Musica e canto

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MUSICA E CANTO NELLA LITURGIA

Atti del Convegno sul!' Istruzione

"MUSICAM SACRAM"

Roma. 5 - 7 Giugno 1967

LITURGICA - NUOVA SERIE - 3

A cure del Centro Azione Liturgica

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Imp rimo/II'

Pu/ovii, dit' ]5 monii 1968

AlI •. IJal/is/i, Vie. Gt'n.

In copertina:

DoNATELLO: Angeli cunlori. Bronzo dell'altare maggiore della Basi­l ica di S. Anlonio in Padova.

Ta\'ole fuori testo:

DoSATELLO : Angeli mw."iClll11i. Bronzi dell'altare maggiore della Basi­lica di S. Anton io in Padova.

Grafiche Mes~all~tro di S. Antonio • Dasilica dd Santo • j>~dova

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PRESENTAZIONE

L'Istruzione della S.C. dei Riti .. Musicam sacram:. del 5 marzo 1967 rappresen la, come è noto, una tappa fondamentale nel cammino, delicato c difficile, ma non meno fecondo e gioioso, dci rinnovamento liturgico postconcil iare.

Frutto di una lunga c «sofferta» elaborazione, di uno studio at­tento e realistico della situazione pastorale attuale, nonché dell'apporto di molti liturgisti e musicisti, il documento regola, sia sul piano dot­trinale che pratico, i rapporti che Jegano la musica quando entra a prestare il suo nobile e necessario servizio nell 'azione liturgica. I com­piti della musica e del canto sacro durante le varie celebrazioni della Chiesa, la parte in esse spettante ai vari «attori >, la preparazione delle melodie per i testi in lingua nazionale, l'uso dei vari strumenti musi­cali, infine i compiti e le responsabilità delle Commissioni diocesane e nazionali di musica sacra: sono questi gli argomenti dell'Istruzione presi in esame, con competenza e attenzione in questo volume.

Esso raccoglie ·gli c:Atti » del l Convegno nazionale su La musica e il canto nella Liturgia, organizzato dal C.A.L. all' indomani della pubblicazione dell'Istruzione, e svoltosi a Roma nel giugno del 1967.

Il Centro di Azione Liturgica, proseguendo nel suo umile «ser­vizio » editoriale, ha il piacere di offrirlo non solo a coloro che sono «responsabili » del settore musicale nella Chiesa italiana, ma anche agli appassionati , e in particolare ai pastori, cui compete di curare c:con zelo e pazienza. la preparazione e lo svolgimento delle azioni liturgiche c la formazione dei vari attori della celebrazione , in rode dclla gloria di Dio e per la «edificazione » del Corpo di Cristo.

Il Centro Azione Liturgica

Mercoledì delle Ceneri , I Y68.

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INDIRIZZO DI BENVENUTO

di Sua Eccellenza Moos. Carlo Manziana Vescovo di Crema

Apriamo il Convegno di studio su .. La musica e canto nelw Liturgia, per l'approfondimento della Istruzione cMusicam Sacram, del 5 marzo u.s.

Questo documento può essere considerato prevalentemente nelle sue implicanze musicali Q in quelle liturgiche.

Un convegno tecnico di musicisti, per approfondire le leggi della composizione musicale dei canti in lingua viva, per lo scelta del reper­torio, per promuovere lo conoscenr.n e l'lIlili4Z0tione del cthesaUTus mu­slcae sacrae, è non solo possibile, ma augurabile; e per questo le asso­ciazioni musicali nazionali e internazionali sono gli organi qualificati .

Come responsabile di lutta lo pastorale liturgica in Italia, lo Com­missione episcopale per lo Liturgia, si preoccupa anzitutto di studiare l'organizzazione della celebrazione liturgica, come azione comune de/­l'assemblea, in cui ognuno è chiamato a partecipare secondo il suo modo proprio, e ogni parte va eseguita secondo /0 Sila natura e fun­zione. E, appunto, con il canto, quelle parti che {Ii loro lIafllra lo richiedono.

Per questo lo CEL ha rivolto /'invito ai responsabili della pasto­rate liturgica nelle singole diocesi, alle commissioni di liturgia e musica, perché si possa giungere a una mentalità comune per un'azione comune.

La CEL ringrazia quelli che hanno accettato questo suo invito, e desidera salutare nei presenti tutti gli incaricati che nelle diocesi lavorano all'apostolato della Musica e del canto nella Liturgia.

Si sa che la Musica ha una parte rilevantissima nella Liturgia, ed è parte essenziale di quella partecipazione attiva del popolo all'azione li­turgica, che è uno dei punti più insistentemente inculcati dalle Costitu­zioni conciliari, e dalle Istruzioni post-conciliari.

Ora da questo convegno si vorrebbe ottenere un frutto, aspettato

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8 INDIIIiZZO DI BENVENUTO

lla tluti. ma specialmente dalla Chiesa d'llalia: che tutti i musicisti imro· ducano nel settore della Musica Sacra quanto hanno di meglio con fa grandezza di ciò che conviene a Dio, e nello stesso tempo con fa sempli­cità esigita dal canto del popolo.

Dicianw subito che ;n nessuna maniera, alla luce delle parole dei documenti conciliari, si intende rinunciare all'ingente e prezioso patri­/llOlIio gregoriano e poli/anieo.

Solamente .si vorrebbe che in meuo a tutla lo composiTione fiorita dopo la riforma, in maniera un po' affrettata e forse non sempre in linea CDII il meglio di prima della riforma, entrino nuove composizioni, che si impongano come l'elemento più valido. e più degno della tradizione; composizioni che (in stretta cOllnessioni! con le azioni liturgiche) , sap­piano esprimere in maniera efficace le realtà sante significate.

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ABBREVIAZIONI

Costituzione Conciliare:

se = VATICANO Il, Costituzione Liturgica Sacrosllllclllm Condlil/m. 4 Dic. 1963.

Costituzione Apostolica:

DCS PIO XI, Costituzione Apostolica Dil'ini Cufllls slIIr­cliratem. 20 Dic. 1928.

Encicliche:

MD MSD

Motu Proprio:

Mpr TLS

Istruzioni:

IMS et SL

ICE

IMS ITAA

IEM

Altre sigle;

S.C.R .

CE.L.

DP

ECAS

PIO XII, lenera Enciclica Medimor Dei, 20 Nov. 1941.

PIO XII , LeUera Enciclica Musical' Sacrt/t' disciplina. 25 Dic. 1955.

PIO X, Motu proprio Tra Il' Sol/edludi/li. 22 Nov. 1903 .

S.CR .• Istruzione De MlIsiCt/ Sacrtl t'I Sacra Li/llrgia. 3 Sell. 1958. S.C.R .. Istruzione l /lter Oecumenid per l'esatta appli­ca;done della Cost ituzione sulla Sacra Liturgia, 26 $eli. 1964.

S.C.R., Istruzione Musicam SOUOIII, 5 Marzo 1961.

S.C.R., Istruzione Tres Ablrinc An/los (Seconda Istru­zione per l'esatta applicazione della Costituzione sulla S. Liturgia), 4 Maggio 1961. S.eR., Istruzione EucllllristiclIm Myslerium. 2S Maggio 1961.

Sacra Congregazione dci Rit i. Commissione Episcopale italiana per la Liturgia. A. B UGNrNI, Documenla POli lifidtl ad illl,lallrationem liwrgicam speClmlli<l. Edizioni Liturgiche. Roma I v. 1953, II v. 1959. Edizioni Canti a Schede.

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SIGNIFICATO DELL'ISTRUZIONE (!MUSICAM SACRAM» NELLA LEGISLAZIONE LITURGICO-MUSICALE

DON CORRAOO MORETTI

Dall'inizio del secolo ad oggi, la suprema Autorità della Chiesa ha emanato cinque importantissimi documenti sulla Musica sacra. Di quest'argomento si è espressamente occupata anche l'Enciclica Me­diator Dei (1) di Pio XII , del 20 novembre 1947, e la Costituzione Sacrosanctum Concilium (2), promulgata dal Vaticano Il il 4 dicem­bre 1963.

I cinque documenti classici della legislazione liturgico-musicale astraendo dalle prescrizioni contenute nel Caeremoniale Episcoporum, nel Codex Juris Canonici e nei decreti particolari della S. Congrega­zione dei Riti - sono, in o rdine di tempo:

1. - Il Motu proprio di S. Pio X Tra le sollecitudini (3) del 22 novembre 1903.

2. - La Costituzione Apostolica di Pio Xl Divini cultus sancli­talem (4) del 20 dicembre 1928.

3. - La Lettera Enciclica di Pio XII Musicae sacrae discipli­na (5) del 25 dicembre 1955.

(1) A. BUGNINI, DP, 1\. 41.

(2) CoNCILIO VATICANO Il. COj/jtu~jol/1! sI/Ifa Saaa Liturgia, Traduzione eseguila dal Centro di Azione Li turs;iea, Romn.

(3) A. BUGNINI DP, n. 3.

(4) ib., n. 19. (S) ib., 1\. 69.

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12 1>01'1 COkkM)(l MORETfI

4 . • L'Istruzione della Sacra Congregazione dei Riti de Mu· sicct sacra et sacra Liturgia (6) dci 3 settembre 1958.

5 .. L'Istruzione della Sacra Congregazione dei Riti Musicam sacram (7) del 5 marzo 1967.

E' di quest'ulti ma clstruzione sulla Musica nella sacra Liturgia~ che ci dobbiamo direttamente occupare; ma poiché il documento corona ann i di fervido riordinamento liturgico--musicale, e detta precise norme per l'applicazione pratica dci capitolo VI della Costituzione liturgica, potremo coglierne l'autentico significato solo con una sintesi dell'attuale momento musicale sacro, muovendo l'indagine dall'enunciazione del principio ispiratore della riforma liturgica e seguendone la logica evo· luzionc che, con vitalità feconda e provvidenziali affermazioni, è sfo­ciata nclle deliberazioni del Concilio.

* * * La riforma liturgico-musicale, già fervidamente auspicata, nel

secolo scorso, da alcuni spiriti eletti e da movimenti precursori, è nata ufficialmente col M olu proprio di S. Pio X, nel quale, prima delle d isposizioni disciplinari - che, in qualche parte, si sono dimostrate transitorie - hanno valore essenziale:

a) il principio della partecipazione attiva, e

b) la defin izione di Musica sacra.

Gli sviluppi logici si avvertono già nella Costituzione apostolica di Pio XI , dove espressamente è indicato, nel canto del popolo in un ione al clero ed aOa schola, il mezzo pi ù efficace per fa re attivamente partecipare tutti i fedeli al divin culto.

Nell'Enciclica MSD, a fi anco delle classiche forme liturgico·mu­sicali del Canto gregoriano c della polifonia, incomincia -ad allinearsi il canto popolare: tim ido esordio che. in pochi ann i, riceverà insospettato svilu ppo e piena affe rmazione.

Anche la teologia della partecipazione se n'è arricchita, sia con le prospett ive di un autentico apostolato (8) compiuto dagli attor i dci

(6) ib. , n. 84. (7) Tradul.ione ripresa da ll'Osurl'<lIQre RQ/Illll/Q dcll'8 marzo 1967. (8) AfSD 17.

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SIGNIFICATO DElL'ISTRUZ IONE CMUSICAM S'\CRAM ~ il

sacro rito, sia ncl forte richiamo, all'arte ed agli artisti a non SV InCO·

Jarsi dal fine ultimo delle azioni umane: la gloria di Dio (9). La IMS et SL del 1958 ha coordinato e codificato - alla luce della

dottrina esprcssa nella MD - la prima tappa della riforma liturgica preconciliare, sigillata dalla potente personalità di Papa Pio XII che, a questo ultimo atto del pontificato, ha saputo conferire il sapore c la sostanza di testamento spirituale.

Nel campo degli enunciati dottrinali, l'lstruzione ha definito la natura specifica delle cazioni liturgiche ~ e dei «pii esercizi», coordi­nandone i rapporti.

Il principio della partecipazione attiva, inoltre, vi è portato a maturazione non solo perché ispira ed informa tutto il documento. ma per la particolareggiata analisi dei gradi di perfezione con cui si può realizzare, sia rispetto alle categorie di persone che vi concor­rono con diversa responsabilità, che secondo i modi di pratica ese­cuzione rituale, i mezzi proposti per facilitarla , le ,forme estetiche per arricchirla,

Il canto popolare vienc qui. senza riserve, promosso a piena dignità liturgica,

Alla musica sacra è dedicato un inte ro capitolo nella Costi­tuzione liturgica del Vaticano Il , dove si riafferma che la forma più nobile e solenne è conferita, alle azioni di culto, dal canto dell'as­semblea (IO).

Negli altri capitoli troviamo organicamente puntualizzato il pen­siero teologico della Chiesa, che qui giunge a definitive conclusioni sulla partecipazione attiva: conclusioni maturate attraverso l'evol­versi di un travagliato mezzo secolo di riforme.

Mi pare di poterle così riassumere:

a) i fedeli, per partecipare attivamente, devono essere conve­nientemente istruiti ed educati e devono sentirsi responsabili , nei limiti delle loro attribuzioni ministeriali c comunitarie;

b) tutti i cristiani partecipano in qualche modo, in virtù del carattere battesimale , al regale sacerdozio di Cristo (tI), negli atti comunitari collettivi - non nelle specifiche azioni ministeriali per

(9) MSD 9, IO. (IO) Clr SC 110. (lI) Clr f PI 2, 9.

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14 DON CORR,\OO MOItETTI

cui non si possono attuare distinzioni di privilegio o di limitazione, in base alla stirpe, al sesso, al censo, alla persona (12);

c) il popolo cristiano ha il fondamentale diritto di compren­dere chiaramente il segno, il rito, la parola liturgica; il clero, perciò, deve istruirlo e dargli un'adeguata formazione, mentre la suprema Autorità, per parte sua, ha giudicato opportuno concedere, in amplis­sima misura, l'uso della lingua volgare;

d) il popolo di Dio è costituito da lutti i popoli dell a terra, riuniti in una sola famiglia; è quindi giusto che, negli atti di culto, siano usate anche le più nobili forme di espressione scenica, -letteraria, musicale delle varie civiltà, sotto il controllo dell'Autorità ecclesia­stica territoriale.

* * * Non è mio compito, in questa relazione, sottolineare i prmclpl

fondamentali, o addentrarmi in una particolareggiata analisi della lMS; ma, esposta la sintesi introduttiva, mi fermerò a considerare alcuni motivi conduttori (siamo in atmosfera musicale e ben ci sta l'analogia con il leitmotiv) la cui elaborazione giuridica non si rjduce ad un semplice dettato d i disciplina ecclesiastica, ma svela lo sviluppo, senza soluzione di continuità, dei principi enunciati da S. Pio X e maturati a poco a poco con l'acquisizione di nuovi concetti, col ripensamento critico e con l'evolversi logico degli argomenti e dei fatti. Perciò, più che esplorare il contenuto, dovrò profilarne quei lineamenti essen­ziali che possono aiutarci ad afferrarne l'autentico significato ed a scoprirne lo spirito informatore.

I tre tempi di questo momento musicale sinfonico - (siI venia verbo) - saranno:

I - La partecipazione attiva. Il - La definizione di Musica sacra. 111 - La disciplina della musica strumentale.

I - LA PARTECIPAZIONE ATIIVA

Scrisse S. Pio X, al tetto capoverso del Mpr TLS: _Essendo Nostro vivissimo desiderio che il vero spirito cristiano rifiorisca per

(12) CII' SC 32.

