n. 64 - teramani.info · 20 tributo a uno degli artisti italiani più amati di tutti i tempi...

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L’Istituto Zooprofi lattico Che Teramo fa Rinaldo Cifaldi mensile di informazione in distribuzione gratuita pag. 29 pag. 14 pag. 6 n. 64

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L’IstitutoZooprofi lattico

CheTeramo fa

RinaldoCifaldi

mensile di informazione in distribuzione gratuita

pag. 29pag. 14pag. 6

n. 64

sommariopag

03luglio-agosto 2010

3 La città dei Papi 4 L’intervista a Mario Cozzi 6 L’Istituto Zooprofilattico 8 Teråmöland Kommun 10 Doctor House in Provincia 11 La lettera di un precario della Provincia 12 Bidonville 14 Che Teramo e altro fa 16 Come ammazzare la noia 18 Interamnia Dance World 19 Coldiretti informa 19 La città della bici del pedone 20 Silenzi di pietra 22 Il Liceo Coreutico 23 Giulia Zauli 24 Cinema 25 Dura Lex Sed Lex 26 Cineramnia 28 Teramo calcio 29 Rinaldo Cifaldi 30 Basket 30 Strategia di lungo periodo

Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di BiagioCoordinatore: Maria Grazia Frattaruolo

Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Maurizio Di Biagio, Elvio Fortuna, Bebè Martorelli, Silvio Paolini Merlo,Luigi Pardo, Antonio Parnanzone, Leonardo Persia,Valentina Procopio, Sergio Scacchia, Carla Trippini.

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Parafrasando il discorso fatto dal vecchio pontefice Niccolò V (1447-1455), sul letto di morte ai suoi cardinali e rimasto famoso perché suggella l’alleanza fra Chiesa e Arti, prefigurando il

primato culturale di Roma nell’età moderna, «noi sentiamo che soltanto coloro che sono versati negli studi ‘televisivi’ possono comprendere quale cosa grande sia ‘Mediaset Premium’. Il volgo invece occorre che sia colpito dalla grandezza di qualche ‘fiction’ che si imponga per la sua magnificenza e che agli insegnamenti dei dotti si aggiunge la conferma della grandiosità degli ‘interpreti’, di monumenti ‘dello spettacolo’, in qualche guisa perpetui, testimonianze che sembrano quasi opera dell’Onnipotente». Nella contemporaneità del decennale della morte di Vittorio Gassman, la televisione italiana rende il massimo

tributo a uno degli artisti italiani più amati di tutti i tempi celebrando e osannando la mandata in onda del tvmovie “Squadra Antimafia – Palermo oggi 2”. Gassman, l’ultimo dei grandi del palcoscenico; Fabrizio Corona, il primo degli attori moderni. «Ho pensato soltanto a costruire, a lavorare e a rimboccarmi le maniche», dice il fotografo che, per nulla scalfito dalle accuse di minacce a un vigile, risse, estorsione, utilizzo di banconote false, una condanna a 3 anni e 4 mesi e forse pure evasione fiscale e bancarotta (le indagini sono in corso), è convinto di essere un modello per le nuove generazioni (Libero News). Eroi del nostro tempo, assai diversi da gente come Roberto Saviano, che scrive libri pleonastici sulle pittoresche scorribande ed esuberanze giovanili di qualche clan etnografico, di chi ama vivere appena sopra le

righe, screditando agli occhi di tutto il mondo il nome del nostro bel paese. Dalla feconda provvidenziale contaminazione fra volontà politica, modelli figurativi e persistenza di quel mestiere che ‘Mediaset Premium’ rappresenta e custodisce, prende forma l’arte visiva nel XXI secolo. E se mai e poi mai fosse stato solamente presumibile il Cinquecento di Raffaello e di Michelangelo senza Melozzo, senza i pittori della Sistina, (i comunistini di allora) – il predominio cromatico del rosso nella pittura rinascimentale sarebbe la prova innegabile di come il comunismo ebbe a devastare anche l’arte di quell’epoca – senza Piero della Francesca (artista toscano, e ho detto tutto) e, soprattutto, senza la felice linea politico-culturale adottata dai papi umanisti nel XV secolo, adesso staremmo qui tutti a chiederci, naufraghi fra le onde dell’effimero, come fare ad attraversare incolumi il nuovo ‘Rinascimiento’, nel bel mezzo del terzo millennio, orfani delle diciture ancestrali dello psicopompo assai caro a Thomas Mann, del seducente segno indicatore dell’efebo Tadzio, in quel che fu ‘Morte a Venezia’, opera traslata di Luchino Visconti, senza la guida TV e il conforto altamente culturale di un beneamato ‘papi’?! u

La cittàdei papi

di Mimmo Attanasii

D i che commercio sarà la Teramo che verrà? Sono in molti a porsi il quesito in virtù di una crisi che stran-gola gli esercenti come mai negli ultimi decenni e di

una sfiducia che avvitandosi su se stessa crea un panico al cubo, un pessimismo cosmico ormai diffuso che pare anti-cipare il te deum. Questo anche se i commercianti teramani sono dinamici più degli altri, come rimarca l’assessore al commercio Mario Cozzi, e hanno spina dorsale da vendere. Le attività commerciali chiudono o si trasferi-scono altrove, tanto che la new generation di commercianti preferisce gli affitti soft di Viale Crispi o di S. Nicolò piuttosto che quelli con-gelati in alto senza nessun criterio del centro cittadino. I saldi anticipati, una vera sfiga, e le vendite promozionali pesano come macigni sui commercianti, così come una viabilità che ricaccia il cliente dalla città come un appe-stato e parcheggi oramai sorteggiati con un gratta e vinci. I bobby di casa nostra mostrano poi una severità au-stroungarica, le manifestazioni languono (per alcuni orga-nizzate pure male) e il centro appare disastrato tra cartacce e illuminazione “da terzo mondo” senza contare le buche da emmenthal sugli asfalti. I tavoli di concertazione tra Ammi-nistrazione e commercianti hanno in agenda appuntamenti troppo radi, tanto che la stampa spesso si ritrova a fungere da megafono per le esigenze della categoria. A Palazzo di Città, Mario Cozzi da Frondarola ha le sue gatte da pelare. Forte del successo della recente Fiera dell’Agricoltura, l’as-sessore s’incassa nelle sue spalle regolari e sbuffa come un toro nell’arena. La categoria preme, le licenze sono appese ad un filo, ma – come disse Abatantuomo in Mediterraneo – “c’è tutt’un paese da ricostruire, un bel paese”. Ciononostante per Cozzi, che riconosce come il prezzo degli affitti in centro sia alto, “il commercio cittadino con tutte le sue problematiche mostra una vivacità discreta, siamo molti aperti ad un tavolo istituzionale, la disponibilità è addirittu-ra quotidiana e gli incontri con le associazioni di categoria sono frequenti”. Per risolvere il problema della viabilità, l’assessore punta tutto sulla prossima apertura del Lotto zero e della rotonda di Via Po, due opere che miglioreranno l’accesso a Teramo. A ciò va aggiunta la realizzazione dei parcheggi: uno da 100 stalli verrà sistemato dinanzi a Porta Melatina (Piazza S. Francesco), gli altri – li conosciamo già –

il commercio che verrà

sono quelli di Piazza Dante e del vecchio Comunale in itine-re. Ma la battaglia è contro gli stanziali, i dipendenti pubblici già avversati da Brunetta, ora nel mirino degli uffici tecnici che stanno redigendo un piano per scacciarli dal centro “per liberare spazi utili”. “A settembre poi la Regione ci restitu-irà il chilometraggio che assicurerà più corse urbane” utili perfino a diverse commesse del centro che hanno lamenta-to orari impossibili per il loro lavoro e pratici soprattutto per “due bus navetta che collegheranno regolarmente Piazza S. Francesco con il corso vecchio e Piazza Martiri”. Un trade union che solleticherà più commercio in centro. Il Piano urbano commerciale, evocato da diversi esercenti, è sul tavolo: “Ci stiamo lavorando con Torelli e segue il filone di quello già stilato dalla Camera di Commercio tre anni fa”. Le saracinesche che si abbassano definitivamente in Via Ca-puani sono anche figli dell’incertezza degli stessi commer-cianti “divisi tra pedonalizzazione e traffico con sosta velo-ce”: la scelta, come si sa, è poi ricaduta sulla prima opzione. “Shop art è la via da seguire”, fa sapere Cozzi. A proposito di

corso cittadino, l’assessore rispolvera l’idea di restyling attraverso il progetto vincitore del concorso comunale. Nella guerra dei gazebo e della relativa occu-pazione del suolo pubblico, ha promesso una regolamentazione: la Coppa Interamnia in-trodurrà il criterio che dovrà mettere le cose a posto, mercato compreso. E se i saldi ogni anno vengono oramai anticipati annichilendo le velleità di vendere la merce stagionale, l’assessore fa sapere che lui è contrario a

questa piega che ha preso il fenomeno: “I saldi – dice – si fanno a fine stagione, tanto vale liberalizzarli allora, come hanno fatto con le promozioni”. Termina con il caso del mese: la sicurezza nei locali pubblici. “Abbracciamo sia le richieste dei residenti che quelli degli esercenti, i primi chiedono riposo e sicurezza, i secondi la possibilità di lavorare meglio per incrementare gli incassi. I vigilantes comporteranno un piccolo aggravio di spesa ma la serata porterà ad avere più clienti garantendo al contempo maggiore sicurezza, un passaggio importante tenuto conto di tutte le problematiche attuali”. u

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MarioCozzila crisi che non vorresti

di Maurizio Di Biagio

I l direttore dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale, Vincenzo Caporale, analizza a fondo le problematica di una realtà rico-nosciuta a livello nazionale ed internazionale ma non da noi.

Diciamocelo: Teramo non ha mai amato l’Izs. Un esempio illumi-nante? La doppia velocità che le istituzioni locali hanno applicato, rallentando dapprima la realizzazione della nuova sede, volando poi nel far fiorire nella new location della vallata, stadio e centri commerciali. In più, mettiamoci pure da parte di alcuni politici l’ignoranza e preconcetti imbarazzanti su quest’istituto pluripre-miato ed ecco che il quadro si completa. E in quello che appare il buen retiro di Via Campo Boario, l’istituto, che gradirebbe più un respiro nazionale che interregionale, attende una legge di riordino attesa da troppi anni per mettere fine alla parola commissa-riamento. Ma a quanto pare di capire c’è ancora da attendere, checché ne dicano in Regione. Parliamone con il direttore Vincenzo Caporale.

Direttore, perché la Regione Abruzzo è cosi lontana dalle istanze dell’Izs?“Principalmente per due motivi. Primo: la produzione di conoscenza, soprattutto di carattere scientifico, in Abruzzo non è molto facile da far “passare”. Nessun politico abruzzese - tranne rarissime eccezioni - ri-tiene che valga la pena usare il proprio tempo per capire cosa sia veramente l’Istituto. Esistono poi anche forme preconcette di av-versione derivanti dai più vari motivi. L’altro motivo della distanza è che l’Istituto in Abruzzo è considerato una cosa teramana, ma Teramo, com’è noto, non ha mai amato l’Istituto. L’Istituto non corrisponde ai parametri usuali del tipico ente pubblico. La diversità è sempre sconcertante. I politici teramani, tranne alcune illuminate, straordinarie persone - ad esempio Bernardo Gramenzi, Gennaro Valeri, Emilio Mattucci, Angelo Sperandio - o lo hanno ignorato o l’hanno considerato con fastidio. Di converso, esiste un’altra corrente di pensiero che vede l’Istituto solo come un’entità su cui estendere la propria egemonia e non come fattore di sviluppo”.

La nuova legge di riordino abruzzese sarà “fotocopiata” dal presidente Iorio?“Penso di no”.

Lei poco tempo fa bollò la vicenda della legge di riordino come comica e ricordò perché già sette anni fa l’assise aveva appro-vato una legge analoga ignorando di fatto il Molise. È ancora di

l’intervista

quest’avviso?“Sì, francamente ho ritenuto piuttosto comico che, dopo aver pronunciato ossessivamente grida di manzoniana memoria sulla necessità del cambiamento si siano ripetuti percorsi che nel pas-sato non hanno portato a nessun risultato. L’assenso dei due altri proprietari dell’Istituto - la Regione Molise ed il Ministero della salute - è essenziale. La soluzione, pertanto, passa attraverso un accordo preventivo e complessivo dei tre soggetti istituzionali coinvolti che si faccia al più presto e riguardi non solo, come qualche povero di spirito suggerisce, la costituzione degli organi, ma un programma di vasto respiro che assicuri un grande futuro all’Ente e dopo, ma solo dopo, gli organi di governo e di gestione”. Un assessore dichiarò che la legge di riordino da approvare entro un breve lasso di tempo era collegata allo stato di eccel-lenza. Le risulta veritiera tale affermazione?“Tre ministri della Repubblica di due diverse maggioranze di governo hanno proposto di fare dell’Istituto un Ente naziona-le e di dargli un assetto istituzionale coerente. Due presidenti dell’Abruzzo, appartenenti a due diverse maggioranze hanno rifiutato la proposta. Il Governo nazionale proponeva, in sostanza, che l’indirizzo politico fosse responsabilità condivisa fra lo Stato e le Regioni,

attraverso un Cda, nominato di concerto ed a maggioranza regionale. La gestione, al contrario, era assunta de facto dal Ministro attraverso la nomina del Direttore generale. L’Abruzzo ha voluto che tale nomina fosse fatta d’intesa con le Regioni, sottolineando con ciò la propria volontà di non delegare allo Stato la gestione ed il relativo finanziamento aggiuntivo dell’Istituto, ma ribadendo, al contrario, la propria volontà di mantenere l’Istituto come Ente interregionale. Si è così posta la parola fine all’ipotesi di avviare un processo che avrebbe potuto por-

tare l’Istituto a diventare un Ente nazionale: premesse per la sua decadenza. D’altro canto, quando il Ministro Sacconi ha proposto nel decreto “L’Aquila” che l’Istituto divenisse Ente a carattere nazionale, incontrando l’opposizione di Bertolaso - chissà poi per-ché - l’Abruzzo non ha speso una parola per sostenerlo. La cosa più incredibile, però, è che un politico abruzzese un po’ sprovve-duto – a meno che non mirava al fallimento dell’intesa - abbia imposto a Chiodi di inserire la clausola che rendeva nulla l’intesa tra l’Abruzzo, il Molise ed il Ministero, per riconoscere l’Istituto almeno come Centro di referenza del Ministero per la cooperazio-ne internazionale, se le Regioni non avessero promulgato le leggi di riordino entro 90 giorni dalla firma della stessa Intesa. Sono ormai più di 200 i giorni che sono passati dalla firma e di leggi di riordino valide non c’è traccia. In teoria, pertanto, l’intesa non è decaduta. L’Abruzzo si è fatto un gran autogol, sempre che l’ob-biettivo non sia stato fare ‘a muina e far finta di volere un’Intesa mentre l’obbiettivo è sempre stato sempre e solo quello di occu-pare qualche posto di potere in più esattamente come volevano fare a suo tempo Salini prima e Del Turco poi”. Insomma la solita

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Izs:la diversità

di Maurizio Di Biagio

› Vincenzo Caporale

vecchia politica dei padri che non muore mai e si perpetua nei secoli immutata”.

