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Giorgio Porrotto La Scuola e le riforme NATURALMENTE NATURALMENTE scienza Fatti e trame delle Scienze

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Giorgio Porrotto

La Scuola e le riforme

NATURALMENTE

NATURALMENTEscienza

Fatti e trame delle Scienze

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NATURALMENTE Raccolta di articoli di Giorgio Porrotto

NATURALMENTEscienza

Indice

2. Il lascito Brocca-MezzapesaNATURALMENTE n. 18 anno 1992 speciale

7. Gli interrogativi sulla professionalità docenteNATURALMENTE n. 58 anno 2003 settembre

17. L’odierna complessità del problema istruzioneNATURALMENTE n. 79 anno 2008 dicembre

27. Se la politica scolastica è molto politica e pocoscolasticaNATURALMENTE n. 89 anno 2011 febbraio

33. Arriva la guerra delle scuole ideologicheNATURALMENTE n. 92 anno 2011 dicembre

45. Prospettive di riforma e insegnamentoscientificoin Scuola, scienza, società NATURALMENTE scienza 2009novembre

In copertinaNuova segnaletica

Raccolte di NATURALMENTE Scienza

Gioorgio Porrotto

La Scuola e le riforme

NATURALMENTE ScienzaDirettore responsabile Luciano Luciani

Registrato il 25/02/1989 presso il Tribunale di Pisa al n. 6/89

[email protected]

NATURALMENTEanno 5 · numero speciale · novembre 1992 quadrimestrale

bollettino di informazione degli Insegnanti di Scienze Naturali

EditorialeCatia Pardini

C'erano una volta.. le minisperimentazioniEnrico Pappalettere

Il lascito Brocca-MezzapesaGiorgio Porrotto

Aggiornamento: riflessioni e ipotesiAlessandra Mannucci

Area di progetto: tra utopia e praticabilitàFabio Olmi

Biologia: finalità innovative, contenuti arretratiMarcello Buiatti

CommentarioGiovanni Cercignani

Il peccato originale e la BiologiaGraziella Fucci

Nè sanitario, nè chimico, ma soltanto biologicoAnna Amati, Bruna Baggio

S. d. T.: Cenerentola delle disciplimie sperimentaliMaria Teresa De Nardis,

Chimica: un'occasione perdutaGiorgio Montagnoli

Nota sulla ChimicaAnna Valenti Fratoianni

La Fisica nei programmi BroccaElio Fabri

I programmi di FisicaAffio Pelli

La MatematicaDonata Foà

Post scriptumVincenzo Terreni

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Anche la decima Legislatura si è chiusa con un nulla difatto per quel che concerne riforma e nuovi programmidei secondo grado, prolungamento dell'obbligo,autonomia delle unità scolastiche, corsi post-diplomaecc. Ma non si può dire che sia passata invano, perchéha lasciato alla successiva proposte già pronte per l'iterlegislativo. In questo senso, anzi, è forse quella che haprodotto di più.E' la prima volta infatti, nella storia delle nostre riformemancate, che il Parlamento può esaminare un “pacchetto”comprensivo di Disegno di legge per la riforma e deirelativi programmi, l'uno e gli altri coordinati nella stessalogica. Anche se dell'autonomia e di altre urgenze vicompaiono soltanto i presupposti, e anche se vi emergonocontraddizioni che il dibattito parlamentare deveassolutamente sciogliere.Il Disegno non è di iniziativa governativa, i programmisì, il che rende entrambi ancor più preziosi, visto chenon sono stati predisposti per un adempimento previstodagli accordi di maggioranza, e che quindi si son dovuticercare i consensi per strada. Al punto che il Disegno dilegge è uscito da patteggiamenti di un lustro, da un paiodi stesure ufficiali e da convulsioni finali dellaCommissione senatoriale che lo ha progettato e votato.1 programmi sono invece un ordinario parto di appositacommissione, ma in compenso si son tirati addossovalanghe di critiche quanto meno stizzose sin dallapubblicazione dei primi stralci.E se davvero si tratta di un caso raro di forte volontàpolitica, bisogna dire che questa non paga ancora chi laesprime. A sostenere il pacchetto non ci saranno più inParlamento, dove non sono stati rieletti, né Brocca,presidente dell'omonima Commissione per i programmi,né Casati, né Tesini, responsabile dell'ufficio scuoladella DC. Tesini è stato poi ripescato come Ministro, maai Trasporti e alla Marina Mercantile. Mezzapesa, ilprimo firmatario del Disegno di legge, non si è ripresentatoalle elezioni. Misasi, che ne aveva testardamente tentatoun iter completo, è tornato a non fare il Ministro.Ma il clima politico che mortifica l'impegno e premial'abilità di rinvio sta per finire, con tutte le cambiali inscadenza - o scadute? - che ci stanno venendo addosso.Tra queste c'è l'obbligo di liberarci degli handicap cheostacolano il nostro ingresso in Europa per quantoconcerne il settore scolastico.