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SIGNIFICATO DELL'ISTRUZIONE cMUSICAM SACRAM:. IS

ogni modo e si mantenga nei fedeli tutti, è necessario provvedere prima di ogni altra cosa alla santità e dignità del tempio, dove ap­punto i fedeli si radunano per attingere tale spirito dalla sua prima e indispensabile fonte, che è la partecipazione attiva ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa) (13).

Questo profetico seme attese qualche tempo prima di germo­gliare rigoglioso, nonostante le esplicite raccomandazioni a cresti­tuire il Canto gregoriano all'uso del popolo, affinché i fedeli prendano di nuovo parte più attiva alla officiatura ecclesiastica) (14).

Dopo una dozzina d'anni, però, il germoglio era sempre vivo, se il Cardinale Pietro Gasparri, Segretario di Stato di Benedetto XV, poté scrivere all'Abate di Monserrato, il 15 marzo 1915: «Diffon­dere tra i fedeli la conoscenza esatta della Liturgia, istillare nei cuori il gusto sacro per le formule, riti e canti, con· cui, uniti alla loro Madre comune, la Chiesa, prestano culto a Dio, attrarli ad una parte­cipazione attiva dei misteri sacri e delle feste ecclesiastiche, tutto questo deve servire mirabilmente ad associare il popolo al Sacerdote, portarlo alla Chiesa, nutdrgli la pietà, infervorargii la fede e miglio­rargli la vita , (t 5).

Fu il primo accenno esplicito al canto dei fedeli, neWambito della partecipazione attiva, dopo il dettato di S. Pio X.

La Costituzione Apostolica di Pio XI, riproponendo il concetto di partecipazione attiva con le parole stesse di S. Pio X (16), ne intravide le prime positive realizzazioni; ciI popolo cristiano, com­penetrato da un più profondo sentimento liturgico, comincia a pren­dere parte più attiva al rito eucaristico, alla preghiera pubblica ed alla salmodia sacra:. (17). E il canto dei fedeli vi è segnalato come perfetta integrazione dell'assemblea liturgica:

«E' la voce viva quella che deve risuonare nel tempio: la voce, cioè, del cIero, dei cantori, del popolo ... ,.

«Affinché j fedeli prendano una parte più attiva al divin culto, i! Canto gregoriano, in ciò che spetta al popolo, sia restituito nell'uso del popolo. Occorre infatti che i fedeli, non come estranei o muti spettatori, ma, compresi veramente e penetrati dalla bellezza della Liturgia, assistano in tal modo alle sacre funzioni - anche allorché si

(13) A. BUGNINI, DP, 3. (14) ib., 13. (15) ib. , n. 11. (16) ib., 4. (17) ib., 4.

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16 DON COIlIt"'OO MO It ETT.

celebrano processioni solenni - da allcTnaTe la loro voce secondo le dovute norme, a quelle del sacerdote o della schola cantorumj che se ciò accad rà fe licemente, non si avrà più a lamentare quel triste spettacolo in cui un popolo non risponde affatto, o appena con un mormorio sommesso e indistinto, alle preghiere più comuni proposle in lingua liturgica ed anche in volgare ~ (18) .

La donTina di Pio XII . in tema di partecipazione attiva - tema toccato in profond ità, se non in ampiezza. nelle due citate Encicliche -fu riproposta nella IMS et SL del 1958,

.La Messa r ichiede, per sua natura, che tu lti i presenti vi par­tecipino nel modo proprio a ciascuno.

a) Questa partecipazione deve essere in primo luogo interna, attuata cioè con devota attenzione della mente e con affetti del cuore, attraverso i quali i fedeli "strett issimamente si uniscano al Sommo Sacerdote .. . e con Lui e per Lui offrano il Sacrificio e con Lui si donino" (19).

b) la partecipazione però dei presenti diventa più piena , se all 'attenzione interna si aggiunge una partecipazione esterna, mani­festata cioè con atti esterni, eome sono la posizione del corpo. i gesti ritu ali . soprattutto pero le risposte, 'Ie preghiere e il canto ...

c} Finalmente la partecipazione attiva diviene perfetta, quando vi si aggiunge anche la partecipazione sacramentale, per la quale. cioè, j fedeli presenti partecipano non solo con affetto spirituale. ma anche con la sacramentale Comunione ... ' (20).

Dopo queste chiare premesse, l'Istruzione si diffonde neUe norme pratiche per attuare una degna partecipazione a ttiva - con diversi gradi di progressivo impegno - nell a Messa solenne, ne ll a Messa can­tata, nell a Messa letta (21).

Un passo importante, nei principi conduttori della riforma, potrà cssere attuala, praticando la seguente disposizione :

«Nelle Messc le tte i fedeli possono cantare canti popolari reli­giosi, a condizione , però che siano stre ttamente intonati alle singole parli della Messa ... Questi canti possono essere eseguiti anche su testi in lingua volgaru (22).

(l8) ib. , 14, 16. (1 9) IMS et SL 22 u. (20) Cf' ib., 22 b, c. (21) CI, Ib., 22-34. (22) ih., 21, e anche 14 h.

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SIGNIFICATO DELL.'ISTlWZiONE CMUS ICAM SACRAM :> 17

La Costituzione liturgica del Vaticano Il ha canonizzato e per­fezionato la precedente dottrina:

cE' ardente desiderio della Madre Chiesa che tutti i fedeli ven­gano formati a quella piena, consapevole ed attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia ed alla quale il popolo cristiano "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto" (23) ha diritto e dovere in forza del Battesimo. A tale piena e attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nel quadro della rifonna e dell'incre­mento della Liturgia: essa infatti è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possano attingere il genuino spirito cristiano,., :. (24).

eAnche i ministranti, i lettori, i commentatori, e i membri della schola cantorum svolgono un vero ministero Hturgico .. . :. (25).

ePer promuovere la partecipazione attiva, si curino le accla­mazioni dei fedeli, le risposte, la salmodia, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti c gli atteggiamenti del corpo ... (26).

eL'azione liturgica riveste una forma più nobile quando i divini Uffiei sono celebrati solennemente in canto, con i sacri ministri e la partecipazione 'attiva del popolo :. (27).

eL'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conser­vato nei riti latini. Dato però che, sia nelle Messe che nell'ammini­strazione dei Sacramenti, sia in altre parti della Liturgia, non di rado l'uso della lingua volgare può riuscire di grande utilità al popolo, si può concedere alla lingua volgare una più ampia parte' (28). eSi può concedere, nelle Messe celebrate con partecipazione di popolo una congrua parte alla lingua volgare ... anche nelle parti spettanti al popolo, (29).

eSi promuova con impegno il canto popolare religioso, in modo che nei pii e sacri esercizi, come pure nelle stesse azioni liturgiche, secondo le norme stabilite dalle rubriche, possano risuonare le voci dci .fedeli , (30).

Ed ecco, finalmente, le conclusioni a cui giunge la recente Istruzione:

(23) II Pt 2, 9; Clr 2, 4·5. (24) se 14. (25) se 29. (26) se 30. (27) se 113. (28) se 36. (29) se 54. (30) se 118.

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18 DON COtUIADO MOKETI I

cL'azione Jiturgica riveste una forma più nobile quando è cele­brata ,in canto, con i ministri di ogni grado che svolgono il proprio ufficio c con la partecipazione del popolo. In questa forma di cele­brazione, infatti, la preghiera acquista un'espressione più gioiosa, il mistero della sacra Liturgia e la sua natura gerarchica e comunitaria vengono manifestati più chiaramente, "unità dei cuori è resa più profonda dall'unità delle voci, gli animi si innalzano più facilmente alle cose celesti per mezzo dello splendore delle cose sacra, e tutta la celebrazione prefigura più chiaramente la liturgia che si svolge nell a Gerusalemme celeste :. (/MS 5).

cL'ordinamento autentico della celebrazione li turgica presup­pone anzitutto la debita divisione ed esecuzione degli uffici, per cui ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il 'proprio ufficio si ,limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza; richiede inoltre che si rispetti il senso e la natura propria di ciascuna parte e di ciascun canto. Per questo è necessario in particolare che le parti che di per sé richiedono il canto, siano di fatto cantate, usando tuttavia il genere e la forma rich iesti dalla [oro natura, (lMS 6).

Nelle relazioni seguenti saranno illustrate le norme 'pratiche de­rivanti dai citati principi , ma ritengo opportuno leggere ancora gli articoli che riguardano la partecipazione attiva dei fedeli e la loro preparazione.

( I fedeli adempiono i[ loro ufficio liturgico per mezzo di quella piena, consapevole ed att iva partecipazione che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia e alla quaJe il popolo cristiano ha diritto c dovere in forza del Battesimo.

Questa partecipazione :

a) dev'essere prima di tutto interna : e per essa i fedel i con­formano la loro mente alle parole che pronunziano o ascoltano e cooperano con ·Ia divina grazia;

b) deve però anche essere esterna: e con questa manifestano [a partecipazione interna attraverso i gesti e gli atteggiamenti del corpo, [e acclamazioni , le risposte, ,il canto.

Si educhino inoltre i fedeli a saper innal zare la loro mente a Dio attraverso la partecipazione interiore , mentre ascoltano ciò che i ministri o la schola cantano) (lMS 15).

(Non c'è niente di più solenne e festoso, nelle sacre celebra­zioni, di un'assemblea che, tutta, esprime con il canto la sua pietà

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SIGNIFIC"TO DELL'ISTRUZIONE c MUSIC"M UCR ... ~U 19

e la sua fede. Pertanto la partecipazione attiva di tutto il popolo, che si manifesta con il canto, si promuova con ogni cura, seguendo questo ordine:

a) Comprenda prima di tutto le acclamazioni, ,le risposte ai saluti del celebrante e dei ministri e alle preghiere litaniche; e inoltre le antifone e i salmi, i versetti intercalari o ritornelli, gli inni e i cantici,

b) Con una adatta catechesi e con esercitazioni pratiche si conduca gradualmente il popolo ad una sempre più ampia, anzi fino alla piena, partecipazione a tutto ciò che gli spetta.

c) Si potrà tuttavia affidare alla schola alcuni canti del po­polo, specialmente se i fedeli non sono ancora sufficientemente istruiti, o quando si usano composizioni musicali a più voci, purché il popolo non sia escluso dalle altre parti che gli spettano. Ma non è da appro­varsi l'uso di affidare per intero alla schola cantorum tutte le parti cantate del 'Proprio' e del!' 'Ordinario', escludendo completamente il popolo dalla partecipazione al canto:. (IMS 16).

eSi osservi anche, a tempo debito, il sacro silenzio ; per esso, infatti, .j fedeli non sono ridotti a partecipare all'azione liturgica come estranei e muti spettatori: ma si inseriscono più intimamente al mistero che si celebra, in forza delle disposizioni interne, che derivano dalla Parola di Dio ascoltata, dai canti e dalle preghiere che si pronun­ziano, e dall'unione spirituale col sacerdote che proferisce le parti a lui spettanti , (IMS 17).

eTra i fedeli siano istruiti con special cura nel canto sacro i membri delle associazioni religiose di bici, affinché contribuiscano più efficacemente a sostenere e promuovere la partecipazione dei fedeli. La formazione di tutti .j fedeli al canto sia promossa con zelo e pazienza, insieme alla formazione liturgica, secondo l'età, la con­dizione, il genere di vita e il grado di cultura religiosa dei fedeli stes­si, iniziando già dai primi an ni d'istruzione nelle scuole elementari:. (IMS 18).

L'Istruzione chiude anche una polemica agitatasi , con toni alti ed aspri, per mezzo secolo:

eLa schofa cantorum, secondo le legittime consuetudini dei vari paesi e le diverse situazioni concrele, può essere composta

sia di uomini e ragazzi, sia di soli uomini o di soli ragazzi, sia di uomini e donne,

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20 DON CORRAI)() MORETI.

ed anche, dove il caso veramente lo richieda, di sole donne ,. (lMS 22).

Il Motu proprio di S. Pio X aveva invece dichiaralo: cl cantori hanno, in chiesa, vero officio liturgico, e perciò le

donne, essendo incapaci di tale offido, non possono essere ammesse a far parte del coro o della cappella musicale . ,

La nuova posizione, che già s'intravede nella IMS et SL del 1958, non è dettata da un'attenuazione della disciplina ecclesiastica, ma è logica aflennazione del diritto c dovere che ogni fedele ha, in virtù del Battesimo, a compiere il proprio ufficio liturgico con partecipazione piena, consapevole, attiva (31).

Senza citare altri particolari, concluderò questo punto segnalando gli articoli 32 e 33, che riguardano la possibilità di usare testi

liturgici popolari in alternativa ai testi ufficiali dei libri liturgici; gli articoli 47, 48, 51 sull'uso della lingua latina e delle

lingue volgari; gli articoli 52, 53, 60, 61 che armonizzano le esigenze del

patrimonio tradizionale, con le nuove prospettive della Musica sacra popolare.

Il - LA DEFINIZIONE DI MUSICA SACRA

Il Motu proprio di S. Pio X è stato così esatto nel definire .fa natura della Musica sacra, che il relativo dettato non ha subito, in seguito, variazioni o evoluzioni sensibili .

Credo però che sia utile inserire qui un chiarimento sul valore dci termini usati.

Per natura della Musica sacra dobbiamo intendere la sua intima essenza, composta non dirò di elementi, ma di caratteri o note fon­damentali ed esclusive. La formulazione sintetica di questi valori essenziali rientra nel genere logico della definizione che, per essere esauriente, dovrà tener conto anche del fine e delle forme per cui e con le quali la Musica sacra, da concetto astratto, diviene realtà concreta nell'attuazione del rito, c, da repertorio d'archivio, prende vita nell'esecuzione vocale e strumentale.

Ma che cos'è ,la definizione? La definizione è designazione delle proprictà essenziali e distin-

(30 IM$ el SL 100; Cfr inoltre IM$ 15; se 14.

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SIGNIFICATO OELl'IS1'RUZIONE CMUS IC AM SACR" "h " tive di una cosa, pronunciata non solo in modo estrinseco limitato, cioè, -agli aspetti sensibili c funzionali d'immediata evidenza - ma, soprattutto, in maniera intrinseca o reale, tenendo conto del genere e delle differenze specifiche.

Mi spiegherò con un esempio tra 110, per restare in tema, dal ricco patrimonio della Musica sacra .

.. L'organo è -lo strumento che, nelle azioni liturgiche, accom­pagna il canto e commenta il rito, . Ecco una definizione estrinseca.

Ma posso dire di più: , L'organo è uno strumento ad aria fluente , .fatta vibrare in un sistema di canne sonore , . E' la defini­zione reale 'generica, perché mi distingue questo strumento - ad aria fluente - da quelli di -altro genere: a fiato, a corde, a membrana, ecc.

Se però desidero specificarlo con maggiore precisione, dovrò aggiungere che l'organo si qualifica in particolare ' per l'inerzia fon­damentale del suono e per la proprietà di poter combinare la sintesi acustica col dosaggio degli armonici -artificiali , (32).

Ora: , Musica sacra - enuncia la recente Istruzione - è quella che, composta per la celebrazione del culto divino, è dotata di santità e 'bontà di forme ' (lMS 4).

Il Motu proprio di Pio X definì per primo che: , La Musica sacra, parte integrante della solenne Liturgia ... deve

possedere nel grado migliore le qualità che sono proprie della Li­turgia, e precisamente la santità e la bontà delle forme, onde sorge spontaneo l'altro suo carattere, che è l'universalith (33).

L'Enciclica MSD ripropose alla lettera le citate espressioni di S. Pio X e ne fece seguire un ampio commento (34).

La IMS et SL del 1958, senza tornarvi espressamente sopra, nel Proemio ha confermato la dottrina di S. Pio X e di Pio XII.

