N. 60 · In copertina: papa San Pio X. Cent’anni fa nel 1907 pubblicava l’enciclica...

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N. 60 Anno XXIII n. 1 - febbraio 2007 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Asti - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) Tel. +39.0161.839.335 - Fax +39.0161.839.334 - IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALLUFFICIO C.R.P. ASTI PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TARIFFA Tassa Riscossa - Taxe Perçue. ASTI CPO

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Anno XXIII n. 1 - febbraio 2007 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Asti - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium -Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) Tel. +39.0161.839.335 - Fax +39.0161.839.334 - IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE

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EditorialeUn secolo di battaglie antimoderniste

Da molto tempo ormai Sodalitium sifa aspettare, anche se nel frattempoavete ricevuto il Buon Consiglio,

con il calendario per l’anno 2007; ma non sitratta solo di una brutta notizia, in quantouno dei motivi del ritardo (ormai cronico)della nostra pubblicazione sta nel fatto cheaumenta il lavoro dei nostri sacerdoti i qua-li – non dimentichiamolo mai – sono sologiornalisti improvvisati, mentre alla curadelle anime devono consacrare la maggiorparte del loro tempo.

Speriamo che il lettore ci scuserà rice-vendo questo numero che inaugura il 2007.Per noi, cattolici, e pertanto antimodernisti,il nuovo anno è quello del centenariodell’Enciclica Pascendi dominici gregis,pubblicata da San Pio X l’otto settembre1907, contro gli errori del modernismo, chenon è solo un’eresia, ma la sintesi di tutte leeresie. L’Enciclica era stata preceduta, il 3luglio, dal decreto della S. e R. InquisizioneLamentabili, contenente una lista, come un

nuovo Sillabo, di 65 proposizioni condan-nate (entrambi i documenti possono essererichiesti al nostro Centro librario).

Amici sinceri – e altri meno – acclama-rono in San Pio X il debellatore del moder-nismo e si affrettarono a dichiararne lamorte; non così il Santo Pontefice, che sa-peva come il male fosse profondo, radicatoe, soprattutto, ingannatore. I modernisti sinascondevano, infatti, “nel seno e nel grem-bo stesso della Chiesa, tanto più perniciosiquanto meno individuati. (…) Uomini comequesti Noi li annoveriamo tra i nemici dellaChiesa (…) In verità non si allontana dal ve-ro colui che li considera nemici della Chiesa

“Sodalitium” Periodico - n° 60, Anno XXIII n. 1/2007

Editore Centro Librario Sodalitium

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Direttore Responsabile don Francesco RicossaAutorizz. Tribunale di Ivrea n. 116 del 24-2-84

Stampa: - Ages Torino. Questo numero della rivista

è stato chiuso in redazione il 7/02/2007

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In copertina: papa San Pio X. Cent’anni fa nel1907 pubblicava l’enciclica “Pascendi” che condan-nava il modernismo.

Editoriale pag. 2Il cardinal Rampolla era Massone? pag. 5“Con il Papa e per il Papa”: vita di don Albertario pag. 37Avviso sulla pratica della cremazione pag. 51L’elemosina della Messa pag. 53L’Osservatore Romano pag. 55“Pontefici come questo e Wojtyla andrebbero bene anche a noi luterani” pag. 58RECENSIONI pag. 60

Messalino Festivo pag. 60I Crociati di Pio IX pag. 60O Regina o Santa pag. 61

Vita dell’Istituto pag. 62

✍ Sommario

Nel 1907 non finiva, ma iniziava laguerra contro il modernismo, guer-ra per la fede e contro l’errore. Leistanze dei modernisti non sonostate accolte dalla Chiesa. Esse,tuttavia, sono state in buona parteaccolte nella Chiesa dal Vaticano IIe da coloro che ne custodisconogelosamente l’eredità!

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più pericolosi di qualsiasi altro. Infatti co-storo, non fuori ma all’interno della Chiesa,come abbiamo detto, macchinano i loroprogetti per la sua rovina; per questo il peri-colo risiede quasi nelle stesse vene e nellestesse viscere della Chiesa con un danno cer-tamente più sicuro, poiché essi conosconopiù intimamente la Chiesa” (Enciclica Pa-scendi). Gli altri eretici – come Lutero - sisepararono apertamente dalla Chiesa; i mo-dernisti invece cercano di rovinarla dal suointerno. Non è quindi inutile affrontarenuovamente il problema di eventuali infil-trazioni nemiche nella Chiesa: lo facciamorievocando il caso (discusso e discutibile,come potrete leggere) del Cardinal Ram-polla, segretario di Stato di Leone XIII ecandidato all’elezione papale durante ilconclave che elesse invece il futuro Pio X.La cronaca di questi giorni – col caso delleclamorose dimissioni dell’arcivescovo diVarsavia Wielgus a causa della sua collabo-razione coi servizi segreti comunisti polac-chi – dimostra che il problema è sempre at-tuale. Sodalitium invita, a proposito di que-sto tema delicato quanto importante, a faruso di vigilanza, prudenza, amore della ve-rità e della Chiesa. Parlare dell’enciclicaPascendi vuol dire anche rievocare queitempi per meglio capire i nostri tempi. Lalotta antimodernista scemò con la morte diSan Pio X, nel 1914, e molti, nei due campicontrapposti, ed in quello di chi non volevaprender partito, ne portarono le ferite. Traquesti quello che era allora un oscuro sa-cerdote di provincia, giovane segretario delVescovo di Bergamo Radini Tedeschi; ilsuo nome era Angelo Giuseppe Roncalli.Come Giovanni XXIII, uscì certo dall’anti-ca oscurità! Egli fu sospettato – allora - dimodernismo; certamente non era entusia-

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sta della lotta antimodernista! Il ricordo diquegli anni non fu senza influenza duranteil Vaticano II…

Recentemente, il nipote e biografo diGiovanni XXIII, Marco Roncalli, ha fattoproprio questo giudizio di Ernesto Gallidella Loggia: “il principale torto dei moder-nisti (…) fu quello di essere troppo in antici-po sui tempi. Doveva passare oltre mezzosecolo, infatti, perché la larga parte delle lo-ro richieste venisse raccolta e fatta propriadalla Chiesa con il Concilio Vaticano II”(M. RONCALLI, Giovanni XXIII, Mondado-ri, 2006, p. 75).

No, le istanze dei modernisti non sonostate accolte dalla Chiesa, come scrive Gallidella Loggia. Esse, tuttavia, sono state inbuona parte accolte nella Chiesa, comescriverebbe San Pio X, dal Vaticano II e dacoloro che ne custodiscono gelosamentel’eredità.

Nel 1907 non finiva, quindi, ma sola-mente iniziava la guerra contro il moderni-smo, guerra per la fede e contro l’errore,guerra nella quale, come in tutte le guerre,non mancano le battaglie perse, ma nellaquale, come in tutte le guerre fatte per il Si-gnore, la vittoria è assicurata: portae inferinon praevalebunt.

Questa certezza che si fonda sulla paroladi Dio espelle ogni dubbio, ogni scoraggia-mento, ogni sfiducia. La Chiesa non perirà.Questo non significa, però, prendere i propridesideri per realtà, e vedere la situazione at-tuale non com’è ma come vorremmo che es-sa fosse, sfibrati forse dal perdurare dellosforzo senza che se ne veda la fine.

C’è chi dice che con l’elezione di Bene-detto XVI le cose stanno migliorando nellaChiesa. Lo stesso è stato detto sotto PaoloVI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II…

12 ottobre 2006: Benedetto XVI con la delegazionedell’Anti-Defamation League del B’nai B’rith

Benedetto XVI prega, rivolto verso la Mecca, con imusulmani nella moschea blu a Istanbul

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Che le cose stiano migliorando noi lo spe-riamo, ma non lo crediamo, perché non lovediamo.

Nello scorso numero di Sodalitium ab-biamo posto l’accento sul tema della colle-gialità episcopale, convinti che Joseph Rat-zinger voglia porre mano, al seguitodell’“enciclica” Ut unum sint di GiovanniPaolo II, alla dottrina del Primato papale,visto come principale ostacolo all’ecumeni-smo. I fatti ci danno ragione. In occasionedel “pellegrinaggio” a Costantinopoli, cheha attirato l’attenzione di tutti soprattuttoper la preghiera more islamico alla MoscheaBlu, Benedetto XVI ha ribadito al “patriar-ca” bizantino la sua intenzione di rivedere ladottrina sul Primato papale; e allora si po-trebbero aprire anche le porte di Mosca…

Anche alcuni protestanti si dichiaranodisponibili ad accettare un’unione con laChiesa cattolica a condizione, si badi bene,di cambiare il ruolo del Papa (cf l’intervistaal “vescovo” luterano Johannesdotter ap. 59). La “chiesa” ecumenica vaticinata daJohannesdotter, cattolica, ‘ortodossa’ ed‘evangelica’ sotto ‘papa’ Ratzinger, è giàquella della comunità di Taizé. Fondata inBorgogna da Max Thurian e Roger Schutz,due pastori protestanti, questa comunità di-venne famosa – tra l’altro - per aver contri-buito alla redazione del nuovo messale diPaolo VI. Sul finire della loro esistenza, siaThurian che Schutz sono diventati ‘cattoli-ci’, in una maniera però assolutamente sin-golare. Grande fu lo stupore di tutti, adesempio, nel vedere, durante i funerali diGiovanni Paolo II, il celebrante (era Rat-zinger) dare la comunione a fr. Roger diTaizé: non è forse calvinista? Dopo la suamorte è stato rivelato che egli era cattolico,senza cessare, però, d’essere protestante:capisca chi può! (cf p. 56). La “messa” diPaolo VI, ovvero la “messa” di Taizé, è co-me i suoi co-autori: cattolica ma protestan-te, protestante ma cattolica, ovvero, in defi-nitiva, né cattolica né protestante.

Questo per quanto riguarda la costitu-zione stessa della Chiesa ed il primato pa-pale. Che vento soffia sui problemi crucialidel dialogo interreligioso (con le religioninon cristiane) e della libertà religiosa (perquel che riguarda i rapporti tra lo Stato e laChiesa)?

Per quel che riguarda i non cristiani(anticristiani, dovremmo dire), le visite alla

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Sinagoga e le udienze al B’nai B’rith conti-nuano sotto Benedetto esattamente comesotto Giovanni Paolo; quanto ai discepolidi Maometto la citazione del Paleologo èstata prima rinnegata e poi espiata alla Mo-schea Blu. Ed Andrea Riccardi della Co-munità di Sant’Egidio, promotrice delle ri-unioni di Assisi (l’ultima si è tenuta sottoBenedetto XVI) durante la giornata deldialogo Ebraico-cristiano del 17 gennaio2007, ha proposto come modello comune ilpensiero del rabbino livornese Elia Bena-mozegh (per Benamozegh Israele è il popo-lo sacerdotale dell’umanità, la quale deveosservare i precetti noachidi per seguireIsraele). Si corregge almeno la dottrina sul-la libertà religiosa? Per nulla, al punto checontinuamente Benedetto XVI fa appelloalla dottrina della “sana laicità” che non èquella di Pannella, certo, ma neppure quel-la di Pio XII; il modello è quello della sepa-razione assoluta nell’assoluta libertà che vi-ge negli Stati Uniti.

Attendiamo allora “fiduciosi” il “motuproprio” sulla Messa che il prelato dello SriLanka sta preparando su domanda di Be-nedetto XVI; per ora però il medesimo pre-lato ci ha regalato la comunione nella manoanche in Polonia, dove sotto Karol Wojtylanon era ancora permessa. Se e quando ildecreto sulla Messa Romana sarà promul-gato ne prenderemo atto, sapendo però chela battaglia della Messa (per la Messa) fini-rà solo quando non verrà mai più celebratoil rito di Paolo VI (e questo vale per tutti iSacramenti).

Uno sguardo onesto sulla situazione at-tuale deve pertanto riconoscere che nulla èsostanzialmente cambiato per quel che ri-guarda i mali che affliggono la Chiesa: ecu-menismo, dialogo interreligioso, libertà re-ligiosa, liturgia ecc.

Con incrollabile amore per la Chiesa,senza giudicare nessuno (“a prescindere –così ancora San Pio X - dalla loro intenzio-ne e dalla loro coscienza, di cui solo Dio ègiudice”) chiediamo a Dio di mantenercisaldi nella fede e nella carità, di consolarcinello scoraggiamento, di scacciare la dispe-razione che è tentazione per molti, e di far-ci vedere, se lo vuole, il Trionfo della suaChiesa. Affidiamo quest’intenzione a Ma-ria, Mediatrice di tutte le grazie.

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Il cardinal Rampolla era massone?

don Francesco Ricossa

Mariano Rampolla del Tindaro (1843-1913) era nunzio pontificio in Spagna

quando Leone XIII lo creò cardinale e lonominò suo Segretario di Stato (1887); ilcardinal Rampolla svolse questo delicatoincarico fino alla morte di Leone XIII, av-venuta nel 1903. Nel conclave apertosi conla morte del Pontefice, l’Imperatore d’Au-stria Francesco Giuseppe pose il suo veto,tramite il cardinale arcivescovo di Craco-via, Puzyna, all’elezione del Cardinal Ram-polla al Soglio pontificio. Sotto il pontifica-to di San Pio X, non più segretario di Stato(lo sostituì il cardinale Merry del Val),Rampolla continuò ad esercitare le sue fun-zioni nelle varie congregazioni romane del-le quali faceva parte (tra l’altro come segre-tario della congregazione del Sant’Uffizio).Era considerato un possibile successore diSan Pio X, ma morì, meno di un anno pri-ma del Santo Pontefice. Fu eletto invece,col nome di Benedetto XV, Mons. DellaChiesa, che del cardinal Rampolla era statoallievo e collaboratore prediletto (1).

Negli ambienti detti “tradizionalisti” (2)è opinione comune, considerata quasi cer-tezza storica indubitabile, che il cardinalRampolla fosse, in realtà, affiliato alla mas-soneria. In questo articolo mi chiedo sequesta opinione è fondata, e su quali argo-menti e documenti si possa eventualmenteappoggiare, per poi mostrare quale fu, amio parere, il vero torto della “scuola” delcardinal Rampolla, soprattutto durante edopo il pontificato di San Pio X. Quest’arti-colo è in perfetta continuità con quanto So-dalitium già scrisse in altre occasioni (es. n.19/1989 ed. francese, pp. 30-44; n. 49/1999,editoriale), a riprova che la nostra rivistasegue con coerenza e serietà una linead’equilibrio in una materia tanto importan-te quanto delicata come quella delle infil-trazioni massoniche nella Chiesa.

Infiltrazioni massoniche nella Chiesa

Non è certo irriverente porsi una similedomanda a proposito di un Principe dellaChiesa, quale fu, senza dubbio, il cardinal

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Rampolla. In un numero passato di Sodali-tium ho già avuto modo di rievocare gli av-venimenti che giunsero a influire su svariaticonclavi del XVI secolo, quando l’eresiavaldesiana influenzò più o meno numerosicardinali (tra i più noti, il cardinale Pole edil cardinale Morone) che per pochi voti nonvennero eletti al papato. Fu proprio in que-sta circostanza che Papa Paolo IV (che ave-va incarcerato il cardinal Morone per eresiae che prevedeva un possibile suo prosciogli-mento sotto un pontificato successivo, co-me, in effetti, accadde) promulgò nel 1559la famosa Bolla Cum ex apostolatus (cf So-dalitium, n. 14) con l’intento di sbarrare lastrada in un futuro conclave al cardinaleMorone o ad altri sospetti di eresia. La ca-ratteristica interessante dell’eresia di JuanValdès, marrano spagnolo, è che essa po-stulava la necessità del “nicomedismo”, direstare cioè all’interno della Chiesa nascon-dendo il più possibile le proprie posizioni, edall’interno operarne la riforma. Il moder-nismo, quattro secoli dopo, adotterà lo stes-so modus operandi.

Dopo la fondazione della massoneriamoderna (Londra, 1717), non mancarono iprelati, e anche gli alti prelati, che si affilia-rono alla sètta, malgrado la condanna e lascomunica fulminata dai Sommi PonteficiClemente XII (lett. ap. In eminenti, 1738) eBenedetto XIV (cost. Providas, 1751).

In seguito, la stampa cattolica non hamai mancato di denunciare ciò che il sacer-dote Emmanuel Barbier chiamerà, col titolofortunato di un suo libro lodato dall’episco-pato cattolico, le “infiltrazioni massonichenella Chiesa”. Mi limito a rammentare alcu-ni scritti e fatti documentati, tra i più noti.

Nel 1859, Jacques Cretinau-Joly (1803-1875) diede alle stampe, con un Breve di fe-licitazione di Pio IX, la sua opera L’EgliseRomaine en face de la Révolution. Il libro è il

Negli ambienti detti “tradiziona-listi” è opinione comune, consi-derata quasi certezza storicaindubitabile, che il cardinalRampolla fosse, in realtà, affilia-to alla massoneria. Ma è vera-mente così?

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frutto di numerose ricerche archivistiche sol-lecitate all’autore dagli stessi Sommi Ponte-fici Gregorio XVI e Pio IX. In esso vengonotra l’altro pubblicati dei documenti dell’AltaVendita nei quali era esposto un progetto diinfiltrazione del clero cattolico da parte del-la massoneria, per giungere a guadagnare al-la propria causa persino la Sede di Pietro:“Noi dobbiamo giungere (…) al trionfodell’idea rivoluzionaria per mezzo di un Pa-pa”. “Quello che noi dobbiamo domandare,quello che dobbiamo cercare ed aspettare,come gli Ebrei aspettano il Messia, è un Papasecondo i nostri bisogni”. Per predicare una“rivoluzione in tiara e cappa” bisogna getta-re le “reti nel fondo delle sacrestie, dei semi-nari e dei conventi”.

Nel 1904, Mons. Enrico Delassus (1836-1921) pubblicò il volume Le problème del’heure présente, col plauso di molti Vescovie dello stesso cardinale segretario di Statodi Papa Pio X, Merry del Val. In questo li-bro, l’Autore riprendeva il tema del Creti-nau-Joly (tomo I, capitoli XXII-XXIV) de-finendo questo tentativo d’infiltrazionepersino sulla Sede di Pietro “il supremo at-tentato” alla Chiesa.

Nel 1910, il sacerdote Emmanuel Bar-bier (1851-1925) pubblicava, con l’incorag-giamento di sei tra arcivescovi e vescovifrancesi il suo “Infiltrations maçonniquesdans l’Eglise”. Sono gli anni dell’eresia mo-dernista condannata da San Pio X, ed ilBarbier riporta tra l’altro dei passaggi in-quietanti del libro, messo all’indice nel1906, di Antonio Fogazzaro, Il Santo. Que-sto Santo dei modernisti, che prende il no-me di Benedetto, si propone una rivoluzio-ne generale della Chiesa dal suo interno.“Ecco – così parla Giovanni Selva, un per-sonaggio del romanzo – siamo un certo nu-mero di cattolici, in Italia e fuori, ecclesiasti-ci e laici, che desideriamo una riforma dellaChiesa. La desideriamo senza ribellione,operata dall’autorità legittima. Desideriamoriforme nell’insegnamento religioso, riformenel culto, riforme nella disciplina del clero,riforme anche nel supremo governo dellaChiesa. A questo fine, abbiamo bisogno dicreare un’opinione che conduca l’autoritàlegittima ad agire secondo il nostro punto divista, fosse anche solo tra venti, trenta o cin-quant’anni” (ce ne misero 60…). Questaconventicola, per Fogazzaro, doveva esseresegreta, “una massoneria cattolica” (3). A

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chi temeva che il Papa avrebbe pescatoquei pesci nascosti per metterli in padella,era risposto che quando la pesca avrebbefatto risalire alla superficie “laici importan-ti, sacerdoti, monaci, vescovi, forse cardina-li”, il pescatore, spaventato, avrebbe lascia-to ricadere in mare l’amo e le sue prede.

La situazione era particolarmente deli-cata in Francia, dove nel 1905 il governodella Terza Repubblica, strettamente con-trollato dalla Massoneria, aveva dichiaratola separazione tra lo stato e la Chiesa e ladenuncia unilaterale del concordato del1801. Pochi sanno che il pretesto e l’occa-sione di tale misura fu dato dalla destituzio-ne (1904) dalla sua sede episcopale di Di-gione di Mons. Albert Léon Marie LeNordez (1844-1922), in quanto sospettatodi essere affiliato alla massoneria, al puntoche i suoi seminaristi si rifiutavano di rice-vere dalle sue mani gli Ordini Sacri.

La morte di San Pio X (1914) e la guer-ra mondiale operarono un profondo muta-mento delle cose, non solo nella societàtemporale, ma anche nella Chiesa. Al decli-no dei cattolici integrali, che tenevano altala bandiera della lotta al modernismo e allamassoneria, fece da contr’altare la rinascitadi un neo-modernismo, subdolo per defini-zione, nel campo biblico, ecumenico, litur-

Il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro

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gico e sociale, a partire dagli anni ’20. An-che nei confronti della massoneria, iniziòun lento ma costante progresso d’infiltra-zione settaria, tramite le discussioni e gli in-contri tra esponenti del clero (soprattuttogesuiti) e delle Logge; il dialogo porterà, il25 gennaio 1983, data della ‘promulgazio-ne’ del nuovo codice di diritto canonico daparte di Giovanni Paolo II, alla cancellazio-ne della scomunica ai massoni prevista dalcanone 2335 del vecchio codice. I saggi con-sacrati al “dialogo” con la massoneria sononumerosi, sia da parte ‘cattolica’ che daparte massonica; basti qui citare i notissimiLe grandi concordanze tra Chiesa e Masso-neria (Nardini, 1987) e Chiesa e Massone-ria. Un DNA comune (Nardini, 1999) delsacerdote paolino Rosario Esposito, ove sitroverà materia abbondante e ricca biblio-grafia al proposito; non mancarono anchedelle messe in guardia, fin dai tempi delConcilio, ad esempio negli scritti di PierreVirion e Léon de Poncins (4). Mi limito, inquesta sede, a riassumere cose ben note. Ildialogo tra alcuni membri del clero cattoli-co e dignitari della setta massonica iniziògià prima del Concilio Vaticano II. Ricor-diamo soltanto i casi più noti e importanti:nel 1928 il gesuita padre Gruber aprì il dia-logo con il dignitario massonico OssianLang; negli anni ’30 il gesuita francese Ber-teloot con la Gran Loggia di Francia (A.Lantoine); Padre Berteloot mise in contat-to il Nunzio Angelo Giuseppe Roncalli colbarone Yves Marsaudon al quale Mons.Roncalli disse di restare in massoneria; nel1952, il cardinale Innitzer, arcivescovo diVienna, ricevette Bernard Scheichelbauer,Gran maestro della Gran Loggia di Vienna.Il Concilio Vaticano II operò, anche in que-sto campo, una svolta decisa rispetto al pas-sato. Vale la pena di ricordare, innanzi tut-to, i rapporti intercorsi tra la Loggia ebrai-ca del B’nai B’rith e Giovanni XXIII. JulesMarx Isaac, membro del B’nai B’rith, ot-tenne da Giovanni XXIII un impegno a ri-vedere la posizione cattolica sui rapporticol giudaismo (cf Sodalitium, nn. 40 e 41).Giovanni XXIII affidò al cardinal Bea,messo a capo del segretariato per l’unionedei cristiani (cf Sodalitium, n. 38) le relazio-ni con la potente massoneria ebraica; la di-chiarazione conciliare Nostra Aetate (28 ot-tobre 1965) sarà il frutto (iniziale) di questacollaborazione. Da allora il B’nai B’rith è

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regolarmente ricevuto in Vaticano (ancheda Benedetto XVI Ratzinger). Nei suoi col-loqui col nunzio Roncalli, il “fratello” Mar-saudon aveva chiesto l’abolizione della di-sciplina ecclesiastica contro la cremazione:la domanda fu immediatamente esauditada Paolo VI nel 1963. Durante l’assise con-ciliare il vescovo di Cuernavaca, in Messi-co, Sergio Mendez Arceo, chiese la modifi-ca della disciplina ecclesiastica sulla masso-neria. “…Le dichiarazioni Dignitatis huma-nae e Nostra Aetate, approvate dal Concilioecumenico Vaticano secondo – scrive Ro-berto Fabiani, anche lui massone – eranostate elaborate da prelati che avevano fre-quentazioni di logge massoniche. Sì, perchéil fatto che nei templi della libera muratoriasedessero dignitari della chiesa cattolica nonera affatto leggenda né materia per libellisticome molti credevano o speravano, ma ri-spondeva a pura verità. E di questi prelati-massoni il più autorevole aveva la statura, ladimensione culturale e l’apertura mentaledel cardinale Franziskus König, arcivescovodi Vienna” (5) e figura di primo piano delConcilio stesso. Gli anni ‘60 e ‘70 viderosvilupparsi, nel clima post-conciliare, nu-merosissimi incontri tra ecclesiastici e di-gnitari massonici. Padre Esposito ricorda ilcaso di ben undici cardinali: Cushing, Co-oke, Cody, König (del quale si parla di ini-ziazione massonica nella Loggia Giustizia eLibertà dell’Oriente di Roma, nell’obbe-dienza di Piazza del Gesù) (6), Etchegaray,Alfrink, Feltin, Marty, Krol, Brandâo Vide-la e Lorscheider; molto più numerosi i Ve-scovi, alcuni dei quali (ad es. Pézéril, Joyce,Pursley) parlarono in Loggia, mentre Bran-dâo Videla addirittura in Loggia celebrò la“Messa” e dalla Loggia fu insignito (comepure il card. Arns) di un’alta onorificenza!

Nel dialogo con la Massoneria si distinse-ro alcuni sacerdoti che, secondo Esposito,avevano facile accesso a Paolo VI, come ilgesuita padre Riquet, ed il salesiano donMiano, del Segretariato per i non credenti,Segretariato diretto appunto dal card. König.

Il dialogo sfociò anche in alcune decisio-ni ufficiali che autorizzavano la doppia ap-partenenza, alla Chiesa Cattolica, cioè, e al-la Massoneria, seppur solo in alcuni casiparticolari. Il primo documento al propositoè la decisione della Conferenza episcopalescandinavo-baltica dell’ottobre 1966. Nelfebbraio 1968 è la stessa congregazione per

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la dottrina della fede, con a capo il card. Se-per, ad effettuare un’inchiesta presso l’epi-scopato cattolico in vista di una revisionedella disciplina sulla massoneria. Rispondo-no 13 conferenze episcopali, tutte sostan-zialmente favorevoli a questa revisione; leprescrizioni del codice di diritto canonicosono già d’altronde totalmente disattese, ri-sponde al card. Seper lo stesso card. König,che prepara la sua risposta collaborandocon l’alto dirigente della massoneria au-striaca Kurt Baresch (testi e storia in Espo-sito, Chiesa e massoneria. Un DNA comune,pp. 204-218). Il segretariato per i non cre-denti, diretto dal cardinal König, intrapreseallora un dialogo ufficiale affidato al segre-tario, il salesiano don Vincenzo Miano, e adue esperti come Padre Caprile SJ e PadreEsposito SSP: le “Conversazioni Cattolico-massoniche di Roma e Ariccia”, tenute coimassoni Gamberini, Ascarelli e Comba, du-rarono dal 1969 al 1977. Nel frattempo, lalettera del cardinale Seper, della Congrega-zione per la dottrina della fede al cardinalKrol, presidente della Conferenza episcopa-le nordamericana, del 19 luglio 1974, sanci-va l’apertura ed il cambiamento, di fatto,della legge della Chiesa, ammettendo ladoppia appartenenza alla Chiesa e alla Mas-soneria, anche se solo in determinate circo-stanze. La lettera liberalizzatrice del cardi-nal Seper ebbe ripercussioni in varie Confe-renze episcopali che l’applicarono ai loro ri-spettivi paesi: da quella dell’Inghilterra edel Galles (1974), a quella del Brasile(1975) e di Santo Domingo (1976). L’appro-do di questo dialogo fu il nuovo Codice didiritto canonico (25 gennaio 1983), che“abroga” la scomunica dei massoni commi-nata da Clemente XII nel 1738 e rinnovata,fino ad allora, da tutti i suoi successori. Loscandalo provocato dalla soppressione dellascomunica, e dagli incontri che abbiamo de-scritto precedentemente, provocò però unaparziale reazione già a partire dal 1980 (di-chiarazione della conferenza episcopale te-desca contro la doppia appartenenza) chesfociò nell’intervento della congregazioneper la dottrina della fede (card. Ratzinger)del 26 novembre 1983 nella quale si affermache, pur essendo cessata la scomunica, vigeancora il divieto dell’affiliazione alla masso-neria, e che i massoni non possono pertantoaccostarsi alla santa comunione. Nel frat-tempo cosa era successo? Non è da esclu-

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dersi che abbia influito sul parziale ripensa-mento della congregazione per la dottrinadella fede lo scandalo causato dalle denun-cie di numerosi giornali (quale il quindicina-le antimodernista Si si no no, diretto da donFrancesco Putti, e poi la famosa lista Peco-relli, pubblicata dallo stesso giornalista mas-sone, poi assassinato, sul numero del 12 set-tembre 1978 della sua rivista OsservatorePolitico) di affiliazione alla massoneria dimolti e noti ecclesiastici, come i cardinaliBaggio, Pellegrino, Marchisano, Poletti eVillot (questi ultimi due smentirono), non-ché di mons. Bugnini, autore principale del-la riforma liturgica, allontanato in seguito aciò dalla Curia romana e mandato in “esi-lio” nella nunziatura in Iran (7). Ancora dipiù dovette influire lo scandalo della Loggiamassonica P2 di Licio Gelli. Alla Loggia P2appartenevano, infatti, importanti esponen-ti della finanza “cattolica”, quali i banchieriCalvi e Sindona (entrambi inquisiti dallagiustizia e morti tragicamente e misteriosa-mente), nonché l’intimo amico e collabora-tore del cardinal Lercaro, Umberto Ortola-ni; il tutto aveva coinvolto nelle indagini deigiudici italiani lo stesso Istituto per le operedi religione (IOR) vaticano, e il suo presi-dente, il vescovo Mons. Marcinkus (8). Levicende della Loggia P2 fecero tornare d’at-tualità le questioni legate all’affiliazione diprelati cattolici alla massoneria: un “proble-ma spinoso”, per usare le parole di padreEsposito nel cap. X (Il clero massone) dellasua opera, già segnalata, Le grandi concor-danze tra Chiesa e Massoneria. Secondol’Esposito, che cita un’ampia bibliografia,sarebbero documentate le affiliazioni di al-cuni cardinali (De Bernis, Delci (9), de Ro-han, von Trautmansdorf-Vysberg e Branca-forte, tutti del XVIII secolo) e di una cin-quantina tra Vescovi e arcivescovi, quasitutti risalenti a tempi ormai lontani… il chenon esclude appartenenze più vicine a noi,ma che il massonologo e massonofilo padreEsposito preferisce non rivelare. Alla mortedi Paolo VI, tuttavia, la situazione era taleche il gran maestro del Grand’Oriented’Italia, Giordano Gamberini (occasional-mente anche valdese e “vescovo” gnostico)scrisse di Paolo VI sulla Rivista Massonica(luglio 1978): “Per noi è la morte di Chi hafatto cadere la condanna di Clemente XII edei suoi successori. Ossia è la prima volta –nella storia della Massoneria moderna – che

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muore il capo della più grande religione oc-cidentale non in istato di ostilità coi Massoni.E per la prima volta nella storia i Massonipossono rendere omaggio al tumulo di unPapa, senza ambiguità né contraddizione”.Per Padre Esposito, che rispose a Gamberi-ni sulla Rivista massonica nel numero diagosto, “Egli” (Paolo VI) “avrebbe gradito”l’omaggio del Gran Maestro. “Nessun gestoesigeva maggior coraggio – scrive ancora ilsacerdote paolino – di quello che dovevastare alla base della riforma – del ribalta-mento – dei rapporti fra Chiesa cattolica eMassoneria”. Ribaltamento previsto, pare,da lunga data: “Il domenicano P. Felix A.Morlion, molto noto come fondatoredell’Università internazionale ‘Pro Deo’ [at-tuale LUISS, n.d.a.] e delle attività collatera-li, (…) mi confidava un giorno di aver parla-to con l’allora Mons. G.B. Montini dei rap-porti disastrosi esistenti fra la Chiesa e laMassoneria. Il Montini gli disse: ‘Non passe-rà una generazione, e tra le due società la pa-ce sarà fatta’. L’episodio è stato già da meaccennato, senza fare il nome del Pontefice,in un articolo pubblicato su Vita Pastoralenel mese di dicembre 1974. Ora che il Ponte-fice è deceduto, non ci sono motivi per conti-nuare a mantenere il segreto. E la previsione– starei per dire: la decisione – s’è verificatapienamente; l’incontro col Morlion non do-vette aver luogo prima del 1948-1950; la let-tera del S. Uffizio al cardinal Krol porta ladata del 19 luglio 1974, perciò i termini diuna generazione sono pienamente rispettati”.

Quanto detto fin qui ha lo scopo di di-mostrare come, malgrado i circa 3.500 do-cumenti pontifici di condanna della Masso-neria (tanti ne conta Padre Esposito), nonmancarono mai, e non mancano neppur og-gi, gli sventurati ecclesiastici che, comeGiuda, tradiscono Cristo e la Chiesa affi-liandosi alla massoneria o comunque favo-rendo le sue mire. Di più: dopo il VaticanoII si può arrivare al punto di poter parlaredi una concordanza tra Massoneria e Chie-sa cattolica, o meglio: tra la Massoneria ed imodernisti infiltrati nella Chiesa cattolica.Padre Ferrer Benimeli, ad esempio, citandola condanna della Massoneria voluta daLeone XIII, in quanto essa “lavora tenace-mente per annullare nella società ogni inge-renza del magistero e dell’autorità dellaChiesa e a questo scopo diffonde e pretendela separazione tra Stato e Chiesa” commen-

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ta: “oggi è il Vaticano che propugna quellastessa separazione tra Stato e Chiesa…” (cit.da Esposito, Chiesa e massoneria…, p. 170).E lo stesso Padre Esposito conclude, percosì dire, scrivendo: “Il 27 ottobre 1986Giovanni Paolo II invita ad Assisi i capi su-premi di molte religioni. Tutti pregano perla pace, ognuno resta nella propria religionee prega con le proprie formule. Lo spirito diAssisi, che già si era espresso infinite volte,anche se in termini meno solenni e pubblici,ha poi compiuto molti altri passi. La Masso-neria è stata istituita esattamente per impo-stare questo spirito e lo ha codificato fin dalprimo giorno della sua esistenza. Fin da al-lora in loggia si radunano uomini di tutte lereligioni, i quali proibiscono a se stessi diparlare di questo argomento. Ad Assisi i ge-rarchi di tutte le religioni pregavano e parla-vano non di religione, un tema che li avreb-be divisi e contrapposti, ma di pace; in log-gia i fratelli parlano e pregano per la stessacosa, o per il perfezionamento dell’uomo,per lo sviluppo globale, per la beneficenza,la filantropia. È tolleranza, non è indifferen-tismo religioso, né sincretismo religioso. Cisaranno dei malpensanti o degli scandaliz-zati, ma almeno si rendano conto di staredalla parte di Monsignor Lefèbvre e non delConcilio o di Papa Wojtyla” (ibidem, pp.12-13). Se così è, non c’è neppur bisogno diaffiliarsi alla Massoneria, giacché il seguireil neo-modernismo trasforma un battezzatoin un fratello “tre puntini”. Non si è certogiunti in un attimo a trasformare (in manie-ra più o meno inavvertita) la quasi totalità

Benedetto XV

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del clero e del laicato cattolico in una gran-de loggia massonica. Si può quindi lecita-mente supporre che numerose siano statele infiltrazioni della setta massonica tra lefila del clero cattolico; ma questa supposi-zione è ancora lungi dall’essere una dimo-strazione dell’affiliazione alla setta del car-dinal Rampolla, o di qualunque altro eccle-siastico…

Quando una presunta affiliazione massoni-ca è invece una calunniosa leggenda

Non basta, infatti, una voce, uno scritto,un’affermazione, sull’affiliazione massonicadi un prelato, sacerdote, vescovo, Papa, per-ché questa voce possa dirsi certa, o anchesolo probabile e non infondata. La storia cioffre numerosi esempi di calunniose leggen-de contro dei campioni della causa cattolica,falsamente accusati di appartenere alla mas-soneria. Uno dei casi più famosi è certa-mente quello di Papa Benedetto XIV (Pro-spero Lambertini), il quale rinnovò la sco-munica di Clemente XII contro la massone-ria e intervenne presso il Re di Napoli, Car-lo III, affinché vietasse ed estirpasse la settadal suo Regno. Eppure, gli ipocriti omaggidi Voltaire, Swedenborg e Walpole al Pon-tefice, e le voci sulla Loggia Romana raccol-te dal teologo protestante e massone Mün-ster, valsero al Papa l’umiliazione di esseresospettato di essere lui stesso un massone, ilche lo spinse, tra l’altro, a rinnovare la sco-munica contro i suoi calunniatori. Ma a nul-la valse il suo zelo antimassonico contro ilpregiudizio, se ancora nel 1911 – come scri-ve Francovich - P. Duchaine avallava la fal-sa notizia dell’iniziazione del Lambertini(10), e nel 1961 il fr. Lesaint la diffondeva –come riferisce Coston – sulla rivista Pax (11).Dura a morire è anche la leggenda riguar-dante Pio IX. Il grande e santo Pontefice,che condannò la massoneria in almeno 28importanti documenti, è stato accusato diessere lui stesso massone, e la calunnia duraancor oggi, poiché il Dictionnaire desFrancs-Maçons européens, pubblicato nel2005, lo annovera tra i “fratelli” della Log-gia Eterna Catena dell’Oriente di Palermofin dal 1839, e trova una conferma di ciò nelfatto che “la sua appartenenza alla massone-ria fu rivelata alla tribuna dell’assemblea na-zionale, a Parigi, dal fr. Charles Floquet”(12). La fonte non citata del dizionario è un

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articolo di un certo Caubet, pubblicato neldicembre 1865 sulla rivista Le Monde ma-çonnique. Lo stesso Monde maçonnique af-ferma, nel 1868, che Pio IX era stato inizia-to a Filadelfia, negli Stati Uniti, nel 1823.Peccato che Mons. Mastai Ferretti nonavesse mai visitato quel paese… Nel 1878un’altra rivista massonica, La Chaîned’union, presenta addirittura la testimo-nianza di un ‘teste oculare’, il padrino stessodell’iniziazione di Mastai, che, questa volta,si sarebbe svolta nel 1811, a Thionville! Nel1924, una rivista massonica francese e un li-bro stampato a Roma riprendono la calun-nia. Yves Chiron, in uno studio dedicato al-la questione (13), scrive che “oggi nessunmassone sostiene più questa tesi” ed allegain testimonianza una lettera del biblioteca-rio del Grand’Oriente di Francia del 30maggio 1995: dieci anni più tardi il Diziona-rio della Gran Loggia risusciterà, invece, ladiceria. Diceria che, ricordo en passant, col-pisce anche, non so se con più fondamento,il segretario di Stato di Pio IX, il cardinalAntonelli (1806-1876), che pur fu “amicodevotissimo di san Giovanni Bosco” e, natu-ralmente, “intimo” di Pio IX, di cui fu fede-le servitore per tutto il pontificato, fino allamorte (così l’Enciclopedia Cattolica) (14).Neppure la gloriosa figura del Cardinal Ot-taviani è stata risparmiata. L’ultimo segreta-rio del Sant’Uffizio, colui che si oppose inConcilio alle novità moderniste, colui chesottoscrisse il Breve Esame Critico del No-vus Ordo Missae, sarebbe stato massone, al-meno secondo le insinuazioni, ben poco cre-dibili, del venerabile della famosa LoggiaP2 del Grand’Oriente d’Italia, Licio Gelli(15). I fatti documentati (e Gelli lo ammette)mostrano piuttosto l’intima amicizia tra ilcardinal Lercaro, esponente di punta delprogressismo conciliare ed artefice della ri-forma liturgica, col braccio destro di Gelli,Umberto Ortolani, ed invece ecco che nep-pure il nome di Ottaviani è risparmiato! Bi-sogna dar credito alle insinuazioni di unmassone, giacché il demonio è il padre dellamenzogna? In questo Gelli (ancora vivente)è degno erede della Rivista della Massoneriaitaliana, la quale pubblicò, in due puntate, il1 agosto 1892 e nel giugno-luglio 1895 deglielenchi di ecclesiastici massoni. “I due elen-chi non hanno i carismi della severità”, scri-ve Padre Esposito. “Il torto della rivista –continua – (…) è anche quello di non con-

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trollare fino al raggiungimento della certez-za, talune affermazioni che o appaiono ma-nifestamente infondate, o non sono sufficien-temente illustrate; in questo senso ricordere-mo le insostenibili affermazioni di questo pe-riodico (1895, 146) a proposito di ClementeXIV, di S. Antonio Maria Claret o del No-cedal” (16). Il grande esperto di massoneria(e nemico della setta) Henri Coston, scrissedunque, nel 1964, parlando del caso Ram-polla, dopo aver esposto i casi simili di Be-nedetto XIV e Pio IX (“L’accusa portata dadegli antimassoni contro Mons. Rampollaassomiglia a quella portata dai massoni con-tro Pio IX” p. 172): “conto tenuto di quelloche abbiamo detto e salvo eccezioni cheignoriamo – non possiamo naturalmenteprendere per oro colato le affermazionidell’autore de ‘Les Fils de la Lumière’ (Ro-ger Peyrefitte) – sembra molto improbabileche dei sacerdoti della Chiesa cattolica roma-na siano massoni” (17). Nel 1992 Coston èpiù severo (nel frattempo c’è stato il Conci-lio): dopo aver ricordato il caso Rampolla eil caso Le Nordez, conclude: “se abbiamoparlato a lungo dei casi Rampolla e LeNordez è per mostrare fino a che punto èdifficile dimostrare l’appartenenza massoni-ca di personaggi altolocati. (…) Cionono-stante, non c’è fumo senza fuoco, secondo ilnoto proverbio, per cui, se è difficile dimo-strare l’affiliazione di alti prelati a delle so-cietà segrete, in mancanza di documenti au-tentici, si può a giusto titolo considerarli perlo meno come alleati oggettivi della Masso-neria, nella misura in cui il loro comporta-mento o la loro politica sono conformi alleintenzioni, agli scopi, al piano delle retro-logge, che sono invece ben note” (18). Antici-pando la mia conclusione, è difficile andaroltre il giudizio di Henri Coston, e di pro-clamare certo e dimostrato ciò che lui stessoammise essere ancora, allo stato dei fatti,non dimostrato (19).

L’iniziazione massonica del CardinalRampolla: stato attuale di questa tesi.

Le prime notizie su di un’eventuale ini-ziazione massonica del cardinale segretariodi Stato di Leone XIII risalgono – come ve-dremo meglio – al 1929, ovvero 15 anni do-po la morte del prelato, e ben 26 anni dopoil famoso conclave durante il quale il cardi-nal Puzyna pose il suo veto all’elezione del

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cardinale Rampolla. Da allora, dal 1929, laversione “Rampolla-massone”, che deve lasua capillare diffusione ai numerosi scritti econferenze del Marchese della Franquerienegli anni ’70, si è arricchita di nuovi ele-menti. La presento così com’è esposta nellibro L’Eglise eclipsée? (Delacroix, 1997,seconda edizione), opera collettiva de Lesamis du Christ-Roi. “Alla morte di LeoneXIII – si legge ne L’Eglise eclipsée alle pa-gine 72-73 della seconda edizione – la Mas-soneria pensò che era venuto il momento diinstallare uno dei suoi sul trono di S. Pietro.Il suo ‘uomo’ era il cardinale Rampolla delTindaro!

Segretario di Stato di Leone XIII, il car-dinal Rampolla era un alto iniziato che rice-veva, nelle Logge che frequentava, le istru-zioni luciferine per applicarle nel governodella Chiesa. Fondò in Vaticano una retro-loggia che doveva reclutare i più alti dignita-ri della Santa Sede.

Durante le sue vacanze in Svizzera, ilcardinal Rampolla si recava ogni sabato inuna retro-loggia presso l’abbazia di Einsie-dlen e ogni quindici giorni nella Loggia diZurigo, per ricevervi le istruzioni del PotereOcculto: disarmare i cattolici di Francia me-diante il loro ‘ralliement’ alla repubblicamassonica; e fondare una retro-loggia all’in-terno della Chiesa, capace di fornire gli altidignitari della Santa Sede, come i cardinaliFerrata, Gasparri, Ceretti, Bea ecc.

Questa Loggia di Zurigo faceva partedell’O.T.O., l’Ordo templi orientis di cui, ineffetti, Rampolla era membro. Era arrivatoai più alti gradi dei culti luciferini, poichéapparteneva all’Ottavo e Nono gradodell’O.T.O., gli unici gradi che autorizzava-no ad avvicinarsi al gran maestro generalenazionale e al capo supremo dell’Ordine,chiamato ‘brother superior’ (fratello supe-riore) o O.H.O. (Outer head of the Order).Non è senza interesse sapere che l’Ordotempli orientis fu fondato da Aleister Cro-wley, considerato il più grande satanista deitempi moderni. (…) Monsignor Jouin, fon-datore e direttore della Revue Internationaledes Societés Secretès (R.I.S.S.), avendo leprove dell’affiliazione del cardinal Rampol-la, incaricò il suo capo redattore, il marche-se della Franquerie, di mostrarle ai cardinalied ai vescovi di Francia.

Félix Lacointa, direttore del giornale ‘Lebloc anti-révolutionnaire’ (ex-Le Bloc catho-

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lique) testimoniò, da parte sua nel 1929: ‘Nelcorso del nostro ultimo incontro (con Mons.Marty, vescovo di Montauban), poiché lo te-nevo al corrente delle scoperte fatte recente-mente e poiché il discorso cadde sul cardinalRampolla del Tindaro, mi disse che, nel cor-so della visita ad limina che fece a Roma,qualche tempo dopo la morte dell’ex- segre-tario di Stato di Leone XIII, fu chiamato daun cardinale (Merry del Val, segretario diStato di san Pio X)… che gli raccontò connumerosi dettagli che alla morte del cardinalRampolla furono scoperte tra le sue carte leprove formali del suo tradimento. Questi do-cumenti furono portati a Pio X. Il santoPontefice ne fu sconvolto, ma volendo pre-servare dal disonore la memoria del prelatofellone e con lo scopo di evitare uno scanda-lo, disse molto scosso: ‘Disgraziato! Brucia-te! E le carte furono gettate alle fiamme insua presenza’ (Virebeau: Prélats et franc-ma-çons, Paris 1978, p. 28).

Al Conclave, il cardinal Rampolla con-centrò su di lui la maggioranza dei voti, mail cardinale dell’Impero austro-ungarico,Pusyna (sic), intervenne, e dichiarò che ilsuo governo si opponeva all’elezione diRampolla. Il Sacro Collegio elesse così alsuo posto il cardinale Giuseppe Sarto, cheprese il nome di Pio X (nota: le rivelazionirelative all’episodio del cardinal Rampollasono tratte dal documento: ‘Le Bloc Anti-ré-volutionnaire’, n. giugno-luglio 1929: ‘Lefrère Rampolla’).

I massoni erano quindi quasi riusciti,all’inizio del XX secolo, ad avere il ‘loro pa-pa’ a capo della Chiesa nella persona delcardinal Rampolla del Tindaro.

Una volta eletto, San Pio X, per avversa-re l’infiltrazione nemica nel clero, richiese aogni sacerdote il giuramento anti-moderni-sta al momento della sua ordinazione”.

