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RISCHIO IDROGEOLOGICO INTERVENTI MANUALI DI PROTEZIONE DEGLI ARGINI

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RISCHIO IDROGEOLOGICO

INTERVENTI MANUALI DI PROTEZIONE DEGLI ARGINI

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1. NATURA E FUNZIONE DEGLI ARGINI

2. RISCHI CONNESSI AGLI ARGINI, RILEVAZIONI E METODI DI INTERVENTO:2.1. EROSIONI DELLE SCARPATE A FIUME

2.1.1. CAUSE DEL FENOMENO2.1.2. COME RILEVARLO2.1.3. METODI DI INTERVENTO

2.2. DEPRESSIONI SULLE SOMMITA’ ARGINALI (“CORDEMOLLE”)2.2.1. CAUSE DEL FENOMENO2.2.2. COME RILEVARLO2.2.3. METODI DI INTERVENTO

2.3. INFILTRAZIONI SULLE SCARPATE ESTERNE (A CAMPAGNA)2.3.1. CAUSE DEL FENOMENO2.3.2. COME RILEVARLO2.3.3. METODI DI INTERVENTO

2.4. FONTANAZZI SUL PIANO CAMPAGNA2.4.1. CAUSE DEL FENOMENO2.4.2. COME RILEVARLO2.4.3. METODI DI INTERVENTO

3. TECNICHE DI REALIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI MANUALI3.1. IMPERMEABILIZZAZIONE DELLE SCARPATE CON TELONI ZAVORRATI3.2. SISTEMAZIONE DI ALBERI ZAVORRATI A PROTEZIONE DI SCARPATE

EROSE3.3. COSTRUZIONE DI CORONELLE

3.3.1. RIEMPIMENTO DEI SACCHI3.3.2. COSTRUZIONE CON SOLI SACCHI E SABBIA3.3.3. COSTRUZIONE CON L’AUSILIO DI TELI DI POLIETILENE O SIM.3.3.4. COSTRUZIONE CON L’AUSILIO DI ONDULATI SINTETICI

3.4. SOPRAELEVAZIONE DEGLI ARGINI IN EMERGENZA (COSTRUZIONE DI SOPRASSOGLI DI SACCHI DI SABBIA)

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alveo golena piano campagna

Scarpa interna

cresta

argine golenale argine maestro

scarpa esternabanca

sottobanca

1. NATURA E FUNZIONE DEGLI ARGINI

L’argine è un’opera di sbarramento che delimita la sede di acque sia correnti sia stagnanti. Al riguardo dei corsi d’acqua nei loro tratti di pianura, gli argini che sono disposti secondo la direzione della corrente servono a contenere il deflusso delle acque nel loro alveo (cioè nel letto scavato dalla corrente del fiume) o nella piana interna all’argine stesso e a impedire inondazioni dei terreni circostanti in caso di piena. Gli argini vengono edificati a distanze variabili dalle rive e hanno altezze diverse secondo le funzioni che debbono assolvere. In generale sono realizzati in terra; solo in casi particolari possono essere in muratura (di solito nei centri urbani o quando la natura del terreno non consente di elevare argini in terra). Tipicamente hanno sezione trapezoidale e sono composti (vedi figura A) da un terrapieno il cui lato superiore (cresta) è un po' inclinato verso l'alveo del fiume; sia il lato verso l'acqua (scarpa interna o petto) che quello verso l'esterno (scarpa esterna o spalla) sono inclinati in modo tale che la costruzione abbia una larghezza di base ampiamente superiore all’altezza (solitamente 5 o 6 volte la stessa). I lati vengono talora costruiti a terrazze successive in rapporto alla portata del fiume e quindi all'altezza delle piene; vengono rafforzati da pietrami, arbusti e da una cotica erbosa e la loro base è protetta da rincalzi in blocchi di pietra. L'argine principale (argine maestro) viene costruito a una certa distanza dal corso d'acqua e ha notevole altezza, con larghezza in sommità non inferiore a due metri. Secondo criteri empirici noti da tempo, si assume come valore di riferimento il massimo livello di piena conosciuto o quello prevedibile, imponendo che la sommità dell’argine abbia un congruo margine di sicurezza (franco arginale) al di sopra di esso. In linea generale, se l’altezza totale è maggiore di 3 m si rinforza l’argine verso campagna, a partire da circa 3 m sotto la cresta, con un prisma di terra detto banca; per altezze ancora maggiori si può aggiungere un sottobanca e eventualmente un piè di banca (rinforzi analoghi, eseguiti dalla parte del fiume, si chiamano petto, antipetto e parapetto).La zona compresa tra l’argine maestro e la sponda del corso d’acqua, cioè quella abbandonata alle inondazioni, è chiamata golena e possono esservi costruiti argini secondari (comunemente detti argini golenali), di altezza inferiore all’argine maestro, che hanno il compito di limitare le inondazioni lasciando alle acque un letto di espansione in caso di piena; se sono costruiti in continuazione delle sponde naturali del fiume, quindi continuamente bagnati dalle acque, si dicono argini in froldo.