La Costituzione liturgica del Vaticano Il ripete infine, nella sostanza, le precedenti definizioni, riassumendone così il contenuto:

.. ... Il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed inte­grante della Liturgia solenne ... Perciò la Musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all'azione liturgica, sia esprimendo più dolcemente -la preghiera e favorendo l'unanimità, sia arricchendo di maggiore solennità sacri riti. La Chiesa poi approva

(32) C. MORElTI, Definizjoue di O'CO"". p. 243 .<s" e L'O,gollo lto/ia11o. Aui Ufficiali del " Congresso lnlern:lzlonale di Mu~ica Sacra, Vicnn;. 1954, Cuneo 1955, nn. 44, 45.

(33) A. BUONI Nt. DP, 5-6. (34) ib., 19·21.

Page 22: Musica e canto

22 DON CORR ADO MOII;ETTI

cd ammette nel culto divino tutte le forme della ve ra arte, purché dotata delle qualità necessarie:. (35).

Le qualità strutturali cd estetiche della Musica sacra devono. innanzi tutto, rispondere ai requisiti specifici dell'alltentica arte.

Dice il M otu proprio: cOeve essere arte vera, non essendo possibile che altri menti abbia

suIranima di chi l'ascolta quell'efficacia che la Chiesa intende otte­nerc accogliendo nella sua Liturgia ,'arte dei suoni. (36).

L'Enciclica MSD dedica un 'ampia sezione a sviluppare il ge­nuino concetto di arte e la sua nobiltà, i limiti di libertà e di respon­salibità dell'artista, il fine ultimo da cui non può deviare, senza grave avvili mento (37).

La bontà artistica si deve però sublimare nella santità delle forme espressive:

.:La Musica sacra dev'essere santa, e quindi escl udere ogni profanità, non solo in sé medesi ma, ma anche nel modo onde viene proposta per parte degli esecutori . dichiara il Motu proprio (38); c la disposizione è ricalcata nell 'Enciclica MSD:

eNon ammetta in sé eiò che sa di profano, né permetta che si insinui nelle melodie con cui viene presentata . (39).

I due documenti si esprimono con formule negative , che la Co­stituzione liturgica ha tradotto in argomenti positivi, integrati dalla recen te Istruzione (40).

La santità è esigenza essenziale delle forme musicali :

al perché queste sono intimamente vincolate all'azione litu rgica;

b) perché devono conferire dolcezza ed espressione più gioiosa alla preghiera ;

c) perché contribuiscono a manifestare più chiaramente il mi­stero della Litu rgia e la sua natura gerarchica c comunitaria ;

d) perché han no il compito di suscitare neU'assemblea l'una­nim ità, di arricchire con la massi ma solennità i sacri riti , di far pre­gustare le gioie celesti.

(35 ) se 112. (36 ) A. BUGtllNl , DP, 8. (37) ih., 8-15. (38) ib., 7. (39 ) ib., 2(). (40) C/~ se 112; MS S.

Page 23: Musica e canto

SIGN I FICATO DELL' ISTRUZIONE CMUSICAM SACRAM ~ 23

Se l'arte musicale è autentica e santa, avrà pure di conseguenza, la caratteristica dell'universalità:

c ... Pur concedendosi ad ogni nazione di ammettere nelle com­posizioni chiesastiche quelle forme particolari che costituiscono in certo modo ii carattere specifico della musica loro propria, queste però devono essere in tal maniera subordinate ai caratteri generali della Musica sacra, che nessuno di altra nazione all'udirle debba provarnc impressione non buona) (41).

c:I fedeli , in qualu nque parte del mondo, sentano come fami­liari e quasi di casa propria quelle armonie, sperimentando così, con spirituale conforto, la mirabile unità deUa Chiesa ) (42).

Questa nota dell 'universalità che, prima del Concilio, restrin­geva i suoi orizzonti all'ambito d'inHuenza della civiltà latino-occi­dentale (canto gregoriano, polifonia classica, musica organistica ... ), oggi è resa più autentica non solo dal clima ecumenico che aiuta a superare tante barriere artificiali, ma anche dalle indicazioni della Costituzione liturgica, che ammette, a parità di diritti, le forme mu­sicali cd espressive di ogni civiltà, purché non contrastino con le note fondamentali del!a santità e del!a bontà delle forme (43).

Un arricchimento quantitativo e qualitativo hanno avuto, in questi sessant'anni, i gene ri specifici delle forme musicali sacre.

Il M otll proprio TLS riconobbe come forma autentica primaria il Canto gregoriano (44), e poi, in ordine gerarchico decrescente, la Pol ifonia classica (45) e - con prudenti cautele e chiare limitazioni -la musica moderna.

Nell'Enciclica MSD si trova la prima esplicita prova di consi­derazione verso un altro genere: il canto popolare, inteso come forma musicale 'autonoma e non soltan to come repertorio di facili melodie gregoriane affidate al popolo (47).

La IMS et SL del 1958, raccogliendo le esperienze della tradi­zione ed i primi incoraggiamenti suscitati dalle innovazioni, ha codi­ficato i generi dellc forme musicali sacre in sci classi:

a) Canto gregoriano, b) Polifonia sacra,

(41) A. BUGNI~I. DP, 9. (42) ib., 21. (43) Clr SC 37·40. 119; IMS 61. (44) A. BUGNINI, DP, 10-\3. (45) ib., 15-17. (47) ib .• 16 e 10·33.

Page 24: Musica e canto

" DON CORRo\.OO MORElTI

c) Musica sacra moderna, d) Musica sacra per organo, e) Canto popolare religioso, O Musica religiosa (48).

La lMS del 1967, invece, riunisce in quattro sole denominazioni i generi della Musica sacra, presentando una classificazione più chiara c di maggior esattezza tecn ica:

a) Canto gregoriano, b) Polironia sacra antica c moderna nei suoi dive rsi generi, c) Musica sacra per organo cd altri strumenti ammessi, d) Canto popolare sacro, cioè liturgico e religioso (IMS 4) .

Coslla tradizione è saldamente riaffermata, le buone innovazioni sono accolte e legalizzate, e il divenire della Musica sacra non è condizionato al passato, ma affidato al genio creativo e religioso del­l'uomo d'oggi e di domani.

Circa gli scopi della Musica sacra, l'unanimità è sempre stata perfetta nei cinque documenti maggiori, l'ultimo dei quali, ripropo­nendo il dettato della Costituzione liturgica (49), cosi si pronuncia:

eH vero fine della Musica sacra è la gloria di Dio e la santifi­cazione dei fedeli:. (lMS 4).

Identica espressione s.i ·Iegge nei testi paralleli del Motu pro­prio TLS (50) e dell'Enciclica MSD (51).

Et però interessante sottolineare l'evolversi in meglio di una dizione, in base all'approfondimento del rapporto di causalità tra i termini dell'enunciato.

Perché - ci possiamo domandare - lo scopo della Musica sacra coincide con quello delle azioni liturgiche: col fine latreutico, la gloria di Dio, e con quello soteriologico, ·Ia santificazione dei fedeli?

Perché - rispondiamo • azione li turgica e musica sacra costi· tuiscono unità sostanziale e non accidentale: unico quindi è il loro scopo.

Anche qui ci aiuta un esempio. L'abito (il vestito) è parte integrante della personalità umana;

la mano, gli occhi , le altre membra, invece, ne sono parte essenziale.

(48) IMS rl S1.. 4-10 . (49) CII' SC 11 2. (!iO) CI' A. BUG.. .. " .. u. DP. S. (!i l ) CI' ib ., II.

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SIGN IFICATO DELL'ISTRUZIONE e MUSICA M S"'CR"'M ~ 2S

Senza dilungarmi oltre, poiché la conclusione è chiarissima, farò osservare che:

11 Motu proprio TLS ha definito la Musica sacra eparte inte­grante della Liturgia solenne , (52);

l'Enciclica MSD ha affermato che essa sta epiù vicina al culto delle altre arti , perché eè ancella della sacra Liturgia, (53);

La IMS et SL del 1958 segna ancora separatamente, nel titolo, i due temi: Musica sacra e sacra Liturgia, spiegando poi, nel testo, che eia Musica sacra è strettamente connessa con la Liturgia, ,,' e che eil canto sacro appartiene integralmente 1I11a Liturgia, (54);

La Costituzione liturgica fa un passo avanti, chiarendo il valore del termine eparte integrante , con ·Ia specificazione di epane necessaria, (55).

Questa evoluzione, in crescendo, si è conchiusa nei mesi scorsi. Paolo VI, nel discorso del 4 gennaio 1967 alle Commissioni dioce­sane di Liturgia e di Arte sacra, ha solennemente proclamato che «Liturgia ed arte sono sorelle , (non più, quindi, una ancella dell'altra).

L'Istruzione del 5 marzo u.s., infine, s'intitola alla Musica nella sacra Liturgia.

L'interpretazione della definizione di Liturgia ha, tra gli altri, un vantaggio pratico di prim'ordine. Fino al Concilio, clero e .fedeli, salvo poche eccezioni, consideravano normali le azioni liturgiche senza canto - come la Messa letta - ed eccezionali la Messa e l'Ufficiatura solenne. Ma dopo la Costituzione liturgica è doveroso compiere una conversione di pensiero e di valutazione, perché solo la Liturgia cantata e solenne è autentica ; la Liturgia letta, o semplice, dovrà invece considerarsi una tappa, non la meta dell'attività -liturgico­pastorale.

III - LA DISCIPLINA DELLA MUSICA STRUMENTALE

Il tema, sotto l'aspetto pratico, sarà tradotto in apposita rela­zione; ma vale la pena dare ancora uno sguardo all'evoluzione di questa disciplina ed alle ampie prospettive del suo divenire.

(52) ;b., S. (53) ;b .. 13. (54) IMS t! / SL 104. (55) se 112.

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2. DON CORRADO MORETTI

Il Motu proprio TLS è stato piuttosto asciulto nei confronti del~ l'organo c abbastanza severo verso gli altri strument i musicali (56). La posizione assunta da S. Pio X - di semplice tolleranza o di aperta riprovazione - era però giustificata dall'intento di reprimere i gravi abusi vcrificatisi nel secolo scorso, quando lo stile del melodramma profano s'impose anche alla Musica sacra.

Poi XI, invece, ha esaltato l'organo con quelle nobilissime espres­sioni della Costituzione AposlOlica , che l'hanno riconsacrato alla sovrana dignità di pontefice degli strumenti:

. La Chiesa ha il suo strumento musicale trad izionale : vogliamo dire l'organo, il qu ale, per la sua meravigliosa grand iosità c maestà, fu stimato degno di disposarsi ai riti liturgici, sia accompagnando il canto, sia, durante i silenzi del coro, secondo le prescrizion i della Chiesa, diffondendo armonie soavissimc ... ~ .

eNoi desideri amo che salve se mpre le norme li turgiche, tutto ciò che riguarda l'organo ognor di più si sviluppi e trovi nuovo in­cremento .. . ~ (57).

Gli fece eco Pio XII , nell 'Enciclica MSD : eF ra gl i strumenti a cui è aperto radito al tempio viene a buon

d iritto in primo luogo l'organo, perché particolarmente adatto ai canti sacri e sacri ri ti e dà alle cerimon ie della Chiesa notevole splendore e singolare magnificenza , commuove -l'animo dei fedeli con la gra­vità c la dolcezza del suono, riempie la mente di gaudio quasi celeste ed eleva fortemente a Dio ed alle cose celesth (58).

II documento autorizza ad usare in chiesa anche altri stru menti musieali - in primo luogo il violino ed il gruppo degl i arch i - purché non abbiano nulla di profano, di chiassoso, di rumoroso (59) .

La IMS et SL dci 1958, che incluse ex professo la musica orga­nistica tra i generi Ij turgici, ha dedicato un'ampia sezione agli stru­menti musicali :

a) all 'organo classico - a canne, precisa - venne confermato il primato di servizio, di onore, di solennità (60) ;

(56) A. BUON INI. DP. 34-40 . (51 ) ;b .• 15. (58 ) ;h .• 28. Cfr C. MO~ I;nl . L 'OfCII/W .. l'arl;('o/cm Utlllt! ndut /(, al l'n'IIi Sac,i

t ai , il i Sacri . da L'Enciclim ''\/ uslcaf Sucru,' diseil'lillo' (lesto e Commento), A.I.S.C., H. oma 1951. J). 364 ,u.

(59) ;b., 29. (60) CI' IMS f l S L 62.

Page 27: Musica e canto

SIGNIFICATO DELL'ISTRUZIONE c MUSICAM SACRAM . 27

b) agli elettrofoni fu concessa semplice tolleranza ad lem· pus (61);

c) agli altri strumenti si chiusero o si spalancarono le porte, secondo le possibilità di «adattarli all'uso -litu rgico, oppure no, (62);

d) agli strumenti dì riproduzione del suono in modo mecca· nico ed automatico . senza l'intervento diretto dell'uomo . fu pre· clusa ogni possibilità di collaborare nei riti sacri (63).

La dizione usata per gli stru menti musicali in genere è però ancora incerta e, in parte, equivoca:

a) incerta, perché nella classificazione degli strumenti l'!stru· zione continua a seguire la tradizione empirica e non Ja precisione scientifica;

b) equivoca, perché lo strumento musicale di per sé non è né liturgico né profano, ma d iviene tal e con l'uso che ne fa il musi· cista, E' lo stile, la forma, l'esecuzione che si possono rendere anti­liturgici quando gli strumenti, semplici mezzi esecutivi, fossero posti in cattive mani ,

L'osservazione, trasferita sul piano sacro, nasce però logica già dal piano estetico,

Nessun musicista serio, per esempio, potrebbe affermare a priori che il suono del violino sia acusticamente più bello di quello del tamburo, anche se tutti sanno che ~e possibilità di esprimere il mondo ideale sonoro sono, nel violino, infinitamente superiori alla poten­zialità del tamburo. Sta all'artista ed al suo stile evocare, dalla po­tenza all'atto, il mistero subli me dei suoi messaggi creativi.

Ed è missione dell'artista saero far pregare i cuori e le voci che cantano sia in accordo ai ripieni dell'organo, in Europa, che al tipico ritmo dei tam-tam, in Africa.

A una chiara conclusione giunge la Costituzione liturgica: «Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne,

strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiun­gere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e aHe cose celesti "

«Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso dell a competente Autorità ecclesiastica

(6]) C/r ib., 64 . (62) Cfr ib .• 60 e 70. (63) Cfr ib .. 71.

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" DON COIiIlADO MORETTI

territoriale, purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio c favoriscano veramente l'edi­ficazione dei fedeli , (64).

La lMS, infine, dopo aver riportato le parole citate dalla Costi­tuzione liturgica, saggiamente dispone sul piano disciplinare:

«Nel permettere l'uso degli strumenti musicali e nella loro uti­lizzazione si deve tenere conto dell'indole e delle tradizioni dei sin­goli popoli . Tuttavia gli strumenti, che secondo il giudizio e l'uso comune , sono propri della musica profana, siano tenuti completamente fuori di ogni azione liturgica e dai pii e sacri esercizi" .

Tutti gli strumenti musicali, 'ammessi DcI culto divino, si usino in modo da rispondere alle esigenze dell'azione sacra, c servire al decoro del culto divino c alla edificazione dei fedeli , (IMS 63).

Non ci troviamo più di fronte a preclusioni idoologiche per alcuni strumenti, come tali; ma la Chiesa giudica necessario tenere fuori deI1'-azione sacra gli strumenti caratteristici di certa musica moderna e di certi ambienti mondani, che evocherebbero profanità, disagio ed anche impressioni sensuali nell'ambiente della preghiera, contribuendo a quella desacralizzazione della Liturgia denunciata da Paolo VI nell'allocuzione rivolta il 19 aprile u.s . al Consilium ad exequendam Constitutionem de sacra Liturgia.

