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Direttori scientifici Carlo Chiarenza (California State University, Long Beach) Stefano Giovanardi (Università del Molise, Campobasso) Caporedattrici Tiziana Morosetti (Alma Mater Studiorum − Università di Bologna) Laura Vitali (Università di Roma “Tor Vergata”) Coordinamento Negli Stati Uniti Clarissa Clò (San Diego State University) Clorinda Donato (California State University, Long Beach) Teresa Fiore (California State University, Long Beach) In Italia Francesca Andreotti (Università di Perugia) Silvia D’Ortenzi · Simona Mancini Comitato scientifico del fascicolo Roberto Antonelli (Università degli studi di Roma “La Sapienza”) Giorgio Bertone (Università degli studi di Genova) Claudio Cerreti (Università degli studi di Roma “Roma Tre”) Gino De Vecchis (Università degli studi di Roma “La Sapienza”) Bruno Falcetto (Università degli Studi di Milano) Franco Farinelli (Università di Bologna “Alma Mater Studiorum”) Marie Ortonm (Truman State University − Missouri) Tullio Pagano (Dickinson College − Pennsylvania) Cosimo Palagiano (Università degli studi di Roma “La Sapienza”) Fabio Pierangeli (Università degli studi di Roma “Tor Vergata”) Franco Salvatori (Università degli studi di Roma “Tor Vergata”) «Quaderni del ’900» è una rivista letteraria realizzata grazie al sostegno del George L. Graziadio Center for Italian Studies della California State University, Long Beach e in collaborazione con docenti e ricercatori afferenti a vari atenei italiani. Con il patrocinio di Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici, Società Geografica Italiana e con la collaborazione del Dipartimento di Scienze dei segni, degli spazi e delle culture (agemus) dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

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Direttori scientificiCarlo Chiarenza (California State University, Long Beach)Stefano Giovanardi (Università del Molise, Campobasso)

CaporedattriciTiziana Morosetti (Alma Mater Studiorum − Università di Bologna)

Laura Vitali (Università di Roma “Tor Vergata”)

CoordinamentoNegli Stati Uniti

Clarissa Clò (San Diego State University)Clorinda Donato (California State University, Long Beach)

Teresa Fiore (California State University, Long Beach)

In ItaliaFrancesca Andreotti (Università di Perugia)

Silvia D’Ortenzi · Simona Mancini

Comitato scientifico del fascicoloRoberto Antonelli (Università degli studi di Roma “La Sapienza”)

Giorgio Bertone (Università degli studi di Genova)Claudio Cerreti (Università degli studi di Roma “Roma Tre”)

Gino De Vecchis (Università degli studi di Roma “La Sapienza”)Bruno Falcetto (Università degli Studi di Milano)

Franco Farinelli (Università di Bologna “Alma Mater Studiorum”)Marie Ortonm (Truman State University − Missouri)Tullio Pagano (Dickinson College − Pennsylvania)

Cosimo Palagiano (Università degli studi di Roma “La Sapienza”)Fabio Pierangeli (Università degli studi di Roma “Tor Vergata”)Franco Salvatori (Università degli studi di Roma “Tor Vergata”)

«Quaderni del ’900» è una rivista letteraria realizzata grazie al sostegnodel George L. Graziadio Center for Italian Studies della California State University, Long Beach

e in collaborazione con docenti e ricercatori afferenti a vari atenei italiani.

Con il patrocinio di Associazione Italiana Insegnanti di Geografia,Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici, Società Geografica Italiana

e con la collaborazione del Dipartimento di Scienze dei segni, degli spazi e delle culture (agemus)dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

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Quaderni del ’900

ix · 2009

LETTERATURA E GEOGRAFIA:PARCHI LETTERARI ® , SPAZI GEOGRAFICI

E SUGGESTIONI POETICHE NEL ’900 ITALIANO

a cura di simona mancini e laura vitali

PISA · ROMAFABRIZIO SERRA EDITORE

MMX

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issn 1720-0180issn elettronico 1724-1898

isbn 978-88-6227-311-4

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SOMMARIO

Simona Mancini, Introduzione. Letteratura e geografia: le ragioni di unascelta 09

Stanislao de Marsanich, I Parchi Letterari®, spazi geografici e sugge-stioni poetiche 13

Manuela Ricci, Di me, a Cesenatico… Spazio dell’identità e della poe-sia di Marino Moretti 31

Marco Maggioli, Riccardo Morri, Tra geografia e letteratura: realtà,finzione, territorio 53

Enrico Minardi, Giovanni Raboni e Milano: lettura di Le case della Ve-tra (1966) 71

Tullio Pagano, Lo sguardo sul Mediterraneo di Francesco Biamonti 87Stefania Montebelli, Il senso del luogo. La Milano di Carlo Emilio Gadda 103Valeria Noli, Il paesaggio dissipato di Italo Calvino 119

appendice

Valeria Fraccari, Il trekking letterario nei luoghi di Dino Campana eBeppe Fenoglio 129

Profili degli autori 143

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LETTERATURA E GEOGRAFIA:PARCHI LETTERARI ® , SPAZI GEOGRAFICI

E SUGGESTIONI POETICHE NEL ’900 ITALIANO

a cura di simona mancini e laura vitali

in collaborazione con

dipartimento di scienze dei segni,degli spazi e delle culture (agemus)

dell’università degli studi di roma “la sapienza”

con il patrocinio

dell’associazione italiana insegnanti di geografiadel centro italiano per gli studi storico-geografici

della società geografica italiana

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TRA GEOGRAFIA E LETTERATURA:REALTÀ, FINZIONE, TERRITORIO

Marco Maggioli · Riccardo Morri*

‒ Alors vous écrivez un livre sur la géographie littérarire?‒ Plutôt un essai sur la géographie dans la littérature…‒ La littérature…C’est vaste, non?‒ C’est-à-dire, plus précisément, l’espace et les lieux dans le roman‒ C’est encore très vaste, non?‒ Oui. Mais je vais me pencher sur quelques romans particuliers. Le thème de-

meure assez vaste, j’en conviens. Cela précise quand même le point de fuite.‒ D’accord, ne soyons pas pointilleux. Quand? Où? Qui?‒ Vous voulez dire lesquels?‒ Si vous voulez.‒ Trois ou quatre, au vingtièeme siècle.‒ Pourquoi pas les romans réalistes du dix-neuvième siècle? Il y a là un riche ter-

reau pour votre sujet‒ Parce que la plupart des travaux des géographes sur lòa littérature ont juste-

ment privilégié le dix-neuvième siecle.Marc Brosseau, Des romans-géographes, Paris, L’Harmattan, 1996, p. 7.

Da ragazzo si inebriava sull’Atlante; e benché preferisse perdersi nell’intenso azzur-ro del Pacifico o nel rosa Jella calcomania dell’Australia e della Polinesia, chiusi nel-l’incantevole reticolato dei paralleli e dei meridiani, tuttavia non era raro che si de-cidesse a sfogliare l’Atlante fino alla figura dell’Italia, e lì cercasse con avidità icerchiolini delle città che gli erano care.Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, Torino, Einaudi, 1979, p. 231 (prima ed. 1955).

1. Le ragioni di un rapporto necessario

ibaltando i termini di un discorso su narrazione letteraria e descrizio-ne geografica si potrebbe affermare che la narrazione geografica nasce

in un certo senso proprio a partire dalle descrizioni letterarie. Da Erodoto aMarco Polo, da Giulio Cesare a Colombo autori, ‘non geografi’, raccontano

* I contenuti del presente lavoro sono frutto di un lavoro comune. Tuttavia l’elaborazione delparagrafo è da attribuire a Riccardo Morri, mentre quella dei paragrafi 1, 2, 3, 4, 5 e 7 a Marco Mag-gioli. Facoltà di Lettere e Filosofia. Dipartimento delle Scienze dei Segni, degli Spazi e delle Cultu-re, sez. di Geografia. Sapienza Università di Roma.

