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musica & terapia numero 8 direttore editoriale Gerardo Manarolo comitato di redazione Claudio Bonanomi Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri Alfredo Raglio Andrea Ricciotti segreteria di redazione Ferruccio Demaestri comitato scientifico Rolando O. Benenzon Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna Giovanni Del Puente Sez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche Università di Genova Denis Gaita Psichiatra, Psicoanalista, Milano Roberta Gatti Direttore Sanitario A.N.F.F.A.S., Sez. di Genova Franco Giberti Psichiatra, Psicoanalista, Università di Genova Marco Iacoviello Consulente Teatro Carlo Felice, Genova Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia Giandomenico Montinari Psichiatra, Psicoterapeuta, Genova Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Bologna Oskar Schindler Ordinario di Foniatria, Università di Torino Frauke Schwaiblmair Istituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania Segreteria di redazione: Ferruccio Demaestri • C.so Don Orione 7, 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347/8423620

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musica & terapianumero

8direttore editorialeGerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio BonanomiMassimo Borghesi

Ferruccio DemaestriAlfredo Raglio

Andrea Ricciotti

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. Benenzon

Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Leslie Bunt Università di Bristol,

Gran Bretagna

Giovanni Del PuenteSez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche

Università di Genova

Denis GaitaPsichiatra, Psicoanalista, Milano

Roberta GattiDirettore Sanitario A.N.F.F.A.S., Sez. di Genova

Franco GibertiPsichiatra, Psicoanalista,

Università di Genova

Marco IacovielloConsulente Teatro Carlo Felice, Genova

Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra

Infantile, Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria,

Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale

e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania S

egreteria di redazione: Ferruccio Dem

aestri • C.so Don Orione 7, 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347/8423620

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pag 1Editoriale

pag 2Gli Istituti Superiori di Studi Musicali e la formazione in Musicoterapia… paradigma e curriculum musicale…Maurizio Spaccazocchi

pag 10Dialogo riabilitativo fra la Musicoterapia e l’età evolutiva Pier Luigi Postacchini, Andrea Ricciotti

pag 20Musicoterapia e riabilitazione in età evolutivaRaffaele Burchi, Maria Emerenziana D’Ulisse

pag 25Musicoterapia e psicomotricità:un’integrazione possibileRita Meschini, Paola Tombari

pag 29L’intervento di musicoterapia nella psicosi Roberto Messaglia

pag 34Terapia sonoro-musicale nei pazienti in coma:esemplificazione tramite un caso clinicoGiuseppe Scarso, Alberto Ezzu

pag 40Musicoterapia preventiva e profilassi dellagravidanza e del puerperioFrancesca Pasini, Alessandra Auditore

pag 45Musicoterapia e disturbi comunicativo-relazionali in età evolutivaFerruccio Demaestri

pag 54Recensioni

pag 58Notiziario

pag 60Articoli pubblicatisui numeri precedenti

pag 62Norme redazionali

sommario

8numero

Edizioni CosmopolisCorso Peschiera 320

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Gerardo

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Nell'Ottobre di quest'anno si terrà a Rimini (3-5/10/03,Centro Congressi Europeo, Bellaria Igea Marina-Rimi-ni) il V Congresso Nazionale di Musicoterapia ConfIAM(organizzato dall'Apim). Le giornate di studio sonodedicate alla ricerca (Quale scientificità per la musico-terapia: i contributi della ricerca). Ulteriori informa-zioni in merito sono ospitate nel nostro notiziario.Colgo l'occasione per rammentare il percorso svoltodalla Confiam in quasi dieci anni di vita (la Confiam ènata nel 1994). Dopo aver progressivamente riunito leassociazioni e le scuole di musicoterapia maggiomen-te rappresentative a livello nazionale, la Confiam hapromosso nel 2001 il primo esame d'idoneità profes-sionale e la nascita dell'Associazione Professionale cheriunisce i professionisti della musicoterapia (AIM). Affrontiamo ora gli articoli di Musica&Terapia. Il secondo numero della nostra rivista ospita in granparte contributi e relazioni presentate in occasionedi Congressi e Seminari di studio. L'articolo di Mau-rizio Spaccazocchi, presentato al Convegno "Musico-terapia e Conservatori" (Genova 2002), prende spun-to dall'annunciata riforma dei Conservatori e dallaconseguente apertura a nuovi curricula formativi (fracui quello musicoterapico), per descrivere un ipoteti-co percorso formativo musicale pertinente e adegua-to alla professione musicoterapica. I contributi di PierLuigi Postacchini e Andrea Ricciotti, Raffaele Burchi eMaria Emerenziana D'Ulisse, Rita Meschini e PaolaTombari sono stati presentati al Convegno "La musi-coterapia nella riabilitazione dell'età evolutiva" (Por-to Potenza Picena 2002). Se Postacchini e Ricciottinella loro relazione (Dialogo riabilitativo fra la musi-coterapia e l'età evolutiva) "intendono fotografare lostato dell'arte relativo al complesso tema affrontato",i contributi successivi descrivono due esperienze cli-niche ricche di valenze riabilitative. Nel Novembre2002 si è tenuto presso il Conservatorio Giuseppe Ver-di di Torino il Convegno "Le applicazioni della musi-coterapia: ambiti d'intervento e aspetti formativi". Lerelazioni di Messaglia e di Pasini ed Auditore sonostate presentate in quell'occasione. Come emerge daicontributi il convegno ha cercato di sollecitare una ri-flessione non solo sugli aspetti applicativi ma anchesui connessi aspetti formativi.L'articolo di Giuseppe Scarso e di Alberto Ezzu, rela-tivo alle applicazioni nei pazienti in coma, esprime,come il precedente contributo di Messaglia, un'im-postazione medico-scientifica nello sforzo di verifi-care e quantificare i processi in corso. L'ultimo con-tributo, Ferruccio De Maestri, propone tematiche eriflessioni senz'altro pertinenti al rapporto fra musi-coterapia e riabilitazione dell'età evolutiva.

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In the old and traditional system of study inmusic, the different musical professionist wereall trained by a unic paradigm.At present every musical activity is supposed tobe connected to his peculiar study’s path andtheoric rules. The paper is wondering about themost pertaining one in order to trayn a music-therapy activity.

Nel vecchio e tradizionale sistema di studi inmusica le varie professionalità musicali venivanotutte formate sulla base di uno stesso paradigmateorico: il compositore, lo strumentista, il can-tante, il musicologo, si realizzavano su nozioni,conoscenze, alfabetizzazioni, sintassi, grammati-che, storie, teorie e concetti estetici ritenuti ido-nei alla loro, se pur molto diversa, operatività.Oggi, al contrario, si va costituendo sempre piùforte l’idea che ogni operatività musicale sia ine-vitabilmente connessa a un paradigma, a un suopiù pertinente, prioritario e mirato percorso distudi e di riferimenti teorici.

Questo vuol dire che nel futuro degli I.S.S.M.(Istituti Superiori di Studi Musicali, previsti dallalegge di riforma 508/99) si caratterizzeranno sem-pre di più formazioni professionali musicali sullabase di modelli di riferimento diversi, più specificialle finalità stesse delle diverse professioni.

E ciò sarà tanto più vero quanto più gli I.S.S.M.sapranno aprire le porte a “nuove” o “altre” ope-ratività, come ad esempio, quella di cui stiamoparlando: la professione Musicoterapeutica.

Quindi, nel momento in cui gli Istituti Superioridi Studi Musicali potranno formulare un rappor-to, una convenzione con la CONFIAM, Confede-razione Nazionale delle Associazioni di Musicote-rapia (e le Università), tutti dovremo saperrispondere alla seguente domanda:

Nel vecchio

e tradizionale

sistema di studi

in musica le varie

professionalità

musicali venivano

tutte formate

sulla base

di uno stesso

paradigma

teorico

Gli Istituti Superiori di Studi Musicalie la formazione in Musicoterapia… paradigma e curriculum musicale…*

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rizio Sp

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onservatorio di Pesaro

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un essere musicalmen-te vitali, la seconda po-tremmo definirla comeun essere socialmentemusicali. Queste duedimensioni del vissutosonoro e musicale

umano possono anche trovarsi, a volte, in nettocontrasto, fra ciò che è utile musicalmente allavita e ciò che invece è utile alla relazione sociale.In altre parole, l’operatività in musicoterapia nonpuò fare a meno di osservare e analizzare unaidentità musicale che scaturisce originariamenteda una musicalità in sé, mirata alla promozionedella vita. Una musicalità che, poi di seguito, do-vrà inevitabilmente andare ad incontrarsi (escontrarsi) con una musicalità fuori di sé, dettatada norme e costumi sociali che disattendonosempre più le urgenze vitali primarie (cfr. M.Spaccazocchi, P. Stauder, Musica in sé, ed. Quat-troventi, Urbino, 2002).

• Senso-azioneDa questa dimensione biografica musicale, si puòchiaramente notare come l’essere umano sia pie-namente coinvolto in attività di senso-percezio-ne e di azione-produzione nei confronti delsuono e della musica. Perciò l’uomo, nel mettere in atto queste suesenso-azioni ci permetterà subito di capire quan-to sia ricca o meno, in sé, la presenza di efficien-ti organi di senso da una parte e, dall’altra, quan-to sia ricca o meno la presenza efficace di tutti isuoi aspetti fisico-motori.Ma in questa direzione si può pure formulare l’i-potesi che tutti gli atti di senso e di azione, cheun essere umano potrà attivare nei confrontidella materia sonora e musicale, vengono prima-riamente percepiti e vissuti come eventi-sostan-za, cioè come fatti indicatori di una energia, diuno spazio e di un tempo tipici di ogni dimensio-ne biologica e fisica.

“Quale paradigma mu-sicale è più pertinen-te per formare unaoperatività in musico-terapia?”

Cercherò subito di dareuna risposta a questa domanda.Per poter definire un modello di studi musicali,non si può non prendere in considerazione il tipodi Identità musicale dei probabili soggetti chepotranno fare uso di questa operatività musicale;operatività che noi stiamo ipotizzando di collo-care all’interno di una riconosciuta e storica isti-tuzione di Stato come appunto è quella degli (ex)Conservatori o prossimi I.S.S.M.

Dai tanti studi e dalle tante indagini svolte inmerito all’identità musicale (cfr. Io-tu-noi: iden-tità e diversità, Quaderni di musica applicata, n°17, P.C.C., Assisi, 1995, a cura di M. Piatti), noisappiamo oggi che il modello di studi musicalipiù pertinente e prioritario alla formazione inmusicoterapia deve saper prendere in considera-zione almeno i seguenti parametri:

• Vissuto sonoro musicaleQuesta dimensione connessa alla biografia musi-cale umana (cfr. La ricerca del significato di J.Bruner, ed. Bollati Boringhieri, Torino, 1992, e glistudi sulla biografia svolti da D. Demetrio dell’U-niversità di Milano) comprende tanto il vissutoprenatale del feto e postnatale materno del neo-nato (es. stili prenatali, contrazioni e rilassamen-ti, gesti-suono, vocalità preverbali, intonazioni,versi, ecc.: cfr. le tante pubblicazioni sull’espe-rienza sonora prenatale di A. Tomatis) quantoquello sociale (l’homo musicus nelle varie musi-calità dettate dal sociale: cfr. Musica: umanaesperienza, M. Spaccazocchi, ed. Quattroventi,Urbino, 2001). Quindi se la prima fase potremmo definirla come

Ogni operatività musicale

è inevitabilmente connessa

a un paradigma

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Qui ci si interessa principalmente di andare aricercare un qualsiasi legame fra i precedentipunti, il contesto all’interno dei quali si sonoattivati (momenti di vita quotidiani, setting,laboratori) e i problemi-bisogni che, da unapreliminare e approfondita anamnesi generalee musicale, potranno emergere nel soggetto onei soggetti che si sono promossi attraverso gliaspetti descritti nelle interpret-azioni a, b, c.

• Analisi, valutazione e valorizzazioneA questo punto il percorso permette di svolgereuna analisi di tutti questi aspetti interpret-attivi,che permetteranno di comprendere la ricchezza ola povertà delle modalità usate in rapporto alletipologie attivate e alle condotte evidenziate. I risultati di questi percorsi interpret-attivi saran-no quindi poi riletti sulla base dei problemi-biso-gni di ogni soggetto preso in considerazione. Daquesta comparazione si potranno notare azionicoerenti o incoerenti rispetto allo stato-problemadel soggetto o del gruppo. Azioni che, in base aquesto più o meno evidente grado di coerenza oincoerenza, potranno passare attraverso un’otticagerarchico-valutativa (indurre verso azioni di rin-forzo) o un’ottica valorizzante (indurre versoazioni di facilitazione).

• Ipotesi e formulazione dell’interventoIl percorso che sino a questo momento ho indica-to sinteticamente, è chiaro a tutti che nasce dauna iniziale, attenta e approfondita osservazionedei comportamenti musicali e generali umani e,da questa osservazione, il percorso stesso può tor-nare a riformularsi su una programmazione ope-rativa musicale che dovrà, naturalmente, tenereconto dei risultati raccolti in rapporto allo stato-problema del soggetto. Ecco perché il percorso, di volta in volta ripropo-sto, offrirà, data la sua ampia gamma di inter-pret-azioni realizzabili, una serie infinita di solu-zioni che permetteranno al soggetto e all’opera-

Quindi, ben prima dei tradizionali parametri sono-ri codificati dalle occidentali grammatiche musi-cali, si intravede una percezione più globale, piùsenso-motoria, più sinestesica, meno atomizzata.

• Interpret-azioni Sulla base di questo complesso vissuto fatto sia disensi e di azioni sonore e musicali primariamenteintese come sostanze energetiche che si muovo-no nel tempo e nello spazio biologico e fisico,l’essere umano dà il via, tanto alla sua grandecapacità di interprete (attribuire un senso ai suoivissuti percettivo-musicali), quanto alle sue dotidi attore (praticare suoni e musiche che, in varimodi, possono essere lette come metafora dellesue condizioni psicofisiche).Da queste interpret-azioni musicali abbiamo lapossibilità di individuare ed esaminare i seguentialtri aspetti:a) Modalità delle interpret-azioni

Aspetti che ci aiutano a capire con qualemezzo “linguistico” o “prelinguistico” l’inter-pretazione o l’azione musicale siano statepromosse dal soggetto: tonomuscolare pri-mario, motorio-gestuale, auditivo, olfattivo,tattile, visivo, sinestesico, sonoro-musicalevocale e/o strumentale, ecc.

b) Tipologia delle interpret-azioniAspetti che fanno riferimento sia ai livelli diconvergenza o di divergenza dell’interpret-azione rispetto agli elementi musicali presi inconsiderazione, sia alla messa in atto di un fareimprovvisativo, imitativo (o per lettura), ecc.

c) Condotta delle interpret-azioniAspetti che si interessano della finalità, più omeno cosciente, che si può ipotizzare o intra-vedere come scopo da raggiungere da partedel soggetto interpret-attore: emotiva,comunicativo-relazionale, ludica, simbolica,evocativa, patologica, ecc.

d) Rapporto fra soggetto, interpret-azione, con-testo

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della psicologia e della psichiatria.

La collocazione di questo modello musicale distudiOra, negli attuali studi musicali, un modello simi-le, corrispondente o comunque condivisibile,sembra essere presente solo all’interno delleScuole di Didattica della Musica, attive nei nostriConservatori dall’ormai lontano 1969.Ecco quindi individuata una eventuale e perti-nente sede scolastica all’interno della quale farconvergere tutte le competenze relative alle areemusicali, mediche, psicologiche e musicoterapeu-tiche, anche con l’intento di dar vita, nel prossi-mo futuro, ad un Dipartimento di Scienze dellaFormazione Musicale, che potrebbe appunto con-tenere corsi di Laurea accademica e di LaureaSpecialistica o Master class mirati al migliora-mento professionale degli insegnanti di Educazio-ne Musicale, di Strumento nella scuola di base osuperiore (medie, medie ad indirizzo musicale,liceo musicale), degli Animatori musicali inseritiin contesti o comunità sociali e, naturalmente,degli Operatori in Musicoterapia. Questo progetto è da anni stato indicato e pre-sentato da molti docenti di tante Scuole diDidattica italiane in varie pubblicazioni e all’in-terno di convegni nazionali, anche in sintonia congli ideali di autonomia didattica presenti nellalegge di riforma 508/99.

Le discipline musicali per la musicoterapiaNel fare un ipotetico elenco relativo al contribu-to musicale che gli I.S.S.M. potranno offrire allaMusicoterapia, debbo subito dire che le disciplinemusicali che indicherò come pertinenti e priorita-rie a questa operatività, hanno un senso e unvalore solo nel momento in cui sapranno sinto-nizzarsi all’idea di un modello musicologico, senon identico, almeno simile a quello che prima hoindicato sinteticamente sulla base prioritaria delVissuto Sonoro e Musicale Umano.

tore di riformularsi sempre più sul piano umano,terapeutico e operativo-musicale.

• Prassi, analisi, riformulazione, prassiDa questo momento in avanti, quindi, secondouna metodologia basata su una prassi seguita dauna analisi e da una riformulazione ragionata emotivata di una nuova prassi, si creerà il nostromodello teorico interamente aderente e pertinen-te alla nostra operatività. È naturalmente chiaro che, per poter svolgere nelmodo più corretto ed efficace questo tipo dimodello operativo generale, l’operatore dovràavvalersi del concorso paritario di un sapere esaper fare, di un sapere essere e un saper far farefrutto di competenze provenienti pure da aspettitipici del mondo medico e psicologico.

In altre parole, il modello musicologico più utileall’operatività musicoterapeutica ritengo che debbaoffrire, oltre ad una visione biologica e antropolo-gica musicale di base (cfr. M. Disoteo, Antropologiadella musica per educatori, ed. Guerini, Milano,2001), strategie in merito all’osservazione, all’anali-si e alla valutazione e valorizzazione di ogni aspet-to sonoro-musicale tipico di quella specifica identi-tà umana, intesa come insieme di vissuti individua-li, sociali e universali. Una identità che, come ho accennato, provieneda espressività sonore e musicali che toccanotanto la dimensione prenatale e materna quantoquella sociale e culturale. Si tratta perciò di dare la possibilità di giungerealla formulazione di una approfondita anamnesisonoro-musicale del soggetto che, unita allaanamnesi “generale” possa permettere, all’equipee all’operatore in musicoterapia, di definire nelmodo più pertinente e prioritario al caso specifi-co, quali musiche e quali musicalità mettere in“movimento” sulla base di consigli metodologiciprovenienti dai settori della prevenzione, dellariabilitazione, della medicina, della pedagogia,

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5) Pratiche vocali e fisiologia della voce (Docenti di coro della Scuola di Didattica)

6) Tecniche di manipolazione di strumenti:aerofoni, cordofoni, membranofoni,metallofoni,xilofoni,elettrofoni.

Questa sesta e ricca fascia di pratiche strumenta-li comprende un vasto numero di lezioni (con varidocenti) e di studio personale sulle tante catego-rie di strumenti musicali: da quelli colti a quellipopolari, da quelli etnici a quelli didattici, daquelli naturali a quelli artificiali, con lo scopo difornire all’operatore in musicoterapia il maggiornumero di modalità strumentali utili per pratica-re relazioni e progetti di lavoro con le varie tipo-logie dell’handicap. Non si tratta quindi di giungere a pratiche esecu-tive concertistiche, tipiche della tradizionale for-mazione strumentale attiva nei Conservatori, madi permettere un’ampia ricchezza manipolatoria ecreativa sugli “attrezzi” musicali, esaltando le tat-tiche tipiche dell’improvvisazione libera e suschemi dati. A tal fine potranno essere utilizzatigli attuali docenti di Lettura pianistica dellaScuola di Didattica, e tutti gli altri docenti distrumento presenti negli I.S.S.M., interessati alprogetto di musicoterapia e disposti a proporrecondotte strumentali senso-motorie, simboliche egiochi di regole rispettose primariamente di unmodello musicologico umano almeno simile aquello che sin dall’inizio ho qui cercato di sinte-tizzare. 7) Laboratori di musica d’insieme Per approfondire la precedente dimensione stru-mentale si potranno organizzare laboratori dimusica di insieme sulla base di tecniche estempo-ranee utili alla manifestazione metaforica delleproprie emozioni, all’esercizio simulato delle rela-zioni umane, degli stati affettivi e psicomotori

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Ecco un’altra importante ragione per la qualeritengo più giusto contenere all’interno della (ex)Scuola di Didattica della Musica (o nuovo Diparti-mento di Scienze della Formazione Musicale) que-sto eventuale progetto di formazione musicotera-peutica: per assicurare e verificare l’aderenza ditutte le discipline musicali a un simile modellomusicologico, di chiara impronta umana, tra l’altrocondivisibile sia dai progetti di educazione musica-le e sia da quelli di animazione musicale.

A questo punto, perciò, mi limiterò ad indicare ireali (e non ipotetici) contributi disciplinari chegià sin da oggi potrebbero essere attivi all’internodi questa collaborazione, senza comportare unaulteriore spesa per gli I.S.S.M. (cosa, questa, dinon poco conto). Al contrario, una ulteriore spesa, dovrà essereinvece prevista, sottoforma di contratto, sia pertutti gli insegnamenti relativi alle competenzemusicali non presenti negli attuali conservatori(un esempio per tutti: Danzaterapia), e sia perquelle mediche, psicologiche, musicoterapeuti-che, laboratoriali, di tutoraggio o di supervisioneper completare, appunto, la formazione profes-sionale di questa operatività.Veniamo ora quindi alle reali discipline che gliattuali Conservatori potrebbero offrire ad un ipo-tetico Corso di studi in Musicoterapia, unitamen-te alla indicazione della probabile categoria didocenti, attualmente in ruolo, che potrebberomaterialmente espletarle: 1) Pedagogia e psicologia della Musica

(Docenti di Pedagogia della Musica dellaScuola di Didattica)

2) Pratiche della composizione, dell’arrangia-mento e dell’improvvisazione (Docenti di Composizione della Scuola diDidattica)

3) Fisica Acustica e percezione umana4) Multimedialità musicale

(Docenti di Musica elettronica)

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ipotizzabili in base al coinvolgimento attivo deivari soggetti in stato di handicap. Gli attuali docenti di Composizione o di Corodella Scuola di Didattica della Musica potrebberoessere coinvolti anche in questa fascia musicaleoperativa. 8) Ascolto e analisi musicale

(Docenti di Storia della Musica della Scuoladi Didattica)

In questo senso l’ascolto analitico di musiche diogni genere ed epoca, per essere più pertinente eprioritario all’operatività di cui stiamo trattando,non potrà affidarsi a “nude” e “crude” analisi for-mali o strutturali, ma piuttosto affidarsi ad unaanalisi semiologica che sappia collegare i variparametri musicali o i tanti singoli elementi sono-ri al maggior numero di comportamenti mentali efisici che ogni essere umano, sia esso più o menonormodotato, può far scaturire dal suo comples-so e articolato vissuto sulle esperienze musicali.

Tutte le altre discipline non comprese all’internodi questa offerta musicale dovranno essere indi-cate secondo il protocollo CONFIAM. Inoltre, ogni collaborazione fra I.S.S.M. e la CON-FIAM (e pure le Università) potrebbe subire varia-zioni nei diversi contesti geografici, in rapporto alladisponibilità dei docenti e alla presenza in ruolo dicerti insegnamenti o discipline: in questo caso lepossibili variazioni dovranno comunque essererispettose del protocollo CONFIAM e dei decretiattuativi che in base alla legge di riforma 508/99impegneranno le nuove istituzioni musicali.

Titolo di studio da attribuire a questa profes-sionalitàCredo che ora sia giunto il momento di porci que-sta seconda domanda: “In rapporto alla possibile spendibilità dell’ope-ratività musicaterapeutica a livello sociale,quale appropriata durata prevedere per questocorso di studi?”

