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Dall’olivo all’olio “L’albero invitto che da sé rinasce”
L’idea di pubblicare mensilmente degli
articoli sulla storia, origini,
tradizioni e curiosità di Larino,
nasce all’interno del progetto
“Larino: Arte e Cultura nel Museo
Diffuso“ del Servizio Civile Nazionale
svolto dalle volontarie
Marina Bucci e Roberta Notarangelo
RACCONTANDO LARINO
ARTICOLI MENSILI DI STORIA, ORIGINI, TRADIZIONI E CURIOSITA’
N U M E R O I I N O V E M B R E 2 0 1 5
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L’Olivicoltura
Dall’olivo all’olio “L’albero invitto che da sé rinasce”
N O V E M B R E 2 0 1 5 N U M E R O I I
L’olivicoltura si è diffusa soprattutto nei paesi che si affacciano nel Mediterraneo. I maggiori
produttori di olio d’oliva sono Spagna, Italia e Grecia. L’Italia è al secondo posto come produt-
tore (22%), mentre si trova al primo posto come consumatore (34%).
L’olio rappresenta per il Molise un segno distintivo, un elemento caratterizzante sia dal punto di
vista storico-culturale sia da quello economico. L’olivicoltura viene praticata da almeno due mil-
lenni sul territorio molisano. Esso presenta una superficie olivetata di 16.000 ettari che ospitano
oltre 2 milioni e mezzo di piante. Numerose le citazioni classiche che parlano del Molise olea-
rio: Catone il Censore, Marco Terenzio Varrone, Strabone, Quinto Orazio Flacco, Giovenale e
Plinio il Vecchio. La letteratura latina ci ha tramandato numerose testimonianze storiche
sull’apprezzamento degli oli prodotti nel Frentano e nel Venafrano. Gli oli molisani si distinguo-
no per un fruttato dalle caratteristiche di particolare delicatezza e intensità, con apprezzabili note
di amaro e piccante. Gli oliveti molisani si estendono maggiormente a ridosso della fascia litora-
nea e sulle colline preappenniniche. La zona più produttiva è quella del Basso Molise, in provin-
cia di Campobasso, che dalla costa attraversa le aree interne fino all’ampia valle del Biferno e
del Fortore. Nell’area del circondario di Larino gli oliveti sono disposti a circa 600 metri dal
livello del mare, in un clima mite.
La diffusione dell’olivo e dell’olio andò di pari passo con le grandi civiltà che si succe-
dettero e si incontrarono nel Mediterraneo per affermarsi in particolar modo nella Gre-
cia classica. In Grecia l’olio serviva prevalentemente per l’illuminazione,
l’abbellimento del corpo e per la concia delle pelli, mentre per gli usi alimentari si uti-
lizzavano le olive. Inizialmente l’estrazione dell’olio avveniva grazie alla maturazione
delle olive poste su cupole di pietra oppure all’interno di ceste. La tecnica più diffusa
consisteva nel far ruotare una pietra cilindrica sulle olive raccolte in un contenitore.
Per i Greci
La presenza dell’olio nelle terre degli Etruschi, attivi nei traffici marittimi, è testimonia-
ta dal ritrovamento di contenitori utilizzati per la sua importazione. Si tratta di anfore
panciute, stivate nelle navi onerarie, chiamate “dogli”, grossi recipienti che contengono
olio fino a dieci ettolitri.
Nell’Antica Roma l’uso dell’olio era legato all’abitudine di ungersi il corpo, rituale che
si svolgeva nelle palestre e nei bagni. Le unzioni venivano però praticate anche nei ri-
tuali religiosi a scopo purificatorio ed erano indispensabili nella preparazione di salme e
cerimonie funebri. Numerosi i rimedi a base di olio contro avvelenamento, infezioni,
ustioni, prurito e persino punture di insetti. L’olio era utilizzato anche per
l’illuminazione delle case, dei luoghi pubblici e all’interno dei templi. Era prodotto ma-
cinando le olive pressandole tra due tavole di legno con cunei e martelli, veniva poi me-
scolato con erbe aromatiche.
Per gli Etruschi
Per i Romani
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D A L L ’ O L I V O A L L ’ O L I O
Sappiamo che il primo tentativo di sfruttare il movimento rotatorio di due pietre circolari
sovrapposte, chiamate mole, fu realizzato dai greci, nel 3000 a. C. Ma bisognerà aspettare le
nobili capacità dei Romani per poter parlare di vera e propria tecnica artigianale dell’attività
molitoria vera e propria.