R

QNov 9, 2009, 53-70

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storie, itinerari, viaggi in mondi lontani la cui rappresentazione prende for-ma prima nella parola, orale e scritta, e, solo successivamente, sulla cartageografica.1

A quale periodo possono essere fatte risalire le ibridazioni tra le due disci-pline? Per alcuni questo scenario si configurerebbe addirittura a partire daglianni Venti quando John K. Wright, uno dei più importanti intellettuali del-l’American Geographical Society, espone in un noto saggio del 1926 la sua ideasu cosa possa essere considerata “geosofia”. Egli opera qui una prima distin-zione tra descrizione geografica scientifica e descrizione, definita sensibilitàgeografica, non necessariamente di tipo professionale e scientifico. Questoultimo approccio, lungi dall’essere criticato, viene considerato come una piùampia sfera di idee su come il mondo viene concepito e immaginato2. L’uni-verso finzionale della letteratura, forse solo nella sua veste mitologica, appa-re al centro della geosofia di Wright la cui finalità sarebbe quella di investi-gare ambiti fino ad allora sconosciuti che riguardano la soggettività. Senzaentrare in questo contesto nel merito delle tesi di Wright va tuttavia sottoli-neata la portata paradigmatica delle sue teorizzazioni soprattutto in relazio-ne ad un ambito accademico come quello statunitense ancora attraversatoin quel periodo dal culturalismo di Carl Sauer e dal funzionalismo di RichardHartshorne.3

Solo in una fase relativamente più recente sembra tuttavia possibile poterrintracciare un’attenzione del tutto specifica della geografia verso il testo let-terario forse anche in relazione a due considerazioni principali: la svolta epi-stemologica della geografia umanistica degli anni Settanta e, più di recente,la generale presa di coscienza della centralità dello spazio rispetto al tempo.In relazione al primo aspetto Marc Brosseau prende atto che:

nella vasta mole di documenti scritti che vengono indagati dai geografi, quelli lette-rari occupano ormai un posto più che onorevole. Se è vero che è soltanto a partire

1 Verso l’altro e l’altrove. La geografia da Marco Polo a oggi, a cura di Gino De Vecchis, Roma, Ca-rocci, 2007; Giacomo Corna Pellegrini, Geografia diversa e preziosa. Il pensiero geografico in altrisaperi umani, Roma, Carocci, 2007.

2 Cfr. John K. Wright, A Plea for the history of geography, in Human Nature in Geography, editedby John K. Wright, Cambridge, ma, Harvard University Press, 1966, pp. 11-23. Lo stesso lavoro vieneripresentato anche in Human Geography. An essential anthology, edited by John Agnew, David N. Li-vingstone, Alisdair Rogers, Cambridge, ma, Blackwell, 1996, pp. 25-36. Per un’analisi critica dell’ope-ra di Wright si veda, tra gli altri anche il recente lavoro di Innes M. Keighren, Geosophy, imagina-tion, and terrae incognitae: exploring the intellectual history of John Kirtland Wright, «Journal ofHistorical Geography», 31, 3, July 2005, pp. 546-562.

3 Sulle tematiche relative al rapporto tra geografia e altre discipline, in particolare un primo ap-proccio può essere rintracciato in Horacio Capel, Filosofia e scienza nella geografia contemporanea,Milano, Unicopli, 1987.

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tra geografia e letteratura: realtà, finzione, territorio 55 dagli anni Settanta che si sono cominciate a svolgere serie ricerche geografiche sullaletteratura, e non sempre nel consenso generale degli specialisti, è però vero ancheche ai giorni nostri la pertinenza della letteratura in ambito geografico è da consi-derarsi ampiamente dimostrata.4

In riferimento alla seconda tematica, quella cioè che fa più direttamente ri-ferimento ad una presunta centralità della rappresentazione dello spazio edel luogo nel testo letterario, e non più necessariamente dell’opera o dell’au-tore, si può ricordare quanto scritto da Edward Soja nel suo ormai noto Thir-dspace pubblicato lo stesso anno del volume di Brosseau:

Lo spazio è qualcosa di troppo importante per essere considerato appannaggioesclusivo di discipline specializzate, come la geografia, l’architettura o l’urbanistica.Ma non lo si può ridurre a semplice riempimento fattuale degli studi storici, merosfondo delle scienze umane o dei sociologi marxisti. La spazialità della vita umana,così come le sue componenti storiche e sociali, è ormai filtrata in ogni discorso.5

Se l’affermazione del geografo americano sembra essere particolarmente in-dirizzata alle scienze che hanno nel territorio e nel paesaggio tra i loro og-getti privilegiati di indagine, ciò non significa che la letteratura debba esserecompletamente esclusa da tale ragionamento non tanto esclusivamente inrelazione all’ipotesi secondo la quale «colui che guarda con attenzione ilmondo intorno a sé è in qualche modo geografo»6 ma più specificatamentein considerazione dell’ipotesi che «l’opera appare come un mediatore dellacomplessa relazione che unisce il soggetto e l’oggetto».7

È dunque solamente negli anni Settanta che il dialogo tra i due filoni di ri-cerca sembra farsi più intenso soprattutto in ambito anglosassone. In termi-ni più specifici sembra possibile rintracciare nel 1979 uno dei possibili mo-menti cardine a partire dal quale l’incontro tra geografia e letteratura si fapiù intenso: l’Institute of British Geographers proprio a cominciare da questoanno promuove una serie di incontri, a scadenza annuale, che hanno comefocus le relazioni tra le due discipline. Nel corso del tempo il legame si è pro-gressivamente consolidato e autori come Denis Cosgrove, Stephen Daniels, James S. Duncan, David Levy e Dereck Gregory8 hanno definitivamente

4 Marc Brosseau, Des Romans-géographes, Paris, L’Hermattan, 1996, p. 17.5 Edward Soja, Thirdspace. Journeys to Los Angeles and Other Real-and-Imagined Places, Malden,

ma-Oxford, Blackwell, 1996, p. 47.6 David Lowenthal, Geography, experience and imagination: towards a geographical epistemology,

«Annals of the Association of American Geographers», vol. 51, 1961, p. 242.7 Armand Frémont, Vi piace la geografia ?, Roma, Carocci, 2007, p. 128 (tit. or. Aimez-vous la géo-

graphy? Èditions Flammarion, 2005).8 Derek Gregory, Geographical Immaginations, Cambridge, ma, Blackwell, 1994 ampiamente

citato in gran parte della letteratura geografica anglosassone prodotta sull’argomento. Dal mondo

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posto al centro della propria riflessione “scientifica” l’interesse per forme “al-tre” di descrizione geografica, proprio nel segno di quanto mezzo secolo pri-ma aveva teorizzato Wright.