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Credo che il percorso di studi di questa operativi-tà debba dipendere anche dalla ipotizzabile clas-se di stipendio che una simile professionalitàpotrà acquisire nei vari contesti socio-operativi. In altre parole, non si potrà pensare ad un per-corso di studi troppo breve o troppo ampio rispet-to a questa ipotetica classe di stipendio. Quindi, pensando di equiparare questa professio-nalità alla classe stipendiale, per esempio, dell’at-tuale infermiere professionale, dovremmo ipotiz-zare un curriculum di studi che, dopo le scuolemedie superiori (o meglio ancora dopo i già pro-gettati Licei musicali), si completi in una primaLaurea accademica triennale.Ulteriori aspetti da non trascurare consisterannoin tutta quella serie di standard formativi nazio-nali che il M.I.U.R. (sentito il parere del C.N.A.M.)dovrà indicare ai nuovi I.S.S.M., e sulla base diquesti standard ci sarà pure la chiarificazionedefinitiva del monte ore al quale dovranno sotto-stare gli studenti per conseguire una laurea acca-demica o una laurea specialistica. Sulla base di queste definizioni e chiarificazionibisognerà sperare che il protocollo CONFIAMpossa essere in sintonia con questi standard for-mativi, altrimenti bisognerà pensare di adattare ilprotocollo stesso.

Titolo ed esame d’accesso Tutto dipenderà dal tipo di corso di studi che sipotrà progettare tenendo conto della sua spendi-bilità a livello sociale e professionale. Comunque,qualunque sia la sua definizione curriculare, sipuò definire sin da ora che una base inderogabi-le per l’accesso a questo corso di studi è quellarichiesta dalla stessa legge 508/99 e cioè il titolodi studio di scuola media superiore (o meglioancora dei prossimi licei musicali). Sulla base di questo titolo di studio bisogneràinvece ipotizzare tutta una serie di crediti e didebiti (musicali, medici, psicologici, musicotera-peutici) utili a definire, al momento dell’iscrizione

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bibliografia

di ogni partecipante, il suo possibile percorso for-mativo, cioè il possibile numero di esoneri in basea dimostrate competenze acquisite in precedenzao durante gli studi (corsi, convegni, scuole, labo-ratori, pubblicazioni, professionalità, ecc.) e/o idebiti formativi da compensare comunque primadella conclusione degli studi, attivando tutta unaserie di verifiche utili a dimostrare l’avvenutaconquista di queste possibili “mancanze” iniziali. Per la definizione di questi crediti o debiti forma-tivi sarà bene che la CONFIAM e i futuri I.S.S.M. siaccordino all’interno delle singole sedi di attua-zione del progetto di collaborazione che stiamocercando ora di delineare.Data l’ampiezza professionale di questa operati-vità, gli esami di ammissione a questo corso nonpotranno non essere svolti da rappresentanticompetenti delle varie aree formative più volteindicate, quindi anche esterne ai ruoli esistentiattualmente negli I.S.S.M.

* Intervento presentato al Convegno “Musicoterapia eConservatori” Auditorium Teatro Carlo Felice, Genova,Giugno 2002.

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In this paper we try to describe the connectionsbetween the concepts of music-therapy,rehabilitation and age of development(childhood and adolescence). There are manymodels of music-therapy, and there is also aconstant debate about the differences betweentherapy and rehabilitation. In Italy, theexperiences of music-therapy in child psychiatryare still relatively few, if compared with adultpsychiatry. Nevertheless, we think that music-therapy can give an important contribution bothto observation and to treatment of psychiatricdisorders in childhood and in adolescence,because the musical language, in the circle ofnon-verbal communication, is the base forbuilding an interaction and a relation in all thethe cases in which verbal communication is verydifficoult or impossible.

Al Convegno “La Musicoterapia nella Riabilita-zione per l’Età Evolutiva”, svoltosi all’Istituto S.Stefano di Porto Potenza Picena nell’ottobre2002, il presente contributo costituiva la “lettu-ra magistrale”, definizione forse accettabile secon essa si intende un tentativo di fotografare lostato dell’arte relativo al complesso tema affron-tato, non certo se invece si intende il dispensarecertezze. In ogni caso questa “lettura” ha una forma unpo’ insolita. Essa deriva dal fatto che, somman-do quanto era stato chiesto di portare a ciascu-no di noi come contributo, si ricavava l’idea cheil nostro compito fosse quello di definire unasorta di cornice per i contenuti del Convegno.Tale cornice, più ci pensavamo e più sembravaconfigurarsi nella nostra testa come il perimetrodi un triangolo pitagorico, avente come lati iconcetti di Musicoterapia, Riabilitazione ed Etàevolutiva. A dire la verità, ci sarebbe anche un quarto con-cetto, che dovrebbe entrare (e di fatto entrerà)

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Dialogo riabilitativo fra la Musicoterapiae l’età evolutiva*

Pier Luigi Postacchini, P

sichiatra, Neuropsichiatria Infantile, Psicoterapeuta;

And

rea Ricciotti, Neuropsichiatria Infantile, Psichiatra, Psicoterapeuta

Il presente

contributo

intende

fotografare

lo stato dell’arte

relativo

al complesso

tema affrontato

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contesti molto vari,come pensionati peranziani, Centri Diurnipsichiatrici, reparti diRianimazione, Servizi diNeuropsichiatria dell’E-tà Evolutiva, allora:

come si modula la specificità della musicotera-pia a seconda dei contesti?È chiaro che, risalendo ancora più a monte daquesto lato, si dovrebbe affrontare la questione diquante e quali musicoterapie sono quelle cui fac-ciamo riferimento, quali sono i paradigmi episte-mologici e i modelli metodologici da esse utiliz-zate, quali raffronti sono stati fatti sulla loro effi-cacia e sulle loro eventuali diversità di indicazio-ni. Su tutto ciò, ci limitiamo ad aprire delle fine-stre, o, più modernamente, link. Uno di questi linkè certo necessario per ricordare alcune definizio-ni fondamentali della materia1. Un'altro link riguarda i modelli; ricordiamo chel’ultimo convegno della World Federation ofMusictherapy (WFMT, Washington, 1999) ne hariconosciuti 5, mentre Bruscia, nel suo ultimolibro ne descrive 6, che solo in minima parte coin-cidono con i 5 della WFMT. La faccenda è quindi complicata. Cogliamo l’oc-casione per azzardare un’idea che certo potràsuscitare dissensi, e cioè che molti impianti teori-ci (e non solo nella Musicoterapia) sono molto piùfragili dei risultati pratici che si ottengono con laloro applicazione. Allora, piuttosto che discutere sui modelli, prefe-riamo richiamare brevemente quella sorta disovraclassificazione che Bruscia opera fra musicaIN terapia e musica COME terapia, e poi, all’inter-no di quest’ultima, fra una MUSICOterapia, a pre-valente componente “tecnica”, ed unamusicoTERAPIA, a prevalente componente rela-zionale.

nei nostri discorsi, ed èquello che riguarda iServizi Pubblici, o co-munque l’organizzazio-ne di lavoro in équipemultidisciplinare, ma,per maggiore semplici-tà geometrica, preferiamo per ora fare riferimen-to al triangolo.

Una volta definita l’esistenza del triangolo inquanto simbolo dell’elevato grado di intercon-nessione degli argomenti, abbiamo pensato chesarebbe risultata meno noiosa una loro tratta-zione in forma dialogata, da cui il titolo: unasorta di ricerca di alcune domande–chiave, conannessi tentativi di risposta, che consentisse didelineare con una certa precisione il campo,assai vasto, sui cui aspetti specifici hanno poicercato di fare luce gli altri relatori presenti alConvegno. Può essere opportuno partire dal lato musicotera-pico chiedendosi: in che misura si può “isolare” la dimensioneRIABILITATIVA della musicoterapia (e in chemisura possiamo considerare questo un eserci-zio utile per ottenere una migliore chiarezza didefinizioni) se è vero che questa disciplina pos-siede anche un’anima TERAPEUTICA ed una“EDUCATIVA”?E poi ancora. Essendo la musicoterapia una disci-plina che può essere teoricamente “impiegata” in

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MUSICOTERAPIARIABILITAZIONE

ETÀ EVOLUTIVA

Molti impianti teorici (e non solo nella

Musicoterapia) sonomolto più fragili dei risultati pratici

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si funzionale delineato da Moretti rimanga lostrumento in grado di offrire la visione più dina-mica dei processi riabilitativi in relazione al ter-reno su cui essi vanno ad incidere2.Volendo ora tentare di articolare fra loro cateti eipotenusa, partendo dall’angolatura musicotera-pica si potrebbe dire provocatoriamente che nonci sono degli schemi, o dei protocolli, per l’etàevolutiva in musicoterapia. Quanto è stato pro-dotto (e documentato) dalle nostre parti in ter-mini di interventi musicoterapici in età evolutivaè, a tutt’oggi, sicuramente minoritario rispettoalla mole di lavori che riguardano l’età adulta.Escludiamo dal conto, dopo averci pensatoparecchio, gli interventi in ambito scolastico, noncerto perché privi di valore ma perché, senzatroppo voler entrare in sottigliezze classificative,crediamo che essi siano principalmente di carat-tere EDUCATIVO–PREVENTIVO, beninteso conl’avvertenza che su questo tema sono in attoesperienze e riflessioni importanti, che hannoconsentito di sgombrare il campo da parecchieingenuità e confusioni di antica memoria(Borghesi, Strobino, 2002).Il dire che non ci sono protocolli specifici porta achiedersi se ciò sia legato solo a difficoltà speci-fiche che riguardano il lavoro con l’età evolutivao anche ad altre questioni. Quali? Per esempio alfatto che, quando si apre la strada alle terapieespressive, sembra che l’idea di lavorare secondolinee guida, se non proprio protocolli, svanisca. Inqualche modo potrebbe entrarci l’ambiguità ter-minologica: perché musicoterapia (ma anche

È una classificazione utile per capire, in parte,perché operatori di provenienze diverse faccianoun uso diverso, all’interno di setting diversi, dellostesso strumento comunicativo. Tuttavia, inun’ottica quantistica, preferiamo immaginare levarie opzioni illustrate da Bruscia come possibiliconfigurazioni della stessa molecola (ossia dellastessa disciplina) all’interno di un sistema in cui,a seconda dei momenti, il tipo di trattamento e laformazione di base del terapista conducono versoun certo tipo di assetto piuttosto che un altro.

Ponendo quindi che la Musicoterapia sia l’ipote-nusa del triangolo, i due cateti potrebbero essereraccordati in questo modo: come si declinano le esigenze della riabilitazio-ne neuropsichiatrica in età evolutiva?È chiaro che, anche qui, ciascuno dei due concet-ti abbisognerebbe di essere definito meglio. Lariabilitazione neuropsichiatrica nasce, o almenoviene concettualizzata, una cinquantina di annifa proprio per le esigenze dell’età evolutiva, esolo negli anni 70 comincerà ad affermarsi comeconcetto trainante nella psichiatria dell’età adul-ta. Attualmente vi è consenso nel definire riedu-cazione la parte più strettamente tecnica dell’in-tervento, riservata all’operatore esperto, mentreil termine riabilitazione sta ad indicare l’insiemedella strategia con cui si opera a tutto camponella situazione di deficit per conseguire gliobiettivi prefissati. Omettendo per brevità qual-siasi excursus, e privilegiando sempre l’otticapragmatica, pensiamo che il concetto di diagno-

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MUSICOTERAPIA

musica IN terapia (La musica è supporto di un altro tipo di terapia)

musica COME terapia

MUSICOterapia(La musica opera come strumento terapeutico di per sé)

musicoTERAPIA(La musica è il facilitatore della relazione)

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motricità; almeno quella intesa nell’accezione diterapia psicomotoria. E occorre ancora aggiunge-re che il “dialogo” fra le varie tecniche, reso pos-sibile e necessario dal lavoro di prima linea delleéquipe multidisciplinari, unitamente all’osmosiculturale fra competenze riabilitative e compe-tenze psicoterapiche, queste ultime soprattuttorelative alle fasi precoci dello sviluppo, ha pro-dotto nell’ultimo quindicennio modalità d’inter-vento come i gruppi “terapeutici” per bambinicon disturbi dello sviluppo e del linguaggio nellafascia 0–5, secondo il modello proposto da Levi eFabrizi, in cui viene sfruttata una doppia sinergia:quella dell’interazione “trasversale” diadica etriadica bambino–bambini–operatore, e quelladella integrazione sul campo fra logopedista epsicologo (o neuropsichiatra). Quanto c’è di tera-peutico e quanto di riabilitativo in tale modello? Detto questo, se guardiamo le situazioni com-plesse, di diagnosi severa, ad evoluzione cronica,che comportano handicap e determinano unapresa in carico gravosa secondo i parametri divalutazione dei carichi di lavoro in uso nelle ASL,vediamo che le linee guida partorite dalle varieconsensus conferences parlano di un approccio ingran parte riabilitativo, tra le cui diverse strategieintegrate noi crediamo che la MT trovi senz’altroadeguate indicazioni.Se ora passiamo a considerare l’ambito dei dis-turbi del linguaggio e dell’apprendimento, e/ol’operatività dei neuropsicologi, vediamo che quipossono essere messi in opera criteri diversi, e dimaggior “rigore” metodologico, lungo tutto ilpercorso: inquadramento del problema a definizionedegli obiettivi a applicazione del protocolloriabilitativo a valutazione dei risultati.In un disturbo specifico del linguaggio, anchegrave, a seguito dell’intervento logopedico puòesserci un’evoluzione “interessante” (che, perintenderci, si misura almeno a centimetri, e non amillimetri come nel ritardo mentale o nelle psico-

fisioterapia, su cui però nessuno equivoca), e nonlogoterapia3? Né ci aiuta guardare altri ambiti specialisticicome, per esempio, quello della foniatria, chetende alla precisione anche quando, nella riabili-tazione vocale, si serve di metodologie che inun’ottica psicodinamica si definirebbero espressi-vo–supportive, come tutte quelle che hanno permediatore l’elemento sonoro–musicale4, perchéper noi, almeno in questa sede, l’oggetto princi-pale di interesse è la patologia neuropsichica, contutta la sua complessità e scarsa propensione afarsi ricondurre entro griglie ragionevolmenterigorose. Se per comodità espositiva proviamo ascorporarla un po’ artificiosamente in tre bran-che: NEUROLOGIA, NEUROPSICOLOGIA (doveincludiamo i disturbi del linguaggio e dell’ap-prendimento) e PSICHIATRIA, e prendiamo piùdettagliatamente in esame quest’ultima, ossia lacura delle malattie mentali, ossia l’estremo più“mentale”, e quindi più “impreciso”, della discuti-bilissima polarità mente/corpo, non è chi nonveda come, nella letteratura più autorevole degliultimi anni, su cui poi si sostanziano le linee diindirizzo tecnico–politiche degli assessoratiregionali alla sanità, non si parli quasi più di tera-pia, bensì di riabilitazione, cucinata un po’ intutte le salse (riabilitazione cognitiva, riabilita-zione psico–sociale, etc…). Nell’età evolutiva,dove la spinta del marketing industriale e l’onda-ta del riduzionismo biologico non sono riuscite asfondare verso il basso il muro degli 8 anni perl’utilizzo degli psicofarmaci, le psicoterapie sonovive e vitali, pur tra molti problemi, teorici e pra-tici: I Servizi Pubblici, dove esistenti, sono spessooberati di richieste, e l’intervento psicoterapico è“oneroso”, per il tempo che richiede e la relativascarsità di terapeuti specificamente formati. C’è poi un’altra attività, secondo noi a valenzaterapeutica, che è specifica dell’età evolutiva eche rappresenta una risorsa fondamentale perquelle équipe che ne possono disporre: la psico-

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interrogativo da porsi seriamente. Di certo però,pur con tutti i rischi di perdere di vista il fattoreumano, come già scrivemmo 7 anni fa, difficil-mente ci si potrà sottrarre a quella esigenza didocumentabilità delle procedure e di verifica delrapporto costo/risultato degli interventi, che èrappresentata dal dilagante paradigma dellaEvidenc–Based Psychiatry (EBP).

Allora, rispetto a questo scenario che con un po’di enfasi potremmo definire epocale, la musicote-rapia come si è collocata? Ha risentito, e se sìquanto, di questi assestamenti? Ha preso, emagari dato, delle cose alle altre metodologie diintervento? È un argomento difficile. Da un latopensiamo che questa disciplina si sia collocata apieno titolo in quell’area di convergenza fra cul-tura psicodinamica e acquisizioni delle neuro-scienze, che nell’ultimo decennio ha consentito dicostruire modelli della mente molto più integrati,dove si riconosce pari importanza alla strutturaneurofisiologica di base, e agli input cognitivi eaffettivi che vanno ad incidere in modo decisivosulla struttura stessa promuovendone la matura-zione. In fondo, quando parliamo di fattori di vul-nerabilità e fattori di protezione secondo la sche-matizzazione di Liberman (1992), non facciamoaltro che interconnettere in modo armonico edinamico la polarità biologica con quella psicodi-namica. Sia gli uni che gli altri fattori possonoessere tanto di tipo genetico–organico quanto ditipo relazionale–sociale. Dall’altro lato crediamo di poter delineare unrischio di fondo: anche quando la musicoterapiaviene declinata all’interno di un contesto integra-to di interventi multidisciplinari e coordinati, dichiaro indirizzo riabilitativo, spesso sembra nontenere gran conto dei parametri che la riabilitazio-ne implica. Può darsi che in parte ciò sia dovuto alfatto che essa utilizza come mediatore il linguag-gio sonoro–musicale, il quale, più ancora degli altrilinguaggi artistici implicati nelle artiterapie, si pre-

si), e questo, probabilmente, contribuisce a deter-minare un atteggiamento diverso del riabilitato-re, che definisce per il paziente percorsi più pre-cisi e soprattutto delimitati nel tempo, oltre chesoggetti a verifica. Si potrebbe, a tale riguardo,ipotizzare l’esistenza di due anime riabilitative,una “hard”, più chiaramente legata all’osservanzarigorosa del percorso di cui sopra e più connessaal territorio della neuropsicologia e della fisiote-rapia (le funzioni “corporee”, nella cui otticaanche lo sviluppo cognitivo diventa qualcosa dimisurabile), ed una “soft”, di derivazione psichia-trica, meno soggetta a verifiche e meno passibiledi tentativi di oggettivazione.Volendo per un attimo ragionare nell’ottica deimacrosistemi, potremmo dire che ci troviamoall’interno del campo di oscillazione di un pendo-lo che forse adesso sta per toccare l’estremo delpragmatismo riabilitativo dopo aver toccato,negli anni 60–70, l’estremo opposto dell’ideali-smo terapeutico. Sicuramente, l’oscillazione delpendolo ha coinciso con un paradosso culturale:mentre negli anni 60–80 abbiamo assistito adun’evoluzione della tecnica, che è divenuta piùattenta alla complessità dell’individuo considera-to nel suo insieme mente–corpo, ed alle dinami-che relazionali, grazie anche ad una sorta difecondazione che le teorie psicodinamiche hannocompiuto nel corpo della riabilitazione dura epura di origine giuridica–ortopedica, negli anni90 si è potuta osservare quella evoluzione (oinvoluzione) del pensiero per cui, salvo importan-ti eccezioni, si è assistito ad un forte ridimensio-namento del concetto di terapia. Se questo signi-fichi che si sono accantonate le illusioni di guari-gione, soprattutto rispetto a certi quadri clinicigravi, accettando per questi l’idea realistica dipuntare al migliore adattamento sociale possibi-le, o piuttosto che il tecnicismo e l’efficientismostiano subdolamente svuotando la presa in curadi ogni ideale umanistico, mentre perseguono ilpareggio di bilancio delle aziende sanitarie, è

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A questo punto, tuttavia, crediamo sia giunto ilmomento di chiederci se, oltre a crearci tutti i pro-blemi di cui abbiamo discusso, la musicoterapiapossa darci qualcosa di utile nella patologia neu-ropsichica dell’età evolutiva. Noi ovviamente pen-siamo di sì. In particolare, ci sembra di poter direche, con la musicoterapia, la qualità del contattoe della relazione col paziente migliorano quasisempre, e tale miglioramento risulta particolar-mente notevole nelle situazioni in cui la comuni-cazione verbale è gravemente compromessa. Tuttociò può sembrare alquanto generico, ma secondonoi le cose non funzionano poi in modo tantodiverso da quello degli altri ambiti riabilitativi. Èvero che il musicoterapista opera in contestimolto variabili, ma in fondo anche la logopedistasi trova a prestare la propria opera in ambiti diver-si, utilizzando strategie diverse. Qual è il suocomune denominatore? Che riabilita (noi suppo-niamo) le varie componenti del linguaggio verba-le e dell’apparato fonatorio, così come la fisiote-rapista riabilita le funzioni neuro–motorie. D’altraparte, che anche le tecniche riabilitative più spe-cifiche e sofisticate debbano passare attraverso larelazione, è un fatto ormai assodato grazie allarivoluzione umanizzante della riabilitazione degliultimi 30 anni 5. Ne approfittiamo per riprenderedalle scienze umane e dalla psicoanalisi il concet-to di intersoggettività: né il paziente né il terapi-sta possono essere una tabula rasa. Tra il terrenoda trattare e la tecnica da usare esiste il rapportoterapista/paziente, in cui la FIDUCIA è il primosistema di regolazione emozionale per costruireun attaccamento reciproco, base di ogni percorsoriabilitativo. E ancora: nell’ottica di un approcciofunzionale alla patologia neuropsichica, tanto piùse parliamo di soggetti in età evolutiva, la distin-zione fra funzionamento cognitivo e affettivonon può essere altro che di pura utilità. Ciò sem-pre che, pur pressati dalle istanze validatorie dellevarie EBP e VRQ, accettiamo di riconoscerci nelparadigma dell’integrazione delle funzioni all’in-

sta a fraintendimenti su presunti effetti miracolo-si, o comunque eclatanti, da esso direttamenteprodotti sul paziente mediante misteriosi meccani-smi. È l’equivoco del sostanzialismo, che alimentabuona parte della letteratura trash sull’argomento,dal bambino in coma che si sveglia con la voce diBerlusconi, all’idea che la musica di Mozart fa cre-scere l’intelligenza mentre quella di Debussy calmal’ansia. Ciò non va sicuramente ad incidere sullaoperatività dei musicoterapisti, sempre che essiprovengano da una formazione rigorosa, ma forsecrea, anche inconsapevolmente, false aspettativenella committenza. Sul perché, poi, proprio lamusica alimenti simili fantasiosi scenari, il discorsoè aperto, molte interessanti cose sono state dette ealtre se ne potrebbero aggiungere, ma non è argo-mento che possa essere sviluppato in questa occa-sione. Va però almeno detto che, quando si trattadi patologia neuropsichica dell’età evolutiva, qual-siasi meccanismo in grado di sostenere aspettativeirrazionali subisce, per comprensibili motivi, un’ac-celerazione esponenziale.Quanto alla formazione, altro argomento di capi-tale importanza cui è doveroso almeno far cenno,siamo in grado di fare un bilancio un po’ all’in-grosso della provenienza di chi ha frequentato icorsi CONFIAM, e di dire quindi che di riabilitato-ri che sono venuti a studiare musicoterapia se nesono visti relativamente pochi, mentre abbiamovisto molti più insegnanti e musicisti. Probabil-mente, ci sono stati molti operatori, soprattuttofisioterapisti, che hanno lavorato applicando,anche inconsapevolmente, tecniche di musicote-rapia all’interno di altri setting (per esempio alcu-ni reparti di Rianimazione), ma non hanno maidialogato con la musicoterapia ufficiale. Sembre-rebbe di poter dire che, salvo eccezioni, mentre ipochi riabilitatori divenuti musicoterapisti tendo-no ad attenuare la loro rigorosità metodologica,all’estremo opposto i musicisti si sentono talmen-te padroni del mediatore sonoro–musicale da nonsentire il bisogno di seguire protocolli.

