Napolipiù, la musica del film il "Camorrista" diventa dance

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«M a io ti conosco. Chi ti manda?». «Chi a vita va’ po’ dda’ e va’ po’ pure levà: ’o pru- fessore ’e Vesuviana». Un dialogo che i cinefili cono- scono a memoria. È quello tratto dal “Camorrista”, l’oramai cele- bre film di Giuseppe Tornato- re che racconta, romanzandola, l’ascesa di Raffaele Cutolo, boss della Nco, Nuova camorra organizzata (nel film Cr, Camor- ra Riformata). Il botta e risposta citato è quello tra il vecchio boss, ’O Malacarne e il luogotenente del professore di Vesuviana, Al- fredo Canale. Il professore , boss in ascesa, ha decretato la morte del vecchio guappo e il suo braccio destro esegue la senten- za di morte. Questo dialogo e tan- te altre frasi tratte dalla pellico- la sono approdate dalla seconda serata delle tv private ai festini di musica house. Già, perché il “Camorrista” è ora anche un pez- zo di musica da discoteca, una sorta di rap, gettonatissimo nei party privati dell’area Nord di Napoli. Un abile “miscela” di tambu- reggianti basi house, opportuna- mente missate con le frasi più no- te del film che ricostruisce l’asce- sa del capoclan, costituiscono un pezzo della durata di circa 10 mi- nuti. Pezzo ricercatissimo nei circuiti di scambio canzoni pre- senti su internet. Napolipiù è en- trato in possesso di questo file e ha chiesto ad uno dei possessori, attraverso una web- chat di mu- sica dance, informazio- ni su chi ha avuto l’idea di combina- re la musica da discoteca colfilm-cult sulla ca- morra. «Io l’ho “scari- cato” - rac- conta il gio- vane via chat - da un altro napoletano, che aveva sul suo computer centinaia di pezzi di house dance. So per certo che il remix è stato creato per essere suonato in alcuni festini a Napo- li, nella zona di Scampìa e Giu- gliano. Non so altro». «Da oggi non dovete pagare più nessuno». «E chi ci protegge?». «Io, il professore di Vesuviana». Altro dialogo tratto dal film, fini- to nel calderone musicale che viaggia underground, sfruttan- do la potenza della rete telemati- ca. Nei dieci minuti di musica si ha anche la possibilità di ascolta- re l’audio del “giuramento della camorra”, ovvero la scena nella quale il professore procede all’af- filiazione dei suoi fedelissimi se- condo un rituale che affonda le sue radici in un misto di masso- neria, mafia e ’ndrangheta. Strano destino, quello del film: il regista e l’autore della colonna sonora, rispettivamente Pep- puccio Tornatore e Nicola Pio- vani: sono entrambi finiti nel li- bro d’oro della storia del cinema, avendo vinto, grazie ad altri la- vori, due premi Oscar. Ma il Ca- morrista ha avuto una storia tra- vagliata: prodotto da Reteitalia Nei festini dei giovani di Scampìa impazza il “rap del camorrista” CIRO PELLEGRINO 3 MERCOLEDÌ 2 MARZO 2005 Napolipiù PRIMOPIANO Vietato fotocopiare in serie gli articoli di questa pagina CHI FOTOCOPIA “RUBA LETTORI” C anta Napoli. E canta le storie di peri- feria, urlate a squarciagola in centi- naia di videoclip girati alla meglio e “sparati” dalle tv private. Canta Napoli e canta soprattutto le storie d’amore. Ma non solo. La realtà della “nuca della città” è anche altro. È storia di malavi- ta, gerarchia di camorra, legge del ri- spetto. Lo cantano i tanti volti anonimi delle tivvù locali. Gente che non aspira nemmeno più ad entrare nel circuito delle feste di piazza, dei matrimoni, bat- tesimi o comunioni, ma che cerca dispe- ratamente, spesso pagando fior di quat- trini, il suo quarto d’ora di celebrità via etere. Il testo è commissionato ai parolieri “made in Naples”, novelli Mogol all’om- bra del Vesuvio che garantiscono ad un prezzo ragionevole quattro strofe, un ri- tornello e l’arrangiamento musicale. Poi, arrivano la produzione, la commer- cializzazione e la produzione video. Col- piscono alcuni testi per la disinvoltura con la quale si esalta la camorra. Scena d’inizio: un giudice entra in aula per pro- nunciare la sentenza. Il verdetto è di as- soluzione «perché il fatto non costituisce reato». Secondo “frame”: un uomo sulla moto scappa velocemente. È ’O ’rre, can- tata da tale Giovanni Ferrari, che spo- pola nei programmini delle tv nell’area Orientale: Ponticelli, San Giovanni, Volla. « Chi ha sbagliato, sta avvisato già. Che ’a sentenza, se l’adda aspettà. ’O ’rre è turnato...». Ma poi a fine video