Nautilus viaggio al centro della salute - n° Gennaio/Marzo

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PREVENZIONE VASCOLARE Tra counselling e criteri evidence based TRIMESTRALE SCIENTIFICO - Anno III - N. 1, 2009

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TRIMESTRALE SCIENTIFICO DI PATOLOGIA VASCOLARE - PREVENZIONE VASCOLARE Tra counselling e criteri evidence based

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PREVENZIONE VASCOLARETra counselling e criteri evidence based

TRIMESTRALE SCIENTIFICO - Anno III - N. 1, 2009

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NautiluNautiluV i a g g i o a l C e n t r od e l l a S a l u t e

S p e c i a l e S I A PAV 2 0 0 8

TRIMESTRALE SCIENTIFICOAnno III - N. 1, 2009

EDITORIALEPrevenzione vascolare. Tra counselling efficace e criteri evidence-basedGiovanni B. Agus

LEADING ARTICLEIl rischio tromboembolico venoso nel paziente internistico. Il ruolo del medico di medicina generaleGiovanni B. Agus, Guido Arpaia

Sintomi da sindrome post-trombotica. Un caso di prevenzione necessariaGiovanni B. Agus

AGGIORNAMENTO IN SLIDESDal TEV alla SPT

COUNSELLINGCompressione elastica. Azioni ed indicazioni certe, in discussione, discutibili…Guido Arpaia, Giovanni B. Agus

CULTURALa città che cambia in salute. Una riflessione da MilanoSergio Harari

EditoreSINERGIE Edizioni Scientifiche S.r.l.Sede legale: Corso Italia, 1 - 20122 MilanoSede operativa: Via la Spezia, 1 - 20143 MilanoTel./Fax 02 58118054E-mail: [email protected]

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Direttore scientificoGiovanni B. Agus Università di Milano

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Giuseppe M. Andreozzi Presidente SIAPAV

Giovanni de Gaetano Università Cattolica, Campobasso

Arkadiusz Jawien Università di Bygdosz, Polonia

Sergio Mancini Università di Siena

Mauro Martini Presidente SNAMI

Andrew N. Nicolaides Institute of Neurology and Genetics,Cyprus

Gualtiero Palareti Presidente SISET

Hugo Partsch Università di Vienna, Austria

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Michel Perrin Chirurgien vasculaire, Chassieu, France

Paolo Prandoni Università di Padova

Eberhard Rabe Presidente UIP

Roberto Simkin Università di Buenos Aires, ArgentinaPresidente eletto UIA

Segreteria di redazioneSINERGIE Edizioni Scientifiche S.r.l.

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©Copyright 2009 SINERGIE Edizioni Scientifiche S.r.l.Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata o riprodotta senza l’autorizzazione dell’Editore.

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SOMMARIO

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Se è vero che la prevenzione più efficace, di miglior ritorno d’investimento econo-

mico, e che ha dato i più significativi risultati, è la medicina preventiva su ambien-

te, luogo di lavoro e comunità, la prevenzione richiesta al singolo cittadino su se

stesso e la sua famiglia non è affatto da trascurare, pur a fronte di maggiori diffi-

coltà e minori risultati.

Prevenzione vascolare, la titolazione del primo numero del 2009 di Nautilus,

appare allo stesso tempo ambigua e ambiziosa, comunque ambivalente. In fondo

- e i lettori che ci hanno benevolmente e si spera utilmente seguito sino a questo

terzo anno di edizione, lo sanno -, tutta l’impostazione del nostro percorso di con-

fronto, aggiornamento e cultura, è già di fatto basata su prospettive di prevenzio-

ne vascolare: talvolta chirurgica, spesso farmacologica, sempre comportamentale

per l’attenzione agli stili di vita.

L’ambizione di iniziare il 2009 con il “cappello” della prevenzione nasce da un

nostro particolare impegno in operazioni di più vasto respiro dirette al grande pub-

blico. Piace citare la collana di volumi “Guida alla Prevenzione” di Rizzoli-Corriere

della Sera sotto l’egida della Fondazione Umberto Veronesi o la prossima diffusio-

ne del volume delle Edizioni Minerva Medica “Guide to self-care” prodotto dalla

Mayo Clinic.

E’ ambivalente d’altronde l’intenzione di unire la prevenzione ancora una volta al

tema della “stasi venosa”. L’IVC o DVC, come meglio oggi vengono articolati i

Disturbi Venosi Cronici, ed ancor più il tromboembolismo venoso che tanto si lega

a questi, ci preoccupa e ci occupa nel trattarli.

Per i Leading articles, sfumato il tradizionale articolo di autorevoli colleghi inter-

nazionali per un ritardo, ho affrontato personalmente e insieme ad un noto esper-

to angiologo dapprima il rischio tromboembolico venoso nei pazienti internisti-

ci, tema cruciale giunto all’attenzione dei medici di famiglia solo di recente; singo-

larmente poi, la prevenzione nel paziente post-trombotico, gruppo numerica-

mente rilevante.

L’Aggiornamento in Slides completa questi articoli.

Prevenzione vascolare.Tra counselling efficace e criteri evidence-based

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Poiché entrambi questi gruppi di pazienti a rischio trombotico acuto necessitano di

compressione elastica, la Sezione Counselling, più didascalica quanto interrogati-

va di problemi, tratta appunto il vasto capitolo della compressione, pietra miliare

della lotta alla stasi.

Sia concesso, per questo spazio, un piccolo aneddoto personale sulle calze elasti-

che e la loro presunta difficoltà ad indossarle in un Paese del mare e del sole come

l’Italia. In quella bellissima isola che è Favignana, che di mare e sole è ricca,

nell’estate del 2008 proprio in un luogo chiamato Nautilus (vedi foto all’interno) ho

avuto occasione fortuita di visitare un notissimo e simpaticissimo “indigeno” con

severi DVC a rischio di alterazioni trofiche. La prescrizione di calze elastiche traspi-

ranti associate al giusto farmaco ha ottenuto immediatamente i suoi effetti: il “per-

sonaggio” (qui non lo voglio chiamare paziente) indossa le calze con beneficio e

senza problemi!

La Sezione Cultura, caratterizzata in immagine dalla “Città che sale” di Boccioni

nell’anno centenario del Futurismo, grazie all’articolo di Sergio Harari, medico illu-

stre e opinionista del Corriere della Sera, in qualche modo ci riporta alle necessità

di un movimento generale di prevenzione per la sanità pubblica nelle nostre città,

che attraverso uno sforzo congiunto di amministratori e architetti, cittadini residen-

ti e lavoratori pendolari, e non ultimi di certo i medici, modifichi lo sviluppo e l’uso

delle nostre città moderne nel momento in cui si sta andando verso il 2010 quan-

do oltre il 50% della popolazione mondiale vivrà in città, con sempre maggiori

necessità di integrazione di differenti popolazioni.

Giovanni B. Agus

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chi numerici riguardo i dati epidemiologici, cheperaltro devono essere ricordati se non altro nellaessenzialità della nozione del TEV quale terzacausa di morte cardiovascolare e in pazienti “inso-spettati” sino ad ora (Tab. 1), si porterà direttamen-te l’attenzione al fatto che il primo fattore dellatriade è realmente importante nella popolazioneextra-ospedaliera e comunque non chirurgica.L’età avanzata, l’obesità, l’immobilità o ipomobili-tà, la presenza di varici o pregresse TVP (le primedisturbi venosi cronici o DVC; le seconde, SPT,facenti parte dell’IVC), costituiscono un insieme difattori caratteristici della stasi venosa. Alterazioni dei costituenti ematici e modificazioni

Nella prima pagina del più recente DocumentoInternazionale di Consenso sul tromboembolismovenoso (TEV), stilato dall’Unione Internazionale diAngiologia (UIA) come Linee Guida basate sull’evi-denza scientifica (1), colpiscono due affermazioni: - la triade di Virchow dei fattori predisponenti al TEVinclude stasi venosa, alterazione dei costituenti ema-tici e modificazioni endoteliali. Questi fattori sonovalidi oggi come quando originariamente postulatinel XIX secolo; - un effetto della TVP spesso sottostimato è l’insuf-ficienza venosa cronica [IVC] post-trombotica, chederiva dal reflusso venoso o dall’ostruzione venosaprofonda, con modificazioni e ulcerazioni cutanee diimpatto notevolmente avverso sulla qualità di vita esui costi sanitari [SPT]. Pur ribadendo infatti il Documento, e così altre LineeGuida (2, 3), l’importanza del TEV in pazienti chirur-gici, sempre più in maniera forte e convincente si ècompreso come i principali fattori clinici predispo-nenti al TEV siano presenti in più larga parte inpazienti non chirurgici, definibili internistici. Non volendo appesantire questa lettura con elen-

Il rischio tromboembolico venoso nel paziente internistico.Il ruolo del medico di medicina generale

Giovanni B. Agus*, Guido Arpaia**

* Direttore Sezione di Chirurgia Vascolare e Angiologia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche Specialistiche,

Università di Milano

** Direttore U.O.S. di Angiologia, Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate, Presidio di Vimercate, Milano

• Circa i ¾ del TEV si riscontrano in pazienti medici

• Circa ¼ di TEV è riscontrato in pazienti chirurgici, nei quali i singoli fattori di rischio rappresentano precise condizioni

EPIDEMIOLOGIA REALE DEL RISCHIO TEV

Donald Schreiber, Stanford University

Tabella 1

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zione” (questo è il titolo dell’introduzione delDocumento dell’UIA citato) ovvero nel prevenire ilTEV in molti dei suoi abituali pazienti (Tab. 2) e difatto sia “in prima linea” nell’affrontare il TEVextra-ospedaliero. Ancora una volta, per nonannoiare con gli imprescindibili numeri di unamedicina basata sulle evidenze, sarà sufficienteposare uno sguardo sulla Tab. 3 che riporta riferi-menti bibliografici autorevoli (1) e le percentualidi rischio in determinati gruppi di pazienti interni-stici, tra cui non devono essere sottovalutatil’8-9% dei comuni pazienti medici e anziani.

endoteliali d’altronde, certo presenti in molteplicisituazioni chirurgiche, sono facilmente riscontrabiliin patologia tumorale, frequente, quanto secondaria stati trombofilici, meno frequenti nella popolazio-ne ma non però rari (circa il 7% per alcuni fattoritrombofilici).