Quali sono poi gli errori pacchiani giuri-dici e amministrativi che lei ha rilevato nell’approvazione del testo in consiglio regionale?“Sono vari ed attengono alla formazione degli organi ed alle loro attribuzioni. Un papocchio frutto, da un lato, della cronica ignoranza di alcuni funzionari regionali e, dall’altro, di emendamenti davvero inverosimili che il Consiglio Regionale ha improvvidamente approvato. Sempre che, ovviamente, l’obbiettivo fosse quello di fare una legge di concerto con la Regione Molise e conforme all’Intesa e non quello di vanificarla”.

Il consigliere Di Luca afferma che la man-canza di un cda abbia reso problematici i rapporti tra Izs, che vive in uno stato di anarchia, e la Regione Abruzzo? È così?“Mi piacerebbe conoscere, al di là delle affermazioni demagogiche ed apoditti-che, quale sia l’atto di indirizzo politico, emanato dalla Regione Abruzzo, che l’Istituto ha disatteso. Mi piacerebbe anche conoscere su quali elementi si fonda l’af-fermazione che l’Istituto “vive in uno stato di anarchia”. Dopo il Presidente Pace, che ha avuto con l’Istituto un rapporto estremamente proficuo, anche grazie al suo capo di gabinetto Mannetti, nessun Presidente o assessore ha mai ritenuto di parlare con l’Istituto. Uniche eccezioni Marco Verticelli e l’assessore Venturoni. Sullo stato di anarchia sarebbe bene che il Di Luca si chiedesse come mai il Ministro della funzione pubblica ed il Presidente della Repubblica la pensino diversamente da lui. L’Istituto, infatti, è stato premiato in Quirinale, come una delle tre migliori amministrazioni pubbliche del Paese, lo scorso 8 giugno. Certi politici, quando si parla dell’Istituto, smettessero di ignorare i fatti che contrastano con i loro pregiudizi o con i loro rancori personali”.

Camillo D’Alessandro prospetta addirit-tura una maggioranza all’interno dell’Izs che non sia abruzzese in virtù del com-ponente del cda nominato dal ministero: corriamo questo rischio?Meno male che c’è ancora chi in Abruz-zo sa far di conto pur facendo politica. Il fatto è che l’Istituto ha tre padroni. È, infatti, Ente strumentale del Ministero della salute e delle Regioni Abruzzo e

Molise. L’Abruzzo dunque non ha mai avuto la maggioranza. Dire che l’Istituto è dell’Abruzzo o che l’Abruzzo ha una qualche prevalenza vuol dire fare un’af-fermazione priva di base giuridica. Anche il Consigliere D’Alessandro, tuttavia, sem-brerebbe purtroppo, non aver afferrato che l’Istituto non ha futuro se non diventa un Ente a carattere nazionale.

La nuova sede: un incubo! Ci spieghi per-ché i tempi kafkiani e le poche attenzioni delle istituzioni non siano all’altezza della fama dell’IZS“La responsabilità primaria della rea-lizzazione della nuova sede così come il riconoscimento dell’Istituto come Ente a carattere nazionale è del Comune di Teramo. Lo spostamento in una nuova sede fu decisa allora dal sindaco Speran-dio che aveva capito che per giustificare il grande investimento per una nuova sede l’Istituto doveva diventare un Ente a ca-rattere nazionale e trovò in Pace, di colore politico opposto, un alleato. Sperandio convinse l’allora Ministro Bindi e il Presi-dente della Provincia Ruffini a firmare nel 2003 con la Regione e l’Istituto un Accordo di programma per valorizzare il ruolo nazionale ed internazionale dell’Istituto. Fino al 2005 le cose marciarono spedita-mente, poi tutto cominciò a rallentare fra grandi pause, assenza di decisioni, pratiche perse, distrazioni e, perfino, storni di fondi assegnati al Comune dalla Regione per la viabilità necessaria per la nuova sede. Le ragioni di questo atteggiamento credo siano abbastanza ovvie. Il ritornello ossessivo sul com-missariamento e la necessità di un cda, in realtà, sono servite ad evitare di discutere del perché il Comune avesse rinunciato a gestire l’Accordo di programma ed il perché della enorme differenza di velocità fra la “pratica” nuova sede e quelle del nuo-vo stadio o dell’accor-do di programma per

il nuovo teatro o del parcheggio di Piazza Dante. L’ottimo Brucchi sembra indirizza-to a recuperare un po’ del tempo perduto, sempre che lo lascino fare, anche se temo sia troppo tardi”. Lei poco tempo fa affermò che come la Juventus competiamo e vinciamo . Per la verità, i bianconeri non stanno attraverso un buon periodo, è un monito anche per l’Izs?Quando ci si affida ai dilettanti invece che ai professionisti la sorte delle organiz-zazioni anche di quelle apparentemente fortissime è segnata inesorabilmente. È quanto è accaduto alla Juventus. Costruire richiede tempo. A Teramo, Abruzzo, Italia, i coefficienti di difficoltà poi sono altissimi. Distruggere è facilissimo e lo si può fare in tempi anche rapidi. Mi sembra che il rischio che anche per l’Istituto possa ripetersi nel futuro quanto è peraltro già accaduto in passato sia al momento piuttosto alto. Spero che le don-ne e gli uomini di buona volontà, politici e non, ed il buon senso prevalgano e l’alto rischio resti solo tale e non si tramuti in amara realtà per il bene dell’Istituto, di Teramo e dell’Abruzzo e perché no anche del Paese. u

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Teråmöland Kommun

raccolta differenziatapag

08 di Mimmo Attanasiiluglio-agosto 2010

scono al riscaldamento globale attraverso le emissioni dei gas di scarico. Giusto per la cronaca, nuove ed emergenti tecnologie di lavorazione dei rifiuti, come il trattamento meccanico-biologico (TMB), potrebbero offrire un’alternati-va al curbside collection attraverso la separazione automa-tica dei rifiuti nelle fabbriche di riciclaggio (un filmato per gli adepti di San Tommaso: http://avfallsverige.wallenmedia.se/sopan/). Non sarebbe male incoraggiare l’utenza all’utilizzo di macchine per il recupero dei vuoti, a depositare i contenitori usati e ricevere un rimborso dalle tasse di riciclaggio. Da qualche parte, nel Vecchio Continente, nel così detto Cuore Verde d’Europa, c’è chi impone dalla mattina alla sera il Porta a Porta - che dovrebbe garantire i punti basilari per uno sviluppo sostenibile; ovvero, la minimizza-zione dei rifiuti in cima alla lista, seguita dal riutilizzo, poi il riciclaggio, il recupero energetico e, infine, lo smaltimento in discarica – e il giorno appresso parla della realizzazione di almeno quattro nuovi inceneritori nel proprio territorio. A parte i secchielli per il mare senza palette dati in dotazione

alle povere famiglie che non sempre alloggiano in magioni sontuose di 500 mq calpestabili; a parte i ridicoli sacchetti per l’umido che non basterebbero neanche a un bambino per i popcorn al cinema; a parte che i pannoloni degli incontinenti (e qui, chi sorride, non sa cosa l’aspetta a ottant’anni suonati) puzzano che i cani neanche ci pisciano sopra e invece quelli della spazzatu-ra se li vengono a prendere due volte a settimana; a parte che non si sa più dove

mettere la mondezza dentro casa e non sarebbe chic com-portarsi come i maiali di Manhattan... ebbene sì! A qualcu-no, comunque, piace vincere facile. “Un grandioso successo, un esperimento riuscitissimo”. I teråmölandesi forse si sono dimostrati più virtuosi di certi politici europei, che non si accorgono degli anemoni che gli comprano casa di nascosto; dei faccendieri pappa & ciccia con i potenti a fare la cresta su eventi straordinari, sulla ce-lebrazione del congresso europeo delle famiglie numerose. Senza più cassonetti, con i cestini dei rifiuti a contarli sulle dita di una mano sparsi qua e là ogni 3 km; se poi t’azzardi a buttare all’angolo della via una busta nera, piena di avanzi di sgombro, sarde e vongole nostrane, che se fa caldo ti ritrovi gli Aristogatti al completo dentro casa, ti sbattono in faccia il verbale di un vigile in borghese, costretto a fare il turno di notte, a pesca di lische e torsoli di mela. Adesso, dimmi tu come facevi a perdere questa volta! u

T i piace vincere facile? Presto fatto. Vieni da noi, a Teråmöland Kommun, e proponi anche tu una raccol-ta differenziata dei rifiuti “Porta a Porta”. Riscuoterai

subito un grandioso successo. Tutti i giornali racconteranno della tua impresa; in ogni locandina e solo nelle migliori edicole della città. “Porta a Porta”, ti circonda di fortuna: tanti sacchetti, tante occasioni. “Porta a Porta: vinci spesso, vinci adesso!” zponzizponzizpozpozpozPrima del ventesimo secolo, la quantità di rifiuti prodotti da una famiglia era rela-tivamente piccola e perciò buttavano tutto dalla finestra. Ancora oggi, molti automo-bilisti si sentono avvolti nei belletti ottocenteschi mentre dal finestrino rilasciano sul selciato ciprie, pizzi & mer-letti. Nel 1830, per esempio, a Manhattan, qualcuno ebbe l’idea di utilizzare migliaia di maiali come operato-ri ecologici ante litteram, mandandoli nottetempo a vagare per la Fifth Avenue, e oltre, a ingozzarsi di spazzatura. E ciò spiega pure perché gli americani preferiscono mangiare tanta carne di tacchino. Quando però le concentrazioni umane diventarono di elevata densità territoriale, i raccoglitori per lo smaltimento dei rifiuti mutarono nel tempo giungendo fino a noi sotto forma di cassonetto verde lercio, dalle ruote di gomma strabiche e indipendenti. E fu dunque allora che si cominciò a pensare al curbside collection o kerbside collection: la raccolta porta a porta. In realtà, ciò che si potrebbe definire meglio letteral-mente come raccolta a bordo stradale, è un servizio fornito alle famiglie per la rimozione dei rifiuti domestici. Di solito, è compiuto da personale appositamente istruito, utilizzando contenitori prescritti dal comune e da veicoli speciali per la raccolta e la manipolazione degli scarti domestici. Conside-rata completamente ecologica, questa metodologia può non esserlo necessariamente, in quanto porta a un aumento del numero di veicoli per la raccolta su strada, che contribui-

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M a cosa sarà mai questa in house, la società strumentale che non fa dormire sonni tranquilli praticamente a nessuno. Né al presidente della

Provincia di Teramo che la sponso-rizza e giura sulla sua bontà, né ai precari che in qualche modo potreb-bero essere assorbiti da tale creatura infernale e nemmeno agli stessi assessori che appaiono quantomeno divisi sulla scelta e sulla sua oppor-tunità in questo momento storico. Fino ai sindacati che hanno rotto e poi ripreso le trattative con l’ente di Via Carducci, vomitandosi addosso sputtanamenti da bassa osteria per poi fare pace anche se con qual-che riserva. Cosa sarà mai questa società strumentale a sentir parlare i ben informati oramai in disuso nella maggior parte dello stivale, anche se Catarra giura sul contrario. Si fa l’ipotesi di una società, che poi un nome ce l’ha già (Teramo Lavoro) che assumerebbe molto più prosaicamente le vesti di una Team con tutte le sue funzioni: serbatoio elettoralistico del centrodestra e valvola di sfogo di tutte le promesse inevitabilmente fatte nell’ultima campagna 2009. Non a caso incombe sulla figura anche l’ombra di un assesso-re regionale che di bocche da sfamare ne ha tante: quasi diecimila. Ma per molti “Teramo Lavoro” risponderebbe più che altro ai canoni del modello Protezione Civile by Bertola-so, una “spa” che dovrebbe “aggirare” norme e regole per soddisfare i propri appetiti. Frattanto le mamme dei precari, i dipendenti con contratti a tempo determinato e i cococo, fremono e indirizzano le proprie suppliche a Sua Eccellenza il Vescovo di Teramo. Ma torniamo al tormentone: osser-vando attentamente lo statuto e la convenzione si coglie da subito che in definitiva i precari non sono poi la priorità, anzi per certi versi sono perfino un problema. Per cominciare si può leggere nella Teramo Lavoro un tentativo di bypassare la dirigenza di Via Carducci fornendo armi di grosso calibro

Teramo lavoro

all’in house con un amministratore unico al vertice, tale Venanzio Cretarola, a detta dei sindacati “già invischiato in una sorta di parentopoli a Nettuno”. “L’amministratore, già a capo della Poseidone, una società in house del Comune di Nettuno - sostengono Cgil, Cisl e Uil - è al centro di un articolo di Latina Oggi, in cui sono riportati i nomi dei nove assunti al Comune tra cui la sua stessa moglie, la cognata, il compare d’anello e quattro amici del direttore generale del Comune di Nettuno”. “Speriamo che questa telenovela non si giri anche a Teramo” è il loro commento sardonico. Cretarola sbuffa come un toro e rilancia ribadendo che “non c’è alcuna indagine su di lui se non una semplice acquisi-zione di dati da parte della Finanza: solo articolacci perlopiù chiariti da mesi ormai ed una campagna stampa denigra-toria contro di lui per alzare un polverone per via di alcune assunzioni che ho fatto”. Riprende il filo un arrembante Valter Catarra che sbotta così: “Ora basta, a proporre la società in house sono stati anche i sindacati per non parlare del fatto che sui precari

ci hanno chiesto di assumere una minima parte dei dipendenti a tempo determinato e di mandare a casa tutti gli altri; ora giocano un ruolo da paladini dei più deboli e di servizi ma hanno messo la firma sotto tutti quegli accordi che hanno condotto l’ente nel caos organizzativo”. Come già detto, tra gli obiettivi rientra il depotenziamento della dirigenza attraverso una società che andrà a sbrigare per statuto lavori strumen-tali all’ente, non quindi funzionali cioè attinenti alle funzioni della Pro-vincia, ma che invece siano di sup-

porto, che non interessino il core business di Via Carducci, come centri per l’impiego e altro. Però in un’altra parte della documentazione è previsto che questi servizi siano disciplinati con apposti capitolati che verranno stipulati tra il presidente della società e un dirigente. È proprio in questa piega che s’annida il diavoletto, proprio in questa locuzione la politica avrà di fronte un presidente di una società, non più quindi un funzionario pubblico, da cui poter ottenere più lavori, esautorando di fatto la dirigenza, svuotandola di contenuti. Metodo Protezione civile, ricordate. Oltre all’aspetto meramente giuridico con l’entrata a regime di Teramo Lavoro si dovrà inevitabilmente affrontare l’aspetto dell’economicità, uno degli assunti per cui tra l’altro è sorta tra le tante critiche la società in house. Al personale assunto verrà applicato un contratto collettivo che prevede una retribuzione inferiore a quella degli enti lo-cali, e stranamente nella documentazione non si cita alcun contratto: il sindacato ha le sue ragioni quando dichiara che Catarra avrebbe presentato una scatola vuota. Perché da che mondo è mondo non esiste un contratto collettivo che sia inferiore a quello degli enti locali.

