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N° 36 • Novembre 2010
Il diritto di lavorare nella sede più vicina al parente disabile
Il difetto molecolare responsabilenelle distrofie retiniche
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Trattamenti nelle degenerazioni retiniche
Occhio bionico:e ritorna la vista
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Sommario
La riproduzione parziale o totale di articoli è subordinata al consenso scritto dellʼEditore. Tutti i diritti sono riservati.
Donazione e trapianto di cornee al sud Un convegno a Palermo per la sensibilizzazione alla donazione
Dalla Germania un occhio bionico che restituisce la vista ai non vedenti
Trattamenti presenti e futuri delle degenerazioni retiniche
ERG e campo visivo nella Retinite Pigmentosa:strategie terapeutiche di neuroprotezione
Una nuova era per la degenerazione maculare senile: considerazioni biologiche e terapeutiche
Sopravvivenza delle cellule dellʼepitelio pigmento retinico in caso di neovascolarizzazione della coroide (CNV)
Perché è importante riconoscere il difetto molecolare responsabile nelle distrofie retiniche ereditarie?
Fattori di vitalità dei coni: studi molecolari e funzionali
Studio italiano apre nuove prospettive terapeutiche per la Retinite Pigmentosa
Il disegno nei bambini non vedenti
Ray Charles - Il genio cieco
Due amici, un laccetto, un unico respiro
Il diritto di lavorare nella sede più vicina al parente disabile: il TAR Lazio torna sulla vexata quaestio
Fisioterapisti ipovedenti
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Si è svolto lʼ11 novembre scor-so il Convegno Nazionale
“Donazione e Trapianto di Cornee”promosso dallʼA.R.I.S. in collabo-razione con lʼAzienda OspedalieraOspedali Riuniti “Villa Sofia-Cervello” il CRT Sicilia, lʼISMETT elʼIstituto Nazionale per la promo-zione della salute delle popolazio-ni Migranti e il contrasto dellemalattie della Povertà (INMP). IlConvegno era compreso in unadelle tante iniziative che si inseri-scono in un progetto più ampioper la sensibilizzazione alla dona-zione e al trapianto di cornee. Iltrapianto di cornee è un interven-to determinante per alcune pato-logie della vista che non possonoessere curate diversamente efavorisce un progresso della qua-lità della vita che nessun altrotrattamento è in grado di fornire.Purtroppo, però, la situazione in
Sicilia, secondo i dati forniti dalCRT, non è incoraggiante poichéancora oggi si assiste ad unaforte divergenza tra il numerodelle cornee donate e i trapiantieffettuati. Il Convegno che havisto la partecipazione di più di300 persone (medici, psicologi,infermieri professionali) è stataunʼoccasione di incontro-dibattitoproprio per illustrare la difficilesituazione al Sud quasi contrap-posta, invece, ad una situazioneidilliaca al Nord, in particolare aMestre dove la Banca degli Occhiè una delle più efficienti di tuttaItalia. E per lʼoccasione era pre-sente al Convegno il direttoresanitario della suddetta Banca,Diego Ponzin il quale ha parlatodi Banking in Europa e negli StatiUniti, nella tavola rotonda dedica-ta appunto al ruolo delle Banchedegli Occhi in Italia e allʼestero.
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A CURA DIROCCO DI LORENZO - Direttore responsabile
Donazione e trapianto di cornee al sud Un convegno a Palermo per la sensibilizzazione alla donazione
Edi tor ia le
Ad illustrare, invece, la situazionesiciliana, in particolare, ci ha pen-sato Raimondo Marcenò, diretto-re della Banca degli Occhi Lionsdella Regione Siciliana. Proprioperché le attività di donazione etrapianto si sviluppano seguendodelle fasi ben precise, ha conclu-so la tavola rotonda il coordinato-re del CRT Sicilia Vito Sparacinoche ha evidenziato il suo modelloorganizzativo nella gestione delledonazioni e trapianti con evidentirisultati positivi negli ultimi anni.Unʼaltra tavola rotonda è statadedicata alla comunicazione eallʼattività di procurement per illu-strare il ruolo che lo psicologo incollaborazione con i medici e gliinfermieri svolge nella fase dicomunicazione ai familiari deidonatori, nel tentativo di incenti-vare la donazione di cornee. Unasuccessiva tavola rotonda coordi-nata da Antonino Pioppo è statapoi rivolta al trapianto di cornea eprofessionisti esperti del settorecome Umberto Merlin hanno cosìspiegato le varie tecniche di tra-pianto e le novità scientifiche; infi-ne lʼultima tavola rotonda, allaquale lʼARIS ha dato il suo mag-giore contributo, è stata dedicataal tema della sensibilizzazionealla donazione. E proprio nelcorso di questa ultima fase èemerso con grande soddisfazio-ne il ruolo cardine dellʼARIS inquesta campagna di sensibilizza-zione, poiché si è delineata la sua
funzione di cerniera con gli altripartecipanti, sia con le strutturesanitarie che con le altre associa-zioni, con le istituzioni e con glistessi pazienti. È emersa, infine dal Convegno, lavolontà condivisa tra i vari profes-sionisti di lavorare ad un modellocomune per formare sempre piùesperti nel settore dei trapiantievitando così i viaggi della spe-ranza al nord e riducendo, nelcontempo, la spesa sanitaria inSicilia. È necessario portareavanti il difficile compito dellʼinfor-mazione attraverso iniziative nonsoltanto medico-scientifiche maanche culturali e ricreative, a talproposito lʼARIS stessa si è giàimpegnata nella realizzazione diun bando di concorso di cortome-traggi proprio sul tema delladonazione e del trapianto di cor-nee. Ma a rafforzare questavolontà condivisa dovrà essere lacreazione di una rete di collabo-razioni adeguata e proficua neltempo. �
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Esperienze di un giovane nonvedente che è tornato a di-
stinguere le lettere del suo no-me; di un altro che è riuscito adavvistare un girasole in un giar-dino o un verme che strisciavanellʼerba. Tutto grazie ad un oc-chio bionico, un chip realizzatoda ricercatori tedeschi dellʼAte-neo di Tubinga in team con unʼa-zienda privata “ La Retina Im-piant Ag” testato su 11 pazienti.Gli studiosi hanno ipotizzato,sulle pagine della Rivista“Proceedings of the RoyalSociety B”, che spostando ilmicrochip dietro la retina, nellazona maculare centrale, i risul-tati sarebbero migliorati.Il chip converte la luce inimpulsi elettrici che vengono
mandati al nervo ottico dietrola retina. È alimentato esterna-mente ed è collegato ad uncavo che sporge dalla pelledietro lʼorecchio per connetter-si ad una batteria. Il gruppo dilavoro inventore dellʼocchiobionico sta ora testando unaversione aggiornata intera-mente contenuta sotto lʼepi-dermide.Dal Bohemy Eye Institute diLos Angeles (CA USA) ci pro-vengono inoltre trattamentimirati, soprattutto nel caso incui la maggior parte delle cel-lule fotorecettrici non funziona-no o sono morte.Si potranno usare trattamentiche direttamente prendono ilposto delle cellule fotorecettrici
Dalla Germania un occhio bionico che restituisce la vista ai non vedenti
TRATTO DA“PROCEEDINGS OF THE ROYAL SOCIETY B”TRATTO DA“PROCEEDINGS OF THE ROYAL SOCIETY B”
Dalla Germania un occhio bionico che restituisce la vista ai non vedenti
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attraverso lʼimpianto di dispo-sitivi di protesi elettronicheimpiantate nella retina o nelcervello.Lʼocchio bionico è una sorta dimacchina fotografica che cat-tura lʼimmagine mandando ilsegnale, attraverso un elettro-do, alle cellule della retina.Successivamente il segnalepassa attraverso il nervo otticoriproducendo lʼimmagine nelcervello. (Figura 1)Almeno due gruppi di ricerca-tori stanno lavorando su dispo-sitivi di protesi corticali chebypasseranno lʼocchio com-pletamente (Figura 2): il grup-po del dottor Dobelle e il grup-po del dottor Troyk. Entrambistanno facendo un eccellentelavoro sugli animali chedovrebbero portare in seguitoa esperimenti clinici. Per quan-to riguarda la protesi sulla reti-
na alcuni gruppi di ricercastanno facendo test sugliessere umani.Alcuni modelli dovrebberoessere disponibili entro dueanni e le tecnologie sono in viadi miglioramento per consenti-re il riconoscimento del volto ela possibilità di lettura.Si stanno facendo ancheesperimenti suuna possibileterapia farma-cologica checonsiste nel-lʼuso di droghesintetiche opillole antiossi-danti che pro-lungano la vitadelle cellule foto recettrici.Sono stati anche trovati moltifattori naturali, che si trovanonel cervello, retina e altri tes-suti, (ad esempio la proteinaCNFT, vedi Figura 3) che ritar-dano la morte delle cellulefotorecettrici.Tali fattori sono chiamati“Fattori Neurotrofici” oppure“Agenti che permettono lasopravvivenza dei neuroni”poichè in alcuni casi la retinaFigura 1.
Figura 2.
