N. 49 - Sito ufficiale dell'Istituto Mater Boni Consilii · come la massoneria o lo gnosticismo....

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N. 49 Anno XV n. 3/99 - Aprile 1999 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Torino - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium IN CASO DI MANCATA CONSEGNA SI PREGA DI RINVIARE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA PRESSO CMP TORINO NORD Tassa Riscossa - Taxe Perçue. TORINO CMP

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EditorialeEditorialeLa Santa Pasqua sarà passata, quando

questo numero giungerà nelle vostrecase. Ricordiamoci del grande dovere

della confessione e della comunione pasqua-le: se ancora qualcuno non si fosse riconci-liato con Dio, se il Corpo e il Sangue del Si-gnore morto e risorto per noi non fosse an-cora divenuto cibo e bevanda per la vostraanima, affrettatevi a farlo; hodie si vocemejus audieritis, nolite obdurare corda vestra(se oggi ascoltate la sua voce, non indurite ivostri cuori). Per Voi, per le Vostra famiglie,pregano di cuore i sacerdoti e tutti i membridell’Istituto Mater Boni Consilii!

È con vera angoscia che constatiamo, at-torno a noi, lo stato di tante anime - la mag-gioranza - ormai lontane da Dio e dalla vitadella grazia. E più ancora che l’immoralitàdilagante - pur spaventosa -, la principalenemica delle anime è oggi la perdita dellafede. Fin dall’inizio Sodalitium si è prefissocome compito principale la lotta contro glierrori e le eresie che - a piene mani - sonodiffusi ovunque, procurando dubbi, confu-

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sione e persino corruzione o negazione dellafede. In questa lotta, come in tutte le batta-glie, il nemico più pericoloso non è quellomanifesto, ma quello occulto. Unum nomenest persecutionis - scriveva san Leone Magno- sed non una est causa certaminis: et plusplerumque periculi est in insidiatore occulto,quam in hoste manifesto [“C’è una sola pa-rola per indicare la persecuzione, ma non c’èuna sola causa di combattimento; ed il piùdelle volte, bisogna temere maggiormentequalcuno che tende insidie in segreto, piut-tosto che un nemico dichiarato”). Spesso,pertanto, abbiamo denunciato i pericoli chevengono, per utilizzare l’espressione di SanPaolo, dai falsi fratelli (II Cor. XI, 26), sianoessi “maggiori” o “minori”. I fratelli “minori“ dei fratelli “maggiori” sono - senza dubbio- i massoni. Già nel 1910, l’abbé EmmanuelBarbier, grande nemico dell’eresia moderni-sta, svelava in un suo libro ben documenta-to, le “Infiltrazioni massoniche nella Chie-sa”. Nel 1962, con lo pseudonimo di Mauri-ce Pinay, un gruppo di cattolici messicani di-stibuì ai Padri del Concilio Vaticano II un li-bro (che ottenne, nel 1968, l’imprimatur delVescovo di Hermosillo) che denunciava un“Complotto contro la Chiesa”. Sempre nel

“Sodalitium” Periodico - n° 49, Anno XV n. 3 1999

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In copertina: San Michele che uccide il Demonio co-me narrato nell’Apocalisse. Dipinto di Raffaello del1504 (Parigi, Museo del Louvre).

✍ Sommario

Editoriale pag. 2Ancora sull’Omicidio Rituale pag. 4Joseph de Maistre Esoterico? pag. 11Karol, Adam, Jacob pag. 30Il Papato materiale (parte terza) pag. 42L’Apocalisse secondo Corsini pag. 52A proposito dell’infallibilità pag. 67Riflessioni sulla provvidenza di Dio pag. 68RECENSIONI: Papa Pio VII Precursore del Vaticano II? pag. 72Vita dell’Istituto pag. 73

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1968, Delamare, de Poncins, Bordiot, deCouessin e Virebeau (Coston) pubblicarono“Infiltrazioni nemiche nella Chiesa”.

Un’analisi della gravissima situazionedella Chiesa oggi può essere di ordine teolo-gico o di ordine storico. I due metodi si illu-minano reciprocamente e non devono esse-re artificiosamente contrapposti. Quanto alprimo punto di vista, questo numero di So-dalitium pubblica la parte conclusiva dellostudio di don Sanborn sulla Tesi detta diCassiciacum, l’unica posizione, a nostro av-viso, che esamina la situazione attualedell’Autorità nella Chiesa senza compro-mettere, in un modo o in un altro, qualcheverità di fede. Ma gli errori dottrinali sonosempre l’opera di uomini in carne e ossa. Ilteologo non deve pertanto dimenticare chegli errori che egli studia vengono diffusispesso ad arte da chi vuole - se mai fossepossibile - distruggere la Chiesa e, con Lei,tutta l’opera di Gesù Cristo. Gli articoli suJoseph de Maistre e su Adam Mickiewicz,allora, non sono un inutile sfoggio di erudi-zione o un maniacale cercare il pelo nell’uo-vo. Sono un esempio, preoccupante, di infil-trazione dell’esoterismo massonico tra i cat-tolici. Dietro l’esoterismo (massonico o no,è la stessa cosa), si ritrova sempre la stessaidentica fonte infetta: la Cabala. Lo dimo-stra quel capolavoro del sacerdote argentinoJulio Meinvielle, De la Cabala al progresi-smo (del 1970, ristampa di Buenos Aires del1994, edizione italiana adattata del 1988 acura di don Innocenti, col titolo Influsso del-lo gnosticismo ebraico in ambiente cristiano),che ognuno di Voi dovrebbe leggere; lo di-mostrano anche questi due articoli di Sodali-tium che leggerete tra poco.

Quando si parla di Massone-ria, di Esoterismo, di Cabala, è fa-cile cadere di tono, mancare di se-rietà e di rigore, fare affermazionigratuite; purtroppo, molta pubbli-cistica del genere non ha evitatol’ostacolo, contribuendo, involon-tariamente, a gettare il discreditosu questo genere di pubblicazionischernite come “complottiste”. Sipossono così eliminare, senza esa-me, gli studi seri e documentati suquesto argomento. Allo stessomodo, si deve essere prudenti perquel che riguarda “profezie”, rive-lazioni private, apparizioni... Una

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mancanza di discernimento, poca fedeltà al-la proverbiale prudenza della Chiesa, posso-no gettare ingiustamente il discreditosull’autentico sovrannaturale ed ottenere fa-cilmente il medesimo effetto degli studi po-co seri su cose serie tremendamente seriecome la massoneria o lo gnosticismo.

L’esegesi dell’Apocalisse che presentia-mo in questo numero conferma, dall’alto,quanto detto. Lo scontro tra la Gerusalem-me Celeste e quella terrena, tra la Chiesacattolica e la Meretrice di Babilonia, omicidafin dal principio (e poi nel corso della storia),non è un avvenimento accidentale e casuale,ma è una parte di quel Mistero di Iniquitàche è insegnato dalla Divina Rivelazione.“Babilonia” non è Roma - spiega il professorCorsini - ma la Gerusalemme terrena e deici-da che ha rigettato il Salvatore ed è stata daLui rigettata. Essa è la madre di tutte le ere-sie; Maria Santissima invece, lo sappiamo, ditutte le eresie è la sterminatrice: gaude, Ma-ria Virgo, cunctas hæreses sola interemisti inuniverso mundo (rallegrati, Vergine Maria,tu sola hai distrutto tutte le eresie nel mondointero - ufficio della B.V.M., ant. 7 del Mat-tutino). Da Lei, Mediatrice di tutte le graziepresso il Suo unico Figlio, unico Mediatorepresso il Padre, attendiamo anche il soccorsonecessario per l’ennesima vittoria della Chie-sa contro le porte dell’Inferno e contro i suoivolontari suppositi.

Santa Pasqua: Gesù Cristo resuscitato appare aisuoi Apostoli: Incredulità di San Tommaso

(Caravaggio 1601-1602, Bildergalerie, Postdam - Germania)

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ANCORA SULL’OMICIDIORITUALE

don Curzio Nitoglia

Alcuni esponenti del Giudaismo inglese,tramite l’Arcivescovo di Westminster,

si rivolsero a Leone XIII, verso la fine del1899, per ottenere una dichiarazione della S.Sede che condannasse come falsa l’accusa diOmicidio Rituale giudaico (1).

Pio IX nel 1867 aveva autorizzato il cultodel Beato Lorenzino da Marostica, il cuiOmicidio Rituale risaliva al Venerdì Santodel 1485 (2).

Nel 1894, al Congresso Eucaristico diTorino, Rocca D’Adria, alla presenza di 16Vescovi del Piemonte, aveva illustrato la na-tura dell’Omicidio Rituale in una relazioneintitolata: L’Eucarestia e il rito pasqualeebraico moderno, che si trova negli Atti delCongresso Eucaristico tenutosi in Torino neigiorni 2-6 settembre 1894, Torino, 1895, vol.II, pagg. 79-95 (3).

Secondo Rocca D’Adria, scrive il profes-sor Miccoli, «L’idea... che l’uccisione deibambini cristiani avvenisse in odio a Cristo,per profanare così la Pasqua... non avrebbecorrisposto al vero motivo. Il delitto in realtàera strettamente imposto dalla religione tal-mudica, era atto di devozione religiosa, un“delitto nazionale e legale”. I rabbini... san-no e riconoscono che il Messia è già venutonella persona del Cristo. Con il suo sangueegli ha salvato e salva i cristiani. Impadronir-si di sangue cristiano innocente: ecco il mez-zo escogitato dai rabbini per rendere il pro-prio popolo partecipe di quella strada di sal-vezza. Una goccia di quel sangue doveva ve-nire mescolata agli azzimi prescritti per laPasqua ebraica... Depositari del terribile se-greto erano i rabbini e i capi famiglia, che aloro volta lo tramandavano al figlio maggio-re o più fidato. Ne usciva così ribadito il ca-rattere superstizioso e... formalistico, esterio-re, della religione talmudica. Ma non solo:perché una religione fondata su un tale ritonon poteva non essere una religione comple-tamente depravata, l’intero popolo, o quanto

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meno tutti gli ebrei osservanti ne erano coin-volti. Lo stesso persistente rifiuto del Cristoe della Chiesa da parte degli ebrei mutavacompletamente carattere: esso infatti nonmuoveva da cecità e ignoranza, ma dalla po-sitiva volontà di restare nell’errore. Il gestodi Satana trovava nella religione ebraica lasua perfetta analogia: era dunque una reli-gione satanica che aveva rotto ogni pontecon l’antico mosaismo» (4).

Il Padre Oreglia concludeva così un suoarticolo pubblicato sulla Civiltà Cattolica:«Resta per sola difesa dei popoli special-mente cristiani che si faccia con questi ebreicome appunto si fa con la peste: che, se nonsi può distruggere, si può circoscrivere» (5).

Henry Desportes, nel 1899, nell’inviare aLeone XIII una copia del suo libro Le my-stère du sang chez les juifs de tous les temps,aveva scritto: «Non è una vergogna che co-loro che martirizzano così i nostri bambini inodio alla fede cristiana, siano onorati dap-pertutto, e che i popoli cristiani bacino que-ste mani rosse del sangue dei loro fratelli?Io ho voluto far cessare quest’infamia» (6).

Il Cattolicesimo inglese e l’Omicidio Rituale

Alcuni cattolici, e moltissimi ebrei, eranocontrari alla tesi dell’Omicidio Ritualeebraico specialmente «un cattolicesimo mi-noritario come quello inglese... manifestò at-traverso la propria stampa tutta la sua per-plessità nel vedere teologi e preti... coinvol-gere la Chiesa (...).

Le accuse di intolleranza e di antisemiti-smo mosse ai cattolici e alla Chiesa da auto-revoli organi della stampa conservatrice e li-berale inglese costituirono per la minoranzacattolica un ulteriore stimolo a prendereapertamente posizione. Era un altolà all’an-tisemitismo... Ma solo il Papa poteva pro-nunciarlo con piena autorevolezza» (7).

Lord Russel in una lunga lettera del 28novembre 1899 a Leone XIII lo invitava adichiarare l’infondatezza della tesi dell’Omi-cidio Rituale ebraico; ma L’Osservatore Ro-mano proprio in quei giorni pubblicava unarticolo che sembrava sostenerne la fonda-tezza. In esso si legge: «Credete voi che intal caso vi sia un Omicidio Rituale? Senza ilminimo dubbio... Ma allora perché avete li-berato l’assassino? (...) Perché all’indomanidella condanna, il popolo avrebbe probabil-mente ucciso ventimila ebrei, e allora chi vo-

La questione ebraica

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lete che ci dia il denaro, se non abbiamo piùgli ebrei?» (8).

Anzi fin dal 1892 l’Osservatore avevapubblicato due articoli sull’Omicidio Ritua-le: nel primo: Bushoff e gli omicidi rituali,scriveva «intorno alla possibilità dei sacrificiumani, o assassinii rituali di fanciulli perpe-trati dagli ebrei. (...) Ciò non ostante si con-tinua a raccogliere danari per inviarli a Bu-shoff [accusato di Omicidio Rituale n.d.a.],come se egli fosse immune da ogni sospettonell’atroce fatto (...). Si badi che a furia dinegare giustizia per simili delitti, non sorgapoi qualche volta tremenda e incomposta lagiustizia popolare» (9).

Nel secondo articolo: “A proposito di Bu-shoff”, l’Osservatore scriveva circa «la assolu-zione del macellaio cristianicida [Bushoff],cui la Germania contrappone il fatto di treuccisioni rituali di fanciulli fatte da ebrei» (10).

E siccome L’Osservatore Romano non èl’organo ufficiale del Vaticano, ma è solo…un giornale sul quale i comunicati del Vati-cano sono ufficialmente pubblicati... risulta-va intollerabile a Lord Russel che il nomedel Papa e della S. Sede potesse venir immi-schiato in simili vicende! Attraverso la con-danna della tesi della veridicità dell’Omici-dio Rituale ebraico, si tendava a colpire lapolemica antigiudaica. Si mossero anche ilduca di Norfolk e il cardinal Vaughan, Arci-vescovo di Westminster.

«In realtà non pochi segni lasciano chiara-mente intendere che la Santa Sede non solonon era per niente incline a intervenire sullaquestione, ma che il suo giudizio su tali accu-se era ben diverso da quello dei suoi interlocu-

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tori inglesi. Nel ricevere i volumi del Despor-tes Leone XIII aveva invariabilmente rispo-sto manifestandogli la sua “riconoscenza” per“il filiale omaggio” e impartendogli “dal fon-do del cuore l’apostolica benedizione”» (11).

Gli articoli de L’Osservatore Romanoavevano sdegnato Lord Russel, ma il pensie-ro della S. Sede e della Segreteria di Statoera ben lungi da quello del Lord inglese. Ba-sti pensare ai 26 articoli che, tra gli anni Ot-tanta e Novanta La Civiltà Cattolica avevadedicato all’Omicidio Rituale ebraico, soste-nendo e dimostrando la fondatezza della tesi“sterminazionista” dell’Ebraismo talmudicoverso i Cristiani.

La pratica è affidata al Sant’Uffizio

«Tuttavia l’autorevolezza dei personaggiche si erano rivolti a Leone XIII per solleci-tare un suo intervento non permetteva certoche si potessero lasciare senza una risposta...Tutta la pratica venne perciò girata al SantoUffizio, da tempo oramai deputato a trattarele questioni riguardanti gli ebrei che avesse-ro attinenza con la fede» (12).

Occorre sapere che già nella secondametà del Settecento il S. Uffizio si era occu-pato della questione e che il Padre france-scano Lorenzo Ganganelli (che in seguitodivenne cardinale e poi Papa) espresseun’opinione personale apparentemente con-traria alla tesi dell’Omicidio Rituale (13).

Molti avversari della tesi si basano su ta-le fatto, omettendo di dire che l’opinioneespressa dal Ganganelli è quella di un sem-plice dottore privato e non quella del Papa eattribuendo un significato diverso al suddet-to documento, come si è dimostrato in nota,per affermare che la S. Sede era contrariaalla veridicità storica dell’Omicidio Rituale.

La pratica, avviata sotto il Pontificato diLeone XIII, fu spedita al S. Uffizio il 4 di-cembre 1900, e venne affidata a MonsignorMerry del Val.

«L’appunto interno, che segnala l’arrivodella pratica e illustra la scelta di Merry delVal, è altamente espressivo dell’animo concui i responsabili del Santo Uffizio si appre-stavano ad affrontare la questione:

Il Card. Arciv. di Westminster ha creduto didenunziare alla Santa Sede l’odierno anti-semi-tismo, specie sul punto dell’Assassinio Rituale.

Quanto sia grave la cosa è facile a capirsi,se si considera l’arditezza degli ebrei potenti

Papa Innocenzo IV

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di Londra, i quali nel loro non contrastatodominio in Europa spingono l’orgogliosa de-menza sino a pretendere di essere difesi dallaSanta Sede.

Riflettendo a tutto questo, il Commissarioha pensato di proporre a Mons. Assessore diaffidare l’incarto del Card. Vaughan... aMons. Merry del Val...

Il Merry del Val, che tra i suoi antenatiha un fanciullo crocifisso dagli Ebrei or ve-nerato sugli altari, [si tratta del Beato Dome-nichino del Val, crocifisso a Saragozza nellaPasqua del 1250] è un uomo adatto al lavoro.

Il fastidio per l’iniziativa dell’arcivescovodi Westminster - continua il Miccoli - consi-derato implicitamente poco meno di una pe-dina in mano ebraica, risulta evidente...

Il suggerimento di scegliere Merry delVal... mostra chiaramente in quali termini siauspica e si vuole che tale proposta sia re-datta» (14).

La faccenda non fu risolta rapidamenteda Roma e gli inglesi ritornarono alla carica.Il 26 marzo del 1900 il cardinale Vaughantrasmise una petizione chiedendo un inter-vento di Roma, al cardinale che, dopo averinformato il Papa, la trasmise, dietro suo or-dine, al Sant’Uffizio. Secondo gli autori del-la petizione “l’Accusa del Sangue” è «un’an-tica, una crudele, ed affatto screditata leg-genda».

Il professor Miccoli commenta: «Non hotrovato commenti diretti della Segreteria diStato o del Sant’Uffizio sui rilievi e le argo-mentazioni prospettati nella petizione. Nonv’è dubbio che la premessa da cui essa parti-va, essere cioè l’accusa di “Omicidio Ritua-le” “un’antica... leggenda”, non era per nullacondivisa né dagli ambienti romani, né dallagrande maggioranza della pubblicistica edella stampa cattolica europea (...)

In realtà... trasparente era stato il fastidiocon cui il Sant’Uffizio aveva accolto la loroiniziativa. Ma era l’intero cattolicesimo in-glese... a non godere di buona stampa a Ro-ma (...) da Roma si guardava con diffidenzaed ironia alle campagne “filosemite” di queicattolici. Nell’ottobre 1899 La Civiltà Cattoli-ca, reagendo alle accuse rivolte alla Chiesa diessere corresponsabile della campagna anti-semita... non nascose la sua riprovazione peri cattolici inglesi... giudicandoli “alquantoombrosi e timidi rispetto ad ogni accusa chesi diffonda, pur senza fondamento, contro laChiesa romana e il cattolicesimo”» (15).

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“Petitam declarationem dari non posse”

La congregazione del S. Uffizio si riunìinfine il 25 luglio del 1900. «Manca... il ver-bale... La richiesta tuttavia era chiara: dichia-rare infondata l’accusa di Omicidio Ritualemossa agli ebrei. La risoluzione recita: “Re-spondeatur per Secretarium Status, petitamdeclarationem dari non posse”. Il 27 luglioessa fu approvata dal Papa e il 31 luglio l’as-sessore del Sant’Uffizio ne comunicò il teno-re al cardinal Rampolla. Questi... tramite ilcardinale Vaughan, la fece pervenire al ducadi Norfolk e a lord Russel: il loro tentativodunque era completamente fallito» (16).

In un breve testo manoscritto della S. Se-de, del 25 luglio 1900 si legge: «È storica-mente certo l’Assassinio Rituale, e ne parlaBenedetto XIV; e la S. Sede l’ha canonizza-to con mettere sugli altari un bambino [An-drea da Rinn] da essi [ebrei] ucciso in odioalla fede (...). Stante ciò la S. Sede non puòdare la chiesta dichiarazione» (17).

In breve la S. Sede risponde: «La dichia-razione richiesta non può esser data, (...) per-ché quegli Omicidi Rituali che si vorrebberonegare sono invece realmente accaduti» (18).

Obiezioni e risposte

La Civiltà Cattolica, già nel 1881, avevaevidenziato che la Lettera di Papa Innocen-zo IV in difesa degli ebrei non solo non di-

Il cardinale Merry del Val, segretario di Stato di S. Pio X

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mostrava nulla riguardo all’Omicidio Ritua-le, ma addirittura non ne parlava in manieraspecifica. Scrive infatti l’autorevole rivistadei Gesuiti: «Pensano alcuni... che... inelut-tabile argomento contro le prove legali estoriche della legge e della pratica talmudi-co-ebraica di assassinare i cristiani per ispiri-to di pietà e di devozione giudaica, special-mente nelle feste Pasquali, possa ricavarsidalla lettera che... scrisse da Lione ...Inno-cenzo IV... il 3 di luglio del 1274, per difen-dere, secondo l’uso di tanti altri suoi prede-cessori e successori, gli ebrei di quei paesidalle calunnie e dalle persecuzioni ond’era-no fieramente oppressi (...).

Nessun argomento può però ricavarsidalla sopraccennata lettera di Innocenzo IVcontro la, non soltanto fondata, ma certissi-ma legge talmudica, non rare volte messa inpratica... dalla razza ebrea, dell’assassinare...i cristiani fanciulli e non fanciulli per spiritodi pietà, di devozione e di osservanza legale(...). Nessuno... ha mai accusato... gli ebrei dicomunicarsi, nella festa di Pasqua, con ilcuore di un fanciullo ucciso... che è la calun-nia onde Innocenzo IV li scagiona. Bensì es-si furono sempre accusati e spesso convintidi tutt’altro: cioè ...di usare il sangue dei cri-stiani fanciulli o non fanciulli per impastareil loro pane azzimo; del che Innocenzo IVnon dice verbo» (19).

Padre P. Silva, circa quindici anni dopo, suLa Civiltà Cattolica rispose alle obiezioni con-tro la fondatezza storica dell’Accusa del San-gue (da parte di Lord Rothshild) in due artico-li intitolati Raggiri ebraici e documenti papali(«CC», 65 [1914], II, pagg. 196-215 e 330-344).

«Tra le autorità interpellate... per com-provare la inesistenza del Delitto Rituale, vene ha una alla cui testimonianza la sinagogaattribuiva maggior valore... e che merita an-che da noi singolare attenzione: tale è l’au-torità della S. Sede» (20).

La rivista dei Gesuiti cita una lettera diLord Rothshild al card. Merry del Val (7 ot-tobre 1913), in cui il Lord ebreo si rifà al-l’opinione espressa dal Padre Ganganelliconsultore del S. Uffizio (che sarebbe poi di-ventato Papa Clemente XIV) apparentemen-te contraria alla tesi dell’Omicidio Ritualeebraico. E cita poi una lettera di papa Inno-cenzo IV, in cui il Pontefice dichiarerebbeinfondata l’accusa di Omicidio Rituale.

Ma, continua il Lord ebreo, Justinus Eli-sejevitch Pranaitis, maestro di Teologia e

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diocesano romano cattolico della provinciadel Turkestan, asserisce che tali testi sareb-bero stati manipolati, e chiede al Card.Merry del Val di autenticare il testo pubbli-cato della lettera di Innocenzo IV e della re-lazione del Ganganelli.

La Civiltà Cattolica risponde: «Che cosarichiede il Lord ebreo? Egli vuol sapere... seuna lettera di Innocenzo IV e una disserta-zione di un consultore del S. Uffizio sianoautentici o no. Ora, fu giustamente osserva-to, che per tale verifica non era davvero ne-cessario ricorrere al cardinale segretario diStato né incaricarlo di un’incombenza chenon gli appartiene... anzi per il documento diInnocenzo IV bastava che il Lord banchiereconsultasse in una pubblica biblioteca le edi-zioni critiche dei regesti di quel Pontefice...dove, senza far perdere il tempo ad altri,avrebbe potuto cerziorarsi della verità (...).

Quanto alla lettera di Innocenzo IV... es-sendo il ritornello obbligato che la sinagogaricanta ogni volta che le si rinfaccia l’onta delDelitto Rituale... il dott. Pranaitis non avràgià dubitato che il testo di Innocenzo IV siaautentico, ma avrà negato che sia autentico ilsignificato che le danno i difensori della sina-goga e che suppone lo stesso Lord: e in que-sto il Pranaitis aveva mille volte ragione,giacché la lettera di quel Pontefice dice benaltro di quello che coloro le fanno dire» (21).

La rivista dei Gesuiti cita la lettera di In-nocenzo IV e ne dà il vero significato, dissi-pando “i raggiri ebraici”.

La prima parte della lettera - scrive LaCiviltà Cattolica - è solo l’esposizione delleragioni presentate dai ricorrenti (gli ebrei); laseconda parte contiene il dispositivo, vale adire la volontà del Papa e ciò che egli ordina.

«Ora in tutto questo è manifesto che nul-la vi è di quello che il Rothschild e i suoicorreligionari pretendono di trovare.

Il Pontefice..., mentre da un lato ricevevaquelle... lamentazioni, dall’altro conoscevamolto bene quella gente e già pochi anni pri-ma, nel 1244, aveva pressato il santo re LuigiIX perché togliesse loro di mano l’empioTalmùd per gettarne tutte le copie al fuoco...quel savio Pontefice non avrebbe potuto pru-dentemente giudicare da lontano, e senza udi-re gli avversari, fino a che punto bisognassecredere o non credere ai lamenti presentatinel ricorso: perciò non discute i fatti, e si con-tenta di dare quegli ordini la cui applicazionenon poteva soggiacere ad errore, poiché era-

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no le semplici norme di giustizia che costitui-scono un dovere fondamentale per l’uomo.Che i vescovi facciano riparare i torti com-messi dai prepotenti... il Pontefice... nulla af-ferma o definisce, ma, data la ipotesi che esista-no i torti lamentati, ne comanda la riparazione.Ecco tutto. Questa lettera non è dunque unasentenza giudiziaria, e non contiene minima-mente “la specifica dichiarazione che la colpadell’Assassinio Rituale attribuita all’ebraismoè una infondata e perfida invenzione”.

Come osò dunque asseverarlo così solen-nemente il Lord banchiere?» (22).

Il Card. Merry del Val rispose al Rot-schild il 18 ottobre 1913, con una semplice efredda autenticazione della lettera di Inno-cenzo IV e della relazione di Ganganelli aiconsultori del S. Uffizio.

Ciò non significava assolutamente (comegià era avvenuto circa quindici anni prima)che la S. Sede asserisse l’infondatezza del-l’Accusa del Sangue. Anzi dai testi citati sene arguisce esattamente il contrario!

Monsignor Umberto Benigni e l’omicidiorituale

Nel 1922, monsignor Umberto Benigni,nella sua Storia Sociale della Chiesa, era

giunto alle stesse conclusioni, pur senza averpotuto consultare la documentazione Sul sa-crificio di sangue attribuito agli ebrei, conser-vata nell’Archivio Segreto Vaticano, alla cuilettura è stato ammesso il Miccoli, qualcheanno fa sebbene avesse potuto studiare gliarticoli de ‘La Civiltà Cattolica’.

Mi piace riportare le conclusioni del cele-berrimo storico cattolico, per poter penetrareancor meglio in tale “Mistero del Sangue”,senza cadere nei due errori opposti, per difet-to: lo scetticismo negatore e per eccesso: lacredulità superstiziosa e fanatica, che per vo-ler affermare troppo, rischia di compromette-re ciò che vi è di serio e storicamente fondatonella tesi dell’Omicidio Rituale ebraico.

Il Benigni osserva, preliminarmente, cheper poter affermare che un delitto sia Ritua-le, deve essere prodotto da una intenzionereligiosa (l’odio contro i fedeli di un’altra re-ligione) ed inoltre deve avere la forma di unrito. Per esempio, un Delitto sarà implicita-mente Rituale se un cristiano è ucciso dagliebrei, durante la Settimana Santa, per com-memorare, con odio, la Passione di Gesù,mediante atti che riproducano la flagellazio-ne, la coronazione di spine, la crocifissione.

Il Delitto, sarà invece esplicitamente opienamente rituale se un cristiano è martoria-to come sopra (in odio alla fede cattolica) edin più si userà il sangue della vittima per usodelle cerimonie ebraiche ufficiali o supersti-ziose, vale a dire a scopo di propiziazione re-ligiosa o meglio ancora superstiziosa.

Non sarebbe un Crimine perfettamente opienamente rituale quello in cui si estraesse ilsangue cristiano per farne un farmaco o unaspecie di sacramentale, senza il moventedell’odio religioso (23).

Il Benigni, saggiamente, ammette che tratutti i Crimini denunziati come Rituali, nelcorso della storia, parecchi non siano statiprovati storicamente come tali, ma ciò nonautorizza ad asserire che tutti i Crimini rite-nuti Rituali e denunziati come tali, siano tut-ti falsi (abusus non tollit usum)!

All’obiezione ebraica che alcuni Papiavrebbero negato la storicità del Delitto Ri-tuale, il Benigni risponde che:

1°) Innocenzo IV, nella bolla del 28 mag-gio 1287 all’Arcivescovo di Vienne, Giovan-ni di Bernin, espone innanzitutto il ricorsodegli ebrei che si lamentavano di essere sta-ti oppressi ingiustamente, a causa dell’accu-sa di aver crocefisso una bambina. Poi il Pa-

Papa Ganganelli, Clemente XIV

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pa ordina all’Arcivescovo che se le accusesiano false, impedisca la persecuzione degliinnocenti, ma se invece il delitto fosse vero,deve essere punito.

Il Papa, nella bolla del 5 luglio 1247,all’Episcopato di Francia e Germania, asserisceche gli ebrei di Germania dicono che falsamen-te vengono accusati di mangiare un cuore difanciullo cristiano per la loro pasqua, e che oraegli non vuole che si commettano ingiustizie equalora fossero state commesse contro di essi,si cessi e non li si molesti più ingiustamente.

Nella bolla del 25 settembre 1253, affer-ma di non credere che gli ebrei mangino car-ne cristiana, non crede cioè a uno specificofine del delitto rituale: l’antropofagia. Ritie-ne anzi che alcuni nobili cristiani abusino ditali accuse, per impossessarsi dei beni degliebrei, e lo proibisce, ma non nega l’esistenzadel Delitto Rituale in sé.

2°) Martino V, nella bolla del 13 feb-braio 1429, proibisce ai predicatori di abusa-re della predicazione contro gli ebrei.

Nella bolla del 2 novembre 1447, negache gli ebrei celebrassero le loro feste man-giando il fegato o il cuore di un cristiano.

Monsignor Benigni scrive che «da notabiliebrei, nel 1913, in occasione del processo Bey-lis, si domandò... con grande formalità alla S.Sede se erano autentiche la bolla di Innocen-zo IV e la relazione del cardinal Ganganelli...

La S. Sede rispose - per la bolla innocen-ziana, rimettendosi al giudizio degli storicicompetenti, - e per il rapporto Ganganelli,che consultato l’archivio, si era verificatal’autenticità di quello (...).

Quanto al rapporto Ganganelli, esso èl’esposizione del giudizio personale di unporporato (e non già di un Papa) che negan-do essere provati tanti Delitti Rituali, conve-niva nella realtà storica di quelli dei due beatiAndrea da Rinn e Simoncino da Trento» (24).

In breve, la Chiesa saggia prudente e ma-terna, cerca di rasserenare gli animi, scongiu-rando che cadano nei due errori opposti, eperciò smentisce l’accusa specifica che gliebrei mangino il cuore di un fanciullo cristia-no, per evitare l’errore per eccesso o il fanati-smo credulo ed esaltato; mentre afferma l’esi-stenza storica dell’Omicidio Rituale, onde evi-tare l’errore per difetto ovvero lo scetticismo.

Anche oggi, ad esempio, vi sono degliesaltati che affermano che i giovani chemuoiono il sabato sera, per incidente stradale,uscendo dalle discoteche, sono vittime di

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Omicidi Rituali ebraici! Naturalmente ciò èfalso anzi è pazzesco, ma ciò non autorizza anegare la realtà storica dell’Omicidio Rituale,“l’abuso - dicevano i latini - non toglie l’uso”.Così nel passato ci saranno stati degli esaltati,magari spinti da persone interessate, che incaso di carestia o di epidemia accusavano gliebrei di aver infettato l’aria, i campi o l’acqua,per poi - magari - impossessarsi dei loro beni.

La Chiesa procede lentamente e, come sisuol dire, con i piedi di piombo, poiché “la fret-ta è cattiva consigliera”: nel caso di Simoninodi Trento - per fare un esempio - intervenne ri-petutamente. Sisto IV il 10 ottobre 1475 sospe-se il culto popolare già prestato a Simonino,come martire degli ebrei, poiché secondo ilPapa nulla era stato ancora definitivamenteconstatato a proposito. Il Vescovo di Trento,Giovanni Hinterbach, istituì un processo, e sipronunziò a favore dell’Omicidio Rituale di Si-monino, per mano degli ebrei, ma il commissa-rio pontificio istituì un secondo processo, asse-rendo che il Vescovo di Trento aveva commes-so delle irregolarità giuridiche. Allora il Papaistituì un terzo processo a Roma, dopo il qualeasserì che il primo processo, del Vescovo diTrento, era stato fatto “rite et recte”, ma nonapprovò ancora il culto pubblico di Simonino.Nel 1584 Gregorio XIII, nel MartyrologiumRomanum, promulgò che il 24 marzo 1475, aTrento vi era stata la “passio sancti Simeonispueri a judeis saevissime trucidati, qui multispostea miraculis coruscavit”. L’8 giugno 1588,più di cento anni dopo il martirio di S. Simoni-

Il martire Rodolfo da Berna

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no, Sisto V, ratificò per la diocesi di Trento, ilculto pubblico reso al Beato Simonino (Cfr.L’Omicidio rituale in Sodalitium, n° 29, pagg.35-51). La Chiesa ha il concesso culto pubblicoed ha beatificato anche Andrea da Rinn sottoil pontificato di Benedetto XIV, 15 dicembre1753 e 22 febbraio 1755; e poi ancora Domin-guito del Val (sotto Pio VII, 24 novembre1805, 12 maggio del 1807 e 7 agosto dello stes-so anno), Cristoforo de La Guardia, presso To-ledo (sempre sotto Pio VII) e Lorenzino daMarostica (sotto Pio IX, nel 1867).

Ricordiamo ancora che secondo l’opinionedel card. Ganganelli, relatore del S. Uffizio,uomo alieno da ogni fanatismo o estremismo,di tanti Delitti Rituali attribuiti agli ebrei nelcorso della storia, sono da ritenersi per certi everi quelli di Simonino da Trento ed Andreada Rinn, uccisi “in odio alla Fede cristiana”.

Perciò, conclude mons. Benigni, «perfinoBenedetto XIV e il cardinal Ganganelli [chegli ebrei cercano di citare a loro favore econtro la tesi del ‘Mistero del Sangue’], han-no creduto storico il martirio dei Beati daRinn e di Trento» (25).

Mi sembra perciò, che si possa afferma-re, senza paura di sbagliarsi, la veridicitàstorica della tesi dell’Omicidio Rituale ebra-ico, senza cadere in eccessi di fanatismo, chelo vedono ove non c’è, ma senza neanchecadere nell’errore di scetticismo che si osti-na a negarlo, dopo prove storiche e magiste-riali così probanti.

Note

1) La documentazione di tale intervento è conserva-ta in ASV, SS, 1900, rubr. 66, fasc. unico; e in ASU, Re-rum variarum 1901, n° 7 bis (Sul Sacrifizio di sangue at-tribuito agli ebrei).

Il professor Giovanni Miccoli, dell’Università diTrieste, è stato ammesso alla consultazione di tali docu-menti, e ne ha scritto in Storia d’Italia, Annali 11*, San-ta Sede, questione ebraica e antisemitismo, Einaudi, To-rino, 1997, pagg. 1525-1544.

In tale articolo mi baso sulle preziose ricerche delprofessor Miccoli. (Voglio precisare che il mio punto divista è essenzialmente diverso da quello del Miccoli).

2) Per quanto riguarda il problema dell’OmicidioRituale ebraico si veda Sodalitium, n° 29, pagg. 35-51.

3) Cfr. Sodalitium, n° 43, pagg. 3-18.4) G. MICCOLI, op. cit., pagg. 1527-1528.5) Uso fatto dagli ebrei nei riti del sangue cristiano, in

«CC» (Civiltà Cattolica), 32 (1881), II, pag. 602.6) In ASV, SS, 1895, rubr. 66, fasc. unico, f. 20r, let-

tera del 26 luglio 1889.7) G. MICCOLI, op. cit., pag. 1529.8) «OR», 23 novembre 1899, L’omicidio rituale giudaico.9) «OR» 26 luglio 1892. Bushoff e gli omicidi rituali. 10) «OR» 5 agosto 1892. A proposito di Bushoff.

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11) Cit. in G. Miccoli, pag. 1531.12) G. MICCOLI, op. cit., pag. 1532.13) A Jampol, in Polonia, nel fiume Oregna, che si

getta nel Dniester, nel 1756, venne trovato un cadavere.Gli ebrei vennero accusati di Omicidio Rituale e ri-

corsero a Roma; il Papa Benedetto XIV incaricò il Pa-dre Lorenzo Ganganelli, che divenne successivamentecardinale e Papa, di esaminare la questione, in qualitàdi consultore del S. Uffizio. «Il... Ganganelli esprime ilparere che la detta accusa sia del tutto eguale a quelleche, al tempo del Papa Innocenzo IV (1243-1254), eran-si elevate contro gli ebrei in Germania» (V. MANZINI,Sacrifici umani e omicidi rituali, ristampa, Genova, Me-lita, 1988, pag. 133). Il Papa Innocenzo IV negava sol-tanto che gli ebrei “se corde pueri comunicant interfecti”e non la veridicità dell’Omicidio Rituale.

Il Ganganelli presentò la relazione alla Congrega-zione delle Grazie il 2 marzo 1758. Egli dopo un serioesame, quantunque «ritenesse veri i fatti di Trento e diRinn» (V. MANZINI, op. cit., pag. 230), concluse chel’accusa contro gli ebrei di Jampol, che avrebbero man-giato a mò di Comunione il cuore del cristiano trovatomorto nel fiume, era falsa e che in quel caso specificomancavano delle prove serie sulla loro colpevolezza.

Nella sua relazione il Padre Ganganelli scriveva:«Ammetto dunque per vero il fatto del Beato Simone,fanciullo di tre anni, ucciso dagli ebrei, in odio alla Fededi Gesù Cristo, in Trento, nell’anno 1475... Ammettoeziandio per vero un altro fatto accaduto l’anno 1462 nelvillaggio Rinnese [Rinn in Tirolo n.d.a.], Diocesi diBressanone, nella persona del Beato Andrea, fanciullobarbaramente trucidato dagli ebrei in odio alla Fede diGesù Cristo» (V. MANZINI, op. cit., pag. 244).

L’opinione del Ganganelli, dunque, oltre ad esserequella di un semplice dottore privato, non negava la ve-rità storica dell’Accusa del Sangue (anzi ammettevaesplicitamente il Martirio del Beato Simonino da Tren-to e del Beato Andrea da Rinn, da parte degli ebrei);ma negava soltanto, come Innocenzo IV nel XIII seco-lo, che gli ebrei si “comunicassero” con il cuore di uncristiano nella loro festività Paquale. Nulla di più nulladi meno!

14) G. MICCOLI, op. cit., pagg. 1534-1535. 15) G. MICCOLI, op. cit., pagg. 1536-1537. 16) Ibid., pag. 1539. 17) ASU, SS, D 2-i, pagg. 76-87.18) Cit. in G. MICCOLI, pag. 1543.19) «CC», Serie 11, vol. VII, 7 luglio 1881, pagg. 230-235.20) «CC», 32 (1881), II., pag. 330. 21) «CC», op. cit., pag. 333. 22) «CC», op. cit., pag. 334. 23) Cfr. U. BENIGNI, Storia Sociale della Chiesa, Val-

lardi, Milano, 1922, vol. IV, tomo I, pag. 370.24) Op. cit., pag. 381.25) Op. cit., pag. 383.

Papa Martino V

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JOSEPH DE MAISTREESOTERICO?

don Curzio Nitoglia

Il conte Joseph de Maistre (1753-1821) è uni-versalmente noto come autore cattolico e con-

trorivoluzionario. Meno nota, invece, la sua ini-ziazione alla massoneria (nel 1774 nella loggia“Aux trois Mortiers” di Chambery, e, dal 1776nella loggia “La Sincerité” della stessa città).Quand’anche si parla del suo passato massonicosi tende a minimizzarlo come un errore digioventù che non ha lasciato alcuna influenzanel pensiero successivo del pensatore controrivo-luzionario, errore tanto più giustificabile - si dice- in quanto si poteva facilmente aderire in buonafede alla massoneria, prima della rivoluzione.Questa tesi è assolutamente insostenibile dopogli studi del Dermenghen (1923) e del Rebotton(1983) che hanno messo in luce la profonda in-fluenza dell’esoterismo su Joseph de Maistrefino alla fine della sua vita. Con questo studiodon Nitoglia mette in guardia coloro che o giàsono stati ingannati, in buona fede, o rischianodi esserlo in futuro, invitandoli alla prudenzanei confronti di un falso maestro.

Sodalitium

Introduzione

Quasi all’inizio del nono colloquio de Leserate di Pietroburgo (1809) (la più grandeopera filosofica di de Maistre, divisa in undi-ci colloqui tra tre personaggi: il conte, il se-natore e il cavaliere) (1); il conte dice ai suoiinterlocutori: «Da qui potete vedere queglienormi volumi posati sulla mia scrivania do-ve da più di trent’anni scrivo tutto ciò che micolpisce nelle mie letture. (...) sovente vi ag-giungo qualche nota e spesso anche i pensie-ri del momento, quelle “illuminazioni im-provvise”(...). Non ho mai abbandonato que-sti volumi; e ora non potreste immaginarecon quale piacere leggo la mia immensa col-lezione...» (2). De Maistre allude qui ad alcu-ni suoi manoscritti che esistono ancora. Lostudioso Emile Dermenghem (1892-1971),archivista-paleografo e letterato, nato a Pari-gi il 3 gennaio 1892, autore di un interessantestudio storico su de Maistre (3), ha potuto va-lersi (citandoli abbondantemente, dopoaverli consultati) dei suddetti manoscritti,custoditi negli archivi di casa de Maistre.

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Secondo il Dermenghem, tali manoscrittisono preziosissimi, poiché ci presentano ilpensiero maistriano in modo più spontaneodi quanto non appaia nelle opere destinate alpubblico.

«Vi ho trovato - scrive il Dermenghem -le indicazioni più preziose quanto al sogget-to... religioso e esoterico, che costituisconol’oggetto del mio lavoro» (4).

Gli archivi di casa de Maistre contengo-no, oltre ai manoscritti dei libri pubblicati,anche alcuni lavori allora inediti: il Diariointimo del Savoiardo, un dossier chiamatoIlluminés, e soprattutto Mémoire au duc Fer-dinand de Brunswick-Lunebourg, gran mae-stro della Massoneria scozzese di stretta os-servanza (pubblicato postumo nel 1925, acura del Dermenghem stesso), che è quelloche fa più luce sul pensiero del conte sa-voiardo.

Facendo riferimento alla memoria dedi-cata al duca di Brunswick, il noto esoteristaitaliano Attilio Mordini, (che ha cercato dicattolicizzare Evola, rendendolo così ancorpiù pericoloso e nocivo anche per i cristiani),scriveva nel 1963: «Ultimo grande massonecattolico, il conte Giuseppe de Maistre, scri-veva al duca di Brunswick, ricordando le re-mote origini cattoliche della massoneria eprevedendone il rapido declino se non fossesubito tornata in grembo alla Chiesa di Ro-ma. Le previsioni di de Maistre si sono avve-rate sino all’esattezza. Divelta dalla Chiesa, lamassoneria ha perduto ogni senso di unità,non solo cadendo nel sincretismo, ma anchenella separazione della speculazione dall’ope-ra, della pratica dalla teoria intesa nel suo ve-ro senso di contemplazione della verità» (5).

Il fine dell’opera del Dermenghem èquello di «mostrare l’influsso sul pensieromaistriano, dell’esoterismo, dell’“illumini-smo”, della “teosofia” dell’epoca maistrianae dell’occultismo» (6). Secondo il Dermen-ghem tali dottrine non avrebbero nuociutoall’ortodossia del cattolicesimo del Savoiar-do, ma a partire da queste due colonne: eso-terismo e cattolicesimo ortodosso, de Mai-stre avrebbe raggiunto «una sintesi estrema-mente originale e feconda» (7)...

Tuttavia viene spontaneo domandarsi sind’ora, se si possa conciliare cattolicesimo eesoterismo, senza nuocere all’ortodossia eall’integrità della dottrina cattolica.

Vittorio Messori scrive al riguardo:«“Non vi è nulla di ...segreto che non debba

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essere manifestato. Quello che vidico nelle tenebre, ditelo nellaluce; e quello che ascoltateall’orecchio predicatelo suitetti” (Mt. 10, 26 s.).Questo... è il manifestodella trasparenza cri-stiana. Il segreto diquesta fede è nonaver segreti: tutto ciòche è occulto, esoteri-co, nascosto, chiuso,non ha a che farecon essa. Le suechiese sono aperte atutti; i suoi sacra-menti sono ammini-strati in pubblico; isuoi sacerdoti e i suoifedeli si dichiarano pertali, senza celarsi; tutta lasua dottrina è annunciatadai pulpiti o spiegata in libriche chiunque può procurarsi.Non c’è un livello “superiore” ri-servato agli eletti... sia l’ebraismoche l’islamismo hanno una cor-rente “gnostica”, segreta, riserva-ta a “chi sa”... Nel cristianesimo, l’esoteri-smo, se esiste, è abusivo: è coltivato da “fran-ge lunatiche”, da visionari, magari da gruppidi un sedicente “tradizionalismo”, spesso conaddentellati politici: la “destra” è tentatadall’occulto, considerato “aristocratico”» (8).

Gli “scritti massonici” di de Maistre

Nel 1923, come abbiamo visto, EmileDermenghem aveva già studiato il problemadel massonismo maistriano; nel 1983 JeanRebotton ha presentato un’accurata edizio-ne critica, ricca di note, degli scritti massoni-ci di de Maistre, con un’interessante intro-duzione di Antoine Faivre, Ecrits maçonni-ques de Joseph de Maistre et de quelques-unsde ses amis francs-maçons, (Centre d’EtudesFranco-Italien. Universités de Turin et deSavoie, éd. Slatkine, Genéve, 1983).

Esporrò brevemente il pensiero al pro-posito di Antoine Faivre. Egli sostiene, adesempio, che de Maistre aveva una passione«per la metafisica dei numeri [Càbala], e re-putava che la profezia, lungi dal dover esse-re chiusa o confiscata da un’istituzione, restapossibile tra gli uomini e permette al cristia-

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nesimo di svilupparsi sempre dipiù, e di restar fedele alla pro-

pria tradizione. Elementiche, messi insieme, costi-

tuiscono la teosofia cri-stiana» (9).