Quanto aspetterà l'Europa ?La "mobilità degli studenti e degli insegnanti, ilriconoscimento accademico dei diplomi e dei periodi distudio", la "cooperazione fra gli istituti di insegnamento",gli "scambi di giovani e di animatori di attività socio-educative, sono traguardi fissati a Maastricht.Rimarranno anche se l'intesa per il nuovo trattato

dovesse incontrare ulteriori difficoltà, perché riguardanoesigenze pressanti. Per non uscire dalla corsa dovremorisolvere i problemi della brevità dell'obbligo,dell'insufficienza dell'insegnamento delle lingue straniere,e della marginalità dell'area scientifica.Dovremo soprattutto sostenere un confronto a cieloaperto con l'evoluzione dei sistemi scolastici dei paesieuropei più avanzati, rispetto ai quali il nostro disavanzoaumenta. Procedono nelle riforme, in particolare con le"micro”, anche al ritmo di una all'anno e puntano aobiettivi di qualità, avendo già affrontato quello diquantità con le "macro” di almeno vent'anni fa, quandoappunto si impose il problema della scolarizzazionegenerale. Anche noi cominciammo ad affrontarlo, fra iprimi e alla grande, con la celebratissima Media unica,ma per fermarci lì. Da allora per la riforma del secondogrado non s'è avuto altro che progetti e promesse avuoto. Ora non si tratta per noi di adeguarci ad unsistema scolastico europeo in via di formazione, poichénon esiste e non è né previsto né auspicabile, data lanecessità di salvaguardare la ricchezza del pluralismoculturale del continente. Nemmeno si tratta di imitarequalcuno dei paesi impegnati nel rinnovare le lororiforme, che sono appunto “1oro” e quindi estraneealmeno in parte alle esigenze e alla civiltà del nostropaese. Abbiamo pure noi scuole di qualità, e anche moltosignificative, ma ormai rappresentano un fenomeno piùsettoriale e ambientale che strutturale. Senza unpotenziamento generale rischiamo l'isolamento.Non ci può avvicinare all'Europa, intanto, l'ondata disperimentazioni che dagli anni Settanta continuiamo adalimentare? Le Superiori sono attualmente in granmovimento per reazione all'immobilismo di Governo eParlamento, al punto che le stesse Direzioni sfornanoprogetti "sperimentali” anche innovativi, e questo è unpasso avanti. Un altro lo si fa con quel po' di autonomiaorganizzativa che le scuole son costrette a praticaredalla stessa Amministrazione, smagliata dall'elefantiasi.Ma è un'autonomia soltanto strisciante, e quellesperimentazioni sono spesso spurie, a causa di interessilocalistici e corporativi, o perché mascherano indirizziche non potrebbero essere introdotti altrimenti dalleDirezioni, peraltro in assurda guerra tra di loro.Avanziamo, ma lungo sentieri che si disperdono, e checomunque non costituiscono un rimedio alla mancatariforma. La prova del nove ce la ripete ogni anno ilfenomeno degli esami smentiti. La Media licenzia tutti,ma oltre un quarto son bocciati al primo corso dei Ilgrado, e fino al 36 % per cento negli Istituti Professionali,dove vanno i più deboli culturalmente, ossia i piùsignificativi dei livelli generali di qualità. La maturità valeun'amnistia, ma all'Università il 70% degli immatricolatinon si laurea.

Il lascito Brocca-MezzapesaCome si fa a non sperare nelle riforme?Concezioni avanzate, carenze e contraddizioni emendabili

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anno 16 • numero 3 • settembre 2003 trimestrale

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bollettino di informazione degli insegnanti di Scienze Naturali

Macchine biologiche: dai mulini alle molecoleMarco Piccolino e Andrea Moriondo

Professionalità docente e ruolodelle Associazioni

Vincenzo TerreniGli interrogativi sulla professionalità docente

Giorgio PorrottoEnergia: un modo di guardare

Paolo GuidoniQuello che i libri non spiegano

Carlo Bauer, Paolo Toti, Ahmed Mohamud Osman,Valerio Pelaia, Andrea Spanedda

Tempi distesi e scelta dei contenuti perrinnovare l’insegnamento scientifico

Paola FalsiniVecchia e nuova biologia

negli strati di una tortaMario Tei

Belle notizie dal PolesineLuciano LucianiLa candelaElio FabriVedi alla voce “Scienza”Salvatore LazzaraIl verziere di MelusinaLaura SbranaBirdwatchingAndrea RomèRecensioniLa Via del ritornoMarianello MarianelliChi era (o cosa era?)Lia MarianelliPremio RippaLectio brevisAlessandra Magistrelli