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Tale essendo lo stato dell’arte, potrebbe esserefuorviante chiedersi se la musicoterapia sia ingrado di confrontarsi con le altre discipline riabi-litative (soprattutto quelle hard) sul loro stessoterreno, oltre che con la psicomotricità e le psico-terapie sul versante terapeutico. Probabilmentenon ancora. È quello che si potrebbe definire ildoppio problema della musicoterapia e delle arti-terapie in generale. Ma, la confrontabilità deirisultati è un problema gigantesco in tutta lamedicina, e quindi l’importante è continuare aosservare e riflettere senza scoraggiarsi.Per contro, noi riteniamo che la musicoterapia siain grado di fornire un’angolatura osservativa spe-cifica, attraverso l’analisi della comunicazionenon verbale del paziente, e che questa angolatu-ra possa utilmente affiancarsi alle altre già nor-malmente in uso nelle équipe multidisciplinariche si occupano di età evolutiva, arricchendo cosìla visione d’insieme di una realtà complessa esfaccettata come quella del bambino, il qualequanto più è piccolo tanto più presenta unaridondanza di funzioni, rendendo corrispettiva-mente più difficile la decodifica esatta delle fun-zioni stesse e dei problemi che ne rendono disar-monico lo sviluppo. La specificità della musicote-rapia, a tale riguardo, se ragioniamo applicando ilconcetto di sintonizzazione di Stern, è data dalfatto che su pazienti che hanno un funzionamen-to prevalentemente amodale (i gravi ritardatimentali, i soggetti con turbe della coscienza, maanche fisiologicamente i bambini piccolissimi),essa possiede una maggiore possibilità di attivareun percorso che da una sintonizzazione basatasulle percezioni amodali conduca ad una sinto-nizzazione sinestesica, e quindi trasmodale, dovequindi vi può essere una variazione dell’analizza-tore senso–percettivo fra proposta e risposta (conconseguente stimolo evolutivo), e ciò grazie alfatto che il linguaggio non verbale di tipo sono-ro–musicale funziona dal punto di vista comuni-cativo anche solo per il semplice attivarsi dei

terno della struttura neurofisiologica di base, e,più ancora a monte sul versante epistemologico,nel paradigma dell’unità mente–corpo. Lavoriamoin senso riabilitativo sulle diverse funzioni constrategie specifiche ad hoc, ma senza mai perde-re di vista che una funzione si integra con le altre,le influenza e ne è influenzata. Allora, forse, possiamo dire che il compito delmusicoterapista è semplicemente quello di riabili-tare nel paziente le funzioni affettivo–relazionalidivenute atrofiche o mai sviluppate, sapendo checiò può avere una ricaduta positiva, probabilmen-te indiretta e aspecifica ma comunque importan-te, anche sul livello di motivazione con cui lo stes-so paziente affronta una riabilitazione delle fun-zioni cognitive6. Quella musicoterapica è quindi,verosimilmente, una riabilitazione soft, checomincia ora a porsi in modo rigoroso il problemadel rapporto durata/risultato del trattamento eche riconosce all’interno di esso un più alto tassodi variabili, alcune ancora in via di definizione estudio, rispetto ai trattamenti logopedici e fisiote-rapici. La cosa non dovrebbe sembrare strana se sipensa che, comunque le si definisca, le funzioniemotivo–affettive sono meno facilmente “misura-bili” di quelle cognitive. Ma poi il problema vero, lavera sfida scientifica, all’interno di un trattamentomusicoterapico, o di arteterapia (e qui forse c’è ilpunto più importante di interconnessione con lepsicoterapie), non è dimostrare il fatto che ilragazzino che prima non comunicava per nientealla fine accetta di interagire ed è anche menoangosciato, perché questo, alla fin fine, quando siverifica è un fatto ben visibile. Il problema è riu-scire sempre meglio a capire come funzionano ivari passaggi e le varie procedure che il terapistamette in atto, ossia la descrivibilità del processo.Peraltro, di passi in questa direzione le artiterapiene hanno fatti, delineando, per esempio, una sortadi griglia che mette a fuoco alcuni punti-chiavedel processo maturativo che dovrebbe condurredall’espressione alla regolazione delle emozioni7.

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ricerca del complesso suono–essere umano (suono musi-cale o non), con l’obiettivo di ricercare elementi di dia-gnosi e metodi terapeutici”. “Dal punto di vista terapeu-tico, la Musicoterapia è una disciplina paramedica cheutilizza il suono, la musica e il movimento per provoca-re effetti regressivi e aprire canali di comunicazione, conl’obiettivo di attivare, per loro tramite, il processo disocializzazione e di inserimento sociale”), e quella diBruscia (“La Musicoterapia è un processo interpersonalefinalizzato, in cui il terapeuta aiuta il cliente a migliora-re, mantenere o ristabilire uno stato di benessere, usan-do esperienze musicali, e le relazioni che si sviluppanoloro tramite, come forze dinamiche di cambiamento”).

2 A tale riguardo, ci limitiamo a ricordare la ripartizio-ne della patologia neuropsichica secondo un approcciofunzionale e non più clinico–descrittivo, che Morettiopera finalizzando il lavoro riabilitativo alla prevenzio-ne dell’handicap (Struttura neurofisiologica di base –Tipo di apprendimento – Tipo di relazione oggettuale –Complicanze prevedibili).

3 Il suffisso “terapia”, ortodossamente inteso, rimandaad un’idea di attività curativa (ma anche riabilitativa,da cui ulteriori ambiguità) il cui mezzo dovrebbe con-sistere, a stretto rigore, in ciò che è indicato nella radi-ce (musico-terapia = curare attraverso la musica). Manon sempre le cose vanno in questo modo, perché laradice a volte indica effettivamente il mezzo curativo(esempio: Farmacoterapia), altre volte indica l’oggettostesso delle cure (esempio: Psicoterapia = curare lamente, e non solo attraverso le parole). Quindi, a volte“terapia” è sostantivo, ed altre volte aggettivo.Comunque, e sarebbe interessante capire il perché, sulconcetto di “fisioterapia” non sembrano esserci frain-tendimenti. Si può supporre che vi giochi un ruolo la“primogenitura” storica della riabilitazione ortopedica,ed anche il fatto che la fisioterapia, secondo luogocomune, si applica al corpo, mentre la musicoterapia siapplica (o così si crede) a quel qualcosa di non ancoraben circoscritto che per molti medici e operatori sani-tari è la mente, sui cui disturbi, almeno fino a quando

parametri fisici fondamentali di altezza, durata,intensità, timbro e intonazione, che sono i para-metri su cui si basa la primissima interazionevocale/tattile fra madre e bambino.

Molto altro ci sarebbe da aggiungere, ma il com-pito di una lettura magistrale, per quanto dilata-ta ed atipica, non è quello di esaurire l’argomen-to, bensì di porne le basi di discussione.Vorremmo quindi concludere col dire che ci sem-bra significativo l’interesse per questo tema daparte di un Istituto che si occupa in modo inten-sivo anche di patologia neuropsichica dell’etàadulta, così come ci sembra importante che, purtra mille problemi, si affermi nella realtà delle ASLil modello di Dipartimento di Salute Mentale.Importante da un punto di vista culturale, certo,ma ancor più per la ricaduta “politica” in terminidi potere: i bambini non votano, tutto ciò cheriguarda l’infanzia è oggetto da parte del mondoadulto di un interesse emotivamente intenso esuperficiale, di marca fondamentalmente isterica,che come tutte le manifestazioni dell’isteria sva-pora rapidamente, e fin tanto che i servizi perl’infanzia sono rimasti separati, sono anche statipiù o meno negletti (salvo isole felici), pur essen-do portatori di un sapere e di una prassi di altoprofilo. Crediamo che la necessità di avere un’at-tenzione longitudinale alle problematiche neu-ropsichiche nelle varie fasi della vita a partiredalla nascita consenta di calcolare meglio quantola prevenzione e la riabilitazione precoce paghinoin termini di riduzione della gravità delle manife-stazioni cliniche dell’età adulta, e quindi, sullalunga distanza, consentano addirittura (pronun-ciamo infine la sola parola magica in grado di fardrizzare le orecchie ai manager) di risparmiare.

1 Fra le tantissime, ne ricordiamo due: quella diBenenzon (“Dal punto di vista scientifico, la musicotera-pia è una disciplina che si occupa dello studio e della

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essa non sarà stata ricondotta nel recinto delle certez-ze scientifiche, si può evidentemente tentare di tutto.

4 Forse questa precisione deriva dal fatto che nell’otti-ca foniatrica, anche il linguaggio, se pur inteso comefunzione, fa parte del corpo e quindi sottostà alle sueleggi precise?

5 Veramente, l’umanizzazione del rapporto col pazien-te, almeno per quello che riguarda la figura medica, haradici ancora più remote, se è vero che Balint nel 1959scriveva che “un medico, quando somministra un far-maco, in realtà somministra se stesso, così come unpaziente, quando porta un sintomo, in realtà porta sestesso”. Allo stesso modo, noi oggi potremmo dire che ilterapista, pur non accedendo ai contenuti profondi delpaziente, nella relazione somministra comunque sestesso prima ancora delle tecniche.

6 Qui si aprirebbe un ultimo file, avente per contenutola questione della specificità/aspecificità dei vari fatto-ri che entrano in gioco nel produrre un determinatorisultato terapeutico. Brevemente, si può dire che, inbuona parte delle situazioni cliniche da noi trattate, imiglioramenti osservati derivino dall’effetto additivo dibenefici non specifici relativi all’essere in cura, che sisommano ai benefici specifici prodotti dall’applicazio-ne di una modalità particolare di trattamento (DeGirolamo, 1993). Per quanto riguarda quest’ultimoaspetto, Moretti (1996), riprendendo anche alcuneautorevoli considerazioni di Whitman (1990), esprimein modo abbastanza radicale il parere che più globale èil deficit sul quale si interviene (esempio tipico il ritar-do mentale) più basso è il gradiente di specificità degliinterventi attuati, anche quando ci si confronta conmetodologie che si ammantano di elementi molto tec-nici. La significazione “globale” di una certa metodicane renderebbe impossibile la validazione scientifica, maquesto non vuol dire che essa non risulti operativa-mente utile, e addirittura necessaria, e che non produ-ca effetti dal punto di vista neurofisiologico. Torna quifuori la questione epistemologica, imponendoci un’ul-

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tima domanda, che avrebbe potuto essere la prima, seavessimo privilegiato questa angolatura: la MT si riferisce al sistema scientifico o a quello uma-nistico?Se decidiamo che la componente globale aspecifica èin essa prevalente, il problema si risolve da sé. Noinaturalmente non la pensiamo così, pur ribadendol’imprescindibilità delle radici umanistiche.

7 Tale griglia può essere così riassunta, secondo quantomesso a punto da Ricci Bitti e Postacchini (1997):1. In che modo l’intervento opera sul processo di rego-

lazione e rielaborazione delle emozioni2. Come si passa dall’espressività spontanea a quella

codificata ed intenzionale3. Qual è il ruolo dell’apprendimento delle tecniche4. A quale livello di simbolizzazione (elaborazione sim-

bolica) giunge ogni intervento5. Quali sono gli effetti cognitivi a breve e lungo ter-

mine di ogni tipo di intervento6. Quali sono gli effetti più generali sull’organismo a

breve e lungo termine.

* Relazione presentata al Convegno “La Musicoterapianella riabilitazione per l’età evolutiva”, Istituto S. Ste-fano di Porto Potenza Picena, Ottobre 2002.

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The following work concerns an intervention ofmusic therapy proposed to three patients suffe-ring from multiple handicaps. They both attendone of the ANNI VERDI’s day rehabilitation centreand the relative territorial school; they are there-fore overseen by a specific Handicap Work Team.The main purpose of this work is the reinforcementof egoic structure and the development ofrelational skills, which would lead patients tobetter patterns of integration inside the musictherapy group, as well as into their ownclassrooms.Employed strategy: arrangement between bodyrhythm and proposed rhythm; use of the body asa sound instrument itself; preferential use ofidiophones (a relation between patient’s globaldevelopment and the direct use of this kind ofinstruments has been found).

Si è scelto di presentare una esperienza di musico-terapia di gruppo con tre piccoli pazienti affettida plurihandicap, in età scolare, trattati all’inter-no del laboratorio di musicoterapia di un centro diriabilitazione dell’Associazione Anni Verdi, perchétale esperienza può essere considerata abbastanzarara in quanto, generalmente, si tende a scegliereil trattamento individuale per pazienti in età evo-lutiva e con quadro patologico abbastanza grave.Questi pazienti fanno in realtà parte di una clas-se elementare di un circolo didattico di territorio;data la gravità dei quadri clinici, i bambini di que-sto circolo didattico vengono seguiti prevalente-mente nel centro di riabilitazione, ad opera sia delpersonale medico e psicologico del centro, che delpersonale educativo e psicopedagogico apparte-nente al circolo didattico. Queste differenti figu-re si fondono e si coordinano nel Gruppo LavoroHandicap (GLH), sotto forma di un team pedago-gico, medico e riabilitativo, all’interno del qualevengono compresi anche i parenti dei pazienti,allo scopo di aggiornarli sull’andamento dei pro-

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Si è scelto

di presentare

una esperienza

di musicoterapia

di gruppo,

con tre piccoli

pazienti

affetti da

plurihandicap,

perché tale

esperienza

può essere

considerata

abbastanza rara

Musicoterapia e riabilitazione in età evolutiva*

Raffaele Burchi, Maria Emeren

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ni del paziente all’ascol-to, e se l’ascolto dei varibrani ha influenzato inqualche modo il rappor-to col setting.

Nel setting sono pre-senti: una tastiera, una conga, un rullante e unpiatto entrambi su supporto; a terra, su di unmaterassino, si trovano un tom, un flauto dolce,una coppia di maracas, un glockenspiel, due tam-burelli di cui uno con sonagli, un triangolo, cla-ves, nacchere.In questa situazione, i tre pazienti di cui trattiamohanno mostrato curiosità e interesse nei confron-ti della produzione sonora, dell’operatore e dell’a-scolto. In particolare, C. è stato l’unico pazienteche ha utilizzato le bacchette per percuotere ilrullante; in generale, tutti e tre i piccoli pazientihanno interagito più facilmente con strumentiidiofoni, oppure con la tastiera. È probabile che,data la gravità generale delle condizioni clinichedi base, per questi pazienti sia più facile interagi-re con un oggetto che produce suono appena vie-ne toccato, piuttosto che servirsi di due oggettidalla cui azione combinata risulti la produzionesonora, come nel caso del tamburo con bacchette.Dalla preferenza di ogni singolo paziente per latastiera, si può trarre la seguente ipotesi (da veri-ficare in corso d’opera): dato l’ambito di lavoro(età evolutiva), è possibile che la preferenza per isuoni melodico-armonici della tastiera sia damettere in relazione con le qualità timbriche diquesti suoni, qualità capaci di richiamare, più omeno direttamente, la voce umana in generale equella materna in particolare; il suono vocale,inoltre, può essere anche sostenuto per unadurata indefinita, costituendosi come un conte-nitore dalle pareti solide, una casa sonora senzabrecce né crepe; la tastiera può riprodurre questecaratteristiche dinamiche nella dimensionetempo (la percezione di questa continuità è pos-

grammi pedagogici eriabilitativi.Questi pazienti possonocomunque fruire deitrattamenti terapeuticie riabilitativi forniti dalcentro; quindi, essi pos-sono anche essere inseriti in una attività di musi-coterapia.

I pazientiA. è una bambina di 12 anni, con diagnosi di

tetraparesi spastica e comizialità; è statovalutato un ritardo mentale gravissimo, acausa di una cerebropatia perinatale di natu-ra non definita.

B. è un bambino di 10 anni, con diagnosi di sin-drome epilettica da encefalopatia perinatale;a livello cognitivo è stato valutato un ritardopsicomotorio grave.

C. è un bambino di 11 anni, presenta una dia-gnosi di distrofia muscolare di tipo Becker,associata ad un ritardo psicomotorio grave.

I pazienti sono stati scelti all’interno del gruppoclasse, a seguito di un esame di inquadramentonon verbale (Benenzon, 1998) svolto nel labora-torio di musicoterapia.Tale momento di inquadramento consta essen-zialmente delle seguenti fasi:1. Ingresso e accoglienza del paziente, con con-

segna illustrativa di ciò che si andrà a fare:“staremo insieme circa un’ora, io sonoRaffaele, questa è la stanza della musica, puoiprendere e provare tutto ciò che vuoi”;

2. Osservazione passiva del comportamento delpaziente in questa fase;

3. Ascolto di quattro frammenti sonoro-musicali:un brano di musica primitiva, un estratto melo-dico, un estratto armonico; un frammento dimusica elettronica; ogni brano è della durata didue-tre minuti ed è intervallato da cinqueminuti di silenzio, in cui si osservano le reazio-

I pazienti sono statiscelti dopo un esame di inquadramento non verbale

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come il rullante ed il piatto sospeso; è l’unicopaziente che riesce ad utilizzare le bacchette;segue sempre l’operatore con lo sguardo, ed èsempre molto propositivo.Per questi pazienti, nella attività di gruppo nonvengono utilizzate tecniche e strumenti regressi-vi, ma si utilizza il suono per promuovere unaattiva comunicazione con il mondo circostante; sitratta quindi di mezzi di rinforzo della strutturaegoica, volti a fare acquisire una maggiore consa-pevolezza di sé in rapporto all’altro: un compa-gno che produce anch’esso dei suoni, ma anche –auspicabilmente – il proprio compagno di classe,al di fuori del contesto della musicoterapia. Inquesto senso, le sedute individuali sono servite aconquistare una buona relazione con il musicote-rapista, per aprire il paziente alla disponibilità neiconfronti dell’esterno; a questo punto – e solo aquesto punto – sarà poi possibile unire questi pic-coli pazienti in un gruppo, per sperimentare ilsuono come mezzo di comunicazione interperso-nale in un contesto più allargato.Vediamo adesso, dalla esperienza svolta, qualisono gli elementi che possono caratterizzare l’in-tervento di musicoterapia.

Io sono, io suono: il suono di tre orologi diversiData la finalità generale dell’intervento (rinforzodell’autopercezione) nonché il fatto che stiamoparlando di bambini, si è cercato di strutturareuna situazione sonora relazionale che permettes-se ai bambini di sperimentare un ambiente cherispondesse ai loro bisogni, una sorta di conteni-tore accogliente, e che, allo stesso tempo, gli per-mettesse di percepirsi come soggetti presenti a séstessi, agli altri, e soggetti attivi nella situazione.Ad ogni bambino, nell’ultima seduta individuale,era stato proposto di svolgere l’incontro seguen-te con altri compagni.Nella prima seduta di gruppo ogni paziente vieneaccolto con la voce, con il corpo, con un annun-

sibile grazie al tempo di durata del suono), anchese a livello timbrico la perdita armonica è ovvia.Altri pazienti del gruppo classe hanno mostratouna relazione col setting molto regressiva: forteinvestimento orale indifferenziato di oggetti vari,posture fetali di chiusura, tendenza alla passività;per questi pazienti, sarà quindi ipotizzabile unpercorso individuale che provveda a creare emantenere efficienti canali comunicativi chemettano queste persone in grado di realizzare unattivo interscambio con l’ambiente esterno.

L’intervento di MusicoterapiaOgnuno dei tre piccoli pazienti ha effettuatoquattro sedute individuali, volte a sviluppare glielementi comunicativi e relazionali emersi nell’e-same di inquadramento non verbale, prima dieffettuare la loro prima seduta di gruppo.In particolare, A. ha mostrato sempre uno spon-taneo piacere per la percezione degli stimolisonori provenienti dall’operatore, manifestandociò con sorrisi e vocalizzi; tende a non essereancora attiva, ma è molto presente alla situazio-ne; occasionalmente produce suoni vari, casuali,alla tastiera, mentre non le piace suonare stru-menti percussivi, di cui però gradisce il suono;spesso batte le mani, richiedendo la prosecuzionedell’attività sonora, durante i silenzi.B., pur prediligendo anche lui la tastiera, mostrauna tendenza alla produzione sonora di tipo rit-mico: spesso batte le mani sul passeggino ritmi-camente, e fa lo stesso con la tastiera; a fronte diuna gestualità che appare stereotipa nel suo ripe-tersi indefinitamente, B. sceglie però con moltadeterminazione gli oggetti su cui battere le mani:cerca molto decisamente la tastiera, e rifiuta conaltrettanta decisione altri strumenti. Forse, è ilpaziente più ricettivo alla voce dell’operatore, concui sorride e vocalizza.C., pur prediligendo la produzione sonora allatastiera, è disponibile anche ad esplorare e pro-durre suoni con altri strumenti a percussione,

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questa operazione è infondere fiducia nell’am-biente, e motivare alla comunicazione sonoraattraverso un senso di riuscita di sé come essererisuonante e perciò presente, capace di produrreeffetti. Ecco che forse qui più che altrove, la rela-zione “io sono, io suono” è più importante.

Lo spazioIl lavoro si è svolto a terra, dopo una prima fasein cui i primi scambi relazionali sonori avveniva-no mentre ognuno rimaneva sulla propria carroz-zina: si è permesso infatti ai pazienti di muoversiliberamente, o quantomeno di percepire il propriocorpo nell’attività senza il limite costrittivo del-l’ausilio meccanico.In realtà solo B. si muove molto all’interno delsetting, per tutto il tempo, ma la ricchezza delleinterazioni sonore che ne nascono mostra che,con il disabile motorio, talvolta la mancanza dimovimento fisico osservabile non corrisponde aduna analoga mancanza di movimento di sensa-zioni, di emozioni, di intenzioni.

ConclusioniDalla esperienza trattata, possiamo rilevare alcu-ni aspetti che risultano estremamente importantinell’intervento di musicoterapia con pazienti inetà scolare: da una parte sono presenti tutti glielementi comunicativi, sonoro-musicali e relazio-nali che caratterizzano anche un intervento conpazienti adulti: movimento, canto, suono, sonomezzi di comunicazione che caratterizzano l’esse-re umano di qualunque età.Nel lavoro con i bambini si ritrovano gli stessiaspetti di quello con gli adulti perché, con ipazienti adulti, si va alla ricerca di modalitàcomunicative sonore primarie, possibilmente nonverbali, quindi tipiche di stadi dello sviluppoanteriori rispetto all’età adulta; non sono i bam-bini ad assomigliare agli adulti, ma sono gli adul-ti che, se vogliono fruire a pieno delle possibilitàcomunicative del suono, devono tornare bambini.

cio “parlato – cantato” relativo all’ingresso instanza degli altri compagni (sono tutti in carroz-zina; vengono perciò portati uno per volta: al suoingresso, C. è il primo, ed è solo).Quando anche gli altri sono entrati, il musicotera-pista introduce il senso del gruppo con una can-zone ripetuta tre volte (il numero dei pazienti), incui ad ogni paziente si propone l’attività sonora incompagnia degli altri due compagni. Questa faseè molto importante per una buona gestione dellavoro di gruppo; bisogna far comprendere che siè all’inizio di una nuova fase che riguarda tutti eallo stesso tempo bisogna dare un segnale di con-tinuità dell’esperienza. Gli elementi di continuitàin questo caso sono l’operatore, e il setting, che èstato lasciato inalterato rispetto alle sedute indi-viduali, ed è sempre stato uguale per tutti e tre.È importante sempre, in musicoterapia, coglierel’aspetto del tempo biologico della persona: diquel tempo cioè che non è cronologico, ma è l’an-damento temporale del corpo, del pensiero, lavelocità e il tempo di elaborazione e reazione diogni singola persona. Con i bambini in particola-re, il rispetto dei loro tempi corporei permette lapercezione della concretezza dell’ambiente, che sisente come rispondente a sé stessi: questi trebambini, come si vede, hanno tre tempi biologicimolto diversi, dei tempi diversi nell’essere attivi enell’osservare ed ascoltare; generalmente nonsono mai attivi contemporaneamente, ma c’èsempre qualcuno che suona e qualcuno cheascolta, pur se al primo incontro, il gruppo stabi-lisce già un rapporto di complementarietà rela-zionale attraverso una complementarietà sonora;integrato dalla figura dell’operatore, questo rie-voca stadi di comunicazione molto primitivi, didialogo, di “io ci sono, anche tu ci sei”. L’operatorein particolare, rispondendo con tempi adeguati,invia un messaggio in una ipotetica relazionemadre-bambino, di rispondenza puntuale ai biso-gni di essere, essere nutriti, esistere, esistere inrelazione all’altro: il significato sottostante a

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I bambini con difficoltà comunicative devonoinvece essere aiutati a riattivare queste modalitàa loro proprie, ma in senso progressivo e di rin-forzo dell’io, di affermazione di sé nell’ambientee autostima: ecco perché sono importanti tutti isegnali, corporei, sonori, verbali, non verbali, diconferma, di ri – sonanza di sé negli altri, con glialtri, attraverso gli altri, in una relazione conteni-tiva e protetta, ma non regressiva, tenendo contodei tempi di ognuno, e facendo passare il mes-saggio di un tempo che è anche riedizione, ripe-tizione, che consente di attivare delle attese,creare punti di riferimento e instillare fiducia, emotivare alla esplorazione dell’ambiente e, conquesto, degli altri, della vita attorno a sé.

