n° 26 La nouvelle leadership Pagina... · per la gestione dei crediti acquisiti diret-tamente...

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Novembre 2015

La nouvelle leadership ~ Milano ~ Tel +39.02.34930755 ~ E-mail: [email protected] Responsabile: T. Redaelli ~ Collaboratore: Marco Castrovinci ~ Art Director: Giulia Vanoli ~ Stampa: Galli & C. ~ Varese Registrazione del Tribunale di Milano N° 741 del 16-12-2008 ~ Iscrizione nel Registro degli Operatori della Comunicazione N° 17762

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Leadership

NUMERO SPECIALE PER

ALLARME FMI SUI CREDITI UE «IN ITALIA BAD BANK DIFFICILE»Possibile recuperare 600 miliardi se si scioglie il nodo delle sofferenze.

Crediti deteriorati,

mercato in fermento

Bce: banche italiane migliorate

ma resta aperto il nodo degli Npl

Fmi: sciogliere nodo crediti deteriorati libererebbe 600 mld in Eurozona

Le Bcc cedono «Npl» per 320 milioni

Legge di Stabilità:

cessioni npl triplicheranno

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Bcc: sul mercato 900 mln di npl

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L’OPINION MAKER

MERCATO ITALIANO DEGLI NPL. UNA NUOVA SPAGNA?Da ormai più di un anno il mercato italiano degli NPL è sotto i riflettori degli investitori internazionali. L’imponente ammontare di crediti deteriorati in pancia alle banche italiane e la conseguente pressione da parte della BCE verso il deleverage rendono l’Italia più che appetibile per i buyer, soprattutto quelli internazionali. Ne parliamo con Antonella Pagano, partner presso PwC, autrice di numerose ricerche sul tema non performing loan ed autorevole opinion maker nel settore.

Dott.ssa Pagano, come ormai noto, le dimensio-ni del mercato italiano degli NPL hanno rag-giunto valori decisamen-te importanti. Parliamo di 194 mld nel primo trime-stre. Quali sono i dati più indicativi circa la compo-sizione di questa massa di crediti deteriorati?È importante sottolineare come l’82% dei crediti di cui stiamo parlando siano rappresentati da crediti cor-

porate. Ciò evidenzia come il fattore scatenante del loro aumento esponenziale sia stata una vera e propria crisi industriale. Anche se il PIL ha mostrato segni di crescita nel corso del 2015 dopo 8 anni, per la vera ripresa dovremo ancora attendere.

Che tipo di operazioni possiamo attenderci a breve termine?Da circa un anno il mercato degli NPL si è rivelato “frizzante”, con operazioni che hanno riguardato soprattutto portafogli di credito al consumo e di crediti bancari chirografari. Tuttavia ci aspettiamo di vedere un incremento nel numero di operazioni con sottostante immobiliare.

Chi sono i buyer più interessati all’Italia?Si tratta nella stragrande maggioranza dei casi degli stessi player presenti nel resto d’Europa: alcuni sono specializzati nel credito chirografario, ma un numero crescente di investitori sta manife-stando forte interesse per crediti garantiti da immobili di varia ti-pologia. Le asset class più richieste sono residenziale e commercial real estate/hotel.

Sono stati spesso fatti dei parallelismi fra il mercato italiano degli NPL e quello spagnolo. Davvero esistono così tanti elementi di somiglianza?Ci sono punti di contatto e differenze sostanziali. In effetti ci si è spesso chiesti negli ultimi mesi di fermento del mercato italiano, se ci si trovasse di fronte ad una nuova Spagna. In realtà lo scenar-io spagnolo è profondamente diverso: una rilevante componente immobiliare (spesso di pertinenza di sviluppatori immobiliari),

gestita da un numero limitato di servicer di rilevanti dimensioni con ingenti volumi di asset under man-agement: i principali servicer sono di em-anazione bancaria in quanto fino a pochi anni fa quasi non esistevano servicer in-dipendenti: pertanto gli investitori hanno proceduto all’acquis-to di piattaforme per la gestione dei crediti acquisiti diret-tamente dalle banche (transazioni per circa €60 mld di credito facciale nel periodo 2012-2015) o da gestire per conto di Sareb, la Bad Bank nazionale appunto, che ha indetto una gara proprio per affidare le posizioni di cui è diventata titolare. Il parallelismo che vedo è sul dinamismo del mercato registrato in Spagna dal 2012 che, traslato di circa 3 anni, dovrebbe concretizzarsi anche nel nos-tro paese. È vero inoltre che molti investitori che hanno destinato alla Spagna cifre consistenti, adesso hanno spostato il loro radar sull’Italia per diversificare il rischio.