u- na scritta recita: «Ogni riferimento a fatti reali è puramente casuale». Canta Napoli e il neomelodico parte- nopeo canta le regole base del rispetto: «a femmena e n’ato, nun s’adda tuccà». Altrimenti... E scorrono le immagini del “Camorrista”. Canta Napoli e Lello A- mato si preoccupa di chi è finito in gat- tabuia. Amato canta “ ’O carcerato” ed è tutto un fiorire di sbarre e atmosfere cu- pe. Trasmessa in pochissime occasioni ma destinata a diventare canzone cult al pari della celebre “Latitante” di Tommy Riccio è “ ’O capoclan” che esalta la po- tenza del boss, costretto a far fronte ai ri- schi del mestiere: agguati e regolamenti di conti vari. Genny Amato invece, canta e guaglioni ’e Napule. Che vanno sempre di fretta. «Corrono cu’ na motoci- cletta, sì tenene ’e guardie areto. E gua- gliune ’e Napule se fann rispettà». (cir.pel.) Molti cantanti partenopei nei loro testi “esaltano” il potere dei capoclan, i detenuti e il codice di rispetto della criminalità organizzata Sulla Rete il videogame del camorrista-manager “Magnaccio”, il gioco creato da un giovane di Santa Maria Capua Vetere e svelato da Napolipiù «R icorda sempre che la cosa più impor- tante che un malvivente deve perse- guire è il potere». Il motto è “scolpito” sulla pa- gina web che introduce ad una nuova frontie- ra del videogioco: quello che simula gli affari della camorra. Si chiama “Magnaccio mana- ger”, il giochino che in questi giorni tiene ban- co tra il popolo della Rete. Creato da Andrea Aulicino, un giovane di Santa Maria Capua Vetere col pallino dell’informatica, il videoga- mes amatoriale, scoperto mesi fa da Napoli- più, riproduce con impressionante realismo la scalata (con relativi problemi) di un aspi- rante boss alle prese con ogni tipo di traffico, da quello della droga al pizzo, dalla prostitu- zione ai rapporti con la mafia, fino al riciclag- gio del denaro sporco in attività commerciali. Il giochino per computer prodotto “in casa” è ambientato proprio a Santa Maria, popoloso comune in provincia di Caserta che risente fortemente degli influssi della camorra par- tenopea, quella che parte dal Giuglianese e arriva nei quartieri dell’area nord di Napoli. L’ambientazione è rappresentata dalla map- pa topografica di Santa Maria con tanto di “piazze” di spaccio contrassegnate da una X. Il giocatore non deve far altro che incremen- tare il suo potere al quale concorrono vari fat- tori come il possesso di droga e soldi, i rappor- ti con i mafiosi che consentono di corrompere le guardie e di entrare nel business della pro- stituzione e, infine, le indagini delle forze del- l’ordine. Il “game over”, infatti avviene con l’arresto dell’aspirante gangster. Parla l’attore NicolaDi Pinto: interpretò il luogotenente del “Professore” «Recitai il boss fedele fino alla morte la gente ora mi ricorda come un eroe» «S uonerie per i cellulari, segrete- rie telefoniche, e ora addirittu- ra musiche da discoteca con le parole del film...è una storia che va avanti da anni e non mi stupisce». A parlare è Nicola Di Pinto (nella foto in basso), attore partenopeo, protagonista, nel 1986 del film di Giuseppe Tornato- re “Il Camorrista”, ora diventato pel- licola-cult. Di Pinto, a distanza di tanti an- ni avrebbe mai pensato che una pellicola del genere potesse di- ventare film di culto? «Assolutamente no. Tant’è vero che la storia del “Camorrista” è ancora motivo di discussione e meraviglia. Nel cinema accadono anche queste co- se». Il successo del film di Tornatore è rappresentato soprattutto dal fatto che racconta la storia, ro- manzata, del boss della camorra Raffaele Cutolo. Eppure la fama del film non si limita a Napoli... «Infatti: so per certo che in Sicilia e in Puglia, regioni “calde” sul fronte criminalità quanto la Campania, il film viene trasmesso in continuazione dalle tv private che poi sono quelle che ne hanno decretato il successo». Lei è contento? «Guardi, all’inizio pensavo che tut- to sommato è bello che un film “duri” così tanto nella memoria collettiva. Ma alla fine si parla di camorra...» E quindi? «E quindi, al di là del film cult, la co- sa brutta è che è diventato film “di e- mulazione”». Si spieghi... «Vede, le persone a Napoli dopo tan- ti anni mi fermano ancora perché mi riconoscono come il personaggio che ho interpretato nel film, (Alfredo Ca- nale, braccio destro del professore di Vesuviana