Come molto spesso accade l’onda diffusiva di alcuni approcci sconta diffe-renze temporali notevoli a partire dal fulcro di partenza. In Francia, ad esem-pio, alcune rilevanti analisi si hanno nel 1985 con l’uscita del volume di JulienGracq sulla città che fa incontrare caratteri geografici e descrizione letterarianella narrazione ambientata nella città di Nantes.9

In Italia, valga su tutti sul versante letterario, più che geografico, il riuscitoesperimento di Franco Moretti10 che verifica come è noto le sue tesi appog-giandosi proprio alla disciplina geografica, utilizzando di frequente addirit-tura lo strumento cartografico tanto alla grande scala – cartografando la Pa-rigi e la Londra di Sherlock Holmes e di Oliver Twist – quanto alla piccolascala – attraverso l’analisi e l’interpretazione degli spostamenti dei personag-gi nei differenti territori nazionali o coloniali – possibili supporti sui quali in-nescare riflessioni geografiche sulla percezione e la rappresentazione dellemetropoli, ad esempio.11

Sul versante geografico molte delle considerazioni espresse invece sul te-ma del rapporto tra geografia e letteratura sembrano muoversi attorno a trefiloni di studio prevalenti. In primo luogo un approccio di tipo squisitamentedidattico dove si rintracciano quelle linee essenziali delle categorie spaziali enarrative utili alle nuove generazioni. La stessa lezione itinerante di geogra-fia viene interpretata ad esempio come «viaggio sentimentale».12 In questosenso è la tematica dei parchi letterari a rappresentare l’oggetto di moduli diapprendimento, punto di partenza per itinerari didattici inter e multi disci-

anglosassone proviene un apparato bibliografico sterminato. Si vedano su tutti Denis Cosgrove,Steven Daniels, The iconography of landscape, Cambridge, Cambridge University Press, 1988; De-nis Cosgrove, Mappings, London, Reaktion, 1999; Writing Worlds: Discourse, Text, and Metaphor inthe Representation of Landscape, eds. Trevor J. Barnes, James S. Duncan, London, Routledge, 1992così come molto interessante sono le riletture in chiave geografica del già ricordato Marc Bros-seau, op. cit., 1996.

19 Cfr. Julien Gracq, La forma di una città, Roma, Quasar, 2001. Sulla descrizione in chiave geo-grafica della città di Nantes da parte di Julien Gracq si sofferma anche Armand Frémont, op. cit.,p. 128.

10 Cfr. Franco Moretti, Atlante del romanzo europeo. 1800-1900, Torino, Einaudi, 1997.11 Su questa distinzione tra lo spazio nella letteratura e la letteratura nello spazio Franco Mo-

retti si sofferma nell’introduzione del suo Atlante sottolineando come nel primo caso l’oggetto spa-zio è ampiamente immaginario, mentre nel secondo caso si tratta di uno spazio storico, reale.Franco Moretti, op. cit., 1997.

12 Daniela Pasquinelli d’Allegra, I parchi letterari: geografia e letteratura nella didattica mo-dulare, Atti del xxviii Congresso Geografico Italiano (Roma 18-22 giugno 2000), ii, Roma, Edigeo, 2003,p. 2141.

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tra geografia e letteratura: realtà, finzione, territorio 57

plinari.13 Al secondo macro ambito di relazioni attiene invece il più impo-nente apparato che mette in evidenza, da un punto di vista critico, le relazio-ni spaziali e geografiche nella letteratura con un’accentazione dunque piùampiamente riconducibile a tematiche del paesaggio culturale strictu sensuoppure a singoli autori.14 All’interno di questo vasto campo di studi possonoessere ricomprese le letture in ottica geografica ed economica sul parco let-terario quale meccanismo di valorizzazione e promozione dei luoghi.15 Unterzo tipo di approccio, quello forse ancora più diffuso in quanto storicamen-te più consolidato nella disciplina geografica rispetto al precedente, e perquesto vale la pena ricordarlo, fa infine riferimento all’ampia casistica del ge-nere della letteratura di viaggio.16

13 In questa direzione si vedano tra gli altri i contributi di Elena dai Prà, I parchi letterari comeeducazione al patrimonio culturale, naturale e paesaggistico, in Atti del xxviii Congresso Geografico Italiano,cit., pp. 2128-2135; Daniela Pasquinelli d’Allegra, op. cit., pp. 2136-2150; Fabio Lando, Alessan-dro Voltolina, Atlante dei luoghi. Ipotesi per una didattica della geografia, Venezia, Cafoscarina, 2005.

14 Tra gli ormai numerosissimi lavori sul tema si può far riferimento tra gli altri a Fatto e finzione.Geografia e letteratura, a cura di Fabio Lando, Milano, EtasLibri, 1993; Idem, I segni del radicamento:Luogo territorio e paesaggio, in Scritture di paesaggio, a cura di Girolamo Cusimano, Bologna, Pàtron,pp. 183-196; Girolamo Cusimano, “Luoghi percorsi discorsi”, La costruzione del paesaggio siciliano: geo-grafi e scrittori a confronto, a cura di Idem, «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Universitàdi Palermo», 12, pp. 7-27; Patrizia De Ponti, Geografia e letteratura. Letture complementari del terri-torio e della vita sociale, Milano, Unicopli, 2007. Gli studi di caso che possono rientrare in questo am-bito di ricerca sono altrettanto numerosi. Solo a titolo esemplificativo, e in chiave esclusivamentegeografica, si può fare riferimento a Clara Incani Carta, Geografie mitiche. Grazia Deledda, inScritti per Alberto Di Blasi, a cura di Giuseppe Campione, Franco Farinelli, Cecilia Santoro Lezzi, i,Bologna, Pàtron, 2006, pp. 827-834; Maria De Fanis, Geografia e letteratura. Le “elegie istriane” diBiagio Marin, «Rivista Geografica Italiana»,104, pp. 49-74; Eadem,Geografie letterarie, Roma, Meltemi,2001; Elena Dai Prà, La «Terra Impareggiabile» nel parco letterario S. Quasimodo, in Beni Culturali Ter-ritoriali regionali. Siti, ville e sedi rurali di residenza, culto, lavoro tra ricerca e didattica, Atti del Conve-gno di studi, Urbino 27-29 settembre 2001, a cura di Peris Persi, 2, Fano, Grapho-5, 2002, pp. 305-312;Peris Persi, Elena Dai Prà, L’aiuola che ci fa…Una geografia per i parchi letterari, Urbino, IstitutoInterfacoltà di Geografia, 2001.

15 Si vedano tra gli altri gli approcci in Josè Gambino, Mastro don Gesualdo:un modello di romanzogeoeconomico, «Nuovi Annali della Facoltà di Magistero dell’Università di Messina», 7, Roma, Her-der, 1989, pp. 245-282; Caterina Barilaro, I parchi letterari in Sicilia. Un progetto culturale per la va-lorizzazione del territorio, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2004; Eadem, Il Parco Letterario ‘Horcy-nus Orca’. Una valorizzazione integrata per l’area dello Stretto di Messina, in Ciclopi e Sirene, cit., pp.109-122; Pasqua Anglani, I parchi letterari: nuova forma di organizzazione dello spazio e incentivo allosviluppo, «Bollettino della Società Geografica Italiana», s. xii, v, 2000, pp. 537-539; Liberata Nico-letta, I parchi letterari in Puglia tra paesaggio culturale e sviluppo locale, in Scritti per Alberto Di Blasi,cit., ii, pp. 1127-1141.