Il mercato italiano del servicing vede quindi una maggiore presenza di indipendenti?Ci sono state in realtà diverse acquisizioni di servicer da parte di fondi di investimento internazionali, ad esempio TRC è stata ac-quisita da Hoist Finance e CAF da Lonestar. Per tale motivo, i servicer che rimangono indipendenti sono oggetto di “corteggia-mento”. Per lo meno quelli che hanno già raggiunto una certa massa critica e sono dunque capaci di confrontarsi con interlocu-tori internazionali e banche.

Come si configura la posizione delle banche in questo contesto?Le divisioni delle banche che si occupano di gestione dei crediti problematici sono ormai sature, sia a causa dell’overload di adem-pimenti amministrativi che gli stessi si portano dietro, sia per la quantità di crediti in sé. Alcune banche hanno già intrapreso un percorso di outsourcing di parte del credito deteriorato e, con ogni

probabilità, questo fenomeno è destinato ad estendersi ad altri is-tituti, soprattutto rispetto ai crediti con ticket inferiore ad €150k.Altra tendenza, già allo studio di alcune banche, è quella della cessione di piattaforme di gestione del credito, sulla scia di quan-to sperimentato in Spagna e, nel nostro paese, da Unicredit per UCCMB e da Creval. La BCE ha posto l’accento sulla necessità per le banche di ridurre il peso del credito deteriorato sul totale degli attivi (“NPE ratio”) e di incrementare il livello di copertura delle perdite (“coverage ratio”). Se consideriamo anche la nuova normativa fiscale che permette la detrazione delle perdite su crediti in un anno e non più su cinque, il crescente appetito degli inves-titori, l’intervento del governo volto all’accelerazione delle proce-dure esecutive e concorsuali, possiamo ritenere che ci siano tutti gli ingredienti per una accelerazione del processo di deleverage da parte degli istituti bancari. In questo scenario si inserisce anche il progetto di bad bank/asset management company portato avanti dal Governo che, sebbene non ancora definito, potrebbe rappre-sentare un ulteriore elemento di accelerazione del mercato.

Se dovesse riassumere in tre parole lo scenario che si pre-figura sul medio termine?Direi tre concetti: a) accelerazione del processo di deleverage delle NPE da parte delle banche; b) crescente interesse da parte degli investitori su varie asset class; c) focus da parte delle banche sull’ef-ficientamento e miglioramento dei processi di gestione del credito deteriorato.

Redazione Leadership

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Gross NPL (€ bn) Gross NPL / Loans to Customers (%)

Gross NPLs (“sofferenze”) trend in the Italian marketBanks non-performing loans (Gross NPL)

56%NPL Coverage ratio Top 20 Banks as of 31-12-2014

Gross NPL breakdown as of 31-03-2015 (1)

Gross NPL breakdown as of 31-03-2015

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Secured NPL

UnsecuredNPL

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Corporate

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(1) Secured by mortgage and / or pledgeSource: PwC analysis on Bank of Italy Bollettino Statistico (Bollettino II Trimestre 2015) and ABI Monthly Outlook (July 2015)

NPL assets Market players

Banks Servicers InvestorsNPLs

Italian NPL market players – Top 5 Italian Banks + BCC and OthersGross NPLs as of 2Q 2015 (1)

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Total GBV (€ bn) # Deals

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(1) BCC-CR data refers to 31/03/2015Source: Banksʼ annual statements and PwC analysis

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Top 5 Italianbanks by

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Total NPL Market €194bn

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NPL assets Market players

Banks Servicers InvestorsNPLs

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Novembre 2015 3Pag.

CREDITI PROBLEMATICI

GESTIONE IN HOUSE, CESSIONE, BAD BANK?Il tema della creazione e configurazione di una “bad bank nazionale” continua, fra alti e bassi, ad essere al centro del dibattito, soprattutto a livello delle istituzioni internazionali. Raccogliamo il parere del Dott. Francesco Tuccari, Vice Presidente di Fire Group S.p.A., con una più che ventennale esperienza nel settore bancario.