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perde la sua abilità di sintetiz-zare la giusta forma diVitamina A, chiamata retinale,per usarla nel processo visivo,le cellule fotorecettrici hannouna disfunzione e si blocca ilprocesso visivo. Se il retinalepuò essere riprodotto, il pro-cesso visivo dovrebbe rico-minciare e la persona ricomin-cerebbe a vedere.
Un esperimento clinicoLa compagnia QLT ha unaspeciale forma di vitamina A,che stanno testando su tipi diLCA nel quale il retinale non èsintetizzato. Ripristinandola, ilretinale potrebbe bypassare omodificare lʼenzima geneticodifettoso e ripristinare la visione.Questa è una terapia orale enon ha bisogno di iniezioni o
chirurgie. I risultati preliminarisono molto buoni. Studi recenti sulla terapiagenica hanno dato anchʼessirisultati positivi relativi al rim-piazzamento del gene difetto-so, cioè il gene mutato conuno nuovo. Il nuovo gene sin-tetizzerà la proteina mancan-te e ridarà la funzione alle cel-lule foto recettrici. A lungo ter-mine, la Gene Therapy in RPanimale ha dato effetti positivianche dopo che lʼattività dellecellule foto recettrici è dimi-nuita. La terapia genica è in via disviluppo per vedere se il genemutato può essere successi-vamente rimpiazzato. I pazien-ti con LCA5 sono stati esami-nati per un possibile esperi-mento clinico. �
Figura 3.
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Sono sempre più numerose
le informazioni sui geni co-
involti nella retinite pigmentosa
e in altre rare forme di degene-
razione retinica, così come sui
meccanismi patogenetici che
portano alla degenerazione dei
fotorecettori. Per esempio si sti-
ma che sia nota circa la metà
dei geni le cui mutazioni causa-
no la retinite pigmentosa così
come la maggior parte dei geni
coinvolti nella degenerazione
maculare senile. Valendosi di
queste informazioni sui mecca-
nismi che portano alla morte dei
fotorecettori sono state messe
a punto strategie per rallentare
la perdita di visione o in alcuni
casi per ripristinare la funzione
visiva andata perduta. Sono in
corso sperimentazioni cliniche
sia per la degenerazione macu-
lare senile che per la retinite pig-
mentosa, che comprendono una
rara forma di degenerazione rer-
tinica, la amaurosi congenita di
Leber, la malattia di Stargardt e
la sindrome di Usher. Le strate-
gie utilizzate sono le seguenti:
Terapia genica
La terapia genica si è dimostrata
efficace e sicura in esperimenti
su modelli animali di degenera-
zione retinica.
Nel modello animale si sono
osservati sia un perdurare nel
Trattamenti presenti e futuridelle degenerazioni retiniche
A CURA DIGERALD J. CHADER
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A CURA DIGERALD J. CHADER
Trattamenti presenti e futuridelle degenerazioni retiniche
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tempo degli effetti positivi della
terapia genica, che effetti positivi
anche su forme avanzate di reti-
nite pigmentosa. Sono in corso
sperimentazioni cliniche su una
specifica forma di amaurosi con-
genita di Leber. Ci vorrà del
tempo prima di poter affermare
che i trattamenti sono davvero
efficaci, ma i primi risultati sono
positivi. Sono in fase di prepara-
zione altre sperimentazioni clini-
che per pazienti con altre forme
di retinopatia, compresa la sin-
drome di Usher e la malattia di
Stargardt. La terapia genica può
anche essere utilizzata per veico-
lare un gene curativo a un certo
tipo di cellula o a un determinato
tessuto. Questa forma di tratta-
mento prende il nome di terapia
genica farmacologica. I questo
modo molecole che migliorano la
sopravvivenza dei neuroni (agen-
ti neurotrofici) possono essere
portati alle cellule retiniche per
prolungarne la vita e la funzione.
Trattamento farmacolgico
Un trattamento farmacologico
può essere definito come l’uso
di una sostanza chimica o di una
proteina che prolunga la vita di
una cellula. Come menzionato
prima, si tratta di sostanze che
influenzano la sopravvivenza
dei neuroni o di agenti neurotro-
fici che possono essere sommii-
strati quando i fotorecettori sono
danneggiati, ma ve ne è ancora
un limitato numero presente.
Molte di queste sostanze sono
state identificate e si sono
dimostrate efficaci nel prolun-
gare la vita dei fotorecettori o
addirittura nel migliorarne le
funzioni in modelli animali di
degenerazione retinica. Vi è in
corso una sperimentazione cli-
nica (Neurotech Co) che utilizza
un approccio basato sulla tera-
pia farmacologica. In questo
caso viene somminitrato una fat-
tore neurotrofico (CNTF) utiliz-
zando una minuscola capsula
inserita nell’occhio che rilascia
questo fattore di crescita che ral-
lenta la perdita dei fotorecettori.
Questo potrebbe essere il primo
trattamento in grado di curare
sia la retinite pigmentosa che la
degenerazione maculare senile.
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Trapianto di fotorecettori
e di cellule staminali
Una soluzione ovvia per rim-
piazzare i fotorecettori andati
perduti è quella di trapiantarne
di nuovi derivati da un donato-
re che vadano ad occupare lo
spazio lasciato libero dalle cel-
lule che sono degenerate.
Purtroppo si sono spesi anni e
anni di ricerca sugli animali,
senza ottenere successi rile-
vanti. Vi è stata anche una
sperimentazione clinica con
risultati molto modesti. D’altra
parte la terapia con cellule sta-
minali oggi offre grandi spe-
ranze per mettere a punto trat-
tamenti futuri sia per la retinite
pigmentosa che per altre
malattie degenerative della
retina. Le cellule staminali
sono cellule che hanno la
potenzialità sia di riprodursi
che di differenziarsi in qualun-
que tipo di cellula presente
nell’organismo. Vi sono cellule
staminali sia nell’embrione
che in vari tessuti dell’organi-
smo adulto (compresa la reti-
na), anche se in numero mini-
mo. Molti ricercatori e mol-te
industrie stanno lavorando per
trovare le condizioni che porti-
no le cellule staminali a diffe-
renziarsi in fotorecettori ma-
turi e funzionanti. Ci auguria-
mo che tali sforzi portino al più
presto a mettere a punto trat-
tamenti efficaci.
Terapia nutrizionale
La vitamina A è già disponibile
per i pazienti con retinite pig-
mentosa e numerose altre sta-
tegie nutrizionali sono in corso
di messa a punto e si basano
sul principio che nella retina
dei pazienti con retinite pig-
mentosa e dei pazienti con
degenerazione maculare seni-
le si osserva un grave danno
ossidativo. Nei modelli animali
di RP il danno ossidativo si è
dimostrato essere la principale
ragione di alterazione e con-
seguente morte dei fotorecet-
tori. Basandosi su questi dati
in Spagna è in corso una spe-
rimentazione clinica che pre-
vede l’utilizzo di uno speciale
gruppo si sostenze antiossi-
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danti (“RetinaComplex”).
I risultati definitivi di questa
sperimentazione non sono
ancora disponibili, ma i primi
dati sembrano essere positivi.
Protesi elettroniche retiniche
Quando tutti i fotorecettori
sono morti, una protesi retini-
ca elettronica potrebbe pren-
dere il posto delle cellule
andate perdute e ristabilire la
funzione retinica. Con questo
strumento, una piccola teleca-
mera posta all’esterno invia un
segnale visivo all’impianto
elettronico posto nella retina. Il
chip elettronico stimola poi le
altre cellule nervose retiniche
e lo stimolo elettrico viene
quindi inviato tramite il nervo
ottico alla zona della corteccia
cerebrale che lo elabora in
immagine visiva. I risultati di
diversi tipo d’impianto elettro-
nico utilizzati in varie parti del
mondo sono incoraggianti. Vi
sono in corso sperimentazioni
cliniche su queste protesi elet-
troniche che potrebbero esse-
re utili sia per i pazienti con
degenerazione maculare seni-
le che con retinite pigmentosa.
Una di queste sperimentazioni
cliniche è effettuata dall’azien-
da Second Sight Medical
Products (SSMP), è attual-
mente in fase 2 e utilizza un
modello avanzato di protesi
elettronica. Un altro eccellente
modello di protesi è stato svi-
luppato da Retina Implant
GmbH.
