NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci...

20
anno 23 • numero 3 • settembre 2010 trimestrale NATURALMENTE Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, CB PISA Fatti e trame delle Scienze Le presunte basi biologiche del razzismo Anna Maria Rossi La candela Elio Fabri I percorsi della scienza nel XXI secolo Luciano Cozzi Morte e medicina Francesco D’Alpa Il vivente come individualità e organizzazione Andrea Cavazzini Le basi neurobiologiche dell’empatia Lia Antico Il movimento delle tartarughe comuni del Mar Mediterraneo Serena Folcarelli A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto Alle origini della vita individuale: l’impulso for- mativo Federica Turriziani Colonna Arte e scienza Matilde Stefanini Il verziere di Melusina Laura Sbrana Recensioni Metempsicosi Paola Gallo ...e noi lo facciamo lo stesso! Vincenzo Terreni NATURALMENTE scienza

Transcript of NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci...

Page 1: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

anno 23 • numero 3 • settembre 2010 trimestrale

NATURALMENTEP

oste

Ita

liane

SpA

- S

pedi

zion

e in

abb

onam

ento

pos

tale

- D

. L. 3

53/2

003

(con

v. in

L. 2

7/02

/200

4 n.

46)

art

. 1, c

omm

a 1,

CB

PIS

A

Fatti e trame delle Scienze

Le presunte basi biologiche del razzismoAnna Maria Rossi

La candelaElio Fabri

I percorsi della scienza nel XXI secoloLuciano Cozzi

Morte e medicinaFrancesco D’Alpa

Il vivente come individualità e organizzazioneAndrea Cavazzini

Le basi neurobiologiche dell’empatiaLia Antico

Il movimento delle tartarughe comuni delMar Mediterraneo

Serena Folcarelli

A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti,scambi concettuali, equivociMaria TurchettoAlle origini della vita individuale: l’impulso for-mativoFederica Turriziani ColonnaArte e scienzaMatilde StefaniniIl verziere di MelusinaLaura SbranaRecensioniMetempsicosiPaola Gallo...e noi lo facciamo lo stesso!Vincenzo Terreni

NATURALMENTEscienza

Page 2: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

Hanno collaborato a questo numero1. Le presunte basi biologiche del razzismo (parteprima)Anna Maria Rossi docente di genetica e genetica umanaUniversità di Pisa7. La candelaElio Fabri12. I percorsi della scienza nel XXI secolo Il 2001Luciano Cozzi16. Morte e medicinaFrancesco D’Alpa neurologo Catania21. Il vivente come individualità e organizzazioneAndrea Cavazzini Università Cà Foscari Venezia25. Le basi neurobiologiche dell’empatiaLia Antico biologa Pavia27. Il movimento delle tartarughe comuni del MarMediterraneoSerena Folcarelli biologa Lucca33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti,scambi concettuali, equivociMaria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia38. Alle origini della vita individuale: l’impulsoformativoFederica Turriziani Colonna dott. Filosofia Frosinone42. Arte e scienza Del Colore e dei Colori I Rossi(parte terza)Matilde Stefanini storica dell’Arte Pisa47. Il verziere di Melusina Il gelsominoLaura Sbrana53. RecensioniMarco Tongiorgi, Joachim Langeneck56. MetempsicosiPaola Gallo docente di Lettere Pisa62. ...e noi lo facciamo lo stesso!Vincenzo Terreni

Degli articoli firmati sono responsabili gli Autori

Fonti delle illustrazioniFederico Ratzel Le Razze Umane vol. I, I Popoli Naturalidell’Africa Unione Tipografico-Editrice Torino, 1891

Spedizione: Poste Italiane SpA - Spedizione in abbona-mento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, CB PISAIscrizione al ROC numero 16383Direttore responsabile: Luciano LucianiSegretario di redazione: Enrico Pappalettere([email protected])Redazione: Sandra Bocelli, Francesca Civile, Brunella Da-nesi, Fabio Fantini, Isabella Marini, Lucia Stelli, VincenzoTerreni, Marco ZuffiProprietà: ANISN - Pisa c/o Museo di Storia naturale e delTerritorio, Via Roma, 79 - 56011 Calci (Pi)Impaginazione: Vincenzo Terreni([email protected])Stampa: La bottega della stampa, la Capannina, Lari (Pisa)Abbonamenti:- CC POSTALE: n. 95772273, per bonificiIBAN: IT10J0760114000000095772273intestato a Associazione Nazionale Insegnanti ScienzeNaturali - Pisa- CC Bancario CREDEM: n. 000000059, per bonificiIBAN IT89 E030 3271 1300 1000 0000 059intestato a NATURALMENTE A.N.I.S.N. PISAOrdinario 20,00 euro; ordinario e CD tutto Naturalmente30,00 euro; ordinario e tutto Naturalmente pdf 25,00 euro;sostenitore 35,00 euro; Scuole, Associazioni, Musei, Entiecc. 27,00 euro; biennale 36,00 euro; estero 40,00 euro;singolo numero 8,00 euro; numeri arretrati 12,00 euro; copiesaggio su richiesta.Registrato il 25 febbraio 1989 presso il Tribunale di Pisa aln. 6/89Informazioni: www.naturalmentescienza.it050/571060-7213020; fax: 06/233238204

Un ringraziamento particolare alle case editriciZANICHELLI e BOVOLENTAper l’aiuto alla realizzazione di questo numero.

CollaboratoriMaria Arcà Centro studi Ac. Nucleici CNR RomaMaria Bellucci doc. St. Fil. PratoClaudia Binelli doc. Sc. Nat. TorinoLuciana Bussotti doc. Sc. Nat. LivornoStefania Consigliere dip. Antropologia Università di GenovaLuciano Cozzi doc. Sc. Nat. MilanoTomaso Di Fraia dip. Archeologia Università di PisaElio Fabri doc. Astronomia Università di PisaFabrizia Gianni doc. Sc. Nat. Ist. S. Carlo MilanoTiziano Gorini doc. Lettere LivornoAlessandra Magistrelli doc. Sc. Nat. RomaPiegiacomo Pagano ENEA BolognaMarco Piccolino doc. Fisiologia e Storia della ScienzaUniversità di FerraraLaura Sbrana doc. Lettere PisaMarco Tongiorgi doc. Stratigrafia Università di Pisa

NATURALMENTEscienza

NATURALMENTE anno 23 • numero 3 • settembre 2010 trimestrale

Page 3: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

1

Le presunte basi biologiche delrazzismo (parte prima)

ANNA MARIA ROSSI

La gaffe di James WatsonNell’ottobre 2007, James Watson, il celebre scopritoredella struttura del DNA, insignito del premio Nobelper la Medicina nel 1962, si trovava in Gran Bretagna.Nel rilasciare un’intervista al settimanale inglese THE

SUNDAY TIMES, affermava che “i neri sono meno intel-ligenti dei bianchi” e che “tutte le nostre politichesociali si basano sul fatto che la loro [dei neri] intelligen-za sia pari alla nostra [dei bianchi], mentre tutti i test losmentiscono”. Ecco che ritornano e, quel che è piùgrave, per bocca di uno scienziato di fama internazio-nale, pregiudizi logori, sopravvissuti a polemiche che sisono susseguite ormai per oltre un secolo sui così dettitest di intelligenza. Eppure è stato dimostrato non soloche i test sono inaffidabili, ma anche che, ammesso chepossano darci una misura dell’intelligenza, qualcosa dicui non siamo in grado di dare una definizione univoca,di certo non forniscono una stima delle capacità intel-lettuali innate. I vari test che, a partire da quello di Binetdel 1905 (1), sono stati disegnati per misurare il QI nonhanno dimostrato nulla di veramente scientifico ed iloro sostenitori sono stati influenzati dall’etnocentri-smo imperante della cultura occidentale.Come nota Barbujani: “Sarebbe interessante dimostra-re che prendendo bianchi e neri della stessa estrazionesocioeconomica troveremmo le stesse differenze chetroviamo tra bianchi e neri presi a caso.” (2) Allora,sarebbe bene attenersi al principio dell’uguaglianza,per essere scientificamente e politicamente corretti.Le polemiche, che si sono scatenate in seguito all’inter-vista, costringevano Watson a ritrattare e, una voltarientrato in America, ad incassare una seconda cattivanotizia: il Cold Spring Harbour Laboratory gli aveva revo-cato l’incarico di direttore scientifico, che aveva tenutoper quasi quarant’anni.La tesi della superiorità dei bianchi, presupposto indi-spensabile a garantire i privilegi di cui godono i gruppidi potere da questi costituiti, si fonda sul determinismobiologico, un’idea vecchia che, benché screditata sulpiano scientifico, resiste in forma subdola nell’immagi-nario collettivo. Il principio di base è che fattori biolo-gici innati possano determinare -interamente o quasi-le caratteristiche di un individuo, sia fisiche che psichi-che. Quindi, come sono biologicamente innati il coloredella pelle e degli occhi, così lo sarebbero anche com-portamenti complessi, connessi per esempio con le

attitudini musicali o le tendenze criminali. Di riflesso,le differenze biologiche tra gli individui costituirebberoil fondamento naturale da cui scaturirebbero le differen-ze socioeconomiche per classe, censo, sesso, etnia e viadicendo. Come commenta Pisanty, dal determinismobiologico discenderebbe che “le varie forme didiscriminazione…siano giuste e giustificate, non solo dalpunto di vista politico, ma anche da quelloscientifico…in quanto conformi alle Leggi della Natu-ra.” (3)I deterministi biologici hanno spesso giocato sul mitoche la scienza si fondi su dati oggettivi, affermando ditrattare il tema dell’ineguaglianza come una questionepuramente scientifica ed hanno sostenuto le loro posi-zioni come libere da contaminazioni ideologiche o daconsiderazioni di ordine sociale, politico o religioso. Inrealtà, la scienza è fondamentalmente basata sull’inter-pretazione dei dati e gli scienziati, che non sono gliapostoli della verità, “spesso non riescono a discernere ilpregiudizio che li guida verso un’interpretazione tra lemolte coerenti con i dati.” (4)Come ci suggerisce la riflessione di Lewontin: “Lascienza è modellata dalla società perché è un’attivitàumana produttiva che richiede tempo e denaro edunque è guidata e diretta da quelle forze che nelmondo esercitano il controllo sul denaro e sul tempo.(…) le forze sociali ed economiche determinano inlarga misura ciò che la scienza fa e come lo fa.” (5) E nonc’è dubbio che i sostenitori del determinismo biologicosiano stati condizionati sempre dall’ideologia domi-nante nel contesto sociale in cui sono vissuti, edabbiano cercato, a partire dalle basi biologiche delladiversità umana, di usare la presunta oggettività dei datiscientifici per dare fondamento alla tesi della superio-rità e quindi al diritto di sopraffazione dell’uno sull’al-tro, forte su debole, ricco su povero, armato su disar-mato, bianco su nero, giallo o rosso, e via dicendo.

