che cerchi di trovare le parole rap per la tua nuova
canzone, stai producendo qualcosa di scritto, stai esprimendo la
tua creatività! Poi scommetto che hai una storia nel cassetto,
qualcosa a cui tieni particolarmente, di molto personale, che un
giorno vorresti raccontare a qualcuno.
TU:- Beh, ma fai presto a dire scrivere! E tutta la grammatica che
bisogna conoscere?
SCRITTORE:- Bisogna conoscere il nemico per poterlo sconfiggere
e neutralizzare. Grazie alla grammatica puoi farti capire dagli altri,
poi una volta che la conosci abbastanza, puoi infrangere le regole e
scrivere come ti pare e piace, prendendoti quella che si chiama
“licenza poetica”.
TU:- E una volta che ho imparato la grammatica, come faccio a
scrivere?
SCRITTORE:- Al giorno d'oggi ci sono un sacco di testi
scritti...devi catturare il lettore, stregarlo, stupirlo...convincerlo a
leggere te tra tutti gli altri. Devi essere originale e unico, scrivere
delle cose che senti vere; il lettore capisce se menti. Scrivi tu
quello che vorresti leggere da lettore.
TU:-Ma come faccio ad essere originale?
SCRITTORE:- Sforzati di trovare un argomento inedito, non
parlare mai di aria fritta. Oppure racconta una storia banalissima,
fallo per gioco, presentale in maniera interessante, ad esempio
scrivila in chiave ironica!
Capirai poi che ogni scrittore ha il suo stile, ha frasi e parole
predilette, messaggi e idee che tiene a comunicare. Anche se
cambia genere letterario, cambia nome, personaggi, un po' come un
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attore... tu lo smaschererai subito! Del resto ogni cantante ha un
particolare timbro di voce, per quanto si sforzi di cammuffarlo e
reinventarsi.
TU:- Ma quanto devo scrivere?
SCRITTORE:- Non è necessario scrivere pagine su pagine.
Soprattutto non essere ripetitivo, devi metterti nei panni di chi
legge: la sintesi è un dono, un messaggio chiaro e coinciso è ben
comprensibile, molto più apprezzato di certe “sbrodolate”. A volte
un racconto breve è addirittura più bello, è una piccola perla, così, a
sé stante, finito, concluso.
TU:- Qualche altro consiglio?
SCRITTORE:- Pensa al pubblico per cui scrivi. Ricorda che spesso è
più difficile scrivere per i bambini. Ultimo consiglio: lascia spazio
all'immaginazione e... lascia spazio tra i paragrafi!
Ecco qui, l'intervista faceva più o meno così...ora tocca a te lettore-
scrittore.
Buon lavoro! sc
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Sul web qualcuno ci spia? di Giada Mainardi e Luca Fontana
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Facebook, Youtube, Netflix e Amazon sembrano conoscerci più di
quanto immaginiamo. Ma chi ha detto loro che voglio acquistare
l’ultimo smartphone Huawei o che oggi voglio ascoltare la nuova
canzone di Francesco Gabbani? Come fanno a conoscerci così bene?
Chi ha dato loro tutte queste informazioni su di noi? Nessuno ci
spia, tranquilli. Siamo noi che forniamo delle indicazioni ad un
intermediario che a sua volta comunica ai siti che visitiamo tutto
quello che sa su di noi. Questo intermediario non è altro che una
macchina che riceve i nostri dati, li elabora e ci fornisce
suggerimenti come se ci stesse leggendo nella mente. Le tecniche
usate per spiarci e consigliarci gli acquisti sono dette sistemi di
raccomandazione: il loro compito è offrire contenuti personalizzati
sulla base dei comportamenti di navigazione, per migliorare
l’esperienza degli utenti.
Un esempio noto è Amazon: dopo aver ricercato anche un solo
prodotto sulla piattaforma, navigando successivamente su altri siti
o social, ci appaiono suggerimenti e inserzioni pubblicitarie. Queste
contengono offerte per l’acquisto dell’articolo che avevamo
ricercato o accessori ad esso collegato. Non è un caso: Amazon
lavora con i dati che l’utente fornisce sia esplicitamente
(effettuando acquisti o valutando prodotti) che implicitamente (le
ricerche e i siti visitati). Grazie a questi dati, viene generato un
profilo dell’utente che viene poi utilizzato per fornire suggerimenti.