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Gli interrogativi sulla professionalitàdocente

GIORGIO PORROTTO

Urgenza e ambivalenza della proposta di riordinodel rapporto di lavoroSi parla con insistenza di una revisione dello statogiuridico degli insegnanti, e le ragioni a favore sonotante. La principale, poiché siamo in tema di disciplinadel rapporto di lavoro, viene dal confronto con laprofonda evoluzione del quadro generale della società:lo stato giuridico in vigore non solo risale a quasitrent’anni fa, ma ha linee portanti vecchie di almeno ildoppio (se si eccettua l’esplicitazione della “libertà diinsegnamento”, fino al ’74 garantita dalla Costituzionema non dalla legislazione ordinaria). Insomma, perl’adesione alla tesi revisionista potrebbe anche bastarela constatazione che nell’ultimo mezzo secolo l’Italia ècambiata in tutto -proprio in tutto, passando dal rangodi paese contadino a quello di potenza industriale- manon nella organizzazione del lavoro scolastico. Il pro-gressivo isolamento della scuola e della professionalitàdocente dal mondo circostante è l’esperienza più forteche gli insegnanti sessantenni si stanno portando inpensione.Degli altri elementi di fatto che spingono verso unamodifica dello stato giuridico degli insegnanti citiamo-ne almeno due. Il più semplice lo propone l’analogiacon i capi di istituto, che un nuovo stato giuridico lohanno avuto e da direttivi che erano sono diventatidirigenti. Il più promettente -in quanto può forniredirettamente i motivi di un radicale cambiamento deltesto del ’74- è la legislazione sull’autonomia, la quale,se realizzata, comporterebbe di necessità che gli inse-gnanti vengano dotati, sia in punto di fatto che in puntodi diritto, di una discrezionalità decisionale che liassimili agli altri professionisti piuttosto che agli impiegatidello Stato, come invece finora è sostanzialmenteaccaduto.Potrebbe dunque essere il quantum di autonomiasotteso alle articolazioni del prossimo stato giuridico lacartina di tornasole della portata innovativa dellostesso, e quindi della sua necessità. Del pari, uno statogiuridico così concepito rappresenterebbe un contraf-forte del principio dell’autonomia, nel senso che con-tribuirebbe a delineare il quadro di certezze di cui laprofessionalità docente ha bisogno per il propriosviluppo e per quello della scuola.Ma eccoci ad un paradosso: è proprio l’autonomia, seconsiderata in rapporto alle sue attuali probabilità di

realizzazione, che ingenera anche molti dei dubbi chepossono essere sollevati sulla opportunità di metteremano proprio ora ad una revisione dello stato giuridi-co. Nella realtà della “scuola militante” essa risultaancora e soltanto una “testa di ponte”, e non, comedovrebbe, la strada maestra della modernizzazione.C’è infatti da tener conto di un altro paradosso all’in-terno di quello già indicato: il principio dell’autonomiaè appena entrato nella Carta Costituzionale con lamodifica del Titolo V introdotta dalla L. Cost. 3/01(ed è anche stato inserito nel Ddl della Devolution, chevuole approfondire quella modifica), ma è proprioquesto il momento in cui non si può non prendere atto,da qualsiasi ottica ci si ponga, che le prospettiveconcrete della “rivoluzione” avviata dalla L. 59/97 edal DPR 275/99 stanno rapidamente ingrigendo. Daqui il rischio che l’urgenza di un nuovo stato giuridicopartorisca fotocopie di quello in vigore.

La forza dei principi e la debolezza dell’agireLe difficoltà di applicazione del regolamento dell’au-tonomia nella prassi scolastica quotidiana riguardano,in primo luogo, proprio l’attività professionale degliinsegnanti, poiché è l’autonomia didattica il fine di ogniforma autentica di autonomia. Possiamo dunque par-tire chiedendoci: quali cambiamenti hanno introdottonella pratica della funzione docente i primi due anni diesercizio dell’autonomia? Il “Rapporto 2002” parla diluci e ombre, più frequenti le seconde delle prime, equesto del 2003, anche soltanto confermando le secon-de, denuncia un consolidamento delle negatività. Le luci stanno nella propensione delle scuole a porsiil problema della metodologia didattica: aumenta,almeno a livello intenzionale, la sensibilità degli inse-gnanti per lo studio delle esigenze formative in quantodiverse. Si è almeno arrivati a legittimare quanti, fra essi,abbassano lo scudo dei “programmi” di fronte allaricchezza e alla polivalenza dell’offerta culturale che ilmondo d’oggi indirizza direttamente ai giovani. Laprogettazione della didattica in base ad una elaborazio-ne formativa dei saperi, e al reintegro delle “materie”nell’evoluzione epistemologica delle discipline, è sem-pre meno un’ipotesi trascendentale.Le ombre stanno invece nel diaframma tra quella consa-pevolezza che sta affiorando e le possibilità di espri-merla concretamente, come testimoniano gli approdi