***

Page 4: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

2

La candelaPiuttosto che maledire il buioè meglio accendere una candelaLao Tzu

ELIO FABRI

Ricordate? Erano sei anni fa: Ministro dell’Istruzione(non più pubblica) era Letizia Moratti. Uscirono le“indicazioni nazionali” per la scuola primaria e secon-daria di primo grado, e ci furono grandi proteste perl’assenza dell’evoluzione dai programmi di scienze.Lettere a giornali, interviste, la nomina di una Commis-sione per rivedere il problema... Non sto a ripetervitutta la storia, che ho già trattata in una puntata nel n. 2/2004 di questa rivista. Richiamo solo che il prof.Bertagna ebbe a dichiarare, in un’intervista:[...] Per i primi otto anni è necessario riflettere sull’esperienza,perché la scienza non è immaginazione, ma verifica delle teorie.E solo dopo i primi otto anni è possibile affrontare in modoadeguato le teorie sull’evoluzione della specie umana, solo allorai giovani sono in grado di apprendere con una complessità ecomparazione diverse. [...]Bene. Ora sono apparse le indicazioni nazionali per lascuola secondaria di secondo grado. Ministro, cometutti sappiamo, è Maria Stella Gelmini; non so chi abbiapreso il posto di Bertagna, ma mi sono preso la briga diandare a controllare se quelle dichiarazioni program-matiche fossero state attuate, riviste, o che altro. Risul-tato: zero. L’evoluzione è totalmente assente dall’inse-gnamento scientifico nella scuola che risulterà dallariforma “epocale”.O meglio, per essere assolutamente precisi, ecco tuttoquello che c’è. Negli “obiettivi specifici” del primo bienniodel Liceo Scientifico si legge: “La varietà dei viventi ela complessità delle loro strutture e funzioni introduco-no allo studio dell’evoluzione e della sistematica, dellagenetica mendeliana e dei rapporti organismi-ambien-te, nella prospettiva della valorizzazione e del manteni-mento della biodiversità”. Dopo questo minestrone,più niente: l’evoluzione esce di scena.La cosa non mi meraviglia affatto; se ne parlo è solo perfarvi notare che -a differenza di sei anni fa- stavolta nonc’è stata la più piccola reazione. Distrazione? indiffe-renza? rassegnazione? Scegliete voi... Secondo me è unsegno del generale decadimento culturale e politico delPaese.

* * *

Dopo questa premessa, che mi sembrava ineludibile,torniamo a “più spirabil aere”, riprendendo il discorsosulla relatività, ristretta e generale, che avevo iniziato lavolta scorsa.

La periodicità di questa rivista mi rende impossibilesperare che chi legge abbia sulla punta delle dita ciò cheho scritto la volta passata; ma d’altra parte un tentativodi riassunto mi ruberebbe spazio prezioso, e quindidebbo fidare sulla vostra buona volontà: prima dicontinuare, andate a rileggere la puntata precedente.Alla fine della puntata scrivevo che per completare ladescrizione della relatività ristretta manca ancora un’al-tra idea di Minkowski: quella di una “metrica” dellospazio-tempo. Vediamo di che si tratta.Il concetto di metrica esiste già nella geometria euclideadello spazio ordinario: si tratta semplicemente del fattoche per ogni coppia di punti è definita una grandezzadistanza, con ben precise proprietà matematiche, la piùsignificativa delle quali è la cosiddetta “disuguaglianzatriangolare”. È quella che si può enunciare dicendo chein ogni triangolo un lato è sempre minore della somma degli altridue. Per quanto possa sembrare ovvia, è una proprietàda sottolineare perché nel caso dello spazio-tempoverrà modificata in modo importante.Sulla distanza aggiungo ancora che una delle primecose che s’imparano studiando geometria analitica èproprio la formula della distanza tra due punti nel pianocartesiano:

s2 = (x1 - x2)2 +(y1 - y2)2 (1)

dove (x1, y1) e (x2, y2) sono le coordinate cartesiane deidue punti. Questa formula, che discende dal teorema diPitagora, definisce appunto la metrica nel piano euclideoin termini delle coordinate cartesiane. Anche se non sistudia nella scuola secondaria, esiste una formula ana-loga per lo spazio tridimensionale:

s2 = (x1 - x2)2 +(y1 - y2)2 + (z1 - z2)2 (2)

Ora le coordinate dei due punti sono:(x1, y1, z1) e (x2, y2, z2).

***

Page 5: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

3

I percorsi della scienza nel XXI secolo

Il 2001(parte seconda)

LUCIANO COZZI

Questo articolo è la seconda puntata dedicata a un’ana-lisi degli indirizzi delle scienze biologiche nel primodecennio del nuovo secolo. Un’analisi né rigorosa néoggettiva, ma che si spera possa risultare interessante edivertente, almeno per coloro i quali, come me, sonoirrimediabilmente affetti dall’amore per il campo distudi entro il quale lavorano. Nel presentare gli articoliho cercato di evidenziarne soprattutto le possibiliragioni di interesse per i lettori di NATURALMENTE,senza alcuna pretesa di una trattazione esaustiva né diun impossibile equilibrio nell’estensione delle diversepresentazioni.In alcuni casi, ho dovuto raggruppare due articoli inun’unica menzione, dato che si tratta di lavori parallelirelativi allo stesso ambito di ricerca. In questi casi, hobasato la classifica non sulla somma delle citazioni, masoltanto sul più citato dei due lavori.

1. Dati quantitativi in tempo reale grazie alla PCRLa PCR consente di effettuare esperimenti che forni-scono in tempo reale risultati quantitativi sul gene inesame.La quantificazione dei risultati può essere assoluta,quando si basa sul numero di copie rilevate, mentre èrelativa, se saggia la quantità in rapporto a quella diun’altra molecola assunta come riferimento.Livak e Schmittgen descrivono nel loro articolo unmetodo di quantificazione relativa, denominato 2-DDC

T, discutendo gli assunti su cui si basa, le sueapplicazioni e i suoi possibili adattamenti.Al di là degli aspetti tecnici, il modello in esame si basasu un’elaborazione matematica che parte dall’equazio-ne fondamentale che si utilizza per gestire la PCR:

Xn = X0 . (1 + EX)n

dove Xn è il numero di molecole presenti al ciclo x-esimo, X0 è il numero di molecole iniziali, EX è unparametro che indica l’efficienza del processo e n ilnumero di cicli. Il modello sfrutta un’equazione relati-vamente semplice, che consente di valutare la quantitàdi molecole X0 in rapporto alla quantità della molecoladi riferimento. I dettagli di questa elaborazione mate-matica esulano dal presente articolo e chi fosse interes-sato può trovarli nella pubblicazione originale, accessi-bile gratuitamente online.L’approccio del lavoro di Pfaffl è del tutto analogo, maesso è specificamente dedicato allo studio degli mRNAgrazie all’utilizzo della PCR in associazione con la

transcrittasi inversa per ottenere un buon numero ditratti di DNA complementari all’mRNA in esame.Anche Pfaffl propone un metodo matematico checonsente la determinazione quantitativa relativa, senzaalcuna necessità di una curva di riferimento, comeinvece occorre nella quantificazione assoluta.K. J. Livak e T. D. Schmittgen Analysis of relative geneexpression data using real-time quantitative PCR and theDDCT Method METHODS 25, 402-408, 2001.M. W. Pfaffl A new mathematical model for relative quanti-fication in real-time RT-PCR NUCLEIC ACIDS RES; 29: e 45,2001.

2. Il Progetto Genoma UmanoIl 2001 è stato l’anno dello HGP, Human Genome Project,il cui completamento era stato annunciato alla finedell’anno nel corso di una celebre conferenza alla qualepresero parte anche Bill Clinton e Tony Blair. Lacomunicazione ufficiale fu data proprio nei due articoliqui richiamati, pubblicati l’uno su NATURE, a cura deiNatural Institutes of Healt (NIH), e l’altro su Science, acura della Celera Genomics, guidata da Craig Venter.Quel completamento costituiva soltanto un primoabbozzo, tuttavia: riguardava poco più dell’80% delgenoma e conteneva ancora un tasso non trascurabiledi incertezze residue. Una percentuale significativa delgenoma umano, attorno all’8%, a tutt’oggi non è stataanalizzata e difficilmente lo sarà in un prossimo futuro,data la scarsa importanza attribuita alle regioni compre-se in questa porzione, per lo più centromeri e telomeri.Ciò nonostante sono ben noti i risultati ottenuti dalloHGP: la riduzione drastica del numero dei geni stimati,da quasi 100 000 a circa 24 000; il fatto che menodell’1,5% del genoma codifica per proteine; la presenzadi un numero di duplicazioni molto più alto di quelloriscontrato negli altri mammiferi.

Page 6: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

4

Morte e medicinaFRANCESCO D’ALPA

Secondo l’opinione medica attuale, adottata dalla mag-gior parte delle legislazioni, la morte dell’individuocoincide con la sua morte cerebrale, più esattamentecon la cessazione irreversibile di tutte le funzionidell’intero cervello, incluse quelle del tronco encefalico(criterio dello statunitense Uniform Determination of De-ath Act, del 1997).In pratica, secondo il punto di vista medico-scientificola ‘morte cerebrale’ è l’unica condizione nella quale sipuò correttamente parlare di vera morte dell’individuo,anche in assenza di arresto respiratorio e cardiaco.Questa morte può avvenire con un meccanismo diret-to (per lesione cerebrale traumatica, emorragica oischemica, che evolve in un danno globale ed irrever-sibile) o indiretto (arresto temporaneo del cuore e delrespiro di durata sufficiente a causare la necrosi dell’in-tero encefalo).In natura la morte cerebrale non è un evento a sé stante,ma solo una tappa del morire, senza alcun particolaresignificato, e generalmente precede di poco la morte ditutto l’organismo. Nella pratica rianimatoria attuale,invece, l’evolversi del morire può essere bloccato pro-prio in questa fase che separa la morte cerebrale daquella del resto dell’organismo.Se accettiamo l’idea che l’essere uomo è solo l’ultimopasso di una scala evolutiva tuttora ben evidente nellastruttura e nelle funzioni del corpo e che dunque egli èfondamentalmente ciò che è il suo cervello (ovvero chelo spirito -o l’anima- dell’uomo siano proprietà emer-genti dal suo cervello), non possiamo non tenerneconto nel giudizio che diamo sul nostro corpo.Esso è infatti ordinato gerarchicamente con alcune sueparti (i capelli, le unghie) di significato infimo, al puntoche in passato la teologia dibatteva perfino la questionese queste fossero “animate”. A partire da questi ele-menti inferiori, si sale su fino ai massimi livelli dell’es-sere umano, ovvero al cervello, l’unica parte del corpoche in definitiva dà senso a tutte le altre.