Fin qui la citazione de L’Eglise eclipsée.Un anonimo ha aggiunto le seguenti infor-mazioni in un articolo consacrato a Maria-no Rampolla del Tindaro nella “libera enci-clopedia” virtuale, Wikipédia: “Dopo lasua morte [di Rampolla] un prelato france-se, Mons. Jouin, fondatore della Revue in-ternationale des sociétés secrétes, rese pub-bliche delle carte che provavano, secondolui, l’appartenenza del defunto Rampolla al-la massoneria. Anzi, il prelato sarebbe statogran maestro dell’Ordo Templi Orientalis(sic) (OTO), una loggia esoterica. Mons.

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Jouin dichiarò pure che era stato lui stesso asupplicare l’Austria di far uso del suo dirittodi esclusiva per sbarrare la strada al trono diPietro a un massone”. L’anonimo “inter-nauta” si è probabilmente ispirato al recen-te libro di Craig Heimbichner, Blood on thealtar. The Secret History of the World’sMost Dangerous Secret Society, (EmissaryPublications, 2005). Di questo libro, (chenon ho letto), sono state pubblicate dellerecensioni assolutamente favorevoli nellastampa “tradizionalista”; ad esempio sullarivista teologica dei domenicani di Avrillé,Le Sel de la terre (n. 56, primavera 2006, pp.190-196), ed sul bollettino Sous la bannière(n. 126, agosto 2006, pp. 4-11) in un articolofirmato Félix Causas ed intitolato Le F.˙.Rampolla del Tindaro. Un cardinal affilié àla Contre-Eglise luciférienne. Entrambe leriviste sono dichiaratamente “lefebvriane”,ma il bollettino informatico Virgo Maria,pubblicato dall’abbé Marchiset, di tenden-za sedevacantista-lefebvriana, ha intera-mente ripreso ed approvato l’articolo diCausas (Virgo Maria, 9 ottobre 2006,www.virgo-maria.org). Sulla scia di Heim-bichner, Causas giunge ad affermare chetutti i Segretari di Stato, da Pio IX ad oggi,sono stati nominati dalla massoneria, e acriticare, tra gli altri, gli stessi Pontefici SanPio X, Benedetto XV e Pio XII. Sono statequeste affermazioni, gravemente calunnio-se verso la Chiesa e dei legittimi pontefici,che mi hanno spinto a scrivere questo arti-colo: una cosa è mettere in dubbio la fedel-tà di un alto prelato, fosse anche un cardi-nale; altra cosa accusare la Chiesa stessa,come di fatto, oltrepassando ogni limitedella decenza, fa l’articolo di Sous la Ban-nière. Vedremo quindi assieme, cari lettori,quali sono gli argomenti a favore della tesiche sostiene che il Cardinale fu affiliato allamassoneria, e quali gli argomenti in contra-rio, per concludere poi con una severa con-danna di un certo spirito di diffamazione edenigrazione della Chiesa tutta che serpeg-gia, purtroppo, tra alcuni “tradizionalisti”,macchiando così il buon nome dei veri di-fensori della fede cattolica integrale controgli errori del modernismo.

Iniziamo così il nostro “processo”, ri-cordando di già come, in vita, il cardinalRampolla non fu mai giudicato dai tribuna-li della Chiesa (gli unici competenti, d’al-tronde, nei suoi confronti) per questa sua

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presunta affiliazione massonica; eppure sa-rebbe stato un dovere di chi avesse avutodei sospetti al proposito il denunciarloall’autorità ecclesiastica (can. 2336§2) perviolazione del can. 2335, che vieta sotto pe-na di scomunica l’iscrizione alla massone-ria, e per i chierici, aggiunge la pena dellasospensione e della privazione di ogni be-neficio, ufficio, dignità e pensione ecclesia-stica (can. 2336§1). In assenza di un giudi-zio ecclesiastico, e del tutto all’oscuro delgiudizio divino, cercheremo con gli argo-menti dello storico, che sono sempre e soloi documenti, di avvicinarci alla verità.

Primo argomento: il veto di esclusivadell’Imperatore durante il Conclave del1903 contro il Cardinal Rampolla

La parola all’accusa. “È opportuno ri-cordare che il Cardinal Rampolla era prati-camente eletto, ma che l’Imperatore d’Au-stria, conoscendo senza dubbio l’apparte-nenza del Segretario di Stato di Leone XIIIalle retro-logge, mise il suo veto. Questo ve-to assolutamente provvidenziale impedì aun supposito di Lucifero di salire sul TronoPontificio ed ebbe per benefico risultato difarvi salire un Santo” (Marchese de la Fran-querie, Saint Pie X, sauveur de l’Eglise et dela France, ed. Résiac, 1976, p. 3). “C. Heim-bichner ci precisa che fu Monsignor Jouinche fece decidere l’Imperatore d’Austria adusare del suo diritto di veto per neutralizza-re Rampolla, quando fu quasi certo che que-sto massone e satanista dell’O.T.O. stavaper essere eletto papa. Monsignor Jouin, cheaveva previsto la piega che avrebbe preso ilconclave, persuase allora l’Imperatore Fran-cesco Giuseppe d’Austria-Ungheria a invo-care il ‘diritto di esclusiva’, che risaliva alXVII secolo, clausola da tempo dimenticatadi un trattato tra Vienna e il Vaticano. Trat-tato che dava a Francesco Giuseppe il pote-re di veto sull’elezione di un papa. Fu così -grazie a Monsignor Jouin, il venerato prela-to ben al corrente delle manovre delle socie-tà segrete - che Rampolla fu messo da par-te!” (Felix Causas, in Sous la Bannière, cit.,pp. 8-9). “I massoni quindi, all’inizio delXX secolo, erano quasi riusciti ad avere ‘illoro papa’ a capo della Chiesa nella personadel cardinal Rampolla del Tindaro” (LesAmis du Christ-Roi, L’Eglise eclipsée, De-lacroix, 1997, p. 73).

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La parola alla difesa. È questo l’argo-mento più noto al pubblico in favoredell’affiliazione massonica di Rampolla, manon è né il più antico (Felix Lacointa, misembra, non ne fa cenno) né il più fondato.Anzi, è l’unico che si può dimostrare asso-lutamente falso. Incominciamo col far giu-stizia di alcuni particolari, assolutamenteerronei, di questa tesi. Dopo la morte diLeone XIII, avvenuta il 20 luglio 1903, i 62cardinali presenti a Roma si riunirono inconclave il 31 luglio seguente per eleggereil suo successore. Dopo sei scrutini, il 4 ago-sto fu eletto il cardinale Giuseppe Sarto,Patriarca di Venezia, che divenne così ilgrande San Pio X. Al primo scrutinio (1agosto), si delinearono immediatamente ledifferenti tendenze del Sacro Collegio. IlCardinal Rampolla, sostenuto dal voto una-nime dei cardinali francesi e spagnoli (insintonia, anche con gli auspici dei rispettivigoverni) ottenne 24 suffragi; il CardinalGotti, gradito piuttosto ai governi degli Im-peri centrali (Austria e Germania), ne ot-tenne 17; i voti dispersi tra altri candidatirisultarono 21, dei quali 5 per il cardinalSarto che poi sarà eletto; il quorum dei dueterzi dei voti era fissato a 42 voti. Quando,il mattino del 2 agosto 1903, all’inizio delterzo scrutinio, il cardinale Puzyna de Kol-zielsko, principe vescovo di Cracovia, di-chiarò in nome di “Sua Maestà Apostolical’Imperatore, Re d’Ungheria” l’esclusivacontro il cardinal Rampolla, quest’ultimoaveva ottenuto al secondo scrutinio solo 29voti, e si fermò a 30 (senza più andar oltre)dopo l’intervento del porporato polacco:ben lontano, quindi, dai 42 voti necessariper l’elezione. È quindi storicamente infon-data la tesi secondo la quale fu il vetodell’Austria ad impedire l’elezione di Ram-polla: essa non fu resa impossibile dal veto(i cardinali protestarono, anche ufficial-mente (20) contro l’inammissibile interfe-renza di un potere secolare sul conclave),ma dal fatto che Rampolla, semplicemente,non aveva, fin dall’inizio, i voti necessariper l’elezione. Il Veto imperiale, semmai,aveva rischiato paradossalmente di ottene-re l’effetto contrario! (21). In secondo luogo,è impossibile che Mons. Jouin abbia decisol’Imperatore a far uso (o meglio, abuso) delsuo “diritto” di veto contro il CardinalRampolla, secondo la versione di Wikipe-dia e di Causas, al seguito di Heimbichner.

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Non solo, infatti, è inverosimile che l’Impe-ratore Francesco Giuseppe si sia fatto con-vincere ad un passo così grave da un sem-plice parroco, per giunta di una nazionestraniera, qual’era Mons. Jouin, ma, soprat-tutto, perché nel 1903, quando si svolsero ifatti, Mons. Jouin non si occupava assoluta-mente di questioni massoniche. Sono pro-prio le Edizioni Saint-Rémy, vicinissime al-le associazioni CSI (Catholici semper idem)e Amici di Cristo Re che hanno avuto il me-rito di ripubblicare la vita di MonsignorJouin (1844-1932) scritta dal canonico Sau-vêtre. Fu solo all’età di 65 anni che coluiche fondò e diresse fino alla morte laR.I.S.S. (Revue internationale des SociétésSecrètes) iniziò a interessarsi al complottomassonico, in seguito ad un incontro conl’ex segretario del Grand’Oriente di rueCadet, Jean-Baptiste Bidagain (1870-1926)(22), colui che – nel contesto dell’affaire desfiches – fu all’origine della caduta del mini-stero Combes. L’incontro con Bidagain av-venne nel 1909 (23); la R.I.S.S. fu fondatanel 1912… troppo tardi per interferire nelConclave del 1903!

Quasi altrettanto inverosimile appare,agli occhi dello storico, lo zelo cattolico eantimassonico attribuito all’ImperatoreFrancesco Giuseppe. Questo non solo per-ché degli illustri suoi predecessori svolseroun ruolo importante nella massoneria (pen-siamo a Francesco duca di Lorena e maritodell’Imperatrice Maria Teresa) o in suo fa-vore (Giuseppe II e Leopoldo II, forsemassone), ma in quanto lo stesso FrancescoGiuseppe era ben lungi, purtroppo, dall’in-carnare l’ideale del principe cristiano (lesperanze dei cattolici integrali andavanopiuttosto al suo erede, l’arciduca FrancescoFerdinando, che non per niente fu assassi-

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nato a Sarajevo dalla setta, e che intratte-neva con l’Imperatore pessimi rapporti)(24). La politica ecclesiastica di FrancescoGiuseppe, infatti, fu positiva tra il 1850 e il1855 (data del concordato stretto con laSanta Sede), quando eliminò la legislazionegiuseppinista dell’Austria; ma, soprattuttodopo la sconfitta del 1866, sotto il governodel protestante Beust, l’Austria promulgòtutta una serie di leggi anticattoliche chesfociarono nella denuncia unilaterale delconcordato, il 30 luglio 1870, in avversionealla proclamazione del dogma dell’infallibi-lità pontificia. Fu così che mentre dal mon-do intero dei volontari accorrevano per ladifesa di Roma e del Papa, il governo au-striaco non mosse un dito in difesa di PioIX, e minacciò addirittura uno scisma. Conla “Triplice Alleanza”, l’Austria-Ungheriasi legava in una alleanza militare con laGermania e l’Italia, due potenze che pro-prio in quegli anni si opponevano vivace-mente al Papato, isolando così diplomatica-mente la Santa Sede. A proposito della“giudeo-massoneria” (per utilizzarel’espressione cara a Mons. Jouin), France-sco Giuseppe avversò strenuamente la poli-tica antigiudaica del borgomastro di Vien-na, il cristiano-sociale Karl Lueger, e il go-verno austriaco non diede alcun particolareappoggio al Congresso antimassonico del1896, che tuttavia si svolgeva in terra alloraimperiale, a Trento (25). Al contrario, nelbreve periodo di tempo che va dal 1896 al1898, la Segreteria di Stato (quindi Ram-polla) emetteva ben 41 documenti contro la“sètta nefasta” della massoneria! (26).

Mons. Jouin non poté quindi parlare aFrancesco Giuseppe del massonismo diRampolla, né Francesco Giuseppe avevamotivo di ostacolare Rampolla per questomotivo… Ma gli argomenti contro la ver-sione dell’accusa sono ancora più solidi. Seil cardinal Puzyna avesse fatto il pur mini-mo cenno, a tutto il Sacro Collegio o anchesolo a qualche Cardinale, del fatto cheRampolla fosse stato massone, come spie-garsi l’indignazione di tutti i cardinali perl’intervento austriaco, visto come un graveattentato alla libertà della Chiesa? Comespiegare il fatto che egli ottenne ancora nu-merosi voti fino all’ultimo scrutinio? Comespiegare il fatto che tra gli elettori più con-vinti di Rampolla ci sia stato un cardinaleche sarà, sotto il pontificato di San Pio X

L’ArciducaFrancescoFerdinandod’Asburgo con lasua famiglia

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uno dei più acerrimi sostenitori della politi-ca antimodernista del Papa, il CardinaleVives y Tuto (27)? Come spiegare che il car-dinal Sarto stesso abbia verosimilmentesempre votato, a tutti gli scrutini, per il car-dinal Rampolla (28)? Di più: come spiegarsila reazione dello stesso cardinal Sarto, di-venuto San Pio X, il quale, tra i primi attidopo l’elezione, non impose il giuramentoantimodernista (come scrive Causas), chedata dal 1910 e nulla ha a che vedere col ca-so-Rampolla, ma condannò invece solenne-mente il Veto di esclusiva? Sì, perché pochimesi dopo il conclave, il 20 gennaio 1904,San Pio X promulgò la costituzione aposto-lica Commissum nobis che trascrivo inte-gralmente:

“Il compito di governare tutta la Chiesa,così come è stato disposto da Dio, Ci am-monisce severamente ad adoperarCi con tut-te le forze affinché, a seguito di un potereestraneo, non venga pregiudicata in qualchemodo quella libertà che Cristo le concessequale patrimonio comune, e che tanti araldidel Vangelo, tanti santissimi sacerdoti, tantiillustri Nostri Predecessori difesero con laparola, con gli scritti, ed anche con spargi-mento di sangue. Sollecitati dal loro esem-pio e dalla loro autorità, non appena salim-mo, ancorché inadeguati, a questa Cattedradi Pietro, ritenemmo fosse primario scopodel Nostro ufficio Apostolico far sì che la vi-ta della Chiesa potesse esprimersi in modocompletamente libero, rimossa qualsiasi in-terferenza esterna, così come la volle il divi-no Fondatore e lo richiede assolutamente lasua suprema missione. Ora, se nella vita del-la Chiesa qualche situazione esige al massi-mo grado la libertà, senza dubbio deve esse-re considerata quella che si riferisce all’ele-zione del Romano Pontefice, in quanto, ‘al-lorché si decide del Capo, non si tratta diuna sola parte, ma di tutto il corpo’ (Grego-rio XV, Aeterni Patris). A questa piena li-bertà nell’elezione del Supremo Pastore sioppone specialmente quel Veto politico, ma-nifestato non una sola volta dai supremi reg-gitori di diverse nazioni, con il quale si tentadi precludere a qualcuno l’accesso al Supre-mo Pontificato. Se ciò qualche volta è acca-duto, tuttavia alla Sede Apostolica non èmai risultato gradito. Ché anzi i RomaniPontefici, a ciò che stabilirono a propositodei futuri Conclavi, si sforzarono con unaconvinzione ed un impegno fuori dal comu-

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ne per respingere l’intervento di qualsiasipotere esterno alla sacra Assemblea dei Car-dinali convocata per eleggere il Pontefice.Questo attestano le Costituzioni ‘In eligen-dis’ di Pio IV; ‘Aeterni Patris’ di GregorioXV; ‘Apostolatus officium’ di Clemente XII,e particolarmente ‘In hac sublimi’, ‘Licet perApostolicas’ e ‘Consultari’ di Pio IX. In ve-rità, come poi l’esperienza avrebbe insegna-to, le disposizioni fino allora stabilite perimpedire il politico Veto o l’Esclusiva noncorrisposero alle speranze e, per le mutatecircostanze dei tempi, questa intromissione èapparsa nella nostra epoca ancor più desti-tuita di qualsiasi fondamento di ragione e diequità. Pertanto, Noi, secondo l’ufficio Apo-stolico affidatoCi, seguendo le orme dei No-stri Predecessori, dopo matura riflessione,con certa scienza e con propria decisionecondanniamo radicalmente il politico Vetoossia l’Esclusiva (come lo chiamano), anchesotto forma di semplice desiderio, e pari-menti tutti gli interventi e qualsiasi media-zione, e stabiliamo che non sia lecito a nes-suno, neppure ai supremi reggitori degli Sta-ti, frapporsi o intromettersi con qualsiasipretesto nella solenne operazione della ele-zione del Romano Pontefice. Pertanto, innome della santa obbedienza, sotto la mi-naccia del giudizio divino e della pena dellascomunica latae sententiae riservata specialimodo al futuro Pontefice, proibiamo a tuttie singoli Cardinali di Santa Romana Chiesae a tutti gli altri che partecipano al Conclave,di ricevere l’incarico, sotto qualsiasi prete-sto, da parte di qualsiasi potere politico, difar conoscere il Veto ossia l’Esclusiva, an-che sotto forma di semplice desiderio, e dirivelare lo stesso Veto, di cui sia venuto aconoscenza per qualsiasi ragione, sia a tuttoil Collegio dei Cardinali riunito, sia ai singo-li Padri porporati; sia per iscritto sia a voce,sia direttamente e da vicino, sia indiretta-mente e tramite altri. Vogliamo che questodivieto sia esteso a tutte le citate mediazioni,intercessioni e a tutte le altre modalità attra-verso le quali i poteri laici di qualsiasi gradoed ordine avranno voluto immischiarsinell’elezione del Pontefice. Infine esortiamocaldamente i Cardinali di santa RomanaChiesa con le stesse parole dei Nostri Prede-cessori: in sede di elezione del Pontefice, ‘as-solutamente incuranti delle intercessioni edelle altre considerazioni dei Principi laici(Pio IV, In eligendis; Clemente XII, Aposto-

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latus officium) tenendo unicamente presentela gloria di Dio ed il bene della Chiesa,esprimano i propri voti a favore di colui chepiù degli altri hanno ritenuto, nel Signore,idoneo a governare fruttuosamente e van-taggiosamente la Chiesa universale. Voglia-mo inoltre che questa Nostra Lettera, unita-mente ad altre Costituzioni dello stesso ar-gomento, sia letta alla presenza di tutti nellaprima abituale Congregazione che si tienedopo la morte del Pontefice; di nuovo dopol’ingresso in Conclave e parimenti, se qual-cuno sarà eletto all’onore della porpora, do-po il giuramento di custodire scrupolosa-mente le norme che sono decretate nella pre-sente Costituzione. Ciò, nonostante possaessere contrario chicchessia, ancorché inve-stito di speciale o specialissima dignità. Anessuno, dunque, sia lecito violare o con te-merario ardimento contraddire questa pagi-na del Nostro divieto, ordine, dichiarazione,vincolo, volontà, ammonizione, esortazione,comando. Se poi qualcuno volesse contra-stare ciò, sappia che incorrerà nello sdegnodi Dio Onnipotente e dei suoi Santi ApostoliPietro e Paolo. Dato a Roma, presso sanPietro, il 20 gennaio dell’anno dell’Incarna-zione del Signore 1904, anno primo del No-stro Pontificato” (29).

Dopo aver letto un simile documento,come si può anche solo lontanamente ipo-tizzare che Francesco Giuseppe ed il cardi-nal Puzyna abbiano agito nell’interesse del-la Chiesa? E come si può offendere Mons.Jouin, al punto di attribuirgli una complici-tà con un’aperta violazione dei diritti e del-la libertà della Chiesa?

Obiezione dell’accusa. Come spiegareallora l’intervento del cardinal Puzyna, ed ilVeto d’Esclusiva dell’Austria contro il Car-dinal Rampolla? Un simile grave interven-to non si giustifica forse solamente nel casodi una rivelazione così importante comequella dell’affiliazione del Rampolla allamassoneria?

Risposta della difesa. Abbiamo già visto– citando le parole di San Pio X – come ilVeto d’esclusiva fosse un abuso, e non ilfrutto di un trattato (mai esistito) tra laSanta Sede e l’Austria. Un abuso corrente,però, e tutt’altro che eccezionale, dovutosempre a motivi politici. Vediamo alcuniesempi nella storia (30). Il Cardinale Gian-pietro Carafa ricevette ben tre volte l’esclu-siva da Carlo V, imperatore, ma alla terza

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non se ne tenne conto e fu eletto col nomedi Paolo IV (1555). Il cardinale Aldobran-dini per tre volte ricevette l’esclusiva dallaSpagna, e al quarto conclave divenne PapaClemente VIII (1592). Il Cardinale Pam-phili ebbe l’esclusiva dal Re di Francia Lui-gi XIV, e tuttavia divenne Papa InnocenzoX (1644). Il Cardinal Chigi aveva avutol’esclusiva dalla Francia nel conclave del1665 (altri due cardinali in quel conclavefurono esclusi, uno dalla Spagna e uno dal-la Francia), e fu eletto come Papa Alessan-dro VII. In altri casi l’esclusiva impedì ef-fettivamente l’elezione di un cardinale: ilcardinal Paolucci fu escluso dalla Francia, evenne eletto Innocenzo XIII; il CardinalCavalchini fu escluso dalla Francia, e venneeletto Clemente XIII; il Cardinal Bellisomifu escluso dall’Austria, fu eletto Pio VII; ilCardinal Severoli fu escluso dall’Austria, efu eletto Leone XII; il Cardinal Giustinianifu escluso dalla Spagna, e fu eletto Grego-rio XVI; il cardinal Gaysruck non fece atempo a giungere in conclave per portare ilveto dell’Austria al cardinal Mastai, che sa-

Copertina della Rivista Antimassonica, riguardante ilcongresso Antimassonico internazionale di Trento 1896

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rà Pio IX… Come si vede il veto d’esclusivaera sì un abuso, ma purtroppo ricorrentequasi in ogni conclave, e non certo perchél’escluso fosse in odore di massoneria: il ca-so del cardinal Rampolla non sembra esse-re diverso da quello di tanti altri illustriesclusi prima di lui per motivi prettamentepolitici.

Il motivo dell’esclusione del Rampolla,infatti, è chiaramente da ricercarsi nell’indi-rizzo politico che egli, in quanto Segretariodi Stato di Leone XIII, diede alla diploma-zia vaticana. L’attitudine intransigente diLeone XIII e del card. Rampolla sulla que-stione romana (intransigenza aumentataproprio con l’avvento di Rampolla alla Se-greteria di Stato nel 1887 e il suo dissidiocon lo statista – massone – Crispi) oppone-va la Santa Sede al governo italiano, cheaveva usurpato Roma e lo Stato della Chie-sa. La Triplice Alleanza stretta nel 1882 traGermania, Italia e Austria-Ungheria, isola-va pertanto il Vaticano, che necessariamen-te tendeva ad appoggiare la duplice allean-za tra Francia e Russia. Da qui, tra l’altro, iltentativo (fallito) di un accomodamento colgoverno francese (il famoso Ralliement allaRepubblica del 1890) e i rapporti difficilicon l’Austria nelle zone d’influenza russacome la Polonia (a quei tempi spartita traRussia, Austria e Germania) e i Balcani(31). Emile Poulat vede la causa del Vetonelle complesse questioni polacche (e po-lacco era, difatti, il card. Puzyna): “è oggiammesso che, durante il conclave in cui fueletto Pio X, il veto apposto a Rampolladall’imperatore d’Austria veniva dai vescovipolacchi (cf Mons. Walerian Meysztowicz,che gliene fa attestato d’onore, La Polognedans la chrétienté, Paris, Nouvelles EditionsLatines, 1966, pp. 136-139)…”; il nazionali-smo misticheggiante dei polacchi non sop-portava la politica della Santa Sede verso laRussia e si appoggiava, contro l’Impero za-rista, sull’Austria (32). Da alcuni fu afferma-to che in realtà, con il Veto, l’Austria inten-deva rendere un servizio alla Germania(così pensava il card. Mathieu) o piuttostoall’Italia, che temeva la politica intransigen-te del vecchio Segretario di Stato (33); maBenedetto XV, che di Rampolla era comeun figlio spirituale, ebbe a dire a FilippoCrispolti che il veto era invece “tutta farinaaustriaca”: “esplicitamente mi disse [l’Au-stria] aver fatto colpa al cardinale [Rampol-

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la] d’aver eccitato troppo lo spirito slavo(…). Altra colpa gli fece di non aver richia-mato subito il nunzio Agliardi dopo paroleche questi avrebbe detto a Budapest (…).Ma fin da quando l’ambasciatore Reverterapresso la Santa Sede, per riavvicinare la so-cietà nera [papalina] e la bianca [filo-italia-na] fece trovare di sorpresa, a pranzo, collamancanza di tatto in lui proverbiale, il Car-dinal Rampolla e l’ambasciatore inglesepresso il Quirinale (34), del che il Cardinalegiustamente si dolse, il Revertera alimentò inAustria uno spirito di ripicca contro dilui…” (35). I documenti diplomatici francesiconfermano le parole di Benedetto XV aCrispolti, a proposito dell’appoggio datodal Cardinal Rampolla alle aspirazioni indi-pendentiste degli slavi cattolici (36), croati esloveni. Anche per Adrien Loubier (Bon-net de Viller), che pure crede fermamenteal massonismo di Rampolla (p. 93), la que-stione slava è la vera causa del veto austria-co contro di lui (37). Insomma, se i motividel Veto contro Rampolla possono esserestati diversi (e convergenti), essi sembranotutti d’ordine politico; una presunta affilia-zione massonica del Cardinale come moti-vo del Veto è invece da escludere, datoquanto scritto precedentemente.

Ulteriore argomento della difesa. Unultimo argomento a conferma: San Pio Xlasciò al cardinal Rampolla la presidenzadella Pontificia Commissione Biblica (ilcardinale si dimise dall’incarico nel 1908)dopo di che, nel 1908 appunto, fu nominatoSegretario del Sant’Uffizio, segretario dellaS.C. per i Vescovi, nonché ad altri incarichidi Curia (nel 1910); è impossibile pensareche San Pio X abbia potuto nominare a taliuffici della Curia romana un prelato cono-sciuto come massone.

Secondo e terzo argomento: le testimonian-ze di un prete e di un Vescovo francesi, rac-colte da Félix Lacointa

L’accusa. Presentiamo innanzi tutto ilteste d’accusa. Si tratta di Felix Lacointa.Nato a Tolosa nel 1870, Lacointa è stato unvaloroso giornalista cattolico integrale (38),amico di quel sacerdote Emmanuel Barbier,direttore de La critique du Libéralisme, ilquale ricevette da San Pio X encomi ed in-coraggiamenti ben meritati. Dal 1902 al1927, Lacointa diresse Le bloc catholique,

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che nel 1927 prese (dovette prendere, ve-dremo perché) il nome di Le bloc antirévo-lutionnaire. È proprio questo periodico che,nel 1929, pubblicò le notizie che costituisco-no il secondo e terzo argomento d’accusacontro il cardinal Rampolla. Nel numero difebbraio Lacointa riferisce di un incontroche ebbe col Vescovo di Montauban, Mons.Marty. In quest’occasione, il prelato france-se gli disse: “in occasione della visita ad limi-na che fece a Roma, qualche tempo dopo lamorte del’ex Segretario di Stato di LeoneXIII, fu chiamato da un cardinale – poiché èancora vivo non ne faremo il nome per evi-targli delle noie – che gli raccontò con nume-rosi dettagli che alla morte del cardinal Ram-polla si scoprì tra le sue carte la prova for-male del suo tradimento. Questi documentischiaccianti furono portati a Pio X: il santoPontefice ne fu terrorizzato ma, per preser-vare dal disonore la memoria del cardinalefellone e per evitare uno scandalo, disse, pro-fondamente turbato: ‘Disgraziato! Brucia-te!…’ E le carte furono gettate al fuoco insua presenza” (39). Nel numero di giugno-lu-glio della stessa rivista, Lacointa pubblicauna nuova testimonianza, questa volta di unsacerdote francese del quale non vennepubblicato il nome. Detto sacerdote scrissea Lacointa per raccontare di una visita cheegli fece nel 1907 all’abbazia di Einsiedeln,assieme ad altri 30 sacerdoti francesi. Dadue mesi il cardinale villeggiava a Einsie-deln, ed i sacerdoti chiesero di essere rice-vuti. “Ci parlò dell’eroismo sublime dei sa-cerdoti francesi vittime della Separazione[tra Stato e Chiesa] sembrando dirci che senon fosse stato allontanato dalla Cattedra diPietro non saremmo caduti in questa terribi-le situazione dovuta a Pio X. Colpito dallasua aria da gran signore volli scrivere un li-bretto che raccontasse tutti i dettagli di questavisita. Chiesi ad un libraio cattolico se avessipotuto ottenere una breve prefazionedall’Eminentissimo per il mio opuscolo.Quale non fu il mio stupore nel sentirmi ri-spondere a bruciapelo: ‘Inutile! Non ne valela pena: ogni quindici giorni va alla loggia diZurigo!’ Considerai la battuta come un attodi rancore del libraio e abbandonai il mioprogetto di un opuscolo. Questa parola m’ètornata in mente dopo le voci che corrono suvari organi di stampa a proposito del cardi-nale, e ve la riferisco per quel che vale. F.A.,sacerdote” (40).

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La difesa. Le due testimonianze sono, aprima vista, impressionanti. Sono anche de-cisive? Vedremo in seguito cosa pensaredell’autorità in materia di Felix Lacointa,che, in fondo, è la sola fonte diretta di que-sti due racconti (non sappiamo se, ad esem-pio, Mons. Marty abbia mai pubblicamenteconfermato quanto Lacointa gli attribui-sce). Si tratta però, appunto, non di testi-monianze dirette, ma de relato: vengono ri-ferite cose dette da altri, e questo molti an-ni dopo i fatti (gli articoli sono del 1929, ifatti risalirebbero al 1907 e a dopo il 1913,data della morte di Rampolla). La testimo-nianza del sacerdote anonimo non ha certogran valore, giacché non sappiamo nulla sulmisterioso libraio in questione. Più serio ilracconto “vaticano” che risalirebbe ad uncardinale [anonimo per Lacointa, Merrydel Val per Franquerie, il quale Merry delVal fu consacrato vescovo proprio da Ram-polla] tramite la testimonianza di un Vesco-vo. Vediamo però, dalle parole stesse di unPapa, come possano facilmente essere de-formate delle confidenze fatte in tutti gliambienti, non esclusi quelli vaticani. Du-rante la prima guerra mondiale, BenedettoXV accettò di farsi intervistare da un gior-nalista francese, tal Latapie, del quotidianoLa Liberté. Dall’intervista (che pur era sta-ta effettivamente concessa) risultavano del-le dichiarazioni del Papa che, specie in unclima di guerra, parvero gravissime, inquanto favorevoli alle potenze degli Impericentrali (Austria e Germania). Lo scandaloin Francia e altrove fu enorme. BenedettoXV scrisse allora, l’11 luglio 1915, al card.Amette, arcivescovo di Parigi (che il 25 giu-gno aveva riferito al Sommo Pontefice del-la “dolorosa emozione” causata in Franciadall’intervista a La Liberté): “Voi sapeteche rifiutiamo ogni autorità al signor Lata-pie il quale non ha riprodotto, nel suo arti-colo, né il Nostro pensiero né la Nostra pa-rola, e che ha voluto pubblicarlo senza alcu-na revisione o autorizzazione da Nostraparte, malgrado la promessa fattane. Del re-sto, non ha potuto sfuggire alla vostra per-spicacia che il Nostro autentico pensiero de-ve essere cercato negli atti pubblici e ufficialidella Sede apostolica, e non da racconti orapporti privati di incontri avuti con Noi; lapassione politica o i pregiudizi individualifanno spesso interpretare le parole ascoltateche, in seguito, passando di bocca in bocca,

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prendono proporzioni fantastiche” (41). IlMarchese Crispolti, intimo amico di Bene-detto XV e che fu ricevuto in udienza subi-to dopo il giornalista Latapie, narra comele parole del Papa poterono, anche in buo-na fede, essere deformate, sottolineando al-cune confidenze fattegli, ed omettendo del-le precisazioni che cambiavano il senso diquanto detto (42). Le confidenze che dal Va-ticano raggiunsero il giornalista Lacointanon direttamente ma indirettamente, nonpossono essere state deformate come lo fu-rono le parole che Benedetto XV riferì di-rettamente al giornalista Latapie?

Una conferma di quanto detto viene daldocumento riservato scritto da Mons. Um-berto Benigni, fondatore del SodalitiumPianum, l’associazione anti-modernista tan-te volte benedetta da San Pio X, all’appros-simarsi del Conclave dal quale, nel 1914,uscirà eletto proprio Benedetto XV. Mons.Benigni stese la lista di tutti i cardinali cheavrebbero potuto prendere parte al concla-ve (la salute di San Pio X declinava quandola lista fu redatta il 27 agosto 1913) e perciascuno diede un giudizio senza peli sullalingua, in perfetto stile Benigni. Giunto alcardinal Rampolla, che evidentemente nongodeva della simpatia del nostro Monsigno-re, scrisse: “uomo superiore, spirito pieno diillusioni, sognatore, il Jules Verne della poli-tica ecclesiastica, il Crispi del governo papa-le, megalomane” (43). Non si tratta certo dicomplimenti! Eppure Mons. Benigni consi-derava probabile l’elezione di Rampolla, ilquale invece morì nel dicembre seguente,prima di San Pio X. Non una parola, però,di un’affiliazione massonica del cardinale…Eppure Mons. Benigni, esperto nemico del-la massoneria, aveva lavorato a lungo in Se-greteria di Stato, conosceva i segreti dellaCuria, aveva a sua disposizione, come si sa,una struttura di… “spionaggio” dei nemiciinterni (modernisti, democristiani) ed ester-ni (giudei, massoni, comunisti) della Chiesa.Se veramente ci fossero stati non dico cer-tezze ma anche solo voci di un tradimento,non ne sarebbe stato forse al corrente? Tan-to più che, nella medesima lista, non temedi porre al fianco del nome del CardinalAgliardi i fatidici “tre puntini” seguiti da unpunto interrogativo, indice di un sospetto diaffiliazione massonica per quel cardinaleche effettivamente fu un importante e auto-revole protettore dei modernisti (44). Mons.

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Benigni sospettò di Agliardi, dunque, nondi Rampolla; né, dopo la morte di Rampol-la, fece mai cenno all’episodio raccontatodal Lacointa o a fatti simili… E certamenteMons. Benigni non era tipo da nascondereo bruciare documenti che avrebbero dimo-strato l’affiliazione massonica di un prelatoo anche di un cardinale (tanto più se il car-dinale in questione era venerato come unmaestro da coloro che decretarono la finedel suo Sodalitium pianum, ovvero Bene-detto XV e il cardinal Gasparri)!

Quarto argomento: la rivista The Equinoxdimostrerebbe come Rampolla facesse partedell’Ordo Templi Orientis (O.T.O.) del ma-go Aleister Crowley (la “Gran Bestia 666”)

L’accusa. L’accusa è stata pubblicatainizialmente da due riviste antimassoniche:La Libre parole (1 luglio 1929) (45) e Lebloc antirévolutionnaire (giugno-luglio1929) (non so esattamente quale delle dueriviste ha avuto la precedenza sull’altra, an-che se, come abbiamo visto, Le Bloc avevagià iniziato la sua campagna con un primoarticolo nel febbraio 1929). Entrambe lepubblicazioni fanno riferimento ad una ri-vista, The Equinox , organo ufficialedell’Ordo Templi Orientis, allora pubblica-ta a Detroit, negli Stati Uniti (46). Il numerodi marzo 1919 (pervenuto nelle mani deiredattori delle due riviste antimassonichefrancesi solo dieci anni dopo, quindi, nel1929), pubblica alla p. 199 “una lista deiprincipali affiliati che l’hanno illustrata piùrecentemente”. Questa lista, che “fa partedel Manifesto ufficiale dell’O.T.O. firmatoda L. Bathurst, IX, gran segretario genera-le” include 14 nomi, uno dei quali è quellodel “Cardinal Rampolla”. “La nostra accu-sa – conclude Félix Lacointa, direttore delBloc antirévolutionnaire – è quindi giustifi-cata: il Segretario di Stato di Leone XIII hafatto parte di una delle più alte Logge cono-sciute”. “Nel contesto della testimonianzadel grande Pio X e di quella dell’umile pelle-grino di Einsiedeln, il nome scopertonell’annuario di The Equinox costituisceuna prova decisiva: ho il diritto di affermareche il Segretario di Stato di Leone XIII ap-parteneva effettivamente a una delle loggedella Setta” (47). In un articolo successivo diLe Bloc antirévolutionnaire (anno 1931) in-titolato Le F.˙. Rampolla (suite) Félix La-

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cointa risponde alle prime obiezioni solle-vate dai suoi articoli contro il cardinalRampolla, parla del ruolo nell’O.T.O. diAleister Crowley “famigerato capo dei mas-soni adoratori di Satana” (p. 38) e precisache la lista di nomi che comprendeva quel-lo del cardinal Rampolla tra gli affiliatidell’O.T.O. più illustri, era una lista “deinomi degli affiliati morti negli ultimi cinqueanni che separano un volume da quello suc-cessivo” (p. 40). I riferimenti precisi e det-tagliati al volume dell’O.T.O. dati dalle dueriviste antimassoniche, il carattere riservatose non segreto della rivista The Equinox, lacategorica affermazione del Manifestodell’Ordine del 1917 pubblicato da TheEquinox nel 1919, dimostrano che Rampol-la era non solo massone, ma satanista.

La difesa. Anche se – a mia conoscenza– gli attuali sostenitori dell’affiliazione mas-sonica di Rampolla non sono in possessodel volume di The Equinox (e sarebbe co-munque interessante consultarlo; nel fondoGiantulli-Vannoni di Verrua Savoia ho perora reperito solo il volume I, n. VII, annoVIII, del marzo 1912, allora stampato aLondra) non si possono avere dubbi sul fat-to che i redattori di La libre parole e Le

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Bloc antirévolutionnaire l’abbiano consulta-to e copiato, come essi stessi affermano;d’altra parte la rivista The Equinox, comerivista dell’O.T.O. (e dell’A.A.) è certa-mente esistita. Anche la R.I.S.S. (n. 5, 1maggio 1929, partie occultiste, pp. 137-145)pubblicò integralmente il Manifestodell’O.T.O. e la lista degli “adepti”. Per dipiù, oggi chiunque può leggere il famoso“Manifesto” su internet, ad esempio aquest’indirizzo: http://lib.oto-usa/libri/liber0052.html; in questo testo, che è consi-derato il “Liber LII” delle opere di Cro-wley, viene data la famosa lista di celebriappartenenti all’O.T.O., nella quale compa-re effettivamente il nome del CardinalRampolla. Detto ciò, Félix Lacointa, e glialtri che con lui e dopo di lui hanno datopieno credito alle affermazioni di The Equi-nox, avrebbero dovuto essere un poco piùprudenti, e meglio esercitare il loro spiritocritico. Questo non solo perché non sareb-be il primo caso nel quale una rivista mas-sonica, anche se ad uso solo interno [per laverità The Equinox era in pubblica vendita]attribuisce a delle personalità cattolicheun’affiliazione massonica inesistente (ab-biamo visto i casi dei Papi Benedetto XIV ePio IX). Questo appunto è già stato solleva-to dallo stesso Henri Coston: “Cosa c’è divero in questa storia? È indiscutibile che ildocumento citato esisteva. Félix Lacointa e iredattori della Libre parole l’avevano avutoper le mani. Si trattava di un piccolo quader-no [per Lacointa un volume di almeno 199pagine… ed il numero in nostro possesso neha più di 400!] stampato, con la firma delGran Segretario Generale Bathurst. Erasemplicemente una bufala? (…) [Crowley]aveva incontrato – come si diceva – Rampol-la? Avrebbe quindi, in quest’occasione, se-dotto il futuro cardinale fino al punto di far-gli dimenticare i suoi doveri verso la Chiesa?Oppure l’aveva iscritto d’ufficio nella listadei fondatori dell’O.T.O. senza avvisarlo? Oancora, semplice mitomane, aveva posto neldocumento il nome di un celebre dignitariodella Chiesa per convincere altre personalitàreligiose o laiche a far parte della sua socie-tà? È impossibile dirlo” (48). Ancora unavolta Henri Coston, che pure si fa eco diuna notizia diffusa a suo tempo da un quoti-diano di cui diventerà il direttore (La Libreparole) è lungi dall’avere le certezze delbuon Lacointa. Ma questo dubbio un po’

Una copertina di The Equinox, la rivista di AleisterCrowley che pubblicò il nome del cardinal Rampolla

tra quelli dei membri dell'O.T.O.

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generico aumenta ancora se si esamina davicino il testo dell’O.T.O. così come fu pub-blicato da Lacointa. Esso, infatti, presentainsuperabili incoerenze che rendono inat-tendibile la fonte.

Lacointa, infatti, scrive che quella listadi 14 nomi, inclusa nel Manifestodell’O.T.O. del 1917 pubblicato da TheEquinox nel 1919, contiene i nomi di illustripersonalità appartenenti all’O.T.O. e mortenegli ultimi cinque anni. Questi dati (ap-partenenza all’O.T.O.; morte negli ultimicinque anni) sono assolutamente impossibi-li per un buon numero delle 14 personalitàcitate. La fonte, ovvero The Equinox, èquindi, salvo meliore judicio, del tutto inat-tendibile.

Prima di dimostrarlo, diamo la lista deinomi così come la riporta Lacointa, citatoda Sous la bannière (p. 7):

Tutti questi personaggi sarebbero statimembri dell’O.T.O. e morti, secondo La-cointa, nei cinque anni precedenti il 1917 o1919 (quindi tra il 1912/14 e il 1917/19). Perverificare l’esattezza di questi dati sarà suf-ficiente allora controllare le date di mortedelle 14 personalità in questione, nonché ladata di fondazione dell’O.T.O.

Iniziamo da quest’ultimo punto. È evi-dente che nessuno può essere stato mem-bro dell’O.T.O. se è morto prima della fon-dazione di questa setta occultista. Ora, èammesso dalle fonti stesse dell’O.T.O. (49),che l’Ordine fu fondato, sulla carta, dall’in-dustriale austriaco Carl Kellner (1850-1905) nel 1896, ma che in realtà l’Ordinemassonico-templare fu presentato come ta-le solo nel 1904 ed iniziò a funzionare effet-tivamente solo tra il dicembre 1905 e il gen-naio del 1906 per opera del massone e teo-sofo tedesco Theodor Reuss (1855-1923).Edward ‘Aleister’ Crowley (1875-1947), la“Gran Bestia 666” entrò a farne parte soloverso il 1911-1912, e pur non essendone sta-to il fondatore ne divenne ben presto il

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principale esponente. In pratica, i membridell’Ordine si consacravano alla magia ses-suale. All’O.T.O. corrispondeva anche unastruttura “religiosa” fondata dalle stessepersone, la “Chiesa gnostica cattolica”, nelcui seno era ed è celebrata una “messa”oscena nella quale si trova un “Canone”con un elenco di personaggi particolarmen-te “venerabili”, elenco che ha una strettaattinenza alla lista dei 14 nomi riportata daLacointa; ci ritorneremo. Nella lista delleopere di Crowley, la “messa gnostica” è de-signata come il “Liber XV”, e si trovaanch’essa su internet (in barba al segretoiniziatico!) all’indirizzo: www.hermetic.com/sabazius/gmnotes.html

Affinché i 14 personaggi della lista fos-sero tutti effettivamente membridell’O.T.O., è necessario che fossero anco-ra viventi nel 1904, o almeno nel 1895. Ora,questo è assolutamente impossibile perGoethe, che era in effetti massone, ma chemorì nel 1832; per Nietzsche, feroce anticri-stiano, ma che impazzì nel 1889 (e morì nel1900); per Sir Richard Payne Knight, chemorì nel 1824; per Sir Richard F. Burton,celebre esploratore, morto nel 1890; perHargrave Jennigs, morto anch’egli nel1890, occultista; per Richard Wagner, il ce-lebre musicista, deceduto nel 1883; per ilmago occultista Eliphas Levi, pseudonimodell’ex abbé Alphonse-Louis Constant, de-ceduto nel 1875; per il folle Re Luigi II diBaviera, il protettore di Wagner, che si sui-cidò nel 1886. Erano invece membridell’O.T.O., tra i nomi della lista, Carl Kell-ner († 1905), che come abbiamo visto ne ful’ideatore o il pioniere; Franz Hartmann(1838-1912); Papus (il dott. Gérard Encaus-se) (1865-1916). Forlong Dux (ovvero Ja-mes George Roche Forlong), essendo mor-to nel 1904, avrebbe potuto, in teoria, farparte dell’O.T.O., come Rampolla (decedu-to nel 1913); di von Fischer i membri stessidell’O.T.O. attuale non conoscono con cer-tezza l’identità. Certo, il fatto che Rampol-la sia inserito in questa lista di membridell’O.T.O. non può provare nulla, giacchéalmeno 8 membri della lista non potevanofarne parte! Ma qual è allora, se c’è, il sen-so di questa lista? Non certo quello di affi-liati dell’O.T.O. (abbiamo visto che ciò èimpossibile per molti di essi) e neppure diaffiliati morti nei cinque anni precedenti lapubblicazione della lista (tra i veri membri

GoetheSir Richard Payne

KnigtSir Richard F. BurtonForlong DuxIl re Luigi di BavieraRichard WagnerL. Von Fischer

Fréderic NietzscheHargrave JenningsKarl KellnerEliphas LeviFranz HartmannCardinal RampollaPapus (Dr. Encaus-

se).

