Una pace fatta in casa - Vatican.va · Anno CLIV n. 1 (46.543) Città del Vaticano...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIV n. 1 (46.543) Città del Vaticano giovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014 . y(7HA3J1*QSSKKM( +&!z!=!"!% Papa Francesco celebrando la quarantasettesima giornata mondiale indica da dove ripartire per portare giustizia e verità a tutti Una pace fatta in casa E nel Te Deum di fine anno chiede ai romani di non guardare dal balcone i tanti problemi vissuti da uomini e donne in difficoltà È la forza non violenta della verità e dell’amore ciò che serve per costruire la pace nel mondo. Una forza da scovare nella mitezza di un cuore che, davanti alla «debolezza del Bambino Gesù», rifiuta l’oppressio- ne, «le tentazioni di vendetta, di prepotenza, di corruzione». Ma è un cammino che deve iniziare da casa, dalla casa di ciascun uomo, ha detto Papa Francesco mercoledì mattina, 1° gennaio, durante il primo Angelus del nuovo anno. La pace, è stato in sostanza il suo messaggio, si costrui- sce anzitutto in casa. Poi «si va avanti, a tutta l’umanità». E lo Spi- rito Santo, ha invocato, «agisca nei cuori, sciolga le chiusure e le durez- ze». Tutto ciò che impoverisce il cuore dell’uomo. Davanti a migliaia e migliaia di persone convenute in piazza San Pietro per l’appuntamento mariano, Papa Francesco ha tirato fuori, da sotto i fogli del discorso preparato, una lettera. Era quella «di un signo- re — ha spiegato — forse uno di voi», il quale gli raccontava di una sua tragedia familiare e allargava poi il discorso alle tante tragedie che sconvolgono il mondo. Ciò però che più ha fatto riflettere il Papa è stata la domanda suscitata da tanto male: «Cosa succede nel cuore dell’uomo che è portato a fare tutto questo?». Il Pontefice ha talmente preso in considerazione lo sfogo dell’uomo che non ha esitato a far proprie le sue parole ripetendo: «Cosa succede nel cuore dell’umanità? È ora di fer- marsi». E ripartire «con più decisio- ne sulle vie della giustizia e della pa- ce». Propositi che Papa Francesco ha poi affidato alla Madre di Dio. Un’intenzione che poco prima era risuonata anche nella basilica vatica- na, dove il Pontefice ha celebrato la messa per la quarantasettesima Gior- nata mondiale della pace. Così come poco dopo avrebbe fatto in Piazza, ha chiesto ai fedeli che assistevano alla messa di ripetere per tre volte l’invocazione alla Madre di Dio. Nel pomeriggio poi si è recato egli stesso a Santa Maria Maggiore per ripetere la sua preghiera davanti alla Salus populi Romani. Nei vespri della solennità mariana, presieduti nel tardo pomeriggio di martedì 31 dicembre 2013, il Vescovo di Roma aveva intonato il Te Deum di ringraziamento di fine d’anno. Nell’omelia si era rivolto in partico- lare ai romani, invitandoli a ridise- gnare il volto di una città accoglien- te e a lasciarsi coinvolgere dai biso- gni di tanti fratelli e a non limitarsi a guardare «dal balcone». PAGINE 7 E 8 Undici morti in un attentato nella zona più controllata di Mogadiscio Al Shabaab rilancia la sfida Nel 2013 il maggior numero di vittime degli ultimi cinque anni L’Iraq torna al passato Una donna a Baghdad (Afp) NOSTRE INFORMAZIONI In data 2 gennaio, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arci- diocesi di Tororo (Uganda), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Denis Kiwanuka Lote, in con- formità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Provvista di Chiesa In data 2 gennaio, il Santo Padre ha nominato Arcivesco- vo di Tororo (Uganda) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Emmanuel Obbo, della Congregazione degli Apostoli di Gesù, finora Ve- scovo di Soroti. Lo stesso Presule è stato nominato Amministratore Apostolico «sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis» del- la Diocesi di Soroti. Per rilanciare il negoziato tra israeliani e palestinesi Nuova missione di Kerry in Vicino Oriente Il luogo di un attentato nella capitale somala (Afp) BAGHDAD, 2. Il 2013 è stato per l’Iraq un anno segnato da una lun- ga scia di sangue. Secondo le sti- me delle Nazioni Unite, a causa delle violenze, in gran parte dovu- te alla sempre forte rivalità tra scii- ti e sunniti, i morti sono stati 8.868, di cui 7.818 civili. Un bilan- cio di vittime così pesante non si registrava dal 2008. Intanto si è appreso che il primo ministro ira- cheno, Nouri Al Maliki, è tornato ieri sulla decisione di ritirare l’eser- cito nelle città della provincia di Al Anbar: una decisione presa do- po gli scontri tra esercito e manife- stanti a ovest di Baghdad. Dopo aver dunque ordinato alle forze ar- mate di rientrare nelle caserme del- le varie municipalità della provin- cia, il premier ha poi optato per l’invio di rinforzi militari. TEL AVIV, 2. Il segretario di Stato americano, John Kerry, torna oggi in Vicino Oriente con l’obiettivo di rilanciare il negoziato tra israeliani e palestinesi. Kerry proporrà alle due parti la bozza di un accordo quadro che dovrebbe tracciare le linee fon- damentali di una futura intesa da raggiungersi — nei piani di Washin- gton — entro le metà del 2014. Difficile dire se l’iniziativa ameri- cana avrà successo. Di certo Kerry avrà il suo da fare per riavvicinare le posizioni del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, e del presi- dente palestinese, Abu Mazen. E ciò soprattutto dopo le recenti pole- miche per le voci di un nuovo pos- sibile via libera israeliano ad altri insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Inoltre, nelle ultime settimane è tornata alla ribalta la questione del- la valle del Giordano, dopo che una commissione ministeriale israeliana ha annunciato un progetto di legge per l’annessione a Israele dei circa venti insediamenti presenti nell’area. Il Governo Netanyahu preme affin- ché la valle resti sotto il controllo militare israeliano anche dopo un futuro accordo di pace: una propo- sta contestata dai palestinesi. In passato, da parte statunitense era giunta la proposta di schierare sul Giordano forze internazionali. Abu Mazen ha accettato il principio, ma ha tenuto a precisare la natura del ruolo delle forze internazionali, che — ha detto — dovrebbe essere di di- fendere i palestinesi da possibili at- tacchi israeliani. Intanto, la recente liberazione, da parte di Israele, di ventisei detenuti palestinesi non ha generato gli effet- ti distensivi sperati. L’Autorità pale- stinese ha riservato ai detenuti un’accoglienza trionfale, definendoli «eroi» della resistenza. Un gesto, questo, apertamente criticato dal premier Netanyahu: «Così non si educa alla pace». Sul fronte palestinese, si sta in- tanto aprendo qualche spiraglio di dialogo tra Hamas e Al Fatah. Con l’inizio del 2014, il presidente Abu Mazen, leader di Al Fatah, e Ismail Haniyeh, capo di Hamas, hanno espresso l’auspicio che la frattura fra i rispettivi movimenti possa ricom- porsi. Ieri, con un significativo ge- sto di distensione, Hamas ha fatto sapere che il prossimo 5 gennaio i sostenitori di Al Fatah a Gaza po- tranno confluire nella piazza Al Khatiba, una delle maggiori della Striscia, per festeggiare l’anniversa- rio della loro organizzazione. Nel giugno 2007, in seguito a violenti scontri, gli uomini di Hamas hanno preso il controllo della Striscia di Gaza, estromettendo Abu Mazen e i rappresentanti di Al Fatah, che ha comunque mantenuto l’amministra- zione dei Territori in Cisgiordania. MO GADISCIO, 2. Gli insorti radicali islamici somali di al Shabaab, han- no rivendicato l’attentato che ieri se- ra ha provocato undici morti nel Ja- zeera Hotel, un albergo nei pressi dell’aeroporto internazionale di Mo- gadiscio frequentato da funzionari governativi e da stranieri. L’edificio è stato investito dalle deflagrazioni di tre potenti ordigni, due in rapida successione e il terzo un’ora dopo, mentre erano in atto le operazioni di soccorso. Secondo alcuni testimo- ni, c’è stata anche una nutrita spara- toria con i numerosi militari presenti nella zona, una delle più controllate della capitale somala, dove si trova- no, tra l‘altro, sia le sedi delle agen- zie dell’Onu sia i principali acquar- tieramenti dell’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia. L’attacco, il primo del 2014, segue di una settimana il via libera dato dal Parlamento somalo al nuovo primo ministro Abdiweli Ahmed e mentre sono in atto le consultazioni per la formazione del suo Governo. Non aveva avuto rivendicazioni, invece, l’ultimo attentato a Mogadi- scio del 2013, quello del 27 dicem- bre, quando un’esplosione in un ri- storante affollato aveva causato la morte di otto persone, compresi al- cuni militari che ne erano con tutta probabilità il bersaglio. In ogni ca- so, il persistere delle violenze con- ferma le difficoltà delle istituzioni somale guidate dal presidente Has- san Mohamud, insediate un anno e mezzo fa al termine di una lunga transizione formalmente dichiarata conclusa dalla comunità internazio- nale. All’epoca gli insorti islamisti vennero dati frettolosamente per sconfitti dopo essere stati costretti dalle truppe kenyane dell’Amisom a ritirarsi da Chisimaio, seconda città e secondo porto del Paese, che con- trollavano da anni. Al Shabaab ha infatti dimostrato di aver mantenuta intatta la sua capacità di colpire, con azioni di guerriglia e attentati, in patria e all’estero, soprattutto proprio in Kenya. Potrebbe essere il caso anche di un attentato che questa mattina ha causato dieci feriti in un ristorante di Diani, una località costiera ke- nyana a sud di Mombasa. Oggi il mensile «donne chiesa mondo» Al centro la famiglia Alla famiglia, tema del prossimo si- nodo dei vescovi, è dedicato per in- tero il numero di gennaio del men- sile «donne chiesa mondo» con arti- coli di Maria Pia Sacchi Musini, Francesca Romana de’ Angelis, Sil- via Guidi e Cristian Martini Gri- maldi. Agnese, la santa del mese, è raccontata dallo scrittore e giornali- sta Dario Fertilio. Con questo nu- mero anche la prima pagina dedica- ta alla riflessione sulla teologia della donna. IN ALLEGATO

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLIV n. 1 (46.543) Città del Vaticano giovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014

.

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Papa Francesco celebrando la quarantasettesima giornata mondiale indica da dove ripartire per portare giustizia e verità a tutti

Una pace fatta in casaE nel Te Deum di fine anno chiede ai romani di non guardare dal balcone i tanti problemi vissuti da uomini e donne in difficoltà

È la forza non violenta della verità edell’amore ciò che serve per costruirela pace nel mondo. Una forza dascovare nella mitezza di un cuoreche, davanti alla «debolezza delBambino Gesù», rifiuta l’o p p re s s i o -ne, «le tentazioni di vendetta, diprepotenza, di corruzione». Ma è uncammino che deve iniziare da casa,dalla casa di ciascun uomo, ha dettoPapa Francesco mercoledì mattina, 1°gennaio, durante il primo Angelusdel nuovo anno. La pace, è stato insostanza il suo messaggio, si costrui-sce anzitutto in casa. Poi «si vaavanti, a tutta l’umanità». E lo Spi-rito Santo, ha invocato, «agisca neicuori, sciolga le chiusure e le durez-ze». Tutto ciò che impoverisce ilcuore dell’uomo.

Davanti a migliaia e migliaia dipersone convenute in piazza SanPietro per l’appuntamento mariano,Papa Francesco ha tirato fuori, dasotto i fogli del discorso preparato,una lettera. Era quella «di un signo-re — ha spiegato — forse uno divoi», il quale gli raccontava di unasua tragedia familiare e allargava poiil discorso alle tante tragedie chesconvolgono il mondo. Ciò però chepiù ha fatto riflettere il Papa è statala domanda suscitata da tanto male:«Cosa succede nel cuore dell’uomoche è portato a fare tutto questo?».

Il Pontefice ha talmente preso inconsiderazione lo sfogo dell’uomoche non ha esitato a far proprie lesue parole ripetendo: «Cosa succedenel cuore dell’umanità? È ora di fer-marsi». E ripartire «con più decisio-ne sulle vie della giustizia e della pa-ce». Propositi che Papa Francescoha poi affidato alla Madre di Dio.

Un’intenzione che poco prima erarisuonata anche nella basilica vatica-na, dove il Pontefice ha celebrato lamessa per la quarantasettesima Gior-nata mondiale della pace. Così comepoco dopo avrebbe fatto in Piazza,ha chiesto ai fedeli che assistevanoalla messa di ripetere per tre voltel’invocazione alla Madre di Dio. Nelpomeriggio poi si è recato egli stessoa Santa Maria Maggiore per ripeterela sua preghiera davanti alla Saluspopuli Romani.

Nei vespri della solennità mariana,presieduti nel tardo pomeriggio dimartedì 31 dicembre 2013, il Vescovodi Roma aveva intonato il Te Deumdi ringraziamento di fine d’anno.Nell’omelia si era rivolto in partico-lare ai romani, invitandoli a ridise-gnare il volto di una città accoglien-te e a lasciarsi coinvolgere dai biso-gni di tanti fratelli e a non limitarsia guardare «dal balcone».

PAGINE 7 E 8

Undici morti in un attentato nella zona più controllata di Mogadiscio

Al Shabaab rilancia la sfida

Nel 2013 il maggior numero di vittime degli ultimi cinque anni

L’Iraq torna al passato

Una donna a Baghdad (Afp)

NOSTREINFORMAZIONI

In data 2 gennaio, il SantoPadre ha accettato la rinunciaal governo pastorale dell’A rc i -diocesi di Tororo (Uganda),presentata da Sua EccellenzaReverendissima MonsignorDenis Kiwanuka Lote, in con-formità al canone 401 § 1 delCodice di Diritto Canonico.

Provvista di ChiesaIn data 2 gennaio, il Santo

Padre ha nominato Arcivesco-vo di Tororo (Uganda) SuaEccellenza ReverendissimaMonsignor Emmanuel Obbo,della Congregazione degliApostoli di Gesù, finora Ve-scovo di Soroti.

Lo stesso Presule è statonominato AmministratoreApostolico «sede vacante etad nutum Sanctae Sedis» del-la Diocesi di Soroti.

Per rilanciare il negoziato tra israeliani e palestinesi

Nuova missione di Kerry in Vicino Oriente

Il luogo di un attentato nella capitale somala (Afp)

BAGHDAD, 2. Il 2013 è stato perl’Iraq un anno segnato da una lun-ga scia di sangue. Secondo le sti-me delle Nazioni Unite, a causadelle violenze, in gran parte dovu-te alla sempre forte rivalità tra scii-ti e sunniti, i morti sono stati8.868, di cui 7.818 civili. Un bilan-cio di vittime così pesante non siregistrava dal 2008. Intanto si èappreso che il primo ministro ira-

cheno, Nouri Al Maliki, è tornatoieri sulla decisione di ritirare l’eser-cito nelle città della provincia diAl Anbar: una decisione presa do-po gli scontri tra esercito e manife-stanti a ovest di Baghdad. Dopoaver dunque ordinato alle forze ar-mate di rientrare nelle caserme del-le varie municipalità della provin-cia, il premier ha poi optato perl’invio di rinforzi militari.

TEL AV I V, 2. Il segretario di Statoamericano, John Kerry, torna oggiin Vicino Oriente con l’obiettivo dirilanciare il negoziato tra israeliani epalestinesi. Kerry proporrà alle dueparti la bozza di un accordo quadroche dovrebbe tracciare le linee fon-damentali di una futura intesa daraggiungersi — nei piani di Washin-gton — entro le metà del 2014.

Difficile dire se l’iniziativa ameri-cana avrà successo. Di certo Kerryavrà il suo da fare per riavvicinare leposizioni del premier israeliano,Benjamin Netanyahu, e del presi-dente palestinese, Abu Mazen. Eciò soprattutto dopo le recenti pole-miche per le voci di un nuovo pos-sibile via libera israeliano ad altriinsediamenti in Cisgiordania e aGerusalemme est.

Inoltre, nelle ultime settimane ètornata alla ribalta la questione del-la valle del Giordano, dopo che unacommissione ministeriale israelianaha annunciato un progetto di leggeper l’annessione a Israele dei circaventi insediamenti presenti nell’a re a .Il Governo Netanyahu preme affin-ché la valle resti sotto il controllomilitare israeliano anche dopo unfuturo accordo di pace: una propo-sta contestata dai palestinesi. Inpassato, da parte statunitense eragiunta la proposta di schierare sulGiordano forze internazionali. AbuMazen ha accettato il principio, maha tenuto a precisare la natura delruolo delle forze internazionali, che— ha detto — dovrebbe essere di di-fendere i palestinesi da possibili at-tacchi israeliani.

Intanto, la recente liberazione, daparte di Israele, di ventisei detenutipalestinesi non ha generato gli effet-ti distensivi sperati. L’Autorità pale-stinese ha riservato ai detenutiun’accoglienza trionfale, definendoli«eroi» della resistenza. Un gesto,questo, apertamente criticato dalpremier Netanyahu: «Così non sieduca alla pace».

Sul fronte palestinese, si sta in-tanto aprendo qualche spiraglio didialogo tra Hamas e Al Fatah. Conl’inizio del 2014, il presidente AbuMazen, leader di Al Fatah, e IsmailHaniyeh, capo di Hamas, hannoespresso l’auspicio che la frattura frai rispettivi movimenti possa ricom-porsi. Ieri, con un significativo ge-sto di distensione, Hamas ha fattosapere che il prossimo 5 gennaio isostenitori di Al Fatah a Gaza po-tranno confluire nella piazza AlKhatiba, una delle maggiori dellaStriscia, per festeggiare l’anniversa-rio della loro organizzazione. Nelgiugno 2007, in seguito a violentiscontri, gli uomini di Hamas hannopreso il controllo della Striscia diGaza, estromettendo Abu Mazen e irappresentanti di Al Fatah, che hacomunque mantenuto l’amministra-zione dei Territori in Cisgiordania.

MO GADISCIO, 2. Gli insorti radicaliislamici somali di al Shabaab, han-no rivendicato l’attentato che ieri se-ra ha provocato undici morti nel Ja-zeera Hotel, un albergo nei pressidell’aeroporto internazionale di Mo-gadiscio frequentato da funzionarigovernativi e da stranieri. L’edificioè stato investito dalle deflagrazionidi tre potenti ordigni, due in rapidasuccessione e il terzo un’ora dopo,mentre erano in atto le operazionidi soccorso. Secondo alcuni testimo-ni, c’è stata anche una nutrita spara-toria con i numerosi militari presentinella zona, una delle più controllatedella capitale somala, dove si trova-no, tra l‘altro, sia le sedi delle agen-

zie dell’Onu sia i principali acquar-tieramenti dell’Amisom, la missionedell’Unione africana in Somalia.L’attacco, il primo del 2014, seguedi una settimana il via libera datodal Parlamento somalo al nuovoprimo ministro Abdiweli Ahmed ementre sono in atto le consultazioniper la formazione del suo Governo.

Non aveva avuto rivendicazioni,invece, l’ultimo attentato a Mogadi-scio del 2013, quello del 27 dicem-bre, quando un’esplosione in un ri-storante affollato aveva causato lamorte di otto persone, compresi al-cuni militari che ne erano con tuttaprobabilità il bersaglio. In ogni ca-so, il persistere delle violenze con-

ferma le difficoltà delle istituzionisomale guidate dal presidente Has-san Mohamud, insediate un anno emezzo fa al termine di una lungatransizione formalmente dichiarataconclusa dalla comunità internazio-nale. All’epoca gli insorti islamistivennero dati frettolosamente persconfitti dopo essere stati costrettidalle truppe kenyane dell’Amisom aritirarsi da Chisimaio, seconda cittàe secondo porto del Paese, che con-trollavano da anni. Al Shabaab hainfatti dimostrato di aver mantenutaintatta la sua capacità di colpire,con azioni di guerriglia e attentati,in patria e all’estero, soprattuttoproprio in Kenya.

Potrebbe essere il caso anche diun attentato che questa mattina hacausato dieci feriti in un ristorantedi Diani, una località costiera ke-nyana a sud di Mombasa.

Oggi il mensile «donne chiesa mondo»

Al centrola famiglia

Alla famiglia, tema del prossimo si-nodo dei vescovi, è dedicato per in-tero il numero di gennaio del men-sile «donne chiesa mondo» con arti-coli di Maria Pia Sacchi Musini,Francesca Romana de’ Angelis, Sil-via Guidi e Cristian Martini Gri-maldi. Agnese, la santa del mese, èraccontata dallo scrittore e giornali-sta Dario Fertilio. Con questo nu-mero anche la prima pagina dedica-ta alla riflessione sulla teologia delladonna.

IN A L L E G AT O

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014

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per un futuro di speranza

Una donna commossa all’esterno della stazione colpita a Volgograd (LaPresse/Ap)

Rousseffrassicura

sulla crescitabrasiliana

BRASILIA, 2. Nel tradizionale mes-saggio di fine anno, il presidente delBrasile, Dilma Rousseff, ha contesta-to con forza quella che ha definitouna guerra psicologica fatta da alcu-ni settori dell’economia e della fi-nanza. Secondo la leader brasiliana,è appunto tale la diffusione, a suogiudizio senza avallo nei fatti, diprevisioni su un possibile regressoeconomico del Paese.

Rousseff ha detto che, al contra-rio, sotto questo aspetto il 2014 saràun anno ancora migliore di quelliappena trascorsi. «Dobbiamo — hadetto il capo di Stato — sempre agirein maniera produttiva e positiva, cer-cando di trovare soluzioni e non am-plificare i problemi. Se alcuni settori,per qualsiasi motivo, alimentano sfi-ducia, specialmente sfiducia ingiusti-ficata, questo è molto negativo. Laguerra psicologica può frenare inve-stimenti e ritardare iniziative».

Rivolgendosi ai concittadini,Rousseff li ha dunque invitati a en-trare nel 2014 «con tutta l’energia el’ottimismo con la certezza che la vi-ta continuerà a migliorare».

Atterrato all’Avana un piccolo aereo di un’organizzazione ambientalista della Florida

Primo volo commerciale tra Stati Uniti e Cubadopo oltre mezzo secolo

Bloccata partedella riforma

sanitariadi Obama

WASHINGTON, 2. Un giudice del-la Corte suprema americana habloccato ieri uno dei punti piùcontroversi della riforma sanitariapromossa dal presidente Obama.

Il giudice Sonia Sotomayor hainfatti deciso di sospendere tem-poraneamente quella norma cheavrebbe costretto anche i gruppicon affiliazione religiosa a fornirecopertura assicurativa ai propridipendenti che intendono usarela cosiddetta pillola del giornodopo. La Corte ha così accolto larichiesta di una congregazione disuore cattoliche. Ora l’Ammini-strazione sarà chiamata a trovareun compromesso.

Proprio l’obbligo di coperturaassicurativa in materia di contrac-cezione rappresenta uno dei pun-ti più discussi della riforma fir-mata dal presidente Obama il 25marzo del 2010, e il cui obiettivodichiarato è l'aumento del nume-ro delle persone tutelate dal siste-ma sanitario (32 milioni in più) ela diminuzione della spesa pub-blica.

Nel frattempo, la Corte supre-ma ha ricevuto ieri dallo Utah larichiesta di sospendere la senten-za federale che ha permesso i ma-trimoni tra omosessuali nello Sta-to. Domani si saprà se la Corteaccetterà di esaminare il caso.

L’aeroporto dell’Av a n a

Acquistata la quota mancante per il controllo dell’azienda statunitense

Fiat sale al cento per cento di Chrysler

Pa r l a m e n t a r iitaliani

in visita nelle carceri

ROMA, 2. In questo periodo di fe-stività natalizie alcuni parlamentariitaliani stanno visitando le carceridi varie province. L’iniziativa è sta-ta promossa da Argomenti 2000,un’associazione di amicizia politicaalla quale aderiscono deputati e se-natori cattolici militanti in diversipartiti. Le visite nelle carceri voglio-no essere un gesto di concreta vici-nanza a quella parte della popola-zione, fatta di uomini e donne, cit-tadini a pieno titolo, che stannoscontando una pena o che addirit-tura non hanno subito condanne,in quanto detenuti in attesa di giu-dizio. Al tempo stesso, i parlamen-tari intendono richiamare l’attenzio-ne dell’opinione pubblica su unadrammatica emergenza che si regi-stra nelle carceri, sovraffollate espesso prive di elementari condizio-ni di civiltà. La gravità della situa-zione emerge dai numeri. Standoalle più recenti statistiche, al 31 ot-tobre scorso negli istituti di pena ri-sultavano presenti 64.323 detenuti(il 64,9 per cento italiani), rispettoai 47.668 posti formalmente esisten-ti. Seimila di questi, oltretutto, so-no inutilizzabili per manutenzioneo più consistenti opere di ristruttu-razione.

L’AVA N A , 2. Il 2013 si è chiuso aCuba con un avvenimento a suomodo storico. Dopo oltre mezzo se-colo, il 30 dicembre è infatti atterra-to all’Avana il primo volo commer-ciale diretto dagli Stati uniti. Unpiccolo gruppo di nove passeggeriha viaggiato dall’aeroporto interna-zionale di Key West, nei pressi diMiami, in Florida, fino allo scalo

della capitale cubana. «Anche se èstato prenotato come un charter pri-vato, si tratta tecnicamente di unvolo commerciale ed è il primo dal1960», ha commentato Peter Hor-ton, il direttore degli aeroporti dellacontea di Monroe, quella di Miami.Sull’aereo, un Cessna Conquest,c’era tra gli altri il sindaco di KeyWest, Craig Cates. Il volo è statoorganizzato dal Florida Keys Tropi-cal Research Ecological ExchangeInstitute, un’organizzazione ambien-talista.

Quello di Key West era stato au-torizzato come aeroporto d’i m b a rc oper cittadini statunitensi diretti aCuba fin dall’ottobre del 2011. Daallora diverse compagnie di charteravevano annunciato piani per l’isti-tuzione di voli periodici per l’Ava-na, ma fin qui non si erano realizza-ti. Per i cittadini statunitensi che in-tendano recarsi a Cuba restano co-munque delle restrizioni, con l’ecce-zione di circostanze speciali, inclusigli scambi culturali.

Anche il volo del 30 dicembre, inogni caso, dimostra il mutamentodei rapporti tra gli Stati Uniti e Cu-ba, dove ieri si è celebrato il 55° an-niversario della rivoluzione. Era in-fatti il capodanno del 1958 quando iguerriglieri guidati da Fidel Castroentrarono all’Avana rovesciando ilregime di Fulgencio Batista.

Ianukovichrisp onde

agli europeistiucraini

KI E V, 2. Oltre duecentomila per-sone hanno manifestato ieri nelcentro di Kiev a favore dell’Unio-ne europea. E nel suo discorso difine anno, il presidente, ViktorIanukovich, di cui i dimostrantichiedono le dimissioni, ha definitoil 2013 l’anno più difficile perl’Ucraina dall’indipendenza nel1991. Ianukovich ha quindi affer-mato che il Governo continua alavorare all’accordo di associazio-ne con l’Ue, lo stesso che Kiev hadeciso di non firmare al summitdi Vilnius, riavvicinandosi a Mo-sca e provocando a fine novembrela reazione europeista.