La morte cerebraleSecondo la classica definizione di Plum e Posner, ilcoma è “uno stato di perdita della coscienza, più omeno prolungato, più o meno reversibile, con interes-samento, secondo la gravità, di tutto l’encefalo in sensorostro-caudale. Più il danno cerebrale è grave, più illivello funzionale di insufficienza cerebrale si situa alivello caudale”.Durante lo stato di coma, il paziente giace immobilecon gli occhi continuamente chiusi.

Al coma segue frequentemente una fase di recuperofunzionale, fino ad un progressivo risveglio con ripresapiù o meno completa della funzionalità cerebrale. Circal’1-2 % dei soggetti in coma non va incontro ad alcunmiglioramento, e resta in quello che viene definito‘Stato Vegetativo Persistente’.Per ‘morte cerebrale’ si intende invece la perdita irre-versibile delle funzioni dell’intero cervello e del troncoencefalico, che dà luogo a coma, assenza di respirazio-ne spontanea e perdita di tutti i riflessi del troncoencefalico, mentre i riflessi spinali (inclusi quelli tendi-nei, la flessione plantare ed i riflessi nocicettivi) posso-no essere ancora presenti; tale diagnosi equivale aquella di morte della persona (1).In accoglimento di questa affermazione della scienzamedica, ed in linea con la maggior parte delle nazioni piùevolute, secondo la legge italiana, “la morte si identificacon la cessazione di tutte le funzioni dell’encefalo”.(Legge 29 Dicembre 1993, n° 578, art. 1).In pratica, la morte può essere dichiarata anche primadella cessazione definitiva delle funzioni cardiaca erespiratoria, giacché la cessazione completa di tutte lefunzioni dell’encefalo comporta già la dissoluzionedell’identità psico-biologica.Nel 1959 Mollaret e Goulon coniarono il termine comadepassè per designare uno stato ‘oltre il coma’ da loroosservato in 23 soggetti che presentavano perdita dellacoscienza, dei riflessi del tronco encefalico, della respi-razione spontanea e dell’attività EEGrafica (2). Secon-do questi autori non aveva alcun senso proseguire intali soggetti la respirazione artificiale.

Page 7: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

5

Il vivente come individualità eorganizzazione

ANDREA CAVAZZINI

La difficoltà maggiore delle scienze della vita consistenel dotarle di un sistema rigoroso di concetti, da cui poidipendono sia una coscienza chiara delle procedure diverifica appropriate a queste scienze, e quindi del tipodi conoscenza che esse possono fornire, sia una deter-minazione rigorosa degli oggetti e dei problemi di loropertinenza. Se si ammette -come si dovrebbe ammet-tere- che le scienze della vita trovano un quadro com-prensivo e coerente nella Teoria dell’evoluzione, vedia-mo che le cose si complicano ulteriormente. La Teoriadell’evoluzione, infatti, è, direi per definizione, unateoria storica, incentrata su traiettorie e relazioni singo-lari, a livello sia di specie che di organismo che diecosistema, in cui i “casi” individuali non sono affattoesemplificazioni indifferenti di una legge generale deltipo della legge fisica: “Le regolarità fornite dall’espe-rienza sono trasformate, in fisica, in strutture matema-tiche molto ricche, molto più ricche dei dati numerosima frammentari che ci vengono dal mondo fisico (…)Inoltre queste strutture (…) contribuiscono a determi-nare [l’oggettività fisica]. Non si può dire niente, inrelatività, in fisica quantistica, sui sistemi dinamici,senza le matematiche” (1). Al contrario, “in biologia ilvivente si impone nella sua ricchezza fenomenica equalunque teoria matematica non può coglierne cheaspetti parziali, frazionando l’unità e l’individualità delvivente, la sua imbricazione nell’ecosistema” (2). Non chele matematiche non siano utili per studiare i sistemiviventi; ma la costruzione concettuale dell’oggetto dellabiologia viene compiuta con degli approcci che nonsono solo matematici, laddove in fisica, soprattuttograzie al ricorso ai gruppi di simmetria, l’oggetto èinteramente determinato dalle sue relazioni matemati-che. Al contrario, in biologia l’oggetto (cioè le relazionimolteplici dell’organismo alle proprie componenti,all’ambiente, alla propria specie e al complesso delregno vivente) è in certo senso dato (3)e si tratta dicostruire un quadro coerente, sebbene provvisorio,che articoli tutti i fenomeni relativi a questa molteplicitàdi comportamenti e determinazioni sempre individua-li. A questo scopo, è necessario elaborare dei concettiqualitativi, delle categorie che rendano intelligibile ilvivente nella sua generalità, in modo da rendernecomprensibile la dimensione “contingente”, “storica”,senza tradirne la specificità ma anche rendendola ac-cessibile ad un sapere razionale (4). Come già argomen-tato in altra sede, una categoria in questo senso centrale

è quella di organizzazione, che, in certo senso “rimossa”dalla Sintesi Moderna -la cui concezione del viventenon aveva spazio per la dimensione strutturale e siste-mica di questo (5)- è stata però al cuore della compren-sione della vita a partire almeno dal XVIII secolo (6). Inparticolare, nella cultura filosofico-scientifica francese,il richiamo alla dimensione organizzata del vivente èstato funzionale alla demarcazione tra biologia e fisica;l’organizzazione non è stata assunta solo come un datotra i tanti propri al vivente, ma ha costituito il concettoessenziale per dotare le scienze della vita di un oggettoe di un tipo di razionalità ad esse specifico. Questo losi vede soprattutto nel tentativo di fondazione filoso-fica della biologia operato da Auguste Comte (1798-1857) nella prima metà del XIX secolo. SecondoComte i corpi organizzati si differenziano da quelliinorganici perché “più complessi e meno generali”:infatti, “i corpi viventi presentano, oltre a tutti i feno-meni dell’ordine inorganico (…) i fenomeni vitali cheappartengono all’organizzazione (corsivo mio, A.C.)” (7).La natura organizzata di questi fenomeni li rendeimpossibili da cogliere tramite equazioni matematiche:

Page 8: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

6

Le basi neurobiologiche dell’empatiaLIA ANTICO

Ogni giorno interpretiamo il mondo e le persone checi sono di fronte. Se un amico arriva con il viso piegatoin una smorfia o in un sorriso, automaticamente capi-remo l’esito dell’esame senza doverlo chiedere, perchésappiamo distinguere le diverse emozioni sottese daimodi in cui contraiamo i muscoli facciali. L’empatia ciavvicina agli altri e ci fa sentire quello che provano glialtri come se fossimo noi stessi a provarlo, senzaricorrere al ragionamento.Psicologi e neuroscienziati hanno lavorato a lungo percomprendere come facciamo a capirci reciprocamenteo perché, davanti a un film commovente, cediamoall’emozione. L’empatia, definita dallo psicologo Hof-fman come la scintilla da cui nasce l’interesse umanoper gli altri, sembra essere guidata da alcune cellulecerebrali chiamate neuroni specchio.I neuroni specchio sono stati scoperti all’inizio deglianni Novanta e oggi sono le cellule del cervello piùfamose. Infatti, si parla di Nobel per “i favolosi quat-tro” (Rizzolatti, Gallese, Fogassi e Fadiga) che li hannoscoperti perché hanno modificato il modo di concepirele funzioni della mente.La capacità sorprendente di queste cellule cerebrali èl’attivazione sia durante l’esecuzione dell’azione, siadurante l’osservazione dell’azione eseguita da qualcunaltro. L’équipe di Rizzolatti si è imbattuta per serendi-pità nei neuroni specchio, mentre studiava l’area moto-ria del cervello delle scimmie. In particolare, stavaindagando il comportamento dei neuroni canonici, checonvertono l’informazione sensoriale (visiva) in co-mandi motori, testimoniati da scariche ottenute quan-do veniva presentato l’oggetto e l’animale lo afferrava.I ricercatori notarono che si innescava una rispostaneuronale anche quando la scimmia non aveva l’inten-zione di afferrare l’oggetto, ma semplicemente osser-vava lo sperimentatore compiere un’azione a lei nota.L’attivazione dei neuroni specchio, chiamati in originecellule monkey see, monkey do, riflette l’evocazione di unatto potenziale che appartiene al patrimonio motoriodella scimmia. In un’area del cervello della scimmia,denominata F5, è contenuta una sorta di vocabolario diatti motori, le cui parole sarebbero rappresentate dapopolazioni di neuroni. Quindi, quando la scimmiavede lo sperimentatore afferrare un oggetto, immedia-tamente attiva i suoi neuroni specchio e riconoscequell’azione perché presente nel suo patrimonio moto-rio.La scoperta di un sistema di neuroni specchio nellascimmia suggerì fin dall’inizio la possibile esistenza di

un analogo sistema anche nell’uomo. Esperimenti dielettrofisiologia e studi di visualizzazione dell’attivitàcerebrale tramite PET (Positron Emission Tomography) efMRI (functional Magnetic Resonance Imaging) hanno con-fermato la presenza dei neuroni specchio nell’uomo, inaree corrispondenti a quelle della scimmia (area dellobo frontale e del lobo parietale), dimostrando anchela continuità evolutiva tra l’uomo e la scimmia. Ilcervello dell’uomo è quattro volte più grande di quellodella scimmia e anche il sistema dei neuroni specchioappare più esteso e complesso. Così come nella scim-mia, anche nell’uomo la vista e l’ascolto di atti compiutida un altro soggetto determinano nell’osservatore uncoinvolgimento delle aree motorie deputate all’orga-nizzazione ed esecuzione di quegli stessi atti. Cosìcome la scimmia, anche l’uomo è in grado di riconosce-re il significato di un’azione compiuta da un altro, seappartenente al suo vocabolario di atti motori. Adesempio, il suono prodotto dalle azioni di un pianista,mentre suona il piano, riflette in chi lo ascolta come sefosse quest’ultimo a suonare. Inoltre, così come lascimmia, anche l’uomo riesce a comprendere non solosingoli atti, ma anche intere catene di atti motori,codificando le intenzioni degli altri e anticipando cosìl’esito finale dell’azione stessa. Quando cerchiamo dicomprendere il significato dei comportamenti di chi cicirconda, il nostro cervello crea dei modelli del com-portamento altrui, allo stesso modo in cui crea deimodelli del nostro comportamento. Il risultato di que-sto processo di modellizzazione ci consente di capire epredire le conseguenze dell’agire altrui, così come cipermette di capire e predire il nostro comportamento.Inoltre, il sistema umano dei neuroni specchio codificaatti motori transitivi e intransitivi, è in grado di selezio-nare sia il tipo di atto, sia la sequenza dei movimenti chelo compongono, e non necessita di un’effettiva intera-zione con gli oggetti, ma si attiva anche quando l’azioneè mimata.