* Relazione presentata al Convegno “La Musicoterapianella riabilitazione per l’età evolutiva”, Istituto S. Ste-fano di Porto Potenza Picena, Ottobre 2002.

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The work reported in this article describes theclinical experience with a group of youngchildren utilizing a treatment approach based on asynergistic rapport between the disciplines of musictherapy and psychomotor or “developmental”therapy.In the specific experience described these twodisciplines were capable of integrating within aunified treatment approach. As a result eachdiscipline was able to acknowledge the other ascoexisting within a single frame of reference,each utilizing a single treatment methodology,as well as being able to work towards theachievement of shared goals and objectives inorder to satisfy the needs and fulfil the wishesand desires of the subjects involved.

Il lavoro presentato si riferisce ad un’esperienzadi gruppo condotta con l’apporto sinergico dellamusicoterapia e della psicomotricità in un ciclodi incontri che si è svolto nell’arco di un annoscolastico.L’aspetto principale che ha reso possibile l’integra-zione è stato il desiderio di un confronto tra figu-re professionali di ambito diverso, la disponibilità amettersi in gioco, la voglia di conoscere e ricono-scere lo specifico di ciascuna disciplina. La costitu-zione del gruppo (formato da due bambini e dadue terapiste) è stata facilitata dal fatto che i bam-bini interessati erano in trattamento riabilitativoda anni presso il Centro Ambulatoriale S. Stefanodi Porto Potenza Picena. Le motivazioni che ci hanno spinto verso taleapproccio sono state principalmente le seguenti:dare la possibilità ai bambini di accedere a diver-se modalità espressive e relazionali, stimolare inloro l’interesse verso nuovi contesti, ravvivare lamotivazione ad interagire con l’ambiente esternoe incoraggiare la partecipazione attiva attraversola proposta di nuove esperienze da elaborare edutilizzare come mezzo di comunicazione.

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Il lavoro

presentato

si riferisce

ad un’esperienza

di gruppo

condotta

con l’apporto

sinergico

della

musicoterapia

e della

psicomotricità

Musicoterapia e psicomotricità:un’integrazione possibile*

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ri, terapista della riabilitazione, Istituto di Riabilitazione S. Stefano, Porto Potenza Picena

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Il percorso è stato favo-rito dalla condivisionedel modello di riferi-mento e della metodo-logia, incentrati sullaricerca della relazione,come momento essen-

ziale ed imprescindibile di ogni possibile interven-to, in un contesto caratterizzato da modalitàespressive di tipo non verbale. Il metodo dell’osservazione diretta partecipe hainformato fondamentalmente tutto il lavorosvolto. L’attenzione alle dinamiche relazionali chesi sono sviluppate all’interno delle diverse sedutedeterminava un costante lavoro di sintonizzazio-ne tra le terapiste e con i bambini. La metodologia adottata prevedeva come mo-menti indispensabili l’osservazione dell’attivitàspontanea dei bambini, la valorizzazione dellepotenzialità e delle capacità emerse, la disponibi-lità empatica e l’adattabilità delle terapiste allevariabili del contesto gruppale nell’intercambia-bilità dei ruoli di conduttore/co-conduttore, siaper quanto riguarda lo svolgimento delle seduteche nell’individuazione dei diversi canali di comu-nicazione. Una fase di preparazione precedeva gliincontri, seguiti, poi, da momenti di confrontocon stesura di verbali. La verifica del progettoprevedeva, inoltre, la programmazione di riunioniperiodiche con l’intera équipe multidisciplinare.Per quanto riguarda la scelta del luogo, insieme siè deciso di svolgere le sedute nel laboratorio diMusicoterapia, innanzitutto per la difficoltà ditrasferire ogni volta gli strumenti musicali, poiper la posizione sicuramente più isolata e silen-ziosa di questa stanza, consentendo così di lavo-rare in una condizione di maggiore autonomia eriservatezza rispetto all’ambiente esterno. Il setting, come strumento terapeutico, ha assun-to un ruolo essenziale, sia per quanto riguarda lascelta degli strumenti musicali e dei materiali lu-dici che nella definizione e strutturazione dello

Quanto esposto e quan-to seguirà nella presen-tazione del lavoro svol-to sta a testimoniarecome alcuni criteri chesottendono la musico-terapia e l’approcciopsicomotorio, siano in realtà (almeno nella nostraesperienza) condivisi, sia sotto il profilo teoricoche clinico. Aspetti quali la reciprocità, l’ascoltocondiviso, la disponibilità verso l’altro e versol’ambiente, il tempo d’attesa, la turnazione, han-no costituito la base della metodologia adottatanel corso degli incontri. I bambini inseriti nel gruppo sono stati due, l'unodi nove e l'altro di dieci anni; essi presentavanoimportanti problematiche affettivo-relazionali inun quadro di disturbo generalizzato dello svilup-po. Entrambi manifestavano, seppure in manieradiversa, comportamenti difensivi e di chiusurarelazionale. I bambini erano già seguiti da tempo,individualmente, presso il Centro AmbulatorialeS. Stefano sia a livello psicomotorio che logope-dico. L’équipe multidisciplinare, che li aveva incarico, era perciò in possesso di un’ampia docu-mentazione riguardo alla diagnosi e alla valuta-zione di ciascun bambino.L’esperienza è nata dall’idea di utilizzare laComunicazione Non Verbale per agire sulle dina-miche affettivo-relazionali e sugli aspetti dellacomunicazione, problematiche emergenti e prio-ritarie per i due bambini, al fine di potenziarne lecapacità espressive in termini di efficacia e diflessibilità nel rapporto con l’ambiente esterno. Gli obiettivi principali che ci siamo poste sono stati:ridurre i comportamenti difensivi e di chiusurarelazionale, facilitare l'esplorazione senso-motoriadello spazio fisico e sonoro, stimolare l'iniziativa el'espressione libera delle tensioni interne, favorire,per quanto possibile, l'elaborazione e la regolazio-ne delle emozioni, promuovere l'integrazione delgruppo e la relazione interpersonale tra coetanei.

Alcuni criteri che sottendono la musicoterapia e l’approccio

psicomotorio sono in realtà condivisi

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spazio. Alcuni esempi concreti: inizialmente cia-scun bambino aveva individuato un proprio an-golo nella stanza, molto distante l'uno dall'altro eassumendo una posizione di chiusura e d'isola-mento, servendosi a questo scopo anche deglistrumenti musicali e dell’oggetto sonoro. Utiliz-zando gli strumenti come mezzi relazionali perfavorire un avvicinamento, sia fisico che affetti-vo, è stato possibile raggiungere con gradualitàuna disposizione a cerchio, seduti sul tappeto, do-ve si sono svolte le ultime sedute. Anche l’intro-duzione finalizzata di materiale ludico di diversogenere (stoffe, nastri, carta, pennarelli, ecc.) hafavorito l’espressione spontanea dei bambini, co-involti in modo consono alle loro esigenze.Ed è proprio a partire dall'osservazione dell'attivitàspontanea dei bambini che è stato possibile faremergere le potenzialità e le capacità da valorizza-re. In base a quanto rilevato di volta in volta le pro-poste venivano modulate per rispondere ai bisognidei bambini e nello stesso tempo per favorire l’evo-luzione delle modalità relazionali in senso comuni-cativo. Ad esempio, le fughe verbali venivanosostenute e modificate con improvvisazioni sonoree motorie, focalizzando l’attenzione sugli aspettisimbolici per facilitare l’elaborazione e la trasfor-mazione dei vissuti emotivi negativi espressi. L’improvvisazione è stata la tecnica principale d’in-tervento sia come modalità di relazione nel corsodelle sedute che come metodo di lavoro scelto dal-le terapiste tra le quali si era consolidato un pro-fondo senso di stima e di fiducia. Il percorso delgruppo si è sviluppato attraverso sessioni di im-provvisazione libera e spontanea, seguite da fasi diimprovvisazione guidata e di giochi strutturati. I due bambini hanno partecipato sempre attiva-mente con interesse sia per le nuove forme espres-sive esplorate che per l’esperienza affettivo-rela-zionale vissuta con libertà e piacevolezza, in unostato progressivamente sempre più rilassato. Lerisposte hanno evidenziato una significativamodificazione del comportamento da un uso

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difensivo degli oggetti e delle sonorità ad un uti-lizzo comunicativo degli stessi; lo spazio non inve-stito in una situazione individuale di lontananzafisica si è trasformato in spazio conquistato in unassetto prevalentemente gruppale; infine la ricer-ca di un rapporto esclusivo con l’adulto è stataabbandonata a favore di una relazione interperso-nale tra coetanei, con atteggiamenti di coopera-zione, d’intesa e quasi di complicità. I segnali cheevidenziavano questi cambiamenti interessavano,principalmente, la postura, la mimica e l’espressi-vità del viso, la motricità, l’uso della voce e i com-portamenti agiti con finalità comunicative.Il bilancio di quest'esperienza per noi è stato posi-tivo, innanzitutto perché ci ha consentito di acce-dere alle potenzialità e alle risorse di un settingampliato a più forme espressive e comunicative;inoltre ci ha dato l’opportunità di conoscere e divalorizzare lo specifico terapeutico di ciascunadisciplina nel perseguimento di obiettivi comuni. Altri aspetti positivi sono stati: avere avuto lapossibilità di condividere le responsabilità dellavoro, potendo effettuare così delle osservazionipiù ricche di elementi significativi in un clima dis-teso e sereno; avere inoltre la possibilità di con-frontarci sui vissuti emotivi e poterli elaborare ciha aiutato a tollerare maggiormente le frustra-zioni insite in un lavoro terapeutico. Tra le difficoltà abbiamo voluto evidenziare lanecessità di avere tempi adeguati per la prepara-zione e il confronto nell’attuazione del progetto,oltre all'esigenza di una continuità nella presenzadei bambini agli incontri, alternativamente assen-ti a volte, loro malgrado, per problemi di salute. È importante anche evidenziare che è dal bambi-no, dalle sue esigenze che trovano origine questedue discipline, la musicoterapia e la psicomotrici-tà, che s'integrano perciò nel perseguimento diobiettivi comuni al fine di ricondursi a soddisfarei bisogni e i desideri di quello stesso bambino.

* Relazione presentata al Convegno “La Musicoterapianella riabilitazione per l’età evolutiva”, Istituto S. Ste-fano di Porto Potenza Picena, Ottobre 2002.

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The paper describes a musictherapy interventiondirected to psycotic patients in hospital.Themusictherapy intervention is used in group follo-wing the Benenzon’s pattern.The treatment’s purpose is to come in to contactwith patient’s regressive sides facilitating theirexpression and comunication.The musictherapist is approaching these childli-ke sides and by this happening and the play, heis slowly establishing a relationship with him.

IntroduzioneDa ormai più di 10 anni, nel nostro DSM (ASL 3Torino), in ambito sia ambulatoriale (CentroDiurno) che Ospedaliero (SPDC), la musicoterapiaviene utilizzata con la tecnica dei gruppi secondoil modello Benenzon nel programma di cura deipazienti psicotici.Il paziente sofferente di psicosi, ed in particolaredi schizofrenia, presenta alcune caratteristichepeculiari che ben vengono descritte da Bleuler co-me sintomi fondamentali.Pur senza dimenticarel’inscindibilità dell’individuo, che in musicoterapiacome in ogni altro ambito terapeutico deve esse-re percepito come “persona”, mi pare utile fare ri-ferimento a questo criterio di classificazione permeglio descrivere gli ambiti di intervento e le tec-niche utilizzate. Bleuler individua alcuni sintomifondamentali, cioè caratteristici della schizofrenia(la dissociazione ideica, il deterioramento dell’af-fettività, l’ambivalenza, l’autismo ed i disturbi del-la volontà), che distingue dai cosiddetti sintomi“accessori” (disturbi percettivi, deliri, disturbi del-la personalità, catatonia, disturbi della memoria).Tale corteo sintomatologico comporta, come diret-ta conseguenza, la perdita della capacità di comu-nicare con le parole. Il paziente si ritira in spazi re-gressivi al riparo da esperienze frustranti, rifugian-dosi in uno spazio pre-oggettuale più gratificante.Questa è una delle caratteristiche più importantiper ciò che riguarda l’intervento musicoterapico, esu di essa poggia il fulcro del nostro intervento.

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Da ormai più

di 10 anni,

nel nostro DSM

(ASL 3 Torino),

la musicoterapia

viene utilizzata

nel programma

di cura

dei pazienti

psicotici.

L’intervento di musicoterapia nella psicosi*

Robe

rto Messaglia, M

edico Psichiatra-Dirigente I livello, ASL 3 Torino

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cui i conflitti si “giocano”su di un piano diverso:entrare/non-entrare ,ascoltare/non-ascoltare,suonare/non-suonare…diventano tematiche co-stanti, difficoltà che pos-

sono però essere contenute e rielaborate. Considerare il paziente come persona creativa edartistica fa si che questa si possa esprimere libe-ramente, ritrovando così i propri ritmi interni ed,in ultima analisi, le proprie emozioni. Lo spazioche viene offerto al paziente durante la seduta dimusicoterapia è uno spazio peculiare. Il pazientepuò permettersi di esternare il proprio dolore, lapropria rabbia, la propria gioia. Può agire com-portamenti altrove connotanti o decisamenterepressi, quali l’urlare, il rotolarsi a terra, il danza-re in maniera sfrenata ecc. Tali comportamenti inseduta non vengono vietati ed anzi talora inco-raggiati. L’aspetto terapeutico rispetto al tonodell’umore è confortato sia da osservazioni da noisvolte attraverso scale di valutazione che mostra-vano un effetto normotimizzante della singolaseduta di MT, sia da questionari da noi sommini-strati ai pazienti, che hanno evidenziato un nettomiglioramento dello “stato d’animo” per un signi-ficativo numero di intervistati. (grafico n°1)

Grafico n°1- Stato d’animo

Grafico n° 1Serie 1: pazienti che si sono dichiarati “allegri”Serie 2: pazienti che si sono dichiarati “tristi”Serie 3: pazienti che si sono dichiarati “indifferenti”

Gli obiettiviPartendo da queste con-siderazioni è possibile de-lineare alcuni obiettiviche possiamo perseguirecon l’intervento musico-terapico.Prendiamo innanzi tutto in considerazione unadelle più importanti anomalie che questa psicosicomporta: la disgregazione dell’io. Un valido in-tervento deve tendere ad avviare la ricomposizio-ne delle parti residue e frammentate. Questo èpossibile attraverso un processo regressivo del te-rapeuta che, raggiungendo le parti regressive delpaziente, ne recupera le possibilità di comunica-zione. Attraverso un “passaggio” nella così dettazona intermedia descritta da Winnicot, si ristabi-lisce la relazione oggettuale e si avvia così la ri-composizione delle parti frammentate.In pratica,nel corso delle sedute, il musicoterapeuta si avvi-cina il più possibile e con garbo a queste parti“infantili”, vi entra delicatamente in relazione edattraverso l’accudimento, il gioco, instaura pocoper volta una relazione più adulta (oggettuale). Questo percorso di crescita permette inoltre di “ac-compagnare” il paziente fuori da quel mondo au-tistico nel quale si era rifugiato. Il gruppo stessofunge da elemento terapeutico. La risonanza emo-tiva in esso presente, la conferma della propriaidentità (ad esempio attraverso la tecnica del ri-specchiamento o sottolineando le proposte ritmi-che e melodiche del soggetto), gli aspetti seduttiviche vengono spesso “giocati” in seduta, aiutano ilpaziente a sgretolare il guscio difensivo riscopren-do così la relazione. Il setting “contenitivo” facilitaquesti processi limitando l’angoscia del paziente,permettendo la progressiva riduzione delle difese.Le difese, le resistenze del paziente emergono confrequenza, soprattutto all’inizio del percorso.L’ambivalenza, presente in tutti noi, nello psicoti-co emerge in maniera evidente mettendo in luceconflitti irrisolti. Così il setting diviene luogo in

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Lo spazio che vieneofferto al pazientedurante la seduta di musicoterapia

è uno spazio peculiare

prima della seduta dopo la seduta

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Il suono può essere così utilizzato anche come“grido liberatorio”. La catarsi è un momentoimportantissimo in cui il setting diventa conteni-tore di ansia e di aggressività. Così la singolaseduta permette una riduzione della tensione evi-denziabile sia con la valutazione attraverso l’usodi scale, sia verbalizzata dagli stessi partecipantialla seduta.

Grafico 4. Sensazione di tensione/rilassamento

Grafico n°4 Serie 1: pazienti che si sono dichiarati tesi/contrattiSerie 2: pazienti che si sono dichiarati rilassati

Nel grafico n°4 si nota che il numero di pazientiche all’inizio della seduta si erano dichiarati con-tratti /tesi si è ridotto (da 30 a 13) mentre, vice-versa è aumentato il n° di pazienti che si è dichia-rato “rilassato”.Un interessante aspetto della seduta di musicote-rapia è il valore simbolico dei suoni e dei gesti.Honotato che spesso il paziente psicotico utilizza lostrumento o il proprio corpo per comunicare vis-suti, pensieri, emozioni attribuendo ai gesti edalle produzioni sonore un valore simbolico. Ècome se si esprimesse con metafore, esattamentecome accade nel linguaggio dei sogni secondo lateoria Junghiana. Si possono così osservare giochiin cui il paziente-RE incorona con un cimbalo, ilpaziente-peccatore mima una processione, quelloalla ricerca di un suo suono interno “apre” una

Dal grafico n°1 si nota un evidente effetto(dichiarato) positivo sul tono dell’umore “sogget-tivo” della seduta: mentre gli “indifferenti” non sisono ridotti in maniera significativa, emerge unmiglioramento soggettivo di molti partecipanti(da 22 a 37) con parallela riduzione dei pazientiche si sono dichiarati “tristi” (da 31 a 20).L’effetto positivo sul tono dell’umore è statoosservato anche nelle psicosi bipolari: durante lanostra esperienza abbiamo notato, dopo una sin-gola seduta di musicoterapia, in pazienti in faseacuta, una progressiva normalizzazione timica. I soggetti in fase depressiva si sono, in molti casi,progressivamente attivati e rasserenati, potendofinalmente esternare il proprio malessere attra-verso suoni cupi e ritmi lenti. I soggetti in fase maniacale, dopo un’iniziale iper-affaccendamento durante il quale esperivanosuoni e rumori, coinvolgendo altri pazienti neiloro vortici di danza e canto, si tranquillizzavanoed iniziavano poi a suonare in maniera più paca-ta, come un fiume che dopo il tumulto dellapiena si placa. (Grafico n° 2 – Grafico n°3)

Grafico 2. Comportamento psicomotorio

Grafico 3. Tono dell'umore

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prima della seduta dopo la seduta

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posta di suonare, talora sospettoso o franca-mente oppositivo, pur manifestando una certacuriosità ed una disponibilità ad ascoltare.

2. Con la riduzione delle difese si inizia a pren-dere contatto col setting, con gli strumenti, evengono prodotti i primi suoni. Il gruppo inquesta fase è solitamente frammentato e leproduzioni sono aleatorie. Ognuno è concen-trato su di sé, sul riconoscersi.

3. Si inizia a riconoscere la presenza dell’altro.Iniziano dialoghi sonori, le “parti del gruppo”si parlano, proprio come se i vari “frammenti”iniziassero a ricomporsi

4. La catarsi, in cui vi è la massima produzione disuoni, e dove l’intensità cresce, è un momen-to fondamentale, perché permette la riduzio-ne della tensione e dell’aggressività,riduce ledifese nei singoli permettendo poi il passaggioalla fase successiva.

5. Il gruppo ora “si parla” con i suoni. Qualcunoresta assorbito dai propri, e ricerca la propriaidentità sonora, altri cercano ritmi ed armoniecomuni. Emergono elementi della propria cul-tura, vi sono scambi di esperienze.

6. La conclusione avviene solitamente in manie-ra spontanea, con l’esaurirsi della produttivitàsonora.

ConclusioniL’intervento musicoterapeutico nell’ambito dellepsicosi, in conclusione, presenta delle caratteristi-che che lo rendono peculiare, pur presentandopunti in comune con l’intervento in altre patolo-gie psichiatriche. Ciò comporterà quindi una for-mazione specifica, una conoscenza il più possibi-le approfondita della malattia, delle dinamicheche questa altera nell’ambito della relazione, eduna conoscenza più generale delle dinamiche digruppo. L’eterogeneità dei quadri e le innumere-voli sfaccettature che i pazienti psicotici presen-tano, renderanno, inoltre necessario un approcciovolto ad una osservazione attenta ed alla ricerca

maracas per scoprirne il contenuto. Gli strumentidiventano totem, strumenti di lavoro, simboli ses-suali e così via.Il riuscire a leggere questi simboli, decodificarne imessaggi, diviene fondamentale per comprende-re ciò che accade, cogliere le dinamiche all’inter-no dei gruppi, i meccanismi di transfert e contro-transfert, andare cioè oltre il sintomo ed utilizza-re così la relazione come strumento psicoterapeu-tico. Ovviamente questo connota la seduta diforti “tinte” psicoterapeutiche, che implicano unaformazione non solamente di tipo riabilitativo manecessariamente psicoanalitica.

Le tecnicheAl fine di raggiungere gli obiettivi sopra descritti,abbiamo utilizzato la tecnica dei gruppi di musico-terapia attiva secondo il modello di R. Benenzon.Durante le sedute si cercano di individuare i ritmidi base, i frammenti melodici, le sonorità propriedi ogni paziente, cercando di favorire l’ascolto disé, poi dell’altro ed infine del gruppo. Le proposte sonore vengono amplificate o smor-zate, aiutando il soggetto a delimitare i confinidel proprio agito.Si interviene sul gruppo o sul singolo, supportan-dolo nella capacità di produrre proposte sonore,di sostenere il silenzio, di associare il suono conaltre forme espressive quali la danza.Infine si cerca di accompagnare il gruppo allacostituzione di un ISO gruppale.

La seduta di gruppo con pazienti psicotici presen-ta alcune caratteristiche che tendono a ripetersi,e ciò soprattutto nei gruppi neo-formati e costi-tuiti da pazienti in fase acuta e sub-acuta. È danotare tuttavia che alcune caratteristiche comu-ni si ritrovano anche nei gruppi con nevrotici.1. Una prima fase “di studio”, caratterizzata da

resistenze, meccanismi difensivi. Durante que-sta fase emergono spesso ambivalenze. Ilpaziente talora è svalutativo rispetto alla pro-

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continua, al fine di non ancorarsi ad un modelloche dovrà perciò essere continuamente rimesso indiscussione.

* Relazione presentata al Convegno “Le Applicazionidella Musicoterapia: ambiti di intervento e aspetti for-mativi”, Conservatorio “Giuseppe Verdi”, Torino,Novembre 2002.