Grazie all’edizionecritica di Rebotton, sicapisce anche meglioperché Maistre, neltrattato Du Pape,scelse di riformare ilgoverno della masso-neria ispirandosi aquello della Chiesa.Occorre secondoMaistre «sormontarel’opposizione apparen-

te delle confessioni,mediante una riflessio-

ne, fondata su un’attivitàsimbolica coerente e ricrea-

trice, alla quale nessuno po-trebbe accedere, senza la me-

diazione della... conoscenza - nelsenso stretto gnosi - o dell’inizia-zione. Là risiede il carattere inso-stituibile..., di una massoneria con-

cepita come mediazione tra la Chiesa e il pote-re politico, capace come tale, di palliare alleinsufficienze di entrambi, e di assisterle nellaloro missione temporale e spirituale, senzasostituirsi mai né all’una né all’altra» (10).

Maistre scrive: «Bisogna che vi sia unpunto di riunione... e per marciare diritto,tra i pericoli della tirannia e quelli dell’anar-chia, sembra conveniente determinarsi per ilgoverno di uno solo, temperato dagli altripoteri (...).

Se si desidera un eccellente modello di unregime di tale sorta, lo si troverà nell’autoritàche il Papa esercita sulle chiese cattoliche...Ben inteso intendo parlare solo dei Paesi ovequesto potere (papale) è rinchiuso entro giustilimiti, quali la Francia, l’Austria, e da qualchetempo gli Stati della Casa di Savoia» (11).

Jean Rebotton, commenta in nota:«Françoise Vermale, a partire da tale passag-gio, conclude che Maistre professava, allora,un “gallicanesimo spinto” e che si ergeva adavvocato del giuseppinismo. È sicuro? Certo,tra i 20 e i 30 anni, Maistre tendeva, sembra,verso le tesi di Frà Paolo Sarpi (1552-1626),difensore dei diritti civili e politici contro gliinterventi del Papato, ma, senza dubbio, a

Joseph de Maistre

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causa della sua amicizia per i Gesuiti, non di-venne un “ultra-gallicano”... né un partigianodel giuseppinismo virulento» (12).

Maistre, secondo il Faivre, oscillò, sindalla sua giovinezza, tra l’ortodossia cattoli-ca e un certo eclettismo, tuttavia questadoppia orientazione o appartenenza, nonnocque al Savoiardo: non lo paralizzònell’esitazione e neppure lo spinse all’immo-lazione di una delle due componenti.

Ma ciò equivale a dire che Maistre, da unpunto di vista religioso, non era ortodosso,non avendo rinunciato ad immolare la com-ponente esoterico-iniziatica del suo pensiero.

Antoine Faivre spiega anche perché il latoesoterico di Maistre è sempre stato meno co-nosciuto: il suo primo biografo in effetti, ov-vero il figlio Rodolphe de Maistre parlò, nel1851 dell’appartenenza alla massoneria delpadre come di un’avventura passeggera (13).«In seguito, a partire dal 1921, la collaborazio-ne illuminata della famiglia de Maistre, chedeteneva gli archivi del pensatore savoiardo,e di alcuni ricercatori, quali Georges Goyau,Emile Dermenghem, François Vermale [Let-tre inédite de Maistre à Vignet des Etoles sur laFranc-Maçonnerie, in Annales historiques dela Révolution française, 1934], permise di ve-derci chiaro, a partire dagli inediti ritrovati.Era oramai assodato che, per una ventinad’anni, la massoneria fu intimamente legataalla sua esistenza... e che esercitò... un’influen-za importante sul suo pensiero» (14).

Maistre, secondo il Faivre, fu spinto ver-so la massoneria, paradossalmente, dalla suareligiosità, «in un secolo in cui il libertini-smo, l’incredulità, anche l’ateismo, diveniva-no sempre più audaci..., mentre la religionesi teneva in posizione di difesa e dava segnidi stanchezza, la massoneria inglese potevasembrargli, di fronte a questi pericoli, comeun contraltare salutare, una forza ausiliariadel cristianesimo» (15).

Siccome le tracce delle verità più subli-mi, si ritrovano, secondo il Maistre, nei saggidi tutte le tradizioni, di tutti i tempi, occor-reva perciò, secondo il Savoiardo, «trascen-dere le diversità confessionali, e sfociare inun ecumenismo grandioso... Ecco ciò che af-fascinava il giovane [Maistre], inquieto di-nanzi alla marea montante dell’irreligione...e sebbene solidamente ancorato alla Chiesa,non sempre soddisfatto del suo inse-gnamento, nell’attesa di conoscenze più alte,capaci di nutrire meglio il suo fervore» (16).

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Tendenze, idee, fatti: Maistre, Fénelon eRamsay, tra quietismo e massoneria

Continuiamo nell’analisi dello studio diAntoine Faivre per vedere alcuni degli auto-ri che influenzarono il nostro durante il suoperiodo massonico. Finora pochi avevano ri-collegato de Maistre a due personaggi comeil vescovo di Cambrai François Fénelon e ilfondatore della massoneria di rito scozzese,il cavaliere de Ramsay.

«Fénelon fu uno degli autori preferiti dide Maistre, che lo chiamava “Il mio amicoFrançois de Cambrai”. Ramsay, a sua volta,scrisse una Histoire de la vie et des ouvragesde Fénelon (1723); l’influenza di Fénelon sulpensiero di Ramsay è incontestabile. IlRamsay, scozzese, protestante, convertito alcattolicesimo [da Fénelon], fu anche “unodei patriarchi della massoneria” (P. CHEVA-LIER, Histoire de la Franc-Maçonneriefrançaise, Fayard, Paris, 1974, pag. 77» (17).

Ma chi erano costoro?Fénelon ovvero François de Salignac de

la Mothe (1615-1715), seminarista a S. Sulpi-zio, fu ordinato sacerdote nel 1674, rimasequalche anno a S. Sulpizio e nel 1695 fu no-minato arcivescovo di Cambrai, ove morì.

Difensore delle tesi quietistiche di Mada-me Guyon, fu condannato da papa Innocen-zo XII (12 marzo 1697), come prossimoall’eresia, per la dottrina dell’Amor puro. Ilquietismo di Fénelon non arriva tuttavia agliestremi di Molinos. «Egli sostiene, in un opu-scolo sulla gnosi di Clemente Alessandrino,l’esistenza, nella Chiesa primitiva, della dottri-na esoterica del Puro Amore (P. DUDON, Legnostique de Clément d’Alexandrie. Opusculinédit de Fénelon, Paris, 1930)... Il suo quieti-smo [piace, è accetto] alla mitologia di unareligione senza inferni né paradisi, passata at-traverso il suo discepolo Ramsay, nell’umani-tarismo filantropico-massonico» (18).

Il quietismo è «una tendenza pseudo-edonistica... che ripone la perfezione spiri-tuale nella preghiera e nella “contemplazio-ne”, concepita passivamente... rinunciando...al controllo della carne e delle passioni, finoal punto di conciliare il più basso sensuali-smo con l’adesione mistica a Dio... in Fran-cia ci fu una duplice corrente quietista: unatemperata, ristretta solo al metodo dellapreghiera contemplativa e dell’abbandonoin Dio [Fénelon]...; un’altra più vivace ecompromettente, che fa capo a Madame

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Guyon, [la quale fu però difesa da Fénelon],un’esaltata che al misticismo contemplativouniva il misticismo sensuale con la teoriadella passività dell’anima nelle tentazioni enei peccati di lussuria (...). Più che altroveperò il quietismo morboso infierì in Italiaper opera principalmente dello spagnoloMichele Molinos ...nessuno ha sviluppato lateoria quietistica fino all’estreme conse-guenze come Molinos nella sua celebre Gui-da spirituale» (19).

Dopo l’arcivescovo, passiamo al suo bio-grafo de Ramsay. André-Michel de Ramsay,nacque ad Ayr in Scozia attorno al 1686 e ful’«inventore dello ‘scozzesismo’ e degli altigradi massonici (...). Nel 1709, a Cambrai,incontra il vecchio Fénelon e sarà questol’avvenimento fondamentale della sua vita.Ne divenne il discepolo prediletto e poi il se-gretario; dopo la sua morte, l’erede spiritua-le ed il biografo. Da deista (...) si convertì alcattolicesimo, ma a quel particolare cattoli-cesimo quietista, professato da MadameGuyon e da Fénelon, che auspicavano unatotale riforma della Chiesa romana (...). Nel1714, poco prima della sua morte, Fénelonmandò Ramsay da Madame Guyon di cui asua volta divenne segretario» (20). Alec Mel-lor scrive che Ramsay fu «iniziato, secondoil London Evening Post del 17 marzo 1730,alla Loggia Horn...» (21).

Il Ramsay annunciava che «“le vestigiadelle più sublimi verità” - d’essenza cristiana- “si ritrovano presso gli Iniziati di tutte lenazioni, di tutti i tempi, di tutte le religioni”,e che “tali vestigia sono un’emanazione del-la tradizione antidiluviana e noachide più omeno velate o degenerate”» (22).

Secondo Antoine Faivre (op. cit. pag.15), de Maistre, pur non parlando esplicita-mente di Ramsay, ne aveva letto le opere.

La religione esoterica di de Maistre: Martinezde Pasqually, Willermoz e de Saint-Martin

Ben più di Fénelon e Ramsay tre iniziatihanno avuto un’influenza preponderante sude Maistre: Martinez de Pasqually, Willer-moz e de Saint-Martin.

«Jean Baptiste Willermoz, il massimoesponente del misticismo e della libera mu-ratoria lionese, destinato a svolgere un ruoloda protagonista nella Stretta Osservanza enella massoneria europea... era un ardenteseguace delle dottrine e dell’organizzazione

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fondata da Martinez de Paqually, la cui vitaè circondata dal mistero, anche se sembrache fosse un ebreo di famiglia portoghese,ma nato a Grenoble intorno al 1715. Pa-squally aveva creato la sétta occultista degliElus Coens, (...)

Soltanto mediante il mezzo esteriore deigradi degli Elus Coens e mediante il mezzointeriore della “vita attiva”, l’uomo decadu-to potrà tentare la reintegrazione nello statoprimitivo del grande Adamo. La “via attiva”consisteva in un rito occultista basato sullamagia, che comportava un allenamento fisi-co, simile a quello yoga e che... doveva cau-sare uno stato di “estasi”, durante il qualel’adepto poteva mettersi in contatto con l’aldi là... dopo quella serie di pratiche cultualicomplesse che talvolta potevano anche esse-re pericolose, provocando in certi casi l’in-tervento di spiriti maligni, capaci di sopraf-fare l’evocatore. Se l’esperimento riusciva,l’iniziato entrava in diretto contatto con“Dio”, che si manifestava con apparizione diluci... o addirittura con la visione di una pre-senza angelica.

Alcuni suoi seguaci, tra i quali il Willer-moz, avevano assistito a questi esperimenti ene erano rimasti talmente edificati da rima-nere fedeli al loro maestro, anche dopo lasua definitiva partenza per le Antille avve-nuta nel 1773. Nessuno però - nemmeno ilWillermoz - aveva a quel tempo conseguitol’ultimo grado dell’ultima classe, quello cheassicura la realizzazione conclusiva dellepratiche magiche. Nondimeno gli ElusCoens rimasero in contatto tra di loro, co-municandosi i risultati dei tentativi fatti perla riuscita finale degli esperimenti teurgici.

Louis-Claude de Saint-Martin

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La teurgia è una sorta di magia, nellaquale si presume di stabilire un contatto(apparentemente) con il “divino” o (real-mente) con le forze demoniache, e di potercompiere prodigi, tramite questo contatto.

Ma dopo qualche anno la scuola di Mar-tinez de Pasqually si divise in due rami prin-cipali. Quello che faceva capo a Claude deSaint Martin e quello che si raccolse attornoa Willermoz.

Claude de Saint Martin... l’allievo piùelevato sotto il profilo intellettuale e spiri-tuale, dette agli Elus Coens, un diverso con-tenuto, rifiutando l’aspetto magico e la teur-gia di Pasqually, per sostituirvi l’elevazione“mistica” e puramente interiore dell’uomo.Da qui la distinzione tra martinesismo [daMartinez] e martinismo [da Saint Martin], ilquale ultimo conserva tuttora seguaci in va-rie parti del mondo.

Mentre Willermoz, spirito eminentementeorganizzativo ed iniziato ai vari sistemi masso-nici, mirava a trovare un punto d’accordo e unterreno d’incontro fra le varie sétte esoteri-che, scorgendo nella libera muratoria l’orga-nizzazione più adatta a tale scopo» (23).

Ora, de Maistre era affiliato proprio almartinismo, quel gruppo occultista che deri-va da Martinez de Pasqually.

Willermoz, discepolo di Pasqually, eral’anima dello scozzesismo francese e deicohen di Lione; egli incarnava l’aspetto este-riore, pratico e massonico del martinismo.

Saint-Martin era un teosofo puro, un al-to iniziato, molto più addentro alle “segretecose” degli altri due. Egli «rappresenta unaconcezione più pura e più elevata dell’esote-rismo...

Maistre lo trovava “infinitamente amabi-le”... È soprattutto a Saint-Martin che pensade Maistre quando parla dei “mistici” del suotempo... Si ritroverà spesso l’influsso dellesue idee su quelle di de Maistre, il cui ruolosembra essere stato quello di volgarizzarle, di“cattolicizzarle” e di vivificarle grazie allaforza di sintesi del suo genio e al prestigio delsuo stile» (24). Scrive il Dermenghem: «Io cre-do che non si possa capire bene de Maistre,se non si insiste sul carattere assai originaledella sua ortodossia cattolica e sul misticismo(25) profondo del suo pensiero» (26).

«La sincerità... e l’ortodossia del cattoli-cesimo di de Maistre si accompagnano aduna conoscenza approfondita delle dottrinedette esoteriche...Vorrei definire quale fu,

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esattamente, l’influsso di queste dottrine sulpensiero maistriano e mostrare come contri-buirono a dargli un’originalità, un’ampiezzae una fecondità dalle quali si potrebbe ancoroggi trarre profitto» (27).

Il Dermenghem è assai franco e dice chese alcuni hanno dubitato della purezza del cri-stianesimo maistriano, vedendo in lui una spe-cie di Machiavelli o di Maurras, che vuole ser-virsi della Chiesa e non servirla, ve ne sono al-tri che per difendere la purezza della sua orto-dossia «hanno trascurato, o negato i suoi rap-porti con le suddette dottrine sospette, oppu-re rinunciano a cercare di studiare e capire co-me un uomo così serio abbia potuto avere untrasporto e un’inclinazione per il mistero ecerte cattive amicizie» (28). Secondo il Der-menghem, non si può, tuttavia, accusare deMaistre di aver copiato pedissequamente ilmassone Saint-Martin. «Certo - continua ilDermenghem - la relazione tra la filosofiamaistriana e le dottrine esoteriche del suotempo, e specialmente il martinismo, è incon-testabile… Ma l’autore de Le serate di Pietro-burgo non aveva bisogno di plagiare Saint-Martin per sostenere le teorie del peccato,della Redenzione, della Provvidenza, del ruo-lo provvidenziale della Rivoluzione… questeidee, infatti, sono comuni a tutti i filosofi cri-stiani» (29). Certo, de Maistre ha una sua origi-nalità: pensatore geniale e profondo, non fucerto un oscuro discepolo di Saint-Martin; mal’influenza di quest’ultimo è però innegabile.

Maistre, Massoneria, Rivoluzione francese

L’affetto di de Maistre per de Saint-Mar-tin si rivela anche nella questione delle re-sponsabilità della massoneria nella Rivolu-zione francese. De Maistre non accetta la te-si dell’abbé Barruel, l’autore delle Mémoirespour servir à l’histoire du jacobinisme (1797-1799), e difende i martinisti dalla critica bar-ruelliana che li accusa di manicheismo.

Naturalmente la società segreta cui Mai-stre era affiliato non aveva il carattere anti-cattolico e ateo che prese poi, specialmentein Francia, a differenza della massoneria an-glo-americana; e neppure alcunché di sov-versivo come la setta degli Illuminati di Ba-viera, fondata nel 1776 da Weishaupt, netta-mente materialista e antireligiosa, e feroce-mente avversata da de Maistre.

Secondo il Dermenghem «l’opinionepersonale di de Maistre è chiara: l’iniziazio-

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ne massonica, la scienza occulta modernahanno una natura religiosa e cristiana... Lavera fonte dell’iniziazione deve essere cerca-ta, secondo de Maistre, nel cristianesimo pri-mitivo, derivato da una tradizione più antica,in una parola dalla Càbala ebraica» (30).

Il fine della massoneria, secondo il no-stro Autore, ha tre gradi: 1°) la filantropia,2°) la riunione delle chiese cristiane, 3°) ilcristianesimo trascendente.

Maistre (come più tardi il cardinal Da-nielou) si rifà ad Origène e asserisce che ilcristianesimo primitivo era una vera societàiniziatica (anche qui quali analogie con Gué-non!) provvista di una sua magia divina.

Secondo il Dermenghem la tendenzaecumenista e pancristista di Maistre, che pro-fessava apertamente il cattolicesimo e nellostesso tempo intraprendeva la carriera mas-sonica, non proverebbe affatto il minimo ri-lassamento della sua ortodossia, anzi sareb-be stata un mezzo per servire più efficace-mente la religione, «ma - aggiunge il Der-menghem - senza alcuna specie di esclusivi-smo» (31), vale a dire: massonicamente...! In-fatti è proprio il ruolo della massoneria dilavorare efficacemente, e senza spirito esclu-sivista, alla riunione delle diverse chiese eanche, perché no, di tutte le religioni. «Macome arrivare a questo fine senza sollevarel’orgoglio teologico... [qualcuno direbbe: ilclericalismo]? Converrebbe, secondo deMaistre, non agire pubblicamente, ma alcontrario avanzare lentamente e sicuramen-te, evitando di dar fuoco alle polveri primadi essere sicuri della riuscita (...). La masso-neria, per la sua costituzione intrinseca, è lostrumento ideale per questa impresa» (32).

Anche il Dermenghem è costretto ad am-mettere che la massoneria non ha preso ilcammino indicatole da Maistre, ma «la cosaera possibile ancora alla fine del XVIII secolo,una decina d’anni prima della Rivoluzionefrancese» (33). Peccato che secondo il Magi-stero ecclesiastico, che è il solo garante dell’or-todossia e della purezza della fede, le cose nonstiano affatto così! Infatti Clemente XII e Be-nedetto XIV avevano rispettivamente condan-nato la sétta nel 1738 e nel 1751. «TuttaviaMaistre non considerava le società segrete co-me nefaste, ma anzi come strumenti assai utilialla religione [trascendente]» (34). È davveropoco ortodossa la sua “ortodossia” cattolica!

Anzi il Francovich spiega che: «non pos-siamo fare a meno di notare... l’indipenden-

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za ideologica rispetto alla Chiesa cattolicadel futuro autore del Du Pape. E ciò si vedesoprattutto quando sostiene la liceità del giu-ramento massonico. Nonostante la ribaditacondanna di Benedetto XIV, il de Maistresostiene che... il libero muratore può tran-quillamente prestare il suo giuramento, sen-za disobbedire al Papa» (35). In breve, Mai-stre era “disobbediente per obbedienza”!

Anche il Goyau, l’altro storico che hapotuto consultare gli archivi di casa de Mai-stre, scrive: «Non sembra che, in nessun mo-mento della sua vita, le Bolle di ClementeXII e di Benedetto XIV contro le società se-grete, abbiano preoccupato Maistre... Nel1811... Maistre manterrà l’opinione che “lamassoneria pura e semplice, come ancoraesiste in Inghilterra, non ha nulla di cattivoin sé” (...) Le logge martiniste… furono perMaistre... una scuola. (...) In tali logge avevasentito parlare di un cristianesimo trascen-dente, che sarebbe stato una vera iniziazio-ne... che era ancora accessibile agli adepti dibuona volontà... che avrebbe unificato le di-verse confessioni religiose sotto un capo cherisiederebbe a Gerusalemme...» (36).

Si noti inoltre che tale teoria non è delMaistre giovane, immaturo non ancora“controrivoluzionario”! «Maistre aveva piùdi sessanta anni, quando scrisse tali riflessio-ni; viveva, se si può dir così, il periodo più“reazionario” della sua vita... Si noterà tut-tavia la benevolenza con la quale parla dei‘mistici’ e dei massoni... si può dire che que-sta opinione... è una di quelle più care a deMaistre e che la mantenne per il resto dellasua vita» (37). Se la carriera massonica diMaistre s’interruppe con la Rivoluzionefrancese, egli continuò tuttavia a corrispon-dere con alcuni iniziati, e soprattutto a stu-diare a fondo la letteratura esoterica, comeammette anche il Dermenghem.

Tuttavia occorre riconoscere che se finoai quarant’anni Maistre fu totalmente favore-vole alla massoneria e all’occultismo; la Ri-voluzione, l’influsso dei Gesuiti a Pietrobur-go, modificarono la sua opinione, ma solo sucerti punti e non radicalmente. La massone-ria inglese non aveva nulla di cattivo per ilSavoiardo maturo, e non avrebbe potutonuocere né alla religione né allo Stato.

De Maistre è il grande nemico degli Illu-minati di Baviera, i discepoli di Weishaupt,poiché li riconosce colpevoli di aver com-plottato contro il Trono e l’Altare, di essere

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dei sovversivi, dei “sinistrorsi”, dei rivolu-zionari; è soltanto questo Illuminismo cheMaistre critica ferocemente. Esso è il connu-bio tra filosofismo moderno e calvinismo, èprogressista, rivoluzionario, di sinistra, nonva bene per le élites tradizionali.

Invece, per quanto riguarda il martini-smo, il Maistre maturo, non approva la suaantipatia, forse troppo spontanea o manife-stata, per la gerarchia e il clero cattolico, cheavrebbe perso la “parola d’ordine”; ma assi-cura che i suoi seguaci non sono mai cadutiin eccessi deplorevoli. Essi possono esserenocivi, ma solo relativamente, qualora av-versino radicalmente e apertamente il prin-cipio d’Autorità. Ma dopo tutto le grandiidee sono sempre pericolose, e come il sena-tore de Le serate, nell’undicesimo colloquio,de Maistre prende le difese del “virtuoso di-scepolo di Saint-Martin, che non professasoltanto il cristianesimo, ma che lavora aelevarsi alla vetta di questa legge divina”.Perciò è abusivo per il Savoiardo chiamareilluministi in senso stretto i massoni ordinarie i martinisti, che non sono pericolosi per loStato, o se lo sono, lo sono molto poco.

Fatta questa distinzione, non si può lan-ciare contro l’esoterico o il “mistico”, la con-danna che Maistre lancia contro la Carbone-ria o i nichilisti della sua epoca.

Quanto ai rapporti massoneria-Rivolu-zione francese, Maistre come abbiamo vistonega la tesi di Barruel, secondo cui la mas-soneria ha preparato la Rivoluzione, e gettatutta la colpa sui soli Illuminati di Baviera,che hanno corrotto e infettato la vera mas-soneria che è soprattutto quella inglese. Lamassoneria non è intrinsecamente malvagiaper de Maistre, la degenerazione che vi èstata in essa è comparabile ad un reggimen-to di soldati, viziato dalla propaganda sov-versiva di alcuni ribelli. Un gran numero dimassoni sono in buona fede e quindi inno-centi e solo pochi conoscono il vero fine del-la massoneria; quindi la sétta in se stessa èdel tutto innocente, anche se vi sono nellesue fila alcuni scellerati.

«Sin dal 1801, Maistre non nega la colpe-volezza di un piccolo numero di massoni...Ma nega formalmente che la massoneria insé abbia avuto un’attitudine [politicamente]rivoluzionaria» (38).

Vi è una certa analogia tra il pensieromaistriano e quello di Augustin Cochin; peril Savoiardo è probabile che la massoneria

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francese abbia, se non complottato, almenoservito la Rivoluzione, ma se ciò è avvenuto,non è a causa della natura della massoneria,ma dello spirito clubista; la Rivoluzione nonè la conseguenza del complotto della masso-neria ma della deformazione degli spiriti,grazie alle società di pensiero o clubs.

La maggior parte dei clubisti era rivolu-zionaria, la maggior parte dei massoni, an-che francesi, no. Le logge francesi si son tra-sformate in clubs e sono i clubs che hannofatto la Rivoluzione, non la vera massoneria,sia inglese che francese! Chi ha preparato laRivoluzione non sono stati i veri massoni oiniziati, ma gli enciclopedisti e i filosofistidel XVIII secolo.

«Riassumendo - scrive Dermenghem -Maistre ha ammesso la realtà del complottorivoluzionario e anticlericale degli Illuminatidi Baviera, così come... di alcune sétte anar-chiche, con le quali la massoneria, nella suanatura, non aveva nulla in comune... quantoai martinisti, Maistre non li confonde mai coni congiurati liberi pensatori. Anche all’epocain cui è molto lontano da loro, li difende con-tro ogni grave accusa. Tuttavia, col passar deltempo, Maistre subisce l’influsso... dei Gesui-ti di Russia, che confondono forse un po’troppo il buono e il cattivo illuminismo, mache hanno il vantaggio di conoscere bene lesocietà segrete tedesche, e diviene un po’ piùsevero verso i suoi antichi maestri» (39).

Nonostante ciò de Maistre continua aconsiderare le società segrete, imbevute di‘misticismo’, come utili al cattolicesimo, neipaesi luterani, in quanto mantengono lo spi-rito sveglio contro il pericolo protestante; maesse sono anche molto utili, nel mondo inte-ro, in un periodo d’empietà in cui tutte la na-zioni sono separate dalla vera Chiesa (40).Non vi è più religione genuina sulla terra, al-lora come si possono rimproverare i “misti-ci”, gli illuminati, gli iniziati o esoteristi, chesi sforzano di far risorgere lo spirito religio-so, e che lottano contro il materialismo?

Insomma vi sono delle evoluzioni omo-genee nel pensiero maistriano, riguardo almisticismo esoterico, divisibili in due perio-di, separati tra loro dagli anni 1793-1798:«Sarebbe pittoresco... rappresentare il pen-satore savoiardo come qualcuno che si èconvertito veramente, essendosi accorto checiò che ha adorato deve essere bruciato eche tutto ciò che ha bruciato deve essereadorato! Sarebbe seducente credere che

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Maistre, a quarant’anni, si sia accorto chetutta la sua vita era stata spesa per la cattivacausa, che non vi era che errore e peccatonelle ricerche audaci alle quali si era consa-crato, e che l’“ordine” nel quale lavoravaera soltanto uno strumento ipocrita e sottiledi Satana? Sarebbe così uscito dalla suaesperienza passata completamente trasfor-mato, pentito. Tuttavia in questa tesi non viè nulla di vero. La verità è molto più sfuma-ta e complessa. Secondo me, non c’è nellavita interiore di Maistre, conversione com-pleta, ma solo una semplice evoluzione logi-ca... Il Maistre russo non contraddice quellodi Chambéry. Il Maistre del 1810 non rinne-ga ma spiega e perfeziona quello del 1780.(...) Il primo è, forse, più audace, il secon-do... è più prudente e più attaccato ai dirittidell’Autorità legittima, [o forse sapeva ora-mai essere meno spontaneo?]» (41).

Non penso che si possa negare il carattereesoterico, “illuminato”, iniziatico, di de Mai-stre (42), ma non penso neppure che si possaaffermare, come fa il Dermenghem, che taleesoterismo non abbia intaccato per nulla lapurezza dell’ortodossia e della fede del Sa-voiardo. Bisogna saper distinguere: Maistrenon è solo e unicamente un puro martinista oun “illuminato”, ma non si può neanche ne-gare che abbia cercato di interpretare il dog-ma cattolico alla luce, non del Magistero ec-clesiastico e della retta filosofia scolastica, madella tradizione “teosofica” dei suoi tempi.

«Joseph de Maistre - scrive il Dermen-ghem - è forse il solo pensatore cattolico chesia riuscito in una tale sintesi» (43). Penso checiò sia vero, ma occorre precisare che la rea-le portata di tale sintesi sia negativa e che siarimasta sconosciuta ai più. Il Savoiardo è riu-scito a mascherarla meglio di qualsiasi altro(persino di Guénon!) grazie alla sua criticaradicale e avvincente della Rivoluzione fran-cese “satanica nella sua essenza”. Maistre èriuscito a celare il lato esoterico del suo pen-siero, anche grazie ai suoi detrattori che ve-devano in lui un puro reazionario o controri-voluzionario, e anche grazie ai suoi “cultori”che hanno presentato, invece, solo l’altroaspetto di Maistre, per ignoranza o per mali-zia esoterica, quello del cattolico fedele alPapa, nemico della Rivoluzione e del Galli-canesimo, senza accennare all’elemento ini-ziatico del suo pensiero. Mentre per amoredella verità e dell’oggettività bisogna coglie-re i due aspetti del Maistre, quello del critico

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lucido e spietato della rivoluzione socio-poli-tica, ma anche quello dell’iniziato che pre-tende scoprire un cristianesimo esoterico etrascendente, che la Chiesa avrebbe comin-ciato a dimenticare a partire dai primi secoli.

Il Dermenghem stesso dice che l’elemen-to esoterico rappresenta il fermento del pen-siero maistriano, mentre l’elemento romanosarebbe una sorta di contrappeso o di rego-latore. Ma esoterismo e cattolicesimo roma-no sono inconciliabili; la “doppia apparte-nenza” non è lecita, per cui tale sintesi mai-striana è valida solo in un’ottica hegeliana(in cui la sintesi viene da due proposizionicontraddittorie, la tesi e l’antitesi) e non inquella romana, che sintetizza ciò che non ècontraddittorio, ma solo ciò che è armonicoe complementare: vale a dire una teoria ouna realtà che si armonizza ed è perfeziona-ta e completata da un’altra teoria o realtà.Aristotele e San Tommaso, ad esempio,hanno sintetizzato i concetti di “nulla” e di“atto” grazie a quello di “potenza”; tra ilnulla e l’ente in atto, vi è l’ente in potenza, equesti concetti non sono contraddittori macomplementari, e solo così hanno potuto darluogo ad una sintesi vera (la filosofia aristo-telico-tomista), e non ad una contraddizionelatente e mascherata (il pensiero maistria-no), che è molto più pericolosa dell’erroremanifesto. Prendiamo ad esempio il mate-rialismo: esso non può essere combattutocon uno spiritualismo esagerato, di tipo pla-tonico o peggio ancora martinista, (un erro-re non si corregge con un altro errore, ognieccesso è un difetto) o col falso misticismo,che nulla ha a che vedere con la vera misti-ca, come ha preteso di fare il Maistre, devia-to forse dalla presunzione di chi pretendeconoscere ciò che la Chiesa di Cristo inveceignorerebbe o avrebbe dimenticato. Inrealtà il materialismo può essere debellatosolo colla sana ragione e la Rivelazione cheDio ha voluto consegnarci tramite il Magi-stero ecclesiastico e non tramite un qualsiasi“iniziato”, profeta, crociato del XX secolo,dottore o professore che dir si voglia, perquanto controrivoluzionario appaia.

La frase di Maistre, citata dal Dermen-ghem: «Io sono rimasto nella Chiesa cattoli-ca romana, non senza aver acquisito, graziealla frequentazione degli illuminati martini-sti… una mole di idee da cui ho tratto profit-to» (44) riassume molto bene tutto quanto èstato detto.

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De Maistre e l’“illuminismo”

«Saint-Martin ha ispirato a de Maistre,non tale o tal’altra teoria in particolare…ma un’attitudine generale, uno stato di spiri-to antimaterialista e antimoderno… di pro-testa contro il XVIII secolo. [è sorprendentel’analogia con Guénon] (...) Abbeverandosialla stessa fonte (cristianesimo e esoteri-smo), Saint-Martin e de Maistre non poteva-no non incontrarsi...

Joseph de Maistre stesso, non ha fattomistero delle sue relazioni personali con gliilluminati del suo tempo» (45).

Quando però si parla di illuminati e di il-luminismo a proposito di de Maistre occorreevitare un possibile fraintendimento. Nel-l’Europa del XVIII secolo dominava infattil’illuminismo filosofico caratterizzato dalla“fede” nel progresso della civiltà e nel-l’emancipazione dell’uomo sotto la guidadei lumi della ragione. Esso, nato nell’In-ghilterra, si diffuse ben presto in Francia, inGermania e in Italia.

Tale corrente filosofica, raccoglie lo spi-rito dell’Umanesimo e della Pseudoriformaprotestante, e afferma l’autonomia della ra-gione emancipata da ogni autorità e tradi-zione, e l’autonomia della volontà in campomorale: solo la coscienza individuale è fontedi moralità e non la Legge divina.

L’illuminismo ‘moderato’ inglese, passòin Francia e vi degenerò in una forma ‘radi-cale’: l’Enciclopedismo materialista e ateo(Diderot e Voltaire).

De Maistre più che un illuminista è un il-luminato, seguace di un illuminismo spiritualeo mistico: “Si considerano illuministiche quel-le tendenze che nel processo di... divinizzazio-ne dell’uomo propendono... verso la passi-vità... dell’anima [alumbrados spagnoli delXVI-XVII sec., quietisti del XVI-XVII sec.diffusisi in Italia con Michele Molinos e inFrancia con Fénelon, “maestro di... Maistre”,e Madame Guyon]. Accentuano... l’influssodivino mediante interventi (illuminazioni,ispirazioni) diretti di Dio. Di conseguenzal’anima deve lasciarsi portare da essi, piutto-sto che lasciarsi guidare dai principi della ra-gione e dalla verità della fede” (46). Questo il-luminismo, che è una deviazione della misticacristiana, ha molti punti di contatto con l’illu-minismo esoterico, proprio del Martinez, diPasqually e del Saint Martin, esso si vantavadi essere ispirato direttamente dallo Spirito

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Santo e di poter giungere da sé, sin da quag-giù alla visione dell’Essenza di Dio.

Infine vi erano gli Illuminati di Baviera,anch’essi massoni ma più vicini all’illumini-smo razionalista. Non dobbiamo stupirci nelvedere, nel XVIII secolo come oggi, illumi-nisti e illuminati, razionalisti e antirazionali-sti frequentare le logge: si tratta in effetti,molto spesso, di due facce della stessa meda-glia: il Luciferismo.

L’“illuminismo” dell’epoca maistriana: Lu-ciferismo e Satanismo

Parlando di Luciferismo bisogna precisa-re in cosa si differenzi dal più conosciuto Sa-tanismo. Per i luciferisti, Lucifero è l’Angeloportatore di luce decaduto, ma ingiustamen-te condannato. Esso è il “dio” buono, ripro-vato dal Dio “cattivo” Adonai, e non siidentifica con Satana. Mentre il Satanismonon accetta questa distinzione. Per esso Lu-cifero e Satana sono la stessa cosa.

I satanisti sono coloro che operano, co-scientemente, il male tramite pratiche empiee oscene. Mentre i luciferisti si danno dellearie e una parvenza di rispettabilità, i satani-sti ammettono, senza ipocrisie, la loro mal-vagità, e perciò sono meno cattivi e perico-losi dei luciferisti, e anche meno orgogliosi.

Per la teologia cattolica Satana e Lucife-ro sono la stessa realtà: il Diavolo o l’Ange-lo cattivo, mentre il Satanismo è il culto reso

Emmanuel Swedenborg

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a Satana. «Chi non crede a Satana - scrivemonsignor Antonino Romeo - non ammet-te... il Satanismo. ...La superstizione… lacredulità indisciplinata... adulterano il con-cetto di Satana... per farne una divinità mal-vagia da servire o da conciliarsi... Donde de-rivano... offerte per placarlo, e le mille prati-che... tuttora esistenti (...).

Presso gli gnostici... Satana... è esaltatoper aver rivendicato i diritti dell’uomo rive-lando ad Adamo la “gnosi” del bene e delmale, insegnando la ribellione al comandotirannico del Creatore. A tale dottrina si ac-costò Marcione. (...) I Cainiti... esaltavanocome liberatori i grandi ribelli a Dio: Caino,Esaù, Sodoma, Core, soprattutto Giuda chemerita culto divino, per aver affrancatol’umanità da Gesù (...). Il culto di Satana siconcentra nelle “messe nere” (...). Covo se-greto di Satanismo è certamente la massone-ria, la quale eredita fede e costumi dellognosticismo cainita (...). Lo spiritismo-occul-tismo e la teosofia… sono la religione…promossa dalla massoneria (...). La ribellio-ne satanica è la sacrilega sfida a Dio, o affer-mazione eroica dell’io che difende la sua as-soluta integrità» (47).

Come si vede, la sana teologia, a diffe-renza dell’esoterismo, non fa distinzioni so-stanziali tra luciferisti e satanisti.

Infatti l’esoterismo consiste, essenzial-mente, nello sforzo dell’uomo per scoprire ladivinità latente in se stesso. Ma questa è l’es-senza del Luciferismo. Lucifero infatti, comeinsegna san Tommaso, non divenne un de-monio (da Angelo qual’era), perché «desi-derò essere totalmente uguale a Dio, poichécon la sua intelligenza di puro spirito, capivache ciò era impossibile. Infatti ogni cosa hauna tendenza naturale a conservare il proprioessere, ora questo essere non si conservereb-be se venisse trasformato in un’altra natura.L’asino ad esempio, non desidera di essereun cavallo: poiché se fosse trasformato in ca-vallo non esisterebbe più. Lucifero desideròdi essere simile a Dio, in quanto volle comefine ultimo quella beatitudine cui potevagiungere con le proprie forze naturali, disto-gliendo il suo desiderio dalla beatitudine so-prannaturale, che si ottiene solo mediante lagrazia di Dio, vale a dire desiderò di conse-guire con le proprie forze la beatitudine ulti-ma» (48). Gli iniziati invece veri asini che pre-tendono di diventare cavalli, e che non essen-do puri spiriti sono dei puri… stupidi, voglio-

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no farsi Dio da se stessi, cadendo nella tenta-zione di Satana; essi si gettano così a capo fit-to nelle nebbie dell’esoterismo per gettarsipoi, Dio non voglia, all’inferno per sempre!Se qualcuno li qualifica come “satanisti”, co-me fece la RISS con Evola, si offendono, for-se perché disprezzano una forma volgare dioccultismo, quale è un certo tipo di Satani-smo volgare che ripugna ai nostri raffinati ini-ziati, i quali non disprezzano certo il Luciferi-smo, soltanto che data la limitatezza umanaincappano nell’errore che Lucifero nonavrebbe mai commesso: voler farsi Dio da sé.Così forse non saranno satanisti, ma dei “luci-fer-ini”… ossia dei piccoli Lucifero.

Per l’esoterismo l’uomo è un “Deus ab-sconditus”, ma non tutti lo sanno. È compitodella gnosi far giungere l’uomo imperfetto,essoterico o non iniziato, alla conoscenza opresa di coscienza della sua divinità latente epotenziale. L’illuminazione dovrà liberare, ofar passare dalla potenza all’atto, la particel-la di divinità, insita e nascosta in ogni uomo.Per arrivare a ciò, vi sarebbero, secondo gliiniziati, certe tecniche segrete, conosciutesolo da pochi eletti, e trasmesse da(gran)maestro a (gran)maestro, nella catenadelle società segrete, per tradizione orale.

«Alla fine del XVIII secolo… l’illumini-smo o la Teosofia (49), che era ben diversa daquella attuale, erano assai importanti perchéde Maistre potesse consacrare al loro studiola metà della sua vita, cercando di alzare la“scienza dell’uomo” sino ad un “cristianesi-mo trascendente”, spogliato da certe esagera-zioni. A fianco di praticoni come Mesmer, odi avventurieri, come Cagliostro, vi erano de-gli iniziati seri come Saint-Martin» (50).

Di quest’ultimo de Maistre parlerà ne LeSerate di Pietroburgo.

“Un corso completo d’illuminismo”, ovvero:l’undicesimo colloquio delle Serate diPietroburgo (1809)

L’undicesimo è l’ultimo colloquio de LeSerate, alcuni hanno voluto leggerlo in mododa dimostrare l’assoluta ortodossia del Mai-stre maturo, nonostante il suo passato mas-sonico. Il Maistre lo definì, invece, nel 1820,appena un anno prima di morire, “un corsocompleto d’illuminismo” (51); mi sembra per-ciò doveroso citarlo ampiamente.

«Si è soliti - dice il senatore - chiamare “il-luminati” quegli uomini colpevoli [gli Illumi-

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nati di Baviera] che osarono... organizzare inGermania... l’orrendo progetto di far scompa-rire dall’Europa il cristianesimo e la sovranità.

Si dà lo stesso nome al discepolo virtuosodi Saint-Martin, il quale non solo professa ilcristianesimo, ma opera esclusivamente perinnalzarsi alle più sublimi vette di questalegge divina... non è mai successo... di cade-re in una confusione di idee più grande. (...)non posso ascoltare senza irritarmi alcunisventurati... gridare all’illuminismo appenaodono una parola che supera la loro intelli-genza... oggi più che mai dobbiamo occupar-ci di queste alte speculazioni, perché dob-biamo tenerci pronti per un avvenimentoenorme nell’ordine divino [non è un casoche Guénon concluda Il re del mondo conquesta stessa citazione di de Maistre e JuliusEvola la riporti all’inizio di Rivolta contro ilmondo moderno n.d.a.], verso il quale stia-mo avviandoci a una velocità sempre piùforte che deve impressionare tutti coloroche lo osservano. Non vi è più religione sullaterra: il genere umano non può rimanere insimile stato… “i tempi sono arrivati”… pen-sate che questo accordo di tutti gli uominipossa essere disprezzato?… Il materialismoche infetta la filosofia del nostro secolo leimpedisce di vedere che la dottrina degli spi-riti, e in particolare quella dello spirito pro-fetico... è appoggiata dalla tradizione piùuniversale. (...) Sarà dimostrato che le tradi-zioni antiche sono tutte vere; che l’intero pa-ganesimo non è altro che un sistema di ve-rità corrotte e spostate; e che è sufficiente…ripulirle e sistemarle al loro posto per veder-le risplendere di piena luce. (...) Giudicatese gli “illuminati” hanno torto quando pre-vedono più o meno vicina una terza esplo-sione della onnipotente bontà in favore delgenere umano… Non disprezzate le perso-ne… che vedono nella Rivelazione stessamotivi per prevedere una rivelazione dellaRivelazione. Chiamate questi uomini “illu-minati”, se volete, sarò completamente d’ac-cordo con voi a patto che pronunciate la pa-rola in tono serio. (...) Tutto annuncia “unacerta unità verso la quale ci avviamo a gran-di passi”. (...) E noi, sappiamo cosa ci atten-de? Dio sarà con noi “fino alla fine dei seco-li”, “Le porte dell’inferno non prevarrannocontro la Chiesa”… Benissimo; ditemi: risul-ta forse da queste parole che Dio si è preclu-so ogni nuova manifestazione e che non gli èpermesso di non rivelarci nulla oltre quello

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che sappiamo? (...) Una nuova discesa delloSpirito Santo è ormai uno degli eventi attesicon maggiore probabilità (...).

Il conte risponde: Innanzitutto non so-stengo che tutti gli “illuminati” siano masso-ni... il loro dogma fondamentale è che il cri-stianesimo, così come oggi è conosciuto, nonè altro che una “Loggia blu” fatta per il vol-go, e che dipende dall’“uomo di volontà”elevarsi di grado in grado fino alle cono-scenze sublimi che possedevano i primi cri-stiani, i quali erano veri iniziati. È ciò che al-cuni tedeschi hanno definito “cristianesimotrascendentale”; questa dottrina è una me-scolanza di platonismo, di origenismo e di fi-losofia ermetica su una base di cristianesi-mo. Ho avuto occasione di convincermi…che una certa classe di questi “illuminati”aveva gradi superiori sconosciuti… possede-vano anche un culto e sacerdoti, che chiama-vano… cohen. Non è detto che… realmentenon ci siano nelle loro opere aspetti veri, ra-gionevoli e commoventi, ma essi sono trop-po connessi con le parti false e pericolose,dovute soprattutto alla loro avversione perogni autorità e gerarchia sacerdotale. ...An-che il più colto, saggio ed elegante teosofomoderno, Saint-Martin, le cui opere furonoil codice degli uomini di cui sto parlando,partecipava di queste caratteristiche. È mor-to senza voler ricevere un prete… non cre-deva alla legittimità del sacerdozio cristia-no… Li ho osservati a lungo, ho copiato i lo-ro manoscritti con le mie mani; questi uomi-ni, fra i quali ho avuto amici, mi hanno spes-so offerto esempi eccellenti… questa séttapuò essere utile nei Paesi separati dalla Chie-sa poiché mantiene il sentimento religioso…e lo prepara per la riunificazione» (52).

Tale colloquio riassume e conferma l’in-terpretazione di un Maistre cattolico-esote-rico; i suoi maestri sono Platone, Fénelon,Origène. Il curatore dell’ultima edizione deLe Serate di Pietroburgo scrisse: «Attiratodai mistici e dagli scrittori esoterici, non po-teva non subire l’influsso di quel… comples-so “illuminismo” che aveva tra i suoi maestriBöhme, Swedemborg e Martinez de Pa-squally, il maestro e fondatore di quellascuola che fu chiamata martinesismo e di cuifece parte uno degli autori che... de Maistrecita spesso... Claude de Saint-Martin, “il fi-losofo sconosciuto” …che esercitò una note-vole influenza sulla massoneria russa. Que-sta corrente, tuttora operante è il martini-

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smo. (...) La massoneria era stata giudicataseveramente nel 1738 da Clemente XII e nel1751 da Benedetto XIV. Ma il conte sa-voiardo… non considerava pericolose le so-cietà segrete. Pensava invece [non sentirecum Ecclesia] che potessero rendere alla re-ligione cattolica servizi importanti, contri-buendo a riunire le varie Chiese cristianegrazie all’approfondimento esoterico deidogmi. (...) La sua esperienza massonicadurò diciassette anni: nel 1791 la Loggia del-la Perfaite Sincérité… si sciolse… Da quelmomento de Maistre, pur continuando a fre-quentare gli ambienti di ispirazione martini-sta o esoterica, non accetterà più di rientrarenella massoneria...

Per capire la profonda e complessa perso-nalità di Joseph de Maistre, non riducibile al-la pura dimensione politica, è opportunocomprendere la sua giovanile esperienzamassonica e la sua riflessione religiosa… Egliinfatti non è soltanto uno dei fondatori delpensiero [politico] controrivoluzionario maanche e soprattutto uno dei maestri del ro-manticismo religioso e uno degli ispiratori delmisticismo russo dell’Ottocento. Il conte deMaistre ha creduto seriamente alla funzionereligiosa della massoneria… Sostiene… chel’iniziazione massonica è essenzialmente cri-stiana e che la vera origine della iniziazionedeve essere cercata nel cristianesimo dei pri-mi tempi, che ha restaurato e ampliato la tra-dizione primitiva. Alla pubblicazione delleMémoires… di Barruel (1796-1799), in cui sidenunciava il “complotto massonico”, deMaistre reagì scrivendo che la massonerianon era pericolosa in se stessa, e che soltantopoche Logge, come quella degli Illuminati diBaviera, avevano assunto un atteggiamento[politicamente] rivoluzionario. Nel 1801 ilsuo giudizio si modificò leggermente: pur ne-gando che la massoneria avesse avuto unafunzione rivoluzionaria, ammise la colpevo-lezza di molti massoni… Ma la responsabi-lità… non si poteva imputare alla massoneriain quanto tale. Qualche anno dopo, nel 1809,...scrivendo l’undicesimo colloquio de Le Se-rate di Pietroburgo, de Maistre accettò la tesidel complotto, spiegando però che la respon-sabilità era degli Illuminati di Baviera che sierano serviti delle Logge per realizzare il lorodisegno rivoluzionario. Anticipando le tesi diAugustin Cochin, giunse infine a scrivere cheforse la struttura delle Logge... aveva permes-so ai clubs rivoluzionari di trasformarle in

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centri di organizzazione sovversiva. Tuttaviaegli volle sempre distinguere tra masssoneriain genere e martinesisti e martinisti a cuiavrebbe rimproverato alcuni vezzi, difenden-doli però sempre dall’accusa di essere rivolu-zionari… Leggendo il decimo e l’undicesimocolloquio de Le Serate di Pietroburgo … par-rebbe che de Maistre avesse mutato opinionesul “cristianesimo trascendente”… Il conte…dice: “mentre i pii discepoli di Saint-Martin,guidati dalla dottrina del loro maestro… af-frontano la traversata dei flutti a nuoto, iodormirò in pace in questa barca [la Chiesa ro-mana] ”…Ma il conte non rispecchia comple-tamente il pensiero dell’Autore; il conteesprime al senatore (incarnazione di Maistreesoterico) le obiezioni che un cattolico troppoprudente potrebbe fare alle teorie del senato-re martinista. Tuttavia alla fine della discus-sione ammette la possibilità di approfondireesotericamente i dogmi a patto che i sistemiteosofici... non conducano… al disprezzo(troppo spontaneo) dell’autorità ecclesiastica.