figura A

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Livello di pienaLinea piezometrica o di imbibizione

zona imbibita

Per un’efficace protezione dalle acque, oltre alla capacità di contenimento delle masse e alla resistenza all’erosione è importante che gli argini presentino la minima permeabilità. Con la piena, l’acqua sale di livello (esercitando così una crescente pressione sulla scarpa interna) e infiltrandosi nel terreno che costituisce la scarpa stessa lo imbibisce: la linea ideale di demarcazione tra la zona imbibita e quella che non lo è viene detta linea piezometrica o di imbibizione (vedi figura B). Il livello di imbibizione e quindi l’inclinazione della linea vanno degradando all’interno dell’argine più o meno rapidamente in relazione alla natura del materiale di cui è costituito: in condizioni estreme, in presenza di sola ghiaia la linea sarebbe quasi orizzontale (e l’acqua filtrerebbe all’esterno dell’argine), mentre con sola argilla l’acqua penetrerebbe pochissimo e la linea scenderebbe quasi verticalmente (ma la sola argilla asciugandosi creerebbe crepe e fenditure). Per ovviare a questo, generalmente gli argini vengono costruiti in terra argillosa mista a sabbia (la proporzione normale è di 2/3 di argilla e 1/3 di ghiaia), talvolta rivestiti di gabbioni (involucri generalmente di rete metallica zincata riempiti di grossi ciottoli o similari) o scogliere per sostegno di scarpate franose o per impedire l’erosione delle sponde. Negli argini di notevole altezza i terrazzamenti esterni (banca, sottobanca ecc.) vengono disposti anche allo scopo di contenere la zona imbibita (e quindi la linea piezometrica) che altrimenti lascerebbe filtrare l’acqua all’esterno, dando luogo a fenomeni di ruscellamento. Tuttavia non è infrequente la presenza di argini realizzati nel tempo con materiale detritico vario, con evidenti problemi di permeabilità (maggiore rischio di filtrazioni e sifonamenti noti come fontanazzi).

Figura B

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2. RISCHI CONNESSI AGLI ARGINI, RILEVAZIONI E METODI DI INTERVENTO

2.1. EROSIONI DELLE SCARPATE A FIUME

2.1.1. Cause del fenomeno Il moto turbolento (non laminare) del corso d'acqua in prossimità delle sponde

tende ad asportare (erodere) materiale costituente l'argine.2.1.2. Come rilevarlo

Vorticosità o ribollio dell'acqua in prossimità delle sponde. Fessurazioni sulla sommità arginale.

2.1.3. Metodi di intervento Con l'ausilio di teloni impermeabili srotolati sulla sponda si impedisce il

contatto tra l'acqua e il terreno. Possono essere utilizzati anche alberi opportunamente zavorrati o sacchi riempiti

con materiale anche eterogeneo. Si può diminuire l'erosione verificando, in tempi di magra, che il manto erboso

sulla sponda non venga tagliato, in quanto i fili d'erba impediscono il contatto diretto tra l'acqua e il terreno lasciando scivolare il flusso d'acqua.