Page 9: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

7

Il movimento delle tartarughe comunidel Mar Mediterraneo

SERENA FOLCARELLI

Le caratteristiche fisicheLa tartaruga comune (Caretta caretta) è la specie piùdiffusa nel Mar Mediterraneo e si trova anche in tutti imari e gli oceani temperati e subtropicali.Confrontando il DNA mitocondriale delle tartarughemediterranee con quello di individui della stessa specieviventi in altri mari, è stato messo in evidenza che leprime hanno subìto una divergenza genetica (4; 7). Esserisultano, infatti, più piccole rispetto a quelle degli altrimari, raggiungendo una lunghezza massima nel carapacedi circa un metro per un peso di 140 kg (11), probabil-mente come conseguenza dell’accennata differenza ge-netica. Le altre, invece, possono raggiungere i 140 cen-timetri di lunghezza nel carapace per 160 kg di peso.

Il ciclo vitaleIl ciclo vitale della Caretta caretta è generalmente similea quello delle altre tartarughe di mare (13; 3).Il suo periodo riproduttivo nel Mediterraneo inizia ametà giugno e termina a metà settembre. In questo arcodi tempo la femmina, che si è precedentemente accop-piata, esce dal mare e si porta sulle spiagge di nidifica-zione per 3-4 volte, ad intervalli di circa 15 giorni(periodo di internesting), per deporre ogni volta circa uncentinaio di uova. La deposizione avviene di notte o alcrepuscolo e soltanto se sulla spiaggia scelta non cisono né rumori, né predatori, né comunque eventualifonti di disturbo per la femmina. La tartaruga, dopoaver scelto il luogo adatto, inizia a scavare il nido conle pinne posteriori nella zona più lontana dalla linea dimarea massima, conferendo alla camera incubatriceuna forma a fiasco. Una volta terminata questa opera-zione, essa inizia la deposizione delle uova, che sonobianche, rotonde e delle dimensioni di una pallina daping-pong. Dopo di ciò la femmina ricopre il nido conla sabbia che aveva precedentemente rimossa per loscavo, in modo che all’interno della camera incubatri-ce, detta anche delle uova, vi sia umidità ed un sufficien-te scambio di gas attraverso la sabbia.L’incubazione dura circa due mesi, al suo termine laschiusa avviene di notte ed i piccoli escono dal nidotutti insieme. I neonati si dirigono subito verso il maresfruttando le differenze di luminosità tra il mare e lezone retrodunali (orientamento fototassico) (10). Unavolta raggiunta l’acqua, i neonati si spostano attivamen-te nuotando perpendicolarmente alle onde, fino araggiungere il mare aperto dove rimangono fintantoche non vengono “catturati” dalle correnti oceaniche,

dove trascorrono il così detto “stadio giovanile oceani-co”. Non si sa molto riguardo a questo periodo nelquale le tartarughe permangono in zone oceaniche. Ènoto, però, che al termine di questa fase i giovani sispostano presumibilmente in modo attivo verso zonedi foraggiamento, che possono essere condivise conindividui di varie età, compresi gli adulti.Intorno ai 20 anni di vita le tartarughe comuni raggiungonola maturità sessuale e, sia le femmine che i maschi, sispostano dalle aree di foraggiamento suddette, verso le zonedi riproduzione, compiendo degli spostamenti attivi, anchedi migliaia di chilometri. La maggior parte degli accoppia-menti avvengono al largo delle spiagge di nidificazione, chesono le stesse in cui le femmine sono nate; si ha quindifedeltà al luogo di nascita (natal homing) (10).Sembra che le femmine siano in grado anche di conser-vare lo sperma per lunghi periodi, quindi in tal caso gliaccoppiamenti potrebbero avvenire durante la migra-zione o anche nelle aree di foraggiamento, ma non sene ha certezza. Concluso il periodo riproduttivo gliindividui tornano nelle aree di foraggiamento, doverimangono fino alla stagione riproduttiva successiva,che si ha 2-3 anni dopo.

Page 10: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

8

A proposito di “darwinismo sociale”:prestiti, scambi concettuali, equivoci

MARIA TURCHETTO

Il cosiddetto “darwinismo sociale” viene per lo piùinterpretato come trasposizione di categorie tratte dal-la biologia -quali lotta per la vita, evoluzione, sviluppo,degenerazione- all’ambito della sociologia e delle politi-che sociali, sul presupposto che questo genere di“prestiti” avvenga di norma dalla scienza più “forte”(più affidabile e riconosciuta in termini di scientificità) aquella più “debole”. Alcuni autori hanno messo inevidenza come si tratti, in realtà, di passaggi più com-plessi e problematici. Lorenzo Calabi, ad esempio, hasottolineato la circolarità che caratterizza l’intreccio diconcetti e termini biologici e sociologici nel darwini-smo sociale e nella sociobiologia: essi estraggono uncomportamento sociale moderno e lo traspongono in una condizio-ne naturale, o quanto meno primitiva rispetto alla contempora-neità verso la quale si atteggiano, dando ad esso un significato inquella condizione. Astraggono poi il significato e lo ricollocanonella contemporaneità, applicandolo ad essa (1).In questo scritto mi propongo di verificare l’effettivaprovenienza dei principali concetti “socialdarwinisti”,comunemente attribuiti alla formulazione darwinianadella teoria dell’evoluzione, ma in realtà autonomamenteprodotti nell’ambito delle teorie sociali del XVIII e delXIX secolo e solo successivamente “naturalizzati”.

Concorrenza e lotta per la vitaCom’è noto, il cosiddetto “darwinismo sociale” sisviluppa nella seconda metà del XIX secolo lungo dueprincipali filoni. Il primo, il cui padre fondatore puòessere considerato Herbert Spencer, mette capo aun’apologia del mercato in cui la concorrenza, come lalotta per la sopravvivenza in natura, seleziona i migliori.Il secondo è quello portato avanti da Francis Galton inun’ottica in realtà antitetica a quella di Spencer: perGalton la civilizzazione avanzata ostacola il liberogioco dei meccanismi selettivi, poiché permette laprotezione e la riproduzione dei deboli, per cui ènecessaria una selezione artificiale istituzionalizzata -l’eugenismo.Iniziamo da Spencer e dall’analogia stabilita tra la lottaper l’esistenza in natura e la concorrenza nel mercato, chetrascina con sé l’idea della sopravvivenza del più adattodeclinata, nel campo della teoria economica, comeprevalenza del migliore (2). Questa analogia ha ricevutomoltissime critiche (3), che tuttavia danno quasi sempreper scontato che il modello venga trasposto dallabiologia alla sociologia. Senza dubbio questa è l’opera-

zione condotta da Spencer, impegnato in un’operazio-ne di “naturalizzazione” della società e ben contento diutilizzare l’autorità di Darwin per avallare scientifica-mente la propria filosofia sociale.In realtà l’idea del mercato come stato di natura in cuivince il migliore è molto precedente la formulazionedarwiniana della teoria dell’evoluzione; ed è sviluppataautonomamente dal pensiero sociopolitico settecente-sco sulla base di una metafora naturalistica ingenua -non“scientifica”: l’homo homini lupus di Hobbes, metaforache verrà usata per giustificare contemporaneamente ilmonopolio statale della forza in politica e la liberacompetizione nella società civile. Come ha osservatoFrans de Waal, questa metafora contiene due gravi errori.Innanzitutto, non rende giustizia ai canidi, che sono fra glianimali più gregari e cooperativi del pianeta (...); cosa ancorpeggiore, nega l’intrinseca natura sociale della nostra specie (4).Se consideriamo l’attenzione dedicata da Darwin, so-prattutto com’è noto in The Descent of Man, ai compor-tamenti sociali cooperativi degli animali e dell’uomo,dobbiamo senz’altro escludere che le teorie socialiabbiano tratto l’idea della concorrenza come lotta perl’esistenza dalla teoria darwiniana. Al contrario, siamolegittimati a sospettare piuttosto che la centralità asse-gnata alla competizione in molte formulazioni del-l’evoluzionismo sia debitrice alle teorie sociali, sospet-to che Marx enuncia proprio a proposito di Darwin: Midiverto con Darwin -scrive a Engels nel 1862- quando dice diapplicare la teoria del Malthus anche alle piante e agli animali[...]. È notevole il fatto che, nelle bestie e nelle piante, Darwinriconosce la sua società inglese con la sua divisione del lavoro, lasua concorrenza, l’apertura di nuovi mercati, le invenzioni e lamalthusiana lotta per l’esistenza. È il bellum omniumcontra omnes di Hobbes e fa ricordare Hegel nella Fenome-nologia, dove raffigura la società borghese quale regno anima-le ideale, mentre in Darwin il regno animale è raffigurato qualesocietà borghese (5).

Page 11: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

9

Alle origini della vita individuale:l’impulso formativo

Non è un pesce.Non riesco ancora a capire cosa sia (…)Non è uno di noi perché non cammina;non è un uccello perché non vola;non è una rana perché non salta;non è un serpente perché non striscia.