«Garantiamo — ha detto il pre-sidente — un equilibrio efficientetra est e ovest senza cedere sui no-stri interessi nazionali. Questi pas-si ci danno un’opportunità realedi guardare al futuro con fiduciamantenendo alti livelli di previ-denza sociale e destinando allosviluppo della competitiva produ-zione nazionale le risorse necessa-rie». Un messaggio di fine annoagli ucraini è stato scritto anchedalla leader dell’opp osizione,Yulia Tymoshenko, attualmente incarcere dopo una condanna a set-te anni di reclusione in un proces-so che alcuni osservatori ritengonodi matrice politica. Tymoshenkoha definito la mancata firmadell’intesa con l’Ue «il fallimentodell’anno» in Ucraina.

MOSCA, 2. Dopo i due attentati didomenica e lunedì scorsi aVolgograd, che hanno ucciso alme-no trentaquattro persone, il presi-dente russo, Vladimir Putin, ha de-ciso di usare il pugno duro contro iterroristi. La Russia, ha detto nel di-scorso di fine anno, «continuerà alottare ardentemente e fermamentefino al loro completo annientamen-to». Poi, il leader del Cremlino èvolato proprio a Volgograd, l’exStalingrado, per visitare i feriti inospedale e lasciare un mazzo di rosesul luogo dove un filobus è statofatto saltare in aria da una attenta-tore suicida.

A conferma delle parole di Putin,subito dopo la seconda strage aVolgograd è stata lanciata una vastaoperazione di polizia, con ben 5.200tra agenti e soldati del ministerodell’Interno. Le forze dell’o rd i n ehanno già arrestato un centinaio dipersone, anche se finora non c’ènessuna indicazione su eventualiconnessioni tra i fermati e gli atten-tati. Finora le case e gli apparta-menti perquisiti sono 2.700 e l’op e-razione ha portato al sequestro diun ingente quantitativo di armi. Apreoccupare Putin è la sicurezza invista delle Olimpiadi invernali diSochi, in Caucaso, che iniziano il 7febbraio.

Anche se nessuno ha ancora ri-vendicato la doppia strage diVolgograd, gli investigatori seguonola pista dell’estremismo islamico:appena pochi mesi fa, a luglio,Doku Umarov, il sedicente emirodel Caucaso, che vuole istituire unoStato musulmano in quelle terre di-laniate dal terrorismo, aveva minac-ciato i Giochi. Ma, in quell’o ccasio-ne, il leader della guerriglia islamica

aveva annunciato anche possibili at-tacchi contro obiettivi russi fuori dalCaucaso. E una mano potrebbe arri-vare dagli Stati Uniti: funzionaridella sicurezza americana sono in-fatti pronti a scendere in campo nel-la città sul Mar Nero per svolgereun ruolo di collegamento, lasciandoalle autorità russe la responsabilitàcomplessiva della sicurezza a Sochi.

ROMA, 2. Un nuovo forte appelloalla politica, chiamata a dare rispo-ste «qui e ora» soprattutto ai giova-ni e a mettere in atto «lungimirantie continuative scelte di governo»con le quali devono misurarsi parti-ti, forze sociali e Parlamento, que-st’ultimo «oggi più che mai biso-gnoso di nuove regole per riguada-gnare il suo ruolo centrale». È que-sto uno dei passaggi più significati-vi del messaggio di fine d’anno delpresidente della Repubblica italia-na, Giorgio Napolitano. Il capodello Stato ha ricordato come il2013 sia stato «tra i più pesanti einquieti che l’Italia ha vissuto daquando è diventata Repubblica.L’anno che sta per iniziare — hadetto — può e deve essere diversoper il Paese e per quanti hanno sof-ferto duramente».

Nel corso della diretta televisivaseguita da oltre sette milioni di per-sone, Napolitano ha anche citatobrani di alcune lettere spedite alQuirinale da cittadini che si trova-no in situazioni di difficoltà per lacrisi economica. Un modo per ri-spondere indirettamente alle «vio-lenze verbali» e alle «tendenze di-struttive del dibattito pubblico», ri-chiamando piuttosto a una assun-zione di responsabilità nei confrontidelle fasce più deboli della popola-

zione italiana, che attendono unasvolta: la politica, ha detto a questoproposito il capo dello Stato, «devecambiare», «servono sacrifici daipolitici». Per quanto lo riguarda, haspecificato Napolitano, la sua per-manenza al Colle si protrarrà, «finoa quando la situazione del Paeseme lo farà ritenere necessario e finoa quando le forze me lo consenti-ranno. Non un giorno di più — haprecisato — e dunque di certo soloper un tempo non lungo». E ha ag-giunto: «Considero ogni criticaobiettiva e rispettosa sul mio opera-to ma non mi lascerò condizionareda campagne calunniose, ingiurie eminacce». Tra le prime rientra an-che la «ridicola» storia delle «miepretese di strapotere personale»:Napolitano ha infatti ricordato co-me la disponibilità a ricandidarsigli sia stata chiesta «da diverse eopposte forze politiche».

Un passo del messaggio di fined’anno è stato anche dedicato aldrammatico problema delle carceri.Il presidente della Repubblica harichiamato al rispetto dei diritti cheinvece vengono negati «a migliaiadi detenuti in carceri sovraffollate edegradate» e ha rivolto un messag-gio augurale al Pontefice, di cui haricordato le parole: «A una comuneresponsabilità per le sorti del mon-do — ha detto — ci ha richiamato,nei suoi messaggi natalizi e per laGiornata mondiale della pace, PapaFrancesco, con la forza della suaispirazione che fa leva sul principiodi fraternità e che sollecita anchescelte coerenti di accoglienza e soli-darietà verso quanti fuggono daguerre oppressioni e carestie cercan-do asilo in Italia e in Europa».

Successivamente il Quirinale hareso noto che il capo dello Stato,ha avuto, nel pomeriggio di merco-ledì 1 gennaio, una conversazionetelefonica con il Papa, durante laquale si è avuto uno scambio diret-to di auguri e solidarietà, che si so-no aggiunte alle espressioni di au-gurio per il nuovo anno che il Pon-tefice e il presidente della Repub-blica italiana si erano rispettivamen-te indirizzati nelle occasioni pubbli-che. Al termine dell’Angelus, sem-pre mercoledì, il Papa aveva infattiringraziato Napolitano per gli au-guri espressi nel messaggio di fineanno e aveva auspicato «il contri-buto responsabile e solidale di tut-ti» perché l’Italia «possa guardareal futuro con fiducia e speranza».

WASHINGTON, 2. La Fiat sale alcento per cento di Chrysler dopol’intesa raggiunta con Veba (il fon-do sanitario del sindacato america-no Uaw) per l’acquisizione del 41,5per cento mancante. Un’op erazio-ne complessa, ma che rilancial’azienda italiana, facendola diven-tare uno dei primi costruttori mon-diali. Veba riceverà un corrispettivocomplessivo pari a 3,65 miliardi didollari.

Sul piano tecnico, l’intesa preve-de un’erogazione straordinaria cheChrysler pagherà a tutti i soci, per

un totale pari a circa 1,9 miliardi didollari. La Fiat pagherà in contan-ti, invece, l’altra parte, 1,75 miliardidi dollari, e lo farà utilizzando laliquidità disponibile: non è previ-sto infatti un aumento di capitale.

Sul fronte borsistico, in avvio dicontrattazioni, oggi, il titolo segnaun rialzo teorico del 14 per cento.

L’intesa con Veba segna «unmomento storico e l’inizio di unnuovo capitolo del nostro futuro»:queste le parole usate dall’ammini-stratore delegato di Fiat e diChrysler, Sergio Marchionne, e dal

presidente del Lingotto, John El-kann, in un messaggio ai dipen-denti. «L’emozione con cui oggi viscriviamo — si legge nel testo — èquella del vedere il frutto di quat-tro anni e mezzo di lavoro per arri-vare alla piena integrazione indu-striale e culturale; siamo certi chequesta emozione sia condivisa da-gli oltre 300.000 di voi che nelmondo sono parte di questo storicogiorno per Fiat e Chrysler». Par-ziale soddisfazione è stata espressadai sindacati italiani, che chiedonoinvestimenti.

Aumenta il salariominimo

in Guatemala

GUAT E M A L A , 2. A partire da ieri, ilsalario minimo in Guatemala è au-mentato del 5 per cento. I salari piùbassi, quelli dei lavoratori delle ma-q u i l a d o ra s , le fabbriche di assemblag-gio, in massima parte di proprietàstraniera, salgono all’equivalente di267,35 dollari mensili. Nel settoreagricolo, l’aumento porta il salariominimo a 303,61 dollari. Il limitatoaumento salariale, stabilito dal Go-verno del presidente Otto Pérez Mo-lina, è molto distante dalle richiestedelle organizzazioni dei lavoratori,secondo il quale era necessario ac-crescere le retribuzioni almeno del30 per cento. Di contro, gli impren-ditori proponevano aumenti del 3,3per cento.

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014 pagina 3

Dopo un 2013 che ha fatto registrare un drammatico aumento del numero dei morti

In Siria l’anno si aprecon scenari inquietanti

Due persone uccise ad Alessandria negli scontri tra polizia e manifestanti pro Mursi

Violenze in Egitto

A metà febbraiole elezioni in Libia

per l’Assembleacostituente

TRIPOLI, 2. Sempre più certezzesul cammino verso la Costituzio-ne libica: le elezioni per l’assem-blea costituente sono infatti statefissate per metà febbraio.

La novità è stata annunciatadall’alta Commissione nazionaleper le elezioni, senza però speci-ficare la data precisa. Le opera-zioni di registrazione per votarela costituente sono terminate iericon poco più di un milione diiscritti, la maggior parte dei qualigiovani. Il maggior numero di re-gistrazioni è avvenuto nella capi-tale. Il termine ultimo era statoposticipato ripetutamente nellesettimane scorse, a causa del bas-so numero di iscritti.

La costituente sarà compostada sessanta membri eletti e divisiequamente tra le tre regioni: Tri-politania (ovest), Fezzan (sud) eCirenaica (est). Sei seggi sarannoassegnati a donne, mentre altrisei saranno divisi tra le tre mino-ranze: tebu, tuareg e amazigh(berberi). I candidati per la costi-tuente sono 649, di cui cinquan-taquattro donne, mentre perquanto riguarda le minoranze sipresenteranno quattordici tebu esei tuareg. Gli amazigh ne resta-no esclusi, lamentando la loromarginalizzazione come ai tempidi Gheddafi, oltre al riconosci-mento nella nuova Costituzionedelle loro peculiarità culturali.

I candidati saranno distribuitisu undici distretti elettorali: Sirte,Misurata, Tripoli, Zawya, Sabha,Ubari, Gadames, Al Batnan, AlJabal Al Akhdar, Bengasi eAjdabiya. Secondo la dichiarazio-ne costituzionale del 2011, a ele-zioni avvenute, l’assemblea avreb-be quattro mesi di tempo per re-digere una nuova Costituzione euna volta pronta sottoporla, en-tro un mese, a referendum.

La formazione della costituen-te sarebbe dovuta essere una del-le priorità del Congresso generalenazionale eletto nel luglio del2012, ma la crisi politica, proble-mi burocratici e l’instabilità han-no causato ritardi. La novità ri-spetto agli altri anni è che anchei militari potranno partecipare alprocesso elettorale.

DA M A S C O, 2. Il 2014 si apre in Sirialasciando irrisolte le situazionidrammatiche nelle quali il Paese èprecipitato da tre anni. La diploma-zia internazionale è impegnata atentare una via d’uscita dalla crisicon la convocazione, fissata fra tresettimane, della conferenza di pacecosiddetta Ginevra 2. Tuttavia resta-no incerte le prospettive di fermareun conflitto che, solo nell’anno ap-

pena trascorso, ha provocato 73.455morti, compresi 22.436 civili.

Il dato è stato fornito ieridall’Osservatorio siriano per i Dirittiumani, un’organizzazione considera-ta vicina all’opposizione al presiden-te Bashar Al Assad, ma è sostanzial-mente in linea con i rapporti delleagenzie dell’Onu, secondo le qualic’è stata nel 2013 un’evidente inten-sificazione delle violenze, che hannofatto registrare, dal marzo 2011, piùdi 130.000 vittime accertate.

Tra le condizioni più drammati-che, come in tutte le guerre, c’èquella dei bambini. L’Unicef, il fon-do dell’Onu per l’infanzia, ha lan-ciato un appello per la raccolta di835 milioni dollari necessari a finan-ziare le iniziative che nel 2014 si in-tendono dare all’emergenza umani-taria dei bambini siriani. I fondi ri-chiesti sono il 77 per cento in più diquelli dello scorso anno e rappre-sentano la cifra più alta mai solleci-tata in 67 anni di storia dell’Unicef.Inoltre secondo l’organizzazione so-no quattro milioni i bambini chehanno bisogno di assistenza all’in-terno della Siria, ai quali se ne ag-giungono più di un milione fuoridal Paese come rifugiati. Nel 2014l’Unicef punta a vaccinare almeno25 milioni di bambini contro malat-tie come la poliomielite; inserire in

programmi di apprendimento quasiquattro milioni e mezzo di bambinirimasti indietro nel campo dell’i s t ru -zione; dare ad undici milioni di si-riani l’accesso all’acqua pulita.

Tra i pochi fattori positivi con iquali si apre il nuovo anno, c’è laconferma che si sta sostanzialmenterispettando il programma di elimi-nazione dell’arsenale chimicodell’esercito governativo, concordatocon la comunità internazionale, an-che se non mancano tra gli osserva-tori persistenti dubbi sul fatto chealtri soggetti del conflitto sirianopossano essere in possesso di taliarmi.

Sulle possibilità di restituire la Si-ria alla pace avanza dubbi la Cia, ilservizio segreto statunitense, nel suoultimo rapporto del quale dà notiziaieri «The Wall Street Journal». Se-condo il rapporto, la prospettiva èquella di una balcanizzazione delPaese. Il conflitto «potrebbe durarealtri dieci anni o anche di più», conAssad «non vincitore ma in gradodi sopravvivere, senza controllaretutta la Siria, ma solo un’area alconfine con il Libano e la costa delMediterraneo». Nello scenario deli-neato dalla Cia è presente una fram-mentazione in tante realtà più o me-no autonome controllate dalle diver-se milizie rivali.

Polizia in assetto antisommossa nel centro del Cairo (Reuters)

Colloqui ad Addis Abeba mentre si combatte negli Stati di Jonglei e Unity

Aperti negoziati per il Sud Sudanma le armi non tacciono

IL CA I R O, 2. Ancora violenze in Egitto. Due personesono morte ieri ad Alessandria durante gli scontri tra leforze dell’ordine e i sostenitori del deposto presidente,Mohammed Mursi. Lo hanno reso noto fonti dei servizidi sicurezza del Cairo. Secondo la televisione di Stato,negli scontri è rimasto ferito un ufficiale di polizia. Inuna nota, le forze dell’ordine hanno affermato di averefatto uso solo di gas lacrimogeni. Altri scontri, senzavittime, sono stati segnalati nella capitale davanti allasede del ministero della Difesa.

Le stesse fonti hanno confermato che un gruppo diuomini armati ha fatto esplodere un gasdotto nel Sinai.La potente deflagrazione non ha provocato vittime o fe-riti. L’impianto serviva soltanto l’Egitto.

L’esercito ha lanciato all’inizio dell’estate una vastaoffensiva nella penisola desertica, dove gli attentati sisono moltiplicati dopo la rimozione di Mursi. Registadegli attacchi, che hanno provocato oltre cento mortitra le forze di sicurezza, è il gruppo Ansar al Beit Maq-dess, che si ispira ad Al Qaeda.

Appello del Pam per aiuti alimentari d’urgenza alla popolazione

I bambini prime vittimedel conflitto centroafricano

Liberati in Myanmargli ultimi prigionieri politici

JUBA, 2. Il presidente del Sud Su-dan, Salva Kiir Mayardit, ha procla-mato lo stato di emergenza in dueStati, quello di Jonglei e quello diUnity, dove sono in corso violentiscontri tra le forze di governo e i ri-belli fedeli all’ex vicepresidente RiekMachar. Lo rende noto lo stesso Go-verno di Juba su Twitter, mentrel’emittente Al Jazeera riferisce chel’esercito governativo ha inviato mi-gliaia di militari a Bor, la capitaledello Jonglei, passata l’altro ieri sot-to il controllo dei ribelli. L’emittenteaggiunge che gli scontri stanno con-tinuando anche su altri fronti, comead esempio Mayom e Malakal.

La dichiarazione dello stato diemergenza coincide con il previstoavvio dei negoziati tra le fazioni ri-vali oggi ad Addis Abeba, in Etio-pia, dove si cercherà di mettere fineal conflitto scoppiato il 15 dicembrenella capitale tra reparti contrappo-stri della Guardia repubblicana e poidilagato in altre zone del Paese. Se-condo la missione locale dell’O nu,sono morte migliaia di persone eduecentomila civili sono stati costret-ti ad abbandonare le proprie case.

Il portavoce del Governo etiopico,Getachew Reda, ha detto che i col-loqui puntano a «monitorare i mec-canismi del cessate il fuoco». Maanche su questo obiettivo minimo leprevisioni restano incerte.

Pechino finanzia la costruzionedi due centrali nucleari in Pakistan

ISLAMABAD, 2. Si rafforzano i lega-mi tra il Pakistan e la Cina. Pechi-no, infatti, ha accordato a Islama-bad un prestito da 6,5 milioni didollari per la costruzione di duenuove centrali nucleari nella cittàportuale di Karachi. Si tratta, sotto-linea il «Financial Times», del piùgrande accordo mai raggiunto tra idue Paesi. L’intesa, rilevano glianalisti, dal punto di vista geopoli-tico è speculare, ma ovviamente disegno opposto, all’intesa raggiuntanel 2006, sotto la presidenza diGeorge W. Bush, tra Stati Uniti eIndia per un vasto programma dicostruzione di centrali nucleari: ac-cordo sulla base del quale Washing-ton avrebbe fornito a New Delhi latecnologia per la realizzazione direattori più efficienti. Una mossache a Islamabad non fu affatto gra-dita.

Le due centrali garantiranno alPakistan, da sempre a corto di ener-

gia, tra il quindici e il vento percento del fabbisogno nazionale. Ri-corda l’agenzia Agi che la collabo-razione tra Pakistan e Cina ha radi-ci storiche. Il precedente progettopiù grande fu lo sviluppo, con i fi-nanziamenti erogati da Pechino, delporto di Gwadar, nel Belucistan,che al momento garantisce alle navie alle merci cinesi una base sul ma-re Arabico, a solo 440 chilometridallo stretto di Hormuz.

Intanto, riferisce l’agenzia Reu-ters, il Pakistan e l’India si sonoscambiati le liste contenenti i proprisiti nucleari, come previsto da unaccordo, siglato nel 1988, che vietaai due Paesi di compiere attacchicontro le rispettive installazioni.Fonti del ministero degli Esteri in-diano hanno poi comunicato che viè stato anche uno scambio delle li-ste dei prigionieri, indiani e paki-stani, reclusi nei penitenziari deidue Paesi.

Il leader nordcoreanoagita la minaccia atomica

Civili abbandonano Juba (Reuters)

NAY P Y I D AW, 2. Importante svoltanel Myanmar. Il Governo diNaypyidaw ha infatti reso noto chedal primo gennaio il Paese asiaticonon ha più prigionieri politici.

Gli ultimi cinque dissidenti sonostati liberati martedì scorso, dopoche il presidente, Thein Sein, avevaannunciato la grazia per tutte lepersone detenute per reati politici.

Si tratta di un provvedimentomolto atteso dalle cancellerie occi-dentali che — se confermato — spa-lancherebbe la strada al ritorno allademocrazia in Myanmar dopo ilunghi anni di regime militare, econsentirebbe di fare partire conmaggiore determinazione gli intensiprogrammi di sostegno allo svilup-po e di investimento.

Primo leader di un Governo civi-le (da novembre del 2010), anche sesostenuto dai militari, Thein Seinha avviato una serie di importantiriforme politiche e sociali, grazie

alle quali la maggior parte dellesanzioni internazionali è stata solle-vata.

Con questo annuncio, il presi-dente intende rispettare l’imp egnoassunto nel luglio scorso, quandopromise di liberare tutti i prigionie-ri politici entro la fine del 2013.Inoltre, il decreto blocca tutti i pro-cedimenti legali in corso contro idissidenti. «Salutiamo l’ordine pre-sidenziale, tuttavia servono diversipassi per raggiungere un livello ze-ro di prigionieri politici. Servonouno stato di diritto e più libertà po-litica» ha commentato Bo Kyi, delComitato di monitoraggio dei pri-gionieri politici, citato dal sito delgiornale «Irrawaddy».

Da quando è stato eletto, TheinSein ha liberato oltre 1.300 prigio-nieri politici, prima tra tutti la lea-der dell’opposizione e premio No-bel per la pace, Aung San Suu Kyi.

PY O N G YA N G , 2. Il leader nordcorea-no, Kim Jong-un, ha minacciato,per il 2014, un «disastro nucleare»nella penisola asiatica se si dovessearrivare a una nuova guerra, avver-tendo che neanche gli Stati Unitipotrebbero ritenersi al sicuro. «Sescoppia di nuovo una guerra nellapenisola, questa causerà un disastronucleare massivo e gli Stati Unitinon ne saranno indenni» ha dichia-rato Kim in un messaggio diffusodalla tv e dalla radio nazionale inoccasione del consueto discorso difine anno. «Siamo di fronte ad unasituazione nella quale anche un pic-colo incidente militare accidentalepuò condurre ad una guerra totale»ha avvertito il leader di Pyongyang.

La parte più ampia del discorsodi Kim — il secondo dalla salita alpotere nel dicembre 2011 dopo lamorte del padre, Kim Jong-il — èstata comunque dedicata agli sforziper creare un clima favorevole per

migliorare i rapporti tra le due Co-ree e per il varo delle riforme eco-nomiche, senza dimenticare l’oscuravicenda che ha portato alla fucila-zione per alto tradimento, appenapoche settimane fa, di suo zio JangSong-thaek, ex numero due del re-gime comunista. «Faremo sforzimassicci per migliorare le relazionitra nord e sud» ha assicurato Kim,auspicando che Seoul «possa avereun analogo comportamento al finedi una reale riuscita di un clima dicollaborazione». Kim non ha peròformulato novità rispetto al propo-sito di ricostruzione economica uni-ta allo sviluppo nucleare già espres-so in primavera, se non rimarcandoche per «un Paese prospero e per ilmiglioramento del tenore di vitadella popolazione dobbiamo punta-re all’agricoltura come uno deglielementi principali del nostro impe-gno». Priorità, poi, ai settori dellecostruzioni e della tecnologia.

BANGUI, 2. Nella Repubblica Cen-troafricana e in particolare nella ca-pitale Bangui, tornata teatro da unmese di scontri tra milizie contrap-poste, si registrano violenze controi bambini a livelli senza precedenti.Lo ha denunciato Souleymane Dia-bate, rappresentante nel Paesedell’Unicef, il fondo dell’Onu perl’infanzia, dopo gli scontri che han-no colpito Bangui all’inizio di di-cembre. Secondo Diabate, «semprepiù bambini vengono reclutati ingruppi armati e sono presi diretta-mente di mira in atroci attacchi dirappresaglia: sono necessarie azioniconcrete di prevenzione». L’Unicefha verificato sedici casi di uccisionideliberate di bambini, alcune inmodo atroce, oltre a sessanta episo-di di sparatorie nelle quali sono sta-ti feriti bambini.

La situazione nel Paese restadrammatica e finora non è servito ariportare almeno un’apparenza dinormalità il dispiegamento di con-tingenti stranieri, quello inviato dal-la Francia e la Misca, la missionedei Paesi confinanti passata lo scor-so 19 dicembre, per mandato delConsiglio di sicurezza dell’O nu,sotto il comando dell’Unione afri-cana. Nonostante alcuni interventiandati a buon fine, soprattutto aBangui, si è ancora lontani dall’ot-tenere il previsto disarmo delle mili-

zie, quelle degli ex ribelli della Se-leka, autori del colpo di Stato chelo scorso marzo ha deposto il presi-dente François Bozizé, e quelle ri-maste fedeli a quest’ultimo o, co-munque, contrapposte alla Seleka.

Le conseguenze per la popolazio-ne di un Paese già in precedenzatra i più poveri al mondo sono staterese drammaticamente più pesantidalla guerra civile. Il Programmaalimentare mondiale (Pam) del-l’Onu ha lanciato un appello ai do-natori per raccogliere 107 milioni didollari per assistere 1.250.000 perso-ne nei prossimi otto mesi. Nell’im-mediato, sono proprio i bambinisotto ai cinque anni le persone piùa rischio. «Ci serve urgentemente ilsostegno dei donatori per non ri-manere senza cibo già a gennaio»,ha dichiarato Denise Brown, la re-sponsabile del Pam per l’Africa oc-cidentale, che sta coordinando aBangui gli interventi. Brown ha ag-giunto che dal 5 dicembre, datanella quale sono riprese le violenzea Bangui, l’agenzia dell’Onu hafornito assistenza a 174.000 personenella capitale, 41.500 a Bossangoa e21.500 a Bouar. «L’insicurezza è ilnostro maggior problema», ha det-to ancora Brown, chiedendo alleparti belligeranti di garantire la li-bertà di movimento degli operatoriumanitari.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 giovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014

La storia insuperabile di Gesù in Jorge Luis Borges

Non lo vedoma continuo a cercarlo

Il Papa e la fine del Novecento

Il secoloincapacedi finire

di SI LV I A GUIDI

«Ci sono quelli che vanno permare con poco vento e lo attraver-sano. Così fanno, ma non lo attra-versano. Il mare non è una super-ficie. È dall’alto in basso l’abisso.Se vuoi attraversare il mare, fainaufragio»; Giancarlo Ricci, gior-nalista e psicanalista, cita MeisterEckhart per introdurre il suo ulti-mo libro L’atto, la storia. BenedettoXVI, Papa Francesco e la fine delNovecento (Cinisello Balsamo, SanPaolo, 2013, pagine 92, euro 9) incui dall’osservatorio privilegiatodel suo lavoro — «l’ascolto dei di-sastri soggettivi e delle loro meta-morfosi» — scruta la vertigine delnostro tempo appiattito sul pre-sente, che vive nell’idolatria delnuovo ma fatica a progettare con-cretamente il futuro.

È uno sguardo che attraversa avolo radente il disagio attuale diun’intera civiltà, segnalandone lederive, i paradossi, i punti di nonritorno. Con ironia, talvolta consarcasmo, sempre con dolore au-tentico. Il ritmo è quello dell’in-vettiva; è un tempo strano il no-stro — scrive l’autore — un tempoin cui l’uomo, pur di non doverriconoscere che ha paura di tuffar-si, non guarda più il mare.Nell’analisi di Ricci, che ha il re-spiro ampio della lunga durata al-la Braudel, il Novecento non èterminato con il crollo del murodi Berlino, né con quello delleTorri Gemelle, perché «qualcosanella quotidianità continuava acrollare, a produrre macerie e re-litti. È stata la decisione di Bene-detto XVI di lasciare il pontificatoa chiudere il secolo scorso trascen-dendo la storia della Chiesa.Quell’atto ha messo un punto, haposto un sigillo: quanto accadrànel futuro non potrà essere inter-pretato attraverso i soliti schemicui siamo abituati. E nei gesti diPapa Francesco possiamo già leg-gere cosa sarà il tempo futuro».