16 Sul tema della letteratura e dei resoconti di viaggio, soprattutto tra il xvi e il xix secolo, e delrapporto con la narrazione geografica si è sviluppato nel corso del tempo un notevole apparato diricerche sia di carattere generale sia a scala regionale. Si segnalano solamente a titolo esemplificativoGeografie private. I resoconti di viaggio come lettura del territorio, a cura di Elisa Bianchi, Milano, Unico-pli, 1985; Giorgio Botta, Cultura del viaggio. Ricostruzione storico-geografica del territorio, Milano,

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Ma quali sono le più recenti motivazioni di questo interessamento reci-proco tra geografia e letteratura? Secondo Marc Brosseau i motivi possonoessere rintracciati nell’ambito di una triplice spiegazione. In primo luogo laletteratura fornisce il corretto complemento alla geografia regionale, in se-condo luogo permette di trascrivere l’esperienza dei luoghi e delle diversemodalità di percezione, e infine esprime una critica alla realtà o all’ideologiadominante.17 È in questo senso che la realtà nascosta del luogo geograficoviene ‘svelata’ e resa ‘visibile’. È forse su questo piano che discorso letterarioe rappresentazione geografica dipanano i fili di un incontro possibile. Inter-sezioni e connessioni che sono state affrontate in Italia, sul versante dell’im-postazione epistemologica organica alla discipline geografica, da Fabio Lan-do nel 1993. Questi individua cinque ulteriori possibili chiavi di lettura neirapporti tra i due approcci: il ruolo della geografia nella letteratura, il sensodel luogo, il radicamento e le radici culturali, il paesaggio interiore, la cultu-ra e la coscienza etnico-territoriale.18 Se nel primo caso siamo in presenza diuna modalità del tutto tradizionale e che rimanda di fatto alla ricerca dei nes-si e delle interpretazioni dei fatti territoriali anche in altri e più ampi campidel sapere come la filosofia o la pittura, in relazione alla seconda chiave in-terpretativa la potenza della letteratura risiederebbe nell’operazione di coe-sione tra oggettività geografica e soggettività umana che, completandosi,contribuiscono a definire i luoghi e ad attribuirgli senso. In questa direzioneil rapporto geografia-letteratura può essere considerato come una sorta dimemoria storica del luogo in quanto capace di ritrasmettere con un taglioprospettico lo spirito intrinseco dei luoghi e il valore storico degli accadi-menti territoriali. In riferimento alla terza chiave di lettura indicata da Landole opere letterarie sono anche interpretabili come testimonianza delle radiciculturali e dei vincoli tra società e territorio. Si tratta in sostanza di una sortadi produzione di territorio, di un ‘sentirsi a casa’.

Il testo letterario può essere inoltre analizzato e interpretato nella sua di-mensione territoriale attraverso l’abilità che il linguaggio letterario ha di fis-sare, nei luoghi e nei paesaggi, significati pensati. In questo senso l’accentoviene posto sui significati assegnati, per mezzo del linguaggio, al territorio.

In riferimento infine a ciò che Lando identifica come la coscienza etnico

Unicopli, 1989; Cesare De Seta, L’Italia del Grand Tour. Da Montaigne a Goethe, Napoli, Electa, 1992;Guglielmo Scaramellini, La geografia dei viaggiatori. Raffigurazioni individuali e immagini collettivenei resoconti di viaggio, Milano, Unicopli, 1993, Idem, Paesaggi di carta, paesaggi di parole. Luoghi e am-bienti geografici nei resoconti di viaggio (secoli xviii-xix), Torino, Giappichelli, 2008; Flavio Lucchesi,L’esperienza del viaggiare. Geografi e viaggiatori del xix e xx secolo, Torino, Giappichelli, 1995.

17 Marc Brosseau, Des Romans-géographes, cit. p. 1718 Fatto e finzione, cit.

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tra geografia e letteratura: realtà, finzione, territorio 59

territoriale, il testo letterario è individuabile quale strumento utile per larappresentazione dei fatti e dei simboli territoriali e quale documento socia-le attraverso il quale interpretare la conoscenza e la coscienza territoriale diuna società.

2. Tra natura e città: il paesaggio in Pasolini

Rintracciare le linee essenziali dell’interpretazione e dell’approccio pasoli-niano al paesaggio appare compito arduo soprattutto in considerazione delfatto che in linea del tutto generale nella sua ampia e complessa opera il con-tatto diretto con il mondo non appare di certo mediato o metaforico.Un uomo sempre appassionato del mondo e della realtà. Delicato nei sentimenti, maspesso violento nelle parole e nelle immagini. Io lo chiamo geografo perché ha sempreavuto la voglia di esplorare il mondo, e ha anche saputo rappresentarlo e descriverlocon realismo e passione. […] Nella sua rappresentazione della realtà, Pasolini usacontemporaneamente almeno tre diverse chiavi di lettura: letteraria, filmica e pitto-rica. […] La voglia di Pasolini non è mai però soltanto quella di descrivere, pur fedel-mente, ma soprattutto quella di capire e far capire.19

È in sostanza impensabile pensare al lavoro di Pasolini al di fuori di una precisae concreta realtà localizzata. In primo luogo si tratta infatti di paesaggi fatti dinomi che permettono letture alle diverse scale, dall’Africa a Napoli, dalla Pa-lestina ai quartieri periferici di Roma, dal Friuli al Mezzogiorno d’Italia, da Ca-sarsa a Sana’a, da Orte all’India, il cui filo rosso appare la ricerca delle specifi-cità e delle singolarità, umane e sociali, sotto forma di storia e lingua. In questoluoghi le differenze, umane e naturali, assumono forma e spessore vari con-figurando così il paesaggio come realtà plurale. In secondo luogo, e anche inconsiderazione della pluralità concreta dei contesti descritti, il paesaggio inPasolini somma, diremmo proprio geograficamente, tutti gli aspetti che in es-so si muovono e lo strutturano, dai caratteri ambientali a quelli sociali.

Egli non rintraccia dunque un modello unico di paesaggio, anche se inogni paesaggio sono presenti delle costanti morali. Ciò spiega, almeno inparte e dal nostro punto di vista, il perché nei suoi interventi trovino lo stessorilievo città e campagna, l’Italia e l’Africa, le pianure del Nord e i territoribrulli del Sud. Lo sguardo di Pasolini sul paesaggio è cioè quello di un’eticadei luoghi, alla ricerca dei valori che vi si sono depositati nei secoli:una chiave del suo ideale di paesaggio Pasolini la fornì in una trasmissione televisiva[…] di cui non so se sia stata ravvisata l’importanza e che converrebbe a ogni modotesaurizzare opportunamente. La rubrica si intitolava Io e…, era gestita con vera

19 Giacomo Corna Pellegrini, Pier Paolo Pasolini, geografo, in Geografia diversa e preziosa. Ilpensiero geografico in altri saperi umani, Roma, Carocci, 2007, pp. 49-56.

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60 marco maggioli · riccardo morri intelligenza da un’allieva di Longhi […] ed era dedicata a un monumento o a un’ope-ra d’arte di cui un intellettuale denunciava la sopravvivenza minacciata. Pasoliniscelse La forma di Orte. E denunciò gli oltraggi edilizi inflitti a questo luogo della Te-verina un tempo frugalmente ma nobilmente compatto nella sua pensilità rupestre:un campione dunque dell’ideale bellezza italiana secondo Pasolini, povero, genuino,assoluto, ai limiti del deserto e dell’arsione vulcanica. Mi dicono che questo canonevalga anche per il castello che Pasolini si era scelto nella non lontana regione di Vi-terbo. Ma certo vale per la landa anatolica di Medea, per le muraglie arabe delle Mil-le e una notte: oggetti retrocessi nel tempo, arcaici, retrospettivi».20Proprio per simili assunti programmatici evidenziati da Contini, un cortome-traggio si prestava, quasi naturalmente si direbbe, all’eventualità di trasfor-marsi in una “emanazione” dello sguardo, della visione, della poetica, dellostile cinematografico e letterario di Pasolini. Questo ci appare piuttosto evi-dente ad esempio fin dalle prime inquadrature quando Pasolini afferma:Io ho scelto una città, la città di Orte […], ho scelto come tema la forma di una città,il profilo di una città. […] Io ho scelto un’inquadratura che prima faceva vedere sol-tanto la città di Orte nella sua perfezione stilistica, cioè come forma perfetta, asso-luta, ed è più o meno l’inquadratura così; basta che io muova questo affare qui, nellamacchina da presa, ed ecco che la forma della città, il profilo della città, la massa ar-chitettonica della città, è incrinata, è rovinata, è deturpata da qualcosa di estraneo,che è quella casa che si vede là a sinistra. La vedi?21Per Pasolini, sembra di poter dire dunque, almeno in linea del tutto generale,che i valori riconosciuti nella cultura e nel paesaggio assumono un significatouniversale, e non hanno nulla a che fare con rivendicazioni localistiche di pre-sunte “etiche territoriali”. C’è anzi un legame profondo ad esempio tra l’Italiapreindustriale e la realtà, anch’essa marginale, del Terzo Mondo che in qual-che modo rappresenta proprio l’Italia arcaica e contadina.22 Alcuni esempi di