Sarebbe illegittimo sostenere che Josephde Maistre sia stato un martinista puro. Tut-tavia è evidente che l’esperienza giovanileesoterica gli ha offerto la possibilità di rime-ditare la rivelazione cristiana in una dimen-sione feconda… Anche dopo la fuga dallaSavoia, invasa dalle truppe francesi, eglicontinuò a frequentare gli ambienti esoteri-ci, prima a Losanna… poi in Russia. (...) Nel1790... lesse le Reflections on the Revolutiondi Edmund Burke... libro che divenne inbreve tempo uno dei testi fondamentali del

Il duca di Brunswick

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pensiero conservatore e che avrebbe contri-buito in modo determinante alla formazionedel pensiero politico maistriano. Burke criti-cava la tesi secondo la quale la Rivoluzionefrancese era simile a quella inglese del seco-lo precedente. Secondo lo scrittore inglese,invece, la seconda era stata una restaurazio-ne dei diritti tradizionali e storici, mentre laprima rifiutava ogni legame con la storia na-zionale per costruire una società astratta,basata sul mito della ragione pura» (53).

De Maistre e Gioachino da Fiore

Il monaco cistercense medioevale Gioa-chino da Fiore ha lasciato dietro di sé moltidiscepoli diretti e indiretti. Si possono defini-re “gioachimiti” tutti quegli autori i quali an-nunciano, dopo l’attuale epoca della Chiesa,una nuova epoca caratterizzata da una piùabbondante effusione dello Spirito Santo eda una completa rigenerazione delle cose.

Gli ultimi anni del XVIII secolo e i primidel XIX, pullulano di “mistici-profeti” cheannunciano un grande avvenimento ecume-nico, che rinnoverà il Cristianesimo. Nel1779 gli “Illuminati di Avignone”, sotto l’in-fluenza di Swedenborg, annunciano il pros-simo avvento di “un nuovo regno” (54). Nel1791, Gombault predice una “rigenerazioneuniversale” (55). Nel 1797, i “Fratelli di S.Giovanni evangelista” pubblicano un mani-festo che è un amalgama di Càbala e tradi-zione cristiana. Saint-Georges de Marsais,annuncia come imminente l’avvento del “re-gno dello Spirito”. Il cristianesimo sarebbeun’ombra, una figura preparatoria dellarealtà, come lo fu l’Antica Alleanza; il ruolodel cristianesimo sarebbe quello di arrivaread una Chiesa ecumenica o profetica, unasorta di ‘Nuovissima Alleanza’.

Tra questa pletora di falsi mistici, meritadi essere menzionato Karl von Eckartshau-sen (1752-1803), cattolico che professa ungrande attaccamento alla Chiesa romana, manello stesso tempo il suo tradizionalismo eso-terico gli consente di credere anche ad unaChiesa pneumatica, che preparata da quellaromana, come questa fu preparata dall’anti-ca Sinagoga mosaica, dovrà riunire tutti gliuomini. Nella sua opera principale DieWolke über dem Heiligthum (1802), riprendela teoria delle tre età di Gioachino da Fiore,restando nell’ambiguità: la terza età è neltempo o verrà solo dopo la fine del mondo?

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Joseph de Maistre è la figura più lucida einteressante di questa corrente di pensiero.Alcuni lo vogliono presentare, in manierapartigiana, esclusivamente come il paladinodella controrivoluzione, colui che ha definitola rivoluzione come “satanica per essenza”,ma occultano il fatto che egli aveva anchescritto: “L’Europa si trova in un fermento,che ci conduce verso una rivoluzione religiosaindimenticabile, e di cui la rivoluzione politi-ca... non fu che il prologo orribile. Per sgom-brare il terreno erano necessari dei rivoltosi;adesso vedrete venire l’architetto” (56).

Qualche autore, ha visto nel nome masso-nico Josephus a Floribus, che il giovane deMaistre aveva ricevuto nella Loggia dellaSincérité nel 1778, un richiamarsi del Savoiar-do a Gioachino da Fiore, ma di ciò non si puòessere certi, dato che è più probabile un’allu-sione all’insegna araldica del suo casato.Quello che è sicuro è che Maistre profetizzauna “Grande Opera” ossia “la rivelazionedella rivelazione” (espressione tipicamentegioachimita), vale a dire il “cristianesimo tra-scendente”o un’epoca ecumenica (57).

Sin dalla sua prima vera opera, le Consi-derazioni sulla Francia (1796), Maistre scri-ve: “O si formerà una nuova religione, op-pure il cristianesimo sarà ringiovanito inqualche modo straordinario” (58). Egli pro-pende per la seconda ipotesi, ma l’ottica nel-la quale vede il “ringiovanimento” del cri-stianesimo è originale per un controrivolu-zionario puro; infatti Maistre scrive: “Cosane sappiamo noi che non sia cominciata unagrande rivoluzione morale?” (59). In brevealla Rivoluzione progressista e politica, “sa-tanica nella sua essenza”, Maistre opponeuna rivoluzione morale o spirituale o misti-ca, essenzialmente buona.

Un “controrivoluzionario… rivoluzionario”...

Strana cosa: un ‘controrivoluzionario...rivoluzionario’, sembrerebbe impossibile.Invece no! Poiché Maistre lo è sotto dueaspetti diversi: controrivoluzionario politica-mente e socialmente e rivoluzionario religio-samente o misticamente!

Cosa ancor più sorprendente e illumi-nante, per Maistre la rivoluzione religiosapartirà dall’Inghilterra, verso la quale biso-gna guardare con fiducia (60)!

Sembra proprio che Maistre sia il propu-gnatore di un’evoluzione eterogenea del

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dogma e della Chiesa cattolica, vale a diredel passaggio dalla Chiesa romana ad unOrdine Nuovo, infinitamente superiore, eoramai alle porte (si noti che il Maistre èmorto nel 1821, ma… “mille anni di fronte aDio, sono come un sol giorno”...).

Il Maistre scrive infatti all’abbé de LaMennais, il 1° maggio 1820, un anno primadi morire: “La società sarà restaurata dallaChiesa. Ma sarà la stessa Chiesa che vediamooggi? Io mi metto in ginocchio, pieno di spe-ranza e di rassegnazione...” (61).

Rassegnazione del conservatore politico,davanti alla rivoluzione sociale che avanza, esperanza dell’esoterico di fronte alla rivolu-zione spirituale oramai alle porte, che dovràrestaurare il disordine causato dalla prima?

De Maistre è una sorta di Giano bifronte,che riesce a coniugare tradizionalismo e pro-fetismo, e che guarda, con una faccia pienad’orrore agli sconvolgimenti socio-economi-co-politici, mentre con l’altra faccia mira,“pieno di fiducia”, la nuova èra dello Spirito?

L’affinità tra Gioachino da Fiore e Jo-sephus a Floribus (alias de Maistre) apparechiara nell’11° Colloquio de Le Serate diPietroburgo, definito dal Maistre stesso «uncorso completo d’‘illuminismo’» (62) del qua-le ho già lungamente trattato.

L’escatologia maistriana

Abbiamo visto che Maistre annuncia unagrande rivoluzione religiosa, una nuova Ri-velazione, una terza èra, un ringiovanimentodel cristianesimo, grazie all’esoterismo, unanuova effusione dello Spirito Santo, una “ri-velazione della Rivelazione” di tipo gioachi-mita. Siccome tutto evolve, anche la religio-ne dovrà evolvere, ma quale sarà il terminedi tale evoluzione? «Nel clero, anche rigene-rato dalla persecuzione, Maistre trovava del-lo zelo e un certo spirito conservatore, manon più la fiamma creatrice [posseduta solodagli iniziati o dai profeti, n.d.a.] » (63).

In mezzo alla catastrofe rivoluzionaria,«Maistre vede solo due alternative: o nasceràuna religione nuova, oppure il cristianesimoringiovanirà straordinariamente, lui opta perla seconda. Ma... non si tratta solo di unamodernizzazione della Chiesa… sarà unanuova effusione dello Spirito Santo... non sitratta di una nuova religione, ma di una for-ma nuova della religione eterna» (64). L’uma-nità ritornerà allo stato di giustizia originale

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«il mondo sarà purificato dal fuoco... sullaterra nuova, l’umanità rigenerata rivivrànell’unità e nella pace, e allora comincerà ilregno eterno di Dio sulla terra, nella santitàprimitiva, con Gerusalemme come capitale…e il ritorno d’Israele in Palestina» (65).

Sembra proprio che il Savoiardo nei suoimanoscritti, citati scrupolosamente dal Der-menghem, propugni un’escatologia millenarista.

Il millenarismo è un «errore escatologi-co, secondo cui Gesù... deve regnare visibil-mente mille anni su questa terra, alla finedel mondo. Fu detto anche chiliasmo… Ilpunto capitale, in cui i millenaristi si divido-no, è costituito dai godimenti, che secondoalcuni sarebbero d’indole sensuale (millena-rismo carnale), secondo altri d’ordine spiri-tuale (millenarismo spirituale). Il millenari-smo carnale è d’origine giudaica. Secondoun’antica tradizione rabbinica la storia delmondo si deve concludere nell’ambito disettemila anni, di cui i primi sei rappresente-rebbero la prima parte della settimana mo-saica (l’età pre-messianica), l’ultimo il saba-to, il millennio del riposo e della festa, in cuisi sarebbe instaurato il regno messianico, nelpacifico godimento di tutti i beni temporali(ricchezze, soggezione di tutti i popoli,trionfo d’Israele)… il millenarismo spirituale[parla] di un regno pieno di gioie spiritualianche se ricco di beni temporali. (...) nel me-dioevo si verificò un fanatico ritorno a que-sta ideologia in Gioachino da Fiore… Il mil-lenarismo carnale, essendo diametralmenteopposto allo spirito cristiano... fu rigettatosin dal suo nascere come un’eresia... Ancheil millenarismo spirituale, che affascinò tan-te intelligenze, non gode di prova alcuna;anzi è direttamente opposto all’insegnamen-to dei simboli della fede... nei quali non siparla che di due venute di Cristo, quella inhumilitate e quella in gloria, allo scopo dicompiere il giudizio universale, cui seguiràimmediatamente la retribuzione per ciascu-no… In questa prospettiva il millenarismonon può aver luogo. Tali e tanti argomentibiblici e patristici hanno indotto i più graviteologi (S. Tommaso, S. Roberto Bellarmi-no) a considerare il millenarismo mitigatocome temerario, anzi erroneo. Recentementeil S. Uffizio (21 giugno 1944) ha dichiarato:“Il sistema del millenarismo mitigato nonpuò essere insegnato senza pericolo di erro-re”… In rapporto col millenarismo è la teo-ria dell’età aurea della Chiesa... in cui... tolto

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di mezzo il Papato e la prepotenza dei go-verni dittatoriali, sarà stabilita una democra-zia universale civile-religiosa, in cui i cittadi-ni godranno di una pace duratura, non tur-bata da alcun male fisico e morale... nel XIXsecolo fu ampiamente diffusa in Inghilterra...

Alquanto diverso è il sistema... propu-gnato dal canonico E. A. Chaubaty... Alla fi-ne del mondo gli uomini presenti ai catacli-smi previsti dalla S. Scrittura sopravviveran-no alla conflagrazione universale e darannoorigine ad una progenie pura, senza peccatooriginale, destinata a costruire la nuova Ge-rusalemme, in cui regnerà visibilmente GesùCristo, coadiuvato dal suo Vicario, il Papa.Tali concezioni sono fondamentalmente er-ronee perché contrarie al concetto evangeli-co del regno di Dio in terra, in cui ci sarannosempre sofferenze... e imperfezioni» (66).

Maistre, Marie des Vallées e il millenarismogioachimita

In questo capitolo vorrei mettere in luce losviluppo che recentemente è stato dato al latogioachimita del pensiero maistriano, letto allaluce dei messaggi di una veggente che parlavaanch’essa di una terza èra: Maria delle Valli. Ilsuo pensiero non è apertamente gioachimita,ma può essere letto in tale chiave.

Non a caso l’autore di Joseph de Maistremystique Emile Dermenghem ha scritto an-che un altro interessante libro: La vie admi-rable et les révélations de Marie des Vallèes(Plon, Paris, 1926). Ciò è significativo poi-ché alcuni movimenti cattolico-esoterico-tradizionalisti (presenti anche in Italia e aldi là dell’Oceano, come la TFP, AlleanzaCattolica et cœtera), filo anglo-americani, inchiave conservatrice anti-comunista e in di-fesa del latifondo, si fondano oggi su Mariadelle Valli (67), su de Maistre e sul messag-gio di Fatima, letto in chiave temporale, perprospettare una terza epoca millenaristica,mascherando il tutto sotto l’autorità di ungrande Santo, Louis-Marie Grignion deMontfort, che conobbe e si servì delle rivela-zioni di Maria delle Valli, ma senza alcunainterpretazione millenaristica.

Quando il Montfort, nel Trattato della ve-ra devozione a Maria Vergine (VD), nel Se-greto di Maria (SM), e nella Preghiera infuo-cata (PI), ci parla degli ultimi tempi, comeepoca in cui crescerà l’influsso di Maria edello Spirito Santo, parla anche di un secon-

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da venuta di Dio che sarà preparata da Ma-ria. Ora, bisogna sapere che «all’epoca dellabeatificazione di Grignion de Montfort, ilprimo censore dei suoi scritti avanzò delle ri-serve a proposito del secondo avvento di Ge-sù Cristo: “…Gesù Cristo - scriveva il censo-re - secondo il Simbolo della nostra Fede,verrà di nuovo, non per essere conosciuto,amato e servito, ma per giudicare i vivi e imorti. Non capisco bene in che modo Mariasia la futura via per la quale Gesù verrà la se-conda volta...”. In questo caso il censore in-terpreta molto chiaramente che il secondoavvento di Gesù Cristo sarà la Parusia delGiudice supremo secondo quanto dice ilCredo: Et iterum venturus est judicare vivoset mortuos. E giacché la venuta finale di Cri-sto sarà improvvisa (At. 1, 11), egli non capi-sce come Maria potrà prepararla. La rispostache J. Rosatini e F. Mercurelli danno al pri-mo censore (e, in sostanza, anche al terzo)sposta l’attenzione dall’escatologia al tempodella Chiesa, presentando la seconda venutadi Cristo in un senso spirituale. Non è diffici-le allora fare delle considerazioni sul ruoloche può avere Maria: “L’autore parla del re-gno di Cristo in questo mondo, quello cheavremo nei nostri cuori per la Fede... quando“vi sarà un solo ovile sotto un solo pastore”.Ora ci sembra che Dio ha decretato che ciòsi avverasse per mezzo di Maria; essa sola“schiaccerà tutte le eresie nel mondo intero”.Senza insistere sul fatto che i due autori sor-volano sull’evidenza che Maria dovrà prepa-rare il Regno di Cristo, riteniamo che la lorointerpretazione identifichi la seconda venuta

Maria delle Valli assiste alla S. Messa di S. Giovanni Eudes

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di Cristo con il suo regno spirituale, che sirealizza in questo mondo, e perfettamentenell’Altro… [dopo la fine del mondo, in Pa-radiso, n.d.a.]» (68). Nel 1918, in un ampiocommento al Trattato, il padre monfortanoHubert-Marie Gebhard esclude che la secon-da venuta di Gesù di cui parla il Montfort siada collocarsi al Giudizio finale. No, egli dice,si tratta per Montfort della venuta di Gesù inmezzo agli uomini per mezzo della grazia, di-spensatrice e tesoriera della quale è Maria.Questa seconda venuta, inizia subito dopol’Avvento di Cristo in questo mondo, con lasua Incarnazione e Nascita, e durerà sino allafine del mondo in cui Gesù tornerà fisica-mente e corporalmente su questo mondo pergiudicare i vivi e i morti. Nel 1853, il terzocensore degli scritti di Montfort, respingel’idea che il secondo avvento di Gesù indichiun ‘felicissimo stato futuro della Chiesa’, co-me lo intendevano certi difensori della causamonfortana, che si rifacevano a Gaudenzio,nel quale invece il censore vede l’errore delmillenarismo, errore che il terzo censore nonattribuisce però al Montfort ma ad alcunisuoi commentatori.

«Rosatini e Mercurelli si assumono l’in-carico di liberare Montfort dal sospetto dimillenarismo; essi affermano che sia sanGaudenzio che Montfort sono ben lungi dalparlare di “quel regno corporeo e temporaledi Cristo cui si rifanno i Chiliasti”, e ammet-tono, prima del giudizio universale, solo unregno (o venuta) di Cristo di ordine spiritua-le. Nel 1966 entra in lizza... Louis Pérouas(...) [che mette] a confronto Montfort condei gruppi eterodossi nei quali si ritrovano“diversi elementi che la sociologia religiosachiama millenarismo mariano: assicurazionedel rinnovamento della Chiesa per mezzo diuna salvezza terrena, totale, magica, immi-nente, che sarebbe data dalla Vergine Ma-ria”» (69). Un sociologo, J. Séguy, vuol vede-re in San Louis de Montfort stesso una ve-natura di millenarismo, ma il famoso mario-logo René Laurentin, nel suo libro Dieu seulest ma tendresse (Oeil, Paris, 1984), «rigettadecisamente l’etichetta di millenarista cheSéguy attribuisce a Montfort... [e] non ritie-ne inoltre che Montfort possa essere situatonella scia gioachimita» (70).

Occorre precisare infatti che il santo scri-ve: “Dio verrà una seconda volta... per regna-re dappertutto” (Segreto di Maria, 58). Eglidice ‘Dio’ e non ‘Gesù’: ciò fa intendere che

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il Santo non si riferisce alla Parusia, ma allavenuta spirituale di Dio in questo mondo enelle anime dei giusti e nella società, grazieall’intercessione di Maria! Il Montfort non hanulla a che spartire col gioachimismo. «La pe-culiarità di Gioachino da Fiore è la concezio-ne della Terza èra come superamento radica-le di Cristo e della Chiesa» (71). SecondoGioachino la terza èra è costituita da tre ordi-ni “gerarchici”, l’Ordo coniugalis, clericalis etspiritualis; di essi il terzo è superiore al sacer-dozio della Nuova ed Eterna Alleanza (inbreve: né preti, né sposati, ma crociati del XXsecolo, come qualcuno ripete ancor oggi).

Anche il celeberrimo storico della Chie-sa, monsignor Umberto Benigni, parla delmillenarismo mistico, che è caratterizzatodalla ‘fede’ nel “Vangelo eterno... o super-evangelo” che sarebbe il “Nuovissimo Testa-mento” della terza èra dello Spirito Santo.Mentre la prima èra (Antico Testamento) èdel Padre e la seconda (Nuovo Testamento)è del Figlio. Secondo mons. Benigni, Gioa-chino da Fiore è un millenarista mistico. IlGioachimismo porterebbe al “Libero Spiri-to” (assai diverso dal Libero Pensiero) o “Il-luminazione” che non sarebbe nient’altroche una “vecchia truffa tentata fin dai primitempi contro la Gerarchia” (cfr. U. BENIGNI,Storia sociale della Chiesa, Vallardi, Milano,1922, vol. V, pagg. 497 e 554).

Per quanto riguarda il Monfort, «si con-stata con sorpresa che gli editori delle Operecomplete di Montfort, avari di informazioninell’indicare le fonti alle quali il Santo ha at-tinto per parlare degli ultimi tempi, si accon-tentano di identificarne tre (quelle alle qualirimanda il testo di Montfort): la vita di Mariadelle Valli scritta da M. de Renty (Trattatodella Vera Devozione alla Vergine Maria,47), il Tractatus de vita spirituali di San Vin-cenzo Ferreri (VD 48) e la vita di padre Ri-goleuc (VD 217) (...). Riguardo a questa par-ticolare prospettiva... la principale ispiratricedi Montfort resta la «“Sainte de Coutances”,Maria delle Valli (1590-1656), della qualeegli ha letto la vita scritta da M. de Renty(VD 47)... Montfort certamente prende inprestito da Maria delle Valli lo scenario degliultimi tempi, che include il passaggio dal re-gno del peccato... al regno della grazia permezzo … di Gesù Cristo prima della sua ve-nuta per giudicare il mondo» (72). Vi sonocerto delle dipendenze e delle somiglianzetra il Santo e la veggente di Coutances, ma vi

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sono anche molte differenze. «Ci si rendeconto che Montfort respira un’aria molto di-versa - certamente più teologica - di quella diMaria delle Valli... In conclusione, Montfortsi dimostra un uomo aperto ai grandi oriz-zonti della storia della salvezza ...Sulle basi -non ugualmente solide - delle rivelazioni pri-vate, della Bibbia e del suo carisma teologi-co-profetico, egli vede gli ultimi tempi come“regno dello Spirito, del Padre e del Fi-glio”...» (73). Montfort predice solo un accre-scimento di santità nella fase finale della sto-ria, per cui si può asserire con sicurezza (checi viene anche dalla canonizzazione delMontfort, che ne garantisce, infallibilmentela perfetta ortodossia), che «Montfort non èmillenarista né gioachimita» (74).

Ciò che non è possibile concedere a certecorrenti di tipo fondamentalista-maistriano-esoterista, è di appoggiarsi sul Montfort perpromuovere un atteggiamento di millenarismocamuffato e protetto dall’autorità del Santo.

Ma vediamo, in breve, quale è il messag-gio escatologico di Maria delle Valli.

«L’attesa di un rinnovamento collettivo, èuno dei temi principali delle visioni di Mariedes Vallées... Il suo ideale era... la distruzio-ne del peccato… l’annientamento del malemorale, la conversione generale... nel tempodurante il quale lo Spirito Santo spargerà ilfuoco dell’Amore divino su tutta la terra eopererà il suo diluvio... Il primo diluvio èquello del Padre eterno, ed è stato un dilu-vio di acqua; il secondo è quello del Figlio,ed è stato un diluvio di sangue; il terzo èquello dello Spirito Santo e sarà un diluviodi fuoco. (...) Gesù disse a Marie des Valléesche durante la Conversione Generale le ani-me non avrebbero mai più peccato. (...) Lagrande desolazione annienterà tutti i peccatidella terra... è la distruzione del peccato e laconversione generale delle anime che Dioopera in Maria delle Valli (...).

Il 21 novembre 1645 Marie fu chiamata adiventare lo strumento della distruzione to-tale del peccato (...).

La grande tribolazione sarà seguita dauna effusione di grazie. Il peccato distrutto,tutti si convertiranno (...). La terra sarà po-polata di santi... Non ci saranno più peccatimortali. Le virtù vinceranno ogni vizio» (75).

Il lettore capirà facilmente come questotipo di rivelazioni private siano suscettibilianche di un’interpretazione millenarista, maciò non significa che la veggente stessa lo

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fosse. Infatti San Jean Eudes (1610-1680),canonizzato da Pio XI nel 1925, che fu il suodirettore spirituale per quindici anni fino al-la di lei morte, la stimava profondamente eSan Louis de Montfort (come abbiamo giàvisto) si basò sulle sue rivelazioni per an-nunciare l’èra di Maria, in chiave cattolica eper nulla millenarista.

Tuttavia, le rivelazioni della Veggente diCoutances, lette in un’ottica maistriana, gioa-chimita o esoterica, possono essere interpre-tate millenaristicamente ed esotericamente,come ai nostri giorni, mascherandosi dietro lasantità canonizzata del Montfort, fanno alcu-ne associazioni delle quali ho già parlato.

Conclusione

Tutti i trattati seri su de Maistre, anche ipiù recenti (per esempio l’Enciclopedia Cat-tolica, la Treccani, la Grande Antologia Fi-losofica della Marzorati, il Dizionario Enci-clopedico di Filosofia dell’Istituto filosoficodi Gallarate e persino Domenico Fisichella)citano il Dermenghem come studioso auto-revole. Mi è sembrato doveroso, pertanto,prendere in considerazione le sue pagine,studiarle attentamente e criticamente, e nonliquidarle in due righe, come è stato fatto dachi ha interesse a occultare il lato esotericodel Nostro autore. Intendo parlare di queimovimenti della destra cattolica visceral-mente anti-comunista ed elitaria, che pre-senta come maestri della controrivoluzionedue massoni quali Burke e de Maistre, sim-patizzanti delle rivoluzioni inglese ed ameri-cana, e che attende una “era di Maria” lettamillenaristicamente. Personaggi rappresen-tativi di questi movimenti vengono da espe-rienze guénoniane, evoliane, zolliane, mor-diniane, o hanno diffuso il pensiero di Ser-vier e Schuon; e non si può escludere che -in maniera più occulta che nel passato - que-ste influenze persistano ancor oggi.

Per quanto mi riguarda voglio tenermi alsicuro, e mi fondo sul giudizio che i teologicattolici approvati e seri hanno portato su deMaistre, che è il più mascherato di tali autori,i quali al contrario sono apertamente esoteri-ci e non possono mordere se non chi vuoleessere morso. Latrare potest, mordere nonpotest, nisi volentem, diceva S. Agostino (Ser-mo 192) del diavolo, che è come un cane le-gato ad una catena, il quale può abbaiare manon mordere, a meno che uno non si avvicini

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troppo per voler essere morso. De Maistresembra piuttosto un gatto che un cane: ci siavvicina a lui senza le dovute precauzioni e sirischia la morsicatura o la graffiatura.

L’Enciclopedia Cattolica, per esempio, èassai severa sul Savoiardo: « J. de Maistre ri-sentì... profondamente l’influenza del pen-siero contemporaneo.

Illuministica... è anche la curiosità che lospinge verso il mondo massonico... Ma al dilà dall’enfantillage delle loges bleues, egliperviene a stringere legami con il gruppodegli “illuministi” di Lione, che, attraverso ilWillermoz, fa capo al Martinez de Pasqual-ly. (...) Nel Mémoire au duc de Brunswick,del 1782, il de Maistre dichiara il suo idealedi “illuminato”: giungere all’unificazionedelle Chiese cristiane, attraverso una sortadi diplomazia segreta massonica; accettal’idea gnostico-martinista di una rivelazioneprimitiva... Le tesi pessimistiche sulla dege-nerazione irreparabile, a cui si collega la ne-cessità dell’esoterismo, della “tradizione se-greta” (idea venata pure di aristocraticismomistico-intellettualistico) non escludono ilsogno... di un imminente rinnovamentodell’unità cattolica, vittoriosa sull’incredulitàdel secolo, ma anche sull’intolleranza esull’“orgoglio teologico” (...).

Molto concede agli avversari, special-mente ai sansimoniani e al Comte» (76).

Anche il famoso teologo domenicanoReginaldo Garrigou-Lagrange, che citaJean-Michel-Alfred Vacant (Etudes sur leConcile du Vatican I), scrive: «Joseph deMaistre è comunemente ritenuto come ilprecursore del tradizionalismo. Le sue opereinfatti lo contengono in germe... Ma il vero

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padre del tradizionalismo è il visconte deBonald» (77).

Quanto a me, preferisco viaggiare al si-curo, seguendo la dottrina cattolica pubblicao “essoterica”, lasciando ad altri quella pro-fetico-iniziatica.

Roma locuta est, causa finita est!

Note

1) Nelle Serate di Pietroburgo de Maistre espone leverità fondamentali sulla Provvidenza e il cristianesimoin genere, con termini e concetti che si fondano sullatradizione platonico-cristiana, ma nel medesimo temposi avvale anche della riflessione esoterica, soprattutto diLouis-Claude de Saint-Martin.

«De Saint-Martin (1743-1803),[è] uno di quei misticiche non condanna la ragione, ma le riconosce la capacitàdi poter collaborare, proficuamente alla ricerca della Ve-rità. Per lui Dio può essere conosciuto anche razional-mente. Due sono le Porte per realizzare ciò: quella delcuore e quella dello spirito e ambedue, presuppongonoche Dio si trovi nell’uomo» (Dizionario dell’esoterismo edelle religioni, Convivio-Nardini, 1992, Firenze, pag.221). «Saint Martin, discepolo di Martinez..., fondatoredel Martinismo, cerca un’iniziazione attraverso la qualenoi possiamo entrare nel cuore di Dio e far sì che Dioentri nel nostro cuore... De Saint-Martin trasmise a pochiscelti discepoli il grado di Superiore Incognito che egliaveva ricevuto dal suo maestro Martinez» (L. TROISI, Di-zionario massonico, Bastogi, Foggia, s. d., pag. 244).

Vi è un altro personaggio al quale de Maistre devemolto: Jean-Baptiste Willermoz (1730-1824) «assetatodi esperienze più che di conoscenze massoniche, avevaincontrato nel 1767 Martinez de Pasqually, ...fu unadepto fervente delle logge regolari francesi, dei capito-li templari tedeschi della Stretta Osservanza, dei Filale-ti, e divenne la personalità dominante degli Elus Coens» (A. MELLOR, Dictionnaire de la Franc-maçonnerie etdes Francs-maçons, Belfond, Paris, 1979, pag. 316).

Parlerò in seguito, più approfonditamente, di que-sti tre personaggi.

2) J. DE MAISTRE, Le serate di Pietroburgo, Rusco-ni, Milano, 1971, pag. 484.

3) E. DERMENGHEM, Joseph de Maistre, mystique,La connaissance, Paris, 1923, 2° ed., La Colombe, Paris,1946.

(Vi è anche un’altra opera, sul massonismo di Mai-stre, ma di scarso valore, P. VULLIAUD, Joseph de Mai-stre franc-maçon, 1926).

4) E. DERMENGHEM, op. cit., pag. 8. 5) A. MORDINI, Il Tempio del Cristianesimo, 2° ed.,

Edizioni Settecolori, Vibo Valenzia, 1979, pag. 142. 6) E. DERMENGHEM, op. cit., pag. 9. 7) Ivi. 8) V. MESSORI, Qualche ragione per credere, Mon-

dadori, Milano, 1997, pagg. 39-40. 9) A. FAIVRE, Ecrits maçonniques de J. de

Maistre..., pag. 9.10) A. FAIVRE, op. cit., pag. 11. 11) J. DE MAISTRE, Mémoire au duc de Brunswick,

cit; in Ecrits maçonniques de Josephe de Maistre, éd.Slatkine, Genève, 1983, pag. 113.

12) Ivi, nota 69, pagg. 113-114. 13) Cfr. Notice biografique du comte J. de Maistre,

Il cavaliere André-Michel de Ramsay

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in introduzione alle Lettres et opuscules inédits du com-te J. de Maistre, Paris, Vaton, 1851.

14) A. FAIVRE, op. cit., pag. 14. 15) A. FAIVRE, op. cit., pag. 18. 16) A. FAIVRE, op. cit., pag. 20. 17) A. FAIVRE, in Ecrits maçonniques de Joseph de

Maistre, éd. Slatkine, Genève, 1983, pag. 15. 18) Voce ‘Fénelon’, in Enciclopedia Cattolica,

Città del Vaticano, 1950, Vol . V, coll. 1148-49. 19) P. PARENTE- A. PIOLANTI- S. GAROFALO, Di-

zionario di Teologia dommatica, Studium, Roma, 1957(4 ed.), pagg. 342-344.

20) C. FRANCOVICH, Storia della massoneria in Ita-lia. Dalle origini alla Rivoluzione francese, La NuovaItalia Scandicci (Firenze), 1989, pagg. 24-25.

21) A. MELLOR, Dictionnaire de la Franc-Maçonne-rie et des Francs-Maçons, Belfond, Paris, 1989, pag. 303.

22) P. CHEVALIER, Histoire de la Franc-Maçonneriefrançaise, Fayard, Paris, 1974, pag. 80.

Le leggi noachidi alle quali faceva riferimentoRamsay sono «le sette leggi che i gentili devono osser-vare, basate sull’interpretazione rabbinica del coman-damento dato ad Adamo e del patto con Noah dopo ildiluvio. (...) I discendenti di Noah non devono praticarel’idolatria (...). Se i gentili trasgrediscono queste leggi,potrebbero in teoria essere puniti con la pena di morte.Le altre leggi della Torah vincolano soltanto gli ebrei enon i gentili (...). L’osservanza dello shabbat e lo studiodella Torah [sono] entrambe proibite ai non ebrei (...).In genere i musulmani sono considerati come seguacidelle leggi noachidi, mentre dubbi sono stati espressi sulculto cristiano di Gesù, considerato una pratica idolatri-ca [e quindi punibile con la morte]» (A. UNTERMAN,Dizionario di usi e leggende ebraiche, Laterza, Bari,1994, pagg. 211-212).

Nella seconda edizione delle Costituzioni della mas-soneria di Anderson (1738) è scritto che “il massone ètenuto ad osservare la legge morale come vero noachi-de” (A. MELLOR, Dictionnaire de la Franc-Maçonnerieet des Francs-Maçons, Belfond, Paris, 1989, pag. 174).

23) C. FRANCOVICH, op. cit.,, pagg. 244-246. 24) E. DERMENGHEM, op. cit., pag. 45. 25) Il Dermenghem, usa la parola “mistica” e “misti-

cismo” in senso improprio. Per lui, “mistica” equivale a“iniziazione esoterica”, mentre per la teologia cattolicala mistica è la terza tappa della vita spirituale, che pre-suppone l’ascetica, la quale si suddivide in due vie: lapurgativa (eliminazione del peccato mortale e meditazio-ne discorsiva in cui predominano le considerazioni dellaragione) e l’illuminativa (imitazione delle virtù di Cristoe meditazione affettiva, in cui predominano gli atti dellavolontà aiutata dalla grazia). Grazie all’attuazione abi-tuale e predominante dei Doni dello Spirito Santo, cheperfezionano le Virtù infuse quanto al modo di agire: va-le a dire dando loro l’eroicità o la sovrumanità anchequanto al modo di viverle, la vera mistica ci fa giungere,per puro dono gratuito di Dio, al quale bisogna corri-spondere, all’unione con Dio stesso pur restando essen-zialmente distinti da Lui. Non bisogna confonderla con icarismi o i fenomeni straordinari della vita spirituale, legrazie ‘gratis datæ’ o fenomeni mistici straordinari; essa èsolo lo sviluppo della vita della grazia abituale, alla qualetutti sono chiamati, anche se non tutti vi giungono per-ché non corrispondono ai doni di Dio.

26) E. DERMENGHEM, op. cit., pag. 22. Dermenghem rifiuta la tesi di un de Maistre mau-

rassiano ante litteram, che vedrebbe nel cattolicesimo

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un instrumentum regni per la grandezza della Francia edella monarchia, per sottolineare piuttosto il suo misti-cismo. Ma, come abbiamo visto alla nota precedente, il“misticismo” di de Maistre è, in realtà, “esoterismo”.

27) E. DERMENGHEM, op. cit., pag. 35. 28) Ibidem, pag. 36. 29) Ivi. 30) Ibidem, pag. 63. 31) Ibidem, pag. 66. 32) Ibidem, pag. 67. 33) Ibidem, pag. 68. 34) Ibidem, pag. 76. 35) C. FRANCOVICH, Storia della massoneria in Ita-

lia. La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1989, pagg. 341-342. 36) G. GOYAU, La pensée religieuse de Joseph de

Maistre. D’après des documents inédits, Perrin, Paris,1921, pagg. 13-14; e 56-57.

37) E. DERMENGHEM, op. cit., pag. 71. 38) Ibidem, pag. 87. 39) Ibidem, pagg. 90-91. Cfr. Lettera del 4 (16)

maggio 1817, Oeuvres compl., t. 14, pag. 97. 40) Lettera al conte de Bray, 1814, Oeuvres compl.,

t. 13; pagg. 28-29. 41) E. DERMENGHEM, op. cit., pagg. 94-95. 42) Come fa ad esempio Roberto De Mattei, che

scrive: «Una arbitraria lettura “martinista” di de Maistreè stata incoraggiata dagli studi di Emile Dermenghem,Joseph de Maistre mystique... Su questa stessa più che di-scutibile falsariga si colloca l’edizione critica del Saggio,curata dal Triomphe, per l’Università di Strasburgo...,dalla stessa prospettiva è inficiata l’introduzione alla purpregevole traduzione italiana delle Serate di Pietroburgo,Rusconi, Milano, 1971» R. DE MATTEI, Saggio sul princi-pio generatore delle costituzioni politiche e delle altre isti-tuzioni umane, Scheiwiller, Milano, 1975, pagg. 13-14.

43) E. DERMENGHEM, op. cit. pag. 96. 44) Lettera inedita del 28 novembre/10 dicembre

1816, citata da Amédée de Margierie, Le comte Josephde Maistre, 1882, pag. 431.

Cfr. Oeuvres complètes..., Vitte et Perrussel, Lyon,1884-1886, t. 8, pagg. 325-336 e 344.

45) E. DERMENGHEM, op. cit., pag. 38. 46) AA. VV., Dizionario enciclopedico di spiritua-

lità, Città Nuova, Roma, 1990, vol.II, pag. 1263.47) Enciclopedia Cattolica, voce Satanismo, Città

del Vaticano, 1953, vol. X , coll. 1953-1960. 48) S. T. , I, q. 63, a. 3. 49) «Teosofia: termine greco che significa “Sapien-

za di Dio” e indica una dottrina caratterizzata da un ac-centuato misticismo e anche dalla pratica di fenomenidi chiaroveggenza e di telepatia... Per i teosofi, solo agliiniziati... è possibile acquistare la Verità, per poi tra-smetterla ai profani. (...) Prende il nome di Teosofia[moderna] anche una dottrina... che ha molti seguacisoprattutto negli USA. Ne fu fondatrice Elena Blavat-sky (1831-1891)» (L. TROISI, Dizionario massonico, Ba-stogi, Foggia, s. d. , pagg. 393-394).

50) E. DERMENGHEM, op. cit., pag. 40. 51) Cfr. nota 62. 52) J. DE MAISTRE, Le serate di Pietroburgo, Mila-

no, Rusconi, 1971; pagg. 582-604. 53) A. CATTABIANI, Introduzione a Le serate di Pie-

troburgo, Rusconi, Milano, 1971, pagg. XVIII-XXXVIII. 54) Cahiers des Illuminés d’Avignon, 22 maggio 1779. 55) Lettera a Reuterhom, 7 giugno 1791.56) Al conte di Bray, 16 gennaio 1815; in Oeuvres com-

plètes, Vitte et Russel (14 voll.), Lyon, t. 13, 1886, pag. 27.

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KAROL, ADAM, JACOBdon Francesco Ricossa

In questo numero di Sodalitium non troverete -per motivi di tempo e di spazio - la consueta

rubrica ‘L’Osservatore Romano’, nella qualevengono esaminati alcuni documenti ufficiali diGiovanni Paolo II o delle sue Congregazioni. Aparziale riparazione di questa omissione presen-tiamo ai nostri lettori questo studio che può farluce, appunto, sul pensiero di Giovanni Paolo II,ed in particolar modo sul suo interesse e la suasimpatia per il mondo ebraico, interesse che loha portato allo storico incontro col rabbino capoToaff nella Sinagoga di Roma, il 13 aprile 1986.

In questo articolo don Ricossa suggerisce allettore di seguire, a questo scopo, tra i molti pos-sibili, il filo che lega Karol Wojtyla a AdamMickiewicz, e questi a Jacob Frank, prendendoinizio la nostra ricerca da due testimoni insospet-tabili di pregiudizi nei confronti di GiovanniPaolo II, quali il teologo Padre de Lubac, creato‘cardinale’ da Giovanni Paolo II stesso, ed il filo-sofo e politico democristiano Rocco Buttiglione.

Sodalitium

57) Cfr. Mémoire au Duc de Brunswick, pagg. 84,102-105, 111.

58) Considérations, cap. 5, in Oeuvres complètes, t.1, Lyon, 1884, pag. 61.

59) Ivi. 60) Considérations, cap. 2, pag. 23. 61) Oeuvres..., t. 14, pag. 229. 62) Lettera a J. Deplace, 11 dicembre 1820, pubblica-

ta da M. LATREILLE, Revue Bleue, marzo 1912, pag. 396. 63) E. DERMENGHEM, op. cit., pag. 284. Cfr. Lettera

al conte de Vallaise, ottobre 1815, Oeuvres compl., t. 13,pag. 163.

64) Ibidem, pag. 285. Cfr. Serate, 11° Colloquio. 65) E. DERMENGHEM, op. cit., pagg. 288-289. 66) A. PIOLANTI, voce Millenarismo, in ”Enciclope-

dia Cattolica”, Città del Vaticano, 1952, vol. VIII, coll.1007-1010.

67) Il professor Plinio Corrêa de Oliveira ha pubblica-to un articolo sul Montfort, riportato da Cristianità (organoufficiale di Alleanza Cattolica), in cui scrive: «In questaepoca [il Regno di Maria, n.d.a.]... la Madonna regneràsull’umanità attraverso le istituzioni [non attraverso laChiesa romana? n.d.a.] che allo scopo avrà scelto. Circaquesta prospettiva... troviamo nell’opera di san Luigi M.Grignion de Montfort alcune allusioni (...) il Regno delloSpirito Santo che egli identifica con il Regno di Maria... Pos-siamo quindi dire che... Montfort... soprattutto con la suaautorità di santo canonizzato... dà peso, autorità, consisten-za alle speranze che brillano in molte rivelazioni private [ve-di Maria delle Valli, nda]». (Cfr. Plinio Corrêa De Oliveira,La devozione mariana e l’apostolato contro-rivoluzionario,in Cristianità, n. 8, nov. dic. 1974, pag. 6). Lo stesso, avendofrequentato la T.F.P., da giovane, ho sentito parlaredell’era di Maria letta alla luce delle visioni di Maria delleValli, considerata come un “precursore” della terza epoca.

68) S. DE FIORES, Lo Spirito Santo e Maria negli ul-timi tempi secondo Grignion de Montfort, in AA. VV.,Maria e la fine dei tempi, Città Nuova, Roma, 1994,pagg. 180-182.

69) Ibidem, pag. 185. 70) Ibidem, pag. 188. 71) Ibidem, pag. 192. 72) Ibidem, pag. 197. 73) Ibidem, pag. 198-199. 74) Ibidem, pag. 212. 75) E. DERMENGHEM, La vie admirable et les révéla-

tions de Marie des Vallées, Plon, Paris, 1926, pagg. 210-238. Il Dermenghem si basa sul manoscritto di M. DE

RENTY, Mémoire d’une admirable conduite de Dieu surune ame particulière appelée Marie de Coutances, Ma-noscritto della Biblioteca Mazarine, n° 3177.

Attualmente si può trovare in commercio una bre-ve vita della veggente: I. HAUSMANN, Marie des Vallées.Ame expiatrice pour le temps da la conversion générale,Résiac, Montsurs, 1992.

76) Enciclopedia Cattolica, voce Maistre, Città delVaticano, 1951, vol VII, coll. 1871-1872.

77) R. GARRIGOU-LAGRANGE, De Revelatione, Ro-ma-Parigi, Ferrari-Gabalda, 1921, 2° ed., vol. I, pag. 405.

Occorre fare una distinzione: LA TRADIZIONE èla Parola di Dio, riguardante la fede e la morale, nonscritta, nei Libri ispirati e canonici, ma trasmessa a vivavoce da Cristo agli Apostoli e da questi ai loro succes-sori fino a noi e sino alla fine del mondo.

I protestanti ritengono che la S. Scrittura (i Libriispirati), contenga tutta la Rivelazione fatta da Dio,

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quindi negano l’esistenza della Tradizione orale e si at-tengono alla sola Scrittura.

Il Concilio di Trento invece ha definito che la dot-trina riguardante la fede e la morale “si contiene tantonei libri scritti, quanto nelle tradizioni non scritte”(sess. 4), e dichiarò di ricevere con “pari riverenza pietàed affetto” sia la Scrittura che la Tradizione, essendoentrambi fonte della Rivelazione.

Tutta l’antichità cristiana venera come canale chetrasmette la Parola di Dio, sia la Scrittura che la Tradi-zione orale. In altri termini, la Parola di Dio ci pervienetramite la S. Scrittura e la Tradizione. Gesù, infatti, pre-dicò, non scrisse nulla e affidò ai suoi Apostoli la mis-sione di predicare oralmente e non di scrivere quantoavevano udito da Lui (Tradizione divina) o quantoavrebbero imparato dai suggerimenti dello Spirito San-to (Tradizione divino-apostolica).

Mentre il TRADIZIONALISMO è un «sistema fi-losofico-religioso che svaluta la ragione umana e stabili-sce come criterio di certezza la tradizione del genereumano, che è legata alla genesi del linguaggio...

Secondo una prima forma rigida di Tradizionali-smo, l’uomo non avrebbe potuto conoscere alcuna ve-rità senza la divina Rivelazione fatta ad Adamo e tra-mandata sino a noi.

In una forma mitigata i Tradizionalisti negano allaragione umana solo la capacità di raggiungere le veritàdi ordine etico-religioso.

La Chiesa ha condannato questo errore... [che] de-primendo la forza e la dignità della ragione umana, sfo-cia nel Fideismo» (P. PARENTE, Dizionario di Teologiadommatica, Studium, Roma, 1957, pag. 411).

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nella sua prima gioventù aveva ammiratoVoltaire, lo detestava; Michelet e Quinet sa-ranno membri del comitato costituito per far-gli erigere una statua” (5), Mickiewicz eracattolico e bonapartista, i suoi amici atei erepubblicani. Mickiewicz era un rivoluziona-rio, certo, ma un rivoluzionario particolare:un “mistico”.

Nato in Lituania il 24 dicembre 1798(200 anni prima dell’elezione di K. Wojtyla),sotto la dominazione zarista, fondò all’Uni-versità di Wilno, nel 1815, la Società dei Fi-lomati (poi Filareti, poi Raggianti) “con fi-nalità apparentemente letterarie (...) in realtàpolitiche” (6) Per questo motivo fu arrestatoed esiliato in Russia, da dove fu espulso nel1829. Si recò allora a Roma: “la sua forma-zione spirituale era stata illuminista e voltai-riana; a Roma egli ritrovava la coscienza del-la superiore potenza creatrice della fede inconfronto alla sola ragione; e a questo con-cetto doveva ormai ispirarsi tutta la sua poe-sia”. “Nel 1831, dopo aver invano cercato diraggiungere la patria insorta, il M. si recò aParigi”, frequentando gli ambienti dell’emi-grazione polacca. ove la delusione sarà fortenel leggere l’enciclica di Gregorio XVI Cumprimum del 9 giugno 1832, in appoggio allarepressione russa contro i polacchi (7). Nel1839 insegnò all’Università di Losanna, el’anno seguente, come abbiamo visto, alCollège de France di Parigi. “Nel 1848, allariscossa dei popoli, il M., che aveva seguitotutta la vita i movimenti nazionali ed era ami-co di Mazzini [che tradusse alcune sue poe-sie] e di altri patrioti, fondò una legione checombatté nella prima guerra d’indipendenzaitaliana”. Tornato a Parigi dopo la nuovasconfitta, morì nel 1855 a Costantinopoli,durante una missione politica. Da questibrevi cenni biografici tratti dall’EnciclopediaCattolica, emerge la figura di un M. cattolicoliberale, vagamente mazziniano. Fu solo (so-lo!) questo?