Riassunto
In conclusione oggi abbiamo
molte informazioni sulle cause
delle degenerazioni retiniche
ereditarie che ci consentono di
dimostrare in modo scientifico
su modelli animali che i tratta-
menti basati su tali informazio-
ni possono essere sia sicuri
che efficaci. In seguito ai risul-
tati delle sperimentazioni ani-
mali, oggi sono in corso nume-
rose sperimentazioni cliniche
ed è probabile che molte di più
saranno messe a punto negli
anni a venire. �
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La Retinite Pigmentosa (RP)comprende un gruppo etero-
geneo di disordini ereditari, carat-terizzati dalla progressiva degene-razione e morte dei fotorecettori.LʼRP rappresenta la principale cau-sa di cecità nel mondo e la più co-mune forma di degenerazione reti-nica ereditaria severa, con una fre-quenza di circa 1 su 3.500 nati. In cir-ca il 50% dei casi di RP, il difetto ge-netico responsabile è conosciuto:più di 90 mutazioni differenti sonostate identificate fino ad oggi. Geniche codificano per proteine coin-volte nella fototrasduzione, in cui larodopsina gioca un ruolo chiave,proteine coinvolte nel metabolismodel retinolo e nelle interazioni inter-cellulari, proteine strutturali dei fo-torecettori e fattori di trascrizione,proteine coinvolte nel trasporto in-tercellulare e fattori di splicing sono
stati implicati nella patogenesi del-lʼRP (Ryan S ed., 2001; RetNet,http://www.sph.uth.tmc.edu/RetNet).In modelli animali di RP studiati daun punto di vista biochimico, si èprovato che la degenerazione deifotorecettori avviene per apoptosi(Portera-Cailliau et al., 1994; Remèet al., 1998, Marigo, 2007).Vengono presentati i risultati di dif-ferenti studi condotti con ERG ecampo visivo sulla disfunzione delsistema dei coni nella RP. Gliscopi degli studi miravano a deter-minare: 1. le caratteristiche patofisiologi-che della disfunzione del sistemadei coni nellʼRP utilizzando nuovetecniche ERG basate sullʼanalisidelle risposte sub microVolt otte-nute con stimoli flicker sinusoidali(SmFERG); 2. il potenziale effetto di alcunestrategie terapeutiche per il recu-
ERG e campo visivo nella Retinite Pigmentosa: strategie terapeutiche di neuroprotezione
A CURA DIBENEDETTO FALSINIA CURA DIBENEDETTO FALSINI
ERG e campo visivo nella Retinite Pigmentosa: strategie terapeutiche di neuroprotezione
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pero funzionale del sistema deiconi, misurato con il SmFERG edil campo visivo.
Risultati1. Il sistema dei coni mostra in faseprecoce delle anomalie temporali espaziali significative, che hannouna ricaduta sulla performance visi-va sia per la sensibilità temporaleche per la perdita del campo visivo.2. La supplementazione con ilRetinol-Palmitato e con antiossi-danti e lʼuso di fattori neurotroficihanno unʼefficacia potenziale nonsolo nel rallentare il decorso della
degenerazione dei coni maanche per un recupero funziona-le dei coni sopravvissuti.I presenti risultati inducono ariconsiderare la nozione consoli-data che un trattamento neuroprotettivo puoʼ soltanto modifica-re la velocità del processo dege-nerativo. Piuttosto i nostri datisuggeriscono che la funzione deiconi può mostrare segni di recu-pero, se valutata con tecnicheadatte che evidenziano lʼattivitàretinica residua anche in casiavanzati e con estesa degenera-zione dei fotorecettori. �
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Negli ultimi dieci anni sonostati fatti grandi passi
avanti nellʼidentificazione deifattori ambientali e geneticiche determinano la degene-razione maculare senile(AMD) così come negli eventicellulari che caratterizzano lamalattia. Vi è una solida evi-denza del ruolo di processiimmuno-mediati, in particola-re del sistema del comple-mento, nella patogenesi enella progressione dellʼAMD.Le prime analisi eseguite suocchi di donatori portaronoallʼidentificazione di numero-se proteine del complemento,di attivatori del complementoe di proteine regolatrici delcomplemento nelle drusen, imarcatori tipici della malattia.Studi genetici più recenti
hanno portato allʼidentificazio-ne di varianti in numerosi genidel complemento, fra i quali ilfattore H del complemento(CFH), il fattore correlato 1 e3 del fattore H del comple-mento (CFHR1 e CFHR3), ilfattore B del complemento(CFB) e i componenti 2 e 3del complemento (C2 e C3),che conferiscono un rischiosignificativo o conferisconoprotezione per quanto riguar-da lo sviluppo di AMD, indi-pendentemente dal fenotipooculare. Studi recenti ci forni-scono importanti informazionirelative alla funzione di varieisoforme di proteine codificateda geni associati alla AMD.Sebbene non vi sia un con-senso relativo alla questionedella perdita di funzione della
Una nuova Era per la degenerazione maculare senile:considerazioni biologiche e terapeutiche
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Una nuova Era per la degenerazione maculare senile:considerazioni biologiche e terapeutiche
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forma di proteina CFH checonferisce un aumentatorischio di AMD, la maggiorparte dei dati concordano conuna iniziale riduzione dellegame fra le isoforme asso-ciate alla AMD al C3b, allaCRP e alla membrana diBruch. In teoria ciò dovrebbeportare ad un aumento di atti-vità della via alternativa delcomplemento (AP) nei sog-getti con lʼaplotipo CFH arischio. Questo concetto èulteriormente confermato daidati che dimostrano come lʼal-lele protettivo CFB codificauna proteina con perdita difunzione o con unʼattività APmeno efficiente. Gli eventi ini-ziali che portano alla patolo-gia di retina-RPE-coroidenellʼAMD rimangono ancorada chiarire, anche se un grannumero di eventi dannosi, frai quali le infezioni batteriche, ilfumo di sigaretta, lo stressfoto ossidativo, il sovraccaricofagocitario, la tossicità dellalipofuscina ed altri, siano statiproposti come causali.Restringere questa lista aglieventi più critici rimane unasfida nella comprensione del-lʼeziologia e della progressio-ne della malattia.
Indipendentemente dallʼiden-tificazione dellʼevento/i sca-tenanti che causano la pato-logia di RPE e coroide, èchiaro che la più importanteconseguenza a valle è ildeposito e sequestro nellazona sottostante lʼepiteliopigmentato retinico di mate-riale di scarto sia cellulareche acellulare. Non ancorachiariti sono i ruoli specificiche il complemento, le suevie e altre vie dellʼinfiamma-zione compreso il sistemaimmunitario adattativo, gio-cano nello sviluppo inizialedella AMD e della progres-sione agli stadi avanzatidella malattia, comprese laneovascolarizzazione dellacoroide e la atrofia geografi-ca. Altro argomento nonchiarito riguarda quale sia iltessuto bersaglio inizialedelle patologie immunome-diate nellʼAMD, come spie-gare che la AMD sia correla-ta allʼetà nel contesto di vieimmunomediate, perché lamacula sia particolarmentesuscettibile alla degenerazio-ne, ecc. Tutti questi argomen-ti saranno trattati nella presen-tazione come modello integra-to di biopatologia della AMD.�
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Ènoto che il trattamentodella neovascolarizzazione
della coroide (CNV) negli stadiavanzati di degenerazionemaculare senile (DMS) porta arisultati deludenti. Se lʼobiettivoè quello di distruggere i nuovivasi mantenendo integro ilcomplesso epitelio pigmentatoretinico-fotorecettori, non sor-prende che i trattamenti fisiciusati finora abbiamo dato risul-tati modesti, stante la lorostretta vicinanza anatomica.Negli ultimi anni sono statimessi a punto nuovi trattamen-ti della neovascolarizzazionedella coroide basati sulle cono-scenza della patogenesi dellamalattia.Oggi sappiamo che la neova-scolarizzazione della coroide ècausata da uno sbilancio nei
fattori di crescita derivanti dallamembrana plasmatica basola-terale o a volte apicale dellecellule dellʼepitelio pigmentatoretinico (RPE). Ciò ha portatoad istituire un trattamento cheriduca i livelli di fattore di cre-scita che stimola la formazio-ne di nuovi vasi. Trattamenti abase di sostanze anti-fattoredi crescita dei vasi (anti-VEGF) sono stati molto piùefficaci dei vecchi trattamentinella terapia della CNV. Il suc-cesso del trattamento conanti-VEGF dipende, però, siadallʼefficacia nel bloccare laformazione di nuovi vasi, siadallʼintegrità fisica degli stratiinterni della retina al momentodellʼinizio del trattamento.Abbiamo studiato due gruppi dipazienti con CNV che riferivano
Sopravvivenza delle cellule dell’epitelio pigmento retinico in caso di neovascolarizzazione della coroide (CNV)
A CURA DIALAN C. BIRDA CURA DIALAN C. BIRD
Sopravvivenza delle cellule dell’epitelio pigmento retinico in caso di neovascolarizzazione della coroide (CNV)
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una recente insorgenza dellasintomatologia clinica valutando-li allʼinizio dello studio con unoscanning laser conofocale.Lʼautofluorescenza dimostravache nella maggior parte deisoggetti lʼepitelio pigmentatoretinico era fisicamente integroe che né la durata della sinto-matologia, né lʼacuità visivacorrelavano con lʼintegrità del-lʼepitelio pigmentato retinico(Vedi tabella).
ConclusioniI pazienti con insorgenzarecente di DMS essudativadimostrano unʼautofluorescen-za dellʼepitelio pigmento retinicoche rimane ben conservata perperiodi prolungati nel tempo e ildato non correla né con lʼacuitàvisiva, né con la durata della sin-tomatologia. Né unʼacuità visivaridotta, né il protrarsi nel tempodella sintomatologia indicano laperdita di integrità dellʼEPR. La valutazione dellʼintegritàdellʼEPR con lo scanning laserconofocale nei pazienti con
DMS è utile nel valutare la pro-babilità di successo di un tratta-mento. La valutazione dellʼauto-fluorescenza dovrebbe essereinserita negli esami da eseguirenei pazienti che entrano in speri-mentazioni cliniche di tratta-menti per la DMS e dovrebbeanche entrare a far parte dellavalutazione clinica di routine intutti i pazienti con CNV.