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anno 21 • numero 4 • dicembre 2008 trimestrale

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L’odierna complessità del problema istruzioneGiorgio Porrotto

Da una rilettura di MendelGiovanni Cercignani

La candelaElio Fabri

Ecologia e filosofiaMaria Bellucci

Isole e tartarugheRoberto Barbuti

Il corallo di DarwinMarcello Sala

La costruzione del concetto di cellulaMaria Grazia Gillone, Ezio RolettoromammirabileRosalba Conserva, Laura ScarinoIl verziere di MelusinaLaura SbranaRecensioniAl Ministro dell’Istruzione, Universitàe Ricerca, Mariastella GelminiSilvia CaravitaPremio al meritoVincenzo Terreni

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L’odierna complessità del problemaistruzioneAppunti propedeutici alla lettura del pianeta scuola

GIORGIO PORROTTO

1. Finalità e mezzi dell’approccioDovendo individuare un’area di attenzione proporzio-nata ad un articolo, e nel contempo rappresentativadelle nuove incognite che stanno spuntando attornoalla funzione dei sistemi scolastici, è opportuno rivol-gere lo sguardo ai Paesi che si usa definire avanzati. Talirisultano per i consolidati livelli economici e sociali, eper l’elevato e distintivo profilo culturale e democrati-co di ognuno di essi, ma non sempre per le incertezzeimprevedibili e incalcolabili che attualmente devonoregistrare circa le prospettive di crescita qualitativa deirispettivi sistemi di istruzione. Il dato nuovo, infatti, èche tra il ruolo che questi ultimi sono delegati adesercitare nelle dinamiche della società, e quello cherealmente esercitano, lo iato aumenta. Si parla infatti,e non da oggi, e anche in presenza di cambiamenti deicontenuti e di organizzazione dell’insegnamento, di“grande inerzia” (Gino Martinoli, 1992). Non a casoaumentano i tentativi di coloro che ipotizzano fortivariazioni all’attuale sistema dei sistemi nazionali.Prenderò le mosse dalla metà del ’900. Non da prima,per non dover fare i conti con problematiche di preva-lente interesse storico. Non da dopo, perché le riformescolastiche degli anni ’50 e ’60 -rapportabili al paradigmadella democrazia educativa che ha dato seguito alla “Di-chiarazione dei diritti dell’uomo” dell’ONU- sonoancora il principale modello di riferimento, anche se ilpassaggio dall’universalità borghese all’universalità democra-tica (la scuola per tutti e di tutti) è spesso più atto formaleche fatto sostanziale; e perché le innovazioni attual-mente in corso -o, più spesso, in progettazione- tropposi diversificano tra loro quanto a obiettivi, strumenta-zioni ed esiti per costituire una comune tendenza.Ultima premessa, ancorché prima per importanza. Selo scopo è di esplorare le prospettive di crescita, ritengoche non si possano ancora oggi assumere come stru-menti fondamentali di riferimento alle scuole estere glischemi standard solitamente offerti (quando lo sono)dalla nostra pubblicistica. Se ne ricava una visione dalraggio piuttosto corto: i prospetti dei gradi e degliordini di scuola e della durata dei rispettivi corsi, glielenchi delle materie, degli esami e dei titoli consegui-bili (con l’aggiunta, recente, della posizione in P.I.S.A.)sono dati imprescindibili ma che di per sé spieganopochissimo. Per guardare il presente pensando al futu-

ro, occorre invece disporre anche delle informazioninecessarie per formulare quesiti sull’importanza cheogni Paese riserva all’istruzione nelle proprie strategiedi crescita, e cioè nelle scelte finalizzate sia allo sviluppoeconomico sia allo sviluppo umano (nel senso di sociale,civile, culturale, democratico). Occorre cioè potersiavvalere, per ogni sistema scolastico in esame, dellericerche sistematiche di cui è stato oggetto, delle rifles-sioni critiche e delle prospettive che lo contornano, ein relazione sia alla qualità delle pratiche educative cheproduce sia alle connessioni culturali e politiche concui si rapporta alla società. Come a dire che il problemaè riuscire a capire in partenza quali siano gli strumentidi “conoscenza, lettura, descrizione, interpretazione,previsione, valutazione e controllo dei fatti educativi”(Luca Gallo, 2006), e nel contempo quanto continoeffettivamente.