Mickiewicz e Lamennais

Padre de Lubac non esita a porre M. nel-la “posterità spirituale di Gioachino da Fio-re”, anche se non manca di difendere l’orto-dossia del Nostro, come fece con PadreTheilard de Chardin, al quale, esplicitamen-te lo accomuna (8). Impresa disperata in en-trambi i casi. Al seguito di de Lubac, ap-profondiamo la nostra conoscenza con M.

Il 16 ottobre 1978...

“Alla sera della sua elezione, il 16 ottobre1978, dal balcone di San Pietro di Roma, il car-dinale Karol Wojtyla, divenuto Giovanni PaoloII, salutava Mickiewicz, testimone della fede cat-tolica e della libertà. E nella lontana Cracovia,che il poeta esiliato non aveva mai potuto vede-re, quella notte stessa, ‘i cortei che festeggiavanol’elezione pontificia onorando gli eroi della sto-ria polacca ci significano che da AdamMickiewicz a Karol Wojtyla si è perseguita lacontinuità di una stessa speranza alla quale sem-bra infine rispondere un sorriso della storia’ (LaCroix, 27/10/1978)” (1). Così scrive padre deLubac, per ricordare l’affinità tra i due poetipolacchi, Karol Wojtyla e Adam Mickiewicz.Buttiglione, a sua volta, fa notare: “Può essereinteressante notare che, subito dopo la sua ele-zione a Sommo Pontefice, il primo luogo nelquale Giovanni Paolo II si è recato in pellegri-naggio, è stato il santuario della Mentorella, vici-no Roma, tenuto dai Padri Resurrezionisti” (2)Ora, “narra la leggenda che, dopo il fallimentodella rivolta [dei polacchi contro lo Zar] del1831, alcuni capi della sollevazione si siano ri-trovati a Parigi, nell’esilio. In un incontro il gior-no di Pentecoste del 1836, dopo aver analizzatoancora una volta la situazione politica ed averlatrovata disperata Mickiewicz conclude che biso-gna fondare un ordine religioso, per salvarel’anima della Nazione. ‘Abbiamo bisogno di unnuovo ordine, non c’è altra salvezza. Ma chipuò fondarlo? Io sono troppo orgoglioso’. E aquesto punto, il grande poeta designa BogdanJanski che di lì a poco effettivamente fonderàl’ordine dei Resurrezionisti con Piotr Seme-nenko e Hieronim Kajsiewicz” (3). AdamMickiewicz ha dunque influenzato il giovaneWojtyla, come sostiene lo stesso Buttiglione (p.32), e come Giovanni Paolo II solennementesignificò in questi due suoi primi atti dopo lasua elezione (4). Ma chi era Mickiewicz?

Solo un Mazzini polacco?

Edgar Quinet, Jules Michelet, AdamMickiewicz: “i tre anabattisti del College deFrance” (Daniel Halévy), “triade sacra chepreparò l’esplosione del 1848” (GiovanniScovazzi, discorso per l’incoronazione delbusto di Mickiewicz al Campidoglio, a Ro-ma, il 26 novembre 1879). Eppure, de Lubacsottolinea le differenze tra i tre amici e col-leghi al College de France: “Mickiewicz, che

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Innanzitutto, è la lettura de l’Essai surl’indifférence di Lamennais, durante la de-portazione a San Pietroburgo, a riavvicinareM. al “cattolicesimo” (p. 242). Nel 1831, M.conobbe personalmente il “profeta di LaChesnaie” a Parigi, e ne divenne amico: a ra-gione, i due sono stati chiamati “i Pellegrinidell’avvenire” (9). “Lamennais, scrisse a Le-lewel il 23 maggio 1832, ‘è il solo francese cheabbia sinceramente pianto su di noi’” (p.240). L’opera di M., I libri della nazione po-lacca e del suo pellegrinaggio (1832), fu tra-dotta in francese da Janski (il futuro fonda-tore dei Resurrezionisti) e dal conte di Mon-talembert. Il nome di quest’ultimo è presen-te affinché “il libro si diffonda tra i cattoliciliberali”. Montalembert e Lamennais ne scel-gono il titolo dell’edizione francese, Livredes pèlerins polonais (1833); Montalembertne scrisse la prefazione, Lamennais vi ag-giunse un suo “inno alla Polonia”. Ricordoche le idee di Lamennais, espresse nel suogiornale L’Avenir, erano già state condanna-te da Gregorio XVI nell’enciclica Mirari vosdel 15 agosto 1832, ma il Papa aveva omessodi nominare lo sventurato sacerdote, nellasperanza di un suo ravvedimento. Invece, fuproprio l’opuscolo di M. a dargli l’occasionedi precipitarsi nell’abisso che lo condusse

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all’apostasia. Lamennais “aveva immediata-mente ammirato il libretto di M.: ‘Una cosìpura espressione della Fede e della Libertàunite è una meraviglia, in questo nostro seco-lo di servitù e di incredulità’ (...). Lui stessoaveva allora iniziato, dirà, la redazione di unpiccolo libro ‘di genere molto analogo’, masenza esserne molto attirato, e esitava a termi-narlo. La lettura del manoscritto dei Pélerinsfu la ‘scintilla’ che lo galvanizzò. Ne imitò ‘lostile biblico e visionario’ e ne prese a prestitola maniera parabolistica ne ‘Les Paroles d’uncroyant’. È nota la lettera che Maurice deGuérin scrisse al suo amico Hippolyte de laMorvonnais il 10 maggio 1834, a propositodei tre scritti di M., de Lamennais e di SilvioPellico (Le mie prigioni) pubblicati a poca di-stanza: ‘terribile trilogia..., tre colpi di mazza,colpo su colpo, e dati da uomini cattolici, uo-mini puri, uomini santi’” (pp. 241-242).

Il Papa però, non apprezzò allo stessomodo; “la prova fu rude, sia per il polaccoche per il bretone. Se la condanna romanadel giugno 1834 [enciclica Singulari nos diGregorio XVI] aveva per obbiettivo, innan-zitutto, Lamennais, essa non risparmiavaperò M., la cui attitudine era stata anch’essaduramente riprovata” con la lettera al Ve-scovo di Rennes del 15 ottobre 1833. Fu al-lora che le strade di Lamennais e M. si divi-sero: il primo apostatò, il secondo si sottomi-se (?) e fondò nel 1834 “l’associazione deifratelli uniti”, alla quale si affiliò l’ex carbo-naro Janski (p. 244). Nel 1836, lo abbiamovisto, fondarono assieme l’ordine religiosodei Resurrezionisti.

Mickiewicz e il messianismo

M. ha appena lasciato la compagnia diun eretico (Lamennais), per aggregarsi aquella di un altro forse peggiore: AndrzejTowianski (1799-1871), un vecchio compa-gno di studi a Wilno. Costui capita a Pariginel 1841, “guarisce a distanza” la moglie diM. che era in manicomio, e viene riconosciu-to da lui come “l’inviato di Dio”. “Durantetre anni consecutivi, tra i quali i suoi due ulti-mi anni di insegnamento [al Collège de Fran-ce], M. diventerà l’araldo del towianismo”(pp. 253-25). Towianski era un adepto del“messianismo”. La corrente fu inauguratada Hoëné-Wronski (1778-1853) “che avevafinito per credersi il Paraclito incaricato diannunciare il ‘cristianesimo compiuto’” (p.

Adam Mickiewicz

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251). Messianisti furono i grandi letteratipolacchi Zygmunt Krasinski (1812-1859) eAugust Cieszkovski (1814-1894): il primo“annunciava che la Chiesa di Pietro era giun-ta alla fine, come tutta l’antica società”, il se-condo “annuncerà l’apertura della terza e ul-tima èra della storia: dopo l’antichità che ful’età del Padre e il cristianesimo che fu l’etàdel Figlio, verrebbe presto l’età dello SpiritoSanto che, realizzando l’accordo della vo-lontà umana e della volontà divina, instaure-rebbe sulla terra il regno di Dio: allora sareb-be realizzata la ‘pienezza delle nazioni’ pre-detta da San Paolo” (pp. 250-251). Quanto aTowianski, umilmente crede di essere, dopoNapoleone (10), la terza epifania di Cristo, ilcapo predestinato che doveva nascere dauna nazione, la Polonia, martire e redentricecome Cristo. Egli era “inebriato di letteratu-ra mistica e occultistica: forse era iniziato asvariate società segrete” (p. 252). “Il suo si-stema metafisico e morale, antirazionalista eantiautoritario, subì gli influssi di Saint-Mar-tin, Swedenborg, T. Grabianka” (11), ma an-che di un certo Jacob Frank, di cui riparlerò.È interessante notare che, per T., alla finel’inferno non ci sarà più (8). Molti autori fu-rono influenzati da T.: il poeta polacco Ju-liusz Slowaki (1803-1849), che predisse unPapa slavo (12), il nostro Mickiewicz, e loscrittore modernista Fogazzaro (13). Ora,Mickziewicz, Slowaki, Krasinki, sono indica-ti da Buttiglione come “maestri” di KarolWojtyla (p. 32). Il pensiero di Towianski ècontenuto in un libro del 1841 (sarà messoall’indice nel 1858) intitolato Biesiada, ilBanchetto. M. ne diventa il diffusore al pre-stigioso Collège de France. “Nel dicembredel 1843, prende per oggetto del suo corso ‘laCena’ (= ‘il Banchetto’) rispettandone l’ano-nimato e evitando di citarlo direttamente. Es-so è - dichiarò - ‘il frutto più prezioso e piùmaturo che cade dall’albero di vita della raz-za slava’, è ‘un proclama di guerra controogni dottrina, contro ogni sistema razionali-sta’” (p. 254).”Mi sento sostenuto da una for-za che non viene dall’uomo - disse M. duran-te il suo corso del 19 marzo 1844 - (...) miproclamo al cospetto del cielo testimone vi-vente della nuova rivelazione” (p. 254). Nonstupiamoci se M. ed i suoi furono scambiatiper dei “nuovi Montanisti” (14). Lo Stato(Luigi Filippo) e la Chiesa si inquietano en-trambi, anche se per differenti motivi. Il pri-mo impone a M. - anche se discretamente -

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di lasciare la cattedra nel 1844, la secondametterà all’Indice, il 15 aprile 1848, i volumicontenenti i due ultimi tomi delle sue lezioniparigine: L’Église et le Messie e L’Église of-ficielle et le messianisme.

Mickievicz e la “Chiesa ufficiale”

Se si annuncia un nuovo Messia, un nuovoSalvatore, una nuova Rivelazione, che ne èdella (vecchia) Chiesa? Essa, naturalmente,deve o scomparire per cedere il posto allanuova (come pensa Krasinski) oppure trasfor-marsi (come pensa il Nostro). Nel frattempo,essa è “la Chiesa ufficiale” contrapposta alla“Chiesa dell’avvenire” (p. 270) che sorgeràdalla precedente “come la farfalla dalla crisali-de” (15). “Le lezioni del Collège de France nel1842-1844 sono dure per la ‘Chiesa ufficiale’.Esse respingono ogni idea ‘d’insultare gli uo-mini che la rappresentano’ ma constatano cheessa ‘ha perduto lo spirito di profezia’. La ‘vec-chia teologia clericale’ non basta più per gui-darci: ci insegna ancora a conoscere Dio, manon ce lo fa ‘sentire’” (p. 260). M., invece, sicrede “un profeta” (p. 246), “un illuminato”(p. 250), quando parla diventa estatico (p.249) ed è tenuto per santo e mistico (p. 239).“Un presentimento universale - afferma M. - ciavverte dell’imminenza di una nuova crisi... Glispiriti più attaccati all’antica tradizione, comequello di Joseph de Maistre (16), la presentiva-no” (p. 260). La Chiesa “ufficiale” è divenutarazionalista: “questa Chiesa, la cui esistenza èun miracolo, evita di parlare dei miracoli”, “sasolo più respingere e condannare”, ma “saràsalvata malgrado (i preti) e contro di loro” (p.269) (17). “A partire dalla Riforma” “da partedel cattolicesimo inizia la p(i)etrificazione e, daparte del protestantesimo, la putrefazione” (p.269); per ovviare a questo processo occorre unecumenismo cattolico alla de Maistre (ibi-dem). L’idea di M. sulla Chiesa è ben riassun-ta dal seguente episodio: “Era il 16 gennaio1844. Mai, senza dubbio, dalla sua fondazione,da alcuna delle sue cattedre, gli uditori del Col-lège de France avevano ascoltato qualcosa disimile. (...) In quel giorno, lo storico delle lette-rature slave [M.] ha dato la sintesi della sua vi-sione cattolica”. M. racconta allora agli allievila leggenda scritta da Krasinski quattro anniprima (18): “Notte di Natale. A San Pietro diRoma, il papa termina la messa circondato dastanchi vegliardi. Tra di loro, appare un giova-ne vestito di porpora: è la Chiesa dell’avvenire,

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nella persona di Giovanni (19). Egli annunciaalla folla dei pellegrini che i tempi sono com-piuti, poi, recandosi alla tomba del capo degliApostoli, lo chiama per nome e gli ordina diuscire. Il cadavere si leva e grida: ‘Sventura!’.Allora, la cupola della basilica scricchiola e sicrepa. Il giovane cardinale chiede: ‘Pietro, miriconosci?’. Il cadavere risponde: ‘La tua testaha riposato sul seno del Salvatore, non hai co-nosciuto la morte; ti conosco’”. Pietro tornanel sepolcro, dopo aver ceduto il posto a Gio-vanni. I pellegrini polacchi, per fedeltà,muoiono sotto le rovine della basilica di sanPietro. “Pietro è morto per sempre. La Chiesaromana è finita, i suoi ultimi fedeli sono morti.La rottura è consumata”. M. riprende l’allego-ria di Krasinski, ma ne cambia il finale. I pelle-grini polacchi che “cercano la Chiesa dell’av-venire” non periscono sotto le rovine, ma sal-vano la Chiesa. “Essi - sono le parole stesse diM. - apriranno questa cupola alla luce del cielo,affinché assomigli a quel pantheon di cui è lacopia (20); affinché essa sia di nuovo la basilicadell’universo, il pantheon, il pancosmo e il pan-dema, il tempio di tutti gli spiriti; affinché essaci dia la chiave di tutte le tradizioni e di tutte lefilosofie...” (p. 271). De Lubac pensa che M.corregge in senso ortodosso Krasinski; perJournet, invece, ne “accentua il carattere ereti-co”. Per M., è vero, la Chiesa di Giovanni nonabbatte quella di Pietro, ma sboccia da essacome la farfalla dalla crisalide; direi cheMickiewicz è eretico quanto Krasinski, ma piùpericoloso, perché nascosto sotto pelle ovina.Quando, il 5 aprile 1848, M. entrò in proces-sione nella basilica di san Pietro seguito dallasua legione polacca, pensò di essere vicino allarealizzazione del sogno della ‘Notte di Natale’(cf p. 458). Ma il 29 aprile Pio IX rifiutava didichiarare la guerra all’Austria. La Repubbli-ca Romana guidata dal Mazzini - amico delNostro - depose il Papa, ma si avviava anchealla sconfitta. Il sogno di una Chiesa “spiritua-le” era rinviato. Se nel 1845 M. si era separatoda Towianski, egli interverrà però in suo favo-re presso il governo francese, nel 1848 e nel1851 (p. 275, n. 4). Né, per questo, abbandonòil suo falso misticismo, come vedremo.

Mickiewicz massone martinista

In effetti, i legami con Towianski eranoanche di genere occulto, ovvero massonico.Appartenne, M., alla massoneria? Fin dal-l’inizio, lo vediamo fondare, nel 1817, la so-

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cietà segreta dei Filomati (Towarzystwo filo-matow). Nel 1820, fa parte di un’altra societàsegreta, quella dei Filareti, di cui parlerà nel-la terza parte del suo libro Dziady (Gli avi),del 1833. Purtroppo, non so se i Filareti ab-biano qualche cosa a che fare con le loggemassoniche dette dei Filaleti (21). In ogni ca-so, queste società segrete polacche erano si-mili (e spesso alleate) a quelle russe - sorta diCarbonerie slave - che diedero vita al com-plotto dei Decabristi. Il governo zarista rico-nobbe nel complotto decabrista del 1825 lamano della massoneria, che infatti fu messafuorilegge in Russia proprio in quella circo-stanza (22). Anche a supporre che le societàsegrete alle quali aderiva il giovane M. nonfossero massoniche, un incontro lo porterà alMartinismo: quello con Oleszkiewick. “Nes-suno avrà su di lui un’influenza così forte co-me il polacco Josef Oleszkiewick, pittore, mi-stico, seguace di Saint-Martin, che sarà per ilM. il primo iniziatore di esperienze di vita piùprofondamente religiose” (23). Così, M. davoltairriano diventa Martinista, da razionali-sta, “mistico”; nel 1836 pubblicherà Zdania iuwagi (Sentenze e osservazioni), una raccol-ta di citazioni delle opere di Böhme (24), Sile-sio e Saint-Martin (25). Ora, con Saint-Martinsiamo in piena massoneria, e anche in pienocabalismo giudaico! È in questo ambienteesoterico, ben prima di affiliarsi al movimen-to di Towianski, che affonda il pensiero diM: “fortemente toccato in gioventù dalla mi-stica delle società segrete, - deve ammetterede Lubac - e poi in seguito da Böhme di cui siinnamorò a Dresda nel 1832 (26), dalle visionidi Frédérique Wanner, da Swedenborg (27) daBaader e da Saint-Martin che lesse a Pariginel 1833, ma anche da Caterina Emmerich(...) e dai grandi mistici della tradizione cri-stiana, soprattutto Dionigi (che progetta ditradurre in polacco), assomiglia a un de Mai-stre più vicino a delle fonti di ispirazione po-polare, a un Lamennais rimasto fedele” (p.245). Veramente, più de Lubac cerca di scu-sare M., più - involontariamente - ne aggravala situazione, tanto ne risulta chiara la collo-cazione di M. tra i pensatori più pericolosidell’esoterismo “cristiano”-massonico.

Mickievicz e gli ebrei

“Duecento anni fa, il 24 dicembre 1798,nasceva a Nowogrodok in Bielorussia, nonlungi da Vilnius, la ‘Gerusalemme di Litua-

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nia’, Adam Mickiewicz, il più grande poetapolacco di tutti i tempi. (...) Egli fu un Euro-peo e un uomo molto vicino al giudaismo. (...)Si dice che egli avesse origini ebraiche. In ognicaso, fu un filosemita sincero. Un giorno, pro-testò violentemente, in un salone letterario pa-rigino, in compagnia di Gautier, Musset e Hu-go, contro l’antisemitismo di quell’ambiente,dichiarando: ‘Se si farà la minima allusionecontro gli Ebrei, vi lascio immediatamente’.Era un umanista del XIX secolo che gli Ebreioriginari della Polonia non hanno mai dimen-ticato”. Queste righe fanno parte di un“omaggio” a Mickiewicz che Actualité Juive(il settimanale della Comunità Ebraica fran-cese) ha dedicato al Nostro (n. 592,31/12/1998, p. 25). Ci dobbiamo stupire? Mas-sone martinista, M. risale inevitabilmente,tramite Saint-Martin, a Martinez e a Böhme,e da costoro alla Cabala. Ma, come abbiamovisto, l’influenza del Giudaismo su M. non èsolo indiretta. Il filosemitismo di M. non èignoto neanche a de Lubac: “Il privilegio uni-co della rivelazione fatta al popolo ebraico fuche essa preparava alla rivelazione definitiva[e fin qui, niente di più cattolico]. Ma di ciò èrimasta una impronta in questo popolo, chegli assegna un ruolo nel futuro [ecco la novitàprecorritrice del Vaticano II e di GiovanniPaolo II!]”. M. scrive: “L’uomo del passatocerca... una verità comoda, una verità facile,una verità cortigiana. Ma nelle contrade abita-te dalla nostra razza [la Polonia] le parcelle diverità che ci giungono sono state conquistatecol sudore dello spirito. Là vivono milioni diuomini appartenenti a un popolo ben cono-sciuto, a un popolo che è il fratello maggioredell’Europa, il fratello maggiore di tutti i po-poli civilizzati, il popolo ebraico che, dal fon-do delle sue sinagoghe, non cessa da secoli dielevare grida alle quali nulla, nel mondo, asso-miglia, di quelle grida di cui l’umanità ha per-so la tradizione. Ora, cosa può riportare sullaterra la verità del cielo, se non queste gridanella quali l’uomo concentra e esala tutta lasua vita?” (p. 263). La “tradizione” (28) è stataperduta da tutti (anche dalla Chiesa, se nededuce); solo la Sinagoga la riporta sulla ter-ra! Nel 1848 M. forma a Roma una “legionepolacca” per combattere l’Austria nella pri-ma guerra d’indipendenza italiana. Inquell’occasione, M. compone un “Simbolopolitico polacco” in quindici brevi articoli. Ildecimo recita testualmente: “A Israele, nostrofratello maggiore, rispetto, fraternità; aiuto

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sulla via verso il suo bene eterno e temporale;completa eguaglianza di diritti politici e civili”(29). L’Encyclopedia Judaica aggiunge altrielementi di valutazione: “ In ciò [nel suo filo-semitismo] egli subì l’influenza del filosofomistico Towianski per il quale Ebrei, Francesie Polacchi formano assieme una ‘nazione elet-ta’ e il cui nazionalismo messianico prendevaispirazione da Mesmer, Swedenborg e la Kab-balah. È così che, nel grande poema epico‘Pan Tadeusz’ (1834), il capolavoro di M., ilGiudeo idealizzato, Jankiel, è un ardente pa-triota polacco. Nei suoi corsi di lingue e lette-rature slave, quando era professore al Collègede France a Parigi (1840-1844), M. si sforzavadi lodare gli Ebrei e di difenderli contro i lorodetrattori. In una predica fatta alla Sinagogadi Parigi in occasione del Digiuno del Nonodi Av, nel 1845, espresse la sua simpatia per lesofferenze dei Giudei e per le loro aspirazioniriguardanti la terra di Israele. Benché sognas-se da anni la conversione dei Giudei al Cristia-nesimo, fu molto deluso dalle tendenze all’as-similazione degli Ebrei francesi”. Dopo averricordato l’episodio del 1848, l’EncyclopediaJudaica prosegue: “Quando scoppiò la guerradi Crimea nel 1853, M. partì per Costantino-poli per contribuire alla levata di un reggimen-to polacco per combattere contro i Russi. Eglisperava di potervi includere delle unità ebrai-che e si era impegnato ad assicurare loro il di-ritto di osservare il Sabbath e tutti gli altri do-veri religiosi. Il suo secondo, Armand Levy,medico-ufficiale francese, era un nazionalistaebreo, e non è escluso che con la creazione diunità giudaiche i due capi abbiano pensato direalizzare un primo passo verso la restaura-zione della nazione ebraica sulla propria ter-ra. M. morì subitaneamente a Costantinopoliprima di aver potuto compiere la sua missio-ne”. Non lascia perplessi un cattolico polaccoche predica in una Sinagoga, che chiama gliEbrei “fratelli maggiori” e che prepara lacreazione dello Stato Ebraico in Palestina(30), prima di Herzl e del Vaticano II? Unaspiegazione, però, c’è...

Mickievicz ed il frankismo

È lo stesso Rocco Buttiglione che ce lasuggerisce - ben involontariamente - ove par-la dell’influenza che ebbe un oscuro “messiadell’ebraismo polacco del ‘700”, tal JacubFrank, su Towianski, Slowacki e Mickiewicz(31). L’Encyclopedia Judaica, alla quale Butti-

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glione fa riferimento, è più esplicita: neldramma intitolato Dziady (1832), M. “tracciaun ritratto del futuro salvatore della Polonia,personaggio che secondo i commentatori raf-figura l’autore stesso. Secondo la visione diuno dei personaggi, questo salvatore sarebbe‘figlio di una donna straniera; il suo sanguesarebbe quello degli antichi eroi; e il suo no-me: 44’. La madre di M., discendente di unafamiglia frankista convertita, era una ‘stranie-ra’; e il suo nome, Adam, ( ) se si omettela ‘A’ non pronunciata ( ), ha il valore nu-merico 44. Queste nozioni cabalistiche eranostate disseminate negli scritti del mistico fran-cese Louis-Claude de Saint-Martin”. La me-desima Encyclopedia, ma alla voce ‘Frank’,aggiunge quanto segue: “...il poeta stesso testi-monia chiaramente di questa discendenza[frankista] (da parte di madre) (...). Le originifrankiste di M. erano ben note dalla comunitàebraica di Varsavia dal 1838 (ne fanno fede leAZDJ di questo stesso anno). I genitori dellamoglie del poeta [Celina Szymanowska, spo-sata nel 1834] provenivano egualmente da fa-miglie frankiste”. La madre e la moglie di M.erano quindi di famiglia ebraica frankista, co-me ci conferma il biografo di Jacob Fank,Arthur Mandel: “la figlia di Maria [Szyma-nowska] (32), Celina, era sposata con il grandefiglio della Polonia, il poeta AdamMickiewicz, anche lui di discendenza franki-sta. Nel suo Dziady (La festa degli Antenati),un dramma mistico intessuto di motivi franki-sti, Mickiewicz fa allusioni velate al suo essereil Messia il quale, alla testa della Polonia e ‘delsuo fratello maggiore’, il popolo ebraico,avrebbe guidato l’umanità alla libertà, ideache ricorda vivamente Frank” (33). Quello cheè particolarmente significativo è cheMickiewicz, di madre frankista, ma nato ebattezzato cattolico, abbia sposato nel 1834Celina Szymanowska, anch’essa cattolica, mafiglia di due frankisti. Ora, un principio capi-tale dei frankisti è proprio l’endogamia: “Noidobbiamo accettare pro forma questa religio-ne nazarena - diceva Jacob Frank - e osser-varla meticolosamente per apparire Cristianimigliori dei Cristiani stessi... Tuttavia nondobbiamo sposare nessuno di loro (...) ed inalcun modo mescolarci con le altre nazioni”(34). Settantotto anni dopo il battesimo diFrank e dei loro stessi antenati, AdamMickiewicz e Celina Szymanowska si univanoin matrimonio, rispettando, di fatto, le regolefrankiste: si tratta solo di un caso?

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Jacob Frank. La sua vita.

Ma chi era Jacob Frank? La nostra storiainizia nel 1665, quando tutta la diasporaebraica credette di avere trovato in SabbataiZevi (1616-1676), un cabalista di Smirne, ilMessia tanto atteso (35). Lo sconcerto fu gran-de quando l’anno appresso, posto dal Sultanonella condizione di scegliere tra la morte el’apostasia, Sabbatai Zevi preferì apostataree farsi musulmano (settembre 1666). Eppureci fu chi vide in questa apostasia la parados-sale conferma della qualità messianica diSabbatai: il Messia doveva salvare il mondocon il peccato! Molti ebrei, per imitare il“Messia” apostatarono a loro volta, restandoperò - come lo stesso Zevi - interiormentegiudei. Da essi viene la setta detta dei Dun-meh (apostati): “il generale Kemal Atatürk,padre della Turchia moderna, era dei loro”(36). Pur essendo rimasto anche esteriormenteebreo, Leib, un albergatore di Korolowska(Galizia, Polonia), era un “sabbataiano”. Dalui nacque, nel 1726, il piccolo Jacob. Fuchiamato Frank solo quando si recò a Salo-nicco, che era la sede dei sabbataiani. Fu lìche si proclamò a sua volta Messia, prima diritornare in Polonia nel 1755. I Rabbini lo di-chiararono eretico, chiedendo alla Chiesa diperseguirlo come tale: Frank tornò in Tur-chia facendosi (esteriormente) musulmano,confermando così di essere la reincarnazionedi Sabbatai Zevi. Tornato così in Polonia, fe-ce balenare la possibilità della conversione alcristianesimo di lui stesso e di 30.000 suoi se-guaci. Nella Cattedrale di Leopoli, nell’estatedel 1759, poi altrove in Polonia, 20.000frankisti si fecero battezzare accedendo cosìal rango nobiliare; molti di più restaronoebrei, pur seguendo le dottrine di Frank. Il 18novembre 1759, a Varsavia, lo stesso Frankfu battezzato prendendo il nome di Giusep-pe; il padrino era il Re in persona. Ai suoi,Frank richiese il più grande segreto sulle lorovere credenze, al Re chiese il permesso di co-stituire un esercito e l’assegnazione di un ter-ritorio per la fondazione di uno stato ebraico.Ma qualcosa trapelò, e l’Inquisizione relegòFrank in una prigione dorata a Czenstokho-va, che “divenne così un centro di pellegri-naggio per i frankisti” (37). Tredici anno do-po, fu liberato dai russi. Nel frattempo, “co-minciò a preparare il terreno per il suo succes-sore, la figlia Eva-Avatcha, immortale comelui. Così Eva Frank divenne una sorta di con-

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troparte della Madonna nera di Czenstokho-va, e accanto al culto di Maria vi si istituì unculto di Eva, al quale lo stesso Frank si sotto-metteva” (38). Dopo la liberazione, si recò inMoravia (Austria), a Brünn, dove abitava lacugina Schöndl Hirschel (1735-1791), mogliedel ricco monopolista del tabacco e fornitoredell’esercito, Salomon Dobruschka (1715-1774). Sia la cugina che 10 dei suoi 12 figli sifecero battezzare, adottando nomi cristiani eil cognome von Schönfeld; ma non erano cri-stiani: erano frankisti! Nel 1778 furono nobi-litati. Ribattezzato Franz Thomas von Schön-feld, Moses Dobruschka fu consigliere e ban-chiere degli imperatori Giuseppe II e Leo-poldo II (all’incoronazione del quale assistet-te, tra i nobili, il “barone Joseph Frank-Do-bruschki”, ovvero il nostro Jacob Frank). MaSchönfeld fu anche membro degli “Illuminatidi Baviera” (che preparavano una rivoluzio-ne egualitaria) e uno dei fondatori dell’ordi-ne massonico dei “Fratelli asiatici” (39) il cuiGran Maestro fu il famoso Principe Carlo diAssia-Cassel (1744-1836), suocero del Re diDanimarca, e al quale aderì il futuro Re diPrussia, Federico Guglielmo II. Anche Jacobed Eva Frank avevano accesso ai Re: nel1775 furono alla Corte di Maria Teresa eGiuseppe II a Vienna, nel 1783 e nel 1813 fu-rono i Romanov (Paolo I e Alessandro I) arendere visita alla Frank. Infine, J. Frank tra-sferì la sua corte a Offenbach, in Germania,

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nel castello del duca di Isemburg (un masso-ne e illuminato), dove visse dal 1788 al 1791,quando morì. Era già scoppiata la Rivoluzio-ne francese, e Jacob Frank aveva detto: “so-no venuto per liberare il mondo da tutte le leg-gi e da tutti i comandamenti. Ogni cosa deveessere distrutta perché il buon Dio mostri sestesso” (40).

Il frankismo e la rivoluzione

Il frankismo sopravvisse a Jacob Frank.Prima di riassumerne le credenze, vediamo-ne le conseguenze. Mandel dimostra che ifrankisti appoggiarono, coerentemente, tut-te le rivoluzioni. Emblematico il caso del cu-gino ed erede di Frank: Moses Dobruschkacome ebreo, Franz Thomas von Schönfeldcome cristiano, Isaac ben Joseph come Mas-sone (41) e, infine, Junius Brutus Frey comegiacobino. Venne nella Francia rivoluziona-ria, da lui chiamata “paradiso in terra” nel1792, fu ferito all’assalto delle Tuileries del10 agosto; finì ghigliottinato a Parigi col fra-tello minore, il cognato (l’ex frate Chabot,“primo rivoluzionario d’Europa”) e Danton,nel 1794. Nella lista del boia compare conun altro nome (tanto per cambiare): JuniusEschine Portock. Incerti della Rivoluzione!(42). Ciononostante, i frankisti continuaronoa dare il loro appoggio alle rivoluzioni suc-cessive: furono i capi dei giacobini polacchinella rivolta del 1793-1795, furono numerositra i generali di Napoleone che, così spera-vano, avrebbe fondato lo stato ebraico inPalestina (43), animarono le rivolte polacchedel 1830 e del 1863 contro lo Zar (44). Il so-stegno ebraico e frankista alle rivolte polac-che è particolarmente interessante per il no-stro soggetto, perché Mickiewicz vi fu perso-nalmente implicato, e il patriottismo polaccodi Wojtyla notevolmente influenzato.

Jacob Frank. Il suo pensiero.

Retroterra del pensiero di Frank è la Cab-bala (specialmente lo Zohar e Isaac Luria) e,più vicino a lui, l’interpretazione che ne diedeSabbatai Zevi. Seguendo Gershom Scholem(45) riassumo il sistema di Zevi e Frank. “Se-condo Frank, il cosmo (tevel) (...) non è statocreato dal ‘Dio vivo e buono’” (p. 200), il qua-le è il Dio nascosto e impersonale della Cab-bala (p. 171). Il peccato primordiale di Adamoha fatto cadere le scintille divine (nitzotzot)

Jacob Frank

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nella materia=il male (kelipot) particolarmen-te presente tra i non ebrei. Compito del Mes-sia Redentore, inviato dal Dio buono, è far li-berare le nitzotzot dalle kelipot. Per farlo, eglideve discendere nel regno impuro delle keli-pot, per distruggerle. Più discende nell’impu-rità e meglio è; lo farà attraverso gli “atti stra-ni” (ma’ asim zarim). La Redenzione cosmica(tikkun) si compie mediante il peccato: “è vio-lando la Tora che la si compie” (bittulah shelTorah zehu kiyyumah) (p. 163); “benedettosei Tu, Signore nostro Dio, Re dell’universo,Tu che permetti ciò che è vietato” (p. 180). I“pneumatici”, gli “spirituali”, gli “stravagan-ti”, i “maestri dell’anima santa” (p. 152) nonpeccano commettendo il male, ma acceleranoparadossalmente la Redenzione. I peccati pre-feriti sono: la violazione della Tora di beriah(la legge di Mosè) per sostituirla con la Toradell’atzilut che è il suo esatto contrario; gli ec-cessi sessuali di ogni genere, ad immaginedell’unione che avviene in Dio tra la partemaschile e quella femminile (p. 181-182); edinfine, l’apostasia. L’apostasia ed il marranesi-mo (almeno del Messia) sono necessari (p.176), col conseguente obbligo del segreto sulla

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vera fede giudaica conservata dal falso con-vertito. “Rammentando Sabbatai Zevi, essi po-tevano tollerare la sua [di Frank] conversioneall’Islam, ma il battesimo cristiano non lo pote-vano mandar giù”. Ma Frank spiegò ai suoi se-guaci: “il battesimo era un male necessario, ilpunto più basso della discesa nell’abisso dopoil quale avrebbe avuto inizio l’ascesa. (...) Ilbattesimo sarebbe stato l’inizio della fine dellaChiesa e della società ed essi, i Frankisti, eranoscelti per realizzare la distruzione dall’interno‘come soldati che prendono d’assalto una cittàpassando attraverso le fogne’. Ora erano ri-chieste segretezza assoluta e disciplina rigidissi-ma, insieme a un meticoloso conformismo agliordini e alle pratiche della Chiesa per non de-stare sospetti. Mentre osservavano esteriormen-te i precetti della Chiesa Cattolica, non doveva-no mai perdere di vista il loro vero fine o di-menticare che erano legati gli uni agli altri” (46).

Il Messia-marrano è spesso visto comeuna incarnazione del Dio buono (pp. 194-195). Siccome costui ha varie emanazioni,Zevi era l’incarnazione del “Santo dei giorniantichi”, Frank lo era del “Santo Re”, la fi-glia di Frank, Eva, lo era della Shekhina. Sein Dio vi è l’elemento femminile, cosìdev’essere nel Messia: “perché essa [EvaFrank] è il vero Messia! Essa salverà il mon-do” (Mandel, p. 107). La divina Sophia, laGnosi, è il “serpente sacro” del giardinodell’Eden (pp. 204-205) che si ritrova com-mettendo, come abbiamo visto, il “peccatosacro”. Lo stesso Scholem, che pure ne è co-me affascinato, definisce questa dottrina“satanica”. Essa è: nichilismo (perché tuttodeve essere distrutto), anomeismo (perché ènemica di ogni legge, morale, comandamen-to e religione), esoterismo (perché è dottri-na “mistica” e segreta) ed, infine, gnostici-smo. Impressionante è la somiglianza coipeggiori gnostici (come Carpocrate) (p. 205-206), somiglianza che si spiega con l’origineebraico-cabalistica della gnosi (47). Nel pianosociale, il Frankismo progettava un Sioni-smo senza Sion, ovvero la creazione di unostato ebraico, ma non in Israele (“territoria-lismo”), la distruzione della Religione, dellaChiesa e dello Stato, nonché di ogni morale.

Conclusione

Giunti al termine del nostro studio, unaconclusione si impone. Mi sembra che sidebbano evitare, al proposito, due opposte

Giovanni Paolo II ed il rabbino-capo di Roma Toaf

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attitudini. Da un lato, la conclusione an-drebbe al di là delle premesse, se si affer-masse una identità di pensiero tra AdamMickiewicz e Jacob Frank; ancor più, per-tanto, tra questi e Karol Wojtyla. D’altrocanto, sarebbe ancor più irrealistico negareogni influenza di Frank su Mickiewicz e diquesti su Wojtyla. Resta aperto il campo perstabilire la profondità di queste reciprocheinfluenze. Dopo aver ricordato i suoi più cheamichevoli rapporti d’infanzia con la comu-nità ebraica di Wadowice (48), e quelli, vissu-ti da Vescovo, con la comunità di Cracovia,Giovanni Paolo II si espresse così con Vitto-rio Messori: “Eletto alla Sede di Pietro, con-servo dunque nell’animo ciò che ha radicimolto profonde nella mia vita. In occasionedei miei viaggi apostolici nel mondo cercosempre di incontrare i rappresentanti dellecomunità ebraiche. Ma un’esperienza del tut-to eccezionale fu per me, senza dubbio, la vi-sita alla sinagoga romana. (...) Durante quel-la visita memorabile, definii gli ebrei comefratelli maggiori nella fede. Sono parole cheriassumono quanto ha detto il Concilio, e ciòche non può non essere una profonda con-vinzione della Chiesa. (...) Questo straordi-nario popolo continua a portare dentro di séi segni dell’elezione divina. (...) DavveroIsraele ha pagato un alto prezzo per la sua‘elezione’. Forse attraverso ciò è divenuto piùsimile al Figlio dell’uomo...” (49). Per chi, co-me i nostri lettori, ha seguito il pensiero diMickiewicz sul popolo ebraico, l’influenza diquesti su Giovanni Paolo II è evidente, co-me è evidente l’influenza delle proprie origi-ne ebraiche sullo Mickiewicz.

La ‘pista’ Mickiewicz ci ha portato, loabbiamo visto, all’esoterismo, alla massone-ria, alla cabala. Non è l’unica che si potreb-

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be seguire... Basti pensare a quella di unmaestro diretto di Wojtyla, Mieczyslaw Ko-tlarczyk, che per ammissione dello stessoButtiglione ci conduce alla Teosofia di Ma-dame Blatvasky e alla tradizione ebraica diIsmar Elbogen (op. cit., p. 35, n. 3). E si po-trebbe parlare di Husserl e Scheler, di Solo-viev e Bulgakov (che ci riportano allaSophia presente in Dio), di Buber e Levi-nas... Riservandomi di ritornare su questi te-mi, mi sembra di aver già sufficientementefatto luce sull’origine storica e culturale, senon famigliare, di una delle più celebriespressioni di Giovanni Paolo II grazie allaquale, riprendendo il titolo di un libro delRabbino Toaff, i “perfidi giudei” sono di-ventati i nostri “fratelli maggiori”.

Note

1) H. DE LUBAC, La postérité spirituelle de Joachimde Flore. II. De Saint-Simon à nos jours. Lethielleux,Paris, 1981, p. 281.

2) Giovanni Paolo II si recò al santuario della Men-torella il 29 ottobre 1978, cf Documéntation Catholique,anno 1978, pp. 958-959.

3) R. BUTTIGLIONE, Il pensiero di Karol Wojtyla,Jaka Book, Milano, 1982, pp. 33 e 34 n. 2. “Dapprimasubendo l’influsso dell’ambiente, tutti e tre avevano qua-si perso la fede; Janski era persino tra i membri direttividella scuola filosofico-sociale dei sansimonisti. Rimastoinsoddisfatto nella sua ricerca della ‘verità’ abbandonòla setta e per incitamento del poeta Adamo Mickiewiczfondò con gli altri due la nuova società religiosa con ilproposito di sostenere la fede pericolante degli emigrati edi riformare per mezzo loro l’intera nazione” (Enciclo-pedia cattolica, Città del Vaticano, 1953, vol. X, col.818, voce Resurrezionisti).

4) Per limitarci agli inizi del pontificato, GiovanniPaolo II ha citato Mickiewicz anche nel “Messaggio aipolacchi” del 23 ottobre 1978 (DC n. 1752 del 19/11/78,p. 954, e due volte nel suo primo pellegrinaggio in Polo-nia: il 3 giugno 1979 a Gniezno (“Allocuzione ai giova-ni”, DC n. 1767 (13) del 1/7/79, p. 613) e il giorno suc-cessivo a Jasna Gora (ibidem, p. 614).

5) DE LUBAC, op. cit., pp. 237-238, n. 5.6) Queste notizie biografiche, e le seguenti, sono

desunte dall’Enciclopedia Cattolica, op. cit., VIII, coll.964-965, voce Mickiewicz.

7) Cf BUTTIGLIONE, op. cit., p. 33. Per il testodell’Enciclica, vedi Enchiridion delle Encicliche, Deho-niane, Bologna, 1996, vol. II, nn. 16-23.

8) H. DE LUBAC, op. cit., p. 265, n. 2, ove M. vieneparagonato a Maurice Blondel, Pierre Teilhard deChardin e Hans Urs von Balthasar.

9) W. GODLEWSKI, Les Pélerins de l’avenir,Mickiewski et Lamennais. Revue des sciences humai-nes, 1955; cf H. de Lubac, op. cit., p. 240.

10) Su Napoleone Messia degli Ebrei, cf. A. BAL-LETTI, Gli Ebrei e gli Estensi, Forni [1930] 1827, p. 241.Sul mito di Napoleone che riprende quello più anticodel “grande imperatore”, cf DE LUBAC, op. cit., pp. 255-257, e anche G. VANNONI, Le società segrete, Sansoni,

La morte di Jacob Frank,attorniato dalle sue guardie del corpo

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Firenze, 1985, pp. 165-170. Per i rivoluzionari polacchi,vi era un motivo di più per venerare Napoleone, nelquale vedevano colui che aveva (provvisoriamente) “li-berato” la Polonia dai russi.

11) Enciclopedia Cattolica, op. cit., vol. XII, col.394, voce Towianski.

12) “In mezzo alla lotta Dio fa risuonare/ una cam-pana immensa/ Per un Papa slavo/ Egli ha preparato iltrono.../ Attenti, il Papa slavo viene/ Un fratello del po-polo” (citato da BUTTIGLIONE, op. cit., p. 34).

13) E. ROSA, Una fonte ignorata del modernismo diAntonio Fogazzaro, in Civiltà Cattolica, 1912, III, pp. 3-18; 1913, IV, p. 557 sg. Towianski ebbe discepoli in Ita-lia, specie a Torino. Su di essi, cf ANNAMARIA SANI, Tramodernismo e pacifismo. Il carteggio Favero-Colombo,in Contributi e documenti di storia religiosa - Quadernidel Centro Studi ‘C. Trabucco’, n. 19/1993, Torino, pp.39-68. Fu towianskista addirittura un vescovo, Mons.Luigi Puecher Passavalli (1820-1897) (e simpatizzòMons. Bonomelli), ed ecumenisti furono tutti i towian-skisti, collaborando anche con il pastore valdese e mas-sone Ugo Ianni (1865-1938), che mutuò dal Towianskila teoria della metempsicosi (cf C. MILANESCHI, UgoJanni, pioniere dell’ecumenismo, Claudiana, Torino,1979, p. 113 e M. MORAMARCO, Nuova enciclopediamassonica, Bastogi, Foggia, 1997, II, pp. 30-33). Segua-ce di Towianski fu anche il patriota mazziniano Scovaz-zi, quello che inaugurò nel 1879, al Campidoglio, il bu-sto di Mickiewicz. Su Towianski in Italia esiste ancheun libro che non ho potuto consultare: A. ZUSSINI, An-drey (sic)Towianski. Un riformatore polacco in Italia,Dehoniane, Bologna, 1970.

14) cf DE LUBAC, op. cit., p. 254. Tra i “nuovi Mon-tanisti” è posto anche Luigi XVII, ovvero Charles-Guil-laume Naundorff († 1845), che aveva fondato una chie-sa “cattolica e evangelica”, venendo così condannato daGregorio XVI.

15) Scrive M: “Non si tratta tuttavia - diciamolochiaramente - di riforme, di innovazioni, di rivoluzionireligiose, ma ci si aspetta a una nuova manifestazionedello spirito cristiano. La farfalla che, al levarsi di un so-le primaverile, si eleva sotto il cielo, non è una crisalideriformata, passata o innovata; è sempre lo stesso essere,ma elevato a una seconda potenza di vita; è una crisalidetrasfigurata. Lo spirito cristiano è pronto a uscire dallaChiesa cattolica: solo che il clero ufficiale non ha abba-stanza luce e calore per farlo sbocciare...” (cit. da DE

LUBAC, pp. 268-269). Il Vaticano II non fu “la primave-ra della Chiesa” e la sua “nuova Pentecoste”?

16) M. non è il solo rivoluzionario a magnificare lospirito profetico del controrivoluzionario de Maistre osiano stati influenzati da lui: basti citare Saint-Simon eEnfantin (de Lubac, pp. 26-27 e 33), Comte (p. 32), La-mennais (p. 51), Buchez (p. 114), Laverdant (p. 300),l’occultista abbé Constant, alias Eliphas Levi (p.325),Vintras, altro occultista (p. 330), il già citato Ciezszkow-ski, amico di M., per il quale de Maistre è “l’ultimo deigrandi dottori della Chiesa” (p. 387), Tchaadaev (p. 397).E lascia perplessi l’ammirazione di Baudelaire, l’autorede Les fleures du mal. Certo, uno scrittore non è respon-sabile degli errori di chi lo ammira, ma il fondamento diquesta strana ammirazione il lettore lo troverà nell’arti-colo di don Nitoglia pubblicato su questo numero.

17) La lunga citazione, che ho dovuto tagliare, è delpuro Péguy, come fa notare Lubac. Péguy ammirava M.

18) De Lubac ne trascrive le parti essenziali alle pp.458-463. Io riassumo il sunto che ne dà de Lubac a p. 270.

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19) Tutti sanno come san Giovanni - contrappostoa Pietro come modello di una Chiesa mistica e spiritua-le - è venerato nelle logge massoniche. “Gioachino daFiore poneva l’apostolo beneamato da Gesù al di sopradi tutti gli altri santi. Gli applicava la parola del salmista:‘non lascerai il tuo santo subire la corruzione’. Comequello della madre di Gesù, così il corpo di Giovanninon era stato sepolto... (...) senza conservare questoaspetto, la posterità di Gioachino da Fiore fece, lo abbia-mo visto, costantemente riferimento a san Giovanni. Ècosì che Krasinski ricorre ancora a lui, nella sua ‘Nottedi Natale’, per affidargli l’eredità di Pietro, e non si puònon notare che nel suo racconto ‘il vegliardo dei vegliar-di’ è Pietro, mentre Giovanni, ‘l’uomo vestito di porpo-ra’, si mostra come un giovane capo, padrone dell’avve-nire. Anche nella Massoneria, alla quale appartenneromolti dei personaggi che dal XVIII secolo formano latrama della nostra storia, san Giovanni occupa frequen-temente un posto d’onore” (DE LUBAC, op. cit., pp. 283-284, che espone poi il ruolo che la massoneria attribui-sce a san Giovanni nelle pagine seguenti). Anche tra i“tradizionalisti” attuali, esiste una corrente che attendeil ritorno di san Giovanni, reputato ancora vivo, per ri-solvere la “crisi della Chiesa”!