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Benenzon, Rolando O.

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In this paper the Authors advance someconsiderations concerning musical stimulationof coma patients.They relate about methodology including theconstruction of musical sequences, the criteriaof inclusion and exclusion of patients, theapproach to the patient.A clinical case is described with a discussion ofthe data observed.

IntroduzioneNel lavoro qui presentato, la stimolazione sonoro-musicale su pazienti in coma è stata concepitapartendo da presupposti teorici nel campo dellapsicologia dinamica di linea adleriana e dalle teo-rie e dai lavori musicoterapici svolti da Benenzon. Il coma si presenta come una alterazione dellacoscienza (in campo psicologico la coscienzaviene definita come "consapevolezza di sé e del-l'ambiente") ad un livello che varia a secondadella gravità e in cui le funzioni neurovegetativesono più o meno conservate.Tra gli assunti base che supportano l'intervento te-rapeutico si ricorda il concetto di plasticità del SNC(Sistema Nervoso Centrale). A seguito dei dannisubiti il SNC, non potendo sostituire i neuroni chemuoiono, attua una loro "riparazione", in modo chesi producano nuove spine dendritiche e nuove si-napsi, permettendo perciò che il numero delle con-nessioni interneuronali rimanga sempre elevato. Unaltro assunto sostiene che la capacità di attenzionedel SNC dipende da diversi fattori, tra i quali le ca-ratteristiche degli stimoli esterni cui è sottoposto.Inoltre il SNC tende ad elaborare con maggiore fa-cilità uno stimolo sonoro-musicale rispetto a sti-moli acustici non strutturati (rumore) o a stimoliverbali. Il SNC danneggiato avrà perciò maggiorevantaggio da una stimolazione attuata per il trami-te di un linguaggio non-verbale qual’è per l’appun-to la musica. Sembra inoltre che la stimolazionemusicale migliori l'irrorazione ematica cerebrale.

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Il coma si

presenta come

una alterazione

della coscienza

ad un livello

che varia

a seconda

della gravità

e in cui le

funzioni

neurovegetative

sono più

o meno

conservate

Terapia sonoro-musicale nei pazientiin coma: esemplificazione tramite un caso clinico

Giuseppe Scarso, R

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Con “significato uni-versale” ci si riferisce acomposizioni musicalistrumentali, vocali emiste che rimandano asignificati e simboli basedella cultura occiden-

tale e alle sue più recenti e accettate contamina-zioni con le altre culture presenti sul territorio.Per definire i gusti musicali e culturali del pazien-te e raccogliere il materiale sonoro atto ad otti-mizzare un modello di stimolazione personalizza-to e mirato, viene richiesta la collaborazione difamiliari e amici, ai quali si può anche chiedere diincidere le proprie voci mentre parlano tra di loro,ridono o cantano: è noto da tempo, in ambitopediatrico, l’effetto della voce materna sui neo-nati ed altrettanto conosciuto è l’effetto che unavoce familiare o amica può avere su ciascuno dinoi. Entra nella logica del “buon senso” che musi-che eccessivamente ritmate e ansiogene non deb-bano comparire nella compilazione.Affinchè si possa decidere se il paziente sia omeno adatto alla stimolazione sonoro-musicale, ènecessario che venga svolta preventivamente unavalutazione clinica e neurologica, associata aduna osservazione “empatica” e ad esami strumen-tali: 1) elettroencefalogramma; 2) tomografiacomputerizzata; 3) potenziali evocati.La ricerca si articolerà in sedute di somministra-zione degli stimoli e registrazione delle attivitàfisiologiche di base. Per ogni paziente verrà crea-ta una scheda di anamnesi sonoro-musicale. Sidovrà indagare il mondo sonoro-musicale delsoggetto allo scopo di individuarne gli aspetti piùsignificativi (l'identità sonoro-musicale cheBenenzon definisce ISO) per la costruzione dellostimolo. Tra gli esami preventivi, i PotenzialiEvocati verranno usati per stabilire se l'interven-to sonoro-musicale avrà possibilità di essere per-cepito ed in quale misura ciò avvenga.La terapia è rivolta fondamentalmente a soggetti

Secondo Oppenheim-Gluckman si ipotizza chenella condizione di inco-scienza (che non è ne-cessariamente sinonimodi assenza di vita psichi-ca) un paziente possaessere molto vicino al proprio inconscio e, quindi, lasua attività psichica sia simile a quella onirica.

ObiettiviGli obiettivi proposti in questo studio sono rivoltia sviluppare una metodologia di intervento musi-coterapico tale da fornire al paziente ed ai suoifamiliari i mezzi più idonei per meglio sopportarela condizione di forte disagio causata dalla situa-zione clinica. In particolare si procede a: indivi-duare una metodologia efficace; creare dei criteridi valutazione degli effetti; definire l’eligibilità delpaziente; abbreviare il periodo della riabilitazioneed accelerare il tempo di guarigione; creare nuovicanali di comunicazione e migliorare quelli giàesistenti fra paziente, équipe curante e famiglia;diminuire le dosi della terapia farmacologica.Si può pensare di poter seguire il paziente dal suoingresso in ospedale alla dimissione e alla fase dineuroriabilitazione. In quest’ottica, la musicote-rapia si pone come processo che accompagnatutte le fasi della degenza e della riabilitazione.L’ assistenza viene svolta in un lavoro di équipecon discussione dei casi clinici e con particolareattenzione alla famiglia, agli aspetti relazionali-comunicazionali ed al paziente anche se si trovain stato di incoscienza.

Metodo di indagineAffinché si possa stabilire un contatto con ilpaziente e perché questo possa risultare significa-tivo si è stabilito di usare: 1) musica non nota asignificato universale (CASSETTA UNIVERSALE); 2)musica conosciuta e gradita dal paziente (CAS-SETTA PERSONALE).

La musicoterapia si pone come processoche accompagna tuttele fasi della degenza e della riabilitazione

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l’indagine statistica grafica dei valori raccolti. Perogni serie di valori medi calcolati è stato costrui-to un grafico in cui fossero evidenziati i singolivalori e la regressione lineare relativa. La regres-sione lineare è un’applicazione statistica che sipuò rivelare molto utile per individuare la ten-denza di un parametro ad aumentare o diminui-re, definendone la tendenza. Questo metodo è diparticolare vantaggio per sessioni brevi di musi-coterapia, in quanto meglio evidenzia i cambia-menti progressivi dello stato neurovegetativo. L’analisi statistica può essere eseguita mediantefunzioni di confronto di gruppi di dati come il t-test e l’analisi della varianza (ANOVA). 1) Il t-test permette di verificare se la differenzatra due gruppi è maggiore di quella attribuibile alcaso. 2) ANOVA misura il significato statistico dellevariazioni di ciascun gruppo considerato confron-tando i gradi di variabilità. In particolare, ANOVA èun test parametrico che compara l’effetto di unsingolo fattore sulla media di uno o più gruppi.

Valutazione degli effettiIl valore dei dati raccolti è rappresentato dallecaratteristiche dinamiche delle condizioni neuro-vegetative del candidato durante la stimolazionesonora rispetto a precedenti controlli di nonascolto. Ogni variazione indotta dalla musicapotrà essere monitorata e registrata con i valori diriferimento. Il confronto, inoltre, potrà rivelare sela variazione è statisticamente significativa. Nellostudio effettuato si è proposta l’analisi dei para-metri sia nella situazione di controllo (periodoprecedente all’ascolto), sia durante l’ascolto dimusica universale e di musica nota. La comparazione proposta ha l’obiettivo di indivi-duare le variazioni relative allo stato basale delpaziente (controllo) rispetto all’ascolto e di inda-gare se la musica nota può suscitare effetti qua-litativamente e quantitativamente differenti ri-spetto alla musica universale. Il confronto dei pe-riodi di controllo, inoltre, può essere di aiuto per

giovani con trauma cranico, ma non sono esclusealtre patologie anche in età più avanzata. Il crite-rio di esclusione è legato alla presenza di edemi,ematomi, traumi aperti, interventi neurochirurgici.Si cercherà di ottenere uno stimolo che determi-ni la maggior risposta del Sistema NervosoCentrale, dove per maggior risposta si intende:una variazione quantitativa dei parametri osser-vati; un maggior numero di parametri che varia-no; una maggior ampiezza di interessamento diaree del SNC; una maggior durata nel tempo del-l'effetto determinato ed osservato.In uno studio sugli effetti della musicoterapia duesono gli aspetti tecnici che vanno curati conmaggiore attenzione: le modalità di stimolazionee i metodi di raccolta dei dati. Sarà bene creare la sequenza musicale in modoche il susseguirsi temporale dei brani risulti conse-quenziale e legato ad un progetto comunicativo. Ilvolume di tutti i brani dovrà essere normalizzato,per non creare differenze di percezione che possa-no risultare “aggressive” o ansiogene soltanto per-ché riprodotte ad intensità diverse. La riproduzio-ne al letto del paziente avverrà con un lettore CDdi alta qualità. Il volume di ascolto dovrà esseremantenuto costante ed essere adeguato alle capa-cità uditive del paziente, in modo che eventualialterazioni dei parametri non siano da attribuirsial disturbo indotto da un’intensità eccessiva. La scelta della misurazione dei parametri vitaliche potranno essere di maggiore utilità per lavalutazione degli effetti è molto importante. Interapia intensiva, il paziente è continuamentemonitorato dal punto di vista cardiocircolatorio erespiratorio. Comunemente al letto del pazientesono disponibili: tracciato elettrocardiografico,saturazione di O2, numero di atti respiratori perminuto, pressione sistolica, diastolica e media,frequenza cardiaca.

Metodi di analisi statisticaLo studio realizzato si avvale principalmente del-

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nella norma, a sinistra erano discretamente irre-golari. Dai risultati ottenuti si evinceva che ilpaziente avesse i requisiti necessari per potersisottoporre a stimolazione musicoterapica.Dall'incontro con i familiari si è evidenziato che ilsoggetto non ha una cultura musicale specifica enon suona nessuno strumento. Gli piace il rockdella sua generazione (tra i nomi: Ligabue, Queen,Cranberries) e non dimostra di essere attratto daaltri generi musicali. Alle scuole medie suonava ilflauto, ma sembra che ciò non gli procurasse unparticolare piacere. L'ambiente sonoro-musicalein cui è vissuto non è risultato essere molto riccoe particolarmente caratterizzato, o comunque ilpaziente non ha mai espresso sensazioni, vissutiod emozioni legate a questo tipo di stimoli.Dal colloquio è emersa la necessità di contattarequalche suo amico per cercare di arrivare ad unostimolo sonoro-musicale più vicino ai suoi realigusti. La compilazione personalizzata è stata perciòrealizzata con qualche difficoltà e con tempi piut-tosto lunghi. La stimolazione sonoro-musicale pervari motivi, legati soprattutto alle sue condizionied alle esigenze ospedaliere, è iniziata circa unmese dopo l'ingresso in Reparto e sono stati effet-tuati 12 ascolti utilizzando la sola CASSETTA UNI-VERSALE. Non è mai stata somministrata la CAS-SETTA PERSONALE in quanto il paziente è stato nelfrattempo trasferito in reparto per lungodegenza.

eliminare differenze attribuibili al caso, mentre icontrolli randomizzati nell’arco delle 24 ore for-niscono ai controlli un peso statistico maggiore.La durata dei periodi registrati sia di ascolto chedi non ascolto è di 30 minuti.

Caso clinicoPresentiamo ad esemplificazione uno dei casi diintervento musicoterapico effettuato presso laDivisione di Rianimazione Universitaria dell’Ospe-dale Molinette di Torino.Si tratta di un ragazzo di 21 anni, ricoverato inRianimazione nel 2000 a seguito di un traumacranico importante causato da incidente automo-bilistico. All' ingresso al Pronto Soccorso si presen-tava con arresto cardiaco ed ipossia cerebrale.La diagnosi all'ingresso nel Reparto di Anestesia eRianimazione era di trauma cranico con GlasgowComa Scale =3. Sono state praticate TACMassiccio Facciale, TAC Cerebrale e TAC ColonnaVertebrale, dalle quali non si apprezzavano lesio-ni ossee di natura traumatica né la presenza diedemi ed ematomi. L'esame dell'EEG presentavaun tracciato con periodi in cui era evidente un'at-tività di fondo espressione di importanti altera-zioni elettriche diffuse. L'esame dei PotenzialiEvocati è risultato più significativo. Si è procedu-to a studiare le risposte a breve latenza. Si è potu-to constatare che se le risposte a destra erano

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Analisi dei dati raccolti (grafici) ASCOLTO vs. NON ASCOLTO

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pia che già stava seguendo criteri e metodi utiliz-zati nei precedenti studi, identificando accorgi-menti e nuove possibilità di intervento da proiet-tare nelle ricerche future. Il coinvolgimento della coscienza come processobiologico, l’interazione di processi neurali com-plessi nella percezione uditiva, gli aspetti psicolo-gici, estetici e semantici della musica delineano lenumerose prospettive di ricerca in questo campo.La preparazione di una metodologia di lavoro hadovuto tenere conto di tutti questi aspetti perdefinire in modo unitario gli obiettivi che ci sipropongono. I risultati ottenuti devono esserevalutati nell’ottica di uno studio pilota in cui, inprimo luogo, si vuole dimostrare la possibilità diapprocciarsi al coma attraverso la musica construmenti scientifici di indagine e analisi. Comegià discusso, l’enorme variabilità tra le differenticondizioni cliniche dei pazienti in esame rendenecessario il proseguimento dello studio nel futu-ro, adottando i mezzi e i metodi che sono statiidentificati. Un risultato inequivocabile è statoquello di rendere attiva la partecipazione deifamiliari alla stimolazione sonora dei pazienti.Questo dato identifica la possibilità di avvicinarei parenti dei ricoverati in Rianimazione al lavorodel personale medico, situazione che non sempreè possibile a causa delle rigorose necessità di unaTerapia Intensiva.

Conclusioni Nel caso clinico presentato si può comunque evi-denziare che gli indici dei parametri fisiologicimisurati durante l’ascolto della musica si situanoa valori superiori rispetto a quelli registrati nellafase di non ascolto, anche se tale differenza nonappare significativa.Il numero di registrazioni è stato limitato rispettoad altri casi in quanto il paziente si è precoce-mente stabilizzato nelle sue funzioni vitali ed èstato trasferito in un Reparto di lungodegenza.Anche in assenza di un significativo miglioramen-to clinico, si può osservare che si verifica unadiversità fra gli ascolti e i non ascolti. Questo con-ferma quanto evidenziato anche in altri casiseguiti con la stessa metodologia.In primo luogo si può affermare che l'ascoltodella musica non modifica quantitativamente inmodo significativo i parametri misurati e, quindi,non presenta controindicazioni ad un suo uso inambito clinico. Tuttavia, sono presenti delle varia-zioni che indicherebbero una risposta del SistemaNervoso Centrale, pur leso, ad una stimolazioneesterna e, quindi, una sua capacità di recepire ed,in qualche modo, di elaborare lo stimolo.

Il lavoro svolto con questo paziente ha sostan-zialmente permesso di aggiungere e verificaredati significativi ad un protocollo di musicotera-38

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In conclusione si può affermare che nell'attualefase dello studio bisogna indagare descrittiva-mente i singoli casi clinici prima di giungere adanalisi statistiche. La stimolazione sonoro-musi-cale dimostra una sua efficacia le cui valenzeterapeutiche rimangono ancora da approfondire.L'applicazione della musicoterapia a pazienti incoma sembra rappresentare un importante setto-re clinico da verificare con più ampie casistiche lacui raccolta si urta alle difficoltà rappresentate dauna certa resistenza in ambito medico ad amplia-re protocolli diagnostici piuttosto "custodialisti-ci", rassicuratori per il clinico, mentre, come soli-tamente chiedono le famiglie, si può fare qualco-sa di più, almeno nella direzione di migliorare la"qualità della vita" del paziente.

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Prenatal music therapy concerns a preciousmoment in the life of all of us, an antique andnatural moment, being the origin of our lifeitself. Now more than ever, this discipline needsexperts, experts who can maintain the birthevent, with everything leading up to it and follo-wing after it, on melodious lines, to stop it fromturning into anxiety, stress, depression, imbalan-ce, as so very often occurs. So it is necessary toenhance the value of a specialist training coursein this precise area of music therapy aimed atsearching for our own musical ISO connected toprenatal experiences.

La “Culla Musicale” applica la musicoterapia pre-ventiva come sostegno alla maternità seguendole mamme e i loro futuri bambini durante la gra-vidanza, e nel postpartum per tutta la primainfanzia.Durante la gravidanza abbiamo due persone checrescono insieme condividendo attese e significa-ti: abbiamo una donna che si sta trasformando inmadre ed un individuo che si sta modellandocome figlio. Accanto ad una gravidanza fisiologica, in cui lamadre contiene il figlio, e il padre e tutto l’am-biente circostante contengono a loro volta lamadre dando vita ad un evento di relazione equi-librata e armoniosa, troviamo molto spesso anche:• gravidanze a rischio;• gravidanze indesiderate;• gravidanze assistite.In tutti questi casi esiste il rischio concreto che larelazione si configuri in modo disarmonico: qui lamusicoterapia è veramente strumento privilegia-to di prevenzione.Durante tutta la gravidanza le future madri rice-vono numerose attenzioni:• l’assistenza e il sostegno medico (ginecologo,ostetrica, angiologo, dietologo…);

• la possibilità di frequentare molti corsi pre40

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La “Culla

Musicale” applica

la musicoterapia

preventiva

seguendo

le mamme

e i loro futuri

bambini durante

la gravidanza

e nel postpartum

Musicoterapia preventiva e profilassidella gravidanza e del puerperio*

Fran

cesca Pa

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itore,

“La Culla Musicale”, Genova

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• conoscere il bambinonei diversi momenti delsuo sviluppo e, soprat-tutto, saperlo ricono-scere nelle diverse oredella giornata attraver-so le sue risposte alle

sollecitazioni vocali e ritmico-sonore;• condividere col figlio esperienze musicali (nelsenso più ampio del termine) di qualità, impa-rando ad annotarne anche i vissuti emotivi(propri e altrui);

• coinvolgere il papà in questa esperienza chesembra rimanere di esclusiva pertinenzamaterna.

Altra importante funzione della musicoterapiaconsiste nel rendere consapevoli le mamme:• che sono un unico ed insostituibile strumentodi trasmissione di emozioni e di vissuti, inse-gnando loro ad utilizzare il linguaggio musica-le come canale di comunicazione privilegiatocon il nascituro;

• che sono loro le sole autrici del “miracolo dellanascita” facendole riappropriare di tutte quel-le competenze che la medicalizzazione estre-ma di un evento così naturale ha poco a pocosgretolato.

La musicoterapia offre alla mamma e al suo bam-bino orizzonti unici:1. la possibilità di scoprire se stessi;2. provare emozioni in situazioni di profonda

empatia;3. conoscersi reciprocamente per ritrovarsi dopo

la nascita;4. avviare un dialogo naturale e pertanto con-

creto e reale.Questa disciplina, nuova, che si occupa di un mo-mento prezioso della vita di ciascuno di noi, mo-mento antico e naturale quanto l’origine dellanostra vita stessa, ha oggi bisogno più che mai dioperatori esperti capaci di mantenere questoevento su linee melodiose per evitare, come trop-

parto di vario genere(mu s i c o t e r a p i a ,nuoto, ginnastica,etc.);

• il conforto della let-tura di libri e rivistespecifiche.

Anche la pubblicità è molto attenta a questafascia di consumatrici proponendo loro peròmodelli molto spesso irraggiungibili e sottoli-neando dell’evento stesso solo alcuni aspetti: ilcorpo perfetto, la pancia piccola e poco ingom-brante, gli abiti all’ultima moda, una alimentazio-ne corretta, il futuro parto felice e privo di ansie…Mancano informazioni e conoscenze specifiche,scientifiche, sulle profonde trasformazioni cheaccompagnano questo evento nella vita psichicaed emotiva di una donna e mancano informazio-ni scientifiche anche sulle capacità e sulle com-petenze fetali, sul ruolo unico ed imprescindibiledella relazione, cosciente o meno, che si instauratra una mamma e il suo bambino in quei 9 mesi. Tutto o quasi si limita a considerare la donna comeun semplice contenitore evidenziandone solo leapparenze esterne; inoltre si condiziona il benes-sere del bambino esclusivamente al benesserematerno senza considerare il feto un individuoautonomo capace di vivere emozioni e sentimentia volte anche diversi da quelli della sua mamma.La madre anziché prepararsi all’incontro con ilsuo bambino ne sente solo la presenza dentro disé e ne aspetta “passivamente” la nascita.La gravidanza è vissuta come una fase transitoriadi scarsa importanza e, oggigiorno, risulta priva diquel mistero che fin dall’antichità ha accompa-gnato il sorgere di ogni vita.Ruolo della musicoterapia è anche, e soprattutto,quello di aiutare le future mamme a:• conoscere se stesse facendo emergere tutti ivissuti e le aspettative legate all’idea di quelbambino (che per ora è solo immaginario) chesi sta formando in loro e grazie a loro;

La gravidanza risultapriva di quel misteroche fin dall’antichità ha accompagnato

il sorgere di ogni vita

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profondo senso di perdita di qualcosa di sè. Civuole del tempo per riappropriarsi della propriaimmagine corporea e psicologica. Durante questo periodo la madre ha bisogno inmodo particolare di essere assistita e confortata. A questo riguardo, le tecniche di musicoterapiapost partum si rivelano efficaci:• nella presa di coscienza dei nuovi ritmi a cuimadre e neonato si devono adattare;

• nell’offrire mezzi di comunicazione adatti acreare una interazione madre/bambino fluida epartecipe;

• nel ristabilire un’adeguata percezione corporea(per la mamma);

• nel trovare spazio e tempo per sè in unmomento in cui ci si deve dedicare totalmenteal figlio.

Esistono pochissime realtà che si occupano dellacoppia madre-bambino dopo la nascita e, più ingenerale, del gruppo familiare composto dapadre-madre e figlio, una triade che di frequenteentra in crisi per mancanza di dialogo o per inca-pacità a sintonizzarsi affettivamente con la con-seguente difficoltà a ritrovare un ritmo comuni-cativo e relazionale.Anche la depressione post partum, sempre piùspesso, da fisiologica diventa patologica.La madre si sente incompetente nell’allevare ilfiglio, che di solito è anche il primo neonato cheprende in braccio.È dunque proprio in un momento così delicato edifficile come quello del puerpuerio che le neo-mamme hanno bisogno di essere sostenute dapersone esperte che si prendano cura di loro e chesappiano offrire supporto emotivo e pratico.In questo modo le madri potranno sentirsi a lorovolta preparate ed efficienti nell’occuparsi del lorobambino e disposte a trasformare il processo diattaccamento in vera e propria vita di relazione. Non sempre si ama il neonato a prima vista: alsentimento di tenerezza si accompagna spesso iltimore della propria inadeguatezza rispetto al

po spesso avviene, che si trasformi in ansia, stress,depressione, squilibrio, che potrebbero anche, incasi estremi, generare le gravi situazioni patologi-che relative agli episodi che sono stati messi re-centemente in grande evidenza dai media.Occorre pertanto prendere in seria considerazio-ne e valorizzare un percorso formativo in ambitomusicoterapico rivolto alla:• scoperta del proprio vissuto musicale anche inrelazione alla nascita;

• ricerca del proprio ISO musicale legato alleesperienze prenatali.