Maggiore è la quantità di informazioni raccolte, maggiore sarà la
personalizzazione. Ed è proprio in questi casi che si ha la sensazione
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di essere spiati. Non credete?
Ma non è solo nel campo dello shopping online che questi sistemi
operano: Facebook, Instagram e altri social network ci suggeriscono
costantemente nuovi amici e ci consigliano pagine che potrebbero
interessarci. Infatti Facebook ci suggerisce nuove amicizie
attraverso la sezione “Persone che potresti conoscere” e nella
maggior parte dei casi i contatti sono persone che effettivamente
potremmo conoscere. Amici in comune, medesima scuola
frequentata, stesso luogo di provenienza sono solo alcuni dei tanti
fattori utilizzati dai social a questo scopo.
Ma tutte queste indicazioni vengono anche usate per offrirci una
bacheca personalizzata. Se presti infatti attenzione quando accedi
sui social e ti confronti con un amico che ha le tue stesse amicizie e
segue le tue stesse pagine, noterai che comunque la sua home page è
diversa dalla tua. Questo perché Facebook analizza ogni nostro
singolo click e prende in considerazione più di centomila fattori
diversi per generare una pagina il più personalizzata e diversa
possibile.
Questi sono solo pochi esempi. Tutto ciò che pubblichiamo viene
usato e conservato e per chi gestisce il Web ha un grande valore. In
particolare, sui social network, è importante essere consapevoli di
questo e ricordare che una volta pubblicati, i contenuti sono a
disposizione di tutti, non solo dei gestori del servizio ma anche dei
nostri contatti. Prestiamo dunque attenzione ai nostri
comportamenti online e scegliamo con cura le persone con cui
condividere le nostre informazioni.
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In questo periodo ho scoperto un nuovo genere letterario, che trovo
molto avvincente ed appassionante: il romanzo giallo. A farmi avvici-
nare a questo tipo di libri è stato un romanzo molto famoso: “Dieci
piccoli indiani” di Agatha Christie.
La trama è molto coinvolgente. In questo libro, dieci persone vengono
invitate a soggiornare in una villa su un’isola. Sono persone molto di-
verse tra loro, non si conoscono e non sanno chi li ha invitati in quel
luogo. Quando giungono sull’isola, non trovano il proprietario, ma un
disco che accusa ciascuno di loro di essere un assassino, e gli annun-
cia che verranno puniti per le loro colpe. Inizia così un fine settimana
ricco di suspense e colpi di
scena, dove si intrecciano la
ricerca dell’assassino e la pau-
ra di essere uccisi, il tutto
sulle note di una conta, una
filastrocca per bambini.
Questo libro ha saputo incan-
tarmi, con il suo intreccio
complicato e la vicenda miste-
riosa. Il finale è decisamente
inaspettato e sconvolgente,
incerto fino all’ultimo minuto.
Credo che “Dieci piccoli india-
ni” rimarrà tra i miei libri pre-
feriti molto a lungo, perché è
veramente un romanzo appas-
sionante e avvincente
Dieci piccoli indiani di Sara Castellini
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Alpinismo e alpinisti di Carlo Maestroni
Le prime notizie di una spedizione alpinistica risalgono al 1336
quando i fratelli Francesco e Gherardo Petrarca ascesero al Monte
Vantoux o più comunemente chiamato anche il Monte Calvo, alto
1999 m. Il Monte Bianco fu scalato nel 1700 da tre alpinisti
svizzeri: Honorac Benetic De La Sasussure, scienziato ginevrino, il
cercatore di cristalli Jaques Balmat di Chamonix e il medico
Michael Gabriel Picard. I fratelli Carrel di Val Turnache invece
furono i primi italiani ad aver scalato il monte Cervino nel 1886.