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dell’O.T.O. dovremmo depennare Kellnermorto nel 1905, e Forlong, deceduto nel1904). Il testo del Manifesto dell’O.T.O.,che Lacointa (e quindi Sous la bannière) hariprodotto solo parzialmente, ci dà un ini-zio di spiegazione. Dopo aver preteso chel’O.T.O. include ben 18 società iniziatiche(tra le quali i Cavalieri di Malta e quelli delSanto Sepolcro) (punto n. 1 del Manifesto),Crowley presenta (punto n. 2 del Manife-sto) una doppia lista di membri, a suo dire,dell’O.T.O.: una prima, di quanti – nel pas-sato più remoto – costituirono le assembleedell’O.T.O. (“In more remote times, theconstituent originating assemblies of theO.T.O. included such men as: e segue unalista di 54 nomi) e poi un’altra, quella chegià conosciamo e composta di 14 nomi, in-cluso Rampolla, di coloro che hanno illu-strato “recently” l’associazione esoterica.Abbiamo già visto come otto di questi per-sonaggi non possano essere consideratimembri dell’O.T.O., per una semplice ra-gione anagrafica. Il problema è però risoltose, massonicamente, si considera chel’O.T.O. non è nato nel 1906, ma nella not-te dei tempi. È quello che vuol far credereCrowley, giacché i “fondatori dell’OTO” (i54 della prima lista), sono i seguenti perso-naggi: Fohi, Laotze, Siddartha [il Budda],Krishna, Tahuti, Ankh-f-khonsu, Herakles[Ercole], Orpheus, Vergilius [il poeta Virgi-lio], Catullo, Marziale, Apollonio di Tiana[un pitagorico], Simon Mago, Mani, Basili-de, Valentino, Bardesanes, King Wu, Chri-stian Rosenkreutz [il mitico ‘antenato’ deiRosacroce], Ulrich von Hutten, Paracelso,

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Michael Maier, Jakob Boehme, Francis Ba-con, Andrea [il fondatore dei Rosacroce],Robertus de Fluctibus [Robert Fludd],Chau, Saturno, Dioniso, Amfortas, Ippolito[si tratta di Sant’Ippolito!], Merlino [il Ma-go della saga della tavola rotonda], Artù[Re Artù!], Titurel, Percivale [Parsifal],Mosheh [Mosè], Odisseo [Ulisse], Moham-med [Maometto], Hermes, Pan, Dante[Alighieri], Carolus Magnus [Carlomagno],William di Schyren, Frederick of Hohen-staufen [il Barbarossa], Roger Bacon, Jaco-bus Burgundus Molensis [Jacques de Mo-lay, l’ultimo gran maestro dei Templari],Ko Hsuen, Osiride, Melchizedek, Khem,Menthu [dei egiziani!], Johannes Dee, SirEdward Kelly, Thos, Vaughan, Elias Ash-mole, Comte de Chazal, Sigismund Bac-strom, Molinos [il famoso eretico autoredel quietismo]. È evidente che tutti questipersonaggi del passato non hanno mai fattoparte dell’O.T.O., tanto più che molti di es-si, come le divinità pagane romane, greche,egiziane o orientali, non sono nemmenomai esistite. Si potrebbe buttarla sul rideree dire che Rampolla è massone come Mosée Carlomagno, o il Mago Merlino! Si capi-sce perché Lacointa nel suo articolo del1929, si guarda bene dal riprodurre questaprima lista, che getta il ridicolo anche sullaseconda, che invece pubblica a causa delnome di Rampolla. Nell’articolo successivodel Bloc antirévolutionnaire (quello del1931) nel quale Lacointa risponde alle pri-me obiezioni, non può invece evitare diparlare almeno un po’ di questa prima listastravagante di personaggi, mitici o reali,che vanno dalla preistoria fino al XVII se-colo. Lacointa, a suo tempo, replicò così:“bisogna ignorare tutto delle pratiche e delleabitudini massoniche per non sapere che sitratta di nomi di guerra [pseudonimi] (…)sotto i quali si celavano i nomi di certi adep-ti. ‘Quest’abitudine – mi scrive un eminentee venerabile corrispondente – non fa che darmaggior peso alla rivelazione dei nomi degliaffiliati morti negli ultimi cinque anni cheseparano un volume da quello che gli succe-de’ È in questa categoria che è comparso ilnome del cardinal Rampolla” (p. 40). La ri-sposta di Lacointa (e anche in parte dellaR.I.S.S., l.c., p. 139, nota 4) non è soddisfa-cente. Infatti, il vero fondatore dell’O.T.O.figura nella seconda lista (è Kellner); 8membri su 14 di detta lista sono morti pri-

Aleister Crowley: massone, tossicomane, stregone...

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ma della fondazione dell’O.T.O.: se i nomidella prima lista sono pseudonimi, perchénon anche quelli della seconda? Infine, ilsenso di queste due liste ci è spiegato dalCanone della Messa gnostica, opera di Cro-wley (Liber XV: Ecclesiæ Gnosticaæ Ca-tholicæ Canon Missæ). Si tratta di una listadi 70 nomi – che si trova interamente su in-ternet e in parte in varie pubblicazioni (50) –e che corrisponde quasi esattamente alledue liste del Manifesto del 1919: un detta-glio colpisce subito: il nome del cardinalRampolla è scomparso. A parte il nome diRampolla, tutti gli altri 13 nomi della listapubblicata da Lacointa si ritrovano nel “ca-none della messa gnostica” (51), assieme pe-rò ai tantissimi nomi della prima lista, dallaquale pochi sono stati depennati, e pochialtri aggiunti (le due liste del Manifestocontano 68 nomi; il Canone circa 70). Ora,il canone della “messa gnostica” non pre-senta questi (circa) 70 personaggi come af-filiati dell’O.T.O. (come nel Manifesto) macome “santi” della Chiesa Gnostica Cattoli-ca. Un esame di questo canone (e quindianche delle liste del Manifesto) ci fa capireil motivo della inserzione di personaggi cosìdiversi da parte di Crowley… Si tratta dipersone (mitiche, o che sono esistite real-mente) che hanno influenzato o impressio-nato lo stesso Crowley: “il celebre viaggia-tore inglese Sir Richard Francis Burton, dacui era rimasto affascinato da ragazzo e dacui deriverà vari giudizi storici” (Introvi-gne), oppure Rabelais, dal quale presel’idea dell’abbazia di Thelema, Eliphas Le-vi, del quale Crowley credeva essere lareincarnazione, essendo nato egli nell’annodella morte dell’altro (52). Crowley inseriscecosì i nomi delle divinità, degli scrittori edei filosofi pagani, orientali e occidentali,specie se lascivi; dei rappresentantidell’ideale ghibellino imperiale medioevale(Carlo Magno, Barbarossa, Dante); di quel-li (letterari), del ciclo cavalleresco delGraal (Artù, Merlino, Parsifal). Il suo ami-co Reuss è un cantante dell’opera che haconosciuto Wagner? Ecco iscritti tra i Santi(e nell’O.T.O.) Wagner stesso, e il suo pro-tettore Luigi di Baviera. Ci sono i Rosacro-ce, dal mitico Rosenkreutz al vero Andrea,e i tanti alchimisti, rosacroce e massoni in-glesi del Seicento. Non mancano gli antichiautentici gnostici (Simon Mago, Basilide,Valentino, Mani, Bardesanes) e pure un

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Santo (S. Ippolito), nonché un Papa (Ales-sandro VI), per ovvi motivi. C’è il GranMaestro dei Templari (l’O.T.O. pretende diessere un Ordine Templare). Ci sono occul-tisti di ogni genere, ma Crowley è anchepoeta ed artista, per cui inserisce ad esem-pio Paul Gauguin. Addirittura, tra i “Santi”c’è lui stesso per due volte: una come Cro-wley, e una come To Mega Thêrion (LaGrande Bestia): una volta sola non gli ba-stava. Anzi, in fondo è presente più voltegiacché egli credeva d’essere la reincarna-zione di Ankh-f-Konsu (uno della lista)prete tebano ai tempi della XXVI dinastia,di Ko-Hsuan, discepolo di Lao-Tze, diMaometto, di Alessandro VI, di EliphasLevi e di chissà quanti altri (53). Senza dub-bio, almeno per un momento, la figura delcardinal Rampolla dovette affascinare Cro-wley (e questo è un argomento per l’accu-sa) poiché lo inserì nel Manifesto, per poidepennarlo immediatamente col Canonedella “messa”. Non possiamo sapere però,perché lo incluse e perché lo escluse; senzadubbio non possiamo certo fare affidamen-to ad una lista partorita dalla mente malatadi Crowley, lista che definire fantasiosa omitologica è dir poco! Sarà anche la conclu-sione alla quale giunse la R.I.S.S., come ve-dremo tra poco…

Quinto argomento: il dossier di Mons.Jouin citato dal Marchese della Franquerie

L’accusa. Ecco la testimonianza di An-dré Le Sage, che firmava i suoi libri comeMarchese de la Franquerie (1901-1992):“Monsignor Jouin aveva avuto in mano l’af-filiazione del Cardinal Rampolla e un interodossier su di lui. Incaricò il Redattore Capodella ‘Revue Internationale des Sociétés Se-crètes’ – che aveva fondato e dirigeva – dimostrare questo dossier ai vescovi francesisuscettibili di capire la gravità della cosa.L’Arcivescovo di Tours, Monsignor AlbertNègre, precisò al suo visitatore alcuni puntiimportanti concernenti un altro tradimento,quello del Cardinal Antonelli, Segretario diStato di Pio IX, durante la guerra col Pie-monte. Il Vescovo di Montauban, Monsi-gnor Marty (…) confermò il tradimento delCardinal Rampolla [vedi il terzo argomen-to, riferito da Lacointa, da noi già esamina-to, n.d.a.]” (54). La testimonianza del Mar-chese della Franquerie (testimonianza di-

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retta, poiché era lui il capo redattore dellaR.I.S.S. a partire dal 1929), collaboratore diMons. Jouin, dimostra che anche il prelatofrancese, esperto e documentato nemicodella massoneria, era convinto della realtàdell’affiliazione massonica del CardinalRampolla, basando questa sua convinzionesu di un intiero dossier.

La difesa. Cosa c’è di certo e indiscuti-bile a questo proposito? Gli elementi se-guenti:

Il marchese della Franquerie risulta ef-fettivamente capo redattore della R.I.S.S.(nel 1929) e collaboratore di Mons. Jouin(anche se allora non risultava essere Mar-chese).

Tuttavia, né Mons. Jouin né la sua rivi-sta (la R.I.S.S.) hanno mai scritto una solariga sulla presunta affiliazione massonicadel Cardinale. O meglio, l’hanno smentita.Infatti, nel pubblicare la famosa listadell’O.T.O. (il 1 maggio 1929, p. 139, nota5) A. Tarannes scrive, sostituendo il nomedel cardinale con le iniziali C…R…: “sop-primiamo qui il nome di un alto personag-gio ecclesiastico, giacché l’allegazione deltutto gratuita di settari senza scrupoli, nonpuò costituire un’accusa contro chic-chessia”.

Il marchese della Franquerie non hamai pubblicato il dossier in questione, néha mai diffuso, a proposito del caso Ram-polla, altre informazioni che quelle già di-vulgate da Félix Lacointa, tranne, ne parle-remo, quelle relative alla fondazione, daparte del Cardinale, di una retro-loggia inVaticano.

Se ne può concludere, con verosimi-glianza, che nessun altro dato sia stato diffu-so dal Franquerie sul caso Rampolla perchéil famoso dossier non doveva contenere al-tre informazioni di quelle diffuse da Lacoin-ta e già prese in esame, il che sembra con-fermato dalla data nella quale Mons. Jouinavrebbe costituito il famoso dossier (“versoil 1930”, dice il Marchese in un’altra confe-renza, ovverosia subito dopo la pubblicazio-ne degli articoli di Lacointa) (55). Altrimenti,de la Franquerie non avrebbe mancato, nel-le numerose conferenze che diede per lun-ghi anni sulla questione, di apportare altriargomenti all’accusa.

Henri Coston, grande esperto anche luidi questioni massoniche, e che non ha maimancato di parlare del caso Rampolla, si

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guarda sempre dall’accennare alla tardivatestimonianza di de la Franquerie che, co-me abbiamo visto, è in contrasto con quan-to scrive la stessa R.I.S.S. sulla questione!La prudenza di Coston non è infondata…

Infatti, penso sia lecito avere qualchedubbio sull’attendibilità del nostro autore.Al Marchese della Franquerie va la stima eil rispetto che dobbiamo a chi ci ha prece-duto nella lotta contro la massoneria ed ilmodernismo: il suo curriculum ci assicurache egli fece parte di questa onorabile“vecchia guardia”. Ebbi io stesso l’occasio-ne di conoscerlo nell’ormai lontano 1975, enon è mia intenzione denigrarlo o metterein dubbio la sua buona fede. Nella sua lun-ga attività di scrittore e uomo d’azione, haricevuto le felicitazioni di Cardinali, Vesco-vi e teologi, non esclusi Padre Garrigou La-grange, Mons. Lefebvre e Padre Guérarddes Lauriers. Ciò non toglie che, a volte, sipossa mettere in dubbio la sua piena atten-dibilità. Quando si tratta – come nel nostrocaso - di una testimonianza de relato, è ine-vitabile valutare l’affidabilità del testimonee il suo senso critico nel vaglio delle fonti.Ora è proprio questo, spesso, il punto de-bole del nostro autore. De la Franquerie,ad esempio, è noto per aver sostenuto in di-verse sue opere l’ascendenza davidica deiRe di Francia e l’imminente venuta di unGran Monarca e di un Papa Santo dellamedesima stirpe regale, discendenti en-trambi di Luigi XVII, il quale non sarebbemorto al Tempio, ma sarebbe sopravvissu-to. La teoria secondo la quale i Re di Fran-cia discendono dalla Casa di Davide non èpassata inosservata al cardinal Lustiger (ilquale cita il nostro Marchese) (56) e ha nu-trito le malsane fantasie di un Dan Brown,ma non ha, evidentemente, il minimo appi-glio storico. In appoggio di queste sue duetesi (ascendenza davidica, Gran Monarca)il Franquerie cita una serie di apparizioniprivate mai approvate dalla Chiesa (e mol-te apocrife), e non esita ad avallare “l’auto-rità” di Nostradamus, mago e marrano (siada parte paterna che materna), di Ferdi-nand Crombette (1880-1970), di GastonBardet (57), negli scritti dei quali è chiaral’influenza del cabalismo. L’ammirazionedel Marchese per Nostradamus mi lasciacredere che egli sia stato indirettamente in-fluenzato, in questa materia, da un bizzarropersonaggio, il canonico Rigaux, parroco

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d’Argœuves, che ospitò la veggente di LaSalette, ma che fu anche sospeso a divinisnel 1911 (58), di cui parla a lungo un exmembro del Sodalitium pianum, l’abbéBoulin, in un libro curioso e postumo inti-tolato Autour de la Tiare (59). Quantoall’opera ed il pensiero di Crombette devo-no averlo veramente impressionato, se ilmarchese accettò di essere Presidente Ono-rario del CESHE (Cercle Scientifique et Hi-storique), l’associazione che diffonde il pen-siero di Crombette. Non mancano gli studicritici su Crombette, che oltre ad essere unpersonaggio un po’ originale, influenzatodalla gnosi e dalla cabala, giunse fino alpunto di negare numerose verità di fede(60). Anche Gaston Bardet fu personaggiobizzarro, tanto da essere considerato damolti uno gnostico cabalista, benché, a suodire, “cattolico”. Per lo meno, EtienneCouvert scrisse su Lecture et Tradition (61)rispondendo alla vedova di Bardet che di-fendeva la memoria dello sposo, che i libridi Bardet “sono impregnati di quella gnosiche denuncio nelle mie opere” e che il suoinsegnamento “è evidentemente contrarioalla fede cristiana, anche se egli ha pensato escritto il contrario…”. Tuttavia, Bardet do-

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veva essere miglior veggente di Nostrada-mus, poiché almeno una profezia l’indovi-nò, quando annunciò ad un turbato e incu-riosito Mons. Roncalli che sarebbe diventa-to Papa, e che nome avrebbe preso sullaCattedra di Pietro! (62). Altra passione delMarchese è il commento all’Apocalisse delvenerabile Bartolomeo Holzauser (1613-1658), passione che ha trasmesso a tantisuoi estimatori d’oggi. Tutto ciò sarebbe le-cito e legittimo, se non fosse che il Marche-se considera ogni parola scritta dall’Hol-zauser come direttamente rivelata da Dio(63), il che è impossibile, non fosse altro peril fatto che, secondo l’esegeta tedesco,l’Anticristo avrebbe dovuto nascere nel1855 ed essere ucciso nel 1911: nessuno sene è accorto! (64) Ma quel che è peggio, eche rasenta l’eresia, è l’applicazione che dela Franquerie fa delle più importanti profe-zie messianiche (e che si riferiscono esclusi-vamente a Nostro Signore Gesù Cristo), al“Gran Monarca”. La promessa fatta a Da-vide di un regno eterno, ad esempio, non sirealizzerebbe tanto nel Regno messianicodi Cristo, ma piuttosto nel regno eternodella casa Reale di Francia, che discende-rebbe da Davide.

Ora mi chiedo: se il valore della testi-monianza dipende dall’affidabilità del testi-mone, è lecito dubitare della testimonianzadi un autore che dimostra di non vagliaresufficientemente le sue fonti, e di avereun’eccessiva passione per il bizzarro, l’inso-lito, persino – a volte - l’esoterico.

Sesto e ultimo argomento: la politica delcardinal Rampolla del Tindaro, e della sua“scuola”

L’accusa. La Terza Repubblica, in Fran-cia, è stata notoriamente, secondo la feliceespressione di Henri Coston, la “Repubbli-ca del Grand’Oriente”. Il Cardinal Rampol-la, con la politica del “ralliement” dei catto-lici al governo repubblicano, ha oggettiva-mente lavorato in favore del Grand’Orien-te e della Massoneria. Lo stesso Félix La-cointa scrisse nel suo articolo del giugno-lu-glio 1929: “ ‘Siamo stati ingannati’, disse, sulletto di morte, Leone XIII al suo Segretariodi Stato, e l’illustre pontefice è spirato senzaimmaginare che il principale agente di que-sto abominevole inganno, l’uomo che avevaintrodotto presso di lui gli emissari incaricati

Copertina de la RISS (Partie occultiste: la serie rosa)

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di suggerirgli e di fargli continuare la vergo-gnosa e nefasta politica di cui oggi racco-gliamo i frutti orribilmente amari, era il suocollaboratore quotidiano, l’uomo che gode-va della sua piena fiducia. Noi che eravamoossessionati da tanti anni dal pensiero chefrutti di quel genere dovevano essere il risul-tato di una gaffe satanica, ne abbiamo ades-so la certezza. (…) Ci sono monumenti chebisogna smontare, e che la generazione cheviene smonterà. Tra questi, quello del cardi-nal Rampolla. Una consolazione della miamodesta ma dura carriera di scrittore cattoli-co sarà quella di aver contribuito a rovescia-re quello dell’astuto maestro il cui tradimen-to, ancor oggi, fa soffrire i figli migliori dellaChiesa. Ho messo a nudo la fonte avvelena-ta di tanti errori e fellonie di cui il ‘Rallie-ment’ è il primo, e di cui l’ultimo, crimineinnominabile, è la collusione dei democrati-ci cristiani (?) coi comunisti. Ora i cattolicifrancesi sono stati messi in guardia. Sannoche la scuola del cardinal Rampolla, allaquale i cardinali Gasparri e Lépicier preten-dono rimetterli, ben lungi dall’essere quelladi San Tommaso, è quella di Giuda…” (65).La scuola del Cardinal Rampolla è il fruttodel suo lavoro massonico in Vaticano, co-me testimonia il Marchese della Franque-rie: “Il Cardinale passava le sue vacanze inSvizzera, all’Abbazia di Einsiedeln. Nellevicinanze dell’Abbazia si trovava una retro-loggia dove, ogni sabato, si recava per pren-dere le direttive del Potere Occulto e appli-carle al Governo della Chiesa. Tra queste,due erano importanti per la Francia: conclu-dere il ‘Ralliement’ dei Cattolici alla repub-blica; ma per assicurare il regno luciferinonel seno stesso della Chiesa, fondare in Vati-cano una retro-loggia segreta destinata apreparare degli alti dignitari della Santa Se-de per mettere in esecuzione questo pianoinfernale. È così che il Potere Occulto sape-va di poter contare su uomini come i Cardi-nali Rampolla, Ferrata, Gasparri, Ceretti,Bea, Liénart ecc., per non parlare che deidefunti” (66). Felix Causas, in Sous la ban-nière, citando Heimbichner, fa altri nomilegati alla scuola di Rampolla: GiacomoDella Chiesa (Benedetto XV), Roncalli(Giovanni XXIII), Montini (Paolo VI), ePio XII: “Con Craig Heimbichner esaminia-mo un punto tristissimo. Il molto stimatoEugenio Pacelli (Pio XII) non subì anchelui l’influenza dell’O.T.O.?…” (p. 9). Anzi:

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“bisogna sapere che, a partire da Pio IX,praticamente tutti i segretari di Stato sonoaffiliati alla Loggia in virtù di un’esigenzadella Contro-Chiesa” (p. 10, nota 8).

La difesa, questa volta non più del car-dinal Rampolla, ma della Chiesa Cattolica.Devo dire che sono proprio queste ultimeparole di Félix Causas che mi hanno decisoa scrivere quest’articolo, perché un verocattolico che ama la Chiesa non può sop-portare così gravi calunnie proferite noncontro i modernisti, non contro gli illegitti-mi occupanti della Sede di Pietro dopo ilVaticano II, ma contro la Chiesa stessa ed isuoi legittimi rappresentanti. La Chiesa cat-tolica infatti, almeno dalla nomina del car-dinale Antonelli a Segretario di Stato diPio IX (e magari anche prima, già sotto PioVII, come sostiene l’équipe di Sous la Ban-nière ) (67) sarebbe stata sotto l’influenzadella Massoneria e di Satana stesso; lo stes-so cardinale Merry del Val, Servo di Dio esegretario di Stato di San Pio X, per alcuninon sfugge alle accuse di essere un “aposto-lo di Satana” (68). Queste accuse coinvolgo-no inevitabilmente i Sommi Pontefici stessi,ovvero Pio IX, Leone XIII, San Pio X, Be-nedetto XV, Pio XI, e Pio XII.

Iniziamo però dal principio, e cioè dalleaccuse di Lacointa e de la Franquerie. Leparole di Félix Lacointa, e anche del mar-chese della Franquerie, possono spiegarel’origine dell’accusa fatta non solo a Ram-polla, ma ad altri Cardinali, come Ferrata,Gasparri, Cerretti. I nomi non sono casuali.Le “prove” contro Rampolla che abbiamoesaminato finora hanno dato loro solo unacertezza di quello che già, nel loro cuore,era un grave sospetto. Dovuto a cosa? Lodicono esplicitamente: ai due “errori” dellapolitica vaticana: il “ralliement” dei cattoli-ci alla terza repubblica, voluto da LeoneXIII con l’enciclica Au milieu des sollicitu-des (1892), e la condanna dell’Action Fran-çaise, decisa sotto Pio XI con la messaall’Indice delle opere di Maurras e del quo-tidiano L’Action Française nel 1926. La re-sponsabilità dei Papi (Leone XIII, Pio XI),è allora scaricata sui loro più vicini collabo-ratori. Il Cardinal Rampolla del Tindaro,Segretario di Stato di Leone XIII, e quindicorresponsabile della politica del Rallie-ment. Il Segretario di Stato di BenedettoXV, cardinal Ferrata, che fu però Nunzio inFrancia all’epoca del Ralliement, e quindi

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anche lui corresponsabile. Il Segretario diStato di Benedetto XV e di Pio XI, Gaspar-ri, che era all’Institut Catholique di Parigidal 1880 al 1888, ma che soprattutto era Se-gretario di Stato all’epoca della condannadi Maurras. Ed il Nunzio a Parigi nel mede-simo periodo, anche lui corresponsabiledella condanna di Maurras, BonaventuraCerretti. Lacointa e Franquerie, infatti, era-no certo scrittori cattolici, ma anche mo-narchici che si schierarono con l’ActionFrançaise (69), e non a caso gli articoli con-tro Rampolla appaiono nel 1929, nel pienodella crisi tra la Santa Sede ed il movimen-to maurassiano: la condanna dell’A.F. è vi-sta come un secondo Ralliement alla repub-blica, che ripete l’errore del primo, ai tempidi Leone XIII (cf LOUBIER, op. cit., pp. 129ss). Non è compito di questo articolo parla-re del Ralliement e della condanna diMaurras, avvenimenti che hanno ferito tan-te anime dell’élite del cattolicesimo france-se… Mi limito a dire che come cattolico so-no fedele al magistero della Chiesa, con sanTommaso reputo la monarchia la migliore,ma non l’unica forma di governo, ed infineche la sottomissione al governo costituito(salvo i casi di legittima insurrezione) èpresente nella pratica e nell’insegnamentodella Chiesa dagli albori del Cristianesimoe poi lungo i secoli, ben prima di LeoneXIII e del suo Segretario di Stato (70). Ècompito di quest’articolo, lasciata da partela questione del Ralliement che è fuori og-getto, vagliare i pro e i contro della teoria“Rampolla massone”. Ora, se l’accusa con-sidera che la politica rampolliana, e quelladei prelati della sua linea, getta un sospettodi vicinanza alla massoneria(non v’è dubbio, lo ripeto, chela Terza Repubblica fosse laRepubblica del Grand’Oriente),la difesa può dire altresì chequesto “pregiudizio” politicosfavorevole ha potuto essere ilmotivo per il quale Rampolla esoci sono stati accusati di sicuromassonismo, in base a pochi edincerti argomenti. Dato e nonconcesso che la politica francesedi Rampolla sia un elementod’accusa, bisognerebbe ancoraesaminare tutta la politica eccle-siastica del segretario di Stato diLeone XIII, e di tutto il pontifi-

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cato leonino. Ci si accorgerà allora chequello di Leone XIII fu in assoluto il ponti-ficato più avverso alla Massoneria, nell’in-segnamento e nelle iniziative, e che moltidei documenti anti-massonici di quell’epo-ca portano la firma proprio del segretariodi Stato Rampolla. Anche l’attitudine delCardinale verso il governo italiano, nonmeno massonico di quello francese, fu sem-pre assolutamente intransigente, molto dipiù di quella conciliatrice di san Pio X, adesempio. Tanto è vero che la stampa catto-lica intransigente italiana, ed i suoi espo-nenti, come i Monsignori Scotton de La Ri-scossa, ebbero sempre pieno appoggionell’Opera dei Congressi e in tutte le loroattività, in primis il giornale intransigenteLa Riscossa, dalla Segreteria di Stato diMonsignor Rampolla (71); come pure furo-no legati a Leone XIII tutti gli intransigentiitaliani come, ad esempio, Mons. Benigni.Costoro divennero, in seguito, gli alfieridella lotta al modernismo: il cattolicesimointegrale e antimodernista in Italia fu inpiena continuità col pontificato leonino (adifferenza di quello francese, come si puòcapire dalla messa all’indice, sotto San PioX, di due libri dell’abbé Barbier critici diLeone XIII, malgrado l’appoggio che SanPio X dava a questo sacerdote esemplare).Non a caso, quindi, le voci sul massonismodi Rampolla nascono in Francia, e non tragli ecclesiastici (abbiamo visto che laR.I.S.S. di Mons. Jouin negò ogni valore al-la lista dell’O.T.O. per quel che riguarda il

Uno dei documenti tratti dagli archivi massonici: è unopuscolo del 1924 che sostiene l’appartenenza

di Pio IX alla Massoneria

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nome di Rampolla), ma tra i laici cattolici onazionalisti (come nel caso della Libre Pa-role), per ovvi motivi più legati alle passionipolitiche. Ma questo è un argomento con-tro la tesi dell’affiliazione massonica diRampolla, che, se fosse stata vera, avrebbelasciato qualche indizio non solo in Franciama anche e soprattutto a Roma, per esem-pio - come visto - sulla penna di un Monsi-gnor Benigni. Questo tanto più che la lineadi Rampolla, intransigente sotto LeoneXIII, non fu favorevole allo zelo antimo-dernista di san Pio X, come vedremo in se-guito: il Sodalitium Pianum – che non sti-mava Rampolla – avrebbe avuto motivi an-cora più gravi per accusare Benedetto XVed il cardinal Gasparri: non lo fece. Quantoal cardinal Gasparri, qualche voce di mas-sonismo è corsa (72), ben più scarsa che perRampolla; certo le sue memorie presentanonumerosi attacchi alla massoneria, e laR.I.S.S. di Monsignor Jouin poté semprefregiarsi del pieno sostegno di BenedettoXV (73) e del cardinal Gasparri nella lottacontro la “giudeo-massoneria” (74); se fossestato massone non si sarebbe fatto scrupolodi far morire la stampa antimassonica, datoche fece morire il Sodalitium pianum e lastampa cattolica integrale.

Il vero torto della “scuola del card.Rampolla”

L’accusa. Ma allora voi siete strenui so-stenitori del cardinal Rampolla e della sua“scuola”!

Risposta. Niente affatto. È lecito, allostorico, col dovuto rispetto, con obbiettività,con riferimento alle fonti documentarie, for-marsi un’opinione sulle vicende storiche del-la Chiesa e dei suoi ministri. Abbiamo giàvisto qual fosse, nel 1913, l’opinione noncerto lusinghiera di Mons. Benigni sul cardi-nale Rampolla del Tindaro. Sappiamo che asua volta, il cardinal Gasparri aveva una pes-sima opinione di Mons. Benigni e del Soda-litium pianum, al punto che il Segretario diStato di Benedetto XV e Pio XI testimoniòcontro la canonizzazione di San Pio X per-ché Papa Sarto aveva favorito e sostenutoquesto sodalizio e, in genere, le posizionicattoliche integrali. La Chiesa ha giudicatodiversamente dal cardinal Gasparri, ed hacanonizzato il Papa che condannò il moder-nismo, rispondendo a queste e simili obie-

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zioni con la “Disquisitio circa quasdamobiectiones modum agendi Servi Dei respi-cientes in modernismi debellatione…” che ilPadre (poi cardinale) Antonelli o.f.m., per laS. Congregazione dei Riti redasse nel 1950.Papa Pio XII (che conobbe personalmente eda vicino tutti i protagonisti di questa vicen-da, Pio X, Gasparri, Benigni ecc.) (75) dichia-rò, il 3 giugno 1951, che Pio X era Beato, e il29 maggio 1954 che doveva essere contatonel numero dei Santi. Non era questa, abbia-mo visto, l’opinione di tutti, anche nellaChiesa e nella Curia Romana, al momentodella morte di Pio X, e anche prima, se ilSanto Pontefice ripeteva amaramente: degentibus non est vir mecum.

Ho già citato la testimonianza di FilippoCrispolti, amico di Benedetto XV. Dopo lacondanna del modernismo con l’enciclicaPascendi, il marchese Crispolti, appartenen-te quindi “alla scuola Rampolla”, venne ri-cevuto in udienza da Pio X e con lui si ralle-grò “dell’effetto salutare che l’Enciclicaavrebbe avuto e già mostrava di avere”.“Egli mestamente mi chiese: ‘Lei lo crede?’E siccome io soggiunsi che il mio non era uncomplimento ma una persuasione ragionata,egli mostrò curiosità di queste ragioni e iogliele esposi”. Esse però non furono convin-centi: “Il Papa ascoltò: le mie parole non gliparvero mal ragionate. Ma invece di conve-nire com’io per suo conforto desideravo, cheun tal ragionamento (…) sarebbe stato effi-cace sugli animi dei modernisti o dei propen-si al modernismo, egli continuò a scuotere ilcapo. Era ancora un uomo che ha compiutoun atto solenne, perché davanti a Dio n’ave-va obbligo, ma quanto agli effetti rimase pes-simista. E sì – conclude il Crispolti – che perriconoscere come il colpo da lui dato al mo-dernismo fosse stato veramente mortale, po-chi anni bastarono!” (76). Crispolti pensavache i fatti avevano dato ragione al suo otti-mismo, e smentito quel Papa che “vide sem-pre in nero le condizioni della Chiesa che glitoccava di reggere”. Egli era convinto che ilmodernismo fosse vinto, e che il danno ve-nisse semmai dagli antimodernisti, gli “ze-lanti”, i quali, secondo una parola dettaglidal cardinal Maffi, si sarebbero fatti un pre-testo della Pascendi “per le solite loro vio-lenze ed accuse” (77). Alla morte di San PioX il Conclave esitò appunto tra il nome delCardinal Maffi, Vescovo di Pisa, e quellodel Cardinal Della Chiesa, Vescovo di Bo-

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logna, entrambi critici del pontificato del lo-ro predecessore, ed ostili a quegli “zelanti”che si accanivano a condannare… un uomomorto (il modernismo). Nulla mutò nel ma-gistero della Chiesa, che continuò a condan-nare l’errore modernista, e a propagare laSanta Fede. Cambiò, però, l’orientamentodel pontificato.

“Tra i modernisti e gli antimodernisti esi-steva un ‘terzo partito’ impersonato fino al1913 dal cardinale Mariano Rampolla delTindaro (…). Rampolla, nel 1901, avevascelto come suoi collaboratori diretti mons.Giacomo Della Chiesa e mons. Pietro Ga-sparri. (…) Pio X, dopo aver nominato se-gretario di Stato il cardinale Merry del Val,aveva allontanato dalla segreteria di Statoentrambi i protetti del Cardinal Rampolla [iquali, comunque, furono entrambi elevatialla porpora da San Pio X: Gasparri nel1907, e Della Chiesa – a sorpresa – nel 1914,n.d.a.]. (…) Pio X morì il 3 agosto 1914: ap-pena tre mesi dopo il conferimento dellaporpora, il 3 settembre 1914, Mons. DellaChiesa venne eletto, a sorpresa, al Sogliopontificio: ‘i retroscena del Conclave, ormainoti abbastanza nei circoli romani – scriveBuonaiuti a Houtin il 17 settembre 1914 –mostrano indubbiamente che l’elezione delCardinal Della Chiesa ha voluto rappresen-tare l’indicazione di un governo ecclesiasticoche fosse l’antitesi perfetta del regime di PioX’. Quattro mesi dopo la morte di Pio X,mons. Eudoxe Mignot (1842-1918), arcive-scovo di Albi, fece pervenire al cardinaleFerrata, primo Segretario di Stato del neoe-letto Benedetto XV, un Memoriale in cui siattaccava duramente il movimento di reazio-ne antimodernista promosso da san Pio X einvitava la santa Sede a una politica di ‘ri-conciliazione’ con i modernisti. Il 13 ottobre1914, nominando, dopo il cardinale Ferrata,il cardinale Pietro Gasparri suo Segretario diStato, Benedetto XV manifestò la sua decisavolontà di mutare l’orientamento del pontifi-cato piano, tornando alla linea di governo‘rampolliana’ abbandonata da San Pio X.Benedetto XV, in accordo con il cardinaleGasparri, smantellò il Sodalitium pianum(78) e tese la mano, senza successo, a Buo-naiuti” (79). Il caso del Sodalitium pianum diMons. Benigni non fu l’unico: Mons. Volpifu privato della diocesi (80), i fratelli Monsi-gnori Scotton furono privati di quel periodi-co, La Riscossa, che Leone XIII e Pio X

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aveva loro affidato, e vessati dal loro vesco-vo, estimatore di Fogazzaro, morendone didolore (81), mentre al contrario tanti cheerano stati sospetti di modernismo venivanoriabilitati: tra di essi, un certo Angelo Giu-seppe Roncalli, segretario del Vescovo diBergamo, Mons. Radini Tedeschi… (82), esegreto ammiratore dell’americanismo con-dannato da Leone XIII (83).

Bastano, questi elementi, per far pensa-re ad una affiliazione massonica, e perfinoluciferina, di Rampolla e dei membri dellasua “scuola”? A mio parere assolutamenteno, e lo stesso Henri Coston è ben lungidall’avere quelle certezze che contraddi-stinguono autori meno seri e intellettual-mente meno onesti. Non massoni, pertanto,fino a prova del contrario, ma incapaci diriconoscere nel pontificato di San Pio X enella lotta senza quartiere contro l’eresiamodernista la grande battaglia del nostrotempo. Credettero, troppo facilmente, chel’eresia fosse vinta. Credettero che vi fosse-ro state esagerazioni e zelo amaro nel com-batterlo. Così, al termine del pontificato diBenedetto XV “l’aspro dibattito che avevacontrapposto il modernismo all’antimoder-nismo andò estinguendosi. Si aprì una sta-gione di apparente tregua in cui il moderni-smo parve inabissarsi e l’antimodernismodissolversi” (79). I fatti, però, non hannosmentito il “pessimismo” di San Pio X male loro previsioni, veramente troppo ottimi-stiche. Il modernismo, che per sua naturanon vuol lasciare la Chiesa ma cambiarladal di dentro (84), dal seno e dalle viscerestesse della Chiesa, per usare l’espressionedi San Pio X, non era morto. Tutt’altro.Come l’animale ferito e in pericolo, avevafatto il morto, ma in realtà, eliminati i rin-ghiosi “cani da guardia” della fede, che ma-gari a volte avevano abbaiato alla personasbagliata, ma che sempre avevano difeso laChiesa, era pronto a rialzare la testa. Cano-nizzando San Pio X, Papa Pacelli dimostròinvece che era vano quell’ottimismo,quell’irenismo, e che coloro che sotto SanPio X e con San Pio X avevano alzato labandiera di un cattolicesimo integro daogni compromesso avevano avuto ragione.L’enciclica Humani generis del 12 agosto1950 condannava infatti la “Nouvelle Théo-logie”, il neo-modernismo che serpeggiavaoltralpe dei vari Congar, Chenu, de Lubac,Danielou… mentre un cardinale arcivesco-

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vo di Parigi Suhard, invece, denunciava an-cora il pericolo “integrista”: lo scontrod’inizio secolo non era ancora veramenteconcluso. Venne il Vaticano II. Il VaticanoII altro non è che una battaglia, persa, diquesta secolare guerra dell’ortodossia cat-tolica contro l’eresia dei tempi nostri, il mo-dernismo; e in questo caso, senza dubbio, lamassoneria svolse il suo ruolo. La storia, sidice, è maestra di vita; mai maestra, però,fu più inascoltata. San Pio X operò chirur-gicamente il tumore mortale, ma in seguito,pensando a una pronta e definitiva guari-gione, s’interruppero delle cure consideratetroppo dure e amare. Lo sfacelo attualeche, a cent’anni dall’enciclica Pascendi, de-vasta la Chiesa è sotto gli occhi di tutti, egià l’avrebbe portata alla morte, se ciò nonfosse impossibile per promessa divina. Nonripetiamo l’errore dei nostri padri, non ral-lentiamo la lotta antimodernista, rendiamo-ci conto che l’eresia è il lupo rapace davantial quale il pastore non deve fuggire, mapiuttosto esporre la vita. Oggi, dopo un se-colo di lotte, sappiamo, più di ieri, che SanPio X aveva ragione.

Note

1) Giacomo Della Chiesa, fu segretario personaledi Mons. Rampolla del Tindaro a Madrid. DivenutoPapa Benedetto XV, teneva il ritratto del cardinalRampolla sulla scrivania (cf FILIPPO CRISPOLTI, PioIX, Leone XIII, Pio X, Benedetto XV (Ricordi perso-nali), Trevese Treccani Tumminelli, Milano-Roma,1932, p. 153). Scrivendo al marchese Crispolti in occa-sione della morte del Cardinal Rampolla, Mons. DellaChiesa si espresse così a proposito del porporato: “DaRoma dove sono venuto a pagare l’ultimo tributo di af-fetto al mio venerato Padre e Maestro, scrivo a Lei perringraziarLa delle affettuose condoglianze inviatemi aBologna. Ella ha interpretato bene l’animo mio: forsenessuno ha avuto col compianto Cardinale una sì lungadimestichezza come l’ho avuta io, nessuno è stato da luiprediletto come lo sono stato io. Immagini di qui l’ama-rezza dell’animo mio. Sono però contento di essere ve-nuto a deporre un caldo bacio sulle fredde mani diLui!” (lettera di Mons. Della Chiesa, arcivescovo diBologna, al Marchese Crispolti, del 18 dicembre 1913,ibidem, pp. 153-154. Sui rapporti tra i due, vedi tutte lepp. 148-165).

2) Non fu sempre così. In occasione del cinquan-tenario della morte del Cardinal Rampolla, ad esem-pio, Fabrizio Sarazani pubblicò sul periodico Lo Spec-chio un articolo commemorativo favorevole al Cardi-nale siciliano e alla memoria di Leone XIII (FabrizioSarazani, La scuola del Cardinal Rampolla, in LoSpecchio, 31 marzo 1963). Sarazani era un esponentedi quella parte della nobiltà romana fedele alla Chiesache, in occasione del Concilio e della riforma liturgica,si schierò apertamente in favore della tradizione catto-

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lica. Il periodico Lo Specchio partecipò in prima lineaalla campagna contro il Novus Ordo Missae.

3) Antonio Fogazzaro (1842-1911), nipote del sa-cerdote liberale e rosminiano Giuseppe (1813-1901),fu esponente del Modernismo, ed ebbe a biografoTOMMASO GALLARATI-SCOTTI (La vita di Antonio Fo-gazzaro, Baldini & Castoldi, Milano, 1920; il libro èall’Indice). Fogazzaro non appartenne mai – per quelche se ne sa - alla massoneria, malgrado la stretta ami-cizia col “fratello” Arrigo Boito. Non mancarono inlui però gli interessi esoterici e occultisti, come quelloper lo spiritismo di Andrzej Towianski (1778-1853) edello scrittore marrano polacco, Adam Mickiewicz(1798-1855), che appartenne effettivamente alla mas-soneria, ed ha influenzato anche il pensiero e l’operadi Giovanni Paolo II (cf F. RICOSSA, Karol, Adam, Ja-cob, in Sodalitium, n. 49, aprile 1999, pp. 30-41; su Fo-gazzaro: p. 33 e nota 13, p. 40). Dopo la messa all’Indi-ce del romanzo Il Santo (1906) fece una sottomissionereticente e puramente esterna ed apparente (cf GAL-LARATI-SCOTTI, pp. 447 ss) e furono numerosi i prelatiche gli manifestarono simpatia e sostegno, tra i qualiben quattro Cardinali: Svampa, Agliardi, Capecelatroe Mathieu (ibidem, pp. 450-453). Col cambio di ponti-ficato (1914) il Vescovo di Vicenza (la diocesi delloscrittore) Mons. Rodolfi, che aveva tessuto le lodi diFogazzaro defunto, poté perseguitare liberamente ifratelli Monsignori Scotton, del periodico La Riscossa,fedeli alla linea di San Pio X (cf GIOVANNI AZZOLIN,Gli Scotton. Prediche, battaglie, imboscate, La Serenis-sima, Vicenza, 1998).

4) P. VIRION, Mystère d’iniquité. Mysterium iniqui-tatis, Ed. Saint Michel, Saint-Cenéré, 1967 (terza edi-zione) [Virion collaborò a lungo con la R.I.S.S. diMons. Jouin]; L. DE PONCINS, Le problème juif devantle Concile (il testo, presentato ai Padri Conciliari, èstato poi incluso nell’opera collettiva Infiltrations en-nemies dans l’Eglise, Documents et témoignages, Lalibrairie française, 1970, pp. 69-84).

5) ROBERTO FABIANI, I massoni in Italia, I libri del’Espresso, Roma, 1978, p. 78. Fabiani, ora deceduto,era egli stesso massone, ma avverso alla Loggia P2. Lasua testimonianza è tanto più interessante in quantoegli spesso non avvalora le voci su prelati massoni inVaticano; definisce ad esempio “montagna di panzanemontata su documenti platealmente falsi” (p. 89) la se-rie di articoli pubblicati da don Putti su Si si no no sucardinali massoni, di cui alla nota 7, senza dir parola diMino Pecorelli, che pure, pochi mesi prima, aveva pub-blicato su OP la sua lista della “Loggia Vaticana”.

6) Cf ROBERTO FABIANI, I Massoni in Italia, cit.,pp. 78 e 130; ALDO A. MOLA, Storia della Massoneriaitaliana dalle origini ai nostri giorni, Bompiani, 1992, p.744; C.A. AGNOLI, La Massoneria alla conquista dellaChiesa, E.I.L.E.S., Roma, 1996, pp. 31-32. Il cardinalKönig patrocinò la rassegna ecumenista Kairòs, verocenacolo guénoniano, del quale ci dà interessanti infor-mazioni S. Panunzio in un articolo in memoria di donDivo Barsotti (in Metapolitica, nn. 2-3, maggio-agosto2006, p. 41; cf P. TORQUEMADA, Costruiremo ancoracattedrali, in Sodalitium, n. 50, p. 21). Sempre König,come vedremo, rispose ad un’inchiesta della S.C. per ladottrina della Fede, in favore della Massoneria, dopoaver preso informazioni dal dignitario massonico Ba-resch, assieme al quale, nel 1970, König lavorò alla Di-chiarazione comune di Lichtenau (cf Ferrer Benimeli-Caprile, Massoneria e Chiesa Cattolica, San Paolo,

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1979, pp. 191-194; AGNOLI, op. cit., p. 32). König fu il“grande elettore” di Giovanni Paolo II.

7) La rivista antimodernista Sì sì no no, diretta dalsacerdote Francesco Putti, pubblicò una lunga serie diarticoli sulla massoneria e i suoi tentativi d’infiltrazionenella Chiesa a partire dal n. 5 del maggio 1975, e fino al1977. Nel n. 6 di giugno 1976 furono accusati il card.Baggio e Mons. Bugnini; nel n. 7-8 (luglio-agosto 1976),il card. Pellegrino e mons. Marchisano; nel n. 9, settem-bre 1976, il cardinal Poletti. Intanto, la stampa naziona-le aveva diffuso, durante l’estate, una lista di 114 prelatimassoni. Don Putti, nel numero di settembre, a p. 2,scrive a proposito di questa lista pubblicata il 10 agostoda Panorama: “si potrebbe pensare che l’articolo si pro-ponga di allargare ancor più lo scandalo degli ecclesia-stici realmente massoni, ma da un esame appena un po’più attento, è evidente che il suo principale scopo è quel-lo di difendere, nascondendoli nella massa (114!) i verimassoni. (…) Inoltre, da un attento esame dei 114 nomi-nativi che risultano nell’ elenco pubblicato risulta eviden-te che è uno scaltro, ma non intelligente, atto di strategiamassonica. Infatti, i nomi dei veri massoni, dei quali giàeravamo a conoscenza, sono stati mescolati con quelli dimolte persone che sarebbe assurdo credere massoni. Lamassoneria, accortasi che si era in possesso di un elencoautentico, vi ha scaltramente inserito molti altri nomi (fi-no a 114!) allo scopo di suscitare il disorientamento e, diriflesso, la non credibilità di qualsiasi notizia data, o dadare, anche sugli ecclesiastici realmente massoni: per ilettori ingenui e irriflessivi ed a favore dei massoni inte-ressati, è stato così sollevato un gran polverone. (…)”. Il12 settembre 1978 la rivista OP (Osservatorio Politico)di Mino Pecorelli pubblicava un articolo (La gran log-gia vaticana) con la lista di 122 ecclesiastici massoni(Pecorelli era la fonte anche della lista del 1976, anchese tra le due liste vi sono alcune divergenze, con aggiun-te e soppressione di nomi). Padre Esposito scrive: “perquanto ci risulta, solo su pochissimi nomi è possibileavanzare dubbi d’appartenenza” (R. ESPOSITO, Le gran-di concordanze tra Chiesa e Massoneria, Nardini, Firen-ze, 1987, p. 358, nota 2). Al contrario, il magistrato C.A.Agnoli (La Massoneria alla conquista della Chiesa, op.cit.) espone degli argomenti per dimostrare che le dueliste sono nel complesso (ma non per tutti i nomi) affi-dabili anche se non esaustive; stranamente, non men-ziona gli articoli di don Putti, e la sua opinione al ri-guardo. Pecorelli, membro della loggia massonica P2, fuassassinato il 20 marzo 1979. Mons. Bugnini, pur smen-tendo ogni affiliazione alla massoneria, ammette che lasua caduta in disgrazia fu dovuta a questa accusa (A.BUGNINI, La riforma liturgica (1948-1975), CLV-Edi-zioni liturgiche-Roma, 1983, p. 13 e 279).

8) All’abbondante pubblicistica sulla Loggia Pro-paganda 2 (P2) si è aggiunto recentemente il libro-in-tervista di Sandro Neri a Licio Gelli, Parola di Venera-bile (Aliberti, Reggio Emilia, 2006). Sui rapporti traLicio Gelli, il Venerabile, appunto, della Loggia, ePaolo VI, cf pp. 71, 105-106, 224; su Umberto Ortola-ni, pp. 199-200, 210.

9) L’appartenenza del cardinal Delci (o d’Elci) al-la massoneria è legata alle informazioni sull’esistenzadi una Loggia romana della quale il cardinale sarebbestato Venerabile, e due altri porporati, Domenico Pas-sionei e Stefano Borgia, affiliati. Sulla questione, ancoroggi dubbia, si veda CARLO FRANCOVICH, Storia dellamassoneria in Italia dalle origini alla Rivoluzione Fran-cese, La Nuova Italia, Firenze, 1974/1989, pp. 120-123.