Dal punto di vista musicale rivolto:• all’approfondimento delle competenze musicali;• alla pratica improvvisativa vocale e strumentale.Contemporaneamente deve essere approfonditoanche lo studio della gravidanza nei suoi aspetti:• fisiologico;• psicologico;• socio-culturale;• familiare.E per quanto riguarda il feto, deve essere seguitoattentamente il suo sviluppo:• morfologico;• psicologico;• psichico;senza tralasciare lo sviluppo delle sue competen-ze senso-motorie, cognitive (memoria, apprendi-mento, intelligenza, consapevolezza) e i suoi vis-suti emotivi ed affettivi che lo caratterizzanocome essere unico ed irripetibile perché unica,irripetibile ed insostituibile è la relazione con lapropria madre.Questa relazione, questo dialogo, come un duet-to, nel quale si inserisce anche un papà per diven-tare un trio, è più evidente dopo la nascita maormai noi, come molti altri studiosi, tendiamo aconsiderare il parto non più come punto di arrivoma come un ponte, un passaggio che dovrebbeconsentire l’unione di esperienze tra “un prima eun dopo”.Il parto è anche una separazione che implica un

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bino: l’allattamento al seno, i contatti e la sincro-nia nella relazione, gli scambi affettivi.Non dimentichiamo che i comportamenti dellamadre sono influenzati anche da fattori come: lamodalità del parto, il tipo di cure prestatele già apartire dalla gravidanza, la presenza o l’assenzadel padre, il sostegno della famiglia di origine.Da parte sua il bambino, anche se appena nato, ègià pronto a sentire, a memorizzare, a ricevereinformazioni dal suo ambiente, grazie allo svi-luppo fisico ed emotivo cominciato nella vitaintrauterina.Il neonato e il bambino molto piccolo sono indi-vidui straordinariamente complessi, ma è di estre-ma importanza la reciprocità della relazione, ilsapere entrare in sintonia e comunicare con lui.È infatti attraverso il contatto corporeo, visivo eacustico con la madre che il bambino stabilisce iprimi contatti col mondo.Un bambino quindi per essere e diventare compe-tente ha bisogno di una madre serena, distesa,partecipe, che sappia cogliere e dare significato atutte le sue esperienze.B. Cramer parla di programmi innati del neonato(funzioni, competenze uditive e visive, capacitàsociali).Quanto più una madre e un padre saranno consa-pevoli delle competenze del loro bambino, tantopiù profonda e ricca sarà la loro esperienza didiventare genitori.La musicoterapia post partum assolve a tutte que-ste esigenze: prepara ad osservare e ascoltare ilproprio bambino, aiuta la neomamma ad appren-dere e a seguire il suo sviluppo e il suo carattereattraverso l’esperienza, permette di accrescere laconoscenza dei suoi ritmi e dei suoi bisogni.La musicoterapia consente al genitore di aumenta-re la sua fiducia e di sviluppare la sua creativitànell’interpretare e risolvere i problemi del bambino. Tutto questo realizza “emotivamente” la coppiagenitoriale e il bambino, valorizzandone le capa-cità e le competenze.

nuovo ruolo che genera un senso di fragilità edi preoccupazione per le responsabilità future.Diventare genitori significa anche ritrovare i pro-pri genitori: in questo periodo la nuova coppiagenitoriale potrebbe manifestare rivendicazionid’amore non ricevute in passato, potrebbe trasfe-rire sul bambino frustrazioni, rancori, e risenti-menti che hanno origine nella propria relazioniinfantile con i genitori.Felicità incondizionata invece si ha quando nasceun bimbo che ha la fortuna di rappresentare larealizzazione del sogno più caro ai suoi genitori:il sesso, le fattezze, il carattere che loro avevanoidealizzato. Tutto allora risulta più facile: ognimomento dello sviluppo conferma il progetto deigenitori.L’insorgere della depressione post partum, lamancanza di punti di riferimento e i problemirelativi alla propria storia familiare possono dareorigine a disturbi di relazione: la vita quotidianacol bambino è basata su interazioni ricorrenti, chesi susseguono ora dopo ora (allattare, mettere aletto, cambiare pannolini, fare il bagno, giocare,regolare il livello di attività…).Un neonato richiede cure e attenzioni continue eurgenti, la maggior parte delle quali non saràsenza problemi, né si svolgerà in modo prevedibi-le. Queste interazioni continue possono trasfor-marsi in aree problematiche sia per il bambinoche per il genitore.Compito del musicoterapista è anche quello diriconoscere queste fragilità e di trovare una solu-zione adatta alla situazione specifica.Il musicoterapista può svolgere anche un impor-tante ruolo di sostegno nelle nascite a rischio e,in particolare nei casi relativi a:• nati pretermine;• bambini portatori di handicap;• stress prolungati (lutti, separazioni…);• depressione postpartum patologica.Queste situazioni rendono critici certi comporta-menti normalmente spontanei tra madre e bam-

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Occuparsi di questo periodo della vita dell’uomovuol dire andare all’origine dell’esperienza deisuoni: come sperimenta su di sè i suoni un neo-nato? Che differenza c’è tra un suono conosciuto e unosconosciuto?Quali sono i ritmi, i suoni, i movimenti che carat-terizzano la relazione madre-bambino?Quali i comportamenti non verbali e le interazio-ni linguistico-sonore?Come mamma e bambino si adattano ai reciprociritmi?Prima di intraprendere un percorso di musicote-rapia post partum è dunque fondamentale cono-scere:• tutto quello che accade prima della nascita eal momento del parto;

• le competenze del neonato e quindi il suo svi-luppo senso-motorio, affettivo e cognitivo;

• la teoria dell’attaccamento e la strutturazionedella relazione madre-bambino;

• gli studi e i risultati delle ricerche degli ultimidecenni sull’osservazione del neonato;

• i cambiamenti psicologici e sociali che vive lacoppia genitoriale;

oltre a possedere tutte le necessarie, competenzemusicali e musicoterapiche.

* Relazione presentata al Convegno “Le Applicazionidella Musicoterapia: ambiti di intervento e aspetti for-mativi”, Conservatorio “Giuseppe Verdi”, Torino,Novembre 2002.

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L’esperienza

sonoro/musicale

accompagna

l’essere umano

per tutta

la durata

del periodo

gestazionale

Musicoterapia e disturbi comunicativo-relazionali in età evolutiva

Ferruc

cio Dem

aestri, M

usicoterapista, Centro di Riabilitazione Extraospedaliera “Paolo VI”, Casalnoceto (Al)

The paper examines the sound/musical compe-tence of a normal talented child from an evolu-tionary, communicational and relational point ofview proposing a comparison to the analogouscompetence of an autistic subject. Through atheoretically based reflection supported by aconsiderable clinical praxis the Author arrives toevidence the specificity of the music therapictreatment compared to the above-mentionedcases.

IntroduzioneAl fine d’introdurre il presente contributo sotto-poniamo all’attenzione del lettore due differentisituazioni di fruizione dell’ascolto musicale lega-te ad altrettanti episodi di vita di due bambini. Laprima contestualizzata ad un ambito di “normali-tà”, la seconda relativa ad un ambito che presen-ta aspetti patologici.

Situazione 1Giovanni è un bambino di due anni che nel corsodi una piacevole serata trascorsa in famigliaascolta alcuni brani musicali selezionati dai geni-tori. La coppia è piacevolmente adagiata sul diva-no di casa e il bambino è seduto sul tappetointento a costruire una torre con le costruzioni.La sequenza d’ascolto musicale prevede ora ilbrano “On earth as it is in even” tratto dallacolonna sonora del film “Mission” composta daEnnio Morricone. La struttura del brano presentauna prima sezione corale alla quale si associa gra-dualmente un ritmo incalzante a sostegno di unaseconda sezione corale che si unisce alla prima. Èun brano di notevole effetto all’interno del qualespicca la celebre melodia eseguita dall’oboe.Improvvisamente Giovanni interrompe il giococon le costruzioni, dirige lo sguardo verso lo ste-reo di casa, si alza, si avvicina all’impianto ed ini-zia a danzare muovendosi ritmicamente sulle

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questi bambini rispettoal mondo dei suoni?• In che modo le com-petenze sonoro/musi-cali espresse (spessodescritte in letteraturacome “segni” della

malattia) possono favorire l’apertura di canalicomunicativi non-verbali e l’instaurazione diuna relazione significativa?

Cercheremo, nel corso di questa relazione di chia-rire questi aspetti sia sulla base di una riflessioneteorica relativa allo sviluppo musicale “normale”del bambino, sia sulla base della nostra esperien-za nel trattamento della suddetta patologia.

Il bambino e la musica: aspetti evolutivi, comu-nicativi e relazionali dell’esperienzaL’esperienza sonoro/musicale accompagna l’esse-re umano dal momento del concepimento pertutta la durata del periodo gestazionale. Il fetovive la dimensione sonora intrauterina attraversola percezione delle sonorità corporee prodottedalla madre (voce, battito cardiaco, rumori peri-staltici, respirazione, ecc…) ed ambientali, filtratedal liquido amniotico e dalle pareti molli dellecavità addominali. Tale esperienza è vissuta in unprimo momento attraverso una percezione di tipotattile-pressorio su tutta la superficie corporeadel feto e, dopo il 6°-7° mese di gravidanza con losviluppo dell’apparato uditivo, anche per via acu-stica. Gli studi sulla percezione fetale evidenzianocome il futuro bambino instauri con l’ambiente-madre un rapporto precocemente dialogico, cheassume il valore di un’esperienza affettiva grazieal piacere che genera nella coppia madre-feto,modulato sulle variazioni percettive ed emotiveesperite dalla madre e vissute dal feto attraversol’espressione di incremento e/o decremento del-l’attività motoria (Milani-Comparetti 1984, Tajani1999). Queste attivazioni sono modulate su para-metri sonoro-ritmico-motori e si rivelano tal-

punte dei piedi, scan-dendo la pulsazione rit-mica con le braccia esuccessivamente pro-ducendo le sillabe “Ta-ta, ta-ta-ta-ta”, sincro-nizzate in manieramolto precisa sul ritmo del brano ascoltato. Ilbambino sorride e guarda i genitori stupiti chesostengono con il battito delle mani l’espressionecoreutica del piccolo, il quale gratificato dall’at-tenzione ricevuta enfatizza i movimenti fino acadere.

Situazione 2Roberto ha sei anni e si trova all’interno di unastanza in compagnia di un adulto conosciuto. Ilbambino è seduto, intento a manipolare alcunioggetti che colloca in maniera molto ordinatal’uno sopra all’altro costruendo una serie di torriin equilibrio precario. L’adulto propone l’ascoltodel brano di Ennio Morricone. Roberto volge losguardo verso l’impianto stereofonico, si avvicinaad esso, rimane in ascolto per alcuni momenti, sialza ed inizia a danzare saltellando sulle punte deipiedi ritmicamente, sincronizzando i movimentidelle braccia sul ritmo del brano ascoltato. Dopoalcuni secondi Roberto associa al movimento lesillabe “Cia-cia, cia-cia-cia-cia”. Il bambino sorri-de, guarda l’adulto si avvicina a lui e lo invita adanzare. La differenza tra questo contesto e quel-lo illustrato in precedenza è da ricercare nella dif-ferenza di età cronologica e nel fatto cheRoberto, rispetto a Giovanni si trova nel vivo diuna seduta di musicoterapia ed è diagnosticatocome “Autistico”. • Cosa accade nell’esperienza d’ascolto dei duebambini?

• Cosa è la musica per un bambino autistico?Ovvero cosa egli percepisce dell’esperienzamusicale?

• Quali sono le modalità espressive prevalenti di46

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Per i soggetti autistici il fenomeno

sonoro/musicale mantiene per lo più

caratteri di concretezza

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no (Bowlby e altri 1957) evidenziano come le pri-mitive espressioni mimiche di sorriso siano dainterpretare come reazioni agli stimoli provenien-ti dalla persona umana con particolare attenzio-ne rivolta alla voce. Un bambino già alla quartasettimana di vita sorride più regolarmente, quan-do sente la voce materna, rispetto a quando odeun’altra voce. Il canale vocale si configura quindicome un importante veicolo di comunicazione dinatura sonora e ricopre una notevole importanzanella facilitazione all’apprendimento e nellastrutturazione del futuro linguaggio. D’altra parteè possibile osservare come da parte della figuramaterna e del nucleo famigliare si venga a con-formare una sorta di linguaggio calibrato sulleespressioni, i timbri, le dinamiche d’intensità e diintonazione proprie dei bambini. Tale linguaggio,prevalentemente di carattere intuitivo, vienedefinito con i termini inglesi di “baby-talk” o“motherese” (traducibili con la perifrasi “linguag-gio che si parla ai bambini”), ed appare finalizza-to a facilitare la comunicazione e a favorire l’ac-cesso all’acquisizione del linguaggio vero e pro-prio. Riteniamo sia utile al fine di una maggiorecoerenza esplicativa aprire una parentesi per illu-strare con precisione quali sono le modalità pecu-liari attraverso le quali tale forma di comunica-zione si manifesta in quanto essa rivela la fortepresenza di parametri propri dell’esperienza musi-cale.Come già accennato notevole importanza vaattribuita al ruolo ricoperto dalla voce maternanel corso delle prime esperienze di comunicazio-ne vissute dal neonato ai fini della veicolazione edella comprensione dei messaggi inviati. Il fatto-re intonativo sembra, secondo recenti studi (Stern1982-83, Fernald 1989) rivestire un ruolo deter-minante. Con la precisazione desunta dalla lettu-ra degli scritti di Jakobson che sottolineano lapresenza di particolari idiomi utilizzati dallemadri per rivolgersi ai loro piccoli pressoché intutte le lingue del mondo, procediamo con la

mente intense e talvolta coordinate da spingerealcuni autori a parlare di “danza del feto”(Lorenzetti 1984). Al momento della nascita l’ingresso nel “nostromondo” di una nuova ed originale presenza èannunciato dall’emissione di un grido vitale chefonda le sue radici in una essenzialità di tipo fisi-co-corporea con l’attivazione dell’apparato direspirazione e degli stessi organi che in futuroconsentiranno l’articolazione delle parole. Il gridovitale si configura in maniera chiara come espe-rienza espressiva primordiale post-natale dicarattere sonoro e identifica precocemente lepeculiarità timbriche ed intonative del “nuovo”essere umano. Il suono della voce dell’infante benpresto assume un valore comunicativo per l’am-biente circostante e in particolare per la figuramaterna. In questa fase dello sviluppo i parametriintonativi e di intensità si rivelano essere quellimaggiormente significativi per una iniziale attri-buzione di senso. Il grido allora diviene rapida-mente nei primi mesi di vita la manifestazione diuno stato d’animo (pensiamo ad esempio al gridodi collera e delusione del bambino che vieneposato nella culla dopo essere stato coccolato). Intal modo i gridi/pianti divengono l’espressionevolontaria di una protesta come risposta allamancanza del soddisfacimento di uno o più biso-gni da parte del mondo circostante, assumendouna sorta di funzione simbolica elementare.Questa manifestazione espressiva inoltre, secon-do Edith Lecourt (1991), sembra essere il solostrumento di potere del bambino piccolo rispettoall’ambiente; il potere di attrazione esercitatodall’infante attraverso le sue prime espressionivocali sembra compensare, almeno in parte, lamassiccia impotenza fisica che egli stesso si trovaad affrontare. L’emissione del grido si dimostragià dalla nascita un mezzo molto potente perindurre la madre ad agire per nutrire, soddisfare,confortare il suo piccolo. Alcune ricerche rivolteall’analisi delle precoci interazioni madre-bambi-

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livelli funzionali corrispondono precisi profiliintonativi che sottendono specifici scopi dellamadre: ad esempio il profilo ascendente sembrafinalizzato al richiamo dell’attenzione, quellosinusoidale e a “campana” appaiono finalizzati amantenere l’attenzione e a determinare rispostepositive. Analogamente anche il bambino, in etàmolto precoce, attraverso l’espressione vocalevariamente combinata in relazione alle situazionidi gioia, sconforto, dolore, piacere, sorpresa,ecc…, sembra voler informare l’ambiente del pro-prio processo adattivo. L’importanza del rapportocon la figura materna è sottolineato anche daautori di matrice psicoanalitica (per una rassegnasi rimanda a Manarolo 1996) i quali evidenzianocome attraverso un processo di ascolto e conti-nua attribuzione di senso da parte della madre sipervenga nei primi mesi di vita alla definizione diuno spazio all’interno del quale si può “parlare” esoprattutto “ascoltare”. Questo spazio dialogico sistruttura su competenze sonoro/ritmiche che ilneonato sembra possedere fin dalla nascita, lequali trovano rispondenza negli atteggiamentimaterni: “il bebè nei primi giorni di vita accordail ritmo dei suoi movimenti al ritmo della vocematerna, sembra preferire le sillabe formate aisuoni non sillabici, riconosce la voce della madre,sa se la madre parla con lui”. Tali interazioni ini-ziali che avvengono attraverso lo scambio disegnali vocali, ma anche mimici, posturali egestuali sono permesse, come già detto, dall’atti-vazione di competenze innate. Il neonato apparefin dalla nascita cosciente della realtà, dotato diun’intenzionalità comunicativa e di un primitivonucleo del Sé (da intendere come primitivonucleo di individualità). Le competenze alle qualiabbiamo accennato costituiscono secondoTrevarthen (1990) il “sistema regolatore centraledella comunicazione” il quale agisce come baseinnata per l’apprendimento di una più elaboratacoscienza di sé in rapporto agli altri oltre che diuna competenza linguistica più ricca e più carica

descrizione delle loro caratteristiche principali. Leanalisi accurate condotte da diversi ricercatorirelativamente alle strutture prosodiche del“baby-talk” hanno evidenziato l’esistenza di alcu-ni elementi significativi ricorrenti:• l’utilizzo di un registro acuto della voce;• la presenza di profili intonativi modificati informa ed ampiezza rispetto alla normale comu-nicazione tra adulti;

• l’uso di grandi escursioni di registro all’internodi ogni singola espressione parlata e vocale;

• la brevità di ogni espressione parlata e vocale;• la presenza di frequenti pause tra un’emissionee l’altra.

Relativamente agli aspetti strutturali le ricercheriferiscono della presenza di:• patterns intonativi ben definiti;• uso di frequenti ripetizioni di stesse unità lin-guistiche e prosodiche (con questi termini ci siriferisce ai suoni vocali di ogni genere: verbali,non-verbali, onomatopee, esclamazioni, ecc…);

• presenza di una precisa scansione ritmica dellesequenze vocali che porta ad una scansionequasi regolare delle eventuali sillabe nell’ambi-to di più unità vocali.

In particolare la scansione ritmica sembra ricopri-re un ruolo determinante per l’individuazione, daparte del piccolo ascoltatore, di un numero mag-giore di informazioni sullo stimolo vocale e/o ver-bale. Il carattere ridondante che il “baby-talk”viene ad esprimere può aiutare l’infante a ricono-scere patterns uditivi in una esperienza essenzia-le per lo sviluppo della percezione del linguaggio.Tramite queste continue “sottolineature acusti-che” vengono definiti gli elementi che possonoarrivare, verso la fine del primo anno di vita, asuggerire al bambino, che affina le proprie com-petenze di risposta in relazione agli stimoli, anchela natura sintattica e semantica del discorso. Lafunzione del “baby-talk” sembra ricoprire princi-palmente tre livelli: quello attentivo, quellosociale-affettivo, quello linguistico. A questi

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• Intensità: ad esempio il volume di una vocaliz-zazione della madre può corrispondere allaforza di un improvviso movimento del bracciodel bambino;

• Sincronizzazione: ad esempio il movimentodella testa della madre è sincrono con unavocalizzazione del bambino;

• Durata: ad esempio il tempo del comportamen-to della madre è lo stesso di quello del bambino;

• Forma: ad esempio la madre applica al movi-mento in su e in giù della sua testa la formaverticale del bambino che solleva e abbassa ilbraccio;

• Numero: quante volte è ripetuto lo stessoatteggiamento.

Il processo di sintonizzazione avviene, secondol’autore, grazie all’esistenza di percezioni amoda-li le quali consistono nel tradurre una informa-zione che raggiunge il bambino attraverso unadeterminata modalità sensoriale in una informa-zione relativa ad un’altra modalità: per esempioad un segnale vocale del bambino la madre puòrispondere sintonizzandosi ad esso con un com-portamento motorio-mimico corrispondente alvocale (secondo i parametri elencati) ma trasferi-to al motorio. In questo modo avvengono leprime forme di rappresentazione e vengono inte-grate le diverse esperienze. Il processo di sintoniz-zazione caratterizzato dalla presenza di un note-vole grado di attenzione e intuitività avviene al difuori di ogni consapevolezza e porta ad una sta-bilizzazione delle componenti integrative e sim-boliche della comunicazione. Tale concetto inol-tre mette in rilievo in maniera chiara l’esistenza dimodalità sinestesiche nella comunicazione non-verbale stessa (Postacchini 1993). La sintonizza-zione pertanto riplasmando i comportamentiattraverso l’uso dell’analogia e della metaforaricopre un ruolo importante all’interno di un per-corso evolutivo che porta all’uso dei codici sim-bolici ponendosi come elemento intermedio e dipassaggio dalla concretezza alla acquisizione e

di significato. In riferimento alle tematicheaffrontate precedentemente relative alla relazio-ne madre-bambino sottolineiamo come perattuare e sostenere tale rapporto sia indispensa-bile le presenza di una compartecipazione deglistati affettivi emergenti nel corso dell’interazionestessa. Le componenti affettive sono da conside-rare imprescindibili accanto a quelle cognitive ericoprono un ruolo fondamentale per una evolu-zione personologica integrata (Postacchini 1997).Su questi aspetti è possibile introdurre il concet-to di sintonizzazione proposto da Stern (1984) ilquale si riferisce all’esecuzione di comportamentiche esprimono la qualità di un sentimento condi-viso senza tuttavia imitarne l’esatta espressionecomportamentale. L’autore afferma che se potes-simo dimostrare la condivisione degli affettiattraverso semplici imitazioni produrremmo soloun susseguirsi di imitazioni meccaniche di carat-tere anaffettivo. Il processo di sintonizzazione(che inizia a manifestarsi a partire dal 9° mese)possiede invece i seguenti aspetti:• Dà l’impressione che vi sia un qualche tipo diimitazione (la madre non ripete un comporta-mento manifesto del bambino, tuttavia rispon-de a lui con un comportamento che per certiaspetti viene fatto collimare);

• Questa operazione è in gran parte transmodale,ovvero il canale o la modalità espressiva usatadalla madre per accompagnare il proprio com-portamento a quello del suo piccolo è diversodal canale o dalla modalità usata dal bambino(ad esempio: un movimento del corpo del bam-bino collima con delle vocalizzazioni dellamadre);

• L’oggetto della corrispondenza ottenuta non siriferisce quindi alla realtà comportamentaleosservabile ed oggettivabile, ma ne riflette unostato d’animo.

Nel corso delle sintonizzazioni, si possono rileva-re secondo Stern le seguenti principali dimen-sioni:

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tà peculiari dell’esperienza sonoro/musicale per ilsoggetto autistico e la specificità dell’approcciomusicoterapico a tale patologia valutando leimplicazioni presenti all’interno del rapportopaziente-musicoterapista.