ndr.) Ricordano a memo- ria battute che io altrimenti avrei di- menticato da anni». Qualche aneddoto particolare? «Si, ne ricordo uno: passeggiavo per Napoli e, passando vicino ad una chie- sa chiusa, i ragazzini seduti sulla sca- linata mi hanno riconosciuto e hanno iniziato a cantare il motivetto della co- lonna sonora (scritta dal premio O- scar Nicola Piovani ndr.). E ancora: a Scampìa ad esempio mi considerano una vera star. La gente ricorda a me- moria le parole che pronuncia il mio personaggio quando lo ammazzano nelle docce del carcere di Poggioreale. La cosa che stupisce è che le battute sono recitate da ragazzini di 7-8 anni». A differenza di Ben Gazzara, che interpretava il professore, il suo personaggio, il luogotenente del boss, ha riscosso maggior suc- cesso. Si è mai chiesto il perché? «Secondo me il personaggio di Alfre- do è ricordato come una sorta di eroe buono, che si sacrifica per salvare il suo capo anche se alla fine lui stesso lo fa giustiziare». E non la inquieta il fatto che l’e- roe positivo è comunque un mala- vitoso, un assassino? «Certo che mi inquieta: essere ricor- dato così non è certo bello. Ma ripeto, il cinema è fatto così. Anche nel “Padri- no” il pubblico parteggia per Corleone che è comunque un delinquente. Ag- giungo una cosa: secondo me il “Ca- morrista” non ha nulla da invidiare al film di Coppola». Cosa ricorda delle fasi di lavo- razione del film, fu difficile girare scene di camorra a Napoli? «Non particolarmente. I veri pro- blemi arrivarono dopo, con le diatribe legali che ritardarono l’uscita in tv della pellicola. Comunque esiste una versione integrale del “Camorrista”, confezionata per la tv, di quattro pun- tate. Non fu mai trasmessa, forse per beghe politiche. Penso sia ancora con- servata negli archivi di Mediaset». (cir.pel.) Il “rap del camorrista” approda in discote- ca. I dialoghi dell’ormai celebre film che racconta, romanzandola, l’ascesa del boss Raffaele Cutolo, vengono utilizzati, opportunamente miscelati a musica dan- ce, per ravvivare i “festini” dei giovani par- tenopei. Napolipiù è entrato in possesso di questa base musicale che circola su inter- net ed è gettonatissima nei party privati. «Da oggi non dovete pagare più nessuno. Vi proteggo io, il professore di Vesuviana». Questa è soltanto una delle tante frasi pro- nunciate da Ben Gazzara, protagonista del film di Giuseppe Tornatore, che si ascolta- no nel pezzo. Ma c’è di più: le frasi del Ca- morrista vengono utilizzate nelle segrete- rie telefoniche e come suonerie per i cellu- lari. A rivelarlo è Nicola Di Pinto, attore par- tenopeo tra i protagonisti del film: interpre- tava Alfredo, il luogotenente del boss. «Molti, soprattutto i giovanissimi - racconta - ricordano le battute a memoria. Quello che mi dispiace è che qualcuno vede quel personaggio come eroe positivo». MODE DI CAMORRA Il brano da discoteca è ricercatissimo dai disk jokey sui circuiti di scambio via Internet (Fininvest) e Titanus al costo di 4 miliardi, fu bersagliato da querele di Cutolo e per questo ritirato dal mercato nel 1986 dopo 2 mesi di distribuzione, e messo in onda su Rete4 soltanto nel marzo 1994. È diventato un cult solo gra- zie al martellamento delle tv private che lo trasmettono quo- tidianamente durante la notte. Quasi dimenticato, invece, il libro da cui Tornatore sinte- tizzò la sceneggiatura del suo film, quello del celebre inviato Rai Giuseppe Marrazzo,da- tato 1984 e pubblicato dall’edi- tore napoletano Pironti. A sinistra la locandina del film “Il Camorrista” di Giuseppe Tornatore interpretato tra gli altri da Ben Gazzara e Nicola Di Pinto. Nel riquadro in alto il boss Raffaele Cutolo A sinistra un detenuto nel carcere di Scampìa. Molti cantanti neomelodici affrontano il tema dei “carcerati” Quando i neomelodici cantano la malavita IL GIURAMENTO DELLA NCO «Battezzo questo lo- cale come lo battezza- rono i nostri avi. Loro lo battezzarono con ferri e catene, io lo bat- tezzo con ferri e cate- ne. Alzo gli occhi e ve- do una stella volare. E ho battezzato il locale. Con parole d’omertà, è formata società. Un picciotto pesa quanto una piuma sparsa al vento e rap- presenta una senti- nella d’omertà. Se tradisci, questo vino diventerà sangue e questo pane diven- terà piombo. Se pri- ma ti conoscevo come persona d’onore ora ti conosco come pic- ciotto di questa Ono- rata Società».