2.2. DEPRESSIONI SULLE SOMMITÀ ARGINALI

2.2.1. Cause del fenomeno L'argine in condizioni di piena del corso d'acqua si imbibisce e talvolta possono

sorgere problemi di instabilità per rammollimento del rilevato arginale.2.2.2. Come rilevarlo

La sommità arginale si abbassa, effetto "cordamolla" lungo l'asse longitudinale dell'argine.

2.2.3. Metodi di intervento Bisogna innalzare il franco arginale con i sacchi di sabbia altrimenti il pelo

libero dell'acqua alzandosi potrebbe trovare nell'abbassamento una facile via di sfogo (esondazione) e portare alla rottura l'argine.

Un altro metodo eccezionale, eseguito sotto la supervisione di esperti, è quello di raschiare (con badili o pale meccaniche) parte della sommità arginale adiacente al lato campagna e collocarla sul ciglio a fiume.

2.3. INFILTRAZIONI SULLE SCARPATE ESTERNE

2.3.1. Cause del fenomeno L'argine in condizioni di piena del corso d'acqua si imbibisce. Se la linea

piezometrica non è tutta contenuta all'interno del profilo dell'argine ma interseca il profilo della scarpa esterna l'acqua filtrante fuoriesce in superficie e ruscella sulla sponda; è per questo motivo che, per contenere la linea piezometrica all’interno dell’argine, vengono realizzate la banca e la sottobanca.

2.3.2. Come rilevarlo Si nota l'acqua fuoriuscire dalla sponda verso la campagna.

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2.3.3. Metodi di intervento Nel lato golena, si usano i teli come nel caso dell'erosione, allo scopo di

impermeabilizzare la scarpata e impedire la filtrazione che altrimenti asporterebbe il materiale più fine (argilla).

Nel lato campagna, vengono realizzati dei muri di contenimento in sacchi di sabbia disposti a semicerchio (coronella). Il livello dell'acqua che viene accumulata nella coronella dovrà coincidere con la linea piezometrica. Inoltre la spinta idrostatica dell’acqua contenuta nella coronella aumenta la stabilità del pendio, che può essere compromessa dall’asportazione di materiale fine (argilla) dovuta al fenomeno del ruscellamento (fuoriuscita di acqua dal terreno in superficie).

2.4. FONTANAZZI SUL PIANO CAMPAGNA

2.4.1. Cause del fenomeno L'acqua si crea un passaggio attraverso tane di animali e condizioni sfavorevoli

di consistenza del terreno e cerca sfogo nel lato campagna.2.4.2. Come rilevarlo

Nel piano campagna si noterà una piccola polla (fontanella) e in base alla torbidità dell'acqua si valuterà la pericolosità:

uno zampillo di acqua limpida indica la presenza di acqua risorgiva o di un probabile futuro fontanazzo pericoloso per l'argine che dovrà essere tenuto sotto controllo;

uno zampillo di acqua torbida indica la presenza di fontanazzi da contenere immediatamente. In questo caso il flusso proveniente dal corso d'acqua provoca erosione all'interno del tubo di flusso (percorso seguito dall'acqua).

2.4.3. Metodi di intervento Fermando il movimento dell'acqua si evita l'erosione; per far questo lo zampillo

sarà circondato da un muro di contenimento realizzato con sacchi di sabbia. Il funzionamento si basa sul "principio dei vasi comunicanti" ma poiché parte dell'energia viene perduta nel tubo di flusso non è necessario raggiungere il livello del pelo libero dell'acqua (normalmente l'altezza di un metro dovrebbe bastare).