D. Dott. Tuccari, quali sono gli orientamenti sul tema?R. Uno studio del FMI, pubblicato lo scorso Set-tembre, che ha quantifica-to il totale delle sofferenze nell’Eurozona in una cifra pari a circa € 1.000 mld, individua criticamente la causa primaria del feno-meno nella “incapacità” dimostrata dall’Europa, rispetto ad altre zone del mondo ed anzitutto gli

U.S.A., di adottare in modo convinto delle politiche di svi-luppo dirette a contrastare il lungo e severo ciclo economico recessivo avviatosi sin dal 2008. Oltre a segnalare il pericolo dell’instaurarsi di un ciclo negativo di autoalimentazione, lo studio sottolinea come l’utilizzo convinto di misure dirette a risolvere il problema degli NPL sia la premessa per l’avvio di un ciclo economico espansivo, basato sulla ripresa delle componenti della domanda, ossia investimenti e consumi. Lo studio individua inoltre la “strumentazione” per lo sbloc-co della situazione: (i.) un più incisivo svolgimento dell’at-tività di vigilanza da parte delle Autorità di controllo sulle banche per spingerle all’emersione e alla corretta valutazione di tali asset; (ii.) l’adozione, da parte dei governi, di misure fiscali che rapportino in modo inversamente proporziona-le la dimensione della deducibilità delle rettifiche effettuate dalle banche con “l’anzianità” dei crediti problematici; (iii.) la velocizzazione dei procedimenti esecutivi per il recu-pero giudiziale dei crediti non performing; (iv.) lo sviluppo di mercati/titoli NPL, cioè misure di securitisation dei crediti problematici, con la loro trasformazione in strumenti finan-ziari standardizzati e la creazione di ambienti che ne favori-scano gli scambi organizzati. In quest’ultima categoria viene ricompresa anche la creazio-ne di una bad bank o di una AMC (asset management com-pany), cioè una entità diretta ad agevolare questo passaggio fra “titoli” ed investitori istituzionali.

D. Qual è la sua opinione in merito alla creazione della bad bank? R. La bad bank si pone rispetto agli NPL in un rapporto di funzionalità risolutiva, e cioè – per dirlo con una metafora – nello stesso rapporto in cui una medicina si pone rispetto alla malattia. Non gode però del carattere dell’esclusività, perchè pur essendo un valido strumento di intervento, non è da solo capace di risolvere tale criticità. Verosimilmente si tratta di un elemento di contrasto che, per esercitare in modo ottimale le sue “capacità terapeutiche”, richiede che in via preliminare trovino prima attuazione le altre condizioni: una più decisa attività di vigilanza, l’adozi-one di politiche fiscali che contrastino l’aging di questi credi-ti, una modernizzazione spinta delle procedure esecutive. Ecco, ed è proprio qui che invece compare il carattere “nazionale” della questione: purtroppo tutti questi elementi costituiscono l’elenco delle fragilità che caratterizzano il nostro Paese, come ben sanno gli operatori del settore.

D. Come è noto, i crediti problematici non sono sta-ti adeguatamente garantiti dalle banche dal punto di vista della copertura dei relativi rischi. Pensa che in ra-gione di ciò la prospettiva della creazione di una bad bank nazionale sia lontana? R. A mio parere l’operazione di “pulizia” non è ancora stata completata. Ne è prova un dato: nel corso del primo semes-tre del 2015 sono state portate a compimento da parte delle banche in favore di investitori specializzati, cessioni di porta-fogli di crediti in sofferenza per circa €5 mld; considerando le successive operazioni già concluse e quelle in pipeline, si stima che l’intero 2015 possa chiudersi su un valore comp-

lessivo compreso fra i €9 ed i € 10 mld. Si tratta di un valore importante, superiore all’insieme di tutte le cessioni fatte nei due anni precedenti del 2013 e 2014 dove non si arrivò ai €7 mld, ma comunque insufficiente a fronteggiare i valori che ho appena ricordato.