20) Può essere utile confrontare questa citazione diM. con le parole conclusive del Du Pape di Joseph deMaistre.

21) Sui Filaleti, massoneria di tendenza occultista-martinista, cf A. BARRUEL, Mémoires pour servir à l’hi-stoire du jacobinisme (1818), D.P.F., Chiré, 1973, vol. II,pp. 314, 318, 414; A. MACKEY, Encyclopedia of Freema-sonry, ed. riveduta del 1953, Masonic History Com-pany, Chcago, vol. II, p. 771; L. TROISI, DizionarioMassonico, Bastogi, pp. 166-167; A. MELLOR, Diction-naire de la Franc-maçonnerie et des francs-maçons,Belfond, 1971-1979, p. 184; MORAMARCO, op. cit., vol. Ip. 373 , secondo il quale le disciolte logge di Martinezde Pasqually confluirono nei Filaleti ; N. BERBEROVA,Les Francs-maçons russes du XXe siècle, Noir surblanc/Actes sud, 1990, p. 24 che ci dice come per il Fila-leti russi “le manifestazioni dell’al di là erano la loroprincipale occupazione”: un punto in comune conTowianski e Mickiewicz, occupatissimi a colloquiarecon gli Spiriti (cf ad es. de Lubac, pp. 262, 250, ecc. InM. questa idea si trova già nel suo capolavoro Dziady[Gli Avi] del 1821-1822).

22) BERBEROVA, op. cit., p. 15. MACKEY (op. cit.,vol. 2, pp. 893-894), che riconosce l’affiliazione masso-nica dei decabristi, scrive che già il 1 agosto 1822 Ales-sandro I dissolse tutte le società segrete, preoccupatoper la situazione polacca.

23) Enciclopedia Italiana (Treccani), voceMickiewicz.

24) Jacob Böhme (1575-1624), uno dei più grandicabalisti “cristiani” (era protestante). A cavallo tra ilXVIII e il XIX secolo, i suoi scritti divennero la princi-pale fonte di ispirazione della massoneria “mistica” eromantica. Su di lui, cf P. JULIO MEINVIELLE, Dalla Ka-bala al progressismo, 1970; ed. italiana a cura di don E.Innocenti, col titolo Influsso dello gnosticismo ebraicoin ambiente cristiano, Roma, 1988, pp. 177-184, e DE

LUBAC, op. cit., vol. I, pp. 218-225. B. è un sostenitoredell’elemento femminile nella divinità, come più tardiSoloviev e... Giovanni Paolo II.

25) Su Louis-Claude de Saint-Martin (1743-1803), il‘filosofo sconosciuto”, non mi dilungherò in quanto netratta esaurientemente don Nitoglia nel suo articolo su Jo-

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seph de Maistre esoterico? I due “maestri” di Saint-Martin,Martinez de Pasqually e Böhme (al quale fu iniziato daMadame Boeklin) ci conducono entrambi alla Cabala.

26) De Lubac scrive in nota: “Le Voile d’Isis [la ri-vista che fu palestra di René Guénon] ha pubblicatonell’aprile 1930, n. 124, pp. 269-286, diversi passaggi diM. sotto questo titolo: ‘Il sistema di Jacob Böhme’”. ADresda M. fu nel 1829-30 circa, e poi nel 1832. Nellaprima occasione, M. passò anche a Weimar, dove silegò d’amicizia col poeta ( Rosacroce ed ex Illuminatodi Baviera!) Goethe (cf Lubac, p. 248).

27) Emmanuel Swedenborg, detto “il mago delnord” (1668-1722). Come Towianski e M., e più di loro,Swedenborg “parlava” quotidianamente con “angeli”,spiriti e “defunti”. “Subito dopo la sua morte, numeroseLogge lo adottarono, come, a Parigi, la loggia degli‘Amis réunis’, in seguito ‘Regime dei Filaleti’ o Cercatoridella verità. La sua dottrina vi era mischiata con quelladi Böhme, di Martinez de Pasqually e di altri” (DE LU-BAC, vol. I, p. 263).

28) Naturalmente M.; da un grande valore alla“tradizione”: “Non c’è religione senza una istituzioneche la mantenga; non c’è istituzione veramente viva sen-za la tradizione: vale a dire senza una serie di uominiche ‘tradunt’, che trasmettono di mano in mano la ve-rità”. “Lo Spirito fa vivere la Chiesa, e agisce mediantela tradizione” (citato da DE LUBAC, pp. 263 e 265). Madi quale “tradizione” si parla?

29) Cf DE LUBAC, op. cit., p. 280; Encyclopedia Ju-daica, Macmillan, New-York-Jerusalem, 1971, vol. VII,col.1501, voce M. Il “Simbolo” del M., nei convulsi av-venimenti della rivoluzione del ‘48, ottenne persino ilpermesso della censura ecclesiatica, accordato dal Pa-dre Ventura (1792-1861), anche lui tradizionalista se-guace di Lamennais, che nello stesso anno vide il suonome finire all’Indice con quello di M. Il Ventura aderìpoi, nel 1849, alla Repubblica Romana di Mazzini, pas-sando così dalla “Controrivoluzione” di de Maistre e deBonald, suoi primi maestri, alla “Rivoluzione” liberalee democratica di La Mennais.

30) Non dimentichiamo, infatti, che Israele era al-lora sotto il dominio turco. L’intervento della brigatagiudeo-polacca a fianco della Turchia contro la Russiaavrebbe potuto ottenere una qualche forma di cessionedella Palestina ai giudei da parte dei turchi.

31) R. BUTTIGLIONE, op. cit., p. 39, nota 8.32) Celebre pianista, cantata da Goethe, che di lei

(e della sorella Kasimira) si innamorò. Le due sorelle sichiamavano Wolowski, ed erano nipoti di ShlomoSchorr, battezzato Wolowski (‘bue’ in ebraico si diceshor, e in polacco wol), aiutante di Frank. Maria Wo-lowska sposò un altro frankista, Joseph Szymanowski,generale napoleonico (Mandel, p. 98); sono gli suoceridi M. (Mandel, p. 151). I due fratelli Schorr-Wolowski(Franz-Shlomo e Michael-Nuta) erano i membri più an-ziani della setta (Mandel, p. 160), figli del rabbino Eli-sha Schorr. “Interrogati da un tribunale rabbinico, alcu-ni Frankisti ammisero di aver avuto rapporti sessualicon donne sposate alla presenza e con il permesso dei lo-ro mariti mentre altri confessarono rapporti incestuosi.Esempio probante, ancor prima dell’arrivo di Frank, erala famiglia del rabbino di Rohatyn, Elisha Schorr, la cuifiglia Hanna, una specie di sacerdotessa frankista, arti-colò in esaltazione sessuale interi passi dello Zohar, laBibbia cabbalistica” (Mandel, p. 56).

33) A. MANDEL, Il Messia militante, Arché, Milano,1984, pp. 151-152. Le fonti di Mandel sui rapporti di M.

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col frankismo sono: MIESES, Polacy-Chrzescijanie po-chodzenia zydowskiego (Cristiani polacchi di ascenden-za ebraica), vol. II, p. 119 s.; DUKER, Some cabbalisticand frankist elements in Mickiewicz’ Dziady, in Studiesin Polish Civilisation, 1966, pp. 213 s.; SCHEPS, AdamMickiewicz, ses affinités juives.

34) A. MANDEL, op. cit., p. 86.35) Sabbatai Zevi ebbe particolare successo tra i

marrani ispano-portoghesi. Sulla questione cfr YOSEF

HAYIM YERUSHALMI, Dalla corte al ghetto. La vita, leopere, le peregrinazioni del marrano Cardoso nell’Euro-pa del Seicento; Garzanti, Milano, 1991, capitolo VII.L’A. mette anche in relazione Sabbatianesimo e Seba-stianismo (pp. 273-276). Quest’ultima forma di messiani-smo (ne era adepto Pessoa) sosteneva che il Re porto-ghese Sebastiano, morto nel 1578, sarebbe tornato persalvare il suo popolo, del frattempo sottomesso alla coro-na di Spagna. I sostenitori della leggenda erano proprio imarrani portoghesi, sostenuti dall’”apostolo del Brasile”,il gesuita Antonio Vieira, che proprio nel 1666 aveva an-nunciato il ritorno di Sebastiano (p. 273). Amico deimarrani e nemico dell’Inquisizione, Vieira fu imprigiona-to da quest’ultima per tre anni (1665-1667) (cf C. ROTH,Histoire des marranes, Liana Levi, 1992, pp. 271-275). Èimpressionante la similitudine tra il messianismo nazio-nale portoghese e quello polacco, entrambi originati dalgiudaismo, che in Portogallo ebbe un ruolo di prima im-portanza (ricordiamo che l’indipendenza dalla Spagnariottenuta nel 1640 con la dinastia dei Braganza fu operadei complotti dei marrani, cf Roth, op. cit., p. 86 e 269).

36) A. MANDEL, op. cit., p. 99.37) A. MANDEL, op. cit., p. 103.38) A. MANDEL, op. cit., p. 107.39) A. MANDEL, pp. 126-127. Sull’ordine dei “Fra-

telli Asiatici” o “Fratelli di san Giovanni evangelistad’Asia in Europa”), vedi anche: Jacob Katz, Juifs etfranc-maçon en Europe, Cerf, Paris, 1995, pp. 49-94.

40) A. MANDEL, op. cit., p. 156.41) KATZ, op. cit., p. 63.42) “Gershom Scholem considera Frey una perso-

nalità fuori dal comune e un vero frankista: metà ebreo emetà cristiano; metà cabbalista e metà riformatore; metàgiacobino e metà spia, che cadde vittima delle sue stessemacchinazioni e si portò il suo segreto nella tomba” (A.MANDEL, op. cit., p. 210).

43) A. MANDEL, op. cit., pp. 161-163.44) A. MANDEL, op. cit., pp. 66 e 98-99.45) G. SCHOLEM, Le messianisme juif, Calmann-

Lévy, 1974.46) A. MANDEL, op. cit., p. 85.47) Cf MEINVIELLE, op. cit., cap. I; E. Peterson, ori-

gine della gnosi, in Enciclopedia cattolica, vol. VI, coll.879-882, voce Gnosi.

48) Al riguardo, si può consultare il libro di GIAN-FRANCO SVIDERCOSCHI, Lettera a un amico ebreo. La sto-ria semplice e straordinaria dell’amico ebreo di KarolWojtyla, Mondadori, Milano, 1993. Il testo di Mickiewiczsugli ebrei “fratelli maggiori” è citato a p. 32.

49) Giovanni Paolo II con Vittorio Messori, Varcare lasoglia della speranza, Mondadori, Milano, 1994, pp. 111-112.

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Concludiamo, con questa terza parte, la pub-blicazione dello studio di Don Sanborn “De

papatu materialis” tratto da Sacerdotium n° XVIpars verna 1996. Per l’intelligenza di questapuntata, preghiamo, i lettori di riferirsi alle pri-me due parti, pubblicate in Sodalitium n. 47pag. 4 e n. 48 pag. 23.

IL PAPATO MATERIALEdon Donald J. Sanborn

SEZIONE TERZA:ESPOSIZIONE E DIMOSTRAZIONE

DELLA TESI RISPOSTA ALLEOBIEZIONI

21. ESPOSIZIONE E DIMOSTRAZIONEDELLA TESI.

TESI: Colui che è stato eletto al papato daun conclave convocato legalmente e nella de-bita forma, ma che ha l’intenzione di insegna-re l’errore o promulgare leggi nocive non puòricevere l’autorità papale finché non si ravve-da e rigetti l’errore o le leggi nocive. In altreparole non è Papa formalmente; rimane peròdesignato validamente a ricevere la potestàpapale, vale a dire è Papa materialmente finoalla morte o finché avrà rinunciato o ancorafinché un conclave legale o altra autorità com-petente avrà accertato che la sede è vacante.

Prova della prima parte:

Maggiore: L’autorità papale non è con-ferita da Dio a una persona che, sebbe-ne designata validamente, pone un im-pedimento a ricevere l’autorità papale.

Minore: Ora, chi ha l’intenzione di inse-gnare l’errore o di promulgare leggi noci-ve pone un impedimento a ricevere l’au-torità papale.

Conclusione: Quindi l’autorità papalenon è conferita da Dio in una personadesignata validamente ma che ha l’inten-zione di insegnare l’errore o promulgareleggi nocive.

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Prova della maggiore: Da quanto dettosopra. L’autorità considerata in concreto èformata dall’unione di due parti, una mate-riale e una formale. Questa unione non puòcompiersi se vi è un impedimento, per ana-logia con gli elementi naturali.

Prova della minore: Condizione sine quanon per ricevere l’autorità è che chi la riceveabbia l’intenzione di promuovere il bene co-mune della comunità di cui è capo. Ora il be-ne comune della Chiesa è insegnare la veritàagli uomini, guidarli al cielo attraverso la rettavia e santificarli con sacramenti veri e validi.L’autorità della Chiesa è quindi ordinata es-senzialmente ad insegnare agli uomini la ve-rità, a condurli al cielo attraverso la retta via, asantificarli con sacramenti veri e validi. Dun-que, coloro che non mirano a questi fini pon-gono un impedimento a ricevere l’autorità.

Prova della seconda parte:

Maggiore: La designazione legale al pa-pato si può perdere soltanto in tre modi: 1)per morte del soggetto; 2) per rifiuto o ri-nuncia volontaria del soggetto o 3) per rimo-zione della designazione del soggetto daparte dell’autorità competente.

Minore: Ora colui che è eletto da un con-clave convocato legalmente secondo le debi-te forme ma che ha l’intenzione di insegnarel’errore o promulgare leggi nocive (comeGiovanni Paolo II), e non è morto, né ha vo-lontariamente rifiutato o rinunciato alla de-signazione, né è stato rimosso dall’autoritàcompetente.

Conclusione: Quindi, colui che è statoeletto da un conclave convocato legalmentesecondo le debite forme, ma che ha l’inten-zione di insegnare l’errore o promulgare leg-gi nocive (come Giovanni Paolo II) non haperso la sua designazione legale al papato.

Prova della maggiore: Dal Diritto Cano-nico (Canone 183 § 1): Non si applicano alpapato né il trasferimento né lo scadere deltempo prestabilito.

Prova della minore: Dai fatti. GiovanniPaolo II 1) è vivente, 2) ha accettato la desi-gnazione del Conclave e non vi ha mai ri-nunciato, 3) non è stato rimosso dall’auto-rità competente.

Dottrina

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22. RISPOSTA ALLE OBIEZIONI

Obiezioni alla prima parte della Tesi.

I. È erronea la tesi che attribuisce ai fe-deli il diritto di accusare colui che è statoeletto al papato di non volere il bene del-la Chiesa, perché questo diritto spettasoltanto all’autorità competente.Ora, la Tesi attribuisce ai fedeli il diritto diaccusare colui che è stato eletto al papa-to di non avere l’intenzione di fare il benedella Chiesa. Quindi la tesi è erronea.

Risposta: Distinguo la maggiore: Non spet-ta ai fedeli ma all’autorità competente accusa-re legalmente colui che è stato eletto al papatodi non avere l’intenzione di fare il bene dellaChiesa. Concedo. Non spetta ai fedeli maall’autorità competente accusare privatamentechi è stato eletto al papato di non voler fare ilbene della Chiesa. Nego. E contraddistinguo laminore: la Tesi pretende che i fedeli accusinolegalmente colui che è stato eletto al papato dinon voler fare il bene della Chiesa, Nego; pri-vatamente, Concedo. E nego la conclusione. Ifedeli non hanno il diritto di condannare legal-mente un eletto al papato, hanno soltanto lapossibilità di dare un giudizio privato metten-do a confronto le innovazioni del Concilio Va-ticano II con il magistero e la prassi preceden-ti. La ragione è che i fedeli non possono dare illoro assenso a norme tra loro contradditorie.Poiché il magistero del Concilio Vaticano IIcontraddice il magistero precedente, i fedelinon possono non accusare, con giudizio priva-to, colui che promulga tale “magistero” come ifedeli di Costantinopoli accusarono Nestorio.

II. È erronea, addirittura ha carattere pro-testante, la tesi che attribuisce ai fedeli ildiritto di esaminare con giudizio privatogli atti e il magistero di un concilio gene-rale o del papa. Ora nella Tesi che voi so-stenete, i fedeli esaminano con giudizioprivato gli atti e il magistero di un conciliogenerale o del papa. Quindi la Tesi è er-ronea, ed ha carattere protestante.

Risposta: Distinguo la maggiore: i fedelinon hanno il diritto di esaminare con giudi-zio privato gli atti e il magistero di un conci-lio generale o del Papa in quanto essi (i fe-deli) possono dissentire dal magistero dellaChiesa. Concedo. In quanto non possono

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confrontare il magistero con il magisteroprecedente, Nego. E contraddistinguo la mi-nore e nego la conclusione. I fedeli, di fatto,devono fare il confronto, perché la FedeCattolica è una sola e tutte le sue verità so-no coerenti tra loro. Neanche la verità natu-rale può tollerare la contraddizione perchéciò non è concepibile; e ancor più la con-traddizione ripugna alla verità soprannatu-rale e all’habitus soprannaturale con il qualesi dà il proprio assenso a queste verità.

III. Se c’è contraddizione tra il magisterodel Vaticano II e il magistero precedentei fedeli devono presumere che la con-traddizione sia soltanto apparente e nonreale. Ora secondo la vostra Tesi i fedelinon hanno questa presunzione. Quindi laTesi è erronea.

Risposta: Nego la maggiore perché assur-da. È metafisicamente impossibile dare l’as-senso a due norme dogmatiche tra loro con-tradditorie. Quindi i fedeli non possono darel’assenso al magistero del Concilio VaticanoII e contemporaneamente approvare il magi-stero precedente perché si contraddicono.Dunque, perché i fedeli diano l’assenso nellostesso tempo a tutti e due i magisteri bisogne-rebbe che interpretassero con loro propriogiudizio privato l’uno o l’altro atto di magi-stero affinché diventino coerenti. Ma in talmodo la nozione stessa di magistero è distrut-ta perché i fedeli basandosi sul loro propriogiudizio perdono il motivo soprannaturale diadesione al magistero. Inoltre, ognuno dei fe-deli darebbe una sua interpretazione e ca-drebbe facilmente nell’errore. Anzi, i fedelinon possono stabilire con loro giudizio perso-nale se una contraddizione nel magistero èapparente o reale, ma hanno un solo dovereriguardo alla contraddizione: aderire al magi-stero antecedente e respingere la dottrina chelo contraddice. Interpretare il magistero spet-ta soltanto al magistero e non spetta ai fedeli.

IV. Coloro che accettano la Tesi ed i se-devacantisti in generale, sono simili ai“Vecchi Cattolici” che accusavano ilConcilio Vaticano I di staccarsi dalla tra-dizione della Chiesa promulgando la dot-trina dell’infallibilità pontificia.

Risposta: Non c’è alcuna analogia tra iVecchi Cattolici ed i cattolici di oggi che ri-

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fiutano gli errori del Concilio Vaticano II. Laragione è che nessuno può trovare nel magi-stero della Chiesa la condanna dell’infallibi-lità pontificia. Se Vecchi Cattolici avesseropotuto trovare nel magistero antecedenteche la dottrina dell’infallibilità del Ponteficeè detta “delirio” o condannata come “dottri-na prava” o “rigettata, proscritta e condan-nata” dall’autorità apostolica del Papa ante-cedente, allora a ragione avrebbero rifiutatotale nuova e contradditoria dottrina. Infatticon tali parole Pio IX ha condannato la dot-trina della libertà religiosa. È evidente chequeste parole non sono mai state pronuncia-te con riferimento al dogma dell’infallibilitàpontificia. Quindi il paragone non vale.

V. Coloro che accettano la Tesi ed i se-devacantisti in generale, sono simili aiseguaci di Padre Feeney che interpreta-va a suo modo la dottrina secondo laquale non vi è salvezza al di fuori dellaChiesa.

Risposta: Sono piuttosto coloro che dan-no una interpretazione benevola al ConcilioVaticano II che sono simili a Padre Feeney:essi non cercano di interpretare il ConcilioVaticano II secondo il magistero di coloroche lo hanno promulgato ma danno a questoConcilio una propria interpretazione chedifferisce da quella che gli è stata data dal“magistero” di Paolo VI e di Giovanni Pao-lo II. Interpretare, infatti, non è altro chescoprire il pensiero o l’intenzione dell’auto-re. Ma autore del magistero è colui che inse-gna. Quindi Giovanni Paolo II è l’autenticointerprete del magistero del Concilio Vati-cano II. Altrimenti quando la Chiesa pro-mulga un documento i fedeli cadrebbero inuna interpretazione personale del magisteroe ciascuno adotterebbe una propria inter-pretazione a seconda della propria opinione.Al contrario solo il magistero è l’autenticointerprete del magistero e la Chiesa discentenon ha il diritto di interpretarlo in manierapersonale. Inoltre l’interpretazione che Gio-vanni Paolo II dà al magistero del ConcilioVaticano II è eterodossa non soltanto a pa-role ma anche nei fatti. Quindi giustamente iCattolici respingono questo magistero.

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Obiezioni alla seconda parte della Tesi

VI. Il Canone 188 § 4 dice che colui chepubblicamente si sia allontanato dallaFede cattolica tacitamente rinunzia alsuo ufficio. Ora i “papi conciliari” pubbli-camente si sono allontanati dalla fedecattolica. Quindi hanno rinunciato tacita-mente al loro ufficio. Quindi non sonopapi né formalmente né materialmente.

Risposta: Distinguo la maggiore: il Canone188 § 4 dice che chi pubblicamente si sia allon-tanato dalla Fede cattolica tacitamente rinun-cia al suo ufficio, se la sua imputabilità è pub-blica, Concedo; tuttavia se è occulta Nego. Laragione è che la defezione dalla Fede deve es-sere constatata legalmente, il che avviene ocon una dichiarazione o per notorietà. Ma lanotorietà esige che non soltanto il fatto delreato sia noto pubblicamente, ma che lo siaanche la sua imputabilità (Canone 2197). Ora,nel caso di defezione dalla Fede cattolica oper eresia o per scisma, è necessario per esse-re imputabile che la defezione sia pertinace.Altrimenti la legge diventerebbe assurda:qualsiasi sacerdote che inavvertitamente inuna omelia esprimesse un’eresia sarebbe reodi eresia notoria, con tutte le pene connesse erinuncerebbe tacitamente al suo ufficio. Orala defezione dalla Fede cattolica da parte dei“papi conciliari”, benché sia pubblica riguar-do al fatto, non è pubblica riguardo all’impu-tabilità. Quindi non vi è tacita rinuncia. Ciòche è pubblico, è l’intenzione di questi “papi”di promulgare gli errori condannati dal magi-stero ecclesiastico e una prassi sacramentaleche è eretica e blasfema. Dato che la situazio-ne è questa, si deve concludere che necessa-riamente essi non posseggono l’autorità apo-stolica, né più né meno. Né più, perché soltan-to l’autorità competente può accertare e di-chiarare legalmente la realtà della loro defe-zione dalla Fede cattolica; né meno, perché èimpossibile che l’autorità apostolica, a causadell’infallibilità e dell’indefettibilità dellaChiesa promulghi errori che sono stati con-dannati dal magistero ecclesiastico, e unaprassi sacramentale che è eretica e blasfema.

Istanza: Ma il Canone 188 dice che la ri-nuncia non richiede dichiarazione.

Risposta: Non richiede dichiarazione divacanza dell’ufficio, se la defezione imputa-

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bile è notoria o dichiarata per legge, Conce-do; se la defezione non è notoriamente im-putabile o dichiarata, Nego. In altre parole,è necessario che la defezione pubblica dallaFede cattolica abbia un certo riconoscimen-to giuridico o per notorietà dell’imputabilitào per dichiarazione legale.

Istanza: Ma l’imputabilità della defezio-ne di questi “papi” è notoria.

Risposta: Nego. Perché l’imputabilità sianotoria, è necessario che 1) colui che haespresso l’eresia riconosca pubblicamente diprofessare una dottrina contraria al magiste-ro della Chiesa, come fece Lutero; oppureche 2) dopo essere stato ammonito dall’au-torità ecclesiastica rifiuti pubblicamente det-ta autorità. Ora nei “papi conciliari” non so-no soddisfatte nè l’una nè l’altra di questecondizioni. Quindi l’imputabilità della defe-zione non è notoria.

Istanza: Ma il Canone 2200 presumel’imputabilità se il fatto del reato è statoprovato.

Risposta: Distinguo: presume l’imputabi-lità, quando c’è stata violazione esterna dellalegge, Concedo; presume l’imputabilità quan-do non c’è stata violazione esterna della legge,Nego. Nel caso di defezione dalla Fede catto-lica, la violazione della legge sottintende lapertinacia, se questa manca, la legge non èviolata. Quindi, ove la pertinacia non sia nénotoria né dichiarata per legge, non si puòapplicare il Canone 2200. Penso tuttavia chenon vi sia una vera contraddizione tra coloroche sostengono il Canone 188 ed i sostenitoridella Tesi: tutti concordano che GiovanniPaolo II non possiede l’ufficio del papatoperché possedere l’ufficio è la stessa cosa chegodere dell’autorità o giurisdizione. La Tesiinsegna che Giovanni Paolo II mantiene ildiritto al papato (ius in papatu) cioè mantie-ne una legale designazione al papato. Ora ladesignazione all’ufficio non è possessodell’ufficio. Quindi non vi è incompatibilitàtra le due argomentazioni. Tuttavia, faccianoattenzione i fautori del Canone 188 perchélogicamente la loro argomentazione implicache 1) Giovanni Paolo II è stato eletto legal-mente al papato; 2) che egli, almeno per unperiodo ha avuto il possesso del papato legit-timamente e con pienezza [!], perché nessu-

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no può rinunciare a un ufficio se prima nonl’ha avuto; 3) che Giovanni Paolo II qualepieno possessore del papato è al di sopra deldiritto canonico e perciò questo canone nonpuò essere a lui applicato. La Tesi invero vaoltre il diritto canonico e poggia su nozionifilosofiche dell’autorità stessa che possonoessere applicate persino alla suprema auto-rità del Romano Pontefice.

VII. È impossibile che la materia esistasenza la forma. Ora nella Tesi, la materiadel papa esiste senza la forma del papa.Quindi la Tesi è erronea.

Risposta: Distinguo la maggiore. È im-possibile che la materia esista senza la formacioè che la materia prima esista in atto senzala forma sostanziale, Concedo; che un enteper sé non possa esistere senza determinatiaccidenti, Nego. La sostanza è materiale sol-tanto per analogia riguardo agli accidentiche le sono propri, che a loro volta sono for-mali soltanto per analogia riguardo alla so-stanza, in quanto ne sono perfezioni.

Dalla definizione di accidente risulta evi-dente che la sostanza può sussistere senzaaccidente. Come detto prima, un papa inquanto papa è mero ente per accidens; quin-di è composto di materia e forma soltantolato sensu e soltanto per analogia ad un enteper sé. La designazione alla carica del papa-to genera un diritto in colui che possiede ladesignazione, inoltre anche la stessa autoritàè un diritto e questi sono soltanto accidenti.È assolutamente chiaro che un uomo puòesistere senza questi accidenti e può posse-dere la designazione senza tuttavia possede-re anche l’autorità.

VIII. Se gli elettori non hanno il diritto dieleggere un papa, allora la persona da lo-ro eletta non è veramente designato alpapato. Ora gli elettori dei “papi del con-cilio” non hanno il diritto di eleggere per-ché sono eretici. Quindi chi è eletto da lo-ro non è veramente designato al papato.

Risposta: Concedo la maggiore. Nego laminore e la conclusione. Gli elettori dei “pa-pi” del concilio cioè Paolo VI, GiovanniPaolo I e Giovanni Paolo II hanno il dirittodi eleggere perché non hanno perso questodiritto a causa di eresia per parecchie ragio-ni: 1) la loro defezione dalla Fede cattolica

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non è né dichiarata né notoria per la ragionedetta sopra (Obiezione VI). Quindi non c’èné tacita rinuncia né censura; 2) il diritto dieleggere non è giurisdizione. Non è un dirit-to di legiferare. Non è un ufficio. È una purafacoltà morale di designare legalmente coluiche deve ricevere l’autorità suprema. Quindiper possedere e per esercitare questo dirittonon si richiede null’altro se non che qualcu-no sia legalmente designato da chi ha il dirit-to legale di designare gli elettori del papa. Ilpossesso dell’autorità, cioè il diritto di legi-ferare esige che il possessore abbia l’inten-zione di dirigere la Chiesa ai fini che le sonopropri, invece il possesso del diritto di desi-gnazione richiede soltanto che il possessorevoglia il bene della continuità della gerar-chia della Chiesa. Ora gli attuali elettori, an-che se in generale sono favorevoli al Conci-lio Vaticano II e al Novus Ordo, voglionoobiettivamente il bene della continuità dellagerarchia ecclesiastica. Quindi, possiedonovalidamente e legalmente il diritto di desi-gnare, e colui che è stato eletto è stato elettovalidamente e legalmente e possiede un di-ritto legale al papato.

IX. Colui che riceve il diritto di eleggereda un non-papa non ha un diritto validoe legale a eleggere un vero papa. Ora glielettori dei “papi del concilio” sono desi-gnati elettori da un non-papa. Quindi,non hanno un diritto valido e legale adeleggere un vero papa.

Risposta: Distinguo la maggiore. Coluiche riceve il diritto di eleggere il papa da chinon è papa neanche materialmente, Concedo;da chi non è papa soltanto formalmente, Ne-go. Contraddistinguo la minore e nego laconclusione. La ragione è che, come ho dettoprima, l’autorità ha un duplice oggetto: uno,che riguarda il legiferare, l’altro che riguardala continuità del corpo della Chiesa. Propria-mente parlando, l’autorità, che è il diritto dilegiferare, riguarda il primo oggetto e provie-ne direttamente da Dio; invece il diritto didesignare che propriamente parlando non èautorità, riguarda l’altro oggetto e provienedalla Chiesa. Ora colui che è stato eletto alpapato riceve in sé l’autorità subito dopo cheha accettato l’elezione, purché non ponga al-cun ostacolo a ricevere l’autorità, come hodetto prima. Quindi, può succedere che coluiche è stato eletto al papato riceva in sé il di-

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ritto di designare, che riguarda la continuitàdel corpo della chiesa, ma non riceva l’auto-rità che riguarda l’emanare leggi; in tal casoil papa eletto (cioè papa solo materialmente)designerà validamente e legalmente gli elet-tori dei papi, ma non potrà validamente e le-galmente legiferare. Questo è il caso dei “pa-pi del concilio”, che quindi designano valida-mente e legalmente gli elettori dei papi, an-che dei papi del Novus Ordo.

X. Chi non è membro della Chiesa nonpuò esserne il capo. Ora “i papi del con-cilio” non sono membri della Chiesa.Quindi non possono esserne il capo.

Risposta: Distinguo la maggiore. Chi non èmembro della Chiesa non può esserne il capoformalmente, Concedo, non può esserne il ca-po materialmente, Nego. La ragione è che es-sere capo materialmente, come detto prima,implica soltanto la designazione a ricevere ilpapato; ma la forma, che è l’autorità, esigeche il designato sia membro della Chiesa. Peresempio, Sant’Ambrogio è stato designatoall’episcopato di Milano quando era ancoracatecumeno (dunque, non era battezzato edera al di fuori della Chiesa). Se avesse rifiuta-to il battesimo, non avrebbe potuto riceverel’autorità, ma sarebbe ugualmente rimasto ve-scovo-eletto finché questa designazione nongli fosse stata tolta. Ma anche qualora qualcu-no voglia rigettare questo argomento, sarà ne-cessario distinguere la minore: i “papi del con-cilio” non sono membri della Chiesa di frontea Dio e in realtà, Concedo: come soltanto pro-babile in quanto soltanto probabilmente sonoostinati nell’eresia; essi non sono membri del-la Chiesa di fronte alla legge, Nego: in quantola loro pertinacia nell’eresia non è né provatané presunta dalla legge. Tutta la forzadell’obiezione dipende dalla possibilità di di-mostrare la loro pertinacia e questo, senzauna dichiarazione della Chiesa, è estrema-mente difficile. Inoltre, qualora esistesse undubbio riguardo alla loro pertinacia o alla loroimputabilità, la presunzione di legge sarebbea favore dell’imputato e la prova cadrebbe.

Istanza: Anche gli eretici che errano inbuona fede non sono membri della Chiesa.

Risposta: Distinguo: gli eretici che sononati in sètte non-Cattoliche, che errano inbuona fede, non sono membri della Chiesa,

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Concedo; però gli eretici che sono stati bat-tezzati nella Chiesa Cattolica, che errano inbuona fede, non sono membri della Chiesa,Nego. Questa distinzione è della massimaimportanza e coloro che non la fanno cado-no in una grande confusione. La ragione èche coloro che hanno ricevuto il battesimosono legalmente membri della Chiesa finchénon cessano di esserlo 1) per eresia notoriae pertinace; 2) per scisma pertinace e noto-rio; 3) per apostasia pertinace e notoria; 4)per scomunica. Le prime tre ragioni implica-no la pertinacia, perciò non hanno valoreper questo argomento. La scomunica puòessere o latæ sententiæ o dichiarata. Nellaprima, l’argomento non vale perché le cen-sure contro l’eresia richiedono l’imputabilità(vale a dire pertinacia) notoria. Se invece lascomunica è stata dichiarata l’argomento èvalido. Se invece la scomunica non è statadichiarata, l’argomento non è valido. Ora lascomunica non è stata dichiarata, quindil’argomento non è valido. Coloro che sononati in sette non cattoliche, anche se abbia-no errato in buona fede, legalmente si presu-me che siano ostinati nell’errore, quindi so-no legalmente al di fuori della Chiesa anchese possono essere membri della Chiesa perdesiderio.

Istanza: Il Canone 2200 § 2 presumel’imputabilità quando c’è violazioneesterna della legge.

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Risposta: Questa è una petitio principii.Invocare il canone 2200 è un circolo viziosoperché la violazione della legge nel caso dieresia richiede la pertinacia. Si legga la legge(canone 1325 § 2): se uno, dopo aver ricevutoil battesimo, pur mantenendo il nome di Cri-stiano con pertinacia nega o dubita di qualcheverità di fede divina e cattolica che deve esserecreduta, è eretico; se abbandona completa-mente la fede cattolica, è apostata; se infinenega la sottomissione al Sommo Pontefice orifiuta la comunione con i membri della Chie-sa a lui soggetti, è scismatico. Quindi, non c’èviolazione esterna della legge laddove nonc’è pertinacia esterna. Ma anche se si vuoleapplicare il canone 2200 § 2, la presunzionedi imputabilità nella violazione della leggecontro l’eresia non ha nessun valore senzauna dichiarazione della Chiesa, perché lapresunzione deve cedere davanti ai fatti. Defacto tuttavia, non è certo che questi “papi”siano eretici ostinati, né c’è un’autorità com-petente o un tribunale in grado di dichiarareil fatto della pertinacia. Tutta l’argomenta-zione vacilla per la difficoltà di provare o ad-dirittura di presumere la pertinacia. In altreparole quando l’autorità manca o quandocessa di operare nasce una grande confusio-ne e la certezza nelle questioni legali diventaestremamente difficile se non impossibile.Questo discorso finisce sempre in un discor-so sulla pertinacia di questi “papi” dal quale,a mio parere, non c’è via di uscita.

DUE LINEE PER CAPIRE FACILMENTE LA TESIGIOVANNI PAOLO II

LINEA MATERIALE

1) È papa materialmente2) Possiede il diritto al papato3) È papa secundum quid4) Può designare altri agli uffici5) È eretico materialmente (perché l’im-putabilità non è né notoria né dichiarata)6) È membro della Chiesa davanti allalegge della Chiesa (perché l’imputabilitànon è né notoria né dichiarata)7) Non ha tacitamente rinunziato all’uffi-cio (perché l’imputabilità non è né noto-ria né dichiarata)

LINEA FORMALE

1) Non è papa formalmente2) Non possiede l’autorità papale3) Non è papa simpliciter4) Non può legiferare5) È eretico formalmente in realtà e da-vanti a Dio (se pertinace)6) Non è membro della Chiesa in realtà edavanti a Dio (se pertinace)

7) Ha rinunciato tacitamente all’ufficio inrealtà e davanti a Dio (se pertinace)

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XI. La Tesi è assurda perché afferma cheuno può nello stesso tempo essere enon essere papa.

Risposta: coloro che esprimono questaobiezione non capiscono la reale distinzioneesistente tra atto e potenza né la distinzionetra non-ente simpliciter e ente in potenza.Consigliamo loro di consultare dei manualidi filosofia aristotelico-tomista.

XII. La Tesi non ha nessun fondamentonel Diritto Canonico.

Risposta: Nego. Se cercate nelle questioniriguardanti la vacanza degli uffici ecclesiasti-ci troverete la distinzione tra uffici che sonovacanti 1) de jure e de facto; 2) de jure manon de facto; 3) de facto ma non de jure. LaTesi sostiene che l’ufficio del papato è vacan-te de facto ma non de jure in questo senso:Giovanni Paolo II de facto non possiede l’uf-ficio del papato ma possiede un diritto al pa-pato dal momento che non c’è stata nessunadichiarazione contraria da parte di un’auto-rità competente (1). In altre parole, GiovanniPaolo II è titolare legale del papato ma nonha il possesso del papato perché pone unostacolo a ricevere l’autorità.

APPENDICE II:CONFERMA DELLA TESI DAGLI

SCRITTI DI TOMASO DE VIOCARDINALE GAETANO

De Comparatione Auctoritatis papae et Concilii, c. XX (2).

Premessa la certezza dei seguenti trepunti, cioè che il Papa per il fatto che è di-ventato eretico non è automaticamente de-posto per diritto umano o divino, e che il Pa-

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pa non ha superiore in terra e che il Papa sedevia dalla fede deve essere deposto, comedetto nel cap. Si Papa, XL D., rimane unagrande incertezza quanto al come e da chi ilPapa da deporre debba essere giudicato peressere effettivamente deposto, perché ungiudice in quanto giudice è superiore a chi ègiudicato.

Perciò l’Apostolo nella lettera ai RomaniXIV, 4 dice: “Chi sei tu, che vuoi giudicare ilservo altrui? Per il suo padrone sta o cade” eSan Tommaso nella IIa IIae, q 67 dichiarache il giudice può giudicare soltanto il suddi-to e come è detto anche nelle Decretali D.XXI, cap. Inferior.

Se infatti il Papa deve essere giudicato edeposto da un Concilio Universale, ne con-segue immediatamente che, rimanendo Pa-pa ha sopra di sé il Concilio Universale, perlo meno in caso di eresia. Se invece né ilConcilio, né la Chiesa sono al di sopra delPapa, ne consegue immediatamente che unPapa che devia dalla fede debba essere giu-dicato e deposto e tuttavia nessuno possagiudicarlo e deporlo. E questo è assurdo.

Che diremo dunque per evitare questidue estremi? Non possiamo fare altro che ri-volgerci alla via mediana, alla quale si arrivadifficilmente: nel cui raggiungimento consi-ste quella virtù che normalmente risolvemolte questioni.

Diciamo quindi che esistono due vieestreme, ambedue false. Una è quella percui il Papa diventato eretico è deposto ipsofacto per diritto divino, senza giudizio uma-no: l’altra è quella per cui il Papa, rimanen-do Papa, in terra ha sopra di sé un potere su-periore dal quale può essere deposto.

Ma la via mediana si divide ancora indue: una dice che il Papa non ha assoluta-mente superiori in terra, ma che in caso di

1) «È detto vacante l’ufficio privo di titolare o di possessore. Il canone 183 § 1 elenca i casi di vacanza: morte, ri-nuncia, rimozione, destituzione, trasferimento, scadenza tempo prstabilito dall’atto di provvisione. La diversità diqueste cause permette di distinguere diverse specie di vacanza: l’ufficio può essere vacante plene, cioè de jure e defacto, e questo si verifica quando non c’è titolare, né possessore attuale in seguito a morte. Può essere vacante “mi-nus plene”, o de jure tantum non di fatto, quando non c’è titolare legittimo ma è affidato a un possessore attuale pri-vo di titolo; può infine essere vacante improprie, cioè di fatto ma non di diritto, quando c’è un titolare in regola chenon ha il possesso, sia che abbia perso, sia che non abbia ancora potuto prendere detto possesso.Tale sarebbe il casodel parroco non ancora immesso nel possesso.

La provvisione di un ufficio vacante solo de jure non può aver luogo se non alle seguenti condizioni: la vacanzadeve essere notificata in una dichiarazione conforme alle prescrizioni di legge e che dimostri che il possessore attua-le dell’ufficio è privo di titolo legittimo. Menzione di questa dichiarazione deve essere fatta nell’atto di provvisionedel nuovo titolare dell’ufficio» (Can. 151) [R. NAZ: art. “Offices Ecclesiastiques” in Dictionnaire de Droit Canoni-que, Paris: Letouzey et Ané, 1957, Tomo VI, col 1086 & 1087. Probabilissimamente il can. 151 non riguarda la prov-visione del papato, ma questo canone dimostra il principio generale che l’autorità competente deve riconoscere le-galmente che l’ufficio è vacante.

2) Confronto tra Autorità del papa e Autorità del Concilio, Ediz. Istituto Angelicum, Romæ 1936.

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eresia ha come superiore in terra la Chiesauniversale, l’altra dice che il Papa né simpli-citer né per un singolo caso particolare ha unsuperiore in terra ma è sottoposto al potereministeriale della Chiesa universale soltantoper quanto concerne la destituzione.

La prima via è fondata nella forza coerci-tiva e giudicativa della Chiesa su Pietro Pa-pa in caso di eresia: infatti per essere giudi-cati bisogna essere sudditi e costretti. Que-sta è la via comunemente seguita per quantoho visto sin qui.

Contro questa via c’è il fatto che, come ab-biamo visto, il Papa per diritto divino è al disopra del Concilio e della Chiesa; ne consegueche se in qualche caso particolare ne è suddi-to, bisognerebbe che questa eccezione fossestabilita dal diritto divino. Infatti è evidentecome nessun altro diritto inferiore possa sta-bilire questa eccezione. Ora nel diritto divinoquando si stabilisce l’eccezione del caso dieresia non si parla di soggezione bensì di se-parazione, come appare chiaramente in ognu-no dei testi della Sacra Scrittura allegati:Num. XVI, 26 è detto: “Allontanatevi”; adGal. I, 8: “Anatema”, vale a dire: “sia separa-to”; ad Thess. III, 6: “Sottraetevi”; 2 ad Cor.VI, 7: “Non lasciatevi mettere il giogo”; 2 Joan.XI: “Non ricevete, né dite AVE”; ad Tit. III,10: “Evita”. In breve, in nessun luogo trovoche il diritto divino parli di superiorità o infe-riorità in caso di eresia, ma soltanto di separa-zione. Infatti è noto che la Chiesa può sepa-rarsi dal Papa soltanto mediante quella pote-stà ministeriale con la quale può eleggerlo.Dunque, dal fatto che per diritto divino è sta-to sancito che l’eretico sia evitato e sia estra-neo alla Chiesa, non occorre che vi sia unapotestà maggiore di quella ministeriale: percui essa è sufficiente e si trova nella Chiesa.

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A conferma di ciò si noti che non si deveattribuire al diritto divino quanto non si tro-va in esso o non consegue necessariamenteda ciò che vi è espresso. Ora nel diritto divi-no non si parla in senso stretto di un poteresopra il Papa in caso di eresia, e neppure losi può dedurre come conseguenza necessariadel diritto divino. Quindi si prova la minore:che non esista, penso sia evidente a chi leg-ge. Dico “penso” perché uno scisma immi-nente mi ha indotto inaspettatamente a scri-vere questo breve saggio nello spazio di duemesi. E che in verità non si possa dedurre,appare evidente dal fatto che, poiché nonconviene moltiplicare gli enti senza neces-sità, meglio è stabilire un principio che stabi-lirne molti. Poiché la potestà ministeriale èsufficiente, non c’è bisogno di un’altra.

Sarà dunque la via mediana anche la ve-ra via, perché un Papa diventato eretico eche perseveri nell’eresia, in terra ha una po-testà non a lui superiore, ma una potestà mi-nisteriale per la sua destituzione.

Quindi, per provare ciò, risalendo un po-chino più indietro, bisogna premettere trepunti. In primo luogo: nel papa vi sono treelementi, il papato, la persona che è papa,per esempio Pietro, e l’unione di questi dueelementi cioè il Papato in Pietro e da questaunione risulta Pietro Papa.

In secondo luogo: riconoscendo e applican-do ogni causa all’effetto che le è proprio, tro-viamo che il papato proviene immediatamenteda Dio, Pietro proviene da suo padre, ecc; mal’unione del Papato in Pietro, dopo che il pri-mo Pietro è stato istituito in maniera immedia-ta da Cristo, non viene da Dio ma da un uo-mo, come appare evidente; perché avviene at-traverso una elezione da parte di uomini.

A causare questo effetto concorrono dueconsensi umani, cioè quello degli elettori equello dell’eletto: infatti è necessario che glielettori volontariamente eleggano e che lapersona eletta volontariamente accetti l’ele-zione, altrimenti non accade nulla. Quindi,l’unione del Papato in Pietro non provieneda Dio in maniera immediata ma medianteun ministero umano, sia dalla parte deglielettori, sia dalla parte dell’eletto.

Il ministero umano per produrre questaunione non agisce come quando si uniscel’attivo al passivo o il fuoco alle stoppie o lavirtù della passione di Cristo al soggetto, co-me fà chi battezza e amministra i sacramen-ti, perché qui non viene unito nessun attivo

S. Pietro Apostolo

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ma la sola volontà umana degli elettori edell’eletto: Non sarebbe facile immaginarequalche cosa d’altro di attivo. Ma dal fattoche l’unione del papato con Pietro è un ef-fetto della volontà umana, quando la stessacostituisce Pietro Papa ne consegue che ben-ché Papa dipenda soltanto da Dio in esse ein fieri, tuttavia Pietro Papa dipende anchedall’uomo in fieri. Infatti Pietro è fatto Papadall’uomo quando, eletto dagli uomini, l’uo-mo eletto accetta, e così il papato è unito aPietro.

In terzo luogo: poiché sicuramente nullaè tanto naturale come il fatto che ogni cosaaccada per mezzo di determinate cause, in-versamente (è naturale che) per la medesimecause si annulli, com’è detto nel cap. Omnis,de regulis juris; quindi Pietro Papa, che ha lapropria causa nel consenso suo e degli elet-tori, dalla stessa causa in senso contrario puòessere annullato. E ciò è stato stabilito colfatto di Celestino V, e dalla Decretale di Bo-nifacio VIII, in VI°, de renunciatione, cap. I.

Da queste tre premesse in primo luogoappare certo e senza ombra di dubbio chePietro Papa, e nell’essere fatto e nell’esseredisfatto, dipende da una potestà umana nonsuperiore o uguale alla potestà del Papa, maminore perché né per fare da Pietro non Pa-pa a Pietro Papa né per fare da Pietro Papaa Pietro non Papa è necessaria un’altra fa-coltà se non la facoltà della volontà umana,cioè dell’eletto e degli elettori. Né nella que-stione di cui ci occupiamo si deve guardarela buona o cattiva coscienza, o se sono mossida buona o cattiva intenzione o ragione; inquesta questione basta attenersi ai fatti per-ché in verità Pietro sia o non sia Papa.