20 Cfr. Gianfranco Contini, Testimonianza per Pier Paolo Pasolini, «Il Ponte», 4, 30 aprile 1980,poi in Pier Paolo Pasolini − Testimonianze, a cura di Anna Panicali, Sergio Sestini, Firenze, Salani,1982, p. 14. 21 Nostra trascrizione.

22 Sul tema del rapporto tra l’opera cinematografica e letteraria di Pier Paolo Pasolini e il pae-saggio ipotesi e percorsi di riflessioni possono essere rintracciati in diversi lavori. Solo a titolo esem-plificativo si ricorda quanto in Serenella Iovino, Ecologia letteraria. Una strategia di sopravvivenza,Milano, Ambiente, 2006; Francesco Galluzzi, Pasolini e la pittura, Roma, Bulzoni, 1994; GuidoSantato, Paesaggio simbolico e paesaggio poetico nel Friuli di Pier Paolo Pasolini, in Pier Paolo Pasolini.Due Convegni di studio, Université Stendhal, Grenoble 3, 23-24 maggio 2007, 3-4 aprile 2008, a cura diLisa el Ghaoui,Pisa-Roma, Serra, 2009, pp. 95-114; Magali Vogin, Entre éloignement et proximité: lanotion paradoxale de l’espace dans Uccellacci e Uccellini, ivi, pp. 115-126; Paolo Lago, Barbarici desertie lucide geometrie: spazi in opposizione nell’opera di Pasolini, ivi, pp. 127-136; José Guidi, Carnet de notespour l’itinéraire africain de Pier Paolo Pasolini, ivi, pp. 137-146; Hervé Joubert-Laurencin, Affleure-ments de Rome et d’Athènes dans l’oeuvre de Pasolini. Fulgurations figuratives, ivi, pp. 147-164; Lisa elGhaoui, Les espaces du corps, le corps comme espace, ivi, pp. 175-190.

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questo tipo di approccio si rintracciano ampiamente nell’Appendice a Ragaz-zi di vita dove si operano delle vere e proprie ‘descrizioni geografiche’ laddovei paesaggi, soprattutto quelli friulani legati dunque all’infanzia, assumono ilruolo di veri e propri ‘paesaggi della memoria’. Qui si rintracciano narrazionia più scale, da quelle ampie che a partire dall’uso dell’Atlante portano ad una«romantica passione» per un paesaggio vissuto e attraversato:

Entrato nella prima strana giovinezza, la mania dell’Atlante si trasformò in una spe-cie di romantica passione per il paesaggio, da cui nacquero le sue corse in biciclettae le sue emozionanti scoperte.23

A quelle più minute, “topografiche” e, in tutto, regionalizzanti:

Il Tagliamento scende verticale dalla Carnia all’Adriatico, dividendo a metà la pia-nura friulana; la linea delle Risorgive, che corrisponde pressappoco alla linea ferro-viaria Sacile-Udine, si incrocia col Tagliamento presso Casarsa, così che il piano friu-lano viene a dividersi in quattro settori, quattro angoli retti di quell’angolo giro alcui centro si trova appunto Casarsa: Basso e Alto Friuli Orientale, e Basso e Alto Friu-li Occidentale.24

3. Pasolini e Roma

I primi anni Cinquanta rappresentano per Pasolini un periodo tragico. Tra-sferitosi da Casarsa in seguito al primo scandalo giudiziario della sua vita, siritrova in una realtà del tutto diversa da quella friulana.Si può riassumere e scandire la sua ‘geografia residenziale’ romana in quattrotappe fondamentali. La prima, di breve durata (dal gennaio del 1950) al Porti-co d’Ottavia, presso l’antico ghetto ebraico. La seconda, dal 1951 al 1953 a viaGiovanni Tagliere nella Borgata Rebibbia. La terza la più lunga, dal 1953 al1964, a Monteverde, prima in via Fonteiana dal 1953 al 1959, poi a via Carini fi-no al 1964. La quarta all’Eur dal 1964 al 1970. Negli ultimi anni Pasolini si trasferì dalle parti di Viterbo, in una torre medievale che aveva acquistato.

Nei primi mesi del ’50 ero a Roma, con mia madre: mio padre sarebbe venuto anchelui, quasi due anni dopo, e da Piazza Costaguti saremmo andati a abitare a Ponte Mam-molo; già nel cinquanta avevo cominciato a scrivere le prime pagine di Ragazzi di vita.Ero disoccupato, ridotto in condizioni di vera disperazione: avrei potuto anche morir-ne. Poi con l’aiuto del poeta in dialetto abruzzese Vittorio Clemente trovai un postodi insegnante in una scuola privata di Ciampino, a venticinque mila lire al mese.25

23 Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, Appendice, Torino, Einaudi 1979, p. 231 (prima ed., 1955).24 Ivi, p. 230.25 Ritratti su misura di scrittori italiani: notizie biografiche, confessioni, bibliografie di poeti, narratori

e critici, a cura di Elio Filippo Accrocca, Venezia, Sodalizio del libro, 1960, p. 321.

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Il dato della residenza non sarebbe particolarmente significativo, come pertanti scrittori non lo è, se il rapporto di Pasolini con Roma, così come quellocon il Friuli e Casarsa in particolare, non si fosse significativamente evolutonel corso del tempo proprio in rapporto alla città e allo spazio vissuto.

Se il periodo di Rebibbia corrisponde in sostanza a quello della conoscenzadella città, della gente e del dialetto, quello di via Fonteiana a Monteverde co-stituisce in qualche modo la presa di coscienza dell’espressività e dell’interes-se letterario del vissuto, mentre da via Carini in poi si assiste ad una sublima-zione di quello stesso vissuto, non come fuga o distanziamento, ma piuttostocome ricomposizione del suo tessuto mitico ed ancestrale. È necessariamen-te uno schematismo, ma forse non tradisce più di tanto la realtà del pensieroe dell’opera di Pasolini. La Roma di Pasolini è fatta di luoghi: «Ma la maggiorparte della mia vita la trascorro al di là del confine della città, oltre i capolinea,come direbbe, enfatizzando, un cattivo poeta neorealista».26

26 Ivi, p. 321.27 Piero Ostilio Rossi, Spinaceto? Pensavo peggio… Roma. Il paesaggio urbano delle periferie dal

dopoguerra ad oggi, in Atti del convegno di studi, “Roma, paesaggi contemporanei”, Sapienza, Universitàdi Roma 28-29 maggio 2008, pp. 113-134, Roma, Campisano editore, 2009, p. 115.

Fig. 1. Le borgate realizzate dal Governatoratoe dall’Istituto Case Popolari negli anni del fascismo.27

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Luoghi che sono rappresentanti in massima parte dalla periferia informee multiforme di Roma: gli spazi residuali, in cui i vuoti tendono ancora lar-gamente a prevalere sui pieni, consentendo di proiettare spesso lo sguardo suuna visione di insieme capace di andare oltre il dettaglio conclamato e accla-rato del disordine urbanistico e del disagio sociale ed economico.