2. Tema d’avvio, le difficoltà della scolarizzazionedi massaE veniamo -dopo averlo implicitamente sfiorato- aquello che oggi è comunemente individuato, sia neiPaesi avanzati che in tutti gli altri, come il problemacentrale in materia di istruzione: l’esigenza, in variamaniera concepita e in diversa misura affrontata, dielevare i livelli delle conoscenze e delle competenze ditutti i cittadini a partire dall’età giovanile. E’ capitatoaddirittura di dover ascoltare che l’investimento dicapitali nell’istruzione si colloca ormai ai vertici dellaredditività, anteponendosi addirittura all’investimentofinanziario, e di doverlo ascoltare, in primis, da altiesponenti della politica e del mondo industriale inter-nazionale. Ed è evidente il palese contrasto di questoauspicio con la cosiddetta impazienza del capitale finanzia-rio, della quale era già stata denunciata la incompatibi-lità con il “primato sociale, culturale e scientificodell’industria” (Elvio Dal Bosco, 2004), e che è giuntaa drammatica esplosione proprio in questi giorni (in cuitanto si insiste sulla diversità di prospettive tra lacosiddetta economia reale e la finanza creativa).Naturalmente l’idea di incrementare gli investimentinell’istruzione è da riferire alle strategie a mediotermine e più pubbliche che private, e in alcuni Paesisoltanto pubbliche (con esiti molto diversi, comedimostra il confronto Germania-Italia). Al centro

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anno 24 • numero 1 • febbraio 2011 trimestrale

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Fatti e trame delle Scienze

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Feste di compleannoEnrico Pappalettere, Vincenzo Terreni

Se la politica scolastica è molto politica e poco scolastica

Giorgio PorrottoI percorsi della scienza nel XXI secolo

Luciano CozziLa candela

Elio FabriGazebo Le sequoie? ... sono alte!

Fabrizia GianniLa migrazione dei Limicoli in Italia

Roberto Guglielmi

La metafora straniante nella scienzaTiziano GoriniForma e sostanzaRosalba ConservaArte e scienza Del colore e dei colori Matilde StefaniniIl Verziere di Melusina Laura SbranaProgetto fiori selvaticiGian Pietro CarrozzaRecensioniETSsegnalazioni

Edizioni ETS - Pisa

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Se la politica scolastica è molto politica epoco scolastica

GIORGIO PORROTTO

I silenzi di similoroDire, come si legge nel titolo d’apertura, che la politicascolastica possa risultare più politica che scolastica, nonè il ricorso ad un motto di spirito o ad un pizzicoprovocatorio che preannunci una rivelazione: quel cheintendo proporre è sotto gli occhi di tutti, solo che a mioparere va preso in maggiore considerazione. In primabattuta si tratta degli effetti del lungo e mai adeguata-mente contestato regime di insufficienza informativasulle relazioni tra scuola e società e tra scuola e politica;in seconda battuta c’è la constatazione, ancora piùpesante, che oggi quelle relazioni sono ingarbugliateoltre che aggrovigliate, e quindi inclini a involuzionipericolose; a partire dal rapporto sempre più diretto trapolitica e scuola, come dire tra potenza e debolezza.Circa i vuoti d’informazione c’è subito da precisare chevanno addebitati, sì, agli organi istituzionalmente previ-sti per la divulgazione di notizie a mezzo stampa,televisione, radio, editoria ecc.; ma non soltanto, enemmeno soprattutto. I media fanno conoscere unfatto o uno stato di cose, e nel notificarli possono anchedar corso ad altri fatti e ad altre situazioni, ma non stannoall’origine della catena delle cose di cui informare l’uni-verso mondo. A dover essere chiamati in causa a pienotitolo, e cioè in qualità di attori primari, sono queisoggetti -istituzioni, partiti, associazioni, e comunitàscientifiche culturali e religiose, rappresentanze sociali edell’economia- che per le loro specifiche competenzepossono, a vicenda, risultare ideatori, promotori, prota-gonisti o soltanto utili critici della politica scolastica. Adessi spetterebbe ordinariamente, nella logica di unademocrazia non simulata, di impegnarsi in sfide auten-tiche, aperte e pertinenti, fra di loro e con interlocutorianche di altri paesi, per ampliare e approfondire leriflessioni e le proposte sulle prospettive di potenzia-mento del sistema di istruzione. Ma l’aspetto più gravedella questione non è tanto la mancanza di segnali chetutto questo sia prossimo a divenire realtà, quanto iltimore che non ve ne sia la possibilità. Dubito che sia dascartare questa supposizione: se i potentati accademici,economici e politici volessero scongiurare l’emargina-zione della questione scolastica, potrebbero i media faredell’istruzione quel che stanno facendo, e cioè l’unicosettore produttivo cui riservare carenza di interesse e dicompetenze, e cronachismo spicciolo invece di com-menti e dibattiti qualificati?Circa la prevalenza del politico sullo scolastico: è di persé evidente che ha a che fare con la magra situazione di

