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1 N.3 - luglio 2009 IL PONTE - Anno XXXVIII - Supplemento al n. 13 del 3 luglio 2009 de “IL NUOVO GIORNALE” Autorizzazione Tribunale di Piacenza con decreto n. 4 del 4 giugno 1948

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N.3 - luglio 2009IL PONTE - Anno XXXVIII -

Supplemento al n. 13 del 3 luglio 2009 de “IL NUOVO GIORNALE”Autorizzazione Tribunale di Piacenza con decreto n. 4 del 4 giugno 1948

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Bimestrale d’informazione e attualitàFondato nel 1971: da don Dante Concari

Direttore responsabile: don Davide Maloberti

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Collaboratoridon Cesare Lugani, don Paolo Camminati, Sabrina Mazzocchi, Loris Caragnano, Ennio Torricella, suorLuisella, Annalisa Cristofoli, Lorenzo Migliorini, Federico Zanelli, Michela Migliorini, Gianmarco Zanelli,Alberto Burgazzi, Michele Malvicini, Michele Anselmi, Chiara Ratti, Elena Fogliazza, Gianmarco Ratti,Gian Carlo Anselmi, Claudia Cigalla, Manuela Gentissi.Per le fotografie: Renato Passerini, Foto Cavanna, Oreste Grana, Foto Gaudenzi.Redazione, amministrazione e pubblicità: Pontedell’Olio - Tel. 0523 875803Stampa: Grafiche Lama - Piacenza, Strada Dossi di Le Mose 5/7 Tel. 0523 592859

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70 con brioLa classe 1939 si è riunita per festeggiare il traguardo insieme a don Gianni e don Renzo.

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edi tor ia leIncerti,fragili,insicuri,spesso contraddittori,latenti adolescenti,ipocondriaci dell’inezia,effimeri esteti,autentici,paradossalmente, profondi!

Emotivi,passionali,irrazionali,istintivi e impulsivi;laconici,logici,sempre di fretta,sempre di corsa,musicali,ritmici,freneticamente cittadini del mondo,abitanti del limite,stranieri nella/della nostra terra,delle cose di tutti i giorni,della realtà che viene a visitarci e che bussa allanostra porta:intimi.

Confusi,nomadi,profughi,alla ricerca di una patria, di un luogo, di un volto,di un abbraccio in cui poter sostare,in cui poter abitare,in cui potersi riconoscere, comprendere, riposa-re:affaticati,nost-algici,senza inizio,paterni,materni,in e out,funamboli,equilibristi,eternamente sospesi tra cielo e terra,danzanti,evanescenti,romantici,poveri …

Spesso noi siamo così! In questo modo spesso,infatti, parlano di noi e, paradossalmente, noi stessiin altrettanto modo parliamo degli altri. Ma noi chisiamo, dove siamo, dove stiamo andando? Sia-

mo davvero così o sono gli altri ad indurci a pen-sarci, a coglierci e a parlare di noi in questo modo?Francamente non so dare una precisa rispostaalla questione, quello che per me è vero è che iostesso, sacerdote, educatore, insegnante, io cheho posto come centro della mia vita l’attenzioneall’Altro, preso come tutti dal vortice delle tantecose da fare, nei rari momenti in cui riesco final-mente a fermarmi e a lasciarmi abitare da un po’di sano silenzio, stento davvero tante volte a co-gliermi fino in fondo: profondamente amante e ri-conoscente del dono della vita proprio innanzi adessa a volte –ripeto- mi perdo e naufrago.

Ma chi di noi onestamente non è così! Credo dav-vero che da sempre non sia così facile essere un“bravo” genitore, così come non credo che siacosì semplice essere un bravo educatore, un bra-vo maestro, un bravo insegnante, un bravo figlio,una brava figlia, buoni amici ecc. E questo lo dicoproprio a partire dall’amore smisurato che nutria-mo per l’altro di fronte al quale spesso siamo dav-vero posti al limite e al confine: qual è e dov’è,infatti, il vero amore per l’altro? E poi è il suo beneo il mio bene quello che sto invocando, cercando,realizzando? Cos’è giusto fare?

Forse, rispetto al passato, la nostra è un’epocache ha più strumenti con cui affrontare al megliola vita, ma questo decisamente non è ilcorrispettivo alla tranquillità e alla serenità del vi-vere. Amo profondamente il nostro tempo, lo amoperché mio, perché è nostro, perché quando fi-nalmente lo riesco ad ascoltare è a tratti di pro-fonda umanità e delicatezza che intuisco deside-ra muoverci, un invito a cogliere nel volto dell’altro(del nostro, quindi!) lo sguardo indifeso di chi tichiede “Forse, ho bisogno di te”.Il Cristianesimo da sempre si nutre degli occhi diun Dio che non si sottrae dalla storia dell’uomo,ma che senza giudizio e con tanta tenerezza so-sta, si avvicina, ascolta … il respiro dell’uomo,chiunque esso sia.

La nostra diocesi si sta preparando per i prossi-mi anni ad un cammino e un tempo di missionetra la gente: nelle incertezze e nelle perplessitàche spesso accompagnano i nostri impegni, per-ché non partire facendo appello, ricordando e in-vocando la tenerezza e lo sguardo d’amore diGesù, del nostro Dio innanzi alla vita dell’uomo…chiunque esso sia.Buona estate,

Don Gino.

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Prima di ricevere la Comunione avevo lefarfalle nello stomaco. Poi tutto è passato edero felicissima!! Michela Un sentimento che ho provato mentre mipreparavo a ricevere la Comunione era l’im-pazienza. Il giorno della Comunione ho prova-to gioia e dopo aver ricevuto l’ostia mi sonosentito più grande. Luca Quando dovevo ricevere l’ostia mi sonoemozionata: avevo un po’ di paura. Ma poi miè piaciuto e non vedevo l’ora di riceverla an-cora. Sara Quando ho ricevuto l’ostia mi sono sentitorinascere. Giancarlo Per la Comunione ero agitato ma poi ho pro-vato gioia perché per la prima volta ricevevoGesù. Thai Quando ho ricevuto la prima Comunione hoprovato felicità. Ero molto curiosa di sapereche gusto aveva l’ostia. Ho anche pensato che

Prima Comunione a Ponte dell’Olio

la comunione era meravigliosa! Vorrei rifarlaperché è stata una funzione meravigliosa. Pec-cato, non si può. Alice Per la Comunione ho provato: agitazione,gioia, felicità, commozione. Ricevere la Comu-nione è stato uno dei momenti più importantidella mia vita. Carlo Quando dovevo ricevere l’ostia mi sonoemozionata: avevo un po’ di paura. Ma poi miè piaciuto e non vedevo l’ora di riceverla an-cora. Sara Quando dovevo ricevere la comunione erotranquillo e molto felice. Questo momento mientusiasmava, avevo solo paura di sbagliarequalche cosa. Mattia Io ho provato un’emozione indescrivibile,che non avevo mai sentito prima. Quasi, daimiei occhi, uscivano le lacrime. Temevo di sba-gliare. Giulia

Domenica DIECI maggio hanno ricevuto il Sacramento della Prima Comunione: Giancarlo Archieri,GiuliaAttingenti,Pietro Autorina, Giacomo Balderacchi, Elia Beghi, Bianca Diana, Carlo Braceschi, LorenzoBruzzi, Andrea Capellini, Anthony Carpanese, Alice Cassinelli, Chiara Castignoli, Francesco Chiesa,Fabio Cordani, Samuele Corradini, Kevin Costa, Virginia Ciceri, Federico Ferroni, Federico Filios,Michela Fiorentini, Elisa Gandolfi, Samuele Magini, Nicolò Marippi, Luca Mazzoni, Greta Molinaroli,Sara Ludovica Montanari, Thai Nguyen, Salvatore Nicastro, Marco Paraboschi, Emma Ponzanibbio,Clarissa Rapaccioli, Chiara Rosalini, Mattia Sartori, Matteo Signaroldi, Andrea Sirsi, Gianluca Sozzi,Federico Viani, Giorgia e Nicolò Badia hanno fatto il percorso per ricevere la Prima Comunione con icompagni, ma riceveranno il Sacramento a Roma con il fratello Tommaso.Catechisti: Jessica Cesura, Amelia e Matto Pellati

Qui va messafoto Cavannache però nonho.

Foto Cavanna

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Il giorno della CresimaPiù volte ci siamo chiesti o ci hanno chiesto che cosa ne sarà di questo gruppo, come sarà il prossi-mo anno. Nessuno conosce la risposta, forse solo questi ragazzi lo sanno. A noi resta solo la possi-bilità di avere delle aspettative e fare delle previsioni. Invece di preoccuparmi per il futuro, preferiscoricordare i momenti passati con loro, come i venerdì pomeriggio a catechismo, le camminate a Spettine,le celebrazioni, le feste, le difficoltà superate insieme, tutte occasioni che ci hanno avvicinato, in cui siè creata una certa complicità. Sicuramente posso dire di aver imparato molto da questo percorso…hocapito ancora di più quanto sia importante l’altro e ho riscoperto l’intimità dell’amicizia da un altropunto di vista. In modi diversi anche loro hanno riflettuto sulle loro relazioni personali grazie alle letteree a quelle “parole non dette” che hanno scritto ai genitori e che come un dono hanno consegnato loroil giorno della Cresima.

Anche se non conoscia-mo come continuerà ilcammino di questo grup-po il prossimo anno, cre-do che ci basti aver avutol’opportunità di essercistati a modo nostro,come siamo capaci, diaver scoperto tanto e an-che di aver lasciato qual-cosa, un segno o unatraccia nella loro vita.