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Doctor House in Provincia

di Maurizio Di Biagio

Il precariodove lo metto?

Basta fare un esempio molto vicino a noi. I dipendenti della Team, con capi-tale pubblico al 51% percepiscono più dei loro colleghi a Piazza Orsini, a Città di Palazzo, come si preferisce dire oggi, in Comune insomma. E l’econo-micità in questo caso, l’assunto priori-tario dell’in house, si va a fare benedi-re. Come farà Teramo lavoro a mettere fieno in cascina e risparmiare? Se dovessimo credere agli amministratori della Provincia di Teramo che tra le ra-gioni di questa benedetta scelta fanno rientrare anche quella dell’agognata stabilizzazione, non andremmo lontani, dal momento che la maggior parte dei precari sono pagati con fondi europei, i cosiddetti Por. E tale finanziamento consente di retribuire l’utilizzo della mano d’opera per lavori attinenti alla strutturazione dei progetti con lavori di precari, e non quindi una stabilizzazione. Inoltre

se la società assumerà personale con contratti a tempo determinato provvederà ad aggiungere pioggia sul bagnato, precari su precari, non certo una buona idea. In più: s’immetterà in Teramo Lavoro gente con professiona-lità elevate, maturate nell’abito del Cpi, nei lavori di orientamento, tutte figure previste nel Masterplan, per svol-gere compiti che sarebbero sempre funzionali all’ente e non strumentali come ad esempio i cantonieri. E questo non è previsto dallo statuto, l’in house è unicamente una società strumen-tale. L’elevato know how dei precari teramani non è affatto proponibile per un travaso del genere. Chiaramente non si penserà di assumerli a tempo indeterminato giacché le casse di Via Carducci languono da un bel pezzo. E se l’in house accoglie i precari, la

Provincia di Teramo si svuota di com-petenze basilari, senza di esse l’ente non potrà più portare avanti la sua ge-stione. Ed è per questo e per tanti altri motivi ancora che in tutt’Italia molti enti stanno ritornando sui loro passi, bocciandole: servono a poco, solo forse a qualche grande Provincia per reperire davvero un po’ di cantonieri. Un aggravio di spesa, se si considera-no i vari organismi di cui è composta e l’amministratore unico che da solo grava sulle case dell’ente come un di-rigente (Cretarola dice 10 mila euro an-nui). Di economico quindi c’è ben poco. Uno strumento che può essere posto a latere dell’ente per svolgere mansioni di routine e nulla più. Se poi qualcuno la vuole riempire di contenuti, beh questa è un’altra storia. Non a caso la stessa consigliera Pd Di Liberatore fece notare in consiglio come in giunta la deliberà che sanciva la nascita di

Teramo Lavoro fu approvata da solo la metà degli assesso-ri (Guardiani, Di Michele, ecc.): qualcosa davvero non va. Una scelta calata dall’alto che ha spaccato la stessa Provincia di Teramo. Ma per mantenere gli equilibri politici teramani tutto dovrà procedere: l’in house s’ha da fare. Questa appare una palude, forse, se si conti-nua in queste contraddizioni, addirittura un Vietnam per la giunta Catarra, perché sarà solo lui a rispondere di questa

scelta che scontenta tutti, o quasi tutti, e che porta a nulla di buono, se non a un disegno politico di qualcuno che nel gioco perverso della democrazia deve “accontentare” qualcun altro.

(a seguire lettera firmata di un preca-rio della Provincia di Teramo)

Tutto è cominciato con la nuova giunta provinciale. C’era un grosso proble-ma: quello di mantenere le promesse elettorali (Catarra a tu per tu con gli elettori dichiara che caccerà via i dipendenti - precari- della provincia, mettendo i suoi). Noi precari venivamo da un processo di stabilizzazione per la quale era necessario maturare 3 anni di tempo determinato nella P.A. Nel frattempo, Catarra fece partire una campagna denigratoria nei nostri

confronti (“lavoratori inutili, sperpero dell’ente, comunisti, fannulloni” ecc.), smentita però dai riconoscimenti a livello nazionale e internazionale che hanno segnalato per esempio il Cpi di Teramo.Si viene a sapere che l’amministra-zione dell’in house verrebbe affidata a Venanzio Cretarola, già indagato dalla guardia di finanza che ci venne eccezionalmente presentato dall’as-sessore Eva Guardiani (nei confronti della quale c’è un vincolo d’amicizia se non forse di parentela) come salvatore supremo. All’incontro vengono dette tante sciocchezze che provano l’abissale ignoranza dei due soggetti per quanto riguarda il diritto del lavoro. Arriva il giorno della proposta in consiglio. D’Agostino si oppone. Chiede giustamente una relazione tecnico-economica della società, visto che si tratta di una trasformazione epocale, che stravolge l’ente, ma Catarra, in evidente difficoltà, non ha altro da dire che: “è più efficiente e più economica”. Quando gli si chiede a che titolo Creta-rola già è insediato negli uffici, senza alcun incarico, ancora più in difficoltà, Catarra scarica il barile puzzolente sulla Guardiani, limitandosi a dire: “E’ un suo amico”. Noi nel frattempo, con i sindacati, facciamo pure un piano fi-nanziario per ridurre le spese dell’ente (e i nostri stipendi) e provare che la copertura finanzia per noi c’è fino al 2015 (fondi europei). Cominciano le minacce velate e no ne-gli uffici. Si respira un clima assurdo. Ci viene intimato di non partecipare al consiglio di delibera, pena la possibi-lità di rientrare in Provincia, quando saranno indette le selezioni. Lo faremo e, ci dicono, “da questo momento siete schedati”. Per la mancata stabilizzazione Ca-tarra dà la colpa al decreto Brunetta: insomma, un mucchio di bugie. E una marea di contraddizioni, smentite, inesattezze. Nel frattempo sono entrati, a chiama-ta, senza selezione, alla chetichella, più di 30 stagisti nell’ente, a ricoprire ruoli non meglio identificati e co-munque in grado di essere svolti dal personale dell’ente. u

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N el taoismo e Confucianesimo tutto è yin e yang: sole e luna, giorno e notte, freddo e caldo, Nord e Sud, estate e inverno. In questi giorni di una Teramo persa in

mastelli suoi, marroni e avorio, tutto nell’ultima nostra santa e virtuosa religione Michelinica è Tordino e Vezzola, vecchio Comunale e Teatro, bici e auto, rossi e neri, ma soprattutto secco e umido, se non indifferenziato e organico. Un culto che ha sovvertito le nostre antecedenti credenze, le nostre inveterate vecchie abitudini, una liturgia che non aveva-mo mai praticato: quella di osservare il libro sacro verde come l’Islam (Benvenuto porta a porta), assieme al vangelo apocrifo della Bussola del rifiuto, per svuotare la nostra dimora di peccati di gola, di lusso e di estetica, rispondendo in un batter di ciglia alle proprie esigenze spirituali e ambientali. Tutta una città è alle prese con: “Ma il phon bruciato dove lo metto? e l’acquario? e il disco di vinile rotto?”. Questo nei casi limiti, altrimenti il giorno è davvero condito da: “E questo dove va?”. Come già scritto sopra ci viene in soccorso l’arma-mentario sacro che sta lì a testimoniare la parola di Micheli, in questo caso, proprio per la materia trattata, verrebbe da dire unto del signore (il christòs, in greco). Poi dove conferirlo verificatelo nella Bussola del rifiuto. Ma bando alle ciance, la raccolta differenziata a Teramo come sta andando? Come l’hanno presa i nostri concittadini, spesso poco avvezzi a fenomeni di massa e rivoluzionari come questi? Sembrerebbe bene, anche se i dubbi quotidianamente assalgono i bravi e piccoli smaltitori e lo stesso call center perlopiù muto da parecchio tempo. Per ricevere una risposta che non sia contemplata nei due testi sacri c’è da sudare. Via i cassonetti, via le isole ecologiche, sono in arrivo 150 cesti-ni prima che inizi l’invasione dei secchi ragazzini danesi, prima che parta la Coppa Interamnia, ma soprattutto spuntano come funghi i mastelli dinanzi alle abitazioni. Ma è davvero tutt’oro quello che luccica? Bah, ancora è presto per tirare le somme, però ad esempio diversi esercenti sono costretti una volta terminati gli ecobiosac (le buste a base di mais per l’organico) a comprarne di nuovi a Milano, presso la Lady Plastik: inutili le mete a Carapollo nella piattaforma ecologica della Team per ritirare il prodotto in modo gratu-ito. “Non v’è parità di trattamento tra noi commercianti e i cittadini” bolla la vicenda Pasquale. Manca la puntualità nei prelevamenti, in centro città si era detto che i mastelli venivano ritirati entro la mezzanotte, ma finora l’orario appare molto

la raccolta differenziata

più flessibile, un po’ alla shula-bula turca. I parrucchieri sono sull’orlo di una crisi di nervi: non sanno più dove conferire i capelli. La Team dapprima aveva suggerito i mastelli dell’or-ganico, poi l’indifferenziato, fino al consiglio di contattare ditte specializzate che trattano rifiuti speciali, nel frattempo gli acconciatori hanno provato a contattare gli uomini di Micheli “ma dal primo maggio il call center è muto”. C’è voluta una riunione straordinaria con il sindaco Brucchi con foto collegia-le finale, ovviamente di lunedì, per poter designare il bidoncino marrone: “E’ organico, basta, sentenzia il primo cittadino”. Intanto qualcuno sta provando a fare il furbo: quando la bus-sola del rifiuto non lo supporta più prova a travasare illegal-mente i rifiuti nei bidoni degli altri, uno addirittura sull’Ape di un fruttivendolo in pieno centro. In periferia richiedono più passaggi per l’umido e per il secco: chiedono pure una raccolta maggiore di pannoloni. Un tappezziere mostra tutti i sintomi della sindrome dell’Asl; dalla Team gli è stato prenotato un appuntamento un mese e mezzo dopo la sua chiamata: “Non ce la faccio più ad andare tutte le volte a Carapollo per smaltire i vecchi divani”. Una toilette di un supermarket del centro è intasata da imballaggi di plastica “e questo perché passano

solo due volte alla settimana”, se scappa si va dalla concorrenza. Un altro commer-ciante si ritrova con 10 rotoli di buste nere per rifiuti che nessuno usa più perché non è stato avvertito in tempo dell’avvento del porta a porta. Alcune edicole, di quelle più esigue, per motivi di spazio sono costretti a ridurre i bidoncini. In Via Po un commerciante di animali esotici intende portare tutti i suoi rifiuti accumulati in un mese davanti al suo esercizio perché non ritirati dalla Team direttamente a casa del sindaco Brucchi. Negli spazi angusti delle piccole pizzerie regna il caos: i commercianti chiedono

bidoni più grandi e spesso (come capita a Domenico) sono costretti a fare loro la differenziata dentro l’esercizio, perché molti utenti sbagliano a conferire nei bidoni posti all’interno. Nel giorno festivo della domenica sono costretti a levatacce alle sei di mattina per rimuovere i mastelli dinanzi al negozio. Non si sa dove smaltire le cassette di legno, tanto che è sorto un fiorente mercato parallelo per chi intende fare provviste per il prossimo inverno. Purtuttavia, dopo un mese di porta a porta e di quote di differenziata schizzate al 61%, Teramo s’appresta a divenire virtuosa. “E’ una grande soddisfazione annunciare queste cifre – dichiara il presidente della Team Raimondo Micheli - è chiaro che qualche difficoltà c’è, se si pensa che serviamo 60 mila abitanti e già solo da mille potrebbero giungere già diversi problemi; il discorso ambientale è un tema sensibile alla nostra amministrazione che sarà premiata come un comune riciclone. Devo dire che Teramo cresce assieme a tutta la collettività che sta mostrando grande qualità e organizzazione”. u

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Bidonvilledi Maurizio Di Biagio

come sta andando

I Love Autodromo

Scolaro che trovi, rombo che vuoi. Questo in sintesi il must che un creative dei nostri tempi potrebbe partorire a favore della manifestazione “I Love Autodromo”, espressio-ne della società Autodromo Gran Sasso. Sono infatti stati premiati all’interno del concorso organizzato dal presiden-te Mario Petrarca diversi ragazzi che hanno espresso le proprie idee per far conoscere meglio il circuito di Montorio Al concorso hanno preso parte 300 studenti di Teramo e Montorio, ciascuno per i propri ambiti studenteschi. I ragaz-zi della scuola dell’infanzia erano chiamati a disegnare un

baby autodromo per le proprie corse; gli alunni della scuola primaria dovevano intonarlo con le bellezze naturalistiche del territorio; gli scolari delle scuole secondarie dovevano raccontare una giornata all’autodromo con il pilota preferi-to; mentre gli Istituti Tecnici Turistici dovevano progettare pacchetti turistici. “La passione con la quale questi giovani hanno realizzato i loro lavori – spiega Petrarca - costituisce un segno tangibile dell’affetto che inizia a legare il territorio con quest’opera straordinaria”.