Che anche questa potestà sia inferiore al-la potestà del Papa è evidente anche senzaaltra prova dal fatto che, morto un Papa, an-che senza decisione di diritto positivo questapotestà si trova nella Chiesa e non si estendea quelle cose alle quali si estende l’autoritàdel Sommo Pontefice: altrimenti vi sarebbe-ro nella Chiesa due supreme potestà e Cristonon avrebbe istituito un regime ecclesiasticomonarchico. E siccome il pari non ha poteresul proprio pari, i Pontefici non avrebberopotuto imporre a questa potestà il modo diesecuzione: cioè per mezzo di chi, da quantie come debba aver luogo l’elezione e l’inva-lidità dell’atto, se sarà stata fatta diversa-mente. Tutto ciò dimostra che questa pote-stà non è né minore né pari ma inferiore alla

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potestà del Papa; infatti è proprio di unavirtù superiore disporre con autorità riguar-do a un atto di un inferiore cosicché, se com-piuto diversamente, non sia valido, come sitrova nella questione di cui ci occupiamo.

In secondo luogo è certissimo che unacosa è aver potestà al di sopra della congiun-zione da fare o da disfare di Pietro e del Pa-pato, altro è aver potestà sul Papa. Dal fattoche la potestà minore del papato, cioè lasemplice volontà dell’eletto e degli elettori,può fare o disfare questa unione e che unapotestà di tal genere essendo minore del pa-pato non ha potere sopra il Papa, chiara-mente si dimostra che una cosa è aver pote-re sopra quell’unione e altra cosa è aver po-tere sopra il Papa. Quindi non si trova pote-stà sopra il Papa se non in Nostro SignorGesù Cristo, invece la potestà sopra l’unionedel papato e di Pietro si trova in terra e a ra-gione, perché il papato è opera di Dio im-mediatamente mentre l’unione del papato edi Pietro è opera nostra.

Né tu che ti professi filosofo stupirai delfatto che si trovi una potestà sopra l’unionedella forma con la materia, che non è soprala forma, perché l’unione della forma con lamateria viene dopo. Il tuo stupore cesserà seavrai considerato che l’unione della forma edella materia può essere considerata da duepunti di vista, dalla parte della materia e dal-la parte della forma e che ciò che ha poteresopra l’unione della forma e della materia daparte di tutte e due o da parte della forma haanche potere sopra la forma, ma ciò che hapotere sopra quell’unione dalla parte dellamateria non è necessario che abbia poteresopra la forma, come è evidente nella gene-razione dell’uomo. “Il sole e l’uomo genera-no l’uomo” (3) che consiste nell’unione delcorpo e dell’anima intellettiva o risulta daquell’unione e si sa che il sole e l’uomo nonhanno potere sopra l’anima intellettiva cheviene dal di fuori, ma hanno potere sopraquell’unione da parte del corpo, che è mate-ria. Così accade nella questione di cui ci oc-cupiamo: infatti il papato e Pietro sono comemateria e forma e solo Gesù Cristo ha poteresopra la loro unione dalla parte del papato edi conseguenza di tutte e due le parti, e perquesta ragione lui solo può porre dei limiti estabilire la potestà del Papa; la Chiesa ha po-tere sopra la loro unione soltanto da parte di

3) Aristotele, Phys, II, 2

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Pietro e per questa ragione non può nulla so-pra il Papa, ma soltanto sopra l’unione.

E poiché la rimozione del Papa sia per ri-nunzia, sia per destituzione, sia per espulsionenon è dissolvimento del papato né di Pietroma dell’unione del papato e di Pietro, perciòoccorre che con la massima diligenza e pru-denza quando si tratta della rimozione di unPapa si abbia sempre alla mente che ciò nonnecessita di una potestà superiore al papa, masuperiore all’unione tra Pietro e il papato.

Per essere più chiari: bisogna sapere cheè certo che Pietro Papa vivente può essererimosso dal papato in tre modi: primo, perespulsione da parte di Nostro Signor GesùCristo; secondo per propria rinunzia sponta-nea; terzo per destituzione non voluta pereresia incorreggibile, da parte della Chiesa.Ma in tutti questi modi non cessa di esistereil papato e neanche Pietro; viene meno sol-tanto l’unione dei due, ma in maniera diver-sa per ognuno dei modi. Nel primo modo,cioè per espulsione da parte di Nostro Si-gnor Gesù Cristo quell’unione è sciolta dauna potestà superiore non soltanto rispettoall’unione, ma anche rispetto al papato: in-fatti l’autorità del Signore sta sopra quel-l’unione dalla parte della forma. E poiché,come è stato detto, non c’è altra potestà aldi sopra del Papa e per questo nessun’altrapotestà può toccare quest’unione dalla partedella forma, ne consegue che nessun’altrapotestà possa rimuovere il Papa come po-tenza superiore al Papa, ma questo è pro-prio del nostro Salvatore.

E proprio in questa maniera deve essereinterpretato quanto dice Papa Anacleto D.LXXIX, Eiectionem che afferma: “Il Signoreriservò a se stesso l’espulsione dei SommiPontefici”. Infatti la differenza tra il Papa egli altri Pontefici si trova in questo, che gli al-tri Pontefici possono essere espulsi da unapotestà superiore alle stesse potestà dei Pon-tefici, il Papa invece no; perché nella Chiesaterrestre si trova una potestà superiore allapotestà giurisdizionale del vescovo, ma nonsi trova una potestà superiore alla potestàdel Papa. Da ciò deriva che il Signore ha ac-cordato al Papa la loro espulsione con l’attri-buirgli una potestà superiore, ma ha riserva-to per sé l’espulsione del Papa non conce-dendo a nessuno una potestà superiore aquella del papato. Quindi, se Papa Giovanniespellesse un vescovo dalla pienezza dellapotestà, questo vescovo sarebbe espulso e

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non avrebbe più potestà di giurisdizione, manella Chiesa il Signore non ha lasciato nessu-na potestà che possa agire allo stesso modocontro Pietro Papa. Nel secondo modo, cioèper rinuncia e nel terzo, cioè per destituzio-ne, quell’unione viene sciolta non da una po-testà che sta sopra al papato ma da una pote-stà che sta sopra soltanto all’unione, perchéné la volontà di Pietro né la volontà dellaChiesa sono sopra al papato ed è proprio daqueste volontà che quell’unione proviene eviene sciolta, come appare evidente.

Poiché dunque è certo che un Papa che èdiventato eretico incorreggibile non è auto-maticamente destituito e deve essere desti-tuito dalla Chiesa e che la Chiesa non ha po-testà sopra il Papato, e che la Chiesa ha po-testà sopra l’unione di Pietro con il Papato,in quanto è opera sua, bisogna dire che,quando Pietro, diventato eretico incorreggi-bile viene deposto dalla Chiesa è giudicato edeposto da una potestà superiore non al pa-pato ma all’unione tra il papato e Pietro.

Nota: questo scritto del Cardinal Gaetano,risalente al 1511, conferma la nostra tesi inquanto espone chiaramente la distinzione e sepa-rabilità, nel Papato, di un elemento formale daun elemento materiale. La Tesi tuttavia, nonsposa di per sé né la posizione del Gaetano (PapaHæreticus deponendus est) né quella del Bellar-mino (Papa Hæreticum depositus est), poiché fatotalmente astrazione dal caso del “Papa eretico”.

Sodalitium

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L’APOCALISSE SECONDO CORSINI

don Francesco Ricossa

“Jésus annonçait le royaume, et c’estl’Eglise qui est venue”. Basta nominare

Loisy, lo sventurato capofila del moderni-smo, per ricordarsi di questa celebre frasetratta dal suo L’Evangile et l’Eglise. San PioX l’aveva in mente, quando, nel decreto La-mentabili, condannò, tra le altre, questa pro-posizione (n. 52): “Fu estraneo alla volontàdi Cristo istituire la Chiesa come società chedovesse durare sulla terra per una lunga seriedi secoli; anzi, nel pensiero di Cristo, il Re-gno dei Cieli era sul punto di venire con la fi-ne del mondo” (DS 3452). Infatti, non si puòdistruggere meglio in un sol colpo tutto ilcristianesimo: se Gesù si è sbagliato nell’an-nunciare come ormai prossima la fine delmondo, allora egli era un illuso, un falsoprofeta, una pura creatura fallibile ed esalta-ta, ed i suoi discepoli dei mistificatori chehanno sostituito la Chiesa al Regno dei Cieliatteso invano per troppo tempo.

Loisy non inventava nulla. Riprendeva ivaneggiamenti di Weiss (1892), volgarizzatida Renan. Pochi sanno che l’escatologismo(così si chiama il sistema secondo il qualeGesù avrebbe predicato essenzialmente l’im-minente fine del mondo) è da tempo squali-ficato tra gli esegeti, per essere vissuto solopiù dai Testimoni di Geova e altri Avventi-sti... Purtroppo, anche tra le persone coltenelle scienze profane, vige il pregiudizio ac-cettato come verità evidente: Gesù ha predi-cato l’imminente fine del mondo, ed i suoidiscepoli l’attendevano spasmodicamente.

Mons. Spadafora

Gli esegeti cattolici hanno ampiamenterisposto a questa obiezione. Tra questi, il piùradicale nemico dell’escatologismo è Mons.Francesco Spadafora, già docente alla Ponti-ficia Università del Laterano, purtroppo re-centemente deceduto. La confutazione diquesto errore è ricorrente in quasi tutte lesue opere: ricordiamo: Gesù e la fine di Ge-rusalemme (1950), per quel che riguarda ilcosiddetto discorso escatologico di Gesù neivangeli sinottici (Lc, 17, Mt 24, Mc 13, Lc 21,che non annunciano la fine del mondo, ma ladistruzione di Gerusalemme e del Tempio),

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e L’escatologia in san Paolo (1957), per quelche riguarda soprattutto le due epistole aiTessalonicesi. La Parusia, o venuta del Si-gnore, indica, nel vangelo come nel testopaolino, l’intervento del Signore in aiuto del-la Chiesa perseguitata dalla Sinagoga: “la fi-ne della nazione giudaica sarà la liberazioneper la Chiesa” (SPADAFORA, Dizionario Bi-blico, voce Escatologia). Per quel che riguar-da l’Apocalisse (cf Dizionario Biblico),Mons. Spadafora, seguendo il suo maestro,Mons. Antonino Romeo (cf la voce Apoca-lisse dell’Enciclopedia Cattolica, redatta dalRomeo), abbraccia la posizione del P. Allo,rifiutando l’esegesi “escatologica” (secondola quale con l’Apocalisse “avremmo la predi-zione degli eventi che precederanno immedia-tamente e accompagneranno l’apparizionedell’Anticristo, la sua lotta, la sua sconfitta de-finitiva, col giudizio finale. Molti cadderonell’errore del millenarismo letterale...”) co-me quella che vede nell’Apocalisse la descri-zione delle epoche o ére della storia dellaChiesa (che tanto fu diffusa da Gioachino daFiore). Eppure, chi non ha pensato, nellapropria vita, e specialmente durante i periodidi crisi della storia e per la Chiesa, che l’ulti-mo libro della Scrittura non parlasse proprio,con espressioni misteriose e terribili, dellecose che avverranno alla fine del mondo edella Chiesa? Scrisse al proposito il cardinalBillot: “Tra i pregiudizi che concernono i li-bri della Sacra Scrittura, non ce n’è di più ge-neralmente diffuso di quello che sostiene chel’Apocalisse è, se non esclusivamente almenonella sua parte principale, la profezia della fi-ne dei tempi, dei segni che la preannunciano,degli avvenimenti che la precederanno, dellecatastrofi che l’annunceranno. Interrogate, ineffetti, a questo soggetto, la maggior parte dicoloro che s’interessano alle questioni religio-se, e che hanno in materia una certa prepara-zione: immancabilmente, con ben poche ecce-zioni, vi risponderanno che, innanzitutto,l’Apocalisse è un libro sibillino che non valela pena tentare di decifrare, poiché quelli chehanno tentato di farlo hanno miserevolmentefallito; che, di più, se la sua comprensione èriservata forse al futuro, per il momento, al-meno, non se ne sa vagamente che una solacosa: che si tratta di predizioni riguardantil’anticristo, le ultime lotte della Chiesa, la su-prema persecuzione, la venuta di Enoc e diElia, l’apparizione del giudice dei vivi e deimorti, le assisi generali dell’umanità con quel-

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lo che ne seguirà negli eterni castighi e nellericompense eterne. Ma quanto sembrerebbeloro strana, incredibile e soprattutto parados-sale l’opinione di colui che, anche appoggian-dosi sulla grande autorità di Bossuet, cerche-rebbe timidamente di sostenere che la partedell’Apocalisse che concerne immediatamentee direttamente gli ultimi tempi prende appenanel libro lo spazio di una diecina di versetti(...)”; a questa tesi, a questo pregiudizio radi-cato, scrisse ancora Billot, “noi rispondiamosenza esitare con una negazione assoluta” (L.BILLOT, La Parusie, Beauchesne, 1920, pp.267-271). Pur sottomesso al giudizio dellaChiesa, alla quale sola compete l’interpreta-zione autentica della Sacra Scrittura (Dz1788), anche il sottoscritto abbraccia in que-sto la sentenza di un Billot, di uno Spadafo-ra, di un Romeo o di un Allo: l’Apocalissenon parla del futuro; semmai, piuttosto, delpassato. Ed è a questo punto che mi sono im-battuto nel libro di Eugenio Corsini, che in-tendo presentare al lettore.

Notarella autobiografica

Eugenio Corsini è nato nel 1924. Laurea-to in letteratura cristiana antica con Mons.Pellegrino, ha perfezionato i suoi studi a Pari-gi (Sorbona, Ecole pratique des Hautes Ètu-des) e a Roma (Istituto Biblico). Quando so-no stato suo allievo, durante l’anno accade-mico 1976-77, era docente di letteratura cri-stiana antica all’Università di Torino. Haconcluso la sua carriera sulla cattedra di lette-ratura greca della stessa Università. Non cre-da il lettore che l’aver seguito le lezioni diCorsini, che vertevano all’epoca propriosull’Apocalisse, mi abbia influenzato al puntodi seguire, da allora, la sua esegesi. Semplice-mente, il giovane studente di 17 anni che eroallora non ci capì nulla: non ne aveva la ma-turità, e non ne aveva la predisposizione: ilprof. Corsini non era (non è), difatti, un cat-tolico “tradizionale” (al contrario di Mons.Spadafora) ma, piuttosto, come il suo “mae-stro” Pellegrino, un “progressista”. Quando ilfrutto dei suoi studi uscì in volume (nel 1980),con prefazione dell’altrettanto “progressista”Mons. Rossano, comprai il libro senza subir-ne conseguenza alcuna: Apocalisse prima edopo (ed. SEI, Torino), restò in uno scaffaledella biblioteca (il libro è stato tradotto infrancese a cura delle Éditions du Seuil, Paris,nel 1984, col titolo L’Apocalypse maintenant,

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con prefazione del non meno progressistaXavier Léon-Dufour). In quegli anni fre-quentavo il seminario di Ecône, ed il profes-sore di Sacra Scrittura ripeteva spesso di“non avere la chiave dell’Apocalisse”... I se-minaristi scherzavano volentieri sul ritornellodel buon Padre, ma in fondo non era il casodi fargliene una colpa, se il grande esegetache fu l’abate don Giuseppe Ricciotti confes-sava apertamente la sua ignoranza sul tema,scrivendo: “di questo misterioso libro alcunitratti si possono interpretare con approssimati-va precisione e certezza; ma la serie generale, especialmente i riferimenti cronologici, riman-gono arcani ancora oggi come per i Padri e gliantichi scrittori cristiani, che li hanno interpre-tati in maniere diverse” (in La Sacra Bibbiaannotata di G. Ricciotti, Salani, 1940, p. 1761dell’ed. del 1976). Dell’Apocalisse avevo per-tanto l’idea condivisa dalla maggior parte deilettori: uno scritto misterioso e arcano chetrattava dell’anticristo e della fine del mondo,del quale solo alcune scene mi parevano chia-re (perché utilizzate in modo accomodatiziodalla Liturgia!), del tutto isolate, però, dallamassa del testo ispirato. Finché, riprendendoin mano il libro di Corsini, la mia diffidenza siè dissolta mano a mano che procedevo nellalettura, mentre contemporaneamente mi di-venivano chiari e luminosi i versetti dell’ulti-mo libro della Sacra Scrittura. Alla fine dellalettura, ero felice di aver trovato per la primavolta nella mia vita un commento che davadell’Apocalisse una visione non solo piena-mente ortodossa, ma coerente, omogenea,unitaria, chiara in tutte le sue parti stretta-mente connesse tra loro da un unico criteriointerpretativo, nello stesso tempo modernaeppure conforme, come detto, alla regola piùesigente della fede...

In questi ultimi anni, ho assistito conpreoccupazione ad un utilizzo impropriodell’Apocalisse fatto anche tra i ranghi deglioppositori al Vaticano II. Come in tutti itempi di crisi (e Dio sa quanto i nostri tempilo siano!), si è tentati di vedere negli avveni-menti contemporanei la realizzazione delleantiche, oscure profezie: i propri avversaridiventano immancabilmente la Bestia o laProstituta di Babilonia, i propri “idoli” di-ventano invece i “due Testimoni”, se non siattende addirittura il ritorno imminente diEnoc e di Elia in persona. Si è presi da unatremenda angoscia nel vedere dei buoni cat-tolici identificare la Chiesa con la Prostituta,

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come un tempo fece Lutero, o cadere nelmillenarismo giudaico invocando - a torto -l’Apocalisse, o rimettersi sui passi dei Gioa-chimiti, annunciando la fine di una Chiesacorrotta e la nascita di una nuova realtà spi-rituale... Mi è sembrato quindi, dopo avergustato per anni il libro di Corsini che mi haevitato di prendere tanti abbagli, che fossegiusto farlo conoscere anche al “nostro”pubblico. La mia intenzione è quella di pre-sentare il più fedelmente possibile la tesidell’Autore, lasciando al lettore (in attesa diun eventuale giudizio della Chiesa) il compi-to di farsi un’opinione personale dopoun’eventuale lettura dell’opera qui recensita.

Il metodo interpretativo

Nell’introduzione (pp. 11-89) C. esponela sua teoria ed i principi esegetici che lohanno guidato. Quanto alla prima, essa è co-sì riassunta a p. 18: l’Apocalisse, come l’indi-ca il nome stesso, che significa “rivelazione”,“è bensì la descrizione di una venuta, dellavenuta di Gesù Cristo: ma non si tratta diquella che avverrà alla fine dei tempi, bensìdi quella che si è attuata nel corso di tutta lastoria, a cominciare dalla creazione del mon-do, e che ha avuto il suo punto culminantenel grande ‘evento’ (gr. καιροσ ) della venutastorica di Gesù Cristo, soprattutto nella suamorte e resurrezione”.

Per giungere a questa conclusione, C. par-te dal principio, che dovrebbe essere eviden-te, dell’unità dell’opera: non dobbiamo per-metterci di interpretare l’Ap. come se ognisua parte o simbolo fosse slegata dall’altra;essa è un tutt’uno, articolato in quattro sette-nari (7 lettere, 7 sigilli, 7 trombe, 7 coppe).Qual è il collegamento tra questi quattro set-tenari? In ciò C. segue il metodo “ricapitolati-vo”, “l’unico, con l’escatologico, che possadirsi tradizionale. L’Ap. non espone eventi fu-turi che si susseguono cronologicamente, maoffre con quadri diversi, che spesso riprendo-no e sviluppano i precedenti, una visione pro-fetica della lotta perenne tra Cristo e Satana,con la vittoria del Regno di Dio militante etrionfante” (Spadafora); vittoria, preciserebbeC., già essenzialmente conseguita e realizzatacon la Sua morte e resurrezione dall’“Agnellosgozzato e ritto in piedi” (= Cristo morto e ri-sorto) che domina tutta l’Ap.

Resta il problema dei simboli che utilizzal’autore ispirato (che C., con la tradizione,

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identifica con l’apostolo ed evangelista Gio-vanni). L’Ap., sostiene C., si spiega conl’Ap., nel senso che spesso in una parte dellibro viene spiegato un simbolo che poi ri-correrà anche altrove: spetta al lettore ricor-darsi della spiegazione già fatta e applicarla,senza esitare, nei passi più oscuri. Altra“chiave” dell’Ap. è l’Antico Testamento.Non vi è forse scritto neo-testamentario piùlegato all’Antico Testamento dell’Ap. (percui fu rifiutato dagli gnostici: cf pp. 54-55),A.T. che Giovanni vede però come “tipo”del Nuovo. In base a questi due criteri C.spiegherà i simboli usati da Giovanni, chedovevano essere ben noti ai suoi lettori. Co-sì, gli “esseri viventi” di Giovanni (Ap. 4)sono i Cherubini di Ezechiele (Ez. 1); il Dra-gone di Ap. 12, è il Serpente tentatore dellaGenesi; i cavalli dai vari colori rimandano aZaccaria (cc. 1 e 6); il Vegliardo (Iavé) ri-manda a Daniele (c. 7) ed il libro mangiato aEzechiele (c. 3). Il significato dei simboli ve-tero-testamentari ripresi da Giovanni rima-ne lo stesso, tranne nelle modifiche che Gio-vanni stesso vi inserisce esplicitamente, perfar compredere al lettore il nuovo messaggioapportato dal Nuovo Testamento (cf pp. 49-53). D’altra parte, un medesimo simbolo-ba-se (che si dovrà interpretare alla lucedell’Antico Testamento) potrà esprimerecose diverse a contatto di altri simboli, man-tenendo però sempre il suo significato fon-damentale: così, la “donna” del cap. XIIsarà “prostituta” (ovvero donna infedele)nel cap. XVIII o “la sposa, la donna del-l’Agnello” (ovvero la donna fedele) nel cap.XXI. Stessa cosa per il simbolo del “libro”(la rivelazione), a volte sigillato e a volteaperto, nelle mani di un angelo o del-l’Agnello. A proposito degli angeli, onnipre-senti nell’Ap., a volte apertamente, a voltesimboleggiati dalle “stelle” (cf Ap 1, 20), es-si significano a loro volta, per C., l’economiadell’Antico Testamento che viene soppian-tata da quella del Nuovo. Intuizione fonda-mentale, quest’ultima, che pure è chiarissi-ma negli scritti di san Paolo: l’Antica legge èstata data da Dio mediante gli angeli, laNuova direttamente dal Figlio, infinitamen-te superiore agli angeli (pp. 69-71)! Stessocriterio si deve adottare per i simboli nume-rali così importanti nell’Ap. (pp. 62-65), eche solo i Testimoni di Geova possono pren-dere in senso letterale: anche qui, il signifi-cato che ci svela l’A.T. deve essere mante-

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nuto e scrupolosamente applicato in tutte levisioni dell’Ap. [per i curiosi: 3 indica Dio, 4la terra, 6 l’uomo, 7 la completezza, 10, 20,ecc., indicano un numero indefinito; in gene-re, i numeri pari indicano l’imperfezione,quelli dispari la perfezione...].

L’interpretazione di C. deluderà quantihanno cercato di leggere nell’Ap. non il pen-siero dell’Apostolo che Gesù amava, ed ilmessaggio che egli voleva trasmettere ai pri-mi cristiani, ma le proprie preoccupazioni,relative a tempi ed epoche ben posteriori.Dal commento di C., invece, si deduceun’ammirabile armonia tra l’Ap., gli altriscritti di San Giovanni, le lettere di san Pao-lo e i Vangeli sinottici. Nell’Ap. e nel IVVangelo, san Giovanni direbbe sostanzial-mente la stessa cosa, seppur con “generi let-terari” differenti: l’Ap. stessa è una chiaramanifestazione della divinità di Cristo, il Lo-gos, come il IV Vangelo. Stessa armonia traPaolo e Giovanni, nel combattere l’angelo-logia gnosticheggiante dei giudaizzanti (cf leepistole agli Ebrei, agli Efesini, ai Colosse-si). Se poi si abbracciasse l’esegesi di Spa-dafora a proposito delle due epistole ai Tes-salonicesi, la concordanza sarebbe perfettanon solo con le ultime, ma anche con le pri-me epistole di Paolo (quelle ai Tessalonice-si, appunto), ove non ci sarebbe traccia, co-me pure nell’A., di parusia escatologica(cioè di imminente ritorno di Cristo con lafine del mondo). C. pensa che, in un primotempo, San Paolo sperò effettivamente nelprossimo ritorno di Cristo, basandosi sulleepistole ai Tessalonicesi. Spadafora, invece,interpreta anche questi testi in tutt’altrachiave: la “venuta” di Cristo annunciata sa-rebbe quella poi realizzatasi con la distruzio-ne del Tempio dell’anno 70, che ferì a morteil primo e perenne persecutore del Cristia-nesimo, ovvero il Giudaismo. Sostanzialeconcordia, invece, tra C. e Spadafora nell’in-terpretazione dei Vangeli sinottici per quelche riguarda il “discorso escatologico” diGesù: esso non annuncia la fine del mondo,ma la fine di un mondo: quello del Giudai-smo, del Tempio, di Gerusalemme, profana-ti dagli eccessi che vi commetteranno gli ze-loti durante l’assedio di Gerusalemme (perSpadafora) e, ancor più, dalla condanna amorte di Gesù pronunciata dai sommi sacer-doti proprio nel Tempio (per C., pp. 71-72;51-56 fr.). Anche in questo, Vangeli e Ap.concorderebbero mirabilmente.

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La “trama” dell’Apocalisse

Di cosa parla, dunque, l’Ap., se non parladegli ultimi tempi? Essa è, come abbiamo vi-sto, una spiegazione di tutta la rivelazione suGesù Cristo, dalla creazione fino alla fonda-zione della Chiesa. In questa “storia sacra”,o “storia della salvezza”, Giovanni si soffer-ma sulla rivolta e la caduta degli angeli, sulpeccato di Adamo e la caduta dell’umanità,sulle conseguenze del peccato originale: lapeste, la fame, la guerra, il peccato, la mortetemporale e spirituale. Ma Dio non abban-dona l’umanità, offrendole nuovamente lasalvezza. L’Ap. ha una visione positivadell’Antico Testamento, ma ne sottolineaanche il carattere imperfetto, limitato, tuttoorientato alla pienezza della salvezza in Ge-sù Cristo, pienezza non più riservata a pochi,ma a tutti. Dell’Antica Legge, Giovanni sot-tolinea il carattere di testimonianza in favoredi Gesù, che viene dato dalla Legge, appun-to, e dai Profeti (i due Testimoni, che nelvangelo sono rappresentati da Mosè ed Elia,accanto a Gesù nella trasfigurazione). Ma i

S. Giovanni mentre mangia il libro: “prendi il libro edivoralo! … Sulla tua bocca sarà dolce come il miele”

(Ap. X, 8) (Arazzi dell’Apocalisse d’Angers)

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Profeti sono testimoni di Gesù anche colsangue del martirio, uccisi da quei giudei“carnali” che uccideranno anche il Messia.Questi ultimi attendono dal Messia un regnosolo terreno; lungi dall’insegnare il millenari-smo, l’Ap. lo combatte, ricordando che il“regno millenario” del Messia è essenzial-mente spirituale. La morte e la resurrezionedi Cristo costituiscono la vittoria definitivasulla morte, satana e il peccato: il regno diDio è la Chiesa, la sposa immacolata del-l’Agnello, il nuovo Israele, che già da ora eper sempre opera la salvezza dei battezzati,mentre la sinagoga deicida si è orrendamen-te trasformata nella prostituta di Babilonia.Questo, in breve, il tema dell’Ap. per C.

Apocalisse, Giudaismo e Cristianesimo: laChiesa come nuovo Israele

Dal breve riassunto che ne abbiamo fat-to, il lettore avrà notato la visione negativadi Giovanni riguardo al Giudaismo che ha ri-fiutato Cristo. È un punto, continuamentesottolineato da C., che non può non far di-scutere. La questione non è sfuggita al prefa-tore dell’edizione francese (1), Léon-Dufour:“Il lettore potrebbe, a prima vista, essere sor-preso dalla durezza di certe dichiarazioni suIsraele, per esempio quando Corsini non esitaa vedere nella ‘bestia della terra’ Israele che siè dato al potere politico, deviando così dalsuo primordiale orientamento spirituale. Saràtentato di accusare di ‘antisemitismo’ un auto-re che vede nella Prostituta la Sinagoga, e inBabilonia la Gerusalemme terrestre. Ma ciòsarebbe ingiustizia. Come Corsini lo mostracon insistenza nella sua opera, l’Apocalissenon solo non è in alcun modo un libello con-tro il giudaismo, ma espone magnificamentein cosa consista l’Israele spirituale (...).l’Israele dell’Antico Testamento. Vi si ritrova,con altre espressioni, ciò che dice il IV vange-lo: questi afferma che ‘la salvezza viene dai

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giudei’ e nello stesso tempo designa col termi-ne ‘i Giudei’ coloro che rigettano Gesù” (p.12). Basta intendersi, insomma, sui termini“giudaismo” e “giudei”. Proprio l’Ap. segna-la il possibile equivoco, con queste parole diGesù all’angelo della chiesa di Smirne: “Co-nosco (...) la bestemmia che ti viene da coloroche si dicono Giudei e non lo sono, ma sina-goga di satana” (Ap. 2, 9; cf anche 3, 9). Vi èdunque un vero giudaismo, che l’Ap. abbrac-cia, e uno falso che radicalmente rigetta.“Forse nessuno scritto del Nuovo Testamentoha ribadito con più forza la continuità vitaletra giudaismo e cristianesimo. Nella visione diPatmos (...) Gesù Cristo appare a Giovannial centro di sette candelabri d’oro (cfr 1, 13) epoco dopo si descrive a lui come ‘Colui che...cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro’(cfr 2, 1). Il senso della visione è chiaro: GesùCristo deriva dal giudaismo. (...) Quando eglinega ai Giudei il diritto di continuare a chia-marsi tali, è sottinteso che questo appellativoora appartiene ai cristiani, i veri eredi del giu-daismo spirituale che, secondo Giovanni, erastato custodito e propugnato dai santi e daiprofeti, cioè dai ‘testimoni’ antichi. (...) Qui,nella nuova comunità ecclesiale, vive ora econtinua il giudaismo spirituale: i sette cande-labri, come annunzia solennemente Gesù Cri-sto a Giovanni, sono diventati le sette chiese(cfr 1, 20)” (C., pp. 57-58). La Chiesa come“Nuovo Israele”, verità di fede che oggi si ri-getta come “teoria della sostituzione” [dellaChiesa a Israele], è dunque l’oggetto dell’A.:“Dire che ‘i candelabri sono le sette chiese’ si-gnifica dire che il giudaismo, con la venuta diGesù Cristo e il compimento della sua operamessianica, si è trasformato nelle ‘sette chie-se’, cioè nella totalità della Chiesa. Questo è ilculmine della ‘rivelazione di Gesù Cristo’, ilcompimento del ‘mistero’, il senso di tutto illibro dell’Apocalisse” (p. 141).

La lettera a Laodicea, condanna e riprova-zione del giudaismo

Il primo dei quattro settenari è quellodelle lettere, rivolte a sette chiese dell’Asiaminore. Per alcuni si tratta di lettere reali,realmente dirette alle rispettive comunitàprimitive: C. non esclude anche questo signi-ficato. Per altri si tratta di lettere fittizie. Manon si tratta della profezia di sette futureepoche della Chiesa, bensì di sette periodidella storia dell’umanità, dalla caduta

1) Ricercando la concordanza delle pagine tral’edizione italiana e quella francese del libro mi sonoaccorto con stupore che quest’ultima è, più che una tra-duzione un riassunto, e che in particolare è stata siste-maticamente tagliata, censurata ed edulcorata dal tra-duttore proprio nelle pagine “scottanti” che cito in que-sto articolo, il tutto senza avvertire minimamente il let-tore francese. Nell’edizione francese di Sodalitium ri-stabiliremo pertanto il testo originale integrando la ver-sione francese delle edizioni du Seuil con una nostratraduzione dall’edizione italiana della SEI (che ha rice-vuto l’imprimatur della Curia di Torino).

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d’Adamo al rifiuto del Messia da parte deiGiudei. Quest’ultimo è il soggetto dell’ulti-ma, terribile lettera, rivolta a Laodicea: “Es-sa esprime il giudizio di condanna contro ilgiudaismo che, nella sua cecità e ostinazione,non ha riconosciuto in Gesù Cristo il Messiapreannunciato dalle Scritture. La comunitàinfatti è riprovata per non essere ‘né freddané calda’ bensì ‘tiepida’ (cfr 3, 15-16): ciònon si può intendere, alla moderna, comemancanza di fervore spirituale; è la definizio-ne del legalismo giudaico, dell’onore reso aDio con le labbra e non con il cuore, con se-gni esteriori e non in spirito e verità. (...)L’ammonimento, del resto, non sarà accolto.Quando Giovanni, per ammaestrare e edifi-care indirettamente i suoi fedeli di Laodicea,registra le parole di Cristo al popolo ebraico,la minaccia divina contro quest’ultimo (‘Stoper vomitarti dalla mia bocca’: cfr 3, 16) si ègià adempiuta: i Giudei sono stati già con-dannati e ripudiati per il loro orgoglio, la lo-ro ostinazione, la loro cecità. Erano bisogno-si di tutto ciò che poteva giovare alla loro sal-vezza, e invece si vantavano di possedere tut-to: ‘Sono ricco, ho raggiunto il colmo dellaricchezza, non ho bisogno di nulla’ (3, 17).Sono press’a poco, le parole che Giovannimetterà in bocca a Babilonia prima della suarovina (cfr 18, 7). Come abbiamo già ripetu-tamente accennato, nella distruzione di Babi-lonia crediamo di scorgere non già una pro-fezia sulla fine materiale di Roma, ma un’al-legoria della fine spirituale del giudaismo: laGerusalemme terrena scompare per lasciareil posto a quella celeste. È questa la tesi cen-trale del libro che Giovanni riprende e svi-luppa attraverso la serie dei quattro grandicicli settenari delle lettere, dei sigilli, delletrombe e delle coppe, che si concludono tutticon un accenno a una interruzione, a una fi-ne. In questo senso va letta anche la settimalettera, una conclusione drammatica che haportato il giudizio e il ripudio di coloro checontinuano a chiamarsi Giudei ma non lo so-no più (cfr 2, 9; 3, 9)” (pp. 157-159).

Il settimo sigillo

Al settenario delle lettere segue quellodei sigilli. I primi quattro, per C., simboleg-giano la caduta dell’uomo, gli ultimi tre l’in-tervento salvifico di Dio. Il libro è la rivela-zione, che dà la vita; i sigilli sono il peccato,che chiudono questa vita divina all’uomo. È

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solo l’Agnello sgozzato (morto) e ritto inpiedi (risorto) che può aprire i sigilli, perchéla storia della salvezza è tutta nel sacramento(mistero) di Cristo. Giovanni (Ap. V) si rial-laccia alla visione sul Messia di Daniele (DnVII), introducendo però la figura dell’Agnel-lo per sottolineare la natura del regno mes-sianico: “Il simbolo dell’Agnello (...) non la-scia dubbi sul modo con cui questo Messia ot-terrà la sua vittoria sui nemici: egli sarà da lo-ro ucciso, sgozzato. Ma egli vincerà la mortecon la risurrezione...” (p. 202). Nel settenariodei sigilli, l’Ap. introduce il lettore alla visio-ne della liturgia celeste (per comprendere laquale bisogna tener presente le cerimonie diquella terrestre, nel tempio di Gerusalem-me). Nel sesto sigillo Giovanni vede i144.000 segnati (= salvati) sotto l’antica leg-ge: non tutti gli ebrei si sono salvati, ma soloquelli appartenenti al “giudaismo spirituale”(cf p. 234). La salvezza definitiva si ha solonel Nuovo Testamento, aperta a una follaimmensa di ogni popolo, lingua e tribù, gra-zie alla morte di Cristo. Il silenzio che si fa inCielo all’apertura del settimo sigillo indica lacessazione del culto giudaico (i vangeli sinot-tici esprimono lo stesso concetto narrando lalacerazione del velo del Tempio alla mortedi Cristo: Mt 27, 51; Mc 15, 38; Lc 23, 45) inattesa del nuovo culto, alla resurrezione diCristo. Quanto al vecchio culto, esso è profa-nato dall’abominazione della desolazionepredetta da Daniele: la morte di Cristo, in-fatti, “avvenuta per l’istigazione dei sommiSacerdoti giudaici, avrebbe profanato definiti-vamente il tempio, causando la fine del cultogiudaico” (p. 238).

Le sette trombe

Anche il settenario delle trombe ricordal’antica Alleanza (le trombe si collegano agliangeli e all’alleanza sinaitica). L’Ap. presen-ta quattro “trombe” (riguardanti la cadutadegli angeli), tre “guai” e tre “trombe” corri-spondenti, che spostano la scena sulla terra,con la caduta dell’uomo e le sue conseguen-ze; l’ultima tromba simboleggia, anch’essa,la morte di Cristo. Compaiono qui i due Te-stimoni, che non sono Enoc ed Elia attesiper la fine del mondo, ma Mosè e Elia, cioèla legge e i Profeti, che rendono testimonian-za a Gesù (cf Gv 5, 31; 8, 54) nella sacrascrittura come nell’episodio evangelico dellaTrasfigurazione. Questo è il ruolo positivo

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dell’Antico Testamento: ma la Legge, dopola venuta di Cristo non è più salvifica, mamortifera. Riprendendo la famosa visione incui Ezechiele mangia il libro (l’A.T.), Gio-vanni la muta: l’amarezza nelle viscere cau-sata dalla manducazione del libro “è sinoni-mo di morte spirituale” (p. 278). Anche ilculto giudaico è ormai riprovato, dopo la ve-nuta di Cristo. L’angelo che getta il fuocodall’incensiere sulla terra (Ap. 8, 5) simbo-leggia, col suo gesto, “la fine del culto giudai-co che i primi cristiani hanno collegato allamorte di Cristo” (p. 255), nonché “la cacciatadi Satana e dei suoi seguaci dal Cielo” (p.256), che sarà descritta nelle prime quattrotrombe. La settima, invece, fa ancora riferi-mento alla morte di Cristo, che comportal’apertura del Tempio, la fine del culto giu-daico e della mediazione angelica...

Il settenario delle coppe: le due Bestie

Ancora più esplicitamente, il simbolodella coppa richiama alla mente il sacrificiodi Cristo. In questo settenario non mancanoscene famose: la Donna e il Dragone nelcap. XII, la Bestia della terra e quella delmare nel cap. XIII, la Meretrice di Babilo-nia e la sua distruzione (cc. XII-XIX), labattaglia di Harmaghedon, tanto cara ai Te-stimoni di Geova ecc.

Come al solito, per C., Giovanni inizia ilsettenario con l’esposizione della caduta de-

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gli angeli (lotta in Cielo tra S. Michele e ilDragone) e dell’uomo (rappresentato dallaDonna che dal Cielo si ritrova nel deserto,sulla terra, ed è insidiata dal Dragone). Trale conseguenze del male, S. Giovanni intra-vede la corruzione del potere politico e diquello religioso, poteri in sé buoni (p.333 ss), ma ora pervertiti, raffigurati dalledue Bestie che aiutano il Dragone. La Bestiadel mare, ripresa da Daniele (7, 2 ss), raffigu-ra la corruzione del potere politico, quandolo Stato, cioè, vuol prendere il posto di Dio.Essa non incarna necessariamente l’ImperoRomano: “Certo, l’atteggiamento di Giovanninei riguardi dell’impero romano non è piùquello di Paolo [che nella seconda epistola aiTessalonicesi vi vedeva “l’ostacolo” all’uomod’iniquità, ovvero al giudaismo], e non necondivide le illusioni. Ma non è neanche con-trassegnato da quel cieco e fanatico furoreeversivo che a molti è parso di vedere” (p.333). Quando san Giovanni scriveva l’A., “lapersecuzione non era ancora un fatto né gene-ralizzato né sistematico e soprattutto non eraancora vista dai cristiani come opera esclusivadel potere imperiale, bensì come il risultato diun influsso satanico che favoriva la collusionetra il potere politico e il giudaismo a dannodei seguaci di Cristo”, seguendo in ciò il mo-dello della passione, quando Pilato fu il rilut-tante braccio secolare della sinagoga (pp.345-346). Non ha diretti riscontri veterotesta-mentari, invece, la Bestia della terra, descrit-ta da Giovanni come corruzione del poterereligioso. Alcuni commentatori vi hanno vi-sto la descrizione del culto idolatrico pagano(cfr pp. 355 ss), ma C. respinge questa ipote-

si. Caratteristica di questo mostroè infatti “la doppiezza e l’ambi-guità” (p. 358), poiché “aveva duecorna simili all’Agnello e parlavacome il dragone” (Ap, 13, 11): lasua figura sarà ripresa col falsoprofeta (cc. 16, 19 e 20) e con laprostituta (c. 17 s). La bestia delmare è, per C., il Giudaismo cor-rotto, quello che ha messo a mortetutti i giusti, i santi e i profeti (cfrMt 23, 29 s; Atti 7, 51 ss) ed infineil Messia stesso, servendosi del po-tere politico: “La violenza bruta ecieca del potere politico è mano-vrata e consigliata da una forza chesi nasconde dietro la sua ombra”(p. 360), come in occasione del

La piaga della sesta coppa: “E vidi dalla bocca del dragoe dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profetauscir tre spiriti immondi a forma di rane” (Ap. XVI, 13)

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processo e della condanna di Cristo e dei pri-mi martiri. Il Giudaismo, realtà in sé buonatanto da avere la natura dell’Agnello divino,si è mondanizzato: “Crede di essere ancoragiudaismo, cioè testimone ed erede della pro-messa divina, ma non lo è più, anzi, è diven-tato ‘sinagoga di satana’ (cfr 2, 9; 3, 9), ‘Sodo-ma ed Egitto’(cfr 11, 8), ‘parla [cioè agisce]come il dragone’ (cfr 13, 11)” (p. 363).

Il settenario delle coppe: la grande prostitu-ta di Babilonia

I capitoli XVII e XVIII dell’Ap. ci pre-sentano il simbolo della grande meretrice edella caduta di Babilonia. La prostituta è se-duta su di una bestia scarlatta. Quasi tutti icommentatori identificano la prostituta conla bestia ed entrambe con Roma: la Romaimperiale e pagana per gli uni (i cattolici), laRoma papale per gli altri (i protestanti). C.dimostra in maniera inoppugnabile che que-sta duplice identificazione non è possibile: laprostituta non è la bestia (p. 442 ss) e non èRoma. La bestia e la prostituta non si identi-ficano, tanto è vero che la loro alleanza siromperà, sfociando in una guerra (Ap. 17,16) ove la prostituta avrà la peggio (Ap. 11,12) e verrà distrutta. “La città che qui vienedistrutta non è più la ‘città santa’: è una ‘pro-stituta’, anzi, ‘la prostituta, quella grande’,‘Babilonia, la grande, la madre delle prostitu-te e delle abominazioni della terra’ (cfr 17, 1 e5). Anche questo però non ci dovrebbe trop-po stupire, in quanto questa terribile meta-morfosi ci è stata anticipata anch’essa dal ca-pitolo XI, quando Giovanni ci ha detto che icadaveri dei due ‘testimoni’ uccisi dalla ‘be-stia che sale dall’abisso’ giacciono insepolti‘sulla piazza della città, quella grande, che sichiama spiritualmente Sodoma ed Egitto, do-ve anche il loro Signore fu crocifisso’ (11,8). E pertanto, se la distruzione cui allude ilpasso che stiamo esaminando è da intendersiin senso letterale e materiale, essa non puòche riferirsi a quella compiuta dai Romaninel 70 d. C.: soltanto allora infatti, in seguitoal deicidio compiuto, Gerusalemme era di-ventata, agli occhi di Giovanni e dei primicristiani, in modo completo e definitivo, la‘prostituta’, il contrario della ‘città santa’ cheera in precedenza” (p. 451). C. quindi identi-fica la Gerusalemme terrena con la grandeprostituta: “una conclusione - scrive - che re-cherà certamente stupore per il suo carattere

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apparentemente paradossale. E del resto, pri-ma che a noi, un tale mistero recò stupore esmarrimento allo stesso Giovanni che per pri-mo lo contemplò con gli occhi illuminati dal-lo Spirito (cfr 17, 6)” (pp. 451-452). Eppure,osserva C., tutto il libro dell’Ap. preparava aquesto mistero: basti vedere quanto dettosulla settima lettera, sul sesto e settimo sigil-lo, sulla sesta e settima tromba, sulla settimacoppa. Di più: “nella sesta tromba, alla con-clusione dell’episodio dei due ‘testimoni’, unterremoto colpisce la ‘città’ (cfr 11, 13). Il no-me di questa città, chiamata poco prima ‘lacittà, quella grande’ (cfr 11, 8), non è detto,ma è chiaro dal contesto che si tratta di Geru-salemme [poiché vien detto che si tratta dellacittà ove fu crocifisso il Signore]. Nel capito-lo XVI, in seguito al versamento dell’ultimacoppa, un terremoto colpisce ‘la città, quellagrande’ che è, in questo caso, Babilonia” (p.452). La Gerusalemme terrena è divenuta,quindi, ‘Babilonia’. E prostituta. Il terminenon deve stupire: “Come tutti sanno la me-tafora della prostituzione è attinta da Giovan-ni nell’Antico Testamento, soprattutto neiprofeti, dove è sinonimo di idolatria e vieneapplicata tanto alle città e ai popoli pagani,quanto a Gerusalemme e al popolo ebraico,soprattutto a questi ultimi, dato il legame spe-ciale che essi avevano con Iahve, per cui l’in-fedeltà d’Israele viene ad assumere la conno-tazione di un vero e proprio adulterio (cfr Is1, 21; Ez 16, 15 ss; Os 2, 1 ss; 5, 3 ecc.)” (p.454). Israele non ha ceduto alla “bassa” ido-latria delle divinità pagane, ma ha adoratosatana stesso nell’adorazione della sua primaincarnazione, il potere politico deviato: “Ellanon teme più il suo antico avversario, ma hapreso con lui tanta confidenza da credere dipoterlo dominare e assoggettare ai suoi vole-ri. Convinzione illusoria, che la conclusionedi quel mostruoso connubio, con la distruzio-ne della prostituta da parte della bestia, sotto-lineerà con drammatica evidenza” (pp. 453-454). “Il giudaismo era diventato idolatra,perché adorava la bestia e la sua statua, cioèil potere politico. E questo non tanto perchéavesse accettato di buon grado la dominazio-ne dei Romani, ché anzi vi era fieramente av-verso e tendeva a individuare in esso una pre-senza demoniaca. Ma nella sua opposizioneai dominatori il giudaismo ne adottava lamentalità, i fini e i mezzi. Esso infatti sogna-va l’avvento di un regno messianico che fosseil rovesciamento esatto della situazione esi-

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stente, per cui i dominati sarebbero diventati idominatori e gli oppressi, a loro volta, op-pressori”, mettendo empiamente la Legge e iProfeti al servizio di questo piano diabolico(p. 456). C. non lo ricorda esplicitamente,ma Israele sembra cadere nella tentazionediabolica che Gesù rifiutò nel deserto: “Dinuovo il diavolo lo portò su di un monte as-sai elevato e mostrandogli tutti i regni dellaterra e la loro magnificenza, gli disse: tuttequeste cose io ti darò se, prostrandoti davantia me, mi adorerai” (Mt 4, 8-9). Gesù, veroMessia, rifiutò la proposta di satana, che ac-colse invece il falso messianismo giudaico.Così, la Donna che nel cap. XII dell’Apoca-lisse si rifugia nel deserto inseguita dal Dra-gone, si trasforma nel cap. XVII nella prosti-tuta che, sempre nel deserto, poggia sullabestia: “Il fatto che la donna [Israele] sia quirappresentata sotto l’aspetto di una prostitutasta ad indicare che, evidentemente, è mutato ilsuo atteggiamento spirituale” (p. 453) ed è di-venuta sposa infedele. Infedele e omicida.La prostituta tiene infatti in mano un calice“pieno di abominazioni” (17, 4). Il termine“contiene un richiamo abbastanza esplicitoalla profezia di Daniele sull’‘abominazionedella desolazione’ (Dn 9, 27), cioè sulla pro-fanazione del tempio” che per C. è “in rap-porto con l’uccisione di Gesù progettata eprocurata dai Sommi Sacerdoti giudaici. (...)In ogni caso, che le ‘abominazioni’ di cui ècolmo il calice tenuto in mano dalla prostitutaconsistano essenzialmente nel versare il san-gue di uomini innocenti e giusti appare chia-ro da ciò che segue: ‘E vidi la donna ubriacadel sangue dei santi e del sangue dei testimonidi Gesù’ (17, 6). Anche per la spiegazione diqueste parole si è pensato a Roma e alle suecrudeli persecuzioni contro i cristiani. Ma talenon era il modo di vedere le cose proprio deicristiani al tempo in cui fu scritta l’Apocalis-se, specialmente nei luoghi in cui essa ebbeorigine. Basterà leggere un documento comeil Martirio di Policarpo, il vescovo di Smirnemesso a morte verso il 156, per renderci contoche la responsabilità delle persecuzioni con-tro i cristiani era ancora attribuita da questi inprimo luogo ai Giudei. Ben difficilmente,quindi, Giovanni che scriveva tanto tempoprima... poteva pensarla in maniera così radi-calmente diversa. Ma lasciando da parte simi-li considerazioni, i ‘santi’ e i ‘testimoni di Ge-sù’ che vengono uccisi dalla prostituta nonsono i seguaci di Gesù, ma i giusti e profeti

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dell’Antico Testamento (...). A tutto questo ciavevano preparato le dure parole di Gesùcontro Gerusalemme, rea di aver ucciso i pro-feti e lapidato gli inviati di Dio (cfr Mt 23, 37;Lc 13, 34). Nella sua violenta invettiva controil giudaismo ufficiale, Gesù giunge a dichia-rarlo responsabile di tutti gli omicidi com-messi sulla terra dall’origine della creazione(cfr Mt 23, 35). Un’accusa che non si può giu-stificare se non tenendo conto della responsa-bilità maggiore che al giudaismo derivavadall’esser stato scelto da Dio come deposita-rio e custode della sua parola e della sua pro-messa. E solo pensando a questo, possiamocomprendere in tutta la loro portata le paroleterribili che concludono, nel capitolo XVIII,la celebrazione della distruzione di Babilo-nia: ‘In essa fu trovato sangue di profeti e disanti e di tutti coloro che sono stati uccisi sul-la terra’ (18, 24). Il calice che la prostituta tie-ne in mano è, dunque, anch’esso, come quel-lo che Gesù ha dovuto bere, simbolo di versa-mento di sangue, di sacrificio cruento. Ma ilsangue che la prostituta versa non è il pro-prio, e non è versato per una causa giusta esanta: al contrario, è sangue d’altri, sangue in-nocente, versato per sfogo di violenza e con-seguimento di potere e di dominio. Nel ricor-do del sangue versato, il pensiero di Giovannicorre certamente, in primo luogo, a quello diGesù da cui è provenuta la redenzione a tuttal’umanità (cfr 1, 5; 5, 9; 7, 14; ecc.). Ma a que-sti beni la prostituta non avrà parte perchécompletamente opposta è la sua prospettiva.Altri sono i beni a cui ella aspira: ‘Dice ellainfatti in cuor suo: - Sono regina seduta introno, vedova non sono e lutto non vedrò. -Per questo, nel volgere d’un solo giorno, siabbatteranno su di lei i suoi flagelli: morte,lutto e fame, dal fuoco sarà bruciata’ (18, 7-8)” (pp. 459-461). La distruzione di Babilo-nia descritta nel c. XVIII ha contribuito allaleggenda di un cristianesimo eversivo, fosco,fanatico, in spasmodica attesa della distru-zione della civiltà classica (cfr pp. 462-463).In realtà Giovanni intendeva descrivere sim-bolicamente la fine della Gerusalemme ter-rena, dell’antica legge e dell’antico culto, av-venuta con la morte di Cristo (c. XIX), sim-boleggiata dalla battaglia di Harmaghedon,che riprende in senso tipologico la battagliadi Meghiddo ove perì, col pio Re Giosia, an-che l’antico regno di Giuda.