Alcune porte oggi sono chiuse, si potrebbero però spalancare domani. Nella storia della Chiesa c'è, in proposito, un precedente classico. L'organo a canne non solo fu ignorato dalla Liturgia, per alcuni secoli, ma ne fu severamente bandito, come espressione troppo realistica dello spirito e della cultura pagana. Agli inizi del secondo millennio cristiano entrò timidamente nel culto cattolico e solo il Concilio di Trento lo riconobbe come strumento proprio dei riti della Chiesa (65).

Oggi è collocato al vertice della dignità liturgica strumentale, mentre sta felicemente iniziando un irresistibile rinascimento estetico, dopo aver sofferto la negligenza degli uomini, gli avvilimenti del ro­manticismo, felerantiasi del tecnicismo e le caricature degli elettrofoni.

* * * li discorso sull 'evoluzione della legislazione liturgioo-musicale è

stato lungo, ma il documento che l'ha provocato sollecita e merita

(64) se 120. (6S) Sess io XXII , Dl.'crtlllm dI.' obur'·. l'I l'il. il. ul. M isSQI'.

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SIGNIFICATO DELL'ISTRUZION E c MUSICAM SACRAM ;t 29

un'ampia indagine sul suo sign ificalo storico e logico, in modo da poterlo chiaramenlc individuare come conclusione di un lento ed irresistibile processo di riforma, giunto al traguardo del Concilio Vaticano II già ricco di frutti, quando, in altri campi dell'apostolato e della pastorale, incominciano appena a fiorire i programmi e ad impostarsi i piani per rinnovare il dialogo tra !a Chiesa e il Mondo,

Questo privilegio di primogenitura pone il liturgista in un facile momento di grazia, perché, sulla sua strada già sgombra da ostacoli e da timori, gli sarà facile farsi eloquente araldo del colloquio con Dio e del messaggio di salvezza ai fratelli, esprimendosi nell 'universale, affascinante e santo segno del linguaggio musicale,

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PRINCIPI FONDAMENTALI DELL'ISTRUZIONE

«MUSICAM SACRAM))

Mons. LUCIANO MIGlIAVACCA

L'indole Pastorale del documento

Non sarà inutile, dovendo trattare dei principi fondamentali dei­"Istruzione «Musicam Sacram», dare uno sguardo all'indole pasto­rale del documento.

Esso afferma l'attenzione con cui il Concilio ha considerato il problema della Musica nella Liturgia, definendo il compito della mu­sica nei divini uffici, e stabilendo leggi e norme che già si vanno at­tuando.

L'Istruzione vuoi sciogliere alcune questioni, non dare fondo a tutta quanta la 'legislazione sulla musica sacra: vuoi dare quelle norme che oggi appaiono più impellenti o richiamare quelle già date nella precedente Istruzione del 26 settembre 1964.

Lo scopo è che la musica sacra raggiunga il suo vero fine: «la gloria di Dio e la santificazione delle anime ) .

Queste parole arrestano subito l'attenzione e ci richiamano al caratte re pastorale che anche l' Istruzione, in accordo con gli altri do­cumenti conciliari, possiede.

Possiamo ben valerci dell'immagine a cui tale aggettivo cpasto­rale ) ci invita. Il pastore pasce , governa, conduce e guida. Così pos­siamo dire dell'Istruzione:

1) che essa pasee e nutre, in segnando i veri concetti e gli intimi principi dei quali ·l'intelligenza e la volontà spiritualmente si nutrono;

2) che essa dà leggi, norme e indirizzi;

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" MOIIIS . LUCIANO MIGLIAVACCA

3) che essa si esprime con tale concretezza c attu alità, che si pone come sicura guida d'azione.

Essa veramente costruisce c innalza dal di den tro ciò che la Co· stituzionc sulla Sacra Liturgia ha fondato e assodato, tenendo cos1 fede al proprio nome di clnstructio. , che esige penetrazione e dinamismo, poggianti però su basi che permettano a tale costruzione di non di­sfarsi né di erigersi malsicura.

AI carattere pastorale dell'Istruzione - cd è chiaro cbe quanto si dice di essa va riferito pure alla Costituzione cui essa si r ichiama -bisogna dare atto di almeno un duplice merito.

I) Essa è eminentemente lImana. Si rivolge all'uomo d'oggi. i cui proble mi la interessano e alla

cui sol uzione essa vuoi giovare. A questi problemi si riferiscono quel­le cpraecipue normae, quae magis necessariac hac aetate videntur (IMS 3)" .

Ma nell'uomo d'oggi vi è lo sviluppo c il fiorire di quanto ieri, e per secoli, s'è sviluppato ed è stato vivo, e nell 'uomo d'oggi vi è an­cora il germoglio di ciò che sarà in avvcnire. Non c'è trauma nella vita: anche nei problemi che riguardano la musica sacra, e la sua con­nessione con la Liturgia non vi sono bruschi passaggi , non vi sono rot­ture . I problemi si pongono, si acuiscono, s i sciolgono, sono semi d'altri problemi, ma con la logicità l'elasticità e la continuità del flusso vitale. E vitale è certo la Liturgia, e vitale la Musica Sacra .

Per questo i problemi che ricorrono insistenti come temi nell'I­struzione: cii latino, il volgare, il canto fermo, la polifonia, il canto popolare, il popolo, le scholae, le cappelle .. devono essere intesi pro­prio come un atteggiamento d'umanità da parte dcll' lnstruetio, la quale si trova di fronte alla contemporaneità di sviluppo di forme, di atteggiamenti che hanno radici storiche e che nello stesso tempo sono profonde manifestazioni d'animo; e che appunlo per questo, sono concomitanti e devono essere armonicamente risolti.

Ma si capisce allora come siano infondate le posizioni di certi cconservalori , o di certi cinnovatori .. i quali, dopo essere stati in­gannati da falsi timori o da falsi ideali, s'illudono di sostenere il proprio punto di vista strappando dal -loro naturale contesto alcuni passi dell'Istruzione .

E gli uni c gli altri non hanno capito l'uman ità della lnstruetio, che non ricerca ideali astratti ma vuole con attualità giovare all'uomo, e all'uomo d'oggi.

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,

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PRINCIPI FONDAMENTALI DELL' ISTRUZIONE U.\USICA~I SACRAM ~ 33

2) Un secondo merito bisogna concedere allo spirito pastorale dcll'lnstructio,

Essa è estremamente concreta , Concreta non tanto per una elencazione di norme, s'intende,

ma per la preoccupazione che da essa con chiarezza si ricava, di non voler ridurre l'uomo ad un unico tipo, né un intero popolo ad un unico schema, né una comunità o società ad una irreggimentazione che annulli personalità e vitalità.

In realtà non v'è, di fronte anche al fatto liturgico c, più espli­citamente, all'arte liturgica, un solo tipo d'uomo. Vi è il colto e l'in­dotto, vi è l'amante della socialità e l'introverso, vi è il voglioso di dire e di fare e il desideroso dell'intimità e di quella tradizione nel cui grembo si sente sicuro.

L'lnstructio a tutti si rivolge c tutti considera, Non accusa di rivoluzione gli uni, ma neanche di passatismo gli altri. Anche perché può essere difficile, a volte, giudicare che cosa sia rivoluzione o pas­satismo. Non sarebbe inutile vedere come i due aspetti siano piut­tosto componenti di una realtà che. appunto perché umana, è mol­teplice e protesa alla sua radice e al suo sviluppo.

Del resto capire come non sempre ciò che è del passato non sia sorpassato è abbastanza semplice, e cosÌ dovrebbe essere semplice anche ammettere ehe ciò che è del passato possa avere talvolta maggior valore di ciò che è del tempo d'oggi.

Un esempio banale. lo potrò chiamare la mia mamma una donna del passato, perché non usa scatolami moderni ed elettrodome­stici. Ma quando mi ra, con i suoi sistemi csorpassatLt una minestra di quelle che sa lei, per mc è certo più moderna c attuale di tutt i i cuochi del tempo d'oggi.

Con altre parole. Anche per questo secondo merito, l'Istruzione deve essere considerata come un quid completo, le cui singole parti non accettano d'essere spiegate separatamente dal tutto, ma richie~ dono di essere integrate nella visione complessiva e unitaria del Do­cumento.

Questo non è perciò materiale da collage, da cui ciascuno possa stralciare scampoli per convalidare le proprie idee o voglie. Va accet­tato e attuato interamente e lealmente. Se vi sono in esso cose che possono meno piacere c persuadere, sarà dovere di ciascuno fare uno sforzo di pcnetrazione: se vi sono cose che possono apparire contrastanti sarà compilo di ciascuno trovare nella viva pratica la conciliazione.

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J4 MONS. LUCIANO MIGUAVACCA

Ma nessuno può pretendere di far valere un documento monco o perrncltcrsi - in un momento in cui è dovere illuminare - di forzare qualche singola espressione al punto da far apparire verosimile una interpretazione che in realtà non è nè fedele nè esauriente, ma arbitraria e parziale. Umanità e concretezza fanno dunque dell'Istruzione un do­cumenlO completo.

Esso fa appello alfa tradizione. Si possono cogliere in esso, tra le tante, citazioni e richiami a documenti che risalgono a tempi che si direbbero remoti.

Per annunciare quale sia la Musica Sacra, esso riporta le parole dci Molu proprio di Pio X. le quali pur dopo tanto travaglio di cri­tica e som movimento di correnti artistiche e di discussioni insolute di tutti questi decenni, r imangono ancora intatte ad indicare valori immutabili e sostanziali: eea quae ad cultum divinum celebrandum creata, sanctitate et bonitate formarum praedita est., (lMS 4, a).

Altri rirerimenti si possono cogliere da documenti più recenti ma che a qualcuno potevano parere ormai privi di valore o di significato come all'/mlTl/ctio de musica sacra et sacra /iwrgia del 1958. Ma a ben leggere ci si avvede che frequente, anche se non espresso, è il ri­ferimento ad antecedenti documenti il cui valore non è affatto sminuito, quando non sia intervenuto mutamento di norme o di indirizzo.

Ma nello stesso tempo l'lnslructio è chiarificazione e orienta­mento al fuluro e al nuovo. Essa si fa interprete delle aspirazioni del­l'uomo d'oggi , c, facendosene guida, dà l'avvio a soluzioni o affenna­zioni futu re.

Ma così era già ben stato per i documenti passati, il confronto con i quali no n svela contraddizioni ma sviluppo. Cosi vuole ,'armo­nioso evolversi nella Chiesa che non è mai rivoluzione e distruzione, ma costruzione cd incremento.

Mi sono dilungato su queste considerazioni, ma ·Ie ritengo ne­cessarie, perchè alla loro luce si possono intendere e penetrare i prin­cipi fondamentali dell'Istruzione, dei quali non tutti, che sarebbe troppo, ma alcuni voglio sottolineare.

I - VALORE DELLA PREGHIERA SOCIALE E COMUNITARIA

Un principio fondamentale è quello dell'affermazione del va­lore della preghiera sociale e comunitaria. Oltre che della TMS. questo è un principio e una preoccupazione della stessa Costituzione

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PRINCIPI FOND~MENT~L1 DELL' ISTRUZIONE U1US IC~M S~CR~M" 35

Conciliare. Il brutto aggettivo ccomun ita ria~ , che l'uso - come suc­cede spesso neU'evolversi del faUo linguistico - insegna ad accet­tare e renderà nobile, è già però in se stesso molto espressivo. Esso aggiunge al csociale ~ la concretezza dell'esprimersi e dell'organizzarsi esteriormente. Sta esattamente a csociale~ , come ccomunità , sta a csocieth. Questa ha radici che s'affondano largamente ed esprime va­lori universali; quella si concretizza e si circoscrive, e, ad ogni modo, in­dica un insieme ben definito di persone con particolari norme, modi di vita, leggi rispondenti in concreto a un determinato fine, ambiente, tempo, nonché a determinate persone.

Perciò preghiera comunitaria può non essere unica ed ugu ale per tutte le comun ità. L'ape rtura che dimostra l' Istruzione a tale proposito coincide col suo carattere pastorale; la molteplicità delle soluzioni che essa propone c che di volta in volta una comunità ha facoltà di sce­gliere , è in armonia con la concretezza di cui essa è modello.

Pregh iera ccomunitaria ~ non significa dunque, nè lo potrebbe, li­vellamento o abbassamento. Sarebbe livellamento se costringesse a una medesima espressione non convinta e persuasa. Sarebbe abbassa­mento se non permettesse a chi può esprimersi con maggior ricchezza e perfezione di poterlo fare. L'Istruzione non vuole nè l'una nè l'altra cosa.

Ma detto questo bisogna renderci conto come dalle parole con cui la Costituzione fondava i motivi del valore sociale e comunitario della preghiera liturgica, l'Istruzione venga illuminata in modo che in ogni sua parte essa ne è anzi come permeata.

Dice la Costituzione: cln quest'opera così grande, con la quale viene resa a Dio un a gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sè la Chiesa , sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di Lui rende il culto all'eterno Pa­dre ... Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del SIIO corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza c nessun'altra azione della Chiesa, a110 stesso titolo e allo stesso grado, ne uguaglia l'efficacia~ .

Da questo principio scaturiscono logicamente le norme per la partecipazione attiva, consapevole e piena dell'intero popolo, e tale che risponda all'elemento intimo del Corpo di Cristo, la Chiesa, ma ne si­gnifichi anche esteriormente l'innegabile realtà.

Di questa partecipazione la sollecitudine dell' Istruzione si preoc­cu pa non solo per quanto riguarda quel vertice e centro che è la Messa,

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36 MONS. lUC' I\NO MICU",V,\CCA

ma per ogni espressione liturgica o che della Liturgia assuma parziale fo rma o ad essi si riferisca.

Forse, attualmente, l'attenzione è più rivolta alla soluzione dci problemi che riguardano la Messa. Ma essa va con urgenza rivolta anche alla partecipazione all'ufficiatura divina, a quella ai Sacramenti c ai Sacramentali, alle celebrazioni della Parola di Dio, ai pii esercizi. E' cioè una visione completa quella per cui ]'I struzione detta norme, e propone o almeno prospetta soluzioni.

Ma quanto essa è sollecita e preoccupata di far capire e di attuare questa comunitaria partecipazione, altrettanto è preoccupata che deua partecipazione corrisponda veramente anche alla concreta disponibilità c personal ità dcI popoto. Nè sarebbe pastorale se cosi non si com­portasse.

Per questo ad ognuno dei partecipanti è assegnalo un proprio compito, che debba essere da lui c:solum et totum. svolto (IMS 6). Per questo dispone preferenze per chi ha maggior competenza, pronta a rinunciare a qualcosa piuttosto che tollerare una esecuzione meno degna (IMS 98). Per questo essa si rivolge a un popolo concreto e or­ganizzato che - stiamo parlando di Liturgia e di musica - possiede una massa intelligente e rispondente, e anche elementi scelti, quali gli ap­parte nenti alle scllOlae, o singole persone che, da tale popolo e da tali scholal! provengono e si offrono per le loro doti particolari.

A tale popolo essa chiede che partecipi attivamente proprio se­condo tale organizzazione: e come non defrauda ma esalta i fedeli nel diritto della loro partecipazione come c:massa. non assente e pigra ma viva cd intelligente, così vuole, - proprio per il rispetto dovuto al po­polo - il riconoscimento del suo valore, vuole che da esso scaturisca, in espressione più perfetta c qualificata, la lode al Dio d'ogni perfezione . Perciò accanto alla partecipazione dci gesti e della voce, non teme di collocare quella interiore per la quale i fedeli, ascoltando quanto i ministri o la schola cantano, innalzano la mente a Dio (IMS 15 a).