Il gesto di Benedetto XVI hagridato al mondo che il valore diogni singolo io non coincide conil ruolo che riveste, smascherandol’impasse strutturale del potere, lafalsità della sua pretesa onnipo-tenza. «L’umano è segnato da unafalla irreparabile — scrive Ricci —una falla da cui non c’è rimedio.Per dirla meglio: i danni peggiorisi compiono credendo che possaesserci rimedio, che si possa guari-re da questa falla. Otturarla, di-menticarla, anestetizzarla, aggirar-la, sconfessarla. Le cosiddette“nuove patologie” del nostro tem-po costituiscono prevalentementele coniugazioni delle varianti clini-che, soggettive, di questi tentativi.Il predominio dell’informazione edella comunicazione viene eserci-tato a ciclo continuo gettando ce-mento su questa mancanza, rite-nendo possibile riedificare unanuova Babele».

Il reale, continua Ricci, è sem-pre altrove rispetto a quello cheimmaginiamo. È come l’ap erturadel vaso di Pandora da cui esconole figure più perverse di un imma-ginario che pretende di padroneg-giare tutto; non più la “cosa pub-blica” ma la caricatura della suadegradazione.

Occuparsi, per uno psicanalista,del disagio della civiltà nelle sueforme attuali costituisce l’altra fac-cia della clinica: un giro apparen-temente più lungo ma che per-mette di arrivare al cuore dellequestioni, di ogni questione. Eciascuna questione è soggettiva esingolare proprio perché chiamain causa una particolare vicendasociale; l’istituzionale e il soggetti-vo sono indissolubilmente legati.

«Se le categorie del Novecento— conclude Ricci — hanno prose-guito fino ad oggi è proprio per-ché la contemporaneità sembraabbia preferito utilizzare lo stessoabito del Novecento aggiungendonuovi rattoppi. Dinanzi alla ripeti-zione di una serie di impasse cheattengono l’eventualità stessa diprogettare in termini differenti unpossibile futuro, nessuno osa ver-sare vino nuovo in otri nuovi. Co-sicchè oggi tutti lo constatano:stiamo perdendo sia il vino sia gliotri. Doppia perdita. In questoraddoppiamento che si appresta amoltiplicarsi a dismisura ricono-sciamo la vertigine della contem-poraneità. È una vertigine che Be-nedetto XVI, uomo audace e profe-tico, ha saputo individuare e assu-mere, voltando pagina».

di MARÍA LUCRECIA ROMERA*

Nell’esaminare la poe-sia di Borges intitola-ta Luca XXIII (L’arte-fice, 1960), riprendoalcune nozioni teori-

che che inquadrano la ricerca chesto realizzando su «Poesia e Van-gelo in Borges». In primo luogo,cito le parole di Paul Ricoeur, chein Filosofia e linguaggio ci dice: «Alivello poetico vediamo come la ca-tarsi che compie il poeta non sipuò separare dal suo carattere cul-turale originario e pertanto dallasua dimensione comunitaria: la

tura, di carattere proteiforme, chearriva addirittura a creare «l’illusio-ne del referente» e trasforma ancheil lettore — che interpella — in unlettore proteiforme, in “uno e mol-ti”, come scrive lo stesso poeta:«Di Proteo l’egiziano non ti stupire/ tu, che sei uno e sei molti uo-mini».

Riguardo a Borges e alla poesiascelta in questa occasione, ossiaLuca XXIII, mi interessa recuperareil mondo che il componimento ciapre, iscritto nella memoria colletti-va, tenendo conto del rapporto traVangelo e linguaggio poetico, la“sospensione del referente principa-le” in questa scena evangelica, e

rico delle Sacre Scritture, come unevento letterario che supera se stes-so, al punto da considerare i Van-geli la migliore storia narrata inOccidente, poiché in essi le parolenon sono solo significati ma ancheforze provenienti da Dio.

Il fatto di apprezzare i Vangeliper il loro valore estetico ci dimo-stra l’importanza che Borges attri-buisce a questo aspetto, che sareb-be il valore predominante dellapoesia. L’aspetto estetico sarebbecosì per Borges — assieme a un’im-minenza, a una rivelazione che staper accadere, quel pomeriggio,quella mattina — una forma di sal-vezza unita all’aspetto etico.

La religiosità che sottende l’op e-ra di Borges fa parte del rapportocon il mistero attraverso il linguag-gio della poesia che egli concepiscecome una linguaggio equiparabile auna lingua sacra, magica, in con-formità con alcuni tratti della Paro-la divina. Da qui la fede letterariadi Borges, analoga a quella del cre-do religioso, come egli stesso haanticipato in uno dei suoi primisaggi, Professione di fede letteraria:«Del mio credo letterario posso af-fermare ciò che vale per quello reli-gioso: è mio perché credo in esso,non perché inventato da me».

*Instituto Universitario Nacionaldel Arte, Buenos Aires

Due pionieri dell’astrofisica nell’Italia di fine Ottocento

Il gesuita e l’astronomo che osservarono il Soledi ILEANA CHINNICI

Compagni e amici nella ricerca del-la verità: con queste parole padreJosé Funes, direttore della SpecolaVaticana, definisce in maniera effi-cace due astronomi considerati fon-datori dell’astrofisica italiana. Sitratta del gesuita Angelo Secchi(1818-1878), direttore dell’O sserva-torio astronomico del Collegio Ro-mano, e del giovane Pietro Tacchi-ni (1838-1905), astronomo aggiuntopresso l’Osservatorio Astronomicodi Palermo. Nell’Italia di fine Otto-cento, tra la risoluzione della que-stione romana, le tensioni Stato-Chiesa, la confisca dei beni eccle-siastici e un anticlericalismo diffu-so, soprattutto verso i gesuiti, nasceun’amicizia insolita tra questi duepersonaggi, alquanto diversi tra lo-ro ma uniti dalla stessa comunepassione per la scienza.

Entrambi di origini emiliane —Secchi reggiano e Tacchini mode-nese — i due si ritrovano nelle con-dizioni ideali per una collaborazio-ne scientifica: utilizzano infatti unidentico strumento, a Roma ed aPalermo, un eccellente telescopioMerz da 25 centimetri di apertura,con cui osservano il sole, confron-tando i risultati delle rispettive os-servazioni.

Sono anni di importanti cambia-menti nel mondo scientifico, cheinteressano anche l’astronomia: l’in-troduzione infatti della fotografia edella spettroscopia in campo astro-nomico stavano provocando pro-fondi cambiamenti nel modo di fa-re ricerca astronomica. Nascel’astrofisica, destinata a soppiantarel’astronomia classica — sostanzial-mente limitata alla meccanica cele-

ste — e capace di “i n t e r p re t a re ” laluce degli astri, grazie all’analisispettrale, stabilendone la composi-zione chimico-fisica, un risultato fi-no a quel momento considerato ir-raggiungibile dal pensiero positivi-sta allora corrente.

Secchi e Tacchini, che furono trai pionieri di questa nuova astrono-mia, iniziano a collaborare nel 1871

Società degli Spettroscopisti Italia-ni (1871), che nasce con un pro-gramma di ricerca in fisica solarema ha un approccio multidiscipli-nare, volto a promuovere lo scam-bio tra astronomi e chimici, fisici,meteorologi, e così via che si inte-ressano di spettroscopia. L’o rg a n odella società, le Memorie della So-cietà degli Spettroscopisti Italiani,è oggi considerato la prima rivistaspecializzata in astrofisica, in parti-colare per i suoi contributi sulla fi-sica solare. Qui Secchi e Tacchinipubblicano non solo i loro articolima anche splendidi disegni e tavolecromolitografate delle protuberanzesolari, da loro osservate e messe aconfronto con quelle disegnate daGiuseppe Lorenzoni all’O sservato-rio di Padova, anch’egli membroattivo di questa società, destinatanel tempo a diventare l’attuale So-cietà Astronomica Italiana (1920).

Nel recente volume Alle originidell’astrofisica italiana: il carteggioSecchi-Tacchini 1861-1877, curato dachi scrive (Inaf-Osservatorio Astro-nomico di Palermo) e da AntonellaGasperini (Inaf-Osservatorio Astro-fisico di Arcetri), emerge in manie-ra molto chiara il contributo che idue astronomi hanno dato nel por-re le basi per la nascita dell’a s t ro f i -sica in Italia, e non solo. La lorocorrispondenza è ricchissima di ri-ferimenti e di scambi con altri col-leghi che all’estero si occupavanodelle stesse tematiche e che hannofondato l’astrofisica europea e sta-tunitense.

Tuttavia non è solo l’i n t e re s s a n t easpetto scientifico ma anche quelloumano che rende la lettura del car-teggio appassionante e coinvolgen-te. Le paure, i timori, la rabbia, le

delusioni, lo sconforto, l’entusia-smo, l’amor proprio, la difesa ap-passionata del proprio lavoro, le in-vidie, le gelosie, le rivalità, le mossepolitiche, gli affari di famiglia, leconfidenze: tutto passa attraverso ilfitto carteggio (ben 350 lettere) cheSecchi e Tacchini si scambiano e dacui emerge un rapporto vero, since-ro, genuino, in cui prevalgono gliinteressi comuni, al di là delle loroprofonde differenze di età, di carat-tere, di pensiero, di scelte di vita.

L’affetto spontaneo tra i due sicoglie, da una parte, dagli inviti in-sistenti di Tacchini perché Secchi sifermi a Modena a casa sua permangiare insieme lo zampone, co-me pure dalla sua pronta offerta dicercare appoggi politici per salvaredalla confisca l’osservatorio delCollegio Romano; dall’altra,dall’invio di bottiglie di elisir di eu-caliptus da parte di Secchi, preoc-cupato dalle febbri ricorrenti delsuo amico, e dalle sue raccomanda-zioni per la sua salute, nonchédall’appoggio ai progetti scientificidi Tacchini, come la creazione diun osservatorio astronomico sul-l’Etna.

Il carteggio tra Secchi e Tacchiniin definitiva evidenzia un ritratto atutto tondo dei due personaggi edella loro epoca. Per questo, nelvolume già citato, il carteggio èpreceduto da due saggi introdutti-vi, di cui il primo descrive il conte-sto storico e culturale in cui i duescienziati hanno vissuto e il secon-do ripercorre le vicende della rico-struzione del carteggio, che presen-ta aspetti del tutto fortuiti. Le lette-re di Tacchini a Secchi sono infatticonservate presso la Pontificia Uni-versità Gregoriana e di esse era no-

ta l’esistenza, tanto da essere stateoggetto di una pubblicazione nel2000 da parte di Letizia Buffoni,Edoardo Proverbio e Pasquale Tuc-ci; le lettere di Secchi a Tacchini,invece, a lungo cercate in vari ar-chivi, erano state date per disperse,benché alcune fonti certificavanouna donazione da parte degli eredidi Tacchini all’Osservatorio Astrofi-sico di Arcetri, dove però mancava-no dall’archivio. Nel 2005, nel cor-so di un riordino della bibliotecadell’Osservatorio, è stato ritrovato— perfettamente mimetizzato tra i

libri — un faldone contenente lelettere di Secchi, classificato comevolume nello schedario della bi-blioteca e riportante la relativa se-gnatura. L’importante ritrovamen-to ha fatto sì che si avviasse unprogetto di edizione completa delcarteggio, che è stato finalmentepubblicato nel luglio 2013dall’Istituto Nazionale di Astrofi-sica (Inaf), con il contributo dellaSpecola Vaticana e della Fonda-zione Ronchi, che ne è la casaeditrice (pagine 547). Il volumeinoltre, contribuisce all’opera divalorizzazione e conoscenza delgesuita astronomo, sul quale il re-cente volume biografico edito daAldo Altamore e Sabino Maffeoha acceso i riflettori.

Le lettere di padre Angelo Secchisono state ritrovate per casonove anni fanella biblioteca di Arcetriin un faldone mimetizzato

ad un progetto scientifico condivi-so: creare una rete di monitoraggiodell’attività solare, per studiare lafenomenologia e l’evoluzione dellemacchie e delle protuberanze solari,nel tentativo di comprendere i prin-cipi di base della fisica del Sole.

Questo porterà alla costituzionedella prima società scientifica speci-ficamente dedicata all’astrofisica, la

«Ricordo mia nonnache sapeva a memoria la BibbiaPer cui posso essere entratonella letteraturaper il cammino dello Spirito Santo»

della lettura che Borgespromuove come poetaagnostico, ma al con-tempo come poeta pe-culiare nella sua perce-zione del mistero.

Che cosa significanoper il poeta Borges iVangeli nella tradizioned’Occidente? In una

nuova visione delle cose è, nellostesso tempo, un nuovo modo diessere in comune persino per i let-tori sparsi della poesia». La propo-sta, che riguarda il discorso poeti-co, si manifesta nella poesia di Bor-ges, sempre in dialogo con la tradi-zione e quindi con la dimensionecomunitaria che questa comporta.

È importante pensare a Borgescome a un lettore della Bibbia poi-ché sembra che questa sia stata unodei cammini dei suoi primi contatticon la letteratura: «Ricordo mianonna, che sapeva a memoria laBibbia, per cui (…) posso essereentrato nella letteratura per il cam-mino dello Spirito Santo». Il riferi-mento allo Spirito Santo è impor-tante nella concezione letteraria diBorges. Tale concezione poeticas’inserisce nella tradizione dei libriscritti dallo Spirito Santo: «Questoè, credo, ciò che Omero voleva direquando parlava alla musa. E ciòche gli ebrei e Milton volevano direquando si riferivano allo SpiritoSanto» (Borges).

Il carattere sacro del Libro impli-ca una perfezione assoluta e un si-gnificato infinito. Due nozioni chehanno sempre affascinato Borges,ponendolo di fronte al problemadella restrizione del linguaggio, dalui teorizzata in diversi saggi, comeLa poesia e La cabala, solo per cin-tarne alcuni, e nella sua stessa scrit-

conferenza tenuta ad Harvard nel1969, dal titolo L’arte di raccontarestorie, Borges, facendo riferimentoalla forma più antica della poesia,ossia l’epica, citava tre esempi:«L’Iliade, l’Odissea e un terzo “p o e-ma” che spicca notevolmente suglialtri: i quattro Vangeli».

Se ci atteniamo a quanto espostofinora, il poeta Borges non può al-lora superare né migliorare il cano-ne evangelico. Il nostro poeta do-vrà quindi avventurarsi a “riscrive-re ” i Vangeli, a sovrapporre la pro-pria voce alla trama canonica, acompiere operazioni di negazione odi ribellione del referente dottrina-rio, come in Frammenti di un vange-lo apocrifo — forse il progetto piùaudace in tal senso — oppure a in-vertire o ad alterare scene, come inCristo sulla croce: «Cristo non sta inmezzo. È il terzo».

Se la storia di Cristo è “p o esia”,Borges si confronta anche con la ri-scrittura di questa storia “insup era-bile”, ai limiti del linguaggio. Unproblema che lo stesso evangelistaGiovanni, nel concludere il quartoVangelo, esprime a parole: «Vi so-no ancora molte altre cose compiu-te da Gesù, che, se fossero scritteuna per una, penso che il mondostesso non basterebbe a contenere ilibri che si dovrebbero scrivere»(21, 25).

Ad Harvard nel 1969parlando di epica citò tre esempiL’Iliade, l’Odisseae un terzo “poema” che spicca sugli altriI quattro Vangeli

“il buon ladrone”, inserito nellapassione di Cristo, che fa riferimen-to alla promessa del paradiso daparte di Gesù al ladrone buono. Ildialogo tra questi e Gesù viene de-scritto solo nel Vangelo di Luca.Ciò può essere stato importante almomento della scelta poetica. Ildialogo della scena mette in evi-denza la drammaticità della situa-zione, conferendo un carattere let-terario al nucleo teologico.

È quel momento tragico — quel-lo di Cristo sulla Croce — che Bor-ges riscrive dalla prospettiva dellamemoria, che riunisce e ha riunito

sia il rapporto tra referente religio-so e linguaggio poetico, riteniamoche l’agnosticismo di Borges lo si-tui in un atteggiamento di saggezzanel riconoscere l’impossibilità diconoscere Dio, il grande enigma,ma insieme di ammissione della suacarnalità nella figura di Cristo, cosìcome lo ha espresso nelle voci poe-tiche della sua composizione Gio-vanni I, 14 (Elogio dell’O m b ra ,1969).

Questo atteggiamento lo porta anon considerarsi, come poeta, su-periore al Verbo, che ci precede, ea riconoscere il linguaggio metafo-

Il non “dettagliato”, che equivaleal non detto, condurrebbe Borgesnel terreno delle congetture e delleintuizioni proprie dell’“enigma”della poesia.

Ebbene, la storia di Cristo narra-ta nei Vangeli è per Borges insupe-rabile, come sottolineava in quellaconferenza: «Diciamo che per mol-ti secoli, queste tre storie — quelladi Troia, quella di Ulisse e quelladi Gesù — sono bastate all’umanità.La gente le ha raccontate e rirac-contate (…). Ma nel caso dei Van-geli c’è una differenza: credo che lastoria di Cristo non possa essereraccontata meglio».

Se per la teologia, come affermaRatzinger, è impossibile superare leparole di Gesù, altrettanto difficilelo è per Borges che, sebbene so-spenda il referente o si liberi dellasua epistemologia, non riesce inquesto caso a demolire le veritàsacre e a creare un nuovo mito bi-blico.

Per quanto riguarda il versettoscelto da Borges, Luca XXIII, dob-biamo pensare che l’evangelista Lu-ca non era di origine ebraica e si ri-volgeva ai gentili, un po’ comeBorges ai lettori. I tratti distintiviche, secondo gli esegeti, questoevangelista voleva evidenziare, era-no la misericordia e il carattere uni-versale della salvezza. I tratti di-stintivi del Vangelo di Luca sonoripresi da Borges con la sceltadell’episodio che conosciamo come

la comunità degli uomini, come sesi proponesse di ampliarla ricrean-do una scena che continua a ripre-sentarsi nel tempo attraverso meta-fore, analogie e drammatizzazioni.Borges affronta il Cristo tragicodella Croce — che è quello dellapoesia — e non il Cristo dottrinariodella Risurrezione. Si tratta del Dioche si fa uomo fino alla morte eche Borges non vede dall’otticadella fede del credente, ma dall’in-quietudine del poeta agnostico, co-me una ricerca che lo accompagna

fino alla fine dei suoigiorni, come si leggein Cristo sulla croce:«Non lo vedo / econtinuerò a cercarlofino al giorno ultimo/ dei miei passi sullaterra».

Per quanto riguar-da il nostro tema, os-

Padre Angelo Secchi

Page 5: Una pace fatta in casa - Vatican.va · Anno CLIV n. 1 (46.543) Città del Vaticano giovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014. y(7HA3J1*QSSKKM( +&!z!=!"!% Papa Francesco celebrando la quarantasettesima

L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014 pagina 5

Musulmani in Europa fra il Cinquecento e il Settecento

Stranierimolto familiari

di ANNA FOA

Nel volume Stranieri fa-miliari. Musulmani inEuropa (XVI-XVIII se-colo), (Torino, Einau-di, 2013, pagine 275,

euro 26) Lucette Valensi, autrice dinumerosi studi sull’argomento oltreche del libro dedicato agli ebrei diGerba, Memorie ebraiche, scritto as-sieme a Nathan Wachtel e tradottoin italiano nel 1996 sempre da Ei-naudi, ripercorre le tracce della pre-senza di musulmani in Europa nellevarie forme che tale presenza assun-se fra il Cinquecento e il Settecen-to, dalla schiavitù all’ambasceria al-le minoranze rimaste in terra spa-

in luce Lucetta Scaraffia nel suo bellibro Rinnegati del 1993, dalla curio-sità degli europei verso l’O riente,ma comunque non del tutto assentenel mondo islamico. Fra le varie cu-riosità suscitate, quella rivolta alledonne è una delle più significative.Gli ambasciatori, che si fermanoanche molti mesi nelle capitalid’Europa e viaggiano con il loro se-guito da una capitale all’altra, tor-nando spesso in Oriente con unamoglie europea, magari da aggiun-gere alle altre, rivelano nei loroscritti grande curiosità verso le don-ne occidentali, libere di andare inpubblico e di parlare con tutti, dimostrarsi a viso scoperto.

Il libro si apre con la questione

Un inedito di Giovanni Battista Montini sul Natale

Ciò che più desideriamo

Ritratti della Vienna del Novecento in mostra alla National Gallery di Londra

Per non dimenticaredi ALESSANDRO SCAFI

La perdita di una persona cara èun momento traumatico e doloro-so, dopo il quale tutti vorremmoserbare nel profondo del cuore ilperpetuo ricordo di chi ha toccatoprofondamente la nostra vita e inostri affetti. Oggi possiamo affi-darci alla fotografia per riattivarenella nostra immaginazione la me-moria di chi ci ha amato, che ab-biamo amato, ma che non è più tranoi. Anche un ritratto dipinto puòassolvere a questa funzione, comeè stato più di un secolo fa per unaricca famiglia viennese.

Ria, la seconda figlia di ArankaPulitzer e Alexander Munk, erauna bellissima ventiquattrenne. Lagiovane si era innamorata di unpoeta tedesco di vent’anni più an-ziano di lei e con fama di liberti-no. I due si erano anche fidanzatima quando il promesso spososconfessò la sua promessa d’a m o re ,

volle far istituire a suo nome e insua memoria il premio più impor-tante a cui possa aspirare un gior-nalista; aveva poi sposato un facol-toso industriale polacco, e quindisi poteva permettere il pennello diKlimt a conforto del suo lutto.

A Klimt, dopo la tragedia diquel suicidio, Aranka chiese di ri-trarre la giovane sul suo letto dimorte, come si usava a quei tempinella buona società viennese. Neldipinto l’intenso blu scuro sullosfondo contrasta con i garofanibianchi e rossi che inghirlandano ilbellissimo e chiaro viso di Ria, inpace adagiato su un cuscino bian-co, le guance ancora tinte di rosa,mentre coprono il suo petto tessutiin viola, rosso e arancione. La boc-ca è socchiusa, a suggerire soltantoun sonno leggero ma per Aranka,la madre sconvolta dalla tragedia,quel dipinto, per quanto splendi-do, era troppo funereo, perchéguardare quella pace solenne ravvi-

dedicata al ritratto nella Viennafin-de-siècle: «Facing the Modern:The Portrait in Vienna 1900».L’esposizione, concepita da Chri-stopher Riopelle e curata da Gem-ma Blackshow, ha ravvivato l’au-tunno londinese alla National Gal-lery e chiuderà a metà gennaio2014. Il grande ritratto postumo diRia Munk, che Klimt iniziò intor-no al 1917, fu ritrovato incompiutonel suo studio dopo la mortedell’artista nel febbraio 1918, e con-segnato ad Aranka Munk. La gio-vane Ria, in piedi su un elegantesfondo di fantasie floreali, immersain una raffinata freschezza decoratada mille colori, ci offre un sorrisosognante. Klimt non ha finito didecorare il suo abito, in primo pia-no restano solo tracce di carbonci-no per uno schizzo preliminare.

La mostra di Londra, dedicataalla ritrattistica fiorita nella capita-le asburgica intorno al 1900, pro-prio nel primo germogliare dell’ar-te moderna, offre la possibilità diripercorrere un periodo straordina-rio della Vienna imperiale, tra i piùimportanti nella storia europea. Inuna città multinazionale, multietni-ca e multireligiosa, gli artisti — a

Gustav Klimt, Ludwig van Beetho-ven, Egon Schiele e GustavMahler, tutte prestate dal MuseumKarlsplatz di Vienna.

Il percorso comincia con il co-siddetto periodo Biedermeier, lostile romantico d’inizio Ottocentodi moda nella borghesia mitteleu-ropea desiderosa di normalità do-po le guerre napoleoniche, un pe-riodo rappresentato da artisti comeFrederich von Amerling e Ferdi-nand Georg Waldmüller. I loro ri-tratti furono poi riscoperti dai pit-tori moderni della Vienna del 1900.Il visitatore si aggira quindi tra im-magini di bambini e famiglie, diartisti e intellettuali, di uomini edonne nei loro ruoli coniugali eprofessionali ritratti tra il 1867 e il1918. Quel periodo prometteva ri-forme e benessere, rinnovamento etolleranza, ma finì per generare ildramma della guerra mondiale el’incubo dei totalitarismi.

Prima della sala conclusiva conopere non finite o abbandonateperché deludevano le aspettativedegli artisti o dei committenti, unasala è dedicata al ritratto come di-chiarazione d’amore a ricordo diun defunto, ed è qui che sono

Tra i documenti conservati nell’archivio dell’Istituto Paolo VI di Brescia figu-ra l’appunto inedito, che qui pubblichiamo, nel quale il futuro Pontefice ma-nifestava lo stupore del credente di fronte al mistero del Natale.

Questo è l’aspetto fondamentale del Natale: in quel giorno «la graziadi Dio si è mostrata salvatrice per tutti gli uomini»; ... «apparve labontà e l’amore di Dio Salvatore nostro verso l’umanità». Come se ilcielo si aprisse, e la luce del sole divino piovesse sul mondo, e lo inon-dasse di ciò che più noi possiamo desiderare, d’essere amati; di ciò chepiù noi possiamo invocare, d’essere salvati; di ciò che più può trasfor-mare la nostra filosofia della vita e dell’universo, quel giorno benedettodi Natale ci fu appunto rivelato: Dio ci ama, Dio ci salva, Dio ci apre ilsuo disegno, tenuto nascosto nei secoli (Col. 1, 26), il disegno d’un’infi-nita misericordia.

Paolo VI in visita presso i mutilatini di don Gnocchi, nel centro di Roma,in occasione del Natale 1963 (sopra).

L’appunto autografo di Giovanni Battista Montini (accanto).

In una città multietnica e multireligiosagli artisti erano incoraggiatia concentrarsi sull’immagine del singoloRiprodurre i cari scomparsidivenne una forma di memoria

Gli ambasciatori che si fermanomesi nelle capitalie viaggiano da una città all’a l t ratornavano spesso in Orientecon una moglie europea

Gli schiavi musulmani in Europasono spesso il frutto delle battaglie navaliLa conversione al cristianesimoavrebbe dovuto bastare ad affrancarliMa spesso non andava così

dei moriscos, musulma-ni convertiti in Spagnadopo la presa di Gra-nada e con la loro cac-ciata nel 1609, cacciatache è il sintomo di unadiffidenza inarrestabiledella società spagnolaverso i convertiti e checoinvolge insieme, sul-

gnola dopo la fine della Reconqui-sta. Il libro affronta così da questaprospettiva i maggiori problemidella storia sociale e religiosadell’Europa nell’età moderna: l’uni-formità religiosa, la schiavitù, laconversione, spontanea o forzatache fosse, il commercio, i viaggiato-ri e le ambascerie con i loro com-plessi rituali, l’attenzione al diverso,la curiosità. Tutti temi importanti esignificativi, su cui l’attenta e docu-mentata esplorazione della Valensigetta sguardi nuovi e mette in rilie-vo dimensioni trascurate.