D. Vuol dire che non è stato ancora raggiunto un equilibrio fra i prezzi di domanda e di offerta di questi crediti?R. È proprio questo il punto. Facciamo due conti molto semplici. Ad oggi, il coverage ratio di sistema delle sofferen-ze è del 57%; per una loro cessione “indolore” rimarrebbe dunque da coprire il complementare 43%. Siccome non è facile immaginare un prezzo d’offerta per l’acquisto di tali crediti superiore – nel migliore dei casi – ad un 15/20%, rimane “scoperto” un 20/23% (100-57-20= 23%) che, ap-plicato al monte valore di tale categoria di crediti proble-matici (a luglio 2015: €197 mldi), equivale ad un deficit di circa € 40/45 mldi. La determinazione di quanto potrebbe poi esser richies-to per portare a compimento un’analoga manovra sugli incagli porta, con un facile calcolo, ad un risultato eco-nomicamente ancor più penoso per i potenziali cedenti.In buona sostanza, se le banche dovessero cedere agli at-tuali prezzi di mercato le sofferenze in essere nei loro stati patrimoniali dovrebbero, allo stato, accettare una perdita secca complessiva nell’ordine di una cifra equivalente a due anni di esercizi brillanti: infatti, negli anni migliori pre-crisi, il sistema bancario italiano produceva, nella sua interezza, un risultato economico positivo consolidato nell’ordine di € 20/22 mld. L’ipotesi così come presenta-ta è impraticabile. Da qui l’esigenza di una bad bank cui affidare un duplice compito. Da un lato, come si dice in finanza, “comprare tempo”, cioè consentire alle banche cedenti di affrontare il peso delle eventuali minusvalenze in un arco di tempo più am-pio, diciamo far i 7 ed i 10 anni. Dall’altro, cercare di valorizzare, tempo per tempo, le varie tipologie di crediti ricompresi all’interno delle sofferenze. Così, ad esempio, “rivitalizzando” il valore delle garan-zie immobiliari escusse nei c.d. crediti secured (ipotecari) anche grazie all’ausilio di operatori di settore (società di investimento immobiliare, società di intermediazione, etc..) per poi procedere a cessioni mirate oppure – per un segmento opposto qual è quello dei crediti unsecured (chirografari) - “costruendo” titoli obbligazionari rappre-sentativi diversi profili di rischio/rendimento coerenti coi diversi risk-appetite degli investitori qualificati (dai Fondi Alternativi ai Fondi Pensione).

Si tratta di processi già avviati dai due principali gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo e Unicredit) attraverso la creazione di vere e proprie “bad bank” di gruppo, re-alizzate con lo scorporo di parte dei crediti problematici dal perimetro aziendale ed il conferimento a nuove entità frutto di joint-venture con principali operatori internazi-onali di settore.

D. E la partecipazione pubblica?R. Ecco, quella è davvero la cosa più complessa da assi-curare.La Direzione Libera Concorrenza della Commissione Europea sembra avere più di una riserva sulla soluzione avanzata dal nostro Governo, perché teme l’intervento – in forma indiretta – di aiuti di Stato, oggi non più utiliz-zabili in questo settore.

D. Eppure nel passato questi interventi ci sono stati ed in misura anche rilevante.R. Si, è così. Personalmente ritengo che sia stato un errore non fare anche noi questa scelta al tempo in cui l’hanno fatto, e con risultati soddisfacenti, altri Paesi come l’Ir-landa o la Spagna; e ciò anche senza seguire la via più estrema del riacquisto del controllo delle banche in dif-ficoltà direttamente da parte dello Stato per poi succes-sivamente ricederlo al mercato, come fatto dalla Gran Bretagna, l’Olanda, il Belgio, la Francia e, in parte, la stessa Germania.

D. È prevedibile un esito in questo confronto con l’Autorità Europea? R. Difficile a dirsi; quello che è certo è che in ognuno dei possibili scenari – il permanere di questi portafogli di NPL in mano alla banche, le ulteriori cessioni a tratta-tiva privata a grandi Investitori, il loro conferimento ad una bad bank – il ruolo delle società di debt collection è comunque destinato ad essere sempre più rilevante, col crescere sia della dimensione dei valori in gioco sia della strategicità del conseguimento dei target di recupero. Da questo punto di vista sarebbe auspicabile che questa opportunità oggi a noi offerta si traduca in un upgrading basato non soltanto sulle economie di scala dovute ad un pur prevedibile processo di consolidamento fra le imprese del settore, ma anche ad un vero e proprio salto di qualità basato su innovazioni di processo. Credo che sia questa la vera sfida che ci aspetta.

Redazione Leadership

www.leadershipmagazine.it4Pag. Novembre 20154Pag.