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10) Cf C. FRANCOVICH, op. cit., pp. 114-131.11) H. COSTON, La République du Grand Orient,

op. cit., p. 175. 12) M. GAUDART DE SOULAGES, H. LAMANT, Dic-

tionnaire des Francs-Maçons européens, Dualpha, Pa-ris, 2005, p.755. Gli autori sono massoni ed il GranMaestro della Gran Loggia Nazionale di Francia, JeanMurat 33, ha scritto la prefazione al dizionario.

13) Y. CHIRON, Pie IX et la Franc-Maçonnerie,Editions B.C.M., Niherne. Ho tratto da questo opu-scolo le informazioni su Pio IX e la massoneria. Moltialtri dettagli sulle accuse fatte a Pio IX e BenedettoXIV in H. COSTON, La République du Grand-Orient,La librairie française, 1964/1976, pp. 172-176.

14) Lo accusano FELIX LACOINTA in Le bloc anti-révolutionnaire, anno 1931, p. 38 (senza timore di esse-re smentito, scrive Lacointa); MARQUIS DE LA FRAN-QUERIE, L’infaillibilité Pontificale, DPF, 2 ed. 1973, p.76 (attribuisce l’informazione al Vescovo di Tours).

15) S. NERI, Parola di Venerabile, op. cit.; Gelliparla del cardinal Ottaviani alle pp. 72 e 106. Gelli nondice che il Cardinale fosse massone (non lo dice dinessuno di cui la cosa non sia già di pubblico dominio)ma lo lascia intendere, e così almeno lo ha intesoFrancesco Specchia nel recensire l’intervista con Gellisul quotidiano Libero (29 ottobre 2006, p. 28). Il setti-manale de La Stampa, Specchio, ha pubblicato la foto-grafia di Gelli con Andreotti e il Card. Ottaviani in oc-casione dell’inaugurazione dello stabilimento Perma-flex di Frosinone. La disponibilità eventuale del cardi-nale verso Gelli si potrebbe spiegare benissimo senzaipotizzare alcuna inverosimile iniziazione massonica:la comune amicizia e conoscenza con Giulio Andreottiè più che sufficiente per motivare una presunta fiduciacertamente mal riposta.

16) R. ESPOSITO SSP, Le grandi concordanze traChiesa e massoneria, Nardini, Firenze, 1987, pp. 358-360. Candido Nocedal (1821-1885) è citato come mas-sone anche dal Dictionnaire… di Gaudart e Lamant.

17) H. COSTON, La République du Grand Orient,op. cit., p. 176.

18) G. VIREBEAU (pseudonimo di H. Coston), Pré-lats et Francs-Maçons, Publications Henri Coston, riedi-zione 1992, p. 34. Di Rampolla si parla alle pagine 22-29; di Le Nordez alle pagg. 29-34. Già nel 1970 Vire-beau-Coston considerava Rampolla “fortemente sospet-to” di massoneria (DELAMARE, DE PONCINS, BORDIOT,DE COUESSIN, VIREBEAU, Infiltrations ennemies dansl’Eglise, Librerie française, Paris, 1970, pp. 16-17), rin-viando il lettore a La République du Grand Orient. Mai,però, Coston da per certa e dimostrata l’affiliazione diRampolla. Quanto a mons. Le Nordez il caso è più gra-ve, in quanto il vescovo di Digione fu costretto a dare ledimissioni da San Pio X. Una lettera della Segreteria diStato (card. Merry del Val) a Mons. Le Nordez precisa-va però che “il Santo Padre, avendo a cuore la salva-guardia della buona fama del suo carattere episcopale emettere fine alle accuse che potrebbero trovare un econella stampa o altrove, mi incarica di dichiarare in suonome e nel modo più esplicito che la Santa Sede non haformulato né pronunciato un giudizio contro la VostraEccellenza, e che conseguentemente Vostra Eccellenzalascia il suo posto perché lo giudica necessario in presen-za dei pubblici avvenimenti di questi ultimi tempi” (cf Y.CHIRON, Saint Pie X…, op. cit., p. 198, nota 29). Noncondannato, dunque… ma neppure assolto, Mons. LeNordez non fu sottoposto a processo canonico.

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19) Eppure il giovane Coston collaborava con Lalibre parole diretta da Ploncard d’Assac che, nel 1929,diffuse la notizia di una possibile affiliazione di Ram-polla all’O.T.O.

20) Il Camerlengo, cardinal Oreglia di Santo Ste-fano, dichiarò a proposito del veto: “Questa comunica-zione non può essere accolta dal Conclave, né a titoloufficiale, né a titolo ufficioso, e non se ne terrà alcunconto” (CHRISTIAN-PHILIPPE CHANUT, L’élection deSaint Pie X, Sicre, Paris, 2003, p. 207).

21) Soprattutto il Camerlengo e cardinale decano,Oreglia di Santo Stefano, che sarà ostile a San Pio Xcome lo fu a Leone XIII, e voleva a tutti i costi evitarel’elezione di Rampolla (nel quale vedeva il continua-tore di Leone XIII) “temette assai che l’esclusiva faces-se crollare le previsioni ottimiste dei suoi alleati e alte-rasse il Conclave. Secondo lui, l’elezione del CardinalRampolla del Tindaro che fino al quel momento gli eraparsa molto delicata se non improbabile, rischiava didiventare possibile se avesse avuto il sopravventoquell’indignazione di cui vedeva i segni” tra i cardinali(CHANUT, p. 209).

22) Affiliato alla massoneria nel 1892, nel 1904 Bi-degain cedette al deputato nazionalista Guyot de Vil-leneuve i dossier con la schedatura (le“fiches”darannoil nome all’“affare”) che il Grand’Oriente, per contodel governo, faceva degli ufficiali francesi, al fine dibloccare la carriera di quelli cattolici. Lo scandalo chene seguì portò alle dimissioni del ministro della Guer-ra, il generale André e, nel 1905, dello stesso capo delgoverno, il massone Emile Combes (cf HENRY CO-STON, La République du Grand-Orient, La LibrerieFrançaise, (1964) 1976, 1982, pp. 67-85).

23) CHANOINE SAUVETRE, Un bon serviteur del’Eglise: Mgr Jouin, Paris, Casterman, 1936, riedizione:Vie de Mgr Jouin Saint-Rémy, Cadillac, s.d., p. 167.Molti cattolici integrali, tra i quali gli stessi Mons. Beni-gni e soprattutto don Boulin, del Sodalitium pianum,collaborarono alla rivista di Mons. Jouin condividendo-ne la battaglia contro la giudeo-massoneria (era questal’espressione coniata da Mons. Jouin stesso). Tuttavia ilSodalitium pianum e Mons. Benigni non segnalaronomai la R.I.S.S. tra le riviste amiche, giacché non condi-videvano la posizione della rivista sulla questione delsatanismo nelle Logge, e soprattutto le relazioni di ami-cizia di Mons. Jouin con alcuni modernisti, quali Mons.Lacroix, Houtin, Hébert (cf E. POULAT, Intégrisme etcatholicisme intégral, Casterman, 1969, p. 282).

24) “La politica di [Mons.] Benigni – ricorda Pou-lat – aveva riposto tutte le sue speranze nell’arciducaereditario Francesco Ferdinando e in sua moglie Sofia,ed il loro assassinio a Sarajevo rappresentò un lutto peri cattolici integrali (Corr. Cath., 4 luglio 1914) (…) ‘Fi-glio mio, siete la nostra principale speranza in Europa’,gli aveva detto San Pio X…” (E. POULAT,Intégrisme…, op. cit., p. 528). Su Francesco Ferdinan-do ed i suoi rapporti con Francesco Giuseppe, cf CAR-LO SFORZA, Costruttori e distruttori, Donatello De Lui-gi, Roma, 1945 (cap. III: L’Arciduca Francesco Ferdi-nando, l’uomo che avrebbe potuto salvare l’Imperoasburgico, pp. 45-57); ed. francese: Les batisseurs del’Europe, 1945.

25) “Il governo imperiale di Vienna, come scrive la‘Civiltà Cattolica’, ‘accordò bensì la facoltà di convoca-zione del Congresso, ma non mandò alcun rappresen-tante ufficiale, ed eccetto la tutela dell’ordine pubblicoper mezzo delle guardie di pubblica sicurezza, non diè

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altro segno di adesione’ (1896, IV, 237)” (ROSARIO F.ESPOSITO, Chiesa e massoneria, un DNA comune, Nar-dini, Firenze, 1999, pp. 64-65).

26) R. ESPOSITO, Chiesa e massoneria, un DNAcomune, Nardini, Firenze, 1999, p. 88; repertorio deidocumenti: pp. 75-88. Il Fondo “Giantulli-Vannoni” diVerrua Savoia include una collezione della Rivista An-timassonica che era pubblicata a Roma a curadell’Unione Antimassonica. Nel 1896, la rivista pubbli-cò, come supplemento, un Bollettino Ufficiale del I°Congresso Antimassonico Internazionale. Ecco quantoscrisse il cardinal Rampolla in risposta al Principe Ve-scovo di Trento, che presiedeva i lavori del Congresso,allo conclusione dello stesso: “Illustrissimo e Reveren-dissimo Signore, La parola e la benedizione del SantoPadre accompagnarono i Cattolici congressisti raccoltia Trento, allo scopo lodevole di opporsi, conforme aipontificii insegnamenti, alla crescente audacia delle sèt-te massoniche. Era pertanto viva brama di Sua Santitàche l’opera del Congresso sortisse esito fortunato. Oradunque che la Signoria Vostra Illustrissima e Reveren-dissima che, in cotesta sua sede accolse e presiedè l’adu-nanza, informa autorevolmente del fausto coronamen-to dei comuni voti, l’augusto Pontefice non può noncompiacersene ed esprimere il desiderio e la fiducia chedal Congresso testé compiuto abbia origine una pru-dente e costante attività, per cui, risparmiando gli erran-ti, si sforzino i cattolici d’impedire l’ulteriore predomi-nio degli errori massonici. Lieto di esprimere personal-mente alla S.V. la Pontificia soddisfazione per lo zeloadoperato alla prospera riuscita del Congresso medesi-mo e partecipandole l’Apostolica Benedizione, Le con-fermo i sensi della ben distinta mia stima e mi ripeto,devotissimo per servirla Mariano Card. Rampolla”(Dicembre 1896, p. 16).

27) José Calasanz Vivès y Tuto, (1854-1913) cap-puccino spagnolo, creato cardinale da Leone XIII nel1899. Fedele a Leone XIII, fu anche “’uno dei consi-glieri più ascoltati’ di Pio X e di Merry del Val(anch’egli spagnolo): uno dei tre cardinali, conquest’ultimo e De Lai, che aveva la fiducia del Papa eche questi consultava per i casi difficili, come testimo-niarono al Processo di canonizzazione i cardinali Sili eGasparri (Positio super virtutibus, pp. 276 e 456)” (E.Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, Casterman,Paris, 1969, p. 587). Il Cardinal Vives era vicinissimonon solo a San Pio X, ma anche, naturalmente, al So-

Il primo congresso internazionale antimassonico diTrento del 1896. Un esempio dell'impegno

antimassonico del pontificato di Leone XIII

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dalitium pianum di Mons. Benigni, il quale, dovendodifendere il Sodalitium dalle accuse che portarono alsuo scioglimento, citò proprio il defunto cardinal Vi-ves y Tuto tra i prelati che erano al corrente dell’esi-stenza del sodalizio, che ne erano garanti e che si ser-vivano della sua azione (cf Risposta ufficiale di Mons.Benigni al card. Sbarretti, del 16 novembre 1921, inPOULAT, cit., pp. 578-586). Sulla posizione di Vives yTuto al conclave del 1903 in favore del card. Rampollacf CH.-PH. CHANUT, L’élection de Saint Pie X, op. cit.,pp. 109, 128, 210, 227): il cardinal Vives fu il “miglioreagente elettorale” di Rampolla, la sua “dedizione alcardinale era totale” e sull’esempio di Vives i cardinalispagnoli votarono per Rampolla fino all’ultimo scruti-nio. Un tale atteggiamento da parte di un porporatoche sarà capofila della lotta antimodernista sarebbe in-spiegabile nel caso del minimo sospetto, da parte sua,di una collusione di Rampolla con la massoneria.

28) Cf la tavola dei sei scrutini pubblicata da Cha-nut (op. cit., pp. 252-255).

29) Traduzione di UGO BELLOCCHI, Tutte le enci-cliche e i principali documenti pontifici emanati dal1740, Libreria Editrice vaticana, vol. VII, pp. 71-73.

30) Cf GAETANO MORONI, Dizionario di erudizio-ne storico-ecclesiastica,, Tipografia Emiliana, Venezia,1843, vol. XXII, voce: Esclusiva; CARD. WISEMAN,Souvenir sur les quatres dernières Papes, Bruxelles,1858, pp. 388-389; Enciclopedia cattolica, voci Pio VII,Pio IX.

31) È questa la ragione del Veto secondo l’Enci-clopedia Cattolica (voce Rampolla): “Aggravò i perico-li della situazione l’isolamento politico della Santa Sededi fronte all’Italia, alleata con l’Austria-Ungheria e conla Germania, ciò che mosse il Rampolla, appoggiato dalPontefice, a normalizzare i rapporti con la Francia re-pubblicana ed in particolare ad inserire le forze cattoli-che nella vita politica della nazione, dalla quale eranorimaste avulse dal 1870, a causa della loro pregiudizialemonarchica. Questo ralliement, dettato dalla necessità disalvaguardare la S. Sede contro l’anticlericalismo italia-no, e tendente forse anche a modificare a proprio favorel’indifferenza asburgica verso il papato, fu interpretatoinvece dalle sfere governative viennesi come una presadi posizione contro le potenze della Triplice Alleanza. Efu appunto il timore di un papa ‘francese’ a determinareFrancesco Giuseppe a far porre dal card. Puzyna, ve-scovo di Cracovia, il veto all’elezione al pontificato diRampolla nel Conclave dell’agosto 1903”.

32) E. POULAT, Catholicisme, démocratie et socia-lisme. Le mouvement catholique et Mgr Benigni de lanaissance du socialisme à la victoire du fascisme, Ca-sterman, Paris, 1977, p. 415. Secondo Meysztowicz, ilgoverno zarista voleva “russificare” le diocesi polac-che loro sottomesse, anche nella liturgia, ed aveva ot-tenuto il favore della Segreteria di Stato. Fu allora chei vescovi polacchi delle provincia annesse alla Russiachiesero al card. Puzyna di intervenire. Egli ottenne –tramite il Conte Goluchowski, ministro degli esteri delgoverno austro-ungarico – un’istruzione di FrancescoGiuseppe che lo incaricava di porre il veto al cardinalRampolla. “Il gesto del cardinal Puzyna, i cui motivierano a tutti sconosciuti, e che fu attribuito a semplicedocilità verso Francesco Giuseppe, fu molto mal vistodagli altri cardinali. (…) Il cardinal Puzyna non potevaobiettare alcunché per difendersi. Si chiuse nel mutismoanche quando, di ritorno a Cracovia, fu rimproveratodal suo clero che non capiva il suo gesto. Ma il rituale

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russo non ottenne l’autorizzazione della Santa Sede e ilpericolo al quale avrebbe esposto la Chiesa in Poloniafu scongiurato” (p. 139).

33) È l’opinione di CHRISTIAN-PHILIPPE CHANUT

in L’élection de Saint Pie X, (op. cit., p. 207) che l’attri-buisce ai cardinali più al corrente delle cose.

34) La Santa Sede non riconosceva il governo ita-liano e l’occupazione di Roma (incluso il palazzo pa-pale, divenuto reale, del Quirinale) per cui era sconve-niente il contatto tra il Rampolla e un ambasciatorepresso uno stato non riconosciuto dalla Chiesa.

35) FILIPPO CRISPOLTI, Pio IX, Leone XIII, Pio X,Benedetto XV. (Ricordi personali), Treves-Treccani-Tumminelli, Milano-Roma, 1932-X, pp. 154-155.

36) Cf YVES CHIRON, Saint Pie X, réformateur del’Eglise, publications du Courrier de Rome, Versailles,1999, p. 141.

37) A. LOUBIER, Démocratie cléricale, Ed. SainteJeanne d’Arc, Vailly-sur-Sauldre, 1992, pp. 102-103.

38) La sua rivista non appare nell’elenco delle “ri-viste amiche” del Sodalitium Pianum (cf E. POULAT,Intégrisme…, op. cit., p. 69) ma ad essa collaborò conlo pseudonimo di Roger Duguet (ivi, p. 76) – come an-che alla R.I.S.S. come Pierre Colmet – l’abbé PaulBoulin (1875-1933), amico di Mons. Benigni e mem-bro del Sodalitium.

39) L’episodio narrato da Lacointa è riferito da H.Coston, La République du Grand Orient, op. cit., p. 171;da G. VIREBEAU, Prélat et Franc-Maçons, op. cit., p. 24;dal Marquis de la Franquerie, L’infaillibilité pontificale,Diffusion de la pensée française, Chiré-en-Montreuil, IIed. 1973, p. 76 (riassume il fatto, fa il nome del cardina-le, che sarebbe Merry del Val, e lascia intendere chemons. Marty abbia raccontato l’accaduto direttamentea lui e non a Lacointa); da F. CAUSAS, in Sous la banniè-re, n. 126, agosto 2006, p. 5-6. Causas critica apertamen-te San Pio X perché avrebbe distrutto le prove del mi-sfatto: “Non è forse triste che San Pio X abbia ordinatodi bruciare queste prove schiaccianti per salvare dal dis-onore (?) la memoria del cardinale fellone! Lo scandalodei deboli di spalle larghe? Così dunque i peggiori nemi-ci della Chiesa e i loro complici ecclesiastici avrebberoogni garanzia per compiere il loro abominevole lavorodi termiti, minare la Chiesa da capo a piedi, e noi do-vremmo – dopo la loro morte e soprattutto quando dis-poniamo di prove del loro tradimento – preservare la lo-ro memoria dallo scandalo e dal disonore di esporre sul-la piazza pubblica le loro più vili malefatte? Che tristocomportamento! Dunque, il Nemico può avanzare tran-quillamente senza che alcuna sentinella osi gridare all’al-larme? Quanto a noi preferiamo, con Santa Caterina daSiena, gridare la verità con ogni accento e su tutti i tetticon ‘centomila lingue’, che questo piaccia o no” (ivi, p.10, nota 10). Le parole di F. Causas sono inammissibiliper ogni cattolico, in quanto non solo viene criticatosenza rispetto un Papa, ma un Santo. Si rende contol’autore di queste righe che il suo giudizio è un’implicitanegazione della santità di Pio X? (a prescindere del fat-to che San Pio X abbia realmente dato ordine di brucia-re quei documenti, se mai sono esistiti, oppure no).

40) Cf Sous la bannière, n. 126, pp. 7-8. Vedremocome il Marchese della Franquerie riprenderà la testi-monianza dell’anonimo sacerdote francese a suo mo-do…

41) Ho trovato il testo della lettera al cardinalAmette in La Semaine Religieuse du Diocèse de Gre-noble (n. 49, 22 luglio 1915, pp. 690-691).

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42) Cf F. CRISPOLTI, op. cit., pp. 156-158. L’autoreintendeva sottolineare la differenza di carattere tral’“abbottonatissimo” cardinal Rampolla, e il più impru-dente discepolo card. Della Chiesa-Benedetto XV…

43) Cf E. POULAT, Intégrisme et catholicisme inté-gral, op. cit. p. 330.

44) Cf L. BEDESCHI, L’antimodernismo in Italia.Accusatori, polemisti, fanatici, San Paolo, 2000, pp. 33,69, 100-102, 123, 173, 184. L’autore, come indica il sot-totitolo, è modernista dichiarato (o meglio, era, poichéè morto recentemente).

45) Quotidiano fondato nel 1892 da ÉdouardDrumont (1844-1917), scrittore nazionalista e antise-mita francese, fortunato autore de La France juive(1886). Nel 1910 Drumont vende il giornale ad HenriBazire (1873-1919), ex presidente dell’ACJF (Actioncatholique de la jeunesse française), e Joseph Denais(1877-1960), i quali lo rivendono all’Action Françaisenel 1924. Durante il periodo di Basire, La libre parolesi oppone ai cattolici integrali, che consideravano LaLibre parole organo “democratico liberale” (e per loroe per noi non era un complimento). Nel 1924 il quoti-diano scompare, ed è ripreso più tardi da JacquesPloncard d’Assac (nazionalista cattolico, che conobbeMons. Benigni) nel 1928-1929, quando viene pubblica-to l’articolo su Rampolla. Ne era direttore politico ildott. Jules Molle (1868-1931), deputato antisemita diOran (Algeria) per il Parti National Populaire di Do-riot. Dopo una nuova breve cessazione delle pubblica-zioni, nel 1930 ne divenne direttore Henri Coston, finoalla scomparsa del giornale nel 1939 (cf E. Poulat, In-tégrisme et catholicisme intégral, Casterman, Paris, pp.237-239; H. COSTON, Dictionnaire de la politique fran-çaise, (1967-1982), vol. I, p. 638, 709; H. Coston, LaRépublique du Grand Orient, op. cit., pp. 171-172).

46) Ecco i riferimenti esatti dati da Lacointa: “TheEquinox, an XV, vol. III, n. 1, March 1919 E.V., TheUniversal Publishing Company, 57 Grand River Ave-nue, Detroit, Michigan. Price: 666 cent (!)” (cit. in Sousla bannière, n. 126, luglio-agosto 2006, p. 6).

47) FELIX LACOINTA, Le Frère .˙. Rampolla, in LeBloc antirévolutionnaire, giugno-luglio 1929, articoloriprodotto quasi integralmente da Felix Causas inSous la Bannière, n. 126, luglio-agosto 2006. Le frasicitate sono alle pagine 6-8 di Sous la bannière.

48) H. COSTON, La République du Grand Orient,op. cit., p. 172.

49) “It is probabile that for many years the O.T.O.existed only in its founder’s imagination, for nothingseems to have been heard of it between 1895, the date ofits supposed establishment, and 1904, when it began tobe mentioned by name in a periodical called the Ori-flamme” (The Secret Rituals of the O.T.O., Edited andIntroduced by FRANCIS KING, C.W. Daniel Company,London, 1973, p. 22). Cf anche M. INTROVIGNE, Il cap-pello del mago, Sugarco, 1990, p. 267 ss; M. Introvigne,Il ritorno dello gnosticismo, Sugarco, 1993, p. 162.

50) M. INTROVIGNE, Il ritorno dello gnosticismo, op.cit., pp. 163-164; cf Il cappello del mago, op. cit., p. 251.

51) Undici di essi nel canone della messa di Cro-wley, gli altri due sono aggiunti nel canone della messadi Reuss. Solo Rampolla è depennato.

52) J. SYMONDS, La grande bestia. Vita e magia diAleister Crowley. Prefazione di Julius Evola, Mediter-ranee, 1972, Roma, pp. 24 ss. Sconsigliamo vivamentela lettura di tutto quello che concerne l’O.T.O. eCrowley.

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53) J. SYMONDS, op. cit. p. 22.54) MARQUIS DE LA FRANQUERIE, L’infaillibilité

Pontificale. Le Syllabus, la condemnation du moderni-smo et la crise actuelle de l’Eglise. Conférences, Diffu-sion de la Pensée Française, Chiré-en-Montreuil, 1973(seconda edizione), p. 76.

55) MARQUIS DE LA FRANQUERIE, Maurras.Grand défenseur des vérités éternelles, nel 20° anniver-sario della morte, supplemento al n. 7 del Bulletin del’Occident Chrétien, p. 3.

56) Juifs et chretiens, demain, Allocuzione del car-dinal Jean-Marie Lustiger, Arcivescovo di Parigi, in oc-casione del conferimento del Premio Nostra Aetate chegli è stato conferito, congiuntamente al Gran RabbinoSirat, dal Centro per la Comprensione tra Ebrei e Cri-stiani (CCJU) dell’Università del Sacro Cuore, a Fair-field, Connecticut (USA), il 20 ottobre 1998, nota 5.

57) MARQUIS DE LA FRANQUERIE, Le Saint Papeet le Grand Monarque d’après les propheties, Ed. deChiré, 1980, pp. 17, 30, 14 nota 3. Il tema del “GranMonarca” ha sempre avuto una vasta eco in ambientieterodossi; in Italia è famoso il caso di David Lazza-retti (1834-1878), il “profeta” del Monte Amiata.

58) In Le Saint-Siége et le “Secret de La Salette”(Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia, 2004), illettore troverà i testi della condanna del parroco – tracui una lettera del cardinal Merry del Val e una di SanPio X (pp. 12-14) e una loro presentazione (p. 36).

59) ROGER DUGUET (Paul Boulin), Autour de laTiare, F. Sorlot, Paris, s.d. (testo del 1931). L’abbéBoulin, che conobbe Rigaux nel 1914, pubblica e com-menta un documento che era in possesso del Parrocod’Argoeuves di profezie sui Papi. L’abbé Rigaux – eradevoto al Segreto di La Salette, a Nostradamus, allacausa dei Naundorff e alla teoria del ‘Gran Monarca edel Santo Papa’ (pp. 39-46 ad es.). L’abbé Boulin spie-ga come invece quelle “profezie” siano nate in am-biente “spirituale” (francescani eretici gioachimiti) eghibellino (famiglia Colonna), un po’ come la pseudo-profezia di San Francesco di cui in Sodalitium, n. 49,aprile 1999, pp. 65-67.

60) Sulle eresie di F. Crombette cf Fr. PIERRE-MARIE O.P., D. VIAIN, G. SALET, Crombette et le crom-bettisme, Editions scientifiques Saint-Edme. Di Crom-bette ho letto personalmente Lettera al mio Vescovo,uno scritto del 21 giugno 1962, diffuso dal CESHE.L’errore di fondo consiste nella negazione dell’autori-tà del magistero della Chiesa. Altri errori importanti:la negazione della transustanziazione e la preesistenzadell’anima umana di Cristo.

61) Lecture et Tradition, n. 179, gennaio 1992, pp.21-24.

62) Sodalitium, n. 32, p. 30.63) “Nessun profeta ha descritto con maggior esat-

tezza o più dettagli la nostra epoca di un venerabile,morto nel 1658, Bartolomeo Holzhauser. Nella sua ‘In-terpretazione dell’Apocalisse’, scritta sotto ispirazionedivina…”; “ma torniamo all’’Interpretazione dell’Apo-calisse’, ispirata da Dio al Venerabile Holzhauser”(MARQUIS DE LA FRANQUERIE, Le Saint Pape et leGrand Monarque d’après les prophéties, Ed. de Chiré,1980, pp. 5 e 12).

64) A. ROMEO, in Enciclopedia Cattolica, 1948,Città del Vaticano, voce Anticristo, vol. I, col. 1439.

65) Cf Sous la bannière, n. 126, p. 8.66) Cf L’infaillibilité pontificale…, p. 76, ripreso

da Sous la bannière, p. 5.

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67) Cf A. LOUBIER, Démocratie clericale, op. cit.,che giunge al punto di accusare Pio VII di scisma peraver sottoscritto il Concordato: “Ne seguì, come si sa,lo scisma della Petite Eglise. Ma chi parla di scisma?La firma di questo concordato non era forse scismaticasotto molti punti di vista? Non realizzava nella pratical’installazione della Chiesa di Talleyrand e del suo per-sonale, cosa che la Convenzione non era riuscita a farea causa dell’opposizione dei popoli cattolici? Non erala costituzione civile del clero, tale quale Pio VI l’avevacondannata perché giudicata scismatica?” (p. 29). Con-tro quest’impostazione, cf J. MORIN, E. VICART, LePape Pie VII précurseur de Vatican II?, presso l’auto-re, Saint-Malo (vedi la recensione su Sodalitium, n. 49,pp. 72-73).

68) L’accusa si trova ad esempio nel libro chescrisse nel 1916/17 il Marchese de la Vauzelle: Le Se-cret de la Salette devant l’Episcopat français, e chel’editore Delacroix ha ristampato nel 2002. Non è uncaso che si tratti dello stesso editore che pubblicòL’Eglise eclipsée, opera di cui abbiamo già parlato, eche ha rilanciato in pubblico l’accusa contro il Cardi-nal Rampolla. Il povero Marchese, in applicazione deldecreto del S. Uffizio del 21 dicembre 1915 sul “segre-to di La Salette”, fu privato dei sacramenti dal suo or-dinario, il Vescovo di Frejus, con decreto del 13 gen-naio 1916, confermato, contro un ricorso del Marche-se, con decreto del S. Uffizio del 21 agosto 1916. I do-cumenti in questione, pubblicati dallo stesso marchesenel suo libro, saranno aggiunti in una prossima edizio-ne del volumetto da noi pubblicato: La Santa Sede e ilsegreto di La Salette. Il libro del Marchese de la Vau-zelle è diffuso anche dalla DPF…

69) André Le Sage de la Franquerie, collaborato-re del Bloc, di Lacointa, fu anche segretario dei Comi-tés royalistes e delle sezioni dell’Action Française. Hogià citato una sua conferenza in onore di Maurras,ove, tra l’altro, disse: “uno degli onori della mia vitasarà quello di aver conosciuto, frequentato spesso eamato il Maestro” (p. 2). Nella stessa conferenza, nonmancano le critiche personali a Pio XI e ai cardinaliGasparri e Cerretti (pp. 30-31). Felix Lacointa, “mo-narchico e cattolico fervente”, “dopo la condannadell’Action Française da parte del Vaticano (1927), tra-sformò la sua pubblicazione [le Bloc catholique] inBloc antirévolutionnaire” (H. COSTON, Dictionnaire dela politique française, vol. III, p. 392 e vol. IV, p. 396).I modernisti hanno sempre identificato le posizioni deicattolici integrali (come il Sodalitium pianum di Mons.Benigni) e quelle del nazionalismo integrale di Maur-ras e dell’Action Française, fin dal libro di NicolasFontaine (pseudonimo di Louis Canet) Saint Siège,“Action Française” et “Catholique intégraux”, (Paris,Gamber, 1928); confusione mantenuta da Padre CON-GAR o.p. in Vrai et fausse réforme de l’Eglise Cerf, Pa-ris, 1950 (pp. 604-622, appendice III: Mentalité “dedroite” et Intégrisme en France) e poi più esplicitamen-te in La crise dans l’Eglise et Mgr Lefebvre, Parigi,1976, tr. It. La crisi nella Chiesa e Mons. Lefebvre,Brescia, 1976. In realtà, se comune era la stima di SanPio X e del suo pontificato (cf Ch. MAURRAS, Le Bien-heureux Pie X, Sauveur de la France, Plon, 1953), e co-muni erano molti nemici e avversari (protestantesimo,liberalismo, giudaismo, democrazia cristiana, masso-neria), il Cattolicesimo integrale di un Mons. Benignied il Nazionalismo integrale di Ch. Maurras non pote-vano che escludersi a vicenda sul piano speculativo (i

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maestri dell’A.F., quali Renan, Taine, Comte ecc. nonerano certo cattolici, come pure il suo capo indiscusso,Maurras). Sul piano pratico, la rottura non ci fu (an-che se ci mancò poco), ma neppure la collaborazione(cf E. POULAT, Intégrisme et catholicisme intégral, op.cit., pp. 15, 78, 239, 265, 281, 399, 471). Sul nazionali-smo, il programma del Sodalitium pianum enunciavaal punto 11: “Noi siamo pienamente (…) contro il na-zionalismo pagano che fa riscontro al sindacalismoareligioso (quello considerando le nazioni, come que-sto le classi, quali collettività di cui ciascuna può e devefare amoralmente i propri interessi al di fuori e controquelli degli altri, secondo la legge brutale di cui abbia-mo parlato); e, nello stesso tempo, contro l’antimilitari-smo e il pacifismo utopista, sfruttati dalle Sètte allo sco-po d’indebolire e addormentare la società sotto l’incu-bo giudeo-massonico; per il patriottismo cristiano dicui la storia della Chiesa cattolica ci ha dato sempresplendidi esempi” (Disquisitio, cit., p. 265). Se, di fatto,alcuni cattolici integrali sostennero poi anche l’ActionFrançaise, e viceversa alcuni nazionalisti difesero il So-dalitium pianum, ciò non toglie che le due cause nonerano certo le medesime.

70) Nessuno ignora che il Cristianesimo nascenteinsegnava (già nel Nuovo Testamento) la fedeltà deibattezzati agli Imperatori, pur essendo costoro paganie persecutori, fermo restando il dovere di non tenerconto delle “leggi” contrarie al diritto naturale e divi-no. Dopo il trionfo del Cristianesimo, la Chiesa nonha mancato di insegnare il diritto del Papa a deporre iSovrani che mancavano al loro dovere, e quindi la fa-coltà di sciogliere i sudditi dall’obbligo dell’obbedien-za. Poiché una tale decisione era sovente però imprati-cabile, la Santa Sede ha spesso imposto ai cattolici latolleranza di regimi non cattolici e finanche persecuto-ri, come nel caso dell’Irlanda e della Polonia, oppressedall’Inghilterra protestante e dalla Russia scismatica(ad es. Gregorio XVI, enc Cum primum del 9 giugno1832; enc. Mirari vos del 15 agosto 1832; ep. Litteras li-bentissime del 6 aprile 1839; mentre in circostanze di-verse fu pure diverso il linguaggio di Pio IX sulla Polo-nia e la Russia nel 1864). Il caso della Francia, pertan-to, non fu certo il primo o l’unico, e la politica di Leo-ne XIII e del cardinal Rampolla verso il governo fran-cese, pur rivelatasi di fatto un insuccesso, non era incontrasto con una lunga tradizione diplomatica e an-che dottrinale. Sul diritto d’insurrezione o l’obbligo disottomissione al governo costituito, cf San Tommaso,Summa Theologica, II-II, q. 42, a. 2, corpus e ad 3.

71) Cf AZZOLIN, op. cit., p. 83, 184-186, 245-246,359-360.

72) Cf G. VANNONI, Massoneria, Fascismo e Chie-sa cattolica, Laterza, 1979, pp. 167-171. L’A., in chiaveanti-conciliarista, presenta gli argomenti pro e contro,con personale favore al massonismo di Gasparri.

73) “Avete sostenuto con costanza e con coraggio idiritti della Chiesa cattolica – non senza pericolo per lavostra vita – contro le sètte nemiche della religione…”,così scriveva Benedetto XV, un tempo il più strettocollaboratore di Rampolla, a Mons. Jouin, nel BrevePraestantes animi laudes del 23 marzo 1918.

74) “Monsignore, il Sommo Pontefice si è degnatodi gradire con paterna benevolenza l’omaggio del vo-stro nuovo studio sulla ‘Guerre Maçonnique’. A ragio-ne, in questo lavoro, avete avuto cura di mettere in lucecon documenti e ragionamenti irrefutabili, la dottrinache conduce fatalmente, come lo si vede oggi, alla nega-

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zione stessa di Dio, all’ateismo sociale, al ‘laicismo’,forma attuale di questa empietà che, per il maggiordanno dei popoli, pretende bandire dalle società ognitraccia di religione e ogni intervento della Chiesa. Aveteavuto particolarmente cura di far risultare, malgrado lemenzogne che a volta ingannano i cattolici stessi,l’identità della Massoneria con se stessa, sempre eovunque, come pure la continuità del piano delle sette,il cui disegno è certo la rovina della Chiesa cattolica.Sua Santità è lieta quindi di felicitarsi e a incoraggiarvinei vostri lavori, la cui influenza può essere così fecon-da nel mettere in guardia i fedeli e nell’aiutarli a lottareefficacemente contro ciò che tende a distruggere l’ordi-ne sociale al pari della religione. (…)” (P. Card. Ga-sparri a Mons. Jouin, 20 giugno 1919). Non si trattacerto di parole di circostanza.

75) Eugenio Pacelli (Pio XII) fu allievo di Mons.Umberto Benigni alle lezioni di diplomazia che egli te-neva all’Accademia dei Nobili Ecclesiastici. QuandoMons. Benigni dovette dare le dimissioni dal Segreta-riato agli Affari Ecclesiastici Straordinari “per non ce-dere ad una insurrezione di Vescovi esteri contro di lui,pochi, tanti da contare sulle dita, restarono a lui attac-cati”. Tra questi “monsignor Eugenio Pacelli” il suosuccessore, il quale, “allora e dopo, e mentre tutti tira-vano sassi sul caduto per la difesa di una idea che delresto è tutt’altro che spenta, è stato, insieme ad un altroeminentissimo porporato (che nella sua modestia na-sconde sentimenti altissimi di pietà e di fede) colui chenon solo ricordò, quando ne ebbe occasione, il suo an-tico Sostituto e professore, ma ebbe rispettosa conside-razione per le sue dottrine”. Così scrisse un’amico sin-cero di Mons. Benigni, il giornalista Guido Aureli(1869-1955), nipote del cardinal Galimberti, che diRampolla era avversario, su La Vita italiana (fascicoloCCCXII, marzo 1939, p. 279). E in effetti, la canoniz-zazione di San Pio X e l’elogio di Mons. Benigni nellaDisquisitio sono il più bel regalo che Pio XII avrebbepotuto fare al suo vecchio maestro.

76) F. CRISPOLTI, op. cit., pp. 130-132.77) Ibidem, p. 128.78) Sulle vicende romanzesche che portarono allo

scioglimento del Sodalitium pianum, cf E. Poulat, Inté-grisme…, passim. La prima denuncia a Roma, dopo lamorte di San Pio X, venne dall’arcivescovo d’Albi,Mons. Mignot (1842-1918), protettore dello scomuni-cato Loisy. Ma il complotto che condusse allo sciogli-mento iniziò in Germania, presso i sostenitori della“scuola di Colonia” che difendeva l’interconfessionali-smo dei sindacati cristiani, contro le direttive di SanPio X. È in questi ambienti che si riuscì ad ottenne daldirettore politico dell’amministrazione militare tede-sca in Belgio, Van der Lancken-Wakenitz, un ordinedi perquisizione contro un membro fiammingo del So-dalitium, l’avv. Joncks, di Gand (18 maggio 1915) conla conseguente confisca dei documenti riservati del So-dalitium. Alle autorità germaniche, Mons. Benigni erastato falsamente presentato come implicato in atti dispionaggio a favore della Russia, della Serbia e dellaFrancia! La prima fase vide coinvolti elementi moder-nizzanti tedeschi, belgi e olandesi; il padre camillianoHöner († 1920) resta in possesso dei documenti. La se-conda fase ha inizio nel 1921, quando lo storico sulpi-ziano Fernand Mourret (1954-1938), amico del moder-nista Blondel, che sarà tenuto al corrente di tutta lamanovra, si reca dal sacerdote olandese Geurts, erededel fondo Höner. Di ritorno a Parigi con copia dei do-

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cumenti, l’affare vien preso in mano dai gesuiti di Etu-des, che avevano avversato la politica religiosa di SanPio X: sono coinvolti i Padri de Grandmaison, du Pas-sage, Roland-Gosselin, Desbuquois, Danset, Dumont,Gadenne, d’Herbigny… (il che spiega, anche se nongiustifica, la campagna anti-gesuita di Mons. Benigni edon Boulin negli anni ’20). Nell’aprile 1921, Mourretcompone un memoriale anonimo sul Sodalitium che fuinviato a Roma, tra l’altro ai Cardinali Gasparri (se-greteria di Stato) e Cerretti (affari ecclesiatici straordi-nari) con lo scopo di ottenere la soppressione del So-dalitium Pianum (praticamente inattivo dal 1914). Il10 novembre 1921 il card. Sbarretti, della S.C. delConcilio (la Congregazione che aveva trattato gli affa-ri del Sodalitium sotto San Pio X) interpella Mons.Benigni per la prima volta; il 25 novembre il Cardinalechiede a nome di Benedetto XV di sciogliere il Sodali-tium; il 1 dicembre Mons. Benigni annuncia lo sciogli-mento del Sodalizio per l’8 dicembre 1921. Ufficial-mente (ed è questo che conta) il S.P. non fu oggetto dialcuna condanna, e lo scioglimento fu richiesto solodate “le mutate condizioni”; in realtà, si disapprovava,ma non lo si poteva dire, quanto aveva deciso al pro-posito san Pio X. Il processo di canonizzazione di Pa-pa Sarto darà ragione a quest’ultimo. Dopo la fine delS.P. nacque la “leggenda nera” dello stesso in seguitoa una campagna di stampa durata dal 1922 al 1928 emossa da ambienti governativi francesi e ambienti ec-clesiatici liberali, in occasione della condanna dell’Ac-tion Française di Maurras. Questa campagna sfociò nelfamoso volume Saint-Siège, ‘Action Française’ et ‘Ca-tholiques intégraux’ (1928), a firma Nicolas Fontaine.Si trattava di uno pseudonimo (N. Fontaine era un an-tico giansenista) dietro il quale si celava Louis Canet(1883-1958), alto funzionario governativo, esecutoretestamentario di Loisy e amico di Laberthonnière, ilquale metteva nello stesso sacco il cattolicesimo inte-grale di Mons. Benigni e il nazionalismo integraledell’Action Française, in piena bufera dopo la condan-na di Roma. Bisognerà attendere il 1950, con la pub-blicazione della Disquisitio vaticana su Pio X e Mons.Benigni, per vedere trionfare la verità con la piena ri-abilitazione di Mons. Benigni. Nel frattempo però inFrancia l’integrismo era diventato definitivamente unospauracchio, denunciato nientemeno che da una lette-ra pastorale dell’arcivescovo di Parigi, il Cardinal Su-hard (Essor ou déclin de l’Eglise, Lettera pastorale peril 1947). Meno di un ventennio dopo, e le acque torbi-de del “Reno” (la teologia modernista che sotto trac-cia dominava già in Francia, Germania, Belgio, Au-stria, Olanda, Svizzera) si gettavano nel Tevere roma-no col Vaticano II, col quale il modernismo ha vintouna battaglia importante di una guerra già – divina-mente - persa. Le porte dell’inferno non prevarranno!

79) R. DE MATTEI, Modernismo e antimoderni-smo nell’epoca di Pio X in M. BUSI, R. DE MATTEI, A.LANZA, F. PELOSO, Don Orione negli anni del moder-nismo, Jaca Book, Milano, 2002, pp. 68-71.

80) Cf ANGELO TAFI, Il servo di Dio Mons. Gio-vanni Volpi (1860-1931), Arezzo, 1981. Mons. Volpi fudirettore spirituale di S. Gemma Galgani e della B.Elena Guerra.

81) GIOVANNI AZZOLIN, Gli Scotton. Prediche bat-taglie imboscate, La Serenissima, Vicenza, 1998.

82) Su tutta la questione, si veda anche F. RICOS-SA, Il Papa del Concilio; Terza puntata: da Bergamo aRoma (1914-1925) in Sodalitium, n. 24.

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83) Cf LUCIA BUTTURINI, Tradizione e rinnova-mento nelle riflessioni del giovane Roncalli, in:AA.VV., Un cristiano sul trono di Pietro, Servitiumeditrice, Gorle (Bergamo), 2003, pp. 13-26. Propriol’americanismo spiega il particolare modernismo diRoncalli, pragmatico, ottimista, desideroso di “aggior-namento”.

84) “Il Modernismo si proponeva (…) di trasfor-mare il cattolicesimo dall’interno, lasciando intatto, neilimiti del possibile, l’involucro esteriore della Chiesa: ‘Ilculto esteriore,- continua Buonaiuti – durerà semprecome la Gerarchia, ma la Chiesa, in quanto maestra deisacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia e

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il culto, secondo i tempi: essa renderà quella più sempli-ce, più liberale, e questo più spirituale; e per quella viaessa diventerà un protestantesimo ortodosso, graduale,non violento, aggressivo, rivoluzionario, insubordina-to; un protestantesimo che non distruggerà la continuitàapostolica del ministero ecclesiastico né l’essenza stessadel culto’” (M. BUSI, R. DE MATTEI, A. LANZA, F. PE-LOSO, Don Orione negli anni del modernismo, JacaBook, Milano, 2002, p. 50). La citazione di Buonaiuti,l’ultimo scomunicato “vitando”, è tratta da: E. Buo-naiuti, Il modernismo cattolico, Guanda, Modena,1943, p. 130; cf anche Sodalitium, n. 55 (dicembre2002), pp. 54-55.

“Con il Papa e per il Papa”Vita di Don Davide Albertario, giornalistaintransigente.

don Ugolino Giugni

Prima parte: La formazione e le battaglie dell’Osservatore Cattolico

Nel 2002 ricorrevano i cento anni dallamorte di don Davide Albertario, sacer-

dote lombardo nonché illustre e battaglierogiornalista che lavorò sotto i pontificati diPio IX e Leone XIII. In questo articolo ciproponiamo di portare a conoscenza deilettori la sua vita e la sua opera. Ai suoitempi Albertario era un giornalista cono-sciutissimo e non aveva bisogno d’alcunapresentazione, ma oggi, essendo passato unsecolo, il tempo ha fatto un po’ dimenticarela sua persona ed è quindi necessario e do-veroso ricordare ciò che ha fatto. Di luiscriveva il suo biografo Giuseppe Pecora“ha insegnato ai cattolici in ore di gravi ten-tazioni, la coerenza fino al sacrificio, la ne-cessità della difesa a contrattacco, e, sopraogni altra cosa la fedeltà alla Cattedra diPietro anche quando condanna e castiga”.

Periodo storico

Don Albertario visse in quel travagliatoperiodo che fu la seconda metà dell’800che vide il compiersi della rivoluzione conla realizzazione risorgimentale della “unitàd’Italia” ispirata dalla massoneria, nonchégli inizi del Regno d’Italia, il concilio Vati-cano I, la presa di Roma (1870) con la per-dita del potere temporale dei Papi. Alber-tario visse sotto i lunghi pontificati di Pio

IX e di Leone XIII durante i quali guidò lebattaglie dei cattolici intransigenti e animòanche gli inizi del movimento cattolico ita-liano nella difficile situazione di opposizio-ne tra la Chiesa e lo stato unitario che necalpestava i diritti.

Origini: i primi anni, la formazione

Davide Albertario nacque il 16 feb-braio 1846 a Filighera in provincia di Pa-via. Quinto dei quattordici figli di PietroPaolo Albertario e di Marianna Bianchi; lasua famiglia, di ceppo contadino e di stilepatriarcale (sottolineato dai ricorrenti no-mi di battesimo biblici usati quali: Mosé,Davide, Aronne, Giuditta, Giuseppe), eraradicata da circa dieci generazioni alle “ca-se nuove” di Filighera. Questa terra gene-rosa e pingue che dava loro il sostentamen-to aveva una profonda influenza sugli Al-bertario: “da essa traevano la calma, la se-renità e la fermezza; essa ispirava la confi-denza in Dio creatore e conservatore, laserietà della vita, l’umiltà e la gioia del la-voro, l’amore per gli infelici e i poveri, larassegnazione al dolore, la certezza

Don Davide Albertario, sacerdo-te lombardo, battagliero giorna-lista lavorò sotto i pontificati diPio IX e Leone XIII: “ha insegna-to ai cattolici la coerenza fino alsacrificio e, sopra ogni altra co-sa, la fedeltà alla Cattedra diPietro anche quando condannae castiga”

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dell’immortalità. Nello spettacolo quotidia-no dei loro campi trovavano la conferma diquelle verità religiose che apprendevanonella chiesa e nella scuola. Chi si allontana,sedotto dai miraggi della città e non tornapiù, si condanna alla nostalgia; chi vi ritor-na rinnovella le forze e le energie a contat-to con la propria terra” (1). L’amore per lasua terra sarà sempre fortissimo in don Da-vide, neanche la passione per il giornalismoriuscirà a spegnerlo, e nei momenti di sco-raggiamento e di riposo dalle lotte, ad essatornerà sempre con piacere.