All’epoca di Plinio passava un certo periodo tra la raccolta e la lavorazione delle olive, che,
lasciate in un magazzino, venivano dopo qualche giorno trasferite, poche alla volta, in un
ambiente specializzato alla trasformazione della materia prima in olio.
Ma come funzionava un impianto romano per la lavorazione dell’olio?
Gli antichi Romani molivano le olive in appositi “trapetum”. Questa macchina serviva per
separare il nocciolo dalla polpa. Alla fine dell'operazione, la pasta delle olive veniva estratta
dal bacino di questo trapetum e successivamente veniva trasportata sulla piattaforma del
“lacus” (ambiente dove erano ubicati i torchi per la spremitura) dove aveva inizio la torchia-
tura della pasta per ottenere l'olio. La pressa a trave applica il principio della leva:
un’estremità della trave era appoggiata in un incavo del muro, o fra due pilastri di pietra,
l’altra veniva tirata giù o spesso caricata con pesi (uomini e pietre). Le olive, sistemate in
sacchi o tra tavole di legno, venivano schiacciate sotto la parte centrale della trave e il succo
era raccolto in un recipiente sistemato sotto il piano della pressa, che attraverso un canale di
scolo arrivava in un “dolio”.
Gli elementi principali che costituivano la macchina erano:
- mortarium bacino del frantoio;
- milliarium cilindro centrale, che formava con il mortaio
tutto un pezzo;
- orbes macine semisferiche;
- columella perno;
- cupa parallelepipedo di legno sostenuto ed attraversato
dal perno e ricoperto da lamine metalliche;
- modioli due manici di legno che attraversavano da parte
a parte le macine e si inserivano nella cupa. Due operai
facevano girare le macine attorno al perno agendo sui mo-
dioli.
Impianto romano per la molitura delle olive
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Dolia
D A L L ’ O L I V O A L L ’ O L I O
Con il termine Dolio (plurale Dolia) si indica un enorme contenitore in
terracotta dal tipico aspetto rotondo e panciuto realizzato dai Romani per il
trasporto navale e la conservazione dei generi alimentari come legumi, fari-
na, frutta ma soprattutto vino e olio. Sull'orlo della bocca spesso veniva
riportata in cifre la capacità del vaso. I dolia erano raccolti nei granai o ma-
gazzini dei palazzi o delle case private, e spesso, per la migliore conserva-
zione degli alimenti, erano affondati nel terreno.
Lucerne La lucerna è una lampada ad olio ampiamente usata sin dall'an-
tichità. La lampada consisteva in un contenitore dell'olio e in
uno o più beccucci. L’uso della lampada ad olio si diffuse tra i
Romani intorno al IV secolo a.C. Le lampade più antiche erano
prive di coperchio e consistevano in un contenitore piatto con
un beccuccio per lo stoppino sul bordo. Successivamente questa
forma è stata sostituita con una più pratica con coperchio, in
forma di scatola piatta e con un beccuccio sul bordo. Il coperchio proteggeva l'olio dalle impuri-
tà. In seguito furono aggiunti i manici, uno o più beccucci e fori di ventilazione. La lampada ad
olio era usata posandola su di una superficie liscia o appesa ad una catena. I materiali più fre-
quentemente usati erano la terracotta e il bronzo, più raramente l'oro, l'argento, il vetro o la pie-
tra. Solitamente veniva usato l’olio d’oliva. Gli stoppini erano ricavati da piante o fibre anima-
li. Dapprima le lucerne avevano una forma squadrata, ma in seguito la forma crebbe in lunghez-
za tendendo all'ovale.
Unguentari I romani amavano prendersi cura del proprio corpo esattamen-
te come avviene oggi. La cosmesi aveva un ruolo importante
ed era oggetto di un fiorente commercio; unguenti e profumi
erano racchiusi in eleganti vasetti di ceramica o in flaconcini di
vetro. L’olio veniva mescolato con le erbe aromatiche, pestate
a loro volta in un mortaio. Grazie alla sua attitudine ad assorbi-
re gli odori, risultava gradevolmente profumato e veniva molto
apprezzato per la cura del corpo sia femminile sia maschile.
Infatti era utilizzato nelle palestre, come crema emolliente nel-
le terme, per togliere il trucco e persino per la depilazione. Le
donne romane ne facevano un uso smodato; infatti, amavano
dedicare molto tempo al trucco e a confezionare maschere di
bellezza elaborate, contenenti gli ingredienti più vari, da quelli vegetali a vari composti organici.