Fire S.p.A. Sede Legale e Direzione Generale98124 Messina, via Bonsignore, 1phone +39 090 77821fax +39 090 7782200e-mail: [email protected] www.firespa.it

LA SOCIETÀ LEADER ITALIANA NEL SETTORE DELLA TUTELA DEL CREDITO RAFFORZA LA SUA STRUTTURA MANAGERIALE PER AFFRONTARE NUOVE OPPORTUNITÀ DI CRESCITA

Messina, 28 ottobre 2015 – Il Consiglio di Amministrazione di Fire S.p.A., azienda leader italiana nel settore della Tutela del Credito, che si è riunito ieri sotto la presidenza di Sergio Bommarito, ha deliberato la nomina di Claudio Manetti quale nuovo Amministratore Delegato.Claudio Manetti, manager di 55 anni, già Direttore Generale e Amministratore Delegato di Leasys, vanta una lunga espe-rienza nei servizi finanziari alle aziende e ai privati, sviluppata all’interno del Gruppo Fiat e maturata in ambito nazionale ed internazionale. “Fire ha grandi potenzialità di sviluppo, ma per affrontare con successo le sfide e le opportunità che si presenteranno nei prossimi mesi, è necessario strutturare i processi aziendali e avere modelli di Governance congrui. Ab-biamo scelto Claudio Manetti – afferma il Presidente Sergio Bommarito – perché lo riteniamo la persona più adeguata a

innovare il nostro modello di busi-ness e guidare la crescita della nostra azienda, che non può accontentarsi della leadership italiana nel settore della Tutela del Credito, ma deve diventare un Global Service nella Gestione del Credito. Sono anche certo che il nuovo Amministratore Delegato, grazie alle sue esperienze e alla sua sensibilità e cultura del “servizio”, della “qualità”, dell’ef-ficienza, saprà confermare nella piena continuità aziendale, i valori e le modalità operative che hanno caratterizzato l’attività di Fire SpA, sempre attenta alle esigenze dei suoi clienti.” “Fire – ha dichiarato Claudio Ma-netti – ha progetti molto ambiziosi, sia in termini di crescita che di svi-luppo di nuovi servizi, per aggredi-re con successo il mercato italiano e internazionale. Ho accettato di gui-

dare questa società, a fianco di Sergio Bommarito che conosco e stimo da anni, perché sono certo delle sue potenzialità e dei successi che ne deriveranno.”La nomina del nuovo Amministratore Delegato, che segue un rafforzamento della Governance di Fire S.p.A. attraverso la co-stituzione di un CdA con membri indipendenti, la costituzio-ne di un Comitato Rischi e Risorse Umane e l’assunzione di nuovi manager con esperienze in aziende multinternazionali nei ruoli di Direttore Finanziario e Direttore Risorse Umane, permetterà a Fire S.p.A. di avere una solida struttura manage-riale per sostenere lo sviluppo e l’internazionalizzazione, previ-sti nel Piano Industriale. Il Presidente Sergio Bommarito oltre alla rappresentanza legale continuerà a curare le relazioni commerciali.

Redazione Leadership

Claudio Manetti e Sergio Bommarito

ATTENTI A QUEI DUE!

Claudio Manetti, nato a Torino nel 1960, laureato in Scienze Politiche indirizzo Economico, vanta una lunga esperienza nel Gruppo Fiat, dove inizia la sua carriera nel 1986 all’interno della Divisione Marketing di Sava Leasing. Ha ricoperto svariati incarichi in Fiat Sava per poi assumerne, nel 1999, la responsabilità del Custo-mer Relationship Management, che inglobava le attività di collection. Nel 2007 il passaggio a Fiat Group Automobiles Financial Services (attuale FCA Bank) come re-sponsabile Marketing & Sales della nuova Joint Venture tra Fiat e Credit Agricole. In seguito, dal 2008 al 2011, come Credit & Cu-stomer Manager di FGA Capital per il mercato Italia. Dal dicembre 2011 è stato Amministratore Delegato e Direttore Generale di Leasys S.p.A.

LE MIGLIORI PERFORMANCE SI RAGGIUNGONO CON LA LEGGE DELL’EQUILIBRIO

E FIRE RISPETTA QUESTA LEGGE

FIRE SPA NOMINA CLAUDIO MANETTI NUOVO AMMINISTRATORE DELEGATO