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3. TECNICHE DI REALIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI MANUALI

Vengono qui descritte le principali tecniche utilizzabili in interventi di protezione degli argini durante eventi di piena. Sono volutamente presi in considerazione solo quei tipi di intervento che richiedono l’utilizzo essenzialmente di operazioni manuali, escludendo quindi quegli interventi che necessitano di particolari mezzi meccanici (ruspe, autocarri, gru ecc.). Si tratta comunque di tecniche di primaria importanza, spesso insostituibili sia per le condizioni che ne determinano l’utilizzo sia per la loro stessa natura (si consideri in particolare la frequenza con cui si presenta la necessità di costruire le coronelle). In ogni caso un’efficace applicazione di tali tecniche richiede esperienza e addestramento specifico degli operatori.

3.1. IMPERMEABILIZZAZIONE DELLE SCARPATE CON TELONI ZAVORRATI

Per limitare la permeabilità delle scarpate interne nei casi visti nel capitolo precedente (erosione della scarpata interna, filtrazioni presenti sulla scarpata esterna), può essere idoneo l’utilizzo di teloni impermeabilizzanti.Vengono utilizzati teli di dimensioni relativamente contenute, a causa della difficoltà del loro posizionamento: indicativamente circa m 6x8. E’ necessario che dispongano di fori o anelli per ancoraggio lungo i lati corti, a distanza di circa mezzo metro l’uno dall’altro (in caso non vi siano occorrerà se possibile praticarli con attenzione, cercando di limitare il rischio di strappo del telo quando in seguito gli ancoraggi saranno in tensione).Per posizionarli in modo efficace si procede come segue:

Si dispone il telone con un lato corto dotato di anelli lungo la cresta dell’argine su cui si deve intervenire

Si àncora a ciascun anello del lato corto un sacco di terra o sabbia utilizzando un cordino o del filo di ferro robusto (il sacco va ancorato legandolo strettamente a metà lunghezza; se si usa il filo di ferro non infilarlo attraverso il sacco!); al posto dei sacchi si possono utilizzare altri materiali pesanti purché idonei a rotolare (ottimi ad es. i tubi cilindrici di cemento per edilizia; essendo rigidi e di

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diametro superiore ai sacchi sono maggiormente in grado di passare su piccoli ostacoli durante il rotolamento)

Si dispongono i sacchi parallelamente al lato corto a cui sono legati e si arrotolano nel telone, in modo che ne rimangano avvolti all’interno

Si àncora l’altro lato corto (rimasto all’esterno del rotolo) alla cresta dell’argine. Per realizzare un ancoraggio stabile è opportuno piantare i picchetti (se non vi sono altri ancoraggi sicuri) possibilmente lungo la scarpata esterna e ancorarvi il telo per mezzo di lunghi cordini in modo che il lato corto del telo (a cui sono legati i cordini) si trovi sul ciglio interno della cresta dell’argine, appena sopra al margine superiore della scarpata interna. In tal modo gli ancoraggi faranno presa nella parte meno imbibita e quindi più solida del terreno.

A questo punto occorre srotolare il telo lungo la scarpata interna. Si tratta della fase più delicata di tutta l’operazione perché è facile che il telo si blocchi prima di aver terminato di srotolarsi o che il posizionamento sia comunque irregolare. E’ necessario quindi:- che si liberi per quanto possibile la discesa della scarpata interna da

eventuali ostacoli per lo srotolamento del telo- che gli operatori siano in numero sufficiente (l’ideale è che ve ne sia uno

per ogni sacco legato all’interno del rotolo)- che vi sia coordinamento fra di loro (l’atto di gettare il rotolo verso la

scarpata deve essere simultaneo)- che si imprima molta energia nell’atto stesso dello srotolamento (maggiore

è la velocità di discesa meglio è)Una volta avviato lo srotolamento sarà il peso dei sacchi legati all’interno ad esercitare la forza necessaria per completarlo (pur se immersi nell’acqua). Essendo il telo arrotolato lungo il lato maggiore (per questo precedentemente sono stati usati i lati corti!) vi è maggiore possibilità di copertura della scarpata verso la base. Qualora il telo sia più lungo della scarpata si fermerà quando giunge alla base (questo non costituisce un problema).Può succedere che la corrente sia tale da gonfiare all’inizio la parte superiore del telo; successivamente però la pressione dell’acqua verso la parete della scarpata tenderà a farvelo aderire. Se nello srotolamento il telo si dovesse gonfiare d’aria, si possono gettarvi sopra altri sacchi di sabbia per facilitarne la fuoriuscita. Occorre considerare che i sacchi che fanno da zavorra tenderanno a rimanere in posizione, anche perché la corrente va diminuendo d’intensità verso il fondo (se il livello è profondo, sul fondo la corrente è scarsa).