Il soggetto autistico e la musicaIl fenomeno sonoro/musicale per questi soggettimantiene per lo più caratteri di concretezza lega-ti al tipo di stimolazione uditiva, ma anche visiva,tattile, gustativa e di movimento che gli oggettisonori offrono. Tali caratteri si mantengono altre-sì nel rapporto con l’ascolto musicale (consideria-mo ascolto non solo la somministrazione disequenze preregistrate, ma anche le proposted’improvvisazione strumentale del musicoterapi-sta alle quali il soggetto risponde attivandosi sucanali espressivi diversi) anche se, come abbiamoevidenziato nell’introduzione di questo lavoro, inalcuni casi la fruizione della musica può determi-nare un’attivazione espressiva, talvolta modulataadeguatamente, all’interno della quale emergeuna competenza discriminativa (probabilmenteinconsapevole) rispetto ai parametri sonoro/musi-cali più evidenti: intensità, durata, ritmo.Sulla base delle considerazioni sopra esposteemerge come l’esperienza sonoro/musicale possacostituire per il soggetto autistico un’occasioneper esperire una dimensione che oscilla tra duepoli diametralmente opposti con varie sfumaturedi percorso: quello legato alla proposta di mo-menti regressogeni e quello legato alla possibilestrutturazione di situazioni significative a livellocomunicativo-relazionale. Per l’attuazione delpiano riabilitativo col disabile relazionale gravepartiamo dal presupposto di base che il reperto-rio espressivo-comunicativo manifestato non siaaltro che la formalizzazione esasperata e protrat-ta nel tempo di condotte comportamentali deltutto normali. Come sottolinea Timbergen (1989)nella sua disamina dei comportamenti stereoti-pati del soggetto autistico, la differenza tra nor-

all’utilizzo di modalità comunicative di tipo sim-bolico. Come evidenzia Postacchini tutte le quali-tà del musicale sono coinvolte nel processocomunicativo tra madre e bambino all’interno diun percorso che va dal sensoriale al mentale eche, attraverso l’affettivo, percorre e sottende ildiscorso musicale. Tale articolazione è “ricostrui-bile a partire dalle percezioni amodali, attraversoquelle modali fino ai circuiti rappresentativi, sim-bolici e per certi aspetti estetici di un vero e pro-prio discorso musicale”.Per quanto concerne gli aspetti relativi all’attivi-tà di esplorazione del mondo sonoro sperimenta-ta dal bambino riportiamo alcune indicazionidesunte da studi di matrice piagetiana fornite daLucchetti, Bertolino e Tafuri (1991, 1985). A par-tire dai primi mesi di vita il bambino manifesta unnotevole interesse per i suoni ed i rumori, sianoessi provenienti dall’esterno che prodotti dai pro-pri gesti e movimenti. Proprio il movimento, lascoperta dello spazio attraverso il gattonamentoe successivamente con l’acquisizione della deam-bulazione favoriscono le scoperte sonore delbambino. Le condotte elementari che provocanoeventi sonori alle quali il piccolo ricorre prevalen-temente sono legate al battere, allo scuotere, allanciare, allo strisciare gli oggetti e ovviamentecome abbiamo visto sono legate all’utilizzo delcanale vocale. Nel corso di questo processo diconoscenza ambientale il bambino attua due pro-cessi fondamentali per l’acquisizione di nuovecompetenze: ripete e varia le azioni modulandolein rapporto agli spazi e agli oggetti (strumentimusicali). Queste esplorazioni nei loro aspetti di“atti elementari coordinati da una finalità”(Delalande, 1985) si sviluppano a partire da un’e-sperienza di tipo senso-motorio che soddisfa con-cretamente il piacere di intervenire sul mondoesterno modificandolo. Tutti gli elementi riporta-ti in queste righe riguardano lo sviluppo “norma-le” del bambino fino ai diciotto mesi d’età, neiprossimi paragrafi tenteremo di definire le quali-

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malità e patologia è da ricercare nel grado concui i comportamenti patologici si manifestano. Inquesto senso, e per il nostro campo d’applicazio-ne le produzioni e le reazioni agli stimoli sono-ro/musicali dell’autistico forniscono lo spuntoper la strutturazione dell’intervento musicotera-pico. Il grido, lo schiocco di lingua, il vocalizzointonato, la produzione di frammenti melodico-ritmici anche complessi, la ritmicità delle produ-zioni stereotipe, l’esplorazione ambientale effet-tuata tramite ripetuti tocchi con le dita (condot-te caratterizzate da un’evidente presenza di rit-micità), ma anche l’utilizzo talvolta originale epoco appropriato dello strumento musicale(smontaggio degli strumenti, lancio delle variecomponenti, esplorazioni orali, ricerca di partico-lari sonorità decisamente lontane da quelle pre-viste dal costruttore e dalle caratteristiche acu-stiche dello strumento) rappresentano probabil-mente il risultato di questa formalizzazione e di-vengono uno spunto costituendo il materiale alquale attingere per la strutturazione dell’inter-vento riabilitativo. Considerando ogni caso diautismo come una storia unica ed originale, co-me sottolinea Giovanni Lanzi (2000), la valoriz-zazione dei caratteri distintivi sonoro/musicaliche costituiscono l’identità sonora del soggettofavorisce l’apertura di canali comunicativi modu-lati sui parametri della comunicazione non-ve-bale (Benenzon 2000). Tale apertura deve esserecalibrata all’interno della relazione che si instau-ra tra paziente e musicoterapista il quale ha ildelicato compito di ricercare e selezionare attra-verso il proprio filtro percettivo e la propria sen-sibilità empatica gli elementi maggiormente ca-richi di potenzialità isomorfiche rispetto all’e-spressività globale del soggetto trattato. La ricer-ca dell’isomorfismo va estesa a tutti i parametridella comunicazione non-verbale: lo studio dellaprossemica, degli aspetti mimico-gestuali, delletendenze espressive prevalenti. Il lavoro centratosu questo tipo di ricerca presuppone una cono-

scenza approfondita dei processi di comunicazio-ne non-verbale, una consapevolezza del propriostato emotivo e una competenza raffinata nel-l’individuare i materiali, strumenti musicali e/oproposte d’ascolto, da sottoporre al paziente. Leproduzioni del soggetto saranno quindi organiz-zate, ampliate, riconosciute come potenzialmen-te evolutive oppure come cariche di contenutipatologici sterili e ripetitivi, valorizzate o de-strutturate in relazione dell’obiettivo e alle stra-tegie prefissate, in ragione di un approccio chesarà sempre oscillante tra la “comunione inter-personale” e “il tentativo di modificare e correg-gere comportamenti disturbati”.

L’approccio musicoterapico al soggetto autisticoNell’ambito dei gravi disturbi della comunicazio-ne di tipo autistico (disturbi spesso associati adun ritardo mentale) la musicoterapia costituisceun intervento specifico in virtù della lettura inchiave sonoro/musicale che è possibile compieredella fenomenologia autistica, per via delle com-petenze sonoro/musicali spesso rilevabili e inragione dei processi espressivi, comunicativi erelazionali che essa permette di attivare interve-nendo su tali aspetti. All’interno di questi quadripsicopatologici è di frequente osservazione unaparticolare interazione con l’elemento ritmico econ quello sonoro/musicale: si può trattare diun’intensa risposta psicomotoria a determinatiascolti, di spontanee e originali produzioni sono-re, di competenze imitative su di un piano ritmi-co e melodico, di attività motorie più o menostereotipe scandite ritmicamente. Per certiaspetti possiamo ritenere tali comportamenti l’e-spressione distorta di competenze innate finaliz-zate alla comunicazione (Trevarthen 1990) lequali perdurano per tutto il corso della vita esopravvivono in soggetti affetti da processi invo-lutivi o da handicap intellettivi. In una prospetti-va musicoterapica è interessante osservare comegli elementi che fondano tali competenze costi-

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tuiscano anche gli aspetti strutturali e qualitati-vi dell’esperienza musicale: le variazioni d’inten-sità, altezza timbro, durata e ritmo sono tipichedi qualsiasi comunicazione primordiale e sonoanche, seppur articolate in raffinate costruzionisimboliche, proprie dell’arte musicale. D’altraparte anche Giorgio Moretti ci ricorda che ladimensione ritmico-melodica è parte integrantedelle dotazioni di base dell’individuo e Gardnerdefinisce la musica come una competenza intel-lettuale che si sviluppa su base innata. In questosenso possiamo considerare la musicoterapiacome una metodica che va ad agire in modo iso-morfico su competenze primitive ed innate alfine di attivarle, qualificarle, potenziarle.Considerando il comportamento autistico comel’espressione di un disturbo quali-quantitativodella competenza a comunicare (disturbo di variae complessa eziologia), l’approccio musicoterapi-co può essere ritenuto specifico nella misura incui va a sollecitare, organizzare e qualificare pro-prio tali competenze nei loro aspetti elementarie basilari utilizzando codici e modalità analoghe.In altre parole l’elemento ritmico e quello sono-ro/musicale ci consentono di contattare il sog-getto autistico ad un livello che gli è proprio(negli elementi di sensorialità, motricità, movi-mento), livello caratterizzato da competenzeespressive e comunicative elementari e spessodistorte da processi psicopatologici. Attraversouna costante “rilettura” in chiave “musicale” delcomportamento del soggetto l’approccio musi-coterapico propone alla persona una continuainterrelazione che attribuisce senso e significatoalle sue manifestazioni. In questo senso l’incon-tro con la potenziale gratificazione sensoriale ed“estetica” indotta dal musicale, l’isomorfismo cheil musicale mantiene con le primitive modalitàespressive e comunicative può facilitare un con-tatto sensoriale ed emotivo, può attivare unpunto d’incontro. Come afferma Zappella “pro-pone al bambino il rapporto con un’altra mente

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che si pone in sintonia con lui e gli restituisce informa modificata il messaggio che esso manda…questo contatto può consentire lo sviluppo di uncerto grado di reciprocità sociale”.

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un indirizzo di sperimentazione che aveva ed hasempre più bisogno di solide impostazioni meto-dologiche. Un testo, questo, nato dalla collaborazione di duerealtà cliniche spesso distanti, come la Rianima-zione e la Psichiatria, che ha il pregio di poteressere considerato, oltre ad un documento dellostato attuale della ricerca in atto, uno stimolo euna indicazione di lavoro per la comunità scien-tifica nell'ottica di ricerche future.

Alberto Ezzu

Esperienza musicale e musicoterapiaGiacomo Gaggero, Edizioni Mimesis, Milano, 2003

Questo lavoro intende fornire sinteticamente unprimo quadro di riferimento teorico volto a chia-rire alcuni nuclei tematici di fondo riguardanti larelazione tra esperienza musicale e musicoterapia.Come illustra Leslie Bunt nella sua presentazione,tale ricerca nasce dall’incontro tra la prospettivamusicoterapica aperta nel Regno Unito daJuliette Alvin e sviluppata anche attraverso illavoro di formazione svolto sia in patria che inItalia dallo stesso Bunt e dai suoi collaboratori,con l’orientamento di ricerca ad indirizzo feno-menologico-esistenziale. L’autore, che è uno dei collaboratori di Bunt,attraverso questo libro intende sottolineare laparticolare sintonia di tale indirizzo con dettoapproccio musicoterapico.L’ascolto di sé e dell’Altro, il contatto empatico, ilconcetto di interpretazione, l’esperienza esisten-ziale dell’angoscia, che sono alcuni dei temi clas-sici della filosofia, psicologia e psicopatologia adorientamento fenomenologico- esistenziale, ven-gono dunque trattati in relazione all’esperienzamusicale e musicoterapica. Nel modello di musicoterapia richiamato, l’espe-rienza musicale viene posta al centro del proces-

La musica nella terapia del comaGiuseppe Scarso; Andrea Rossi; Luciana Mascia;Rosa Urciuoli, Edizioni Minerva Medica, Torino, 2003

Nella sua forma sintetica, ma che ha il dono diessere sempre chiara ed esaustiva, il libro uscitoper la Minerva Medica, riesce nell'intento di illu-strare lo studio, in corso da circa sei anni all'O-spedale San Giovanni Battista di Torino (Le Moli-nette), riguardante la stimolazione sonoro-musi-cale su pazienti in coma. Si tratta di un interven-to svolto nel Reparto di Terapia Intensiva in col-laborazione con il Dipartimento di Neuroscienze,sezione di Psichiatria dell'Università di Torino, chesi avvale, in particolare per gli assunti teoriciriguardanti il modello musicoterapico, della colla-borazione del Prof. Rolando Benenzon dell'Uni-versità di Buenos Aires. La stimolazione sonoro-musicale che il Prof. Scar-so e lo staff operante alle Molinette mette in atto,rientra nella strategia di una ricerca che rappre-senta un progetto pilota per poter sviluppare unprotocollo efficace, le metodiche più utili e lemodalità di misurazione degli effetti che la musi-ca può produrre in persone in stato di coma acuto. Nel testo trovano spazio capitoli sugli aspetti cli-nici del coma, considerazioni più generali sullaneurofisiologia dell'ascolto, sulla psicologia esulla coscienza, questo ad evidenziare il carattereinterdisciplinare del tema trattato. Dopo l'esposi-zione del metodo adottato, viene presentato uncaso clinico, analizzato sin dall'ingresso delpaziente nel Reparto di Rianimazione e seguitoman mano nelle varie fasi: l'ascolto della sequen-za musicale a carattere universale, l'ascolto dellasequenza personalizzata realizzata seguendo leindicazioni dei parenti, l'analisi e la valutazionedei dati emersi. Gli Autori tengono ad avvertirci che la ricerca(non conclusa e certamente lontana da quei"risvegli" miracolosi cui certo giornalismo ci hapericolosamente abituati), deve essere inserita in

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Movimento AutenticoMary Starks Whitehouse, Janet Adler e JoanChorodow, edizioni Cosmopolis, Torino, 2003.

La pubblicazione di questo libro in italiano è unevento molto atteso non soltanto da coloro chepraticano Movimento Autentico, per i quali costi-tuisce un punto di riferimento, ma anche dai pro-fessionisti della Danza/movimento terapia perchécontribuisce a chiarire questioni basilari per que-sta disciplina. Gli scritti di Mary Whitehouse,Janet Adler e Joan Chorodow offrono una visionefondamentale sulla possibilità di aprire un tipod'ascolto corporeo che, attraverso lo sviluppo delpotenziale creativo del suo movimento espressivo,possa contribuire al risanamento della vecchiascissione psiche-soma.Questo libro ha il fascino di un'avventura. Leparole delle autrici mostrano come dalla sorgen-te dell'amore degli inizi emerge un processofecondo di scoperte, illuminato dall'intuizione efortemente ancorato nell’esperienza. Si assistealla crescita graduale di una pratica, tanto salda earticolata che oggi si è diramata in più di unorientamento. Il tutto sostenuto da un corpusteorico, che si è andato evolvendo dall'incontrotra scoperte empiriche e cultura dell'epoca anco-ra ricco, ci sembra, di potenzialità, estendibili adiversi campi, oltre a quello specifico delle disci-pline del corpo e della creatività. Il processo èancora in corso; nel 1993 è stato fondatol’Authentic Movement Institute in Oakland,California, con l'obiettivo di portare avanti laricerca e offrire training rivolti a terapeuti, artistied educatori; Janet Adler ha pubblicato nel 2002un nuovo libro "Offering from The ConsciousBody" nel quale spiega la sua concezione delladisciplina, mentre in Italia è stato pubblicato nel1998 "Danza terapia e psicologia del profondo,l'uso psicoterapeutico del movimento" di JoanChodorow. Inoltre negli Stati Uniti è di prossimapubblicazione "Active Imagination:healing from

so di cambiamento terapeutico (della “cura”);riflettere su tale dimensione d’esperienza com-porta da una parte il rischio di cadere in una sortadi riduttivismo per cui le forme in cui l’espressivi-tà musicale si esprime rischiano di risolversi in un“nient’altro che”, in una serie di eventi comunica-tivi “traducibili” in significati determinati, dall’al-tra, in virtù di una pretesa “ineffabilità” di taledimensione esperienziale, il rischio è quello di“non dir nulla”, azzerando così le possibilità dielaborazione, in termini di “senso”, dell’esperien-za stessa.Gaggero propone dunque di esplorare una lineadi ricerca che consenta di rapportarsi all’esperien-za musicale in modo non riduttivo e, al tempostesso, non accessorio.I concetti di Stile e Narrazione, Senso eSignificato, si rivelano, in tale prospettiva, utiliausili di un processo interpretativo volto più a“comprendere” che a “spiegare”.Interessante, anche per le sue implicazioni clini-che e per quelle relative alla strutturazione delsetting, il capitolo dedicato ai rapporti tra musi-coterapia e temporalità.Di significativo rilievo inoltre, come nota ancheBunt, la presentazione di un organico “modello dilettura multiprospettico” della seduta di musico-terapia che può fornire utili spunti di approfondi-mento anche nel lavoro di supervisione.Il libro offre, in ultima analisi, una breve (115pagine comprese la Presentazione di Bunt e laBibliografia) ma densa proposta, che tocca temiineludibili per chi si occupi professionalmente dimusicoterapia.La presenza di un Glossario ed il ricco apparato dinote forniscono inoltre al lettore un utile supporto.Ci auguriamo che tale linea di ricerca venga ulte-riormente perseguita e che le prospettive indica-te da questo lavoro possano vedere quanto primaulteriori approfondimenti e sviluppi.

Ferruccio Demaestri

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che oscurano la percezione di sé e degli altri. Il Movimento Autentico è arrivato in Italia nel1991, per iniziativa di Rosa Maria Govoni, con iprimi due gruppi tenuti da Janet Adler in Toscana,in collaborazione con Tina Stromsted ed eranostati preceduti da quelli iniziati da JoanChorodow in Svizzera poco tempo prima. I duegruppi che seguirono gli insegnamenti di JanetAdler per nove anni in Italia e, successivamente,per altri due in Grecia, avevano caratteristichemolto particolari. Erano composti in maggioranzada danza/movimento terapeute e da psicotera-peute junghiane provenienti da diversi paesid'Europa. Uno dei due gruppi era composto disole donne e nell'altro la presenza maschile eracomunque ridotta; si comunicava in inglese, manon era questa la lingua madre della maggioran-za. Per molte di loro, la terra di origine era diver-sa da quella di residenza, fatto che, forse, noncostituisce un dettaglio trascurabile. Un'approfondita conoscenza del linguaggio delmovimento era quello che accomunava quantihanno fatto parte di questi gruppi, e questo èstato l'elemento che ha permesso di andare oltrele barriere linguistiche e culturali. Il solido conte-nitore di questi gruppi si materializzava in ungrande cerchio di testimoni, che delimitavanouno spazio del tutto particolare nel quale avveni-va il rito del movimento. Sarebbe interessante, in questa epoca di globaliz-zazione, una storia più approfondita di questigruppi sopranazionali, ma esula dalla possibilitàdi questa piccola introduzione, basti dire che essisono stati i serbatoi dai quali sono emerse le per-sone che oggi conducono gruppi di MovimentoAutentico in Italia e Europa. Insegnano prevalen-temente la disciplina del Movimento Autentico,così come la intende Janet Adler, o la applicanonei loro setting privati di danza/movimento tera-pia. Mantengono inoltre la propria pratica in pic-coli gruppi nelle loro città e si ricongiungono adaltri ritrovandosi annualmente in diversi luoghi

within" della stessa Chorodow.Il Movimento Autentico è oggi una pratica, unadisciplina, regolata da specifici parametri, utiliz-zata come strumento per la crescita psicologica edella creatività, che si è sviluppata anche comevia di consapevolezza spirituale. Gli scritti diognuna delle autrici riflettono storie, personalitàe riferimenti teorici diversi ma il filo di congiun-zione è quello dell'esperienza. Il MovimentoAutentico, ha come obiettivo la scoperta e lo svi-luppo del proprio testimone interiore, in altreparole quella parte di noi capace di "contempla-re"il proprio vissuto. La specificità del MovimentoAutentico è nel cercare quest'obiettivo rivolgen-do l'attenzione recettiva verso il proprio flussocinestesico, sensoriale ed emozionale nel lasciarefluire, ad occhi chiusi, il proprio movimento spon-taneo e autoguidato. La capacità recettiva, "ladisposizione a fare esperienza del proprio essere,come modo di creare uno spazio per l'arrivo dinotizie dal proprio Sé", cresce nel rimanere com-pletamente nel qui ed ora dell'azione espressiva,nata dagli impulsi profondi presenti nel corpo. Ilcorpo e la forma del movimento costituiscono ilprincipio ordinatore che riceve e "scolpisce l'ener-gia, offrendo un contenitore chiaro".Janet Adler in particolare ha rilevato la centraleimportanza della relazione tra chi si muove (ilmover) e chi lo osserva (il testimone) come spazioprimario grazie al quale è possibile integrare l'e-sperienza. Il testimone esterno "contempla" nonsoltanto quello che vede ma anche la sua propriaesperienza, la sua danza interiore, le vibrazioni delproprio corpo nel momento dell'osservare. Il vede-re e l'essere visti, ma anche la restituzione del vis-suto, sono momenti fondamentali della pratica. Lacondivisione, attraverso la parola o attraverso ilinguaggi del movimento, apre nuovi spazi poeticinella psiche del singolo e del collettivo e arricchi-sce non soltanto l'esperienza intrapsichica, maanche le relazioni interpersonali, favorite dal gra-duale riconoscimento dei meccanismi proiettivi

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recensioni

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facilita la scelta di risposte non verbali adeguate.Inoltre la pratica del Movimento Autentico accre-sce la disposizione a vivere l'esperienza contro-transferale, che richiede al terapeuta l'apertura diuno spazio interiore nel quale possa scorrere edessere contenuto il flusso emotivo del paziente. Certe rigidezze nell'apparato delle proprie difese,certe caratteristiche di personalità, perfino ilnostro ordinario stato di coscienza possono crea-re in noi l'incapacità di entrare in risonanza concerti aspetti del paziente. La pratica delMovimento Autentico costituisce un modo siste-matico di lasciare fluire liberamente la nostrasensibilità, di mantenere aperto l'ascolto verso ipiù sottili cambiamenti somatici, e di scoprire cosìforme di coscienza intuitiva, ampliata, necessariaper permettere la comunicazione tra inconscio einconscio. In particolare costituisce un modo disollecitare la profonda recettività necessaria pervivere il controtranfert somatico; concetto que-sto, che attinge alla psicologia junghiana e che P.Lewis definisce come un flusso diretto tra gliinconsci somatici dei mèmbri della relazione tera-peutica, costituito da vibrazioni energetiche,ritmi e sottili movimenti corporei, in molte occa-sioni l'unica via che ci permette di avvicinarci avissuti così intensi, estremi o incomprensibilicome quelli dei pazienti più gravi. II gruppo che si è originariamente formato conJanet Adler continua quindi la pratica in manieraautogestita, non soltanto per la propria crescitapersonale o per affinare la capacità di testimo-niare il movimento del paziente, ma anche permantenere aperta la disponibilità a vivere il con-trotransfert e per modulare la propria presenzaterapeutica. Con questo stesso obiettivo oggi ilMovimento Autentico, insegnato da TinaStromsted e Patrizia Pallaro, è stato incorporatonel training di danza/movimento terapiadell'Associazione Art Therapy Italiana.

Maria Elena Garcìa(dall’introduzione al testo)

d'Europa. I cerchi di Movimento Autentico siintersecano, si ricompongono, si separano, siallargano come le onde prodotte da un sasso lan-ciato sull'acqua. Le danza/movimento terapeute italiane, tutteappartenenti all'Art Therapy Italiana, che hannoavuto la fortuna di accedere a questo insegna-mento sono: Antonella Adorisio, Silvia Antonini,Teresa Escobar, Maria Luisa Merlo, AntonellaMonteleone, Leonella Partelli, Marcia Plevin, PieraPieraccini, Roberta Sorti, Anna Weatherhogg,Anna Zanolli, chi scrive. Maria Elena Garcìa, e lastessa Rosa Maria Govoni, direttrice delDipartimento di danza/movimento terapia dellasuddetta scuola, condividono un modo di conce-pire il proprio lavoro clinico particolarmente vici-no ai principi del Movimento Autentico, in quan-to proveniente dalla stessa matrice culturale. Questo approccio privilegia le modalità non ver-bali per costruire la relazione terapeutica, basesicura sulla quale è possibile consolidare un pro-cesso trasformativo. Di conseguenza considera divitale importanza la presenza del terapeuta, ecioè non soltanto quello che esso fa ma anche ilsuo modo di essere nella relazione; la capacità dimantenere un costante dialogo con il suo mondointerno e con quello dell'altro. In quest'otticaogni proposta creativa, ogni esperienza di movi-mento offerta dal terapeuta deve nascere dallacoscienza dei bisogni del paziente e del momen-to del processo terapeutico in corso. I vissuti con-trotrasferali, in particolare il controtransfertsomatico, sono considerati un canale fondamen-tale per ricevere informazioni sul livello di svilup-po affettivo del paziente e sulla sua organizzazio-ne egoica, essenziale per trovare adeguate rispo-ste terapeutiche. Lo sviluppo, attraverso il Movimento Autentico,della coscienza recettiva, di un testimone internocapace di osservare la propria esperienza in pre-senza di un altro, favorisce l'integrazione dei pro-cessi mentali e i vissuti corporei del terapeuta e

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notiziarioV Congresso Nazionale di Musicoterapia

ConfIAM “Quale scientificità per la musicoterapia: i contri-buti della ricerca”.Rimini, 3 - 5 ottobre 2003, Bellaria Igea Marina

Presentazione del congressoLa musicoterapia italiana sta crescendo, in termi-ni politici, in termini organizzativi, in termini dicontenuti. Si assiste all’ampliamento dei campid’applicazione e alla contemporanea trasforma-zione delle tecniche sotto l’influenza dei contesti. Ma tutto ciò pone un quesito alla musicoterapiastessa: tutte queste iniziative sono supportate daevidenze scientifiche? Questa è la ragione che haportato l’A.P.I.M. ad organizzare il V CongressoNazionale ConfIAM (Confederazione ItalianaAssociazioni di Musicoterapia) sul tema dellaricerca, difficile ma fondamentale per l’evoluzio-ne culturale di una professione che sta perse-guendo l’obiettivo del riconoscimento giuridico.