" - COMPRENS IONE DEI TESTI

La partecipazione coscie nte richiede certo la comprensione. Perciò l'Istruzione non si stanca di ripetere questo secondo principio che richiede che il popolo sia condotto dall'inteJligibilità di quanto compie e dice e canta all'approConidmento del suo compito liturgico.

Di qui l'insistenza di un'opportuna catechesi che avvii il popolo

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PRINCIPI FONDAMENT ALI Df.LL ·ISTRUZIONE c MUS ICAM S A("RAM ~ 37

alla comprensione di quanto deve compiere c d i quelle preghiere che gli sono affidate. L' Istruzione anzi pone, per così dire, il primo gradino di questa elevazione ed educazione nell 'orientamento al gusto dei Sal· mi, da eui i fedeli sono quasi condotti per mano a un più raffinato go. sto e a un più ampio uso dell'orazione liturgica della Chiesa (/MS 39).

Da qui la norma che i partecipanti delle schofae abbiano un'op· portuna formazione liturgica e spirituale, perché non solo adempiano con perfezione il loro compito e siano d'ottimo esempio ai fcdeli, ma anche perché provenga loro «un bene spiritual e» (lMS 24).

Ma è chiaro che più ancora che ogni spiegazione e formazione, l'efficacia viene già dalla intellegibilità dei testi.

La nostra età ha quesla caratteristica: che è si ncera e vuole un conlatto immediato con quanto è partecipe della sua vita e della sua attività. Non ama remore ed indugi, e non ama comprensione impcr· felta o mediata. Può diventare sfacciataggine o es igenza spavalda. Ha certo in sé un profondo merito di sincerità c di lealtà, che fo rse altre età hanno posseduto in modo diverso e meno sentito.

Per questo l'autorizzazione all'espressione della preghiera litur· gica nella lingua volgare non poteva essere procrastinata, così come la semplificazione di riti e cerimonie e il ritorno alla semplicità, non alla povertà, delle origini si imponeva ormai come soddisfazione di giusta esigenza di questo nostro tempo.

E' in questa Iuce che vanno valutate e comprese le ripetute instan~

ze perché appaia chiara la natura di quanto viene compiuto, o la preoccupazione continua di spiegare e delucidare fi nalità e compiti, o le continue distinzioni aderenti alle molteplici questioni e aUe concrete situazioni.

Ma soprattutto aderiscono al principio deU'intelligibilità le nor· me che si riferiscono alla lingua volgare .

Un primo gruppo di norme ovviamente vogliono assicurare la comprensione di quanto è già patrimonio accumulatosi nei secoli. L' in­tera Sacra Scrittura in primo luogo: poi quell'innumerevole serie di composizioni prosastiche, ritmiche, poetiche che per il corso di genera­zioni sanLi e art isti a gara hanno espresso dalla fede e dall 'amore sincero deJl'animo.

Tradurre può significare tradire. Ecco perciò la preoccupazione che in queste traslazioni csiano osservati l'indole c le leggi di ciaseun a lingua e anzi l' indole stessa e ·le caratteristiche del popolo che la parla».

Le versioni non devono dunque essere lasciate al libero lavoro

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38 MONS. LUC'A:-IO MIGUAVACCA

individuale, ma affidate dalla competente autorità territoriale a per­sone qualificate c specialiste sia nella lingua latina sia in quella volgare, che lavorino concordi ad apprestare degne versioni (lMS 54).

In secondo luogo l'Istruzione rivolge l'attenzione benevola a que i testi in lingua volgare che, pur non concordando in tutto con l'inter­pretazione che esigerebbero i testi liturgici, hanno il valore d'una tra­duzione che permetta il loro inserimento nel fatto liturgico.

In terzo luogo, cd è campo vastissimo C nuovo, è "invito alla composizione di nuovi testi liturgici, nella lingua volgare, che possano - sono parole per sé rifcrenlesi alla musica, ma che prima ancora si devono riferire appunto ai lesti - crescere c fiorire come nuove forme dalle forme già esistenti in modo per così dire logico ed organico (IMS 59).

Anche se l'Istruzione non si sofIerma a lungo su tali considera­zioni, perché le considera già surficientemente dicruarate daUa Costi­tuzione, giova prospettare, proprio per il ,lavoro musicale da compiere, quale somma c varietà di forma comporti tale crescere e fiorire.

Occorrono inni, che certamente con l'insistere e l'incalzare del metro c del ritmo, siano adatti a imprimersi con gioia c facilità nel­l'animo del popolo. Occorrono canti strofici, che permettano quella vasta coralità propria di un popolo che canti, e possano rendere, da una parte, più facile c, dall'altra, più varia c suggestiva tale coralità con il dialogo tra popolo e schola c con l'uso sempre esaltante del ri­tornello. Occorrono anche moduli sal modici, consoni s'intende 31la ca­ratte ristica e alla musicalità della nostra lingua, così ricca di inflessioni c di clausole. Occorrono certo le antifone che s'intercalino a tali salmi. Occorrono cant i in metro sciolto o prosastici per i vari tempi deU'an­no, per i vari momenti liturgici , per il santorale. E chi attende alla loro composizione, o alla loro traduzione se si tratta di testi già consacrati dall 'uso liturgico, deve ben badare che essi possano essere adatti ad essere musicati, con quegli opportun i tagli delle frasi, con una armonica corrispondenza dci perioda re, con adeguato c31col0 delle clausole, che permetta al musicista di comporre con efficacia; anche per questo non si può prescindere da una efficace collaborazione, quale sempre vi fu nei secoli dello sviluppo liturgico.

Eppure anche in questa apertura coraggiosa e nuova, l' Istruzione non può dimenticare altre considerazioni, e altri beni e altri valori.

Accanto alle novità essa mantiene fede a depositi che alla Chiesa

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PRINCIPI FONDAMENTALI DELL'ISTlI.UZIONE . MUSICAM SACRAPon 39

provengono dalle età precedenti e la cui attualità considera ancora viva. Così è per la Chiesa Iatina l'uso della lingua latina la quale, «salvo particolari jure, in Ritibus latinis servetuu (IMS 47) . E tale norma non è isolata ma convalidata dalle altre che prospettano la conve­nienza delle norme della S,c. dei Seminari per le celebrazioni liturgi­che nei Seminari, la preoccupazione che i fedeli sappiano cantare can­che in lingua latina le parti dell'Ordinario della Messa che loro spet­tano) (IMS 47),

Per uno che volesse unicamente volgere l'attenzione sulla novità dell'Istruzione, e volesse stralciare e valorizzare solo quella parte, il resto può sembrare contrasto insanabile, o avanzo di concezioni sor­passate e destinate presto a cadere e a perdersi.

Ma è con questo spirito che vanno accettati i documenti della Chiesa? ,

O, come abbiamo detto all'inizio, non è da vedere in questa molteplicità d'apertura la saggezza di un'Istituzione abituata a cre­scere con armonico sviluppo senza abbandonare quanto a suo giudi­zio - perché è lei in fin dei conti che possiede la regola del giudizio e l'autorità della norma - è valido?

III - MUSICA E CANTO ESALTAZIONE DEL TESTO

A questo punto s'inserisce logicamente il principio dell'eccel­lenza e del valore della musica e del canto come esaltazione del testo e sublimazione della celebrazione liturgica.

L'uomo si deve offrire a Dio e deve offrire a Dio nella forma più nobile e alta,

Poiché la preghiera si esprime anche con gesti e parole, perché essendo di tutto l'uomo è espressione completa del suo essere, il modo più alto è l'esaltazione del gesto che diviene cliturgico) e della parola che diviene ccanto) .

In tale modo il tempo stesso che viene dedicato a Dio si fa esso pure sacro, in questo suo ampliarsi e in questo dimenticarsi c riser­varsi per Lui. La concezione utilitaristica del tempo viene così ri­scattata e nobilitata, nella concezione liturgica.

La liturgia diviene quindi suprema guida c indirizzo dell'agire umano: gesto, tempo, parola, canto, trovano in essa la loro esaltazione. Sono già, per loro stessi, manifestazioni ,legittime e buone, che ritrovia­mo, su piano umano, nello spettacolo, nella danza, nella musica.

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40 MONS. LUC IANO M1GU,,"VACCA

Possono essere deviati e degene rare a corruzione. Acquistano il loro pieno valore, anche sul piano umano, e nella trascendente realtà soprannaturale, quando, organizzati dalla Liturgia, in particolare mo­do dalla Liturgia solenne, esaltano ,'uomo e le sue capacità dinanzi a Dio. E' appagata così la natura in quanto è espressione dci più nobile sentire dell'uomo, è attuato l'elemento soprannatu rale, è onorato con­venientemente Dio.

Con altre parole e in modo persuasivo e stringato esprimeva tale compito della musica e del canto il Sommo Pontefice nel discorso per la promulgazione della Costituzione liturgica il 4 dicembre 1963 .

.- Liturgia : prima fonte della vita divina a noi comunicata, prima scuola della nostra vita spirituale, primo dono che noi possiamo fare al popolo cristiano, con noi credente ed arante, e primo invito al mon­do, perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l'ineffabile potenza rigeneratrice nel cantare con noi ,le lodi di­vine e le speranze umane, per Cristo nostro Signore e nello Spirito Sanlo • .

La preghiera, dunque, sfocia naturalmente nel canto; e al canto è assegnato uno scopo, del quale non ve n'è uno più nobile: le lodi divine, le speranze umane. E, a pensarci, è naturale che le esaltazioni della fede , della speranza, dell 'amore della Chiesa sfocino nel canto; così come sempre nella Litu rgia, la visione della Città celeste - cui la Chiesa terrena aspira come a sua continuazione e perfezione, e di cui è già inizio e anticipo - è indissolubilmente connessa con il canto delle schiere angeliche e con il triplice festoso grido dei santi.

( Nella Liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola, a quella celeste, che viene celebrata nella santa eittà di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; e insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l'inno del­la gloria • .

L' Istruzione non fa che riecheggiare c ribadire questo pensiero. La forma più nobile de1l'azione liturgica è quella compiuta in canto, perché ( II canto 'gregoriano' da usarsi nelle azioni liturgiche è il canto sacro della Chiesa romana, il quale per antica e veneranda tradizione, religiosamente c fedelmente coltivato e ordinato o modulato anche in tempi più recenti secondo esemplari dell'antica tradizione, viene pro­posto per l'uso liturgico nei rispettivi -libri approvati dalla S. Sede. Il canto gregoriano per natura sua non richiede che venga eseguito con accompagnamento di organo e di altro strumento musicale •.

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PRINCIPI FONDAMENTAL I IlELL'ISTRUZIO~E H tuS ICAM SACRAM :t 41

Anzi tale forma deve essere, il punto d'arrivo, l'ideale cui bisogna giungere, e nello stesso tempo il tipo esemplare a cui le altre forme di celebrazion i devono riferirsi e in cui devono specchiarsi per giudicare ·Ia propria conformità ad essa.

Né solo alla Messa queste norme si riferiscono. Non vi è occa­sione o celebrazione di vita cristiana che ne possa fare a meno.

La celebrazione del Divino Ufficio in canto è caldamente racco· mandata (lMS 37).

La celebrazione dei Sacramenti e dei Sacramentali devono avve­nire per quanto è possibile, in canto (lMS 43).

La manifestazione di pietà cristiana nei vari tempi dell'anno litur­gico, nelle celebrazioni della parola di Dio, nei pii esercizi hanno la raccomandazione del canto (IMS 46).

Tutta l'Istruzione, che trae spirito ed efficacia dalla Costituzione, è una continua esal tazione del canto, di cui - se un'attenta e ripetuta lettura e meditazione può offrire conclusione - tutta la vita cristiana deve essere permeata. I motivi sono chiaramente espressi dall'Istru­zione:

I) l'efficacia chc possiede la Musica Sacra ad alimentare la pietà dei fedeli (/MS 46);

2) l'efficacia che essa ha di eccitare lo spirito religioso c di favorire la meditazione de i sacri misteri (/MS 46);

3) la solennità che essa conferisce alla forma liturgica;

4) soprattutto perché il canto manifesta in modo più adatto l'aspetto ecclesiale della celebrazione liturgica (IMS 42).

Se si legge bene è qui posta con chiarezza l'affermazione che l'arte non è per rarle.

Tale affermazione era già stata fatta altre volte: in particolare Pio XII nell'Enciclica MSD aveva usato espressioni c:fortemente illu­minanti anche per quanto riguarda l'aspetto strettamente ascetico del­l'arte, la quale è pure un modo di 'essere' e quindi anch'essa mutua la sua natura dall'idea che Dio ha dell 'arIe » (B. Matteucci).

Ecco le parole dell 'Enciclica: «Pertanto anche l'arte e le opere artistiche devono essere giudicate (vale la pella di specificare che nOli si tratta di giudizio estetico) in base alla loro conformità con il fine ultimo dell'uomo; e l'arte certamen te è da annoverarsi fra le più nobili manifestazioni dell'ingegno umano, poiché riguarda il modo di esprimere con opere umane l'infinita bellezza di Dio di cui essa

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42 MO~S. LUCUNO M10 LI AVACC ...

è quasi il ri verbero. Per la qual cosa, la nota espressione cl' arte per l'arie :. - con cui (si osservi qual è esattamente il senso della 'nota espressione' che viene condannato) messo in disparte quel fine che è insito in ogni creatura, erroneamente si afferma che l'arte non ha altre leggi che quelle che promanano dalla sua natura - o non ha valore alcuno o reca grave offesa a Dio stesso, Creatore c fine ultimo) .

In tal modo si afferma anche il valore d'apostolato della musica. Ma in questa visione sublime dell'arte musicale, ancora una volta

nessuna prevenzione, nessu na sq ualifica. Sì, vi è la connessione intima di essa con il momento liturgico, il

rapporlo con l' indole e la solennità della celebrazione liturgica, ,l'oppor­tuna scelta, in conformità anche alla effettiva capacità e disponibilità del popolo cristiano, che in tutto o per una sua parte eletta, si deve esprimere nella preghiera comunitaria.

Ma la Chiesa non bandisce dalle azioni liturgiche nessun genere della musica sacra (/MS 9), e tanto meno le varie determinazioni con cui essa può offrire ai fedeli anche più dilettevole e vario e perfetto modo d'esprimersi artisticamente e liturgicamente.

Per questo, come al compositore dei testi nuovi mondi si schiu­dono da saziare la sua fame di novità c perché egli possa, secondo le sue capacità, inserirsi personalmente e .fatti vamente nella costru­zione liturgica (compito e attività che sono al vertice della parteci­pazione), così al musicista non mancano variissimi modi di esprimersi con una novità che, facendo tesoro dell'esperienza passata, sia aderente alla realtà d'oggi e al bisogno dell'adesione cosciente e attiva di cui la Chiesa si fa interprete e a cui per il bene dell'uomo d'oggi vuoI dare soddisfaz ione.

L'Istruzione non è cerio scarsa di indicazioni. I vari gradi stessi che essa presenta, per utilità pastorale, per la

partecipazione alla Messa cantata d icono già la larghezza di tali in­tend imenti (IMS 29-31 ).

Ma più significativa può essere la valorizzazione e la risco­petta di tal une forme, quale il canto dopo la lettura, a modo di graduale o di salmo responsoriale (/MS 33).