Molto probabilmente per rivestire il tratto di scarpata da proteggere non basterà un solo telo: sarà allora necessario procedere di seguito con teli successivi. Le difficoltà presentate dal posizionamento del primo telo si ripeteranno; si dovrà:- predisporre se possibile in anticipo tutti i teli necessari, zavorrati, avvolti

e ancorati all’argine- procedere da valle a monte, gettando un telo non appena il precedente si è

posizionato bene- gettare ogni telo sovrapponendolo parzialmente (anche 1 metro) a quello

precedente.La presenza dei teli è molto efficace per proteggere la scarpata erosa o per impedire l’infiltrazione d’acqua; tuttavia le difficoltà che presenta un loro efficace posizionamento (anche per l’inesperienza degli operatori) fanno sì che il loro utilizzo nella pratica sia piuttosto raro.

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3.2. SISTEMAZIONE DI ALBERI ZAVORRATI A PROTEZIONE DI SCARPATE EROSEPer proteggere un’area erosa di una scarpata, non avendo a disposizione teloni impermeabilizzanti o non potendoli posizionare ed essendo in condizioni di emergenza si può ricorrere all’utilizzo di piccoli alberi (ad esempio salici, comuni lungo le rive di fiumi e particolarmente flessuosi) per cercare di riempire la voragine in via di formazione.L’operazione, non semplice, consiste in: Procurarsi l’albero (o gli alberi) necessario (-i), di dimensioni idonee allo scopo

ma anche al trasporto. Attenzione ad avere l’autorizzazione al taglio. Posizionato l’albero sulla cresta dell’argine, ancorarne la base del tronco

(seguire le indicazioni del punto precedente, utilizzando corde sufficientemente resistenti; anche i picchetti dovranno essere adeguati allo scopo). La base del tronco deve rimanere a distanza tale dalla cresta da permettere alla chioma (con l’albero capovolto sulla scarpata) di rivestire l’area erosa.

Zavorrare la chioma dell’albero con sacchi di terra o sabbia; la zavorra deve essere sufficiente a trattenere l’albero sott’acqua, evitandone il galleggiamento (per ottenere i migliori risultati è preferibile avvolgere la chioma in una rete resistente o usare una corda a mo’ di rete)

Gettare l’albero lungo la scarpata interna, in modo che, trattenuto dagli ancoraggi, la chioma vada a disporsi nella zona voluta, tenuta in posizione dalla zavorra.

Seppure in modo meno efficace dei teli, la chioma dell’albero riduce la velocità di scorrimento e la vorticosità della corrente nelle adiacenze della superficie della scarpata, riducendo in tal modo anche l’erosione del terreno. Occorre però considerare che una volta posizionato, non sarà più possibile sostituire l’albero con eventuali teli che venissero messi a disposizione. A differenza dei teli, inoltre, questa tecnica non riduce l’infiltrazione di acqua nel terreno dell’argine.