Che in Europa non esistesserovere e proprie comunità musulma-ne, che cioè a differenza della pre-senza ebraica quella musulmananon sia mai stata in Europa quelladi una minoranza organizzata nelseno della maggioranza cristiana, ècosa nota e il libro di Valensi, lo ri-badisce appieno. Ma al tempo stes-so il quadro che offre è quello diun’Europa che di musulmani moltine contempla, percorsa com’è daambasciatori della Porta o dei Paesidel Maghreb, da schiavi, da forzati,da moriscos in fuga tra due mondi,

la base del sangue, convertiti inte-grati e amalgamati da decenni allasocietà cristiana e musulmani checontinuano a praticare in segreto iloro riti sotto una vernice superfi-ciale di cristianesimo. Anche il fe-nomeno della schiavitù, a cui la re-cente storiografia ha prestato gran-de attenzione, è un fenomeno mol-to più ampio di quanto non si pen-si comunemente. Come gli schiavicristiani nel mondo islamico, cosìgli schiavi musulmani in Europa so-no spesso il frutto delle battaglienavali o delle incursioni piratesche.E se in teoria la conversione di unoschiavo al cristianesimo avrebbe do-vuto bastare ad affrancarlo, la riccadocumentazione raccolta da Valensici mostra come spesso le cose nonstessero così, e ci parlano di schiaviconvertiti per essere subito rivendu-ti e di schiavi che domandano inva-no di convertirsi. In tutto l’O cci-dente, tranne che in Francia dove laschiavitù era vietata dal 1315, i mer-cati degli schiavi sono un fenomenonormale e la schiavitù domesticanon è riservata alle aristocrazie cit-tadine italiane, ma riguarda un’am-

da principi maghrebini inesilio. Un’Europa dove laconversione al cristianesi-mo è modo di sfuggire al-la schiavitù, di appagarele curiosità, di obbedire apressioni insopportabili, etalvolta anche un’adesio-ne spontanea di fede, co-me nel caso del diploma-tico persiano Uruch Bech e dei suoicompagni. Questi musulmani inEuropa non appaiono, nelle fontirilette con amore e cura dall’autrice,particolarmente attenti alle proprienorme religiose: ad esempio se èdifficile che si avvicinino al maialenon sembrano alieni dal vino; e sesono attenti a salvaguardare la pro-pria identità, sono senza dubbio as-sai curiosi della diversità europea.Fenomeno d’élite, questo, certo,ben distante, come già aveva messo

pia fascia di europei.Nel XVI secolo, in Spagna c’era-

no ben 50000 schiavi musulmani, etra il XVII e il XVIII secolo i corsaricristiani portarono a Malta, perchéfossero riscattati o venduti, tra35.000 e 40.000 schiavi musulmani.Accanto alla schiavitù domestica,ma infinitamente più pesante, il re-mo nelle galee, a proposito del qua-le Valensi parla dell’universo con-centrazionario delle galere, comeparla di pulizia etnica a propositodella cacciata dei moriscos. Una ter-minologia che richiama l’oggi, eche la studiosa adotta con pienaconsapevolezza, teorizzando un usocontrollato dell’anacronismo, nonomologazione di fenomeni diversima campanello d’allarme che ha lafunzione di aiutarci a comprendereil passato alla luce del presente e ilpresente alla luce del passato, perdirla con Marc Bloch.

Ed è così con le domande delNovecento, ma senza appiattire sudi esse il passato più remoto, cheValensi affronta i secoli tra Cinque-cento e Settecento, quelli che ap-prodano all’Illuminismo e alla mo-dernità dell’Europa. Si tratta di unlibro molto affascinante, scritto congrande piacevolezza e denso di sto-rie, di biografie problematiche, dirituali complessi di accoglienza, didoni esotici, di cortei, di costumiorientali, di battesimi e di abiure, dimercanti e di mediatori, di linguediverse. Un quadro pieno di coloree di movimento, che ci mette incontatto con un mondo molto piùmosso e complesso di quanto noncredessimo, dove la guerra nonesclude l’incontro, dove le normesono spesso molto diverse dallaprassi, dove i turchi non disdegna-no di ubriacarsi e di lasciarsi sedur-re dall’Europa e dove i cristiani siaffollano curiosi ad assistere allamessa in scena dell’alterità.

Nell’estate del 1939

E Shanghaichiuse le porte

agli ebrei

Un’oasi felice, fino al bloccodegli ingressi; negli anniTrenta Shanghai era uno deipochissimi luoghi in cui gliebrei potevano rifugiarsi sen-za dover combattere troppoper ottenere passaporti o vistidi entrata. Ma nell’estate del1939, d’accordo con gli alleatitedeschi, gli occupanti giap-ponesi negarono l’accesso airifugiati. E in pochi giorni idiplomatici europei che finoad allora avevano favoritol’esodo si adeguarono allenuove direttive, talvolta felici-tandosi della decisione con leautorità locali. Di questa tri-ste pagina di storia parla dif-fusamente Luigi Offeddu sul«Corriere della Sera» del 2gennaio 2014.

differenza dei lorocontemporanei a Pari-gi, Monaco e Berlino— erano incoraggiatidai committenti a con-centrarsi sull’immaginedell’individuo perchécosì richiedeva il mer-cato locale.

Ritratti divenuti ce-esposti i ritratti di Ria Munk di-pinti da Klimt. Accanto ai più vivicolori che ritraggono persone vive,le maschere mortuarie e i ritratti dipersone amate e perdute, tra cuiquelli di Ria, ispirano nelle saledell’esposizione un’inquietante sen-timento del carattere effimero ditanta umanità. La mostra londine-se ricostruisce le mutevoli identitàdi artisti e committenti, amici e fa-miliari, intellettuali e vip di unasocietà di un altro tempo e di unaltro spazio. E alla fine il visitatoreresta con un senso allo stesso tem-po di meravigliata curiosità estruggente malinconia, perché sonotante le fattezze umane dipinte ecosì vari gli stili pittorici, ma vieneda domandarsi: dove sono ora tut-te queste persone? Che senso haavuto la stesura di tanti colori?

Gustav Klimt, «Ria Munk sul letto di morte» (1912)

abbandonandola, Ria non volle so-pravvivere a quella terribile delu-sione, e si tolse la vita. Era il 28dicembre 1911. La madre, sconvol-ta, come si può immaginare, volleche fosse dipinto un ritratto dellafiglia così drammaticamente perdu-ta. L’incarico fu affidato a GustavKlimt, il ritrattista più ricercato aVienna in quegli anni. Aranka eranipote di Joseph Pulitzer, il famo-so giornalista e ricco editore che

vava soltanto un dolore straziante.Ci voleva un ritratto che ricordassequanto Ria fosse bella, vivace edesuberante da viva. Klimt ricevetteallora l’incarico di dipingere un al-tro ritratto, usando fotografie delladefunta per rappresentarla piena divita com’era.

Due ritratti di Ria Munk dipintida Klimt, quello sul letto di mortedel 1912 e uno dipinto tra il 1917 eil 1918, sono esposti in una mostra

lebri icone di questo periodo — di-pinti da Gustav Klimt, EgonSchiele, Richard Gerstl, Oskar Ko-koschka e Arnold Schönberg — so-no esposti accanto a opere di arti-sti meno celebri ma comunque im-portanti, come Broncia Koller eIsidor Kaufmann. Esposti alla Na-tional Gallery di Londra sono di-pinti provenienti dalle collezionipiù importanti d’America e d’Eu-ropa, tra cui opere che raramentelasciano le pareti del Castello delBelvedere di Vienna o del Museumof Modern Art di New York, ac-canto a immagini poco conosciute,eppure notevoli, provenienti dapiccole collezioni pubbliche e pri-vate. La maggior parte delle operesono su tela, ma i visitatori posso-no ammirare anche disegni e le im-pressionanti maschere mortuarie di

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014

Priorità indicate dal patriarca di Costantinopoli Bartolomeo

Per la famigliae la sua dimora

IS TA N B U L , 2. La famiglia e la suadimora. In due interventi il patriar-ca di Costantinopoli, Bartolomeo, ètornato di recente con vigore sugliargomenti più cari alla sua predica-zione, quali, appunto, la difesadell’istituto famigliare — «celluladella vita e culla per la corretta egiusta crescita dei figli» — e la tute-la dell’ambiente. Il primo tema, in-sieme alla denuncia della perduran-te persecuzione dei cristiani, è statoaffrontato nel tradizionale messag-gio natalizio.

Per il patriarca ortodosso, «nostroSignore ha esaltato e definito il ruo-lo dell’unione tra l’uomo e la don-na». Si tratta di una «divina verità erealtà» che è chiamata a essere rico-nosciuta e non solo dai «capi spiri-tuali» e dai «pastori del greggeumano», ma anche dai «potenti diquesto mondo». In questo senso, haaggiunto, «è nostro dovere far cono-scere e sostenere questa unione fa-migliare fonte della giusta, sana cre-scita e sviluppo della nostra marto-riata società». Anche perché, è «da2013 anni che nostro Signore vieneucciso ogni giorno nella persona dimigliaia di embrioni, uccisi per vo-lontà dei propri genitori. È da 2013anni che nostro Signore viene irrisonella persona dei ragazzi che vivononella miseria e nella crisi della fami-glia». Ed è da 2013 anni che «l’in-carnato nostro Creatore viene perse-guitato da Erodi contemporanei nel-le persone dei deboli e dei cristianiin Siria». Così come, da 2013 anni«Cristo scappa insieme ai profughinon solo in Egitto ma anche in Li-bano, Europa, Africa e America».Tuttavia, il Natale ricorda a tutti lastrada della speranza, perché Cristoè venuto nel mondo «per sollevarela nostra croce personale al fine ditrovare grazia e misericordia».

Ed è lo stesso tratto di speranzache si può rintracciare anche nelpassaggio finale della relazione pro-nunciata di recente a Istanbul daBartolomeo, in occasione della ceri-monia alla Boğaziçi University du-rante la quale ha ricevuto la laureaad honorem per lo straordinariocontributo dato alla difesa dell’am-biente: «Restiamo ottimisti riguardola risposta umana alla crisi ecologi-ca, semplicemente perché siamo ot-timisti circa il potenziale dell’umani-tà. Se non fossimo davvero convintidi questo, allora tradiremmo la no-stra fede cristiana ortodossa che an-che oggi, come in ogni epoca e luo-go, deve prendersi degli obblighinei confronti delle generazioni futu-re. Mai prima d’ora, nella lunga sto-ria del nostro pianeta, l’umanità èstata così “p re p a r a t a ” nell’a f f ro n t a rela possibile distruzione del proprioambiente naturale». La difesadell’ambiente, ha sottolineato il pa-triarca ortodosso, «non appartienesolo all’odierna generazione ma an-che a quelle future. I nostri figli e ifigli dei nostri figli hanno diritto aun mondo libero dal degrado e dal-la violenza, un mondo di generositàe compassione».

A sostegno del suo discorso, inti-tolato Compassion: caring for Crea-tion, caring for our future, Bartolo-meo ha confermato l’intenzione divoler trasformare l’ex orfanotrofionell’isola di Büyükada, restituito treanni fa al patriarcato, nella «casadell’Istituto mondiale dell’ambien-te». L’ambizioso progetto sarà alcentro di un’iniziativa interdiscipli-nare e interconfessionale che serviràda catalizzatore per riunire leaderreligiosi, scienziati, imprenditori, as-sociazioni, politici, accademici. Ilprimo passo sarà la creazione di unafondazione incaricata del restaurodell’orfanotrofio (quasi interamentecostruito in legno) per il quale han-no già annunciato il loro sostegnomateriale alcune aziende e numerosiprivati.

L’arcivescovo di Costantinopoliha ricordato l’istituzione, nel 1993,del comitato scientifico e religiosopresieduto dal metropolita di Perga-mo, Giovanni, i cinque seminariestivi (sull’interconnessione fra eco-logia ed educazione, sull’etica, sullacomunicazione, sulla giustizia e sul-la povertà) organizzati dal 1994 al1998 presso la Scuola teologica diHalki, oltre agli otto simposi, fra il1995 e il 2009, dedicati al mar Medi-terraneo, al mar Nero, al fiume Da-nubio, al mar Adriatico, al mar Bal-tico, al Rio delle Amazzoni, alla re-gione artica e al fiume Mississippi.Più di recente, nel 2012, è statainaugurata ad Halki una serie di se-

minari su argomenti specifici, com-presi il commercio e le arti, semprelegati al tema ambientale.

«Siamo profondamente convintiche non ci possono essere due modidi guardare il mondo, per esempiouna visione religiosa da una parte eprofana dall’altra. Non ci possonoessere una prospettiva spirituale eun’altra, differente comprensione se-colare del mondo. Non si può fareuna distinzione tra la preoccupazio-ne per il benessere umano e quellaper la conservazione ecologica. Ciòche in gioco — osserva il patriarcaBartolomeo — non è soltanto la no-stra capacità di vivere in modo piùo meno sostenibile ma la nostrastessa sopravvivenza. Gli scienziatiparlano di “punti critici” e di “b ru -sco cambiamento climatico”, i lea-der politici di “sfide” che ci atten-dono, i testi religiosi di crisi umanae della grazia del perdono di Dio.Ma tutti fanno capire che verrà il

momento in cui dovremo affrontarele conseguenze, e sarà troppo tar-di». Il patriarca ecumenico ricorda,in un parallelismo fra cristianesimoorientale e occidentale, Serafino diSarov e Francesco d’Assisi, «misticiche capirono verità semplici», ovve-ro che «una persona con un cuorepuro è in grado di percepire unaconnessione con il resto della crea-zione». Negli sforzi per contenere ilriscaldamento globale, l’uomo deveaccettare di sacrificare alcuni stili divita, egoistici e avidi: «Quando im-pareremo a dire basta? Quando ca-piremo che dobbiamo lasciareun’impronta più leggera su questopianeta per il bene delle future ge-nerazioni? Possiamo essere in disac-cordo su un’ideologia sociale o poli-tica ma sicuramente concordiamotutti — conclude Bartolomeo — sullanostra responsabilità di proteggerele risorse naturali, che non sono néillimitate né negoziabili».

Si è concluso dando appuntamento a Praga l’incontro europeo della Comunità di Taizé

La riconciliazioneè segno del Vangelo

ST R A S B U R G O, 2. Da Strasburgo aPraga per costruire l’unità tra i cri-stiani. La città francese ha salutatoieri, 1° gennaio, le decine di migliaiadi partecipanti al tradizionale incon-tro europeo dei giovani e dalla cat-tedrale gotica il priore della comu-nità ecumenica, fratel Alois, ha an-nunciato che il prossimo radunocontinentale si svolgerà nella capita-le della Repubblica Ceca, dal 29 di-cembre 2014 al 2 gennaio 2015. Ilcardinale e arcivescovo di Praga,Dominik Duka, e il presidente delConsiglio ecumenico delle Chieseceche, pastore Daniel Fajfr, sonogiunti a Strasburgo per sottolinearel’evento. «Cari giovani amici — hadetto il porporato — è con gioia chevi invito all’incontro internazionaledei giovani cristiani preparato dallaComunità di Taizé nella RepubblicaCeca, a Praga, città che si trova nelcuore dell’Europa e che, sin dall’ini-zio della nostra storia, è stata uncentro spirituale e culturale non so-lo del nostro Paese, ma di tuttal’Europa centrale».

Quella di Praga sarà dunque lanuova tappa nel cammino per l’uni-tà tra i cristiani. Nella meditazionedella sera del 31 dicembre fratelAlois ha ricordato il senso di questoitinerario spirituale: «Se cerchiamouna riconciliazione tra i cristiani,non è per essere più forti. Non ènemmeno per ripiegarci su noi stes-si. No, noi cerchiamo la riconcilia-zione dei cristiani perché essa sia unsegno di Vangelo, e possa diventareun fermento di avvicinamento tragli uomini e tra i popoli».

In questa prospettiva, si proiettadunque il lavoro della Comunità diTaizé per tutto il 2014. Lo ha sotto-

lineato lo stesso fratel Alois nellalettera che ha accompagnato il tren-taseiesimo raduno continentale dellaComunità ecumenica, che per cin-que giorni ha visto almeno trentami-la giovani “i n v a d e re ” Strasburgo peril tradizionale “pellegrinaggio dellafiducia sulla terra”: «Cristo donavala sua amicizia a tutti, senza rifiuta-re nessuno. Coloro che amano Cri-sto in ogni parte della terra forma-no, al suo seguito, come una grandecomunità d’amicizia. Si chiama co-munione. Per questo, hanno uncontributo da offrire per guarire leferite dell’umanità».

La riflessione sulla lettera del2012 di fratel Alois Verso una nuovasolidarietà continua dunque a esserela base del cammino comune cheporterà la Comunità fino al 2015. Eche impegna, per l’anno che inizia,a «cercare la comunione visibile fratutti coloro che amano Cristo». Iltutto secondo quattro binari — indi-cati come le «quattro proposte» —per partecipare a tale ricerca. In pri-mo luogo, dunque, «unirsi alla co-munità locale che prega». Infatti,quale grande passo in avanti sareb-be «se le comunità locali, i gruppi,gli oratori, diventassero sempre dipiù dei luoghi di amicizia. Luoghiaccoglienti dove ci sosteniamo vi-cendevolmente, dove siamo attentiai più fragili, agli stranieri, a coloroche non condividono le nostreidee». Di qui l’idea — ed è la secon-da proposta — di «allargare l’amici-zia al di là delle frontiere che ci li-mitano». E, dunque, «perché nonscegliere per un anno, fra il vicina-to, una situazione e delle persone acui offrire una presenza amichevole,manifestare una solidarietà: esclusi,

poveri, malati, portatori di disabili-tà, bambini abbandonati, immigrati,persone senza lavoro?».

Tutto ciò sfocia nella terza pro-proposta: «condividere e pregare re-golarmente con altri», perché «peralcuni giovani, esperienze dolorose,abbandoni, solitudine, o anche laviva coscienza delle ingiustizie nelmondo, rendono talvolta quasi im-possibile la fede in Dio». Diventaperciò importante «leggere insiemeuna pagina del Vangelo o un’altralettura. Fare una preghiera comunecon alcuni canti, una lettura biblica,un lungo momento di silenzio».

Soprattutto, però, occorre «rende-re più visibile la comunione fra tutticoloro che amano Cristo». Infatti,«nella nostra città, nella nostra re-gione, ci sono anche persone cheamano Cristo in una maniera diffe-rente dalla nostra. Chiamarci “cri-stiani” vuol dire portare il nome diCristo. Noi riceviamo la nostraidentità di cristiani con il battesimoche ci unisce a Cristo. Cerchiamo didare maggiore visibilità a questaidentità comune, anziché sottolinea-re le nostre identità confessionali».In questo senso, fratel Alois lancial’invito: «Andiamo verso chi è di-verso da noi — un altro gruppo,un’altra parrocchia, un altro movi-mento, un’altra confessione, una co-munità cristiana di migranti. Andia-mo a visitarli, lasciamoci accogliere,invitiamoli. Insieme a loro rivolgia-moci a Cristo con una semplice pre-ghiera, mettiamoci “sotto lo stessotetto” senza aspettare che tutto siapienamente armonico, così anticipe-remo una pienezza di comunione».

Iniziativa della Federazione mondiale luterana da attuare ogni mese del 2014

Un giorno di digiuno in difesa del clima

Il patriarcato di Mosca sui bimbi nati da maternità surrogata

Ortodossi e battesimo

GINEVRA, 2. «Chiediamo una gior-nata di digiuno, nelle comunità difede in tutto il mondo, ogni primogiorno del mese, fino al 1 ° dicem-bre 2014 quando comincerà a Limail Cop 20». È quanto si legge sul si-to on line della Federazione mon-diale luterana (Lwf) che intende inquesto modo coinvolgere cittadini efedeli in un’approfondita riflessionein vista della Conferenza delle Na-zioni Unite sui cambiamenti climati-ci che avrà luogo a fine anno in Pe-rú. «Abbiamo deciso di digiunare —si afferma — per solidarietà con lepersone colpite dai cambiamenti cli-matici nel mondo, con i milioni di

individui che hanno perso la lorocasa e i mezzi di sostentamento acausa di eventi meteorologici estre-mi, e in ricordo di quanti sonomorti».

L’intenzione è quella di unirepersone di fede e differenti percorsidi vita per costituire un forte grup-po di opinione a sostegno delleazioni tese a rallentare il cambia-mento climatico: «Il digiuno è unapratica spirituale di lunga data chetroviamo in molte tradizioni religio-se. È un’esperienza intensa sia daun punto di vista fisico che spiri-tuale».

L’iniziativa, lanciata assieme adaltre organizzazioni, è stata decisa il18 dicembre a Ginevra (sede dellaLwf) e la prima giornata si è svoltaproprio ieri, 1° gennaio. Nei giorniscorsi il direttore del Dipartimentoper la missione e lo sviluppo, CarlosBock, ha chiesto ai membri dellechiese aderenti alla Federazionemondiale luterana di condividerel’invito a un giorno di digiuno peril clima, prendendo parte attiva allapromozione della giustizia climatica.Secondo Bock il digiuno è un mo-do per i luterani di esprimere la lorofede comune, valori spirituali ed eti-ci, sollecitando i Governi a esserepiù ambiziosi nei negoziati sul cam-biamento climatico. «Per i credenti— ha aggiunto il segretario per igiovani, Caroline Richter — il digiu-no è un segno per ri-pensare i nostristili di vita, per chiedere perdono eri-impegnarci in modo più respon-sabile e sostenibile».

Oltre alla Lwf sono coinvolti di-versi gruppi giovanili, il Climate Ac-tion Network, il World Council ofChurches, la Global Call for Clima-te Action, Avaaz, 350.org, Friends ofthe Earth, Move On, 18 Million Ri-sing, Forecast the Facts e il ClimateJustice Network.

La questione del cambiamentoclimatico è una preoccupazione co-stante della Federazione mondialeluterana ed è considerata fra le prio-rità del piano strategico 2012-2017.L’assemblea del 2010 a Stoccarda harafforzato l’impegno dell’o rg a n i z z a -zione per la giustizia climatica e lacura dell’ambiente, «affinché le ge-nerazioni future possano godere ifrutti della creazione e condurre unavita salutare».

MOSCA, 2. Fra i documenti appro-vati dal sinodo della Chiesa orto-dossa russa svoltosi il 25 e 26 di-cembre a Mosca ne figura uno de-dicato al battesimo dei bambininati — in caso di surrogazione dimaternità nella fecondazione assi-stita — dalle cosiddette “madrip ortanti”. Nel testo, riportato insintesi dal blog «Parlons d’ortho-doxie», si ricorda che ogni bambi-no può essere battezzato nella fededi coloro che chiedono tale sacra-mento per lui: «Un bambino nonè responsabile delle azioni dei suoigenitori e non è colpevole del fattoche la sua venuta al mondo derivida tecnologie riproduttive condan-nate dalla Chiesa». Il patriarcatodi Mosca, pur ribadendo la suacontrarietà a tale pratica oggi au-torizzata in Russia, non nega dun-que il battesimo ma raccomanda diprocedere al rito solo a un’età incui il minore possa prendere e as-sumersi gli impegni sacramentalidavanti a Dio.

Nel documento si aggiunge tut-tavia che il bambino può ricevereil battesimo anche in tenera età acondizione che i suoi genitori fac-ciano atto di conversione e si im-pegnino a educare il piccolo nellafede cristiana e in obbedienza allaparola del Vangelo. Agli occhi del-la Chiesa ortodossa russa la surro-gazione di maternità è un metodoriproduttivo inaccettabile: si sotto-linea «il lato snaturato» di talepratica che «avvilisce la dignitàumana della donna e la sua nobilevocazione di madre, in quanto ilsuo corpo non è considerato cheuna sorta di incubatrice, una mac-china». Com’è noto, infatti,nell’ambito della fecondazione as-sistita, la “madre portante” è quel-la donna che si assume l’imp egnodi portare avanti la gravidanza edi partorire per conto di una cop-

pia sterile, alla quale consegnerà ilnascituro. Ma il bambino — osser-va il sinodo — non è responsabiledi tutto questo e può dunque esse-re battezzato secondo la fede deisuoi genitori e padrini. Tuttavia,«se i genitori non confessanoespressamente la loro azione e ipadrini si mostrano di fatto d’ac-cordo con tale atto peccaminoso,non è più solo una questione dieducazione cristiana del bambino.Il rifiuto di battezzarlo corrispon-de allora alla tradizione ortodossache prevede l’adesione alla dottri-na della Chiesa del battezzato odei suoi genitori e padrini, quandosi tratta di un bambino. Un tale ri-fiuto avrà anche un significato pa-storale, poiché la società riceveràchiaramente il segnale da partedella Chiesa che la pratica delle“madri portanti” è inaccettabiledal punto di vista cristiano». Tuttala pratica deve essere seguita dalvescovo del luogo e se un pretedecidesse per la dispensa rischie-rebbe sanzioni canoniche. Unicaeccezione è il pericolo di morte delnascituro: in tal caso il sacramentosarebbe amministrato senza impe-dimenti. In conclusione, se i geni-tori non confessano il loro pecca-to, il battesimo va rinviato fino aquando non cambieranno atteggia-mento oppure fino a quando ilbambino non sarà in grado di sce-gliere la propria fede.

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014 pagina 7

Messaggio dell’episcopato per il nuovo anno

Pace e lotta alla povertà nelle Filippine

Il vescovo di Roma a San Pietro per il Te Deum di ringraziamento nell’ultimo giorno dell’anno

Una città più bellase più accogliente e ricca d’umanità

L’apostolo Giovanni definisce iltempo presente in modo preciso: «Ègiunta l’ultima ora» (1 Gv 2, 18).Questa affermazione — che ricorrenella Messa del 31 dicembre — sta asignificare che con la venuta di Dionella storia siamo già nei tempi “ul-timi”, dopo i quali il passaggio fina-le sarà la seconda e definitiva venutadi Cristo. Naturalmente qui si parladella qualità del tempo, non dellaquantità. Con Gesù è venuta la “pie-nezza” del tempo, pienezza di signi-ficato e pienezza di salvezza. E nonci sarà più una nuova rivelazione,ma la manifestazione piena di ciòche Gesù ha già rivelato. In questosenso siamo nell’“ultima ora”; ognimomento della nostra vita non èprovvisorio, è definitivo, e ogni no-stra azione è carica di eternità; infat-ti, la risposta che diamo oggi a Dioche ci ama in Gesù Cristo, incide sulnostro futuro.

La visione biblica e cristiana deltempo e della storia non è ciclica,ma lineare: è un cammino che vaverso un compimento. Un anno cheè passato, quindi, non ci porta aduna realtà che finisce ma ad unarealtà che si compie, è un ulteriorepasso verso la meta che sta davanti anoi: una meta di speranza e una me-ta di felicità, perché incontreremoDio, ragione della nostra speranza efonte della nostra letizia.

Mentre giunge al termine l’anno2013, raccogliamo, come in una ce-sta, i giorni, le settimane, i mesi cheabbiamo vissuto, per offrire tutto alSignore. E domandiamoci coraggio-samente: come abbiamo vissuto iltempo che Lui ci ha donato? Lo ab-biamo usato soprattutto per noi stes-si, per i nostri interessi, o abbiamosaputo spenderlo anche per gli altri?Quanto tempo abbiamo riservatoper stare con Dio, nella preghiera,nel silenzio, nella adorazione?

E poi pensiamo, noi cittadini ro-mani, pensiamo a questa città di Ro-ma. Che cosa è successo quest’anno?Che cosa sta succedendo, e che cosasuccederà? Com’è la qualità della vi-ta in questa Città? Dipende da tuttinoi! Com’è la qualità della nostra“cittadinanza”? Quest’anno abbiamocontribuito, nel nostro “piccolo”, arenderla vivibile, ordinata, accoglien-te? In effetti, il volto di una città ècome un mosaico le cui tessere sonotutti coloro che vi abitano. Certo,chi è investito di autorità ha mag-giore responsabilità, ma ciascuno di

noi è corresponsabile, nel bene e nelmale.

Roma è una città di una bellezzaunica. Il suo patrimonio spirituale eculturale è straordinario. Eppure,anche a Roma ci sono tante personesegnate da miserie materiali e mora-li, persone povere, infelici, sofferenti,che interpellano la coscienza di ognicittadino. A Roma forse sentiamopiù forte questo contrasto tra l’am-biente maestoso e carico di bellezzaartistica, e il disagio sociale di chi fapiù fatica.