M. Twain Il diario di Adamo ed Eva (1)FEDERICA TURRIZIANI COLONNA

Mark Twain parla semplicemente di un cucciolo dellanostra specie. Adamo, che nel giardino dell’Eden nonha mai visto un bambino prima di trovarvi il suo, siinterroga a lungo, cercando di collocare dove si convie-ne questa varietà interessante e curiosa, mai catalogata primad’ora (2) e, a giudicare dalle sue parole, è chiaro cheCaino non somiglia in modo inequivocabile ad unuomo, ma nella sua crescita assume aspetti multiformi.Questo processo polimorfo investe, in modo forseanche più incisivo, l’embrione, che è stato -ed è-oggetto di dibattito sin dall’antichità. Due sono leprincipali dottrine protagoniste della diatriba, l’epige-nesi e il preformismo. La prima vuole che la formazio-ne dell’embrione avvenga per fasi successive, a partireda una materia omogenea che si differenzia e si strut-tura in modo progressivo; la seconda afferma, al con-trario, che l’embrione sia sottoposto ad un semplicesviluppo dimensionale di un germe preesistente giàcompletamente strutturato nelle sue parti. Fautori del-l’epigenesi furono Aristotele, nell’antichità, ed un ari-stotelico della scuola padovana come Harvey, nel Sei-cento. Preformista fu, ancora nel Seicento, Leibniz,che era a conoscenza delle osservazioni condotte, conil supporto del microscopio, da Leeuwenhoek, il qualeaveva rintracciato la presenza di “animalculi” -piccoliesseri viventi- nel liquido seminale maschile. Si trattavadella scoperta degli spermatozoi, che potevano essereletti -e lo furono- come germi preformati, e assimilati, conun notevole lavoro di fantasia, a veri e propri esseriumani che attendevano soltanto di compiere il propriosviluppo.Il preformismo di Leibniz ben si coniugava con la suafilosofia meccanicista e creazionista: i germi erano staticreati tutti da Dio, in un unico momento, e incapsulatil’uno nell’altro, secondo una scala infinitesima -com-plici furono gli studi sul calcolo infinitesimale condottidallo stesso Leibniz, che gli fornivano gli strumentiteorici per pensare a germi dalle dimensioni prossimeallo zero, ma ancora integri nelle proprie strutturemorfologiche. Naturalmente la scoperta di Leeu-

wenhoek imponeva una dottrina spermista, secondo laquale il germe preformato sarebbe deposto nel corpomaschile; ad essa si opponeva quella ovista, che volevache il germe da cui si sarebbe in seguito sviluppatol’organismo fosse contenuto nel corpo femminile.Creazionismo, dunque, e meccanicismo: lo sviluppodel germe avviene, in Leibniz e negli altri preformasti,secondo leggi di tipo puramente meccanico, senza chesia dunque possibile una qualsiasi mutazione. Al pre-formismo si obietterà polemicamente, da un lato, pro-prio l’aver abbracciato un’impostazione meccanicista,incapace di dar conto delle varietà e delle ibridazioni,dall’altro, di aver concesso troppo all’occasionalismo,facendo dell’unione sessuale una mera occasione chepotesse innescare un processo già di per sé concluso.Ma le obiezioni fatte su basi teoriche sono fini a sestesse, se non si sposano ad osservazioni empiriche ingrado di far saltare il paradigma imperante; solo alloratali obiezioni si caricano di significato, potendo final-mente svolgere un adeguato ruolo di supporto e didecodifica dell’esperienza.

Page 12: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

10

Arte e scienza

Del Colore e dei ColoriI Rossi (parte terza)

MATILDE STEFANINI

Situato nella teoria dei colori di Itten (1) tra i coloriprimari, (rosso, giallo e blu), il rosso è stato uno di quellipiù usati da molte popolazioni umane, non solo inpittura, fin da tempi remoti. Bisogna qui chiarire peròl’uso che si vuol fare del termine colore e distinguerlo dapigmento poiché i termini spesso -e l’ho fatto anch’io-vengono usati indifferentemente per esprimere lo stes-so concetto. Il colore di un oggetto (limitandosi a unadefinizione operativa) è il risultato, a livello della nostrapercezione fisiologica, di un insieme di fattori: proprie-tà del materiale, condizioni di illuminazione, rispostadell’occhio, elaborazione da parte del cervello. In unacerta misura intervengono anche le condizioni al con-torno, come lo sfondo che sta dietro l’oggetto osserva-to. I pigmenti sono invece piccole particelle insolubilidisperse all’interno di un liquido o di un solido, doveagiscono come diffusori della luce. Vernici, lacche,inchiostri, plastiche, gomma, vengono colorati in que-sta maniera.I moderni studi sperimentali sui meccanismi dellavisione permettono di dire qualcosa di più preciso sullecurve di sensibilità spettrale dei coni, i fotorecettoridella retina responsabili della visione dei colori. I conisono sensibili alle diverse lunghezze d’onda della lucee rispondono più o meno vivacemente alle lunghezzecorte, circa 440 nm, che individuiamo come blu-viola,a quelle medie, intorno ai 530 nm, che corrispondonoai verdi e a quelle lunghe (560-700 nm), giallo-verde ei rossi. La sensibilità dei tre tipi di coni presenta curvesolo parzialmente sovrapposte, quindi una lunghezzad’onda stimola i tre tipi di recettori in modo diverso percui al cervello arrivano tre segnali e il rapporto tra di essiè quello che permette di individuare un determinatocolore. Una luce che provochi risposte forti alle ondecorte, più deboli alle medie e minime alle lunghe verràpercepita come blu. Il rapporto, poi, fra il numero deiconi sensibili alle varie lunghezze è 1:5:10; i conisensibili al blu sono in netta minoranza rispetto aglialtri: lo si può constatare osservando la persistenza delcolore rosso rispetto alla lontananza di un oggetto diquel colore, mentre uno blu, a distanza, può apparirenero (2). Questa diversità percentuale forse può spiega-re perché il rosso è il primo colore che viene percepitodai bambini di circa due anni che lo individuano ancheattraverso il nome, come scoprì con una serie diesperimenti lo psicologo Alfred Binet nel 1890. Egli si

rese conto che l’identificazione primaria dei colori daparte degli infanti di quell’età avviene attraverso lacoppia rosso/non rosso, con una certa confusione neiconcetti di giallo e verde, mentre Kurt Koffka identifi-cò nella percezione dei colori lo sviluppo di strutturevisive anteriori a quelle linguistiche (3).Probabilmente -ma è solo un’ipotesi- questa capacitàprecoce di riconoscere il rosso è un’eredità delle scim-mie antropomorfe a cui il rosso serviva ad identificarei frutti contro il verde degli alberi, e il colore rosso ogiallo aranciato a giudicarne il grado di maturazione equindi di commestibilità. Nel mondo moderno l’altacapacità umana di percezione del rosso ha fatto sì cheil colore sia stato utilizzato per segnali di allarme, dipericolo o di interdizione come nella segnaletica stra-dale.

NATURALMENTEscienza

Maria ArcàInsegnare BiologiaInsegnare BiologiaInsegnare BiologiaInsegnare BiologiaInsegnare Biologia

Page 13: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

11

Il verziere di Melusina

Il gelsominoLAURA SBRANA

… all’ora che la seramuove il ramo del gelsomino…W. B. Yeats

La pianta, della famiglia delle Oleaceae, deriva il nomescientifico, Jasminum, dal vocabolo arabo antico Yzmino Ysmin = fiore bianco, mentre quello popolare sembravenire dall’incrocio della sua denominazione persiana,yasamin, con gelso. Pierandrea Mattioli, il grande archia-tra senese anche erborista sul campo, rileva che “secon-do l’opinione de’più dotti, Iasmen è vocabolo tradottodal Greco et non altro vuol significar che viola”, perché,“essendo questa odorifera pianta stata ritrovata da liArabi et vedendola essi ne le fattezze de’fiori et nel’odore molto confarsi a le viole bianche, volendoimitare il Greco, assai barbaricamente le derivaron dale viole ‘l nome, cio è Iasmen,anchor che ne la lingua lorla chiamin Sambac o ver Zambac”.Più tardi, il gesuita, anche lui senese, Giovan BattistaFerrari nel De florum cultura (del 1633, tradotto in unagradevole versione italiana nel 1638 da un dotto con-fratello, Lodovico Aureli, come Flora o vero cultura difiori), ribadisce che “chiamasi dagl’Italiani con piacevolnome di Gelsomino quel fiore che da li Arabi vien dettoIesemin, vocabolo per avventura tolto da’Greci li qualilo chiaman hora Iasminon o Iosmenon, cioè viola odorata,hora Iosme e Iasme, cioè odor di viola, che vien da la parolagreca ìon, viola e osmè, odore, e questa dal verbo òzo, renderodore”. Gli appassionati di “linguaggio dei fiori” dannoun’ulteriore etimologia araba: “jas = disperazione + min= menzogna, parole che rievocano entrambe le tortuo-sità dell’amore”.Rimanendo in questo ambito, bisogna citare Le Langua-ge des Fleurs, un’opera di “grammatica floreale” esem-plata sulle antiche usanze orientali di dare ai fiori“particolari significati simbolici” e capace di fornire“un codice espressivo non verbale che permetteva diesplicitare pensieri e sentimenti senza sporcarsi le mani diinchiostro; Le Language des Fleurs, molto probabilmentescritto da Charlotte de Latour e pubblicato forse nel1819, ebbe enorme fortuna in tutta Europa, particolar-mente nell’Inghilterra vittoriana ed anche negli StatiUniti. Nel lungo capitolo dedicato al gelsomino, fral’altro si legge: “sembra stato creato per essere espres-samente il simbolo dell’amabilità. Quando, all’incircanel 1560, gli esploratori spagnoli lo importarono dal-l’India, se ne ammirava la flessuosità dei rami, la luce

delicata dei fiori stellati, e si credeva che per curare unapianta così leggiadra e fragile, servisse riporla in serracalda: sembrò acclimatarsi; si provò negli aranceti ecrebbe a meraviglia; la si piantò, come oggi, in pienaterra e, senza ricevere alcune cura, superò i più rigidiinverni. Ovunque si vede l’amabile gelsomino tenderei suoi rami per il nostro piacere: li stende fra gli steccati,li intreccia ai pergolati, li allunga nei cespugli e fra lepiante dei boschi, spesso li spiega in verdi tappeti lungole terrazze e le muraglie. Altre volte, pur obbedendo aicapricci ed alle forbici del giardiniere, alza un sottilerametto, una testa arrotondata simile a quella di ungiovane arancio; sotto ogni forma, offre una fioriturache profuma, rinfresca e purifica l’aria: questi fioridelicati ed attraenti offrono alla leggiadra farfalla dellecoppe degne di lei ed alle diligenti api un miele squisito,abbondante e profumato. I pastori innamorati unisco-no gelsomino e rose per impreziosire le scollature delleloro donne e spesso questi semplici fiori, intrecciati aghirlanda, coronano la fronte di una principessa… Leragazze toscane portano, il giorno delle nozze, unbouquet di gelsomino…”.Pianta piuttosto misteriosa, infatti non se ne conoscecon precisione il luogo d’origine (India? Persia? Cina?),il gelsomino sembra sia stato conosciuto relativamentetardi in Europa dove, molto probabilmente, fu intro-dotto dagli Arabi (questo vale di sicuro per il Gelsominodi Catalogna o di Spagna), mentre pare che in Italia siastato portato nel Quattrocento dai Turchi; dal Seicen-to, comunque, con alcune sue specie si affermò cosìprepotentemente nei giardini europei (“se ben non siigran tempo che li Gelsomini si son portati in Italia,anchor che al presente volgarmente si ritrovin per ogniorto li bianchi, li gialli et parimenti li cerulei”) cheLinneo incorse nell’errore di crederlo di origine svizze-ra! Da quando è stato conosciuto, in Europa il gelsomi-no ha conteso alla rosa il primato della popolarità: “rosae gelsomino son i più bei fiori del giardino” afferma unvecchio proverbio; a parte va però considerato il Jasmi-num nudiflorum che è stato introdotto in Europa solo ametà Ottocento, è detto comunemente gelsomino inver-nale o gelsomino di San Giuseppe e fiorisce di giallo sui raminudi per tutto l’inverno.