realtà che sta caratterizzando il nostro sistema d’istru-zione, con le sue forti criticità e con la mancanza diprogetti atti a superarle. Si tratterebbe di applicareall’attività scolastica gli stessi criteri di ammodernamen-to che caratterizzano da tempo, anche in tempi di crisi,gli altri settori produttivi. C’è un parallelismo tra, da unlato, l’evolversi delle competenze scientifiche e tecnichecon cui la società accelera il suo sviluppo, e che riguar-dano sia il lavoro sia gli altri impegni di vita; e, dall’altro,l’aggiornamento delle conoscenze e delle competenzeche istruzione e formazione possono assicurare allenuove generazioni. Questa è peraltro la prospettivadell’“Agenda di Lisbona” dell’U. E., purtroppo ostaco-lata da ritardi vari. Il ritardo della scuola italiana è fruttodi una filosofia unica, quella che da sempre ha impostoall’istruzione indirizzi culturali e metodologici ultrase-colari, e gestioni e verifiche esterne ai processi di appren-dimento, atte a non farli evolvere. Domanda: è in gradola politica -con le sue arti sottili e la sua reattività, con isuoi obiettivi svarianti e le sue logiche di potere- disottrarre se stessa prima ancora che la scuola a quellastorica egemonia? Proprio or ora, con i finanziamentiridotti e lo stop ai precari, il cielo dell’istruzione s’è tintodi piombo. Ma qual è stata l’ultima giornata di sole?Forse utili elementi di giudizio sulla scuola d’oggi pro-vengono anche da due iniziative in corso nell’ambitodell’informazione. Stampa e TV diffondono molte in-terviste a personaggi pubblici sul Centocinquantesimodell’Unità d’Italia, e danno rilievo alle denunce dell’igno-ranza e dell’indifferenza dei giovani rispetto al Risorgi-mento; mai, però, che qualcuno ne deduca le responsa-bilità della scuola. Stampa e TV segnalano con insistenzanotizie e documentazioni sull’impressionante declinodell’etica civile, della legalità e del rispetto di regole nellavita pubblica italiana; mai, però, che qualcuno contestial Ministero la beffa dell’insegnamento di Cittadinanza eCostituzione (annunciato con le chiarine e messo subitofuori scena come se di nulla si trattasse). E il tacere sulleprove d’inadeguatezza di scuola e MIUR è peggio checontestarli, perché è come fregiare l’una e l’altro di unapatente di nullità.

Una bufera di riforme e di fallimentiÈ facile riconoscere nel titolo di questo paragrafo iltormentone di provvedimenti legislativi che ha caratte-rizzato il primo decennio del nuovo secolo. Una rivisi-tazione di alcuni di essi, i principali, può consentirci ditoccare con mano le logiche e le strategie che hanno

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anno 24 • numero 4 • dicembre 2011 trimestrale

NATURALMENTEFatti e trame delle Scienze

ETS

La riflessione epistemologicaEzio Roletto, Alberto Regis

La candelaElio Fabri

I percorsi della scienza nel XXI secoloLuciano Cozzi

Esattamenti e CefalopodiGiambattista Bello

Arriva la guerra delle scuole ideologicheGiorgio Porrotto

Valori impliciti nell’insegnamento dellagenetica umana nei manuali scolastici

di cinque Paesi del MediterraneoB. Agorram, P. Clement, J. Castéra, S. Caravita, F.

Khammar, S. Selmaoui

La vigna di RenzoTiziano GoriniAdmiranda levium spectacula rerumVincenzo CaputoUna bustina di zuccheroRosalba ConservaArte e scienzaMatilde StefaniniIl verziere di MelusinaLaura SbranaRecensioniIl TornalibroBrunella DanesiL’arroganza dell’ignoranzaVincenzo Terreni

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Arriva la guerra delle scuole ideologicheContorsioni, dissimulazioni e fondamentalismi all’opera o inagguato nel Progetto di Legge 953