Davide Albertario “si sentiva, con rudeorgoglio, figlio di popolo, rampollo dischiatta non fiaccata dai vizi e portò sem-

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pre nella sua opera giornalistica un disprez-zo per le caste infrollite, per la nobiltà in-fiacchita, per i pallidi cittadini che non co-noscevano il sole, il vento e le brezze dellacampagna” (2). A nove anni Davide entrò“rubesto e sdegnoso come un cavallo selva-tico” nel collegio pavese e poi in seminariodove imparerà ad obbedire e studiare. Inseminario si ricordò le parole della madre,donna di grandi sentimenti, che gli avevadetto: “prima di obbligarti alla vita sacer-dotale, pensa a quello che fai; tu sei libero,sarai sempre il mio caro Davide in ognicondizione di vita; consigliati con Dio e conil tuo confessore; quando abbi deciso,quando abbi abbruciato le navi dietro di te,sii fermo nel proposito tuo, fino alla morte;pensa, hai tempo, pensa seriamente”. Labuona madre fu sempre l’angelo consolato-re nelle lotte del suo don Davide, e sul lettodi morte gli raccomandava ancora di nonabbandonare mai la bandiera della Chiesae del Papa con queste parole: “So pochecose, ma qualche cosa conosco; orbene ri-tieni che è meglio passare come vittima in-nocente anziché come carnefice fortunato;ritieni che la fede operosa è l’unica gioia el’unico vantaggio della vita; ritieni che nellafamiglia si hanno sempre i migliori amici;ritieni che l’uomo di carattere non periscemorendo; ritieni che è buona la tua posizio-ne, poiché gli avversari se usano contro dite la menzogna hanno necessariamente unapessima causa; difendi la religione di tuopadre e mia, onora ed ama la casa; abban-donati nelle mani di Dio e del Papa” (3).

La conversione dal liberalismo giovanile:Albertario diventa “intransigente”

Nel collegio di Pavia il giovane Alberta-rio subì l’influenza dei sacerdoti liberali,antiromani e giansenisteggianti che quiviinsegnavano; e fu per questo motivo che ifamigliari preoccupati dai sentimenti libe-rali che egli già manifestava, decisero dimandarlo fuori diocesi: a Milano. Compiutiquindi gli studi ginnasiali nel 1860 Davideentrava nella prima classe del seminario S.Pietro Martire, per poi passare il secondo eterzo anno nel seminario di Monza.

Sarà proprio nel seminario di Monzache avverrà la sua “conversione” dal libera-lismo all’intransigentismo. Fu nel 1864,quando assieme agli altri chierici Davide

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Don Albertario faceva parte di quellacorrente politico-religiosa che vienechiamata “intransigente”. Che cosarappresentava questa posizione ai suoitempi?

Etimologicamente si potrebbe defini-re intransigente una persona che simantiene irremovibile nelle proprie idee,contraria ad ogni compromesso, e chequindi non transige in nessun caso.

Storicamente, nel contesto politico incui visse l’Albertario i cattolici intransi-genti erano quelli che dopo il 1860 edancor più con la presa di Roma del1870 rifiutavano l’abbattimento del po-tere temporale del Papa come conse-guenza dell’unificazione italiana, e checonsideravano la conquista della CittàEterna come un’ingiuria al Pontefice eun affronto alla stessa religione Cattoli-ca. Questi cattolici restarono fermi intale posizione fino alla caduta del “nonexpedit” sotto S. Pio X che avrebbepermesso gradualmente ai cattolici lapartecipazione alla vita politica dellostato unitario nelle elezioni amministra-tive e poi per il parlamento nazionale.Molti intransigenti sarebbero poi con-fluiti nella corrente integrista, che com-battè il modernismo, della quale facevaparte anche Papa Sarto.

Ai cattolici “intransigenti” si oppone-vano i “conciliatoristi” o liberali che rite-nevano superato il potere temporale deiPapi, erano fautori dell’unità nazionalee chiedevano una “conciliazione” tra laChiesa e lo Stato.

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Albertario assistette alla perquisizione edetenzione, ad opera del governo liberaledi Torino, di Mons. Caccia Dominioni, vi-cario episcopale di Milano, (4) a causa dellaferma volontà di quest’ultimo “di obbedireal suo superiore, il Papa” e non cedere alleistanze del Re che contro le regole canoni-che voleva imporre la nomina al Capitolometropolitano di alcuni sacerdoti liberali equindi graditi al governo.

« Per il Chierico Albertario fu una rive-lazione – come ebbe egli stesso a dire aisuoi amici. - Sul suo animo giovane il passocadenzato dei carabinieri, che montavano diguardia al povero vescovo, reo di non piega-re il capo davanti alla violenza e di obbedireromanamente al Papa lo colpì al cuore. Me-ditò sugli avvenimenti e capì che il liberali-smo imperante associava l’unità all’indipen-denza della patria, alla distruzione del Pon-tificato e allo sgretolamento del cattolicesi-mo. Sentì che la sua vocazione sacerdotalesarebbe rimasta incompleta, se non avesseinsieme giurato di combattere per la causa eil trionfo della religione, per il Papa minac-ciato da ogni parte, se non si fosse schieratotra gli audaci che non si adattavano ai fatticompiuti e che, davanti al triste presente,volevano salvare, anche con il sacrificioestremo, le ragioni dell’avvenire.

Il nemico da combattere era un principioincarnato dagli uomini del suo tempo; unprincipio rivoluzionario e latitudinario, cheispirava le mene segrete delle sétte, come le

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cortigianerie dei preti conciliatoristi; chegiustificava il segreto delle logge comel’aperta violenza della stampa, che affratel-lava intorno alle leggi anticlericali corifeidella Destra e della Sinistra, estremisti econservatori, uomini del partito d’azione emonarchici: il liberalismo, ecco il gran nemi-co della Chiesa e del Papa, il subdolo nemi-co, che nutritosi col sangue della ghigliottinaterroristica della rivoluzione francese, vanta-vasi fonte di libertà ed era oppressione scan-dalosa, di eguaglianza ed era vilipendiodell’umana dignità a profitto di pochi, di fra-tellanza ed era disconoscimento del dirittodi professare la verità e la fede ».

Proprio in quel 1864 usciva l’enciclicaQuanta Cura con il Sillabo, di Pio IX; l’Al-bertario farà sua come un comando la pro-posizione che condannava l’idea che: “ilRomano Pontefice possa e debba riconci-liarsi e transigere col progresso, col liberali-smo e colla moderna società”.

Di colpo diventò “intransigente”, volleesserlo ogni giorno di più e rivolse tutti isuoi sforzi, il suo ingegno, la sua cultura, isuoi studi per l’attuazione della missione acui si sentiva chiamato. “Fu dunque nei se-minari di Milano – scrisse Albertario stes-so, anni dopo – che mi liberai dalle affezio-ni liberalesche contratte a Pavia. E fu neiseminari di Milano che nelle buone idee enelle buone dottrine venni rassodato daprofessori egregi” » (5). In seguito DavideAlbertario fu mandato, dai suoi superiori, acompiere i suoi studi teologici a Romapresso l’università Gregoriana dove potevaapprendere le “dottrine più sicure” e dove“potrà sentire il cuore del Papa scandire leore della gioia e del dolore”. Da Roma tor-nerà confermato nella sua fede e nei suoipropositi, “disposto e armato per la buonabattaglia”. Il 7 agosto 1868 aveva consegui-to la laurea e il dottorato in teologia. Il 16febbraio del 1869 don Davide Albertario ri-cevette l’ordinazione sacerdotale dall’arci-vescovo Mons. Nazari di Calabiana (6) nelduomo di Milano.

Don Albertario arriva a L’OsservatoreCattolico – Giornalista per vocazione

Papa Pio IX fu all’origine de l’Osserva-tore Cattolico quando nell’estate del 1863,vista la difficile situazione della diocesi diMilano, incoraggiò Mons. Caccia Dominio-

La madre di don Albertario: Marianna Bianchi

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ni a procurare la pubblicazione di un gior-nale cattolico nella metropoli sull’esempiode l’Armonia di don Giacomo Margotti aTorino. Il primo numero del giornale uscì il2 gennaio del 1864. Primi direttori e fonda-tori de l’Osservatore Cattolico furonoMons. Giuseppe Marinoni (7) e don FeliceVittadini, tra i collaboratori don EnricoMassara e don Giuseppe Sommaruga. Tralo stupore degli stessi suoi redattori, di tuttii suoi detrattori e avversari che lo avevanobollato come il “giornale del Papa” e cheavevano profetizzato che era “nato morto”,l’Osservatore progredì rapidamente, crebbeil formato, aprì la propria tipografia e allar-gò la cerchia degli abbonati e degli amici.Sotto il titolo figurava la frase di S. Ambro-gio: “Ubi Petrus ibi Ecclesia: ubi Ecclesia,ibi nulla mors sed vita aeterna”; nell’artico-lo programmatico si diceva che “Cattolici eItaliani veneriamo in Pio IX il Pastore dellaChiesa, il Successore di Pietro, il Vicario diCristo… Anche noi protestiamo con S. Gi-rolamo di non conoscere né Paolino né Me-lezio, né alcun Dottore universale, ma soloil Romano Pontefice, poiché chi non è conlui, non è colla verità”.

Papa Pio IX fu sempre grande sosteni-tore del giornale in mezzo alle ripetutetempeste che esso dovrà affrontare. Nel1867 di fronte ai timori dei redattori perl’opposizione del nuovo arcivescovo Nazaridi Calabiana di idee liberali, Pio IX scrive-va: “Voi mi rappresentate quel clero fedeleche da S. Carlo a noi ha sempre aderito allaSanta Sede; lavorate, proseguite; se altrinon vi ama, io vi amo, ed io vi conforterò;voi siete sotto la mia protezione. Chi mai intanto bisogno di soldati che difendano laChiesa sacrificherebbe un valoroso come ilvostro Osservatore”. Questi sentimenti delPapa vennero periodicamente confermatidai brevi che Pio IX mandò al giornale.

Albertario era giornalista “per vocazio-ne” come altri nascono poeti o pittori, vero“Atleta del giornalismo cattolico, impugna-va la penna come una spada, rovesciandosul nitore della carta una valanga di periodiscaturiti dalla mente come lava vulcanica”,come diceva don Giuseppe Pecora, suo ni-pote e suo biografo. Nel 1870 si aprì il Con-cilio Vaticano I e incominciarono le pole-miche tra infallibilisti e antinfallibilisti; diquesti ultimi faceva parte anche l’arcivesco-vo di Milano Nazari di Calabiana, che non

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potendo attaccare direttamente le dottrinesostenute dal giornale (perché coincideva-no con la posizione di Pio IX) lo accusò dimancanza di carità e violenza e brutalitànei modi. Don Davide arrivò all’Osservato-re Cattolico proprio in quegli anni, subitodopo l’ordinazione sacerdotale, in seguitoanche al fallimento di un concorso per otte-nere la parrocchia di Belgioioso, in diocesidi Pavia. In fin di vita nel 1902 l’Albertariopoteva ancora scrivere a don Ernesto Ver-cesi: “Io amo il giornalismo cattolico; esso èun inno quotidiano di gloria a Dio, diomaggio alla verità, di elevazioni nobilissi-me. Con il giornalismo cattolico si serve al-la religione, alla patria, al Papa, si difendo-no la giustizia e l’innocenza che spesso nonaltrimenti possono difendersi, si sventanole malignità dei tristi, si pongono in guardiai buoni, si istruisce, si educa, si illumina, sicompie l’apostolato cristiano in una formageniale ed efficacissima, si esercitano le fa-coltà letterarie nella maniera più utile”. Lebattaglie e le angustie di più di 25 anni digiornalismo non avevano fiaccato l’animodell’atleta del giornalismo cattolico.

Le battaglie de L’Osservatore Cattolico

• Il liberalismo. Il liberalismo, in queglianni, andava a braccetto con l’anticlericali-smo di stato, che si manifestava con leggivessatorie e assurde nei confronti della

Don Davide Albertario, giovane sacerdote

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Chiesa e dei cattolici fedeli al Papa. Uno deipunti di scontro fu la questione dell’educa-zione cattolica dei giovani (da sempre la ri-voluzione per far avanzare il suo piano hamirato ad impadronirsi dell’insegnamento,che le permette di deformare e pervertire igiovani alle sue idee). Albertario fin dal1875 (Congresso Cattolico di Venezia) ave-va proposto la fondazione di una UniversitàCattolica (8) per spronare i cattolici ad otte-nere la libertà del loro insegnamento controuno stato leviathano centralista e giacobino.

Don Albertario opponeva al liberalismosettario la difesa della libertà della Chiesaaffermando che il concetto stesso di libertàporta i cattolici a “domandare che ci si con-ceda di educare cattolicamente i figlioli. Nonè fanatismo il nostro nè è pregiudizio: è puroamore di libertà. Chi non chiede come noi lalibertà non è liberale, ma è un tiranno” [Os-servatore Cattolico 21/08/1875] (9).

“Sulla sua bocca d’«intransigente» ne-mico del liberalismo, quel grido alla libertànon poteva essere interpretato (e infattinessuno l’interpretò) in altro modo che co-me una liberazione dell’anima italiana dallaschiavitù irreligiosa che i sacerdoti della«religione illiberale» (come dice il Croce)andavano concretando con leggi e istituzio-ni assurde. Così, quando pochi mesi dopouscì il Sillabo di Pio IX, l’Albertario nonebbe a soffrire crisi di coscienza, ma si tro-vò allo stesso posto di prima, in armi e inpiena battaglia contro le dottrine condan-nate dal solenne e vituperato documentopontificio” (10).

• La “questione romana” divideva i cat-tolici in particolare e la società dell’epocain generale. Si parlava allora di Italia “rea-le” e di Italia “legale”. I liberali e concilia-toristi credevano preferibile, per la dignitàe spiritualità del ministero religioso, l’accet-tazione dei fatti compiuti (Italia “legale”) el’abbraccio tra Pio IX e Vittorio EmanueleII al cospetto del mondo. Sull’altro frontegli intransigenti ritenevano indispensabile,all’esercizio del ministero papale, la sovra-nità temporale su un territorio che gli assi-curasse l’indipendenza da ogni ingerenzaesterna (Italia “reale”).

In quegli anni si moltiplicarono, da par-te del nuovo governo unitario, leggi anti-cattoliche, ispirate dalla Massoneria, qualiproibizione di pellegrinaggi e processioni,processi contro sacerdoti e vescovi che leg-

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gessero in pulpito le encicliche pontificie(tra il ’72 e il ’73 furono ventinove i vescoviprocessati per questo motivo). Il governopermetteva, e incoraggiava lasciandole im-punite, clamorose dimostrazioni e violenzeanticlericali, fin sotto il Vaticano (11).

Albertario e i suoi amici inquadravanola questione romana nel quadro storico delmomento e cioè nel gigantesco tentativo diapostasia mondiale, nella guerra generaleper sostituire alla religione di Cristo la “re-ligione della libertà” liberale. Essi conside-ravano, a giusto titolo, la legge delle Gua-rentigie come un piatto di lenticchie offertoal Papa affinché rinunciasse ai suoi sacro-santi diritti. L’Albertario scriveva: “Unanuova frase fu coniata dai liberali e procla-mata in parlamento, cioè Religione senzaChiesa (cattolica). Questa frase che ha avu-to le sue procreazioni in quelle altre di libe-ra Chiesa in libero Stato, di separazione del-la Chiesa dallo Stato, di morale senza dog-ma, di legge senza Dio, di incompatibilitàdel sacerdozio con la politica, questa fraseha ora il prestigio e la seduzione della gio-vinezza, ed è quella che sintetizza il concet-to rivoluzionario in cui ci troviamo” (12).

L’opera dell’Albertario poteva essereriassunta nel celebre motto “Per il Papa econ il Papa”. Questa dirittura di principi edi sentimenti era altamente approvata daPio IX, che ringraziava l’Osservatore Catto-lico per l’Obolo di San Pietro con due Bre-vi, il primo del 4 Febbraio 1874, il seguentedel 11 Ottobre 1875: “Ma il dono di granlunga più accetto, pel quale continuamentevi meritate la nostra gratitudine, lo ricono-sciamo nell’impegno, con cui opponete lasana dottrina agli errori del giorno e vi ado-perate a difendere la causa della verità edella giustizia, per nulla distolti dalla mal-vagità degli empii e dalla difficoltà dellecircostanze. Per il che ci congratuliamo e cirallegriamo di quanto ci comunicate intor-no al progredire e all’ampliarsi del vostrogiornale, e vi auguriamo che Dio anche inavvenire col suo favore accompagni i vostrisforzi e le vostre fatiche. Proseguite pertan-to con alacrità nelle opere intraprese, an-che se combattendo si opporranno gli odiidei malvagi, o vi mancheranno i soccorsi dicoloro che in sì gravissima guerra dimo-stransi soldati degeneri. Noi intanto nelcommendare colla meritata lode il vostrozelo, e nel rendervi i dovuti ringraziamenti

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per i prestatici officii, a tutti ed a ciascunodi voi amorevolmente impartiamo quale at-testato della pontificia dilezione, l’apostoli-ca benedizione” (13).

Questo appoggio incondizionato di Pa-pa Pio IX permise a L’Osservatore Cattoli-co di resistere e di continuare la sua operamalgrado le proteste, gli attacchi, i rimpro-veri del clero liberale e conciliatorista, tracui molti vescovi come Bonomelli di Cre-mona e soprattutto lo stesso arcivescovo diMilano Nazari di Calabiana. “Quando talibrevi giungevano all’Osservatore Cattolicola redazione era in festa. Gli entusiasmi siraddoppiavano, scoppiavano interminabilievviva al Papa. […] L’Albertario […] senti-va nelle parole auguste soprattutto l’incita-mento a nuove battaglie, persuaso d’altraparte che «questa unione al Sommo Ponte-fice, questa pratica esatta della sua dottrinaquale egli ce la spiega» fosse «un mezzo permantenere l’unità coi nostri confratelli digiornalismo e con gli altri cattolici»” (14).

Quando il 9 gennaio 1878 morì VittorioEmanuele II “Padre della Patria”, don Al-bertario firmò un articolo di fuoco su l’Os-servatore nel quale parlando del defunto so-vrano scriveva: “proclamò in un pubblicodiscorso: A Roma siamo, a Roma restere-mo! Dio ne confermò la parola e VittorioEmanuele è là cadavere sotto le volte di unastanza pontificia. Un periodo si chiude dellarivoluzione italiana e un periodo nuovo in-comincia. È morto e sia. Che ha fatto egliper la gloria di Dio? Dio giudicherà per lavita futura, noi giudichiamo la terrena. (…)Sono domande terribili. Noi le facciamo sul-la salma fredda di un Re di Savoia, mortonel palazzo apostolico del Quirinale” (15).L’arcivescovo Nazari di Calabiana, peraltroinsignito della dignità di senatore del Re-gno, se la prese a male e convocò i redattoridel giornale Albertario e Massara intiman-do loro di sciolgierlo e intimando lo sfrattodalla diocesi dell’Albertario. Bisogna nota-re che l’arcivescovo non aveva battuto ciglioquando il prevosto di S. Maria della Passio-ne aveva elogiato smaccatamente dal pulpi-to il defunto sovrano lodando in lui ciò cheil Papa aveva condannato come danno allareligione. Mons. Nazari aveva inoltre fattopreparare una protesta sottoscritta da 90 sa-cerdoti, liberali e nemici di don Davide, epubblicata dallo Spettatore. Tre ore dopol’incontro con l’arcivescovo di Milano don

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Albertario prese il treno per Roma dovebussando alle porte giuste ottenne un altrobreve di Pio IX datato 17 gennaio (1878)che elogiava il quotidiano milanese. Ancorauna volta L’Osservatore era stato salvatodal Papa e il Nazari non potè più insistereper lo scioglimento del giornale.

• I Rosminiani. La questione rosminia-na agitava gli animi del clero in quella se-conda metà dell’ottocento. A Milano, findal 1851, l’arcivescovo Romilli aveva proi-bito l’insegnamento della filosofia del Ro-smini in Seminario, licenziando sedici pro-fessori tra i quali il celebre abate Stoppani(che sarà in seguito acerrimo nemicodell’Albertario, denunciandolo presso untribunale civile). Va detto inoltre che il cle-ro più liberale e conciliatorista propendevapiù facilmente per le idee rosminiane in av-versione al Tomismo.

Il 3 luglio 1854, sotto Pio IX, la congrega-zione dell’Indice aveva emanato il decretoDimittantur col quale si imponeva il silenziosia ai fautori che agli avversari della filosofiarosminiana. Questo decreto permise unaventina d’anni di relativa calma. La polemicasi riaccese nel 1871 in seguito ad un articolodel Margotti su l’Unità Cattolica. L’Alberta-rio ricordò dalle colonne de L’OsservatoreCattolico che il decreto Dimittantur non im-plicava affatto una positiva approvazione delsistema, ma soltanto una non condanna e ri-cordava che le precedenti condanne di dueopere del Rosmini permettevano di dare ungiudizio definitivo sul pensiero politico, reli-gioso e civile del roveretano; la campagnaanti-rosminiana condotta da L’Osservatoreaveva, naturalmente, le simpatie dei tomisti.Le polemiche andarono avanti per diversianni e portarono infine un duro colpo aL’Osservatore quando, nel 1876, il cardinaleDe Luca, responsabile della Sacra Congrega-zione dell’Indice, su ispirazione dei rosminia-ni, richiamò ad un rigoroso silenzio sulleopere del Rosmini e impose al giornale mila-nese di riconoscere pubblicamente di avererrato nell’interpretazione del Dimittantur.In realtà, come si scoprì in seguito, la letteradel De Luca non era un decreto ufficiale del-la Congregazione bensì un documento priva-to non destinato alla pubblicazione; ma l’ar-civescovo di Milano Nazari di Calabiana,ostile all’Albertario, fu ben felice di lasciareil giornale milanese sotto il peso di un’appa-rente, benché ingiusta, condanna.

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I processi contro l’Osservatore e il suodirettore

Numerosi furono gli scontri e le polemi-che con avversari ed ecclesiastici che lo porta-rono a doversi difendere nelle aule di un tri-bunale. Il più delle volte questi processi eranoun pretesto con il quale i suoi nemici cercava-no di screditarlo e di fiaccare la sua fibra.Certamente il carattere irruente, battagliero eimpetuoso di don Davide era all'origine dimolti dei suoi problemi; egli si gettava “bran-dendo la penna come una spada” nella pole-mica, laddove ciò gli sembrava necessario perla difesa della verità, l'onore del Papa e dellaChiesa, senza andare troppo per il sottile aconsiderare le insegne e la dignità dei suoiavversari. « “Col Papa e per il Papa” era laformula e il motto di guerra: dunque addossoa tutti quelli che più o meno ambiguamentecercano di minorare o velare lo splendoredella massima autorità, contro quelli che lacombattono apertamente, come contro gli al-tri che per interesse, debolezza o vanagloria siacconciano ai fatti compiuti, predicano la ras-segnazione passiva, il quietismo politico, la ri-nuncia a diritti inviolabili. Che importa se so-no uomini costituiti in dignità o ecclesiasticidi alto bordo? Peggio per loro, che non han-no il senso delle loro responsabilità, che dan-no scandalo ai pusilli e agli inferiori, che man-cano ai doveri del ministero. Del resto: à laguerre comme à la guerre! » (16).

Con un simile programma “integrista intoto” ci si può facilmente immaginare che inemici erano numerosi ed ogni occasioneera buona per procedimenti giudiziari.Molti infatti furono i processi nei quali fucoinvolto il giornale “L'Osservatore Catto-lico” che si risolvevano spesso con sequestrio multe da pagare per il giornale. In alcunicasi Albertario fu coinvolto direttamentenella sua persona. Tre furono i processi piùimportanti che ebbe a subire (se si escludequello del 1898 che portò alla sua incarce-razione e morte). Nel 1881 don Albertariosubisce un processo presso il tribunale ec-clesiastico di Pavia per una questione di di-gnità sacerdotale; nel 1882 viene accusatodi non aver osservato il digiuno prima dellaMessa e subisce un processo presso la curiadi Milano; nel 1887 viene citato in tribunaleper diffamazione dal rosminiano e concilia-torista Abate Stoppani. Vediamo singolar-mente i tre processi.

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Il processo del 1881.

Nella canonica di Viadana, una donna,parente del parroco e addetta ai suoi servizi,portava i segni di avanzata maternità; donAlbertario che aveva dimorato là per predi-care la quaresima venne accusato di quellacolpa. In realtà da un’inchiesta fatta dal ve-scovo di Cremona Bonomelli, risultò che ladonna era un'isterica di facili costumi, giàmadre per tre volte prima di allora e chedon Davide era del tutto estraneo ai fatti.Ma la notizia trapelò e gli avversari imbasti-rono lo scandalo; i giornali come “lo Spetta-tore” dicevano che Albertario aveva infran-to la disciplina del celibato e si era disonora-to. Egli venne apostrofato come “lo stupra-tore di Filighera”. Il clero liberale e rosmi-niano fece una colletta per istituire un pro-cesso civile a Milano; don Davide ottenneda Mons. Bonomelli, che in questa occasio-ne non pospose gli interessi della verità allequestioni di parte politica, che ci fosse unprocesso ecclesiastico in diocesi di Pavia (ladiocesi in cui era incardinato l’accusato). Fi-nalmente dopo otto mesi di dibattito e d’in-dicibili sofferenze per don Albertario sia iltribunale ecclesiastico che quello civile lo as-solvevano rendendogli il suo onore di sacer-dote e di galantuomo. Il povero parroco diViadana, coinvolto nella faccenda, quasi im-pazzì e purtroppo si tolse la vita. Albertariosi consolò scoprendo che la stessa calunnial’aveva subita anche S. Alfonso dei Liguori el’avrebbe subita lo stesso Pio IX dal famige-rato impostore Leo Taxil.

1882: Il “processo del caffè” e l’esilio

Nell'aprile di quell'anno don Davide fuchiamato in curia da Mons. Maestri, provi-cario di Mons. Nazari di Calabiana, per dis-colparsi di un'accusa che aveva dell'incredi-bile: venne denunciato per aver rotto il di-giuno naturale sorbendo un caffè col latteprima di celebrare la messa nella chiesa di S.Maria Segreta nei giorni 12, 13, 18, 20 aprile(17). Albertario si proclamò subito innocentee il parroco di S. Maria si fece suo garante,ma tutto ciò non servì a nulla; “il processodel caffè doveva essere la tomba dell’Alber-tario” come dicevano i suoi accusatori e per-sino i giudici. Tanti e tali erano le passioniche si agitavano nei suoi detrattori e l'am-biente della curia milanese gli era profonda-

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mente ostile. La calunnia corse rapidamentesu tutti i giornali d'Italia, tutti gridavano alsacrilegio e che era ora di finirla con il diret-tore dell’Osservatore. I primi giornali ad ac-cusarlo furono l’Araldo di Como e Il Corrie-re della Sera di Milano. La curia intimò adAlbertario di confessarsi reo, altrimenti sa-rebbe stato istituito il processo canonico; anulla valsero le sue proteste e il processo sifece: gli stessi accusatori - cosa inaudita - fu-rono assunti quali testimoni ma furono con-vinti di menzogna e calunnia dal difensoreDon Federico Secco-Suardo. Appena termi-nate le udienze i loro resoconti erano pub-blicati sui giornali di tutta la penisola, mal-grado il silenzio imposto dai giudici. DonAlbertario si vide costretto a fare appello aRoma, rivolgendosi alla S. Congregazionedel Concilio, che accolse il suo ricorso il 7 lu-glio. Il processo canonico si protrasse perlungo tempo e la sentenza definitiva d’asso-luzione arrivò soltanto nel 1885.

Inoltre si approfittò del momento diffici-le de L’Osservatore per disgregarne la reda-zione: don Barbieri fu sospeso a divinis e co-stretto a rientrare nella sua diocesi di Cre-mona, dove mons. Bonomelli gli infliggevaaltri guai, don Massara fu denunciato a Ro-ma per aver tenuto un discorso ritenuto of-fensivo contro l’Arcivescovo, Bonacina fudimesso senza stipendio, dal ruolo di inse-

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gnante di filosofia del seminario di Lodi.Don Davide, dal canto suo, faceva appellocon tutte le sue forze alla giustizia del Papa,scrivendo in un memoriale alla Segreteria diStato: “Io domando giustizia, e la domandoal Vicario di Cristo e ai di lui servi fedeli; ladomando perché sono vittima dell’arbitrio edevono cessare le provocazioni contro lamia fede; la domando in nome del mio dirit-to di cristiano, di sacerdote, di scrittore, ilquale ha operato sempre secondo le leggidella Chiesa Cattolica e i voleri del Suo Ca-po Augusto” (18). In questo memoriale, disettanta pagine, don Davide tracciava la sto-ria delle battaglie de L’Osservatore e del suodirettore e, trattandosi di un documento pri-vatissimo, non lesinava giudizi, apprezza-menti e denunce. Delle copie messe sottochiave da Albertario una gli fu trafugata edata “in pasto” ai suoi detrattori i quali allafine null’altro volevano se non che egli smet-tesse di scrivere: “l’Albertario deponga lapenna e non sarà più molestato” diceva ilprevosto di S. Tommaso a Milano. Effettiva-mente sul “processo del caffè” che ormai sitrascinava da mesi si inserirono tutte le altrepolemiche e questioni che fin dall’inizio del-la sua carriera avevano accompagnato il di-rettore dell’Osservatore e in particolare icontrasti con il clero liberale e conciliatori-sta soprattutto con il vescovo di CremonaBonomelli. Il vescovo di Cremona aveva fat-to chiudere il giornale intransigente Corrieredella Campagna edito nella sua diocesi, emirava a fare lo stesso con l’OsservatoreCattolico, facendosi forte di una missiva del1881 firmata dal card. Jacobini secondo laquale il giornale di Albertario doveva esseremesso sotto il suo controllo; Bonomelli ma-nifestò la sua intenzione al patriarca d’Ales-sandria Ballerini (19) che risiedeva a Sere-gno, amico e protettore dell’Albertario. Il 15febbraio dell’anno successivo don Alberta-rio si recò a Roma per presentare un nuovomemoriale al card. Jacobini. Nell’urbe visitòdiversi prelati di curia in attesa dell’udienzacon il cardinale Jacobini che non lo ricevettema gli fece giungere un autorevole invito arecarsi a Napoli per un corso di prediche.Don Davide comprese che lo si voleva allon-tanare per qualche tempo dal suo giornale edalle polemiche, obbedì e partì per la capita-le partenopea. Il suo “esilio”, perché di que-sto si trattò, durò circa sei mesi, si trattennepresso la chiesa di S. Paolo Maggiore dei

Don Albertario al lavoro con i suoi collaboratori, nellaredazione de L’Osservatore Cattolico

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Teatini predicando esercizi e quaresimali inmolteplici chiese, riscuotendo un notevolesuccesso tra i cattolici napoletani che lo rice-vettero con rispetto e onore. A Napoli donAlbertario, ricevette la visita di monsignorPietro Balan (20), famoso storico dei papi esuo ammiratore, il quale era latore di unamissiva di Leone XIII che desiderava che ilgiornalista pavese non tornasse all’Osserva-tore, fino a quando non fosse composta lavertenza con il vescovo di Cremona.

I due memoriali per il cardinale segreta-rio di stato, stampati in poche copie, per usoprivato, erano purtroppo stati trafugati daqualche malevolo e comunicato ai giornalicattolici liberali che lo pubblicarono causan-do un grosso danno alla causa di don Alber-tario e del suo giornale. Anche i giornali an-ticlericali ripresero questi scritti servendose-ne per la loro propaganda (21). Altri pubbli-carono ancora gli atti del “processo del caf-fé”. Insomma sull’Osservatore ed il suo di-rettore in esilio si abbatté una vera tempe-sta che sembrava doverlo schiacciare da unmomento all’altro. Il vescovo di Cremonachiedeva formalmente alla Santa Sede chela questione fra lui e Albertario fosse defe-rita in giudizio a Roma: le cose sembravanoproprio mettersi male per il nostro giornali-sta ed egli paventava la chiusura del suogiornale (come era nelle speranze dei suoiavversari): “agitazione, terribili agonie enoie, esilio” erano le parole che annotavapiù frequentemente nel suo diario in queigiorni da Napoli dove continuava la suapredicazione del mese mariano per volontàdell’Arcivescovo, che cercava di alleviare ilsuo esilio trattandolo molto amorevolmen-te. Il 26 maggio il card. Jacobini scrisse infi-ne a don Albertario comunicandogli le con-clusioni della commissione cardinalizia chegli ingiungeva di ritrattare le accuse e di sot-tomettersi. Albertario « doveva non solo ri-trattare, ma anche riprovare; doveva dichia-rare ingiuriose le pubblicazioni fattedall’Osservatore nei confronti del Bonomel-li; doveva riconoscersi in colpa che la stam-pa delle due memorie al cardinale Jacobini“ne abbia facilitato la ristampa e la diffusio-ne”; doveva ammettere che eravi stata una“indebita e sovversiva ingerenza nella am-ministrazione diocesana” di Piacenza e infi-ne doveva chiedere umilmente perdono aidue vescovi» (22). Tutto ciò doveva, inoltre,essere anche pubblicato sul giornale.

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Don Davide Albertario si sottomise efece quanto gli veniva chiesto “sempre ob-bediente al Sommo Pontefice nella vita enegli scritti” e le sue dichiarazioni venneropubblicate sul suo giornale il 25 giugno(1883). « Don Davide aveva compiuto il piùgrande sacrificio della sua vita. “Pensate unpo’ – scriveva il 21 ai suoi cari di Filighera –un uomo ancora giovane, nel momento mi-gliore della vita, dopo tante lotte e vittoriee approvazioni di vescovi e Papi, si vedeabbattuto”. La tentazione, nel suo petto digiornalista nato, c’era pure di buttarsidall’altra parte, con gli Stoppani e gli uomi-ni dello Spettatore, di abbandonare la causadel Papa che lo colpiva così duramente.“Cari miei, se non mi do a farla finita e stoobbediente e ambisco le umiliazioni è soloper la grazia di Dio la quale anche voi do-vete invocarmi. Altrimenti chi m’impedi-rebbe di fare un giornale liberale, di moverguerra ai persecutori e di mettere insiemeun po’ di denari? Ma sarò fedele alla miavocazione, alla Chiesa, a Dio, non temete»(23). Leone XIII, dal canto suo, fu soddisfat-to della sottomissione di Albertario e nonaveva nulla contro il giornale, anzi disseche doveva continuare a vivere e gli con-cesse anche un sussidio in denaro.

Il 7 luglio vi fu la prima sentenza dellaCongregazione del Concilio sul processodel Caffé che accettava il ricorso di Alber-tario contro la curia Milanese ed esautora-va il giudice diocesano Ghislanzoni che eraun nemico personale dell’imputato. Si trat-tava di una vittoria parziale che lasciava be-ne sperare per il seguito della vicenda. Ver-so la metà d’agosto don Davide venne chia-mato a Roma dal card. Parocchi suo amicoe protettore. Quivi giunto ebbe udienze daalcuni cardinali e il 31 agosto fu ricevuto inudienza, con molta cordialità, da LeoneXIII che lo assicurò della sua benevolenzaverso L’Osservatore Cattolico, ma che pre-feriva che egli restasse lontano da Milanofino a conclusione del processo. Don Al-bertario “versò nel cuore del Padre tuttal’amarezza dell’animo contristato da tantimesi, dichiarò d’accettare l’obbedienza e diconfidare pienamente nella giustizia e nellabenevolenza della Santa Sede”. Il suo esiliocontinuò per altri mesi nei pressi della cittàeterna dapprima ad Aspra e poi ad AlbanoLaziale. In quel periodo don Albertario co-nobbe il giovane Mortara, il famoso ebreo

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convertito e diventato sacerdote. Don Da-vide non voleva reintegrare Milano senzache un atto del Papa venisse a lavarlodall’onta dell’esilio che lo faceva apparirecolpevole.

Nel frattempo il processo del caffé era ri-preso presso la curia milanese e la sentenzaarrivò l’antivigilia di Natale (1883); don Al-bertario veniva riconosciuto colpevole diaver rotto il digiuno prescritto prima dellaMessa il 20 aprile 1882 e di aver quindi cele-brato sacrilegamente. Di conseguenza dove-va essergli tolta la facoltà di predicare e in-segnare catechismo e doveva pagare le spesedel processo. Naturalmente anche questasentenza venne pubblicata dalla Perseveran-za e presentata dalla stampa liberale comeuna vittoria definitiva del partito clerico-li-berale-rosminiano di cui il capo era ormail’abate Stoppani. L’Albertario sembrava or-mai irrimediabilmente perduto e la sua car-riera giornalistica finita, lui stesso si dicevaschiacciato da forze superiori; in quello statod’animo chiese che gli fosse mutata la resi-denza ottenendo di potersi ritirare tra i suoinella natia Filighera tra gli affetti puri e sem-plici della famiglia: “come Eva sul lembo delParadiso perduto, contemplando la felicitàfuggita; come Adamo mestissimo sul cada-vere della prima vittima della crudeltà uma-na”. Tornò a casa ai primi del 1884 dove tro-vò ad accoglierlo la buona madre che lo ave-va consolato nell’esilio con la preghiera e laparola; ella se lo strinse al seno come unbambino. Il vescovo di Pavia invece gli con-cesse di predicare e insegnare e di reggereprovvisoriamente la cura di Belgioioso. Maè proprio quando le cose sembrano umana-mente perdute che il Buon Dio intervieneper mettere tutto a posto.

L’aria era cambiata, a Roma i due ricor-si presentati da don Davide furono accolti ein Vaticano si guardava alla situazione mila-nese con un altro occhio, la verità si facevastrada. « I metodi dei clerico-liberali, i qualisi sapevano appoggiati dall’arcivescovo, gliscalpori del loro trionfo e l’insolenza usatada essi contro l’Albertario così facilmenteaccusato di modi aspri e ingiuriosi erano talida far pensare anche uomini di largo pen-siero come il cardinale di stato Jacobini.D’altra parte la condanna dell’Albertariogiungeva nel momento in cui (…) rinfocola-vano le discussioni sulla questione romana,il guardasigilli Zanardelli boicottava col ri-

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fiuto dell’exequatur le nomine dei vescovi, ilgoverno dimostrava sempre maggiori vellei-tà d’imitare il Kulturkampf germanico. Eraquella l’ora più opportuna per sfogare ire diparte contro un giornalista, che il papa stes-so aveva proclamato “campione della stam-pa cattolica” e che da un ventennio si batte-va come un leone in difesa dei diritti delPontificato?» (24). L’Osservatore e Il Leo-nardo non erano morti: dal suo esilio in ter-ra natia don Davide mandava articoli e ri-prendeva coraggio; “risorgerò” scriveva nelnumero pasquale pubblicando un’incisionecon il bacio di Giuda… era veramente “du-ro a morire” conclusero i suoi avversari.Questi mesi lo videro impegnato in batta-glie per le elezioni amministrative e per ar-ginare la propaganda massonica che si orga-nizzò a Torino in occasione dell’aperturadel tunnel ferroviario del Frejus (25). Pocoprima di Natale gli morì la madre consuma-ta dalle fatiche e dal male, ma fiduciosa inDio (26). Fu quindi un doloroso Natale, tan-to più che a giorni si attendeva la sentenzadella S. Congregazione del Concilio sul suoprocesso. La sentenza arrivò, ma era di as-soluzione e di revoca di quella emessa dallacuria milanese un anno prima: don Alberta-rio veniva riconosciuto innocente e comple-tamente riabilitato dall’imputazione di sa-crilegio. Anche l’ennesimo ricorso presenta-to dalla curia di Milano fu rigettato nellasentenza definitiva in appello, che arrivò il18 aprile 1885, dopo tre anni di dolorosasofferenza per don Albertario; egli dovettericordarsi di quelle parole - già citate - dellasua buona madre morente: “Se gli avversariusano contro di te la menzogna hanno ne-cessariamente una pessima causa; difendi lareligione di tuo padre e mia, onora ed amala casa; abbandonati nelle mani di Dio e delPapa”. Ancora una volta la sua battaglianon era stata vana.

Il processo Stoppani

L’abate Antonio Stoppani, scienziato,geologo famoso, deve la sua fama alla suaopera più divulgativa: “Il bel paese” (1875).Stoppani era di idee completamente oppostea quelle del nostro giornalista: era un “pa-triota”, un liberale favorevole alla concilia-zione. Cappellano militare al seguito deglieserciti sardi nella terza guerra d’indipen-denza, di idee “transigenti”, era inoltre un

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discepolo della filosofia di Rosmini; era an-che direttore del Museo di Storia naturale diMilano. Negli anni in cui il Papa Leone XIIIinvitava i cattolici con l’enciclica “Æterni Pa-tris” a coltivare la dottrina di San Tommaso,Stoppani fondava un periodico intitolato “IlRosmini” non curandosi del Dimittantur cheimponeva il silenzio sulla filosofia del rove-retano; il suo programma era un cartello disfida ai tomisti, agli anti-rosminiani e al papastesso (27). Fu dunque lo Stoppani a darefuoco alle polveri…

La risposta di Don Albertario, come eraprevedibile, non si fece attendere: alla rivi-sta del celebre abate egli oppose subito laRivista Italiana Scientifica Bibliografica,stampata ed edita dall’Osservatore. Già nelprimo numero così veniva apostrofato loStoppani: “Egli ha un’umile velleità (…) difarsi caposcuola non solo, ma di modificarea suo capriccio la Chiesa cattolica, così chediventi ancella ossequiosa di quel liberali-smo, che è la negazione della Chiesa catto-lica … Se però l’oltraggio che lo Stoppanidirige ai cattolici ci conduce ad occuparci dilui, non dobbiamo nascondere il rincresci-mento che proviamo nel sentirci sfidati ecostretti a respingere la petulanza di unprete” (28). La polemica si fece subito asprasu entrambi i giornali con toni coloriti, chea quei tempi non meravigliavano nessuno,tanto meno i cattolici abituati a quelleschermaglie verbali da anni (29).

Il 27 febbraio 1887 Stoppani presentavapresso il tribunale civile e penale di Milanouna querela per ingiurie e diffamazionecontinuate, dal 1884 in poi, nell’Osservatoree nella Rivista Italiana e nomitamente con-tro i sacerdoti Albertario, Massara, Rossi,Secco Suardo e Bigatti. Citando frasi d’arti-coli che, isolate, maggiormente lo avevanocolpito, si costituiva parte civile presso untribunale laico chiedendo il risarcimentodei danni e delle spese. La cosa fece scalpo-re poiché Stoppani aveva ottenuto non sen-za difficoltà il permesso dal vicario di Mila-no di adire al foro civile, poiché a quei tem-pi vi era ancora il foro ecclesiastico ed eragiustamente considerato scandaloso che unsacerdote si rivolgesse ad un tribunale civi-le. Da Roma si fecero pressioni sull’arcive-scovo e su Stoppani perché ritirasse la que-rela (ma pare che altri prelati consigliasserodi andare avanti usque ad finem…). Il car-dinal Rampolla, segretario di stato, non

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permise ai vescovi di Cremona e Piacenza,citati come testi dallo Stoppani, di presen-tarsi al processo. “Abilmente condotto daun presidente ostile, il dibattito – messe daparte le scialbe ed innocenti figure dei ge-renti all’oscuro delle questioni e trascuratianche gli scrittori dei fogli incriminati – siconcentrò quasi esclusivamente sull’Alber-tario e sull’Osservatore Cattolico ed assursead un impari duello tra liberalismo e in-transigenza cattolica, del quale fu posta inluce dal Pubblico ministero tutta la portatapolitica” (30). Don Albertario fu mirabil-mente difeso dall’avv. Paganuzzi che mo-strò come trattandosi di una “questione in-terna” alla Chiesa, del processo si dovevaoccupare il foro ecclesiastico e l’averlo por-tato in un foro civile ne aveva fatto unaquestione di politica, di scontro tra partitiavversi. L’altro avvocato dell’Albertario,Castelli, citò molti brani degli scritti delloStoppani in cui ricorrevano espressioni nonmeno gravi di quelle imputate ad Alberta-rio e ai suoi, demolendo così le accuse.

La sentenza, già scritta poiché volutadalle autorità liberali e massoniche, fu emes-sa l’11 luglio (1887). Era ovviamente di con-danna per don Davide ed i suoi collaborato-ri de L’Osservatore. Furono condannati apagare multe per ingiurie i gerenti del gior-nale (L. 51) e Albertario (L. 200); tutti gliimputati compresi i sacerdoti furono reputa-ti responsabili dei danni morali e condannatia pagare in solido L. 10.000 allo Stoppani, ealtre L. 4000 come parte civile per le spesedi giudizio, a pagare le spese all’erario e infi-ne a far pubblicare la sentenza su L’Osser-vatore Cattolico, sul Secolo di Milano el’Opinione di Roma, entro dieci giorni.

Fu un colpo molto duro per don Alber-tario e il suo giornale vista la consistenzadelle grosse multe inflittegli. Si trattava disalvare ancora una volta il giornale, e per

L’abate AntonioStoppani, liberale,

rosminiano e conciliatorista

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fare ciò annunciò sull’Osservatore una sot-toscrizione pubblica che rapidamente gliportò molte offerte e simpatia. La questurafece addirittura sequestrare i manifesti concui il giornalista chiedeva aiuti, fatti stam-pare e affiggere da don Davide, e processò,condannandoli, gli affissori.

Il processo d’appello si chiuse con unanuova condanna (23 febbraio 1888) che di-minuì di poco l’ammontare delle multe male gravò di altre spese processuali a caricodegli imputati. Il denaro raccolto dalla sot-toscrizione non bastava e don Albertario sirisolse a sopprimere La Rivista Italiana, IlPopolo Cattolico, e il Leonardo da Vinci,fece inoltre dei mutui presso privati per as-sicurare la continuazione del giornale prin-cipale (L’Osservatore) e lo salvò.

Oltre al danno la beffa… fu che l’abateStoppani destinò 2000 lire del denaro dellemulte al costruendo monumento del Ro-smini a Milano.

Dal processo Stoppani, l’Albertario edil suo Osservatore uscivano apparentemen-te sconfitti ma la vittoria morale era per lui.L’aver fatto ricorso ad un tribunale civile sirivelò una mossa falsa per lo Stoppani e ciònon gli portò nessun beneficio: i libri da luipubblicati in seguito si rivelarono un falli-mento e furono snobbati dal pubblico. Inol-tre il 7 marzo 1888 uscì il decreto Post obi-tum che condannava le 40 proposizioni ro-sminiane; L’Osservatore ne diede per pri-mo la notizia a Milano, e per Albertario fuun vantaggioso compenso delle sofferenzee delle amarezze dell’ultimo biennio. LoStoppani che continuava la pubblicazionedella sua rivista, malgrado gli amorevoli av-visi di chi lo consigliava di sospenderla, vi-de “Il Rosmini” messo all’indice nel giugnodel 1889 (31).

Dopo l’iniquo processo Stoppani la sim-patia per Albertario e le sue idee aumenta-rono nel popolo cattolico: laici e giovanichierici appena usciti dal seminario eranoconquistati dal programma dell’OsservatoreCattolico, mentre le file del “partito” cleri-co- liberale si assottigliavano sempre più, alpunto che dopo pochi anni resteranno co-me dei dinosauri solo alcuni vecchi capi delpartito un tempo così battagliero. La chia-rezza e la coerenza del motto “col Papa eper il Papa” aveva travolto gli avversari e laverità e la coerenza avevano trionfatosull’errore e sul compromesso. L’avvocato

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Giambattista Paganuzzi, che aveva brillan-temente difeso Albertario al processo, di-venne presidente dell’Opera dei Congressiche era la più importante organizzazioned’azione cattolica in Italia.