Foto Maggi Stefano

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Festival della Teologia

“....Si vuole dimostrare la dimensione positiva, consolante e gratificante che tramuta l’espe-rienza del nostro vivere in esperienze di Dio. Dio può essere sperimentato nelle esperienzequotidiane della vita:Nelle sofferenze che un giovane subisce in carcere, nel coraggio di unuomo che si trascende nella speranza, nell’ angoscia tenebrosa che ci rende deboli e indifesi,e infine in quegli istanti in cui ci dimentichiamo totalmente e ci confondiamo con il misteroche avvolge ogni cosa. Qualsiasi esperienza del vivere e del morire può diventare esperien-za di Dio: ci si deve soltanto aprire e scoprire il mistero del Dio in noi e di noi in Dio. Mapossono realmente tutte le esperienze tramutarsi in esperienze di Dio? Certo, perché Dio siè fatto uomo. Egli ha preso su di sé la nostra felicità, la nostra sofferenza, la nostra colpa e lanostra morte, e le ha trasformate in esperienze proprie. Dio ci sperimenta interamente etotalmente in ogni istante, e proprio per questo anche noi possiamo sperimentarlo in ogniistante ed avvertirne la vicinanza inaudita. Le esperienze di Dio non sono delle eccezioni. «Inlui viviamo, ci muoviamo e siamo», che ce ne rendiamo conto o no.Il concetto di esperienza presenta ovviamente anche un’altra accezione. Essa trascende lapercezione sensibile dell’equivalente. S’attiene alla speranza. Soltanto chi si mette in viag-gio fa delle esperienze. Chi resta nell’ambiente, lo vive ma non l’osserva in profondità, per-ché tutte le esperienze si ripetono. Per questo individuo la vita è diventata un rituale. Così ilconcetto originale di ‘esperienza’ (Er-fahrung) presenta una certa analogia con il ‘viaggiare’(Fahren), l’uscire verso una nuova vita. Noi però approdiamo a nuove sponde soltanto seabbiamo la speranza di conoscere qualcosa di nuovo e di grande. Ogni speranza vitale è pernoi un invito ad uscire verso un nuovo futuro, e la speranza in Dio trasforma la nostra vitaintera in un viaggio, in una grande avventura. Con la speranza in Dio il nostro intero vivere eil nostro intero morire diventano esperienza. La speranza non nasce mai dall’esperienza,eppure si possono fare delle esperienze soltanto nella misura in cui si osa sperare. Noi im-pariamo forse qualcosa dalla storia, ma viviamo continuamente di futuro.La sequenza delle tematiche: vita - speranza angoscia - mistica indica la direzione del viag-gio e la meta delle esperienze che ci portano a Dio.” Jürgen Moltmann

Fedele alla formula con cui ha esordito lo scorso anno, garantendone il buon livello sul pianodei contenuti e un successo inatteso su quello del confronto pubblico, la rassegna teologicapiacentina è giunta quest’anno alla seconda edizione affiancando nomi della teologia interna-

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zionale a filosofi non credenti, esponenti delpanorama culturale e artisti, riunendoli intornoal “problema comune” di Dio e del sacro. Iltema della seconda edizione, in programmadal 22 al 24 maggio, è stato “La Parola, leparole. Preghiera ed esperienze di Dio”,per analizzare un’esperienza legata alla vitadell’uomo che mette a nudo la sua ricerca diDio e di un significato per la vita. “L’iniziativa –ha detto Enrico Garlaschelli presidente dell’As-sociazione Teologica di Piacenza - è natacome sfida: riportare la teologia nel suo postod’origine, le piazze. Il filo conduttore di quest’an-no è proprio la proposizione della teologiacome sguardo sull’uomo, quindi, non comemateria d’elite. Ponendosi come obiettivoquello di suscitare domande e spunti di rifles-sione, il festival propone una riflessione sullapreghiera e sul ruolo che essa ricopre nella vitadell’uomo” .

Il contributo di chi ha partecipato:“Il bello implica sempre una rinuncia […] belloè ciò che desideriamo, senza mai poter pos-sedere […] del bello temiamo l’assenza, cisfugge”. Ancora una volta una voce, di assolu-ta autorevolezza, come quella del teologoElmar Salmann, arriva a riportarmi alla consa-pevolezza di una realtà che mi incuriosisce emi coinvolge. Anche il tono e la musicalità del-le sue parole catturano immediatamente la miaattenzione. Continua Salmann: “l’assenza è ilmotivo centrale, sfuggente e conturbante del-l’arte e della religione […] l’essenziale non simostra, men che meno si di-mostra, non si favedere, può solo rivelarsi”.A dimostrazione di ciò, Salmann porta l’incre-dibile esperienza dell’ingresso in una chiesaromanica: “è uno spazio vuoto, un’aperturaavvolgente, dove si respira una trascendenza,senza che essa venga rappresentata”.Il riferimento all’esperienza di Cristo diventaquindi illuminante: “quando il Dio cristiano sirivela, appare paradossalmente insignifican-te nei Suoi modi e nella Sua persona […] Lecose essenziali infatti, non si mostrano-dico-no-sentono, si annunciano”.Il teologo riflette su come la risurrezione di Cri-sto non sia mai stata raffigurata, ma “solo” an-

nunciata, di fronte al sepolcro vuoto.“Chi di voi è senza peccato”… totalmenteesposto all’incertezza, senza tono di condan-na, ma sorridente e quasi titubante, Cristo an-cora una volta si piega, si ritrae, lasciandospazio all’altro, permettendo all’altro di con-frontarsi con le Sue parole.In questo troviamo “l’essenzialità dell’assenzadivina, punto debole di ogni sistema, che fascoppiare le nostre intenzioni, ideologie,moralismi”. Quasi al termine dell’intervento delteologo, non nascondo un certo disagio, do-vuto certamente alla personalità che ho di fron-te, ma soprattutto alla consapevolezza dell’im-possibilità di cogliere il bello nella sua totalità. La conclusione di Salmann è stata in questosenso assolutamente liberante e carica di spe-ranza: “la natura divina è intoccabile […] è qual-cosa che fluttua e poi sparisce, è una sensa-zione che raggiunge per un attimo la nostramemoria ed immediatamente se ne va […] eraforse la presenza innominabile di Dio”.Durante la seconda parte della serata, il filo-sofo Cacciari sposta l’attenzione verso lo spa-zio estetico, ponendo una distanza tra “inten-zione argomentativa, che consiste nel giunge-re ad un significato” e rappresentazione arti-stica, “che non vuole giungere ad un significa-to […] L’artista si dà, si espone, ma non si de-termina”.Continua il filosofo: “il bello non può essere si-gnificato. L’esperienza artistica stessa ecce-de ciò che può essere per noi significabile,rendendo il sublime un’idea, che può esseresolo pensata e mai rappresentata”.In questo senso, “l’arte che può essere capitacon gli occhi della mente cessa di essere arte”.

Non essendo competente e trovandomi di fron-te a due personalità, come Salmann eCacciari, non mi è permessa una critica inmerito ai loro interventi, ma sono convinta cheognuno di noi viva e percepisca l’altro parten-do da sé e dalla propria esperienza.È quindi innegabile come Elmar Salmann, at-traverso l’immediatezza e il fascino del suopensiero, abbia saputo coinvolgermi profon-damente e infondere in me il desiderio di in-contrare nuovamente le sue parole.

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Battesimi la notte di PasquaMattia e FlavioLovatiLe vostre cure riempionole giornate,il vostro sorriso riempie ilcuore,i vostri abbracci riempionol’anima,essere genitori riempie lavita.E voi?Volete essere ricolmatid’amore.Grazie nonna Adriana,

Michela

Nella foto: Mattia e Flavio con il fratellino Samuele e la cuginetta Isabel.

Nastjia Zavaroni

La notte di Pasqua è stata per me una notte speciale perché sono stata battezzata e ho ricevuto laPrima Comunione. È stata un’emozione forte avvicinarmi al Fonte battesimale e ricevere il Sacra-mento del Battesimo. Mi sono sentita parte della comunità cristiana di Ponte dell’Olio che mi ha ac-colta con affetto. Il mio percorso di preparazione è durato un anno; guidata da Don Gino, accompa-gnata dai miei catechisti Marcello, Loredana e Claudia, sostenuta dai miei genitori e circondata daimiei amici di II media sono entrata piano piano nel Mistero e ora sono felice di poter incontrare il Si-gnore attraverso la Comunione tutte le domeniche e di condividere questa gioia con i miei amici etutta la comunità. Nastjia

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Opere artistiche di Ponte dell’Olio.La Chiesa di Castione (2,I)La storia della chiesa diCastione è strettamente con-nessa a quella del castello,di cui oggi è rimasta visibilesolo la torre. L’origine dell’in-sediamento si può far risali-re all’808, secondo quantoscrive Pier Maria Campi nel-la sua Historia Ecclesiasti-ca (1651) a proposito di unprivilegio di Carlo Magno alvescovo di Piacenza, in cuisi citano Veggiola,Castiglione e Fravezza; il ter-mine Castiglione, piccolo-grande castello, rimarrà finoal sec. XVI e poi diverrà sta-bilmente Castione. Il castello invece testimo-nia la signoria del luogo, prima dei Rizzoli dalX-XI secolo di origine longobarda (che diede-ro nome al paese di Rizzolo) e poi degliAnguissola, tra cui Bernardo nel 1414 ebbel’investitura del feudo di Montesanto eCastione, eretto in contea nel 1438; nel 1579Eleonora Anguissola lo portò in dote per ilmatrimonio con Muzio Benzoni, finchè nel 1649fu concesso dalla Camera Ducale ai Salvatico-Rizzoli, che lo tennero fino al 1866, quando iSalvatico ebbero un crollo finanziario catastro-

fico e dovettero vendere tutti i loro beni.Castione fu acquistato dai fratelli Giuseppe eGiacomo Silva di Gropparello, finchè la torrepassò nelle mani dei Balderacchi per giunge-re in dono alla parrocchia per volontà di Fran-cesca Balderacchi. Dalla disposizione dei fab-bricati esistenti, fondati sul perimetro dellospiazzo sopraelevato a pianta rettangolare etutti livellati alla stessa altezza del tetto comecorpo compatto e continuo, si può dire che nonera tanto un castello quanto un borgo fortifica-to posto sull’altura in mezzo alla valle delLogone (nei secc. XVI-XVII chiamato Ogone)

e protetto verso la strada diaccesso dalla torre difensivadi diverso orientamento perl’adattamento al suolo; dun-que le altre parti dell’anticocastello si trovano ancora in-serite nelle abitazioni che cir-condano la piazzetta e nellacasa canonica, le quali han-no ancora le mura esterneinaccessibili. Quello diCastione era il primo castel-lo della fascia collinare dopoquelli, sempre degliAnguissola, di S. Giorgio,Rizzolo, Torrano, Folignano e