IL MEDICO DI FAMIGLIA

E’ facile intuire pertanto perché il medico di fami-glia o MMG sia direttamente e fortemente impli-cato ne “il problema e la necessità della preven-

GRADO ALTO GRADO INTERMEDIO

> 75 anni 60/75 anni

Pregresso TEV Familiarità per TEV

SPT/Trombosi venosa superficiale Gravidanza/Puerperio/Abortività/Estroprogestinici

Trombofilia Fumo (>15 sigarette/die)

Neoplasie Obesità

Malattie autoimmuni Insufficienza venosa cronica

Infarto miocardico Sepsi

Scompenso cardiaco (III-IV NYHA) Scompenso cardiaco (I-II NYHA)

Ictus TIA

Immobilizzazione BPCO/Malattie infiammatorie dell’intestino

Ricovero in terapia intensiva Recente ricovero ospedaliero (>10 giorni)

CONDIZIONI INTERNISTICHE DI RISCHIO TEV

Tabella 2

GRUPPI DI PAZIENTI

Ictus

Lesione midollare

Pazienti in terapia intensiva

Infarto miocardico

Medicina generale

Geriatria

NUMERO PAZIENTI (studi storici al 2004)

395

458

178

180

2822

131

INCIDENZA (media pesata)

224 (56%)

160 (35%)

45 (25%)

40 (22%)

228 (8,1%)

12 (9%)

FREQUENZA DI TVP IN PAZIENTI INTERNISTICI IN ASSENZA DI PROFILASSI ANTITROMBOTICA

Tabella 3

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Pur non ben quantizzate in studi epidemiologici, unrilevante studio italiano indicò una inaspettata altapercentuale di embolie polmonari nonostantefosse assente ogni sintomatologia (4). Il significato clinico delle TVS , al di là dei classicisegni alla palpazione di cordone con edema circo-stante, doloroso, eritematoso, ipertermico (tumor,dolor, rubor, calor) assume per queste nuove acqui-sizioni rilevanza e maggior attenzione diagnostico-terapeutica. Ed ancora una volta il trattamentoeparinico con EBPM, unito alla compressione ela-stica ed alla deambulazione, trova la prima indica-zione di cura e prevenzione dell’estensione dellatrombosi.

NEOPLASIE

Dovrebbe essere noto che la complicanza trombo-embolica venosa costituisce la seconda causa dimorte nel paziente neoplastico; infatti una serie didati osservazionali hanno mostrato come la progno-si dei pazienti con TEV e cancro sia peggiore che inpazienti con solo cancro. Viceversa, certo è notocome circa il 20% dei pazienti con TEV acuto ha unaneoplasia in atto e molto spesso la diagnosi di TEVe cancro è concomitante, oppure la neoplasia simanifesta e si scopre entro 12-18 mesi dall’eventotrombotico. Né si consideri che si stia parlando dioncologia chirurgica facendo rientrare il rischio TEVnella chirurgia, anche se questa evidentemente neaumenta il rischio (raddoppia rispetto ai pazienti nonneoplastici). Per tali motivi, l’argomento è stato oggetto diapprofondimenti e aggiornamento all’ultimoCongresso della SIAPAV (5). Primo, i pazienti neo-plastici presentano uno stato di ipercoagulabilitàdi base anche in assenza di trombosi manifeste.L’attivazione della cascata coagulativa documen-tata da alterazioni dei test dell’emostasi è pre-sente in circa il 90% dei pazienti e coinvolta nellacrescita locale della neoplasia. Per quanto riguar-da la tipologia dei tumori, le neoplasie polmona-ri, gastrointestinali, dell’ovaio e i gliomi malignihanno un’incidenza di TEV del 10-30%; le neopla-sie oncoematologiche del 10% (è il caso dei linfo-

SITUAZIONI INTERNISTICHE DI FREQUENTE RISCONTRO

Ormai da una decina d’anni sappiamo che anchenei reparti di medicina il problema del TEV è moltoimportante. Samama nel suo lavoro comparso sulNew England Journal of Medicine nel 1999 avevadimostrato che il 15% circa dei pazienti ricoveratinei reparti non chirurgici può sviluppare una trom-bosi. Sino ad allora questi dati erano stati ipotizza-ti solo sulla base di studi autoptici che affermavanoche la maggior parte di morti per embolia polmo-nare in ospedale sarebbe provenuta dai repartimedici piuttosto che chirurgici (Sandler, 1989). Perdi più, il rischio TEV non si conclude con la dimis-sione ed è presente anche dopo il superamentodella fase acuta della malattia. E’ ormai acquisita laprassi di proseguire la profilassi della trombosi aldomicilio del paziente dopo molte situazioni post-chirurgiche, ed il MMG ne diviene il gestore dellaprevenzione prolungata. Del tutto recentemente,grazie ai risultati dello studio Exclaim, anche per ipazienti medici è stata dimostrata la possibilità disviluppare una trombosi venosa ed eventualmenteuna embolia polmonare, una volta dimessi e torna-ti alle loro case. Situazioni chiaramente internistiche sono anchequelle riscontrabili in terapia intensiva ed in cardio-logia, peraltro più accomunabili al rischio TEV in chi-rurgia per l’ambito ospedaliero di riscontro e tratta-mento. Vengono di seguito ricordate situazioni vice-versa riscontrabili nella quotidianità del MMG.

SINDROME POST-TROMBOTICA E TROMBOSI VENOSE SUPERFICIALI

La SPT rappresenta a nostro avviso un capitolo dirischio talmente specifico che tornerà più adegua-tamente trattato in altri articoli di questo numero.Qualche riga vogliamo spendere qui per ricordarecome anche le tromboflebiti, o trombosi venosesuperficiali (TVS), considerate a lungo malattiabenigna quale comune complicanza delle varici,possono portare ad embolia polmonare in molticasi, ed essere fatali in altri.

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to ai 15 dei 381 pazienti a cui era stato dato il pla-cebo (3.9%). Inoltre il farmaco è risultato sicuro,con una percentuale molto bassa di malati con per-dite di sangue (0,7%). Un altro importante datomesso in evidenza dalla ricerca italiana indica comei tumori che determinano più trombosi siano quellial polmone e al pancreas. Infine, ricorderemo come anche i pazienti oncologi-ci in radioterapia e in ormonoterapia (tamoxifene)vedano incrementata la possibilità di insorgenza ditrombosi. Sulla terapia del TEV in tutti questi pazienti , il MMGsi troverà nella necessità di trattare con EBPM o con-tinuare questo trattamento iniziato dallo specialistaangiologo od oncologo, per un periodo prolungatoa 3-6 mesi (grado 1A), e successivamente usandoanticoagulanti orali o EBPM a tempo indeterminatoo finché il cancro non sia risolto (grado 1C). In casodi rilievo occasionale di TEV/EP asintomatiche è rac-comandato lo stesso trattamento del TEV sintomati-co (grado 1C) (3).

IPOMOBILITÀ ED IMMOBILITÀ

La chiave di volta del problema è sicuramente rap-presentata dalla immobilizzazione (6). Già Virchow- che non finiremo mai di ammirare per la sua lun-gimiranza in molti punti miliari della storia dellamedicina - aveva ipotizzato come questa potesseessere di per se causa di trombosi. Nel pazienteallettato o comunque ipomobile la velocità del san-gue nelle vene degli arti inferiori, in carenza dipompa muscolare, attivata a sua volta dal cammi-no, rallenta molto, la carenza di ossigeno determi-na danno della parete del vaso e le malattie con-comitanti possono determinare a loro volta unostato di attivazione della coagulazione. Usualmentesi considera che un allettamento di tre o più giornipuò esporre a rischio trombotico. Lo score di pro-babilità clinica di Wells (2001) prevede oltre ad altridati clinici ed anamnestici proprio questa situazio-ne per porre il sospetto di TVP in pazienti conedema improvviso. Come considerare e classificareil livello di ipomobilità? Lo studio Exclaim, già cita-to, per la prima volta ne prevedeva una sorta di

mi di Hodgkin e non-Hodgkin). Pertanto, sul pianoclinico, la comparsa di un edema acuto (va ipotiz-zata una TVP o la compressione venosa da massatumorale soprastante l’asse venoso), la comparsadi trombosi venose superficiali e/o migranti suvene sane, deve far porre domande urgenti sulsingolo caso e decisioni sull’effettuare più ampiscreening di popolazioni che potrebbero benefi-ciare di una profilassi primaria del TEV e dellostesso tumore, grazie all’uso di EBPM. L’eparina infatti si è rivelata efficace nel prevenirela tromboembolia quanto l’evoluzione dello stessotumore. Nei pazienti affetti da tumore e TEV laEBPM è risultata sin dai primi studi, in particolare,più efficace degli anticoagulanti per via orale (som-ministrati per 6 mesi) nella riduzione del rischio ditromboembolia recidivante (probabilità di recidivaa 6 mesi = 17% vs 9%) senza aumentare il rischio diemorragie gravi (6% vs 4%) o di emorragie in gene-re (14% vs 19%). Il tasso di mortalità sei mesi dopoil primo evento tromboembolico risulta minore conl’uso dell’EBPM che con gli anticoagulanti per viaorale. Ma anche le stesse terapie mediche oncologicheaumentano di per se il rischio di TEV e i pazientisottoposti a chemioterapia sono responsabili del13% degli eventi tromboembolici nella popolazio-ne. Utilizzare EBPM prima di sottoporsi alla che-mioterapia riduce i rischi di TVP. A queste conclu-sioni è giunto il più ampio studio al mondo sull’ef-ficacia dei farmaci antitrombotici nei pazienti mala-ti di cancro. Agnelli, dell’Università di Perugia, neha riferito a San Francisco al 50° Congressodell’American Society of Hematology (ASH), a fine2008. Uno studio multicentrico, condotto su 1.166pazienti con tumore in fase avanzata ai polmoni(279), colon (235), seno (165), ovaie (143), stomaco(98), retto (87), pancreas (53), testa e collo (36) e inaltri distretti (54) ha utilizzato una EBPM a talescopo. Ad alcuni pazienti è stato somministrato ilfarmaco, ad altri un placebo. Il trattamento è inizia-to in coincidenza con il primo ciclo di chemiotera-pia, ed è stato prolungato per un massimo di 4mesi. Solamente 16 dei 769 malati trattati con laEBPM ha avuto qualche caso di TVP (2,1%), rispet-