***

Page 14: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

12

Tracy ChevalierStrane creatureNeri Pozza Editore, Vicenza, 2009

Tracy Chevalier, nata aWashington ma residen-te in Inghilterra dal 1984,ha pubblicato diversi ro-manzi “al femminile”, dicui il più noto è La ragazzacon l’orecchino di perla. InStrane creature prende lospunto dalle storie intrec-ciate di Mary Anning edElisabeth Philpot (l’unaabilissima cercatrice pro-

fessionale di fossili negli strati giurassici della costa traLyme Regis e Charmout, nel Dorset, Inghilterra meri-dionale; l’altra, appassionata collezionista di pesci fos-sili nelle stesse zone) per ricavarne un commoventeromanzo sulla difficile condizione della donna nellaprima metà del XIX secolo, in contrasto con gli stere-otipi dell’amore romantico.Mary Anning (1799-1847) proveniva da una famigliamolto povera ed ebbe difficoltà finanziarie per granparte della sua vita. La ricerca e la preparazione deifossili, nelle quali aveva presto acquisito una straordi-naria abilità, le hanno fornito il principale cespite diguadagno fin da quando aveva solo 12 anni. Ma nono-stante le sue straordinarie scoperte, la notevole intelli-genza e la notorietà acquisita negli ambienti geologici diGran Bretagna, Europa e America, il sesso, la classesociale e il credo religioso (apparteneva ai congregazio-nalisti, non anglicani), le hanno impedito il pienoriconoscimento da parte della comunità scientifica,dominata in Gran Bretagna da ricchi signori anglicani.Tra le sue scoperte più rilevanti va ricordato il primoritrovamento di uno scheletro di ittiosauro (due altri netrovò in seguito), i primi due scheletri di plesiosauro, ilprimo ritrovamento al di fuori della Germania di unoscheletro di pterosauro ed alcune importanti specie dipesci fossili e di cefalopodi. Tra le sue acute osservazio-ni, ricorderemo quella che i fossili di Belemnite mostra-no talora tracce delle sacche di inchiostro, osservazioneche ha dato un contributo rilevante alla comprensionedella natura e delle affinità biologiche di questo gruppodi fossili; ma anche che le pietre dette “bezoar” eranoin realtà “coproliti” (risultato di discussioni tra Mary eil geologo William Buckland), feci fossili di vertebrati.

La sua intelligenza e la sua abilità non trovarono ai suoitempi tutto il credito che meritavano ed ai fossili da leiscoperti raramente fu dato il suo nome, sostituito daquello del committente o di colui che li aveva donati allecollezioni scientifiche. Durante la sua vita, solo duespecie da lei scoperte hanno preso il suo nome, ambe-due ad opera del geologo svizzero Louis Agassiz,nonostante le numerose e reiterate frequentazioni ai“giacimenti di Mary” di molti importanti scienziatidell’epoca, tra cui Henry Thomas De la Beche (che peraltro aveva vissuto da giovane a Lyme Regis e che diMary divenne affettuoso amico), William Buckland,Charles Lyell e lo stesso Cuvier.Durante gli ultimi anni della sua vita, la fama raggiuntaed il riconoscimento popolare del suo lavoro erano taliche il Governo britannico decretò di conferirle unapiccola pensione annua di 25 sterline. Ma fu solo dopola sua morte, avvenuta a 48 anni per un tumore al seno,che il Presidente della Geological Society of London dedicòa Mary Anning la sua prolusione presidenziale, uncontributo questo del tutto eccezionale per quei tempi.Elisabeth Philpot apparteneva invece alla media bor-ghesia londinese ed era stata costretta a trasferirsi conle due sorelle sulla costa del Dorset, dal momento in cuile relativamente modeste risorse economiche dellafamiglia non avrebbero consentito di mantenere aLondra ben tre sorelle nubili. Intelligente e di buonacultura, Elisabeth si appassionò alla raccolta dei fossili,divenendo presto, nonostante la differenza di cetosociale, amica di Mary e dedicandosi a collezionarepesci fossili. Dopo la sua morte (1857, quasi ottanten-ne) la sua collezione fu donata dalla moglie del nipoteall’Oxford University Museum of Natural History (1880).Louis Agassiz dette il suo nome a diversi pesci fossili.I suoi discendenti crearono a Lyme Regis il PhilpotMuseo dove in passato sorgeva la casetta degli Anning.Le scoperte di Mary Anning giustificano la fama popo-lare che andarono acquisendo durante e dopo la vita diMary, soprattutto se si tiene conto che quelli erano glianni in cui andava maturando quella rivoluzione scien-tifica che culminò nella prima pubblicazione dell’Origi-ne delle specie di Darwin (1859), rivoluzione che siaffermò a fronte di una aspra e prolungata contesa traopinioni scientifiche, convinzioni religiose e precon-cetti sociali diversissimi, contesa che coinvolgeva larga-mente quella che oggi si chiamerebbe “l’opinione pub-blica”. Tale coinvolgimento risulta oggi difficile dacomprendere, in una fase in cui le discussioni scienti-fiche (e le loro implicazioni filosofiche) sembranoessere divenute estranee alla società massificata daimedia. Anche l’opposizione delle chiese a talune appli-cazioni delle scoperte scientifiche sembrano oggi rivol-te ad una scienza del passato, piuttosto che a quella dioggi e al travaglio reale che accompagna da sempre ilsuo sviluppo (basta rileggersi l’autobiografia di Darwin).

Recensioni

Page 15: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

13

Daniel PfistererBarockes WelttheaterMuseo Statale del Württemberg, 1996

Daniel Pfisterer na-sce a Stoccarda nel1651, poco dopo lafine della Guerra deiTrent’anni; studia dapastore e svolge ilsuo lavoro alternan-do ad esso la passio-ne per l’arte, sia let-teraria che figurati-va. Molti uomini dichiesa verso la finedella loro vita scri-vono un’opera peresaltare la grandez-za del Signore e per

dare saggi e pii insegnamenti ai posteri, e Pfisterer nonè da meno. Solo che lui, nella migliore tradizioneprotestante, mette a frutto i suoi talenti, ossia l’arte, epiù che con sermoni ampollosi o discorsi moralisti,preferisce cantare il Signore attraverso la bellezza dellacreazione. Nasce così, nel 1716 Questo libro di Fiori,Piante, Bestiole ed ogni altro Accadimento, come lo stessoPfisterer scrive nella prima pagina.

Di tutto questo non v’è traccia nel romanzo di TracyChevalier. Il reverendo William Buckland, importantescienziato di forte fede anglicana, creazionista convin-to e catastrofista “alla Cuvier”, è rappresentato adesempio come un eccentrico signore dedito a stranicomportamenti, dalla cui figura non emerge menoma-mente il suo travagliato tentativo di conciliare le sco-perte scientifiche (non ultimi i ritrovamento di Mary)con il dettato della Bibbia (vedi ad esempio ReliquiaeDiluvianae del 1823, o Geology and Mineralogy Consideredwith Reference to Natural Theology del 1836).In conclusione, a parer mio, il romanzo di Chevalier èun po’ “atemporale”, almeno dal punto di vista dellastoria della scienza: anche se di piacevole lettura, è finea sé stesso, non stimola una ulteriore riflessione. Daquesto punto di vista sembrerebbe assai più stimolanteil libro di Shelley Emling The fossil Hunter: Dinosaurs,evolution, and the women whose discoveries changed the worldPalgrave Macmillan, Macmillan Publ. Limited, St.Martin’s Press LLC, New York, 2009.

Marco Tongiorgi

*

Colpisce l’età di Pfisterer: 64 anni quando inizia ascrivere e disegnare, 75 quando termina, probabilmen-te per motivi di salute; morirà un anno dopo, per cuipossiamo ipotizzare che questo taccuino avrebbe po-tuto ancora andare avanti, e sia in un certo sensoun’opera incompiuta. Tuttavia è impensabile che Pfi-sterer non avesse tenuto conto di ciò: già 64 anni eranoun’età abbastanza avanzata; fa parte della sua visionedel mondo e della divinità mettersi nelle sue mani ancheper quello che deve scrivere. Pazientemente, senzasapere quanto a lungo potrà farlo, Pfisterer racconta ilsuo mondo, il suo teatro barocco, in versi e disegni. Traquesti, onestamente, sono molto più interessanti idisegni che non i versi, che si connotano come com-menti, talora moraleggianti, talora descrittivi, alle im-magini, e che sono della qualità comune ai versi baroc-chi. I disegni mostrano invece una mano ferma e unospirito giovane, curioso e attento ai particolari; in essisi possono notare delle caratteristiche da vero e propriotaccuino: sono essenziali, realistici, i colori sono statiapplicati ad acquerello con sensibilità e semplicità.Questo fa sì che si possa oggi riconoscere la totalitàdelle specie illustrate. Particolare meraviglia destano inlui le piante coltivate, soprattutto i tulipani, che all’epo-ca erano particolarmente di moda, e di cui non sonoillustrate solo le forme tipiche e quelle striate, ma anchele teratologie, che chiama Monstra; egli si concentra unpo’ su tutte le piante, ornamentali e spontanee, sugliinsetti, sulle chiocciole, sugli uccelli, un’altra grandepassione, che rende in maniera realistica ed essenziale.Poiché, poi, la gloria del Creatore sta anche nell’uomo,egli illustra le attività, lavorative e non, dei suoi tempi,offrendoci un documento completo e ricco.Verrebbe da chiedersi: dal punto di vista scientifico,cosa possiamo ricavare da questo documento? Abbia-mo in primo luogo dirette informazioni sulla zootecniadell’epoca e sulle piante ornamentali, in quanto Pfiste-rer pone l’attenzione anche sugli animali domestici,sulle razze già ottenute per selezione artificiale e sullenuove piante arrivate dall’Asia e dall’Africa (il tulipano,la passiflora, la peonia, la patata). Si nota un primotentativo di applicare una nomenclatura binomia: alcu-ne piante hanno in effetti un nome binomio. Tuttavia,nei rari casi in cui Pfisterer adotta un binomio, lo scrivein maniera invertita rispetto a come lo scriveremmonoi: il papavero campestre diventa papaver Erraticum,con la maiuscola all’epiteto specifico, la minuscola algenere. Colpisce la sua attenzione ai particolari. Nelleiconografie dell’epoca non di rado capita di vedereorganismi, animali o non, le cui caratteristiche morfo-logiche sono state esasperate fino a renderli mostruosi;qui, invece, si ha un rigore realistico che rende ricono-scibili praticamente tutti gli organismi rappresentati; unrigore e un realismo spesso superiori a quanto si puòosservare in opere molto posteriori, quali il Trattato delle