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3.3. COSTRUZIONE DI CORONELLELe coronelle sono piccoli bacini di contenimento dell’acqua realizzati generalmente con sacchi di sabbia disposti a semicerchio (alla base dell’argine, per il contenimento di filtrazioni dalla scarpata esterna) o a cerchio (per il contenimento di fontanazzi sul piano campagna). Il blocco del flusso è dovuto solo alla compensazione della pressione (dell’acqua che filtra) da parte della pressione idrostatica (dell’acqua del bacino); dipende quindi solo dall’altezza del bacino e non dal suo volume. Inoltre, poiché parte dell’energia viene perduta durante l’infiltrazione, non è necessario raggiungere il livello del pelo libero dell’acqua nel fiume o torrente.Nel primo caso (filtrazioni dalla scarpata con coronelle semicircolari) l’altezza della coronella dipende dalla linea di imbibizione (deve contenerla): quando questo avviene si nota che il livello dell’acqua nel bacino non cresce più; difficilmente comunque si superano i 2 metri per argini di 6-7 metri. In casi eccezionali (ad esempio non potendo utilizzare il piano campagna) si possono costruire coronelle terrazzate sulla scarpata, che tracimano l’una nell’altra, chiudendo l’insieme con una parete verticale di contenimento (la coronella inferiore viene così a contenere quelle superiori).Nel secondo caso (fontanazzi con coronelle circolari) l’altezza della coronella deve essere tale da contenere il bacino finché questo non cessa di crescere (difficilmente si supera il metro). La larghezza deve essere la minore possibile per ragioni di economia di uomini e di materiale; tuttavia non può essere troppo stretta per due motivi: primo, il terreno imbibito è cedevole e può provocare il cedimento laterale della coronella, specie se alta; secondo, se il fontanazzo è fortemente attivo trova facilmente un’altra via per zampillare all’esterno della coronella se questa è troppo stretta. Secondo l’esperienza, un fontanazzo con una gettata medio-alta (ma ancora controllabile) richiede una coronella di almeno 1,5 m di raggio.

3.3.1. SACCHI E LORO RIEMPIMENTOMateriali: si possono usare sacchi di juta (preferibile) o anche di materiale plastico (purché sia facilmente conformabile); vengono riempiti di sabbia o, in mancanza, di terra.Dimensioni: si utilizzano sacchi di dimensioni contenute (comunemente circa 40x70 cm) per permetterne la movimentazione a braccia una volta riempiti. Dosaggio di riempimento: è indispensabile ottenere modellabilità e adattabilità dei sacchi, perciò questi vanno riempiti al massimo per 2/3 della loro capacità, considerata da chiusi (meglio meno che più; indicativamente, a seconda dei sacchi, 4 o 5 badilate), arrivando a pesare mediamente poco più di kg 20 (quasi kg 30 con sabbia bagnata).Chiusura: per gli stessi motivi, la chiusura va fatta nelle vicinanze della bocca del sacco, lasciando così lo spazio necessario al modellamento della sabbia. Si possono usare spago, cordini di canapa (alcuni sacchi sono dotati di un laccio di juta cucito vicino alla bocca) o, per rapidità, delle fascette autobloccanti di plastica da elettricisti (che però, disperse nell’ambiente, non si degradano).Operazione di riempimento: per ottenere maggiore rapidità, è preferibile effettuare l’operazione di riempimento lavorando in 3 (2 tengono aperta la bocca del sacco e il terzo lo riempie utilizzando un badile; lavorando in due chi tiene la bocca del sacco ha difficoltà a mantenerla sufficientemente aperta). Se si opera in un’Organizzazione, è possibile predisporre la dotazione di semplici strumenti per facilitare queste operazioni (ad es. divaricatori, imbuti).

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Operazione di trasporto manuale: il trasporto dei sacchi dalla zona dove vengono accumulati al punto in cui vengono utilizzati (generalmente a non molti metri di distanza) viene eseguito manualmente con il metodo del “passamano” con il quale i sacchi vengono passati singolarmente di mano in mano lungo una catena di operatori disposti in fila. Il metodo è noto e semplice ma affinché venga svolto con efficacia, riducendo al minimo l’affaticamento degli operatori duramente sollecitati nel tempo dal movimento di torsione del busto, è opportuno che questi si dispongano a zig-zag, uno frontalmente all’altro, ad una distanza sufficiente a passarsi il sacco fra loro senza doversi muovere dalla propria posizione.