Roma è una città piena di turisti,ma anche piena di rifugiati. Roma èpiena di gente che lavora, ma anchedi persone che non trovano lavoro osvolgono lavori sottopagati e a volteindegni; e tutti hanno il diritto adessere trattati con lo stesso atteggia-mento di accoglienza e di equità,perché ognuno è portatore di digni-tà umana.

È l’ultimo giorno dell’anno. Checosa faremo, come agiremo nel pros-simo anno, per rendere un poco mi-gliore la nostra Città? La Romadell’anno nuovo avrà un volto anco-ra più bello se sarà ancora più riccadi umanità, ospitale, accogliente; setutti noi saremo attenti e generosiverso chi è in difficoltà; se sapremocollaborare con spirito costruttivo esolidale, per il bene di tutti. La Ro-ma dell’anno nuovo sarà migliore senon ci saranno persone che la guar-dano “da lontano”, in cartolina, cheguardano la sua vita solo “dal balco-ne”, senza coinvolgersi in tanti pro-blemi umani, problemi di uomini edonne che, alla fine... e dal princi-pio, lo vogliamo o no, sono nostrifratelli. In questa prospettiva, laChiesa di Roma si sente impegnataa dare il proprio contributo alla vitae al futuro della Città — è il suo do-vere! —, si sente impegnata ad ani-marla con il lievito del Vangelo, adessere segno e strumento della mise-ricordia di Dio.

Questa sera concludiamo l’Annodel Signore 2013 ringraziando e an-che chiedendo perdono. Le due coseinsieme: ringraziare e chiedere per-dono. Ringraziamo per tutti i bene-fici che Dio ci ha elargito, e soprat-tutto per la sua pazienza e la sua fe-deltà, che si manifestano nel succe-dersi dei tempi, ma in modo singo-lare nella pienezza del tempo, quan-do «Dio mandò il suo Figlio, natoda donna» (Gal 4, 4). La Madre diDio, nel cui nome domani iniziere-mo un nuovo tratto del nostro pelle-grinaggio terreno, ci insegni ad ac-cogliere il Dio fatto uomo, perchéogni anno, ogni mese, ogni giornosia colmo del suo eterno Amore. Co-sì sia!

Il Papa per la marcia della pace svoltasi a Campobasso

Occorre fuggiredalla globalizzazione

dell’i n d i f f e re n z a

Lutto nell’episcopato

Monsignor Joaquim Gonçalves, ve-scovo emerito di Vila Real in Porto-gallo, è morto nel pomeriggio dimartedì 31 dicembre a Póvoa de Var-zim, in seguito a un attacco cardia-co. Nato a Revelhe, nell’arcidio cesidi Braga, il 17 maggio 1936, era statoordinato sacerdote il 10 luglio 1960.Nominato vescovo titolare di Ursonae ausiliare di Braga il 3 agosto 1981,aveva ricevuto l’ordinazione episco-pale il 18 ottobre dello stesso anno.Quindi il 19 maggio 1987 era statonominato vescovo coadiutore di VilaReal e il 19 gennaio 1991 era divenu-to vescovo di Vila Real, succedendoper coadiuzione. Il 17 maggio 2011aveva rinunciato al governo pastora-le della diocesi. Le esequie sono sta-te celebrate, nella mattina di giovedì2 gennaio, nella cattedrale di VilaReal.

Rendere Roma sempre più bella, accogliente esolidale. È l’invito rivolto da Papa Francesconell’ultimo giorno dell’anno per migliorare «la nostracittà». Lo ha fatto presiedendo i primi vespri dellasolennità di Maria Santissima Madre di Dio, ilcanto del Te Deum di fine anno e l’adorazione ebenedizione eucaristica, nella basilica vaticana,martedì pomeriggio, 31 dicembre. Dopo il PadreNostro, è stato esposto il Santissimo Sacramentonell’ostensorio collocato sull’altare della Confessione.Papa Francesco ha sostato per alcuni minuti inginocchio in adorazione, e dopo il tradizionale Te

Deum, ha impartito la benedizione eucaristica. Inbasilica molti abitanti dell’Urbe, non solo laici, maanche presbiteri, religiosi e religiose che prestanoservizio nella città eterna, e rappresentantidell’amministrazione civile, guidati dal sindacoMarino. Alla liturgia hanno partecipato venticinquecardinali, gli arcivescovi Parolin, segretario di Stato,Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, eMamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, enumerosi arcivescovi, vescovi e prelati della Curiaromana, tra i quali monsignor Camilleri,sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. Tra i

presenti anche l’arcivescovo Gänswein, prefetto dellaCasa Pontificia, monsignor Sapienza, reggente dellaPrefettura, e il medico Polisca. Al termine dellaliturgia il Papa ha reso omaggio alla statua di sanPietro posta nella basilica vaticana. A conclusione ilPontefice si è recato a pregare alcuni minuti davantial presepe allestito in piazza San Pietro. Scesodall’automobile, è stato accolto dal cardinale Bertello,presidente del Governatorato dello Stato della Cittàdel Vaticano, dal vescovo segretario generale VérgezAlzaga e da don García de la Serrana Villalobos,direttore dei Servizi tecnici.

Inaugurazionedell’anno giudiziario

del Tribunale vaticanoL’ottantacinquesimo anno giudizia-rio del Tribunale dello Stato dellaCittà del Vaticano sarà inauguratosabato 11 gennaio. Alle 9, nella cap-pella di Maria Madre della Famiglia,nel palazzo del Governatorato, ilcardinale Raymond Leo Burke, pre-sidente della Corte di Cassazione,celebrerà la messa. Seguirà la rela-zione del promotore di Giustizia,Gian Piero Milano.

CA M P O B A S S O, 2. «Un rinnovatoimpegno nella costruzione di unaconvivenza fondata sulla verità, sull’amore e sulla giustizia, fuggendodalla globalizzazione dell’indiffe-renza, che fa abituare alla sofferen-za dell’altro e induce al disprezzo eall’abbandono dei più deboli» èstato sollecitato da Papa Francesconel messaggio indirizzato alla qua-rantaseiesima Marcia per la pace,promossa dalla Conferenza episco-pale italiana, in collaborazione conCaritas, Pax Christi e Azione catto-lica, che si è svolta la sera dell’ulti-mo dell’anno a Campobasso sul te-ma scelto dal Pontefice per laGiornata mondiale del 1° gennaio:«Fraternità, fondamento e via perla pace». Iniziativa che ha registra-to la partecipazione di moltissimigiovani che, attraversando le stradedel capoluogo molisano, hannocompiuto alcune tappe significati-ve: dalla mensa Caritas al carcere,per non dimenticare chi chiede unanuova opportunità e un futuro mi-gliore. Ad aprire il corteo, forse an-cor più significativamente, la “c ro -ce di Lampedusa”, realizzata da unfalegname dell’isola con i legni del-le barche dei migranti, per richia-mare alla memoria il sacrificio diquanti sono morti nel tentativo diapprodare in Europa.

Nell’omelia della messa celebrataal termine della marcia, l’a rc i v e s c o -vo di Campobasso-Boiano, Gian-carlo Maria Bregantini, presidentedella Commissione episcopale per iproblemi sociali e il lavoro, la giu-stizia e la pace, ha ribadito l’im-portanza dell’impegno per la rea-lizzazione di una società fondatasull’amore. «Per costruire la paceoccorre tanto tempo. Non la si im-provvisa mai, ma la si prepara concura, con amore, fin nei particolari,tramite relazioni costruite con amo-re. Con la stessa tenerezza, unamontagna di tenerezza, con cuiMaria realizzò le povere fasce dellagrotta di Betlemme. Ma proprioquella tenerezza ha trasformatouna dimora per animali in una casaluminosa, la casa di Gesù». Dun-que, «ci vuole pazienza infinita,per costruire la pace, giorno pergiorno, fedelmente, con tenacia ecaparbietà». Da qui, «l’imp ortanzadei piccoli passi, come in una mar-cia, fatta insieme ai compagni distrada. È la forza del germoglio,che ci viene dalla contemplazionedel “piccolo” Bambino Gesù, iconadi questo Natale. Quel bambino

che è nato anche lui senza docu-menti, lungo una strada, fuori daicontrolli legali, da due genitori inprecarietà, costretto poco dopo ascappare davanti alla polizia».Questo è «il Natale, non caramel-loso, ma vero, da contemplare conamore. La pace esige tempo, piùtempo che spazio». Nella pace «ri-ceviamo ciò che veramente siamo.Ricostituire la pace nel tessutoumano e culturale significa acco-gliere l’invito divino più grande:restare nell’Amore di Dio».

Per il presule, che non ha rispar-miato critiche all’acquisto e allaproduzione di armamenti, «il noalla guerra è il sì all’uomo. Solochi porta la pace in mezzo al mon-do è degno di essere chiamato uo-mo, perché egli fa del suo simileun prossimo e del suo prossimo,un fratello». Eccoci così, ha ag-giunto, «al cuore di questa marcia:riconoscerci e vivere da fratelli,poiché siamo figli dello stesso Pa-dre Celeste. Per noi, di Campobas-so, è proprio il programma pastora-le dell’anno che viviamo. Allora sa-rà veramente la città della pace,per tutto il 2014. Una meta ambi-ziosa ma limpida».

Per monsignor Bregantini, «lafraternità parte sempre dallo sguar-do con cui io guardo i miei fratelli.Costruiamo allora ponti e non mu-ri, aratri e non lance. Soprattuttolottiamo reciprocamente per il la-voro dei giovani, come segno diuna pace fondata sulla vera frater-nità, nella condivisione del lavoro».La guerra, dunque, «è quel voltogirato altrove, che non si cura delfratello».

E ripercorrendo idealmente iluoghi toccati dalla marcia a Cam-pobasso, il presule ha sottolineatoche la pace «è intercessione e pre-ghiera insistente; è scuola di frater-nità già nelle aule scolastiche e nellavoro condiviso; è risanare le no-stre ferite perché divengano feritoiegià in un carcere, in un passato re-dento; è accoglienza di tutti, pervincere la cultura dell’i n d i f f e re n z ae dello scarto; è sguardo al volto diDio e al cuore di Maria, per impa-rare da loro a stimare, senza per-malosità negative, ogni persona».La pace, ha concluso, «è proprio ilmondo che attende di attuarsi. Pe-rò l’apice della sua realizzazione èe rimane sempre la persona, comeci ha insegnato lo studio accuratodella Pacem in terris».

MANILA, 2. Un’esortazione alla lot-ta alla povertà e alla pace: è l’indi-cazione contenuta nel messaggioche il presidente della Conferenzaepiscopale nelle Filippine, monsi-gnor Socrates B. Villegas, arcivesco-vo di Lingayen-Dagupan ha rivoltoalla comunità dei fedeli all’iniziodel nuovo anno. Vari sono i puntitoccati dal presule nella sua rifles-sione che ha anche come orizzonteil panorama internazionale. In par-ticolare, l’arcivescovo ha rivolto unpensiero all’unità tra le famiglie e lecomunità: «Che tutti possano vive-re uniti» ha affermato monsignorVillegas, riferendosi alla situazionesocio-politica che caratterizza larealtà del Paese. Fra l’altro nelle Fi-lippine vi è la necessità di assicura-re assistenza alle migliaia di perso-ne colpite dagli effetti devastantidel tifone Haiyan dello scorso no-vembre. L’evento climatico estremoha prodotto danni incalcolabili e hareso ancora più dura la condizionedi indigenza della popolazione.«Preghiamo per la fine della pover-tà», ha sottolineato il presidentedell’episcopato cattolico. Centinaiadi migliaia di persone stanno sof-frendo disagio e privazione «pro-prio come quella di Gesù e dei suoigenitori, lottando per sopravviveretra le macerie causate dal tifone piùgrande che abbia mai colpito le Fi-lippine» ha spiegato all’ agenzia Fi-des un missionario di San Colom-bano, padre Shay Cullen. Il religio-so ha parlato anche del rischio chei bambini più poveri possano resta-re vittime della tratta. «Oltre a ven-to, piogge e devastazione, oggigiunge un’altra tempesta: quelladello sfruttamento umano e dellatratta dei bambini, che sono nellemire di trafficanti senza scrupoli»,ha osservato il missionario. Nel suomessaggio natalizio l’arcivescovo diManila, cardinale Luis Antonio G.

Tagle, aveva indicato proprio nellacarità il compito principale. «Tuttigli altri segni del Natale — è scritto— le luci, il cibo, i vestiti, i regali,devono lasciare il posto e il signifi-cato al Segno centrale: l’umile per-sona del Figlio di Dio che si èsvuotato per divenire uno di noi.La gloria divina si vede nella debo-lezza di un bambino; la magnifi-cenza del Paradiso si manifestanell’umiltà; la giustizia di Dio si ri-vela nella compassione».

Prosegue intanto intensa l’op eradelle organizzazioni caritative. Se-condo quanto riferisce l’agenziaAsiaNews, la Caritas nelle Filippinesta lavorando a stretto contatto conle organizzazioni internazionali perassicurare lo svolgimento di pro-grammi umanitari a lungo termine.L’estensione del territorio, la suaframmentazione e la difficoltànell’accedere in alcune aree rappre-sentano tuttora un serio ostacoloagli interventi. Sono quasi 11 milio-ni gli abitanti che hanno subitodanni o perdite a vario titolo, sparsiin 574 fra municipalità e città diver-se. Si tratta di programmi rivolti«all’opera di prevenzione sul terri-torio e alla riduzione dei rischi» le-gati a calamità naturali, e che ver-ranno lanciati nel primo quadrime-stre del 2014.

Nel messaggio di auguri per ilnuovo anno, il presidente dellaConferenza episcopale ha anche au-spicato che i sopravvissuti al tifonepossano presto riprendere la loronormale vita. Monsignor Villegasha inoltre richiamato la questionedel terrorismo e delle violenze. Datempo al centro dell’attenzione c’èla ricerca di pace nella regione amaggioranza musulmana di Minda-nao. Monsignor Villegas ha chiestoai fedeli preghiere «per porre fineai rapimenti, alle violenze e al ter-rorismo». Da tempo rappresentanti

delle comunità cristiane e musulma-ne lavorano per la riconciliazionenella regione. Nel 2012, a tale ri-guardo, i vescovi cattolici e i capireligiosi musulmani delle Filippineavevano pubblicato una lettera con-giunta dal titolo «Amore di Dio eamore del prossimo: una sfida perMindanao». «Alla base di tutto —si legge nel testo — c’è un mandatocomune per cristiani, musulmani eindigeni: quello di amare Dio, Al-lah, Magbabaya, il prossimo e lanatura, in una vita armoniosa e pa-cifica». I leader religiosi hannospiegato che «spesso i conflitti sonodovuti alla politica e all’economia ehanno solo il pretesto della religio-ne che, invece, nella sua autenticità,è uno strumento di pace» e hannotracciato una “road map” per la pa-ce, impegnandosi a promuovereprogetti di carattere formativo e disviluppo in cui sperimentare la co-noscenza e la comprensione recipro-ca della fede e della cultura, nellospirito del dialogo, in modo da co-struire armonia autentica e pace fraindividui e comunità. Tra i luoghipiù colpiti dalle violenze in Minda-nao vi è la città di Jolo, capoluogodella provincia di Sulu. Nella zonaconvive insieme ai musulmani unacospicua minoranza cristiana, cherappresenta circa il quaranta percento della popolazione, che spessoè bersaglio di attacchi da parte de-gli estremisti. L’episcopato cattolicoin varie occasioni ha levato con for-za la propria voce per il rispetto deidiritti delle minoranze religiose. Unimpegno che presuppone la conti-nua sottolineatura di alcuni valorifondamentali, come lealtà, sicurezzae solidarietà. Nel concludere il suomessaggio il presidente della Con-ferenza episcopale ha fatto cennoalla difficile situazione in Siria,chiedendo anche per questo Paeseconcreti sforzi per la pace.

Papa Francesco davanti al presepe di piazza San Pietro

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 giovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014

Al primo Angelus dell’anno il Pontefice esorta a costruire una società più giusta

Per una pace fatta in casaE ringrazia il presidente Napolitano invocando la benedizione sul popolo italiano

«Il Signore ci aiuti ad incamminarci tutti con più decisione sulle vie dellagiustizia e della pace. E incominciamo a casa! Giustizia e pace a casa, tra noi.Si incomincia a casa e poi si va avanti, a tutta l’umanità». È quanto auspicatoda Papa Francesco all’Angelus recitato con gli oltre centomila fedeli radunatisi inpiazza San Pietro a mezzogiorno di mercoledì 1° gennaio. Il Pontefice ha ancheringraziato il presidente della Repubblica italiana per le espressioni aug u ra l irivoltegli la sera precedente durante il tradizionale messaggio di fine anno allanazione italiana.

Settima visita di Papa Francesco a Santa Maria Maggiore

Preghiera silenziosaalla Salus populi Romani

Omelia della messa nella basilica vaticana per la solennità della Santissima Madre di Dio

Il posto dei buoni e dei cattiviNomina episcopale

in UgandaLa nomina di oggi riguarda laChiesa in Uganda.

Emmanuel Obboarcivescovo di Tororo

Nato il 7 ottobre 1952, nel vil-laggio di Nagoke/Kirewa, conteadi West-Budama, arcidiocesi diTororo, dopo le scuole primarie èentrato nel seminario minore del-la congregazione religiosa degliApostoli di Gesù. Successivamen-te ha studiato presso l’East-Afri-can Commercial and SecondarySchool di Kampala e presso ilCentre for Continuous Educationdell’Università Makerere, ottenen-do il Pitman certificates in BookKeeping. Nel 1977 è entrato nellacongregazione degli Apostoli diGesù, dove l’8 dicembre 1979 haemesso i primi voti. Gli studi difilosofia (1980-1982) e teologia(1982-1986) li ha svolti nel semi-nario degli Apostoli di Gesù aNairobi. Ordinato sacerdote il 13dicembre 1986, è stato per un an-no assistente del maestro dei no-vizi nel noviziato di Moroto. ARoma dal 1987 al 1991 per la li-cenza e la laurea in filosofia pres-so la Pontificia Università Urba-niana, rientrato in patria è statorettore del Philosophicum di Lan-gata (1992-1994), vicario generaledella congregazione e coordinato-re pastorale della stessa (1993-1999), assistente generale per lecomunicazioni sociali (1999-2001)e rettore del seminario minore de-gli Apostoli di Gesù a Nadiket,Moroto (2003-2007). Nello stessoperiodo è stato anche coordinato-re della zona Moroto-Kotido, provicario generale del vescovo diMoroto, presidente del board ofgovernors e dello school manage-ment committee del Saint DanielComboni Polytechnic, a Naoi,Moroto. Eletto alla sede residen-ziale di Soroti il 27 giugno 2007,ha ricevuto l’ordinazione episco-pale il successivo 6 ottobre.

Al mattino insieme ad oltre cento-mila fedeli in piazza San Pietro;nel pomeriggio con la solitaria,personalissima preghiera nella cap-pella della Salus populi romani aSanta Maria Maggiore. Così PapaFrancesco ha affidato alla «SantaMadre di Dio» le speranze delmondo intero e le attese di giusti-zia dell’umanità, nel giorno in cuila Chiesa celebra la Giornata mon-diale della pace. Così ieri, mercole-dì 1° gennaio 2014, dopo aver invi-tato i fedeli — raccolti in piazzaSan Pietro per il consueto appun-tamento mariano nel giorno di fe-sta — a ripetere per tre volte l’invo-cazione a Maria, nel pomeriggio siè recato nella basilica liberiana, perrinnovare la sua preghiera alla Si-gnora della pace, davanti alla cuiimmagine ha sostato per circa ventiminuti.

Una visita imprevista, quella po-meridiana, svoltasi in forma stretta-mente privata, anche se per il Pon-tefice è stato quasi impossibile evi-tare l’impatto con le centinaia difedeli che in quel momento eranonel tempio e che si sono improvvi-samente accorti di avere il Papa traloro. Da notare che, nonostantel’entusiasmo suscitato da quell’in-sperata opportunità di vedere ilSanto Padre così da vicino, hannotutti rispettato il suo momento dipreghiera silenziosa nella cappelladella Vergine. Nella circostanza ilSanto Padre, che era stato accoltodal cardinale arciprete Santos Abrily Castelló, ha deposto un bouquetdi rose bianche.

È stata la settima volta che PapaBergoglio si è recato nella basilicamariana di Roma. La prima fu il 14marzo dello scorso anno, all’indo-mani dell’elezione al Pontificato.

Nel cuore pur ferito di Maria c’è posto per tutti gli uomini,buoni o cattivi che siano. Lo ha ribadito Papa Francesconell’omelia pronunciata mercoledì 1° gennaio, solennità di MariaSantissima Madre di Dio, durante la messa celebratanella basilica vaticana in occasione della quarantasettesimaGiornata mondiale della pace. Alla preghiera dei fedeli sono stateelevate intenzioni per la pace tra i popoli e le nazioni,per tutte le donne e tutte le mamme e per il nuovo anno che inizia.La processione offertoriale è stata animata da tre bambini di area

linguistica tedesca vestiti come i re magi. Concelebranti principali,saliti all’altare della Confessione con il Papa per la preghieraeucaristica, sono stati il cardinale Turkson, presidente del PontificioConsiglio della Giustizia e della Pace, e l’arcivescovo Parolin,segretario di Stato. Con loro gli arcivescovi Becciu, sostituto dellaSegreteria di Stato, e Mamberti, segretario per i Rapporti con gliStati, e il vescovo Toso, segretario del dicastero di Iustitia et Pax.Hanno inoltre concelebrato ventidue cardinali, tra i quali il decanodel collegio Sodano, una ventina tra arcivescovi e vescovi,

e settanta sacerdoti. Hanno partecipato quattro porporati– tra cui il vice decano Etchegaray – con presuli e prelati chesvolgono il loro servizio nella Curia romana, e i canonici delcapitolo Vaticano. In posti riservati era il prefettodella Casa Pontificia, arcivescovo Gänswein. Con il corpodiplomatico accreditato presso la Santa Sedeerano i monsignori Wells, assessore della Segreteria di Stato,Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati,e Bettencourt, capo del Protocollo.

La prima Lettura ci ha ripropostol’antica preghiera di benedizione cheDio aveva suggerito a Mosè perchéla insegnasse ad Aronne e ai suoi fi-gli: «Ti benedica il Signore e ti cu-stodisca. Il Signore faccia risplende-re per te il suo volto e ti faccia gra-zia. Il Signore rivolga a te il suo vol-to e ti conceda pace» (Nm 6, 24-26).È quanto mai significativo riascolta-re queste parole di benedizioneall’inizio di un nuovo anno: accom-pagneranno il nostro cammino per iltempo che si apre davanti a noi. So-no parole di forza, di coraggio, disperanza. Non una speranza illuso-ria, basata su fragili promesse uma-ne; neppure una speranza ingenuache immagina migliore il futurosemplicemente perché è futuro. Que-sta speranza ha la sua ragione pro-prio nella benedizione di Dio, unabenedizione che contiene l’auguriopiù grande, l’augurio della Chiesaad ognuno di noi, pieno di tutta laprotezione amorevole del Signore,del suo provvidente aiuto.

L’augurio contenuto in questa be-nedizione si è realizzato pienamentein una donna, Maria, in quanto de-stinata a diventare la Madre di Dio,e si è realizzato in lei prima che inogni altra creatura.

Madre di Dio! Questo è il titoloprincipale ed essenziale della Ma-donna. Si tratta di una qualità, diun ruolo che la fede del popolo cri-stiano, nella sua tenera e genuinadevozione per la mamma celeste, hapercepito da sempre.

Ricordiamo quel grande momentodella storia della Chiesa antica che è

stato il Concilio di Efeso, nel qualefu autorevolmente definita la divinamaternità della Vergine. La veritàsulla divina maternità di Maria trovòeco a Roma dove, poco dopo, fu co-struita la Basilica di Santa MariaMaggiore, primo santuario marianodi Roma e dell’intero Occidente, nelquale si venera l’immagine della Ma-dre di Dio — la Th e o t o k o s — con il ti-tolo di Salus populi romani. Si rac-conta che gli abitanti di Efeso, du-rante il Concilio, si radunassero ailati della porta della basilica dove siriunivano i Vescovi e gridassero:«Madre di Dio!». I fedeli, chieden-do di definire ufficialmente questotitolo della Madonna, dimostravanodi riconoscerne la divina maternità.È l’atteggiamento spontaneo e since-ro dei figli, che conoscono bene laloro Madre, perché la amano conimmensa tenerezza. Ma è di più: è ilsensus fidei del santo popolo fedeledi Dio, che mai, nella sua unità, maisbaglia.

Maria è da sempre presente nelcuore, nella devozione e soprattuttonel cammino di fede del popolo cri-stiano. «La Chiesa cammina neltempo... e in questo cammino proce-de ricalcando l’itinerario compiutodalla Vergine Maria» (GiovanniPaolo II, Enc. Redemptoris Mater, 2).Il nostro itinerario di fede è uguale aquello di Maria, per questo la sen-tiamo particolarmente vicina a noi!Per quanto riguarda la fede, che è ilcardine della vita cristiana, la Madredi Dio ha condiviso la nostra condi-zione, ha dovuto camminare sullestesse strade frequentate da noi, a

volte difficili e oscure, ha dovutoavanzare nel «pellegrinaggio dellafede» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost.Lumen gentium, 58).

Il nostro cammino di fede è lega-to in modo indissolubile a Maria daquando Gesù, morente sulla croce,ce l’ha donata come Madre dicendo:«Ecco tua madre!» (Gv 19, 27). Que-ste parole hanno il valore di un te-stamento e danno al mondo unaMadre. Da quel momento la Madredi Dio è diventata anche Madre no-stra! Nell’ora in cui la fede dei di-scepoli veniva incrinata da tante dif-ficoltà e incertezze, Gesù li affidavaa Colei che era stata la prima a cre-dere, e la cui fede non sarebbe mai

venuta meno. E la “donna” diventaMadre nostra nel momento in cuiperde il Figlio divino. Il suo cuoreferito si dilata per fare posto a tuttigli uomini, buoni e cattivi, tutti, e liama come li amava Gesù. La donnache alle nozze di Cana di Galileaaveva dato la sua cooperazione difede per la manifestazione delle me-raviglie di Dio nel mondo, al calva-rio tiene accesa la fiamma della fedenella risurrezione del Figlio, e la co-munica con affetto materno agli al-tri. Maria diventa così sorgente disperanza e di gioia vera!

La Madre del Redentore ci prece-de e continuamente ci conferma nel-la fede, nella vocazione e nella mis-

sione. Con il suo esempio di umiltàe di disponibilità alla volontà di Dioci aiuta a tradurre la nostra fede inun annuncio del Vangelo gioioso esenza frontiere. Così la nostra mis-sione sarà feconda, perché è model-lata sulla maternità di Maria. A Leiaffidiamo il nostro itinerario di fede,i desideri del nostro cuore, le nostrenecessità, i bisogni del mondo inte-ro, specialmente la fame e la sete digiustizia e di pace e di Dio; e la in-vochiamo tutti insieme, e vi invitoad invocarla per tre volte, imitandoquei fratelli di Efeso, dicendole“Madre di Dio”: Madre di Dio! Ma-dre di Dio! Madre di Dio! SantaMadre di Dio! Amen.