Mons. Giuseppe Sarto (il futuro San PioX) diciassette giorni dopo la sentenza control’Osservatore così la commentava scrivendo aun giornalista amico: “nella Marchetta (gior-naletto locale) di Sabato, fa di mettere distin-ta una notarella sulla somma raccolta sinoradal l’Osservatore Cattolico per pagare la mul-ta e le spese del processo. Altro che condan-na! Questa è una prova del favore che godepresso tutti gli ottimi; e nessun altro giornalepotrebbe aspirare a tanto” (32).

Mons. Sarto e Albertario

Mons. Giuseppe Sarto, il futuro papa S.Pio X, fu sempre favorevole all’Albertariocome testimoniano alcune sue lettere. Sartoe Albertario appartenevano alla stessa cor-rente di pensiero cattolico intransigente e sipuò legittimamente pensare che se don Al-bertario fosse vissuto più a lungo (morì nel1902 un anno prima dell’elezione di S. PioX) sarebbe evoluto nel pensiero integrista eantimodernista del grande Papa veneto.

Alcuni passaggi delle lettere di mons.Sarto quando era vescovo di Mantova atte-stano la stima che egli aveva per don Al-bertario e il suo giornale. Durante la tem-pesta del “processo del caffè” e degli attac-chi di mons. Bonomelli, quando don CarloBonacina si recò a Roma in udienza da Pa-pa Leone XIII, il quale ebbe parole di en-comio ed accordò la benedizione apostolicaper il giornale, il vescovo di Mantova scri-veva: “La direzione ne deve andare bengiustamente giuliva, e con essa tutti quelliche non transigono coi santi principi da es-sa propugnati” (33).

Nel pieno della burrasca scatenata dal“processo del caffé” Mons. Sarto sostennedon Albertario, scrivendogli lettere per con-solarlo per la mala piega che avevano presogli avvenimenti: “Con un promemoria talenelle mani del Papa è assolutamente certoche Voi non perirete. Dunque coraggio; eavanti con queste misure che usate e sapreteusare di forza, prudenza, avvedutezza, in-transigenza e zelo, usque ad finem”. Il vesco-vo di Mantova scrivendo anche al card. Pecci(fratello del Papa Leone XIII) per ottenere

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la riabilitazione de L’Osservatore e del suodirettore, faceva notare: “il gravissimo dolo-re e avvilimento, nel quale tutti i veri cattoli-ci pontifici, laici, preti e vescovi sarebber ca-duti, se mai L’Osservatore cessasse, che, asentirlo leggere soltanto, era cosa che cavavalacrime: davvero!” (34).

Nel 1894 quando don Albertario festeg-giò il giubileo di venticinque anni di giorna-lismo, Mons. Sarto, divenuto cardinale ePatriarca di Venezia gli scriveva: “che nelcampo sul quale ha valorosamente combat-tuto possa celebrare anche le nozze d’oro,raddoppiando il numero delle splendidevittorie finora conseguite, ma scevre, collabenedizione del cielo, da quelle spine e daquei sacrifici, che lo amareggiarono neigiorni più belli della sua vita” (35).

Nel 1902, pochi mesi prima della mortedi Albertario, il cardinale Sarto scrive anco-ra una affettuosissima lettera a don Davide,convalescente e che deve allontanarsi dalsuo giornale a causa della malattia; la ripor-to qui per intero: « Rev.mo e carissimo donDavide, il suo biglietto ricevuto ieri scrittotutto di suo pugno mi ha veramente consola-to, perché mi assicura che ella è in piena con-valescenza e tra non molto sarà perfettamen-te ristabilito, come desidero di tutto cuore.Che se la preannunciata lettera raccomanda-ta giunta oggi mi ha contristato pensando al-le economiche sue condizioni e alle strettezze

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in cui vive, ha finito però di confortarmi raf-fermandomi nella certezza della perfetta suaguarigione. Pel noto argomento scrivo oggistesso al Santo Padre, e procurerò non pocodi fare in guisa che la mia lettera sia sicura-mente depositata al suo tavolino, così cheEgli stesso la debba leggere, ma adoprerò imigliori argomenti perché la sua e la miapreghiera sieno esaudite. Speriamo che arriviin buon punto e che possa darle fra breveuna consolante risposta. Intanto stia di buonanimo e curi nel miglior modo la sua salutepersuaso che, se anche i medici pronosticanoche dovrà in seguito riguardarsi dalla predi-cazione, passata la burrasca, potrà attenderenon solo al giornale, ma a qualunque mini-stero che le sarà richiesto. E augurandoletranquillità d’animo e prospera continuazio-ne nella convalescenza con un bacio cordia-lissimo me le raffermo con stima ed affetto.Dev.mo obbl.mo aff.mo serv. † Gius. Card.Sarto Patriarca » (36).

Queste lettere attestano dunque una co-munanza di pensiero e di cuori tra il grandee Santo Papa Pio X e l’atleta del giornalismocattolico don Davide Albertario entrambiappartenenti alla corrente prima “intransi-gente” e poi “integrista” del movimento cat-tolico. Si può legittimamente pensare che seAlbertario fosse vissuto più a lungo, viste lesue posizioni dottrinali in favore del tomi-smo e avverse alla filosofia rosminiana, egliavrebbe condiviso la condanna del moderni-smo fatta da San Pio X con la Pascendi del1907, e difeso a spada tratta con tutte le sueforze la battaglia che il Santo Papa condussecontro questa eresia tramite il SodalitiumPianum di mons. Benigni.

Note

1) GIUSEPPE PECORA, In prigione in nome di GesùCristo. Vita di don Davide Albertario, campione delgiornalismo cattolico. Centro Librario Sodalitium –Centro Studi Davide Albertario, Verrua Savoia 2002,pag. 55.

2) GIUSEPPE PECORA, op. cit. pag. 56-57.3) GIUSEPPE PECORA, op. cit. pag. 58.4) In quel periodo l’Arcidiocesi di Milano si trovava

in una situazione assai difficile: dal 1859 quando eramorto l’Arcivescovo Bartolomeo dei conti Romilli diBergamo si erano creati dei forti attriti per la sua succes-sione tra il governo di Torino e la Santa Sede. A questasituazione contingente della città di Milano si deve l’ori-gine dell’Osservatore Cattolico, il giornale a cui Alberta-rio legherà il suo nome negli anni successivi. L’arcive-scovo Romilli era morto infatti il 7 maggio del 1859 incorrispondenza dello scoppio della guerra (II guerra

Mons. Giuseppe Sarto vescovo di Mantova

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d’Indipendenza). Su proposta dell’Imperatore d’AustriaFrancesco Giuseppe, secondo il concordato vigente, frala battaglia di Magenta del 4 giugno (1859) e la pace diVillafranca dell’8 luglio, Pio IX aveva preconizzato allasede milanese Mons. Paolo Angelo Ballerini, già vicariogenerale del defunto arcivescovo, conosciuto come mol-to devoto alla S. Sede. Il nuovo governo piemontese ri-fiutò di riconoscere la nomina del Ballerini con la scusache la proposta imperiale non aveva valore in quanto gliaustriaci non erano più padroni di Milano. Ballerini fuconsacrato in segreto presso la certosa di Pavia daMons. Caccia Dominioni gia vicario capitolare della dio-cesi e ausiliare del Romilli. Ballerini, la cui consacrazio-ne restò segreta, fu oggetto di una violentissima campa-gna di stampa e fu anche minacciato di morte, si ritirò aCantù aiutando il parroco nel ministero delle confessio-ni, dopo aver nominato suo vicario episcopale Mons.Caccia Dominioni che governò la diocesi in sua vece,per lunghi anni obbedendo al Ballerini al quale il gover-no rifiutava sempre l’exequatur. Contro Caccia Domi-nioni e Ballerini si scatenerà la stampa cattolico liberalee conciliatorista filo-governativa.

5) GIUSEPPE PECORA, op. cit. pagg. 48-50.6) La difficile situazione della diocesi di Milano

(vedi nota 4) si era risolta nel 1867 quando Pio IX ven-ne a compromesso con il governo (che si era già trasfe-rito a Firenze): Mons. Ballerini rinunciò all’arcivescova-do di Milano e fu promosso Patriarca latino di Alessan-dria e mons. Luigi dei conti Nazari di Calabiana fu tras-lato dalla sede vescovile di Casale Monferrato a quelladi Milano. Precedentemente nel ‘66 era morto il vicarioCaccia Dominioni e il Ballerini aveva dovuto manife-stare pubblicamente la sua qualità di vescovo di Milanorendendo nullo (almeno per un po’…) il tentativo delgoverno di porre sulla cattedra di S. Ambrogio un per-sonaggio dell’area liberale e conciliatorista.

7) Giuseppe Marinoni, dopo aver lasciato nel1872 l’Osservatore Cattolico nelle mani di don Alber-tario, fu poi fondatore della congregazione del PIME(Pontificio Istituto Missioni Estere)

8) L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Mila-no deve certamente annoverare tra i suoi ispiratori equasi fondatori a giusto titolo don Davide Albertarioche a più riprese ne caldeggiò e appoggiò la nascita. Èsconcertante pensare che oggi in questo ateneo nonc’è una sola aula a lui dedicata (mentre personaggi co-me il card Ferrari, Frassati, hanno la loro aula). Ma sisa che l’Albertario fu sempre un personaggio scomodoin vita e post mortem e pietra d’inciampo per liberali emodernisti…

9) G. PECORA, op. cit., pag. 71.10) GIUSEPPE PECORA, op. cit., pag. 73.11) Sull’anticlericalismo del movimento risorgi-

mentale si possono consultare i seguenti autori: ANGE-LA PELLICCIARI, Risorgimento da riscrivere, Ares Mila-no 1998; Risorgimento anticattolico, Piemme CasaleMonferrato 2004; La verità sugli uomini e sulle cosedel Regno d’Italia, a cura di ELENA BIANCHINI BRA-GLIA, edizioni Terra e identità Modena 2005.

12) GIUSEPPE PECORA, op. cit., pag. 79.13) Breve papale del 4 Febbraio 1874 citato in

GIUSEPPE PECORA, op. cit., pag. 83.14) GIUSEPPE PECORA, op. cit., pag. 84.15) GIUSEPPE PECORA, op. cit., pag. 104-105.16) GIUSEPPE PECORA, op. cit., pag. 142.17) Ai giorni nostri fa quasi sorridere l’accusa

mossa contro don Albertario, e nessuno penserebbe

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oggi di fare un processo per un fatto del genere, ma ènecessario ricordare la regola della legge del digiunoeucaristico che doveva essere assoluto (non era per-messa neanche l’acqua naturale) dalla mezzanotte pri-ma della S. Comunione. Questa antica disciplina, diorigine apostolica, della Chiesa fu poi attenuata dopola guerra da papa Pio XII quando egli permise la mes-sa vespertina (al pomeriggio) e si vide costretto a ri-durre a sole tre ore il tempo del digiuno prima della S.Comunione, raccomandando però che, chi poteva,continuasse a osservare la disciplina antica. Tutto ciòci deve animare ad un profondo rispetto nel riceverela S. Eucaristia con le migliori disposizione anche delcorpo, poiché essa deve essere il primo “alimento” adentrare nel nostro corpo secondo le parole di Gesù“cercate prima il regno dei cieli e tutto il resto vi saràdato in sovrappiù”.

18) Citato da: GIUSEPPE PECORA, op. cit., pag. 158.19) Per quanto riguarda la persona di Ballerini e le

vicende che lo riguardano vedi la nota n. 6, poco sopra.20) Pietro Balan è autore della “Storia della Chie-

sa Cattolica” dal 1846 fino a Leone XIII, che continua-va quella più celebre dell’abate Rohrbacher, (MariettiTorino 1904).

21) La Società Anticlericale Cremonese lo pubbli-cò con il titolo: “Guerra al coltello fra il prete Alberta-rio e il vescovo Bonomelli” aggiungendo come com-mento che per loro “entrambi questi caporioni dellareazione pretina hanno identico valore morale”.

22) G. PECORA, op. cit., pag. 181.23) G. PECORA, op. cit., pag. 183.24) G. PECORA, op. cit., pag. 197.25) Papa Leone XIII aveva appena condannato la

Massoneria con la magnifica enciclica Humanum genus.26) La madre morì dicendogli quelle belle parole:

“So poche cose, ma qualche cosa conosco…” già citateall’inizio di quest’articolo nel paragrafo dedicato alleorigini.

27) Stoppani pubblicò in prima pagina ed in ognifascicolo, come un’insegna, alcuni brani della lettera diGregorio XVI, In sublimi e del breve in cui lo stessopapa lodava la pietà del Rosmini, un brano del Dimit-tatur, e inoltre – cosa inaudita – la famosa ritrattazioneMassara-Albertario del 30 giugno 1876 (vedi il para-grafo sui rosminiani a pag. 42). In pratica il “silenzio”imposto sulla questione rosminiana doveva essere os-servato, secondo il celebre abate, soltanto dagli altri, isuoi avversari cioè gli albertariani…

28) G. PECORA, op. cit., pagg. 225-226.29) Già nel 1884 c’era stato un processo per ingiu-

ria e diffamazione a Crema passato alla storia come“processo dei rosminiani” che aveva coinvolto Stoppa-ni e Albertario ed era finito con la condanna della re-dazione dell’Osservatore a pagare 1500 lire di dannimorali e la pubblicazione della sentenza sul giornale.

30) G. PECORA, op. cit., pagg. 230-231. Il momen-to politico in cui si svolse questo processo non era deipiù favorevoli per i rapporti tra la Santa Sede e il go-verno italiano. A capo del governo sedeva il massoneFrancesco Crispi e molte furono le leggi anticattolicheemanate in quegli anni. Fu tolto l’obbligo dell’istruzio-ne religiosa nelle scuole elementari, vennero “regola-ti” i beni delle confraternite e delle opere pie, e furo-no fatte leggi contro i presunti abusi del clero e le “in-temperanze” della stampa cattolica. A Roma in Cam-po dei Fiori (laddove l’eretico era stato bruciato) sierigeva nel 1889 una statua a Giordano Bruno in spre-

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gio alla Chiesa. Insomma l’anticlericalismo massonicodi stato era dilagante. Inutile dire che tutte le udienzedel processo Stoppani erano date in pasto ai giornaliliberali e da essi pubblicati, secondo la consuetudinegià adottata e consolidata nelle precedenti polemiche.

31) Dopo la messa all’indice del primo giornale loStoppani continuò pubblicando Il nuovo Rosmini nelquale faceva paragoni tra Galileo e il suo caro filoso-fo… ma si vide condannare e mettere all’indice anchequesta pubblicazione nel febbraio 1890. Tutto ciò sta-va infine a dimostrare che la ragione (e il Papa) eranodalla parte dell’Albertario.

32) G. PECORA, op. cit., pagg. 240.33) Citato da G. PECORA, op. cit., pag. 163.34) Ibidem, pag. 175.35) Ibidem, pag. 289.36) Ibidem, pagg. 367-368.

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Avviso sulla pratica dellacremazione

don Francesco Ricossa

In questi ultimi anni si sta diffondendosempre più la pratica massonica della

cremazione, che consiste nella violenta di-struzione del cadavere umano per mezzodel fuoco o di grande calore.

Ci sembra quindi non solo opportuno,ma anche improrogabile, ricordare ai nostrilettori la disciplina della Chiesa cattolicacodificata nel codice di diritto canonicopromulgato da Benedetto XV nel 1917 eche, stante la vacanza formale della SedeApostolica, è tuttora in vigore.

La legge della Chiesa vieta espressa-mente le seguenti azioni:a) Cremare una salma.b) Formalmente cooperare alla cremazione.c) Dare ordine che il proprio corpo o quel-

lo di un altro sia cremato.d) Far parte di una società, i membri della

quale si impegnano a far cremare il cor-po proprio e quello delle persone di cuipossono disporre.

e) Dare l’assoluzione sacramentale ad unapersona che ha ordinato che il suo corposia cremato e che non vuole revocare ta-le ordine; dare a questa stessa persona,dopo la morte, la sepoltura ecclesiastica.(canoni 1203; 1240 §1 n. 5; 2339).L’Istituto ‘Mater Boni Consilii’ si attie-

ne a questa legislazione.

Per saperne di più

Bibliografia essenziale:• GIUSEPPE PECORA, In prigio-

ne in nome di Gesù Cristo. Vita didon Davide Albertario, campionedel giornalismo cattolico. CentroLibrario Sodalitium – Centro Stu-di Davide Albertario, VerruaSavoia 2002, € 16,50.

• SAC. DAVIDE ALBERTARIO,Un Anno di Carcere - 2557. Ufficio dell’Osserva-tore Cattolico di Milano 1900; riedito in stampaanastatica dal comune Filighera 2002 (qualchecopia ancora disponibile presso il C.L.S.).

Morale

Dieci motivi (tra i tanti) per opporsi allacremazione

La Chiesa considera la pratica dellacremazione dei cadaveri “una pratica bar-bara, che ripugna non solo alla pietà cristia-na, ma anche alla pietà naturale verso i cor-pi dei defunti e che la Chiesa, fin dai suoiprimordi, ha costantemente proscritto”(Istruzione della Sacra Congregazione delSant’Uffizio, 19 giugno 1926).

Cercherò di elencare alcuni motivi per iquali non è opportuno procedere alla cre-mazione dei cadaveri.1) Perché Nostro Signore Gesù Cristo stes-

so ha voluto essere sepolto (GvXIX,40), secondo tutta la tradizionedell’antico testamento.

2) Perché l’incinerimento sembra voler si-gnificare che i corpi sono per sempre ri-soluti e dispersi, mentre il rito contrariodell’inumazione accompagna l’idea del-la morte equiparata a sonno (Gv XI,11-39) ed esprime con più aderenza lafede cristiana nella finale risurrezione.

La Chiesa considera la praticadella cremazione dei cadaveriuna pratica barbara, che ripu-gna non solo alla pietà cristia-na, ma anche alla pietà naturaleverso i corpi dei defunti.

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3) Perché l’inumazione esprime il simbolocristiano e biblico del corpo consideratocome una semente che dà luogo a unanuova vita:“se il grano di frumento, ca-duto in terra, non muore, resta solo; mase muore, produce molto frutto” (GvXII, 24; vedi anche 1 Cor XV, 36-44).

4) Perché tutta la liturgia della Chiesa ono-ra il corpo del defunto, che è stato tem-pio dello Spirito Santo, ed è destinato arisorgere dalla morte, mentre la crema-zione lo distrugge violentemente nelfuoco, simbolo del fuoco eterno…

5) Perché la Chiesa ha sempre praticato ilculto delle reliquie dei Santi, mentre hariservato la pena del fuoco ai corpi deglieretici impenitenti.

6) Perché già i primi cristiani l’avevano inorrore come lo testimonia il pagano Mi-nucio Felice: i cristiani, scrive, execran-tur rogos, et damnunt ignium sepulturas.

7) Perché ovunque si è diffuso il Vangelo, èscomparsa la cremazione.

8) Perché la cremazione è stata reintrodot-ta dai nemici della Chiesa, prima con larivoluzione francese e poi nel XIX seco-lo, per negare la resurrezione dei corpi eper combattere la Chiesa.

9) Perché è la setta massonica che ha pro-mosso e promuove le società per la cre-mazione.

10) Perché è la medesima setta che ha chie-sto e ottenuto (sotto Paolo VI) la modi-fica della legge ecclesiastica contro lacremazione, ennesimo cedimento deineo-modernisti ai nemici della Chiesa.

La massoneria e le società per la cremazione

Chi, ancor oggi, desidera essere crema-to dopo la morte, si rivolgerà alla più vicinasocietà per la cremazione (So.crem). Neivari siti internet di queste associazioni, an-che quando si ricorda la loro storia, non siaccenna mai alla massoneria. Vengono fattiperò i nomi dei “padri fondatori” delle va-rie società per la cremazione. Vediamo chierano…

Dopo il tentativo di introdurre la cre-mazione durante la rivoluzione francese(con un progetto di legge al Consiglio deiCinquecento l’11 novembre 1797), bisognaaspettare la seconda metà del XIX secoloper vedere la nascita, e proprio in Italia, diun attivo movimento cremazionista.

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La più antica società per la cremazionein Italia è quella di Milano, e risale al 1876.In breve, si diffondono varie società per lacremazione, specie nel nord del paese: aPavia nel 1881, Torino, Livorno, Firenze eVenezia nel 1882, a Bologna nel 1889, aGenova nel 1897 ecc. La legge sanitaria chel’autorizza è del 1888 (governo Crispi, mas-sone), mentre in Francia una legge similerisale all’anno precedente.

Ed ecco alcuni nomi. A Milano, promo-tori della cremazione dei cadaveri sono(per il sito internet della So.crem) Malachiade Cristoforis, Gaetano Pini, GiuseppeMussi, Agostino Bertani… e la stessa socie-tà si fregia di una lettera di Giuseppe Gari-baldi, con la quale “l’Eroe dei due mondi”si dice iscritto alla società per la cremazio-ne. Tutti esponenti di spicco del mondo po-litico di allora. Ma non solo…

Giuseppe Mussi, infatti, fu PresidenteSerenissimo della Gran Loggia del RitoSimbolico Italiano (RSI) dal 1885 al 1886:gli successe appunto Gaetano Pini. Mala-chia De Cristoforis fu nel Consigliodell’Ordine del Grand’Oriente; AgostinoBertani, della Loggia Propaganda delG.O.I. Quanto a Garibaldi, nessuno ignorach’egli fu Gran Maestro del Grand’Oriented’Italia. Ambrogio Viviani nella sua Storiadella Massoneria lombarda (Bastogi, 1992,p. 118), scrive: “Una delle attività massoni-che di questo periodo si esplica nel campodella cremazione (…). A Milano nel 1876 sicostituisce la ‘Società di cremazione’ per ini-ziativa di Malachia de Cristoforis, GaetanoPini, Giuseppe Polli, Giovanni Sacchi, Giu-seppe Pozzi; negli anni successivi sorgono leSocietà di cremazione di Cremona e Brescia(1883), Varese (1884), Mantova (1888), Ber-gamo e Monza (1886). Il Tempio cremato-rio di Milano, dovuto all’opera dei Fratelli,venne inaugurato nel 1884”

Passiamo a Livorno. La Società per lacremazione era come un “doppio” della Sere-

Malachia deCristoforis, promotoredella cremazione dei

cadaveri a Milano

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nissima Gran Loggia del Rito Simbolico Ita-liano: ai vertici delle due associazioni CarloMeyer e Federico Wasmuth, entrambi presi-denti della Serenissima Gran Loggia del RSI,ed Alceste Cristofanini, del RSI, nonchéGran Maestro onorario del Grand’Oriente.

Torino non è da meno. La localeSo.crem cita i nomi del dott. Jacob Mole-schott, ma omette di dire che egli era un fra-tello muratore, come pure gli altri pionieri ecorreligionari israeliti, Cesare Goldmann (1)e Luigi D’Ancona. I primi tre presidentidella Socrem subalpina sono tutti e tre emi-nenti massoni: così Ariodante Fabretti, car-bonaro, membro della Giovane Italia maanche del Supremo Consiglio del 33° di Ri-to Scozzese; Tommaso Villa (che fu presi-dente della Camera e Senatore del Regno)e Luigi Pagliani. E potremmo continuare…Tutti questi nomi si ritrovano nei volumi distoria della Massoneria, ad esempio in quel-lo di A.A. Mola (ed. Bompiani, 1976).

Oggi, per rassicurare i cattolici, le socie-tà per la cremazione citano Paolo VI (2),ma in realtà l’atmosfera è ancora quella deitempi che furono, quando con i riti crema-zionisti (e ora le “sale del commiato” nel“tempio crematorio”) si volle creare una“morte laica” da sostituire alle cerimoniedel cattolicesimo. Exit-Italia, l’associazioneper l’eutanasia, è lieta di sbandierare la suaottima collaborazione con la U.A.A.R.(Unione Atei Agnostici Razionalisti) e laSo.crem (Società per la cremazione). Oggi,come ieri, nulla è veramente cambiato.

Note1) Dovrebbe trattarsi del medesimo Cesare Gold-

mann, anch’egli massone israelita, che finanziò Il Po-polo d’Italia e mise a disposizione dei neonati Fasci dicombattimento il Salone dell’Alleanza industriale ecommerciale di Milano, sito in Piazza San Sepolcron. 9, per la storica adunata del 23 marzo 1919.

2 ) Naturalmente, i cremazionisti citano (per con-vincere i cattolici) le parole con le quali vien detto chela cremazione non è cattiva in sé, e non è più proibita inogni caso. Omettono invece le altre parole del testo do-ve viene ancora ricordato che “la Chiesa si è sempre stu-diata di inculcare la inumazione dei cadaveri, sia circon-dando tale atto con riti destinati a metterne in risalto il si-gnificato simbolico e religioso, sia comminando pene ca-noniche contro coloro che agissero contro una sì salutareprassi (…). Deve essere usata ogni cura perché sia fedel-mente mantenuta la consuetudine di seppellire i cadaveridei fedeli; perciò gli ordinari con opportune istruzioni edammonimenti cureranno che il popolo cristiano rifuggadalla cremazione dei cadaveri (…)”. Parole al vento, elo si poteva e doveva prevedere! Tutto quello che è ri-masto del decreto del 1963, è, come si dice, che ‘la

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Chiesa non proibisce più la cremazione’! Il colpo erapreparato da tempo: ne dà testimonianza una letteradel vescovo Bruno B. Heim, collaboratore a suo tempodel nunzio Angelo Giuseppe Roncalli (futuro GiovanniXXIII) alla nunziatura di Parigi, il quale scrive che ilbarone Marsaudon, amico di Mons. Roncalli, “venne (atrovarlo) per proporre la soppressione del divieto dellacremazione; a suo dire ciò non aveva più nulla a che ve-dere con l’ideologia massonica” (in Controrivoluzione,n. 67-68/2000, p. 28). Ah, peccato che Marsaudon fosseMinistro di Stato del Supremo Consiglio di Francia delRito Scozzese Antico e Accettato…

L’elemosina della Messa don Ugo Carandino

L’Enciclopedia Cattolica (EC) alla voce“elemosina” spiega che “…una parti-

colare specie di elemosina è quella che vienecorrisposta per la celebrazione o l’applica-zione di Messe. Essa viene anche designatain linguaggio tecnico con il termine di sti-pendium (…). Tale terminologia, si riattac-ca all’uso latino di denominare stipendiumciò che si dava ad ogni soldato per il mante-nimento, donde poi la qualifica di stipendioa tutto ciò che i ministri dell’altare avesseroper il mantenimento…”.

Il redattore dell’EC cita l’insegnamentodell’Apostolo san Paolo, il quale scrive: “Nonsapete che coloro che celebrano il culto trag-gono il vitto dal culto, e coloro che attendonoall'altare hanno parte dell'altare? Così anche ilSignore ha disposto che quelli che annunzianoil vangelo vivano del vangelo”. (I Cor, 9, 13-14). Questo serve, continua l’EC, a “porre inluce l’elemento giustificativo della prestazionedi cui si tratta. Elemento che si identifica nelloscopo di procurare al celebrante un mezzo disostentamento”. Infatti l’insegnamento paoli-no (“Coloro che attendono all’altare hannoparte dell’altare”) precisa il motivo per cui ilsacerdote percepisce un’elemosina (lo stipen-dium) legata all’intenzione particolare per laquale la Messa viene celebrata.

L’origine di questa pratica è antichissi-ma. Il card. Schuster, nel suo monumentaleLiber Sacramentorum, parla della consue-tudine, diffusa nelle prime comunità di cri-stiani, di offrire al celebrante dei doni innatura necessari, oltre che per il santo sa-crificio, anche per l’aiuto ai poveri e per ilmantenimento del clero.

“Nei secoli posteriori – spiega l’insigneliturgista - questa disciplina primitiva fu so-

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stituita dall’uso di offrire al celebrante delleofferte in danaro, la cosiddetta elemosinaper la messa. Sarà bene che i fedeli com-prendano tutta l’importanza che deve averequesta loro contribuzione personale a soste-nere le spese di culto, che la concepiscano,non già come un rito di devozione funebrein caso di morte di qualcuno dei loro cari,ma come una parte dei loro doveri di cristia-ni, e come una conseguenza del precetto im-posto già da Dio agli Israeliti di concorrerecolle loro offerte alle spese cultuali del Tem-pio, ed al mantenimento dei ministri del san-tuario” (CARD. A. L. SCHUSTER, osb, LiberSacramentorum, vol. IV, Casa Editrice Ma-rietti, Torino-Roma 1930, pagg. 117-118).

La prassi dell’elemosina data al sacerdo-te affinché la celebrazione della Messa sialegata a un determinato scopo, risale al IIsecolo e si diffuse in tutta la Chiesa nel-l’epoca medioevale. Il Diritto Canonicotratta della materia e regola l’accettazione,l’amministrazione e l’utilizzo delle elemosi-ne relative alle intenzioni per la Messa.

L’intenzione particolare richiesta al ce-lebrante può essere relativa: al suffragio diuno o più defunti; al bisogno spirituale otemporale di un vivente (la conversione, laguarigione, il buon esito di un esame, unagrazia particolare, ecc.); alle intenzioni ge-nerali della Chiesa, come la perseveranzadei consacrati, le vocazioni, la conversionedegli infedeli, ecc. Si possono inoltre far ce-lebrare delle Messe in onore delle Tre Per-sone della SS. Trinità, della Santa Vergine,degli Angeli e dei Santi.

L’intenzione inoltre può riguardare lacelebrazione di una sola Messa oppure lacelebrazione consecutiva di più Messe: untriduo (tre Messe), una novena (nove Mes-se) oppure un ciclo di Messe gregoriane(trenta Messe per l’anima di un defunto).

È vietato celebrare una Messa cumulan-do più intenzioni ricevute da donatori di-versi, mentre un unico donatore può richie-dere, come abbiamo già accennato, un’uni-ca intenzione applicabile a più defunti o vi-venti.

Sarebbe auspicabile far celebrare delleMesse in suffragio dei propri defunti almenonell’anniversario della morte. Lodevolmentealcuni fedeli richiedono l’applicazionedell’intenzione della Messa per le anime delPurgatorio più abbandonate. Fino a pochidecenni fa, la richiesta delle Messe era una

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pratica profondamente radicata tra i fedeli.Oggi rischia di perdersi soprattutto tra lenuove generazioni di cattolici, alle qualispesso viene a mancare la trasmissione diret-ta di usi e costumi cristiani. Infatti, la con-versione permette di abbracciare le princi-pali verità della Fede, ma è necessario acqui-sire una serie di elementi secondari (comel’elemosina delle Messe) che la scristianizza-zione generale non ha permesso di conosce-re e quindi di praticare precedentemente.

Evidentemente la pratica dell’elemosinadella Messa non si deve confondere con lasimonia, cioè la vendita di cose sacre. A ta-le proposito l’EC è chiara: l’elemosina è unmezzo di sostentamento al clero “restandoescluso ogni concetto di pagamento di prez-zo e tanto meno di controvalore pecuniariodel sacrificio celebrato o applicato”.

Il fedele deve inoltre sapere la differen-za che passa tra le diverse forme di elemo-sina. Mentre le elemosine raccolte attraver-so la questua rappresentano un aiuto cheva alla parrocchia o alla congregazione (nelnostro caso all’Istituto a cui apparteniamo),le elemosine legate alla richiesta di celebra-zione della Messa rappresentano l’unico so-stentamento personale del sacerdote.

Non sempre i fedeli percepiscono chia-ramente le gravose esigenze materiali lega-te all’esistenza e al mantenimento diun’opera sacerdotale. Il card. Schuster, nel-le sue considerazioni sull’elemosina, tratta-va anche questo aspetto e si rivolgeva diret-tamente al senso di responsabilità dei figlidella Chiesa: “Quest’obbligo oggi divienepiù doveroso e grave, dacchè i governi libe-rali hanno confiscato quasi tutte le renditeecclesiastiche, riducendo la Chiesa non dirògià semplicemente a mantenersi, ma a soste-nere ancora tutte le sue numerosissime istitu-zioni di beneficenze, di propaganda ecc. col-le sole elemosine dei suoi figli”.

L’elemosina della Messa permette cosìdi praticare la carità e la giustizia nei con-fronti del celebrante (sostentamento delclero) e di colui per il quale la Messa vieneofferta (ad es. il suffragio dei defunti).

È quindi auspicabile che questa anti-chissima consuetudine ritorni ad esserepraticata dal popolo cristiano.

“Non ti accorgi che hai perso quello chenon hai dato?” (S. Agostino).

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Deus caritas est

La prima (e per ora unica) enciclica diBenedetto XVI ripropone la dottrina di

Giovanni Paolo II sulla “teologia del cor-po”. In questa breve rubrica, segnaliamosolo alcuni aspetti degni d’attenzione…

Il Cantico dei Cantici “Secondo l’inter-pretazione oggi prevalente, le poesie conte-nute in questo libro sono originariamentecanti d’amore, forse previsti per una festa dinozze israelitica, nella quale si doveva esal-tare l’amore coniugale” (n. 6). L’esegetaRicciotti scriveva nell’Enciclopedia Cattoli-ca: “Sembra che già sul finire del sec. I d. C.alcuni Giudei interpretassero o almeno im-piegassero il C. in tal senso (…). Presso icristiani il primo rappresentante [dell’inter-pretazione naturalistica] ne è Teodoro diMopsuestia (m. nel 428) (…) ma la sua opi-nione, forse condivisa da qualche altro, fucondannata nel 553 dal V Concilio Ecume-nico, né per molti secoli ricomparve più fra icristiani. Il protestantesimo la riportò allaluce, giacché essa fu vagamente espressa dalCasteillon (Châteillon) amico e seguace diCalvino: ma appunto per questa sua opinio-ne, Calvino bandì il Casteillon da Ginevra(1554). Dopo qualche altro dubbioso tenta-tivo, Herder (1778) difese integralmente l’in-terpretazione naturalistica, considerando ilC. come una raccolta di canti erotici staccati:dopo di lui tale interpretazione acquistòsempre più terreno fra i protestanti. (…) Og-gi l’interpretazione naturalistica è ancorapredominante fra studiosi razionalisti o pro-testanti, ed ha pure rappresentanti fra stu-diosi israeliti”. Era il 1949, e non si preve-deva che simili affermazioni si potesserotrovare in un’“enciclica” e passassero inos-servate tra i cattolici.

L’androgino primitivo non è solo un mi-to pagano, ma anche rabbinico: Dio avreb-be creato non un uomo, ma un androgino(uomo-donna). Lo ha ripreso a suo tempoGiovanni Paolo II (Sodalitium, nn. 38 p. 56;39 p. 36; n. 40 p. 34). Oggi, Benedetto XVI:“È possibile vedere sullo sfondo di questoracconto [della Genesi, 2, 23] concezioniquali appaiono, per esempio, anche nel mitoriferito da Platone, secondo cui l’uomo ori-

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ginariamente era sferico, perché completo inse stesso e autosufficiente. Ma, come puni-zione per la sua superbia, venne da Zeus di-mezzato, così che ora sempre anela all’altrasua metà ed è in cammino verso di essa pertrovare la sua completezza. Nel racconto bi-blico non si parla di punizione; l’idea peròche l’uomo sia in qualche modo incompleto,costituzionalmente in cammino per trovarenell’altro la parte integrante per la sua inte-rezza, l’idea cioè che egli solo nella comu-nione con l’altro sesso possa divenire ‘com-pleto’, è senz’altro presente” (n. 11).

Il “Dio erotico”: così il Foglio ha titola-to la pubblicazione dell’enciclica ratzinge-riana. “Egli ama, e questo suo amore puòessere qualificato senz’altro come eros, chetuttavia è anche e totalmente agape” (n. 9)(egli usa “eros come termine per significarel’amore ‘mondano’ e agape come espressio-ne per l’amore fondato sulla fede e da essoplasmato. (…) In realtà eros e agape – amo-re ascendente e amore discendente – non silasciano mai separare completamente l’unodall’altro” n. 7).

Il “Dio silenzioso”. Nel discorso adAuschwitz (28 maggio 2006), Ratzinger haripreso un tema caro alla moderna teologiagiudaica, quello del silenzio di Dio. Pio XIInon è il solo ad aver taciuto! “In un luogocome questo vengono meno le parole, infondo può restare soltanto uno sbigottito si-lenzio – un silenzio che è un interiore gridoverso Dio: Perché Signore, hai taciuto? Per-ché hai potuto tollerare tutto questo?”.

Giuda Apostolo. Benedetto XVI, prose-guendo la “catechesi del mercoledì”, ha par-lato degli apostoli, non escluso il traditore(18/10/2006). Perché tradì? Si chiede Ratzin-ger. “La questione è oggetto di varie ipotesi.Alcuni ricorrono al fattore della sua cupidi-gia di danaro; altri sostengono una spiegazio-ne di ordine messianico: Giuda sarebbe statodeluso nel vedere che Gesù non inseriva nelsuo programma la liberazione politico-mili-tare del suo Paese”. In realtà, che Giuda ab-bia tradito per avarizia e perché era ladronon è un’ipotesi: lo afferma il Vangelo (Gv12, 6…) mentre dell’altra “ipotesi” non si facenno nella Scrittura. Invece la colpa è deldiavolo: In realtà, i testi evangelici insistonosu di un altro aspetto: Giovanni dice espres-samente che ‘il diavolo aveva messo in cuore

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a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradir-lo’…”. Anzi, magari è pure “colpa” di Dio:Del resto, quando pensiamo al ruolo negati-vo svolto da Giuda, dobbiamo inserirlo nellasuperiore conduzione degli eventi da parte diDio. Il suo tradimento ha condotto alla mortedi Gesù, il quale trasformò questo tremendosupplizio in spazio di amore salvifico e inconsegna di sé al Padre (…)”. “In consegnadi sé”: attenzione, adesso assisterete al piùbel gioco di prestigio: “il Verbo [maiuscolo]‘tradire’ è la versione di una parola greca chesignifica ‘consegnare’”. Capite? Giuda hatradito (consegnato)? Anche Gesù si è con-segnato (=tradito). E pure Dio ha consegna-to (=tradito) il Figlio: “Talvolta il suo sogget-to è addirittura Dio in persona: è stato lui[minuscolo] che per amore ‘consegnò’ Gesùper tutti noi (cfr Rm 8, 32). Nel suo misterio-so progetto salvifico, Dio assume il gesto ine-scusabile di Giuda come occasione del donototale del Figlio per la redenzione del mon-do”. Inescusabile. Dunque Giuda si è dan-nato? Per Ratzinger non è affatto chiaro:Gesù ha scelto Giuda come apostolo. Lo hachiamato “amico”. Non è un mistero? “Ilmistero della scelta rimane, tanto più che Ge-sù pronuncia un giudizio molto severo su dilui: ‘Guai a colui dal quale il Figlio dell’Uo-mo viene tradito!’ (Mt 26, 24). Ancora di piùsi infittisce il mistero circa la sua sorte eter-na…” Come? Non ha detto “Guai” a Giu-da? “sapendo che Giuda si pentì (…) Benchéegli si sia poi allontanato per andare a impic-carsi (cfr Mt 27, 5) non spetta a noi misurareil suo gesto, sostituendoci a Dio infinitamentemisericordioso e giusto”! Ratzinger vede unfitto mistero dove Dio invece ha gettatochiarissima luce; Gesù infatti non ha solopronunciato “un giudizio molto severo” colsuo “Guai”. La frase che Ratzinger inter-rompe nella sua citazione troncata, prosegueinfatti così: “sarebbe stato meglio perquest’uomo se non fosse mai nato”! Questeparole hanno un senso solo per chi è eterna-mente dannato in inferno, giacché per chi sisalva vale sempre la pena di nascere. Ma an-che in questo Benedetto è il successore diGiovanni Paolo. Simili discorsi proprio men-tre i nemici della Chiesa diffondevano l’apo-crifo “Vangelo di Giuda” durante la Setti-mana Santa, invitano a riflettere su chi pos-sano essere questi moderni avvocati dellacausa del Traditore. Avvocati di una causapersa.

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Frère Roger. Se Giuda può non esserein inferno, figuriamoci se Frère RogerSchutz, il fondatore della comunità ecume-nica di Taizé, non è in Paradiso: “In questomomento di tristezza – così Benedetto XVIil 17 agosto 2005 dopo la morte di Schutz -possiamo solo affidare alla bontà del Signo-re l’anima di questo suo fedele servitore esappiamo che dalla tristezza, come abbia-mo sentito ora, rinascerà la gioia; che è,nelle mani della bontà eterna e dell’amoreeterno, arrivato alla gioia eterna. E lui ciammonisce di essere fedeli lavoratori nellavigna del Signore, sempre, anche in situa-zioni tristi, sicuri che il Signore ci accompa-gna e ci dà la sua gioia”. Dopo un anno, loaddita ad esempio di ecumenismo:

Il problema è che Frère Roger non si è“convertito al cattolicesimo” come è statodetto, ma sarebbe stato in “piena comunio-ne con la Chiesa cattolica” senza cessare diessere protestante. Qui di seguito la posi-zione ufficiale di Taizé: «La comunità diTaizé chiarisce il percorso di frère Roger.

La comunità di Taizé comunica:In un articolo riguardante frère Roger,

il giornale Le Monde del 6 settembre 2006ha dato credito e voce alle affermazioni diun piccolo foglio d’informazione, legato aduna corrente tradizionalista, che deforma ilreale cammino di frère Roger e ne danneg-gia la memoria.

Un testo del Pontificio Consiglio perL’Unità dei cristiani, di Roma, è citato persostenere la tesi di una “conversione” di frè-re Roger, mentre in realtà non dice niente ditutto ciò. In merito poi al vescovo emerito diAutun, mons. Séguy, lo stesso ha già chiaritole sue parole. Rifiutando il termine “conver-sione”, ha dichiarato all’AFP: “Non ho det-to che Frère Roger avrebbe abiurato il pro-testantesimo, bensì che ha manifestato diaderire pienamente alla fede cattolica”.

D’origine protestante, frère Roger hapercorso un cammino senza precedenti do-

In occasione dei funerali diK. Wojtyla, frère Roger,fondatore di Taizé riceve

la comunione dal cardinalRatzinger

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po la Riforma: entrare progressivamente inuna piena comunione con la fede della Chie-sa cattolica senza alcuna “conversione” cheimplicasse una rottura con le sue origini. Nel1972, l’allora vescovo di Autun, mons. LeBourgeois, diede a frère Roger la comunio-ne per la prima volta, semplicemente, senzachiedergli un’altra professione di fede senon il Credo recitato durante l’Eucaristia ecomune a tutti i cristiani. Diversi testimonipresenti lo potrebbero riferire.

Parlare rispetto a ciò di “conversione”,significa non capire l’originalità di ciò chefrère Roger ha ricercato.

Questo percorso di frère Roger non hamai avuto nulla di nascosto. Nel 1980, du-rante uno degli incontri europei dei giovania Roma, in presenza del Papa GiovanniPaolo II nella basilica di San Pietro, lo hapubblicamente espresso con queste parole:“Ho trovato la mia vera identità di cristia-no riconciliando in me stesso la fede dellemie origini con il mistero della fede cattoli-ca, senza rompere la comunione con nes-suno”.

Il cammino di frère Roger non è statocompreso da tutti ma è stato accolto damolti, dal Papa Giovanni Paolo II, da ve-scovi e teologi cattolici che sono venuti acelebrare l’eucaristia a Taizé, ed anche daresponsabili delle Chiese protestanti ed or-todosse, con i quali frère Roger ha pazien-temente costruito una relazione di fiducianel corso degli anni.

Coloro che vogliono ad ogni costo chele confessioni cristiane trovino ciascuna lapropria identità contrapponendosi fra di lo-ro, non possono certamente cogliere il cam-mino di frère Roger. Era un uomo di comu-nione e forse è proprio questo che per certepersone è difficile da capire.

6 settembre 2006”».Interessante anche la dichiarazione del-

la “Federazione protestante di Francia”:“Faremmo meglio, per essere evangeli-

ci, a provare ad entrare in un tale percorsodi guarigione dalle nostre esclusività con-fessionali. Il nostro orizzonte cristiano e lenostre mentalità limitate sono tali che ci ri-mane difficile pensare ad una riconciliazio-ne fra le due cose: se uno è cattolico nonpuò essere protestante; se uno è protestan-te non è più cattolico. Questa è la realtàistituzionale e formale delle nostre Chiese.Ed è anche il loro peccato.

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Frère Roger era entrato in un camminopost-confessionale o, detto in altra manie-ra, di superamento di questi divari confes-sionali. Ciò può sembrarci insolito, ciò sem-bra andare al di là di quanto possiamo im-maginare, ma questo era il suo percorso.

Anche se non lo si condivide, il minimoche si può fare è rispettarlo.

Pasteur Gill Daudé, Responsabile delservizio delle relazioni ecumeniche dellaFederazione protestante di Francia”.

Del tutto simili le dichiarazioni diMons. Daucourt, Vescovo di Nanterre (“Ilcammino ecumenico”di Frère Roger).

Se per Ratzinger Frère Roger è un mo-dello, possiamo allora vedere nella sua“originale” via ecumenica la nascita di unanuova Chiesa né cattolica né protestante,ma ecumenista. Non è quella, però, fondatada N.S. Gesù Cristo.

La legge noachide spiegata ai cardinali,ai massoni, agli ecumenisti. Sodalitium(n. 54) ha già riferito del discorso tenuto il17 gennaio 2002 dal Rabbino-Capo di Ro-ma, Riccardo Di Segni, ai “cardinali”, perspiegare loro la rabbinica legge di Noè, chesarebbe la legge che deve reggere anche noicristiani (se solo abbandonassimo l’idola-tria, ovvero la credenza nella divinità di Cri-sto). Il medesimo Rabbino ha lungamentespiegato la stessa dottrina al Grand’Oriented’Italia (Erasmo Notizie. N. 11 del 15 giu-gno 2003 Ebraismo e Massoneria. Il Rabbi-no Di Segni ospite del Grand’Oriente). L’in-contro tra il rabbino, che si è dichiarato fi-glio di un massone, ha tenuto la sua prolu-sione su “Il patto Noachita” alGrand’Oriente di Roma (testo completo suwww.cattolicesimo.com). I Massoni devonoinfatti – come dichiarano le seconde Costi-tuzioni di Anderson (1738) – “osservare lalegge morale come vero noachide”. Per nonessere ingiusto con alcuno, il rabbino capoDi Segni si è recato anche dai “cugini” dellaGran Loggia d’Italia il 27 ottobre 2006.