E, in modo più generale, è certo indicazione feconda di svil uppo l' invito ad assoc iare anche in canti più solenni e complessi, affidati per loro natura alle schofae, il popolo con ri tornelli e parti a lui consone . Si Iratta certo di un invito ad una partecipazione più comu­nitaria e nC'! medesimo tempo meglio articolata del canto.

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PRINCIPI FOND,4.MBNT,4.Ll DELL'ISTtU1ZI0NE .. MUS IC,4.).( UCR,4.M :t 4 3

. Nelle Messe lette i fedeli possono cantare canti popolari reli­giosi, a condizione però che questi siano strettamente intonati alle singole parti della Messa (IMS 32; Cfr, 4 b).

Ancor più appare l'apertura dell' Istruzione nell ' invito ai mu­sicisti a prosegui re con coraggiosa sollecitudine il lavoro già compiuto dalla tradizione, considerando bene le caratteristiche c le proprietà di quelle opere passate, per giovarsene a comporre nuove opere rispondenti alle nuove leggi e alle nuove necessità della Sacra Li­turgia (IMS 59).

A questo punto la vexata quaestio su che cosa si deve o si può cantare: se tuno debba essere attribuito al popolo, come - . diciamo una brutta ma espressiva parola - 'massa', come 'complesso'. , se ancora abbiano validità i capolavori della polifonia classica, se le scholae e le Cappelle abbiano ancora un compito da esplicare, se questi canti debbano essere tutti in lingua volgare o se siano ammessi o anche convenienti canti in latino: anehe tale questione non ha più motivo d'essere e tanto meno di dividere animi e .fatiche, e tanto meno di spegnere energie ed entusiasmi che nella loro sincerità hanno tenuto desti per tanto tempo il sentimento della fede e la vita spi­rituale e liturgica del nostro popolo.

L'Istruzione tutto accetta e convalida quanto . eorrisponde allo spirito dell'azione liturgica e alla nalura delle singole sue parti . (IMS 9), e avvisa che, certo, la vera solenn ità deIrazione liturgica dipende dalla degna e religiosa' celebrazione più che dall'ornamento di canti e di eerimonie (IMS I I). Ma non è chi non veda quanto e del passato e del presente della Musica Sacra entra in consonanza con tali principi. Per questo l'Istruzione ribadisce qu anto aveva già chiaramente definito la Costituzione. Accanto alle nuove musiche si conservino· non certo nci cassetti degli archivi· quelle che nel corso dei secoli hanno man mano accresciuto il tesoro musicale d'inesti­mabile valore e anzi siano eoltivate le esecuzioni da parte soprattutto delle Cappelle che ornano le basiliche, le cattedrali, i monasteri e altre chiese maggiori (I MS 20).

E la preoccupazione per la conse rvazione e l'uso di questo pa­trimonio è tale, che l'Istruzione giunge a suggerire la 'loro esecuzione non solo nelle azioni litu rgiche in lingua latina, ma anche in quelle che si svolgessero in volgare. Perché niente impedisce che Della me­desima celebrazione alcune parti siano cantate in una lingua, altre nell 'altra (/MS 51).

Ma occorre far conoscere queste ape rte disposizioni, perché non

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MO~S. LUCIANO MIGLl AVACCA

VI sia allora meraviglia tra i fedeli ehe, in gran parte , non possono certo accostare di prima mano i documenti ecclesiastici. E occorre prima persuaderci ancora una volta che la matcrna sollecitudine della Chiesa a tutti tende la mano, e vuoi rispettare e farsi interprete dei voti e degli stati d'animo di tutti i suoi figli.

Niente di più solenne di un intero popolo che esprime la sua fede e la sua pietà con un canto anche artisticamente perfetto per forma ed esecuzione (lMS 16).

Ma a tale ideal e, forse irraggiungibile sulla terra, ei si può avvi­cinare coltivando e applicando opportunamente que!le varie forme che permettono a tutti i complessi, partecipanti come cpopolo di Dio , a!le celebrazioni liturgiche, l'espressione loro più consona e che sia anche espressione dell a perfezione più alta con cui essi vo­gliono onorare Dio.

Questa apertura - che è pure ancora intento pastorale - vale anche per quanto riguarda l'uso degli strumenti. Tradizione e novità non si oppongono: si completano vicendevolmente e contribuiscono in ac­cordo allo splendore della Liturgia (IMS 62).

Il voler determinare qui, quali strumenti in concreto, oltre al­l'organo, possano essere considerati, o aspirare ad esserlo, strumenti liturgici, è prematuro e di scarsa utilità. Perché ancora una volta l'Istruzione si rivolge concretamente e non astrattamente all'uomo. E' l'indole e la tradizione di ciascun popolo che permette il giudizio e l'uso; ed anche la rispondenza loro ai requisiti dell'azione sacra, e ·la loro capacità di dare decoro al culto divino e di edificare i fedeli (lMS 63). Ed è proprio monito recente di vescovi africani - e noto la cosa proprio perché caratteristica - che l'uso di strumenti pur tradizional i in talune regioni e consoni all'indole di quelle popo­lazioni - non siano ammessi se non a determinate condizioni che ne qualifichino l'uso e il carattere liturgico, e sia ispirato alla dignità e aUa santità dell'azione liturgica , cosicché non vi sia possibilità di equi­voci presso i fedeli.

Da ultimo - ma già s'è nominata tale parola - l' Istruzione pone il principio della collaborazione.

La Liturgia è fusione d'animo, di mente, di volontà; è collabo­razione attiva di tutto un popolo, che unito al pastore, già prcfigu ra e anticipa ·l'ineffabile concordia della celeste Gerusale mme (IMS 5).

Ma se è così , collaborazione è rich iesta a quelli che in primo luogo lavorano ad apprestare testi, musiche, riti.

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PRINCIPI l'OS[),,MENTIIL I DELL ' ISTRUZ IONE H1US ICAM S"CR"M :> 45

E' cosa davvero importante. E' troppo alta la meta da raggiun­gere perché si lascino disperdere le forze vive: sono tanto complessi i problemi e le questioni da sciogliere, perché ci si possa permettere personalistiche visioni e soluzioni.

La fusione del lavoro nel comune intento è dovere che farà giunge re più presto e meglio allo scopo.

Ho insistito a lungo sull a completezza con cui l'lstruzione pro­pone i prineipi di una retta azione.

A me pare questa SOltoline(ltllra doverosa da fa rsi, e utile per tutti qu anti leggono e applica no le norme che essa contiene. Tale completezza e pluralità di visione, è, in realtà , in ogni documento in cui la Chiesa vuoI rivolgersi concre tamente agli uomini. L'lstruzione non si è comportata d iversamente.

Essa si rivolge a noi uomini; quanto siamo: anima c corpo, natura c redenzione, c che nella completezza del nostro essere c nell'esaltazione del dono di grazia a noi dato da Dio, a Lui vogliamo rivolgerei nel continuo rendimento di grazie.

A noi uomini quali siamo hic et mmc, appartenenti a una data società e a un dato popolo, ma partecipi della vita del mondo; che abbiamo mentalità, lingua. gusti ehe provengono a noi da data anti­chissima, ma che vogliamo intenderei con quanti ci frequentano o noi frequentiamo.

A noi uomini del 900, ma le cui radici affond ano ben indietro e che siamo aperti alla visione di concezioni nuove, e di un'umanità che voglia, approfittando dei mezzi a sua disposizione, stringersi e amarsi come una famig lia: la famiglia di Dio, a cui con un ità di voce e di fede e di amore offrire la purissima e pcl'fetta azione d i grazie.

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Introduzione

I COMPITI DELLE COMMISSIONI PER LA MUSICA SACRA

OON LUCIANO BORELLO

Tutte le prospettive di rinnovamento del canto e della musica nella liturgia, rimarranno lettera morta se non saranno favorite da una accurata organizzazione che superi i tentativi isolati de i singoli incari­cati dell'azione pastorale.

La istruzione si rivolge, certo, a tutti i pastori d'anime ed a tutti i responsabili delle singole chiese; ma è un fatto che i loro sforzi, per quanto illuminati e fruUo d i zelo, non possano da soli raggiungere le mete proposte.

Per questo il documento, nell 'ultimo capitolo, si rivolge diretta­mente alle Commissioni competenti, indicando precisi compiti da as­solvere.

Le commissioni competenti, nel caso, sono le commissioni per la musica sacra, sia diocesane che nazionali.

Noi sappiamo che tali commissioni dovrebbero essere un dato di ratto, dal momento che dal 1894, la S, Congregazione dei Riti ne auspicava la costituzione in tutte le diocesi Da allora tutti i docu· menti riguardanti la musica sacra (dal Motu proprio TLS alla Mediator Dei; all'Istruzione sulla musica e lo liturgia del 1958, e più ancora nella Costituzione liturgica e nella Istruzione per la sua applicazione) non mancano di sottolineare la sua importanza e di specificarne i compiti per un'azione sempre più efficace (1),

(1) Un interessante cexscursus_ sul progressivo evolversi dei compiti affida tj alle Commissioni diocesane per la musica sacra, si trova nell'articolo di B, CIlR1 NO, contenuto nel libro cMruica saCTa " avone paIIOTa/". , Ed. LDC.

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" OOS L UCI ANO 1I0RELLO

La presente istruzione sulla musica nella liturgia riprende e com­pieta le norme date nei documenti precedenti, aggiungendovi specifi­cazioni di grande interesse pratico:

I . Anzitutto ribadisce gli strettj rapporti che devono intercor­,,: rc tra commiss ione per la musica sacra c la commissione per la

liturgia. Per ovviare ad un certo du al ismo che si era crealo tra movimento

liturgico c movimento cccii inno. la Costituzione liturgica aveva pro­spettato la possibilità di una sola commissione d iocesana che si speci­licasse in due sezioni di attività (2).

L'ICE aveva ripreso c ca ldeggiato la prospettiva. Questa nuova istruzione insiste su qu esta unità di azione. Dopo ave re affermato che clc commissioni diocesane per la musica sacra sono di valido aiuto nel promuovere in d iocesi la musica sacra in accordo con l'azione li­turgica pastorale . completa il suggeri mento dicendo : c: anzi, sarà spesso opportuno che delle due commisisoni se ne formi una sola, composta di esperti nell'una e nell'altra disciplina: ciò aiuterà a conseguire più facilmente il risullato voluto. (IMS 68).

2. In secondo luogo porta anche al venice della organizzazione nazionale, l'unità di azione tra commissione liturgica e commissione di musica sacra. Anzi, sul piano nazionale, si parla addirittura di una commiss ione liturgica che c: si interessi anche di musica sacra > (lMS 69). Il che vuoi dire che la c: mens > del documento è in netto favore di un'unica commissione (quella liturgica) che si interessi anche della parte musiclllc.

Non c'è da meravigliarsi: non si tratta di svalutazione, ma bensì di una logica conseguenza di tutta la nuova concezione deUa musica sacra, come parte integrante della liturgia, a suo diretto servizio, e non come qualcosa di affiancato. La Chiesa si interessa di musica, non in quanto è espressione artistica, ma in quanto è espressione dell'azio­ne liturgica.

Sul piano operativo, tale unità di struttura si può attuare in di­verso modo:

a) attraverso un semplice (anche se stretto) collegamento in tut­te le fasi di lavoro;

b) attrave rso la costituzione di un'unica commissione liturgica diocesana, che comprende sezioni diverse.

(2) se 45.

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I COMPITI DI!LLE COM MISSIONI 49

Così ha fatto , per esempio, la diocesi di Torino: un'unica com­missione liturgica (con un unico presidente ed un unico segretario) che comprende tre sezioni: (liturgia pastorale, arte sacra, ,musica sacra) ognuna delle quali ha un suo direttore effettivo. Ma qualunque sia la struttura giuridica, è necessario che si proceda in perfetta unità di in­tenti con un'azione coordinata nei principi e nelle realizzazioni. Solo così possiamo sperare in un lavoro efficace e sistematico a tutti i livelli.

3. L'istruzione craccomanda anche vivamente che più diocesi ill­sieme costituiscano un'unica commissione, se ciò sembrerà più utile, per creare maggiore unifonnità in una stessa regione e collegare più fruttuosamente le forze disponibili > (IMS 68).

Anche questa raccomandazione è di enorme importanza, poiché a volte può condizionare lo stesso la varo delle singole diocesi. Come diremo fra breve, sono tanto vasti e tanto complessi i compiti di una commissione liturgica diocesana, che il più delle volte è praticamente impossibile lavorare isolatamente. Ci sono iniziative che una diocesi da sola non può realizzare, non soltanto se piccola, ma soprattutto per il grande spostamento di fedeli da una diocesi all'altra, e per il grande dispendio di energie e di forze che certe realizzazioni richiedono.

I - I COMPITI DELLE COMMISSIONI

Le commissioni diocesane hanno il compito di <promuovere in diocesi la musica sacra>.

]n che modo praticamente? P. Jounel, nel suo commento aUa Istruzione del 1964, lo indica

felicemente in queste quattro direzioni: conoscere, provvedere, sug­gerire, promuovere (3).

l . Conoscere la situazione liturgica e musicale della diocesi. E' il primo passo da fare , se si vuole lavorare in modo adeguato. Potrà es­sere (all'inizio) una conoscenza anche soltanto empirica, di ciò che si fa, delle difficoltà, dei desiderata. Ma poi bisognerà arrivare ad una conoscenza più approfondita per mezzo di un'indagine seria, fatta da

(3) P. JOUNEl, CQmmelllO alla ISlfllziollt! d~l 26 St!,,~mb,t! 1964, ed. Desdée Roma.

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,. DON LUCIANO BOII.E1.LO

competenti. Nella maggioranza dei casi una tale indagine porrà di fronte a problemi insospettati, che potranno addirittura cambiare ra~ dicalmente i programmi di lavoro.

2. Provvedere, cioè attuare quanto la competente autorità stabi~ lisce in materia, ma anche venire incontro alle reali esigenze delle diocesi. Non basta pubblicare j documenti sulla rivista diocesana, e non basta neppure comminare pene severissime ai trasgressori: biso­gna passare da una posizione di semplice vigilanza, ad una funzione di reale servizio.

Ciò comporla anzitutto una coslante opera di illuminazione a tutti i livelli , mediante contatti periodici od occasionali con il clero, con gli organ isti c maestri di cappella. Né devono mancare veri corsi di ag­giornamento e di qualificazione, soprattutto per quanto riguarda gli organisti ed i maestri di coro. Purtroppo in molte diocesi non esiste una scuola di musica per preparare gli organisti ed i maestri di coro; in altre diocesi si tratta di scuole troppo rudimentali.

A fianco di questa attività di fondo a lunga scadenza non deve mancare un'opera costante di qualificazione supplementare dei più dirctti responsabili delle singole chiese. Così sarebbe molto utile un corso per animatori di assemblea (capocoTO, commentatore, cantori, or· gan isti , ccc . .. . ) per ai utare concretamente le chiese volon terose ma incapaci di qualificare in modo adeguato le persone chiamate in causa più direttamente (4).

3. S/lggerire e promuovere ogni iniziativa pratica che può con· tribuire al progresso della liturgia, specialmente per venire in aiuto ai sacerdoti che già lavorano nella vigna del Signore. E' un campo va­stissimo chc ci permettiamo di illuminare con alcuni suggerimenti con­creti.

a) Suggerire Wl repertorio di canti sia per la schola che per i fedeli. Ci si lamenta che gli organisti non eseguiscano repertori ade­guati, che le scholae non sanno più che cosa cantare, che i fedeli non cantano affatto ... ma sovente non si passa alla parte positiva. Bisogna aiutare concreta mente a fare c a fare bene. Un repertorio diocesano, anche minimo, ma ben scelto (c accompagnato da sussidi adeguati) può

(4) Si veda l'interessante inizia tiva proposta a questo scopo da P. ROSSI in /I Camo dd fflSumblea n. 1.