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tivi dedicati a persone affette da malattie neurologi-che croniche quali la sclerosi multipla, su di un nutri-to gruppo di pazienti allettati a domicilio seguiti daiservizi di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) e supazienti istituzionalizzati in RSA. In tutti i casi vienefatta una distinzione tra ipomobilità assoluta e relati-va escludendo dalle indagini chi può camminareautonomamente in casa o nell’ambito della residen-za, registrando i casi già in terapia anticoagulante peraltre co-morbidità o con profilassi farmacologicaantitrombotica (eparina calcica/EBPM). La prevalenzadi TVP in fase acuta od in esiti documentati è risulta-ta del 12% circa nei pazienti con malattia neurologi-ca, equivalente in quelli seguiti al domicilio dai servi-zi ADI e addirittura del 30% nei ricoverati presso unaRSA. Pur essendo dati del tutto preliminari chenecessitano di ulteriori valutazioni su fattori di rischiopersonali, livello di mobilità, patologie concomitantie trattamenti farmacologici associati, essi conferma-no la presenza di un problema per ora irrisolto circala opportunità di un trattamento profilattico in que-ste categorie di pazienti. In molti casi infatti l’esisten-za di residui trombotici in carenza di una pregressadiagnosi documentata di TVP non consente di data-re l’evento; e la stessa variabilità del tempo di allet-tamento dall’esordio della patologia, concomitanteall'esecuzione della indagine ultrasonografica, puòrisultare confondente. Infine, in tempi di deospedalizzazione precoce e ditrasferimento dell'assistenza post-acuta dall’ospe-dale al territorio, molte delle problematiche cheerano riservate al periodo di degenza in nosocomioricadono sul MMG. Probabilmente, il paziente nelsuo letto di casa non corre rischi diversi da quelloricoverato in ospedale od in una residenza sanitaria.Non vi sono allo stato delle conoscenze linee-guidasulla profilassi del TEV prolungata e lo stesso usodelle eparine non è scevro da problemi quandodivenga indefinito. E’ possibile in questi casi ipotiz-zare un ruolo per la profilassi meccanica in particola-re con calze antitromboemboliche in grado oltre chedi ridurre le probabilità di sviluppare una trombosi,di contrastare lo sviluppo di edemi declivi posturalida disuso, molto frequenti nei pazienti non deambu-lanti ed a loro volta invalidanti.

graduazione. La popolazione in studio era statainfatti selezionata in base all’età (> di 40 anni), aigiorni di ipomobilità trascorsa, alla malattia che hacomportato l’ospedalizzazione. Il livello di autono-mia è stato poi stratificato in base alla capacità dimuoversi autonomamente anche se in maniera limi-tata. Appartenenti al livello 1 sono stati classificatii pazienti incapaci di muoversi con autonomia epertanto costretti alla immobilità tra letto e poltro-na, al livello 2 quelli capaci di fruire senza aiuto deiservizi igienici ma comunque costretti alla ipomobi-lità per il resto del tempo. L’età superiore od ugua-le ai 75 anni od una storia di pregressa TEV, odancora una diagnosi di cancro erano nel secondocaso una caratteristica necessaria a considerare arischio i pazienti (7). Non molto si sa su incidenza e prevalenza degli even-ti TEV nei pazienti cronicamente ipomobili e soprat-tutto ancora meno si sa sulla opportunità e sullaeventuale durata della profilassi meccanica o farma-cologica in questo tipo di situazioni. Da dati epide-miologici (Heit, 2002) il 13% degli episodi di trombo-si ed embolia polmonare sarebbero a carico di per-sone ricoverate in residenze sanitarie (RSA).L’attitudine alla profilassi in questi ambienti, da datifrancesi (8), sarebbe maggiore per pazienti il cui sog-giorno è programmato come breve (22.4%) od infase post-acuta (9.8%), piuttosto che il lungo-degen-ti (3.1%). Vi è grande differenza numerica quando siindaghi una possibile trombosi con una indaginestrumentale rispetto alla osservazione puramente cli-nica. Quando le persone prolungatamente allettatesono sottoposte ad indagine ultrasonografica, ilmetodo attualmente ritenuto più efficace e con unottimo rapporto costo/beneficio per la diagnosivascolare venosa, viene riscontrata una prevalenzadel 13% di TVP sia sintomatiche che asintomatiche(Sellier, 2008). L’incidenza di TEV sintomatico, cioècaratterizzato da una clinica suggestiva con interoarto o gamba gonfia, varierebbe invece dagli 1.3 agli1.5 eventi/100 pazienti/anno (Gomes, 2003; Gatt2004). Negli ultimi anni, noi stessi, nella provincia diMilano, stiamo riscontrando il problema della TVP inpazienti in fase non acuta di malattia. In particolareabbiamo potuto raccogliere dati in ambienti riabilita-

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11Anno III - N. 1

LA BPCO

La broncopneumopatia cronica ostruttiva è tra leaffezioni mediche oggi più frequenti e di mortalitàalta. Si stima una mortalità di 33/100.000abitanti/anno. E’ difficile calcolare il peso del TEV inquesta mortalità, ma certamente la relazione tra ledue patologie ha una lunga storia con dati di inci-denza del TEV tra 28-51% (10) e sempre maggiorievidenze ne riportano l’attenzione tra le malattiecroniche di comune osservazione del MMG. Perché tale presenza reale del pericolo TEV in que-sti pazienti ? Sono stati descritti valori plasmatici ele-vati della frazione 1+2 della protrombina, del D-dimero e del fibrinogeno, maggiori in affetti daBPCO che in soggetti sani, così come si è rilevatol'aumento di sintesi del trombossano, riflesso di atti-vità piastrinica ed è stato suggerito uno vero e pro-prio stato protrombotico in questi pazienti. Sembraesservi relazione tra fumatori e non fumatori, ed unaeccellente review ha evidenziato i meccanismipotenziali procoagulanti del tabacco, vari dei qualicoincidenti con i fattori caratteristici della BPCO giàricordati, oltre ad incremento dell’omocisteina ediminuzione dell’antitrombina III (11). Nonostantetali evidenze del problema, risulta tutto ancora daindagare l’impiego preventivo dell’anticoagulazionenei pazienti in fase stabile; risultando più studiata leprevenzione nel paziente medico acuto (12).

LA CHANCE EBPM NELLA PREVENZIONE DEL TEV NEL PAZIENTE INTERNISTICO

Negli ultimi 20 anni, e con una progressione cre-scente, molti studi stanno via via mostrando come leEBPM rappresentino una valida terapia delle TVP edi prevenzione delle embolie polmonari; riducendoinoltre varie complicanze dell’evento, sia acutecome le emorragie, sia croniche come la SPT. L’elenco della letteratura va infatti infittendosi(Belch, 1981; Halkin, 1982; Gardlund, 1996;Samama, 1999; Mismetti, 2000; Goldhaber, 2000;Arpaia, 2000; Merli, 2001; Meyer, 2002; Cohen,2003; Leizorovicz, 2004; Hull, 2006; Dentali, 2007;Gonzàlez-Fajardo, 2008).

L’ANZIANO “FRAGILE”

L’invecchiamento della popolazione comporta unaserie di problematiche emergenti che coinvolgonosia il versante sanitario che sociale. La domanda disalute aumenta mentre le disponibilità economichediminuiscono. Sarà sempre più fondamentale “mira-re” alla persona più che alla categoria. Dare e farecioè tutto quello che serve, ma solo a chi serve evi-tando di disperdere risorse a pioggia. Il termine “fragile”, frailty, in geriatria viene utilizzatoper definire ed inquadrare lo stato di autosufficienzadell’anziano, in un certo modo indipendentementedall’età e dalle patologie di cui è affetto, anche sel’accumularsi di queste sicuramente influenza il datofinale. Hazzard ha così descritto nel 2004 la condizio-ne di fragilità: “… un uomo, o più spesso una donna,che vive sul filo del rasoio, in bilico tra il mantenimen-to della propria indipendenza e il rischio di una tragi-ca cascata di eventi patologici, disabilità e compli-canze, che troppo spesso si dimostrano irreversibili,rappresentando i più complessi problemi che i medi-ci e tutte le figure professionali sanitarie si trovano adover affrontare… Si tratta di un’enorme sfida inquanto la coesistenza di molteplici patologie croni-che e progressive è la regola, mentre problemi sem-plici, che si risolvono spontaneamente o che facil-mente si curano, rappresentano l’eccezione…” Il Canadian Study of Health and Aging ha fornito unascala di valutazione del grado di fragilità che ci con-sente di classificare adeguatamente lo stadio in cuisi trova il paziente e che anche ci aiuta a compren-dere la sua definizione nella pratica clinica: si vadalle persone ancora in forma (fit) o in buone condi-zioni (well), senza malattie evidenti ma meno attiverispetto al gruppo precedente; a persone vulnerabi-li con sintomi di malattia, “rallentamento” nello svol-gimento delle attività quotidiane, ad altre moderata-mente fragili che necessitano aiuto in tutte le attivi-tà quotidiane, sino ai gravemente fragili, dipenden-te in maniera totale dagli altri. In Italia si stima in piùdi un milione il numero degli anziani fragili con unaprospettiva di raddoppio nei prossimi 20 anni. Quianche, si annida il pericolo TEV che deve essere con-siderato e prevenuto (9).