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Ciro Pellegrino 2005

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«Ma io ti conosco. Chi timanda?». «Chi a vita va’

po’ dda’ e va’ po’ pure levà: ’o pru-fessore ’e Vesuviana».

Un dialogo che i cinefili cono-scono a memoria. È quello trattodal “Camorrista”, l’oramai cele-bre film di Giuseppe Tornato-re che racconta, romanzandola,l’ascesa di Raffaele Cutolo,boss della Nco, Nuova camorraorganizzata (nel film Cr, Camor-ra Riformata). Il botta e rispostacitato è quello tra il vecchio boss,’O Malacarne e il luogotenentedel professore di Vesuviana, Al-fredo Canale. Il professore,boss in ascesa, ha decretato lamorte del vecchio guappo e il suobraccio destro esegue la senten-za di morte. Questo dialogo e tan-te altre frasi tratte dalla pellico-la sono approdate dalla secondaserata delle tv private ai festinidi musica house. Già, perché il“Camorrista” è ora anche un pez-zo di musica da discoteca, unasorta di rap, gettonatissimo neiparty privati dell’area Nord diNapoli.

Un abile “miscela” di tambu-reggianti basi house, opportuna-mente missate con le frasi più no-te del film che ricostruisce l’asce-sa del capoclan, costituiscono unpezzo della durata di circa 10 mi-nuti. Pezzo ricercatissimo neicircuiti di scambio canzoni pre-senti su internet. Napolipiù è en-trato in possesso di questo file eha chiesto ad uno dei possessori,

attraversouna web-chat di mu-sica dance,informazio-ni su chi haavuto l’ideadi combina-re la musicada discotecacolfilm-cultsulla ca-morra. «Iol’ho “scari-cato” - rac-conta il gio-vane viachat - da un

altro napoletano, che aveva sulsuo computer centinaia di pezzidi house dance. So per certo che ilremix è stato creato per esseresuonato in alcuni festini a Napo-li, nella zona di Scampìa e Giu-gliano. Non so altro».