GIORGIO PORROTTO

Gli articoli e le conversazioni riguardanti la Proposta di legge 953 (o Aprea) provocano in molti sorpresa edisappunto. La sorpresa è comprensibile per almeno tre motivi. Il primo: la PDL prefigura un sistema scolastico deltutto estraneo, nelle strutture di funzionamento e negli obiettivi culturali, alla storia della scuola italiana e financheai progetti di riforma (la PDL viene reclamizzata come assimilabile alle più recenti riforme anglosassoni, ma èmillantato credito). Il secondo: il testo della PDL è concepito con l’incontestabile intento di nasconderne gliobiettivi ultimi. Il terzo: sia in sede parlamentare sia in sede mediatica i potenziali oppositori irrimediabilmentetacciono. Il disappunto nasce dal constatare che la PDL è rivolta esclusivamente alla governance, e ne fa una questionedi solo potere. Per quanto riguarda la gestione delle scuole, infatti, sottrae queste ultime alle logiche dellaburocrazia statale e le affida alle famiglie: quindi sostituisce un potere privo di competenze specifiche in camposcolastico con un altro di pari incompetenza. Per quanto riguarda gli orientamenti generali del sistema scolasticola PDL prevede, in esclusiva, l’accorpamento delle scuole in reti differenziate su basi ideologiche, e adegua a talfine il reclutamento dei docenti (i parlamenti delle grandi democrazie assicurano all’istruzione mediazioni di lungae condivisa durata). Alcuni prevedono l’irrealizzabilità della PDL, e il recente cambio di governo li incoraggia.Però la scuola prevista non è uno sfizio berlusconiano, ma una ingiunzione del Vaticano ai governi italiani. Èinfatti il terzo dei tre “principi non negoziabili”, e il più importante, perché promette influenza culturale sullenuove generazioni. È anche il più difficile, perché esposto a possibili reazioni di massa (non a caso i riferimentiin pubblico alla “scuola di tendenza” sono soltanto impliciti, per evitare polemiche premature). Le chance? Leassicurano probabilmente i tanti politici non cattolici che accettano la differenziazione vaticana tra laici e laicisti.Dichiararsi laici, nel caso, significa promettere la disponibilità a far propri i “principi non negoziabili”. Se la PDLfarà strada lo Stato risulterà subordinato alla sacralità della politica vaticana. La sociologia avanzata vi vedrà lestigmate del modello religioso, altri ricorderanno l’A deo rex, a rege lex.

PremessaChiunque intenda analizzare la Proposta di Legge 953,agli atti della settima Commissione della Camera dal2009, e tenti di individuarne il fine ultimo e i possibilieffetti, è destinato ad incontrare difficoltà interpretati-ve frequenti e insolite. Da qui il tentativo di cercar luminella precedente versione del testo, quella del 2008,ovviamente decaduta ma esplicita e argomentata quan-to invece quella del 2009 riesce scabra ed enigmatica.Per di più il passaggio da un testo all’altro è agevolatodalla coincidenza di contenuti tra articoli e commi.Presto però il lettore scopre che non sta perlustrando,come supponeva, proposte anche diverse ma con-fluenti su traguardi identici o analoghi. Ha invecedavanti a sé due progetti accomunati sì dal passatismo,ma anche due diverse concezioni del rapporto traistruzione e istituzioni. Ne dà conferma, nei paragrafisuccessivi, il confronto dei due testi su ogni tema.La PDL del 2008 mutuava dall’ondata neoliberistadegli anni '70 una terna di proposte magari scioccanti,ma pur sempre integrabili nel nostro sistema d’istruzio-ne così com’è nato e rimasto, e cioè incardinato nellastruttura burocratica dello Stato al punto da oscurare lalegislazione che prevede ampia autonomia professio-

nale per l’attività di insegnamento (L. 59/97 e DPR257/99). Antitetica ad essa si rivela la proposta del2009, imperniata sulla sostituzione di enti e privati alloStato in tutto l’ambito scolastico (finanziamento aparte). Giunge a rendere incerta perfino l’unica funzio-ne irrinunciabile dello Stato di diritto rispetto allescuole: il rigido controllo delle leggi ordinarie nella lorolegittimità costituzionale. Che prevede libertà dell’inse-gnamento di arti e scienze, e pieno sviluppo dellapersona umana senza distinzione di sesso, razza, linguae religione. Stupisce siffatta svolta nell’iter di uno stessoprogetto, ma il raffronto segnala utilmente la diversitàdi obiettivi ultimi tra i due testi.Quello originario mirava al recupero della “Moratti”(L. 53/03, osannata e inapplicata), ma ne cancellava lapretesa di accentuare la specificità del liceo classicoanche come modello per tutte le superiori. Pretesaincompatibile con la separazione tettonica delle duemetà del Novecento: altrove il latino obbligatoriospariva dalle scuole, e dalle chiese anche qui; la tecno/scienza stava assumendo il dominio del mondo; il“miracolo economico”, la Media obbligatoria e la tele-visione alzavano i minimi culturali; la politicizzazionedi massa legittimava la scuola di massa. Logico che il

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Comune di PontederaAssessorato alla Pubblica Istruzione

CRED Centro Risorse Educative e Didattiche della ValderaNATURALMENTE scienza

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Atti della giornata di studio per ricordare Giuseppe SalcioliNATURALMENTE

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Iscrizione al ROC numero 16383Segretario di redazione: Enrico PappalettereDirettore responsabile: Luciano LucianiRedazione: Francesco Biasci, Rita Serafini, Vincenzo TerreniIl marchio NATURALMENTE scienza è di proprietà dell’ANISN - Pisapresso il Museo St. Nat. e del Territorio Università di Pisa, via Roma, 79 - 56011 - Calci