Un mosaico per Tornareccio

Si è tenuta lo scorso sabato 12 giugno a Tornareccio la ceri-monia di premiazione della prima edizione di “Un mosaico

in trenta giorni

per la scuola. Premio Teresita Olivares Paglione” che ha coinvolto alunni delle scuole elementari. Il centro, già capi-tale abruzzese del miele e paese d’origine del gallerista Pa-glione, è stato trasformato in un museo a cielo aperto. Sono stati esposti venti bozzetti scelti tra gli oltre cento, da cui saranno estrapolati i tre vincitori del premio. Oltre a premi di varia natura, i disegni dei primi due classificati saranno trasformati l’anno prossimo in mosaici 40x70, e installati nel plesso scolastico. La manifestazione farà da preludio alla quinta edizione di “Un Mosaico per Tornareccio”, che si svolgerà da luglio ad agosto prossimi.

Lotto zero tutto ok

Il sopralluogo effettuato dal sindaco Maurizio Brucchi, dall’assessore Giorgio Di Giovangiacomo e dal capo dipar-timento Abruzzo dell’Anas Vittorio Mele, ha assodato che i lavori nel cantiere procedono regolarmente, nel rispetto della tempistica e delle operazioni tecniche preventivate. Nell’incontro si è ribadita la necessità di collocare in Via

Conte Contin, all’uscita del pri-mo e finora unico tratto dell’opera, una rotonda com-posta da pannelli di new jersey che consentiranno la rapida apertura. Il tocco d’autore sarà dato dall’in-stallazione della

sfera di Mastrodascio solo poco tempo fa presente a Piazza Garibaldi. Per il II lotto dell’opera, da Via Contin al quartiere Cona, si entra ora nella fase di aggiudicazione dell’appalto complessivo. “Ancora una volta – sottolinea Brucchi – si conferma la validità del Tavolo di Lavoro istituito assieme all’Anas al fine di seguire direttamente e rendere più snelle le procedure, con risultati che giungono con costanza e puntualità. Ringrazio l’Anas e anche la ditta Stanchieri, per come sta conducendo i lavori”.

La marea nera sul teramano?

Cosa accadrebbe se anche dalle nostre parti si verificasse il gravissimo incidente del Golfo del Messico? Questo si chie-de il Wwf Teramo. “Emergerebbe chiaramente dalla sem-plice sovrapposizione delle cartine geografiche l’ampiezza del fenomeno: una larga e vistosa macchia petrolifera nel Medio Adriatico. Si comprende chiaramente che si assiste-rebbe alla morte di tutto il mare che, oltretutto, ha fondali molto più bassi ed un ricambio molto più limitato di quello del mare antistante le coste della Louisiana”. Finora sono circa 6.000 km2 di costa abruzzese interessate da richieste

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Che Teramoe altro, fa

dalla Redazione

ed autorizzazioni di concessioni per ricerca ed estrazione di idrocarburi. Il Wwf torna a chiedere “che si intervenga sulla situazione delle autorizzazioni che si stanno rila-sciando nel mare antistante la costa abruzzese così come sulla terraferma dove circa 50% del territorio abruzzese è interessato da richiesta di ricerca, estrazione e stoccaggio di idrocarburi”.

Ugo Pagliai già al lavoro

“Teramo è una città teatrale ed il suo pubblico è un intenditore” dichiara entusiasta il direttore artistico della stagione di Prosa della Riccitelli a riguardo del cartellone appena concluso. «Sono molto contento di continuare la collaborazione: assieme realizziamo stagioni teatrali di qualità che richiamano ogni volta un pubblico sempre più numeroso, come dimostrano i circa 2.300 abbonati della scorsa Stagione”. «Teramo è una città teatrale, abituata al Teatro da sem-pre: siamo in pieno lavoro per il suo pubblico che è un intenditore che ama sorridere e riflettere” ha precisato Pagliai. Che conclude così: “Anche per la sesta edizione della Stagione di Prosa proporremo spettacoli che avran-no il nome, la qualità, la scena e la regia, senza trala-sciare, purtroppo, tutte le difficoltà economiche che sta attraversando in questo periodo il Teatro italiano”.

La raccolta differenziatal’avevamo detto

L’eliminazione dei cassonetti della spazzatura, divenuti inutili con l’avvio della raccolta differenziata in città, ha sicuramente migliorato l’immagine della nostra Teramo.

Ma, e noi lo avevamo anticipato, da quel momen-to le vie della nostra città sono diventa-te il cesti-no all’aria aperta per ogni tipo di rifiuto: pac-chetti vuoti

di sigarette, fazzolettini da naso, carta della pizza, del gelato, scontrini e chi più ne ha più ne metta. Tutto ciò magari impropriamente eravamo abituati a buttarlo nei cassonetti che trovavamo ad ogni angolo di via e che dovevano essere sostituiti con altrettanti cestini, proprio per evitare questi inconvenienti. A questa problematica che era da prevedere, fino ad oggi, non è stato posto alcun rimedio. Avevamo avuto assicurazioni dalla Team che era già stato provveduto all’acquisto di 150 cestini (che sono comun-que decisamente pochi per coprire adeguatamente tutte le vie) che però non sono ancora stati installati. Quando sarà fatto?

Nuovi dissuasori di sosta

I vasi circolari con i fiori sono stati sostituiti da un po’ di giorni da questi cubi metallici che ricordano vagamen-te il materiale di cui è costituita l’isola ecologica di Via Paris. Due piccole innocue domande: quando lo togliete quell’obbrobrio di Via Paris, non avevate promesso che sarebbe scomparso di lì a poco?Questi cubi metallici arrugginiti vi sono stati regalati come sconto sull’acquisto delle fioriere di Via Capuani? u

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di Carla Trippini

riprendere la realtà nuda e cruda, così come essa si presen-tava, senza filtri. Fu la corrente che sconvolse i canoni della cinematografia italiana, al tempo in cui era ancora imperante la censura del fascismo. Suscitò critiche, divise gli esperti in pareri opposti. Solo col tempo gli fu riconosciuto il merito di aver dato voce alle fragilità umane.Il grande Totò, ad esempio, o Vittorio De Sica, oppure registi del calibro di Luchino Visconti o Roberto Rossellini, restituiro-no al nostro paese la fotografia di un tempo reale sotto l’occhio vigile di una macchina da presa che coglieva il vero.Però, il parallelo con i reality ancora mi sfugge. Facciamo un esempio: “La terra trema” di Visconti. Il film fu interpretato esclusivamente da non professionisti e girato nello stesso paese de “I Malavoglia” di Verga, cui il film si ispira, Aci Trezza. Addirittura, la lingua ufficiale della pellicola fu il dialetto sici-liano, con tanto di sottotitoli per la versione originale italiana. Ecco, e adesso proviamo a fare un raffronto con un reality show, uno qualsiasi, a voi la scelta.Vogliamo paragonarlo a Il Grande Fratello? Oppure a La Pupa e il Secchione? O ancora a L’Isola dei famosi? La Talpa? Uomi-ni e Donne?

E vogliamo anche chiamarli... artisti, i protagonisti dei reality?Insomma, il confronto mi sembra arduo in quanto credo che, anche se il cinema neorealista ha spesso utilizzato attori non professionisti, si trattava pur sempre di una storia narrata e non di ore ed ore di nullafacenza all’interno di uno studio

televisivo precostituito o di un’isola deserta dove di reale non c’è assolutamente nulla se non il mare che, effettivamente, bisogna riconoscere è da togliere il fiato!Tuttavia, se pur privi di qualsiasi spessore culturale, sono programmi seguitissimi. Il fenomeno di massa, dunque, è sicuramente degno di attenzione. Ad esempio è incredibile come riescano a veicolare i contenuti tipici della nostra epoca. Emergono gli uomini e le donne di oggi, i “bamboccioni” e le “oche”, il binomio veline-calciatori.Però, anche qui la domanda sorge spontanea: è nato prima l’uovo o la gallina? Ovvero, è la TV che vuole mostrare in ma-niera nuda e cruda alle nuove generazioni una realtà priva di intelligenza, oppure questa nuova generazione ha svuotato la propria testa di contenuti per lasciarsi imbottire di TV spazza-tura e porsi così degli obiettivi fittizi (ir-reali)?Dunque, se tanto mi dà tanto, l’equazione è subito risolta.“Ascoltatemi! La televisione non è la verità! La televisione è un maledetto parco di divertimenti. La televisione è un circo, un carnevale, una troupe viaggiante di acrobati, cantastorie, ballerini, cantanti, giocolieri, fenomeni da baraccone, domatori di leoni, giocatori di calcio! Ammazzare la noia è il nostro solo mestiere.” (commento di Howard Beale, personaggio principa-le del film “Quinto Potere”, 1976, diretto da Sidney Lumet.).Va bene così, ci piace, ma... l’importante è tenerlo sempre bene a mente. u

Comeammazzare la noia

considerazioni estive luglio-agosto 2010

L’ estate ormai è al culmine. Oltre al caldo torrido ce ne accorgiamo anche quando, qualche sera non usciamo a mangiare la pizza o un gelato, afferriamo il telecomando

e, facendo zapping, non incappiamo più in reality show. Alcuni di noi saranno sollevati, altri un po’ meno, e comunque tutti dob-biamo fare i conti con la programmazione estiva dei palinsesti che esclude la proiezione di tali programmi.Ma cos’è un reality show? È talk, soap, fiction e tv-verità tutte insieme? Secondo il mio modesto parere direi che è soprattut-to fiction. Il solo fatto di doversi esporre davanti ad una o più telecamere fa dei soggetti stessi i protagonisti di una fiction. Il comportamento viene necessariamente falsato dall’obiettivo che deve rimandare nelle nostre case quello che accade in un luogo prestabilito, quale può essere un appartamento o un’intera isola deserta. In ogni caso i soggetti sanno di essere ripresi e decidono di adotta-re un tipo di comportamento che ritengono possa far presa sul pubblico votante.Quindi, torno alla domanda cos’è un reality show?, ma soprattut-to, cosa c’è in esso di reale?L’idea di spiare 12 ore al giorno una decina di persone, famose e non, che non fanno nulla per tutto il tempo se non che trastul-larsi, adescarsi o litigare con il vicino, cosa ha a che fare con la realtà?Le persone reali si alzano la mattina, vanno a lavorare o a scuo-la, vanno in cerca di un posto di lavoro e spesso non riescono ad arrivare alla fine del mese. Insomma... studiano, lavorano, cucinano, fanno la spesa, portano i figli a scuola o in palestra. E tornano a casa stanchi, nervosi e spesso avviliti. Ecco, io direi che è questa la realtà.Eppure qualcuno ha paragonato i reality show al Neoralismo del Terzo Millennio.“L’artista e l’uomo apparivano così uniti, che non si sa bene dove cominciava l’uno e dove finiva l’altro; più che il come, prima colpiva la cosa da raccontare, e se questo movimento postulava l’uomo prima dell’artista,l’artista era felice di venire dopo l’uo-mo.” In questa maniera Cesare Zavattini, tra i più grandi teorici e sceneggiatori del neoreali-smo, sintetizzava l’essenza del Neo-realismo, che caratterizzò il nostro cinema tra il 1943 e il 1953.Il Neorealismo si chiamò così proprio per la sua caratteristica di

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convegnopag

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I l 28 maggio presso l’Auditorium della Carispaq di L’Aquila, si è svolto Il Convegno: Il sisma in TV e gli occhi dei bambini.Il Corecom Abruzzo, in collaborazione con l’Osservatorio di

Pavia ed il Sipef di L’Aquila, ha realizzato uno studio finalizzato ad analizzare gli aspetti mediatici e l’impatto emotivo delle informazioni sul pubblico infantile.La ricerca ha preso in esame un campione rappresentativo delle principali edizioni dei telegiornali nazionali e locali, nelle settima-ne successive all’evento sismico che ha colpito la nostra terra, e ha valutato la qualità delle informazioni, l’impatto che le immagini e i racconti hanno avuto sui telespettatori, le eventuali violazioni in materia di tutela dei minori.I risultati a cui è giunto l’Osservatorio di Pavia hanno messo in luce cura e attenzione da parte del campione di TV nazionali e locali monitorate sul tema:- una rappresentazione dei minori contestualizzata e funzionale alla narrazione