Page 55: Musica e canto

J COMPIT I DELLE COMM ISS IONI " in breve tempo cambiare la situazione. Ma si deve trattare di suggeri· menti pratici e ben studiati nella loro articolazione (5).

b) Suggerire nei singoli casi le opportune e progressive tappe dell'azione pastorale, non dimenticando aspetti particolari di grande importanza.

Così ad esempio si deve gradatamente affrontare i problemi spe­cifici della prima comunione, cresima, funerali, matrimonio, ecc. con direttive precise e sussidi adeguati. Non basta legiferare, bisogna aiu­tare partendo dal livello concreto delle parrocchie anche più dii· ficili.

4. Promuovere la maturavone di una vera mentalità lilurgica e pastorale, median te un lavoro di fondo che comprenda la catechesi e l'educazione progressiva di tutti i fedeli, a tutti i livelli . Si apre qui la prospettiva di un lavoro metodico e capillare destinato a portare i suoi frutti a lunga scadenza .

L'articolo 18 della Istruzione che stiamo commentando dice espres­sa mente: .. La formazione di tutti i fedeli al canto sia promossa con zelo c pazienza, insie me alla formazione liturgica, secondo l'età, la condizione, il genere di vita e il grado di cultura religiosa dei fedeli stessi, iniziando già dai primi anni di istruzione nelle scuole elementari , .

a) I fanciulli di oggi saran no domani gl i adulti delle nostre assemblee: formiamoli a tempo, se vogliamo domani averli parteci­panti attivi e coscienti. Ciò richiede:

un programma per i fanciulli delle elementari , da inserirsi nella scuola (6); un programma 'Per i ragazzi delle medie; la collaborazione di tutte le associazioni cattoliche.

b) I giovani possono e debbono essere avvicinati e format i at­traverso le organizzazioni loro proprie: A.C., istituti religiosi, ecc .... anche in vista de] reclutamento per le scholae cantorum.

c) Anche i seminari possono e debbono essere aiutati da vici­no a realizzare il loro difficile compito di formazione dei futuri re-

(5) Si legga la descrizione della interess~lnle realizzazione dclb dioçcsi di Torino, in Il Canto dell'os$t!lIIb/ea n. 9.

(6) Suggerimenti, in questo senso, vengono dati da I.. BORI;U.o nel suo eapi­toto Il canlo de; Sa/llli alla sClIola di C<lll'clI;SIIIO, cOlllenuto nel libro, l Salllli. pre­ghiera e calllo dello CMe.'a. cd. LDC.

Page 56: Musica e canto

DON l UCI.l.NO 1I0lUi llO

sponsabili dell'azione liturgica e pastorale delle comunità parroc­chiali. Essi hanno (o dovrebbero avere) direttive e programmi dalla competente Congregazione, ma ciò non toglie ehe debbano essere as­sistiti cd aiutati concretamente nella loro realizzazione (7).

d) Iniziative opportune dovranno essere studiate anche per la formazione o sensibilizzazione dei fedeli adulti (concerti spirituali, di­mostrazioni pratiche in occasione di missioni, ecc .... ). Insomma si tratta di lavorare con programmi ben studiati e -a lunga scadenza, in modo da creare un vero clima di interesse in tutta la diocesi (o nella regione).

II - COORDINAMENTO CON TUTTA L'AZIONE PASTORALE

Da quanto si è detto, appare evidente che una azione efficiente e proficua della commissione diocesana per la musica, non può essere frutto di improvvisazione.

E' necessario, prima di tutto, preparare per tempo gli uomini che avranno responsabilità di lavoro nella diocesi: docenti dei seminari, direttori di uffici liturgici, incaricati delle commissioni diocesane sia per la liturgia che per la musica. Tali persone devono avere una pre­parazione specifica che non può venire dalla semplice esperienza di lavoro, ma da uno studio serio ed approfondito di tutti i problemi pa­storali, di cui la loro attività è espressione particolare.

Fortunatamente stanno sorgendo anche in Italia istituti adatti per una formazione adeguata in questo delicato settore (8).

Ogni diocesi deve pensare a formarsi i futuri dirigenti (o a qua­lificare gli attuali) inviando qualche sacerdote (o anche religiosi e laici) a queste scuole specializzate. Lo so che per molte diocesi è questione di scarsità di clero quasi drammatica. Ma penso che gli eccçllentissimi vescovi non tarderanno ad essere ripagati della loro lungimirante saggezza COn risultati pastorali sorprendenti, derivanti dall'azione di persone qualificate -preparate al servizio di tutta la diocesi.

(7) I maestri di musica dci seminari. hanno fano pervenire ai dirigenti ddrin· contro di Roma i toro desiderala in proposito.

(8) Oltre al Pontificio Istituto di musica sacra (in Roma) e 8 que llo ambrosiano (a Milano) segnaliamo J'lstituto Liturgico S. Ansdnlo (Roma) e quello triveneto (Padova).

Page 57: Musica e canto

I COMPITI DELLE COMMISSI01'1 53

Né va dimenticata l'azione di coordinamento dell'attività Ihur­gica e musicale con tutta l'azione pastorale della diocesi.

La commisisone liturgica non può isolarsi da quella catechista, né da quella dell'apostolato giovanile. Si deve trattare di lavoro coor­dinato, organico, non soltanto per evitare dispersione, ma per dare autenticità ed efficacia a tutta la pastorale della diocesi. La riforma liturgica mira ad un radicale cambio di mentalità, ad uno stile nuovo della celebrazione, che non si può ottenere senza qucsta azionc mas­siccia e coordinata di tuttc le forzc vive.

Le nostre assemblee saranno più vive c più coscienti, quando tutte lc manifestazioni della vita cristiana avranno acquistato un nuovo tipo di cultura (biblica, tcologica, ecclesiale) ed un nuovo stile di comportamento.

Anche da questo punto di vista bisogna dirc che la liturgia deve essere il f: culmen et fons ~ di tutta l'azione pastorale di una diocesi (9). La celebrazione liturgica forma la comunità, ma ne è anche la espressione più autentica. Una comunità si deve poter giu­dicare dalle sue celebrazioni, nel senso che la carità e la fede che in essa si esprime è punto di partenza, ma anche punto di arrivo di tutta la vita cristiana della comunità.

III - LA COMMISSIONE NAZIONALE

li lavoro delle commissioni diocesane rimane certo la base di tutto il lavoro di fonnazione liturgica e musicale voluta dana Costi­tuzione e dalla Istruzione. Ma anche le commissioni diocesane hanno bisogno di aiuti, direttive di azione, coordinamento, sostegno pratico.

Aiuto che può e deve loro venire dalla Commissione nazionale per la liturgia e la musica. Non è nostra intenzione fissare ad essa compiti e programmi. Ci limitiamo ad elencare alcune delle esigenze che sentiamo più urgenti nel nostro lavoro locale.

l. In primo luogo si sente la necessità di un coordinamento tra tutte le diocesi. Non per spegnere, ma per incoraggiare ed am­pilare le iniziative migliori. Per esempio, sembra indispensabile essere messi a conoscenza in modo completo e tempestivo di tutte le ini-

(9) se IO.

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DON LUC IANO BORELLO

ziativc che sorgono nelle singole diocesi (Può esse re utile un regolare servizio novità di tutti i sussidi editi).

2. Sono necessaric direttive di azione, anche in vista della riforma definitiva chc non può trovarci imprcparati.

3. Si può pensare ad iniziative comuni tra diverse diocesi (o anche in campo nazionale) quali possono essere settimane di studio per rettori (organisti , maestri di coro, ecc.) ma su un piano tecnico e specializzato.

Conclusione

In questa rapida panoramica dei compiti spettanti alle commis­sioni preposte all'attività liturgica ci siamo volutamente limitati ad alcuni suggerimenti operativi, tralasciando invece le considerazioni teoriche. Questa nostra insistenza ha un significato: vuole richiamare l'attenzione di tutti i responsabili alla necessità di fare qualcosa e di farla subito. La riforma litu rgica (appena iniziata) ci ha colto d i sorpresa. Guai se (superato il primo disorientamento) non ci met­tiamo all'opera con zelo e con docilità alla voce dello Spirito Santo cche ha parlato per mezzo ... " dei padri conciliari.

E' un lavoro urgente. I fedeli non possono attendere più! Vogliono da noi un aiuto pratico (anche se illuminato) per assimilare vitaI­mente quello che troppe volte presentiamo loro soltanto negli aspetti rubricistici .

Il nostro lavoro di formazione non tarderà a dare i suoi frutti non appena avremo rotto gli indugi e ci saremo messi a lavorare seri:lmente per edifi care i nostri fedeli attraverso la formazione di comun ità auive e coscienti. che partecipano con gioia all'azione di grazie che si realizza nell'assemblea cristiana.

Page 59: Musica e canto

Introduzione

IL CANTO NELLE V ARIE FORME

DI CELEBRAZIONE DELLA MESSA

DON LUIGI AGUSTONI

Potremmo esaminare le diverse forme di celebrazione del1a Messa alla luce dei nn. 29,30,3 1 della IMS ossia secondo i tre cgradi di partecipazione . alla Messa cantata, aggiungendo quanto viene sug­gerito al n. 36 per la Messa Ietta. Dovremmo poi tener presente an­che le raccomandazioni del n. 33 rigu ardo i canti del Proprio e quelle dcI n. 34 riguardo i canti dell 'Ordinario, che normalmente spettano al popolo, non omettendo ciò che viene detto al n. 35 a proposito del Padre nostro. Finalmente il n. 51 ci risolve rebbe i casi della mesco­lanza di diverse lingue nella celebrazione della Messa, a causa del repertorio canlato. Avremmo cosl un qu adro abbastanza completo ri­guardo le diverse possibilità di forme per la celebrazione della Messa .

Tuttavia potrebbe esserci il pericolo di cadere in un a specie di casistica di vecchio stampo e d i pessi ma lega se volessi mo farci forti soltanto dei diversi paragrafi della Istruzione per affermare l'una o l'alt ra forma di celebrazione, senza tener presonte se mpre un contesto più ampio. Non dobbiamo diment icare che i citati nu meri non sono altro che una preziosa guida nell'appl icazione dci principi en unciati nella pri ma parte della lMS; essi non vogliono però mai dare solu­zioni o ricette bell'e pronte, ma suppongono una realizzazione clastica, multiforme c variata, secondo le circostanze d'ambiente e i grad i di solen nità liturgica, come viene raccomandato esplicitamen te c insisten­temente lungo tutta la lMS. Ramment iamo a proposi to soltanto i nn. 9, 10 e 16.

Dobbiamo perciò vedere il nostro lema sulla molteplicità e va-

Page 60: Musica e canto

56 DON LUIGI AGUSTONI

rietà di forme della Messa in una cornice più ampia, onde possiamo formarci delle convinzioni e sempre il motivo per il quale scegliamo o preferiamo una forma di celebrazione piuttosto che un'altra , così da non agire mai per uno steri le rubricismo.

Questo orizzonte più vasto può esserci schiuso dalla seguente guida tematica;

I) Rievocazione sintetica dei principi, secondo j quali scaturisco­no le diverse forme di celebrazione della Messa.

2) Precisazione della natura dei diversi gradi secondo eIa mag­giore o minore ampiezza attribu ita al canto:. (lMS 7),

3) La Messa cantata nelle sue diverse forme, esaminando la ge­rarchi a de i suoi canti e le caratteristiche formali delle singole parti in canto.

4) Considerazioni sulla cosidetla Messa letta. 5) Mess'a punto sulla mescolanza di lingue, dovuta al repertorio

dei canti. Programma assai vasto che ci obbliga ad un a trattazione suc­

cinta.

I - PRINCIPI

l principi più importanti che reggono le diverse forme di cele­brazione secondo il canto sono i seguenti:

l . La celebrazione in canto è più nobile (IMS 5) (1), beninteso se vi sono anche i diversi attori che compiono il loro ufficio particolare -come il lettore, il salmista (2) e il cantore - e se vi è la partecipazione del popolo. Difatti il canto esprime in maniera eminente tanto ,la fe ­stosità, quanto la fusione e l'unità dei cuori e delle menti dell'assem­blea, adunata per la celebrazione eucaristica. Secondo questo princi­pio vale lo slogan : nessuna celebrazione comunitaria senza canto.

Ne segue: non per imposizione, né per legge, ma per convin­zione, per evidenziare il segno di un'assemblea compatta e unanime nella lode del Signore, si darà la preferenza alla Messa cantata, so­prattu tto nei giorni festivi (IMS 27) (3). Ne segue ancora che nelle

(I) Clr. SC 13. (2) Vedi il mio articolo: al.' ullo,i dl'lfr crlrb,u:Jonì liwrgiclll' Sf'condo la MS.

in: Rlnnovamrnlo Uwrfico r MII~icn Sacra, Edizioni liturgiche, Roma 1967 pp. 276 ~s. (3) Anche la lEM al n. 26 insiste nella raccomandazione della Messa cantata,

quando il popolo si raduna la domenica per la crlcbrazione eucaristica.

Page 61: Musica e canto

IL CANTO NE LLE VAIIII! FOII.ME 01 MESSA " Messe lette comunitarie non si lascerà mai mancare qualche canto appropriato (lMS 36).

2. La forma cantata llella Messa è qllefla normale. Costituisce quindi il modello al quale devono ispirarsi le celebrazioni di forme de­rivate, come la Messa letta (IMS 5). Quest'ultima è un vero impoveri­mento della forma normale.

Ne segue: anche nelle celebrazioni compiute in lingua volgare, la forma normale di Messa è quella cantata e non la Messa letta.

Questo principio va soUolineato in modo particolare, perché per poter introdurre, ancora prima della attuale riforma, la lingua volgare nella Messa celebrata col popolo, si ricorse all'espediente della Messa letta, per sovrapporvi canti e preghiere in volgare. Così al tempo del rinnovamento liturgico pre-concili are diventò di moda la Messa letta, modificando una prassi millenaria .

Purtroppo poi, coll'ammissione ufficiale del volgare nella Hturgia, in moltissimi luoghi si è abolita la Messa cantata e le allre celebrazioni liturgiche in canto (4). Errore gravissimo, dovuto alla ignoranza di questo principio elementare. Errore che condurrebbe a un deplorevole impoverimento e a una vera deformazione di tutto il culto litu rgico.

3. Le parti che di loro nllwra richiederebbero il canto, siano di fatto canlate (lMS 6).

In base a questo principio certune di queste parti diventano problematiche se si riducono ad una recitazione, sia parlata, sia eseguita reclo tono o in tono sal modico. E' il caso tipico dei canti processionali. Innanzitutlo ess i non costituiscono un rito, poiché accompagnano soltanto un'azione liturgica. Poi sono primieramente canto e non parola. Recitando queste parti si cambia la loro natura: non sono più quello che dovrebbero essere: sono un'altra cosa, un nuovo genere (a parte il problema dei testi, che sono stati scelti e dimensionati per la loro melodia gregoriana).

Ne segue: il cSanto:., per esempio, l'cAlIeluia:. , il ritornello del salmo responsoriale dovrebbero essere cantati.

I testi dei canti processionali non vanno proclamati ad alta voce dal

(4) Certamenle l"inlrodu.tione del vol,ore non ~ stala l"un'ca causa di questo seivolamento verso una IIlur"a lena. Il mancato rt~rtor'o ufficiale ~on conti fac ili e lceC:5Sibili alla comun'tà delle chiese minori • e sono la Irnndissima ma"iorn rl1..a . ~ pure uoo dei fattor' determinanti. Il prospettato G~od"olt' Simpln: (n. ~ b) do· vrebbe indicare una delle vie di solutòone al problema.