Per impedire che i capelli diventassero grigi li cospargevano con olio mescolato a cenere di lom-
brichi. Le unzioni venivano praticate anche nei rituali religiosi a scopo purificatorio ed erano
indispensabili nella preparazione delle salme e nelle cerimonie funebri.
All’interno del Museo Civico di Larino
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D A L L ’ O L I V O A L L ’ O L I O
Com’è fatto un frantoio
Dalla raccolta all’olio
Per “frantoio” si intende la macchina con cui si frangono le olive per ricavarne
l’olio, ma anche il locale o l’ambiente in cui tale macchina è installata.
I frantoi tradizionali, oggi conosciuti come frantoi discontinui, utilizzano le
antiche ruote di pietra dette mulazze. Una volta lavate e defogliate le olive c’è
la fase della frangitura, in cui, con le mulazze di pietra, vengono schiacciate;
successivamente delle macchine dosatrici formano una pasta che viene distri-
buita su dischi di fibra sintetica, detti fiscoli, che vengono messi uno sopra
l'altro in pila su un carrello che viene poi portato alla pressa per ottenere l'olio
con spremitura meccanica.
Il frantoio moderno, definito anche a “ciclo continuo”, è costituito da un in-
sieme di macchinari collegati in continuità tra di loro. Questa tipologia si di-
stingue dal frantoio tradizionale per la presenza della centrifuga detta
“decanter”. Questi macchinari possono essere:
- a due uscite, una per l’olio e una per le sanse;
- a tre uscite, una per l’olio, una per l’acqua ed una per la sansa.
In base al tipo di decanter si hanno varianti nella lavorazione. Nel sistema a tre
fasi, le olive una volta lavate e defogliate, vengono frantumate dal frangitore
oppure, negli impianti che utilizzano il vecchio sistema delle mulazze. La pa-
sta ricavata da questa fase passa alla gramolatrice, dove viene addizionata di
acqua, poi viene inviata alla centrifuga (decanter), che separa la pasta nei suoi
tre elementi, acqua di vegetazione, sansa e olio mosto. L’ultima fase è quella
dei separatori centrifughi, dove viene inviata l’acqua di vegetazione e il mosto
olio, per estrarre l’olio finito. Il funzionamento del sistema che utilizza il de-
canter a due fasi nel processo di lavaggio, di frantumazione e gramolazione
delle olive è sostanzialmente uguale al sistema a tre fasi. La differenza sta nel
fatto che la tecnologia a due fasi non dovrebbe aggiungere acqua.
La raccolta delle olive
La raccolta viene iniziata solitamente quando le olive cominciano ad
“invaiare”, cioè quando cambiano colore, mostrando la superficie parzialmente
o completamente viola e la polpa ancora chiara. Questa è un'operazione delica-
ta che incide direttamente sulla qualità dell'olio: il grado di maturazione dell'o-
liva, e perciò la scelta del momento di raccolta, determinano le caratteristiche e
il sapore dell’olio.
La raccolta manuale, oggi poco diffusa, avveniva tramite:
- “brucatura” ovvero il distacco manuale dei frutti dai rami;
- “pettinatura” tramite l’utilizzo di pettini di ferro, legno e plastica;
- “raccattatura” consiste nel raccogliere da terra le olive cadute.
La raccolta meccanizzata avviene soprattutto tramite:
- “scuotitura” cioè il distacco delle olive dall’albero per effetto delle oscillazio-
ni dei rami provocate da un braccio meccanico;
- “pettinatura” che avviene tramite l’utilizzo di attrezzi meccanici come
l’abbacchiatore.