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Riva lungo l’antica strada sulla destra del Nuree di Gariga, Podenzano, Grazzano, Vigolzonesulla sponda sinistra; era collegato a quello diMontesanto, posto in posizione di ottimoavvistamento nella valle del Nure. Il caratteri-stico torrione tuttora esistente fu consolidatonel 1957 a cura della Soprintendenza ai Mo-numenti dell’Emilia per una spesa di £450.000, dopo tre anni di invito alla parrocchiae al Comune di Ponte di intervenire, in quantoparti proprietaria e interessata; era infatti sta-to accertato il pericolo di “ crollo delle muratureterminali ... da attribuirsi ... alle probabili azio-ni di spinta della grossa orditura del tetto.”La chiesa di S. Giovanni Battista era l’anticooratorio all’interno del castello e in un docu-mento del 30 ottobre 1305 è citato come sot-toposto alla pieve di Torrano (L. Summer); nelsinodo del 1589 (essendo vescovo FilippoSega) è indicata la “parochialis sancti Joa.Baptiste de Castelliono”, mentre nel sinododel 1696 (essendo vescovo Giorgio Barni) èindicata come “parochialis s. Io. Baptiste &s.Antonini Castioni”, poichè aveva incorporatole funzioni dell’altra chiesa parrocchiale di S.Antonino, che sorgeva fuori dal castello ed eraposta presso l’incrocio tra la strada Castione-Ponte e la strada della Costa, che porta al Pa-lazzo (Salvatico); S. Antonino martire, con lostendardo piacentino, appare nell’affresco del-la controfacciata della chiesa aggiunta nel1923. La popolazione sparsa di Castione si èsempre aggirata sulle 700-800 unità e quindiera inevitabile che una delle due chiese distanti

meno di un chilometro perdesseforza. La chiesa di S. Antonino fudeclassata a oratorio dal vesco-vo Alessandro Pisani nel 1775,poi nel 1810 divenne la chiesa delvecchio cimitero per andaredefinitivamente in disuso dopola costruzione del nuovo cimiteronel 1870 da parte del Comune,pur essendo ancora attiva finoagli inizi del ‘900 la scuola annes-savi. Oggi il nome S. Antoninorimane solo nella parlata deglianziani residenti per indicare la

piana al crocevia presso cui si trovava.La chiesa di S. Giovanni Battista è orientataverso est, come tutte le chiese di fondazionemedioevale ed è posta proprio davanti all’ac-cesso all’antico centro fortificato, in fronte allastrada proveniente dall’abitato sottostanteColombara, così detto per l’allevamento deicolombi; é a navata unica con tre cappelle perlato comunicanti e fu oggetto di importanti la-vori artistici nella prima metà del sec. XVIII.Anche il campanile posto sul fianco sinistrodella chiesa fu sopraelevato di sei metri nel1718 per volontà del conte Pier FrancescoSalvatico, consolidato nel 1728 e riparato nel1751, essendo stato danneggiato dal fulmine.I Salvatico, che avevano preferito abitare nelpalazzo sulla costa con ampio spazio circo-stante e con articolazione funzionale degliambienti interni, riservarono sempre molte at-tenzioni alla chiesa. Inoltre dal loro archivio, de-positato all’Archivio di Stato di Piacenza, emer-gono frequenti acquisti e scambi di terreni nel-l’area di Castione, la Valle, Caminata,Fravezza, Montesanto e Cassano, per ricucirein modo funzionale tutti i terreni coltivabili checostituivano il feudo.La facciata della chiesa di S. Giovanni Batti-sta di Castione, invece, con tutta la prima cam-pata fu aggiunta nel 1922 su progetto diCamillo Guidotti (che aveva restaurato il Duo-mo e il Palazzo Gotico di Piacenza), per vo-lontà del parroco don Osvaldo Po (1917-1952)e con l’intervento dell’impresa Micheli diPiacenza insieme al capomastro NataleGhittoni e l’artigiano Luigi Castelletti. La fac-

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ciata, secondo la logica del restauro diquegli anni, è nel cosiddetto stile goti-co italiano, che assume alcuni elemen-ti romanici (archetti dei due salienti,loggette cieche, protiro con timpano ecolonne, portale con cornici a torciglioni,rosone e finestre monofore), e che haun aspetto freddo per la schematicacomposizione, ma piacevole per il con-trasto con lo scenario naturale circo-stante; la facciata con i due pinnacolisovrasta il corpo della chiesa di oltrequattro metri.La casa parrocchiale, i cui ambientierano ancora quelli dell’antico castello,fu acquistata dal Comune di Ponte del-l’Olio con concorso del parroco donEmanueli e dell’Opera Parrocchiale(rog. not. Carlo Caneva del 4.12.1876)per rendere contigua alla chiesa la re-sidenza del parroco, che abitava nellacasa all’opposto del cortile, e per adi-bire il piano superiore a scuola comu-nale, con annesso alloggio per il mae-stro. (continua) Stefano Pronti

“Auguri mamma e papà, che questi 25 anni insiemesiano solo l’inizio.” Annalisa e Pierluigi

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Una bella celebrazione che completa il senso della Veglia Pa-squale: il Sacramento del Battesimo conferito a Vigolzone

Come ogni anno, anche quest’anno durante laVeglia Pasquale 2009 ho celebrato il sacra-mento del battesimo per alcuni bimbi dellanostra parrocchia: l’ho fatto volentieri perchéla Veglia Pasquale è il “luogo” più adatto perconferire questo sacramento.Il Battesimo é il primo passo della vita cristia-na è l’”immersione” nel mare dei meriti acqui-statici da Cristo con la sua morte e risurrezio-ne, é la decisione di “accogliere il suo dono “e di “ lasciarsi conquistare da Lui” per vivere etestimoniare nella Chiesa e con la Chiesa ilsuo messaggio come risposta alle domandedecisive dell’esistenza.Non mi nascondo però che é anche un bel pro-blema, perchè se da un lato c’é il dono di Dioé pur vero che questa decisione esige libertàe capacità di decidere .....e invece ......può unbambino nato da poco essere in grado di com-piere tale scelta? Ovviamente no.E allora come si giustifica la scelta di dare ilBattesimo ai bambini?Chi considera la storia una cosa da nulla ri-spetto alle sue convinzioni ha la risposta pron-ta: “Basta con il Battesimo ai bambini... tor-niamo all’antico quando soltanto gli adulti po-tevano chiederlo e ottenerlo”.E’ vero che talvolta al-cuni genitori chiedono ilbattesimo per i figli sen-za autentiche convinzio-ni di fede, ma perché siusa”, perché “cosa di-rebbe la gente se...”,

perché ”vuoi dare un dispiacere ai nonni”, per-ché “nostro figlio si troverebbe a disagio se....”Ma é vero anche che la storia non si cancellae quindi é impensabile azzerare la consuetu-dine secolare di battezzare i bambini “sullafede dei loro genitori e sul loro impegno dieducarli cristianamente” offrendo loro un“dono” una opportunità in più.....di cui global-mente si é contenti e poi però in fondo in fon-do almeno qui da noi una scintilla di fede c’éancora ( e “non bisogna spegnere il lucignolofumigante” come dice il Vangelo), anche se lasocietà si va sempre più secolarizzando e c’équasi un ritorno più o meno palese alpaganesimo. A me parroco ed agli altri preti con tutta lacomunità cristiana incombe senz’altro l’impe-gno di rimotivare il dono del battesimo dato aibambini infanti, poiché é bello e salutare ap-partenere a Cristo.La bellissima liturgia della Veglia Pasquale che, insieme alla Risurrezione di Cristo mettein risalto la gioia e la fortuna di rinascere inLui, é un gioiello da riscoprire in tutta la suaintegrità.

Don Cesare

Battesimo per VILLASEBASTIANO e perSERRA LORENZO

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Una giornata indimenticabileSabato, 13 giugno, noi ragazzi di classequinta di Pontedell’olio, per concludere inbellezza i cinque anni di scuola elementa-re, abbiamo organizzato una gita al parco“SIGURTA”’ in provincia di Verona.Siamo partiti verso le ore 8,30, con i nostrigenitori ed alcuni insegnanti, all’insegna di unagiornata afosa.Abbiamo occupato due pullman. Il viaggio diandata è stato piacevole e divertente.Verso le ore 11.00 siamo arrivati a destinazio-ne. Il parco era affollato e si è presentata ainostri occhi, un’estensione gigantesca che,per percorrerla, abbiamo dovuto usare unmezzo di trasporto (un trenino elettrico...).

Durante il tragitto si sono potute osservareda vicino, molte specie di piante e alcuni ani-mali, immersi nel verde o nell’acqua deilaghetti, cosparsi di ninfee.Scesi dal trenino, ognuno di noi ha occupa-to uno spazio d’ombra per consumare il pran-zo al sacco.Ci siamo, inoltre, ritagliati momenti di svagoin tutta libertà. Il tempo è trascorso in fretta edè giunta l’ora del ritorno. La gita, immersa nelverde, è stato davvero piacevole perché sia-mo stati in compagnia anche della nostra in-segnante dello scorso anno.Ly anh, Greta, Ginevra, Riccardo, Davide, Giulio,Francesco.

Arti marziali in piazza a PonteNella piazza 1° Maggio di Pontedellolio si è svoltala nona edizione della “Sfida”, seconda tappa del2009 (la prima si è tenuta a San Nicolò). Lamanifestazione è stata come sempre orga-nizzata dalla società sportiva Another Way, diret-ta dal maestro Davide Bottini, 7° dan Fikb-Wakoe come tutte le altre, fa parte del “Progetto A-res”,patrocinato dalla Provincia e dal Comune diPiacenza. A collaborare con il maestro, il Comu-ne di Pontedellolio, l’insegnante di karate ClaudioManfredi presidente del Karate Pontedellolio, il ma-estro Àndrea Bonadè, allievo di Bottini. I combat-

timenti di Kick-boxing si sono intervallati a e-sibizioni di varie arti marziali. I risultati della kickboxing. Categoria Esordienti: 1° a pari meritoDaniele Cavanna e Nicola Amaro; 2° SimoneCavanna; categoria donne 50-55 kg: l° ValentinaBassi; categoria donne 55-60 kg: l° AliceMalaspina; categoria donne oltre 60 kg: 1° GiuliaTodeschini; open donne: la CamillaMancini, 2°

Giulia Todeschini, 3a Alice ce Malaspina, 4a

SaraManini. Seniores open: 1° RiccardoMalchiodl, 2° Risto Organziev. Nicola Amaro mi-glior tecnico della manifestazione di Idck boxing.