Passò docile docile il Viale Cristoforo Colombo, e entrò nella spianata verso la Garba-tella. Era una spianata lunga quasi un chilometro, con in mezzo qualche murettosfranto, intorno tutte file di palazzoni appena costruiti, di sei sette piani, e con delle palazzine solo nel lato più lungo, per via Maria Adelaide Garibaldi: ci giocavano a pallone poco poco un centinaio di ragazzi.28

Certamente non per la volontà di nascondere o ignorare condizioni che sonospesso gettate in faccia al lettore in maniera così evidente da suonare addirit-tura “brutale” in alcuni passaggi: ma queste descrizioni sono delle prese d’at-to di un contesto di cui gli attori, i protagonisti, ne sono parte integrante, ri-spetto al quale sono quasi in osmosi, ma certamente non in secondo piano.

La visione prospettica serve appunto a farli emergere nella loro pienezza:il contesto, il dato geografico, non è di contorno, ma è una componente im-prescindibile nel processo di progressiva conoscenza dei personaggi, igno-rando il quale è praticamente impossibile provare per questi un’istintiva em-patia o piuttosto il bisogno di affrancarsi.

La presenza di vuoti è infatti dovuta alla presenza di un edificato in alcunezone ancora frastagliato, non saldato con la città consolidata, e comunquespesso di natura effimera; ma al di là del dato fisico, comunque non eludibile,c’è il vuoto che deriva dall’assenza dei caratteri tipici, canonici del modo divita urbano, la cui diffusione in quegli anni mette in discussione e ridefinisceprepotentemente i rapporti città-campagna.

Borgata è una sottospecie di borgo: un pezzo di città in mezzo alla campa-gna, che non è realmente né l’una né l’altra cosa, e in cui l’unica attività so-ciale possibile è la speranza: speranza di andarsene o speranza che la città deiricchi cresca e arrivi fin lì.29

Questi vuoti vengono attraversati dai protagonisti dei romanzi di Pasolini,i quali reagiscono, più o meno consapevolmente, a queste assenze, a questelatitanze, con il loro smodato protagonismo, con la loro voglia di esserci. Unmeccanismo che trova manifestazione anche di carattere collettivo e orga-nizzato proprio nelle stesse periferie e negli stessi anni rappresentanti da Pasolini:

28 Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta, Milano, Garzanti, 2008, p. 91 (prima ed. 1959).29 Italo Insolera, La Capitale in espansione, «Urbanistica», 28-29, 1959, pp. 6-90, p. 45.

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64 marco maggioli · riccardo morriLe dinamiche sociali e di autorappresentazione in qualche modo tipiche dell’abitarein periferia scardinano di fatto la logica euclidea prima ancora che la critica alla mo-dernità assuma centralità nel dibattito culturale. Al di là infatti delle gabbie concet-tuali e degli schemi epistemologici che ne derivano, a posteriori è possibile sostenereche sono i modi di costruzione sociale dello spazio nelle periferie che decretano, sesi vuole anticipandola, la crisi della modernità.30

Di questo periodo, e degli anni successivi, se ne ritrovano tracce consistentinegli scritti presenti in Alì dagli occhi azzurri, raccolti in un unico volume escritti tra il 1950 e il 1965, Ragazzi di vita del 1955 e Una vita violenta del 1959.

3. 1. I testi analizzati

Alì dagli occhi azzurri rappresenta una sorta di piattaforma sperimentale perciò che sarà la successiva produzione letteraria e cinematografica di Pasolini.Diverse situazioni e ambientazioni si accavallano, dai racconti alle poesie allesceneggiature. L’uso del dialetto romanesco è alternato ad una narrazionein italiano, che costituirà il modello utilizzato in Ragazzi di vita. Presenti nel-la raccolta anche due progetti narrativi: Il Rio della Grana e La mortaccia maiterminati da Pasolini. Tra i documenti più interessanti le sceneggiature deiprimi tre film del Pasolini regista: Accattone, Mamma Roma e La ricotta.

Il periodo a cui la vicenda di Ragazzi di vita si riferisce è l’inizio degli anniCinquanta. Periodo in cui Pasolini, come altri intellettuali, si sentì attrattodai più evidenti fenomeni sociologici di questi anni, come l’urbanizzazioneche avanza col miraggio di una vita migliore. Da ciò la formazione di massesempre più grandi di sotto proletariati che vivono in miserabili condizioninegli agglomerati di baracche delle borgate. Qui c’era la prova che il progres-so proclamato dai ceti dirigenti borghesi non poteva evitare di produrre unnuovo tipo di sottosviluppo e condizioni di vita immani.

La rappresentazione del sotto-proletariato e del paesaggio tipico delleborgate (periferia sporca e miserabile, fangosa e polverosa, illuminata da unsole ossessivo) si manifesta con chiarezza nel più vistoso carattere stilisticodel libro cioè l’uso del dialetto romanesco; più precisamente di una ristrettae particolare variante del dialetto stesso cioè il gergo della malavita o dellaplebe romana.

L’inizio della vicenda è ambientato verso la fine della guerra, con i tede-schi a presidiare la capitale. L’azione si svolge alla periferia di Roma, a Mon-teverde. È qui che incontriamo Riccetto che va a fare la prima comunione,somiglia più a un bullo che a un catecumeno. Poi lo vediamo correre alla Fer-

30 Marco Maggioli, Riccardo Morri, Periferie urbane: tra costruzione dell’identità e memoria,«Geotema» 37, 2010, pp. 62-69.

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robedò (così il popolo chiama la fabbrica Ferro-Beton) dove, con i suoi ami-chetti Agnolo e Marcello, porta via tutto quello che riesce ad afferrare.

Una vita violenta mostra la condizione del sottoproletariato romano nel se-condo dopoguerra, ma l’autore supera l’orizzonte ideologico di tanto neorea-lismo, si libera almeno in parte dai condizionamenti culturali che avrebberopotuto snaturare la rappresentazione di un mondo che egli conosceva fintroppo bene. Così la miseria materiale del popolo si riflette nella miseria mo-rale da cui sono irrimediabilmente segnati molti dei personaggi pasoliniani.

Il lettore conosce un universo primitivo, dove vigono le spietate leggi dellasopraffazione e della violenza, dove faticano a trovare cittadinanza i più irri-nunciabili sentimenti umani.

4. Il paesaggio urbano periferico: appunti per un itinerario

Le borgate della periferia di Roma sono rappresentate in diversi passaggi diqueste tre opere: le citazioni riportate rendono conto dell’estremo dettagliocon il quale vengono descritte le fattezze fisiche del territorio.Era un montarozzo che sta sulla Tiburtina, dopo il Forte, prima di Tiburtino III, do-ve stava ad abitare Peppe il Folle. Era un montarozzo che sotto i ragazzi ci giocanoa pallone, e sulle coste è tutto pieno di puncicarelli e fratte, e, arrivati in pizzo, laggiùsi vede l’Aniene, tra i canneti, e dall’altra parte Pietralata, e tutt’intorno le borgatepiù lontane, bianche come spuma al sole.31

E passato Tiburtino, ecco Tor dei Schiavi, il Borghetto Prenestino, l’Acqua Bulican-te, la Marranella, il Mandrione, Porta Furba, il Quarticciolo, il Quadraro… altri cen-tinai di centri come quello lì al Tiburtino: con un mare di gente sotto il semaforo,che mano a mano andava sparpagliandosi nelle strade intorno, rumorose come an-droni, coi marciapiedi tutti rotti, e lungo ruderi colossali di mura con sotto file di tu-guri […] Tutto un gran accerchiamento intorno a Roma, tra Roma e le campagneintorno intorno, con centinaia di migliaia di vite umane che brulicavano tra i lorolotti, le loro casette di sfrattati o i loro grattacieli. E tutta quella vita, non c’era solonelle borgate della periferia, ma pure dentro Roma, nel centro della città, magari sot-to il Cupolone.32

Tuttavia esiste in nuce, a patto naturalmente di conoscere e avere in qualchemisura frequentato tali luoghi, la possibilità di andare oltre gli aspetti esteti-co-formali: i vari tratti che Pasolini richiama spiccano non solo fisicamentenella fallace anonima uniformità della periferia. Il montarozzo, il cinema, le

31 Pier Paolo Pasolini, La mortaccia (frammenti), in Alì dagli occhi azzurri, Milano, Garzanti,1965, p. 244.

32 Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, cit., p. 153 (prima ed., 1955).