«Da oggi non dovete pagare piùnessuno». «E chi ci protegge?».«Io, il professore di Vesuviana».Altro dialogo tratto dal film, fini-to nel calderone musicale cheviaggia underground, sfruttan-do la potenza della rete telemati-ca. Nei dieci minuti di musica siha anche la possibilità di ascolta-re l’audio del “giuramento dellacamorra”, ovvero la scena nellaquale il professore procede all’af-filiazione dei suoi fedelissimi se-condo un rituale che affonda lesue radici in un misto di masso-neria, mafia e ’ndrangheta.

Strano destino, quello del film:il regista e l’autore della colonnasonora, rispettivamente Pep-puccio Tornatore e Nicola Pio-vani: sono entrambi finiti nel li-bro d’oro della storia del cinema,avendo vinto, grazie ad altri la-vori, due premi Oscar. Ma il Ca-morrista ha avuto una storia tra-vagliata: prodotto da Reteitalia

Nei festini dei giovani di Scampìaimpazza il “rap del camorrista”

CIRO PELLEGRINO

3MERCOLEDÌ2 MARZO 2005

Napolipiù PRIMOPIANO Vietato fotocopiare in serie gli articoli di questa paginaCHI FOTOCOPIA “RUBA LETTORI”

Canta Napoli. E canta le storie di peri-feria, urlate a squarciagola in centi-

naia di videoclip girati alla meglio e“sparati” dalle tv private. Canta Napolie canta soprattutto le storie d’amore.Ma non solo. La realtà della “nuca dellacittà” è anche altro. È storia di malavi-ta, gerarchia di camorra, legge del ri-spetto. Lo cantano i tanti volti anonimidelle tivvù locali. Gente che non aspiranemmeno più ad entrare nel circuitodelle feste di piazza, dei matrimoni, bat-tesimi o comunioni, ma che cerca dispe-ratamente, spesso pagando fior di quat-trini, il suo quarto d’ora di celebrità viaetere.

Il testo è commissionato ai parolieri“made in Naples”, novelli Mogol all’om-bra del Vesuvio che garantiscono ad unprezzo ragionevole quattro strofe, un ri-tornello e l’arrangiamento musicale.Poi, arrivano la produzione, la commer-cializzazione e la produzione video. Col-piscono alcuni testi per la disinvolturacon la quale si esalta la camorra. Scenad’inizio: un giudice entra in aula per pro-nunciare la sentenza. Il verdetto è di as-soluzione «perché il fatto non costituiscereato». Secondo “frame”: un uomo sullamoto scappa velocemente. È ’O ’rre, can-tata da tale Giovanni Ferrari, che spo-pola nei programmini delle tv nell’areaOrientale: Ponticelli, San Giovanni,Volla. «Chi ha sbagliato, sta avvisatogià. Che ’a sentenza, se l’adda aspettà.’O ’rre è turnato...». Ma poi a fine video u-na scritta recita: «Ogni riferimento afatti reali è puramente casuale».

Canta Napoli e il neomelodico parte-nopeo canta le regole base del rispetto:«a femmena e n’ato, nun s’adda tuccà».Altrimenti... E scorrono le immagini del

“Camorrista”. Canta Napoli e Lello A-mato si preoccupa di chi è finito in gat-tabuia. Amato canta “ ’O carcerato” ed ètutto un fiorire di sbarre e atmosfere cu-pe. Trasmessa in pochissime occasionima destinata a diventare canzone cult alpari della celebre “Latitante” di TommyRiccio è “ ’O capoclan” che esalta la po-tenza del boss, costretto a far fronte ai ri-schi del mestiere: agguati e regolamentidi conti vari. Genny Amato invece,canta e guaglioni ’e Napule. Che vannosempre di fretta. «Corrono cu’ na motoci-cletta, sì tenene ’e guardie areto. E gua-gliune ’e Napule se fann rispettà».

(cir.pel.)