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Anno III - N. 112

4. Verlato F, Zucchetta P, Prandoni P et Al. An unex-pectedly high rate of pulmonary embolism inpatients with superficial thrombophlebitis of thethigh. J Vasc Surg 1999; 30: 1113-5.5. Carlizza A. Approccio clinico alle trombosi venosenel paziente neoplastico. Min Cardioangiol 2008;56, Suppl 1 al N. 6: 24-7. 6. Bosson JL, Pouchain D, Bergmann JF for theETAPE Study Group. A prospective observationalstudy of a cohort of outpatients with an acute medi-cal event and reduced mobility: incidence of sym-ptomatic thromboembolism and description ofthromboprophylaxis practices. J Intern Med2006;260:168-76.7. Hull RD, Schellong SM, Tapson VF, Monreal M,Samama MM, Turpie AGG, Yusen RD: late breakingclinical trial: Extended-duration venous thromboem-bolism (VTE) prophylaxis in acutely ill medicalpatients with recent reduced mobility: The EXCLAIMstudy. J Thromb Haemost 2007; 5, Suppl 2.8. Trivalle C, Ongaro G for the European Acadamyfor Medicine of Ageing (EAMA). Use of low mole-cular weight heparin for medical prophylaxis byEuropean geriatricians. Rev Med Interne2006;27:10-5. 9. Folsom AR, Boland LL, Cushman M et Al. Frailtyand risk of venous thromboembolism in older adults.J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2007;62:79-82.10. Tille-Leblond I, Marquette C-H, Pérez T et Al.Pumonary embolism in patients with unexplainedexacerbation of chronic obstructive pumonary disea-se: prevalence and risk factors. Ann Intern Med2006; 144: 390-6.11. Tapson VF. The role of smoking in coagulationand thromboembolism in chronic obstructive pulmo-nary disease. Proc Am Thorac Soc 2005; 2: 71-7.12. Tapson VF, Decousus H, Piovella F et Al. A multina-tional observational color study in acutely ill medicalpatients of practices in prevention of venous thrombo-embolism: findings of the International MedicalPrevention Registry on Venous Thromboembolism(IMPROVE). Blood 2003; 102, Suppl: 321a. 13. Bellosta R, Ferrari P, Luzzani L et Al. Home thera-py with LMWH in deep vein thrombosis. Angiology2007; 58: 316-22.

Per tale motivo scegliamo qui, in conclusione, dicitare un solo lavoro, recente ed italiano, di tratta-mento con EBPM, domiciliare “semplificato”.Lo studio condotto in Italia e pubblicato dapprimasu Minerva Cardioangiologica, come premio dimiglior presentazione a Congresso della SIAPAV,poi negli USA riscontrando significativo interesse(13), rappresenta, come detto, esempio di terapiadomiciliare in pazienti prevalentemente internistici(immobilizzati, con TVP idiopatica ...). Questo, valu-tando l’efficacia di due diverse EBPM e mettendolea confronto, una delle quali la parnaparina. Lo studio ha confermato l’efficacia delle EBPM sia intermini di prevenzione del rischio tromboembolico,sia di sicurezza per complicanze emorragiche. Diparticolare interesse, i dati hanno dimostrato chenon esiste differenza significativa in termine dirischio tromboembolico, di complicanze emorragi-che, né di eventi avversi tra una somministrazione adosaggio terapeutico per tutto il periodo di tratta-mento o a dose terapeutica solo per il primo meseseguita da una dose dimezzata successivamente.Ciò è risultato più evidente per il gruppo di pazientitrattati con la parnaparina. Non ultimo, sempre nelgruppo parnaparina, l’EBPM ha maggiormentefavorito un più rapido processo di ricanalizzazionedel vaso, ottenendosi una ricanalizzazione venosatotale a 3-6 mesi nel 62% dei casi

Bibliografia1. Nicolaides AN et Al. Prevention and treatment ofvenous thromboembolism. International ConsensusStatement (Guidelines according to scientific evi-dence). Intern. Angiol. 2006; 25: 101-61.2. Agus GB, Allegra C, Arpaia G et Al. Linee Guidadiagnostico- terapeutiche delle malattie delle venee dei linfatici. Acta Phlebologica 2000; 1 (Suppl.1 aln.1):1- 55. Revisione 2003 in Acta Phlebologica2003; 4: 1-52. 3. Kearon C, Kahn SR , Agnelli GC, Goldhaber S,Raskob GE and Comerota AJ. AntithromboticTherapy for Venous Thromboembolic Disease:American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines (8th Edition).Chest 2008; 133: Supplement.

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13Anno III - N. 1

come concomitanti fattori di rischio quali l’obesità,la posizione ortostatica prolungata ed anche sempli-ci situazioni quali tosse, starnuto, accovacciamento,sforzo, compressioni ecc., facciano sì che il flussocentripeto della colonna ematica venosa subisca unfreno o addirittura un’inversione ed in tali condizionisi verifichi un aumento della quantità di sanguesospinta verso il circolo superficiale attraverso levene perforanti divenute incontinenti già di per seper la pregressa trombosi profonda.

Riprendendo opportunamente l’affermazione delDocumento Internazionale di Consenso sul trombo-embolismo venoso dell’UIA (1), già citato in apertu-ra del precedente articolo - “un effetto della TVPspesso sottostimato è l’insufficienza venosa cronicapost-trombotica [SPT], che deriva dal reflusso veno-so o dall’ostruzione venosa profonda, con modifica-zioni e ulcerazioni cutanee di impatto notevolmenteavverso sulla qualità di vita e sui costi sanitari” -,aggiungeremo come a questa piaga sociale ed eco-nomica delle ulcere sia affiancato il realerischio di recidiva trombotica in molti casi. La SPT in passato comportava sequele a 15anni di distanza superiori all’80%. Grazieall’era della profilassi e terapia eparinica edella compressione graduata è sicuramentemigliorata la storia naturale nella maggioran-za dei casi. Esiste tuttavia ancora un’alta per-centuale di pazienti che va incontro ad undeterioramento progressivo della circolazio-ne venosa causato dall’ipertensione venosacronica e dello stato trofico cutaneo dell'arto,oltre che a recidiva trombotica. Un atteggiamento più aggressivo al proble-ma è pertanto raccomandabile proprio sulpiano della prevenzione e della gestione delcorredo sintomatologico del paziente. Questa deve partire da un counselling attentoad aspetti in genere trascurati. Basti pensare

Sintomi da sindrome post-trombotica.Un caso di prevenzione necessaria

Giovanni B. Agus

Direttore Sezione di Chirurgia Vascolare e Angiologia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche Specialistiche,

Università di Milano

a b

FLUSSO DEL SANGUEIN CONDIZIONE FISIOLOGICA (a) E PATOLOGICA (b)

Figura 1

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Anno III - N. 114

LA SPT SEVERALa stasi venosa generalizzata al macrocircolo, oltreche alla microcircolazione, è in grado di fare progre-dire i segni della patologia venosa in tempi molto piùrapidi, rispetto al paziente sintomatico idiopatico (Fig.1). Soprattutto dalle alterazione del microcircolo deri-va la sofferenza tissutale le cui manifestazioni clinichesono sotto i nostri occhi: eczema, distrofia cutanea einfine l’ulcera, a cui corrispondono gravose sintoma-tologie, come il dolore profondo e bruciante durantela marcia, vera “claudicatio venosa”, motivato dal-l’inefficienza del meccanismo di pompa muscolare delpolpaccio e dall’ipertensione venosa. Dolore chediviene particolarmente intenso e continuo quandocompare e si stabilizza l’ulcera; anche perché peggio-rato dalle frequenti sovrainfezioni microbiche. Il dolo-re è frequentemente esacerbato nella notte, perfinourente, di tipo causalgico. In un precedente numerodi “Nautilus” Giorgio Guarnera trattò articolatamen-te le correlazioni tra dolore delle ulcere e qualità dellavita compromessa. Recentemente, a fine 2008, è comparsa una mono-grafia sulla SPT che riempie un vuoto sull’affrontodi questa complessa affezione (5). Sono convintodell’utilità di una trattazione specifica ed in passa-to ho più volte avuto occasione di farlo (6, 7); cosìcome non posso dimenticare l’opera del francese P.Langeron nel popolarizzare una affezione su cuiregnava parecchia confusione e ignoranza, acominciare dalla definizione poi passata da sindro-me post-flebitica a s. post-trombotica.

TERAPIA DELLA SPT

Il recente libro di Marco Moia con Gualtiero Palaretititola il capitolo centrale “La SPT: una condizione daprevenire”. Il trattamento della SPT è infatti eminentementepreventivo, e se una terapia si impone, essa deveriguardare tanto la diagnosi e la terapia, entrambetempestive, della TVP in fase acuta. La prevenzione delle recidive della trombosi èsoprattutto farmacologica. Diversi ruoli in diversimomenti possono svolgere le eparine a basso pesomolecolare così come gli anticoagulanti orali.Da 25 anni un ricca serie di studi che qui ricorderòcon due soli esempi per le stessa titolazione dei

LA SINTOMATOLOGIA DELLA SPT

L’instaurarsi di una ipertensione venosa cronicapone sotto pressione continuativamente il microcir-colo superficiale dell’arto interessato, determinandotipicamente un corredo di sintomi quali dolore,pesantezza, gonfiore, crampi, prurito o formicoliiche possono risultare intermittenti o, più spesso,permanenti. Un’indagine epidemiologica recente sudi una popolazione con pregressa TVP ha registratolo sviluppo di insufficienza venosa nel 7,3% deipazienti già ad un anno dall’evento trombotico, per-centuale che saliva al 14,3% a cinque anni ed al19,7% a dieci anni. Si stima che oltre il 25% dei nuovipazienti con sintomatologia venosa siano da ricon-durre a eventi trombotici pregressi, più o meno dia-gnosticati, e che nella maggior parte dei casi l’esor-dio dei sintomi si ha fra il primo ed il secondo annodall’evento acuto (2, 3, 4).Attualmente non esistono molti score diagnostici vali-dati in letteratura per la valutazione della SPT. Fra ipiù riconosciuti vi è lo score di Villalta, che riportiamonella sezione Aggiornamento in Slides del presentenumero di Nautilus. Si tratta di uno strumento agileche permette in modo semplice e rapido di valutarela severità della SPT nel paziente in esame.

LE VARICI SECONDARIE NELLA SPT

Le vene superficiali, esaurita la funzione di supplen-za nel momento dell’ostruzione della via principale -il circolo profondo trombizzato -, sono soggette alletipiche degenerazioni di parete che portano alladilatazione, dando luogo al quadro clinico delle vari-ci post-trombotiche.E’ utile al riguardo riprendere i nuovi concetti sintetiz-zati nella review di Bergan del 2006 sulla evoluzionedei Disturbi Venosi Cronici, in particolare riguardo allagenesi delle varici, che vedono il danno endoteliale,prodotto dalla ipertensione venosa, e l’infiammazionea carico del microcircolo e delle vene superficiali, qualipromotori di una alterata produzione di collagene,attraverso lo sbilancio del sistema regolatore propriodelle metalloproteinasi (MMPs 2,9). L’alterazione dellaproduzione del collagene Tipo I (elasticità) e Tipo III(resistenza) è alla base della deformazione venosa checaratterizza la patogenesi varicosa.