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Avis Ponte: resoconti e programmi per il 2009Quest’anno, alla sede dell’Avis Comunale di Pontedell’Olio, si sono svolte le elezioni per determina-re i facenti parte del Consiglio Direttivo, il quale siè ampliato a undici consiglieri, vedendo nei proprimembri sia consiglieri del passato mandato sianuovi: il presidente è per il suo quarto mandatoMontanari Gabriele, il vicepresidente Sala Ange-lo, il cassiere Rebecchi Giuseppe, in ruolo di se-gretaria Sbalbi Lara e Migliorini Cristina, il respon-sabile provinciale giovani Stomboli Giancarlo, ireferenti comunali giovani sono Albertazzi Clau-dia e Anselmi Alex, mentre gli altri consiglieri sonoAntenucci Giulio Alessandro, Milza Giuseppe,Valdiserra Simone. L’Associazione Volontari Ita-liani Sangue che opera dagli anni del fascismo,anche se riconosciuta solamente da cinquant’an-ni, continua ad essere presente in ambito Provin-ciale, I’ Avis comunale dì Ponte dell’Olio si puòvantare di una crescita dalle 182 donazioni an-nue del 2005 alle 226 del 2008, portandosi così alterzo posto tra le Comunali di Piacenza a livellodi aumento di donazioni e perciò di influsso sugliabitanti. Per arrivare a tali risultati l’Associazioneha operato dando alla propria causa maggiore vi-sibilità, si possono citare le collaborazioni del 2008con il Comune di Ponte dell’Olio, durante la Festadella Pancetta e i Sapori del Borgo; inoltre è statapresente anche alle fiere di Primavera e S. Roccoe ai mercatini dì Natale portando così più infor-

mazione agli abitanti del posto e a chi ha assistitoeventi. Per il 2009 il programma delle collabora-zioni è fitto e di spessore, infatti l’associazione sioccuperà della premiazione al termine di un tor-neo sportivo organizzato dai Tennis Ponte, e piùavanti organizzerà dei convegni sulle donazionidel sangue rivolto soprattutto alle comunitàextracomunitarie in modo da toccare anche que-sta parte di popolazione cercando di diffondereun valore umanitario e ampliare l’integrazione dichi ancora o non conosce l’Avis stessa, oppurenon è informato sulle donazioni di sangue e pla-sma. Quest’anno c’è già stata una presenza sul-la fiera di Primavera, nella quale i volontari che sene sono occupati hanno sia pubblicizzato l’operadell’Avis tentando di avvicinare aspiranti donatori,sìa cercato fondi tramite il cinque per mille in mododa sostenere la causa, così cercando un appog-gio anche solo indiretto dei cittadini in quel gestod’amore e di umanità che persiste da anni toc-cando sempre più persone, giovani o meno, tro-vando nell’anonimato e nel volontariato una conti-nuità e uno sviluppo che ci si può augurare perl’avvenire, in nome di una società in cui il concet-to del dono sia un ideale sano e disinteressato.

Per eventuali informazioni è possibile rivolgersi aMontanari Gabriele tel. 339 3970461.

Celebrato il 25 AprileSabato 25 aprile la Comunità pontollieseha festeggiato la giornata della Liberazio-ne nel parco di Villa Rossi, sede comu-nale. Dopo una breve allocuzione del sin-daco dott. Roberto Spinola i ragazzi delleScuole Medie hanno illustrato le vicendeche si sono succedute nel corso della sto-ria ricordando gli episodi salienti sia del-la II Guerra Mondiale sia del periodo cheva dall’8 settembre 1943 al 25 aprile1945. La popolazione presente ha gradi-to la bella iniziativa di riprendere la com-memorazione, dopo diversi anni di assen-za, attraverso anche la testimonianza dialcuni ex partigiani locali.

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Sabato 25 e domenica 26 aprile si è svolta nel salone dell’oratorio di Villò una mostra deiquadri di Enrico Pasquali, parrocchiano di Villò. Il ricavato è stato destinato da Enricoalla parrocchia di Villò e all’asilo di Vigolzone.

Villò: attività benefica

Nove e trenta di sabato mattina 25 aprile. Laprovinciale praticamente deserta. Non è unponte vero e proprio ma è sempre festa. Nelprato davanti alla chiesa una sola auto par-cheggiata. Dalla portiera aperta una voce:“Siamo solo noi tre! Non viene nessuno”. Unmomento di imbarazzo, non si sa cosa dire.Poi le solite frasi di rito: è ancora presto, lagente dorme ancora, verranno soprattutto ver-so sera, domani dopo la messa ci sarà un sac-co di gente….. Passa una bell’ora e mezza madi gente niente. Speriamo che la preoccupa-zione espressa da Enrico quando ancora eraseduto in auto non diventi realtà. Questo è sta-to l’inizio della mostra di quadri di Enrico Pa-squali nell’oratorio di Villò. Poi, prima di pran-zo, un primo chiaro segnale. Poche persone,ma competenti, visitano la mostra e acquista-no diversi lavori. Torna un po’ l’appetito che eracalato. Ma dal pomeriggio in poi i dubbi sonostati tutti fugati e la mostra di Enrico è stata unsuccesso. Sia il sabato pomeriggio che la do-menica, durante tutto il giorno, tanta gente èpassata a visitare la mostra e tanta gente haacquistato quadri e così sostenuto l’attivitàdella parrocchia di Villò e dell’asilo diVigolzone. Molti quadri venduti e tanti visitato-ri, ma due cose su tutte ci sono piaciute molto:la gioia di Enrico e la memoria dei luoghi.Cominciamo dalla memoria. Molti si sono ri-

trovati nell’oratorio davanti ai quadri che rap-presentavano scorci dei nostri luoghi: una rivadel Nure, un angolo di bosco, uno scorcio del-la collina e poi il mulino, la stalla, l’aia. Ma sisa che i luoghi svegliano la memoria e la me-moria le parole. E così lo spazio della mostraè diventato un diario dei ricordi, dove ognunoaveva qualcosa da ricordare e, quindi, da rac-contare. E i racconti si sovrapponevano, sicompletavano, ci contraddicevano, ma nonimporta, così è la memoria, non un archivio,ma uno sgabuzzino disordinato dove, però, tro-vi tutto. E poi la gioia di Enrico. Novantaquattroanni, dritto ed elegante come al solito, lentonei movimenti, un po’ per l’età ma soprattuttoper lo stile, ha risposto a tutti, ha parlato contutti, ha ricevuto i complimenti, ha cercato dispiegare certi lavori, ha ringraziato e si è com-mosso. Gli occhi lucidi che dicono una gioiaun po’ insperata. Ma ormai era chiaro che ave-va fatto bene a proporci la mostra dei suoiquadri.E così, la comunità parrocchiale di Villò, si ri-trova a ringraziare. Prima di tutto Enrico per lasua passione, la sua disponibilità e la sua ge-nerosità; Armando, Ludovico e Camillo chehanno aiutato ad allestire la mostra; poi tuttele persone che hanno acquistato i quadri, so-stenendo così la parrocchia e l’asilo; e infinetutte le persone che hanno visitato la mostra,

per le chiacchiere, peri ricordi, per i racconti,per essersi ritrovatisolo per passare un po’di tempo insieme.

La comunità parroc-chiale di Villò

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Artisti veri si nasceC è chi si crede un’artista e lo grida ai quattro venti; c’è chi ama talmente la natura da volerfermare qualche istante magico che probabilmente non si ripeterà mai più. C’è chi è convinto diconoscere i sentimenti di tutti; c’è chi, invece, più umilmente, cerca di “imprigionare” in una telaun’ emozione per comunicarla a chi la vuole condividere con lui.C’è chi guida senza nemmeno rendersi conto dei paesaggi meravigliosi che lo circondano; c’èchi,invece, ha una passione e colpito da un ispirazione ferma la propria auto ed utilizza tutto ciòche ha al momento a disposizione per immortalare uno spettacolo. C’è chi in vecchiaia cercadi guadagnare sulla propria passione o sul proprio talento e di mettere quindi a frutto anni di“produzioni”; c’è chi, invece, per condividere le proprie emozioni, la propria passione e la pro-pria vita organizza una mostra, ma non per guadagno, o per considerazione, ma per devolveretutto l’incasso della vendita a favore di una piccola parrocchia di campagna e di un’altrettantopiccola scuola materna, felice soltanto del fatto che ogni persona che ha acquistato un suoquadro ogni volta che lo guarderà proverà la stessa sua emozione. Questo è ciò che è accadu-to sabato 25 e Domenica 26 Aprile a Villò, e l’artista, perché è di un uomo d’arte che si staparlando, di una persona semplice ha reso tutti partecipi della sua arte e noi della Scuola del-l’Infanzia di Vigolzone, insegnanti, Suore e bambini siamo a lui grati, non solo per la partedell’incasso a noi devoluto ma per come lui è, una persona che ama la natura, non si vanta delsuo talento ed ancora ora si sorprende della bellezza di ciò che ci circonda.Questo è il Signor Enrico Pasquali di Villò e ribadiamo che siamo a lui grati per l’artista che èstato, è e sarà.Grazie ancoraSara, Stefania, Teresa, Corinne, suor Luisella, suor Francesco e tutti i bambini.