3.3.2. COSTRUZIONE CON SOLI SACCHI E SABBIASia che si intenda costruire una coronella circolare sia che la si voglia semicircolare (adiacente alla scarpata dell’argine) è opportuno sfruttare la forma a tronco di cono del sacco di sabbia chiuso: affiancando i sacchi con la legatura sempre dalla stessa parte essi si dispongono naturalmente a cerchio (con le legature verso il centro).L’accurato assemblaggio della base è fondamentale per l’efficacia dell’intera coronella.I sacchi non vanno deposti con grazia ma gettati con forza in modo che si adattino al terreno e modellati premendovi sopra (col tallone, per imprimere maggior energia).Sistemato il primo sacco a sufficiente distanza dallo zampillo del fontanazzo, il seguente viene gettato in modo che il bordo gli si sovrapponga leggermente (una decina di centimetri) e ben assestato pestandolo energicamente col tallone.Allo stesso modo si prosegue con i sacchi successivi. Si posizionano sempre uno per volta assestandoli singolarmente (non si posizionano più sacchi cercando di sistemarli poi tutti assieme: con la sabbia bagnata è molto difficoltoso modellarli!).L’ultimo sacco del giro (o corso) va assestato con cura, eventualmente sollevando leggermente il margine di uno di quelli adiacenti e sistemandovelo sotto.Il posizionamento e l’assestamento dei sacchi viene eseguito da 1 o al massimo 2 operatori (in tal caso, eventualmente, anche partendo dal primo sacco nei due versi opposti); gli altri si occupano di predisporre i sacchi, portarli sul posto e passarli a chi li posiziona.Terminato il primo strato di sacchi e verificatane l’efficacia (qualche piccola perdita c’è sempre: l’importante è che sia limitata e che il livello dell’acqua all’interno della coronella si alzi del necessario) si comincia il secondo, sovrapponendolo al primo ed eseguendolo allo stesso modo. Occorre però cercare di non far coincidere le fessure (o fughe) fra i sacchi (vanno quindi disposti sfalsati rispetto a quelli sottostanti).Si procede così finché il livello interno dell’acqua cresce.

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Se l’altezza della coronella comincia ad essere elevata, è necessario aumentarne lo spessore disponendo anche dei giri di sacchi esterni rispetto a quelli già realizzati (secondo indicazioni derivate dall’esperienza ed usate comunemente, una coronella alta 1 metro dovrebbe essere spessa altrettanto; una alta 2 metri dovrebbe arrivare a m1,5). Il secondo giro (esterno al primo) dovrebbe essere eseguito disponendo i sacchi “per il lungo” seguendo la circonferenza; se occorressero altri giri esterni, andrebbero comunque eseguiti alternando la direzione dei sacchi (il terzo come il primo, il quartocome il secondo: e già si sarebbe ad un metro di spessore).

3.3.3. COSTRUZIONE CON L’AUSILIO DI TELI DI POLIETILENE O SIMILARI.La tecnica classica sopra illustrata richiede un elevato numero di sacchi e di conseguenza anche di operatori, ma soprattutto un buon margine di tempo e posatori esperti. Se tuttavia queste ultime condizioni dovessero essere insufficienti si può ricorrere all’ausilio di teli di polietilene o di altro film plastico; sono sufficienti teli quadrati di circa 3 m di lato oppure teli in rullo. La sequenza di costruzione è la seguente:

si distende il telo alla voluta distanza dallo zampillo del fontanazzo (mediamente circa 1,5 m)

lungo il lato rivolto al fontanazzo, si dispone una fila di sacchi, posizionati per il lungo, a una trentina di centimetri all’interno; questa fila di sacchi svolge la funzione di “fermo”, cioè di trattenimento del telo al terreno

tale fila definisce anche la forma della coronella:- se disposta a semicerchio (con qualche difficoltà nel ripiegare il telo),

si otterrà una coronella circolare (congiungendo due distinte file semicircolari composte su due teli piuttosto lunghi).

- se disposta in linea retta permetterà di ottenere una coronella poligonale (congiungendo altre due o più file di sacchi, ciascuna sul proprio telo oppure posizionate di seguito su di un unico lungo telo piegato in più angoli).