- una narrazione dei minori rappresentati per lo più collettiva-mente e come simbolo di speranza per il futuro- l’assenza di violazioni per quanto riguarda la normativa in mate-ria di Tv e Minori.Nel complesso è emerso che i servizi televisivi sono stati realizza-ti con cura e attenzione, tranne qualche episodio marginale, non è stato usato un tono particolarmente allarmistico ed il dolore è stato rappresentato con toni sobri e pacati. Si è rilevato, inoltre, che i media, oltre a non utilizzare l’immagine dei minori in situa-zioni di crisi, hanno legato le immagini dei bambini esclusivamen-te a momenti positivi come gli intrattenimenti ludici organizzati

nelle tendopoli e la ripresa della scuola.Il Sipef di L’Aquila, che ha curato l’analisi emotiva delle immagini trasmesse dal campione di TG analizzato, ha concluso deducendo che, a distanza di un anno dalla catastrofe, il ricordo è vivido in entrambi i gruppi di ragazzi analizzati – bambini e ragazzi fuori regione e bambini e ragazzi di L’Aquila – e simile è l’impatto emotivo tra chi ha vissuto personal-mente il sisma e chi l’ha visto rappresentato in TV.All’evento sono intervenuti Maria Pia Caruso per l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Enrico Paissan Vicepresidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, l’Assessore regionale Paolo Gatti.Ha aperto i lavori il Vicepresidente del Consiglio Regionale d’Abruzzo Giorgio De Matteis, il Presidente del Corecom Abruzzo Filippo Lucci, il Presidente del Coordinamento dei Corecom Roberto Pellegrini, il Consigliere di Amministrazione della RAI Rodolfo De Laurentis, il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo Stefano Pallotta.I dati più significativi dello studio sono stati discussi nel corso della tavola rotonda, moderata dalla giornalista Francesca Noce-rino, da Marco Mugerli, Presidente Comitato TV e minori, Elena Porta per Aeranti Corallo, Filippo Rebecchini presidente di FRT, Anna Maria Monti Presidente Unicef Abruzzo, Ludovico Petrarca Presidente di Assostampa Abruzzo.A conclusione dei lavori il Corecom Abruzzo ha consegnato una targa ai partecipanti alla Prima edizione del Premio Corecom e ha premiato, con l’intervento del giornalista Giustino Parisse, i giovani giornalisti della tendopoli di San Demetrio che, dopo il sisma, hanno dato vita al periodico “Zero nove”. La motivazione della premiazione risiede nell’impegno significativo e il grande slancio profuso nel raccogliere notizie e testimonianze di chi si è trovato a vivere tutte le fasi dell’evento divenendo l’emblema

delle nuove leve del giornalismo che bene hanno rappresentato con semplicità e sincera passio-ne la tragedia delle popolazioni dell’Aquilano. u

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Il Sisma in Tv e gli occhidei bambini

Interamnia DanceWorld

dietro la Coppapag

18 di Annarita Di Lorenzoluglio-agosto 2010

entusiasmo, movimento e cultura. Componente quest’ultima, sempre presente in tali situazioni perché, il ballo non è solo fisicità, elasticità, dinamicità. Il vero ballerino conosce la storia e quindi il significato del pezzo eseguito, è colui che sa attribuire al “passo”

il senso che merita, lo stesso a volte impercettibile agli occhi dei presenti. Come dire che un ballerino non può accontentarsi di ballare, per giungere ad un certo livello deve anche studiare. Un esempio viene da una delle danze che caratterizza i ritmi latini americani: il paso doble. In linea di massima è intuibile che si tratta di un ballo caratterizzato da una “sfida”. Il paso evoca l’immagine della corrida, dell’arena, del toro che assale il torero, del torero che sfrutta l’unica arma che ha a disposizione per difendersi: la mantellina. In una pista da ballo, basta che il presentatore dica: “si accomodino gli atleti per il paso doble” che si avverte la risposta del pubblico il quale pare non aspetti altro. Come avviene nell’are-na quando viene fatto entrare il toro. Il pubblico si esalta trasmet-tendo la stessa adrenalina ai protagonisti del gioco.La verità è che, durante l’esecuzione di un paso doble, il ruolo dell’uomo e della donna non è lo stesso dall’inizio alla fine. Sicura-mente il cavaliere rappresenterà in linea di massima il torero della situazione ma, la donna può fungere da mantella che l’uomo ge-stisce con la semplice impostazione delle braccia durante il ballo ma, può trasformarsi nel toro nei momenti in cui si trova a sfidare il proprio partner. Per capire e quindi apprezzare i diversi momenti e ancor di più per dare ad ogni momento la giusta interpretazione, bisogna studiare la storia del ballo e conoscere una coreografia dettagliatamente. Proprio per dar sfoggio a questo tipo di arte a tutti i ballerini è stato riservato uno spazio come è già successo per Sportissimamente. Manifestazione quest’ultima a cui aderiscono i rappresentanti dei vari sport e che quest’anno si svolgerà nel mese di settembre. A tal riguardo si ricorda che lo scorso ottobre in occasione della stessa, sempre Largo S. Matteo ha ospitato la danza sportiva.Piacevole la presenza di un pubblico non solo numeroso ma anche caloroso che ha sostenuto tutti noi, ballerini, artisti, atleti, dall’inizio alla fine, con applausi spontanei che hanno reso la serata come meritava che fosse: semplicemente speciale! u

I nteramnia Dance World è lo spazio che l’Assessore allo Sport del Comune di Teramo, Guido Campana ha dedicato al ballo durante i giorni in cui a Teramo si è svolta la “Coppa Interamnia”.

Il posto in cui gli artisti-atleti si sono esibiti alternandosi nelle varie serate è Largo S. Matteo. Il ballo è stato presentato in tutte le sue sfumature, dalla danza clas-sica, moderna, contemporanea a quella latina, caraibica, standard.Numerose sono le associazioni che hanno aderito all’evento, acco-gliendo l’invito dell’Assessore, tra queste: Il Diamante, Il Diamante Calor Latino, La Sylphide, Danzarte, Cam Ritmica, Il Balletto Arte in movimento, Mousike, Backstage Dance Academy, Nirvana Show Company, Merilù Dance. Esibendosi ognuna nelle proprie specia-lità tali Asa, hanno reso Largo S. Matteo teatro di spettacolo, arte,

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera per-venutaci da parte del Signor Stelvio Mazziotti di Teramo,

nostro lettore.

Egregio Sig.Direttore, sono un cittadino teramano che da sempre ha fatto la raccolta differenziata dei rifiuti. Ora che l’operazione bene organizzata, preceduta da grande propaganda per diffondere le modalità di esecuzione però non è stato per nulla informato il cittadino dove vanno a finire tutti i materiali raccolti e separati. Ho letto da qualche parte che tutto quello che viene raccolto va inviato ad aziende specializzate per riciclo e produzione di nuovi oggetti.Cito qualche esempio: - la Spid Cros costruisce biciclette con il 50% di alluminio riciclato- la Bialetti produce caffettiere con il 65 % di alluminio riciclato - l’azienda Patagonia produce confezioni di pile ottenute con bottiglie di plastica ed altre fabbriche fanno sedie utilizzando 10 (dieci) contenitori di detersivo riciclati;- la carta raccolta è noto che va a rifornire le cartiere per la produzione di carta di giornale ed altro;Detto questo mi domando e chiedo alla TeAm: se questo mate-riale le varie fabbriche le ricevono gratis. Certamente no e allora il Comune d Teramo dovrebbe ridurre la tassa rifiuti per premia-re il cittadino che è il primo “operatore” di questo importante servizio pubblico.Ringrazio per la pubblicazione e La saluto cordialmente. Teramo 30.06.2010 Stelvio Mazziotti

La lettera al Direttoresulla raccolta differenziataa Teramo

› Ballerini a largo S. Matteo

N on si sono fatte attendere le po-lemiche sulla decisione presa dal Parlamento europeo sul sistema

di etichettatura dei prodotti alimentari che rischia di mettere in difficoltà un prodotto amato come la “Nutella”. Il Parlamento Ue ha infatti dato un primo via libera alla normativa che riguarda le informazioni nelle etichette e la pubblicità, che sarà impossibile per prodotti con un contenuto eccessivo di zuccheri, grassi e sale.Da parte sua Coldiretti mette in luce quelle che considera contraddizioni nella politica dell’Unione Europea, che con la normativa sulle etichette ostacola prodotti come la Nutella senza poi porre paletti a prodotti al formaggio senza latte o al vino senza uva

coldiretti informa

che penalizzano il Made in Italy. A subire gli effetti delle normative comunitarie lo scorso anno era stato un altro importante prodotto della dieta mediterranea come il vino per il quale a causa della riforma europea di mercato del settore vitivinicolo è stata autorizzata la possibilità di zuccheraggio per i paesi del nord Europa, ma anche la produzione e la com-mercializzazione di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes”.Coldiretti ricorda che in materia di formaggi la Commissione ha respinto

qualche mese fa una proposta italiana per rendere obbligatoria l’indicazione di origine del latte impiegato nel latte a lunga conservazione e in tutti i prodotti lattiero caseari, e sottolinea la con-traddizione della normativa Ue relativa

all’etichettatura dei prodotti agricoli impiegati per l’alleva-mento, obbligatoria solo per la carne bovina, ma non per quella di maiale.Non mancano però le buone notizie come la recente deci-sione dell’Unione Europea di rendere obbligatoria l’ indi-cazione dell’origine dell’ex-travergine di oliva a partire

dal mese di luglio 2009, favorita dal pressing della Coldiretti che ha

avviato una campagna per l’etichettatura obbligatoria di tutti gli alimenti. u

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19di Raffaello Betti Direttore Coldiretti Teramo

luglio-agosto 2010

Polemiche per decisione Uesu etichette che danneggia Nutella

Da qualche mese, sul tema della mobilità ciclopedonale si stanno confrontando vari comuni e la stessa Provincia

di Teramo. Sul web è in continuo aggiornamento una speciale classifica, il Bici Derby che somma le attività e le opere realizzate:(info www.abruzzoinbici.it/biciderby.htm)Nettamente in testa è il comune di Teramo che da qualche settimana ha attivato il bike sharing e che ha consigliato agli assessori l’uso delle bici in centro. Visto il successo decretato dai cittadini, entro luglio saranno aumentate le due ruote a disposizione, con l’installazione di nuove rastrelliere in città. È questo il primo tassello di una serie di obiettivi da centrare e tra questi c’è sicuramente il rispetto del divieto di parcheggio sulle fasce pedonali realizzate in centro e la creazione di nuovi spazi percorribili come promesso qualche mese fa. La novità positiva che vogliamo segnalare è la creazio-ne di una nuova fascia protetta in Via Paolucci che, dal monu-mento ai caduti di Via Mazzini conduce in Viale Crucioli.La strada era pericolosa per i pedoni che percorrevano l’interno

del curvone con limitata visibilità. La richiesta dei cittadini del quartiere è stata prontamente ac-colta dal consigliere comunale Alfredo Caccioni che ha a cuore il miglioramento del quartiere e dall’assessore Rudy Di Stefano. Tra gli obiettivi che i due intendono raggiungere a breve, come nelle intenzioni di tutta la Giunta e del Consiglio Comunale (ricordiamo anche le numerose interrogazioni del consigliere Valdo Di Bonaventura su questo tema), è la rapida riapertura della ciclopedonale sul lungofiume Tordino interrotta a causa dei lavori del Lotto Zero e che non ha più motivi tecnici ed economici per subire nuovi ritardi, poiché è stata risolta l’interferenza con i lavori della tangenziale. La promessa è di attivare l’intero anello ciclopedonale intorno alla città di Teramo entro l’estate senza interruzioni. Il Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano per

bocca dell’ingegner Lucio De Marcellis, fa presente che l’anello è un fiore all’oc-chiello per la città, uno dei due soli percorsi abruzzese segnalati sulla nuova guida ciclo-turistica del Touring Club (l’altro percorso è la Ciclabile Adriatica). Crediamo sia anche tempo di cominciare a pensare a come realizzare in tempi brevi il primo tratto della “Teramo-mare ciclabile” considerata la difficoltà di intercettare i fondi

europei FAS. Una ghiotta occasione è all’orizzonte: l’imminente costruzione dell’albergo Best Western nelle adiacenze del Cen-tro Commerciale Gran Sasso. Al Comune spetteranno in cambio alcune opere di urbanizzazione. È opportuno chiedere all’albergo la realizzazione di un tratto di ciclabile verso Teramo e verso san Nicolò, perché gioverebbe all’albergo, al turismo e alla sicurezza e benessere dei teramani. u

Un nuovopercorso protettoin Via Paolucci

la città della bici del pedonedi Sergio Scacchia

dal mese di luglio 2009, favorita

Cambio ai vertici della Coldiretti di Teramo e L’Aquila. Raffaello Betti è il nuovo direttore delle Federazioni

Provinciali teramana ed aquilana, subentrando ad Errico Michele, nominato Direttore Regionale Coldiretti Sardegna. Betti, 49 anni, sposato con una figlia, ha origini aretine. Nel presentarsi al Consiglio delle Federazioni, il nuovo

Direttore ha illustrato breve-mente il suo curriculum vitae con particolare riferimento alle esperienze direzionali a Firenze-Prato, Lucca, Massa Carrara e regionale della Sardegna. “E’ un incarico che mi permet-terà di conoscere un territorio nuovo ed importante” dice il neo Direttore “il mio impegno, almeno per i primi tempi sarà

potenziare l’attività sindacale ed i rapporti con le istituzioni locali a tutti i livelli, nonché incentivare la costruzione di una filiera agricola tutta italiana, progetto principale della Confe-derazione Nazionale a sostegno delle aziende. Per l’Aquila, in particolare, il mio impegno sarà rivolto all’area colpita dal terremoto in modo da permettere una veloce rinascita economia delle aziende agricole nostre associate”. u

Raffaello Betti

A voler dipingere il panorama che s’incontra viaggian-do tra i monti della Laga e i Sibillini, la tavolozza dovrebbe contenere tutti i colori della terra: il verde

dei boschi, il bianco dell’acqua che scende dalle montagne, il marrone delle mandrie, il grigio delle pietre dei borghi con i colori caldi delle abitazioni che sanno di fumo, fuoco e sabbia impastata dal tempo e dalle forze della natura.

un libro da leggere

È una montagna essen-ziale, sovrastata dal blu del cielo, tra natura e case sparse con paesi che appaiono all’im-provviso, in un perfetto e naturale mimetismo nell’ambiente, con lo stesso colore delle rocce circostanti utilizzate per edificare.I monti della Laga presentano diversità ovunque: un versante ripido, quello laziale, aspro e selvaggio quello marchigiano, ondulato e accattivante il teramano. Parliamo di luoghi magici, dove preval-

gono boschi di faggi e abeti bianchi come la foresta di San Gerbone e il bosco della Martese, acque scroscianti con le cascate più belle dell’Appennino, come il salto della Morri-cana e quello della Volpara, prati meravigliosi con orchidee di montagna. Non mancano cime severe, tra le quali il Monte Gorzano, il Pizzo di Sevo e il Pizzo di Moscio. In più sono presenti una miriade di piccoli e antichi borghi pieni di storia e tradizioni.E’ in questo territorio magico che si svolge il viaggio itinerante del nostro collaboratore Sergio Scacchia alla ricerca di un passato da non dimenticare attraverso pastori, carbonai, gente che ha scelto di vivere in luoghi difficili ma meravigliosi, colonizzando in lungo e largo questi luoghi, aspri e severi, sviluppando un’economia stanziale, basata sulle risorse del bosco, sulla pastorizia e sulla produzione di una stentata agricoltura. Il libro “Silenzi di pietra” è scritto nella maniera come si dovrebbe fare divulgazione di civiltà: andando nei luoghi, vi-vendo a contatto con la natura e con la gente e raccontando le loro storie. Chi vuole occuparsi di cultura e territorio non può farlo a tavolino e seduto davanti al Pc. Bisogna diventare escursionista e viaggiatore, essere pronti a fermarsi attratti da ogni possibile richiamo dato dalla montagna e dai suoi abitanti. Occorre percorrere le zone in lungo e largo, nelle varie stagioni, dall’alba al tramonto, in-seguendo storie, racconti e leggende, recuperando testimo-nianze preziosissime degli ultimi “personaggi” sopravvissuti e ancora tenacemente abbarbicati in queste lande sempre più deserte. Creare così un documento che si srotola nelle varie località, intrecciato con i ricordi delle persone incon-trate e con suggestioni evocate, a volte impalpabili, altre evidenti e nette. “Silenzi di pietra” è un libro scritto con la passione per la propria terra e le sue radici più profonde. u

luglio-agosto 2010

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Silenzidi pietra

dalla Redazione

un libro per chi ama la propria terra.