Cari fratelli e sorelle,buongiorno e buon anno!All’inizio del nuovo anno rivolgo atutti voi gli auguri più cordiali dipace e di ogni bene. Il mio augurioè quello della Chiesa, è quello cri-stiano! Non è legato al senso un po’magico e un po’ fatalistico di unnuovo ciclo che inizia. Noi sappia-mo che la storia ha un centro: GesùCristo, incarnato, morto e risorto,che è vivo tra noi; ha un fine: il Re-gno di Dio, Regno di pace, di giu-stizia, di libertà nell’amore; e ha unaforza che la muove verso quel fine:la forza è lo Spirito Santo. Tutti noiabbiamo lo Spirito Santo che abbia-mo ricevuto nel Battesimo, e Lui cispinge ad andare avanti nella stradadella vita cristiana, nella strada dellastoria, verso il Regno di Dio.

Questo Spirito è la potenzad’amore che ha fecondato il grembodella Vergine Maria; ed è lo stessoche anima i progetti e le opere ditutti i costruttori di pace. Dove è unuomo o una donna costruttore dipace, è proprio lo Spirito Santo cheli aiuta, li spinge a fare la pace. Due

strade che si incrociano oggi: festadi Maria Santissima Madre di Dio eGiornata Mondiale della Pace. Ottogiorni fa è risuonato l’annuncio an-gelico: «Gloria a Dio e pace agli uo-mini»; oggi lo accogliamo nuova-mente dalla Madre di Gesù, che«custodiva tutte queste cose, medi-tandole nel suo cuore» (Lc 2, 19),per farne il nostro impegno nel cor-so dell’anno che si apre.

Il tema di questa Giornata Mon-diale della Pace è «Fraternità, fonda-mento e via per la pace». Fraternità:sulla scia dei miei Predecessori, apartire da Paolo VI, ho sviluppato iltema in un Messaggio, già diffuso eche oggi idealmente consegno a tut-ti. Alla base c’è la convinzione chesiamo tutti figli dell’unico Padre ce-leste, facciamo parte della stessa fa-miglia umana e condividiamo un co-mune destino. Da qui deriva per cia-scuno la responsabilità di operare af-finché il mondo diventi una comuni-tà di fratelli che si rispettano, si ac-cettano nelle loro diversità e si pren-dono cura gli uni degli altri. Siamoanche chiamati a renderci conto del-

le violenze e delle ingiustizie presen-ti in tante parti del mondo e chenon possono lasciarci indifferenti eimmobili: c’è bisogno dell’imp egnodi tutti per costruire una società ve-ramente più giusta e solidale. Ieri horicevuto una lettera di un signore,forse uno di voi, che mettendomi aconoscenza di una tragedia familia-re, successivamente elencava tantetragedie e guerre oggi, nel mondo, emi domandava: cosa succede nelcuore dell’uomo, che è portato a faretutto questo? E diceva, alla fine: «Èora di fermarsi». Anche io credo checi farà bene fermarci in questa stradadi violenza, e cercare la pace. Fratellie sorelle, faccio mie le parole di que-st’uomo: cosa succede nel cuoredell’uomo? Cosa succede nel cuoredell’umanità? È ora di fermarsi!

Da ogni angolo della terra, oggi icredenti elevano la preghiera perchiedere al Signore il dono della pa-ce e la capacità di portarla in ogniambiente. In questo primo giornodell’anno, il Signore ci aiuti ad in-camminarci tutti con più decisionesulle vie della giustizia e della pace.E incominciamo a casa! Giustizia epace a casa, tra noi. Si incomincia acasa e poi si va avanti, a tutta l’uma-nità. Ma dobbiamo incominciare acasa. Lo Spirito Santo agisca neicuori, sciolga le chiusure e le durez-ze e ci conceda di intenerirci davantialla debolezza del Bambino Gesù.La pace, infatti, richiede la forzadella mitezza, la forza nonviolentadella verità e dell’a m o re .

Nelle mani di Maria, Madre delRedentore, poniamo con fiducia fi-liale le nostre speranze. A lei, cheestende la sua maternità a tutti gliuomini, affidiamo il grido di pacedelle popolazioni oppresse dallaguerra e dalla violenza, perché il co-raggio del dialogo e della riconcilia-zione prevalga sulle tentazioni divendetta, di prepotenza, di corruzio-ne. A lei chiediamo che il Vangelodella fraternità, annunciato e testi-moniato dalla Chiesa, possa parlaread ogni coscienza e abbattere i muriche impediscono ai nemici di ricono-scersi fratelli.

Al termine della preghiera marianail Papa ha salutato i diversi gruppipresenti, ricordando in particolareiniziative in favore della pace svoltesia Campobasso e a Roma.

Fratelli e sorelle,desidero ringraziare il Presidentedella Repubblica Italiana per leespressioni augurali che mi ha rivol-to ieri sera, durante il suo Messaggioalla Nazione. Ricambio di cuore, in-vocando la benedizione del Signoresul popolo italiano, affinché, con ilcontributo responsabile e solidale ditutti, possa guardare al futuro confiducia e speranza.

Saluto con gratitudine le tante ini-ziative di preghiera e impegno per lapace che si svolgono in ogni partedel mondo in occasione della Gior-nata Mondiale della Pace. Ricordo,in particolare, la Marcia nazionaleche ha avuto luogo ieri sera a Cam-pobasso, organizzata da CEI, Cari-tas e Pax Christi. Saluto i parteci-panti alla manifestazione “Pace intutte le terre”, promossa a Roma ein molti Paesi dalla Comunità diSant’Egidio. Come pure le famigliedel Movimento dell’Amore Familia-re, che hanno vegliato stanotte inPiazza San Pietro. Grazie! Grazieper questa preghiera.

Rivolgo un saluto cordiale a tutti ipellegrini presenti, alle famiglie, aigruppi di giovani. Un pensiero spe-ciale va ai “Cantori della Stella” –Sternsinger –, cioè bambini e ragazziche in Germania e Austria portanonelle case la benedizione di Gesù eraccolgono offerte per i bambini chemancano del necessario. Grazie delvostro impegno! E saluto anche gliamici e i volontari della Fraterna Do-mus.

A tutti auguro un anno di pacenella grazia del Signore e con laprotezione materna di Maria, cheoggi invochiamo con il titolo “Ma-dre di Dio”. Cosa vi sembra se tuttiinsieme la salutiamo, adesso, dicen-do tre volte “Santa Madre di Dio”?Tutti insieme: Santa Madre di Dio!Santa Madre di Dio! Santa Madredi Dio! Buon inizio dell’anno, buonpranzo e arrivederci!

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L’OSSERVATORE ROMANO gennaio 2014 numero 19

Sua madre confrontavatutte queste cose nel suo cuoredonne chiesa mondo

Famiglia e teologia

Il nuovo anno si apre con un numero monotematico delnostro mensile dedicato alla famiglia, che sarà oggettocentrale di riflessioni e analisi nel mondo cattolico inpreparazione al sinodo convocato per l’ottobre 2014 suquesto tema. Le donne infatti — al centro delle relazioni chetengono insieme la famiglia e la animano, sia per quantoriguarda gli aspetti quotidiani concreti che per quellirelazionali e affettivi — sono anche centrali nel fare dellafamiglia il luogo della trasmissione dell’esperienza di fede.Ma quest’anno porta anche una novità: per rispondere allarichiesta, più volte ripetuta, di Papa Francesco diapprofondire una teologia della donna, in modo da definiremeglio il suo posto nella vita della Chiesa, aggiungiamouna pagina al nostro mensile dedicata esclusivamente aquesto argomento. Ogni mese un teologo o una teologasvilupperà in questo spazio le sue considerazioni su questaquestione aperta e centrale nella Chiesa di oggi, arricchendocosì di nuovo alimento la discussione in corso. Abbiamodeciso di chiedere la collaborazione anche — se nonsoprattutto — a non specialisti del tema. Pensiamo infattiche gli specialisti in genere già hanno scritto, e le lororiflessioni quindi sono disponibili anche senza il nostrointervento, e poi soprattutto che questo tema è così centralenella vita cristiana contemporanea da essere necessariamenteoggetto di pensiero e di proposte da parte di tutti,soprattutto di tutti coloro che nella loro vita hanno fattodella riflessione sulla Chiesa un momento centrale. La seriedelle riflessioni teologiche è aperta da Pierangelo Sequeri,teologo molto ammirato e amato, che non si è mai dedicatoalla questione femminile in particolare, e proprio per questooffre un’analisi fresca, nuova, molto stimolante per tutti.Egli ci dimostra ancora una volta come la teologia possadiventare pensiero vitale e utile per affrontare i problemidella vita della Chiesa. Continueremo per alcuni mesi conqueste nuove pagine, per proporre, alla fine di questaesperienza, una tavola rotonda di discussione delle propostefatte, che sarà pubblicata. Il nostro intento è dare il via ailavori, offrendo le fatiche raccolte, per le conclusioni, aPapa Francesco. (l.s.)

L’unica casa della viaUna storia di conversione familiare nel Giappone del secondo dopo guerra

di CRISTIAN MARTINI GRIMALDI

Figlia di un importante diplomatico giap-ponese, Misako, che vive a Tokyo, è oggiuna vivace pensionata che parla un ottimoinglese e si sposta in autobus per le traffi-cate strade della grande metropoli. Conammirevole puntualità mi viene incontroin un caffè nei pressi della metro di Kou-rakuen. Essendo domenica mi dà appun-tamento il primo pomeriggio: la mattinadeve recarsi a messa, nella chiesa che fre-quenta ormai da sessant’anni. Misako pe-rò non nasce cattolica, ma buddista: la suaè una storia di conversione particolare,frutto di una scelta che sa di destino, co-me ci tiene a sottolineare. Un destino cheha le sembianze di tre personaggi: unasuora, un soldato e un santo.

Lei è nata nel 1935...

Esatto, qui a Tokyo. Mio padre era undiplomatico. Prima della seconda guerramondiale, il Giappone non aveva moltiambasciatori nel mondo, ma ne aveva aSingapore, dove sono cresciuta. Poi nel1943 tornammo a Tokyo, dove studiai inuna scuola presso un convento cattolico.

Scelsi quindi un’università cattolica, dovefui molto influenzata dalla personalità e ilcarisma di una inglese straordinaria, ma-dre Elisabeth Britt.

Perché straordinaria?

Era una donna piena di carità, che perme è il vero segno della speranza. Viveva-mo in tempi difficili, subito dopo la guer-ra, era facile essere colti dalla disperazio-ne; lei invece riusciva a trasmetterci unagrande positività. Era una donna animatada una grande fede con un alto senso eti-co: credeva ciecamente nella possibilità direalizzare una pace duratura fra le nazio-ni, sebbene fossimo in piena guerra fred-da. Certo il conflitto era finito, ma a To-kyo c’erano ancora distruzione e miseria.La Tokyo che conosciamo oggi ha presovita solo dopo le olimpiadi del 1964.

Si trovava a Tokyo durante la guerra?

Durante la guerra mio padre mi portòad Hakone, una cittadina sulle montagnevicino il Monte Fuji. Ho visto gli aerei vo-lare proprio sopra di noi quando quelgiorno bombardarono la capitale. Dopo ibombardamenti siamo stati a visitare lanostra casa, completamente rasa al suolo.La cosa orrenda di questi raid aerei erache, pur essendo concentrati in alcune zo-ne della città, restavano colpite anche aree

che non erano i diretti obiettivi. E la no-stra fu l’unica casa del quartiere a esserecentrata in pieno da una bomba. Ero pic-cola e la cosa mi impressionò molto. Tuttele altre case erano in piedi eccetto la no-stra. Ho avuto immediatamente la sensa-zione di essere una sopravvissuta.

È in quel periodo che fece il secondo incontrodeterminante per la sua scelta di diventarecattolica.

Ogni tanto con mia madre tornavamo avisitare i resti della nostra casa distrutta.Un giorno abbiamo trovato un soldatoamericano che se ne stava seduto propriodavanti quelli che erano i resti della nostracasa. Si era perso. Noi allora lo abbiamoavvicinato e gli abbiamo chiesto se volevaprendere un tè con noi. Mia madre parla-va inglese, ed era molto felice di scambia-re due chiacchiere con un soldato america-no. Alla fine abbiamo scoperto che erauno studente di Yale ed era cattolico. Por-tava una collanina con una croce al collo.Io a quel tempo non ero ancora battezza-ta, ma il fatto di frequentare una scuolacattolica, e di riconoscere in quel segnoqualcosa di comune me lo fece sentire vi-cino. Quella piccola croce era in realtà ungrande ponte simbolico che univa due po-poli distanti, separati dagli oceani e dellaguerra, ma uniti nella ricerca di una veritàpiù profonda sul senso dell’esistenza. Erainsomma un’immagine di speranza. Ricor-do che mia madre ebbe un’ottima impres-sione di quel soldato. Un ragazzo sempli-ce e modesto. Passarono l’intero pomerig-gio a chiacchierare. Un’altra cosa che cisorprese, e ci rallegrò al tempo stesso, erache fosse uno studente. Noi eravamo con-vinti infatti che solo il Giappone mandas-se in guerra gli studenti universitari, pen-savamo di essere gli unici disposti, per ilbene della causa nazionale, a sacrificare legiovani menti del Paese. Per cui la cosa cirincuorò molto. Pensammo che in fondo

viamente non ha potuto recepirne il mes-saggio autentico. Questo mi fa pensare aimolti giovani di oggi che vivono la fedecon pesantezza. Quasi fosse un compitoappunto. Credo che il problema oggi nonsia una flessione nel numero di fedeli mala mancanza di persone capaci di trasmet-tere la novità del messaggio del Vangelocon un linguaggio che sia vicino all’esp e-rienza di tutti i giorni. Per questo provoun’infinita ammirazione per questo nuovoPapa: sa parlare in modo spontaneo e di-retto, e quando parla alle folle riesce atoccare le singole coscienze, come se chia-masse in causa ognuno di noi in primap ersona.

Ha mai incontrato i Kakure Kirishitan, icristiani eredi dei devoti che durante le perse-cuzioni dovevano vivere nascosti?

So che esistono ancora alcune comunitànel Kyushu, nel sud delGiappone, specie nelleisole più piccole. Con lafine delle persecuzionimolti hanno ripreso apraticare il culto aperta-mente, altri sono rimastinascosti. Ma è difficiledire se questi siano riu-sciti a trasmettere la fede ai loro figli per-ché nel frattempo, dopo la guerra, la ri-presa economica e l’immigrazione verso icentri urbani ha spopolato quelle isole. Lecomunità di Kakure Kirishitan proveniva-no, per la maggior parte, da una classe so-ciale di contadini e pescatori economica-mente e socialmente svantaggiate, un po’come i primi cristiani. So però che per le

cerimonie usavano riso e sake al postodell’ostia e del vino. Nel corso dei secoliquesta religione ha subito un processo diindigenizzazione, diventando una fusionedi cristianesimo, buddismo, scintoismo e,soprattutto, di molte credenze popolari.Ma forse, anche grazie alla modernizza-zione, hanno potuto aprirsi alla società e,chissà, magari seguire anche loro le elezio-ni del nuovo Papa in televisione. L’ultimoconclave era su tutti i canali, molti talkshow ne hanno parlato. Hanno fatto dellelunghe dirette con studiosi della materiache spiegavano cosa fosse un conclave.Per molti giapponesi è una materia scono-sciuta. Ma nonostante tutto è stato unevento che ha ottenuto un notevole ri-scontro di pubblico. Tra l’altro, a proposi-to dei Kakure Kirishitan, nel 2014 ricorro-no i quattrocento anni dall’espulsione deimissionari dal Giappone e dal divieto diprofessare la fede cristiana: noi preghiamoperché il Pontefice in quell’occasione pos-sa visitare la nostra terra così ricca di sto-ria e di martiri. Anche se sappiamo chesarà ben difficile visti i numerosi impegnidel Santo Padre.

Mi parli del terzo incontro che l’ha portataalla fede cattolica.

Quando ero ancora al primo anno di li-ceo, una suora ci disse che avremmo potu-to vedere con i nostri occhi la reliquia delsanto più importante del Giappone. Ioavevo conosciuto Francesco Saverio sui li-bri di scuola. Era il 1949: erano passatiquattrocento anni da quando per la primavolta nel lontano 1549 il grande gesuitamise piede in Giappone. Non mi aspetta-vo dunque di trovare una reliquia così benconservata. Avevo letto delle storie sulcorpo di Francesco Saverio, dicevano cheanni dopo la sua morte, quando il corpovenne sottoposto a una visita per verificar-ne lo stato di decomposizione, se puntosull’addome, rilasciava ancora del sangueproprio come fosse vivo. Ma pensavo fos-sero solo storie. Quando il braccio diFrancesco Saverio arrivò nella chiesa diKōjimachi andammo a vederlo. Ricordoche era il suo braccio destro, lo stessobraccio che utilizzò per battezzare mi-gliaia di persone. Ebbi uno shock moltoforte. Pensai a tutti quei cristiani che co-noscevo: erano tutti eredi delle gesta com-piute con quel braccio. Le dita erano cosìben conservate che sembravano quelle diun anziano, non certo quelle di una mum-mia di quattro secoli.

A che età si è poi battezzata?

A ventidue anni, ero all’ultimo anno diuniversità. Anche mia madre si battezzò

seguendo il mio esempio quando ormaiaveva settant’anni. Perfino mio padre, no-nostante tutto, alla fine decise di battez-zarsi, ma solo in punto di morte. Era il1994. Diceva che aveva paura di non tro-vare nessuno nell’al di là, perché ormaitutti nella famiglia eravamo diventati cat-tolici. (ride).

La famiglia americana che ospitava mio padreper insegnargli l’inglese lo portava in chiesaE quando tornavano a casacome esercizio doveva riassumere l’omelia

Quando il braccio di Francesco Saverio arrivònella chiesa di Kōjimachi ebbi uno shock molto forteI cristiani che conoscevoerano tutti eredi delle gesta di quel braccio

Con la fine dellaseconda guerramondiale e ildeclino del cultodell’imperatore, inGiappone si èprodotto un vuotospirituale enorme.E così, grazie ancheall’arrivo di tantimissionari, ilcristianesimo haconosciuto unadelle stagioni piùfeconde da quandosbarcò, quattrosecoli prima, inqueste terre.Misako (ritratta infoto con la nipote)è figlia diquest’ep o ca.

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Lee Jeffries, «Homeless» (2013)

non eravamo così diversi come invece cre-devamo di essere.

Cosa successe dopo la guerra?

Mio padre era a Shanghai e non aveva-mo avuto più notizie da lui da almeno seimesi. Poi un giorno lo vediamo appariredavanti casa con un sacco sulle spalle.Avevamo quasi perso ogni speranza. Fuuna tale gioia riabbracciarlo. Mio padreera una persona culturalmente aperta: erabuddista, ma aveva avuto un’esp erienzadiretta del cristianesimo quando era inAmerica. Aveva studiato per un periodoalla Clark University nel Massachusetts.Era un exchange student eviveva presso una fami-glia protestante, e cosìcominciò ad andare amessa. Ma lui non avevaalcun interesse per il cri-stianesimo, la famigliache lo ospitava, per me-glio insegnargli la lingua,lo portava in chiesa ladomenica e quando tor-navano a casa, comeesercizio, mio padre do-veva fare il suntodell’omelia del giorno.Lui mi disse che quelloera il primo contatto cheaveva avuto con la reli-gione cristiana, per cuiessendo una sorta dicompito a casa non neserbava un ottimo ricor-do. Anzi, il cristianesimolo associava a una grossascocciatura (ride). Chipuò dargli torto in fon-do? Il Vangelo lo ha vis-suto come un obbligoscolastico, una sorta diesercizio mnemonico, ov-

Isabella Ducrot,«La strada di casa» (2014)

Page 10: Una pace fatta in casa - Vatican.va · Anno CLIV n. 1 (46.543) Città del Vaticano giovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014. y(7HA3J1*QSSKKM( +&!z!=!"!% Papa Francesco celebrando la quarantasettesima

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L’OSSERVATORE ROMANO gennaio 2014 numero 19

Inserto mensile a cura di RI TA N N A ARMENI e LU C E T TA SCARAFFIA, in redazione GIULIA GALEOTTIwww.osservatoreromano.va - per abbonamenti: [email protected] a

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Sursum corda, don Battista!Il carteggio del futuro Paolo VI con la madre Giuditta Alghisi

di MARIA PIA SACCHI MUSINI*

Il quarantennale del collegio universita-rio femminile Santa Caterina, sorto aPavia nel 1973 per volontà di PapaMontini, è stato di recente festeggiatocon il convegno «Paolo VI, Caterina, le

donne». L’obiettivo era di dare conto dellaspeciale attenzione sempre dimostrata da que-sto Pontefice per la figura femminile: un’at-tenzione nata in famiglia e poi sempre coltiva-ta con profetica sensibilità.

Collaboratore sin dai primi anni di sacerdo-zio del mensile «La Madre Cattolica», Montiniè chiamato a più riprese dalla direttrice della ri-vista Angela Bianchini a offrire alle lettrici unorientamento sul suffragio femminile (siamonel 1921 e si parla per ora di elezioni ammini-strative). Scrivendo a nome della redazione, ilfuturo Paolo VI si dice senz’altro d’accordo conquesta opportunità — ispirata da evidenti ragio-ni di giustizia — purché la si prenda sul serio,cioè preparandosi scrupolosamente al voto così

da renderlo utile al bene di tutti. Una convin-zione maturata senza dubbio sull’esp erienzavissuta in casa.

La mamma di Giovanni Battista, GiudittaAlghisi, è donna di buona cultura sia graziealla famiglia di origine (che le consente di es-sere educata dalle Marcelline, nel collegio mi-lanese di via Quadronno); sia grazie alla fami-glia acquisita, dove fede e cultura si mescola-no rafforzandosi reciprocamente e allargandosialle vicende socio-politiche contemporanee,lette sempre in una prospettiva provvidenzia-le.

Dalla prima parte del carteggio montiniano(1914-1923), pubblicata nel 2012 dall’IstitutoPa o l o VI, e dalle lettere degli anni 1928-1929che ho il privilegio di aver letto come collabo-ratrice della prossima tranche dell’epistolario,emerge l’importanza per Montini di alcune fi-gure femminili, e quanto esse abbiano contatonella formazione del suo particolare femmini-smo. Tra tutte, proprio le lettere della e allamamma si rivelano fondamentali.

È con lei che Giovanni Battista dialoga fit-tamente, facilitato dall’estrema confidenza cheambedue hanno con il mezzo epistolare, masoprattutto da una speciale affinità di senti-menti. La mamma scrive al figlio con cadenzaregolare (preferibilmente nei pomeriggi festivi,dedicati in particolare ai rapporti familiari eamicali), provvedendo a illustrargli tutte le no-vità di famiglia — dalla salute, ai viaggi, agliimpegni di lavoro o di carità — e non lesinan-do raccomandazioni riguardo la sua salute de-licata. Don Battista non è altrettanto costantenelle risposte; ma non lascia mancare mai pertroppo tempo sue notizie e, anche nelle lettereper lo più indirizzate genericamente ai fami-liari («Carissimi» ne è l’affettuosa e consuetaintestazione), si percepisce che la sua interlo-cutrice diretta è la madre, attraverso cui sonofiltrate le informazioni che arrivano a Romada Brescia, da Verola, dal Dosso, o dai luoghidi vacanza frequentati dalla famiglia. Scrivedon Battista l’8 dicembre 1929: «Ricevo pun-tualmente le vostre lettere e mi fanno semprepiacere. Ve ne ringrazio affettuosamente: esseduplicano la mia vita, facendomi parteciparealle cose di costà, che son sempre care, e, viste

con la pietà della Mamma, tutte son buone econfortevoli».

Al di là della cronaca, però, si svelano ditanto in tanto nelle lettere momenti di profon-da inquietudine. Il temperamento tormentatodi don Battista, davanti alle incertezze dellastrada che gli si apre man mano davanti, lo fatalvolta scivolare in turbamenti che la fedepuò sì contenere e spiegare, ma che necessita-no tuttavia di parole di conforto umano: me-glio, di conforto materno.

Scrive per esempio Montini ai familiari il 9maggio 1921, in riferimento all’impegno politi-co del padre e del fratello: «Io sono anche inquesta battaglia regolarmente imboscato: chedebba essere questo tutta la mia vita?»; gli ri-sponde la mamma il 13 maggio seguente: «Enoi… imb oscati…, colla nostra corona in ma-no, col cuore un po’ teso, ma fidente… s t a re -mo in vedetta. Oh, carissimo, non credertiozioso: la tua parte, quella che il Signore ti haassegnata è santa come una missione e avrà ilsuo merito, il suo compenso quanto più tu an-drai accettandola, svolgendola con animo sere-no e generoso. Non tutti debbono compiere lostesso lavoro e non tutti maneggiare lo stessostrumento: così la Provvidenza ha dispostoperché collo svariato e molteplice affaticarsid’ognuno, si compia l’armonico disegnodell’edificio divino».

E ancora, questa volta da Varsavia il 2 set-tembre 1923: «Alcune volte vedo che la miasolita mancanza di forze non mi lascia sperared’aver mai un’occupazione fissa, organica e si-multanea con quella d’altri, mi prende deside-rio di “ritirarmi a vita privata”; e ci penso nelcaso mi richiamassero in Italia. Sono un inet-to, un insufficiente, e per di più impaziente; lamia salute mi avverte che, come la tela di Pe-nelope, la mia vita, umanamente, non puòavere alcuna continuità; e mi sembra di viverenella presunzione d’essere anch’io, come glialtri, atto a qualche lavoro e a qualche impe-gno; così che talvolta si fiacca la molla d’ognidesiderio d’attività. È forse la viltà di chi haricevuto un talento solo? Se mai ditemelo sin-

carattere, amore di madre, ma anche e soprat-tutto fede, oltre che formazione religiosa eculturale, sono indispensabili per sostenereuna conversazione — che è di fatto una con-versazione spirituale — a questi livelli. Giudit-ta dimostra di possedere tali qualità, e conconvinzione continua a farle crescere nel corsodella sua vita. È ancora l’epistolario a dimo-strarlo (nei riferimenti a letture, alla partecipa-

zione alla vita sociale e politica, a frequenta-zioni formative), insieme alle testimonianzebiografiche che ne rimangono.

Si ritrovano dunque in lei tutte le caratteri-stiche della donna che Montini vedeva prontaal voto e in grado, anche attraverso questostrumento, di giovare alla società. Ed è proba-bilmente pensando a questa ideale figura fem-minile — che non rinuncia a essere sposa emadre ma, grazie alle qualità acquisite con lostudio e la riflessione, riesce ad agire per il be-ne di tutti — che Paolo VI volle un collegiodove le giovani donne, applicandosi agli studisenza trascurare le esigenze dello spirito, po-tessero sviluppare i loro talenti non per carrie-rismo o per quella che oggi diremmo una ri-vendicazione di genere, ma in virtù di una ca-rità intellettuale capace di esprimere il megliodel genio femminile e di spenderlo per gli al-tri. Con il lavoro che facciamo al Santa Cate-rina, interpretando il mutare dei tempi masenza farci condizionare dalle mode, ci impe-gniamo a non deluderne le attese.

*Rettrice del collegio universitario SantaCaterina da Siena (Pavia)

di FRANCESCA ROMANADE’ ANGELIS

Un viso dai lineamenti rego-lari e una rotondità adole-scente, occhi grandi, vellu-

tati e uno sguardo appena malin-conico, come se vedesse la vitache aveva davanti. Nel ritratto cheresta di lei, Olimpia indossa unaveste sontuosa con una gorgieraalla moda spagnola del tempo. Astemperare la rigida preziositàdell’insieme, sui capelli morbida-mente raccolti una delicata accon-

ciatura, fatta di piccoli fiori chescendono sul viso quasi a carez-zarlo. È l’Olimpia della primagiovinezza, la fanciulla precoce etalentuosa, entrata a far partedell’ambiente colto, elegante e fa-stoso della corte estense.