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linee di autobus e, come si vedrà, il fiume Aniene, sono in realtà elementi cheesprimono una soluzione di continuità non solo rispetto alla dimensione pia-na, piatta, di queste zone (i lotti tutti uguali, il deserto disabitato): intorno almontarozzo ci sono i bambini, gli stessi capaci di arrampicarsi sullo stesso perassumere una posizione dominante sui luoghi (e le persone che li animano)circostanti (le borgate bianche come spuma al sole); gli autobus e le strade sono elementi di connessione tra realtà concepite e costruite per rimanere iso-late; non sono sterili vie o mezzi di comunicazione che svolgono una semplicefunzione di raccordo, ma per gli abitanti il valore d’uso e nominale è piuttostolegato appunto alle concrete possibilità di accessibilità: in questo modo le al -tre borgate sono assai più vicine, non solo fisicamente, del centro di Roma.

Lì c’era la fermata degli autobus, il 109 che voltava già verso il centro di Tiburtino,il 211, il 213 che seguitavano verso Ponte Mammolo e San Basilio, e pure i pulmanche andavano a Tivoli: la fermata era sotto dei pali della luce elettrica, lungo la stra-da, in mezzo a uno spiazzale: dietro lo spiazzale cominciavano i lotti di Tiburtino,bassi e chiari, come magazzini, in fila, con la chiesetta, e, più in fondo, dei palazzipiù alti di stile fascista.33

Davanti al Monte del Pecoraro c’era un gran piazzale e vicino al cartello con la scritta“Fine zona – Inizio zona”, poco prima di dove cominciava la gran distesa dei campi fino all’Aniene, s’alzava la vecchia pensilina del 309 che a quel punto svoltava, lascian-do la via Tiburtina, e puntando tra i lotti della Borgata verso la Madonna del Soccorso.Alduccio abitava, come il Regalone, al IV Lotto, in fondo alla via centrale della borga-ta,poco dopo lo spiazzo del mercato, con la fila dei lampioni che accendendosi all’im-brunire, lungo i lotti non più alti di due piani, davano l’impressione di trovarsi nel rio-ne povero di qualche stazione balneare, con la strada che dietro la breve scesa parevasi sperdesse contro il cielo sfocato, coi rumori della gente che tra le pareti sonore, neicortili, stava cenando o si preparava alle ore della notte.34

Questi spazi eterotopi, corpi estranei rispetto alla metropoli capitolina, di-spersi come monadi nella vasta campagna romana, mutano, però, aspetto alcambio di scala: se si passa, cioè, nuovamente, dalla visione sinottica a quelladi dettaglio, alla grande scala. Allora ci si accorge della funzione aggregante,catalizzatrice, svolta da singoli elementi puntuali presenti in questo territorio,i cinema e i bar su tutti.

Il baretto sulla piazzetta davanti al cinema luccicava come un brillocco, con tutti i suoitubetti al neon, e la Garbatella intorno era un mucchio di luci sperse nella notte.35

33 Pier Paolo Pasolini, La mortaccia (frammenti), in Alì dagli occhi azzurri, cit., 1965, p. 245.34 Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, cit., p. 146.35 Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta, cit., p. 111.

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Emerge chiaramente la dimensione di comunità, che si connota come taleproprio in virtù di un meccanismo di appropriazione, di riconoscibilità di que-sti luoghi che va oltre la sfera del visibile, radicata come è nel vissuto e, quindi,nell’immaginario collettivo dei “borgatari”.

Era sera a Pietralata: per chi era appena dopocena e per chi prima, ma tutti erano al-legri e sciamannati, andando avanti e indietro per la strada della borgata. L’aria poiera dolce dolce, e bastava che si muovesse un po’ di vento perché prendesse un saporedi mele cotogne, di ruchetta bagnata di guazza.36

5. L’Aniene e i paesaggi naturali

La città vissuta e percepita da Pasolini ci appare tendenzialmente unitaria,continua ed omogenea in virtù della presenza di “confini”, più o meno forma-lizzati, che ne indicano i limiti entro i quali si relaziona la posizione del singolorispetto al tutto. All’interno di questi territori ben delimitati si svelano tuttaviadifferenze sostanziali che possono essere indicate, almeno in prima approssi-mazione, con le partizioni dei quartieri, dei rioni, delle zone urbanistiche.Queste differenze si esplicitano poi, in maniera ancora più dettagliata, facen-do riferimento tanto alla pluralità dei volti architettonici, alla presenza o al-l’assenza di determinate funzionalità, alla varietà degli usi del suolo e dellestrutture, quanto alle vicende storiche dei singoli e delle comunità che vi abi-tano. All’interno di questo tessuto, complessivamente “omogeneo”, si posso-no rintracciare dunque porzioni di territorio che presentano a loro volta unaloro omogeneità intrinseca a cui non sono certamente estranee, come abbia-mo sottolineato in precedenza, le stesse politiche urbanistiche e le intenzionidei pianificatori.

Le storie che si incontrano nei tre romanzi analizzati si posizionano incontesti di confine, tra città e campagna, sono esse stesse storie di confine;confini che sembrano risolversi in una doppia dimensione spaziale: quella in-terna delle vicende individuali dove il senso di appartenenza al luogo si muo-ve attorno a margini, reali e immaginari, e quella esterna del luogo stessocome spazio, almeno originariamente, circoscritto, in qualche modo chiuso,delimitato nella sua stessa conformazione urbanistica e dalla posizione asso-luta assunta nel quadro territoriale complessivo della città.

Confini che nei testi letterari pasoliniani si identificano in primo luogo conle stesse strutture naturali del territorio abitato, con la sua conformazionemorfologica ad esempio. Il fiume – Aniene in questo caso – le grotte, la pi-

36 Ivi, p. 168.

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neta, la marrana costituiscono al tempo stesso luoghi di rifugio e di riparo,elementi di separazione e di comunicazione. È a partire dalla materialità del-lo spazio che si definisce se stessi e il proprio rapporto con lo spazio circo-stante.