Molti cantanti partenopei nei loro testi “esaltano” il potere dei capoclan, i detenuti e il codice di rispetto della criminalità organizzata

Sulla Rete il videogame del camorrista-manager“Magnaccio”, il gioco creato da un giovane di Santa Maria Capua Vetere e svelato da Napolipiù

«Ricorda sempre che la cosa più impor-tante che un malvivente deve perse-

guire è il potere». Il motto è “scolpito” sulla pa-gina web che introduce ad una nuova frontie-ra del videogioco: quello che simula gli affaridella camorra. Si chiama “Magnaccio mana-ger”, il giochino che in questi giorni tiene ban-co tra il popolo della Rete. Creato da AndreaAulicino, un giovane di Santa Maria CapuaVetere col pallino dell’informatica, il videoga-mes amatoriale, scoperto mesi fa da Napoli-più, riproduce con impressionante realismola scalata (con relativi problemi) di un aspi-rante boss alle prese con ogni tipo di traffico,da quello della droga al pizzo, dalla prostitu-zione ai rapporti con la mafia, fino al riciclag-gio del denaro sporco in attività commerciali.

Il giochino per computer prodotto “in casa” èambientato proprio a Santa Maria, popolosocomune in provincia di Caserta che risentefortemente degli influssi della camorra par-tenopea, quella che parte dal Giuglianese earriva nei quartieri dell’area nord di Napoli.L’ambientazione è rappresentata dalla map-pa topografica di Santa Maria con tanto di“piazze” di spaccio contrassegnate da una X.Il giocatore non deve far altro che incremen-tare il suo potere al quale concorrono vari fat-tori come il possesso di droga e soldi, i rappor-ti con i mafiosi che consentono di corromperele guardie e di entrare nel business della pro-stituzione e, infine, le indagini delle forze del-l’ordine. Il “game over”, infatti avviene conl’arresto dell’aspirante gangster.

Parla l’attore Nicola Di Pinto: interpretò il luogotenente del “Professore”

«Recitai il boss fedele fino alla mortela gente ora mi ricorda come un eroe»

«Suonerie per i cellulari, segrete-rie telefoniche, e ora addirittu-

ra musiche da discoteca con le paroledel film...è una storia che va avanti daanni e non mi stupisce». A parlare èNicola Di Pinto (nella foto in basso),attore partenopeo, protagonista, nel1986 del film di Giuseppe Tornato-re “Il Camorrista”, ora diventato pel-licola-cult.

Di Pinto, a distanza di tanti an-ni avrebbe mai pensato che unapellicola del genere potesse di-ventare film di culto?

«Assolutamente no. Tant’è vero chela storia del “Camorrista” è ancoramotivo di discussione e meraviglia.Nel cinema accadono anche queste co-se».

Il successo del film di Tornatoreè rappresentato soprattutto dal

fatto che racconta la storia, ro-manzata, del boss della camorraRaffaele Cutolo. Eppure la famadel film non si limita a Napoli...

«Infatti: so per certo che in Sicilia ein Puglia, regioni “calde” sul frontecriminalità quanto la Campania, ilfilm viene trasmesso in continuazionedalle tv private che poi sono quelle chene hanno decretato il successo».

Lei è contento?

«Guardi, all’inizio pensavo che tut-to sommato è bello che un film “duri”così tanto nella memoria collettiva.Ma alla fine si parla di camorra...»

E quindi?«E quindi, al di là del film cult, la co-

sa brutta è che è diventato film “di e-mulazione”».

Si spieghi...«Vede, le persone a Napoli dopo tan-

ti anni mi fermano ancora perché miriconoscono come il personaggio cheho interpretato nel film, (Alfredo Ca-nale, braccio destro del professore diVesuviana ndr.) Ricordano a memo-ria battute che io altrimenti avrei di-menticato da anni».

Qualche aneddoto particolare?«Si, ne ricordo uno: passeggiavo per

Napoli e, passando vicino ad una chie-sa chiusa, i ragazzini seduti sulla sca-linata mi hanno riconosciuto e hannoiniziato a cantare il motivetto della co-lonna sonora (scritta dal premio O-scar Nicola Piovani ndr.). E ancora:a Scampìa ad esempio mi consideranouna vera star. La gente ricorda a me-moria le parole che pronuncia il miopersonaggio quando lo ammazzanonelle docce del carcere di Poggioreale.La cosa che stupisce è che le battutesono recitate da ragazzini di 7-8 anni».

A differenza di Ben Gazzara,che interpretava il professore, ilsuo personaggio, il luogotenentedel boss, ha riscosso maggior suc-cesso. Si è mai chiesto il perché?