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si ripiega il telo al di sopra dei sacchi, verso il fontanazzo sul terreno, all’esterno del telo ma adiacente ad esso si dispone una nuova

fila di sacchi, nella modalità che si preferisce: infatti con questo metodo l’impermeabilità della coronella è garantita dal telo e i sacchi non necessitano di un posizionamento particolarmente accurato. In questo modo la costruzione della coronella diviene più rapida.

la parete di contenimento della coronella è quella esterna al telo; essa va quindi innalzata secondo necessità sovrapponendo come già visto diverse file di sacchi (senza eccessiva accuratezza) ed eventualmente allargandone lo spessore

infine si ripiega il telo (ogni telo) verso l’esterno rivestendo così con esso tutte le pareti interne della coronella (ed eventualmente bloccandolo superiormente con alcuni sacchi)

La prima fila di sacchi (quella di “fermo”) può in alternativa essere disposta sul telo in modo che rimanga esterna al fontanazzo: in tal caso si pone il telo sopra lo zampillo e si allinea la prima fila di sacchi su di esso lungo il lato più distante dallo zampillo. Le file successive della coronella si dispongono sopra la prima e alla fine si ripiega il telo all’esterno: tutti i sacchi sono così esterni alla coronella.In ogni modo il vantaggio di questa tecnica è duplice: ha dimostrato di avere un’ottima tenuta ed è più veloce da costruire (non richiedendo l’accuratezza della tecnica classica); il materiale di riempimento dei sacchi esterni al telo può essere anche meno modellabile della sabbia o disomogeneo e quindi più facile da reperire in condizioni di emergenza; l’economia di uomini, inoltre, permette con lo stesso numero di operatori di formare eventualmente due squadre e lavorare su due fontanazzi anziché su uno.

3.3.4. COSTRUZIONE CON L’AUSILIO DI ONDULATI DI MATERIALE PLASTICOUna tecnica ancora più rapida ed economica in termini di uomini e di tempo è quella che utilizza elementi ondulati di vetroresina o di altro materiale plastico (del tipo utilizzato per coperture in edilizia).Si parte arrotolando l’ondulato a forma di cilindro attorno al fontanazzo, eventualmente lo si trattiene in forma legandolo, lo si assesta bene sul terreno e rapidamente lo si circonda di sacchi di sabbia fino all’altezza dell’acqua che via via riempie il bacino. Anche in questo caso la disposizione dei sacchi non richiede particolare accuratezza (purché sufficiente a formare un solido cilindro di contenimento). La coronella ottenuta con questa tecnica si dimostra molto veloce e di ottima tenuta; presenta tuttavia il difetto di richiedere la presenza di una buona disponibilità di ondulati sintetici (una coronella di 1,5 m di diametro richiede almeno 10 m di ondulato alto un metro o più).

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3.4. SOPRAELEVAZIONE DEGLI ARGINI IN EMERGENZA(COSTRUZIONE DI SOPRASSOGLI DI SACCHI DI SABBIA)

Negli interventi di sopraelevazione degli argini in condizioni di emergenza mediante costruzione di soprassogli di sacchi di sabbia si possono applicare le prime due tecniche viste per la costruzione delle coronelle: tecnica con soli sacchi di sabbia tecnica con l’ausilio di teli di polietilene o similiOccorre tener conto che per questo tipo di intervento possono essere richieste lunghe file di sacchi di sabbia; tuttavia facilmente il livello di sopraelevazione richiesto (per l’utilizzo dei sacchi) può essere di entità contenuta. Se si ha a disposizione un quantitativo molto limitato di sacchi di sabbia può essere conveniente utilizzare la: tecnica a sacco aperto: posto sul margine della cresta dell’argine un primo sacco

di sabbia chiuso, si dispongono i restanti sacchi in fila, non chiusi, e si infila la base del precedente nella bocca aperta del seguente, formando così una sorta di lungo “serpentone” compatto e poco permeabile. Se richiesto, si può ripetere l’operazione affiancando un secondo serpentone e sovrapponendogli un terzo.

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