Il fiume scorreva sotto le scarpate impuzzolite, specie nel punto dove c’era lo sfo-cio della cloaca del Policlinico; dall’altra parte si alzavano altre scarpate, dove si ve-devano case e casette, qualche cantiere, altri villaggi di tuguri. Al di là dell’Aniene,si stendevano i campi, verso i colli di Tivoli, confusi nell’aria fredda. I cantieri e lecostruzioni, dopo qualche curva cominciavano a infittirsi: si paravano davanti unpo’ dappertutto, sui monticelli, contro il cielo, o giù negli affossamenti, tra i restidegli orti e dei prati, contro lo scolo del fiume. Oltre quella cerchia di impalcaturee di sterri, la stradina sbrecciolata sboccava sulla Nomentana, poco sopra la Batte-ria, e poco prima del ponte nuovo sull’Aniene. Lì sotto, proprio all’incrocio delledue strade, s’infossava una spianata piena di pini, dove c’erano i caroselli, con tantaluce e poca gente, che girava avanti e indietro, specie intorno al tendone del calciobalilla.37

Gli faceva effetto, a tornare a quell’ora, che nell’aria si distinguevano ancora bene,all’ultimo barlume, i mandorli e i persichi secchi degli orti, i canneti: e più avanti ilponte dell’acquedotto, sopra l’Aniene che scorreva via gelato e buio.38

Come per il Tagliamento, anche l’Aniene, le cui frequenti esondazioni dalproprio alveo erano causa di enormi disagi per gli abitanti delle borgate, lecui abitazioni in diverse aree erano costruite sotto il livello degli argini, rap-presenta anche uno spazio fondamentale per la fruizione del tempo libero,in particolare nella dimensione ludica dei bambini, ma non solo: l’umiditàche intacca le pareti e i pavimenti degli alloggi realizzati con pessimi mate-riali, la circolazione di fango e di liquami, i ratti che attraversano strade e ap-partamenti convivono, ad esempio, con la puntuale comparsa del barcarolosubito dopo le piene, che per pochissime lire consentiva di trascorre un po’del proprio tempo libero sugli specchi d’acqua effimeri che si formavano nel-le diverse e ampie concavità (gli stessi dove si pescavano le rane, per poternepoi gustare le cosce fritte), presenti numerose nella piana alluvionale del-l’Aniene non ancora urbanizzata.39

Quell’altro lì invece era venuto a fiume dopo aver passato la mattinata con la non-na a capare l’immondezza in mezzo ai prati puzzolenti e ai tuguri dove la cloacadel Policlinico sfocia nell’Aniene.40

37 Ivi, p. 16. 38 Ivi, pp. 141-142.39 Paola Spano, Marco Maggioli, Riccardo Morri, Paolo Barberi, Riccardo Russo,

Piazza Tiburtino iii. Narrazioni di periferia, Roma, Società Geografica Italiana, in corso di stampa.40 Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, cit., p. 131.

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tra geografia e letteratura: realtà, finzione, territorio 69

– Li cani, li cani! – gridò il Rossetto, sbucando di sotto la scarpata dell’Aniene, contutta la pipinara dei compagni, Il Zinzello, il carrettiere con la pettinata alla Rudi,e il Miccia con due cani lupo adulti, un maschio e una femmina, se ne venivano in-fatti per il sentiero di Tiburtino. Arrivati alla curva del fiume, mentre i cani ruzza-vano tra i gambi tagliati del grano, si spogliarono, presero il sapone dalle saccocce,e chiacchierando tra loro andarono coi piedi dentro l’acqua bassa a lavarsi.41Dove il camion si era fermato, poco prima di entrare in borgata, c’erano da unaparte e dall’altra della strada distese di campi che dovevano essere di grano, mach’erano tutti pieni di fratte, buchi e canneti; e più avanti un orto, con gli alberiancora più vecchi del casolare cadente, e non potati più almeno da una ventinad’anni. Il fossatello era pieno d’acqua nera, e passeggiavano su e giù per l’erba e laterra ancor più nere delle vecchie papere sbandate. Poco più in là del casolare fini-vano i campi di grano, sperdendosi come andava andava su delle case abbandonatee ridivenute anch’esse campi,tutti spelacchiati, buoni per i greggi sabini o abruzzesidi passaggio, e interrotti qua e là da burroncelli e strapiombetti.42La radura dell’Acqua Santa – grottini, fratte, montagnole – era buia, ma tutt’intornopalpitava la città immensa, lontana, un cerchio fisso di lumi. La macchina s’internòper una pista di terra battuta, sobbalzando: e si fermò in una specie di piccolo alto-piano, tra la distesa strana e paurosa dell’Acqua Santa.43

6. Conclusioni

Lo stesso paesaggio, lo stesso oggetto, lo stesso spazio può assumere signifi-cati, “personalità” e “omogeneità” diverse in funzione della capacità del sin-golo, o della società, di coglierne alcuni aspetti piuttosto che altri. L’interpre-tazione del paesaggio, o dei luoghi della narrazione, nasce inevitabilmenteproprio da questa interpretazione soggettiva e tutta umana della realtà; la suaconoscenza ci appare in qualche modo filtrata e interpretata, anche attraversola memoria, oltre che inseparabile dalla sua dimensione storica e naturale.44

Si assiste in qualche modo nell’opera letteraria a quella separazione trarappresentazione scientifica e non così bene illustrata, tra gli altri, da ClaudeRaffestin:

41 Ivi, p. 135. 42 Ivi, p. 120.43 Pier Paolo Pasolini, Accattone, in Alì dagli occhi azzurri, cit., p. 247.44 Lidia Decandia, Dell’identità. Saggio sui luoghi: per una critica della razionalità urbanistica, So-

veria Mannelli (Cz), Rubettino, 2000; Luisa Bonesio, Paesaggio, identità e comunità tra locale e glo-bale, Reggio Emilia, Diabasis, 2007 e il recente Antonella Tarpino, Geografie della memoria. Case,rovine, oggetti quotidiani, Torino, Einaudi, 2008. Le tre autrici, da prospettive chiaramente diverse(urbanistica, geofilosofica e storica) affrontano tuttavia il tema comune del rapporto tra identità,memoria e paesaggio.

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70 marco maggioli · riccardo morri

Non vorrei fare un’opposizione troppo netta tra immagini non scientifiche– pittoriche e letterarie, per esempio – e immagini scientifiche – quelle dellediverse scienze naturali e umane –, ma la differenza tra le une e le altre è suf-ficientemente importante per essere discussa. L’ho detto a più riprese, le im-magini paesaggistiche dei linguaggi pittorici e letterari hanno un ruolo par-ticolare che consiste nel “colmare un’assenza” e fare sopportare la nostalgiache ne deriva. Il paesaggio o immagine della realtà materiale diventa unostrumento di compensazione che permette di ricreare, fuori della realtà, uninvolucro spazio-temporale nel quale il soggetto staccato e privo di contattipuò continuare a muoversi. Lo statuto dell’immagine scientifica è sostanzial-mente differente dal punto di vista della concezione, ma per quanto riguardail modello si ritrovano elementi paragonabili. L’immagine scientifica può an-che essere un modo di compensare l’assenza della realtà materiale e permet-tere, nonostante ciò, la sua conoscenza. L’immagine costituisce il modo direndere visibile, capire e spiegare i meccanismi che “fanno” il paesaggio.45

Esistono dunque dei possibili limiti entro cui poter circoscrivere uno spazio,un paesaggio letterario? La risposta, che risiede forse tutta nello statuto deicriteri di riferimento, appare nell’opera di Pier Paolo Pasolini molto com-plessa. La rappresentazione dei paesaggi ci appare infatti nell’opera dell’au-tore friulano un vero e proprio luogo dell’abitare, non certo un modello di in-terpretazione estetica simile ad un allestimento mussale. Il paesaggio si fa inPasolini luogo dell’abitare, memoria storica e, forse, identitaria.

45 Claude Raffestin, Dalla nostalgia del territorio al desiderio di paesaggio, cit., p. 111.

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composto in carattere dante monotype dallafabriz io serr a editore, p i sa · roma.

stampato e r ilegato nellatipogr afia di agnano, agnano p i sano (p i sa) .

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Giugno 2010(cz 3 · fg 22)