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Balli e canti a scuola!!!Quest’anno i bambini della nostra scuola dell’infanzia si stanno avvicinando ai segreti di alcunimestieri; tra questi è stato analizzato l’affascinante mestiere del cantante e dei musicisti, me-stiere che per le sue caratteristiche ha da sempre affascinato bambini e non solo. Noi siamostati molto fortunati perché abbiamo trovato la disponibilità di due genitori pronti ad esporci illoro mestiere non comune: cantante, appunto, e musicista, infatti sono venuti a trovarci Silvia eAAanolo. Silvia con un bel microfono in mano assieme a Manolo ha spiegato i “segreti” del loromestiere a bambini che per la curiosità e la sorpresa sembravano quasi non aver domande,ma non hanno fatto tutto ciò solo a parole, infatti avevano con loro una bellissima fisarmonicacon la quale Manolo ha accompagnato la voce di Silvia e quella dei bambini che insiemehanno cantato alcune canzoni a loro note. Oltre che nel canto i nostri alunni si sono cimentatianche nel ballo, visto che il bell’incontro si è concluso con alcuni balli sulle note di canzoni cheSilvia e Manolo portano in giro per l’Italia. Insomma è stata proprio una mattinata divertente e

speciale. Gra-zie ancora ainostri artistiche sono , citeniamo a dir-lo, in primo luo-go una mam-ma ed un papadella nostrascuola.

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La Pubblicain AbruzzoDa anni, la Pubblica Valnure, con ilgruppo di Protezione Civile, si prestaper portare aiuto alla popolazione col-pita da calamità o incidenti di ogni ge-nere. Anche in occasione del terribileterremoto che il 6 aprile,ì ha colpito l’Abruzzo inostri Volontari hanno prestato la loro opera.Dopo poche ore dall’evento, eravamo già sta-ti allertati e, immediatamente dopo la parten-za delle strutture mobili della Colonna Regio-nale, di cui noi facciamo parte, è arrivato an-che a noi il codice rosso che ci autorizzava adintervenire. Come in ogni occasione passata,la disponibilità dei nostri Volontari è stata im-mediata, infatti, ad oggi, sono partiti 23 deinostri Volontari con ambulanze di primo soc-corso e dopo un estenuante viaggio in colon-na mobile con le altre Associazioni della Re-gione Emilia Romagna, sono stati destinati alcampo base di Villa S. Angelo e piazza d’ar-mi dell’Aquila, con servizi da effettuare anchenei paesi limitrofi. I compiti principali dei Vo-lontari sono stati quelli di autisti e soccorritori,esattamente come succede durante i normaliturni in Pubblica, ma i turni si sono svolti in 12/24 e talvolta 36 ore. Oltre i normali servizi sa-nitari, spesso i nostri Volontari si sono resi di-sponibili per svolgere i compiti più disparatiquali la pulizia dei tavoli e delle panche nel ten-done adibito a refettorio e luogo di incontro co-mune, pulizia dei bagni, docce e servizi igieni-ci, gestione della cucina, lavori di manutenzio-ne, trasporto materiale sanitario, trasportopersonale, animazione ecc.. I Volontari chesono tornati dai vari Campo base, hanno rife-

rito di aver lavorato con grande fatica, ma diaver riportato enormi soddisfazioni a livellomorale, umano, emozionale. Raccontano del-la grande solidarietà tra i Volontari di ognigruppo e regione, della perfetta unione dellesinergie per essere di aiuto nel miglior modopossibile. Raccontano delle esperienze vis-sute a contatto con quelle persone che, purnella disperazione, si impegnano al massimoper trovare la forza di ricominciare subito perchi è rimasto e per chi non ce l’ha fatta. Rac-contano delle lacrime asciugate, delle risateprovocate, delle parole ascoltate e regalate,dei lunghi abbracci dati e ricevuti da loro chesono stati soprannominati dalla gente “ i nostriangeli “. Raccontano delle macerie che si ve-dono e che feriscono gli occhi e il cuore e del-la polvere che si respira in Abruzzo e della fa-tica di ripartire, di lasciare tutto in quella terradevastata, con il sollievo di aver dato un aiuto,ma con la consapevolezza di lasciare tanto dafare ancora. Tutti i Volontari del nostro gruppohanno pensato di tornare là non appena pos-sibile, e dicono di aver vissuto un’esperienzaunica e irripetibile. Dalla sede, nel frattempo,abbiamo cercato di cooperare per portare ilmaggior aiuto possibile, con spedizione di ma-teriale che è stato permesso grazie al prezio-so aiuto di tutta la cittadinanza, delle varieAziende e, in modo particolare, di AlbasiAutotrasporti e degli alunni delle scuole. Tan-te ancora saranno le partenze dei nostri Vo-lontari per l’Abruzzo e altrettanti ancora saran-no i racconti e le esperienze ma la speranzapiù grande è quella espressa da uno di noi chegià si è prestato: “con il lavoro costante riusci-re a prendere per mano tutta la popolazioneabruzzese e ricondurla alla normalità della vitaquotidiana “… che anche se nulla sarà mai piùcome prima, il domani può solo essere miglio-re di così. Giorgio Villa

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Spazio aperto Pagine di opinioni, propostee commenti dei lettori e dei redattori

Contrappunti• Da circa due anni Mons. Gianni Ambrosio

è il vescovo della nostra diocesi. Due anni sonopochi perché la linea pastorale di un vescovopossa incidere sensibilmente sulla comunitàecclesiale alla cui guida è stato posto.

Ecco perché faccio fatica a capire le ragioni chestanno alla base della decisione di attribuirglil’”Antonino d’oro”, un riconoscimento che so-litamente tocca a persone che, con la loroazione e la loro vita, hanno, nel tempo signifi-cativamente contribuito alla crescita della co-munità. A dire il vero riesco solo a ricondurreuna simile decisione alla rubrica “piaggeriapelosa” e credo anche che il destinatario del“premio” avrebbe dato una migliore testimo-nianza di sé e del proprio ruolo se avessi ri-sposto: ”Grazie, ma per ora non è il caso”.

• Ho appena visto in dvd il film “Le vite deglialtri” una storia ambientata negli anni ’70 nellaGermania Est governata, allora, da un regimecomunista, repressivo verso ogni dissenso eossessionato da possibili (quanto improbabi-li) complotti eversivi. Fu una stagione in cuicentinaia di migliaia di cittadini spiavano i pro-pri vicini, i propri familiari, per conto della STASI(la polizia segreta) e raccontare una barzel-letta su Honecker (il segretario di partito) po-teva costare la prigione.

Il film (premio Oscar come miglior film stranie-ro nel 2007) è davvero notevole e se vi capite-rà l’occasione cercate di non perderlo.

Spengo il lettore e sfoglio un giornale. Ecco cosatrovo: medici e autorità scolastiche dovrebbe-ro denunciare gli stranieri “clandestini” che chie-dono di farsi curare o di istruirsi; un ministroche definisce un quotidiano d’opposizione “unpericolo per la democrazia”. Ma sono in Italianel 2009 o nella Germania Est del 1974?

• Non passa giorno che su “Libertà” nonappaia la fotografia di qualche volontario re-duce dall’aver prestato la sua opera nelle zoneterremotate dell’Abruzzo: non le sopporto pro-prio, potrebbero aver tutte le stessa didascalia:“guardate come sono bravo e generoso”.

Per me, invece, vale sempre la regola: “quandofai l’elemosina” (nel senso di donare qualco-sa di tuo) “non suonare la tromba davanti a te,come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nellestrade, per essere onorati dagli uomini”(Matteo 6,2).

• Dal libro “FAQ Italia”, di Francesco Merlo(Ed. Bompiani): “perché in Italia si pratica cosìtanto il funerale di popolo ? In realtà è robamessicana, sudamericana, controriformista… il punto è che l’Italia, che forse non ha po-polo, è maestra nei funerali di popolo. L’Italia,che forse non ha Stato si esibisce in magnificifunerali di Stato … . Il dolore non è austero madeclamatorio. La strategia è vampiresca: an-nettersi il morto”.

Leggendo queste righe, chi o cosa vi viene inmente?

• L’art. 10, comma 2, della nostra Costitu-zione recita: “La condizione giuridica dello stra-niero è regolata dalla legge in conformità dellenorme e dei trattati internazionali”.

Posto questo principio costituzionale, va dettoche l’Italia ha aderito alla Convenzione Onusul diritto d’asilo per i rifugiati e quindi - se lalegge non è un’opinione da bar, o un’opzioneda utilizzare solo se ci fa comodo - per ognipersona e sottolineo persona, straniera chesi presenta ai nostri confini e che chiede levenga riconosciuto lo status di rifugiato politi-co abbiamo il dovere di accertare se questapersona sta sfuggendo da guerre o persecu-zioni, in ragione della sua razza, religione, na-zionalità, opinione politica o appartenenza adgruppo sociale ed abbia o meno il diritto adottenere ospitalità.

Grazie agli accordi recentemente stipulati tra Ita-lia e Libia (nazione che, è bene saperlo – per-ché la televisione non ce lo dice di sicuro –non ha ratificato la Convenzione sui rifugiati enon ha alcuna legislazione in materia d’asilo,insomma un interlocutore davvero affidabile,su questo argomento) le persone che dallacosta africana vorrebbero entrare nel nostropaese – semplici migranti o possibili rifugiatipolitici – saranno semplicemente “scaricati”alla Libia e non saremo così costretti a vederele loro facce e non saremo nemmeno tentatidi interrogarci sulla loro storia e la loro sorte.

E la domenica potremo andare in chiesa a rin-graziare Dio di averci fatti bianchi, ben nutriti,eccetera, eccetera.

gianmarco ratti

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Ponte in Cammino - ricerca su luoghi, strade e vie di interesse storico-

a cura di Giovanni Pilla e Chiara Ratti

Via Giovanni RossiLa recente inaugurazione del busto marmoreo dedicato a Giovanni Rossi, realizzato dallo scul-tore Paolo Perotti e ubicato in Piazza Fornaci ci offre lo spunto per dedicare questo numero diPonte in Cammino alla via a lui dedicata, breve arteria stradale che collega Via Vittorio Venetoalla Circonvallazione. E se è vero, come dice Guareschi, che “se l’avvenire dell’albero e il suoprogredire verso l’alto sono sopra la terra, le radici sono sotto la terra, e ciò significa che l’avve-nire è alimentato dal passato” l’auspicio degli autori è che questo approfondimento sulla figuradel signor Giovanni Rossi, uno dei più importanti personaggi del nostro paese, possa esserefonte di ispirazione per le nuove generazioni.