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Bibliografia1. Nicolaides AN et Al. Prevention and treatmentof venous thromboembol ism. Internat ionalConsensus Statement (Guidelines according toscientific evidence). Intern. Angiol. 2006; 25:101-61. 2. Mohr DN, Silerstein MD, Heit JA et Al. Thevenous stasis syndrome after deep venousthrombosis or polmunary embolism: a popula-t ion-based study. Mayo Cl in Proc 2000;75:1249-56.3. Heit JA, Rooke TW, Silverstein MD et Al. Trendsin the incidence of venous stasis syndrome andvenous ulcer: A 25-year population-based study. JVasc Surg 2001; 33:1022-102.4. Kahn SR et Al. Arch Intern Med 2004;164:17-26.5. Moia M, Palareti G. Il paziente post-trombotico.Linee Guida ACCP 2008. Focus on: La cronicizza-zione delle ulcere venose. Mediamed Ed Scient,Milano 2008. 6. Agus GB et Al. La sindrome post-flebitica di inte-resse chirurgico. Chirurgia Arch Trimestr 1978,Supplementum, CEA, Milano. 7. Agus GB. Sindrome post-trombotica. In BenedettiValentini F ed, SICVE: Chirurgia Vascolare. MinervaMedica Ed, Torino 2001: 612- 23. 8. Buchanan MR, Brister SJ, Ofosu F. Preventionand treatment of thrombosis: Novel strategies

arising from our understanding thehealthy endotelium. Wien KlinWochenschr 1993; 105: 309-13. 9. Errichi BM, Cesarone MR, BelcaroG et Al. Prevention of RecurrentDeep Venous Thrombosis withSulodexide: The SanVal Registry.Angiology 2004; 55: 243-9. 10. Clinical Evidence. Venous legulcers. Clin Ev, BMJ Publ Group 2006;15: 1-3. 11. Kearon C, Kahn SR, Agnelli GC,Goldhaber S , Raskob GE andComerota AJ. Antithrombotic Therapyfor Venous Thromboembolic Disease:American College of Chest PhysiciansEvidence-Based Clinical PracticeGuidelines (8th Edition). Chest 2008;133: Supplement.

lavori pubblicati, “prevenzione” della trombosi edella trombosi ricorrente, ha documentato gli effet-ti antitrombotici e l’azione fibrinolitica di eparinoidinella prevenzione delle recidive, tra cui il GAG sulo-dexide domina ormai la scena (8, 9). Sono poi venute, e siamo al 2008, evidenze fortisull’uso di questi farmaci, particolarmente nellacura della complicanza ulcerativa (10, 11). Della compressione elastica rigorosa durante i primidue anni dopo una TVP di qualsiasi estensione e gra-vità se ne parla in altro articolo. Non vanno dimenti-cate, perché importanti, le norme igieniche e postu-rali, delle quali il paziente deve essere ben istruito. Ilpaziente post-trombotico deve avere una vita attiva,praticare una idonea attività fisica - meglio se conprogramma controllato - ed anche sportiva, ridurre ilpeso corporeo, evitare traumatismi delle gambe,dormire con gli arti in posizione antideclive corretta. Se il trattamento della SPT è largamente preventivo-farmacologico- riabilitativo, con largo spazio per far-maci a valenza fibrinolitico-antitrombotica, il ruolodella chirurgia non deve essere dimenticato seppurelimitato alla risoluzione di singoli aspetti fisiopatologi-ci (l’incontinenza irreversibile di vene perforanti; lacomparsa di varici secondarie sintomatiche o causa dicomplicanze) o anatomici (il danno valvolare venosoprofondo). L’indicazione chirurgica, in particolari casi,appare dunque importante (6, 7).

SULODEXIDE - Attività antitrombotica profibrinolitica

fattore X

trombina

trombina

plasmina

fibrina

trombogenesi

crescita trombo

tPA PAI

F.D.P. Prodotti di degradazione della fibrina

inibizione della formazionedi trombina (azione eparinica)

inibizione della trombina adesa al trombo (azione dermatanica)

attivazionefibrinolisi (azionedermatanica)

Figura 2

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Aggiornamento in SLIDESNautiluNautiluV i a g g i o a l C e n t r od e l l a S a l u t e

Anno III - N. 116

Dal TEV alla SPT

• Una delle più frequenti malattie multifattoriali1

• Si manifesta clinicamente come Trombosi Venosa Profonda o Embolia Polmonare1

• Mortalità elevata (6%)1

• Circa il 50% degli affetti non presenta sintomi clinici manifesti1

• Circa 1/3 dei pazienti con TEV sintomatica manifesta sintomi clinici di EP1

• Fattori acquisiti ed ereditari contribuiscono al manifestarsi della patologia1

• Incidenza elevatissima in chirurgia ortopedica (chirurgia d’anca e di ginocchio, frattura d’anca)2

TromboEmbolismo Venoso

1. Gathof BS et al. Eur J Med Res 2004; 9: 95-103.2. Geerts WH et al. Chest 2004; 126: 338S-400S 1

Morte per embolia polmonare in pazienti ospedalizzati

Cooper, Consult Pharm, 2001

75%

25%

PazientiChirurgici

PazientiMedici 2

Score clinico Ginsberg*

*Modificato da Ginsberg JS, et al. Arch Intern Med 2001; 161:2105-2109)

DEFINIZIONE DI SPT

Dolore e gonfiore della gamba cronici (durata > mese) con caratteristiche tipiche(miglioramento dopo una notte di riposo e con l’arto sollevato; peggioramentoa fine giornata e dopo un prolungato periodo in piedi o seduto), chesi sono presentati 6 mesi o più dopo una TVP prossimale In aggiuntaEvidenza oggettiva di incompetenza valvolare (diagnosticata mediante pletismografiao Doppler venoso) Entrambi i criteri sono presenti diagnosi di SPT

2

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17Anno III - N. 1

Lo Score di Villalta per la S.P.T.

Source: Pesavento R, Prandoni P. Phlebology Digest 2007;20:4-8

Metodo standardizzato per la valutazione della sindrome post-tromboticaSCORE CLINICO VILLALTA*SINTOMI SOGGETTIVI* SEGNI OBIETTIVI*Pesantezza Edema pre-tibialeDolore Aumento della consistenza cutaneaCrampi IperpigmentazionePrurito Nuove ectasie venoseParestesie Rossore Dolore suscitato da pressione sul polpaccio Ulcera cutanea*Ogni sintomo o segno riceve uno score tra 0 (assente), 1 (lieve), 2 (moderato), 3 (grave), ad eccezione dell’ulcera cutanea, di cui viene semplicemente rilevata la presenza DEFINIZIONE DELLA SINDROME POST-TROMBOTICA

Grave: rilievo di ulcera cutanea in una occasione o score >15 misurato in due visite consecutive (assegnazione della PTS alla seconda visita)Lieve: score tra 5 e 14 in due visite consecutive (assegnazione della PTS alla seconda visita)Assente: score <4

4

Valutazione Grade** degli interventi per le ulcere venose della gamba

*Modificato da Nelson EA, BMJ Clinical Evidence 2008;09;1902*Grades of Recommendation, Assessment, Development and Evaluation Working Group

Numero Risultato Confronto Tipo di Qualità Coerenza Applica- Dimensione Grado Commentodi studi evidenza bilità dell’effetto

4 (488) frequenza Sulodexide 4 0 0 0 0 alto di os + guarigione compressione ulcera vs compressione da sola8 (682) frequenza Pentossifillina 4 0 0 0 0 alto di os vs placebo guarigione ulcera5 (723) frequenza MPFS os+ 4 -1 -1 0 +1 moderato il punteggio della di compressione qualità attribuito guarigione vs compressione per incompleta ulcera da sola presentazione dei risultati il punteggio della coerenza attribuito per risultati in conflitto il punteggio della dimensione dell’effetto attribuito per RR/OR >2 ma <5

Tipo di evidenza: 4=RCT; 2=studi osservazionaliCoerenza: silimilitudine dei risultati tra diversi studiDimensione dell’effetto: basato su Rischio Relativo oppure Odds Ratio;Applicabilità: generalizzabilità della popolazione o dei risultati

5

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CounsellingNautiluNautiluV i a g g i o a l C e n t r od e l l a S a l u t e

Anno III - N. 118

La pianta spugnosa del piede è la prima ad agire - vero“cuore venoso” -, in quanto durante il cammino vienecompressa tra terreno e piano osseo ed il sangue inessa contenuto viene letteralmente spremuto versol’alto; a seguire, interviene la muscolatura del polpac-cio che, sempre durante la deambulazione, comprimele vene profonde facendo progredire a sua volta lacolonna ematica (anche le articolazioni giocano unruolo). Normalmente quindi pompe e valvole fanno siche durante il cammino la colonna di sangue vengacostretta a risalire gli arti inferiori e da qui i vasi addo-minali per tornare al cuore. I vasi linfatici rappresenta-no una sorta di circolazione parallela a quella venosa;

nascono a fondo cieco accanto aicapillari e si occupano, molto gros-solanamente, di trasportare verso ilcuore, quindi ancora nelle vene,sostanze che per caratteristiche edimensioni molecolari vengonoassorbite tramite le fenestrature delversante venoso del capillare. Qualene sia la causa, le malattie delle venesolitamente colpiscono la funzionevalvolare facendo venir meno il fon-damentale supporto emodinamicoalle pompe venose (Fig. 2). La stasi che ne deriva provoca uningorgo del microcircolo a monte,alterando gli equilibri idrostatici e

Negli ultimi anni il trattamento compressivo dellemalattie del sistema venoso e linfatico, ha visto unincremento notevole delle conoscenze e delle indica-zioni che giocoforza si stanno imponendo ancheall’attenzione di tutti i MMG. A dispetto dell’azioneselettiva sui grossi vasi venosi è sul microcircolo che leazioni “farmacologiche” della compressione si esple-tano compiutamente. Solo nel tratto capillare tessuti,interstizio e cellule giungono a stretto contatto e pos-sono mettere in atto gli scambi metabolici (Fig. 1).A questo livello la pressione arteriosa residua è minima,ma dato che all’esterno del capillare è minore è grazieal gradiente idrostatico che avvengono molti degliscambi tissutali. Ma anche le diffe-renti concentrazioni di sali e protei-ne vi contribuiscono in funzione deidifferenti gradienti osmotico edoncotico. Nel caso degli arti inferio-ri il ritorno venoso è ulteriormenteostacolato dalla stazione eretta, cheaggiunge la forza di gravità all’esau-rimento della “vis a tergo” cardiaca.A questo scopo intervengono lecosiddette “pompe venose ” la cuifunzione è fornire una spinta tale damuovere la colonna ematica versol’alto e in profondità, con la fonda-mentale collaborazione delle valvo-le venose ad impedirne il reflusso.