Comitato ScientificoBorghesi Massimo, coordinatore C.S.; ManaroloGerardo, Presidente ConfIAM; Postacchini PierLuigi, Bonanomi Claudio, Mancini Marzia,Ricciotti Andrea, Demaestri Ferruccio, BarbagalloAnna Maria, Direttivo APIM; Garotti Pier Luigi,Università di Bologna, Commissione RicercaConfIAM; Scarso Giuseppe, Università Torino,Commissione Ricerca ConfIAM; Raglio Alfredo,Ferrara Carmen, Commissione Ricerca ConfIAM Maurizio Spaccazocchi, Conservatorio di Pesaro,Università di Urbino; Ferdinando Suvini,Presidente Associazione Italiana di Musicoterapia.

Segreteria OrganizzativaBorghesi Massimo, 338/7746947 - [email protected] Marzia, 0541/730117 [email protected]

Programmavenerdì 3, mattino: arrivi - registrazioni venerdì 3, pomeriggio: metodologia della ricercamusicoterapica; chairman A. Raglio (Cremona) • Apertura lavori; Gerardo Manarolo (Genova) -Massimo Borghesi (Rimini)

• Relazione magistrale; Metodologia della ricer-ca nelle artiterapie; prof. P. E. Ricci Bitti, Dipar-timento di Psicologia, AISCNV, (Bologna)

• Scheda rapida di valutazione in mt per la presain carico del paziente; Cristiana Picconi, Fede-rica Polcaro, Raffaella Coluzzi (Roma)

• Musicoterapia e demenze senili: monitoraggioe verifica del trattamento terapeutico condot-to presso l’istituto ospedaliero di sospiro; Fio-renzo Puerari, Maria Chiara Ubezio, DanieleVillani, (Cremona)

• La clessidra sonora - metodologia di una ricer-ca di gruppo in musicoterapia; Mauro Sarci-nella, Luca Pozzi, Sergio Mutalipassi, MonicaMoroni, Monica Consonni, Roberto Bolelli,Luisa Mattazzi (Milano, Torino, Cesena, Terni,RSM, Rimini, Bologna)

• Aspetti etici nella ricerca musicoterapica; JokeBradt, Montclair State University, (NJ, USA)

• Un progetto di osservazione in musicoterapia:la fenomenologia del confine; Carlo Saraceni,Federica Lenci (Roma)

sabato 4, mattino: gli oggetti della ricerca: tastie testi; chairman Ferdinando Suvini (Firenze)• relazione magistrale; Condotte musicali: neo-filia e neofobia; Maurizio Spaccazocchi, (Con-servatorio di Pesaro, Università di Urbino)

• Analisi del musicale nelle cure palliative;Adriano Primadei (Firenze)

• Progetto ‘peter pan’: per la prevenzione dell’a-buso e del maltrattamento sui minori del quar-tiere tribunali - Castellamare; Maria Santono-cito, Patrizia Parentela, Flora Inzerillo

• Uno studio sull’applicazione della musicotera-pia all’interno di percorsi di preparazione allanascita; Raffaella Coluzzi, Michela Franco (Lazio)

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• Musicoterapia e relazione corporea: armonie edisarmonie nel disagio motorio; Bruno Foti(Udine)

sabato 4, pomeriggio: gli oggetti della ricerca:contesti; chairman P.L. Postacchini (Bologna) • relazione magistrale; Setting altrove; MariaElena Garcia (Roma)

• Un progetto pilota di musicoterapia in acquacon pazienti psichiatrici ospiti in comunitàterapeutica; Abrescia Paola, D’Ulisse MariaEmerenziana, Gagliardo Giuseppe, StefaniaCalapai, Cristina Imperatori (Roma)

• Attività musicoterapica in struttura perpazienti anziani; Bellavigna Roberto (Parma)

• La ricerca musicoterapica applicata alle originidella relazione madre / bambino nella fase pree post natale; Alessandra Auditore e PasiniFrancesca (Genova)

• Musicoterapia e coma: un progetto pilotasecondo la metodologia Benenzon; M. Eme-renziana D’Ulisse, Cristiana Picconi, FedericaPolcaro (Lazio)

• Coinvolgimento musicale e gestione del dolore Joke Bradt Montclair State University, (NJ, USA)

domenica 5, mattino: analisi e verifica dei risul-tati; chairman P.L. Garotti (Ravenna) • relazione magistrale; Comunicare progetti diricerca musicoterapici; Joke Bradt MontclairState University, (NJ, USA)

• Ricerca teorico-metodologica su uno strumen-to di analisi del setting gruppale musicoterapi-co; Florenza Inzerillo, Maria Santonocito(Palermo)

• L’intervento musicoterapico con i gravi distur-bi della comunicazione e della relazione: crite-ri di analisi del materiale sonoro/musicale;Angelo Colletti, Fiorenzo Puerari (Milano, Ales-sandria, Cremona)

• Una possibilità di verifica in musicoterapiaattraverso il contributo della teoria dei sisteminon lineari; Cornara Silvia (Lecco)

• Esiti e valutazione di un trattamento musico-

terapico con pazienti affetti da ritardo menta-le; Scaratti L., Scala D., Comensoli E., Monchie-ri S. (Brescia)

• Dibattito e Conclusioni; Gerardo Manarolo(Genova) - Massimo Borghesi (Rimini)

domenica 5, pomeriggio: partenze

Note informativeÈ stato richiesto l’esonero dal servizio per il per-sonale docente della scuola pubblica; sono statirichiesti crediti formativi sanità

TariffePer chi si iscrive al congresso dopo il 31/08/03sono applicabili le seguenti tariffe: • pacchetto 4 stelle: pensione completa Euro250; mezza pensione Euro 240

• pacchetto 3 stelle: pensione completa Euro230; mezza pensione Euro225

• supplemento singola: 4 stelle Euro 8,00; 3 stel-le Euro 7,00

• pacchetto sola iscrizione: Euro 90,00 Ogni pacchetto dà diritto a partecipare ai lavoricongressuali, ricevere una copia degli atti, averelibero accesso ai coffee break e ricevere attesta-to di partecipazione

PrenotazioniLa partecipazione al congresso e la prenotazionealberghiera dovranno essere fatte presso laSegreteria Organizzativa: Marzia Mancini, tel/fax 0541 / 730117 email: [email protected] a seguito del versamento dell'importo dovuto sul c/c 1531,1400,5608 Banca Popolare di Novara / Genova Sede specificando la causale: "VERSAMENTO SOCIO SOSTENITORE; ADESIONE5° CONGRESSO CONFIAM"; specificare nella cau-sale anche il pacchetto scelto.

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modello formativo (P.L. Postacchini, M. Mancini, G. Manarolo, C.Bonanomi) • Il suono e l’anima: la divina analogia (M. Jacoviel-lo) • Considerazioni su: dialogo sonoro, espressione corporea edesecuzione musicale (R. Barbarino, A. Artuso, E. Pegoraro) •Aspetti metodologici, empatia e sintonizzazione nell’esperienzamusicoterapeutica (A. Raglio) • Esperienze di musicoterapia:nascita e sviluppo di una comunicazione sonora con soggettiportatori di handicap (C. Bonanomi)

Volume IV, Numero 1, Gennaio 1996Armonizzare sintonizzandosi (P.L. Postacchini) • Dalla perce-zione uditiva al concetto musicale (O. Schindler, M. Gilardone,I. Vernero, A.C. Lautero, E. Banco) • La formazione musicale (C.Maltoni, P. Salza) • Gruppo sì, gruppo no: riflessioni su dueesperienze di musicoterapia (M. Mancini) • Musicoterapia estati di coma: riflessioni ed esperienze (G. Garofoli) • Il caso diLuca (L. Gamba) • Disturbi del linguaggio e Musicoterapia (P.C.Piat, M. Morone)

Volume IV, Numero 2, Luglio 1996Il suono della voce in Psicopatologia (F. Giberti, G. Manarolo) •La voce umana: prospettive storiche e biologiche (M. Gilardone,I. Vernero, E. Banco, O. Schindler) • La stimolazione sonoro-musi-cale di pazienti in coma (G. Scarso, G. Emanuelli, P. Salza, C. DeBacco) • La creatività musicale (M. Romagnoli) • Musicoterapiae processi di personalizzazione nella Psicoterapia di un caso diautismo (L. Degasperi) • La recettività musicale nei pazienti psi-chiatrici: un’ipotesi di studio (G. Del Puente, G. Manarolo, S.Remotti) • Musica e Psicosi: un percorso Musicoterapico con ungruppo di pazienti (A. Campioto, R. Peconio).

Volume V, Numero 1, Gennaio 1997La riabilitazione nel ritardo mentale ed il contributo della Musi-coterapia (G. Moretti) • Uomo Suono: un incontro che producesenso (M. Borghesi, P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • La Musicote-rapia non esiste (D. Gaita) • L’Anziano e la Musica. L’inizio di unapproccio musicale (B. Capitanio) • Riflessioni su una esperien-za di ascolto con un soggetto insufficiente mentale psicotico (P.Ciampi) • Un percorso musicoterapico: dal suono silente alsuono risonante (E. De Rossi, G. Ba) • La comprensione dell’into-nazione del linguaggio in bambini Down (M. Paolini).

Volume V, Numero 2, Giugno 1997Gli effetti dell’ascoltare musica durante la gravidanza e il tra-vaglio di parto: descrizione di un’esperienza (P. L. Righetti) •Aspettar cantando: la voce nella scena degli affetti prenatali(E. Benassi) • Studio sul potenziale terapeutico dell’ascoltocreativo (M. Borghesi) • Musicoterapia e Danzaterapia: le con-troindicazioni al trattamento riabilitativo di alcune patie neu-rologiche (C. Laurentaci, G. Megna) • L’ambiente sonoro dellafamiglia e dell’asilo nido: una possibile utilizzazione di suoni emusiche durante l’inserimento (M. G. Farnedi) • La Musicotera-pia Prenatale e Perinatale: un’esperienza (A. Auditore, F. Pasini).

Volume VI, Numero 1, Gennaio 1998Le spine del cactus (C. Lugo) • L’improvvisazione nella musica,in psicoterapia, in musicoterapia (P. L. Postacchini) • L’improv-visazione in psicoterapia (A. Ricciotti) • L’improvvisazione nella

Numero 0, Luglio 1992Terapie espressive e strutture intermedie (G. Montinari) •Musicoterapia preventiva: suono e musica nella preparazioneal parto (M. Videsott) • Musicoterapia recettiva in ambito psi-chiatrico (G. Del Puente, G. Manarolo, C. Vecchiato) •L’improvvisazione musicale nella pratica clinica (M. Gilardone)

Volume I, Numero 1, Gennaio 1993Etnomusicologia e Musicoterapia (G. Lapassade) • Metodologiemusicoterapiche in ambito psichiatrico (M. Vaggi) • Aspetti diun modello operativo musicoterapico (F. Moser, I. Toso) • Lavoce tra mente e corpo (M. Mancini) •Alcune indicazioni biblio-grafiche in ambito musicoterapico (G. Manarolo)

Volume I, Numero 2, Luglio 1993Musicoterapia e musicoterapeuta: alcune riflessioni (R. Benen -zon) • La Musicoterapia in Germania (F. Schwaiblmair) • LaMusicoterapia: proposta per una sistemazione categoriale eapplicativa (O. Schindler) • Riflessioni sull’analisi delle perce-zioni amodali e delle trasformazioni transmodali (P.L. Postac-chini, C. Bonanomi) • Metodologie musicoterapiche in ambitoneurologico (M. Gilardo ne) • I linguaggi delle arti in terapia: lospazio della danza (R. De Leonibus) • La musicoterapia nellaletteratura scientifica internazionale, 1ª parte (A. Osella, M.Gilardone)

Volume II, Numero 1, Gennaio 1994Introduzione (F. Giberti) • Ascolto musicale e ascolto interiore(W. Scategni) • Lo strumento sonoro musicale e la Musicotera-pia (R. Benenzon) • Ascolto musicale e Musicoterapia (G. DelPuente, G. Manarolo, P. Pistarino, C. Vecchiato) • La voce comemezzo di comunicazione non verbale (G. Di Franco)

Volume II, Numero 2, Luglio 1994Il piacere musicale (M. Vaggi) • Il suono e l’anima (M. Jacoviel-lo) • Dal suono al silenzio: vie sonore dell’interiorità (D. Moran-do) • Gruppi di ascolto e formazione personale (M. Scardovelli)• Esperienza estetica e controtransfert (M. E. Garcia) • Funzio-ne polivalente dell’elemento sonoro-musicale nella riabilitazio-ne dell’insufficiente mentale grave (G. Manarolo, M. Gilardone,F. Demaestri)

Volume III, Numero 1, Gennaio 1995Musica e struttura psichica (E. Lecourt) • Nessi funzionali eteleologici tra udire, vedere, parlare e cantare (Schindler, Ver-nero, Gilardone) • Il ritmo musicale nella rieducazione logope-dica (L. Pagliero) • Differenze e similitudini nell’applicazionedella musicoterapia con pazienti autistici e in coma (R. Benen-zon) • La musica come strumento riabilitativo (A. Campioto, R.Peconio) • Linee generali del trattamento musicoterapico di uncaso di “Sindrome del Bambino Ipercinetico” (M. Borghesi) •Strumenti di informazione e di analisi della prassi osservativain musicoterapia (G. Bonardi)

Volume III, Numero 2, Luglio 1995Il senso estetico e la sofferenza psichica: accostamento stri-dente o scommessa terapeutica? (E. Giordano) • L’inventiva delterapeuta come fattore di terapia (G. Montinari) • La formazio-ne in ambito musicoterapico: lineamenti per un progetto di

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articoli pubblicati

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bile (M. M. Coppa, E. Orena, F. Santoni, M. C. Dolciotti, I. Giam-pieri, A. Schiavoni) • Musicoterapia post partum (A. Auditore,F. Pasini)

Numero 4, Luglio 2001Ascolto musicale, ascolto clinico (A. Schön) • Musicoterapia etossicodipendenza (P. L. Postacchini) • Il paziente in coma: sti-molazione sonoro-musicale o musicoterapia? (G. Scarso, A.Visintin) • Osservazione del malato di Alzheimer e terapiamusicale (C. Bonanomi, M. C. Gerosa) • Due storie musicotera-piche (L. Corno) • Il suono del silenzio (A. Gibelli) • Il setting inMusicoterapia (M. Borghesi, A. Ricciotti)

Numero 5, Gennaio 2002Riabilitazione Psicosociale e Musicoterapia aspetti introduttivi(L. Croce) • Evoluzione del concetto di riabilitazione in Musico-terapia (P. L. Postacchini) • Prospettive terapeutiche nell’infan-zia: “Dalla disarmonia evolutiva alla neuropsicopatologia (G.Boccardi) • Musicoterapia e ritardo mentale (F. Demaestri, G.Manarolo, M. Picozzi, F. Puerari, A. Raglio) • Indicazioni al trat-tamento e criteri di inclusione (M. Picozzi) • L’assesment inMusicoterapia, il bilancio psicomusicale e il possibile interven-to (G. Manarolo, F. Demaestri) • L’assessment in musicoterapia,osservazione, relazione e il possibile intervento (F. Puerari, A.Raglio)• Tipologie di comportamento sonoro/musicale in sog-getti affetti da ritardo mentale (A. M. Barbagallo, C. Bonano-mi) • La musicoterapia per bambini con difficoltà emotive (C.S. Lutz Hochreutener)

Numero 6, Luglio 2002Relazione, disagio, musica (M. Spaccazocchi) • Musicoterapiaa scuola (M. Borghesi, E. Strobino) • Musicoterapia e integra-zione scolastica (E. Albanesi) • Un intervento Musicoterapicoin ambito scolastico (S. Melchiorri) • L’animazione musicale(M. Sarcinella) • L'educazione musicale come momento di inte-grazione (S. Minella) • L’improvvisazione vocale in musicotera-pia (A. Grusovin) • L'approccio musicoterapico nel trattamen-to del ritardo mentale grave: aspetti teorici e presentazione diun’esperienza (Karin Selva) • Musicoterapista e/oMusicoterapeuta? (M. Borghesi, A. Raglio, F. Suvini)

Numero 7, Gennaio 2003La percezione sonoro/musicale (G. Del Puente, F. Fiscella, S.Valente) • L’ascolto Musicale (G. Manarolo) • La composizionemusicale a significato universale. Considerazioni cliniche (G.Scarso, A. Ezzu) • Validità del training musicoterapico inpazienti in stato vegetativo persistente: studio su tre casi cli-nici (C. Laurentaci, G. Megna) • L’approccio musicoterapico conun bambino affetto da grave epilessia. Il caso di Leonardo (L.Torre) • Co-creare dinamiche e spazi di relazione e comunica-zione attraverso la musicoterapia (M. M. Coppa, F. Santoni, C.M. Vigo) • L’evoluzione musicale in Musicoterapia (B. Foti, I.Ordiner, E. D'Agostini, D. Bertoni) • L’intervento musicoterapi-co nelle fasi di recupero dopo il coma (R. Meschini)

pratica musicoterapica (M. Borghesi) • La tastiera elettrica fraeducazione e riabilitazione: analisi di un caso (Pier GiorgioOriani) • Ritmo come forma autogenerata e fantasia di fusio-ne (G. Del Puente, S. Remotti) • Aspetti teorici e applicatividella musicoterapia in psichiatria (F. Moser, G. M. Rossi, I.Toso).

Volume VI, Numero 2, Luglio 1998Modelli musicali del funzionamento cerebrale (G. Porzionato) •La mente musicale/educare l’intelligenza musicale (J. Tafuri) •Reversibilità del pensiero e pensiero musicale del bambino (F.Rota) • Musica, Elaboratore e Creatività (M. Benedetti) •Inchiostro, silicio e sonorità neuronali (A. Colla) • Le valenzedel pensiero musicale nel trattamento dei deficit psico-intel-lettivi (F. De Maestri).

Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999E se la musica fosse…(M. Spaccazocchi) • Una noce poco fa (D.Gaita) • L’ascolto in Musicoterapia (G. Manarolo) • La musicaallunga la vita? (M. Maranto, G. Porzionato) • Musicoterapia esimbolismo: un’esperienza in ambito istituzionale (A. M. Baga-là)

Volume VII, Numero 2, Luglio 1999Dalle pratiche musicali umane alla formazione professionale(M. Spaccazocchi) • Formarsi alla relazione in Musicoterapia (G.Montinari) • Formarsi in Musicoterapia (P. Postacchini) • Pro-spettive formative e professionali in Musicoterapia (P. E. RicciBitti) • Un coordinamento nazionale per la formazione in Musi-coterapia (G. Manarolo)

Numero 1, Gennaio 2000Malattia di Alzheimer e Terapia Musicale (G. Porzionato) • L’u-tilizzo della Musicoterapia nell’AIDS (A. Ricciotti) • L’interven-to musicoterapico nella riabilitazione dei pazienti post-coma-tosi (R. Meschini) • Musicoterapia e demenza senile (F. Delica-to) • Musicoterapia e AIDS (R. Ghiozzi) • Musicoterapia in unServizio Residenziale per soggetti Alzheimer (M. Picozzi, D.Gaita, L. Redaelli)

Numero 2, Luglio 2000Conoscenze attuali in tema di etiopatogenesi dell’autismoinfantile (G. Lanzi, C. A. Zambrino) • Il trattamento musicote-rapico di soggetti autistici (G. Manarolo, F. Demaestri) • Lamusicalità autistica: aspetti clinici e prospettive di ricerca inmusicoterapia (A. Raglio) • Il modello Benenzon nell’approccioal soggetto autistico (R. Benenzon) • Autismo e musicoterapia(S. Cangiotti) • Dalla periferia al centro: spazio-suono di unarelazione (C. Bonanomi)

Numero 3, Gennaio 2001Musica emozioni e teoria dell’attaccamento (P. L. Postacchini)• La Musicoterapia Recettiva (G. Manarolo) • Manifestazioniossessive ed autismo: il loro intrecciarsi in un trattamento dimusicoterapia (G. Del Puente) • Musica e adolescenza Dinami-che evolutive e regressive (I. Sirtori) • Il perimetro sonoro (A.M. Barbagallo, L. Giorgioni, L. Mattazzi, M. Moroni, S. Mutali-passi, L. Pozzi) • Musicoterapia e Patterns di interazione ecomunicazione con bambini pluriminorati: un approccio possi-

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Gli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”edizioni Cosmopolis Corso Peschiera 320 - 10139 Torino - http://www.edizionicosmopolis.com

Page 64: musica terapia numero 8 · L’intervento di musicoterapia nella psicosi Roberto Messaglia pag 34 Terapia sonoro-musicale nei pazienti in coma: esemplificazione tramite un caso clinico

1) I colleghi interessati a pubblicare articoli originalisulla presente pubblicazione sono pregati di invia-re tre copie dattilo scritte ed una copia su dischet-to redatta secondo il programma Word perWindows (tipo RTF) al seguente indirizzo: Dr. Gerardo Manarolo, Vico Curletto Chiuso, 5/6 16121, Genova.

2) L’accettazione dei lavori è subordinata alla revisionecritica del comitato di redazione.

3) La comunicazione di accettazione verrà inviatanon appena il comitato di redazione avrà espressoparere favorevole alla pubblica zione.

4) Il testo degli articoli dovrà essere redatto in linguaitalia na e accompagnato dal nome e cognome del-l’autore (o degli autori) completo di qualifica pro-fessionale, ente di appartenenza, reca pito postalee telefonico, abstract in lingua inglese non supe-riore alle 500 battute.

5) Per la stesura della bibliografia ci si dovrà attenereai seguenti esempi:a) LIBRO: Cordero G.F., Etologia della comunicazio-ne, Omega edizioni, Torino, 1986.b) ARTICOLO DI RIVISTA: Cima E., Psicosi seconda-rie e psicosi reattive nel ritardo mentale,Abilitazione e Riabilitazio ne, II (1), 1993, pp. 51-64.c) CAPITOLO DI UN LIBRO: Moretti G., Cannao M.,Stati psicotici nell’infanzia. In M. Groppo, E.Confalonieri (a cura di), L’Autismo in età scolare,Marietti Scuola, Casale M. (Al), 1990, pp. 18-36.d) ATTI DI CONVEGNI: Neumayr A., Musica edhumanitas. In A. Willeit (a cura di), Atti delConvegno: Puer, Musica et Medici na, Merano,1991, pp. 197-205.

6) Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamente la responsa bilità degli Autori. La proprietà lettera-ria spetta all’Editore, che può autorizzare la ripro-duzione parziale o totale dei lavori pubblicati.

I Quaderni Italiani di Musicoterapia sono distribuitipresso le Librerie Feltrinelli.

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