Diffusore della dottrina noachica è statorecentemente Andrea Riccardi, fondatoredella Comunità di Sant’Egidio, che l’haesposta, secondo il pensiero del rabbinoElia Benamozegh (Israele e l’umanita, stu-dio sul problema della religione universale,1914). “Il libro – scrive Riccardi – intendevaprovocare in cristianesimo e islam un tiqqun,un processo di risanamento a partire

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dall’universalismo e dall’umanesimo ebrai-co. Non fu un successo (…) Ma oggi, dopotanto fallire, si ritorna a questo punto, all’ap-puntamento con l’ebraismo. La proposta diBenamozegh ritorna attuale. (…) Dopo leguerre religiose di Cinquecento e Seicentonacque la dottrina della tolleranza. (…) Og-gi (…) non basta far ricorso all’idea di tolle-ranza. (…) Jonathan Sachs, rabbino capodel Commonwelth, in ‘La dignità della diffe-renza’ trova il fulcro di questa grande ideanel rinverdire e ripensare il patto di Noè contutto il genere umano. (…) Benamozegh, unsecolo prima, proponeva qualcosa di simile”(La Stampa, 17 gennaio 2007, p. 36: Nonpossiamo non dirci ebrei). Ma qual è la reli-gione dell’Umanità propugnata da Bena-mozegh e che ci raccomanda Riccardi? “Lareligione universale non consiste in una purae semplice conversione dei Gentili al mosai-smo, ma nel dovuto riconoscimento da partedell’umanità della verità della dottrina diIsraele” sacerdote dell’umanità. L’avan-guardia di questa religione è la massoneria;ancora Benamozegh: “i dogmi della masso-neria sono quelli della cabala” (tutte le cita-zioni sono tratte dal libro di Benamozegh,cit. in Sodalitium, n. 34 pp 18-34, C. NITO-GLIA, I rapporti tra il giudaismo e la masso-neria). La comunità di Sant’Egidio – che haorganizzato l’incontro interreligioso di Assi-si e quelli seguenti – vuole dunque che l’in-tera umanità entri nei piani del rabbino Be-namozegh. Buono a sapersi.

Benedetto XVI riceve i Bene Berith.Sempre in tema di massoneria e giudaismo,concludiamo con l’udienza accordata daBenedetto XVI, il 12 ottobre 2006, ai rap-presentanti “Antidefamation League”(ADL), appartenente al B’nai B’rith (Figlidell’Alleanza) associazione massonica e

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giudaica. Ecco alcuni passaggi del discorsodi Ratzinger (Osservatore Romano, 13 otto-bre 2006, p. 5):

« Cari amici,Sono lieto di accogliere in Vaticano la

delegazione della Anti-Defamation Lea-gue. In numerose occasioni avete fatto vi-sita al mio predecessore Papa GiovanniPaolo II e io continuo con gioia a incontra-re i gruppi che rappresentano il popoloebraico. (…)

La Dichiarazione del Concilio VaticanoII Nostra Aetate ci ricorda che le radiciebraiche del cristianesimo ci obbligano asuperare i conflitti del passato e a crearenuovi vincoli di amicizia e di collaborazio-ne (…). I quaranta anni trascorsi dalla Di-chiarazione hanno prodotto molti risultatipositivi e sono stati anche testimoni di al-cuni primi passi, forse ancora troppo esi-tanti, verso un dialogo più aperto sui temireligiosi. È proprio a tale livello di scambioe dialogo sinceri che troveremo la base ela motivazione per un rapporto solido e fe-condo.

Che L’Eterno, nostro Padre nei Cieli,benedica ogni sforzo volto a eliminare dalmondo qualsiasi errato uso della religionequale pretesto per l’odio e per la violenza.Che Egli benedica tutti voi, le vostre fami-glie e le vostre comunità ».

Pubblichiamo un interessante articolo uscitosu Il Corriere della Sera del 10/09/2006, in

occasione del viaggio in Germania di BenedettoXVI. In esso il “vescovo” luterano Johannesdot-ter esprime il suo apprezzamento per GiovanniPaolo II e Benedetto XVI auspicando la parte-cipazione al Conclave anche per i protestanti.

“Pontefici come questo eWojtyla andrebbero bene

anche a noi luterani”

«Monaco di Baviera – “Io ho un so-gno. Che venga un giorno in cui

noi tutti luterani e cattolici, anglicani e or-todossi eleggiamo insieme il Papa.” Il so-gno ecumenico, espresso con parole chenon sono mai state ascoltate dalla bocca diun seguace di Martin Lutero, è del vescovo

Il rabbino Elia Benamozegh

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protestante tedesco Juergen Johannesdot-ter, esperto di questioni ecumeniche per laconferenza episcopale evangelica di Ger-mania (Ekd) e co-presidente della commis-sione bilaterale luterana-anglicana.

Benedetto XVI celebrerà dopodomania Ratisbona un rito ecumenico e il ricono-scimento del vescovo luterano rivela quan-te aspettative si sono concentrate sul suopontificato. Johannesdotter, vescovo diSchaumburg-Lippe, ha incontrato papaRatzinguer dieci giorni fa e all’uscitadell’udienza gli è venuto spontaneo espri-mere il suo “sogno”, che ha voluto raccon-tare al convegno interreligioso di Sant’Egi-dio ad Assisi. “Papi come Giovanni PaoloII e Benedetto XVI - ci conferma - nonavrei difficoltà ad eleggerli”.

Vescovo Johannesdotter, vuol dire cheper i luterani il Papato non è più un tabù?

“Sicuramente un papato modificato. Pe-rò per me, e anche per altri vescovi lutera-ni, è concepibile una nuova struttura delministero papale come portavoce della Cri-stianità Mondiale”.

Tutto sembra partire dal pontificato diGiovanni Paolo II. È così?

“Pur essendo consapevoli di ciò che ciseparava, abbiamo colto la sua profondareligiosità e umanità e molti cristiani lutera-ni hanno sentito e accettato Giovanni Pao-lo II come un Padre della Fede. Capivamoche era mosso dalla nostalgia per l’unità,ma non un’unità che esige una specie di ri-torno all’ovile, bensì un’unità rafforzata at-traverso Cristo e come luterani noi siamomolto cristocentrici e questo ci unisce an-che con Benedetto XVI”.

Significa che anche per i protestantil’idea stessa del ruolo papale come ministe-ro dell’unità diventa importante nell’epocacontemporanea?

“Con tutta la varietà che ci caratterizzanon mi sento di parlare a nome del prote-stantesimo. Però proprio l’esempio di Gio-vanni Paolo II ci ha fatto avvertire che que-sta speciale funzione papale dischiude mol-te possibilità, che non riscontriamo di persé nella molteplicità delle singole Chiese.Certamente nella concezione evangelical’ufficio papale dovrebbe accompagnarsi alriconoscimento di un maggiore pluralismo.In ogni caso il vescovo luterano di Baviera,Friedrich, che è a capo della conferenza deivescovi evangelici di Germania, ha già det-

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to una volta che nella cristianità mondiale,potrebbe esserci un’istanza dirigente”.

Come luterano riesce ad immaginarseladavvero? “Naturalmente noi luterani pen-siamo in prima battuta piuttosto ad un si-nodo, ma sono certo che questo problemalo dovremo riesaminare sempre di nuovo.Giovanni Paolo II ci ha fatto capire cheun’istanza del genere conta molto per rap-presentare le posizioni cristiane del mondodi oggi. Sarebbe anche la personificazionedella memoria delle parole pronunciate daGesù Cristo: Ut unum sint. Noi sappiamoche questa unità è costituita da Cristo, è luiche la garantisce. Ma al tempo stesso pergli uomini d’oggi è anche importante vede-re la raffigurazione di questa unità”.

Lei sottolinea, tuttavia, che il ruolo pa-pale andrebbe modificato.

“Sono convinto che non può esserci unapersona sola che spiega per gli altri e agliatri che cosa è unità. Dev’essere un’istanzain cui noi tutti ci sentiamo a casa. Perciò ilministero papale dovrà modificarsi, maquesto lo ha già riconosciuto Giovanni Pao-lo II e lo riconosce anche Benedetto XVI”.

Lei ha detto che avrebbe dato il suo vo-to anche al papabile Ratzinger.

“Il rispetto che circonda Giovanni PaoloII, lo nutriamo anche per Benedetto XVI.Quando è uscito il libro del professore Rat-zinger sull’introduzione al Cristianesimo unnoto teologo evangelico, Helmut Tielecke,ha dichiarato: Dovete leggere quest’opera.A parte qualche pagina su Maria, è del tuttoun libro evangelico. Le posizioni di Ratzin-ger come papa, cardinale e professore sonomolto stimolanti e incoraggianti per il dia-logo ecumenico e rappresentano per noiuna sfida positiva”.

Guardando al futuro, lei è ottimista?“Un po’ ottimista”.

(m.pol.)»

Il “vescovo” luterano Johannesdotter

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Messalino Festivo

Il Messalino Festivo è un opera della qua-le si sentiva la necessità da molto tempo.

I fedeli, e non solo essi, ce ne chiedevanoincessantemente la pubblicazione. Eccoliaccontentati con questa ristampa anastati-ca! Questo Messalino Festivo, contiene tut-te le Messe del ciclo temporale, domenicalie festive in cui vi è l’obbligo di assistere allasanta Messa. Contiene anche le principalifeste di precetto del ciclo santorale. È un

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valido ausilio per i fedeli che vogliono assi-stere devotamente alla S. Messa secondo ilrito che fu codificato e reso immutabile daPapa S. Pio V con la celebre bolla “Quoprimum tempore”, in una edizione econo-mica e per questo accessibile a tutti.

Ci auguriamo che questo “MessalinoFestivo” aiuti i cattolici a prendere coscien-za della bellezza del Rito romano antico,tramite la comprensione delle orazioni chelo compongono, e la partecipazione ferven-te al “Tesoro della S. Messa” che è il rinno-vamento incruento del Sacrifico di Cristo.

• MONS. ANTONIO MISTRORIGOMessalino FestivoPagg. 456 formato tascabile 10 x 15 € 17,00; Centro Librario Sodalitium

I Crociati di Pio IX

Antonmaria Bonetti nasce a Bologna nel1849; nel 1868 lascia gli studi universi-

tari e si arruola negli Zuavi Pontifici; nel1870 è promosso caporale dei Cacciatori in-digeni. La mattina del 20 settembre parteci-pa alla difesa di Porta S. Pancrazio di Ro-ma, dove viene ferito. Tradotto prigionieronella cittadella di Alessandria, rifiuta di en-trare nel Regio Esercito con la promozionea sergente, anche se poco dopo sarà chia-mato di leva. Dopo il congedo inizia un’in-tensa attività giornalistica, che lo vedrà an-che redattore dell’Osservatore Romano edirettore della Rivista Antimassonica.

La sua penna incisiva e graffiante ci halasciato diverse opere storiche relative allecampagne militari dell’esercito papalino(nel periodo compreso tra dal 1860 e il1870) e alla successiva “Questione Roma-na”. Il Centro Librario Sodalitium ha deci-so di presentare ai lettori la prima di questeopere, Il Volontario di Pio IX, data allestampe nel 1871, scritta quindi pochi mesidopo la Breccia di Porta Pia.

Si tratta di un bel libro autobiografico,di piacevole lettura, che si inserisce nel filo-ne diaristico ottocentesco. Infatti, sono nu-merosi i diari dei reduci delle milizie gari-baldine e dell’Esercito sardo-italiano datialle stampe durante il Regno d’Italia e neiprimi decenni della storia repubblicana.

Recensioni e segnalazioni

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Messalino FestivoPagg. 456 formatotascabile

€ 17,00

ANTONMARIABONETTI

Il volontariodi Pio IX.

€ 10,00

NOVITÀ

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Nelle pagine dei vincitori non è raro imbat-tersi in sentimenti di delusione e di amarez-za per alcuni aspetti delle vicende bellichee soprattutto relativi alla gestione politicadella nuova Italia; è la frustrazione di chi,animato da onestà intellettuale, è testimo-ne della discrepanza tra la vulgata risorgi-mentalista e la realtà dei fatti.

L’entusiasmo, paradossalmente, lo tro-viamo nelle pagine di un vinto. In effetti ilBonetti - seppur con l’evidente amarezzaper l’esito degli eventi e il dolore per la con-dizione in cui si trovava il Sommo Pontefice- descrive con ardore la sua avventura uma-na e quella dei suoi commilitoni giunti aRoma, a volte in modo rocambolesco, datutto l’orbe cattolico per impugnare le armia difesa dei diritti della Sede Apostolica.

L’Autore, in modo quasi guascone – einevitabilmente condizionato dallo stile re-torico dell’epoca – presenta al lettore i pro-tagonisti della “Nona Crociata”, i volontaridi Pio IX che seppero dare alla Chiesa e almondo una prova di autentico eroismo e dinon comune fedeltà. Il Bonetti scrive pro-prio per rendere giustizia alla causa di qua-si 15.000 giovani infiammati dall’amore perla Cattedra di Pietro ed etichettati dai vin-citori come vili mercenari.

Ne Il Volontario di Pio IX, e ancor piùdiffusamente nelle opere seguenti, l’Autoreindica nella Massoneria la causa principaledell’attacco alla Chiesa e del seppellimentodell’organizzazione cattolica della società,eventi che la storia dei vincitori ci ha conse-gnato con il nome di risorgimento nazionale.

Le giovani generazioni cattoliche dellafine dell’800 e dei primissimi decenni del‘900 si entusiasmavano leggendo le gestadegli eroi papalini, come i comandanti dePimodan e de la Moriciére o il Corpo degliZuavi. Sono nomi ormai dimenticati e so-stituiti troppo spesso da personaggi che,seppur cattolici in virtù del battesimo, nonhanno certo combattuto per la causa dellaChiesa e che il venti settembre si sarebberoschierati tra gli aggressori e poi usurpatoridella Roma dei Papi e dei Martiri.

La versione de Il Volontario di Pio IXdato alle stampe dal Centro Librario Soda-litium si riferisce alla seconda edizione,stampata a Lucca nel 1890; per facilitare lalettura si è provveduto a sostituire in italia-no corrente le espressioni ottocentesche.Non resta che augurare al lettore di coglie-

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re, dalle pagine del libro, le emozioni e so-prattutto la determinazione di chi non esitòa sacrificare la propria giovinezza al gridodi “Viva il Papa-Re!”.

don Ugo Carandino

• ANTONMARIA BONETTIIL VOLONTARIO DI PIO IX.Racconto storico di un volontario di PioIX dal 1867 al 1870Pagg. 130 circa, € 10,00; Centro Librario Sodalitium

O Regina o Santa

Da dolce, bellissima principessa estensevotata al monastero a regina di una

delle grandi potenze europee... Maria Bea-trice costretta a soli 14 anni a sposare l’at-tempato erede al trono d’Inghilterra. Si tro-vo a vivere in un paese dove i cattolici sub-ivano violenze e persecuzioni. Eppure amòl'Inghilterra e amò Giacomo Stuart di unamore vero, puro, disinteressato. Cattolicain un paese protestante, perse la corona acausa della sua fede, conobbe la miseria el'umiliazione ma, quando i suoi fedeli lasupplicavano di convertirsi, anche solo for-malmente, per risalire al trono e porre finea tutte le avversità, caparbiamente rispon-deva che assai sciocco sarebbe stato chiavesse accettato di barattare il Paradiso peruna corona, l'eterna felicità per una gloriaterrena, l'infinito con il finito...

• ELENA BIANCHINI BRAGLIAO Regina o Santa. L’unica italiana sultrono d’Inghilterra: Maria Beatriced’Este spodestata per la fede.Pagg. 272 - € 15,00; Edizioni Terra eIdentità (via Prampolini 69, 41100Modena, tel.: 059212334)

ABBIAMO RICEVUTO INREDAZIONE E SEGNALIAMO:

• ALBERTO ROSSELLIL’OLOCAUSTO ARMENO. Brevestoria di un massacro dimenticato.Pagg. 80 - € 7,50; Edizioni Solfanelli

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Cari lettori, lo scorso numero di Soda-litium (febbraio 2006) vi aveva ac-compagnato nella vita dell’Istituto fi-

no alla fine del 2005; questa è pertanto lacronaca di un anno intero (e anche un po’di più!), fino al 31 gennaio 2007. L’anno ap-pena passato ha visto proseguire i festeggia-menti del ventennale dell’Istituto, ed è statoallietato dalla bellissima giornata del 26aprile 2006, festa della Madonna del BuonConsiglio, nostra Patrona. In quella data,nella chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo,a Verrua, dopo la Messa solenne della Ma-ter Boni Consilii cantata da don Murro,Suor Elisabetta di Gesù pronunciava i suoiprimi voti di povertà, castità ed obbedienza,tra la commozione di tutti i presenti, parti-colarmente dei suoi genitori e familiari. Manon è finita; perché lo stesso giorno, donSergio Casas Silva, sacerdote argentino,pronunciava la sua “professione d’intenzio-ni”, diventando così il venticinquesimomembro dell’Istituto (nono sacerdote); nelmese di maggio don Sergio si è recato inpellegrinaggio a Roma e a Genazzano, nelsantuario della Madonna del Buon Consi-glio. Purtroppo, la fine dell’anno ha visto il

• ALBERTO COSTANZOMANDATO D’ARRESTO EUROPEO.Pagg. 95 - € 8,00; Edizioni Solfanelli

• DOMINICUSLA SANTA MESSA E IL CALVA-RIO. Confronto fra la liturgia antica equella attuale. Pagg. 64 - € 5,00; AmiciziaCristiana

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• PIER CARLO LANDUCCILA VERA CARITÀ VERSO ILPOPOLO EBREO. Collana: Mater etMagistra. Pagg. 48 - € 4,00

Edizioni Solfanelli e Amicizia Cristiana:66100 Chieti - Via A. Aceto n. 18 (C. P. 34) Tel. 0871 63210 - 0871 561806 Fax 0871 404798 - Cell. 335 6499393

Benedizione dell’edicola della Madonna, a VerruaSavoia in presenza del sindaco; l’edicola è stata

restaurata dall’associazione “Amici degli oratori”.

Vita dell’Istituto

triste abbandono di don Curzio Nitoglia(co-fondatore del nostro Istituto il 18 di-cembre 1985), il quale, durante l’omelia del-la Messa dell’Immacolata (Roma, 8 dicem-bre 2006) ha annunciato ai fedeli presenti dilasciare l’Istituto per recarsi presso le Suoredi Velletri, ove si trova anche la redazionedella rivista “Si si no no”. Don Nitoglia cele-bra la Messa, dal gennaio 2007, nella cap-pella della Fraternità San Pio X, a Roma,pur non facendo parte di questa società enon condividendone alcune posizioni. Cirattristiamo di questa scelta, che ci sembracontraddittoria in se stessa e con più divent’anni di apostolato di don Nitoglia. Ri-cordiamo con affetto il nostro confratello,che ha spartito con noi tanti anni di vita sa-cerdotale. Ricordiamo particolarmente lasua collaborazione a Sodalitium, fin dal1984; il suo impegno come professore di fi-losofia e di teologia ascetica e mistica in se-minario; il suo fecondo apostolato, partico-larmente a Maranello, Firenze, Torino eRoma. La Divina Provvidenza sembra perònon abbandonarci, perché praticamente nel-lo stesso momento in cui ci lasciava don Ni-toglia, ci è stata offerta la collaborazione didon Thomas Le Gal, fratello maggiore didon Jocelyn, e ordinato sacerdote da Mons.Sanborn, negli Stati Uniti, il Sabato Santodel 2006. L’arrivo di don Thomas Le Galpermette all’Istituto di mantenere la suapresenza a Roma, senza abbandonare leanime che ci avevano dato – e ci hanno rin-novato – la loro piena fiducia.

Dalla casa di Verrua. Dopo un primo ri-torno in Argentina, ricordiamo un secondoperiodo di fecondo apostolato di don SergioCasas Silva a Verrua, dal 21 marzo al 18 lu-glio 2006. Durante la settimana santa, donJocelyn Le Gal si è recato negli Stati Unitiper l’ordinazione sacerdotale di suo fratello

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to con i volontari) [in realtà il merito va adon Casas Silva, per l’iniziativa, e a don Ca-zalas per i contatti n.d.r.] e diversi cittadinidi Verrua. Dopo la benedizione è stato of-ferto un piccolo rinfresco. L’edicola è statarestaurata grazie all’opera di alcuni volonta-ri francesi dell’associazione ‘Amici degliOratori’ che si occupa da diversi anni pro-prio del mantenimento e restauri dei pilonie delle edicole che si trovano sul territorio eche ci ricordano la fede e le tradizioni popo-lari. Dice il signor Jean-Marie Rouvier, de-legato dipartimentale per il Nizzardo diquesta associazione: ‘Negli ultimi dieci annila nostra associazione ha restaurato diversecentinaia di edicole in Francia, Svizzera ePolonia (…)’ L’edicola di Verrua è la primarestaurata in Italia. Il Sindaco, ringraziandogli autori dell’opera, ha segnalato le diversecappelle presenti sulle colline verruesi au-spicando prossimi restauri”. Ogni giorno,poi, un sacerdote dell’Istituto si reca dalleSuore di Cristo Re a Moncestino (Alessan-dria) per celebrare la Santa Messa; il 10 no-vembre è stata cantata la Messa per ricorda-re il terzo anniversario dell’arrivo delle Suo-re, le quali a loro volta, con le novizie e lepostulanti sono sempre pronte ad aiutare lanostra casa per il canto liturgico, la prepara-zione agli esercizi e ogni altra occasionestraordinaria. Grazie anche a loro!

Seminario San Pietro Martire. L’estate siannunciava ricca di vocazioni; l’autunno, in-vece, ha registrato solo due generose entratein seminario, il 15 settembre: un candidatodal Messico (laureato in giurisprudenza) eduno dall’Olanda (già seminarista della Fra-ternità S. Pio X, in Germania). Purtroppo,per la prima volta in vent’anni da che esisteil nostro seminario, il candidato messicanonon ha ottenuto il permesso di soggiorno eha dovuto tornare in patria a dicembre. Pro-segue adesso gli studi negli Stati Uniti, nelseminario della SS. Trinità (Florida) retto da

Viaggio inTirolo: sul-

la tombadi Andreas

Hofer

Thomas, dalle mani di Mons. Sanborn, ed èstato sostituito per le cerimonie pasquali dadon Ercoli, che è poi tornato negli StatiUniti. Dal 10 gennaio, anche don ThomasLe Gal ha stabilito a Verrua la sua residen-za e ci aiuta nel ministero sacerdotale. Tra i(lieti) ritorni, ricordiamo la visita di PadreJoseph Mercier m.b., ordinato sacerdoteproprio a Verrua, e che si trova adesso aFavernay, in Franca Contea. Durante il suosoggiorno ha (quasi) completato il riordinodella biblioteca, mettendo a frutto le suecompetenze di monaco benedettino. A pro-posito: la Biblioteca è stata intitolata aMons. Umberto Benigni, mentre l’emerote-ca è dedicata a don Paolo de Thöt, due sa-cerdoti che saranno sempre ricordati per lafede integrale e devono essere accomunatinella gratitudine di tutti i cattolici a San PioX per aver combattuto la buona battagliacontro l’eresia modernista. Ringraziamo an-che quei tanti amici che passano a volte al-cune ore, a volte giorni o una intera setti-mana, chi ad aiutare per la rivista, chi in cu-cina, chi a dar man forte in giardino o neilavori della casa, chi a riparare i paramentisacerdotali, stirare, rammendare: Dio vi ri-meriti per l’umile, nascosto, indispensabilelavoro. Tra questi benemeriti, gli “Amicidegli Oratori”. Riportiamo da L’Informato-re di Verrua- La voce della Fortezza (dicem-bre 2006, p. 11): “Sabato 7 ottobre, in occa-sione della festa del Santo Rosario, è statabenedetta un’edicola dedicata alla Madon-na “Regina pacis” che si trova in localitàPietra di Carbignano. Erano presenti il sin-daco Ginevro, la famiglia proprietaria delsito, signora Alemanno, Don Ricossa,dell’Istituto Mater Boni Consilii (che si èimpegnato per il restauro e ha preso contat-

26 aprile 2006: professione religiosa della prima religio-sa dell’Istituto M.B.C. a Verrua Savoia

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Mons. Sanborn, il quale ha accettato tra isuoi studenti il nostro candidato, il quale re-sta però a disposizione dell’Istituto.

Le Suore dell’Istituto Mater Boni Con-silii. Come già detto, il 26 aprile Suor Elisa-betta di Gesù ha pronunciato i suoi primivoti nell’Istituto. Il 17 settembre, un’altraragazza, originaria di Torino, ha iniziato ilsuo postulato a Verrua. Il 26 settembreSuor Elisabetta ha lasciato parte della cuci-na alle cure della Signora Adriana, per se-guire, con don Murro, la nuova postulante.Oltre alla vita del noviziato, e all’aiuto delsacerdozio, Suor Elisabetta, e la postulante,si occupano dei bambini e particolarmentedelle bambine e ragazze di Torino e dellazona di Verrua. Ricordiamo l’aiuto datonel preparare alle prime comunioni con deipiccoli ritiri (così il 4 giugno e il 2-4 novem-bre), le riunioni della Crociata Eucaristica,con preghiere, giochi, passeggiate, prepara-zione al Corpus Domini o al Natale (15 giu-gno, 4-5 novembre, 8-10 dicembre) le gite aTorino (dicembre, gennaio), un piccolosoggiorno estivo a Verrua (dal 18 al 23 lu-glio) con visite a Verolengo e all’abbaziadella Novalesa, e tanti giochi e gite.

L’Istituto “virtuale”. Il mondo di “In-ternet” non ignora il nostro lavoro, tutt’al-tro; numerose ad esempio le traduzioni(anche in polacco) degli articoli di Sodali-tium. Ripetiamo anche questa volta che ilnostro Istituto non ha altro sito che quellodi Sodalitium e della Casa San Pio X. Nonabbiamo “forum” o “ML”, né in manieraufficiale, né in maniera ufficiosa.

Attività estive. Nel mese di luglio presso ilcastello di Raveau (che Mons. Guérard deLauriers ha lasciato all’Istituto), si è svoltocome sempre il campo della Crociata Eucari-stica sotto la protezione di S. Luigi Gonzaga.

Diretto da don Jocelyn Le Gal (alla sua pri-ma direzione da sacerdote) e con l’assistenzadi don Carandino e don Giugni, coadiuvatidai seminaristi e dai giovani monitori, unatrentina di bambini (un vero record di pre-senze) hanno passato quindici giorni di va-canza dal 10 al 24 luglio, tra giochi in foresta,dottrina, canti, teatro, ed escursioni. L’ap-puntamento con il “gioco di pista” nella fore-sta che è sempre molto apprezzato dai bam-bini che si sentono adulti… e dagli adulti…che ridiventano bambini è riportato all’annoventuro! Abbiamo invece visitato la cattedra-le gotica di Bourges e il museo delle minieredi carbone de La Machine. Il campo delle ra-gazze delle suore del Cristo Re si è svoltoquest'anno sulle Alpi italiane, nei pressi diBardonecchia, con l'assistenza spirituale didon Murro. Il campo si tovava in un luogoparticolarmente suggestivo, situato in una ra-dura circondata da boschi. Quante volte sonostati visti camosci, marmotte, stanbecchi, vol-pi! Il campo è iniziato l'11 luglio: passeggiate,giochi, canti, con la Messa e il catechismohanno fatto scorrere rapidamente le giorna-te, tanto che il 29 luglio, giorno di chiusura,per molti sembrava ancora poco il periodotrascorso insieme. Tra le escursioni, da ricor-dare quella del Frejus (sopra il tunnel), le TreCroci, la splendida Vallefredda piena di stel-le alpine ed alla fine, svolta solo dalle piùgrandi e provette, l'ascensione al Monte Ta-bor, ove si trova una cappella situata a oltre3.000 metri di altezza. Bis repetita placet: ap-puntamento a luglio 2007. Viaggio in Tirolo.dal 31 luglio al 5 agosto Don Giugni e DonLe Gal hanno organizzato un viaggio (in au-tomobile) in Tirolo, tra Italia ed Austria, peri giovani tra i 15 e i 25 anni. Il viaggio aveva

Argentina, casa san José: i lavori per la nuova cappellacon l’altare provvisorio

Colonia S. Luigi Gonzaga 2006 a Raveau: i bambinihanno visitato le miniere di carbone di La Machine

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come tema la persona di Andreas Hofer,eroe cattolico, e le insorgenze anti-napoleo-niche, ed ha portato i ragazzi (pochi ma buo-ni…!) a visitare il paese natale di Hofer, S.Leonardo in val Passiria e la città di Insbruckcapitale storica del Tirolo. Insbruck fu libera-ta più volte dall’occupazione dei rivoluziona-ri franco-bavaresi dagli insorti tirolesi coman-dati da Hofer con le battaglie sul Berg-Isel;ne abbiamo visitato le chiese (tutte splendi-damente tenute e conservate!) e i musei. Ra-gazzi e sacerdoti sono rimasti impressionati econquistati dall’impronta profondamentecattolica che ancora si respira in quelle terre,se confrontata allo spirito anticristiano chealeggia invece sempre più nei nostri paesi. Lostupendo paesaggio delle vallate tirolesi, lagentile affabilità e ospitalità e la custodia del-le tradizioni (abbiamo apprezzato molto an-che quelle gastronomiche...) ci hanno vera-mente incantato e lasciato il desiderio di ri-tornare. Durante il viaggio abbiamo visitatoRinh luogo natale del beato Andrea (bambi-no ucciso dagli ebrei per compiere il sacrificorituale nel 1459), la splendida abbazia di No-vacella con la sua secolare biblioteca, e laparrocchia di Spinga (luogo di una nota bat-taglia di insorgenti contro le truppe francesi)retta fino a qualche anno fa da don Zieglauerche vi celebrava la Messa antica. Un solorimpianto: dover tornare a casa, ma l’appun-tamento è per l’estate prossima per visitaremagari la Spagna di S. Ignazio e di Isabella laCattolica (chi fosse interessato può già met-tersi in contatto con noi senza aspettare:[email protected]).

Argentina. Don Casas Silva è tornato inpatria, a Rosario, il 19 luglio, ma questavolta come membro dell’Istituto. A Rosa-

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rio tutti i giorni celebra la Santa Messa, ecura, con Andres Cocimano, gli interessidell’Istituto a Cordoba. Durante la settima-na, insegna filosofia, scienze sociali, storia ediritto alla Scuola Juan Domingo Perón diRosario, da dei corsi di inglese per i ragazzi(metodo Ogden), e si occupa anche di tene-re alcune trasmissioni radiofoniche (dellequali si tratta nell’apposita rubrica). Con 22ragazzi e ragazze della scuola Perón ha or-ganizzato una visita al Museo Histórico Ju-lio Marc di Rosario e si è recato due volte(ottobre e novembre) con Padre ClaudioFormica presso la scuola S. José di Rufino(Santa Fé). Piccoli, simpatici, avvenimenti:la benedizione di una palestra di boxe (donSergio, tutti lo sanno, è uno appassionatosportivo) e la visita all’ospedale infantiledella zona nord della città, portando 500 re-gali ai piccoli malati (gennaio 2007). Moltoimpegnativi sono i lavori per allestire lanuova residenza. Dopo tanti anni don Ca-sas Silva lascia infatti la casa e l’oratorio divia Gorriti 1836, ed ha aperto la nuova Ca-sa San José del nostro Istituto. Già a luglioc’è stata una prima inaugurazione e benedi-zione della Casa, ma i mesi successivi sonostati impiegati in lunghi e costosi lavori: tet-to, gas, elettricità, acqua, infissi (agosto),allestimento della nuova cappella (settem-bre), della sala di catechismo e della cucina(ottobre), tetto del garage (gennaio)…

Una giornata indimenticabile, infine, èquella dell’8 dicembre 2006 a Molinari(Cordoba), quando don Sergio ha parteci-pato all’ordinazione sacerdotale (dalle ma-ni di Mons. Dolan) di don Federico Palma.Segnaliamo infine che in Argentina nonmancano numerosi sacerdoti amici dell’Isti-tuto, che ringraziamo vivamente e coi qualisperiamo poter collaborare.

Belgio. A luglio, la casa ha ospitato gliesercitanti per un ritiro ignaziano di tregiorni dato da Mons. Stuyver.Il 3 settembre,festa di San Pio X, sono riprese le lezioninella piccola scuola fondata, già quattro an-ni fa, da Mons. Stuyver a Sint-Gillis, Den-dermonde. IL 29 ottobre, i fedeli hanno or-

Don Sergio con alcuni bambini dell’ospedale infantile

don SergioCasas Silvamentre benediceuna palestra

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ganizzato una giornata di festa in occasionedel decimo anniversario della consacrazionesacerdotale di Mons. Stuyver (che cade il 3novembre). Tra i regali, una bella statua diS. Michele che figura adesso nella cappella.La casa poi è sempre più accogliente e bellagrazie a don Crist van Overbeke che ha ri-fatto porte, finestre e ornato l’entrata conun bel frontone con l’immagine della Ma-donna del Buon Consiglio.

Francia. Dall’aprile del 2005 a Parigi nonvi era più una Messa che non fosse in comu-nione con Benedetto XVI. Alcuni fedeli co-raggiosamente hanno affrontato viaggi di cin-que o sei ore, per rimanere fedeli all’oblatiomunda. In seguito, verso la fine del medesi-mo anno, questi fedeli ci hanno chiesto seavevamo la possibilità di recarci a Parigi. Cosìil 29 gennaio per la prima volta don Murro hacelebrato la Santa Messa a Parigi. Era la festadi S. Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra,il quale, impedito dai calvinisti di prenderepossesso della sua diocesi, dovette risiederead Annecy. Egli evangelizzò i paesi compresitra Annecy e Ginevra, riconducendo al catto-licesimo settantamila protestanti. Fu proprioAnnecy, la prima città d’oltralpi ove il nostroIstituto ha iniziato a celebrare la Messa nellontano 1987. Dopo un anno, possiamo fareun primo bilancio. Don Le Gal celebra la S.Messa a Parigi due domeniche al mese peruna sessantina di fedeli. Ha potuto organizza-re delle piccole conferenze presso un fedele,e poi una conferenza pubblica – la prima diuna serie futura – per presentare l’Istituto. Ilcontatto coi fedeli è facilitato dal pranzo incomune dopo la messa, che ha contribuito arompere la solitudine del mondo per un mo-mento di convivialità cristiana. Don Le Galha già assicurato anche l’amministrazione deisacramenti: battesimo, viatico, estrema unzio-

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ne. Ringraziamo chi si è prodigato per acco-gliere i nostri sacerdoti, chi mette a disposi-zione la sala per la S. Messa, chi aiuta nelcanto liturgico, nonché i mezzi d’informazio-ne che hanno pubblicizzato questa iniziativa,come J. Bourbon su Rivarol e don Grossin suLa tour de David e sul suo sito internet.

A Lione, fervono i lavori per prepararedegnamente un nuovo luogo di culto. AGrasse segnaliamo la benedizione dell’edi-cola dedicata a N.D. des Victoires da partedi don Cazalas, invitato dal proprietario,Robert Courant, dall’associazione LesAmis des Oratoires presieduta da Jean-Ma-rie Rouvier. Erano presenti anche i musici-sti dell’Académie du Jasmis e i “tambouri-naires” del conservatorio di Grasse (artico-lo su Nice-Matin, ed. di Grasse, 6/4/2006).A giugno, don Le Gal, su richiesta di donGuépin, si è recato nella sua città natale diNantes, dove ha celebrato le messe dome-nicali in città, e poi nella cappella di N.D.des Dons (fatta restaurare da don Guépin)e in quella di La Baule, dove don Le Galassistette per la prima volta alla Messa “diSan Pio V”, 18 anni fa.

Incominciamo adesso il consueto Girod’Italia, iniziando da Roma. La presenzastabile di don Nitoglia aveva finalmente ot-tenuto un aumento dei partecipanti allaMessa festiva nell’oratorio San GregorioVII. La decisione di don Curzio di lasciarel’Istituto non ha compromesso però la no-stra presenza nella capitale del Cattolicesi-mo. Domenica 7 gennaio 2007 don Nitogliacelebrava l’ultima sua Messa nell’oratorio;la domenica successiva don Ricossa si reca-va a Roma, per celebrare la S. Messa espiegare brevemente ai fedeli le ragioni perle quali l’Istituto manteneva la sua presen-za. Esse non sono diverse da quelle che cispinsero, 17 anni fa, ad accogliere la richie-sta d’aiuto di alcuni cattolici romani. La do-menica seguente è stato don Murro a cele-brare nell’oratorio, e ormai si può dire cheil momento difficile è stato superato. Perragioni geografiche passiamo all’apostolatodella Casa San Pio X di Rimini, dalla qualel’Istituto irraggia in Veneto, Romagna,Marche, Abruzzi, Puglia e Basilicata.

Nell’estate del 2001, infatti, l’aperturanel riminese della Casa San Pio X, residen-za di don Carandino, ha permesso di svol-gere l’apostolato in Romagna e in Abruzzo.Successivamente, nell’autunno del 2003,

1 ottobre 2006: Cresime amministrate da Mons. Stuyvera Milano presso l’oratorio S. Ambrogio

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con l’inaugurazione dell’abitazione di Chie-ti Scalo, si è potuto sviluppare il ministeroanche in Basilicata e Puglia. A Rimini e aChieti Scalo l’apostolato è regolare, più sal-tuario a Potenza e a Modugno, anche se levisite dei nostri sacerdoti sono sempre piùfrequenti, sia quelle regolari di don Caran-dino, sia quelle occasionali di don Murro epersino di don Le Gal che quest’estate havisitato con un fratello San Giovanni Ro-tondo, Napoli e Potenza, accompagnandopoi due esercitanti di Potenza a Verrua. Difatto, quest’anno siamo stati presenti in Pu-glia e Basilicata ogni mese.

Da segnalare l’apertura di un sito inte-ramente consacrato alle attività dell’orato-rio abruzzese: www.oratoriodichieti.it. Leprincipali attività in queste diverse regionisi trovano nelle varie rubriche (ad esempio,quella delle conferenze e quella dei pelle-grinaggi); qui ci limitiamo ad alcune notizieparticolari… Domenica 25 giugno, adesempio, nella chiesa-sacrario di Paderno(FC) don Carandino ha celebrato una Mes-sa per i defunti dell’Ass. Nazionale Fami-glie Caduti e Dispersi Rsi di Arnaldo Ber-tolini (foto e articoli sui numeri de L’Ulti-ma Crociata n. 8, ottobre 2006 e n. 10, di-cembre 2006).

Il 24 marzo, nella sala congressi dell’ho-tel Cruiser di Pesaro, su invito del dott. Ma-rio Patrignani, don Ugo ha celebrato una S.Messa per i defunti del Torino, in occasionedi un raduno nazionale della tifoseria dellasquadra torinese. Tra gli oltre 250 presentida segnalare la presenza di Urbano Cairo,Presidente del Torino F.C.; di Antonio Bal-larin, figlio di Aldo, morto a Superga; deigià campioni d’Italia Eraldo Pecci e GigiDanova (articoli nelle edizioni locali de ilResto del Carlino, Il Messaggero, CorriereAdriatico e sui giornali sportivi Tuttosport e

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Granatissimo). Il dott. Patrignani ha inviatodon Ugo anche il 7 ottobre per benedire latarga di una nuova via di Pesaro dedicata al“Grande Torino - Caduti di Superga”, allapresenza dell’Assessore allo Sport MariaPia Gennari, del campione del Torino Pao-lo Pulici e di Antonio Ballarin.

Da un don Ugo all’altro… Seguiamodunque don Giugni nel suo lavoro in Lom-bardia e nel Trentino. Don Giugni si recaormai regolarmente a Varese a celebrare lasanta Messa per i fedeli di quella zona. Do-po essere stati ospitati in una chiesa dellaprovincia (i nostri ringraziamenti al parroco)ora la celebrazione si svolge in città con fre-quenza mensile presso l’Hotel Ungheria (viaBorri 98); per informazioni potete consulta-re il sito di Sodalitium. Non dimentichiamoperò mai, accanto alle nuove località dove siestende il nostro apostolato, anche quelledove iniziò umilmente più di vent’anni fa: inLombardia l’Istituto ha preso le sue mosseda Valmadrera (Lecco), dove si riscontra unaumento di partecipanti alle messe festive.Domenica 1 ottobre 2006 è stata una giorna-ta speciale all’oratorio S. Ambrogio di Mila-no: c’è stata infatti la visita episcopale diMons. Stuyver che ha celebrato la S. Messae amministrato le S. Cresime a molti fedeligiunti dalla Lombardia, dal Trentino e dallaLiguria. L’oratorio era veramente gremito etroppo piccolo per l’occasione. Dopo la ceri-monia la giornata è continuata in un vicinoristorante per un pranzo conviviale in pre-senza del Vescovo, che ha poi preso l’aereoper il Belgio nel pomeriggio. Un sincero rin-graziamento a Sua Eccellenza per la bellagiornata di fede e di grazia che ci ha portato.Il 7 dicembre all’oratorio, festa di S. Ambro-gio, la S. Messa è stata celebrata in rito am-brosiano come da tradizione da diversi anni.Don Ugolino, dal mese d’ottobre, ha comin-ciato a fare il catechismo ai bambini che sipreparano alla prima comunione. Durantel’avvento ambrosiano sono state benedettele case dei fedeli. Ed eccoci al Trentino.L’apostolato in questa regione procede mol-to bene, grazie all’incremento delle celebra-zioni mensili ed al lavoro dei nostri sacerdo-ti. La chiesa di Rovereto è sempre piena difedeli che assistono alla S. Messa. Don Ugo-lino inoltre il lunedì assicura la dottrina aibambini e agli adulti e, ultimamente, anche adue coppie che si preparano al matrimonio.Della S. Messa in Trentino celebrata a Ro-

Pellegrinaggio a S. Giuseppe di Cotignac organizzato da don Cazalas

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IV edizione del pellegrinaggio Osimo – Loreto

Istituto Mater Boni Consilii

Sabato 19 maggio e Domenica 20 maggio 2007

Si prega di leggere attentamente il programma

Sabato 19 maggio 2007- Ore 14,00 appuntamento a Osimo, al parcheggio del piazzale del San Carlo (invia Montefanese, davanti alla chiesa San Carlo; dal centro storico: direzione Ma-cerata); sistemazione dei bagagli e inquadramento dei pellegrini. Si raccomanda lamassima puntualità.- Ore 15,00 partenza a piedi; a Osimo venerazione del corpo di San Giuseppe daCopertino; sosta al santuario della B. V. Addolorata di Campocavallo; arrivo aCastelfidardo, distribuzione dei bagagli, sistemazione nelle camere, cena e per-nottamento.

Domenica 20 maggio 2007- Ore 7,45 S. Messa. - Ore 9,00 colazione; sistemazione dei bagagli.- Ore 9,45 partenza; sosta al sacrario delle Crocette a Castelfidardo; arrivo a

Loreto e pranzo al sacco.- Ore 14,30 preghiera nella Santa Casa di Loreto.- Ore 15,30 partenza del pullman per riportare i pellegrini a Osimo.- Ore 16,00 arrivo a Osimo e fine del pellegrinaggio.

• Come raggiungere OsimoPer chi viaggia sull’autostrada A 14: uscire al casello di Ancona Sud-Osimo.Per chi viaggia in treno: scendere alla stazione ferroviaria di Osimo. In questo caso comuni-care l’orario d’arrivo all’organizzazione, che provvederà a venire prendere i pellegrini alla sta-zione. Per il viaggio di ritorno si consiglia di prendere il treno alla stazione di Loreto.

• Modalità del pellegrinaggioI pellegrini percorrono a piedi l’intero itinerario del pellegrinaggio (22 km), lasciando il sabatopomeriggio le automobili al parcheggio del San Carlo a Osimo. La domenica pomeriggio daLoreto un pullman ricondurrà i pellegrini alle automobili. Prima dell’inizio del pellegrinaggio i bagagli personali saranno caricati su un furgone che litrasporterà direttamente a Castelfidardo, nel luogo del pernottamento. Durante il percorso ipellegrini in difficoltà potranno usufruire del servizio di alcuni pulmini. Lungo il cammino i sacerdoti assicurano l’assistenza spirituale (recita del S. Rosario, canti,meditazioni, confessioni). Si raccomanda di non usare i telefonini durante la marcia.

• I pastiCena di sabato sera: presso un servizio di ristorazione.Colazione di domenica mattina: presso l’albergo dove dormono i pellegrini.Pranzo di domenica: pranzo al sacco alle porte di Loreto. Ogni pellegrino deve arrivare alpellegrinaggio con il necessario (cibo, bevande, posate, ecc.), l’organizzazione fornisce delpane fresco e dell’acqua.Si consigliano inoltre bevande e alimenti energetici per la marcia e per le pause.

• Attrezzatura e abbigliamentoI pellegrini devono portare:un bagaglio con gli effetti personali per pernottamento: si consiglia di mettere un’etichettacon proprio nome sui bagagli per facilitare lo smistamento;

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IV edizione del pellegrinaggio Osimo – Loreto

un bagaglio con il cibo e bevande per il pranzo al sacco della domenica. Si consiglia di portare una borraccia e uno zainetto per la marcia, contenente il necessarioin caso di pioggia, gli effetti personali, gli energetici, ecc.Si consigliano delle scarpe comode e un copricapo per proteggersi dal sole.Si invitano gli uomini ad evitare l’uso delle bermuda; si suggerisce alle signore e alle signori-ne l’uso delle gonne sotto le ginocchia e un velo o copricapo per le preghiere nelle chiese eper l’assistenza alla Santa Messa.

• PernottamentoI pellegrini pernottano in una struttura alberghiera a Castelfidardo. Sono disponibili camereda due o tre posti, divise per le donne e per gli uomini. I partecipanti devono quindi adattarsia dormine con altri pellegrini. Ovviamente i nuclei familiari utilizzano la stessa camera. I posti-letto sono limitati, quindi “chi primo arriva, bene alloggia”.Per i giovani è possibile una sistemazione in sacco a pelo in locali adiacenti all’albergo (gli in-teressati devono portarsi il sacco a pelo).Per mantenere lo spirito del pellegrinaggio e non disturbare gli altri partecipanti, i pellegrinisono invitati a rientrare nelle camere entro la mezzanotte.

• Quota di partecipazione- Per gli adulti: 60 euro (la quota comprende: contributo spese organizzative, camera d’al-bergo, cena del sabato sera, colazione di domenica mattina, sala per il pranzo al sacco didomenica).- Per i giovani che dormono in sacco a pelo: 35 euro (che comprende: contributo alle spe-se organizzative, cena del sabato sera, colazione di domenica mattina sala per il pranzo alsacco di domenica).- Per i bambini sino ai 14 anni: 45 euro.

Chi avesse delle difficoltà economiche (studenti, famiglie numerose, ecc.) non rinunci al pel-legrinaggio: l’organizzazione potrà facilitare l’iscrizione.Chi fosse impossibilitato a partecipare può inviare un’offerta per contribuire alle spese orga-nizzative e per favorire l’iscrizione delle persone più bisognose.

Versare le quote d’iscrizione e i contributi al conto corrente postale n. 51 17 99 27, intestatoa: Ass. Mater Boni Consilii Onlus - Casa San Pio X specificando: Per il pellegrinaggio aLoreto (si prega di inviare per posta o per fax la copia del versamento).

Le iscrizioni si devono effettuare unicamentealla Casa San Pio X entro sabato 12 maggio 2007.

CASA SAN PIO XVia Sarzana n. 86 - 47828 San Martino dei Mulini (RN)Tel. e Fax: 0541.75.89.61E-mail: [email protected]

Pellegrinaggio a Loreto 2006

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vereto da don Giugni si è parlato in una seried’articoli (come sempre piuttosto faziosi…)occasionati dalla promessa del “motu pro-prio” di Benedetto XVI che avrebbe dovutoliberalizzare la Messa di S. Pio V [tutti neparlano ma nessuno lo vede…!], e pubblicatisui giornali locali: “La messa roveretana inlatino esce dall’ombra” (Il Trentino18/10/06); “In S. Maria si parla spesso latino”e “Sulla messa in latino il presule frena” (IlTrentino 20/10/06). I primi articoli hannocausato un dibattito sul latino che è andatoavanti per qualche settimana: “Basta schitar-rate durante le funzioni sacre” (Il Trentino22/10/06); “Il gregoriano non è uno stile elita-rio” (Il Trentino 31/10/06).