L’Italia alpinistica balzò alle
cronache, non solo sportive,
quando il 31 Luglio del 1954
la spedizione guidata da
Ardito Desio è portata a
compimento dall’ampezzano
Lino Lacedell i e dal
v a l t e l l i n e s e A c h i l l e
Compagnoni che hanno conquistato la vetta del K2. In tempi più
recenti, un altro alpinista bergamasco, Simone Moro, fu il primo
italiano a scalare l’Everest nel periodo invernale.
La storia dell’alpinismo narra che l’anno precedente alla fortunata
spedizione italiana sul K2, ci fu una spedizione britannica e
neozelandese sull’Everest. Fu proprio un alpinista neozelandese,
Edmund Hillary, a conquistare con lo sherpa nepalese Temzing
Norgay la vetta del monte Everest. Arrivati in vetta il 29 maggio
del 1953, Hillary si voltò verso Tenzing ed esclamò: “Finalmente
l’abbiamo conquistato il cagnaccio!”.
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Anche nelle Americhe vi sono vette che sono scalate come il Monte
Denali che si trova in Alaska ed ha un’altezza di 6400 m.
Spostiamoci ora sulle Ande, esattamente in Patagonia, dove si
trova il Cierro Torre. Questa cima è stata scalata per la prima
volta nel 1974 dall’alpinista Cesare Maestri. Anche il gentil sesso si
difende bene con due alpiniste italiane: la tarvisiana Nives Meroi e
la bolzanina Tamara Lunger che è stata la più giovane alpinista
italiana a scalare un ottomila all’età di 16 anni. Ma i più famosi
alpinisti italiani sono i fratelli Messner che durante la discesa dal
Nanga Parpat furono investiti entrambi da una valanga. Reinhold si
salvò con e arrivato al campo base fu trasportato in ospedale dove
gli vennero amputate sette dita su dieci, mentre il fratello Gunther
rimase morto sotto la stessa. Nel 2011 sullo stesso versante trovò
la morte Karl Unturkirker.
Anche la narrativa e il cinema si sono occupati di alpinismo. Tra i
titoli più famosi ricordiamo Assassinio sull’Eiger girato nel 1975 dal
premio Oscar Clint Eastwood. Recentemente sono stati girati altri
due film ovvero Nanga Parpat del 2010, girato dal regista tedesco
Joseph Vilsmaier e Everest girato nel 2015 dal regista islandese
Badasar Komakur. Tra i libri, i miei preferiti sono Malato di
montagna di Hans Kamerlander e La montagna nuda di Reinold
Messner che parla della sfortunata spedizione sul Nanga Parpat.
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Horizon Zero Dawn di Matteo Carenzi
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Ho deciso di parlarvi di un gioco che mi ha colpito molto. Anche se il
modo migliore per scoprirne la bellezza è proprio giocare, purtroppo
non abbiamo ancora avuto l’occasione di farlo, ma grazie ai gameplay
su Youtube noi della redazione ce ne siamo già innamorati.
Partiamo da uno scenario post-apocalittico dove le macchine, con
sembianze animali, sembrano aver preso il controllo sugli esseri uma-
ni che lottano per evitare l’estinzione.
In questo gioco vestiremo i panni di Aloy, una giovane donna emargi-
nata che è stata cresciuta da un uomo di nome Frost, anche lui un
emarginato, che ha sempre vissuto lontano dal resto della società. I
pochi superstiti sono suddivisi in tribù. Tra queste c’è la tribù Nora,
che è di tipo matriarcale. E’ governata da tre matriarche che prega-
no per una dea all’interno di una montagna e benedicono tutti i neo-
nati. Vigono delle leggi ferree contro gli emarginati e le persone che
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non lo sono, chiamate Audaci, non possono assolutamente parlare
con gli emarginati. Un giovane emarginato, può diventare un Audace
se supera insieme ad altri ragazzi la Prova. Aloy vive solamente per
scoprire chi è la sua vera madre e solo superando la Prova potrà
parlare con le matriarche e chiedere di lei.