Figlia di Fulvio Pellegrino Mo-rato e di Lucrezia Gozi, Olimpianasce a Ferrara nel 1526. Dal pa-

dre, fine letterato e maestro di lati-no, riceve la prima educazioneumanistica e attraverso di lui, se-dotto dal pensiero di Erasmo econvinto della necessità di un pro-fondo rinnovamento della Chiesa,si accosta alla dottrina della Rifor-ma. L’ingresso a corte, come com-pagna di studi di Anna d’Este, pri-mogenita di Ercole II duca di Fer-rara e di Renata di Francia, è perla giovane Olimpia una straordina-ria opportunità: maestri eccellenti,una biblioteca ricchissima e contat-ti con tanti uomini di cultura.

È un tempo felice fatto di stu-dio appassionato e di molte sco-perte. Olimpia, che ormai si muo-ve disinvolta tra greco e latino,inizia a comporre: poemi, com-menti ad autori classici, traduzioniche nello stile mostrano ancorauna certa legnosità scolastica, marivelano cultura, sensibilità e unasorprendente forza di analisi.

Olimpia scopre di avere talento enon se ne rammarica, come acca-deva allora a tante donne che, de-stinate al “governo della famiglia”o al convento, sentivano l’ingegnonon come un dono ma come unacondanna. Al contrario rivendicacon forza la libertà, pur essendonata donna, di vivere tra “i pratifioriti delle Muse”. Il fuso, l’ago eil telaio, strumenti simbolo dellacostretta vita femminile, non eser-citano su di lei alcuna attrattiva.Per Olimpia, che insegue le infini-te voci contenute nei libri, il lororumore è solo “silenzio”.

L’ambiente familiare prima equello della corte poi favorisconol’adesione di Olimpia alla Riforma.La duchessa Renata aveva dato vi-ta infatti a un raffinato cenacoloche accoglieva umanisti riformatied esuli francesi sospettati di ere-sia. Una piccola corte nel cuoredella corte estense dove venne

ospitato anche Calvino, giunto aFerrara nel 1536 sotto falso nome.

Nel 1548 avviene la svolta.Olimpia lascia la corte per assistereil padre morente e non potrà piùfarvi ritorno, allontanata insiemead altri da Ercole, deciso a com-battere quel vento di eresia che mi-nacciava il suo splendido ma fragi-le ducato, feudo dello Stato dellaChiesa. Due anni dopo sposa An-dreas Grunthler, un giovane medi-co tedesco che aveva aderito allaRiforma, e per sottrarsi alle perse-cuzioni i due decidono di partireper la Germania. Nell’Europa in-cendiata dalle lotte di religioneOlimpia fa della sua vita una testi-monianza. Si dedica allo studiodelle Scritture e medita su temiquali la libertà di coscienza, la di-gnità femminile, la forza della fedecapace di “vincere il mondo”.

Nella nostalgia struggente degliaffetti la letteratura si fa scrittura

epistolare: ai familiari, alle ami-che, agli umanisti, ai teologi pro-testanti in un dialogo intenso ecoinvolgente che celebra insiemel’amore umano e quello divino.

Convinta «che ogni terra è pa-tria a chi è forte» affronta con co-raggio le tappe del loro triste esi-lio: Kaufbeuren, Würzburg e infi-ne Schweinfurth dove vivono illungo assedio della città e si salva-no grazie a una avventurosa fuga.

Coperta di stracci e divorata dauna febbre ardente Olimpia ap-proda infine nella dotta Heidel-berg. Non possiedono più niente,anche i libri e i manoscritti sonoandati perduti, ma i due sono sal-vi. Sembra aprirsi finalmente unperiodo di pace: Andreas ottieneuna cattedra di medicina all’uni-versità, Olimpia insegna latino egreco e riscrive quanto ricordadelle sue opere perdute.

Il male intanto si aggrava. L’ul-tima lettera è per l’umanista CelioSecondo Curione, amato come unsecondo padre, il maestro che cre-deva nella tolleranza religiosa e nelvalore della conoscenza per arriva-re “dall’ombra delle cose” alle “co-se”. Olimpia muore di tisi il 26 ot-tobre 1555. Aveva appena 29 anni.

di SI LV I A GUIDI

Perché mettersi un estraneo in casa?Perché investire tempo, affetto, at-tenzione, notti in bianco, discus-sioni interminabili per valutare ipro e i contro, per sostenere la vita

di un ragazzino che non sarà mai tuo, chenon è biologicamente tuo figlio e magari nonfarà mai neanche stabilmente parte della tuafamiglia?

Perché conviene. Perché la vita — dei geni-tori affidatari, dei fratelli, degli amici e deiparenti che vengono coinvolti — diventa piùbella, più intensa, piena di sorprese. Perchéc’è la fatica e la paura di rimetterci, il doloredel distacco quando arriva la telefonata checomunica la destinazione definitiva del bam-bino, ma «del dolore neanche ci si ricorda,come dopo aver partorito» spiega Grazia,una delle protagoniste di La mia casa è latua (2010), docu-film di Emmanuel Exitusull’associazione Famiglie per l’accoglienza.«C’è un bambino, c’è una vita nuova, ci so-no io, madre un’altra volta. Per ricordarmi ildolore ci devo pensare, è troppo il bello chearriva dopo».

Nata come associazione in Italia nel 1982— e oggi presente anche in Argentina, Brasi-le, Cile, Lituania, Romania, Spagna e Svizze-ra con tremila famiglie associate e più di ot-tocento adozioni e millecinquecento affidi intrentuno anni di storia — accompagna ognicoppia e fornisce un aiuto concreto per pre-parare e sorreggere esperienze di accoglienzache spesso si rivelano più complesse e fatico-se di quanto lo slancio iniziale potesse preve-dere. Questo ha portato anche a progetti conle istituzioni e le scuole per sostenere i mino-ri adottati o in affido con particolari difficol-tà fino alla creazione di strutture protette.

moglie Licia — la famiglia nasce da un gestodi accoglienza tra marito e moglie e si aprenell’accoglienza a nuove vite, lega le genera-zioni in un rapporto di gratuità. Vedere per-sone che si implicano totalmente, che metto-no in gioco il luogo più caro che hanno perfar compagnia ad altre persone, l’amiciziache ne nasce, tutto questo non potevamo te-nerlo per noi, perché tutta la società ha biso-gno di vedere che l’accoglienza e la gratuitàsono esperienze possibili. Noi siamo unacompagnia, lo diciamo sempre — ribadisceMazzi — la nostra è un’amicizia. La famigliada sola si smarrisce, o comunque rischia dismarrirsi. Anche la famiglia che accoglie. Noinon avremmo fatto questa esperienza se nonfossimo stati educati dentro alla tradizionedella Chiesa all’esperienza che è il Signoreper primo che ha creato l’uomo, e ha messonell’uomo un bene a volte nascosto, quasiimpercettibile, ma presente. Dentro questastoria riverberiamo quello che è accaduto anoi. Non c’è una famiglia “sp ecializzata” in

accoglienza, chiunque può accogliere unapersona da amare per quello che è; vogliamosostenere questa apertura permanente. Alcu-ni, sperimentata la positività del gesto in ac-coglienze temporanee, anche di un solo gior-no, si sono resi disponibili ad accoglienzep ro l u n g a t e » .

È il caso di Jimmy e Silvia Garbujo chehanno trasformato la loro abitazione in unacasa-famiglia, Casa San Benedetto. «Oltre ainostri quattro figli ne abbiamo altri cinque:tre ragazze adolescenti, un ragazzino e una

bambina. Casa nostra è molto “trafficata”,abbiamo un tavolo lungo tre metri in cucina,sempre pieno. Nel tempo, ognuno viene fuo-ri con quello che si porta dietro, col doloreche ha, e noi ogni tanto dobbiamo ricordareche stiamo facendo solo un pezzo di stradainsieme. Devi aver ben chiaro che non sei tuche gli risolvi la vita, ma sicuramente puoistare al loro fianco. Insieme si possono guar-dare anche le cose più dure, le situazioni do-lorose vissute con i genitori naturali peresempio».

«Chi ha avuto delle storie difficili — conti-nua Licia Mazzi — fatica a sapere chi è, è co-me se fosse sempre un po’ in guerra non sisa bene con chi. Noi possiamo dirgli: “guar-da, riposati!” C’è questa possibilità di depor-re le armi; questa possibilità la sperimentia-mo mangiando insieme, andando a comprarele scarpe, andando a scuola».

«Chi accoglie non si considera un eroe —continua Jimmy Garbujo — anzi, scopre isuoi limiti; noi non siamo quelli che salvanoquesti bambini. Non siamo più bravi deglialtri». «Neanche più coraggiosi», aggiungesua moglie Silvia.

Ma sono i gesti più quotidiani, feriali, nor-mali a generare, concretamente, speranza:«da grande posso essere tua figlia?» chiedeun giorno Martina, sei anni, alla mamma af-fidataria.

«Se tutto, come ad esempio andare a vede-re posti belli insieme — continua Silvia Gar-bujo — è una novità per loro, anche noi sia-mo sollecitati a essere più veri rispetto a noistessi. Ho sempre avuto il desiderio di nonperdermi il gusto del vivere. Sentirci parte diuna famiglia più grande per noi è una neces-sità; l’accoglienza ci ha aiutato, ci sta aiutan-do a vivere il meglio della vita, nel senso chenon ci fa fermare all’apparenza delle cose. Epossiamo dire che sia chi accoglie, sia chiaiuta coloro che accolgono, cresce in umanitàe in bellezza».

Non solo i bambini hanno bisogno di es-sere accolti, anche i grandi. «Vivere in una

compagnia di famiglie, in una casa di carne enon solo di mattoni, in un luogo curato e ac-cogliente, apre la possibilità di un camminonuovo», spiegano Luca e Laura Orlando rac-contando come è nata Fontanavivace a Ge-nova, grazie alla collaborazione con le suoredi Santa Marcellina. «Adesso siamo in venti-quattro; la nostra non è una comune anniSettanta, siamo tre famiglie diverse che han-

no deciso di sostenersi condividendo il tem-po libero, l’educazione dei figli e l’apertura anuove ospitalità: minori in affido, nuclei ge-nitore-bambino in difficoltà — per aiutare lemamme ed evitare, finché si può, di separarledai figli — ma anche gruppi di giovani, o pa-renti di bambini ricoverati al Gaslini. Si suo-na prima di entrare, anche se i figli giocanotutti insieme. Tutto è iniziato per caso, nonda un progetto nostro, come la tradizione delcaffè dopo cena per parlare di quello che èsuccesso durante la giornata, o la preghierainsieme, iniziata per chiedere la guarigione diuna bimba malata di tumore che poi non cel’ha fatta; a casa nostra è entrato anche unpezzetto di morte, in mezzo a tanta gioia».«L’ospitalità non è il dare qualcosa ma è ildare tutto, è l’implicazione di tutta la vita» silegge nel sito di Fontanavivace. «Ormai nonriuscirei a pensare la mia vita diversamenteda così» conclude Luca.

«All’inizio — spiega Grazia in La mia casaè la tua raccontando la sua esperienza di affi-do — ho cercato di difendermi. Ma poi misono trovata lei che era entrata nel mio cuoree io che ero entrata nel suo».

Il romanzo

Mamma, ti possop a r l a re ?

Ha qualcosa in più, il libro autobiograficodi Maria Grazia Proietti Mamma, ti possop a rl a re ? (San Paolo, 2013) rispetto ad altriusciti di recente in cui alcune madriraccontano il loro rapporto con i figli,speciali per qualche forma di disabilità. Inquesto caso, infatti, Proietti — medico emadre anche di Michele — ci conduce nelsuo legame con il secondogenito Matteo,affetto dalla sindrome di Asperger,inserendolo nella quotidianità di una vitapersonale e familiare allargata. A volte latentazione è quella di elevare unasituazione particolare a unico parametrodella narrazione, schiacciando sullosfondo tutto il resto. Invece Maria Graziae Matteo si scoprono, si conoscono ecrescono insieme tra equilibri domestici,contesti lavorativi e scolastici, amicizie,sorrisi e rabbia, malattie, tutto ciò,insomma, di cui è composta la vita diognuno di noi. Il risultato è un percorso— ordinario nel senso più profondo, belloe inusuale del termine — in cui non esisteil confine tra chi aiuta e chi è aiutato. Trachi è forte e chi è debole, tra chi accetta icambiamenti e le trasformazioni, e chiinvece non riesce a metabolizzarli. Tra chiè diverso, e chi no. (@GiuliGaleotti)

Il film

La sposa promessaShira, figlia di un rabbino della comunitàortodossa di Tel Aviv, vuole sposare uncoetaneo. La storia, appena iniziata fra idue, è però interrotta dalla morte perparto di Ester, sorella di Shira. Il cognatoYochai rimane solo col neonato che vieneaccudito da Shira e dalla nonna. Yochayperò pensa di andare in Belgio e dirisposarsi: il piccolo sarà allontanato dallafamiglia materna. Solo Shira può

cambiare tuttorinunciando al suoprogetto esposando, comesuggerisce lamadre, il cognato.Shira accetta.Sacrificio?Obbedienza allacomunitàchassidica?Debolezza di frontealla madre? Nellasua scelta c’è tuttoquesto, ma nonsolo: scena doposcena, da possibile

imposizione la sua decisione si trasformain un inedito atto di amore. Amore versoil bimbo, verso il cognato, verso la madre,ma anche verso una tradizione alla qualeè legata, e alla religione in cui crede: lospettatore di La sposa promessa (2012) chesi aspettava ribellione o rassegnazione, sitrova di fronte a un’obbedienza che,paradossalmente, diventa nuova libertà.La regista Rama Burshtein appartiene allacomunità ortodossa di Tel Aviv. Il suonon è, quindi, uno sguardo critico, maadesione totale ai valori della comunità, ilche rende il film più vero ed emozionante,coinvolgendo anche chi da quel mondo sisente ed è molto lontano.(@ritannaarmeni)

UNA VIA A PARIGI PER SUOR SKO B T S O V

All’unanimità il consiglio comunale di Parigi haapprovato l’intitolazione di una via del quindicesimoarrondissement alla suora ortodossa Marie Skobtsov. Loriferisce il quotidiano «la Croix». Nata a Riga l’8dicembre 1891, durante la seconda guerra mondiale suorMarie fece parte di una rete di resistenti all’o ccupazionenazista. Arrestata per il suo impegno a favore degli ebrei,fu uccisa il 31 marzo 1945 nel campo di concentramentodi Ravensbrück, tristemente famoso anche perchédestinato in prevalenza alle donne. Nel 2004 suor Marie èstata canonizzata dalla Chiesa ortodossa.

LA FUGA DELLE FA M I G L I E DI HAITI

«Il dramma socio-politico di molti Paesi, compreso ilnostro, è simile per molti aspetti a quello del Paese diGesù. Il tragico destino del nostro popolo è segnato dasituazioni di grande sofferenza e di conflitto checomportano un pesante impatto sulla vita di ognihaitiano e sull’insieme della nazione, rendendo sempredifficile la nostra convivenza come popolo»: così hannoscritto i vescovi di Haiti nel loro messaggio per il Natale2013. «Ancora oggi continuiamo a creare situazioni didiffidenza e di esclusione che paralizzano il nostropresente, minacciano il nostro futuro e concorrono ad

alienare le nostre relazioni con Dio, con noi stessi, con ilprossimo e con l’ambiente». Gli esempi fatti nella notasono uno specchio fedele della situazione sociale:«l’infinita lotta fratricida per il potere; la mancanza dirispetto per gli altri e per le leggi; la critica negativa edistruttiva; il degrado morale; la cattiva gestioneamministrativa e la corruzione; la polarizzazione politica,che causa la paralisi; la crescente intolleranza; il divariosempre più grande tra ricchi e poveri». Come la SacraFamiglia, anche «molte famiglie haitiane continuano afuggire rischiando la vita».

LAU R E A HONORIS C AU S A PER SUOR NYIRUMBE

«Suor Nyirumbe aiuta le donne e le ragazze a tessere unnuovo inizio attraverso l’educazione. La sua visione e lasua azione di patrocinio a favore dei più vulnerabiliriecheggia profondamente l’eredità di san Vincenzo de’Paoli». Così il reverendo Dennis H. Holtschneider,preside della DePaul University di Chicago, la più grandeuniversità cattolica degli Stati Uniti, ha annunciato ilconferimento della laurea honoris causa a suor RosemaryNyirumbe, religiosa ugandese delle Sisters of the SacredHeart of Jesus. Da oltre trent’anni suor Rosemary e il suofestoso sorriso aiutano le donne a superare i traumi delleviolenze attraverso programmi di alfabetizzazione, dieducazione e laboratori. A capo del Centro di sartoria per

ragazze Santa Monica, suor Rosemary ha rivisto ilprogramma di insegnamento del suo istituto perrispondere alle crescenti esigenze delle donne, delleragazze e dei loro bimbi che sono sopravvissuti arapimenti, stupri e trasferimenti forzati durante decennidi guerra civile in Uganda. Grazie agli sforzi di suorNyirumbe e al suo programma Sewing Hope, le donne ele ragazze del laboratorio ricevono sostegno psicologico euna formazione scolastica e professionale. Non solo dal2002 le iscrizioni annuali al laboratorio sono salite da 31 apiù di 300, ma soprattutto la maggior parte degli studenti(dopo il diploma) riesce a trovare un lavoro durevole.

LA F E S TA DELLA MAD ONNA DI CAACUPÉ IN PA R A G UAY

«La famiglia è il centro e guida la crescita integrale dellapersona umana: questo devono capire le nostre autorità».Così ha detto nella sua omelia monsignor ClaudioGiménez Medina, vescovo di Caacupé, in Paraguay,davanti a migliaia di fedeli che hanno riempito il piazzaledella basilica l’8 dicembre, ultimo giorno della festa dellaMadonna di Caacupé, patrona del Paese. Tutte le autoritànazionali hanno partecipato alla celebrazione, compreso ilpresidente della repubblica Horacio Cartes. MonsignorGiménez — riferisce l’agenzia Fides — non ha potutoevitare riferimenti alla recente situazione politica e sociale:«Grazie a Dio c’è una indignazione che nasce in vari

settori della popolazione, per chiedere giustizia, e che hadato risultati sorprendenti». Ha poi invitato a indignarsianche per la violenza in corso. «In Paraguay ci sono malicontro la famiglia che devono essere curati con urgenza,tra cui la corruzione» ha detto Giménez, invitando aripudiare raccomandazioni e nepotismo. «Trasparenza eonestà non sono parole vuote, ma devono essere vissuteda qualsiasi persona coerente» ha aggiunto, esprimendo ilprofondo rammarico perché il Paraguay continua a esseretra i Paesi più corrotti al mondo.

SC O M PA R S A LA F O N D AT R I C E DI TELEFONO ROSA

Nel 1988, quando di violenza sulle donne (nonostantefosse una piaga già diffusa) non parlava nessuno,Giuliana Dal Pozzo diede vita a Roma a uno sportellotemporaneo del comune, il Telefono Rosa, associazione divolontarie per le donne vittime della violenza tra le paretidomestiche e sui luoghi di lavoro. C’erano in una stanzacinque volontarie ad alternarsi nell’ascolto di donne che

chiamavano da ogni parte del Paese. Nasceva così unanuova forma di servizio sociale, a cui oggi collaboranodecine di volontarie, avvocatesse penaliste e civiliste,psicologhe e mediatrici culturali di diversa nazionalità.Scomparsa a 91 anni, Dal Pozzo era stata nominata nel2007 Grande Ufficiale della Repubblica dal presidenteGiorgio Napolitano proprio per la sua «attivitàmeritoria» in aiuto delle donne vittime di violenza.

LE ARTIGIANE AFRICANE

Si è svolto a Laayoune, nel deserto magrebino, il DarMaalma 2013: dal 5 all’11 dicembre, l’evento ha volutosostenere le artigiane africane, rivelando il riccopatrimonio dei mestieri delle donne del sud del mondoanche al fine di promuoverne l’emancipazione, in unaprospettiva di sviluppo sostenibile. L’edizione 2013 è statauna tappa importante di questo percorso socio-culturale edi emancipazione, iniziato nel 2009 e proseguito coneventi annuali, che confluirà nell’Expo 2015 di Milano.

BIMBI COLOMBIANI

A Pasadena, in Colombia, esiste un istituto dove ibambini possono rinascere. Nato per tutelare i bimbi piùvulnerabili del Paese, la Asociación Hogar Niños por unNuevo Planeta assiste in particolare i piccoli e gliadolescenti vittime di maltrattamenti e di violenzesessuali. Attualmente sono ospiti trecento bambini. Nelcorso degli anni sono stati organizzati tre programmi.Uno, denominato Nenufar (purezza del cuore), èdedicato ai piccoli vittime di abusi sessuali. Il secondo,Flor de Loto, è invece rivolto a quanti sono stati sfruttatisessualmente per la prostituzione infantile, e intende farrecuperare loro la voglia di vivere. Il terzo, Ni-nanas, èinfine un programma per le madri vittime di violenzasessuale. Grazie a questa struttura, bambini e adolescentinon solo trovano un luogo dove poter vivere, ma hannola possibilità di studiare. La violenza sessuale è unfenomeno a catena — si calcola che il 30 per cento deibimbi vittime di violenze si trasformino a loro volta inaggressori — e in Colombia ogni trenta minuti, vengonoviolentati 19 minori. La fondazione sta ora costruendouna nuova sede di oltre diecimila metri quadrati a Sopó:sarà la più grande struttura colombiana per i bambini e lebambine vittime di violenza, e una delle più grandidell’America latina.

SA N TA TERESA PA R L A ALL’ASIA

Il Carmelo del futuro è chiamato a offrire strumenti checorrispondano alla sete di Dio che c’è oggi in Asia. Laspiritualità carmelitana ha possibilità immense perrispondere a questa sete e per condurre le persone adapprofondire la loro relazione con Dio: è quanto emersodal congresso «Santa Teresa parla all’Asia», organizzatodai carmelitani scalzi dell’India in preparazione per ilquinto centenario della nascita della santa. Tenutosi aBangalore, vi hanno partecipato oltre cinquecentodelegati carmelitani provenienti da diverse parti delmondo. Tutte le comunità di vita apostolica econtemplativa, i religiosi e i laici carmelitani — si èaffermato a conclusione dei lavori — dovrebb eroimpegnarsi nel compito di «vivere un’esperienza spiritualeevangelica e profonda». A partire da questa esperienza,nella condivisione, nell’accoglienza e nella creazione dicentri e istituti di spiritualità, «il Carmelo del futuropotrà prestare un servizio qualificato alla Chiesa in Asia».Nel vasto continente asiatico i religiosi carmelitani sonochiamati «a impegnarsi in un dialogo aperto con legrandi religioni non cristiane, soprattutto nel campo dellaspiritualità». Per raggiungere tale scopo — concludono icarmelitani indiani — bisognerà cercare nuove forme dipreghiera, di vita interiore e di comunità più consone allamentalità orientale.

Il saggio

Héroines de DieuL’Ottocento è stato il secolo in cui lavitalità e il coraggio delle religiose sonoesplosi offrendo al mondo numerosiesempi di dedizione straordinaria almessaggio cristiano. Ma queste vite, ingran parte, sono oggi dimenticate:meritorio quindi il bel libro di Agnes Brote Guillemette de La Borie, Héroines deDieu. L’epopée des réligieuses missionaires auXIXe siècle (Presses de la Renaissance,2011) che ricostruisce i profili di ottomissionarie francesi andate fino «aiconfini del mondo» per evangelizzare,correndo pericoli e affrontando grandidifficoltà, ma anche facendo esperienzeinteressanti e usufruendo di una libertàd’azione che le donne laiche dell’ep o canon si sognavano neppure di raggiungere.Fra gli indiani d’America, in Africa, inOceania e Nuova Zelanda, in Terrasanta ein Cina, in Brasile: niente poteva fermareil loro ardore missionario e il lorocoraggio! Esse costituiscono senza dubbioun tassello dimenticato della storiadell’emancipazione femminile.(@ l u c e s c a ra f f i a )

Si ritrovano in leile caratteristiche della donnache Montini vedeva pronta al votoe in grado di giovare alla società

«Staremo in vedettaOh, carissimo, non crederti oziosoNon tutti debbono compierelo stesso lavoro e non tuttimaneggiare lo stesso strumento»

Giuditta Alghisi con i suoi figli in una fotografia del 1906 (Giovanni Battista è il primo a sinistra)

Storia di Olimpia

Ogni terra è patria a chi è forte

Fuso, ago e telaio: per leiche insegue le infinite voci dei libriil loro rumore è nulla

Da grande posso essere vostra figlia?Inchiesta sull’associazione Famiglie per l’accoglienza che si occupa di bambini in affidamento

Occorre avere ben chiaroche non sei tu a risolvergli la vitaEppure insieme si possono guardareanche le cose più durecome i dolori vissuti con i genitori naturali

«Sentirci partedi una famiglia più grandeci aiuta a vivere il meglio della vitaSenza fermarciall’apparenza delle cose»

ceramente (…) e m’insegnate poi praticamentequello che di bene io possa e debba fare».

La risposta della mamma è del 9 settembre:«La tua ultima lettera ci lasciava intravederenell’animo tuo il ritorno di quei momenti grigiche sono causa od effetto di un po’ di malesse-re, di stanchezza… Noi li conosciamo bene esappiamo anche come sieno fuggevoli… Cosìsperiamo, avrai presto superato la crisi e la fi-ducia, la serenità saranno tornate nel tuo cuore,le tue forze avranno ripreso lena e vigore. Il Si-gnore che vuole il sacrificio e ce ne darà ilcompenso, permette spesso che noi ne sentia-mo tutto il peso e l’amarezza. Allora si fa oscu-ro intorno a noi, la via ci appare difficile e ilnostro passo diventa incerto, pesante il nostrolavoro come fosse superiore alle nostre forze,

inutile nel suo fine… Come io conosco questimomenti in cui tutto perde il colore della spe-ranza!... Ma allora sai cosa faccio? Cerco di av-vicinarmi al Signore, malgrado la mia miseriache mi opprime e… penso a te! A te che lopreghi per me, che ne sei il Ministro, che loservi sotto il suo ordine diretto e… mi pared’aver un po’ diritto alla sua pietà… L’ora fo-sca passa così, presto, e sento per il Signore,per te, una nuova, cordiale riconoscenza. Sur-sum corda, dunque, tutto!».

La fede profonda di Giuditta Alghisi non silascia abbattere; la robusta figura materna uni-sce autorevolezza e amore, energia e compas-sione: quello che ci vuole per dare ancora piùforza a una vocazione inequivocabile e insie-me difficile come quella del figlio. Qualità di

Perché investire tempo, affetto, soldinotti in bianco e discussioniper sostenere la vita di un ragazzinoche non farà mai stabilmente partedella tua famiglia?

Più recente è l’esperienza di accompagna-mento nella cura dei disabili e degli anzianiin seno al nucleo familiare. Solo in Italiaogni anno sono in agenda circa cinquecentoeventi tra promozione e sensibilizzazione,formazione e mutuo aiuto.

Questa capacità di “fare rete” è oggi unelemento considerato importante anche daglienti che regolamentano adozioni e affidi: ser-vizi sociali e tribunali dei minori sanno beneinfatti che le famiglie devono essere prepara-te e seguite in queste scelte così importanti edelicate. Quando si tocca il mondo dell’affi-do si affollano molte domande, paure e spe-ranze: è possibile avere due mamme, una dinascita e una di cuore? Perché andarsi a cer-care dei figli in difficoltà? È una predisposi-zione particolare a un altruismo eroico oun’esigenza normale, presente in tutti?