«Secondo me il personaggio di Alfre-do è ricordato come una sorta di eroebuono, che si sacrifica per salvare ilsuo capo anche se alla fine lui stesso lofa giustiziare».

E non la inquieta il fatto che l’e-roe positivo è comunque un mala-vitoso, un assassino?

«Certo che mi inquieta: essere ricor-dato così non è certo bello. Ma ripeto, ilcinema è fatto così. Anche nel “Padri-no” il pubblico parteggia per Corleoneche è comunque un delinquente. Ag-giungo una cosa: secondo me il “Ca-morrista” non ha nulla da invidiare alfilm di Coppola».

Cosa ricorda delle fasi di lavo-razione del film, fu difficile girarescene di camorra a Napoli?

«Non particolarmente. I veri pro-blemi arrivarono dopo, con le diatribelegali che ritardarono l’uscita in tvdella pellicola. Comunque esiste unaversione integrale del “Camorrista”,confezionata per la tv, di quattro pun-tate. Non fu mai trasmessa, forse perbeghe politiche. Penso sia ancora con-servata negli archivi di Mediaset».

(cir.pel.)

Il “rap del camorrista” approda in discote-ca. I dialoghi dell’ormai celebre film cheracconta, romanzandola, l’ascesa delboss Raffaele Cutolo, vengono utilizzati,oppor tunamente miscelati a musica dan-ce, per ravvivare i “festini” dei giovani par-tenopei. Napolipiù è entrato in possesso diquesta base musicale che circola su inter-net ed è gettonatissima nei par ty privati.«Da oggi non dovete pagare più nessuno. Viproteggo io, il professore di Vesuviana».Questa è soltanto una delle tante frasi pro-

nunciate da Ben Gazzara, protagonista delfilm di Giuseppe Tornatore, che si ascolta-no nel pezzo. Ma c’è di più: le frasi del Ca-morrista vengono utilizzate nelle segrete-rie telefoniche e come suonerie per i cellu-lari. A rivelarlo è Nicola Di Pinto, attore par-tenopeo tra i protagonisti del film: interpre-tava Alfredo, il luogotenente del boss.«Molti, soprattutto i giovanissimi - racconta- ricordano le battute a memoria. Quelloche mi dispiace è che qualcuno vede quelpersonaggio come eroe positivo».

MODE DI CAMORRA

Il branoda discotecaè ricercatissimodai disk jokeysui circuitidi scambiovia Internet

(Fininvest) e Titanus al costo di4 miliardi, fu bersagliato daquerele di Cutolo e per questoritirato dal mercato nel 1986dopo 2 mesi di distribuzione, emesso in onda su Rete4 soltantonel marzo 1994.

È diventato un cult solo gra-zie al martellamento delle tv

private che lo trasmettono quo-tidianamente durante la notte.

Quasi dimenticato, invece, illibro da cui Tornatore sinte-tizzò la sceneggiatura del suofilm, quello del celebre inviatoRai Giuseppe Marrazzo,da-tato 1984 e pubblicato dall’edi-tore napoletano Pironti.

A sinistrala locandinadel film“Il Camorrista”di GiuseppeTornatoreinterpretatotra gli altrida Ben Gazzarae Nicola Di Pinto.Nel riquadroin altoil bossRaffaele Cutolo

A sinistraun detenutonel carceredi Scampìa.Molti cantantineomelodiciaffrontanoil temadei “carcerati”

Quando i neomelodici cantano la malavita

IL GIURAMENTODELLA NCO«Battezzo questo lo-cale come lo battezza-rono i nostri avi. Lorolo battezzarono conferri e catene, io lo bat-tezzo con ferri e cate-ne. Alzo gli occhi e ve-do una stella volare. Eho battezzato il locale.Con parole d’omertà,è formata società. Un picciotto pesaquanto una piumasparsa al vento e rap-presenta una senti-nella d’omertà. Setradisci, questo vinodiventerà sangue equesto pane diven-terà piombo. Se pri-ma ti conoscevo comepersona d’onore ora ticonosco come pic-ciotto di questa Ono-rata Società».