Giovanni Rossi nasce il 27 dicembre 1882 a Villò,è il secondogenito di Emilio Rossi e della suaprima moglie appartenente alla famiglia Pelizzaridi Villò; il primogenito, Severino, nato nel 1881 eprematuramente scomparso in un incidente stra-dale, dopo aver conseguito la laurea in Ingegne-ria presso il Politecnico di Torino, diventò un diri-gente della FIAT.Neo diplomato alla scuola capomastri di Piacenza,Giovanni Rossi entra nell’azienda del padre Emi-lio, capomastro, titolare di un’impresa di costru-zioni che, verso il 1890 aveva ricevuto l’incaricodalla società “Fornace Calce di Valnure di Vincen-zo Ghizzoni e soci” di costruire a Ponte dell’Oliouna fornace per la produzione della calce viva. Sinarra che appena sedicenne Giovanni si recassein bicicletta a vendere i prodotti della fornace neipaesi e nelle città vicine, abitudine che mantieneanche durante il Novecento come per esempio

quando, settimanalmente, si reca con l’autista aCremona nel giorno del mercato.La materia prodotta dalla “Calce Val Nure” avevaavuto buona accoglienza sul mercato e GiovanniRossi, divenuto nel frattempo titolare dell’aziendapaterna oltre che socio e direttore della fornace,decide di costruire un secondo impianto e ne affi-da la direzione a Carlo Carenzi. Il garibaldino sirecò a tale scopo in carrozza a cavalli, in alta ValTrebbia, sino ad Ottone, al fine di acquisire infor-mazioni sulle tecniche affermate nella zona chevantava una lunga tradizione nel settore. Al ritor-no si decidono modifiche alla fornace esistente:le camere del fuoco scendono da quattro a tre evengono introdotte altre migliorie. La seconda for-nace, più piccola della prima, è alimentata da duecamere di fuoco ottenuto da legna, carbone elignite.

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L’insieme viene incorporato in una sola torreellittica in muratura munita di passaggi interni, se-guono altri potenziamenti impiantistici e a metàdegli anni Venti il complesso per la produzione dicalce viva in zolle raggiunge i dieci forni distribuitiin cinque fusti.Per tutto il periodo rimane intatto il forno costruitonel primo fusto per la cottura del pane destinatoai dipendenti. Nel frattempo l’attività si estende ailaterizi, fu Paolo Ughini a costruire la ciminieraper il forno Hoffman nella fornace dei laterizi,sopraelevata di 2 metri nel 1904 dietro suggeri-mento del capo degli operai Signor Livelli. Dellaprima e della terza fornace rimangono oggi solole pareti sottopiano, le aree furono demolite rispet-tivamente nel 1947 e nel 1952, le rimanenti treoggi dominano maestose il paesaggio pontolliesee ne sono divenute il simbolo. Tra il 1910 e il 1911Rossi convola a nozze con la Sig. ra Rosa Taino,figlia dell’Ing. Natale Taino e di Teresa Melloni, asua volta figlia del medico comunale di Ponte del-l’Olio.

L’ingegnere risiedeva a Riva ed era titolare del-l’impresa che costruì la linea di Tramvie a VaporePiacenza-Bettola nel 1880 e succesivamentecostruì Villa Rossi.Nel 1932 Rossi acquisisce il Cementificio di ViaCaorsana a Piacenza, potenziandone notevol-

mente le strutture e iniziando la collaborazionecon il nipote, ing. Aldo Aonzo. Dal 1937 vengo uti-lizzati i camion per il trasporto dei materiali pro-dotti, in seguito nel 1942 rileva la Cementeria diBorgo Taro e riesce a mantenere in funzione tuttigli impianti nonostante i gravi danni bellici, le rap-presaglie dei tedeschi e la sua lontananza per unabreve detenzione, garantendo l’occupazione allemaestranze e sollevandole dal reclutamento.Tra il 1945-1946, il nome della ditta si trasformain Cementirossi e per prima in Europa introduceil gas metano nei processi di combustione e nel1952, prima in Italia, effettua il trasporto di cemen-to sfuso.Giovanni Rossi riceve nel 1952 l’importante rico-noscimento delle insegne di Cavaliere del Lavo-ro.In questo numero non vogliamo però parlare solodella figura dell’imprenditore capace in pochi annidi dare vita a un’avventura che ha portato l’azien-da nata a Ponte dell’Olio a ricoprire ancora oggiun ruolo di primo piano nel mercato nazionale einternazionale, ma proviamo ad occuparci anchedel modo innovativo che questo illuminato indu-striale aveva di interpretare il suo ruolo agendonel tessuto sociale con innumerevoli iniziative.Nel periodo precedente la Prima Guerra Mondia-le il Signor Rossi è dapprima giovane sindaco diPonte dell’Olio e in seguito viene nominato consi-gliere provinciale nelle file del partito socialista.Le agitazioni sociali che hanno segnato gli annipostbellici dal 1918 al 1922 non hanno pregiudi-cato l’attività della sua impresa, avendo Rossi re-alizzato un’ottima armonia tra capitale, tecnica elavoro, ma con l’avvento del fascismo, essendodi radicata fede socialista, è costretto ad allonta-narsi e a rifugiarsi insieme ai signori Emilio Lavezzie Pols nel deposito di carbone delle Ferrovie del-lo Stato a Torino. Il signor Remo Soavi, studentedelle scuole medie, procura loro il cibo. Negli annisuccessivi si trasferisce a Milano dopo aver tem-poraneamente affidato la sua attività all’amico Ari-de Breviglieri titolare dell’ RDB. Nonostante il se-condo conflitto mondiale abbia messo a dura provala sua forte tempra il Signor Rossi partecipòfattivamente alla ricostruzione del paese nel do-poguerra; imprenditore attento alle istanze socia-le costruì le prime case per i dipendenti , tra cui“Cà del campo” nel parco di villa Rossi ove oraha sede l’ufficio Cup, “Cà di Ledar” e il“Casarmon” prima della II G. M. tra Via Ormellinae l’ex Area Sift, la casa di via vittorio veneto allafine della seconda guerra mondiale e nel 1954 idue condomini di Via Rossi, divenuti proprietà degli

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operai che vi abitavano, aprì inoltre spacci coo-perativi che praticavano prezzi agevolati, al ter-mine del conflitto contribuì ad acquistare i banchidelle scuole elementari ed il carbone per riscal-damento, aprì una scuola di disegno per i figli deilavoratori e chiese l’affitto simbolico di 1lira/annoalla Societò di Mutuo soccorso per la sede. Surichiesta dell’amico Ingegner Gramigna, presiden-te dell’ONMI, costruisce negli anni 54-55 l’asilod’infanzia di Via Vittorio Veneto e a un anno dallamorte avvenuta il 6 gennaio 1959 la figliaEmilia,nata il 25/12/1913, proseguendo nella lineatracciata dal padre, in qualità di Amministratoreunico della Cementirossi S.p.a. inaugura anche

la “Scuola Materna Giovanni Rossi”. Nel 1984l’Ing. Aonzo porterà a termine la costruzione delCentrosportivo Cementirossi e nel 2001 doneràalla comunità le fornaci, complesso di archeolo-gia industriale; da ultimo occorre ricordare la do-nazione di Villa Rossi, della fioriera, ex depositodella calce e del parco circostante a perenne ri-cordo e testimonianza di uno dei migliori esempidi illuminata imprenditorialità piacentina.Nel rispetto delle disposizioni testamentarie il si-gnor Rossi riposa insieme alla moglie Rosa ealla figlia Emilia nella prima sepoltura a sinistradel Cimitero di Ponte dell’Olio.

“…D’altra parte, non sono così iniquo da non credermi obbligatoa chi facendo il mio bene, fece anche il suo.

Non posso pretendere che provveda a me senza riguardo a se stesso;anzi desidero che la sua buona azione

rechi maggior frutto a lui che a me,purchè egli abbia avuto l’occhio a due, mentre cercava quel bene,

e il beneficio l’abbia diviso tra noi due”

- Lucio Anneo Seneca, De beneficiis, VI, 13 -

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Dalla Colombia a RivaFratelli nel nome di CristoMaria Adele Suarez, una esile signora, ma fortenel carattere e nel fisico, nativa della Colom-bia, dove ha vissuto parte della sua vita e dovesi è sposata, è da quasi vent’anni tra noi, ospitedella nostra Casa di Riposo a Riva.La abbiamo incontrata nella sua stanza al pri-mo piano, sul comodino diversi libri, simbolodella sua cultura e “mente allenata”, e tra lemani il libro recentemente scritto da don Gino,per lei manuale di meditazione giornaliera.Nata in Colombia, a Bocia nella parte orienta-le il 29 giugno 1929, Maria Adele, dopo lescuole, segue la numerosa famiglia (il papàconservatore cattolico) costretta a migrare permotivi religiosi.Si stabilisce a Caldas, in occidente insiemead un “esercito” di fratelli e sorelle (undici).Completa gli studi di ragioneria e poi tre annidi cultura generale. Il papà continua nello stu-dio della musica in forma autodidatta. Lo stes-so conosce ed entra in contatto con i padrifrancescani, diventa organista per le funzionireligiose e si dedica all’insegnamento delsolfeggio e chitarra classica negli Istituti Su-periori.La musica diventa, continua la signora, il no-stro sostentamento economico. Trascinati dallagrande passione del papà, precisa, anche ilfratello maggiore è diventato organista nellaparrocchia di S. Antonio. Anch’io, seguendo ilpapà e il fratello, cercavo di avere un ruolo at-tivo e con tanta buona volontà, cantavo sosti-tuendo il soprano o il contralto a seconda del-le assenze.A Caldas per le grandi feste si incontravanomusicisti di diversi Paesi e fra questi arrivavasempre anche un certo Colombo Gazzoni diCesena, mio futuro marito. Conosceva bene ilfrancese e a lui era affidato il compito di orga-nizzare, nella società bene, settimane culturaliprivate. Fra gli artisti anche mio fratello con ilpiano: io che cercavo di cantare e Colombosuonava il violino.Una persona colta e delicata. Ci siamo cono-sciuti, ci siamo sposati e siamo andati a vive-re a Santo Domingo perché in quella città, nel-

l’orchestra sinfonica, c’era un posto per violi-nista. Inoltre, precisa la signora, in Colombia ildollaro “valeva poco” mentre a Santo il cam-bio era “alto”. Era l’anno 1967.Dopo tre anni, continua Maria Adele, anche persoddisfare il desiderio e la volontà del maritoche continuava a pensare all’Italia, ci imbar-cammo con destinazione Milano.Il primo impatto, continua, fu scioccante, untraffico incredibile, non si poteva resistere. Fucosì che girovagando sul territorio, compram-mo casa nei dintorni di Como, sul lago, viciniad un bosco, in posizione stupenda. Rima-nemmo a Como per 22 anni, il periodo piùbello della nostra vita.Ho imparato a tagliare la legna, falciare l’er-ba, coltivare l’orto, zappare, una vita all’ariaaperta che ci soddisfava pienamente. Inoltre ilmarito continuava a suonare in parrocchia. Misono adattata alle “regole italiane” ed ho con-seguito a Como anche la patente di guida, aSanto Domingo si guidava senza.Purtroppo il tempo passa e con un nodo alla