I rapporti di affido sono a termine nellastragrande maggioranza dei casi: il rapportoche si crea scompare o è per sempre? Se ognilegame genitoriale autentico è per sempre,come insegna l’esperienza, è vero anche ilcontrario; la maternità e la paternità rivelanotutto il loro potenziale affettivo e generativoanche quando vengono tradite, come nel ne-gativo di una fotografia.

«Noi riconosciamo che l’accoglienza è ladimensione costitutiva della famiglia — spie-ga Marco Mazzi tracciando l’identikit dell’as-sociazione di cui è presidente insieme alla

Juliana Bollini, «Papai é meu!»(2011)

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La forzadel punto di partenza

di ROBERTO VOLPI

La forza della famiglia in Italia nel quarto di secolo che vadal secondo dopoguerra alla fine degli anni Sessanta delNovecento è testimoniata da una serie formidabile di indi-

catori, che riguardano il matrimonio e i figli. Tutti si sposano. Itassi annui di nuzialità sono sistematicamente compresi tra il 7 el’8 per mille, con punte di oltre otto matrimoni l’anno ogni milleabitanti, più di due volte-due volte e mezzo il tasso attuale (3,4per mille). L’età media delle donne al matrimonio è la più bassadi sempre, attorno ai 24 anni, contro i quasi 31 di oggi. Non soloi vincoli di coppia sono istituzionalizzati nel o col matrimonio,ma il matrimonio è nel 97-98 per cento dei casi celebrato in chie-sa. Il vincolo prescelto dalla quasi totalità delle coppie è dunquequello a più alto tasso di responsabilità. L’obiettivo, infine, è in-discutibilmente quello dei figli. Si registrano in quel periodo li-velli di nascite che diventeranno ben presto inconsueti, con pun-te di oltre un milione di nascite annue (attorno alla metà deglianni Sessanta) in una popolazione di sette milioni inferiore aquella attuale, nella quale si registrano invece assai meno di 550mila nascite annue.

Alla luce di questi dati non si fatica a capire come il duro do-poguerra, la ricostruzione difficile, la trasformazione dell’econo-mia italiana da agricola a industriale, il miracolo economico sia-no altrettante fasi, che rappresentano al tempo stesso decisive sfi-de per il futuro del Paese, che l’Italia affronta servendosi di unostrumento, o meglio ancora facendo leva su uno strumento, chepotrebbe apparire assai improprio, e che si rivela invece la suavera arma vincente, in un certo senso la sua anima profonda:quella che oggi definiamo come famiglia tradizionale, la famigliaformata dalla coppia eterosessuale più i figli.

Ben più del ventennio fascista, quando l’imparità della donna,oltretutto, era così marcata da rendere la famiglia costituzional-mente inadeguata alla crescita e al progresso, è quel quarto di se-colo così particolare e con tratti perfino di straordinarietà a rap-presentare il trionfo della famiglia. Un trionfo che non sembraconoscere ostacoli, se è vero, com’è vero, che non verrà scalfitoneppure dai rivoluzionari — e proprio sul piano del costume, de-gli stili di vita — anni Sessanta. Nel corso di quel decennio siraggiungono i livelli più alti di nuzialità, natalità e di matrimonicelebrati col rito religioso che l’Italia abbia mai conosciuto.

La peculiarità più marcata, e al tempo stesso il tratto divari-cante più netto con l’oggi, di quella famiglia sta nella concezionech’essa, e quanti la costituiscono, ha di se stessa. Quella famiglianon è né si considera il punto di arrivo. Chi si sposa sa e ovvia-mente accetta — felicemente accetta, vien da dire, proprio alla lu-ce dei dati — che essa non sia che un punto di partenza, un sal-do, solido, affidabile punto di partenza. Si parte dalla famigliaper costruire il proprio posto nel mondo. Non si attende pervica-cemente, fin quasi allo sfinimento, di avere quel posto per poi,solo una volta conquistato, passare a costituire una famiglia. Èuna famiglia — quella di quel quarto di secolo — che non aspettache i singoli componenti la coppia abbiano già compiuto le con-quiste necessarie a darle solide fondamenta e prospettive. Solidi-tà e prospettive le costruisce e realizza cammin facendo in quan-to famiglia. È una famiglia che ha il suo senso, il suo sentimento,proprio nel punto di partenza. È dalla partenza che misura ilprogredire suo e dei suoi membri, del loro impegno, del loro la-voro nel tempo. E poiché misura se stessa a cominciare dalla par-tenza non ha paura del domani, che non può che seguire. Ha losguardo lungo sul futuro, non si nutre semplicemente dell’oggi,anche se sa benissimo che occorre darsi da fare nell’oggi, per sca-lare il domani.

La famiglia di oggi è una famiglia che pretende di realizzarsidalla fine. Dai traguardi già conseguiti, gli obiettivi già raggiunti,le tappe già superate dai singoli: le esperienze sentimentali giàinanellate, la conoscenza sessuale maturata, gli studi conclusi, illavoro sicuro, la casa adeguata. È una famiglia che chiede a sestessa il mantenimento di premesse già date, portate in dotedall’uomo e dalla donna. E che si batte per consolidare quel cheha già, che i singoli hanno già conquistato “prima” di fare fami-glia. La famiglia, così, si abbarbica al passato e teme del domani,si forma con grande difficoltà, non ha più — o ha molto meno —il cemento delle conquiste da fare in quanto famiglia, e più esigedi avere tutte le condizioni giuste per non correre rischi nel tem-po che verrà, più ne corre e si sfalda.

È esattamente su questo confine tra due modi di pensare erealizzare la famiglia che si situa il passaggio da una famiglia vo-tata, come una squadra di calcio, al gioco offensivo, aperto, crea-tivo, coraggioso a una famiglia che, sempre come una squadra dicalcio, si chiude nella propria metà campo e non riesce a svilup-pare che una strategia di stampo difensivo. Poche aperture, tra-me risicate, rapporti convenzionali con gli altri. Del resto, lagrande penuria di bambini, ragazzi e adolescenti fino al compi-mento della maggiore età nell’Italia di oggi (10 su 60 milioni,uno ogni sei abitanti, molti meno dei 12,4 milioni di abitanti di65 e più anni) limita tutte le occasioni e le possibilità di incontrotra gli adulti e tra le stesse famiglie. La famiglia finisce così persmarrire la sua socialità, il suo “e s s e re ” società, che non a casosente sempre più estranea, lontana, ostile.

Più vuol mettere in cassaforte il risultato del suo domani, que-sta è la conclusione, più quel risultato diventa per essa problema-tico, si allontana da lei.

La giovane e lo StranieroLa santa del mese raccontata da Dario Fertilio

Appena fu buio, la giovaneAgnese s’alzò dal letto e sedet-te al tavolo, inquieta dinnanziallo schermo acceso, nell’attesache vi comparisse lo Straniero.

Egli infatti era là. Nel rettangolo azzurrostazionava la rossa icona taurina ch’erasua: con essa dall’inizio l’aveva attratta.«Allora ci sei», egli le s’indirizzò pronta-mente, com’ebbe indovinato la presenzadi lei. Il lampeggiare del messaggio destònella fanciulla un fremito di piacere. Ellasi trovava infatti alla vigilia del convegnopiù volte in progetto con lo Straniero;lungamente l’aveva carezzato come l’iniziodi un destino felice.

E tuttavia qualcosa, un timore dal sem-biante d’un indice candido puntato controil suo petto, fermò per un attimo la manosul punto di premere i tasti; ma già era so-pravvenuto intanto l’ammonimento delloStraniero: «domani sera!».

Ella contemplandolo ne fu piena d’esul-tanza; giacché il timore di prima s’era dis-solto. «Dove?». «Monte Sacro, CasaleGiuliani 66, terzo piano, ricordati di suo-nare da basso». «Come ci arrivo?», vollesapere la fanciulla. «Prendi un taxì, dail’indirizzo all’autista e poi suona. Pagotutto io», la rassicurò lampeggiante coluiche parlava dietro alla figura di toro. «Ache ora?», s’informò Agnese. «Io sarò làalle sei e mezzo. Tu non tardare troppo».

Ma proprio nel consegnargli il definiti-vo sì, quel dito invisibile tornò ad affisarsisul suo cuore. Ella attese un minuto, duee poi tre, respirando con forza, incapacedi vincere un tremito che d’i m p ro v v i s ol’aveva colta. E in guisa della bambinach’era stata avanti d’incontrare lo Stranie-ro, infine scrisse: «Domani no, devo stu-d i a re » .

Il «come?» ch’ebbe in risposta laschiaffeggiò, sembrandole quasi che l’ico-na taurina, ingrandita, si facesse rosso san-gue. «Non fare la sant’Agnese, adesso», leingiunse rapido lo Straniero.

Allora per la prima volta la colpì il fattodi non conoscere il vero nome di lui. E unumore curioso la prese, di sapere almenochi fosse la sant’Agnese che poteva somi-gliarle. Confinò la forma di toro nella cor-nice più bassa dello schermo, e cercò rapi-da tra i mille contatti dell’etere, sinchécomparve un’icona preceduta dalle parole:«Il miracolo di sant’Agnesa». E qui lesse:«El terzo decimo anno della sua età perdéla morte e trovò la vita, della quale dilesseil fattore… Tornando Agnesa dalla scuola,el figliolo del prefetto della città di Romas’innamorò di lei».

Inutilmente — proseguì, meravigliandosiper la corrispondenza del nome e dell’etàcon i suoi — il figlio del prefetto l’avevaricoperta d’ogni genere di sempre più pre-ziosi regali, purché ella consentisse al ma-trimonio; sempre e invariabilmente ellaaveva risposto d’essere amante ed amatada un altro, intendendo il Signore Gesùsenza nominarlo, come un fidanzato terre-no. Però il figlio del prefetto, ferito e fu-rioso per la ripulsa, si era rivolto al padre,e costui fece cercare «chi fusse quello spo-so el quale Agnesa tanto amava, e uno de’parasiti di lui disse come Agnesa era cri-stiana infine dalla puerizia e in arte magi-ca tanto amaestrata che dice che Cristo siè ’l suo sposo».

Dunque — lesse avanti Agnese — vennechiamata dal prefetto in tribunale, e costuile rivolse promesse, poi minacce terribilipur di smuoverla dalla sua fede: eppurecostei «di tutto si rideva»… Finché quellovolle avvertirla: «de’ due partiti eleggiquale tu vuoli; o colle vergini della deaVesta sacrifica, o veramente tu colle mere-trici andarai al luogo pubblico». E così fu,giacché la vergine non cedette, afferman-do che «la divinità non consiste nelle pie-tre, ma in cielo». Sicché «fu menata alluogo pubblico e spogliata, però di subitoe’ suoi capigli crescerono, e in tanta quan-tità che pareva fusse coperta insino a ter-ra, e melio stessero che una vesta». (QuiAgnese non poté trattenersi dal toccare isuoi stessi capelli, tenuti avvinti in treccineafro) e apprese avanti come tutta la celladella beata risplendesse allora di luce «permano d’angeli fatta e apparecchiata», cosìforte da spaventare i vogliosi del suo cor-po; non però il figlio del prefetto, che in-curante s’avvicinò per prenderla, ma subi-to «cadde a terra colle mani al volto, e co-sì spirò». Come si sparse la notizia, prose-guì ancora Agnese, il prefetto fu colto daun dubbio ch’era disperazione, e le ordinò— meglio: impetrò — di far resuscitare il

suo figlio perché dimostrasse che non diarti magiche disponeva, ma di fede certa evera. Allora, alle preghiere di lei, il figliodel prefetto tornò a vivere e se ne andò lo-dando quel Dio facitore di miracoli. E pe-rò il vicario di quel prefetto, richiamato insua vece dalla folla, ne volle accogliere leinvocazioni e ordinò che la strega, come sirisolse a chiamarla, venisse bruciata. «E lefiamme allora si divisero in due parti, diqua e di là, e beata Agnesa istava nel mez-zo e non sentiva nessuno incendio né cal-do di fuoco, né nessuno male le fece elfuoco. Allora il vicario, vedendo che ‘l po-polo non si fermava né rifrenava, coman-

dò che a beata Agnesa fusse dato d’unocoltello nella gola. E subito uscì el sanguesuo come rose vermiglie».

«In questo modo — terminò il racconto— consacrò Cristo la sposa sua Agnesa,vergine e martire». Qui, sentendosi muta-ta, Agnese fu posseduta da un dubbio:che il dito candido prima affiso su di leipotesse precisamente rivelarsi per quellodella santa. E al semplice pensarlo s’avvi-de degli occhi che aveva umidi di lagrime.Risolse allora di tornare al luogo di prima,e schiuse il rettangolo azzurro da cui laforma di toro le aveva parlato.

Ma lo Straniero non c’era più.

Giornalista escrittore italiano diorigine dalmata,Dario Fertilio(1949) lavora nellaredazione culturaledel «Corriere dellaSera». Con loscrittore russoVladimir Bukovskij,ha fondato iComitati per leLibertà ed è statol’i d e a t o redell’iniziativaMemento Gulag,ossia lacelebrazione, ogni 7novembre, dellagiornata inmemoria dellevittime delcomunismo. Tra lesue pubblicazioni,Teste a pera e teste amela (2001), Lamorte rossa. Storiedi italiani vittime delcomunismo (2004),La via del Che(2007), Musica perlupi (2010), L’ultimanotte dei fratelliCervi (2012).

Vetro dorato incastonatonell’intonaco di una parete

con sant’Agnese orante(Roma, catacombe di Panfilo,

IV secolo)

Qui sentendosi mutataAgnese fu posseduta da un dubbioE al semplice pensarlos’avvide degli occhiche aveva umidi di lagrime

Georgia O’Keeffe, «Winter Cottonwoods East V» (1954)

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donne chiesa mondo gennaio 2014

l’a u t

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Monsignor Pierangelo Sequeri(Milano, 1944) è teologo, scrit-tore e musicista. Sacerdote dal1968, insegna teologia fonda-mentale nella Facoltà Teologi-ca dell’Italia Settentrionale edè dottore musicologo della Bi-blioteca Ambrosiana di Mila-no. Dal 2009 è membro dellaCommissione Teologica Inter-nazionale. Tra i suoi libri:Charles de Foucauld. Il vangeloviene da Nazareth (2010), Lagiustizia di Agápe (2010), L’om-bra di Pietro (2006). Direttoredella rivista «L’ErbaMusica»,ha elaborato uno speciale pro-gramma di educazione musica-le, chiamato musicoterapia or-chestrale, per bambini e ragaz-zi con difficoltà psichiche ementali. È autore di alcuni deipiù noti inni sacri liturgici.

Snodo epocale

di PIERANGELO SEQUERI

AREBBE D AV V E R O STRANO che lanuova sensibilità della Chiesa per laquestione femminile non avesseriflesso — e addirittura riflessoesemplare — all’interno della Chiesastessa. Naturalmente, riflesso nonvuol dire puro e semplicerispecchiamento. «Esaminate tutto,tenete ciò che è buono» (1Te s s a l o n i c e s i , 5, 21-22). La questionefemminile odierna, nel suocomplesso, è un vasto territorio,frequentato da sforzi diapprofondimento teorico meritevoli

di ogni attenzione, come anche dascorribande ideologiche di imbarazzanteprofilo intellettuale. Per non parlare del fattoche, sul terreno pratico delle politiche e delcostume, la menzione della questionefemminile si iscrive un po’ confusamente fragli estremi: da un lato, come elementoqualificante delle lotte civili contro ledifferenze penalizzanti, ossia quelle cheindicano alto grado di marginalità edesclusione (il tema dei diritti dei poveri, deidisabili, degli immigrati, delle donne);dall’altro come indicatore di disparità perl’accesso alle differenze premianti, ossia perl’insediamento ai livelli più alti ed esclusividelle élites professionali (della leadership,della cultura, dell’economia, della politica).Naturalmente, c’è verità in entrambi gliestremi. Farli valere come il focus dellaquestione femminile, tuttavia, espone anche ainsidiosi dirottamenti e inconsapevoliriduzioni della più ampia e profondaquestione antropologica che vi è implicata. Inogni modo, c’è quanto basta perraccomandare che il tema, anche nell’ambitodella riflessione ecclesiale, non sia ridotto auna semplice questione di discernimento dellebuone maniere o delle quote rosa, deicomplementi sentimentali o del politicallyc o r re c t . Si tratta, in verità, nell’o diernopassaggio d’epoca, di un argomentosistemico. In altri termini, il tema imponeormai una riconfigurazione della questione

antropologica in quanto tale, e dunque, uncrocevia per le sorti dell’umanesimo prossimoventuro. L’argomento, in ogni caso, con lesue molte implicazioni e diramazioni, è giàiscritto tra i fondamentali dell’o diernorapporto fra cristianesimo e umanesimo: noncome un argomento fra i molti, ma come unosnodo epocale per l’orientamento generaledell’ethos collettivo. Le motivazioni del suoripensamento, del resto, non vanno ricevutesemplicemente dall’esterno. Il cristianesimo haragioni e questioni proprie da sollevare, anchea riguardo di se stesso, nell’orizzonte diquesto kairòs, il cui tempo è adesso e la cuiricchezza è già promettente, ma ancoraignota. La Chiesa deve indagarlo e prenderloa cuore come un soffio dello Spirito cheindica l’ora di una speciale maturazione delseme evangelico, sulla quale è necessarioimpegnarsi, dall’interno del cristianesimostesso, a conoscere, pensare, sperimentare.Non può sfuggire a nessuno il fatto che laChiesa si è posta risolutamente in questoorizzonte, insediando la questione femminilefra i temi di impegno non occasionale eframmentario del magistero cristianoautorevole. Non si tratta affatto di unsemplice incoraggiamento alla nuovaesuberanza di metafore sentimentali dellaqualità cristiana. L’indicazione mira aprovocare un processo di intelligenza creativa,di buone pratiche e di concrete esemplaritàdel nuovo livello di integrazione richiestodalla forma ecclesiale. Non dovrebbe esserecosì trascurato il fatto che la Chiesa, in questofrangente culturale tanto liquido, confuso, epersino contraddittorio, rimane l’unicaistituzione di rilevanza mondiale ad avermesso all’ordine del giorno un processo diricerca sistematica e di chiarificazionepropositiva sul tema. La coscienza cristiana èautorevolmente sollecitata ad accettarelealmente il fatto che l’i s t ru z i o n eintellettualmente onesta della questionecomporta il riconoscimento di sue omissioni econtraddizioni, che possono essere ormairiconosciute come questioni di verità e digiustizia della coerenza evangelica. La Chiesasi esprime ormai convintamente sul punto: unlavoro serio, di ripensamento e ditrasformazione dell’esistente va avviato. E vaavviato adesso. «È del tutto necessario —scriveva icasticamente già l’esortazione post-sinodale Christifideles laici, pubblicata pocotempo dopo l’enciclica Mulieris dignitatem di

Giovanni Paolo II — passare dalriconoscimento teorico della presenza attiva eresponsabile della donna nella Chiesa allarealizzazione pratica» (n. 51). Ora, PapaFrancesco tiene il punto, e rilancia. Nellarecente esortazione apostolica Evangeliigaudium, ha ribadito la necessità diriconsiderare con più rigore, in questaprospettiva, il fatto che nell’evento fondatoredella Chiesa, la Madre del Signore iscrive ilfemminile nella costituzione stessa del suoprincipio di grazia. «Di fatto, una donna,Maria, è più importante dei vescovi» (n. 105).La funzione ministeriale, anche nella suaoriginaria fisionomia di «potestà gerarchica»,non si definisce in ragione di un «potere

Chiesa cattolica rimane fermamente convintadi non poterlo dissociare da questo legame,nel suo stretto riferimento all’essenzialeprofilo sacramentale del mandato consegnatodal Signore, in parole e gesti inequivocabili,secondo le Sacre Scritture della tradizioneapostolica. Naturalmente, come la stessaecclesiologia magisteriale ha definitivamenteriacquisito, il ministero ecclesiale complessivo,al quale tutti i battezzati sono chiamati apartecipare, con pari dignità, secondo il lorocarisma e a vantaggio della comunità credentee missionaria dei discepoli del Signore, ènecessariamente più ampio e variamentearticolato. Un più adeguato riconoscimentoper l’insostituibile apporto del “geniofemminile” alla trasversalità di questaarticolazione del ministero ecclesiale nel suocomplesso, non può dunque evitare di esserepensato nella sua correlazione con laspecificazione — e dunque, in tal senso, anchecon i limiti — di un peculiare “geniomaschile”. Ne ha colto lucidamente il senso ilcardinale Walter Kasper, in un recenteintervento all’assemblea plenaria dei vescovitedeschi (La collaborazione tra uomini e donnenella Chiesa, 18-21 febbraio 2013), il cui titoloriecheggia quello della Lettera ai vescovi dellaChiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo edella donna nella Chiesa e nel mondo(pubblicata dalla Congregazione per laDottrina della fede, presieduta dal cardinaleJoseph Ratzinger, il 31 maggio 2004): «Ilfatto che Maria, la madre di Dio, sia ilmodello della Chiesa (...) ha un significatofondamentale. Questa è la più chiararelativizzazione pensabile di una Chiesadominata in maniera univoca da unagerarchia maschile». C’è dunque motivo dipensare che, se nel ministero ordinato c’è unaqualche fondamentale ragione di convenienzacon il “genio maschile” della vicarietà diCristo, quale roccioso presidio del Popolo diDio attraverso le acque, ci sia un “geniofemminile” dell’intima gestazione del Corpodel Signore, secondo la potenza dello Spirito,che attende riconoscimento istituzionale piùesplicito, all’altezza dell’attuale maturazionestorica della Chiesa? La domanda precisa èquesta: dove cercare l’asse di riferimento perl’elaborazione non arbitraria e ben ordinatadel legame fra specificità femminile,istituzione cristiana e ministero ecclesiale? Larisoluzione del problema, entro i limiti in cuiesso è teologicamente praticabile eantropologicamente sensato, non potràcomunque essere definita in chiave di purapsicologia delle attitudini o di semplicemansionario delle funzioni. Semmai ilcristianesimo ha la responsabilità di muoversiefficacemente in controtendenza: sia rispettoalla pericolosa inclinazione a risolvere intermini di competizione dei poteri e diindifferenza delle funzioni la questione delladignità della differenza sessuale; sia rispettoall’enfasi della sua semplice rimozione, cheprepara la sua compiuta iscrizione nellatipologia dei giochi di ruolo. La pista di unapiù adeguata cooperazione nell’edificazionedella qualità umana e cristiana delladifferenza passerà dunque — essa stessa —attraverso l’effettivo coinvolgimento di

entrambi nel processo che deve tracciare lastrada. Non è forse tempo di instaurare,seriamente, il profilo di un ascolto autorevoledell’autorevolezza femminile nella Chiesa? Inaltri termini, una mediazione istituitadell’interrogazione e della restituzione deimodi in cui — nella storia della tradizioneecclesiale e della fede teologale — il femminileanticipa l’assimilazione ministeriale dellaParola («Fate quello che vi dirà», Giovanni, 2,5) e plasma la generatività comunitaria delloSpirito («Donna, ecco tuo figlio», Giovanni,19, 26) in favore della missione ecclesiale.

sì di Maria alla gestazione che anticipa ilgrembo della Chiesa? Le donneautenticamente credenti non sono forse giàora — e da sempre — un momento specialedell’edificazione della Chiesa, nel pensiero enelle opere, concorrendo alla generazione erigenerazione del Corpo del Signore in talmisura che, se dovesse improvvisamente venirmeno il loro apporto specifico, la Chiesa difatto non sussisterebbe e la sua maternità nonsarebbe riconoscibile? «Nella Chiesa primitivale donne svolgevano un ruolo importante.Sono le prime testimoni della risurrezione (...)e collaboratrici degli apostoli (Atti degliapostoli, 16, 14.40; 18, 2.26; Romani, 16,1.3.6.12s)». Però «è soprattutto il divieto diinsegnamento per le donne (1 Timoteo, 2, 12)che ha determinato la storia successiva»(Kasper). E se la ricerca che la Chiesa oggi ciaddita come una responsabilità non piùrinviabile, facesse il suo primo passo propriocon il superamento di questo interdetto della“p a ro l a ”? Per incominciare, insomma, sarebbedavvero impensabile la mediazionepermanente di una specifica istituzioneteologica-ecclesiale di uomini e donne che,elaborando una sensibilità realmentecondivisa sul tema, la rendesseroesemplarmente disponibile come anticipazionee fermento della desiderata cooperazione —fin qui “tacita” — fra il principio mariale equello petrino della Chiesa?

Vermeer, «Donna che scrive una lettera»(1665 circa)

«La teologia» (piazza Křižovnické, Praga)

inteso come dominio», bensì come «potestàdi amministrare il sacramento dell’Eucaristia»,con tutte le implicazioni di tale ministero-guida. «Qui si presenta una grande sfida peri pastori e per i teologi, che potrebberoaiutare a meglio riconoscere ciò che questoimplica rispetto al possibile ruolo della donnalì dove si prendono decisioni importanti, neidiversi ambiti della Chiesa» (ibid.). Neldiscorso rivolto a più di cento donnepartecipanti al seminario internazionale distudio promosso dal Pontificio Consiglio per iLaici, in occasione del venticinquesimoanniversario della lettera apostolica Mulierisdignitatem, il Papa ha sintetizzato nel suomodo diretto, al quale ci stiamo abituando, lanecessità di un mutamento globale diprospettiva, invitando a riflettere a fondo sulfemminile della Chiesa («Non è “il” Chiesa,ma “la” Chiesa»), come pista feconda per lariabilitazione di un profilo alto del femminilenella Chiesa. L’intuizione di una continuitàdel principio mariale-generativo della Chiesa,rivisitato come momento strutturale nellaChiesa, in feconda e permanente correlazionecon il principio petrino-ministeriale, era giàstata nitidamente formulata da Hans Urs vonBalthasar. Lo sbilanciamento istituzionale diquesta continuità, in favore di unaconcretizzazione della potestà gerarchica delministero maschile nella Chiesa che non hacomplemento nella concretezza del pesoassegnato alla generatività femminile dellaChiesa, sembra essere indicato, ora, come iltema di un più profondo ripensamento. Ciòcomporta evidentemente il superamentodell’idea che la Chiesa debba limitarsi aistruire come “caso umano” la questioneteologica dell’emancipazione femminile, invista di un semplice riconoscimento formale,politicamente corretto, della pari dignità. Nési tratta semplicemente di pareggiare ilriconoscimento dell’importanza di unafunzione sentimentale e affettiva, sussidiariadell’autorevolezza e della razionalità dellaleadership maschile. Per non parlare dellaconfusione fra “servizio della donna” e“donna di servizio”: la riduzione dellacomplementarietà femminile alla s e r v i d u m b re ,ossia al lavoro e alla condizione servile, su cuiPapa Francesco ha ironizzato sapidamente (eamaramente) nella circostanza appenaricordata. Nella dogmatica cattolica ilministero sacerdotale ordinato che presiedel’istituzione è riservato al maschio. E la

Non è forse questa autorevolezzadell’obbedienza della fede già di persé esercitata sul campodelle buone pratiche edella sapienza riflessiva,mediante le quali ledonne configurano inmolti modi ladedizione el’intelligenza del

Page 13: Una pace fatta in casa - Vatican.va · Anno CLIV n. 1 (46.543) Città del Vaticano giovedì-venerdì 2-3 gennaio 2014. y(7HA3J1*QSSKKM( +&!z!=!"!% Papa Francesco celebrando la quarantasettesima