Il mondo di Horizon è veramente enorme, la vastità di terre esplo-
rabili è veramente sviluppata e il quantitativo di macchine è smisu-
rato. Con i materiali che raccoglieremo durante il percorso creere-
mo armi, medicine e potenziamenti vari per il nostro personaggio e
salendo di livello sbloccheremo delle abilità speciali che modifiche-
ranno lo stile di Aloy in base al nostro modo di giocare. Ad un cer-
to punto della storia saremo addirittura in grado di utilizzare le
risorse come mezzo di trasporto tramite un processo chiamato
Override. Ci sono diverse tribù al di fuori di quella di Aloy, alcune
come “la nostra” che sono contrarie all’uso della tecnologia e tengo-
no le macchine a distanza, altre invece che cercano di sfruttarle il
più possibile, che man mano stanno acquisendo sempre più potere e
stanno schiacciando gli umani. Non voglio dirvi di più. Con la paura
di spoilerizzarvi troppo, l’unico consiglio che vi dò è quello di acqui-
stare questo titolo (disponibile sia per PS4 che per PC) e di giocar-
ci il più possibile.
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Ricetta: ciambella alla carota di Sara Tedeschi INGREDIENTI:
- carote: 400g
- zucchero: 300g
- farina: 300g
- uova: 3
- olio extravergine di oliva: ½
bicchiere
- lievito per dolci: 1 bustina
- sale
- zucchero a velo
PREPARAZIONE:
1) Accendi il forno a 180° C. Lava, sbuccia e taglia a pezzetti le
carote. Poi mettile in un frullatore e tritale fino ad ottenere un
composto omogeneo.
2) Aggiungi le uova e lo zucchero e frulla ancora per un minuto cir-
ca. Poi incorpora la farina, l’olio, il sale e il lievito e frulla tutto per
un altro minuto.
3) Ungi e infarina una tortiera per ciambella del diametro di 24 cm
e versaci l’impasto. Inforna e cuoci per 25 min. circa.
4) Verifica la cottura infilzando la pasta con uno stuzzicadenti: se
esce ben asciutto significa che la torta è cotta. Lascia raffredda-
re, apri la tortiera e spolverizza il dolce con lo zucchero a velo.
DOLCETTI ALLA CAROTA:
Se non hai lo stampo a ciambella puoi usare la stessa ricetta per
preparare dei dolcetti monoporzione! Cuoci la torta in uno stampo
quadrato o rettangolare, poi, quando sarà ben raffreddata, toglila
dallo stampo. I tuoi dolcetti alla carota sono pronti!
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iato
CIAO AMICI!!!
COME OGNI ANNO E IN MODO PARTICOLARE QUEST’ANNO IN
CUI LA NOSTRA ASSOCIAZIONE COMPIE 40 ANNI, SIAMO AL-
LA RICERCA DI NUOVI VOLONTARI CHE POSSANO DONARE UN
PO’ DEL LORO TEMPO PER AIUTARE IL PROSSIMO.
SEI UNO STUDENTE, UNA CASALINGA O UN GIOVANE PEN-
SIONATO?
HAI QUALCHE ORA ALLA SETTIMANA DA DEDICARCI?
PENSI ANCHE TU CHE IL SEGRETO DELLA VERA FELICITA’
SIA FARE DEL BENE?
VIENI A TROVARCI E DIVENTA UN VOLONTARIO
DELLA CROCE BIANCA MILANO SEZIONE SAN COLOMBANO.
TI ASPETTIAMO!!!
VI RICORDIAMO INOLTRE CHE, SE ANCORA UNA VOLTA, VER-
RA’ CONFERMATO A LIVELLO NAZIONALE IL PROGETTO DI
SERVIZIO CIVILE, LA NOSTRA SEZIONE ADERIRA’ AL PROGET-
TO DANDO COSI’ LA POSSIBILITA’ A 2 RAGAZZI , DI ETA’
COMPRESA TRA I 18 E I 28 ANNI, DI SVOLGERE UNA VERA
ESPERIENZA DI VITA, UN PRIMO PASSO VERSO IL MONDO
DEGLI ADULTI E UN’OCCASIONE DI CRESCITA PERSONALE.
PER QUALSIASI INFORMAZIONE PUOI CONTATTARCI AL
NUMERO 0371-89642 O TRAMITE MAIL: