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MARANO NEL TEMPO MARANO IERI.. ..MARANO OGGI

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MARANO NEL TEMPO

MARANO

IERI..

..MARANO OGGI

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LA NOSTRA STORIA INIZIA DA QUI…Nella zona di Marano sono stati individuati degli insediamenti umani

risalenti all’età Neolitica. E’ proprio in questo periodo che è nato il nostro paese. Circa 6mila anni fa si insediarono gli Oseo-Sanniti, che hanno lasciato le loro tracce nella masseria Spinosa nell’area di Vallesana, ma quest’ultima è stata distrutta dalle ruspe. In seguito il territorio maranese fu occupato dai Romani i quali lasciarono tracce della loro storia con il Mausoleo del Ciaurro.

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IL MAUSOLEO DEL CIAURROIl Ciaurro è un Mausoleo funebre Romano edificato nel 1

secolo d.C. Tutt’ora non si sa bene a chi fosse appartenuto poiché i Romani facevano bruciare i loro corpi e quindi non abbiamo alcuna testimonianza. L’unica cosa di valore che fu ritrovata è stato un cofanetto contenente 30 monete d’argento. Il Mausoleo occupa un’area di circa 400m³ ed è costruito con mattoni di cotto, i quali provenivano dai Campi Flegrei. Le pareti e le nicchie sono di tufo, dove furono intarsiati dei rombi. Una volta si poteva trovare una grande cupola ormai distrutta, ma per fortuna gli agenti atmosferici hanno causato solo la rottura del pavimento. Invece il piano terra si trova circa 3m sotto il livello della villa, la quale prende lo stesso nome del Mausoleo. A scoprirlo furono dei ragazzini consapevoli della sua esistenza. In un primo momento fu usato come fienile, ma l’archeologo Chianese si rese conto del suo valore e così nacque la Villa del Ciaurro.

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MARANO CENTRO DI GRANDI COLLEGAMENTI

In passato il paese era crocevia di attività economiche, ludiche e religiose grazie alla via Consularis Campana, oggi chiamata Cupa Orlando. Dopo i Romani, fu la volta dei Bizantini, Normanni, Svevi e Angioini. Ed è proprio in questi secoli che sorsero il villaggio di Basicano o Vallesana, il casale di Marano, e il casale di Turris (o Marano delle Torri) nei pressi di Monteleone. Da questa frazione si fondò San Rocco per ordine di Carlo I d’Angiò. Un altro castello si trova a Torre Caracciolo, edificato dagli Spagnoli. E nel 1630 Marano si estese comprendendo Quarto e Monteruscello. Infine passò ai nobili Caracciolo. Fino agli anni ‘60 fu un centro agricolo, ma adesso si avvia a percorrere le tappe del terziario. Marano, città centro di intensi scambi commerciali, fu attraversata a partire dal 1913 da una stazione ferroviaria chiamata FERROVIA ALIFANA.

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LA FERROVIA ALIFANADella costruzione di una ferrovia che unisse l'area ai piedi del Matese

con Napoli se ne parla fin dalla metà dell'800, ma senza che alcun progetto concreto venisse presentato. Nel 1888 fu il comune di Caiazzo a farsi portavoce della necessità di costruzione della ferrovia e tale richiesta venne appoggiata da diversi comuni tra i quali Marano di Napoli. Partendo da Napoli Piazza Carlo III la linea passava per lo scalo merci in via Don Bosco toccando poi le stazioni di Secondigliano, Piscinola, Marano, Mugnano, Giugliano, Aversa, Lusciano, Trentola, Frignano, Casaluce, Teverola, Regi Lagni, Santa Maria Capua Vetere-Sant'Andrea dei Lagni, Curti, Santa Maria Capua Vetere Città-San Pietro, Anfiteatro, Capua.

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Attualmente il percorso è in parte sotto una folta vegetazione e in parte è stato occupato dai privati, ma tuttavia si vedono ancora diversi pali della linea aerea.

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IL TERRITORIOAdesso la città di Marano si estende su 15,45km a 131,900m sul

livello del mare. Esso confina direttamente con Napoli a Nord-est e su un versante della collina dei Camaldoli. Per gli altri versanti confina con Mugnano, Calvizzano, Quarto e Villaricca. Le frazioni Maranesi sono 5: TORRE CARACCIOLO, CASTELLO MONTELEONE, CASTELLO SCILLA, SAN MARCO e SAN ROCCO. Quest’ultimo è il più grande centro agricolo. Ormai si sono dimenticate antichissime arti come la fabbricazione di ceste e scale. In crisi sono anche due colture tipiche: I PISELLI DI SANTACROCE e LE CILIEGIE DELLA RECCA. Altra risorse per tante famiglie è stata la vendita della PIETRA DI TUFO per la particolare formazione geologica del sottosuolo Maranese.

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LA POPOLAZIONELa popolazione effettiva è di 60.000 abitanti con una densità di

circa 390 abitanti per km². Il comune ha fatto registrare nel censimento del 1991 una popolazione di 47961 abitanti, mentre nel 2001 la popolazione è aumentata a 57448 abitanti.

1861 1911 1961 1991 20010

10000200003000040000500006000070000

AUMENTO DEMOGRAFICO

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PRODOTTI TIPICI

La ciliegia della Recca prende il nome della collinetta Maranese dove l’albero cresce fin dal 16esimo secolo. Il mese della tipica ciliegia di Marano dal colore rosa-pallido, frutto duro, carnoso e bianco, è Giugno. Il prodotto diviso per qualità era sistemato nelle “Varriate” ceste rettangolari che potevano contenere fino a 20 kg di ciliegie. poi vennero altre ceste più pratiche, chiamate “Cerasare” anch’esse rettangolari e da 15 kg netti.

LE CILIEGIE DELLA RECCA

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Un altro prodotto tipico di Marano erano i piselli di Santa Croce – dal nome della località che domina la conca di Quarto – che avevano una forma ultrafine caratterizzati dal fatto di essere teneri, dolci e piccoli. Un tempo erano definiti l’oro “verde”. Con la nascita delle industrie agricole la coltivazione dei piselli di Santa Croce è quasi scomparsa, la possiamo trovare solo su piccoli fazzoletti di terra alla collinetta della Recca.

I PISELLI DI SANTA CROCE

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La falanghina è un’uva Campana di qualità particolarmente pregiata. La coltivazione della vite si distende fino alle coste della conca di Quarto e reca ancora oggi un ottimo guadagno ai contadini. L’operazione di raccolta viene seguita nei mesi di settembre e ottobre, servendosi di coltelli, roncole, o forbici apposite e deponendo l’uva in recipienti di legno.

LA FALANGHINA

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Altri tre prodotti tipici di Marano sono le pesche e le mele. Le pesche sono piccole e bianchicce. Un particolare tipo di pesche coltivate a Marano sono le “Porcoche” di colore chiaro e venature rosse. Due particolari tipi di mele coltivate nel Maranese sono le mele “Annurche” e “le Sorgente”.

LE MELE e LE PESCHE

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Anche le noci e le castagne rientrano nei prodotti tipici della zona. La raccolta viene effettuata nella prima quindicina di Settembre quando il pericorpo che ricopre il guscio comincia a screpolarsi e si stacca cono facilità. Le castagne hanno un sapore semplice e gustoso che non manca in molte ricette tradizionali.

LE MELE e LE PESCHE

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LE MASSERIE MARANESIMarano fa parte del territorio che gli antichi Romani chiamavano

“Campania Felice”. Intorno al XIV secolo vi fu la costruzione di numerosissime masserie. Tali masserie sono composte da più edifici raccolti attorno ad uno spazio chiuso e scoperto con aia pavimentata in lapillo. L’edificio è composto da due piani con scala esterna, il cellaio per la conservazione del vino e la cisterna interrata per la raccolta dell’acqua piovana.

Le masserie maranesi più importanti sono: LA MASSERIA DI FORAGNANO, LA MASSERIA GRIFONE, LA MASSERIA SPINOSA, LA MASSERIA SAN CASTRESE, LA MASSERIA DI GUIDA, LA MASSERIA SCICCONE, LA MASSERIA SELVA DELL’ABBATE, LA MASSERIA PARIGIANO (oggi Catuogno), LA MASSERIA MOIO, LA MASSERIA LA STARZA, LA MASSERIA MONTESANTO, LA MASSERIA CARDILLO, LA MASSERIA TURCO, LA MASSERIA PETRICONE e LA MASSERIA ‘A PONTE.

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LA VITA CONTADINA Uno dei protagonisti della vita maranese è stato il contadino e

questa categoria era suddivisa in: MASSARI,AFFITUARI e BRACCIANTI.

Il massaro era un lavoratore che risultava sia proprietario della terra che della casa.

Gli affittuari appartenevano alla seconda categoria dei contadini che mediamente lavoravano 3-5 moggia di terreno preso in affitto insieme alla casa. Alla terza categoria, apparteneva il contadino meno fortunato che offriva la sua opera ad altri traendone qualche compenso.

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LE CHIESE…

La chiesa di San Castrese è una delle prime parrocchie di Marano che risale al 28 novembre 942 già dedicata al culto di S.Castrese, oggi patrono della città. Più volte rinnegata nel corso dei secoli, la chiesa attuale risale al 1600. All’interno di grande interesse la vasca battesimale che risale all’ epoca romana o addirittura angioina.

San Castrese

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Eretta su antiche preesistenze romane, priva di fondamenta è inizialmente addossata ad una vecchia cappella. La sua edificazione è anteriore a quella di S.Castrese, infatti risale al 1512 ed è stata concessa da Papa Leone VII.

La chiesa dell’Annunziata

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Fu costruita nel 1585 ma nel precedente secolo già esisteva la cappella che fu poi ampliata. Fu completata prima della ricostruzione di quella di S.Castrese assolvendone per un certo periodo le funzioni. La chiesa è conosciuta anche per i grandi affreschi che ne abbelliscono la facciata, raffiguranti il Mosè e S.Paolo

La chiesa dello Spirito Santo

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Per antonomasia, a Marano il convento è quello dei Francescani, ma sono presenti anche quelli delle Salesiane e delle Tricariche. Il convento Francescano iniziato nel 1609, ma i lavori furono mal condotti tanto che 1649 crollò la volta.

Il convento Francescano

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La cappella di Santa Maria di Vallesana dal 22 maggio 1881 è mantenuta dal municipio. Essa è di forma quadrata, decorata con pittura a colori, capiente 400 persone. Vi sono nove altari, l’organo è in buonissimo stato e vi è un campanile con due piccole campane.

La chiesa Santa Maria di Vallesana

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LA FESTA DI SAN CASTRESE..

Si celebra l’11 Febbraio in onore del Santo Patrono di Marano la cui storia è avvolta nella leggenda. Si racconta che ai tempi dei Vandali, in Africa ci fu una caccia senza quartiere con persecuzione sistematica dei primi Cristiani. Tra questi furono incarcerati 12 vescovi, dai quali San Castrese. Sbarcò in Campania, evitando un naufragio ed ogni vescovo proseguì la strada che l’angelo indicava. Castrese fu condotto a Sessa Aurunca dove trascorse il resto della sua vita tra miracoli e preghiere morendo mentre celebrava la messa. Le ossa del Santo si trovano nella cattedrale di Monreale in Sicilia e da qui fu donato un ossicino alla parrocchia di San Castrese a Marano.

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FESTA DELLA MADONNA DI VALLESANA..Si celebra il lunedì di Pasqua e la statua portata in processione

ricorda l’antica presenza a Marano dei frati Agostiniani che veneravano la Madonna della cintura nella chiesetta della loro casa a Vallesana. Il convento fu chiuso ai primi dell’800 e successivamente fu trasformato nell’attuale cimitero. Invece la chiesetta non fu toccata e conserva la statua della Vergine della cintura. La Madonna della cintura si riconduce all’apparizione della Vergine a Santa Monica, madre di Sant’agostino.

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LA FESTA DEI 4 ALTARI..Questa festa non si ripete più dal 1927. La celebrazione consisteva nell’ergere monumentali costruzioni in legno e cartapesta in quattro piazze. Tali costruzioni raffiguravano facciate di Chiese più o meno reali, con al centro un altare. Durante la processione, il corteo si fermava e il prete che portava l’ostensorio con l’Ostia consacrata, si staccava dal gruppo e saliva sul palco per giungere all’altare. Qui procedeva la benedizione della piazza e dei fedeli.

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I TRE CASTELLI…

Il castello Monteleone è quello che contrassegnato più di tutti dominazione, rabbia, rivolte ed il passaggio di grandi personaggi storici, come Carlo D’ Angiò e Federico II di Svevia. Tra il 1227 e il 1230 il castello, che sorge sulla conca di Quarto, fu edificato da Federico II e divenne luogo di pagamento di tutti i villaggi a nord di Napoli fino ad Aversa ed oltre. Alla morte di Federico II molti villaggi e città insorsero e distrussero l’ edificio. Successivamente vi fu la dominazione di Carlo d’Angiò che ordinò la costruzione del castello a spese dei rivoltosi. Ma dopo alcuni mesi i lavori furono interrotti per mancanza di fondi. I lavori ripresero sotto la direzione degli architetti che stavano realizzando Castel Nuovo a Napoli, i quali vi applicarono alcune modifiche all’insaputa del re. La costruzione terminò nel 1278. Nel 1313 il castello fu assegnato alla vedova Jacopa della Marra. Il nome Monteleone derivò dalla famiglia Pignatelli ramo di Monteleone, che un paio di secoli dopo ereditò la fortezza. Il castello si trova in una condizione mal ridotta ed è protetto da sei torri non merlate, al suo interno è composto da dodici stanze e da una caratteristica finestra bifora.

Castello Monteleone o Belvedere

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Fino alla seconda metà dell’ottocento il castello era inaccessibile e per questo rievoca alla memoria il castello dell’Innominato, dominando anche il centro cittadino. Il suo perimetro è uguale a quello del castello Monteleone, poiché risalgono entrambi all’epoca Angioina. In un primo momento fu dimora dei signori della Marra. Delle torri originali ormai non resta più nulla, all’esterno si possono intravedere solo due garitte di età aragonese. Il castello comprendeva anche un sentiero della Starza che iniziava con un portone. Al suo interno si potevano trovare passaggi segreti, camminamenti e depositi di viveri. Si dice che questo castello e quello di Monteleone sarebbero uniti da un passaggio segreto perché perfettamente allineati. Il castello fu voluto da Carlo d’Angiò nel 1280. Poi passò sotto il dominio della Marra o Macchia. Il nome Scilla fu ereditato dalla dinastia spagnola avente lo stesso nome anche se successivamente passò ai nobili Caracciolo. Quest’ ultimi a causa dei debiti vendettero il castello.

Castello della Marra o Macchia o Ruffo-Scilla

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Il castello, o meglio conosciuto come la Torre Maschia, appartiene ancora ai Caracciolo. Questa famiglia si trova a Marano da un paio di generazioni, grazie ad Ambrogino Caracciolo di Torchiarolo, il quale, acquistò il castello come regalo di nozze per la moglie, riportandolo al suo antico splendore. Il castello era dimora di caccia per i re Aragonesi, ma ben presto passò a Ventura Avitabile che sposò Giuseppe Ricca. Due loro nipoti sposarono due cadetti della famiglia Piscicelli per cui il castello fu chiamato torre Piscicelli. La costruzione era composta da tre piani, ma il terremoto dell’ 80 ne distrusse uno. Al piano terra c’erano le vettovaglie e le prigioni; al primo piano c’ erano le camere dei proprietari, al secondo la biblioteca e la sala d’ armi.

Torre Piscicelli o Torre Caracciolo

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ARTE E MESTIERI

Una delle attività che in passato ha dato vita a un buon numero di famiglie, era legata al tufo giallo di cui il nostro sottosuolo è costituito e che fino agli anni 60 era l’unico materiale usato per i fabbricati. Al ricordo di questo non lontano passato si possono ancora ammirare le cave di San Castrese, Città Giardino e di Marano Pianura. Per arrivare al tufo, i cavatori dopo aver scelto il terreno adatto praticavano un grosso foro e scavando perpendicolarmente arrivavano al tufo. Il lavoro dei cavatori consisteva nello staccare con pesanti picconi grossi blocchi di tufo dalle pareti delle cave e cercare di farli precipitare giù senza farli spaccare. Dopo che se ne erano picconati un bel numero, venivano ancorati a grosse catene e tirati all’esterno con un sistema di carrucole quasi sempre ai limiti della sicurezza. A fine giornata i blocchi si caricavano sui carri e venivano contati “cantando”.

LA LAVORAZIONE DEL TUFO

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GLI ANTICHI MESTIERI

Molti sono stati gli antichi mestieri che hanno caratterizzato la storia di Marano: i lavoratori di tufo, i boscaioli, i bottari, i mannesi, gli spaccalegna, i falegnami, costruttori ed impagliatori di sedie, zoccolai, carbonari, gli arrotini, i muratori, i funari, i tessitori, i carrettieri e i cestai che svolgevano la più importante attività artigianale di Marano.

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IL PROGETTO È STATO REALIZZATO DA :Albano Marco

Albano StefanoCamerlingo Emanuela

D’angelo DanilaDella Corte Salvatore

Di Somma AntonioFantini Mirko

Faruolo JessicaGiglio Antonio

Leone LudovicaLiccardo Anna

Liccardo RobertoManco Carmen

Orlando Maria RosariaPiccirillo Federica

Piccirillo GiuseppinaPiccirillo Maria

Salatiello MariantoniaTrinchillo TaniaTurco Angelina

Vigilante Gabriele

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CON LA PARTECIPAZIONE

DEGL’INSEGNANTI :Romagnoli Rossana

Della Rotonda Maria PiaDelfino Gabriella

Sibilla Anna MariaEsposito FrancescoPalazzo Maria TeresaCarannante Claudio

Cottone Rita

THE END..