è il nuovo Direttore della Coldiretti

È stata annunciata da un paio di mesi la nascita di un Liceo coreutico a Teramo. Grande soddisfazione, esternata a spron battuto come di prammatica, da parte di responsabi-

li scolastici e amministratori locali, che hanno parlato di “risultato importante”, di “motivo di orgoglio”, persino di “volano per la cul-tura della nostra provincia”. In realtà, temo non sappiano ancora bene cosa li aspetta. Si tratterebbe di un’innovazione premiante per la nostra città? Per la verità, di licei coreutici si parla da tempo immemore nel nostro paese, quelli di Latina e di Torino sono attivi già da anni, e oltre agli altri quattro previsti a Roma, Udine, Busto Arsizio e Genova, tutti peraltro scelti con quello di Teramo come sedi pilota, molti altri se ne prevedono in futuro: pare uno ogni due province. Di un “privilegio teramano” rispetto agli altri capoluoghi abruzzesi mi sembra perciò abbastanza azzardato parlare. Ma veniamo ai fatti certi.Il nuovo liceo è uno dei due indirizzi del Liceo Musicale e Coreutico, una delle scuole secondarie di secondo grado introdotte dalla tanto contestata riforma Gelmini, che entrerà a regime non prima del 2013. A Teramo partirà a settembre prossimo nel nostro convitto nazionale, con una sola classe e per un massimo di 20 frequentanti. Dopo l’esame attitu-dinale, svoltosi a fine maggio, gli ammessi avranno 32 ore totali la settimana, di cui 14 di formazione coreutica nel primo biennio, che scenderanno a 11 nei tre anni seguenti. L’istituto sarà convenzionato con l’Accademia Nazionale di Danza, ossia verrà rifornito di do-centi di danza tutti della stessa provenienza, a riprova di un’antica posizione accentratrice e nei fatti monopolistica tutt’ora mante-nuta dall’istituzione romana. Al termine dei cinque anni l’allievo conseguirà la “maturità coreutica”, corrispondente al titolo di Diploma accademico di I livello, dal quale si potrà proseguire – ma praticamente si tratterà di un obbligo velato – iscrivendosi a un corso di II livello in Accademia, di altri due anni. In caso contra-rio, si potrà proseguire con un percorso universitario o di tipo similare, che tuttavia darà evidentemente sbocchi professionali alternativi a quelli della danza danzata. Veniamo adesso ai punti che sono meno certi. Anzitutto il proble-ma logistico. Il nostro convitto, come molti altri in giro per l’Italia, di fatto non dispone di spazi adeguatamente attrezzati per questo

Teramo culturale di Silvio Paolini Merloluglio-agosto 2010

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Un Liceo coreutico al Delfico

tipo di disciplina. Tant’è vero che la dirigenza scolastica del Delfico ha dovuto emanare un bando di gara per pubblica fornitura. Questo significa che, per almeno un anno o due, il liceo coreutico sarà obbligato ad appoggiarsi a strutture esterne per garantire lo svolgimento delle materie fondamenti del corso, con imma-ginabili disagi e costi aggiuntivi di vario genere, i quali, con ogni probabilità, ricadranno sui diretti fruitori. Pur in assenza (pare incredibile) di un decreto ufficiale sui requisiti tecnici minimi delle sale di danza, il bando, su indicazioni dell’Accademia, richiede superfici di almeno 140 mq, pavimentazioni in legno a nido d’ape (tralasciando il dato non meno importante dell’elasticità), un pianoforte verticale, spogliatoi separati e via dicendo. Strutture del genere di certo non abbondano in città, e non si trovano a pochi passi dal convitto. In secondo luogo il piano di studi, di cui mancano ancora i dettagli. Se si rispetterà il parallelismo didattico con quelli che sono i pro-grammi ministeriali stabiliti dall’Accademia, cosa assai più che probabile, i problemi per chi dovrà frequentare non saranno po-chi. Chi si iscrive a un liceo, mediamente, ha tredici anni. Ebbene a tredici anni un aspirante ballerino, specie se ragazza, dovrebbe trovarsi già a un terzo-quarto corso normale. Il che significa che dovrebbe avere già diversi anni di studio alle spalle, essere già solidamente “impostato” nello studio della danza accademica. Pare poco? Chiunque conosca o abbia frequentato corsi di danza, sa quanto fondamentale sia la formazione di base. Iniziare tardi,

a sviluppo fisico già avanzato, o iniziare male, con insegnanti non del tutto adeguati al compito, significa avere possibilità pressoché uguali a zero di poter riuscire bene in un corso del genere. L’incongruenza è del resto ben visibile già nell’apparente paradosso di un liceo che apre con un’unica classe in una città, e in un paese, che in questi ultimi vent’anni hanno registrato un’autentica esplosione di domanda e di offerta nel campo della danza. Esplosione avvenuta per una sorta di reazione a catena consentita da politiche liberiste quantomai disinvolte e da tam-tam mediatici affidati a varietà e talent show televisivi di dubbia valenza culturale. Sul piano didattico, per conseguenza, la situazione non è meno fosca e la formulo in questi termini: quante sono le scuole di danza private oggi attive nel nostro territorio, e in

quelli confinanti, che possono garantire a un ragazzo di tredici anni una preparazione adeguata per la sua età? La risposta è: molto poche, e sempre meno. La danza non è ginnastica, non è gioco o sport, è arte. Per svolgerla sul serio, così come avviene per la musica o per qualunque altra disciplina artistica, servono molte qualità, serve selezione, servono insomma metodiche di insegnamento che, ormai da tempo, nelle nostre scuole di danza private sono cadute in disuso.Perciò può dirsi bastevole una riforma simile, in un paese che non ha ormai da tempo una vera cultura coreutica né una varietà di compagnie o luoghi nei quali la danza d’arte possa esprimersi? Tutt’altro che un successo o un volano, e stando le cose per come le vedo ora, a me pare simile a una casa senza base e senza tetto, rischiosa per chiunque voglia abitarla o gestirla. u

I punti chiari e quelli oscuri

Teramo culturalepag

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C inque anni fa, ottantacinquenne, scompariva a Bologna Giulia Zauli Naldi. Di origini nobili - proveniva da una delle più antiche famiglie comitali di Faenza - giunse

a Teramo dal capoluogo emiliano nei primi anni Cinquanta. Divenne parte del ristretto stuolo di collaboratori che il professor Giuseppe Emilio Gaspari, brillante pediatra e fratello del più noto parlamentare Remo, volle con sé per l’attivazione di una sede di-staccata dell’Ospedale civile di Teramo in zona Santo Spirito, il cosiddetto “Ospedaletto” di via Taraschi. Fu il primo centro pediatrico attivato in città, nel 1950, dopo l’opera pionieristica svolta da figure come Mario Capuani. Si trattò certamente di un momento fortunato per la sanità teramana. Gaspari, allievo del senese Gian Paolo Salvioli, apparteneva al fior fiore della scuola medica bolognese, quella stessa nella quale si era distinto, fra gli al-tri, un altro medico teramano di grande prestigio, Antonio Gasbarrini. Fin dal suo arrivo l’attività di Giulia si distinse per competenza e serietà, che la condussero ad assumere il ruolo di primario all’Ospedale di Atri, dove prestò servizio fino all’andata in pensione. Abruzzese d’adozione e teramana d’elezione, Giulia non è stata solo un’eccellente pediatra. I suoi interessi per la fotografia e per il disegno, fra l’altro, lo dimostrano: molti dei suoi scatti e fotoritratti, presi anche in caratteristiche località abruzzesi, sono autentiche opere d’arte. Organizzatrice perfetta, amò sempre viaggiare e andare alla ricerca di tutti gli aspetti e le usanze del mondo, che di fatto le riuscì di vedere quasi per intero. Sporti-va, atletica, saliva sci in spalla da Pietracamela ai Prati di Tivo quando lassù non c’era nulla, e ancora negli ultimi anni proseguì a spostarsi in bici. Rimasta presto orfana di padre, e poi nubile per tutta la vita, decise di allevare e di tenere come un figlio uno dei suoi pazienti più bisognosi, quello che per tutti era “Gabriel-lino”, affetto da una rara forma di nanismo congenito. Quanto assolutamente unica fosse questa loro unione è qualcosa che solo chi ha visto può capire. Lei sempre serafica, poco loquace

in pubblico e dai gesti misuratissimi; lui estroso e portato alla burla, dalla gestualità irrefrenabile, spesso canterino e clowne-sco. Sembrava impossibile che tra i due vi fosse quella perfetta intesa che invece vi era e vi fu sempre, fino alla scomparsa di lui. Ma il segreto di quella magica simbiosi aveva origine proprio nel carattere di Giulia: il suo Gabriele, un Peter Pan rimasto per sempre bambino, era in fondo l’alter ego profondo e nascosto della sua personalità.Questo mi permette di giungere alla ragione vera per cui ho voluto ricordarla. Penso di dovere proprio a Giulia alcune delle cose fondamentali che ho imparato sul come vedere le cose che mi circondano. Nulla le sfuggiva mai. Conosceva sempre tutto di tutti i protagonisti della vita civile e culturale, della teramanità come del mondo intero. Le sue conversazioni erano excursus interdisciplinari di una vastità vertiginosa, e fu, devo aggiungerlo, la prima persona a sollecitarmi a realizzare un documentario sulla figura di Liliana Merlo, sottolineando che era soprattutto alla sua attività creativa che avrei dovuto dare rilievo, quell’at-tività che in fondo nessuno aveva mai realmente considerato prima. Il fatto è che Giulia amava avidamente ogni cosa fosse fonte di piacere estetico, dalle cose più prosaiche a quelle più elevate. Questo le riusciva naturale perché per lei non esistevano barriere tra vita “privata”, vita “professionale” e vita “mondana”. Le tre cose, quotidiano, lavoro e svago, erano in lei tutt’uno. Ogni cosa le suscitava la stessa attenzione: un bambino da curare, un faccenda da sbrigare, un luogo da fotografare, uno spettacolo o un evento culturale al quale assistere. Per tutto provava sempre

lo stesso tipo di interesse, e in tutto sapeva trovare quello che c’era di im-portante, di istruttivo, andando oltre la sua mera apparenza immediata. Allo stesso tempo era una giudice severa e, quasi in ogni caso, giusta e obiettiva. Non manifestava mai entusiasmo in senso banale, ma sapeva distinguere in ogni occasione il più dal meno, ciò che vale da ciò che no, con infallibile intuito. Nella sua mentalità, il “valore” di qualcosa o di qualcuno aveva un sapore specialissimo, mai generico, in

un’accezione che, ritengo, riacquisiva il suo significato essen-zialmente militaresco. “Bello” era per lei non solo ciò che era in grado di opporsi alla banalità, al consueto, al facile consenso, a ogni moda o tendenza passeggera, ma anzitutto ciò che sapeva farsi valere per sue intrinseche virtù, al di là di ogni suo aspetto mondano, oltre ogni vacuo clamore. In questo, o meglio anzitutto in questo, ritengo che Giulia sia stata una delle più nobili co-scienze della nostra città. Non ha lasciato scritti, salvo i carteggi e lo sparuto numero di pubblicazioni scientifiche per quella carriera universitaria che non le fu dato di percorrere, ma nella coscienza dei molti teramani che a lei si sono rivolti e che hanno potuto conoscerla, essa ha credo lasciato qualcosa di non meno importante: l’indicazione per noi tutti, dettata in modo spontaneo e discreto, sul come restituire alla vita la sua intensità. u

luglio-agosto 2010

GiuliaZauli

di Silvio Paolini Merlo

Coscienza nobiledella città

› Giulia con il suo Gabriele

› L’Ospedaletto ai primi anni ’60 (Archivio Fotografi co Fondo Nardini,Bibl. Prov. Delfi co)

B right Star è scritto nell’acqua, come nell’epitaffio di Keats si dice fosse pure scritto il nome del poeta. Acqua come principio femminile, naturalmente. Lo sguardo di Jane