La trasformazione, quindi, di Gerusa-lemme in Sodoma, Egitto e Babilonia, è il

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“Mistero” [d’iniquità] che l’Ap. ci rivela.“...Che ci troviamo dinanzi a una realtà sacrache si è pervertita - scrive C. - sembra prova-to dal nome arcano che la prostituta recascritto sulla fronte. Questo nome è ‘mistero’(cfr 17, 15), ed esso è il nome vero della pro-stituta. L’altro, cioè ‘Babilonia, la grande, lamadre delle prostitute e delle abominazionidella terra’ sembra piuttosto una esplicazionedi quel primo nome, secondo quanto l’angelodice a Giovanni: ‘Perché ti stupisci? Io ti diròil mistero della donna e della bestia che laporta’ (17, 17). Ora, la parola ‘mistero’ nellinguaggio del Nuovo Testamento non sta aindicare semplicemente una qualsiasi realtàenigmatica e di difficile comprensione: essa è,per lo più, collegata con il piano divino dellasalvezza, il Regno di Dio, la morte di GesùCristo. (...) Dunque, se la prostituta si chiama‘mistero’, ciò vuol dire che essa, anche nelmomento in cui è giudicata e condannata, èparte integrante e importante del piano divi-no della salvezza. E ciò non può essere verodi Roma (...) ma soltanto di Gerusalemme.Essa infatti, non un’altra città, sarà rinnovatae scenderà dal cielo sul monte Sion, a cele-brare le mistiche nozze con l’Agnello (...). Il‘mistero di Dio’ che si compie nella settimatromba è, lo sappiamo, la morte di Cristo: es-sa segna insieme il giudizio e la fine dell’eco-nomia antica, del giudaismo, della Gerusa-lemme terrena e l’inaugurazione della nuovaeconomia, della Gerusalemme celeste, delgiudaismo spirituale, della Chiesa” (pp. 456-458). Così, nell’interpretazione di C., l’Ap.di san Giovanni raggiunge mirabilmentequanto già rivelato nell’epistola di san Paoloai Galati (4, 21-31) ove l’Apostolo distinguela “Gerusalemme d’ora”, i cui figli sono nel-la schiavitù, e la “Gerusalemme celeste”,che è libera, annunciando inoltre la continuapersecuzione dei figli della Gerusalemmeterrena contro i figli di quella celeste (v. 29).

La sposa dell’Agnello

Il cap. XXI e l’inizio del cap. XXII (l’ulti-mo) ci presentano questa famosa Gerusalem-me celeste, la Sposa dell’Agnello. Solo i Mor-moni, che io sappia, si aspettano di veder ca-lare una città dal cielo, come dice - simbolica-mente - l’Ap. In realtà, la donna raffiguratadalla Sposa dell’Agnello (cioè di Cristo) è lasposa fedele del Messia, esattamente come laprostituta è la sposa infedele: la Chiesa, la

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prima, la sinagoga, l’altra. E la “nuova Geru-salemme” presuppone “la distruzione dellaprecedente (diventata Babilonia)” (p. 519).“La parte finale dell’Apocalisse rappresentadunque simbolicamente la conclusione glorio-sa, l’attuazione piena e perfetta del piano sal-vifico divino. La nuova Gerusalemme è il sim-bolo dell’avvenuta riconciliazione tra l’uma-nità e Dio, della nuova alleanza eterna e defi-nitiva, del nuovo popolo eletto che Dio si èscelto non più da una sola nazione ma ‘daogni nazione, tribù, popoli e lingue’ (cfr 7, 9).In questo senso essa raffigura la Chiesa che è,per un verso, la ripresa e la continuazionedell’antico Israele (cfr 1, 20), ma accoglie in sée salva tutte le genti (cfr 21, 25 s; 22, 2)” (pp.520-521). Essa è già “nuova creazione”, “cie-lo e terra nuova” (cfr pp. 521-522), alberodella vita. “Alla luce dello Spirito si può vede-re ciò che i Giudei, accecati dall’orgoglio, nonriescono a vedere: la Gerusalemme celeste,preannunziata dalle Scritture, è stata recatadal Cielo sulla terra da Cristo; ma essi nonl’hanno né riconosciuta né accettata, e ne sonorimasti fuori, diventando ‘sinagoga di Satana’(cfr 2, 9; 3, 9)” (p. 543).

Il Regno millenario... è già avvenuto (ed ègià finito)!

Se, come abbiamo visto, la Chiesa è, perl’Apocalisse, la nuova ed eterna alleanza,l’ultima e definitiva economia della salvezza,quale posto ci può essere per il famoso “re-gno millenario di Cristo” in terra annunciatoproprio dall’Ap. nel capitolo XX? Tanto piùche il suddetto capitolo prese via via tantaimportanza che S. Agostino dedicò un librointero della Città di Dio al solo cap. XXdell’A., “come se il resto dell’opera non esi-stesse” (p. 31). Molti pensano che il Millena-rismo (o Chiliasmo) [definito dall’Enciclo-pedia cattolica: “errore escatologico, secon-do cui Gesù Cristo deve regnare visibilmentemille anni su questa terra alla fine del mon-do”] trovi la sua origine nell’Ap. o, per lomeno, in una errata comprensione dell’Ap.In realtà, il Millenarismo è anteriore edestraneo all’A.! Esso è di origine giudaica,non in quanto si trovi nell’Antico Testamen-to, ma in quanto inventato dai rabbini (cfrEnc. Catt., voce Millenarismo, vol. VIII, col.1009; C., p. 28). Del chiliasmo si può direquanto afferma - collegandoli esplicitamente- l’Enciclopedia Cattolica sullo Gnosticismo:

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“La gnosi - scrive Erik Peterson - è anterioreal cristianesimo; ma il suo [della Chiesa] ri-spetto per le tradizioni del popolo giudaico,da cui la Chiesa aveva ereditato il libro sacro,portò all’infiltrazione di idee gnostiche e chi-liastiche giudaiche nell’ambiente primitivocristiano. Rimanendo però fedele alla letterae allo spirito dell’Antico Testamento e riflet-tendo sui fatti reali della vita di Gesù (...) laChiesa riuscì a liberarsi da coloro che ‘nonerano piantagioni del Padre’ (...) Però la per-spicuità per scoprire l’errore non fu dapper-tutto uguale...” (Enc. Catt., vol. VI, col. 881).L’Ap. di san Giovanni, secondo C., non solonon è un testo millenarista, ma è addiritturaun testo scritto in reazione e condanna delmillenarismo, che altro non è se non quellavisione distorta, tutta terrena, che i giudei -ed alcuni giudeo-cristiani - avevano del re-gno messianico (cfr p. 496).

Generalmente, per gli autori cattoliciche, al seguito tra l’altro di sant’Agostino,respingono il Millenarismo, il regno millena-rio è quello della Chiesa, che va dalla primaalla seconda venuta di Cristo. Secondo il no-stro autore, invece, il regno millenario alludealla salvezza, ancora imperfetta, limitata eprovvisoria, offerta ai giusti dell’Antico Te-stamento: esso, pertanto, non solo è già av-venuto, ma è da tempo già concluso. Unaposizione radicalmente avversa, quindi, alMillenarismo, che tanto male ha fatto allaChiesa... Basti pensare alle eresie nuove eantiche che se ne sono ispirate: Ebioniti (Ce-rinto), Montanisti, Spirituali e Gioachimiti,Anabattisti, Mormoni, Avventisti, Testimonidi Geova... Anche il millenarismo mitigato

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(e che non implica la fine della Chiesa) nonpuò essere insegnato senza pericolo, come sideduce dal responso del Sant’Uffizio all’Ar-civescovo di Santiago del Cile (21/6/1944) edalla messa all’Indice delle opere di Lacun-za, Ughi e Chaubaty. Contro ogni millenari-smo, rimandiamo pertanto senz’altro all’ese-gesi di Corsini (pp. 487-515).

L’Apocalisse nella situazione attuale dellaChiesa

Se, come credo, l’esegesi di C. è corretta,in che senso essa può influenzare l’attitudinedi quanti intendono difendere la fede ortodos-sa contro l’eresia dilagante ai nostri giorni?

Se dobbiamo rinunciare a vederenell’Ap. una profezia del futuro della Chie-sa, tanto meno negli “ultimi tempi”, ci sichiede quale possa essere l’attualità dell’Ap.:molti lettori resteranno delusi, dopo averpensato che in quelle antiche pagine avreb-bero potuto leggere l’annuncio dettagliatodei travagli che attraversa, oggi, la Chiesa.Invece l’Ap. non ci dice nulla - direttamente- sui nostri tempi, e ancor meno su miracolo-si interventi futuri, in nostro aiuto, di Enoc odi Elia, o di Cristo in persona. Eppure, pro-prio per questo, ritengo questa esegesi (chenon fa che confermare quanto già si sapevadagli altri libri della Sacra Scrittura) assolu-tamente benefica per il cattolico fedele diquesta fine di millennio.

Da un lato, l’Ap. conferma con grandeforza tutta la dottrina rivelata, ed in partico-lare quella sui rapporti tra Antico e NuovoTestamento, tra la Chiesa e la Sinagoga, tra

La Grande prostituta diBabilonia

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il Cristianesimo e il Giudaismo. Essa evita loscoglio gnostico e marcionista che rifiutal’Antico Testamento, e nello stesso tempoattacca frontalmente il giudaismo che ha ri-fiutato il Messia. L’esegesi di C., certamenteal di là delle intenzioni dell’autore, confer-ma quindi la nostra doverosa attitudine difermo rifiuto della dichiarazione conciliareNostra Ætate e dei documenti susseguenti,che mirano alla giudaizzazione della Chiesa.D’altra parte, questa esegesi, che mette in ri-lievo la Chiesa come ultima e definitiva eco-nomia di salvezza, evita al cattolico sbigotti-to dei nostri tempi di cadere nella tentazio-ne di dichiarare “morta” la Chiesa indefetti-bile, e di volerla sostituire con alcunché.Guardiamoci dall’identificare la Chiesa Ro-mana con la Prostituta, o col falso Profeta, ocoll’Anticristo (del quale, nell’Ap., non c’ètraccia); guardiamoci dal contrapporre unaChiesa “fedele” a una Chiesa “ufficiale”;guardiamoci dall’immaginare un’epoca futu-ra nella quale la Chiesa gerarchica istituitada Cristo non esisterà più o sarà essenzial-mente mutata; guardiamoci dal seguire unfalso misticismo che invece di portare alladifesa della fede non fa che riportarci a vec-chie eresie. Il compito del cattolico di ogginon è di inventare una nuova chiesa tradi-zionale, ma di amare e difendere l’eternaChiesa Cattolica; non è quello di seguirestrane “rivelazioni”, ma di restare fedeleall’unica Rivelazione (o “Apocalisse”) diGesù Cristo, definitivamente chiusa allamorte dell’ultimo Apostolo, l’EvangelistaGiovanni, il Veggente di Patmos.

APPENDICE: SU ALCUNE PROFEZIE E RIVELAZIONI PRIVATE

Il rifiuto del Concilio Vaticano II si fon-da sulla fedeltà alla Sacra Scrittura, alla Tra-dizione e al Magistero della Chiesa, unicointerprete autentico e infallibile della Rive-lazione. Negli ambienti “tradizionalisti”,però, non si è mancato di appoggiarsi anche(benché non principalmente) su profezie erivelazioni private che confermerebbero lanostra posizione. In questa breve nota Soda-litium intende occuparsi di due di questeprofezie, una delle quali è conosciuta e cita-ta da lungo tempo da tutti i “tradizionalisti”(quale che sia la loro posizione dottrinale),mentre la seconda è stata “scoperta” e diffu-sa recentemente soprattutto negli ambienti

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“sedevacantisti”. Intendiamo parlare del Se-greto di La Salette e di una Predizione delBeato Padre Francesco su di un grande sci-sma nella Chiesa e sulla futura tribolazione.In entrambe le profezie vi sono delle espres-sioni che non possono non impressionare,tenuto conto della situazione attuale dellaChiesa. Nel Segreto di La Salette, ad esem-pio, si legge: “si è spenta la vera fede e la fal-sa luce rischiara il mondo”, “la Chiesa avràuna crisi orrenda”, “Roma perderà la fede ediventerà la sede dell’anticristo”, “la Chiesasarà eclissata ed il mondo sarà nella coster-nazione”. Nella profezia attribuita a sanFrancesco, invece, si legge: “il potere dei de-moni sarà slegato più del solito, la purezzadel nostro ordine religioso e degli altri, mac-chiata, sarà deformata, al punto che pochissi-mi tra i cristiani obbediranno con cuore sin-cero e carità perfetta al vero Sommo Pontefi-ce e alla Chiesa Romana. Al momento decisi-vo di questa tribolazione, qualcuno non ca-nonicamente eletto, elevato al Sommo Ponti-ficato, si sforzerà con ogni mezzo di comuni-care a molti il veleno mortale del suo errore.(...) La santità della vita sarà derisa proprioda coloro che la professeranno solo esterior-mente, perciò Nostro Signore Gesù Cristo in-vierà loro non un degno pastore, ma unosterminatore”. Cosa pensare di queste profe-zie e del loro rapporto con l’attualità?

I. IL SEGRETO DI LA SALETTE.

A proposito di La Salette, occorre innan-zitutto distinguere tra l’Apparizione stessa, ilSegreto, e le interpretazioni del Segreto. Inseguito, per portare un giudizio prudente, ilcattolico si atterrà al pensiero della Chiesa:“Deposto ogni giudizio proprio, dobbiamoavere l’animo apparecchiato e pronto ad obbe-dire in tutto alla vera sposa di Cristo nostro Si-gnore, che è la santa Chiesa gerarchica, nostraMadre” (S. Ignazio, Esercizi spirituali, Regoleper sentire nella Chiesa, prima regola, n. 353).

a) Il fatto dell’Apparizione e il messaggiopubblico

Il 19 settembre 1846, la santa Vergine ap-parve, sulla montagna di La Salette, diocesi diGrenoble, a due pastorelli, Mélanie Mathieuo Calvat (1831-1904), e Maximin Giraud(1835-1875). Durante l’apparizione, la santaVergine, che si mostrava in lacrime, diede ai

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fanciulli un messaggio da far passare a tutto ilsuo popolo e, a ciascuno di essi, un segreto.Dopo l’inchiesta canonica, il vescovo del luo-go, Mons. de Bruillard, pubblicò una letterapastorale la quale dichiarava solennementeche: “l’Apparizione della santa Vergine a duepastori (...) porta in sé stessa tutte le caratteristi-che della verità, e che i fedeli sono fondati acrederla indubitabile e certa” (il documento,datato 19 settembre 1851, fu reso pubblico so-lo nel novembre successivo, perché preventi-vamente sottomesso alla revisione del segre-tario di stato e prefetto della congregazionedei Riti, card. Lambruschini). Da allora, la so-vrannaturalità del fatto è stata ribadita daisuccessori di Mons. de Bruillard, a cominciareda Mons. Ginoulhiac (con la lettera pastoraledel 4 nov. 1854, in seguito alla lettera Aliquotante menses di Pio IX del 30 agosto dello stes-so anno). Già nel 1852 la S.C. dei Riti e la S.C.delle Indulgenze avevano approvato la devo-zione e il culto liturgico alla Madonna di LaSalette; più tardi (1879), con un Breve di Leo-ne XIII e un decreto di Mons. Fava, la chiesadi La Salette fu eretta a Basilica minore, e fucoronata l’immagine della Madonna. I SommiPontefici Pio XI (1927), Pio XII (1943, 1944,1945, 1946), Giovanni XXIII (1961), hannovariamente confermato il culto alla B.V. Ma-ria della Riconciliazione di La Salette.

b) Il Segreto.

Nel fatto dell’apparizione (approvato dal-la Chiesa), è inclusa l’esistenza di due “segre-ti” confidata ai pastori di La Salette, i qualirestarono, però, a lungo... segreti. Solo il 5 lu-glio 1851 essi furono messi per iscritto daibambini, e recapitati a Pio IX il 18 luglio suc-cessivo. Questi testi sono rimasti inediti. Del“segreto” confidato a Melania vi è però unaversione successiva (inedita) del 14 agosto1853, altre versioni pubblicate a cura del-l’abbé Bliard dal 1870 al 1873 (l’ultima pub-blicata con l’imprimatur dell’arcivescovo diNapoli, Sisto Riario Sforza) ed infine l’ulti-ma, fatta pubblicare da Melania stessa nel1879, con l’imprimatur del vescovo di Lecce,Luigi Zola. È quest’ultima versione (che nonè identica alle precedenti) che viene comune-mente denominata “il segreto di La Salette”.Questa versione è stata ristampata tale qualedall’editore cattolico Societé Saint-Augustin(Paris-Rome-Bruges) nel 1922, col titoloL’Apparition de la T.S. Vierge sur la sainte

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montagne de La Salette le samedi 19 septem-bre 1846, con l’imprimatur di Padre Lepidi,Maestro del Sacro Palazzo, del 6 giugno 1922.

c) Le interpretazioni del Segreto

Il testo di Melania pubblicato nel 1879,suscitò le più vive e disparate reazioni, e lepiù varie interpretazioni. Di queste, non po-che sono state riprovate dalla Chiesa. Così,sono stati messi all’Indice (il 7/6/1901 e il12/4/1907) due libri dell’abbé Combe, parro-co di Diou, e uno del dott. H. Mariavé(pseudonimo del dott. Gremillon) il 12/4/1916, concernenti il Segreto. Molti sacerdotidivulgatori del Segreto furono colpiti dasanzioni canoniche, e sostennero teorie stra-vaganti: citiamo ad esempio: il P. Parent (so-speso dal vescovo di Nantes nel 1903),l’abbé Sicard (censurato dal S. Uffizio nel1910), l’abbé Rigaud (sospeso dal vescovo diLimoges nel 1911), l’abbé Althoffer (inter-detto come sostenitore dell’antipapa MichelCollin nel 1960). Ma il più famoso diffusoredel Segreto e della Vita di Melania fu loscrittore Léon Bloy (Celle qui pleure, nel1908, Vie de Melanie, nel 1912), seguito, inciò, dal suo figlioccio e discepolo JacquesMaritain. Sui gravissimi errori di Léon Bloy,come pure di altri personaggi che si richia-marono a La Salette, come l’ex-abbé Boul-lan e la setta dei Mariaviti, si legga il libro diMons. L. Cristiani, Présence de Satan dans lemonde moderne (ed. France-Empire, 1959,pp. 282-296). Da quanto detto non si puòdedurre che tutti i sostenitori del Segretosiano stati dei personaggi di dubbia vita edottrina (basti pensare a Mons. Zola, al can.Annibale Di Francia ecc.), ma solamenteche il Segreto si può prestare e si è prestatoa cattive interpretazioni.

d) Interventi della Chiesa sul Segreto.

Tuttavia, la Chiesa si è pronunciata anchesul Segreto stesso, almeno per quel che ri-guarda la sua divulgazione. Il 14 agosto 1880(l’anno dopo la pubblicazione del Segretocon l’imprimatur della Curia di Lecce) ilcard. Caterini, prefetto della S.C. dell’Inqui-sizione, scriveva al Vescovo di Troyes, Mons.Cortet: “...non ha fatto piacere alla santa Sedeche il detto opuscolo sia stato reso pubblico, eche per conseguenza è loro volontà [degli in-quisitori] che, dove è stato diffuso, gli esem-

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plari ne siano, per quanto possibile, ritiratidalle mani dei fedeli”. Il Segreto, però, venneulteriormente diffuso, con l’aggravante deicommenti di cui sopra; si giunse così al de-creto “concernente il cosiddetto Segreto di LaSalette” della S.C. del sant’Uffizio del 21 di-cembre 1915 (A.A.S. 7 [1915], p. 594): “È ve-nuto a conoscenza di questa Suprema Con-gregazione che non mancano persone, anchetra i membri del ceto ecclesiastico, che, mal-grado le risposte e le decisioni della stessa Sa-cra Congregazione, continuano - con dei li-bri, opuscoli e articoli pubblicati in riviste pe-riodiche, sia firmati sia anonimi - a trattare ediscutere la questione detta del ‘Segreto di LaSalette’, dei suoi diversi testi e delle sue adat-tazioni ai tempi presenti o ai tempi a venire; equesto non solo senza l’autorizzazione degliOrdinari, ma anche contrariamente alla loroproibizione. Affinché questi abusi, che nuoc-ciono alla vera pietà e che ledono gravementel’autorità ecclesiastica, siano repressi, la stessasacra Congregazione ordina a tutti i fedeli, diqualsiasi nazione, di astenersi dal trattare ediscutere del soggetto in questione, sotto qual-siasi pretesto o in qualsiasi modo, sia con li-bri, opuscoli o articoli, firmati o anonimi, o inqualunque altra maniera. Che tutti coloro chetrasgrediranno quest’ordine del Sant’Uffiziosiano privati, se sacerdoti, di ogni dignità chepotessero avere, e colpiti da sospensione dal-l’Ordinario del luogo, sia per ascoltare le con-fessioni, sia per celebrare la messa; e se sonolaici, che non siano ammessi ai sacramenti senon vengono a resipiscenza. Inoltre, che gliuni e gli altri si sottomettano alle sanzioniportate sia da Leone XIII nella costituzione‘Officiorum ac munerum’ contro coloro chepubblicano, senza l’autorizzazione regolaredei Superiori, dei libri riguardanti cose reli-giose, sia da Urbano VIII nel decreto ‘Sanc-tissimus Dominus Deus noster’, del 13 marzo1625, contro coloro che diffondono in pubbli-co, senza il permesso dell’Ordinario, ciò che èpresentato come rivelazioni. Per il resto, que-sto decreto non è contrario alla devozione al-la santa Vergine, invocata e conosciuta con iltitolo di ‘Riconciliatrice di La Salette’. Dato aRoma, nel Palazzo del Sant’Uffizio, del 21Dicembre 1915”. Il 7 febbraio 1916, il card.Merry del Val precisava, a nome delSant’Uffizio, che l’ultima clausola non inclu-deva una approvazione romana della appari-zione di La Salette (che rimaneva approvatadall’autorità diocesana, competente nella

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materia). Malgrado il decreto, la SocietéSaint-Augustin (ora Desclée De Brouwer)pubblicò nel 1922, come ho già ricordato,una riedizione del Segreto nella sua edizionedi Lecce del 1879; essa si appoggiava sul pa-rere del Padre Lepidi o.p., maestro del SacroPalazzo (teologo del Papa), che già il 16 di-cembre 1912 aveva scritto al Card. Luçon,arciv. di Reims, che “il segreto di La Salettenon è stato mai condannato in modo diretto eformale dalle Sacre Congregazioni”. Eviden-temente, egli pensava poter mantenere que-sto giudizio anche dopo il decreto del 1915,concedendo il suo imprimatur. La riedizionedel Segreto del 1922, però, sebbene sempliceriedizione di quella del 1879, fu messa all’In-dice dei libri proibiti con decreto del sant’Uf-fizio del 9 maggio del 1923. I difensori delSegreto dissero allora che non fu messaall’indice l’edizione pura e semplice del Se-greto, ma una edizione con aggiunta di uncommento del dott. Mariavé. Si giunge cosìall’ultimo intervento del Sant’Uffizio dell’8gennaio 1957, consistente in una lettera delcard. Pizzardo al P. Francesco Molinari, pro-curatore Generale della Congregazione diMissionari di La Salette, che risolve il dub-bio: “In merito, mi pregio di comunicarle chequesta Suprema ha esaminato e condannato,col citato decreto, l’opuscolo suddetto, edito ediffuso dalla Société Saint-Augustin, anchesenza la lettera del dottor Mariavé”. Da quan-to sopra si può concludere che il testo del Se-greto non è stato approvato dalla Chiesa co-me l’apparizione del 1846, ma che anzi ilSant’Uffizio ne ha proibito con gravissimepene la diffusione (1915), ne ha proibito ilpossesso e la lettura (1922) e ne ha condan-nato il contenuto (1957). Certo, i decreti del-le Sacre Congregazioni non sono irreforma-bili; tuttavia, non sono immuni da colpa co-loro che non tengono in verun conto le con-danne emanate dalla Sacra Congregazionedell’Indice o da altre congregazioni romane(cf proposizione 8 dei modernisti condanna-ta dal decreto Lamentabili, DS 3408).

II. LA PREDIZIONE “DI SAN FRANCESCO”

La fonte dalla quale è stata tratta la pre-dizione attribuita a san Francesco è la se-guente: Sancti Francisci Assisiatis seraphiciminorum patriarcæ opera omnia, col. 429-430, éd. Imprimerie de la bibliothèque ecclé-siastique, Paris, 1880. Purtroppo, non ho po-

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tuto consultare il volume in questione, percui mi devo limitare a fare delle ipotesi. Laprima ipotesi è che questa “predizione” diSan Francesco sia apocrifa, ovvero non siastata fatta dal Santo, ma attribuita a lui. Aragioni di critica interna, aggiungo il fattoche non l’ho reperita nei due volumi in miopossesso che contengono ciascuno tutte leopere (ben poche, per la verità) di san Fran-cesco, e cioè Les opuscules de Saint François(éditions franciscaines, Paris, 1956) e Fontifrancescane (ed. Messaggero, Padova, IV ed.1990). Se, come sembra, la “predizione” èun apocrifo, resta da vedere a chi attribuirla.Per chi conosce la storia dell’ordine france-scano, la risposta non è difficile. Tutti sannoche, ancora vivo san Francesco, i suoi frati sidivisero sulla pratica della povertà. Alcunidi essi, chiamati prima “spirituali” e poi“fraticelli” andarono spesso oltre i limitidell’ortodossia, e furono condannati per sci-sma ed eresia. Tra di essi, alcuni, comeUbertino da Casale, protestarono nel 1294“contro l’abdicazione di Celestino V, ‘procu-rata con la frode’ e contro ‘l’usurpazione delsuo successore’” Bonifacio VIII (H. DE LU-BAC, La postérité spirituelle de Joachim deFlore, Lethielleux, Paris, 1978, vol. I, p. 105),considerato pertanto Papa illegittimo e noncanonicamente eletto. Più tardi, i “fraticellidell’opinione” sostennero che Papa Giovan-ni XXII, promulgando le Bolle Quorundamexigit e Sancta Romana del 1317, GloriosamEcclesia del 1318 e Cum inter nonnullos del1323, condannando gli “spirituali” e dichia-rando eretico chi avesse sostenuto che Cri-sto e i suoi discepoli non possedevano nullaneanche in comune, era caduto in eresia: “Ipiù ostili rifiutavano di riconoscerlo comepapa; lo denunciavano come l’Anticristo mi-stico” (DE LUBAC, op. cit., p. 115; Enc. Cat-tolica, voce: Fraticelli; DS 912, Bolla Glorio-sam Ecclesiam). Non paghi di ciò, alleandosicon l’imperatore Ludovico il Bavaro, elesse-ro un frate francescano, Pietro Rainalduccida Corvara, come “papa” col nome di Nic-colò V (1328). “Nicolò presiedette il 19 feb-braio [1329] una bizzarra celebrazione nellacattedrale [di Pisa] durante la quale un fan-toccio di paglia, raffigurante Giovanni XXII,vestito con abiti pontificali, fu formalmentecondannato, degradato e consegnato al brac-cio secolare” (J. Kelly, Vite dei papi, Piem-me, Casale M., 1995, p. 367). Con Ludovicoil Bavaro e il suo antipapa si schierarono

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Guglielmo da Ockam, il deposto generalefrancescano Michele da Cesena, Marsilio daPadova (condannato nel 1327). La canoniz-zazione di san Tommaso (considerato da al-cuni di loro come Caino, cf DE LUBAC, p.116) ad opera di Giovanni XXII, accrebbe laloro indignazione. Molti di essi furono incar-cerati, ed alcuni abbandonati al braccio se-colare e bruciati sul rogo, mentre l’antipapasi sottomise nel 1330.

Alla luce di questo contesto, risultano piùchiare le parole della supposta profezia diSan Francesco: “La purezza del nostro ordi-ne religioso e degli altri sarà deformata, alpunto che pochi tra i Cristiani vorranno ob-bedire al vero Sommo Pontefice [Celestino Vo Niccolò V] e alla Chiesa Romana (...). Almomento decisivo di questa tribolazionequalcuno non canonicamente eletto, elevatoal Sommo Pontificato [Bonifacio VIII o Gio-vanni XXII] si sforzerà con ogni mezzo dicomunicare a molti il veleno mortale del suoerrore. (...) Il nostro ordine sarà diviso [allu-sione alle lotte tra ‘spirituali’ e ‘conventuali’](...) la nostra Regola e la nostra maniera di vi-ta saranno attaccate da certuni molto violente-mente [allusione alle mitigazioni della regolafatte dai Papi e al dibattito sulla povertà el’uso povero dei beni] (...). Coloro invece, chenel fervore dello spirito si attaccheranno allapietà con carità e zelo di verità riceverannopersecuzioni e delle ingiurie come disobbe-dienti e scismatici [così furono classificati daBonifacio VIII e Giovanni XXII]. Poiché iloro persecutori, mossi dagli spiriti maligni,affermeranno che ucciderli e fare sparire dallafaccia della terra simili uomini cattivi sarà fa-re un grande omaggio a Dio” ecc. ecc.

Insomma, la “profezia di san Francesco”è sì un testo “sedevacantista”, ma forgiatoda dei “sedevacantisti” del XIV secolo che,per di più, avevano torto!

III. PRECISAZIONE E CONCLUSIONE

Col presente articolo non ho voluto in al-cun modo attaccare le persone (molte dellequali venero e stimo con grande sincerità)che, nella lotta attuale contro il modernismo,hanno fatto uso del “Segreto di La Salette” odella “predizione di San Francesco”. Io stes-so, per quel che riguarda il “Segreto”, sonotra queste, e profitto dell’occasione per ri-trattare quanto scrissi nel n. 12 di Sodalitium,alle pp. 14-17, nella misura in cui tutto ciò è

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contrario ai decreti succitati della Santa Se-de. Anche a supporre che il Segreto pubbli-cato da Melania nel 1879 fosse, parola perparola, quanto le fu rivelato dalla Vergine,non possiamo valercene come di una provaper sostenere la nostra più che legittima po-sizione contro il Vaticano II, in quanto il me-no che si possa dire è che la Chiesa non lo haapprovato. A questo proposito, ci è di am-monimento quanto, con tanta saggezza eprudenza, scrisse san Tommaso d’Aquinocontro quanti volevano dimostrare il Dogmadella Trinità coi soli argomenti della ragionenaturale: “Se per indurre a credere si portanodelle ragioni che non sono cogenti, ci si espo-ne alla derisione di coloro che non credono:perché costoro penseranno che noi ci appog-giamo su tali argomenti per credere” (I, q. 32,a. 1). Per dimostrare pertanto che il VaticanoII si allontana dalla retta dottrina e non puòessere stato promulgato dall’autorità dellaChiesa sarà bene valersi di argomenti trattiunicamente dalla Rivelazione come è statainterpretata dal magistero della Chiesa, enon di rivelazioni private, tanto più se laChiesa non le ha mai approvate.

IV POST SCRIPTUM

Avevo terminato il presente articolo il 5gennaio c.a. Nel frattempo, la rivista Le selde la terre (n. 28, primavera 1999) ha pubbli-cato uno studio di un certo Frère JeanO.F.M. Cap. sul medesimo soggetto (A pro-pos d’une ‘prédiction de saint François d’As-sise’, pp. 178-184) al quale rinvio il lettore.L’autore conferma, con una inoppugnabiledocumentazione, che la “profezia” attribuitaa san Francesco risale agli ambienti degli“Spirituali” e pensa, come me, che essa si ri-ferisse a Bonifacio VIII e Giovanni XXII.Mi sembra tuttavia che l’articolo in questio-ne sia troppo generoso verso gli Spirituali etroppo severo, al contrario, nei confronti diGiovanni XXII. In ogni caso, la questionemi pare, per quel che riguarda l’autenticitàdella “profezia”, definitivamente chiusa.

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A PROPOSITO DELL’IN-FALLIBILITÀ

don Giuseppe Murro

Nel n° 47 di Sodalitium, a proposito dell’arti-colo “Mons. Williamson contro il Concilio

Vaticano… I”, un sacerdote ci ha rivolto la se-guente obiezione:

«Secondo lei il Magistero e il S. C. Vatica-no non distinguono tra il magistero ordinarioe solenne del Papa. Certamente non distin-guono quando parlano di uno in particolaree non dell’altro, ma è un errore pensare che“ex cathdera” equivale al magistero ordina-rio e a quello solenne nello stesso tempo. Ba-sta vedere il canone del Codice del DirittoCanonico al n. 1323 § 2: “Pronunciare questigiudizi solenni spetta in proprio sia al Conci-lio, sia al Pontefice Romano quando parla excathedra”. Per il resto ciò mi sembra che siachiaro negli atti del Vaticano I.

Sembrerebbe che lei introduca questa af-fermazione per ricordare una verità importan-te e cioè che il Papa da solo - senza l’Episco-pato - può parlare infallibilmente con frequen-za, e non in maniera così straordinaria da ac-cadere una volta al secolo come credono i mi-nimalisti contraddicendo il Santo Concilio.Però su questo punto Mons. Williamson haragione (solo su questo punto), nel sostenerecioè che ex cathedra è sinonimo di “solenne”;non ha però ragione nel pensare che ciò av-venga raramente o quasi mai. Il Papa è infalli-bile tutti i giorni come parte prima e principaledel M.OU. e non definendo ex cathedra; per-ciò, questo tipo di magistero papale vienechiamato straordinario.

In pratica il Papa definisce ex cathedraogni volta che: definisce un dogma di fede, maanche quando definisce una dottrina comecerta, o la condanna come eretica, favorevoleo con sapore di eresia, scismatica, contraria al-le orecchie pie. Definisce ex cathedra ancheogni volta che canonizza un santo o (come èpiù probabile) lo beatifica, quando approvadefinitivamente un Istituto di perfezione,quando promulga delle leggi universali disci-plinari o liturgiche, ecc. ecc. In ognuna di que-ste occasioni il Papa regnante è infallibile per-ché definisce o determina dalla cattedra supre-ma. Per questo le definizioni ex cathedra di unPapa, che regna un paio d’anni, sono numero-sissime. Però tutto ciò non ha niente a che ve-

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dere con il Magistero ordinario del Papa, cheper sua natura, al pari del M.O.U. non defini-sce ma piuttosto trasmette. Se vi è una defini-zione papale, vi è un giudizio solenne, ovveroex cathedra”.

Innanzitutto facciamo notare che la di-vergenza di opinioni tra Sodalitium e il no-stro critico, per importante che sia, non toccail fondo della questione: siamo entrambi con-vinti della grande estensione dell’infallibilitàdel Magistero papale, e questo contro la Tesidi Mons. Williamson e della Fraternità.

Quanto alla tesi che ci critica, pur essen-do rispettabile, è ben lungi dall’essere cosìsicura come viene presentata dal nostro con-traddittore. A questo proposito ci sembrasufficiente citare Bernard Lucien: «Precisia-mo ancora che tra i fautori di una “visionelarga” dell’infallibilità pontificia, si possonotrovare (almeno) tre categorie:

- gli uni sostengono che la definizione delVaticano I è effettivamente molto ristretta(cioè che i casi di infallibilità che essa descri-ve siano rari), ma che non è per nulla restrit-tiva (cioè non esclude per nulla che vi sia in-fallibilità in altri casi);

- altri ammettono che la definizione delVaticano I è restrittiva, ma riconoscono chein sé stessa è larga;

- altri infine - e tra costoro noi ci inseria-mo - sostengono che la definizione del Vati-cano I è larga e nello stesso tempo che non èrestrittiva» (BERNARD LUCIEN, L’infaillibilitédu Magistère Pontificale Ordinaire, in SedesSapientiae, n. 63, pag. 42).

A quanto ci pare il nostro contraddittorepuò essere classificato nella seconda catego-ria, mentre noi ci poniamo, con l’abbé Lu-cien, nella terza. Quanto all’obiezione rica-vata dal can. 1323 § 2 del Codice di dirittocanonico, è facile rispondere, che il Codicenon stabilisce un’identità tra giudizio solen-ne e locuzione ex cathedra: ogni giudizio so-lenne, per il Codice, spetta al Papa che parlaex cathedra o al Concilio Ecumenico, d’ac-cordo; ma il Codice non dice che il Papa cheparla ex cathedra, lo fa esprimendosi solo inmaniera solenne. Perciò il Lucien può, mal-grado il can. 1323 § 2 che cita a pag. 38, sta-bilire come una caratteristica della correnteminimalista sull’infallibilità del Papa la posi-zione che identifica giudizi solenni e locuzio-ni ex cathedra (pag. 45).

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RIFLESSIONI SULLAPROVVIDENZA DI DIO

Don Ugolino Giugni

Nel Vangelo Gesù invita gli uomini adavere fiducia in Dio ed ad affidarsi alla

sua provvidenza. Leggiamolo e commentia-molo insieme ai Padri della Chiesa.

Il testo del Vangelo

Nessuno può servire a due padroni: oodierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’unoe disprezzerà l’altro: non potete servire a Dioe a mammona. Perciò vi dico: per la vostravita non affannatevi di quello che mangereteo berrete, e neanche per il vostro corpo, diquello che indosserete; la vita forse non valepiù del cibo e il corpo più del vestito? Guar-date gli uccelli del cielo: non seminano, némietono, né ammassano nei granai; eppure ilPadre vostro celeste li nutre. Non contate voiforse più di loro? E chi di voi, per quanto sidia da fare, può aggiungere un’ora sola allasua vita? E perché vi affannate per il vestito?Osservate come crescono i gigli del campo:non lavorano e non filano. Eppure io vi dicoche neanche Salomone, con tutta la sua glo-ria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio ve-ste così l’erba del campo, che oggi c’è e do-mani verrà gettata nel forno, non farà assaipiù per voi, gente di poca fede? Non affanna-tevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo?Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?Di tutte queste cose si preoccupano i pagani;il Padre vostro celeste infatti sa che ne avetebisogno. Cercate prima il regno di Dio e lasua giustizia, e tutte queste cose vi sarannodate in aggiunta. Non affannatevi dunque peril domani, perché il domani avrà già le sueinquietudini. A ciascun giorno basta la suapena. (Matt. VI 24-34).

Commento

Nessuno può servire a due padroni: nondobbiamo credere di poter conciliare l’amo-re per i beni temporali e per quelli eterni.

Vita Spirituale

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Essi sono inconciliabili e conducono a termi-ni opposti, bisogna scegliere uno dei due,poiché o odierà l’uno e amerà l’altro, o pre-ferirà l’uno e disprezzerà l’altro; quindi con-clude Gesù, non potete servire a Dio e amammona. Mammona è una parola siriacache significa ricchezza, che qui è personifica-ta per indicare il demonio, dio delle ricchez-ze. Dio è geloso dell’amore dell’uomo evuole il nostro cuore tutto per sé; dobbiamodunque scegliere, o l’amore di Dio o l’amoredelle ricchezze.

“Il servire due padroni – dice S. Ilario diPoitiers – è sleale e uno stesso uomo non puòavere un eguale premura per il mondo e perDio. È inevitabile che egli disprezzi l’uno eami l’altro, poiché una stessa opera non puòessere gradita a padroni dalle volontà diffe-renti [ed è certo che Dio e il diavolo hannovolontà e fini diversi…], e i poveri in spirito,graditi a Dio, non possono conformarsi allavanità ambiziosa di questo mondo”.

La fiducia in Dio non deve essere limita-ta ai momenti di preghiera ma deve permea-re ogni momento della nostra vita, sia mate-riale sia spirituale. Il Vangelo non contieneforse pagine più belle e appassionanti diquelle appena citate nelle quali il Signorec’insegna un fiducioso abbandono. Per per-suaderci di questa verità e invitarci a confi-dare nella Divina Provvidenza il Signore dàquattro argomenti. Gesù vuole che gli uomi-ni siano liberati da ogni eccessiva preoccu-pazione per ciò che concerne il lato materia-le della vita, affinché abbiano l’anima piùaperta sul lato del cielo.

La vita forse non vale più del cibo e il cor-po più del vestito?… E la prima ragione o pri-mo fondamento della nostra fiducia: chi dà ilpiù dà il meno. Ora se Dio ci ha dato quelloche è il più: la vita, senza che noi glielo do-mandassimo, come possiamo pensare che eglinon provveda al meno, cioè il cibo, senza ilquale non possiamo conservare la vita? SeEgli ci ha dato un corpo, come potrà negarciil vestito, che deve ricoprirlo e difenderlo dal-le intemperie? S. Ambrogio commenta:“Nulla di più valido per convincere che ognicosa può essere data da Dio a chi crede…L’aria da noi inspirata fa durare ininterrotta-mente, senza fatica alcuna da parte nostra,l’unione vitale dell’anima e del corpo… el’uso del cibo che mantiene in salute non vie-ne a mancare che quando sopraggiunge ilgiorno supremo della morte. Poiché dunque

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l’anima è rivestita dell’abito del corpo, e ilcorpo è tenuto in vita dalla forza dell’anima,è incongruo pensare che ci venga a mancareil consueto nutrimento, perché noi possedia-mo l’esistenza che è inesauribile”.

Seconda ragione Guardate gli uccelli del cielo: non semina-

no, né mietono, né ammassano nei granai;eppure il Padre vostro celeste li nutre. Noncontate voi forse più di loro? Dio provvedeogni dì l’alimento alle bestie dei campi e deiboschi, e agli uccelli dell’aria, che senza dilui perirebbero; ancor più quindi Egli siprenderà cura di noi poveri uomini ma crea-ti a sua immagine e somiglianza. Se gli uccel-li del cielo vivono senza darsi pena del do-mani (non seminano, né mietono) ed aspet-tano il loro sostentamento giornaliero dallaDivina Provvidenza (il Padre vostro celeste linutre) perché non dovrebbe fare lo stessoper noi, che siamo i suoi figli, visto che noinon contiamo forse più di loro? S. Ambro-gio: “Dobbiamo seguire nella fede questoimportante paragone. Infatti se agli uccelli,che non esercitano affatto l’agricoltura enon hanno alcun ricavato dalla fecondità deiraccolti, la provvidenza divina largisce unnutrimento che non viene mai a mancare, èvero allora che l’avarizia deve essere consi-derata la causa della nostra penuria. Ad essiavanza l’uso dei pascoli che non hanno lavo-rato, proprio perché incapaci di rivendicarea sé con, diciamo pure, dispotismo indivi-duale i raccolti dati per il nutrimento comu-ne; noi invece rivendicando le nostre pro-prietà personali, abbiamo perduto quelle co-muni (…). Perché devi credere che le ric-chezze siano tue, se Dio ha voluto che perfi-no il cibo ti fosse comune con gli altri esserianimati? Gli uccelli del cielo non rivendica-no a sé nessuna proprietà esclusiva, e perquesto non sanno che cosa significhi manca-re di nutrimento, perché non sanno che cosasignifichi guardar di mal occhio gli altri”.