Page 16: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

14

zione. È però vero che dalla Germania non sono giuntetante intuizioni scientifiche come dall’Italia; possiamoipotizzare che in parte questo sia legato paradossal-mente al controllo da parte dell’inquisizione sulle ricer-che: come in un attacco di originalità ebbe a dire ungiorno un mio conoscente, la repressione genera rivol-ta, e la rivolta degli scienziati italiani fu la ricerca. InGermania, pertanto, si osservò la natura alla luce delsole, senza però riuscire a svincolarsi da una tradizionemoraleggiante ormai superata che ricorda molto i be-stiari medievali, in Italia una ricerca condotta spessoquasi di nascosto e di straforo portò a scoperte chefurono la base della biologia moderna, basti pensareagli esperimenti sulla generazione spontanea di Redi eSpallanzani.Tornando ai disegni di questi taccuini, ritengo che ilfattore estetico, nelle scienze naturali, non sia da sotto-valutare, in quanto la meraviglia è spesso il primo passoverso la conoscenza; il mio interesse verso le scienzenaturali non è nato dalla meraviglia per il funzionamen-to di un enzima o per un processo di riconoscimentochimico -cose che in seguito, con lo studio, ho impara-to ad apprezzare quanto la bellezza evidente degliorganismi- ma dalla meraviglia per la bellezza dellepiante e degli animali che con me condividono ilmondo. Per stimolare l’interesse, soprattutto dei ragaz-zi, nei confronti della biologia, ritengo non vi sia nulladi meglio che la meraviglia per la bellezza della natura,che poi altro non è che varietà o, per usare una parolaa me cara, biodiversità.Il libro è pubblicato dal circolo storico di Köngen, lacittadina dove visse ed operò Daniel Pfisterer, e dispo-nibile al prezzo di 50 euro (completo di un commenta-rio), ordinabile a partire da questa pagina: http://geschichtsverein-koengen.de/products.htm.

Joachim Langeneck

Attinie di N. Contarini (1844) o la Microdoride Mediterra-nea di O. G. Costa (1861), che pure hanno una valenzascientifica ben differente, e già avvicinabile alla conce-zione odierna. In questi testi le illustrazioni sonospesso difficilmente rapportabili, anche tenendo contodella schematizzazione, alle caratteristiche dell’organi-smo reale; i disegni di Pfisterer invece, per quantosicuramente non siano tesi alla descrizione scientificadi nuove specie animali, come i due testi citati, sono dimaggiore fruibilità e denotano una maggiore attenzio-ne ai particolari. Lo stesso problema si nota comunquenello studio di testi più recenti, fino perlomeno all’ini-zio del ‘900: alcune specie descritte in questo periodonon sono direttamente riconoscibili a partire dalladescrizione, e i disegni non aiutano, tanto che spesso siè dovuti risalire ai tipi (dove ancora esistenti) per capirequale specie avesse in mente l’autore. In conclusione,Barockes Welttheater può essere anche un punto di par-tenza per una riflessione sull’importanza di un disegnoben fatto anche nella scienza moderna: tutte le specieillustrate in Pfisterer sono riconoscibili, due delle dodi-ci attinie descritte da Contarini, invece, no. Possiamopartire da quest’opera per ragionare sul differenteapproccio verso lo studio della natura che notiamo traPfisterer e diversi scienziati suoi contemporanei italia-ni, cui la scienza moderna deve molto, come Malpighi,Redi, Spallanzani. Gli scienziati italiani sono principal-mente uomini di chiesa, come Pfisterer, e questo è bencomprensibile, in quanto la cultura a quei tempi eraprerogativa degli ecclesiastici; tuttavia lo studio dellanatura per loro non ha lo stesso significato profonda-mente teologico che si può notare in Pfisterer. Perso-nalmente non sono a conoscenza di un’opera italianacontemporanea in cui il principale oggetto sia la bellez-za insita nella varietà della natura, mentre gli studicontemporanei sono principalmente sperimentali evolti a comprendere le funzioni di un vivente. Pur nonpotendo definire Daniel Pfisterer uno scienziato, riten-go che anche il suo approccio allo studio della naturaabbia una notevole rilevanza, e che questo possa esserelegato alle differenti situazioni che si trovano nel ‘600-‘700 in Italia e Germania. In Italia il sapere è ancorachiuso nella morsa dell’inquisizione e le universitàsono almeno in parte sotto il controllo della ChiesaCattolica, che ha convinzioni estremamente nette sucosa sia ortodosso e cosa sia eterodosso nella scienza.In Germania si assiste, con la Riforma, a un affrancarsidel sapere scientifico dal sapere teologico, e la differen-te funzione della chiesa (non più tramite verticale versoDio, ma comunione orizzontale dei fedeli in comunio-ne con Dio) rende incongruo il controllo della religionesulla scienza. Conseguentemente, l’approccio allo stu-dio della natura è possibile anche per chi non è né Redi,né Malpighi, né Spallanzani, ma semplicemente unpastore curioso e con una buona capacità di osserva-

Page 17: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

15

MetempsicosiPAOLA GALLO

La prima luna. UomoLa prima vita ha scarso rilievo: è solo il trampolino perle altre. Quindi non la racconteremo; molti dettagli, perchi fosse interessato, si possono comunque rintraccia-re nelle vite successive.

La seconda luna. RamarroEra agosto, era lunedì, era mezzogiorno.E il ramarro apparve, come sul palcoscenico di un teatro,all’improvviso sul bordo della strada. Si chiamava Flavio,ma non se ne ricordava, in quel momento. Faceva partedi una storia del grande scrittore bulgaro Jordan Radi-ckov, cui il professor Dell’Agata, dell’Università di Pisa,recitò i versi di Dante: “come il ramarro, sotto la granfersa / del dì canicular cambiando siepe / folgore par chela via attraversa”. Siccome non voleva far parte di quellastoria, attraversò effettivamente la strada come unafolgore e, come era apparso, scomparve.Le entrate e le uscite ad effetto ben si attagliavano allasua essenza di ramarro, mirabilmente coniugandosi alcarattere che aveva avuto nella vita precedente, di cuiera conscio solo a sprazzi, per improvvisi barbagli olievi luminescenze, durante i temporali o in certe albeparticolari: quelle lattiginose e prolungate, quando unvelo leggero copre il trionfo del sole nascente e rendeogni vivente più incline a meditar sopra se stesso.Consapevolezze, d’altronde, molto frammentarie e atratti indecifrabili, come pezzi sparsi di un puzzle senzamodello di riferimento. Viveva con moderata soddisfa-zione la sua sorte ramarresca: non disdegnava la dietaa base di insettucci, che facilmente e stupidamente siproponevano alla sua lingua; trovava esaltanti i breviaccoppiamenti, fortunatamente seguiti da immediatiaddii che lo esimevano dall’accompagnare il travagliatopercorso dei suoi figlioli dall’uovo in là; apprezzava lamancanza di qualsivoglia senso di colpa per qualunquecosa facesse, giacché tutto discendeva dalla sua naturae non da arzigogolate scelte culturali.Sopra di tutto, e in modo totale, amava la funzionalità,l’efficienza e la bellezza del suo corpo. Era evidenteche, per la sopravvivenza, nulla sopravanzava la snellasilouette, munita di quattro zampe (e non due), con ditaben adattabili ai terreni più vari. Snello sì, ma ancherobusto e con l’addome giallino ben in evidenza, asegnalare la condizione sociale agiata. E veloce, sì,veloce, anzi, velocissimo. La bellezza era un sovrappiù,che le funzioni mimetiche non bastavano a giustificare;non avrebbe mai smesso di osservarsi la coda e rim-piangeva di non possedere uno strumento per rimirarsi

a tutto tondo ogni volta che voleva. Qualche pozzacompiacente lo rifletteva, facendolo quasi impazzire digioia per il colore verde smeraldo cangiante dellepiccole squame che componevano il suo rivestimentoesteriore: se fosse stato credente, avrebbe, con ogniragione, opinato di essere al vertice della creazione;essendo costituzionalmente agnostico si limitava abearsi di sé.Epperò, epperò … qualche contraddizione (rimpian-ti?) esisteva. Una sapeva benissimo come e quando erasorta: due giorni prima (la sua memoria cosciente nonarrivava del resto troppo oltre), in un tramonto cheaveva virato dal rosso all’arancione al rosa al lilla alvioletto al blu…ecco, aveva capito, con nettezza, dinon amare poi tanto il sole cocente e l’ora del meriggio.Proprio una “contraddizion che nol consente”, perchécome ramarro, in quel clima e in quelle ore si sentivafelice ed appagato, ma come ramarro Flavio, quando sirammentava di chiamarsi così, avvertiva disagio e stri-dio, con una gran voglia di fuggire nel sottobosco omagari all’ ombra di una siepe bordeggiante una stradadi campagna; inoltre, pur crogiolandosi nel territorioconosciuto fin nei minimi particolari, variegato incanne e fossi, pietre e erbuzze, sentieri e sabbie, atto agarantirgli alimentazione e vie di fuga, ramarre e riparodai predatori alati, sentiva come un’eco di “deja vu”, unbisogno urgente di nuovo, di esplorazione. Tentò diignorare i segni, si appigliò al suo orgoglio di ramarro,si convinse che solo il presente valeva…Era agosto, era martedì, era mezzogiorno.E il ramarro riapparve, come sul palcoscenico di unteatro, all’improvviso sul bordo della strada. Si chiama-va Flavio e se ne ricordava, in quel momento. Voleva,fortemente, tornare a far parte di una storia del grandescrittore bulgaro Jordan Radickov.Nel frattempo, la via era stata rappezzata in vari punticon asfalto fresco, che olezzava molliccio e iridescentesotto il sole. A nulla valsero l’estrema velocità, quasi unvolo, né le quattro zampe, né le dita: il ramarro rimaseimpantanato, quasi risucchiato. Ebbe tempo di guarda-re, ancora con un filo di compiacimento, la sua codasmeraldina che si agitava come impazzita; di maledireil riverbero rovente e accecante; di ripescare da antichememorie di un’altra storia i versi: “Tre volte il fe’girarcon tutte l’acque; /a la quarta levar la poppa in suso/ela prora ire in giù, com’altrui piacque, / infin che ‘l marfu sopra noi richiuso.” Poi, su quella strada pocofrequentata, passò un camioncino carico di angurie e loschiacciò.