PATOGENESI DELL’ATROFIA GEOGRAFICANellʼatrofia geografica vi è unaperdita degli strati esterni dellaneurororetina, dellʼepitelio pig-mentato retinico e dei corioa-pillari, senza che vi sia stato inprecedenza un distacco di reti-na. Fino a non molto tempo fa,non vi erano studi sullasequenza di eventi che porta-va a questa condizione. Oraappare chiaro che il processoè preceduto da un eccessivoaccumulo di lipofuscina nellʼe-pitelio pigmento retinico (RPE)che può essere identificato invivo con lʼautofluorescenza.
Classic Minimally Occult P:Fishe exact classic
Intact 27 (40%) 8 (15%) 19 (35%) 0.794Not intact 13 (52%) 2 (8%) 10 (40%)
Tabella 1 - Tipo di CNV
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Ciò conferma i dati istopatolo-gici che identificavano le cellu-le dellʼepitelio pigmentato reti-nico come il principale bersa-glio della malattia e che lamalattia è conseguenza di unaloro disfunzione.La quantità di lipofuscinanellʼEPR è conseguenza di unbilanciamento fra lʼaccumuloche è il risultato dellʼattivitàmetabolica a sua volta dovutoal rinnovo del segmento ester-no dei fotorecettori e lʼelimina-zione che è dovuta alla degra-dazione intracellare e allʼestru-sione dalle cellule sia allʼinter-no che allʼesterno. È statodimostrato che la perdita difotorecettori è seguita dallariduzione dellʼautofluorescen-za dellʼEPR. Un aumento diautofluorescenza implica ouna disfunzione dellʼEPR o unaumentato carico metabolico.Sia lʼevidenza sperimentaleche i dati clinici illustrano ilpotenziale meccanismo pato-genetico della atrofia geografi-
ca e spiegano lʼassociazionelfra allʼaumentato dellʼauto-fluorescenza e lʼaumento dellalipofuscina e questʼultimatestimonia la incapacità di rici-clare il contenuto dei fagoso-mi. Riamane da valutare se daquesti dati può scaturire unapossibilità di trattamento. Sela presenza di A2-E o lʼau-mento di lpofuscina sonoimportanti nella genesi dellʼa-trofia geografica, ciò impliche-rebbe una controindicazionead assumere supplementi divitamina A. La riduzione divitamina A nella dieta e tratta-menti che rallentino il metabo-lismo dei retinoidi potrebberoessere utili, così come nellamaculopatia di Stargardt.Lʼidentificazione di unʼaltera-ta regolazione della rispostaimmunitaria nella degenera-zione maculare senile, ponepoi la questione della rilevan-za del sistema immunitarionel mantenere la salute deifotorecettori. �
Intact Not intact P: Rank-sum test
Dim.les. mm2 7.0 (1.1-21.6) 11.7 (3.5-23.3) 0.0116AV logmar 0.54 (0-1.8) 0.78 (0.3-1.8) 0.0002Sintomi 4 (0.5-20) 6 (1-18) 0.0491
Tabella 2 - Dimensioni, visus e durata dei sintomi in mesi: mediana (range)
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La retinite pigmentosa(RP) è la forma più fre-
quente di distrofia retinicaereditaria con unʼincidenzaapprossimativa di circa 1caso su 4000 individui. La RPè caratterizzata clinicamentedalla presenza di cecità not-turna e progressiva degene-razione della retina nelleregioni periferiche e marcatealterazioni elettroretinografi-che. La malattia di solito cul-mina in una severa riduzionedel visus. La RP può essereisolata o associata a manife-stazioni non-oculari comenella sindrome di Usher o nellasindrome di Bardet-Biedle. Da
un punto di vista genetico, laRP è altamente eterogenea,con modalità di trasmissioneautosomica dominante, auto-somica recessiva o associataal cromosoma X. Una signifi-cativa percentuale di pazienticon RP è apparentementesporadica, vale a dire senzanessun altro caso in famiglia.Negli ultimi anni, più di 100loci genetici implicati nellapatogenesi della RP sonostati individuati e localizzati inspecifiche regioni cromoso-miche e sono stati identificatipiù di 50 geni responsabili.I geni più frequentementeresponsabili di RP sono
Perché è importante riconoscere il difetto molecolare responsabilenelle distrofie retiniche ereditarie?
A CURA DISANDRO BANFIA CURA DISANDRO BANFI
Perché è importante riconoscere il difetto molecolare responsabilenelle distrofie retiniche ereditarie?
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rodopsina (RHO) ed RP1 perquanto concerne le formeautosomiche dominanti;CRB1, PDE6A, PDE6B eUSH2A per le forme autoso-miche recessive; ed RPGRper le forme legate al cromo-soma X. Un gran numero didifferenti mutazioni è statoriconosciuto avere un ruolocausale nella patogenesidelle RP ma, a tuttʼoggi, nonesiste una singola mutazioneche da sola può rendereconto di più di un 10% di casiindipendenti di RP. Tra le RP,le forme autosomiche reces-sive sono solitamente carat-terizzate da un quadro piùsevero, da unʼetà di insorgen-za più precoce (talvolta nellaprima infanzia) e da una piùrapida progressione verso lacecità. Spesso, non è possi-bile differenziare, da un puntodi vista clinico, le RP autoso-miche recessive da unʼaltraforma molto severa di distro-fia retinica rappresentata dal-lʼamaurosi congenita di Leber
(LCA). La LCA è caratterizza-ta da un severo deficit dellavisione nei primissimi anni divita. Anche essa è normal-mente ereditata come un trat-to autosomico recessivo: atuttʼoggi, mutazioni in almeno15 geni si sono rivelate esse-re alla base di questa condi-zione. Alcuni dei geni implica-ti in RP autosomiche recessi-ve (ARRP), tra cui RPE65,CRB1 e TULP1, sono ancheresponsabili di LCA, ad ulte-riore conferma del fatto chele due condizioni possanospesso rappresentare uncontinuum piuttosto che dueentità nettamente distinte. Acausa del progressivoaumento del numero dei geniimplicati in ARRP ed LCA, èstato molto difficoltoso, fino aquesto momento, poteredisegnare un protocollo effi-cace per il riconoscimentodelle cause molecolari diqueste condizioni nei pazien-ti affetti. Ciò è maggiormentecomprensibile quando si con-
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sidera che nella maggiorparte dei casi la causa dellamalattia è rappresentatadalla variazione di una singo-la base del gene in questione(mutazione puntiforme). Se ilgene da analizzare fossesolamente uno, le coseovviamente sarebbero piùsemplici e i tempi necessariper lʼanalisi sarebbero limitatia poche settimane/1 meseutilizzando metodiche disequenziamento tradizionali.Quando invece i geni da ana-lizzare sono numerosi, comeappunto nel caso delle RP edelle LCA, lʼanalisi diventaproibitiva sia per i costi cheper i tempi necessari (diversianni) se si dovessero utilizza-re unicamente le metodichetradizionali. Ciononostante,una classificazione molecola-re corretta sia delle RP chedelle LCA è, mai come oggi,particolarmente necessaria,dal momento che protocolli ditrattamento di queste condi-zioni, basate sulla terapia
genica, potrebbero rendersidisponibili nella pratica clinicanellʼimmediato futuro. Èstato, infatti, recentementeriportato da tre diversi studi, auno dei quali ha partecipatoanche il nostro gruppo che lʼi-niezione nello spazio subreti-nico di pazienti con LCAdovuta a mutazioni nel geneRPE65, di un costrutto viralecontenente il gene RPE65integro, è in grado di determi-nare dei significativi migliora-menti della funzione visiva.Alla luce di questi risultati,così come anche di futureulteriori estensioni ad altreforme di LCA e RP, si rendepertanto necessario migliora-re le procedure di analisimolecolari per questo gruppodi patologie.Fortunatamente, negli ultimianni, si sono rese disponibilistrategie alternative, basatesullʼutilizzo di microchip, valea dire vetrini speciali delladimensione di circa un cm2
che hanno portato ad un
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notevole miglioramento del-lʼindagine molecolare nelleLCA e ARRP. Utilizzandoquesti particolari microchip, èpossibile analizzare in modorapido più di 1000 mutazioniche sono attualmente notecausare LCA e RP. Una voltaidentificata mediante micro-chip la possibile mutazionenel DNA di un paziente, sideve necessariamente pro-cedere ad una conferma tra-mite sequenziamento tradi-zionale. È opportuno sottoli-neare che prima di effettuarequesta analisi è semprenecessario sottoporsi ad unaattenta valutazione in un cen-tro oftalmologico specializza-to che, con la collaborazionedi un genetista qualificato,sarà in grado di fornire le indi-cazioni al tipo di indagine piùappropriata: esistono infattidiversi tipi di microchip chesono specifici per le diversecondizioni, come ad esempioil microchip per le mutazioniLCA, il microchip per le muta-