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gola, dice, abbiamo cominciato a sentirci an-ziani, ogni giorno le forze ci mancavano.Nel 1990 sfogliando il giornalino del Conventodi clausura Pio X di Torino “Il Silenzio”, siamoandati alla ricerca di Conventi che possede-vano la foresteria.Fra questi, dice soddisfatta la signora, trovam-mo il Convento delle Benedettine di San BonoPontedell’Olio. Fu così che decidemmo perquesta località. In treno fino a Piacenza e poiin pulmann. Rimanemmo due mesi. Tornam-mo poi a Como, facendo ritorno a San Bonol’anno successivo.Non potendo rimanere stabilmente nellaforesteria per le loro regole interne, la supe-riora suor Colomba Guazzetti ci mise in con-

tatto con don Bruno Perotti, allora presidentedella Casa di Riposo. E così nel 1992 traslo-cammo per l’ultima volta: la prima camera delsecondo piano.Il tempo purtroppo ha accelerato anche i ma-lanni e nel 2000 Maria Adele rimase vedova.Colombo riposa nel vicino cimitero di Riva.Ora la signora, che ha conservato una straor-dinaria lucidità, partecipa alle iniziative dellaCasa, passa le sue giornate leggendo libri,giornali e riviste, è ministro dell’eucarestia eogni giorno aspetta che gli otto fratelli e sorel-le ancora in vita e residenti in Colombia gli co-munichino i fatti e la vita della sua famiglia.

Paolo Labati

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Aperta Campagna a PontedellolioTra i cimeli dei “Perinelli” un torchio Leonardesco

Conclusa all’Azienda AgricolaPerinelli sulla collina in sponda de-stra Nure, adiacente Riva diPontedellolio, il ciclo “Aperta cam-pagna”; l’iniziativa della Banca diPiacenza - quest’anno alla sestaedizione – ha offerto visite guidategratuite ad oltre 300 studenti dell’Isti-tuto tecnico Agrario Raineri-Marcora che hanno avuto l’opportu-nità di un percorso didattico all’in-terno di alcune importanti realtà im-prenditoriali piacentine con un risul-tato utile alla conoscenza del terri-torio agricolo, con alcune delle suevocazioni e specializzazioni. Attraverso “Cam-pagna Aperta” è stato infatti possibile realiz-zare l’approfondimento di temi quali l’agricol-tura sostenibile, le peculiarità del territorio, lastagionalità delle produzioni, le filiere produtti-ve, le tradizioni e la cultura contadina.Quest’anno gli studenti e i docenti, guidati daldottor Paolo Iacopini che, in nome dell’Asso-ciazione laureati in agraria, ha redatto e illu-strato le schede aziendali, hanno avuto l’op-portunità di conoscere la specializzazione el’organizzazione dei processi produttivi dellaazienda zootecnica Tampiano (Celleri), l’agri-turistico venatorio de “Il Pioppaio” di IsolaSerafini, e, venerdì, hanno concluso l’esperien-za didattica all’azienda “Perinelli”, impresavitivinicola immersa nel verde della collinapontollese.A “Perinelli”, studenti e autorità sono stati ac-colti dalla dottoressa Giorgia Squazzi, che dacirca quattro anni ha assunto con maestria iltimone aziendale.

Dopo la benedizione impartita dal parroco diPontedellolio don Renzo Corbelletta, si sonosoffermati sulle specificità della azienda e delterritorio, il sindaco di Pontedellolio RobertoSpinola e il presidente della Coldiretti LuigiBisi, accompagnato dal referente di zonaCamillo Tiramani. Presenti anche rappresen-

tanti della stazione dei Carabinieri diPontedell’Olio e la dottoressa Civardi dellaFacoltà di Agraria dell’Università Cattolica delSacro Cuore di Piacenza.A testimonianza della tradizione vitivinicolaaziendale - ma anche delle valli di Piacenza -nell’azienda Perinelli è possibile vedere l’anti-ca tinaia che contiene i tini di vinificazione del1800, una ghiacciaia ed un grande torchio del1500 a pianta unica, ancora perfettamenteconservato nella sua sede originaria che - pertipologia costruttiva e a detta di alcune fontitra tradizione e storia - potrebbe essere statodisegnato da Leonardo da Vinci.Per la Banca di Piacenza hanno accolto gliospiti il vice direttore Angelo Gardella, il dott.Tagliaferri Capo Servizio delle Comunicazionie Rapporti Esterni, i titolari delle filiali della me-dia Valnure e Valtrebbia, ed i rappresentantidell’ufficio Marketing che hanno manifestato lavolontà di riproporre l’iniziativa “Aperta Cam-pagna” anche per l’anno prossimo, orgogliosiche anche quest’anno si siano mantenute letradizionali azioni del loro Istituto di Credito,volte a divulgare e premiare l’intraprendenza,l’immagine ed i contenuti dell’agricolturapiacentina in tutte le sue componenti, nellaconsapevolezza che essa è, e deve restare,uno dei pilastri fondamentali dell’economiaprovinciale.

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La scheda aziendaleDenominazione “Azienda Agricola Perinelli”Indirizzo: località “I Perinelli” - Pontedellolio. Contatti: 0523 347/7683152; fax 0523/877185e-mail: [email protected]; sito web: http://www.perinelli.it.

Proprietà: L’azienda è stata acquistata nel 1985 da Rino Squazzi che ne ha fatto un’aziendamodello; da circa 4 anni nella conduzione del podere e della attività imprenditoriale è subentra-ta la nipote Giorgia.Superficie: 17 ettari di vigneto, impiantati ad alta densità. Il proficuo incontro con Paolo,Stefano e Massimo Perini e la collaborazione con l’Istituto di Vitivinicoltura dell’Università Cat-tolica di Piacenza ha coniugato l’intuizione all’esperienza, sapienza tecnica e capacità di inno-vazione: da questo connubio è nata una collaborazione che ha portato alla realizzazione di unvigneto ad alta densità (8000 piante ad ettaro) finalizzato alla produzione di qualità, con unascelta varietale dedicata alla tradizione piacentina (Barbera e Bonarda per Gutturnio, Malvasiae Ortrugo) e all’internazionalità (Chardonnay, Sauvignon, Semillon, Cabernet Sauvignon e PinotNero. I vigneti sono su suolo inerbito da vegetazione spontanea naturale tenuta controllata daoperazioni di sfalcio, effettuate con specifica attrezzatura.

L’Azienda partecipa al programma di lotta integrata con l’utilizzo controllato dei prodottifitosanitari nel vigneto, in modo da ottenere uve sane con il minimo impatto ambientale.

I vini dell’azienda hanno otte-nuto ripetuti importanti ricono-scimenti dalle guide nazionaliVeronelli, Luca Maroni,L’Espresso, Gambero Rossoe altre. L’Azienda AgricolaPerinelli partecipa alla mani-festazione Cantine Aperte (vi-sita, degustazioni e vendita).Vale sicuramente la pena difarne la meta di una visita: tro-verete un affascinante angolodi storia e una piacevole ac-coglienza.

Nelle foto di Oreste Grana:

- pagina precedente: il folto gruppo dei partecipantialla visita aziendale- A fianco: la titolare dell’azienda Perinelli, GiorgiaSguazzi, il sindaco Roberto Spinola, il presidentedella Coldiretti di Piacenza Luigi Bisi e dal rappre-sentante di zona Camillo Tiramani.-Sotto: una panoramica sui vigneti.

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Rubrica di cucinaa cura di Antonietta Spelta

Crostata di mandorle e albicoccheCrostata di mandorle e albicoccheCrostata di mandorle e albicoccheCrostata di mandorle e albicoccheCrostata di mandorle e albicoccheINGREDIENTI:

per la pasta frolla:gr.300 farinan.2 uova ( 1 tuorlo e uno intero)gr. 100 zucchero fine1 cucchiaino di lievitogr.150 burro1 pizzico di sale

per la farcia:gr.70 zuccherogr.30 burro1 albumegr.50 mandorlegr.400 circa di albicocche1 pizzico di vanillina

ESECUZIONE:Mettere la farina a fontana sulla spianatoia, al centro mettere il burro, lo zucchero, le uova e illievito; mescolare velocemente per non scaldare la pasta. Raccogliere in un panetto e metterein frigorifero.

Preparare nel frattempo la farcia:- montare leggermente l’albume,tritare finemente le mandorle;- mescolare 40 grammi di zucchero con il burro- aggiungere la vanillina, le mandorle e l’albume per legare il tutto.

Ungere la teglia con il burro e passarla con la farina;

Tirare con un mattarello il panetto di pasta frolladello spessore di mezzo centimetro circa, fode-rare la teglia tenendo il bordo rialzato di un paiodi centimetri.

Versare nel guscio la farcia di albume e mandor-le e sopra mettere le albicocche denocciolate etagliate a metà (con la parte tagliata verso il bas-so).