Campion è liquido e fluttuante, è un battesimo iniziatico che re-cinge lo spazio sacro dell’amo-re e sprofonda, con naturalez-za, nelle acque profonde della morte e del sangue (alla cui circolazione rimandano la prima materia, il flusso ma-terno). E’ una coerente prosecuzione del precedente In the Cut, espresso, al contrario, nello statico e nell’arido monomaniaco, anche fotogra-fico. Anche quello un film sulla poesia, ma urbana e malata, dove lo sguardo desiderante della donna ambiva ad essere spazzato dal machismo, eros confinante di nuovo con la morte. Morte non lucifera, cioè apportatrice di luce, ma dark star: carne che, nell’atto amoroso, diventa carne sacrificale, da macello. Il dia-volo, sicuramente. Tra Bataille, Sade, René Girard e Fassbinder. La protagonista dell’altro film sconfinava nell’inferno del proprio “io” maschilista per ri-approdare a un nuovo “sé” liberato e capovolto. Qui Fanny Brawne (Abbie Cornish) è già immessa in un flusso di ricomprensione degli opposti (vita/morte) che disinnesca da subito ogni luogo comune imprigionante.I titoli di testa espongono già il concetto. Cucire, ricamare: attività femminile di auto-reclusione, segno distintivo di una condanna so-ciale al domestico, attributo tradizionale. Nel film diventa una nuova forma di comunicazione, una tessitura zen, opera di collegamento di ciò che è scollegato, poesia perforante e penetrativa, lacerazione trickster dello spirito maligno. L’incipit indugia su un atto che chiude per aprire, articola per disar-ticolare, sospeso nell’hard core dei primissimi piani. Ferri e aghi

“Bright Star”, love story capovolta

cinema di Leonardo Persialuglio-agosto 2010

Il tocco luminoso dell’amore

non come sostituto del fallo, ma altro se(n)sso che, nel corso del film, trasmigrerà nell’immagine di mani intrecciate e sensuali più di un amplesso, negli sguardi insistiti di lei su di lui che diventano dissoluzione corporale: irradiazione dello spirito divino. Una Ode to Psyche, un chant d’amour malgrado le pareti. Il ricamo è vitale, ma non totalizzante. In una scena centrale, Fanny ignorerà questa sua attitudine, visto che accanto a lei non c’è l’amore. Allo stesso modo (le scene sono congiunte), non desiste dal sentimento sapendo che esso non risulta economicamente conveniente.La piccola Tools osserva la sorella maggiore Fanny e ne assorbe il tremore capace di far tremare. Un op-segno trasmigrante, da don-na a donna, rovescio dei titoli di Ritratto di signora, all’origine della sconfitta femmina. Dirà con fermezza al libraio saccente che, al di là di scarse vendite e stroncature, sua sorella vuole verificare da sola se il Keats (Ben Whishaw) di Endymion sia idiota o no. Anche in senso dostoevskiano.E’ già un corteggiamento di lei nei confronti di lui. Parte attiva che lo ama, perché qui l’uomo è debole come un’eroina da melodramma, consumantesi nella tisi. Ma il film, senza rimuovere la morte, non è mai funereo o decadente. Come l’amore che rappresenta, pure al diapason, non risulta mai fou. L’estremismo sta nel mantenersi su un tono di normalità che sappiamo, purtroppo, non essere tale. Anche della relazione, tanto chiacchierata nella realtà, non si avvertono echi, se non in una battuta. Ogni sentimento patriarcale è bandito. La madre di Fanny è Kerry Fox, ovvero la Janet Frame di Un angelo alla mia tavola. Per questo non si scivola nella dannazio-ne, nella nevrosi, nel sentimento che scatena follie o interdetti, alibi per non amare davvero. Qui il film spiazza, capovolgendo i luoghi e i ruoli. Lei lo guarda nei suoi gesti femminili: materno quando è al capezzale dell’amato fratello George; vergine nel portare alle guance, e poi baciare, la federa di cuscino che lei ha “composto”

per il defunto fratello.C’è di più: il poeta non ha un soldo, né un mantello. Non è un buon partito, non è da sposare. Andrà a vivere nella periferia dei poveri, mentre la rivoluzione industriale sta cominciando a cambiare il mondo. Emaciato, morente. Pure questo è, per lei, un momento epifanico. Tra Europa ’51 e Jack London. Senza proclami ideologici, tutto interiorizzato in uno sguardo

ricamatore. Quello che fa di lui, prima ancora che versifichi, già un poeta. Artista nel suo essere oltre la convenzione. «La tua scrittura è la cosa più bella della mia vita», gli dirà. E la sua scrittura è già tutta nel suo non essere come gli altri. Piccolo, inginocchiato, col capo riverso tra i seni di lei. Il poeta non è un fingitore: il poeta, dirà lui, è l’essere più prosaico che esista, totalmente avvolto nella miseria umana.Come il celebre Ode to a Nightingale (letto per intero, nei titoli di coda) fa esplodere la bellezza tra il «My heart aches» e il «drowsy numbness pains» del primo verso, così, da questo cadavere fisico

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e sociale, la regista sa distillare «a beaker full of the warm South» (bicchiere pieno del caldo Sud), non importa se siamo a nord di Londra. Estate a perdifiato, prati, fiori, farfalle, erbe e siepi, cime degli alberi su cui riposare. Gatti. Quando i due casti amanti si immobilizzano, divertiti, allo sguardo della piccola Tools che li precede nella passeggiata boschiva, siamo davvero in una nuova wonderland, un luogo fatato, il «Do I wake or sleep?» della poesia keatsiana. Fanny come Fancy, una delle grandi odi del poeta, la fantasia dall’alto compito («high-commission’d»), osservata da Tools ma pure dal fratello Sa-muel. L’uomo, si spera, che verrà. Che può

avere a modello una donna, senza essere omosessuale. Esplosione totale di vitalità, di estensione dell’essere. Mentre tenera si fa la notte, cioè la dipartita, la fine: «easeful Death».La debolezza è forza, quindi, in Bright Star. E la forza-forza, il maschilismo tru-ce, quello incarnato dall’amico possessivo e invidioso, o forse addirittura gay, di John Keats, cioè John Brown (Paul Schneider) è, sin da subito, «scimmia disgustosa», vigliaccheria irresponsabile, l’anti-poesia. Un impiegato dell’arte, una parodia e un’imitazione (scimmia, appunto) del Poe-ta. Fanny lo detesta, ma non lo odia. Nep-pure la Campion. Nessun rancore, nessun

sentimento vecchio in questo film che, tra il 1818 e il 1821, disegna uno scenario che, ai nostri occhi stanchi post-moderni, sembra fantascientifico e irraggiungibile.In una poesia a lei dedicata (To Fanny), Keats parlerà di amore senza inganno, non mascherato, privo di macchia e di supplizii di Tantalo. In una meravigliosa traduzione degli occhi di lei che guarda-no lui guardare lei, Bright Star celebra, come pochi altri film nella storia del cinema, l’amore come esperienza di co-noscenza, atto politico e ristrutturazione dell’esistente. «Il tocco ha memoria», dice Keats nel film. Quello registico di Jane Campion pure. u

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C on la sentenza n 3108 del giorno 11 febbraio 2010 la Suprema cor-te di Cassazione si è ancora una

volta pronunciata sulla annosa questione concernente il danno causato da un incendio propagatosi da veicolo in sosta. A tal proposito è d’uopo rammentare che la “circolazione del veicolo”, quale presupposto giuridico per la sussisten-za dell’obbligo di risarcire il danno, è espressamente indicato sia dall’art. 2054 del cc, con riguardo al proprietario del veicolo, sia dall’art. 18 della L. 990 del 24 dicembre 1969 (oggi sostituita dal codice delle assicurazioni del 2005) con riferimento alla Compagnia di assicu-razione. Il lettore già immagina quante liti giudiziarie siano nate per chiarire l’esatto significato della “circolazione del veicolo”.Ebbene, la controversia regolata dalla sentenza indicata, concerne una richie-sta di risarcimento danni formulata da un proprietario di un’autovettura per un incendio provocato da un autocarro in sosta. In primo grado, il giudice di pace di Mezzojuso ( Pa), ritenendo che l’auto-carro in sosta fosse comunque un veico-lo posto in circolazione, ha condannato la Compagnia assicuratrice a risarcire

dura lex sed lex

sia i danni lamentati dal proprietario dell’automobile danneggiata, sia i danni richiesti dal proprietario di un immobile, anch’esso danneggiato dall’incendio, che era intervenuto nel procedimento.Il Tribunale di Termini Imerese, giudice di appello della sentenza di primo grado, in riforma della sentenza gravata, ha rigettato le domande di risarcimen-to danni, escludendo che l’incendio in questione fosse riconducibile al concetto di circolazione stradale. Proposto ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, il verdetto è stato nuova-mente ribaltato, riconoscendo il diritto dei danneggiati e il correlativo obbligo di risarcire i danni da parte della Compa-gnia assicuratrice. Ora, la questione del danno provocato da un veicolo in sosta che abbia propagato le fiamme ad altro veicolo, o ad altri beni, è stata affrontata

già dalla giurisprudenza che ha distinto l’ipotesi in cui le fiamme siano state dolosamente appiccate da un terzo, da quella in cui dipendano da altra causa. Nella prima ipotesi, ossia nell’ipotesi di incendio doloso, la giurisprudenza è univoca nel ritenere che le conseguenze dannose dell’incendio non siano cau-salmente ricollegabili alla circolazione stradale. Nelle altre ipotesi, ossia quan-do l’incendio non sia opera dell’inter-vento doloso di un terzo, l’orientamento della giurisprudenza appare oscillante. In particolare, è stato ritenuto dalla Cassazione che l’auto in sosta può con-siderarsi immessa nella “circolazione” e che l’incendio da essa propagatosi sia ad esso conseguente o perché c’è stata collisione, o perché esso deriva da un normale utilizzo funzionale del veicolo assicurato.La decisione in commento ha ritenuto, partendo dalla premessa che il veicolo in sosta su area pubblica deve reputarsi sempre in circolazione, (anche in base alla ovvia considerazione dell’obbligo assicurativo gravante sul veicolo anche se posto in sosta sulla pubblica via), che l’incendio da esso propagatosi sia sempre risarcibile come qualsiasi altro sinistro, salvo che l’incendio non sia stato dolosamente appiccato da un terzo, unica circostanza quest’ultima, idonea a spezzare il nesso di causalità tra la circolazione e l’incendio. u

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25luglio-agosto 2010

Streets of firea cura di

Amilcare Laurìa ed Elvio Fortuna avvocati associati

L a cineramnia-manìa colpisce ancora. Quest’anno la formula dell’ormai celebre kermesse, l’unica in grado di trasformare la città in un set e i teramani in

“attori per caso” riserva diverse sorprese. L’edizione 2010 è infatti interamente dedicata al digitale. Una novità che ha attratto più di 200 aspiranti attori, dai 3 agli 80 anni, arrivati da tutta la provincia per sottoporsi alle bizzarre prove escogitate dal regista Fabio Fidanza e dalla troupe di Cineramnia che vanta anche la presenza di Ermanno Di Nicola, candidato al David di Donatello 2010 per i migliori effetti speciali visivi per il film di Marco Chiarini “L’Uomo fiammifero”. Cineramnia è ormai considerata un patrimonio della città, tanto da meritarsi il patrocinio di Provincia, Regione e Comune. Non solo: anche gli ammi-nistratori locali, armati di una buona dose di autoironia, si sono sottoposti alla dura legge del provino, così come hanno accettato di posare con gli occhialini in 3D per gli spot che pubblicizzano l’evento. Ognuno ha scelto una strada diversa per non sfigurare da-vanti all’obiettivo: il sindaco Maurizio Brucchi, si è presen-tato ai provini accompagnato da suo figlio, il piccolo Filippo di 3 anni, che si è divertito ad indossare gli occhialini in 3D e a farsi fotografare da Emidio Frattaroli e Fabio Panichi. Non sono stati da meno l’assessore agli Eventi Guido Campana, che ha mimato il suo nome, e l’assessore alla Pubblica

cinema in 3D luglio-agosto 2010

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Cineramnia

istruzione Piero Romanelli, che invece ha interpretato una scena del mitico Alberto Sordi. Come sempre le chicche migliori sono arrivate dagli aspiranti attori che si sono im-pegnati in scene tratte da celebri film, come “Via col vento”, “Taxi driver” e in performances personalissime e divertenti che si possono visionare sul sito www.cineramnia.it. Tra loro verranno scelti i protagonisti per il primo cortome-traggio in 3 D che verrà girato a Teramo dalla regista Laura Bispuri, vincitrice del David di Donatello 2010 per il lungo-metraggio “Passing Time” che ha già pensato ad un’idea vincente per valorizzare attori e comparse scelti a Teramo. Il cortometraggio, che verrà girato in un’unica location, il lungofiume Vezzola, sarà proiettato al termine della manife-stazione che si terrà dal 19 al 31 luglio. Il 3D è la novità che rappresenta il filo conduttore di questa sesta edizione, tutta dedicata al cinema digitale e stereo-scopico, che si è guadagnata il sostegno di due partner di prestigio che hanno scelto di credere nella manifestazione: la “Nuct - Scuola internazionale di cinema e televisione”, tra le più prestigiose realtà formative di alta specializzazione nel settore cinematografico e “AV Magazine”, rivista on line di punta nel settore audiovisivo. Quest’anno Cineramnia si trasforma infatti nel primo festival di cinema in 3D, con diverse sezioni. Una di queste sarà dedicata al cinema indi-pendente. “Siamo andati alla ricerca – spiega Dimitri Bosi

di Cineram-nia – di altre produzioni a basso costo e prive di canali distributivi, ma ricche di elementi interessanti e degne di essere apprezzate anche dal

grande pubblico. Il vincitore del concorso Digitale Indipen-dente, decretato da una giuria di esperti, riceverà una copia gratuita del proprio film equivalente alla pellicola in digitale e la distribuzione nelle sale convenzionate con il festival e con SocialDistribution.org”. Ed è proprio sulla social distri-bution, ossia una distribuzione basata essenzialmente sul passaparola, che il film di Marco Chiarini “L’Uomo fiammi-fero” ha basato il suo successo, una sorta di favola nella favola, che ha incantato critica e spettatori, consentendo al film di vincere numerosi premi in Italia e all’estero. Forse anche chi vincerà questa edizione di Cinermania avrà la stessa fortuna. Il responso finale sarà affidato ad una giuria tecnica composta da esperti del settore. Quest’anno anche i ragazzi delle scuole medie potranno esprimere il loro parere, decretando, attraverso i loro voti, il miglior film tra i lungometraggi, i corti e i trailer tutti in 3D. u

di Valentina Procopio

dopo “L’Uomo Fiammifero”

I l nuovo corso della Teramo calcio inizia con due importanti arrivi:

Antonio Obbedio e Massimo D’Aprile. Rispettivamente direttore sportivo e coordi-natore generale, entrambi accomunati dalla giovane età, rappresentano il futuro biancorosso, ognuno con un ruolo ben distinto. Prove-nienti da esperienze profes-sionistiche, hanno deciso di appendere le scarpette al chiodo per cimentarsi in una nuova esperien-za sempre nell’ambito calcistico. La scelta per un radicale rinnovo di parte dell’organico tecnico, rappresenta un percorso innovativo che la società e il Presidente Cam-pitelli vogliono sperimentare affidandosi a personalità che nel loro percorso di vita hanno dimostrato sul campo di avere un buon talento tecnico e delle forti personalità. Abbinare esperienza agonistica e capacità organizzative è un binomio interessante che potrà dare importanti frutti alle soglie del professionismo.Antonio Obbedio, pugliese di nascita e lombardo di adozione, a fine carriera ha scelto il litorale della nostra provincia per fissare la sua abituale dimora. Buon giocatore con esperienza anche in serie B (Lucchese e Messina) e con una carrie-ra ventennale in club professionistici, succede a Mimmo Di Antonio, al quale va un doveroso ringraziamento per l’ottimo lavoro svolto in due anni. Anche se per motivi contingenti le strade si sono divise, resta un ottimo ricordo soprattutto per quello che ha saputo fare per la rinascita del calcio a Teramo augurando al simpatico Mimmo tutte le fortune in altri importanti club. Il nuovo d.s. biancorosso, giovane e con

calcio

le idee molto chiare, è pronto per organizzare una formazio-ne in grado di competere per il vertice della classifica. Alla sua abilità di scovare giovani talenti, cosiddetti fuori quota, è affidata le sorti della nuova formazione biancorossa. Questi ultimi rappresentano l’ago della bilancia in quanto il rendi-mento della squadra passa, per una buona percentuale, per il loro valore e per loro capacità.Massimo D’Aprile, conosciuto in città e bandiera del vecchio Teramo calcio, poco più che trentenne, lascia il calcio giocato per cimentarsi nel campo della dirigenza. Dopo diverse esperienze nel professionistico, quando a Teramo sembrava sceso il sipario sul calcio, è tornato nella sua città guidando, da capitano, la squadra che ha ereditato il compito e l’onere di rilanciare le sorti calcistiche cittadine.Dopo l’esaltante cavalcata nel campionato di Promozione, l’inizio di quello di Eccellenza gli ha riservato qualche dispia-cere per delle incomprensioni non imputabili alla società che lo ha riabbracciato subito dopo aver riconquistato la serie D. La nuova promessa biancorossa, questa volta da dietro la scrivania, avrà modo di farsi apprezzare per le sue capacità assicurando teramanità anche nella gestione. Laureato in giurisprudenza con specializzazione come manager dello

sport, sposato con Cristina, si è stabilizzato in città, dopo anni di nomadismo calcistico visitando varie città italiane, portando con se qualità tecniche e morali frutto dell’insegna-mento del suo ambiente familiare e della sua città. Quando ancora era in attività e impegnato sui campi di gioco, il suo pensiero era già rivolto verso quello che sarebbe stato il suo futuro fondando una scuola calcio ad Avezzano. In questa atti-vità ha dimostrato capacità e duttilità formando giovani

poi approdati in vari club della massima serie. Al momento la sua creatura marsicana conta circa duecento iscritti, tutti impegnati in tornei regionali ed in tanti anche nelle fasi finali nazionali.Il richiamo della sua città è stato forte tanto che il Presi-dente Campitelli, suo estimatore come giocatore, ha voluto gratificarlo proprio per questa sua vocazione ed interesse, conferendogli un importante incarico di coordinatore di tutte le attività della Teramo calcio, dalla prima squadra a quelle giovanili. La società e gli sportivi teramani ripongono nei due baby (si fa per dire) dirigenti le aspettative per il ritorno nel professionismo dove loro hanno avuto modo di dimostrare di saper fare bene e di conoscere tutti gli aspetti di un ambiente complesso e non facile da gestire. u

luglio-agosto 2010

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Il Teramo calcio

di Antonio Parnanzone

ricominciacon Obbedioe D’Aprile

› Massimo D’Aprile

› Antonio Obbedio

calcio luglio-agosto 2010

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29di Antonio Parnanzone

A ll’uscita da scuola in Piazza Martiri e Corso S. Giorgio con gli amici a commentare la rete di questo o quel giocatore, idolo della settimana. Nel pomeriggio al

vecchio comunale per chiedere timidamente l’autografo, accarezzato nei sogni di ogni notte, al giocatore più famoso. La giovane età di Rinaldo Cifaldi si forma e scorre tra le tante aspettative giovanili, in parte realizzate ed altre rimaste nel cassetto dei desideri. Calcio e scuola, riempiono le sue giornate nella quotidianità e nella modestia del suo ambiente familiare e del quartiere dove vive. Una carriera calcistica senza clamori apprezzata per la sua correttezza, giocatore dal carattere forte e deciso che non lascia niente al caso. Teramo, Montorio e Nepezzano sono le tappe percorse per calcare i campi di calcio come calciatore. La sua carriera di allenatore inizia su un campo di periferia non lontano dal nuovo comunale di Piano D’Accio. Il vecchio comunale è il punto di riferimento nel quale medita di tornare, per il momento solo una chimera. Nepezzano è il battesi-mo come tecnico, poi affermatosi altrove. Il giovane mister co-mincia a farsi notare anche fuori dall’ambiente cittadino tanto che il Morro D’Oro, società emergente, lo chiama a ricoprire la panchi-na nel campionato di Eccellenza regionale. L’anno dopo, nel piccolo paese teramano, vince con merito il massimo torneo regionale, sperimentando le sue capacità di ottimo tecnico con la stessa società che gli conferma la fiducia nei due anni successivi in serie D. Conosciuto e affermato in tutto l’Abruzzo, approda in piazze ambiziose desiderose di emergere e così trascorre altri quattro anni a Celano dove vince il campionato regionale di Eccellenza e la Coppa Italia. Dopo una parentesi a Notaresco, vittoria nei play – off di Eccellenza per 3-1 con l’Hatria con la storica tripletta di Mario Orta, il passaggio a Chieti , altra piazza importante, dove si consacra definitivamente come uomo vincente. Qui, infatti, vince il campionato di Eccellenza guidan-

Rinaldo Cifaldi

do anche quello successivo di serie D. In ordine di tempo è L’Aquila l’ultima città dove porta a termine, nella stessa cate-goria, un torneo tra mille difficoltà per i noti eventi sismici nel capoluogo abruzzese. Il peregrinare tra città e paesi d’Abruz-zo non lo distoglie dalle vicende della sua Teramo, specie quelle relative al calcio cittadino. Soffre come tanti altri per la inopinata fine della vecchia Teramo calcio, suo amore sin dalla tenera età. Qualcuno fa il suo nome, ma resta solo una voce che vola via tra le tante indiscrezioni circolanti in città. Il nuovo Teramo del presidente Campitelli nasce, vince e si afferma riconquistando con autorità, in appena due anni, la quarta serie. Con il ritorno nel calcio che conta, i tifosi e gli ap-passionati invocano il suo nome, mentre la società vaglia altre alternative, ma alla fine sceglie lui. La città lo ha riabbracciato

con entusiasmo e spera in lui per tornare dove era appena due anni fa. “E’ un atto d’amore verso la mia città. Qui sono nato, cresciuto e vissuta la mia giovinezza” dichiara tradendo una certa emozione . ”Dire che sono felice è poco. Ho tifato Teramo da sempre, quando la domenica andavo al vecchio comunale. L’ho seguito in casa e nelle trasferte ed anche quando sono andato a giocare nei paese della provincia, avevo nel cuore sempre il mio Teramo. E’ un impe-gno importante, ma c’è la metterò tutta per regalare alla mia città quello che merita. Se ci riuscirò ne sarò veramente orgoglioso”. Oltre a franchezza e idee chiare, il nuovo tecnico biancorosso, non nasconde il desiderio di portare a Teramo altri teramani. “Vincere è sempre difficile e non è mai una certezza se non nel momento in cui l’obiet-tivo è raggiunto. Il programma della società, che ho fatto anche mio, è di arrivare, nel prossimo campionato, almeno ai play-off. Se dovesse arrivare anche la vittoria è

la benvenuta, ma non mi sento di prendere subito un impegno in tal senso. Mi piacerebbe riportare a Teramo qualche gio-catore teramano, ma dubito che ciò possa avverarsi, almeno per quest’anno”. Cuore e professionalità, sono le linee guida di Rinaldo Cifaldi. L’uno non esclude l’altro per i successi che Teramo si attende da lui, semmai sono ulteriori motivi di forza e interesse. Il ritorno del “figliol prodigo” coincide con il ritor-no nelle competizioni a carattere nazionale. Non è casualità, bensì un preciso progetto della società nella speranza che almeno una volta possa essere sfatato il detto “nessuno è profeta in patria”. u

C onclusa la stagione regolare. Con sorpresa finale, all’ulti-ma giornata la Benetton Treviso è entrata a far parte del gruppo delle otto finaliste per la conquista dello scudetto

tricolore beffando all’ultimo momento l’Air Avellino. La Carife Ferrara, nonostante un ottimo finale di campionato dopo l’innesto di un gigantesco Ford, non riesce ad evitare la retrocessione in LegaDue. La BancaTercas conclude il suo campionato insieme al resto delle altre compagini che non hanno preso parte ai play off scudetto, raggiungendo l’unico e forse il più importante obiettivo dei tre che si erano presentati lungo il cammino della stagione, quello di restare per l’ottavo anno consecutivo nella massima se-rie. Analizzando attentamente quanto di buono o di meno buono la BancaTercas ci ha proposto in questo torneo, si può dire d’essere contenti. Condividiamo in pieno le affermazioni del Presidente del-la Teramo Basket Carlo Antonetti quando dice che Teramo anche quest’anno ha vinto il suo scudetto. Nello stesso tempo dobbiamo anche affermare che la paura di una retrocessione sventata solo a due giornate alla fine del campionato per merito della classifica avulsa, è stata tanta. Diciamocelo francamente, concludere un campionato senza un sussulto finale e per di più inanellando tre insuccessi consecutivi, non è stato di certo piacevole per tutto l’ambiente. C’è mancato tanto l’abbraccio festante finale tra tifosi e squadra, che di solito suggella la fine di un faticoso ed impegna-tivo torneo. Il tutto significa che la squadra, quest’anno, ha dato relativamente poco e quel poco lo ha dato senza entusiasmare più di tanto. Quindi è mancata quell’affetto e quella riconoscenza re-ciproca che di solito si instaura tra sostenitore e giocatore. Infine, com’è mia abitudine commentare le varie giornate del campiona-to, cosi non posso esimermi dal farlo per le ultime tre giornate del-la stagione che si possono così riassumere nell’ordine: per la 13ª giocata a Cremona, la prestazione della BancaTercas è sembrata inconsistente, pertanto la partita persa con il risultato 91 a 80 non ha avuto attenuanti; per la 14ª, penultimo turno al PalaScapriano ospite è stata la Benetton Treviso, scesa sul parquet più motivata per l’ultimo disperato tentativo di raggiungere i play off. Decisive le ripetute triple dei suoi cecchini ai fini del risultato, la BancaTer-cas inizia male l’approccio alla gara, tenta di rimediare nel corso dell’incontro ma alla fine soccombe con il risultato di 86 a 82. Per la 15ª ed ultima giornata a Porto S. Giorgio contro Montegranaro, la BancaTercas chiude il suo campionato con una prestazione sopra le righe, la seconda dopo quella di Caserta in campo esterno nel girone di ritorno, nonostante l’assenza del play titolare Giusep-pe Poeta. Montegranaro, dopo sei sconfitte consecutive, fa di tutto per tornare alla vittoria e la ottiene nei minuti finali con il punteg-gio di 87 a 81. I play off scudetto sono iniziati il 20 maggio scorso.

basket di Bebè Martorelliluglio-agosto 2010

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Tutto è bene quel chefi nisce bene

Strategiadi lungo periododi lungo periodo

Il Giovin Sire della stirpe Claviapria che ponesse l’Interamnia Urbenelle robuste mani del Cicliatraper approdare al più alto scranno

di Presidente di questa regionecon la “Silviana” benedictione,insieme ad esso e ad altri giovinotti,formulò piani ricchi di…avvenire

che avrebbero impegnato per decennii governanti di queste amene plaghea crear Cultura, Economia,nel segno di una lunga Strategia.

Molti di noi, certo di mente corta,non colsero in quell’epico progettol’essenza vera di quella “magia”.Sol’ora abbiam compreso fi no in fondo

dove conduce questa teoria.Ci porta ai tempi eterni dei lavorii,dei bei programmi e delle conclusioni.Ed è perciò che Piazza Garibaldi,

detta per ora Piazza Staccionata,la vedremo fi nita fra trent’anni,ed attraverseremo il Lotto Zerofelicemente…fra un ventennio intero.

di Luigi Pardo

Questi gli accoppiamenti dei quarti, al meglio delle 5 partite: Siena vs Treviso, Bologna vs Cantù, Milano vs Montegranaro, Roma vs Caserta. Da quest’anno nuova formula, con le prime 2 gare in casa della meglio classificata, poi due sul campo dell’avversaria. L’eventuale gara 5 si gioca di nuovo in casa della meglio classifi-cata. Terminati i quarti di finale, dove non ci sono state sorprese, in semifinale sono andate le quattro squadre, che avevano chiuso la stagione regolare nelle prime quattro posizioni della classifica generale, Siena, Caserta, Milano, Cantù. Hanno fatto seguito gli accoppiamenti, come da regolamento, la prima contro la quarta e la seconda contro la terza, con inizio delle gare dall’1 al 10 giugno al meglio delle 5 partite. Concluse le semifinali, Siena ha superato il turno senza alcuna difficoltà contro Cantù. Per l’altra semifinale, il discorso è stato più complicato e la soluzione è arrivata solo a gara 5 dove Milano si è imposta a Caserta, dopo una partita durissima. Pertanto, la finle per la conquista dello scudetto se la disputeran-no, al meglio delle sette gare, Siena e Milano. u