zioni RP recessive, il micro-chip per le RP dominanti, etc.È quindi importante chevenga individuato in anticipoil tipo corretto di indagine daeseguire. Tuttavia, la proce-dura basata sullʼuso deimicrochip ha il grosso limiteche è in grado di identificaresolo le mutazioni conosciutema non è efficace nel caso dinuove mutazioni, non prece-dentemente descritte. Nerisulta che solamente in circail 20-25% dei pazienti è orapossibile identificare la causamolecolare delle RP o delleLCA utilizzando i microchipdiagnostici. Quale può esse-re la causa del problema reti-nico nel rimanente 75-80%dei pazienti? Due sono lepossibili spiegazioni: 1) alcuni di questi pazientipossono avere mutazioni nonprecedentemente descrittenei geni che già si conosconoessere causa di RP e/o LCA;oppure 2) questi pazienti potrebbero
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avere mutazioni in nuovi geniche non sono ancora statiriconosciuti come responsa-bili di RP e LCA.È possibile colmare questalacuna ed ottenere la diagno-si molecolare nel numero piùalto possibile di pazienti condistrofie retiniche?Fortunatamente, nuovi svilup-pi tecnologici nellʼambito delleprocedure di sequenziamentoconsentono di guardareallʼimmediato futuro con uncerto ottimismo. La recente introduzione di unanuova e rivoluzionaria meto-dologia di sequenziamento, lacosiddetta Next GenerationSequencing (NGS) sembra ingrado di offrire la soluzioneideale ai problemi connessiallʼanalisi molecolare di pato-logie causate da mutazioni intanti geni diversi, comeappunto nel caso delle RP e
delle LCA. Utilizzando questanuova tecnica, sarà possibilenel giro dei prossimi anniottenere la sequenza com-pleta di tutti i geni di un indi-viduo in tempi relativamenterapidi. Questa tecnologia èancora in una fase di messaa punto sperimentale e quin-di non è ancora entrata nellapratica diagnostica di routine. Si prevede, però, che lʼab-battimento dei costi, lʼaffina-mento delle tecniche esoprattutto una più efficaceinterpretazione dei risultatiottenuti faranno in modoche la metodica NGS diven-terà, nellʼambito dei prossi-mi 5-10 anni, la procedurapiù usata per la diagnosimolecolare delle distrofieretiniche ereditarie e per-metterà lʼidentificazione deldifetto genetico nella mag-gioranza dei pazienti. �
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Nella Retinite Pigmentosala maggioranza delle
mutazioni causative coinvol-ge geni unicamente espressinei bastoncelli, ma la degene-razione dei coni segue la per-dita dei bastoncelli. In segui-to a esperimenti di trapianto ein vitro, abbiamo dimostrato ilruolo dei fotorecettori cheinteragiscono con le celluleparacrine, e abbiamo identifi-cato un fattore di vitalità deiconi prodotto dai bastoncelli(Rod-derived cone viabilityfactor, RdCVF), che incre-
menta la sopravvivenza deiconi nella retina di topi rd1.La caratterizzazione dellafunzione di questo gene(nucleredoxin like 1) e il suoortologo RdCVF2 (nucleredo-xin like 2) punta ad una dupli-ce funzione, e cioè al segna-le cellulare e al controlloredox. I geni Nxn11 e Nxn12codificano sia per una picco-la isoforma proteica corri-spondente a fattori trofici, siaper una isoforma addizionalepiù lunga fortemente omolo-ga alla famiglia delle tioredo-
Fattori di vitalità dei coni: studi molecolari e funzionaliFattori di vitalità dei coni: studi molecolari e funzionali
A CURA DIJOSÉ-ALAIN SAHELA CURA DIJOSÉ-ALAIN SAHEL
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xine, coinvolte nella difesacontro lo stress ossidativo.Lʼanalisi del segnale RdCVFe del fenotipo del topo coninattivazione dei geni Nxn11o Nxn12 fornisce una spiega-zione allʼassociazione com-pletata tra il danno alla retinae la risposta neuroprotettiva.Lo studio dei due mutantimostra che il fenotipo, adesempio la progressiva perdi-ta della funzione e della den-sità dei coni, è aumentatodallʼinduzione dello stressossidativo (danno da luce) eche i due geni sono coinvoltiin differenti patterns di rispo-sta allo stress ossidativo,escludendo quindi una ridon-danza genetica.Il nostro esperimento è consi-stito nel valutare se la som-ministrazione di RdCVF nellaretina di ratti portatori dellamutazione P23H, può nonsolo indurre una risposta cel-
lulare da parte dei coni, maanche preservarne la funzio-ne. In questo modello anima-le con retinite pigmentosaautosomica dominante(ADRP) lʼiniezione di RdCVFcomportava la conservazionein larga misura dellʼampiezzadellʼelettroretinogramma eduna maggiore densità deiconi. Gli effetti sulla morfolo-gia dei segmenti esterni deiconi giustificano unʼattivitàfunzionale più elevata, e pos-sono dimostrare una forte especifica interazione diRdCVF con la proteina Tauassociata ai microtubuli. Questi risultati indicano cheRdCVF non solo può recupe-rare parzialmente i coni maanche preservarne lʼattivitàfunzionale in maniera signifi-cativa, dimostrando in talmodo il potere di RdCVFnella conservazione dellavisione dei pazienti. �
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Un Simposio che guarda alla riabilitazione
Dal 15 al 17 dicembre 2010a Roma appuntamento internazionale sugli ipovedenti e l’abilità visiva voluto dalla IAPB Italia onlus
Guardare alla riabilitazione e allapersona nella sua globalità. Conquesto intento si terrà a Roma,dal 15 al 17 dicembre 2010, ilsecondo Simposio internaziona-le sulla riabilitazione dellʼipove-dente e sullʼabilità visiva. I mag-giori esperti nazionali e interna-zionali si confronteranno sui dif-ferenti modelli di riabilitazione:sono previste tavole rotonde,sessioni di approfondimento,workshop monotematici, postere spazi espositivi. Insomma, unappuntamento da non perdereper tutti coloro che si interessa-no di ipovisione, che lavoranonel mondo oculistico o vi gravita-no attorno. Lʼevento, in programma presso ilParco dei Principi romano, èstato voluto dallʼAgenzia interna-zionale per la prevenzione dellacecità-IAPB Italia onlus e dalPolo Nazionale di Servizi eRicerca per la Prevenzione dellaCecità e la Riabilitazione Visiva.
Sono previste, tra lʼaltro, letturemagistrali di Bruce P. Rosenthal(Usa), Avinoam B. Safran(Svizzera), Robin Ali (GranBretagna) e Ronald Schuchard(Stati Uniti). Oltre a “numi tutela-ri” dellʼoculistica mondiale, nonmancheranno le presentazioni digiovani ricercatori che si dedica-no a studi avveniristici.Lʼappuntamento non verteràperò unicamente sulla puraricerca medico-scientifica, masarà anche unʼoccasione pre-ziosa per affrontare lʼipovisionenella sua dimensione umana enella sua complessità attraver-
so un approc-cio globale chemira a curarel ʼ i n d i v i d u onella sua inte-rezza, non limi-tandosi esclu-sivamente agliocchi (pur fon-damentali).Giuseppe Castronovo, presidente IAPB
Cʼè anche un altro aspetto daconsiderare: la centralità del rap-porto tra la figura del clinico equella del riabilitatore in funzionedelle attuali e future terapie adisposizione nel trattamentodella degenerazione maculare,del glaucoma, della retinopatiadiabetica nonché delle patologieeredo-degenerative.“LʼAgenzia Internazionale per laPrevenzione della Cecità-IAPBItalia onlus sin dalla sua istituzio-ne – spiega lʼavv. GiuseppeCastronovo, suo Presidente – haavuto grande attenzione alle esi-genze e alle necessità di tutte lepersone che, a causa delle ridot-te capacità visive, hanno persola propria autonomia, con gravepregiudizio non solo in termini disalute fisica, ma soprattutto psi-cologica, che spesso ne determi-na una vera e propria emargina-zione sociale. Proprio per darerisposte concrete alle istanzedegli ipovedenti, che in Italia sistimano intorno a 1,5 milioni, nelcorso degli anni si è cercato diaffermare anche nel nostroPaese la riabilitazione visiva,come un percorso terapeuticomultidisciplinare capace dimigliorare lʼutilizzo del proprioresiduo visivo”.“Il Simposio – afferma il Prof.Filippo Cruciani, coordinatorescientifico del Polo Nazionale
Ipovisione – rappresenta unmomento molto importantesoprattutto perché mette a con-fronto le varie esperienze inter-nazionali sul metodo da adottareper la riabilitazione visiva.Esistono vari approcci a questoproblema: principalmente oftal-mologico, psicologico e sociale.Lʼideale sarebbe fondere tuttequeste esperienze in un conte-sto multidisciplinare e, soprattut-to, considerare il paziente comeuna persona nella sua globalità”.La riabilitazione, quindi, è unadelle strade maestre da seguireper assicurare una migliore qua-lità della vita, salvando lʼindivi-duo dallʼoscurità. La cecità può e deve essere com-battuta in ogni sede e in ogni luogo.Unʼoccasione irrinunciabile perampliare i propri orizzonti è oradata da questo Simposio. (Info:www.oic.it/vision2010; segr. orga-nizzativa: tel. 055 5035248; IAPBItalia onlus: tel. 06 36004929).