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D A L L ’ O L I V O A L L ’ O L I O
Il processo di estrazione dell’olio comprende diverse
operazioni:
- defogliazione e lavaggio: la presenza di qualche foglia
sana è tollerabile, mentre i rametti più grandi possono
dare un sapore “aspro-legnoso” all’olio. Il lavaggio è
fondamentale per eliminare la percezione di “sporco” e
di “terra”;
- frangitura: in questa fase la polpa e i noccioli delle
olive vengono pressate a fondo attraverso le mulazze o
con i più moderni frangitori a martelli. Con questo pro-
cesso si ottiene una massa grossolana composta da polpa
sminuzzata e da frammenti di nocciolo;
- gramolazione: la pasta ottenuta con la frangitura viene
sottoposta ad un lento rimescolamento nelle macchine
gramolatrici, in modo da rompere le emulsioni acqua-
olio, riunendo le goccioline di olio mosto in gocce sem-
pre più grandi;
- estrazione/separazione: questa fase porta alla definiti-
va separazione delle tre componenti della pasta, ovvero
sansa, acqua di vegetazione e olio. I metodi per giungere
al prodotto finito sono a ciclo continuo (centrifugazione)
o discontinuo (pressione o tradizionale);
- chiarificazione: l’olio ottenuto al termine del processo
di estrazione, indipendentemente dal metodo utilizzato, è
un olio torbido, per questo è necessario un periodo di
riposo affinché tutte le sostanze estranee non di depositi-
no sul fondo;
- filtrazione: conferisce all’olio il colore limpido e bril-
lante;
- confezionamento: a questo punto l’olio è pronto per
essere imbottigliato e avviato verso i luoghi di consumo.
Ciclo produttivo
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D A L L ’ O L I V O A L L ’ O L I O
"A Fronne da uelive" (La fronda dell’ulivo) è un canto di lavoro e d’amore cantato dalle donne duran-
te la raccolta delle olive. Il silenzio della sterminata campagna molisana, nel passato, era rotto dallo
strofinio delle mani sulle fronde per far cadere il frutto su delle reti deposte a terra.
“A Fronne da uelive”
Il 26 Maggio, il giorno di San
Pardo, come auspicio di
un’annata agricola favorevole
sui carri vengono collocati rami
d’olivo sui quali vengono di-
sposti prodotti caseari.
L’olivo nella festività di San Pardo
All’inizio del 900 nel Centro Storico di Larino erano
attivi nove frantoi e altri quattro nelle campagne del Pia-
no San Leonardo. I più antichi tra questi, erano Marin-
celli, Anacoreta, Japoce, Magliano e Novelli. Uno degli
oleifici più importanti della Regione Molise dal 1904 al
1955 era quello di Pasquale Japoce sito in Contrada
Monte. Quest’ultimo nel 1900 acquistò l’immobile co-
struito nel 1789 per la somma di 15.000 Lire. L’attività
produttiva dell’oleificio venne riconosciuta anche a li-
vello extraregionale, infatti ottenne molti riconoscimenti di merito grazie all’olio d’oliva al limo-
ne. Oggi l’edificio risulta inagibile. All’interno ci sono ancora il frantoio a tre ruote, la pressa a
timone, un torchio a tre colonne e vari attrezzi utili per la produzione dell’olio.
Frantoi storici a Larino
Tutte li fontanelle
Si son seccate
Povere amore mijo
More d’sete
Rit. Zombe larì lirà
Zombe lallera
Zombe larì lirà
Viva l’amore
A fronne d’a uelive
Cacce l’uoje
Trovete emmarita
Ca non ti vuoje. Rit.
Che me n’emporte ca
Ninne me lasse: me fac-
ce n’at’amore
E ze fenisce. Rit.
Quande me vide e mè
Vatt’ennascunne,
Dent’e na rejetelle
Mittet’e chiagne. Rit.
Chi te lha ditte, more,
Ca non ti vojo
Fatte nu pajarielle
Ca me ti pijo. Rit.
U pajarielle sta fatte
E sta repuoste,
Quille c’aveta fa
Facete prieste. Rit.
Tutte me l’enne ditte
ca ninne è brutte,
Piace ell’uocchie mije,
Crepene tutte. Rit.
Ninne mije me l’a
Mannate e dice:
Magne e vive e crepene
Li nemice. Rit.
A mamme de Nennille
È bona bone,
E se à crescute u fije
E ije m’u gode. Rit
Nennille m’à cercate
Na vijole
Proprie de chisti tiembe
Ca ne ‘nze trove. Rit.
« (…) l’ulivo che agli uomini
appresti la bacca ch’ è cibo ch’è
luce, (…) Qui radichi e cresca!
Non vuole, per crescere, ch’aria,
che sole, che tempo, l’ulivo! (…)
noi mèsse pei figli, noi, ombra pei
figli de’ figli, piantiamo l’olivo!
(…) » Giovanni Pascoli
Frantoio Japoce, foto di Adamo Radatti
Tradizioni e Curiosità
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D A L L ’ O L I V O A L L ’ O L I O
È di probabile origine autoctona, ha origini antichissi-
me forse tra le prime coltivate in questa zona. La pian-
ta ha un’altezza media con un tronco abbastanza nodo-
so, di forma cilindrica, con foglie sottili e strette.