Terza ragioneE chi di voi, per quanto si dia da fare,

può aggiungere un’ora sola alla sua vita? ES. Luca aggiunge: Chi di voi con tutto il suopensare può aggiungere alla sua statura uncubito? Si intende qui la lunghezza della vitanel tempo, o l’altezza del corpo, il ché sareb-be comunque un ingrandimento notevole.Tutte le nostre sollecitudini sarebbero vanesenza Dio, cosa possiamo fare noi senza dilui (senza di me non potete fare nulla…

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Gv. XV, 5) chi può allungare la sua statura ocambiare il suo aspetto esteriore, pur desi-derandolo fortemente? E chi può allungaredi un solo minuto la durata della sua esisten-za, andare al di là del tempo stabilito daDio? Dice S. Ilario: “Quale oltraggio, arre-cheremo, con l’essere incerti riguardo al ve-stito, cioè riguardo all’aspetto dei corpi, acolui, che accrescerà la misura dei corpiumani di quanto sarà necessario per renderetutti gli uomini uguali e uniformi”.

Quarta ragioneEssa viene a confermare la seconda; se

già con l’esempio degli uccelli ci ha mostratoche non dobbiamo affannarci per il ciboquanto più per il vestito: E perché vi affan-nate per il vestito? Osservate come crescono igigli del campo: non lavorano e non filano.Eppure io vi dico che neanche Salomone,con tutta la sua gloria, vestiva come uno diloro. Ora se Dio veste così l’erba del campo,che oggi c’è, e domani verrà gettata nel forno,non farà assai più per voi, gente di poca fe-de? Dio farà certamente molto più per l’uo-mo, per il cristiano, per l’erede della sua glo-ria, di ciò che fa non solo per i fiori ma perun tenue filo d’erba. Un fiore così bello co-me il candido giglio è più bello dello splen-dore di un re come Salomone, ma questofiore dura un giorno, o col caldo dell’orientes’appassisce in poche ore; di cosa ci preoccu-piamo per il vestito dunque se Dio usa tantabontà e misericordia per un tenue fiore?

Il Santo vescovo di Milano commenta:“Parole sante, e fatte per istruirci, perchécon l’immagine dei fiori e dell’erba questeespressioni del Signore ci hanno stimolatoad aver fede nel conseguimento della mise-ricordia di Dio: e questo sia nel senso lette-rale, per quanto riguarda la statura fisica,sia nel senso spirituale, per quanto trascen-de le dimensioni della nostra statura, perchénon siamo capaci di aggiungervi alcunchésenza l’aiuto divino. Ma che cosa è altret-tanto formativo di questo: che tu, vedendoche anche le creature irragionevoli sono ri-vestite in tal modo dalle premure di Dio, danon aver bisogno di nulla per aumentare dibellezza o di ornamento, molto maggior-mente devi credere che l’uomo, provvisto diragione, se affida a Dio ogni cura di se stes-so, e non viola la sua fede con una continuaindecisione, non potrà mai mancare di nulla,perché fa giustamente conto, in anticipo, delfavore divino?

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Tuttavia dobbiamo anche cercare un si-gnificato più profondo di queste parole, per-ché, come sembra, non è futile il fatto che unfiore sia paragonato all’uomo, oppure che siaaddirittura posto al di sopra degli uomini,rappresentati da Salomone, il quale ebbemerito così grande, sia nell’immagine, da co-struire a Dio un tempio, sia nel mistero, dasimboleggiare la Chiesa di Cristo: e alloranon sembra fuor di posto giudicare che, colbianco tersissimo del colore, si voglia espri-mere la gloria degli angeli del Cielo, i qualisono realmente i fiori di questo mondo, poi-ché il cosmo è ornato del loro candore ful-gente, ed essi esalano il profumo della santi-ficazione. Noi, sicuri della loro assistenza,possiamo dire: “Noi siamo per Dio il profu-mo di Cristo tra quelli che si salvano” (II Cor.II, 15), perché essi, non ostacolati da alcunapreoccupazione, non provati da alcuna fati-ca, custodiscono in se stessi il favore della li-beralità divina e i doni della natura immate-riale. Per cui molto giustamente Salomonevien descritto in questo passo come rivestitodella sua gloria, e altrove come ammantato,poiché rivestiva con lo splendore delle operel’infermità della natura del corpo, ricopren-dola, si potrebbe dire, col manto della virtùdell’anima. Tuttavia gli angeli, la cui natura,maggiormente vicina a Dio, si mantiene im-mune dai brutti tiri del corpo, giustamentevengono anteposti a quell’uomo, anche se fugrandissimo, tenuto conto dei brutti tiri chesubiamo noi. Poiché dunque gli uomini invirtù della risurrezione, saranno come gli an-

Gesù predica alle genti: “Osservate come crescono i gigli del campo…”

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geli di Dio nel Cielo, il Signore, come l’haconcessa a loro, cosí ha ordinato che anchenoi speriamo l’accrescimento della gloria ce-leste, su l’esempio degli angeli, nell’attesache questo corpo mortale sia assorbito dallavita; infatti questo corpo corruttibile deve ri-vestire l’incorruttibilità e questo corpo morta-le rivestire l’immortalità.

Molti interpreti pensano anche che que-sta immagine sia più calzante seguendo lanatura di quel fiore, e il modo consueto dicrescere del germoglio qui indicato: effetti-vamente i gigli non hanno bisogno di esserecoltivati col solito trattamento annuo, e il la-voro svolto dai solerti contadini per produr-re questo fiore non torna su se stesso giran-do come una ruota, diversamente da quantofanno per raccogliere gli altri prodotti. Purin mezzo a qualsiasi siccità dei campi, tuttociò che riceve nutrimento comincia a vivereformando il fiore in virtù di una certa intrin-seca potenza generativa della linfa, che da séstessa e in sé stessa continuamente dura.Perciò, quando vedi che lo stelo delle fogliegià cresciute si è inaridito, la natura del fiorecomincia tuttavia a svilupparsi; la vitalità sinasconde, ma non va perduta. Ma quando losvegliano le carezze della primavera, il rive-stimento del germoglio rinnova la corolladel fiore e lo splendore del giglio”.

Non affannatevi dunque dicendo: Che co-sa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosaindosseremo? Di tutte queste cose si preoccu-pano i pagani; il Padre vostro celeste infattisa che ne avete bisogno. È un po’ la conclu-sione del ragionamento del Signore. L’affan-nosa preoccupazione per le cose necessariealla vita è indegna di un vero cristiano, essasi addice solo ai pagani, l’uomo di fede deveelevarsi a pensieri più elevati. Se Dio è no-stro Padre conosce le nostre vere necessità enulla ci farà mancare di quanto abbiamo bi-sogno. Lo sguardo amorevole della suaProvvidenza non ci abbandona mai.

Non affannatevi… «Il padre Giovannil’Eunuco, da giovane chiese ad un’anziano:“Come avete potuto voi compiere l’opera diDio con calma? Noi non vi riusciamo nean-che con l’affanno!”. Disse l’anziano: “Noi cisiamo riusciti perché l’opera di Dio era lanostra preoccupazione principale, mentre leesigenze del corpo erano l’ultima. Voi inve-ce mettete al primo posto le esigenze delcorpo e l’opera dei Dio non costituisce pervoi la cosa più necessaria. Perciò il salvatore

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ha detto ai discepoli: O uomini di poca fede,cercate prima il regno di Dio e il resto vi saràdato in sovrappiù”».

Cercate prima il regno di Dio e la suagiustizia, e tutte queste cose vi saranno datein aggiunta. “Egli rivela - dice S. Ambrogio -che né ora né poi la grazia verrà meno ai fe-deli, purché quanti aspirano alle cose divinenon vadano a cercare quelle terrene. Indub-biamente, non sta bene che si diano pensie-ro del cibo gli uomini che militano per il Re-gno. Il re sa bene come far crescere, nutrire,vestire, i suoi uomini e per questo ha detto:Getta sul Signore il tuo affanno, ed egli tidarà nutrimento (Ps. 54, 23)”. Dio vuole cheinnanzi tutto cerchiamo il suo regno cioè lasua giustizia, la virtù, la santità, l’osservanzadella sua legge che è la sola che ci può darediritto a fruire della beatitudine eterna, e atutto il resto penserà Lui. Se così faremo,sembra dirci il Signore, riceveremo anche ibeni terreni (e tutte queste cose vi sarannodate in sovrappiù…) cioè di che mangiare, diche vestire, e tutto il resto che ci ha mostra-to sopra. Non dobbiamo essere uomini dipoca fede per non meritare il rimproverodel Signore.

“Gesù mio, ripetete spesso in fondo allamia anima le vostre parole così edificanti. In-segnatemi, nel silenzio di tutte le cose il sen-so profondo e nascosto dei vostri divini inse-gnamenti. Aiutatemi a liberare l’anima datutte le preoccupazioni della vita materiale,da tutti gli assilli inopportuni della vita spiri-tuale. Essi sono come tante reti che tengonoprigioniera l’anima mia. Fate che la fiduciain Voi, sempre più intensa e assoluta, liberila mia anima e le permetta di prendere il vo-lo verso le sfere degli splendori celesti, perinebriarsi di luce e d’amore sotto i raggi delleVostre divine perfezioni” (JAEGHER op. cit).

Bibliografia:SANT’AMBROGIO, Esposizione del vange-

lo secondo Luca, in Opera omnia, BibliotecaAmbrosiana, Città Nuova Editrice, Milano -Roma 1978.

S. ILARIO DI POITIERS, Commentario aMatteo, Città Nuova editrice, Roma 1988.

PAUL DE JAEGHER S.J. Fiducia EdizioniPaoline, Roma 1984.

Vita e detti dei Padri del Deserto, CittàNuova, Roma 1990.

DEHAUT, Il Vangelo spiegato, difeso, me-ditato… Alcide Parenti editore Firenze 1877.

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PAPA PIO VII PRECURSORE DELVATICANO II?

Nello scorso numero di Sodalitium (n. 48,p. 52; ed. fr. n. 47, p. 84) scrivevo: “nella

‘Lettre des dominicains d’Avrillé’ (n. 7, sett.1998, p. 11), si raccomanda la lettura del li-bro di Joël Morin e Emmanuel Vicart intito-lato ‘Le pape Pie VII: précurseur de VaticanII (Papa Pio VII: un precursore del VaticanoII), da richiedere al Priorato Sainte-Anne diLanvallay, un priorato della Fraternità SanPio X. Non ho ancora letto il libro, ma il tito-lo è tutto un programma: se Pio VII fu unprecursore del Vaticano II, la ‘Petite Eglise’fu un precursore della Fraternità San Pio X”.

Purtroppo, ho commesso - involontaria-mente e incolpevolmente - un deplorabileerrore che sono lieto di correggere con lapresente recensione, dopo aver letto il libroin questione.

Cose che succedono quando il tipografo(in questo caso quello dei domenicani diAvrillé) sopprime un punto interrogativo: iltitolo esatto del saggio di Morin e Vicart èLe Pape Pie VII précurseur de Vatican II ? Ilsottotitolo, anch’esso omesso dai domenica-ni, è ancora più esplicito, esprimendo l’in-tento degli autori: Il concordato del 1801.Studio critico dell’opera di Adrien Loubier,intitolata ‘Democrazia clericale’. “Il veicolodelle false dottrine durante il XIX secolo e lametà del XX non sono i papi - scrive Mons.Lefebvre - ma i cattolici liberali e i moderni-sti...”; è questa anche la tesi degli autori.

Sodalitium si è opposto all’anticlericali-smo dottrinale di Adrien Loubier (pseudo-nimo di Adrien Bonnet de Villers, direttoredella rivista Sous la bannière) fin dal 1990(cf. nn. 20 e 21, sui rapporti tra Stato e Chie-sa) e non può che condividere l’iniziativa deidue autori di difendere Pio VII ingiustamen-te attaccato. Impresa non troppo difficile,dato lo stile estremista e superficiale proprioall’autore criticato. Non possiamo quindi faraltro che raccomandare la lettura di questolibro sul Concordato tra Napoleone e laSanta Sede, libro che esprime opinioni che iredattori di Sodalitium condividonopienamente.

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Spiegare ai lettori la liceità del Concor-dato del 1801 (era nel diritto e nelle compe-tenze della Santa Sede) e la sua opportunità(un Concordato non è mai un ideale, ma èspesso tutto ciò che si può ottenere da unpotere temporale poco rispettoso dei dirittidella Chiesa, per il bene della Religione edelle anime) è necessario - oggi più che mai- e proprio nel nostro ambiente. Se ho potu-to credere sinceramente che la FraternitàSan Pio X attaccasse il Concordato è perchépiù volte, con la parola e con gli scritti, deimembri della Fraternità lo hanno fatto.

Tra i molti esempi che potrei citare, miaccontenterò di uno solo, perché è il più im-pressionante: Démocratie cléricale, il librorefutato da Morin e Vicart, ha avuto un se-guito, scritto dallo stesso autore, per dimo-strare la medesima tesi (attaccando questavolta Benedetto XV): Echec au ralliement.Ora, chi ha scritto la prefazione al seguito diDémocratie cléricale? Niente meno cheMons. Williamson, uno dei quattro vescovidella Fraternità San Pio X. Con un po’ dimalizia, questo potrebbe spiegare l’inattesaprefazione di Mons. Tissier de Mallerais allibro di Morin e Vicart scritto controDémocratie Cléricale... Un vescovo dellaFraternità appoggia Adrien Loubier, un’al-tro vescovo della Fraternità lo attacca... e,guarda caso, da sempre non corre buonsangue tra i due.

Questa volta mi spiace proprio dover darragione a Mons. Tissier de Mallerais, anchese ho qualche dubbio, come ho detto, sullapurezza delle sue intenzioni. Difatti, nellaprefazione in questione, Mons. Tissier, ci-tando Mons. Lefebvre, non può trattenersidal lanciare una frecciatina finale (in caudavenenum) contro Leone XIII e Pio XI. InSous la bannière (n. 61, p. 16), presentandoEchec au ralliement, si legge: “Fin dal 1926,il Padre Le Floch, rettore del seminario fran-cese di Roma, denunciava questa ‘eresia piùpericolosa di tutte le altre: l’esagerazione delrispetto dovuto al papa e l’estensione dellasua infallibilità’”. Non è un caso che P. LeFloch sia stato il maestro di Mons.Lefebvre...

Non è l’estensione dell’infallibilità delPapa ma la sua diminuzione e pratica nega-zione che ci ha portato al Vaticano II; Morine Vicart hanno fatto un buon lavoro, mahanno appena cominciato: a voler refutaretutti gli errori anti-romani che pullulano nel

Recensioni

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nostro ambiente (come anche - e più ancora- tra i ‘modernisti’) c’è da passarci una vita!

don Francesco Ricossa

J. MORTIN, E. VICARTLe Pape Pie VII précurseur de Vatican II?120 pagine, 55 F.Da richiedere a M. Morin, 14, chemin duVau-Garni F-35400 Saint-Malo

Belgio. Nel mese di dicembre don Stuyverha firmato il contratto di acquisto di un

immobile, sito a Dendermonde, che diven-terà la residenza del sacerdote ed ospiteràanche una cappella più spaziosa per riuniretutti i fedeli. Aiutato da Christ e Sven, chevivono con lui, e da altri volonterosi, donGeert ha già iniziato i lavori di ristrutturazio-ne. Le spese di acquisto sono state tutte inte-ramente a carico di don Stuyver, che adessodeve affrontare quelle necessarie per adatta-re il locale ai nuovi usi. Chi volesse aiutarlo,può inviare i suoi doni al seguente conto:

CCP: 000-1719640-24intestato a: Anablepson VZWSint-Christianastraat 7.B- 9200 Dendermonde.Francia. Anche in Francia si registra un

passo avanti, che comporta però nuove spese.Il 6 aprile, martedì di Pasqua, don Murro hafirmato il contratto di affitto di un locale aLione, che servirà per la celebrazione dellaSanta Messa. Ritorna perciò la celebrazionepubblica della Messa “non una cum” a Lione,che ne fu uno dei centri più importanti aitempi della famosa cappella di Quai Saint-Vincent, officiata a suo tempo da Mons. Gué-rard des Lauriers, da P. Vinson, dall’abbé Lu-cien ecc. Ringraziamo la famiglia che per lun-go tempo ha messo a nostra disposizione unproprio appartamento per la celebrazionedella Messa; una soluzione che ci ha permes-so di iniziare il nostro apostolato, ma che oggisi rivela ormai inadeguata.

Il 6 gennaio tre giovani hanno ricevutol’abito religioso e iniziato il loro noviziatopresso le Suore di Cristo Re a Serre-Nerpol,una congregazione religiosa femminile fon-

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data dal P. Vinson. Per l’Istituto, era presen-te don Murro, come lo mostra la bella fotoche pubblichiamo, tratta da Simple Lettre.

Italia. In questo numero, le due notiziepiù importanti sono due “non-notizie”. Spie-ghiamoci. Si tratta di avvenimenti che con-cernono la Fraternità Sacerdotale san Pio X,e che interessano l’Istituto solo indiretta-mente in quanto non ne è rimasto coinvolto,anche se ciò avrebbe potuto accadere. Laprima notizia è la Messa del 14 febbraio almercato di Porta Palazzo, la seconda è lapresenza della Fraternità nella lista delle“sette” resa pubblica dal Ministero degli In-terni in occasione del Giubileo. Ora, il no-stro Istituto ha cortesemente rifiutato l’invi-to che gli era stato fatto telefonicamente il15 gennaio di celebrare la Messa di PortaPalazzo, e non compare (a quanto pare) nel-la lista del Ministero degli Interni. Vediamocosa pensare di questi fatti.

Il 14 febbraio 1999, il superiore del di-stretto italiano della Fraternità san Pio X,l’abbé Michel Simoulin, ha celebrato la S.Messa nel mercato torinese di Porta Palazzo,in ‘riparazione’ della cerimonia musulmanache vi si era svolta alla conclusione del Ra-madan. La Messa era stata organizzata e “vo-luta dalla Lega Nord” (La Padania, 16/2/99,p. 3), e si trovavano in prima fila l’organizza-tore della Messa, on. Borghezio, il sindaco diAlessandria, Signora Calvo, il capogruppodella Lega in comune, Molino. I militanti del-la Lega assistevano alla Messa con la fascia albraccio (cf La Stampa, 15/2/99, p. 5). Per qua-le motivo l’Istituto ha ritenuto di dover decli-nare un invito che invece la Fraternità hapensato di poter accettare?

Non mancano le posizioni della LegaNord che possono essere condivise e soste-nute da un cattolico. Sacerdoti dell’Istitutohanno tenuto conferenze con parlamentaridella Lega, o in sedi della Lega. Non consi-deriamo immorale una collaborazione epi-sodica e delimitata nelle cose profane con laLega o altri partiti. Tuttavia, il cattolico nonpuò dimenticare le posizioni della Lega inmateria religiosa, se la collaborazione con-cerne le cose sacre. Ricordiamo pertanto aisacerdoti della Fraternità:

1) I riti pagani di culto al dio Po compiu-ti in pubblico dall’on. Bossi (presente e con-senziente l’on. Borghezio).

2) I matrimoni “celtici” e pagani compiu-ti pubblicamente da esponenti della Lega.

Vita dell’Istituto

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3) L’esaltazione del Vaticano II a operadi Bossi (cf Padania, 18/8/97).

4) L’elogio del protestantesimo fattospesso dai leghisti.

5) Dichiarazioni di Bossi quali: “La religione non è certamente l’oppio

dei popoli, ma la sua organizzazione e la suagerarchia da Costantino in poi certamente losono”. “Non è per caso che già da tempomolti padani, alla loro morte, si facciano sep-pellire con la bandiera padana e della Legaad accompagnarli nel lungo viaggio: se rina-sceranno, rinasceranno padani. È anche unsegno di quanto sia ormai mal sopportata inPadania la chiesa romanocentrica” (Pada-nia, 17/8/97). La Chiesa “è una nemica dedi-ta a pratiche come quelle del pane e del vi-no...” (La Stampa, 7/10/97).

6) L’elogio delle peggiori eresie, comequella catara e di fra’ Dolcino, definite “ere-sie padane che hanno sempre avuto, comecostante, il ritorno alla purezza e alla povertàdelle origini, e la forte richiesta di moralità edi netta distinzione tra affari del mondo e af-fari dello spirito” (Quaderni padani, n. 18,luglio-agosto 1998, p. 1).

7) L’odio contro Roma; la creazione diuna “Chiesa” padana: “Sia dentro che fuorila nostra Chiesa si è sempre data prova diuna costante e molto significativa avversioneper Roma (...) come antico soggetto di distru-zione delle culture tradizionali (per i non cri-stiani) e di depravazione della purezza dellaChiesa (per i cattolici). C’è una continua esottile linea di antiromanità che - è inutile na-sconderlo - ha sempre pervaso la Chiesa pa-dana...” (ibidem).

8) Il cattolicesimo (padano) visto comemezzo di sopravvivenza del paganesimo:“molto è stato detto sulla continuità non soloformale tra druidi e sacerdoti (...). È vero chela Chiesa nel passato ha troppe volte contri-buito a devastare antiche culture e a sradicareogni segno e radice considerata pagana, ma èaltrettanto vero che quello che di più antico èrimasto nella nostra cultura è rimasto nellaChiesa: mutato, modificato e sminuito maancora presente. Il culto dei Santi, della Ver-gine, l’attenzione per elementi naturalistici esimbolici per tanti segni della nostra anticasacralità sono quel che resta delle nostre radi-ci” cioè del paganesimo (ibidem).

9) L’elogio massonico della tolleranza:“Quella padana è una Chiesa fatta di strettacomunanza tra sacerdoti e popolo, di civile

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discussione e accettazione delle idee, di tolle-ranza: il mondo celtico non ha fatto martiri, iromani sì” (ibidem)

10) L’eresia della Chiesa popolare: “Sealcuni alti prelati troppo filoromani abban-donano il popolo, il clero migliore non deveseguirli: la Chiesa è popolo e parte del popo-lo e deve stare con il suo popolo” (ibidem).

Da queste citazioni (tra le tante possibi-li) si deduce che, ultima venuta di una lungaserie, anche la Lega cerca di creare una“Chiesa” scismatica, separata da Roma. I sa-cerdoti “lefebvriani” (così li definisce “LaPadania”del 16 febbraio, in antitesi al “cleroromano”) vengono utilizzati come strumen-to di una campagna della Lega in questosenso, ed hanno pertanto oggettivamentedato il loro contributo a questo disegno: al-tro che messa anti-islamica! Se le blasfemiemusulmane richiedono riparazione, perchéla Fraternità non ha riparato anche per leblasfemie che abbiamo citato? Perché nonprovvede a far cancellare la scritta a tutti vi-sibile ad Alessandria (autostrada TO-PC)che dice: VIVA DIO BOSSI? La strumenta-lizzazione della Messa celebrata dall’abbéSimoulin è apparsa ancora più chiara dopo ilseguente episodio.

Mathi, 18 febbraio: 4 giorno dopo laMessa di Porta Palazzo. L’on. Borgheziopartecipa per tre ore, con i “cattolici padani”ai riti di Mons. Milingo, invitato dal “veg-gente” Giuseppe Raphael Bossio. La Stam-pa del 19 febbraio pubblica la foto di Milin-go che impone la mani a Borghezio. Il dioPo, l’abbé Simoulin, Mons. Milingo... Non sivede proprio cosa ci possa essere di comunein tutto ciò. L’atteggiamento della Fraternitàci è parso in questo episodio poco prudentee poco sensibile alle esigenze della purezzadella ortodossia.

Lo stesso si può dire a riguardo della se-conda “notizia”. In Italia come all’estero laFraternità ha lanciato una indignata campa-gna di stampa contro il rapporto del Mini-stero degli Interni sulle sette religiose. Inparticolare ha promosso una raccolta di fir-me di parlamentari e personalità varie che sioppongono alla presenza della Fraternità trale “sette” potenzialmente pericolose, ed hatenuto una conferenza al proposito, il 25marzo, alla Sala del Cenacolo di PalazzoMontecitorio a Roma. Cosa dire a questoproposito? Innanzitutto, che siamo solidalicon la Fraternità San Pio X: sembra eviden-

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te che non si tratta di una “setta religiosa”,ancor meno pericolosa. In secondo luogo,che condividiamo la sua preocupazione: ilfatto che l’Istituto non figuri nella lista nonci garantisce per il futuro, tanto più cheMassimo Introvigne si sarebbe vantato, aquanto ci è stato riferito, a Tele-Montecarlo,di essere diventato consulente dell’F.B.I. edel Mossad sulla questione delle “set-te”/nuovi movimenti religiosi... Le leggi re-pressive esistono di già: devono solo essereapplicate. Tuttavia, non bisogna neppureesagerare - almeno per ora - i timori di unapersecuzione giudiziaria e/o fisica, solo inbase al rapporto del Ministero, che vuoleprevenire, a quanto dice, attentati in occa-sione del Giubileo. Ora, se è vero che laFraternità San Pio X non ha alcuna respon-sabilità (se non la negligenza) nell’attentatocompiuto a suo tempo a Fatima da un sacer-dote squilibrato contro Giovanni Paolo II, èvero anche che questo sacerdote risiedeva inun priorato della Fraternità. Così come è le-cito e doveroso difendersi da un giudizioinfondato del Ministero degli Interni, è do-veroso anche non prestare il fianco a questeaccuse ingiuste. Abbiamo già parlato nellanostra rivista di un gruppo “apparizionista”col quale abbiamo collaborato non essendoa conoscenza delle dottrine inconcepibili na-scostamente professate. Appena venute anostra conoscenza, abbiamo subito interrot-to ogni collaborazione. Era un dovere di co-scienza (poiché non si può collaborare conchi professa delle eresie) ed era anche undovere di prudenza, per non essere coinvoltinelle attività di gruppi che posono essere fa-cilmente qualificati come “settari”. Questodovere di ortodossia e di prudenza non sem-bra toccare i sacerdoti della Fraternità checollaborano ora con detto gruppo pur cono-scendone perfettamente la natura. Anche inquesto caso - come in quello della collabora-zione in sacris con la Lega - l’intenzione del-la Fraternità non è certo quella di condivi-dere gli errori dottrinali dei movimenti con iquali collabora, ma quella di poter fare delbene alle anime. Ma se il fine è buono, imezzi utilizzati non ci paiono dello stessogenere. I cattolici fedeli alla tradizione sonotutti un po’ nel mirino, è innegabile: un altrogruppo “settario” col quale collaborò a suotempo la Fraternità divenne “miracolosa-mente” ortodosso non appena si separò daquesta per ottenere l’Indulto dal Vescovo

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del luogo... Ben presto, se non già da adesso,l’avversione cresce nei confronti di tutti icattolici, anche quelli che accettano il Vati-cano II. Proprio per questo, la nostra pru-denza deve raddoppiare, illuminata sempreda una scrupolosa fedeltà alla dottrina catto-lica; in questo caso chi ci vorrà perseguitarelo farà senza poter invocare un pretestoplausibile. Queste righe non sono state scrit-te per attaccare la Fraternità san Pio X, inun momento in cui sarà inevitabile aiutarcireciprocamente di fronte a comuni nemici,ma per invitarla a riflettere, vista l’inutilitàdi quanto già detto in camera caritatis.

Apostolato. Come l’anno scorso, don Er-coli ha diretto un campo per adolescenti du-rante le vacanze di Pasqua, dal 5 al 10 aprile.Una quindicina di giovani si sono ritrovatiper visitare la regione e fare delle escursioni.Le attività comprendevano anche delle con-ferenze spirituali che trattavano di apologe-tica, di morale, ecc. Quest’anno la base delcampo era in Belgio, ospiti del parroco diSteffenhausen, don Paul Schoonbrodt, cheringraziamo vivamente.

Esercizi Spirituali. È previsto anche que-st’anno un turno eccezionale nel mese dimaggio, per uomini e donne. Don Giugni hapredicato gli Esercizi assieme a Padre Vinsondal 26 al 31 dicembre alla Maison St Joseph,come riferisce Simple Lettre (n. 114, p. 4).

Conferenze. Don Ricossa ha tenuto unaconferenza a Modena su Costituzione divinadella Chiesa. Primato di Pietro, scisma bizanti-no ed eresia protestante, il 27 febbraio. Don Ni-toglia ha parlato a Tivoli su L’induismo il 7febbaio e, il 14 dello stesso mese, a Roma, hapresentato il libro di Emmanuel Ratier, I guer-rieri di Israele, edito dalla nostra casa editrice.

P. Vinson insieme a Don Murro a Serre-Nerpol per le prese d’abito di acune religiose

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Centro Librario. Una ristampa anastati-ca della “Spiegazione del catechismo di SanPio X” di P. Dragone è stata curata dal no-stro Centro librario. Si tratta di un’opera in-dispensabile per fare catechismo sia ai bam-bini che agli adulti. Un libro di 730 pagineche costa L. 40.000. Lo potete ordinare pres-so la nostra redazione.

Parlano di noi. Simple Lettre (n. 114, gen-naio-febbraio 1999, p. 3) pubblica un estrattodell’articolo di don Murro Mgr Williamsoncontre le Concile Vatican...I!, tratto dal n. 47(ed. fr.) di Sodalitium, mentre Le lys blanc(n. 57, autunno 1998, p. 8), recensisce un arti-colo del n. 46 della nostra rivista. La Padania(5/3/99, p. 3), in un articolo di Guido Colom-bo (Papalia, l’instancabile persecutore), è ilprimo quotidiano ad avere il coraggio di par-lare della lettera del sen. Mancino a don Ni-toglia riguardante la legge che ha preso il no-me dal presidente del Senato. Civitas Chri-stiana (nn. 14-17/98, p. 89) recensisce il n. 47di Sodalitium. Controrivoluzione (nn. 54-57/98, pp. 56-57, 65, 67) informa i suoi lettorisu due conferenze tenute a Roma da sacer-doti dell’Istituto e recensisce le opere di SanGiovanni Crisostomo, Israel Shahak e donNitoglia edite dal nostro Centro Librario.Storia ebraica e giudaismo, di I. Shahak, èstato anche recensito sul quotidiano napole-tano Il Mattino del 30/4/98, con un articolo diMarco Crisconio intitolato: Il fondamentali-smo è anche ebraico. L’opuscolo di don Nito-glia “Dalla Sinagoga alla Chiesa” è segnalatoda Ex novo (nov. 1998, p. 31) e da Emma-nuel Ratier (Faits & Documents, n. 64, 1-15marzo 1999, p. 11). Fabio Torriero si destreg-gia tra le pubblicazioni non allineate, facendoqualche confusione (Sodalitium sarebbe unmensile, e don Ricossa sarebbe il direttore diCivitas Christiana, cf Lo Stato pp. 19-20, ne IlBorghese, n. 3/99). Chiesa viva (n. 302, pp. 6-8) pubblica in anteprima la prima partedell’articolo di don Nitoglia Attualità israeliti-che: dove va Israele? Il n. 127 di Fideliter(genn.-febbr. 1999, pp 77-78), mensile dellaFraternità San Pio X in Francia, pubblica unarecenione di Yves Chiron ad Arthur Preuss,Etudes sur la Franc-maçonnerie américaine,edito dal nostro Centro Librario. Due articolicontro Massimo Introvigne fanno riferimen-to agli studi di Padre Torquemada pubblicati,ormai da anni, su Sodalitium: il primo, pub-blicato su Le sel de la terre (n. 27, pp. 191-193) recensisce positivamente l’articolo Al-

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leanza Cattolica, Alleanza massonica?, purprendendo le distanze dalle nostre posizioni;il secondo, di don Pagliarani, su La Tradizio-ne Cattolica (n. 38/98) si rifà abbondante-mente ai nostri studi, citandoci in nota a p.15. Fa piacere vedere citato Padre Guérarddes Lauriers (nel caso, la sua opera del 1952,edita da Cerf, Dimensions de la foi) nella ge-suita Homiletics & pastoral rewiew, in un arti-colo del benedettino Ansgar Santogrossi suOrdinatio Sacerdotalis: A definition ex cathe-dra (febbraio 1999, p. 14). Meriterebbe inve-ce di essere inserita nella rubrica seguente larecensione che Revision (n. 89, marzo 1999,pp. 23-24) fa del n. 47 (ed. francese) di Soda-litium a proposito del Kahal.

Parlano male di noi. La rivista del distret-to italiano della Fraternità San Pio X, La Tra-dizione cattolica (n. 38, p. 64) merita senzadubbio il primo posto in questa rubrica. NeLa vita della Fraternità in Italia (copia dellaVita dell’Istituto), sotto la voce Segnalazionidella stampa (copia di Parlano di noi), i disce-poli di Mons. Lefebvre scrivono: “Riferiamodi alcuni interventi apparsi sulla stampa nazio-nale riguardanti mons. Lefèbvre (sic) e la Fra-ternità san Pio X. Ovviamente è impossibilesegnalarli tutti, visto che regolarmente gli orga-ni di stampa parlano del nostro fondatore edella sua opera; inoltre vogliamo evitare uncerto narcisismo che porterebbe a considerarsiil centro dell’universo, dividendo i comunimortali in due categorie, ‘quelli che parlanobene di noi’ e ‘quelli che parlano male di noi’,rischiando poi di scendere al livello dei roto-calchi per signore, sempre alla caccia di pette-golezzi e di notizie sensazionali”. Primo pre-mio, quindi, alla Tradizione cattolica, per lagratuità e la fantasia dell’insulto. Il nostronarcisismo, poi, ci fa credere che il Prof. Fran-co Cardini parlasse (male) (anche) di noi,scrivendo: “si è giunti a un vaneggiare pseudo-profetico su (...) interpretazioni semi-demen-ziali della storia recente della Chiesa che han-no indotto qualcuno a ritenere che la cattedrapontificia sia giuridicamente parlando vacante,nonostante la serie degli ultimi pontefici”. L’il-lustre Professore prosegue attribuendo a que-sti innominati sedevacantisti “situazioni per-sonali patetiche e commoventi” ma anche un“contestare le istituzioni nel nome non del pro-fetismo, bensì semplicemente di una meccani-ca settaria vuota di contenuti e fine a se stessa”(numero speciale dello Stato dedicato ai Ri-belli, p. 24, ne Il Borghese, n. 2/99). Ci dispia-

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ce che Cardini non abbia approfondito il te-ma, indicando esplicitamente i patetici settarisemi-demenziali da lui presi di mira. Tutte levolte che Sodalitium ha criticato Cardini lo hanominato esplicitamente e, senza insultarlo,ha motivato la propria critica. A Franco Car-dini, quindi, va, meritatamente, il secondo po-sto della nostra classifica.

Fuori concorso il già menzionato (in altrinumeri) Bulletin de l’Occident Chrétien (n.50, febbraio-marzo 1999). P. Tailhades, re-censendo sfavorevolmente il libro “L’Egliseeclipsée”, scrive: “Chi batte la grancassa dellareclame in favore de L’Eglise eclipsée? Certa-mente: La Simple Lettre, dell’ebreo Vinson;Sodalitium, degli ebrei Ricossa e Murro (...)[ecc. ecc.]. Ora, tutte queste pubblicazionihanno parlato di questo volume per lo menocol più grande rispetto” (p. 23). Il lettore at-tento di Sodalitium si sarà accorto invece chela nostra rivista non ha mai parlato, con ri-spetto o senza rispetto, del libro L’Eglise ecli-psée, e questo neppure nella rubrica “parlanodi noi” (benché nel libro in questione vi sianomolte citazioni estratte da Sodalitium). Ep-pure, P. Tailhades sa “con certezza” che So-dalitium ha reclamizzato questo libro, esatta-mente come sa che Ricossa e Murro sonoebrei [mentre sembra ignorare che l’ispirato-re del libro di don Paladino (quest’ultimo de-finito: “dal fisico tipicamente giudaico”) è inrealtà una persona che fece parte del B.O.C.

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come stretto amico e collaboratore]. In effettiRicossa e Murro sono ebrei esattamente co-me Sodalitium ha parlato de L’Egliseeclipsée, ovvero solo nella fantasia malata deiTailhades, i quali sono invitati a dimostrare leloro affermazioni gratuite. Lo stesso bolletti-no pubblica (pp. 13-20) un bello scrittosull’Inferno; ricordiamo ai redattori che la ca-lunnia è un peccato mortale che, se non vieneritrattata, conduce all’Inferno. L’unica scu-sante per i responsabili del B.O.C. è che unacalunnia è tanto più grave quanto più dan-neggia la fama del calunniato, e che il dannoè tanto più grave quanto è autorevole il ca-lunniatore. Nel caso, il danno della calunnia è

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E. RATIER Misteri e segreti del B’naï B’rith 360 L. 50.000

E. RATIER I Guerrieri d’Israele 400 L. 40.000

G. CRISOSTOMO Omelie contro gli ebrei 192 L. 19.000

I. SHAHAK Storia ebraica e giudasimo 264 L. 30.000

C. NITOGLIA Dalla Sinagoga alla Chiesa. 32 L. 7.000

F. RICOSSA Le consacrazioni episcopali 32 L. 9.000

DRAGONE Spiegazione del Catechismo di S. Pio X 730 L. 40.000

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Una miniera di informazioni su Masso-neria, mondialismo, sionismo, ecc., pub-blicata ormai in un opuscoletto a parte,che potete procurarvi scrivendo in reda-zione oppure tramite versamento diL. 5.000 (spese postali comprese) sulCCP. 35310101, specificando il motivonella causale.

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quasi nullo, poiché è noto che nel linguaggiodel B.O.C. tutti coloro che non sono (più)graditi ai redattori sono definiti “liberali”,“massoni”, “gnostici” ed “ebrei”. Il processomentale è andato così innanzi che divennero“ebrei” persino i due principali collaboratoridi Teilhades, Rémy e Bonnet de Villers; percui - almeno per ora - solo la famiglia Teiha-des e Mons. Lefebvre sembrano essere fran-cesi puro sangue. A questo punto non c’è al-tro da aggiungere: che questa osservazionebasti - così almeno speriamo - per i numeridel BOC passati e futuri...

Smentita. Con sorpresa abbiamo lettosul quotidiano Roma una intervista a donNitoglia che don Nitoglia non ha mai con-cesso (né a quel quotidiano, né all’articolistané ad altri) e che non riflette neppure il suopensiero. Che queste righe valgano quindida doverosa smentita.

Battesimi. Don Thomas Cazalas ha bat-tezzato a Vendôme Virgile Thily, il 15 no-vembre, e a Cannes, il 28 dello stesso mese,suo nipote Louis (come già riferito nelloscorso numero). Don Curzio Nitoglia habattezzato a Verrua, il 24 gennaio, MarcoGiuseppe Sangalli, figlio di Ezio e CristinaGustinelli, residenti in provincia di Brescia.

Cresime. Quest’anno non ci sono state visi-te di Vescovi nelle nostre case. Quattro bam-

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bini di Dendermonde, preparati da don Stuy-ver, si sono recati a Drogenbos (Bruxelles) il17 marzo e altri di Tours (preparati da don Ca-zalas) si sono recati a Nantes il 14 marzo perricevere colà il sacramento della cresima.

Prime Comunioni. Guilhem Lebourdierha ricevuto per la prima volta il Signore il 21febbraio, nella cappella St Michel di Tours.

Matrimonio. Don Cazalas ha benedettole nozze di Louis-Marie Debet e di MarieChavanon, a Tours, il 14 novembre.

Defunti. È morta all’ospedale di Biella, il30 gennaio, una cara nostra amica che abita-va vicino a Verrua, Laura Trenchi; pochigiorni prima ha ricevuto da don Ricossa tuttii santi sacramenti. Lascia solo il marito Vivia-no Milardi, gravemente colpito da una perdi-ta inattesa e prematura; l’Istituto lo assicuraancora della propria amicizia e delle propriepreghiere per Laura. Il 16 marzo è morto aCannes Andres Peront. Tornato dagli StatiUniti per visitare la sorella, si è sentito maledopo aver assistito alla messa domenicale aCannes. Don Nitoglia ne ha celebrato le ese-quie il 18 marzo. Alla famiglia Gaudin vada-no le più sincere condoglianze. Abbiamougualmente appreso la scomparsa del sig.Ferdinand Poulin, in Canada: abbiamo cele-brato la S. Messa di funerale per il riposo del-la sua anima nella nostra cappella di Verrua.

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AVVISO AI LETTORI

Questo 31 Marzo il Parlamento, con la so-la opposizione della Lega e di quache

parlamentare di AN e dei Verdi, ha approva-to la nuova legge sui trapianti di organi cheintroduce il principio del “silenzio-assenso” econferma quello di “morte cerebrale”.

Si tratta di due principi aberranti. Il pri-mo è condannato persino dal nuovo Catechi-smo della Chiesa cattolica (n. 2296) che reci-ta: “il trapianto di organi non è moralmenteaccettabile se il donatore o i suoi aventi dirittonon vi hanno dato il loro esplicito assenso”. Ilsecondo è condannato da Pio XII nel discor-so “Le docteur Bruno Haid” del 24 nov.1957: “Nel caso di dubbio insolubile si puòanche ricorrere alle presunzioni di diritto e difatto. In generale, bisognerà fermarci a quelladella permanenza della vita, perché si tratta diun diritto fondamentale ricevuto dal Creatoree di cui bisogna provare con certezza che èvenuto meno”. “Considerazioni di ordine ge-nerale permettono di credere che la vita uma-na continua fino a che le sue funzioni vitali -a differenza della semplice vita degli organi -si manifestano spontaneamente o sia purecon l’aiuto di procedimenti artificiali. Unbuon numero di tali casi forma l’oggetto di undubbio insolubile ed essi devono essere tratta-ti secondo quelle presunzioni di diritto e difatto di cui abbiamo parlato”.

Anche oggi, la comunità scientifica - chenon gode comunque dell’infallibilità - non èconcorde sulla cosiddetta “morte cerebra-le”, un concetto introdotto solo per renderelegalmente possibili i trapianti.

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Questa nuova legge è un nuovo passoverso la barbarie in campo morale. Non soloconferma la liceità della soppressione di unmalato gravissimo per l’utilità di un malatograve, ma addirittura presume che il corpoumano è proprietà dello Stato, se non si puòdimostrare l’esplicita opposizione dell’indi-viduo, togliendo ogni diritto alla famiglia.

Invitiamo pertato i nostri lettori a opporsia questa legge immorale e liberticida (come aquelle sull’aborto, sulla fecondazione artificia-le, sull’ingegneria genetica ecc.) e a dichiararsiin ogni caso NON DONATORI quando,prossimamente, verrà richiesto il nostro parereal proposito, ricordandosi che un silenzio ouna omissione da parte nostra significherà un”assenso” a una pratica gravemente immorale.

Nota dell’Economo

Come ogni anno, l’Associazione MaterBoni Consilii si è adoperata per venire incon-tro alle famiglie e persone bisognose. Gli sfor-zi, come sempre, sono proporzionati ai nostrimezzi, che hanno limiti abbastanza ristretti.

Nel corso del 1998 l’Associazione ha regi-strato delle entrate pari alla somma diL. 1.461.450; le uscite sono state di L. 6.263.700,con un disavanzo di L. 4.802.250. Non faccia-mo entrare in questo conto i doni in natura,quali viveri e vestiario che abbiamo distribuito.

Ringraziamo tutti quelli che ci hannoaiutato nella nostra opera: la Vostra carità cipermette di venire incontro a tante personee famiglie, sollevandole dalle loro necessitàe talvolta dagli stenti. Che il Signore ve nerenda al centuplo.

COLONIA ESTIVA DELLA CROCIATA EUCARISTICA PER BAMBINI

Per bambini di età compresa tra gli 8 (compiuti) e i 13 anni, nel castello di Raveau in Francia.

DAL GIOVEDI 8 LUGLIO AL MERCOLEDI 21 LUGLIO.

ESERCIZI SPIRITUALI DI S. IGNAZIO

Per gli uomini:dal lunedì 23 agosto ore 12, al sabato 28 agosto ore 12

Per le donne:dal lunedì 30 agosto ore 12, al sabato 4 settembre ore 12

Telefonare o scrivere a Verrua Savoia per informazioni e prenotazioni

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SS. MESSE

COME AIUTARCI

- Non si fanno abbonamenti a “Sodalitium”. Il nostro periodico viene inviato gratuitamente atutti coloro che desiderano riceverlo.- Preghiamo tutti coloro che, per qualsiasi motivo, non desiderano ricevere “Sodalitium” di co-municarlo gentilmente alla nostra redazione.- Il nostro Istituto Mater Boni Consilii ed il suo periodico “Sodalitium” non hanno altri introitiche le vostre offerte senza le quali non possono vivere.

Offerte:• Sul Conto della Banca CRT Ag. di Brusasco Cavagnolo, conto 1802189/26 intestato all’Asso-ciazione Mater Boni Consilii.• Sul Conto Corrente Postale numero 24681108 intestato a “Sodalitium”, periodico dell’Asso-ciazione Mater Boni Consilii.

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ITALIA: Verrua Savoia (TO) Casa Madre. Isti-tuto Mater Boni Consilii - Località Car-bignano, 36. Tel. 0161.83.93.35. Nei giorni fe-riali, S. Messa alle ore 7,30. Tutte le domeni-che S. Messa ore 18,00. Benedizione Eucari-stica tutti i venerdì alle ore 21. Il primovenerdì del mese, ora santa alle ore 21.

FRANCIA: Mouchy Raveau 58400 - La Charitésur Loire. Tel. (+33) 03.86.70.11.14. Perma-nenza assicurata soltanto durante i mesi estivi.

Tours. don Thomas Cazalas: presso l’associazio-ne Forts dans la Foi. Cappella St Michel, 29rue d’Amboise. S. Messa tutte le domenichealle ore 10,30. Tel.: (+33) 02.47.64.14.30. o(+33) 02.47.39.52.73. (R. P. Barbara).

BELGIO: Dendermonde. don Geert Stuyver: Ka-pel O.L.V. van Goede Raad Sint-Christia-nastraat 7 - 9200. Tel.: (+32) (0) 52/21 79 28. S.Messa tutte le domeniche alle ore 8,30 e 10.

ALTRE SS. MESSEITALIA

Ferrara: Chiesa S. Luigi, Via Pacchenia 37 Alba-rea. S. Messa tutte le domeniche alle ore 17,30.Per informazioni rivolgersi a Verrua Savoia.

Firenze: Via Ciuto Brandini, 30, presso laProf.ssa Liliana Balotta. SS. Messe la lª e la 3ªdomenica del mese alle ore 18,15 e confessionidalle ore 17,30.

Maranello (MO): Villa Senni - Strada perFogliano - Tel. 0536.94.12.52. S. Messa tuttele domeniche alle ore 11. La 3ª domenica delmese S. Messa alle ore 9.

Milano: via Vivarini 3. S. Messa tutte le domeni-che alle ore 10,30. Per informazioni Tel.:02.6575140 oppure rivolgersi a Verrua Savoia.

Roma: Oratorio S. Gregorio VII. Via Pietrodella Valle 13/b. S. Messa la 1ª e la 3ª dome-nica del mese, alle ore 11.

Torino: Oratorio del S. Cuore, Via Thesauro3 D. S. Messa il primo venerdì del mese alleore 18,15 e confessioni dalle ore 17,30. Tuttele domeniche, confessioni dalle ore 8,30, S.Messa cantata alle ore 9,00; S. Messa letta alleore 11,15. Catechismo il sabato pomeriggio.

Valmadrera (CO): Via Concordia, 21- Tel. 0341.58.04.86. SS. Messe la lª e la 3ª domenica delmese alle ore 18, e confessioni dalle ore 17,30.

FRANCIAAnnecy: 11, avenue de la Mavéria. SS. Messe la

2ª e la 4ª domenica del mese alle ore 10 econfessioni dalle ore 9,00. Tel.: (+33)4.50.57.88.25.

Cannes: N.D. des Victoires, 4, rue Fellegara. S.Messa la 2ª e 4ª domenica del mese alle ore 10,15.

Lione: (2ème) 17, cours Suchet. S. Messa la 2ª e la4ª domenica del mese alle ore 17, e confessionidalle ore 16,30. Tel.: (+33) 4.77.33.11.24.