Registrato il 25 febbraio 1989 presso il Tribunale di Pisa al n. 6/89Informazioni: 050/571060-7213020; fax: 06/233238204www.naturalmentescienza.it

Foto in copertina: ottobre 1977, al ritorno dai Consigli di classe una visita allamanifestazione delle donne

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Scuola, scienza, società1 Saluto introduttivoLiviana Canovai3 SalutoSimone Millozzi5 Attualità di un ricordoPaolo Fontanelli10 Riforma autonomia della scuolaLiviana Canovai14 Prospettive di riforma e insegnamento scientificoGiorgio Porrotto31 I nemici della scienzaElio Fabri38 Insegnare e imparare, spiegare e capire le Scienze a scuola: perché, come, che cosa, conche supporti?Paolo Guidoni45 Scienza, tecnologia, territorioPaolo Dario50 ConclusioniEnrico Rossi55 Incontro con gli espertiPaolo GuidoniAppendice68 La candela da Naturalmente del settembre 2009:“L’insegnamento delle Osservazioni Scientifiche nella Scuola Media”Elio Fabri76 Il Laboratorio Didattico TerritorialeVincenzo Terreni

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Prospettive di riforma einsegnamento scientificoGIORGIO PORROTTO

Cultore di politica scolasticaUna vita lavorativa nella scuola secondaria come insegnante e come preside (al Liceo scientificoXXV Aprile di Pontedera negli anni di Giuseppe Salcioli, e al Classico Parini di Milano), con unadecennale esperienza di “Ufficio studi e formazione” in un’organizzazione di categoria. Dal 2000è componente dell’Osservatorio sulla scuola dell’autonomia (Centro Bachelet della Luiss). Hainsegnato “Politiche, legislazione e organizzazione scolastica” alla SSIS del Veneto dal 2000 al 2009,e “Educazione comparata” alla Università di Roma Tre dal 2005 a 2008, come docente a contratto.Da quarant’anni pubblica articoli e saggi, sempre di politica scolastica, in libri e riviste.

Non posso iniziare la relazione in programma se prima non aggiungo un piccolo contributo a quelli espressida altri, in mattinata, per recuperare la figura di Giuseppe Salcioli al ricordo collettivo. Chi, come me, loha conosciuto sul lavoro, è rimasto impressionato dalla determinazione con cui impiegava le propriecompetenze nella sperimentazione: era come se la legge che l’aveva appena introdotta nell’ordinamentoscolastico fosse stata studiata per dare campo alla sua cultura scientifica e alla sua confidenza con quellaparticolare scienza di sintesi, non sempre riconosciuta come tale, che è la didattica. E non si trattava soltantodi dedizione all’insegnamento e di amore per la sua Fisica, che peraltro all’epoca non aveva ancora perdutoil ruolo di Grande Scienza. C’entrava anche, o soprattutto, la sua vocazione ai tentativi di superamentodei fenomeni di stagnazione e di acquiescenza. Ne è prova il fatto, appena ricordato da Fontanelli, che alfamoso strappo di Enrico Berlinguer rispetto al modello sovietico reagì con la frase Ha detto troppo poco,che faceva scandalo nel PCI di allora ma era scontata per chi, come lui, aveva il coraggio della coerenzainteriore e quindi dell’agire secondo coscienza e non per opportunità. Non c’è forzatura nell’accostare il suoimpegno nella sperimentazione scolastica a quello che dedicava al rinnovamento della linea politica delpartito (come allora si usava dire) che rappresentava. Stiamo parlando di una persona capace sempre diandare alla radice dei problemi, e quindi là dove questi ultimi, pur essendone evidente la diversità, vannosoprattutto messi a confronto l’un l’altro per quanto hanno a che vedere col fare e coi rapporti sociali, checostituiscono le finalità ultime dei processi evolutivi. Su questo terreno c’era sempre da imparare da Salcioli,e molto. Per quanto mi riguarda, e limitandomi ad un tema professionale come appunto la sperimentazione,ho poi continuato a studiarla e a proporla altrove e in altri termini, ma nelle logiche di fondo individuateed elaborate con lui.

1- Politica scolastica, partiti e altri poteriHo ascoltato con molto interesse l’intervento del dirigente scolastico e assessore comunaleCanovai, e condivido in linea di massima sia la sua concezione delle finalità odierne dellascuola, sia i suoi riferimenti a una visione aggiornata delle problematiche riguardanti ilrapporto tra insegnamento e apprendimento. È peraltro evidente che il suo duplice impegnonel settore dell’istruzione rende opportuno, se non indispensabile, il pressing implicito con cuipropone al mondo locale traguardi innovativi e raggiungibili. E però devo anche dire che

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