Compressione elastica.Azioni ed indicazioni certe,in discussione, discutibili...Guido Arpaia*, Giovanni Agus**

*Direttore U.O.S. di Angiologia, Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate, Presidio di Vimercate, Milano

** Direttore Sezione di Chirurgia Vascolare e Angiologia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche Specialistiche,

Università di Milano

Arteriole

Linfa

ca. 10%

Venule

ca. 90%Riassor-bimento

Interstizio

FiltrazioneCapillare

Figura 1 - Schema degli scambicapillaro-interstiziali

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Counselling NautiluNautiluV i a g g i o a l C e n t r od e l l a S a l u t e

19Anno III - N. 1

gere emodinamicamente il sistemagrazie proprio alla azione fisica sui tes-suti. La pressione dall’esterno potràfar collabire le pareti di vene ectasi-che superficiali o ridurre il diametro divasi più profondi. Nel primo caso laesclusione dal circolo di vene patolo-giche costringerà il flusso attraversovasi sani con funzione valvolare effica-ce, nel secondo si potrà ottenere ilriavvicinamento di lembi valvolariancora funzionali e comunqueaumentare la velocità di scorrimentograzie alla deviazione del circolo dalsistema superficiale al profondo.Ma tutto questo avviene efficace-mente solo se il paziente è in gradodi camminare! Una calza da sola, maanche un bendaggio più o meno rigi-do, non possono se non minimamen-

te influenzare l’emodinamica di un arto inferiore inassenza di attività muscolare. In pratica la spinta dalbasso verso l’alto è fondamentale per rendere effica-ce una qualsiasi terapia venosa.

chimico-fisici e inducendo una“ipossia da stasi” da difficoltosaprogressione del sangue ossigenatonell’unità microvascolare con dannocellulare ed attivazione infiammato-ria. Si verifica quindi un circolo vizio-so nel quale la carenza di ossigeno,la stasi nei capillari, l’edema intersti-ziale, l’accumularsi di sostanzepotenzialmente tossiche, la attiva-zione dell’infiammazione provocanoun danno alla lunga irreversibile. Lastessa sintomatologia tipica dell’in-sufficienza venosa, pesantezza,dolore, gambe irrequiete, edema,formicolii sono determinati daquesti meccanismi. L’ulcera veno-sa ne è l'espressione più grave edeclatante.

IL RUOLO DELLA COMPRESSIONE

La compressione, sia mediante fasciature elastiche cherigide o calze di tipo terapeutico, è in grado di correg-

Figura 2 - Schema di valvola normale e danneggiata che consente il reflusso del sanguecon conseguente stasi

A livello macrocircolatorio:

riduzione del calibro delle vene superficiali e profonde (Emter 1989)

riduzione di circa il 40% i reflussi patologici (Sarin 1992)

riduzione del sovraccarico delle valvole venose soprattutto del sistema venoso profondo (Partsch 1979)

aumento della velocità del sangue di circa 5 volte (Emter 1992)

aumento dell’attività fibrinolitica (Altenkamper 1979)

accelerazione del trasporto linfatico (Stoberl 1989)

AZIONI EMODINAMICHE E METABOLICHE DELLA COMPRESSIONE

A livello microcircolatorio:

diminuzione dell’ectasia capillaro-venulare (Curri 1989)

blocco dell’ispessimento della membrana basale (Curri 1982)

diminuzione dell’edema interstiziale (Stemmer 1984)

miglioramento delle condizioni fisiochimiche dell’interstizio (Bollinger 1993, Rashid 1992)

diminuzione della pressione endolinfatica ed interstiziale (Allegra 1995)

aumento dell’ematocrito e della viscosità ematica (Allegra 1995)

LG CIF su compressione, 2000

Tabella 1

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Anno III - N. 120

saranno anche più difficili da indossare e meno sop-portabili a riposo. Calze di queste caratteristichehanno dimostrato pari o superiore efficacia rispettoai bendaggi per il trattamento dell’ulcera venosa,con molta maggior facilità di gestione.

LE NORMATIVE DI RIFERIMENTO

In Italia non esiste tuttora una normativa di riferimen-to per la compressione elastica terapeutica mediantecalze. I riferimenti sono rappresentati dalle normericonosciute dai sistemi sanitari tedesco e francese(Fig. 3; Tab. 2), non essendo stata ancora recepita unaproposta di normativa europea, in corso da anni.

LA CLASSIFICAZIONE DI RIFERIMENTO

Le classificazioni in medicina hanno più scopi, farimpazzire gli studenti, far discutere gli specialisti,essere ignorate dai medici. Ciò non di meno si trat-ta di tentativi per parlare una lingua comune e perfar sì che lo stesso paziente abbia la stessa malattiaper chiunque lo affronti.In flebologia la classificazione attualmente di riferi-mento per le malattie delle vene è denominataCEAP, acronimo di Clinical-Ethiology-Anatomy-

BENDAGGI O CALZE ELASTICHE?

Un bendaggio normalmente viene effettuato utilizzan-do materiali poco elastici creando attorno alla gambamalata un baluardo rigido. I muscoli contraendosidurante la deambulazione tendono ad incrementare illoro diametro, ma la fasciatura rigida lo impedisce etutta la forza si riversa verso l’interno sulle vene siasuperficiali che profonde e gli spazi interstiziali. Si haquindi la massima attività durante il lavoro muscolare(alta pressione di lavoro), minima durante il riposo(bassa pressione di riposo). Quest’ultima caratteristicaconsente di indossare un bendaggio rigido nelle 24 ore.E’ il sistema migliore per ottenere velocemente la ridu-zione di un edema da stasi cronica che interferisca sullaguarigione di un’ulcera. Si determina una decongestio-ne del microcircolo consentendo a sangue fresco di arri-vare alle cellule iniziando i processi riparativi tissutali.Una calza elastica si comporta diversamente, essendoappunto elastica agisce sia a riposo che durante il lavo-ro, ma essendo cedevole consente una certa dilatazio-ne laterale della muscolatura ottenendo una pressionedurante il lavoro inferiore rispetto al bendaggio.Lavorando anche a riposo, è intuitivo che solo pressionibasse potranno essere sopportate nelle 24 ore, mentrequelle elevate verranno indossate solo durante il giornoe con la deambulazione. Recenti acquisizioni tecnico-scientifiche hanno però aggiunto alcune variabili a que-sti dati. Uno dei possibili parametri per la valutazionedella elasticità è il cosiddetto Indice di Stiffness.Rappresenta l’incremento di pressione trasmessa daltutore all’aumento della circonferenza della gamba (adesempio passando dal clino all’ortostatismo). La misuraassume come base l’aumento di un centimetro. Teoricamente pertanto misurando la pressione alivello della caviglia al di sotto di una calza tera-peutica di taglia corretta si dovrebbe rilevare unincremento costante aumentando la circonferenzadell’arto di un centimetro.Ebbene, non è poi così vero. Tutto dipende proprioda grado di elasticità del singolo prodotto, a suavolta determinato da tecniche di confezione, filatiecc. A parità di classe di compressione vi sono calzeche incrementano di più la pressione (indice diStiffness alto) ed altre di meno (indice di Stiffnessbasso). Le prime avranno pressioni di lavoro più altedelle seconde e saranno più efficaci sull’edema, ma

Figura 3 - I marchi di qualità riconosciuti dai sistemisanitari tedesco e francese. Devono essere repertati sulle confezioni delle calze commercializzate in quei paesi

1a 18,7 - 21,7 10 - 15 2a 25,5 - 32,5 16 - 203a 36,7 - 46,5 21 - 36 4a > 58,5 > 36

Classe A B

Tabella 2 - Livelli di compressione in mm di Hg alla caviglia secondo la normativa tedesca RAL-GZ 387 (A) e francese NFG 30-102B (B)

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venzione delle trombosi nei pazienti a rischio. Questotipo di tutori, classicamente caratterizzati da compres-sioni decrescenti 18 __> 8 mm Hg dalla caviglia allacoscia, possono essere indossati nelle 24 ore dapazienti allettati o comunque ipomobili. Ottengono unimportante incremento della velocità di flusso nellevene profonde. Essendo la stasi assieme al danno diparete ed alla ipercoagulabilità le tre cause riconosciu-te delle trombosi, riducono da sole o specie in associa-zione con eparina di oltre il 70% il rischio trombotico.Vanno considerate in tutti quei casi nei quali i farmacisono controindicati e negli allettamenti prolungati permalattie croniche.La Malattia Venosa Cronica (MVC) - La MVC con varici(CEAP 2), in assenza di segni di sofferenza da stasi cro-nica dei tessuti, trova nella compressione la prima basedel trattamento insieme a farmaci flebotropi (diosminaed altri). L’indicazione è per una calza con compressio-ne di almeno 18 mmHg alla caviglia, 2 classe franceseo 1 classe tedesca RAL-GZ 387. La presenza di segni disofferenza tissutale (CEAP 4) darebbe indicazione adincremento della compressione (2 o 3 classe RAL), datoancora più valido nel caso della prevenzione della reci-diva di ulcera venosa (CEAP 5); quanto all’uso di farma-ci efficaci come i GAGs, tra i quali il sulodexide.Il trattamento dell’ulcera (CEAP 6) può prevedere sial’uso dei bendaggi “rigidi” che di calze. Usualmente inquest'ultimo caso si tende a far sovrapporre due calze,la prima più leggera (antitrombo), indossata nelle 24h,anche a scopo antiedema oltre che a protezione dieventuali medicazioni sottostanti e la seconda piùpesante (1 o 2 classe RAL) per la correzione emodina-

Pathophysiology, grazie alla quale è possibile descri-vere in maniera estremamente precisa la situazionedel singolo paziente Nella pratica clinica la partedella CEAP di uso corrente è la parte riferita alla let-tera C, la condizione clinica (Tab. 3).