Cospargere con lo zucchero rimasto e metterein forno a 180 gradi circa per 40 minuti

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Malvarosa Giulia e Matteo

CariniVanessabattezzata il 3maggio 2009

I nostri bimbi

Mazza Federica

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Vide Pierluigin.14.09.1947 - m.26.04.2009

Lucca Maria ved. Zazzeran. 28.04.1919 - m.24.04.2009

Scagnelli Paolan.13.09.1923 - m.30.04.2009

Faleggi Lina v. Crosignanin.04.02.1924- m.23.04.2009

Galletti Pier Luigin. 21.04.1943 - m.04.05.2009

Ravazzola Giuseppen. 22.02.1934 - m.28.03.2009

Marchetti Giuseppen.19.03.1929- m.01.04.2009

Azzali Giuseppen.26.04.1922 - m.09.04.2009

Pianaro Giovannin. 01.06.1937 - m. 09.04.2009

R i c o r d i a m o l i

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R i c o r d i a m o l i

Forlini Vittorina ved. Garillin.09.03.1928 - m.16.05.2009

Alberoni Germanon.25.11.1949- m.10.05.2009

Zanelli Luisa ved. Barattan. 18.10.1912 - m.07.06.2009

Erpieri Zita ved. Columella08.02.1909 - m. 10.06.2009

Cademartiri Teresaved. Zazzera

n.25.08.1920 - m.21.06.2009

Peroni Giovannin. 20.09.1925 - m. 15.05.2009

Titimoli Adaved. Corradini

Ultori Giovanni

Fantesini Carla ved.Catellani

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Aiutiamo i bimbi di BrailaL’ordine della Clarisse Francescane Missio-narie del SS. Sacramento opera nel settoreeducativo e culturale, nella pastorale giovani-le, nell’assistenza ai più bisognosi in partico-lare nel settore dell’infanzia e dei minori in dif-ficoltà ed è presente con scuole per l’infanzia,primarie e secondarie, casa di accoglienza,case di spiritualità, comunità in Italia e all’este-ro in particolare in Spagna, Romania, India,Perù, Bolivia, Argentina, Guinea Bissau e Bra-sile.Le Missione dell’Ordine in Romania è attivada oltre 10 anni e sorge a Braila, città di oltre200.000 abitanti situata sulla foce del Danu-bio nella regione sud orientale della Romaniaa pochi Km dal confine con Moldavia e Ucrainaè denominata “Surasul Marielei- Il sorriso di

Mariele” e dal 2005 ha sede in una strutturarealizzata grazie all’aiuto della 48° Edizionedello Zecchino d’Oro è in grado di ospitareminori in difficoltà che provengono da situa-zioni di abbandono e grave emarginazione, chehanno alle spalle anche drammatiche esperien-ze personali di violenze e diistituzionalizzazione e che vengono accolti susegnalazione delle Assistenti Sociale o delTribunale dei Minori. La Missione accoglie iminori a tempo indeterminato sino alraggiungimento della maggiore età, per peri-odi determinati o per particolari situazioni diurgenza.Le suore e il personale laico prendono in cari-co il minore integralmente, garantendo nonsolo l’accoglienza in un ambiente protetto e il

soddisfacimento dei biso-gni primari ma, anche ilpercorso scolastico, i rap-porti con le istituzioni, irapporti con le famiglie diorigine e tutta una serie diattività di carattereeducativo e ricreativo.Nella struttura operano 4suore, 1 educatrice e 1 psi-cologa; il personale laicoè assunto direttamentedalla struttura al fine digarantire un intervento pro-fessionalmente qualificatoe capace di fungere dapunto di riferimento per le

Ricordiamo infine

Bertuzzi Beniamina in Speltan.01.02.1934 - m.09.05.2009

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istituzioni.La struttura opera in un contesto sociale digrande complessità e fortemente problemati-co per quanto riguarda in particolare la condi-zione dei minori che in Romania si presentacon il carattere di una vera emergenzaimputabile a motivi storici (il passato regime),ecomonici (povertà e alto tasso di disoccupa-zione), sociali (altissima percentuale di nucleifamiliari disgregati) il tutto sostenuto da un’or-ganizzazione dei servizi sociali ancora preca-ria e alle prese con molte difficoltà e ritardi.Le necessità della struttura sono legate alle oc-correnze della gestione quotidiana: la struttu-ra che riceve dalla municipalità una quotamensiele per ogni bambino assolutamente in-sufficiente per la copertura delle spese che ven-gono sostenute, si mantiene grazie al soste-gno della Sede italiana generale dell’Ordine ead una serie di aiuti ed offerte che privati, par-rocchie, gruppi di persone inviano spontanea-mente.La nostra comunità conosce già da tempo lagrande famiglia di Braila grazie alla signoraMaria Lidia Magani, premio della Bontà,pontolliese d’adozione, che ogni anno si met-te in viaggio per la Romania per recare aiutiprovenienti dalla nostra provincia ai numerosibambini che vivono nella casa di solidarietàdella suore.

Grazie agli aiuti raccolti anche a Ponte dell’Olioe all’impegno della Polisportiva Potolliese,negli anni scorsi è stato possibile portare aBraila giocattoli, materiale scolastico, vestiti,viveri, offerte per l’arredo della nuova sede, lasperanza è che ancora una volta la nostra co-munità, sempre attenta alle esigenze di chi èmeno fortunato, possa contribuire generosa-mente a realizzare il nuovo progetto.

Sono rientrata dal mio viaggio in Romaniadove sono stata accolta, come sempre contanto affetto dalle Suore Clarisse Missionariee dai bambini. Mancavo da circa due anni emi aspettavo dei cambiamenti: le bimbe sonotutte cresciute, frequentano le scuole medie ole elementari e la casa, costruita nell’anno 2005grazie all’aiuto della 48° Edizione delloZecchino d’Oro che ne ha finanziato integral-mente la realizzazione è bella, viva, colorata,piena di luci con le aiuole fiorite e il giardinettocon le beole. Ma non m’aspettavo, ero vera-mente impreparata, alla calata dei piccoli bar-bari, 16 bimbi di età compresa tra i tre e i cin-que anni, vivacissimi e affamati di cibo e affet-to. Con il cibo ci arrangiamo: la Provvidenza,come dice sempre Suor Flavia, che a volteveste anche la spoglia di giovani imprenditoriitaliani, ci porta latte, pasta, uova, polli e dolci;con l’affetto è tutta un’altra cosa: loro, i piccolibarbari, se lo prendono.Le bambine storiche, ormai grandicelle, con-dividono ricordi, dialoghi, scherzi, racconti,foto, ma loro, i piccoli, condividono tutto; ti pren-dono e ti portano in ogni momento della lorogiornata.Tutte le volte che ti passano accanto si aggrap-pano al tuo corpo, sorridono e vanno veloci,tornano e ti osservano.Non sono curiosi di sapere chi sei, ma ti chie-dono se è vero che tornerai.Ora che siamo in tanti, si sente prepotente lanecessità di un nuovo mezzo per avere la pos-sibilità di spostarci in autonomia, questo è ilnostro prossimo progetto e chiedo, se potete,anche il vostro aiuto, perché come in ogni fa-miglia o si parte tutti o nessuno.Grazie sin da ora,

Maria Lidia Magnani

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Nozze l’argentoa Vigolzone

Si sono sposati il 2 gennaio 1984 e a distan-za di venticinque anni, il 2 gennaio 2009, iconiugi Nuovo hanno rinnovato il loro “sì”davanti al Signore. In una società come quel-la attuale nella quale il Sacramento del ma-trimonio sembra aver perso tutto il suo valo-re, la celebrazione delle nozze d’argento èquasi situazione più unica che rara, per que-sto abbiamo incaricato un giornalista di ec-cezione, Giuseppe Nuovo (figlio della coppia)perché ci permettesse di condividere con isuoi genitori, Leonardo Nuovo e Sabina Fran-cesco De Feo, la gioia di quel giorno.* Come ricordate il giorno del vostro matrimo-nio?Il giorno del nostro matrimonio, il 2 gennaio1984, è sicuramente stato il più bel giorno cheuna coppia possa vivere: l’arrivo in chiesa doveeravamo entrambi molto emozionati; l’attesadopo una lunga preparazione alimentava lanostra gioia ed al contempo la frenesia di uni-re le nostre vite davanti a Dio. Ricordandolooggi possiamo dire che è stato un giorno dav-vero molto emozionante tanto che alla fine era-vamo stanchissimi, forse non l’abbiamo nem-meno goduto fino in fondo perche eravamomolto tesi e concentrati sulla cerimonia e sulsuo significato per noi.* Cosa mi dite della nascita di noi figli?La scoperta di aspettare un bambino pensosia la cosa più bella che ti possa accadere;appena abbiamo avuto tra le braccia il nostroprimo figlio Giuseppe abbiamo pensato: “E’troppo piccolo ho paura di prenderlo in brac-cio per timore di fargli male”. Ci ricordiamobene della tua nascita, Giuseppe: eravamomolto preoccupati, però qualcosa o Qualcunoci diceva che non dovevamo essere tesi. Sia-mo stati dei genitori con mille attenzioni e mol-to apprensivi. Con il secondo figlio, WalterMarco, le cose non sono cambiate nonostan-te avessimo più esperienza, questo perché anostro modesto parere ogni figlio è un’espe-rienza diversa, ma sicuramente unica.* Come mai avete deciso, dopo 25 anni, di

rinnovare davanti a Dio le promesse matrimo-niali in una società che celebra il trionfo deldivorzio?Abbiamo deciso di rinnovare la nostra pro-messa di matrimonio dopo 25 anni, proprio il2 gennaio 2009, forse perchè volevamo inqualche modo rivivere quel momento con lasaggezza che solo qualche anno in più sa dare.Inoltre perchè crediamo che chi, come noi, hadovuto affrontare tanti sacrifici per poter co-struire quello che è “La Famiglia”, oltre alla te-nacia e alla forza che ognuno di noi ha, neces-sita dell’aiuto del Signore ed abbiamo pensa-to che per ringraziarlo non ci sarebbe statonulla di meglio che celebrare con Luil’Eucarestia. Per quanto riguarda il divorzio èun argomento che non ci tocca, perchè solounendo le forze c’è la possibilità di costruirequalcosa di concreto e di bello, il tutto conditocon tanto, tanto amore con la “A” maiuscola.

Giuseppe Nuovo

Dopo queste belle parole, l’augurio che tutti noipossiamo fare a questi coniugi è quello di cele-brare tutti gli alti traguardi importanti per una cop-pia, dalle nozze d’oro a quelle di platino e di esse-re per i propri figli esempio di una solida coppia

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