Page 18: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

16

Mentre Flavio sprofondava in un gorgo infinito, le suespoglie minuscole si amalgamarono col fondo stradale.

La terza luna. “Medusa”Bella e urticante... bella e urticante... bella e urticante...ripeteva fra sé colei che, in quel momento, era certa diessere una medusa: la medusa Flavio, trascinata dallacorrente dell’unico Oceano che conosceva, con l’om-brello appena al di sopra del pelo dell’acqua, tentacoli efilamenti al seguito. Bella e urticante ... bella e urticante...“Ma stai zitta, cretina!” gorgogliò una voce subito sottodi lei.“Chissà chi si crede di essere!” rincarò un’altra voce,corrosiva e indisponente come la prima.Esterrefatta, Flavio biascicò liquidamente: “Chi parla?”“Crede di essere al telefono!!” coreggiò un insieme diindividui molto sarcastici.Lei azzardò: “Che pesci siete?”“PESCI ! Pensa che siamo pesci, l’idiota!” Osservazio-ne che scatenò una sgangherata sinfonia di risucchi,gorgoglii, scaracchi, vorticelli e sussulti: una specie, sulfronte di certi suoi ricordi, di incontrollata risata collet-tiva.“Siamo filamenti urticanti e pescatori, o bischera di unombrello.”“Filamenti urticanti?”“Siamo nella valle dell’eco: quell’ombrella non capisceuna mazza!”“Ma i filamenti urticanti sono miei, sono una parte dime, sono ME !” gridò stranita Flavio.“Col culo -affermò una voce meno corrosiva, ma daltono offensivo e pesante- col culo. Né i filamenti né noisiamo tuoi servi, e neanche siamo te, puttana!”“Ma perché parli così?”“Perché sono un gonozoide, uno di quelli del sesso edella riproduzione, e parlo sboccato.”“Anche voi siete me!”“Ti piacerebbe, bellona! Invece no. E pensa che siamoa forma di tubo, corti e non mangiamo: sexy, eh!”“Tre passi nel delirio” stava mormorando la medusaFlavio, quando un rutto potente la interruppe, seguitoda una voce paciosa: “ Stai a sentire, ragazza, sono dibuon umore perché ho appena mangiato, digerisco dadio e perciò te lo dico con simpatia e comprensione: cisiamo pure noi sifoni, sempre a pappare una marea dicosette buone, mica solo plancton, per dire!” Un altrorutto lo zittì.“Non è possibile -urlò la medusa Flavio- io sono ununico organismo, una medusa, la “Caravella portoghe-se”, “Physalia”, scientificamente. Voialtri siete me, nonesistereste senza di me!”“Iattanza tipica delle ombrelle” commentò una voceurticante.“È assurdo: sarebbe come dire che la gamba di unuomo è un’altra cosa dall’uomo e fa di testa sua, o che

la coda di un ramarro non è una parte del ramarro.”osservò Flavio, tentando di ragionare con pacatezza.“Che cazzo c’entrano gli uomini e i ramarri? Hai deisogni sessuali strani?” chiese con la solita levità ungonozoide.“Ho una mia precisa individualità e un NOME: sonoFlavio, Flavio, Flavio!!” dichiarò la medusa, che avevaritrovato un filo conduttore.“E io Ugo.” Ribattè un flagello; da lì una ridda dipresentazioni: e Lucia e Carlo e Titti e Bepi e Lola eSebastiano e Ramona e Toni e Rosalia e Nane e Turi eMarina e Ciccio e Peppa…“O.K -fece conciliante il sifone Ciccio, con la boccapiena- cerchiamo di fare il punto.”“Siamo una colonia -spiegò il flagello Lola, con vocevetrosa- tu sei l’ombrello, bella ma non urticante e ti faisemplicemente scarrozzare dall’acqua, perché non haimuscoli ma solo galleggianti e ci traini appresso, dovetira il vento.”“Conosci già tutti noi polipi: i sifoni come me -aggiunseCiccio- i gonozoidi come Toni e i flagelli urticanti epescanti come Lola e Ugo, con specializzazioni diver-se. Una specie di fabbrica fordista.” “Ma T. H. Huxley,il mastino di Darwin, sosteneva che siamo,che sono, unindividuo, non una colonia.” protestò la medusa, ripe-scando la nozione da chissà dove.

Due favole “biologiche” di Brunella Danesi, illustrate daTommaso Eppesteingher. NATURALMENTE è lieta di metterea disposizione un dono perfetto per figli e nipoti, propri odei propri amici, ma apprezzabile anche dai più grandi.Prezzi indicativi: 10 euro in carta, 5 euro in pdfPrenotare a: [email protected]

Brunella Danesi

Desideri

Illustrazioni di Tommaso EppesteingherNATURALMENTE

scienza

Page 19: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

17

...e noi lo facciamo lo stesso!VINCENZO TERRENI

Nel novembre dello scorso anno NATURALMENTE par-tecipò alla realizzazione di una giornata di studiodedicata al ricordo di Giuseppe Salcioli nel ventesimodella scomparsa. La rivista ne dette notizia nel numerodi settembre con una “candela” speciale e nel sito e hapubblicato una prima bozza degli atti subito dopol’evento. In seguito a queste riflessioni si delineò lapossibilità di tradurre in pratica alcune delle proposteemerse ritenendo il terreno favorevole al loro sviluppo.Ci sono stati incontri e discussioni e la Redazione hadeciso di dedicare la festa di NATURALMENTE del 2010all’argomento Promuovere e insegnare le Scienze: una risorsaper il territorio (1).Tento di raccontare brevemente tentare che cosa c’è didiverso in Valdera da lasciar sperare che si possa fare unintervento per favorire l’insegnamento delle Scienzecon un emivita superiore a quella di tentativi analoghi.La Valdera (2), un territorio composto da 15 Comunial centro della provincia di Pisa, unico esempio inToscana, è amministrata dall’Unione dei Comuni.Questo assetto consente di affrontare numerosi pro-blemi in modo integrato e coordinato, mettendo insie-me le risorse per risovere le questioni di interessegenerale. Per la Scuola sono state delineate le prospet-tive e alcuni strumenti di lavoro a partire dalle prece-denti esperienze di coordinamento tra i Comuni nelcampo dei servizi socioeducativi. Il territorio presentacaratteristiche economicamente omogenee: una fortetradizione industriale con punte molto interessanti diteconologie avanzate. Gli Amministratori sono con-vinti della necessità di intervenire per potenziare l’inse-gnamento specialmente per quanto riguarda l’aspettodelel Scienze. Sono altresì consapevoli che la direzionedella riforma intrapresa dall’attuale Governo va in unadirezione diversa da quanto auspicato ponendo dellerestrizioni del tempo scuola assai pesanti con riflessinegativi sulla qualità generale dell’insegnamento.Nel capoluogo, Pontedera, dal 2002 è stato inauguratoil “Polo Sant'Anna Valdera” (3) per valorizzare leattività di ricerca della Scuola Superiore Sant'Anna,ateneo d’eccellenza del sistema universitario pisano;questo ospita alcuni laboratori che svolgono ricerchein vari settori: biomedicina, microingegneria, robotica,meccatronica, eccetera. Il Polo Sant'Anna Valderalavora anche per creare imprese innovative in settori adalta tecnologia.Alla metà degli anni ‘90 iniziò la costituzione di “Pont-Tech” che comprendeva: un Polo Tecnologico, unincubatore di impresa, una unità di sviluppo tecnologi-co per le imprese medie e piccole, una unità di forma-

zione professionale e la gestione dei conseguenti servi-zi generali; la gestione era affidata ad un consorzio acapitale prevalentemente pubblico tra il Comune diPontedera, l’Amministrazione Provinciale di Pisa, laScuola Superiore S. Anna e la S.p.A. Piaggio. Nel 2007sono entrati a far parte del consorzio i Comuni dellaValderaAttualmente il Polo S. Anna Valdera opera in collabo-razione con Pont-Tech offrendo servizi di consulenzatecnologica, di accompagnamento nello start up e pos-sibilità di nuove partnership.L’Unione dei Comuni sta definendo gli ultimi dettaglidi un “Patto per le Scuole” che prevede anche unaccordo con il Polo S. Anna che viene quindi adassumere, anche in questo ambito, una posizione dirilievo per la valorizzazione della “vocazione tecnolo-gica di alto livello” della zona e quindi contribuire al suorilancio economico.In provincia di Pisa funziona da anni l’OsservatorioScolastico Provinciale (4) (OSP) ormai riconosciutocome un supporto statistico fondamentale per tutti isoggetti che operano nel mondo della scuola. L’OSPmette a disposizione elaborazioni sui dati del sistemascolastico provinciale (questo modello si sta diffon-dendo in tutta Italia). Una analisi della situazione dellaValdera ha messo in evidenza che si tratta di unambiente particolarmente favorevole per avviare unasperimentazione di interventi coordinati di tipo strut-turale che possono avviare quel processo di autonomiascolastica da troppo tempo fermo alle dichiarazioni diprincipio.

Page 20: NATURALMENTE · 33. A proposito di “darwinismo sociale”: prestiti, scambi concettuali, equivoci Maria Turchetto economista Università Cà Foscari Venezia 38. Alle origini della

www.myZanichelli.it è il punto di ingresso alle aree protette delle risorse online che

completano e arricchiscono i testi scolastici, i manuali e le opere di consultazione Zanichelli.

Alcune risorse multimediali di particolare valore sono protette e accessibili esclusivamente

agli utenti registrati. Altre risorse (come materiali didattici, prove di verifi ca o soluzioni, slide

di Powerpoint) sono destinate per loro natura ai soli docenti.

Una volta registrati su myZanichelli.it gli STUDENTI possono accedere con un unico

username e password alla loro homepage personale e consultare le risorse online protette

di ogni libro multimediale (LMM) acquistato.

Gli INSEGNANTI possono accedere tramite la pagina “Le mie applicazioni” a tutte le risorse

online protette a cui hanno accesso i loro studenti e alle risorse loro riservate per la propria

materia di insegnamento.

La registrazione è gratuita e richiede solo due minuti.

per saperne di più: www.myzanichelli.it

www.myZanichelli.it