Nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855; figlio di Ruggero e Caterina Allocatelli, quarto...

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Nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855; figlio di Ruggero e Caterina Allocatelli, quarto tra dieci fratelli.

Buona situazione economica, fino all’assassinio del padre, dovuto probabilmente a vendetta per ragioni di interesse.

A breve distanza l’uno dell’altra morirono la sorella maggiore, la madre, il fratelli Luigi e Giacomo e si trasferì a Rimini, dove terminò i suoi studi classici, ottenendo una borsa di studio per la facoltà di lettere a Bologna.

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Coltivò importanti amicizie, tra cui quella con Carducci.

I suoi primi interventi di poesia sboccarono nell’adesione alle idee socialiste, molto diffuse tra gli studenti bolognesi.

Intorno al 1882 insegnò latino e greco a Matera, convivendo con due sorelle Ida e Maria e tale convivenza gli permise di ricostituire, dopo tante sciagure, il nido dell’infanzia.

1891: viene pubblicata una raccolta di componimenti “Myricae”, grazie alla quale conobbe D’Annunzio.

1895, dopo il matrimonio di Ida, si trasferisce a Castelvecchio di Barga (Lucca) vivendovi a contatto con la campagna, allontanando dalla sua vita l’orizzonte dell’amore.

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Durante gli ultimi della sua vita, ormai vecchio, passò dal socialismo al nazionalismo; scrisse “ la grande proletaria si è mossa”, per giustificare la conquista della Libia come terra per uscire dai difficili problemi economici che attanagliavano l’Italia.

Minato da un cancro al fegato morì a Bologna il 6 aprile 1912.

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La poesia, per Pascoli, è il mondo dell’infanzia; egli aspira a trovare una calda intimità, uno spazio chiuso e felice: lo rivela nel modo chiaro la frequenza delle figure del nido e della siepe (che separa dal mondo minaccioso e nemico). Frequenti sono le immagini della morte, tendenti ad evocare presenze che non ci sono più ( i familiari scomparsi).

Altra certezza è il male, prodotto dagli uomini che complicano la scena oscura e dolorosa del mondo. Anche per lui, la sofferenza è alla radice del nostro vivere, pertanto invita gli uomini ad amarsi in nome della comunanza del loro oscuro e triste destino.

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Come abbiamo detto, la poesia di Pascoli si concentra al mondo dell’infanzia, muovendo dalla constatazione che all’interno di ogni uomo, vive un < fanciullino >, capace di vedere tutto con < maraviglia >, con occhi intatti in grado di comunicare con la realtà più autentica. Tale fanciullino, ha in pratica, il compito di risvegliare le più semplici emozioni dell’infanzia, come la bontà e la solidarietà che dovrebbero accomunare gli individui. Deve esprimere l’amore, ma non come passione, ma come comunicazione fraterna e infantile.

Quindi per Pascoli, c’è il tentativo di fuggire dal presente e di regredire verso un passato prenatale, verso aspetti infantili e di scoprire l’infanzia come autenticità , che resiste alla spietatezza della vita sociale e celare le sofferenze e i malesseri quotidiani.