LE INDICAZIONI CERTE

Le trombosi venose - E’ ormai assodato che la com-pressione elastica, con la deambulazione e il tratta-mento antitrombotico-anticoagulante, riveste unruolo fondamentale nel trattamento delle trombosivenose sia superficiali (TVS) che profonde (TVP). Nel caso delle TVS una prima classe RAL sembraefficace vista la estrema superficialità delle veneinteressate (safene, varici…). La prescrizione deveessere fatta all’atto della diagnosi e la calza fattaindossare nelle ore diurne, la deambulazione deveessere incoraggiata. Nel caso delle TVP la classe di compressione più adat-ta sembra essere la 2 RAL, anche se la letteraturaanglosassone tende a privilegiare la 3. Anche in questocaso la calza deve essere prescritta da subito per otte-nere la dimostrata accelerazione nella riduzione deltrombo oltre che per prevenire il danno valvolare conconseguente sindrome post-trombotica (SPT). La calzadeve essere indossata durante il giorno, il pazientedeve camminare (proscritto il riposo a letto!) e la dura-ta del trattamento deve proseguire per almeno dueanni. Il solo gambaletto ha dimostrato altrettanta effi-cacia di monocollant e collant. Altrettanto importante ilruolo delle calze antitromboemboliche (ATE) per la pre-

Classi cliniche (C 0-6) a = asintomatico s = sintomatico

classe 0: assenza di segni clinici visibili o palpabili di malattia venosa

classe 1: presenza di teleangiectasie o vene reticolari

classe 2: presenza di vene varicose

classe 3: presenza di edema

classe 4 (a e b): turbe trofiche di origine venosa: pigmentazione, eczema, ipodermite, atrofia bianca

classe 5: come classe 4 con ulcere cicatrizzate

classe 6: come classe 4 con ulcere in fase attiva

LA CLASSIFICAZIONE CEAP

Tabella 3

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più avanzati e per il mantenimento dei risultati dellaterapia fisica si arriva alla prescrizione di una 3 o 4 clas-se, con tutte le limitazioni per le difficoltà ad indossa-re questi livelli di compressione! Compressione post-chirurgia venosa: il caos! -Purtroppo molto si è scritto ma poco si è capito. Lastragrande maggioranza dei chirurghi che si occupanodi chirurgia delle vene ritengono fondamentale un trat-tamento compressivo nel post-operatorio. RobertoBisacci, chirurgo dell’Università di Perugia ed espertoin compressione, ha avuto negli anni scorsi il grandemerito di tentare per lo meno di conoscere gli usi ita-liani attraverso un questionario che costituisce la basesu cui impostare ogni futuro ragionamento e studio suquesto argomento. La maggior parte dei chirurghi pri-vilegiano le calze alle fasciature per la maggiore facilitàdi gestione, ma non vi è un chiaro consenso per il tipodi calza. Vi sono in commercio calze tipo antitrombocon pressioni più elevate delle tradizionali (25 mmHgalla caviglia), molto usate ma con poca evidenza in let-teratura, da far indossare già sul tavolo operatorio. Altriprescrivono calze di 1 o 2 classe sempre nell’immedia-to p-o. L’indicazione è estesa sia alla chirurgia tradizio-nale, lo stripping, che alle nuove tecniche di trattamen-to endovascolare laser o con RF. Lo scopo è ridurreedema, ematomi, dolore. I tempi di trattamento spa-ziano dalla settimana al mese; anche in questi casi ladeambulazione e ritenuta fondamentale.

LE INDICAZIONI DISCUTIBILI

La MVC iniziale - Nelle prime fasi della MVC (disturbiinquadrabili secondo la classificazione CEAP ai livelli0 e 1) in pazienti cioè con sintomi ma senza segni cli-nici evidenti di malattia o con benigne teleangiecta-sie e vene reticolari, od ancora nei casi di disturbiattribuibili alla stazione eretta prolungata, malpostu-ra od al caldo, situazioni frequentissime in variambienti di lavoro, il ruolo della compressione èdiscutibile. I tutori che fanno riferimento alle classi dicompressione RAL sono decisamente sovradimensio-nati rispetto alla necessità e scontano problemi nonindifferenti di compliance al trattamento. I francesi,disponendo di prodotti con compressioni decisa-mente inferiori anche se definibili a tutti gli effetticome terapeutiche per qualità di confezione e decre-scenza delle pressioni dalla caviglia dove sono com-

mica durante il giorno e la deambulazione. Ancora unavolta, evidenze vecchie e recentissime confermanol’impiego di farmaci come il sulodexide.

LE INDICAZIONI IN DISCUSSIONE

Il linfedema - La compressione nel linfedema scontaancora troppi anni di improvvisazione e metodologiaper lo meno personalistica. Solo poche scuole in Italiatuttora si approcciano al linfedema in termini scientifi-camente corretti. E’ concetto comunemente accettatoche nella fase acuta del trattamento, quando si perse-gua la riduzione dell’edema con linfodrenaggiomanuale le fasciature siano il mezzo compressivo piùadatto in quanto maggiormente adattabili alla anato-mia spesso abnorme ed in grado di trasmettere livellidi pressione elevati durante la deambulazione (o laattività fisica nel caso del linfedema del braccio).Questo tipo di trattamento sarebbe anche in grado diridurre eventuali alterazioni anatomiche causate daaccumuli di linfa localizzati per ridare regolarità diforma all’arto colpito. Una volta raggiunto il punto diequilibrio, quando cioè i diametri dell’arto si stabilizza-no ad un livello minimo senza mostrare ulteriori ridu-zioni significative, è il momento di passare a calze obracciali standard o su misura. L’edema linfatico è unedema duro e caratterizzato dalla importante compo-nente proteica. Ricorderemo che le proteine tendonoa trattenere acqua in funzione della elevata pressioneoncotica, per cui la cura deve ottenere la rimozionedelle proteine e contrastare un edema particolarmen-te “difficile”. Le compressioni in questi casi devonoessere elevate proprio per contrastare forze rilevanti.A questo punto è fondamentale la stretta collabora-zione tra industria e medici. I tempi di confezione dicalze e bracciali su misura devono essere brevi (48 - 72ore!) per evitare di fornire un tutore divenuto già ina-datto. Le misure vanno prese al momento della massi-ma riduzione dei diametri dell’arto, misurati nel corsodi due-tre sedute per sicurezza, senza interrompere iltrattamento in attesa della fornitura. I tutori devonocomunque essere certificati. La compressione nel linfe-dema trova applicazione dai primi stadi, ma general-mente è più elevata di quanto necessario per il tratta-mento della MVC. Nel II stadio con edema ancoraalmeno parzialmente reversibile durante il riposo not-turno trova indicazione una 2 classe RAL, negli stadi

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co, hanno recepito e sancito con grado di raccoman-dazione molto elevato il ruolo delle calze elastichenella prevenzione e nel trattamento delle trombosi.La ricerca clinica e tecnologica su filati e confezione,hanno fatto passi da gigante mettendo a disposizio-ne prodotti sempre più efficaci ed esteticamenteaccettabili, quanto linee-guida e consensus indirizza-no coerentemente i medici nell’uso di queste tera-pie. Dal 2000, anno della pubblicazione delle primelinee-guida in Italia - alle quali abbiamo personal-mente contribuito -, ad oggi sono stati fatti enormiprogressi e noi Italiani possiamo orgogliosamenteaffermare di essere all’avanguardia in questocampo. Molto resta da fare nella ricerca, ed altret-tanto nella regolamentazione della produzione edella vendita. Purtroppo in Italia chiunque può ven-

dere, commercializzare, pro-durre, tutori elastici non cer-tificati né, in molti casi, cer-tificabili. Molti medici pre-scrivono calze in manieranon adeguata, alcuni com-mercianti privilegiano l’inte-resse economico personalealla fornitura della calza pre-scritta dallo specialista. L’implementazione e lamaggiore diffusione delleconoscenze può supplire aqueste carenze, così comela promulgazione di regole,per esempio da parte delle

società scientifiche e della associazioni di categoriainteressate, potrebbero rendere questo capitolodella medicina ancora più rigoroso.

Approfondimenti - Agus GB, Allegra C, Arpaia G et Al Linee guidasulla terapia compressiva . Acta Phlebologica 2000;1: Suppl 1 al n.2. - Mariani F ed Compression. Consensus conferencesulla terapia compressiva. Ed Minerva Medica 2006. - Kearon C, S.R. Kahn SR, GC Agnelli GC et AlAntithrombotic Therapy for Venous ThromboembolicDisease: American College of Chest PhysiciansEvidence-Based Clinical Practice Guidelines (8thEdition). Chest 2008; 133: Suppl 1.

prese tra i 10 ed i 15 mmHg alla coscia, ne sostengo-no - e noi con loro - l’efficacia e le ritengono più chesufficienti per il trattamento di queste situazioni.Corrispondono alle calze terapeutiche graduatesecondo il metodo francese NFG 30-102B, 1 classedi compressione, hanno caratteristiche di indossabili-tà e non irrilevanti qualità estetiche tali da renderleben accette anche alle pazienti più esigenti. L’edema da stasi venosa - In presenza di edema disicura natura venosa o venolinfatica (Classe CEAP 3)l’entità della compressione sarebbe secondo moltiquella indicata per la patologia venosa di base, ma èproprio in questo caso che la conoscenza dell’indicedi stiffness della singola calza potrebbe consentire untrattamento più efficace in quanto valori più elevati diquesto consentirebbero un più efficace contrasto allaritenzione di liquidi neglispazi interstiziali. Le calze riposanti, preventiveo di supporto - Queste trediverse definizioni inquadra-no lo stesso prodotto. Sonocalze usualmente graduate inDenari; in alcuni casi è indica-to il livello di compressionealla caviglia dichiarato dalProduttore. Sono prodotte inmaniera differente dalle tera-peutiche, in maniera del tuttosimile alle calze “moda”.L’unità di misura “Denaro”non corrisponde assoluta-mente a livelli di compressione, ma è relativa al pesodel filato e l’eventuale livello di compressione dichiara-to dal produttore non è certificabile per questo tipo dicalza. La confezione in taglie “tradizionali” non garan-tisce la corretta corrispondenza anatomica calza/arto.Per tutte queste ragioni questo tipo di prodotto nondovrebbe essere prescritto in persone che mostrinosegni od accusino sintomatologia di reale MVC.