L’olio si presenta denso e di color verde paglierino,
dal gusto pastoso, leggermente amarognolo, con profu-
mo fruttato, intenso e armonico.
La Gentile
L’albero presenta rami pendenti ricchi di foglie a la-
mina larga. La denominazione indica che questa va-
rietà è affidata alla protezione del Santo Patrono di
Larino. Eccellente per il consumo da tavola.
Oggi la sua presenza è poco diffusa, produce poco
olio ma pregiato e ricercatissimo dagli intenditori.
L’Oliva di San Pardo
La Salegna
Tipologie di olive a Larino
Larino è una delle “Città dell’Olio”, Associazione fondata il
17 dicembre 1994, costituita da Comuni ed enti pubblici
situati in territori che danno nome ad un olio o in cui esista
un’affermata tradizione olivicola. L’Associazione ha come
compiti quello di divulgare la cultura dell’olivo e dell’olio
di oliva di qualità, tutelare e promuovere l’ambiente ed il
paesaggio olivicolo, diffondere la storia dell’olivicoltura,
organizzare eventi e manifestazioni mirati alla conoscenza
del patrimonio olivicolo italiano.
Associazione “Città dell’Olio”
« Se sapessi dipingere, mi dedicherei a
ritrarre alberi d’olivo. Che ricchezza
di variazioni su un unico tema! »
Aldous Leonard Huxley
« Guardate questa luce
tra gli ulivi: brilla come
un diamante! »
Auguste Renoir
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D A L L ’ O L I V O A L L ’ O L I O
Foto storiche Archivio Pilone
Raccolta olive, famiglia Gioia, 1933
Raccolta olive, famiglia Gioia, 1933
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Raccolta olive, famiglia Malatesta, 1933
Pressa meccanica manuale,
frantoio Japoce 1930
Macine a trazione animale,
Frantoio Largo delle Rose 1930
D A L L ’ O L I V O A L L ’ O L I O
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Fonti
D A L L ’ O L I V O A L L ’ O L I O
Rivista Il Ponte n° 17 Settembre-Ottobre 1991;
Rivista Il Ponte n° 23 Settembre-Ottobre 1992;
Rivista Il Ponte n° 31 Gennaio-Febbraio 1994;
Rivista Il Ponte n° 32-33 Marzo-Giugno 1994;
La produzione dell’olio d’oliva vergine di qualità, Quaderno di divulgazione, a cura di A. De Leo-
nardis, V. Macciola, M. Corbo, T. D’Uva e G. Occhionero, Tipografia Rossi, Larino;
Conosce l’extravergine Concorso Nazionale “La memoria dell’olivo”, testi a cura di Fabrizio Vi-
gnolini e Lucio Carli, Associazione Nazionale città dell’olio;
Le città dell’olio, Guida Touring Club Italiano, Touring Editore, Milano 2001;
Pilone 100 anni di fotografie a Larino a cura di Napoleone Stelluti, Tipolitografia Lam-po, Cam-
pobasso 2002;
OliVo tesoro del Mediterraneo, Alinari, Firenze 2004;
Di Larino il Popolo. Canti, storie e stornelli della gente di Larino, Aristide Vitiello, Tipografia
Rossi, Larino 2006;
Città di Larino, Guida realizzata nell’ambito del progetto La.St.Ori.A Larino Storia Ori-gini Arte,
2008;
Andar per olio nel Molise, Pasquale Di Lena, Arti Grafiche La Regione srl, Ripalimosani 2011;
Là dove la terra dona, Pasquale Di Lena, Arti Grafiche La Regione srl, Ripalimosani 2011;
Agricoltura e territorio, Pasquale Di Lena, Arti Grafiche La Regione srl, Ripalimosani 2012;
wwww.paleopatologia.it
www.colturaecultura.it
www.beniculturali.it
www.anapoo.it
www.romanoimpero.com
www.coloursofistria.com
www.museodellolivo.com
www.olio-extravergine-di-oliva.it
www.silvercollection.it
www.agraria.org
www.frantoionline.it
www.olioepatate.it
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Centro Servizi Museali Larino
Piazza Duomo 44, Larino
tel 0874 828232
Centro Servizi Museal i Lar ino
Le volontarie
Marina Bucci e Roberta Notarangelo
Informazioni