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Uno studio tutto italiano inpubblicazione questa set-
timana sullʼautorevole rivistaPNAS e nato dalla collabora-zione tra il CNR di Pisa,lʼUniversità degli Studi diMilano, lʼUniversità di Pisa, laFondazione G. B. Bietti diRoma e la Nanovector diTorino, dimostra, a seguito diuna sperimentazione effettuatasui topi, lʼefficacia di un tratta-mento farmacologico innovati-vo nel rallentare la degenera-zione dei fotorecettori nellaRetinite Pigmentosa. Lo studioannuncia importanti novitàanche per la modalità di som-ministrazione del trattamento,particolarmente interessante
per il basso livello dʼinvasività.La Retinite Pigmentosa è unamalattia genetica che causa laprogressiva morte cellulare deifotorecettori della retina por-tando così a cecità.Una ricerca italiana in pubblica-zione sulla rivista PNAS riportai risultati di un trattamento far-macologico che utilizza unamolecola (chiamata Myriocin)che inibisce la morte cellulareagendo su una catena biochi-mica ben studiata in varie altrecondizioni patologiche ma mainella Retinite Pigmentosa.Questa catena porta alla sinte-si dello sfingolipide ceramide sisnoda in numerosi passaggiche culminano nella morte cel-
Studio italiano apre nuove prospettive terapeutiche per la Retinite Pigmentosa
Studio italiano apre nuove prospettive terapeutiche per la Retinite Pigmentosa
A CURA DIENRICA STRETTOI, CLAUDIA GARGINI, RICCARDO GHIDONIA CURA DIENRICA STRETTOI, CLAUDIA GARGINI, RICCARDO GHIDONI
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lulare. Dato che ognuno di que-sti è un potenziale (e finora ine-splorato) bersaglio farmacologi-co per la Retinite Pigmentosa,questo studio “pilota” aprenuove prospettive di trattamen-to per tale patologia.Un altro risultato importantedella ricerca riguarda la via disomministrazione del farmaco,basata sullʼimpiego di nanopar-ticelle lipidiche, qui usate informa di collirio, una modalitàdecisamente meno invasivadelle iniezioni intraoculari solita-mente in uso per il trattamentodi varie patologie oculari. Le nanoparticelle, caricate dellamolecola inibitrice, sono statesomministrate a topolini cheriproducevano in modo fedele laRetinite Pigmentosa umana,andando incontro a una pro-gressiva degenerazione dellaretina. Il trattamento ha abbas-sato il ceramide retinico, haaumentato la sopravvivenza deifotorecettori, ne ha conservatola morfologia e ha aumentato lacapacità della retina di risponde-re alla luce come valutato attra-verso la registrazione dellʼelet-troretinogramma.In conclusione, secondo gli
autori dello studio, la sommini-strazione del farmaco ha rallen-tato la degenerazione della reti-na e la progressione dellaRetinite Pigmentosa nei topolinie, quindi, può rappresentare unapproccio terapeutico per lacura della malattia negli esseriumani. La somministrazione difarmaci in nanoparticelle lipidi-che potrebbe agevolare il tratta-mento continuo e non invasivodei pazienti con RetinitePigmentosa ed altre patologiedella retina.Lo studio è stato coordinatodalla Dott. Enrica Strettoi,dellʼIstituto di Neuroscienze delCNR di Pisa e dal Prof.Riccardo Ghidoni, biochimicodellʼUniversità di Milano, con lacollaborazione della Prof.Claudia Gargini dellʼUniversitàdi Pisa, esperta in fisiologia delsistema visivo e dellʼIng. PaoloGasco, della Nanovector diTorino, azienda depositaria delbrevetto per le nanoparticelleusate come veicolo. Hanno col-laborato giovani ricercatori dellaFondazione Bietti (Dott. ElenaNovelli), delle Università di Pisa(Dott. Ilaria Piano) e di Milano(Dott. Giusy Sala). �
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IntroduzioneIl fatto che i ciechi disegninodesta spesso meraviglia e tal-volta scetticismo. Il disegnoeduca il senso geometrico, svi-luppa la precisione delle dimen-sioni, abitua alla soluzione diproblemi tecno-pratici, ed eser-cita la capacità di osservazioneanalitica e comparativa, adde-stra i sensi e le mani ai piccolimovimenti e li affina, agevola,insomma, la vita di relazione chesi manifesta soprattutto nel lavo-ro costruttivo.La conoscenza e laconsapevo-lezza del mondo esterno viene,nei non vedenti, raggiuntamediante esplorazione tattile, etale conoscenza è fondamenta-
le per lo sviluppo sociale, moto-rio, cognitivo e linguistico.È infatti principalmente attra-verso lʼesplorazione tattile cheil non vedente si crea immagi-ni mentali. Tali immagini, infat-ti, vengono costruite grazie alle“derive sensoriali, percettive,cognitive, emotive, affettive,sentimentali, relazionali, socia-li e culturali che lʼoggetto con-tiene ed esprime” (La Grutta,Audino, Catania, Matranga eLo Baido; 2009).Inoltre, non va dimenticato chele stimolazioni tattili sono allabase dellʼacquisizione di unabuona manualità che è, tra lʼal-tro, il prerequisito indispensabilee fondamentale per la lettura
Il disegnonei bambini non vedentiIl disegnonei bambini non vedenti
A CURA DIALESSANDRA IACO’A CURA DIALESSANDRA IACO’
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delle immagini a rilievo e per laletto-scrittura in braille (canaliprimari attraverso i quali i nonvedenti hanno accesso alleinformazioni). Per tutte questeragioni risulta fondamentaleincoraggiare lʼesperienza tattilenel bambino.Lʼesplorazione tattile, infatti,diventa unʼattività piacevole seviene proposta in termini ludico-ricreativi; in tale ottica si inseri-sce lʼattività di disegno. Perchési possa disegnare un oggetto ènecessario conoscere ed avereconsapevolezza dello spazio edellʼoggetto che si vuole rappre-sentare; tale conoscenza viene,appunto, raggiunta medianteesplorazione tattile.Rappresentando, e dunquedisegnando un oggetto, il bam-bino non vedente apprende lemodalità attraverso cui utilizzareil tatto, acquisisce lʼabitudine aschematizzare ed a svilupparela conoscenza degli oggettiattraverso la loro forma e le lorodimensioni.
LA RICERCAAnno: 2009Sede: Istituto dei Ciechi “Florio
e Salamone” di Palermo,Centro socio riabilitativo avalenza educativa, laboratoriooccupazionale per soggetti cie-chi ed ipovedenti in particolarisituazioni di difficoltà.Campione: 15 bambini nonvedenti di età compresa tra i 6 ei 12 anni, inseriti nelle scuole del-lʼobbligo con insegnanti di soste-gno e che nel pomeriggio fre-quentavano come semi-convitto-ri e per le attività extrascolastichelʼIstituto dei Ciechi.Obiettivo: Delineare il fenome-no assunto come oggetto di stu-dio facendo riferimento non soload aspetti teorici ma soprattuttofacendo riferimento ad aspettipratico-esperienziali.Metodologia: La ricerca, realiz-zata attraverso lʼosservazione,ha esclusivamente finalitàdescrittive. Le conclusioni cui siè giunti non vanno intese comeaffermazioni perentorie masemplicemente come ipotesi edosservazioni. Lʼauspicio è chetale lavoro possa servire a sol-levare questioni e generarenuove ipotesi configurandosicome utili spunti e stimoli pereventuali approfondimenti futuri.
no meno ricchi e dettagliati. Idisegni, nel complesso, appaio-no molto ricchi di colori e di par-ticolari. Ad esempio, nel dise-gno in figura 1 si possonocogliere molti dettagli: dalletegole alle mele rosse sullʼalbe-ro, dagli uccelli ai dettagli dellacasa. Nel disegno in figura 2,nel quale invece sono rappre-sentati dei fiori, si può notarelʼuso appropriato dei colori e lascelta di una molteplicità dicolori, peraltro molto vivaci.
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Il disegno dei non vedenti: men-tre i vedenti per disegnare siservono di carta, matita, penne,acquerelli, etc., i non vedenti perdisegnare utilizzano o tali stru-menti (utilizzando opportunestrategie) o strumenti tiflodidatti-ci come il cordoncino e il pianodi gomma. Il disegno medianteil cordoncino, fissato attraversospilli su un cuscinetto, richiedecapacità immaginative e dicoordinamento motorio nonindifferenti. Il piano di gommaconsiste in una tavoletta dilegno rivestita da una superficiegommosa su cui vengonoappoggiati fogli di “cellophane”che vengono incisi medianteuna biro scarica, la cui pressio-ne genera tracce increspate inrilievo.
RISULTATI E CONCLUSIONIDi seguito alcune considerazio-ni ed ipotesi formulate in segui-to alla frequentazione del labo-ratorio.È stata innanzitutto riscontratala tendenza a preferire i disegnirelativi a paesaggi ed oggettipiuttosto che soggetti umani;questʼultimi, se presenti, risulta-
Figura 1: Paesaggio.
Figura 2: Fiori.
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Nellʼunico disegno (figura 3) incui allʼinterno di un paesaggio,una scena rurale che rappresen-ta un picnic, era presente la figu-ra umana, essa appariva priva didettagli e forme ben definite.Ulteriore aspetto degno di notaè la propensione per lʼuso ditecniche “miste”, nello specificolʼuso delle tempere e dei tappi dibottiglia che venivano incollatisul foglio da disegno, di cui è unesempio la figura 4, nella qualeè rappresentato un albero.