IN CONCLUSIONE

Nel corso degli ultimi anni la terapia compressiva hamostrato segni di ripresa nella considerazione dellaclasse medica e estrema vivacità nella ricerca. Le piùprestigiose linee-guida mondiali in ambito tromboti-

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Figura 4 - Nautilus a Favignana

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ca ma anche sulle nostre ansie e sulle nostre pauree viceversa.

IMMIGRAZIONE E MALATTIE INFETTIVE

Tutte le malattie sessualmente trasmissibili (MST)sono andate aumentando in Italia e nella nostracittà dal 2000 in poi. La sifilide è cresciuta con unandamento costante a un ritmo annuale del 2%.Nel nostro Paese si è passati da circa 300 casiregistrati nel 2000 a 1350 nel 2004, 350 nellasola Milano, quanti 10 anni fa se ne registravanoin un anno in tutta Italia. Inoltre, malgrado lanotifica di malattia sia per legge obbligatoria, sistima che almeno 50% dei casi non vengano

segnalati. Anche la blenorragia e leinfezioni genitali da Chlamydia (unmicrorganismo atipico molto diffuso,responsabile anche di infezioni a cari-co di altri organi) sono molto aumen-tate in città. I dati del Centro per leMST dell’ASL di Milano sono esempli-ficativi della situazione: su 2900pazienti valutati ambulatorialmentenel 2007, il 7,3% avevano contratto lasifilide, 5% condilomi, 1% la gonorreae 1,4% erano primi riscontri di positi-vità all'HIV. Sono colpiti dalle MST imaschi omosessuali (34%) ed etero-

sessuali (17%), in particola-re i giovani tra i 25 e i 35

La società cambia e cambiano le sue malattie, staavvenendo anche a Milano. Immigrazione, inqui-namento, stress, cambiamenti sociali hanno modi-ficato il panorama della nostra salute. Oltre200.000 milanesi vengono ricoverati ogni annonei nostri ospedali, 120.000 sono donne.Negli anni le cause di ricovero sono cambiate.Oggi ci ritroviamo a temere malattie che ormaierano quasi dimenticate (blenorragia, sifilide,tubercolosi), a convivere con le malattie da inqui-namento, a pagare il prezzo di comportamentiche hanno dimenticato che l’HIV uccide certamen-te meno di 20 anni fa ma esiste sempre, ad assi-stere alla crescita dei disturbi psichici. Le malattiehanno un impatto non solo sulla nostra salute fisi-

La città che cambia in salute.Una riflessione da MilanoSergio Harari

Direttore U.O. di Pneumologia, Ospedale San Giuseppe, Milano

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Figura 1 - La città che sale, Umberto Boccioni 1910

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città è stato influenzato in parte dal fenomenoimmigrazione, ma in maggiore misura da un cam-biamento nei comportamenti sociali e da unadiminuita attenzione alla prevenzione.

INQUINAMENTO E SALUTE

Un altro capitolo molto importante che preoccu-pa i milanesi e tanto fa discutere è quello dellericadute sulla nostra salute dell’inquinamentodell’aria. Indubbiamente i casi di malattie polmo-nari sono molto aumentati in città colpendo mag-giormente bambini, anziani e soggetti con preesi-stenti problemi respiratori. Anche il cuore e i vasirisentono negativamente dello smog con unaumento dei casi di malattie cardio-vascolari.Asmatici, bronchitici, cardiopatici hanno vita diffi-cile a Milano. E molti sono i nuovi casi di asma,particolarmente tra i bambini, di bronchite croni-ca in non fumatori, di polmoniti. Si registra inoltreun tempo più lungo per le guarigioni, se una voltabastava qualche giorno per guarire da una bron-chite acuta ora una settimana non è sufficiente.Aumentano anche fastidiosi disturbi minori comele congiuntiviti causate dallo smog. L’incrementodelle malattie respiratorie è denunciato dall'OMSin tutto il mondo e in tutti i paesi a economieavanzate come il nostro (nel 2004 i tumori polmo-nari, le infezioni delle basse vie respiratorie e labronchite cronica sono state rispettivamente laterza, quarta e quinta causa di morte nei paesi ric-chi) ma certo Milano primeggia; nella nostra cittàsi registrano ogni anno circa 10.000 nuovi casi dimalattie dell’apparato respiratorio e, complessi-vamente, il numero di milanesi che soffrono diproblemi respiratori è arrivato quasi al 10% dellapopolazione.A questi, oggi si aggiungono nuovi dati suirischi di trombosi arteriose e venose periferi-che. Solo adeguate politiche sull’inquinamentoin associazione a una strategica politica sanita-ria di potenziamento delle strutture specialisti-che dedicate potranno fronteggiare questofenomeno.

anni, in misura minore le donne. Le malattie ses-sualmente trasmesse non sembrano conosceredistinzioni sociali: coloro che si rivolgono agliambulatori dedicati dell’ASL sono spesso giova-ni di buon livello di istruzione, che hanno dimen-ticato le più semplici norme di prevenzione, cre-dendo che malattie come la gonorrea e la sifilidefossero appannaggio esclusivo delle generazionidei loro nonni e non esistessero più. Cocaina,popper e alcol fanno il resto nel favorire compor-tamenti disinibiti e a rischio. L’aumento dellaprostituzione, particolarmente di transessuali(tra i quali la percentuale di HIV positività è par-ticolarmente alta), contribuisce anch’essa all’au-mento dei casi. Se è vero che la sospensionedelle campagne di prevenzione e cura per leMST nei paesi dell’Est europeo ha contribuitoall’importazione in Italia di queste malattie attra-verso i canali della prostituzione, bisognacomunque registrare che, secondo i datidell’OMS, l’aumento di MST non è un fenomenolocale ma mondiale. Un altro importante fenomeno infettivo è rap-presentato dalla tubercolosi, che ha colpito aMilano, dal 2000 ad oggi, circa 4500 soggetti,secondo i dati disponibili della ASL. I casi sonostati 570 nel 2000, 436 nel 2004, 503 nel 2007:non sembra quindi esserci un aumento allarman-te ma la situazione deve essere monitorata. Se ilnumero dei casi totali non è aumentato, è peròcambiata la distribuzione epidemiologica, oltre il50% dei casi si verificano nella popolazioneimmigrata di età compresa tra i 20 e i 40 anni. E’una malattia caratteristica della povertà e dellapromiscuità. La prevenzione dipende soprattuttoda interventi di natura sociale che garantiscanodignitose e igieniche condizioni di vita alla popo-lazione più povera e immigrata. L’attuale dispo-nibilità di accesso gratuito alle cure per tutticostituisce uno strumento fondamentale percontrollare la diffusione della malattia, evitare icontagi e lo sviluppo di forme resistenti alle cureantibiotiche. Sintetizzando, in questi anni ilpanorama delle malattie infettive della nostra

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e purtroppo la crisi economica non migliorerà lasituazione.

IN CONCLUSIONE

Malgrado Milano sia una città con molti anziani,qui si muore meno che nel resto di Italia grazieall’onda lunga di un recente passato di benessere(la mortalità è nettamente più bassa nelle fascesociali più ricche) e a una buona accessibilità aiservizi sanitari. La città ha però i suoi problemi:inquinamento, disagio sociale, disturbi psichici,immigrazione, cocaina, comportamenti che cam-biano. Una città che chiede attenzione, una uma-nità che chiede aiuto. Forse possiamo fare tuttiqualcosa di più per aiutare Milano - ma comeMilano, tante altre città della nostra Italia - , peraiutarci, per dare ascolto, ma anche le istituzioni ela politica devono fare la loro parte, una partemolto importante e da tutti noi attesa, a loro spet-tano gli interventi che aiutino la nostra salute eche migliorino la qualità della nostra vita.

HIV

L’infezione da HIV è una fedele cartina di torna-sole di come le malattie e i contesti cambino.Oggi non è più appannaggio di categorie arischio. Si contano 750 nuovi casi in un anno aMilano, 2000 in Lombardia (30% di tutti i casi ita-liani), per lo più causati da un calo di attenzioneall’uso del profilattico. Certo si muore moltomeno: se la mortalità era altissima 15 anni fa,oggi è inferiore al 10 %, ma se ne parla di menoe la gente comincia a non ricordare più cosa sia ilvirus dell’HIV. Così, purtroppo, crescono le file dipersone che nelle farmacie degli ospedali fannola coda per ritirare i farmaci antivirali, cercando dimimetizzarsi e non farsi riconoscere dagli altri.Aumentano i casi di chi contrae l’infezione conuna scappatella e ignaro contagia la moglie. Ununiverso di dolore, di drammi, che si abbatte suirapporti e sulle famiglie mettendole a duraprova, spesso distruggendole, aggiungendo altrasofferenza alla tragedia.

ANSIA E DEPRESSIONE

Se dovessimo però indicare il “segno” della salu-te della città di questi anni, allora questo è certa-mente nel boom di disturbi psichici: depressione,ansia, nevrosi, crisi di panico. La città trita, l’alcole le droghe fanno il resto. Milano, come moltisuoi abitanti, sembra sempre su e giù, un po’“up” e un po’ “down”, come la depressione chealterna fasi di grande e falsa euforia a fasi di pro-fonda prostrazione. Secondo il rapporto“Osservasalute” i disturbi psichici nel 2004 hannoportato al ricovero 52 italiani su 10.000, ma aMilano le cifre sono più alte, 3500 gli uomini rico-verati per cause psichiche, 4648 le donne (com-plessivamente 18% per disturbi affettivi e 13%per nevrosi); più di 2000 i nuovi casi ogni anno. Imilanesi che non assumono qualcosa per dormi-re, o per controllare un pò d’ansia, o per trattareuno stato depressivo, sembrano essere ormai unaminoranza. Il disagio sociale, psichico è palpabile

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