Con l’autostrada Modena-Brennero… siarriva in poco tempo in Emilia, e da li inToscana, le due regioni dove fatica don Ri-cossa. Aumentano i partecipanti alla Messadi Maranello, è stata solennizzata anchequest’anno la festa dell’Immacolata conuna Messa col canto polifonico a Ferrara, ein Toscana don Ricossa si è recato a volteanche a Sansepolcro.

Il nostro giro termina idealmente in Pie-monte, ove si trova la Casa Madre. Ricor-diamo alcuni avvenimenti, come la proces-sione delle Palme per le strade di Torino (il9 aprile); la cerimonia al Cimitero Monu-mentale di Torino, il 29 aprile, quando sudomanda dell’Associazione Famiglie Cadu-ti e Dispersi della Repubblica Sociale Ita-liana, don Giuseppe Murro ne ha ricordatola memoria ed ha benedetto le loro tombe;la benedizione della concessionaria dellemotociclette Harley Davidson a Nichelino(don Ricossa, il 22 novembre). Domenica1° luglio don Murro ha celebrato la SantaMessa nella fortezza di Fenestrelle (tra To-rino e Pinerolo) in commemorazione deisoldati del Regno delle Due Sicilie. Dopola caduta del Regno nel 1860, migliaia disoldati furono deportati in varie prigioni ofortezze del Piemonte, tra cui Fenestrelle,ove quasi tutti vi trovarono la morte. Lagiornata, incorniciata dalla presenza di sol-dati e armi d’epoca, è stata organizzatadall’Associazione Due Sicilie.

Conferenze. Numerose, come sempre, leconferenze tenute o organizzate dai nostrisacerdoti. Seguiamo quest’anno di attività…

Conferenze e attività organizzate dalCentro Studi Giuseppe Federici (Rimini).A Rimini il CSGF ha proseguito il ciclo di

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conferenze: eccone l’elenco: il 10 febbraio2006, alla Sala degli Archi, “Aborto chimi-co: la vita si può eliminare con una pillola?Considerazioni sulla pillola abortiva RU-486?”, relatore l’avv. Massimo Micaletti. Il22 marzo 2006, all’hotel Touring, “Talaritinte di sangue. Il martirio di Rolando Rivi edei sacerdoti vittime del comunismo in Italia(1944-1947)”, relatore Marco Pirina con lapresentazione del col. Enzo Felicione, pre-sidente dell’Unuci di Rimini. Il 4 novem-bre, alla Sala degli Archi, in collaborazionecon il Quartiere 1 del Comune di Rimini,“Pio IX: un Papa forcaiolo? Una leggendanera smentita dalla storia”, relatore dott.Fulvio Izzo (con un articolo su La Voce diRomagna il 5.11.2006: “Pio IX batte KarlMarx 50 a 30. Due convegni in contempora-nea alla Sala degli Archi, ma il Papa radunapiù pubblico”). Il 2 dicembre, sempre allaSala degli Archi, presentazione del libroCristina Campo o l’ambiguità della Tradi-zione, con intervento di don Ricossa l’Au-tore (articolo su La Voce di Romagna del3.12.2006: “Ieri l’incontro su Cristina Cam-po fautrice della liturgia tradizionale”).

Il 20 settembre, anniversario dell’occu-pazione di Roma, per i caduti papalini ilCSGF ha deposto una corona d’alloro allachiesa del cimitero monumentale di Riminied è stata celebrata una S. Messa al nostrooratorio (il 19.9.2006 trafiletto su La Vocedi Romagna e articolo sul Corriere di Rimi-ni con un titolo forviante, “Il sangue perl’Italia”). Il 6 gennaio 2007 il CSGF ha fe-steggiato il suo decennale: infatti, seppurcostituitosi a Rimini nell’estate del 2001, èl’erede legittimo del Circolo Culturale Giu-seppe Federici, fondato sempre a Rimini il6 gennaio 1997.

Conferenze e attività organizzate dalCentro Studi Davide Albertario a Milano.Il 3 febbraio 2006, si è svolta la conferenzadal titolo: “Le donne e il Risorgimento. Ilruolo delle donne nell’opposizione all’unitàd’Italia”, relatrice è stata la giovane ricerca-trice modenese, Elena Bianchini Braglia,autrice di diversi libri che ricostruiscono lavita di alcune regine del passato che si tro-varono a vivere nel vortice della tormentarisorgimentale. Durante la conferenza èstato presentato l’ultimo libro dell’autrice:O regina o santa. L’unica italiana sul tronod’Inghilterra: Maria Beatrice d’Este spode-stata per la fede. [CD Audio cod. 017]. Gio-

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vedì 8 giugno il Centro Studi ha invitatodon Ugo Carandino, a parlare sul tema:“L’esodo dei cristiani dalla Terra Santa: undramma dimenticato”. [CD Audio cod.019]. Il 13 ottobre, dopo la pausa estiva, ilCSDA ha invitato l’avv. Massimo Micalettidel Centro Bioetica Cattolico di Pescara-Penne a tenere una conferenza sul tema:“L’embrione: una creatura o un prodotto?Pillola del giorno dopo (RU 486), feconda-zione artificiale. Aggressioni al più deboledei deboli; considerazioni sulla bioetica”.L’ultimo sabato di novembre, il 25, come èormai tradizione, il Centro Studi ha orga-nizzato il consueto Convegno di Studi Al-bertariani, giunto quest’anno alla sua V°edizione. Anche quest’anno la manifesta-zione aveva ottenuto il patrocinio della Re-gione Lombardia, Culture, Identità, Auto-nomie della Lombardia. Il tema della gior-nata, che si è svolta presso l’Hotel Mithos,era ispirato a S. Agostino: “Le due città:Chiesa e massoneria nel loro conflitto se-colare”. I relatori sono stati: Don France-sco Ricossa (La città di Dio: la Chiesa e ilRegno Sociale di Cristo); il Prof. Gianan-drea de Antonellis (La città del diavolo: larivoluzione moderna e l’influenza massoni-ca nel risorgimento italiano); Don UgolinoGiugni (Don Albertario: un soldato di Cri-sto contro la massoneria). Un foltissimopubblico ha partecipato al convegno ani-mando con domande la tavola rotonda fi-nale, e prendendo d’assedio il banchettodei libri controrivoluzionari allestito dalcentro Studi all’uscita della sala. [DoppioCD Audio cod. 020].

Conferenze del Centro Studi GiacomoMargotti a Torino. Il 18 marzo il CentroStudi Giacomo Margotti ha organizzatouna conferenza sulla bioetica. Il titolodell’incontro è stato: “L’embrione: qualco-sa o qualcuno? Pillola del giorno dopo(RU486), fecondazione artificiale. Aggres-

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sioni all’essere umano al principio della suavita; considerazioni sulla bioetica”. Due so-no stati i relatori invitati a parlare: l’avvo-cato Massimo Micaletti, del Centro Bioeti-ca Cattolico di Pescara-Penne e del Movi-mento per la vita, e il dottor AlessandroPertosa. [CD Audio cod. 018]. Venerdì 12maggio si è svolta la conferenza dal titolo:Il ruolo delle donne nel Risorgimento nellememorie di due Regine: Adelgonda di Ba-viera e Maria Beatrice Vittoria di Savoia,duchesse di Modena. La conferenza era or-ganizzata congiuntamente dal Centro studiGiacomo Margotti e dall’associazione Im-magine per il Piemonte, e si è svolto nei lo-cali della sede di quest’ultima associazionepoiché l’iniziativa era inserita nei VenerdìCulturali dell’Associazione. Relatrice è sta-ta la dottoressa Elena Bianchini Bragliagiornalista e storica, studiosa della dinastiaestense, che era già stata ospite dell’Alber-tario a Milano in febbraio. La conferenza èstata ben condotta e vivacizzata comeun’intervista dalle domande di Vittorio G.Cardinali, giornalista e presidente dell’as-sociazione Immagine per il Piemonte. Allafine dell’incontro la dott.ssa Bianchini Bra-glia ha dovuto firmare numerose copie deisuoi libri presentati durante la conferenza[Su questo argomento CD audio: cod. 017].

Conferenza organizzata dall’Associazio-ne Mater Boni Consilii. Una sola ma certa-mente importante, la conferenza organizza-ta da don Le Gal a Parigi il 12 ottobre 2006.Don Ricossa ha parlato su La crisi dell’au-torità nella Chiesa, dal Vaticano II a Bene-detto XVI. Più di cento persone hanno po-tuto comprendere meglio come la questio-ne dell’autorità sia al centro dell’azione deicattolici che vogliono conservare la fede.La conferenza è stata un’occasione per pre-sentare ai parigini il nostro Istituto (è stataallestita una mostra fotografica), le nostrepubblicazioni e la Messa celebrata in rueBlue da don LeGal (cf articolo su Rivarol,17/11/2006, p. 3). Un CD con la registrazio-ne della conferenza (in francese) è a vostradisposizione.

Altre conferenze, alle quali hanno parte-cipato sacerdoti dell’Istituto. Don Ugo Ca-randino ha tenuto le seguenti conferenze: il18 febbraio 2006 alla libreria Feltrinelli diPescara: “L’esodo dei Cristiani dalla TerraSanta: un dramma dimenticato” (AmiciziaCristiana). Il 14 marzo 2006 al Bar Dolly di

Pellegrinaggio Osimo Loreto 2006: arrivo sulla piazza della basilica

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Potenza: “I Cristiani in Terra Santa: undramma dimenticato” (Il Sentiero). Nella se-de del Centro Tradizione e Comunità a Mo-dugno (BA): “La Passione di Cristo”(15.3.2006), “I miracoli eucaristici”(17.10.2006) e “San Pio X, il Papa che con-dannò il Modernismo” (15.11.2006), tutteorganizzate da Controvento Modugno. Il 17marzo 2006 al Palazzo ADSU a Pescara:“Questione irlandese e identità nazionale”,con Christian Salutari e Achille Travaglino(Associazione culturale AriaNuova). Il 30maggio 2006 al Circolo culturale librario“2+2=4” ad Ancona: “Dalla Cristianità alNuovo Ordine Mondiale”; la stessa confe-renza è stata ripetuta a fine giugno a Fano eil 25.10.2006 a Civitanova Marche nelle ri-spettive sedi di Forza Nuova. Il 3.9.2006,sempre nella sede di FN a Fano: “Invito allalettura del testo: Fregati dalla scuola”. InAbruzzo con Marco Solfanelli (AmiciziaCristiana) il 21 ottobre alla libreria InternetCaffè a Montesilvano (PE): “Sette segrete ela Chiesa” (Edizioni Tabula Fati); alla libre-ria De Luca di Chieti per la presentazionedei libri: La Santa Messa e il Calvario(18.11.2006) e La vera carità verso il popoloebraico (20.1.2007). Il 20 dicembre al Palaz-zo del Podestà di Rimini: “Un aiuto per il Li-bano. Il dramma delle comunità cristiane nel-la terra dei Cedri” (Associazione di volonta-riato Porta d’Oriente, in collaborazione conEquamente e col contributo di Volontarimi-ni, della Regione Emilia-Romagna, dellaProvincia e del Comune di Rimini, del Co-mune di Riccione). Don Ricossa è stato unodei relatori, col dott. Paolo Avezzù (capo-gruppo Forza Italia al consiglio comunale diRovigo) e col dott. Roberto Fiore (segreta-rio nazionale di Forza Nuova) del convegnoVisto da Destra: Chiesa, Islam e Massoneria.Conflitti secolari tenutosi all’Hotel Regina

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Margherita di Rovigo il 16 dicembre 2006. Ilconvegno è stato organizzato da Fabio Ba-roni (Segr. Prov. di Destra per Rovigo) emoderato da Paolo Caratossidis (coord.Naz. Forza Nuova). Una lusinghiera relazio-ne del convegno e dell’intervento di don Ri-cossa è stata pubblicata il giorno successivosu Il Gazzettino (ed. di Rovigo).

Infine, per chiudere in bellezza, parlia-mo della prima “Giornata della Regalità so-ciale di Cristo” che si è svolta a Fossalta(Modena). Molti inneggiano a Cristo Re,ma pochi ne conoscono la dottrina. Per per-mettere una formazione seria dell’argomen-to, la nostra rivista e il Centro studi Federicihanno ideato un seminario di studio dal te-ma: “La dottrina di Cristo Re: dalla Cristia-nità medioevale allo Stato moderno”. DonRicossa ha tenuto tre lezioni (davvero magi-strali!): Regalità sociale di Cristo: la dottrina,La Cristianità medioevale: l’intronizzazionee Lo Stato moderno: l’apostasia. La Fede siincarna nelle opere: perciò la formazionedottrinale è stata affiancata da un’esposizio-ne di libri e altro materiale a cura di dodiciassociazioni e case editrici che sono in sinto-nia con la nostra posizione dottrinale o checomunque sono degli amici sinceri. L’orga-nizzazione non ha trascurato l’aspetto con-viviale (caffè di benvenuto e colazione di la-voro) e artistico, con la recita di alcuni branidella rievocazione della battaglia di Lepan-to da parte del Gruppo Scenico-TeatraleElisabetta Stefanini di Padova. Ne è scaturi-ta un’intensa - e ci auguriamo fruttuosa perla Fede degli ottanta partecipanti - Giornatadella Regalità sociale di Cristo che sarà ripe-tuta nel prossimo mese di ottobre.

L’Istituto e la stampa. Il libro di PucciCipriani L’altra Toscana. Diario di un con-servatore (ed. Controrivoluzione, 2005) me-rita di entrare a far parte della storia deimovimenti cattolici e “tradizionalisti” inItalia; l’autore cita anche Sodalitium el’Istituto, anche se spesso non ne condividele posizioni. Sul quotidiano La Voce di Ro-magna l’8 dicembre è stato pubblicato unarticolo sul nostro oratorio riminese(“Chiese: c’è chi chiude e chi apre”). Lectu-res Françaises (n. 586, Février 2006) ha an-nunciato il pellegrinaggio che si è tenuto aN. Dame de l'Osier l'8 maggio seguente.Infine, la Lettre aux amis et bienfaiteurs delMonastero di Favernay non manca mai diparlare, con vera amicizia, del nostro Istitu-

Ritiro a Serre-Nerpol il 5 marzo

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to. Errata corrige: nel n° 58 di Sodalitium apag. 61 citando il libro “Tra Roma e Lefeb-vre” (Studium 2003), avevamo errato circail nome dell’autore; li diamo qui corretti: sitratta di NICLA BUONASORTE, cambia dun-que il genere. Ce ne scusiamo con l’autrice.

Sodalitium e la stampa. Lecture Françai-ses, che aveva già parlato del nostro Istitutonell’ultimo numero di dicembre 2005 (n.584, p. 39) è tornata sul tema nel primo nu-mero di gennaio (n. 585, p. 36) riportandouna recensione della rivista Sodalitium pub-blicata sulla rivista belga Altaïr (n. 126). Se-gnaliamo che nella Bibliografia essenzialedell’ultimo libro di Giovannino Guareschi“Baffo racconta” (BUR 2006) compare cita-to anche l’articolo di don Ugolino Giugni“don Camillo Guareschi e il Concilio…” ap-parso in Sodalitium n. 54 del 2002.

Il Centro Librario Sodalitium ha curato,a marzo, la seconda edizione italianadell’opera di don Ricossa Cristina Campo.L’ambiguità della Tradizione e di PadreGuérard des Lauriers Risposta a ‘Lettera auna religiosa’. Nel mese di aprile è poi uscitala prima edizione francese. Segnaliamo lerecensioni di Marino Pagano su Alfa&Ome-ga (n. 5, settembre/ottobre 2005, pp. 119-120) e di Yves Chiron su Présent (Deux li-vres en un, aprile 2006). Il libro è stato anchepresentato dall’autore al Convegno tradizio-nalista di Civitella del Tronto, l’11 marzo2006. Due sono le nuove pubblicazioni delC.L.S. in uscita nel 2007 (come potete legge-re nelle recensioni librarie): Il Messalino fe-stivo, che molti ci richiedevano da anni è fi-nalmente pronto e l’autobiografia: Il Volon-tario di Pio IX in cui l’autore narra gli avve-nimenti del 1870 per la difesa di Roma da luivissuti in prima persona.

Trasmissioni radiofoniche. Don Caran-dino cura uno spazio settimanale su RadioPadania Libera (ogni domenica alle ore 14).Sulla stessa Radio Silvia Sanzini ha intervi-stato don Ugo il 6 maggio (con Marco Piri-na su Rolando Rivi), il 10 giugno (i cattolicie la politica), il 1° luglio (l’ecumenismo), il20 gennaio 2007 (carità e buonismo). A Ro-sario (Argentina) don Casas Silva ha parla-to durante varie trasmissioni radiofoniche:contro l’aborto; contro la separazione traChiesa e Stato (in FM Manantial 93.7), indifesa dalla vita fin dal concepimento, e par-tecipando alla trasmissione Buenos dias nosdé Dios (AM Libertad 1100 Mghz).

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Continua l’edizione dell’Apostolato del-la Preghiera (in francese) da parte di donCazalas e la Crociata Eucaristica edita oraanche in italiano (se siete interessati richie-detele in redazione).

Esercizi spirituali. Dal 20 al 25 febbraiodon Cazalas e don Murro hanno predicatoun turno di Esercizi Spirituali a Serre Ner-pol a dieci persone. Dal 17 al 22 aprile aSerre Nerpol don Murro insieme a MèreMarie Monique ha predicato il ritiro in pre-parazione ai voti delle novizie, alle quali sisono aggiunte quattro signore. Dal 3 all’8luglio, a Serre Nerpol, don Ricossa e donMurro hanno dato gli esercizi a 11 uomini eotto donne. Gli esercizi estivi a Raveau so-no stati predicati da don Cazalas e donMurro: dal 31 luglio al 5 agosto a 6 donne;

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Modena, ottobre 2006: Il pubblico, il relatore: don Francesco Ricossa e

la rievocazione della battaglia di Lepanto

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dal 7 al 12 agosto a 11 uomini, quest’ultimoconclusosi con il battesimo di un adulto cheaveva seguito il ritiro di 5 giorni. Torniamoa Serre Nerpol, dove dal 16 al 21 agosto gliEsercizi sono stati dati da don Giugni e donCazalas a 10 uomini. A Verrua, due turni diesercizi dati da don Carandino e don Ricos-sa: dal 21 al 26 agosto a 15 donne e dal 28agosto al 2 settembre a 19 uomini. Dal 6 al14 settembre don Ricossa ha dato come diconsueto i Santi Esercizi alle Suore di Cri-sto Re (a Serre Nerpol); erano presenti an-che tre religiose di Montauban. Dal 25 al 30settembre, Mons. Stuyver ha dato gli Eser-cizi ai sacerdoti dell’Istituto, ai quali si èunito don James Bird, dalla Germania (aluglio, come detto, li aveva dati in Belgio).Dal 26 al 31 dicembre don Murro e don Ca-zalas hanno predicato un altro turno a Ser-re Nerpol ove hanno partecipato 5 persone:tra di essi, una signora ha ricevuto il batte-simo insieme con il figlioletto.

Ritiri: Domenica 5 marzo a Serre-Ner-pol vi è stata una giornata di ritiro per laperseveranza predicata da don Cazalas edon Murro. Nonostante la neve, più di qua-ranta persone hanno potuto parteciparvi.Sabato 28 ottobre, festa della Madonnadelle Vittorie, patrona della Cappella diCannes, don Cazalas ha organizzato unagiornata di ritiro per i fedeli, svoltasi nellacappella del convento della VisitazionediGrasse. È stata la prima volta che abbiamopotuto organizzarla a Cannes e speriamo dipoterla ripetere. Il 30 e 31 ottobre si è svol-to a Verrua un ritiro per i membri del Roc-ker’s Klan, ai quali si sono uniti alcuni ex-esercitanti desiderosi di mantenere il fervo-re: in tutto 18 persone; hanno predicatodon Ricossa e don Giugni. Il 1° novembre aRaveau un ritiro è stato predicato da donMurro, che ha riunito persone provenientinon solo dalle vicinanze, ma anche daTours, Lione, Parigi. Da questi ritiri - svol-tisi con l’indispensabile aiuto delle suore diCristo Re, che sono venute a Raveau par-tendo da Vinay e a Cannes da Moncestino -tutti i partecipanti sono ritornati a casacontenti, con l’animo ripieno di gioia spiri-tuale: e chi aveva fatto gli Esercizi Spiritua-li, ne ha ritrovato lo spirito e l’entusiasmo.

Pellegrinaggio nazionale Osimo-Loreto.Il pellegrinaggio annuale a Loreto è diventa-to uno dei punti fermi dell’apostolato delnostro Istituto. Oltre cento persone - tra cui

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molti giovani - provenienti da quasi tutta laPenisola, dal Piemonte alla Puglia, dal Tren-tino alla Basilicata, si sono ritrovate sabato20 maggio a Osimo; vi era anche un piccoloma fervente gruppo di pellegrini francesi.Lasciate le automobili, i pellegrini sono par-titi a piedi per affrontare i 22 chilometri delpercorso, con le soste alla tomba di San Giu-seppe da Copertino a Osimo e all’immaginedella S. Vergine Addolorata a Campocaval-lo. In serata Castelfidardo attendeva i pelle-grini per la cena e il meritato riposo. L’ospi-talità della cittadina marchigiana è semprecordialissima: il sindaco è venuto a salutarepersonalmente la nostra comitiva e la Prote-zione Civile ha messo a disposizione deimezzi per facilitare alcuni spostamenti. Do-menica 21 maggio di buonora i pellegrinaggihanno assistito alla Messa celebrata da donSergio; dopo la colazione e la rituale foto digruppo, hanno ripreso la marcia. Al sacrariodella battaglia alle Crocette, tra Castelfidar-do e Loreto, due giovanissime pellegrinehanno deposto una corona in onore dei cro-ciati di Pio IX. L’ultima salita al colle di Lo-reto è stata accompagnata dal solito solleo-ne, prima del pranzo al sacco consumato alleporte della città mariana. Si è svolta poi laprocessione finale sino alla Basilica: qui ipellegrini hanno deposto ai piedi dellaS.Vergine, nella Santa Casa, le diverse in-tenzioni di preghiera. Terminate le preghie-re i partecipanti sono ritornati in pullman aOsimo per riprendere i veicoli privati. Allapartenza il saluto generale è stato: arriveder-ci al prossimo anno!

Altri pellegrinaggi. La Casa San Pio Xha organizzato alcuni pellegrinaggi: con ifedeli di Rimini il 26 marzo a Corinaldo(PU), alla casa natale di santa Maria Goret-ti. Con i fedeli lucani il 7 luglio a Salerno,sulla tomba di San Matteo e di San Grego-rio VII. Con i fedeli abruzzesi il 17 giugno aRoma, alla Basilica di san Paolo fuori le

Pellegrini al S. Monte di Varese

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Mura e alla chiesa di san Paolo delle TreFontane; il 16 agosto in provincia del-l’Aquila sulle tracce di San Giovanni daCapistrano e di Papa San Celestino V; infi-ne il 16 settembre si è svolta la 3ª edizionedel pellegrinaggio a piedi (10 km) dall’Ab-bazia di S. Maria Arabona al santuario delVolto Santo a Manoppello (PE).

I fedeli emiliani sono rimasti fedeli, perl’appunto, al doppio appuntamento col San-tuario della Madonna di San Luca per ilmese di Maggio (il 13) e quello del Rosario(il 21 ottobre), recitando le tre corone delRosario. Si sono aggiunti anche degli amiciromagnoli e abruzzesi, che hanno apprezza-to la cucina dell’eremo di Tizzano. L’11 giu-gno bolognesi e padovani si sono incontrati(e in buona parte conosciuti) in un pellegri-naggio a Sant’Antonio di Padova, diretto dadon Ricossa. Sempre con don Ricossa, gliamici bolognesi e ferraresi si sono dati ap-puntamento al Santuario mariano di Boccadi Rio (Appennino tosco-emiliano) anchequest’anno, il 18 agosto. Guidati da don Ca-randino e don Ricossa numerosi fedeli emi-liani (da Parma, Reggio, Modena e Ferrara)e romagnoli (da Rimini, Cesena, Forlì), piùun milanese, si sono ritrovati il 4 febbraioalla Pieve di San Valentino di Castellarano(Reggio Emilia). Gentilmente accolti dalparroco, hanno recitato il santo rosario da-vanti alla tomba del giovane seminaristaRolando Rivi, “prelevato” dai partigiani co-munisti nell’aprile del 1945 e da loro ucciso,dopo tre giorni di sevizie, per la sua fedeltàall’abito talare e alla fede. Il giovane Rolan-do aveva appena 14 anni. L’incontro è statoorganizzato dal portale cattolicesimo.com.

Sabato 7 ottobre una trentina di fedelilombardi (dalle provincie di Milano, Como,Lecco, Bergamo e Varese) guidati da donGiugni si sono ritrovati ai piedi del S. Mon-te di Varese per salire attraverso le cappel-le dei 15 misteri, recitando il Santo Rosarioalla Basilica dell’Assunta. Il pellegrinaggioè sempre una bella occasione per ritrovarsiinsieme e per pregare la Madonna per i bi-sogni spirituali e temporali. La giornata si èpoi conclusa al meglio in un ristorante cit-tadino per una cena in compagnia.

Passiamo alla Francia. L’8 maggio, co-me di consueto, si è svolto il pellegrinaggioa N. Dame de l’Osier, con partenza dallaMaison St Joseph. Prendendo spunto dalleparole della Madonna a Port Combet: “Se

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tu non ti convertirai, diventerai un tizzoned’inferno’’ don Murro la sera precedenteha illustrato il dogma dell’Inferno, così co-me la Rivelazione e la Chiesa hanno inse-gnato. Dopo la Messa cantata ed una brevecolazione, i fedeli si sono avviati seguiti dal-la pioggia, che, dopo una tregua durante lapausa del pic-nic, è divenuta torrenziale alpomeriggio. Nessuno delle cento e più per-sone presenti si è scoraggiato, tutti hannoperseverato fino alla cappella di N. Damede Bon Rencontre e al Belvedère, sicuriche la Madonna compenserà al centuplo ilsacrificio fatto in suo amore. Tutti prontiper ricominciare il 7 e 8 maggio 2007.

Il 25 maggio, festa dell’Ascensione, i fe-deli di Cannes si sono riuniti per il pellegri-naggio annuale al santuario di St-Joseph-du-Bessillon a Cotignac, nel dipartimento delVar. Erano più di una cinquantina di pelle-grini, di cui una ventina di bambini, riunitiper pregare S. Giuseppe, che è sempre gene-roso nel concedere grazie verso tutti coloroche l’invocano con fiducia. I pellegrini sonogiunti da diversi dipartimenti, perfinodall’Isère! Se Dio vuole, prossimo appunta-mento a Cotignac in onore di S. Giuseppe afine maggio.

Anniversari. Il 9 settembre, a Cannes,l’Istituto ha organizzato una giornata perricordare don Gustave Delmasure a diecianni dalla sua scomparsa (11/09/1996). DonCazalas ha cantato la messa da Requiem edon Giugni ha predicato. Dopo la Messa isacerdoti ed i fedeli hanno preso un simpa-tico pic-nic insieme in un parco pubblicodella città, ed in seguito si sono recati sullatomba di don Delmasure a Théoule surMer, città dove egli era stato parroco perlunghi anni. L’Istituto ricorda poi ogni an-no con una Santa Messa di suffragio Mons.Guérard des Lauriers e Mons. Benigni (il27 febbraio), Padre Vinson (il 1 luglio),Virginia Bonelli (il 31 gennaio). Una Messain suffragio del nostro insigne benefattore,il Notaio Senni Buratti, è stata celebrata aMaranello il 2 settembre, riunendo tutti ifamiliari nella preghiera. Più lieti gli anni-versari d’ordinazione sacerdotale di Mons.Stuyver (10 anni il 3 novembre), di consa-crazione episcopale di Mons. Mc Kenna(20° il 22 agosto) ed il 25° di nozze dei co-niugi Nella e Rodolfo Mazzocca, solenniz-zati a Chieti il 10 dicembre 2006 con unaMessa celebrata da don Carandino.

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Battesimi Don Murro ha celebrato i se-guenti battesimi: il 9 gennaio Sacha Waize-negger, figlio di Alexandre e Carol; ad An-necy Marguerite-Marie figlia di Yves e Vé-ronique Larfaillou il 12 febbraio ed il 26dello stesso mese, Thibaut, figlio di Marc eMarianne Larfaillou; il 30 aprile nella Cap-pella di Chambery, messa gentilmente adisposizione da don Paladino, Hugo Radi-ce, figlio di Jérôme e Caroline Corrieri; aRaveau, il 30 luglio Baptiste Moracchini, fi-glio di Fréderic e Isabelle Vasseur e il 5agosto, alla chiusura degli esercizi spiritualidi Raveau, Vincent Nosib.

Alla Maison St Joseph, alla fine degliEsercizi, il 30 dicembre, don Cazalas habattezzato Mme Chantal Touéé ed il figlioMelvyn Joseph, ed il 7 gennaio seguente habattezzato Thomas Perrotto, figlio di Davide Isabelle. Il 19 marzo 2006 don Carandinoall’oratorio di Chieti Scalo ha battezzato ilpiccolo AdrianMaria Meola. Il 14 agostonel castello di Sanfré don Ugolino Giugniha battezzato Benedetta Sobrero, figlia diFrancesco ed Emilia. Il 16 settembre, a To-rino presso l’Oratorio del S. Cuore, donGiugni ha battezzato Claretta Emma Ma-nara, figlia di Antonio ed Eleonora. Infineil 1 gennaio 2007 in una chiesa di Trentodon Ugolino ha amministrato il sacramentodel battesimo a Pietro Angelo Giuliana, fi-glio di Emilio e di Mara. Don Ricossa habattezzato Greta Cirelli il 25 marzo a Sab-bioncello S. Pietro (Ferrara) e la propria ni-pote, Angelica Ricossa, a Torino, il 4 gen-naio 2007. Il 14 giugno, nella ParrocchiaSan Pio V di New York, don Casas Silva haamministrato il sacramento del battesimo aElena Basualdo. Don Jocelyn Le Gal ha giàamministrato due battesimi a Parigi: il 3giugno di un piccolo Louis ed il 18 novem-bre di Hortense Collot figlia di Antoine-Marie e Agnés. Infine, il 27 gennaio 2007, a

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Sigloy, in Francia, Mons. Stuyver ha battez-zato Sebastien Van Overbeke.

Prime Comunioni. “Lasciate che i piccolivengano a me”. A Serre Nerpol, don Cazalasha dato la prima comunione a Marie-Emma-nuelle Miche la domenica 19 febbraio, e aJean Chiocanini il 18 giugno. Il 28 maggio aDendermonde, nella cappella di Mons. Stuy-ver, Jeanne Paris et Marie-Colombe Bra-bant, dopo un piccolo ritiro, hanno fatto laloro “comunione solenne” e rinnovato lepromesse battesimali. Domenica 18 giugno,solennità del Corpus Domini, alla Maison StJoseph, vi sono state le comunioni solenniper i ragazzi preparati da un ritiro spirituale.Il 4 novembre, a Verrua, Elsa Ricossa ha ri-cevuto la prima comunione dalle mani dellozio, don Francesco. L’8 dicembre, l’Immaco-lata è stata festeggiata degnamente alla Mai-son St Joseph con la consueta processione, esoprattutto con la prima comunione di Jo-seph Carpenne, che ha ricevuto da don Ca-zalas per la prima volta Gesù nel suo cuore.

Cresime. Sabato 1° aprile Mons. Stuyverha conferito il sacramento della Cresima allaMaison Saint Joseph di Serre Nerpol. L’in-domani, domenica della Passione, i fedeli diCannes hanno avuto la gioia di accogliereMonsignore. In quest’occasione don Cazalasha avuto a disposizione (come l’anno prece-dente, al Corpus Domini) una cappella auMas du Calme. Cyrille e Florian Darius,Vincent e Olivier Gastin, Thibaut et Tho-mas Van Gorp sono diventati soldati di Cri-sto. Al pomeriggio, grazie allo spirito apo-stolico della compianta signora Rainford,due fedeli novantenni hanno potuto riceverela Cresima nella loro abitazione. Tutti i fe-deli hanno espresso gratitudine per Mons.Stuyver che per loro ha affrontato un viag-gio così lungo. Il 19 aprile, Mons. Stuyver haamministrato le Sante Cresime a Favernay(Franca Contea) ai fedeli della comunità be-nedettina di Padre Verrier, coadiuvato daPadre Mercier. Il 28 maggio sono stati cresi-mati nella cappella di Mons. Stuyver a Den-dermonde, Jacinta Daelemans, Darinka etNikola Stankovski, Constantijn Steenber-gen, Louis-Marie Chuilon, Carlos de Bock.Il 1 ottobre Monsignore si è recato a Milanodove ha confermato 19 persone, come rac-contiamo parlando della Lombardia. Infine,sempre a Dendermonde, sono stati cresima-ti in momenti diversi Yvette de Kort, resi-dente a Roma e Vincent Prithiviraj Nosib.

Suggestiva immagine della cerimonia del Sabato Santodurante Settimana santa

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ENCICLICA “Quanta cura” E IL SILLABO Pio IX 16 € 2,50

LE FORME DELLA VITA. Giuseppe Sermonti 115 € 7,00

I TESORI SPIRITUALI Sacramenti e sacramentali 390 € 12,00

CRISTINA CAMPO, o l’ambiguità della Tradizione Francesco Ricossa 172 € 9,50

Il problema DELL’AUTORITÀ E DELL’EPISCOPATO Guérard des L. 100 € 8,40

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Page 78: N. 60 · In copertina: papa San Pio X. Cent’anni fa nel 1907 pubblicava l’enciclica “Pascendi” che condan-nava il modernismo. Editoriale pag. 2 Il cardinal Rampolla era Massone?

Matrimoni. Il 2 luglio 2006, nella chie-setta gentilizia della Tenuta Pandolfa a Fiu-mana (FC), don Carandino ha benedetto lenozze di Silvia Berni e Andrea Proli. Il 16settembre a Torino presso l’Oratorio del S.Cuore, don Giugni ha benedetto le nozze diAntonio Manara e Eleonora Macario. Il 2dicembre 2006, nella cappella Notre Damedes Victoires di Cannes, don Murro ha ce-lebrato il matrimonio di Régis Micheo conEva Agosti. Il 20 gennaio 2007, nella cap-pella della Madonna del Buon Consiglio aDendermonde, Mons. Stuyver ha benedet-to le nozze di una giovane coppia; uno deglisposi ha ricevuto in quest’occasione anchela prima comunione e la Cresima.

Defunti L’8 gennaio 2006, a Ferrara, èmorta Alma Margherita Galletti vedovaGhelfi. Fino a che ha abitato a fianco della no-stra chiesetta di San Luigi, ha sempre frequen-tato da noi la Santa Messa. Il 9 gennaio, èmancato a Cannes il signor André Prieux,professore universitario. Già fedele assiduo didon Delmasure a Théoule, lo ha poi seguitoanche presso la cappella di N.D. des Victoires,continuando con l’Istituto. Era una personaamichevole, caritatevole e molto umile, non-ostante la sua vasta cultura. Assistito dallamoglie e dall’amico Joseph Kirstein, è decedu-to poco dopo che don Cazalas gli aveva porta-to i sacramenti. Don Cazalas ne ha celebratole esequie il 12 gennaio. Il 13 gennaio è man-cata Dominique Regat, ad Annecy, a cui donMurro aveva amministrato i Sacramenti. Il 24gennaio 2006 a Genova, consumata da unalunga malattia, accettata con spirito profonda-mente cristiano ed offerta per il bene dellaChiesa e delle anime è mancata Maria Faraldi.Si trattava di una bell’anima che amava vera-mente Gesù, come possono testimoniare colo-ro che l’hanno conosciuta e i diari spirituali

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che ha lasciato alla famiglia. Don Giugni è sta-to spesso ospite in casa sua di ritorno dai viag-gi d’apostolato in Costa Azzurra. Al maritoMarco, nostro caro amico, ed al figliolo Giaco-mo vanno le nostre condoglianze e le nostrepreghiere. Il 28 gennaio 2006 è morta adArezzo Alda Paoletti Dal Piaz. Nata ed edu-cata in una famiglia numerosa e profonda-mente cristiana, aderì ancor giovanissima allaR.S.I. come ausiliaria. Ricordava spesso il suocappellano militare, don Leandro Sangiorgio,ucciso alla fine della guerra. Quando don Ri-cossa iniziò la celebrazione della Santa Messain provincia di Arezzo, a Loro Ciuffenna, futra le prime e le più decise – con il marito Stel-vio Dal Piaz – a aderire all’iniziativa, assisten-do con regolarità e devozione alle funzioni, ecosì fino al Natale del 2005. Poco dopo, infatti,è arrivata la malattia che l’ha portata alla mor-te, durante la quale ha ricevuto i santi sacra-menti da don Carandino. Domenica 5 feb-braio 2006, don Ricossa ha celebrato una mes-sa in suo suffragio a Loro Ciuffenna, alla pre-senza della famiglia e di numerosissimi amici.Cornelia Antonia Maria Peeters, vedova diDaniël Steenbergen e nonna di un nostro se-minarista è deceduta il 2 marzo 2006 dopoaver ricevuto i santi sacramenti. Le esequie sisono svolte il 6 marzo. Nel marzo 2006 è mor-to il dott. Rudholf Gerstner, vedovo delladott. Elisabeth Gerstner; entrambi erano statinostri ospiti a Verrua. L’Istituto presenta ai fi-gli, colpiti in pochi mesi dalla perdita di en-trambi i genitori, le più sentite condoglianze.Mercoledì 7 giugno è deceduta la signoraGengler. Don Cazalas, che le aveva ammini-strato tutti i Sacramenti quattro giorni prima,ne ha celebrato i funerali il 10 giugno alla Mai-son St Joseph. È stata sepolta vicina al maritodeceduto un anno prima, nel cimitero del loropaese, Grand-Serre. Fedeli della Maison StJoseph da vent’anni, da quando avevano co-nosciuto il P. Vinson, coraggiosamente faceva-no due ore di viaggio per avere la vera Messa,nonostante la loro età. Per la fedeltà al rito diS. Pio V furono abbandonati e disprezzati dadiversi conoscenti. Il 9 giugno è decedutoCharles Bousiges, che fu tra i primi a rendersiconto del problema posto dalla nuova messa.Non solo si limitò a cercare la Messa di S. PioV, senza lesinare viaggi, ma cercò anche di or-ganizzare una sede stabile nella Drôme, finchéla venuta del P. Vinson a Serre Nerpol costituìla soluzione all’annoso problema. Gli ultimianni, a causa di una malattia, si muoveva con

A Verrua per la festa della Madonna del Buon Consi-glio (da sinistra): don Jocelyn Le Gal, don Thomas

Cazalas, don Ugolino Giugni, don Sergio Casas-Silva,don Francesco Ricossa, don Giuseppe Murro, don Ugo

Carandino e don Thomas Le Gal

Page 79: N. 60 · In copertina: papa San Pio X. Cent’anni fa nel 1907 pubblicava l’enciclica “Pascendi” che condan-nava il modernismo. Editoriale pag. 2 Il cardinal Rampolla era Massone?

difficoltà, e sovente abbiamo portato i Sacra-menti a casa. I funerali sono stati celebrati il12 giugno à Bourg le Péage da don Murro. Il22 maggio 2006 è deceduta a Cannes Marie-Madeleine Rainford, da sempre fedele di donDelmasure (che ne aveva celebrato le nozzenel 1946), donna di carattere generoso, infer-miera e catechista l’aveva aiutato a istruire ibambini quando egli era ancora vicario pressola parrocchia del Suquet a Cannes durante laguerra. Sposata con il capitano Richard Rain-ford l’aveva seguito in Algeria durante laguerra in quel paese vivendo avventurosa-mente ai limiti del deserto Sahariano. Dopo lamorte di don Delmasure, aveva continuato aseguire fedelmente la santa Messa celebratapresso la Cappella N.D. des Victoires dai sa-cerdoti dell’Istituto. La sua casa era sempreaperta e la sua tavola sempre imbandita, per isacerdoti dell’Istituto che si recavano a cele-brare due volte al mese nella cittadina riviera-sca; ella era sempre disponibile ad aiutarel’apostolato degli stessi sacerdoti o di chiun-que ne avesse bisogno. È stata una vera colon-na per la tradizione, e noi tutti ne sentiremoprofondamente la mancanza. Don Cazalas leha amministrato gli ultimi sacramenti durantela sua malattia. Al marito Richard e a tutta lasua famiglia vanno le più sincere condoglianzedi tutto l’Istituto. Il 2 settembre è mancata nel-la sua casa di Sansepolcro, Virginia Baschettived. Sarti. Di famiglia profondamente cristia-na, aveva ricevuto con grande fede gli ultimisacramenti da don Ricossa, che ne ha celebra-to le esequie nella cappella del cimitero il 4settembre. Ricordiamo ancora: la famiglia Pa-gani, di Cortona, in lutto per la perdita del fi-glio (21 marzo), consolata dal fatto che fosseun buon cristiano; Tarcisio Torti († 19 mag-gio), di Mezzana Bigli, che fu sempre nostroamico; Marcello Bignami († 19 luglio), di Bo-logna, che ci aiutò in consiglio provinciale pertrovare un luogo di culto; il col. Oscar Bertone(† 21 luglio), di Torino; il signor Ferlin, mortotragicamente ad agosto, ex-esercitante; l’avv.Teofilo D’Antonio, uno dei primissimi difen-sori della Messa a Roma, e uno dei primi achiamare l’Istituto nella Città eterna, uomoumile, colto, caritatevole e fervente, al qualedon Curzio portava regolarmente i sacramenti(† 6 ottobre); Raffaele Di Deco († 17 novem-bre a Venezia), morto ancor giovane, che ci fuvicino a Orio e Nichelino, all’inizio della no-stra avventura, ed ancora frequentava a voltela S. Messa o le conferenze dell’Istituto. Don

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Carandino, infine, ricorda particolarmenteMons. Angelo Mencucci, che si è spento il 12luglio 2006 all’Opera Pia Mastai Ferretti di Se-nigallia. Nato il 1 ottobre del 1914 a Corinal-do, ordinato sacerdote il 12 marzo 1938, dal1954 canonico del Capitolo della Cattedrale diSenigallia e dal 1966 parroco della stessa Cat-tedrale, per molti anni è stato direttore delMuseo Pio IX, presso il Palazzo Mastai. Uo-mo di profonda cultura, figura sacerdotale dia-mantina, estimatore del rito tridentino dellaMessa, con la sua dedizione e preparazione hacontribuito notevolmente allo studio e alla di-vulgazione della vita di Pio IX. Ricordiamo leanime di questi defunti, e di tutti coloro “quinos praecesserunt in signo fidei” alle preghieredei nostri lettori e alla misericordia di Dio.

ULTIMA ORA: Fraternita San Pio X, Messain volgare e faccia al popolo?

In previsione del “motu proprio” in favoredella Messa detta di San Pio V, la Frater-

nità San Pio X ha preparato un DVD con ilquale si intende insegnare ai parroci la ce-lebrazione di questo rito. In una lettera aiparroci francesi scritta da don P. de LaRocque, della Fraternità San Pio X, diret-tore de ‘Lettre à nos frères prêtres’, il reve-rendo scrive testualmente: “Bisogna saperein effeti che, se questo DVD propone diimparare (la celebrazione) in lingua latina,la Messa tridentina può anche essere cele-brata in lingua volgare: nel 1965 un'edizio-ne del messale romano proponeva pertantouna traduzione francese. Allo stesso modo,l'edizione del 1962 prevede, in certi casi, lamessa faccia al popolo. Se Benedetto XVIliberalizzasse questo rito, sembra quindipossibile introdurlo progressivamente nelleparrocchie senza stravolgere bruscamentele abitudini dei vostri parrocchiani”.

Anche la FSSPX pratica dunque l'ecu-menismo, raccomandando la celebrazionedi messe in volgare, faccia al popolo, e cele-brate da ministri che in buona parte - aven-do ricevuto il sacramento dell'ordine colnuovo rito montiniano - sono dubbiosa-mente sacerdoti. E perché, se la FSSPXconsiglia questo rito agli altri, non potrebbeun domani essere celebrato dagli eredi stes-si di Mons. Lefebvre?

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BELGIO - Dendermonde: Mons. Geert Stuyver,Kapel O.L.V. van Goede Raad, Koning Albert-straat 146, 9200 Sint-Gillis, Dendermonde. S.Messa tutte le domeniche alle ore 9,30. Tel. eFax: (+32) (0) 52/380778.

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Chieti Scalo: Oratorio del Preziosissimo Sangue, viaColonnetta 148. La 2ª e la 3ª domenica del mesealle ore 18,30. Per informazioni: Tel. 0541.758961.

Ferrara: Chiesa S. Luigi, via Pacchenia 47, Alba-rea. Tutte le domeniche alle ore 17,30, salvo la3ª domenica del mese alle ore 11,30. Per infor-mazioni: Tel. 0161.839335.

Loro Ciuffenna (AR): Fattoria del Colombaio,str. dei 7 ponti. La 1ª domenica del mese alleore 17,30. Per informazioni: Tel. 0161.839335.

Maranello (MO): Villa Senni, strada per Foglia-no. Tutte le domeniche alle ore 11, salvo la 3ªdomenica del mese alle ore 9. Per informazio-ni: Tel. 0161.839335.

Milano: Oratorio S. Ambrogio, via Vivarini 3.Tutte le domeniche e festivi alle ore 11. Per in-formazioni: Tel. 0161.839335.

Modugno (BA): per informazioni: Tel.0541.758961.

Padova (provincia): la 4ª domenica del mese alleore 18. Per informazioni: Tel. 0541.758961.

Potenza: per informazioni: Tel. 0541.758961.Roma: Oratorio S. Gregorio VII, via Pietro della

Valle 13/B. La 1ª, 3ª e 5ª domenica del mese,ore ore 11. Per informazioni: Tel. 0161.839335.

Rimini: Oratorio San Gregorio Magno, via Molini8. Tutte le domeniche e festivi alle ore 11, sal-vo la 3ª domenica del mese alle ore 18,30. Perinformazioni: Tel. 0541.758961.

Rovereto (TN): la 1ª, 3ª e 5ª domenica del mesealle ore 18. Per informazioni: Tel. 0161.839335.

Torino: Oratorio del S. Cuore, via Thesauro 3/D.Tutte le domeniche e festivi S. Messa cantataalle ore 9; S. Messa letta alle ore 11,15; il 1° ve-nerdì del mese alle ore 18,15. Per informazioni:Tel. 0161.839335.

Valmadrera (LC): Via Concordia, 21. La 2ª e la 4ªdomenica del mese. Per informazioni: Tel.0341.58.04.86.

Varese (provincia): per informazioni: Tel.0161.839335.

FRANCIAAnnecy: 11, avenue de la Mavéria. S. Messa la 2ª e la 4ª

domenica del mese, ore 10. Tel.: (+33) 09.53.16.39.01.Cannes: Chapelle N.D. des Victoires, 4, rue Fellegara. S.

Messa la 2ª e 4ª dom. del mese, ore 18.Lione: (2ème) 17, cours Suchet. S. Messa la 2ª e la 4ª do-

menica del mese, ore 17. Tel.: (+33) 04.77.33.11.24.Lilla: S. Messa la 1ª e la 2ª domenica del mese alle ore

17. Per informazioni: Mons. Geert Stuyver in Belgio.Parigi: 17 rue Blue, 75009. S. Messa la 1ª e 3ª domenica

del mese alle ore 10.30. Per informazioni: Tel.0161.839335.

Confessioni 30 minuti prima dell’inizio delle S. Mes-se. Dei cambiamenti occasionali negli orari delleMesse, specie nel perido estivo, possono intervenire;se frequentate saltuariamente i nostri oratori vi con-sigliamo di telefonare.

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