Rispetto ai bambini che hannoperso la vista durante lo svilup-po, il disegno dei bambini concecità congenita sono meno ric-chi di dettagli, ma dimostranoun uso più appropriato delle tec-niche.Probabilmente, la preferenzaper le tecniche miste è dovuta alfatto che lʼuso delle tempere,unitamente a quella di oggetti inrilievo quali i tappi, risulta per inon vedenti più stimolante inquanto coinvolge maggiormen-te il tatto.Questo aspetto, unitamenteallʼeventuale presenza di diffe-renze nel disegno legate allapercezione dellʼambiente edegli oggetti da disegnare, daparte dei bambini con cecitàcongenita ed acquisita, sonodue interessanti spunti daapprofondire in futuro. Il fatto che i disegni dei bambinicon cecità congenita sianomeno ricchi di dettagli rispetto aquelli prodotti da soggetti concecità acquisita, può probabil-mente essere legato al fatto chequesti ultimi abbiano un ricordodellʼambiente esterno e che taleaspetto possa influenzare le
Figura 3: Picnic.
Figura 4: Albero di mele.
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loro rappresentazioni grafiche,rispetto a coloro che non hannomai visto. La percezione tattiledel bambino cieco, avvieneper punti, per passi successi-vi, è più lenta ma molto preci-sa rispetto alla percezionevisiva che però è immediata,veloce e sintetica. Il disegnodel bambino non vedente, siache avvenga sul piano gom-mato, sia sul piano a rilievo,prevede sempre una cono-scenza dello spazio dellʼog-getto da rappresentare. A talproposito ho constatato che ibambini non vedenti dallanascita hanno maggiori diffi-coltà nel descrivere oggettiche non conoscevano bene.Se non possiedono unʼimma-gine mentale dellʼoggetto chedevono rappresentare grafi-camente, perché non ancoraesplorato e conosciuto tattil-mente, il disegno a rilievo pre-senterà difficoltà rispetto aldisegno in bianco e nero e acolore del bambino vedente,che invece in modo immedia-to vede lʼoggetto da disegna-re. La vista infatti, è un orga-
no deputato alla sintesi rispet-to al tatto. Risulta evidentequindi, che coloro che hannoperso la vista successivamen-te godono di un vantaggiofondamentale, cioè della pos-sibilità di aver fatto esperien-za, per un periodo più o menobreve, del senso della vista edunque ha avuto la possibilitàdi crearsi unʼidea della realtàesterna, più simile a quella deivedenti.In conclusione, la realtà feno-menica con la quale si con-frontano vedenti e non veden-ti è ovviamente, la stessa;anche i risultati delle varieoperazioni gnoseologiche sisomigliano. Ciò che cambia,dunque, sembra essere solo ilmodo di rapportarsi alla realtà.Per cui, si può affermare che inon vedenti si creano immagi-ni mentali come tutte le perso-ne e, per quanto possa appa-rire sorprendente, le rappre-sentano “addirittura a colori”:rappresentano, cioè la scenache vogliono fotografarecome se la vedessero, macon gli occhi della mente. �
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Il 23 settembre 2010 è ricorsolʼottantesimo anniversario
della nascita di Ray Charles, ilgrande cantante e musicistaafro-americano e non vedenteche certamente ha rappresen-tato una bandiera della musicajazz e pop del XX secolo. Molti critici lo hanno definito ilgenio, il profeta, il grandesacerdote dei poveri che èdiventato un mito buttando infaccia al pubblico rabbia edisperazione. La rabbia diessere cieco, la disperazione diessere negro, di aver avutounʼinfanzia tragica: ad Albany inGeorgia, nella baracca doveviveva da bambino, un glauco-
ma non curato da medici bian-chi lo rende inesorabilmentenon vedente. Il suo handicap è perciò fruttodella povertà e dellʼincuria diuna società chiusa verso le per-sone di colore. Questa doppia discriminazione,raziale e per la disabilità, carat-terizzerà tutta la sua carrieraartistica interpretata quasi sem-pre in chiave di riscatto sociale,anche quando si manifesta inepisodi di eccesso ed apparen-temente irrazionali.Ray Charles ha parlato allagente, la sua musica è sempli-ce, talvolta banale ma è il suotocco che la rende magica.
Ray CharlesIl genio ciecoRay CharlesIl genio cieco
A CURA DIMARCO BONGIA CURA DIMARCO BONGI
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A Torino, la prima volta che RayCharles apparve sul palco delPalazzetto dello Sport nel 1971,avanzava a scatti brevi, appog-giandosi ad un ragazzo, cer-cando con la mano lo spigolodel pianoforte. Poi si voltò versola platea, si piegò in due perabbracciare il pubblico chesembrava impazzito. Scopriva identi bianchissimi, ma sorride-va solo con la bocca, gli occhidietro le lenti scure restavanoimmobili, la fronte liscia...Indossava abiti da clown, pic-chiò per due ore sul pianofortescaricando sulla tastiera “secolidi disperazione”... Così lo siricorda e così Marco Basso,giornalista piemontese, lo hafatto conoscere nel corso del-lʼincontro commemorativo orga-nizzato dallʼAPRI-onlus, lo scor-so 26 settembre, presso ilCircolo dei Lettori di Torino.Numerosi sono gli episodi chetestimoniano del rapporto tor-mentato fra il grande cantante ela disabilità visiva. Basso, a tito-lo di esempio, ne ha citati solodue. Una volta egli, prima anco-ra di diventare famoso, volle a
tutti i costi girare da solo gui-dando una motocicletta ad altavelocità. Il fatto rischiò di procurargli larevoca dellʼassegno di invaliditàin quanto alcuni testimoni dellʼe-vento lo denunciarono per simu-lazione dello status di handicap. Tutti ricordano poi il filmato incui Ray guidava unʼautomobilesportiva in piena libertà ovvia-mente allʼinterno di unʼarea deltutto priva di ostacoli. Non va infine dimenticata lʼotti-ma educazione musicale rice-vuta dallʼartista presso lʼIstitutodei ciechi in Florida che fre-quentò dal 1937 al 1945. Inquella scuola, egli ricorderà, laformazione era molto rigida, gliinsegnavano solo musica clas-sica mentre lui sognava di dedi-carsi ad altri generi: ricevetteperò un bagaglio tecnico di pri-mʼordine che gli servì per tuttala sua lunga carriera.Morì nel 2004 ma ancor oggi lecanzoni da lui interpretate muo-vono folle di fans e di imitatori.Vinse dunque ampiamente lapiù dura delle battaglie, quelladellʼintegrazione sociale. �
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La 10° edizione della VesuvioExhibition si è tenuta a Napoli
dal 22 al 24 Ottobre, 3 giorni e 2notti in completa autonomia nelParco Nazionale del Vesuvio. Unincontro ravvicinato e pacifico tralʼuomo e la natura da vivere attra-verso attività eco-dinamiche, crea-tive e adattative, ispirate allʼavven-tura e allʼesplorazione come pre-messe di conoscenza del territorioe delle sue tipicità.Biefing, venerdì alle ore 14,00presso il campo base.Costituzione dei team. Controllo kitdi autosufficienza e partenza perPunta Nasone con passaggionella valle dellʼInferno. Psicologiadi gruppo. Orientamento notturnoe pernottamento. Prova di orienta-mento diurno con prova ricerca didispersi e ritorno al campo base.
Realizzazione di un riparo. Provemultisport: mtb a staffetta con pro-blem solving, staffetta finlandese(500 mt – 1 km – 2 – 4 km), attra-versamento ponte tibetano (50 mt),zip line etc. Domenica, discesa incorda nel cratere, prova Ecorunningoppure per i più coraggiosi prova dicorsa in alta quota. Una sfida sportiva e scaramanticaal vulcano più famoso del mondo;numerosi i team partecipanti e tra gliiscritti, Vittorio Martorana di Catania,un piccolo grande uomo che fa dellosport la sua ragione di vita. Semprepresente a gare di triathlon, espe-rienze di dragon boat ma sopratuttouna scheggia di energia e vera pas-sione quando monta in sella allasua bicicletta; una pedalata agile eveloce che lascia dietro anche cicli-sti di giovane età.
Due amici, un laccetto,un unico respiroDue amici, un laccetto,un unico respiro
A CURA DIGIOVANNA D’ANGELOA CURA DIGIOVANNA D’ANGELO
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Vittorio è stato presente anche aquesta 10° edizione della VesuvioExhibition ma nella ultima prova didomenica, la corsa verso la cimadel vulcano di 16 Km. con un disli-vello di 800 m., dal suo bracciopendeva un laccetto ed allʼaltraestremità cʼera la mano di DonatoMastrangelo, anche lui catanese,non-vedente.Quel laccetto, dallʼaspetto insignifi-cante e di scarso valore, vale untesoro. Quel laccetto sigilla unarara amicizia che va oltre, sconfinanello sport ed abbatte ogni barrieraed ogni diversità: Vittorio e Donatocorrono, sciano e pedalano insie-me in tandem con costanza, ele-ganza e con la vitalità di giovaniventenni. È difficile stargli dietroperchè hanno dalla loro unʼincredi-bile esperienza maturata in anni edanni di chilometri e chilometri, diraid su strada, alla partecipazioneai mondiali di ciclismo ma sopratut-to tanta vera e sana passione perqualsiasi disciplina sportiva che sisvolga allʼaperto ed in compagnia.
Vittorio e Donato, in tandem, sem-pre e non soltanto sui sellini dellabici ma in qualsiasi forma di com-petizione con se stessi, quandochiedi il massimo dal tuo corpo,quando riesci a buttare fuori anchelʼultima scintilla di energia vitale.Chi scrive ammette di provare unacerta invidia nei confronti di Vittorioe Donato ma è unʼinvidia calda,positiva, buona che viene fuorispontanea dal cuore, che vienefuori da una sincera stima e unavera e profonda ammirazione neiloro confronti; una invidia costrutti-va che mi dà forza, energia e cari-ca durante i miei allenamenti e chemi fa nascere spontaneo un sorri-so quando i miei due preziosissimiamici mi affiancano in tandem, midanno coraggio, mi dicono di nonmollare, di stringere i denti che lacima è oltre la prossima curva. Sorrido tra sudore e lacrime distanchezza, scuoto la testa:“Non cʼè niente da fare... sonoproprio mitici i miei amici Vittorioe Donato”. �
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Con la sentenza 8826 del 2010,il Giudice amministrativo è tor-nato ad affrontare la questionerelativa al diritto di lavorare nellasede più vicina al parente dis-abile. In particolare, il TAR delLazio ha stabilito che, ai fini del-lʼapplicazione dei benefici di cuialla legge 104/92, il requisitodellʼesclusività assistenzialesussiste solo nel caso in cuiviene comprovata lʼinesistenzadi altri parenti ed affini in gradodi occuparsi dellʼassistenza deldisabile. Oggetto della pronuncia inesame è stato il caso di unadipendente pubblica che avevarichiesto il riconoscimento, ai finidellʼassegnazione della sede dilavoro e delle funzioni, dei bene-
fici di cui allʼart. 33, comma 5,della legge n. 104/1992, in rela-zione allʼassistenza continuativaprestata alla madre, personaportatrice di handicap grave,debitamente accertato dallacompetente commissione medi-ca dellʼASL.Lʼinteressata, che svolge la fun-zione di magistrato, documenta-va a sostegno della propriaistanza che, pur non convivendocon la madre, non vi erano altrifamiliari in grado di prestareassistenza a questʼultima. Nellaspecie, sia il padre che il fratel-lo, benché conviventi, eranoaffetti da patologie che, in basealla documentazione prodotta,impedivano la reale assistenzaalla persona disabile.
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Il diritto di lavorare nella sede più vicina al parente disabile: il TAR Lazio torna sulla vexata quaestio(TAR Lazio, Sez. I, sent. 29.04.2010 n° 8826)
Rubr ica Legale
A CURA DILORIS DI LORENZO
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Il Consiglio Superiore dellaMagistratura, con apposita deli-bera, non accoglieva tuttavia ladomanda dellʼinteressata proprioin ragione della sussistenza dialtri familiari, che, secondo lostesso organo deliberante,avrebbero potuto invece presta-re assistenza.Successivamente, la questioneveniva sollevata innanzi la giuri-sdizione amministrativa, cheriteneva di pronunciarsi in osse-quio a quanto segue. Il TAR del Lazio, innanzitutto,richiamava conforme giurispru-denza al riguardo (T.A.R. Lazio,Roma, Sez. I, 30 giugno 2009, n.6339; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I,28 maggio 2008, n. 5124; T.A.R.Lazio, Roma, Sez. I, 8 maggio2009, n. 5020; Cons. Stato, Sez.IV, 15 febbraio 2010, n. 825)secondo cui è ormai pacifico chela scelta della sede o il trasferi-mento del lavoratore, pubblico oprivato, che assista un parente oun affine entro il terzo grado col-pito da handicap grave, èammesso, ove possibile – cioètenendo conto delle specificheesigenze organizzative, funzio-nali e gestionali del datore dilavoro – allorquando si dimostriche lʼassistenza prestata rivesteil carattere della continuità e del-lʼesclusività.
In particolare, con riferimento aquestʼultimo requisito, esso èintegrato quando si dimostri lʼi-nesistenza di altri soggetti ingrado di prestare lʼassistenzacontinuativa richiesta dalla con-dizione soggettiva del parente oaffine portatore di handicapgrave.Al riguardo, è stato specificatodal Collegio che per comprovareil requisito dellʼesclusività assi-stenziale non sono sufficientisemplici dichiarazioni di caratte-re formale, magari attestantiimpegni generici, ma è necessa-ria “la produzione di dati ed ele-menti di carattere oggettivo, con-cernenti eventualmente anchestati psico-fisici connotati da unacerta gravità, idonei a giustifica-re lʼindisponibilità sulla base dicriteri di ragionevolezza e tali daconcretizzare unʼeffettiva esi-mente da vincoli di assistenzafamiliare”.Pertanto, il TAR, accogliendo ilricorso dellʼinteressata e, quindi,annullando la deliberazione delConsiglio Superiore dellaMagistratura, ha affermato chela presenza di familiari convi-venti con la madre portatrice dihandicap grave, in quanto affettida patologie connotate a lorovolta “da una certa gravità” talida escludere, secondo criteri di
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ragionevolezza, che essi sianoin grado, concretamente, diapprestare unʼassistenza effetti-va, efficace, adeguata alla gravi-tà della situazione di handicap
della genitrice dellʼinteressata,non fa venir meno il presuppo-sto dellʼesclusività per lʼotteni-mento dei benefici di cui allalegge 104/92. �
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Fisioterapisti ipovedenti
A CURA DIMARCO BONGI
Come si sa la professione difisioterapista da molti anni rap-presenta uno sbocco occupazio-nale molto interessante per i dis-abili visivi. Esiste una legislazio-ne per il collocamento obbligato-rio e ottime opportunità di suc-cesso sia nel settore pubblicoche nella libera professione.Sul piano normativo esistonoprovvedimenti in materia cherisalgono addirittura al 1927 male leggi più tutelanti sono la n.686/1961 e la n. 403/1971. Da alcuni anni tuttavia lʼacquisi-zione di tale qualifica è legataalla frequenza di un corso trien-nale universitario. Nulla da obiet-tare ovviamente su tale sceltadel legislatore. Aumentare infattile competenze e conoscenze diquesti lavoratori non può che
accrescere le opportunità dellanostra categoria.Esistono però alcuni problemiche si sono manifestati in modocrescente in questi anni. Lʼostacolo più grosso va ravvisa-to nel fatto che il corso universi-tario è a numero chiuso. Occorredunque sottoporsi ad una severaselezione nei confronti dellaquale i candidati non vedenti oipovedenti ovviamente fannouna certa fatica ad inserirsi. Ogni anno del resto le presele-zioni, in tutte le maggiori cittàdella penisola, vedono la parteci-pazione di migliaia di aspirantistudenti in fisioterapia. Un ipove-dente, per quanto supportato dafotocopie ingrandite o altri ausilitecnologici, ben difficilmentepotrà sperare di classificarsi nei
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primissimi posti della graduato-ria, visto che i posti disponibilisono sempre pochissime decine. Solo lʼUniversità di Firenze che,per la presenza dellʼIstituto“Aurelio Nicolodi”, può vantareuna consolidata esperienza nelsettore, ha concesso un certonumero di posti a riserva per idisabili visivi. Questʼanno sonostati solo cinque.Gli altri atenei italiani non preve-dono alcuna corsia preferenzialea favore dei disabili visivi e ciò,in pratica, rende pressochèimpossibile lʼaccesso ai corsi ditali candidati. Partendo allora da varie solleci-tazioni pervenute presso la pro-pria sede in sede, lʼAssociazioneA.P.R.I.-onlus si sta muovendoattivamente affinchè un tratta-mento analogo venga prestoottenuto anche in altre regioniitaliane. La richiesta appare assoluta-mente legittima e non vuoleapparire in alcun modo un privi-legio. I motivi che ne stanno allabase vertono sul fatto che lafisioterapia è una delle pochissi-me occupazioni pienamenteaccessibili ai non vedenti. Chesenso avrebbe dunque godere diuna normativa assai tutelante infase di collocamento se poi inostri candidati non riescono a
frequentare i corsi abilitanti allaprofessione? Se le cose conti-nueranno così infatti fra pochianni ci saranno moltissimi postidi lavoro disponibili ma nessunlavoratore da far assumere acausa dellʼimpossibilità di acce-dere ai corsi. Noi non chiediamo lʼesclusionedei candidati disabili dalla sele-zione ma soltanto una riserva dialcuni posti che ovviamentepotranno essere occupati daquegli aspiranti che comunqueabbiano risposto positivamentea un numero sufficente di quesi-ti preliminari.Lʼassociazione ha dunque prov-veduto ad inoltrare lettere aiMinistri della Salute e delWelfare.Ne sono scaturite risposte confu-se e contradditorie stilate da fun-zionari chiaramente poco infor-mati e scarsamente desiderosi ditrovare una soddisfacente solu-zione al problema. Si rende allora sempre piùurgente unʼazione coordinata alivello nazionale. Solo con unapressione politica originantesi dagruppi ed associazioni sparsesul territorio si potranno crearequelle condizioni necessarie peruna soluzione positiva del pro-blema a partire dal prossimoanno accademico. �