Page 62: Musica e canto

" OON LU IQI AGUSTON I

leltore, nè letti comunitariamente da tutta l'assemblea . RubricaImente il celehrante li leggerà pe r con Io suo, se l'assemblea o la schola non canta il lesto proprio (cfr. IMS 36), da mettere in relazione con il n. 32 o se l'organo suonerà, faccndo la vece del canto (IMS 65).

Per la Messa Ietta la riforma liturgica dovrà evidentemente oc­cuparsi di questi testi, che, per sé, sono destinati al canto.

4. Le parti calliate devollO /lsare il gel/ere e la forma, richiesti da/­It, 10rQ lIatura (/MS 6),

Non basta cantare per cantare. La musica nella li turgia deve adempiere essenzialmente il suo compilO ministcriale (S) . • La bontà di forma , . richiesta dall a musica sacra (IMS 40), come qualità ca­ratteristica essenziale, corrisponde precisamen te a qu esta espressione veridica di una parte liturgica, secondo la natura e la funzione propria.

Ne segue: la scelta di una determinata forma di celebrazione di Messa, dipende anche dal reperto rio che si ha a disposizione. Non si scelgano canti, tanto per realizzare una forma cantata , ma soltanto nella misura nell a quale questi can ti adempiono il loro compito spe­cifico.

Il canto interlezionale , per esempio, non può essere assolto con un canto edificante, con parole estranee al testo proprio della liturgia. Il "Santo> non può essere interpretato in forma di nenia o di lamento (come è stato realizzato in certe Messe ooli foniche). II " Padre no­siro> non può essere concepito come una bella aria pe r solista.

Ogni canto deve rispettare una delle tre espressioni musicali fon-damentali, a seconda dell a natura della parte liturgica, e cioè:

o il genere della cantillazione; o il genere della acclamazione, dell'invocazione, del gddo; o il genere del canto propriamente detto (6).

* * * Per sè dovremmo accenn are brevemente anche alle forme musi­

cali proprie, esigite dalla natura delle diverse parti, come per esempio, se per l'introito convenga:

(5) SC 1l2. (6) Clr. La musica " r/ , lmw'·(1.III<,lIIo litu,gico, Torino-LeumunR 1966. Special­

mente: H. HUCII:Iò, 11 "mllmu ","listi,lule" d~lIa mllsica litI cII/lO c,is,iu/W, pal. 47 e !IS.; c L AGUSTOti"I, La camillauone dr/le Itllll' e t dr/lt p,tghit'e nella Mtssa, p. 93 e 55.

Page 63: Musica e canto

IL CANTO NELLE VARIE FORME Ili ~fESSA " - la salmodia antifonata, - la sal modia rcsponsoriale, - il tropario, - il corale di tipo liedcristico, - l'inno. Ma ciò ci condurrebbe Iroppo lonlano. Comunque il principio enuncialo al n. 6 della IMS in vita anche al­

la ricerca e all a soluzione di questi problemi.

5. Possibilità di diversi grtuli (Ii .wle/mità a seconda delle parti che vengono cantate o recitate nella celebrazione liturgica solenne.

Per rendere subito chiara l'idea di questi egradi ., di remo, con una definizione pratica, che si Iratta della non-obbligatorietà di ese­guire in canto tutte quelle parti che possono essere cantate in una li­turgia solenne, cioè in canto. Il principio di questi gradi, che noi chia­miamo, in mancanza di meglio, gradi di solennità, sono descritti bene dalla IMS al n. 7. Tra la forma solen ne più completa delle celebrazioni liturgiche, nelle quali si canta tutto ciò ehe si può canta re e la rorma più semplice, nella quale non si usa il canto, esi possono avere diversi gradi a seconda deHa maggiore o min ore ampiezza che si attribuisce al canto • .

E' una delle più grandi novità della IMS: bisogna assi milarne bene lo spirito e la sua portata.

Abbiamo una specie di graduazione o gradi di solennità, secondo il numero delle parti che vengono eseguite in can to. Questo concetto di solennità va però compreso rettamente, per non farlo dipendere in un certo qual senso dalla equantith del canto. Ci mette in guardia, molto bene, il n. 1 I della IMS. La solenn ità non dipende ed alla forma più ricca del canto e dall 'app:l rato più fastoso delle cerimonie • . Non dipende qu indi dalle lunghe ornate melodie, non dalla polifonia, non dall'accompagnamento di orcheslra. La solennil:'! è dala dall'autenli­cità c veridici l:'! dci segni usali nella celebrazione. Solenne è la cele­brazione nella quale è autentica c veridica l'espressione dell'assem­blea arante, anche se si se rve di mezzi modesti o poveri. Lo sfarzo, la sonluosi t:'! , la fas tosità (IMS 11 ; 20) possono pure servire alla solenni t?!, ma , facilmente, essere anche contrari alla vera solennità.

Ne segue: non tutto dev'essere sempre cantato nella Messa in canto. Però nella scelta delle parti da canlare s'inizierà da quelle più importanti (lMS 7) e da quelle che di loro natura richiedono il canto (/MS 6).

Page 64: Musica e canto

60 DON LUIGI o\.GUSTONI

Ancora : la solennità di una celebrazione non d ipende soltanto dal numero delle part i eseguile in canto. Ci sono, per ese mpio, del1e parti - le letture c il Credo - che, anche proferite soltanto in forma letta o recitata, non diminuiscono la solennità di tutta la celebrazione. Al contrario: un Credo ' gregoriano , è più solenne di un sontuoso Credo in polifonia, che contradd ice alla vera solen nità (7), perché im­pedisce al popolo di parteci parvi, mentre ne ha il diritto c il dovere; inoltre turba l'equilibrio della importanza delle parti; non rispetta ge­nera1mente la forma musicale richiesta e rende congestionata la prima parte della Messa.

Il - cl GRADI DI SOLENNITA' , OVVERO LA MOLTEPLICITA' DI FORME DI CELEBRAZIONE

.. Gradi di partecipazjone, ?

Qualcuno potrebbe obbiettare che la nostra rice rca di una termi­nologia dei diversi gradi di solennità è vana, poiché questi gradi - per­fettamente descritti al n. 7 della lMS - sono chiamati cgradi di parte­cipazione" sia al n. lO che al n. 28 (8).

Jn realtà non sono cgradi di partecipazione , (9). Perché al n. 6 si parla di parti che richiedono di loro natllra il canto: non per fa partecipazione.

Al n. 7 si dice di cominciare, nella scelta dei canti, dalle parti più importanti, a cui evidentemente il popolo risponderà. Ma l'importanza non è determinata dalla partecipazione, bensì dalla funzione liturgica delle parti: entrano quindi in considerazione anzitutto le parti spet­tanti al sacerdote e ai ministri, senza i quali non si potrebbe neppure avere la celebrazione eucaristica.

Perciò al n. 29 c l'elenco va completato. aggiungendovi, oltre che

(7) E' degno di rilievo che rubricalmenle la melodia ornata lIdrOrdinario erano riservate una volta alle mauiori solenniti\ e le melodie semplici alle minori o alle ferie (dr. Kyrio/e della Va ticana). mentre nella nuova edizione del Kyr/ale Simpltx le Messe sono ordinate semplicemente per schemi, che ~i possono scealicre per Qual· siasi arado di solenni ti\ lituraica.

(8) Certamente vi ~ in quuta terminologia di .. gradi di pnrtecipauone. un a eco della IMS ti SL. Ma in quel documento si parla di , r8di di partecipazione anche nella Messa lena. Essi non hanno nulla a che fa re con . i diversi gradi_ del n. 7 della IMS.

(9) Anche se la te rminolo,i. è in ceriO qual modo compatibi le con quanto vie­ne affermato ai nn. 10, 28·31.

Page 65: Musica e canto

IL CANTO NELLE VARIE FORME 01 MESSA 61

le orazion i dci Sacerdote celebrante, anche il canto delle parole della consacrazione con il racconto dell'Ultima Cena (lO). Ebbene, questa parte, nell'attuale Canone romano, non comporta la risposta del po. polo. Si tratta qu indi di un a parte destinata al canto per la sua im­portanza e non per la partecipazione.

Al n. 38, dove si pa rl a dcll'Urtìcio divi no, per il quale sono pure consigliati i di versi grad i di solennità, si legge: «Si possono can tare quelle parti che per loro natura sono più direttamente destin ati al canto come : dialoghi, inni, versetti, cantici e recitare altre , . Evidentemente non sono gradi di partecipazione, ma gradi di solennità secondo il principio esposto al n. 6.

Grac/i di una partecipazione progressiva?

E' necessaria ancora un'ulteriore precisazione sulla natura di que­sti gradi. Non si tratta forse di una classificazione di canti, divisa in di· versi gradi, perché poco a poco, cioè progressivamente, vengano can­tati tutti?

Difatti al n. 28 viene insinuata una certa gradualità progressiva neUa partecipazione al canto, con le parole: eSi curi di condurre sem­pre i fedeli alla partecipazione piena al canto, .

Ma si noti che è detto partecipazione piena al canto e non ai di­ve rsi gradi. Rettamente si può intendere che il popolo possa partecipare pienamente al canto, non re ndendolo cioè capace di cantare appieno quei canti cbe gli vengono proposti (l I).

Al n. 38, trattando della parte dell 'Ufficio, si parla di una «soleo­nizzazione progressivu. Giustamente non si tratta qu ind i di grad i di partecipazione progressiva.

Quello che potrebbe fare maggior difficoltà è il n. 16 b: si in­culca di promuovere una «partecipazione attiva , (non progressiva) di tutto il popolo al canto e si suggeriscono opportunamente le diverse tappe, l'ordine e i mod i da seguire. Così vicn detto, tra l'allro: eSi con-

(IO) La lMS non poteva ancora elencare lale parte centrale del Canone da cantarsi, perché la concessione di proferirlo ad alta voce o in canto è $ailanto avvenuta con la ITAA al n. l O. Concessione confermala dalla lEM al n. 21.

Ed t pur vero che, dato il tenore della concessione e considerale le particolarità speciali di questa parte della liturgia. non si pot rl fare un obbligo a~lul0 di can­lare le parole della Consacrarione per avere la Mes$a cantata.

( 11) E' opportuno che il repertorio dei cant i non \'enga mutato troppo fre­quentemente, perché il popolo possa parteciparvi pienamente. Questa parlecipazione . piena_ proviene da l .possedere_ i canti, cioè dal .saper!; bc:ne_.

Page 66: Musica e canto

62 DON LU IOI AGUSTON I

duca gradatamente il popolo ad una sempre plU ampia, anzi fino all a piena partecipazione a tutto ciò che gli spetta:..

Si tratta evidentemente dcI principio pastorale di procedere gra~ dalamenlc neJl'iniziazione alla partecipazione attiva del popolo mc­diante il canto (12), Principio saggio e fondamentale, facilitato neUa sua applicazione proprio con "instaurazionc dci diversi cgradi di solen­nità, . Ma una cosa è il principio pastorale della gradualità progres­siva ncl realizzare la partecipazione attiva c un'altra è il principio che regge i d iversi gradi di solennità (IMS 6,7).

Gradi di solennità ossia molteplicità di forme (li celebrazione

Ouesta precisazione della nalura dci . diversi gradi :. ha lo scopo di att irare la nostra attenzione sul [oro vcro significato: con i diversi gradi ci viene offerto una molteplicità di forme di celebrazione. Non ci sono più soltanto due tipi di celebrazione: la Messa cantata e la Mes­sa letta, ma tante possibilità di forme diverse:

secondo le parti che vengono cantate o recitate, secondo la forma musicale scelta per le divcrse parti, secondo la lingua usata per le diverse parti.

Come abbiamo detto, è una delle novità più grandi della IMS, siamo invitati a far uso di questa varietà di forme, a non impiegare sempre lo stesso tipo di cc[ebrazione più opportuna ,

- secondo le esigenze dcJl'assemblea (IMS IO) , - secondo il grado di solennità liturgica (IMS IO). Se ci diversi gradi, fossero cgradi di partecipazione , o implicas­

sero una necessaria cgradualità progressiva , non reggerebbe questo cri terio di variare le forme di celebrazione e di adattarle all'ambiente e alle circostanze, come viene invece esposto al n. IO e confermato an­cora espressamente nella IEM al n. 46 (13).

Ancora al n. 27 si raccomanda di celebrare la Messa cantata anche più volte nel medesimo giorno, specialmen te in quelli festivi, quando c'è partecipazione di una assemblea numerosa. Certamente non

(12) Cfr. anche lMS 18. (13) Cosi nella Costituzione Lituq;ica: «Advigi landum e ~t ut in aelione liturgic:!

non solum obscrventur lel cs ad val idanl et licitam eelebrat ionem. sed III tìdeles seienter, actuose et fruclIlQSe eandem panicipenl. (Se Il). Undc J:lcerdotes, inler celebrationis forma! a iure permis.sas, eas in s ingut~ casibus el igere slt3g31lt qU3e tìdelium necessitati vcl utili t3ti eorumque partic ipationi mugis consulcre vidcantur (/EM 46).

Page 67: Musica e canto

IL Co\.~TO NELL E "'o\. RIE FORM E DI MESSo\. 6l

si pretende di realizzare più volte al giorno una Messa ca ntata nella forma più ampia. D'altra parte una comunità, capace d i cantare tutte le parti, non è obbligata a cantarle sempre tutte, sia in ossequio al principio di variare le forme di celebrazione, perché ci fedeli parteci­pino più volentieri e con maggior frutto :. (IMS lO), sia perché i gradi di solennità non corrispondono né a gradi di partecipazione, né a gradi di partecipazione progressiva, ma a molteplici fo rme di cele­brazione, di libera elezione.

III - LA MESSA CANTATA NELLE SUE DIVERSE FORME

Manteniamo nell 'esposizione la distinzione tra Messa cantata e letta, perché così suggerita, anche se un po' an acronistica mente, dal­la IMS. Essa può facilitare il passaggio alla libera elezione di una del­le mol teplici forme di celebrazione, abituati come si amo a questa classica distinzione. Effettivamente non si tratta di celebrare una Mes­sa né cantata né letta, ma di realizzare un a celebrazione cvera. nella sua forma, secondo i principi espost i.

Delle diverse forme di Messa cantata parlano i nn. 29, 30, 31, classificando secondo tre gradi o categorie le parti cantate della Messa. Questi tre gradi non sono da concepire come tre forme o tre grad i di Messa cantata, realizzando, secondo il grado scelto, tutti i canti ivi enumerati. Si possono invece scegliere liberamente le parti elencate da can tarsi, badando, che per avere una Messa cantata , è necessario ese­guire in canto soltanto le parti enumerate al n. 29 .

E' inutile imbastire ora tutte le combinazion i di diverse forme possibili di Messa cantata secondo le indicazioni dei tre gradì. Ne risul­terebbero degli schemi steril i. Cerchiamo invece di stabilire un ordine gerarchico delle parti da realizzare in canto nell a Messa cantata, per avere una guida nel determinare la forma più o!,portuna all 'ambiente e al grado di festività .

Gerarchia delle parli da cantarsi

Distinguiamo la determinazione fatta al n. 29 per le pa rti da can­tarsi, da quelle dei nn. 30 c 3 1. AI n. 29 la classificazione è pe rfella non solo riguardo al minimo da realizzare per ave re una Messa can~ lata, ma anche perché la scelta corrisponde ai due principi fondamen­tali: hanno precedenza le parti: a) per la loro importanza (IMS 7):

Page 68: Musica e canto

64 )>ON LU IGI AGUSTON I

b) per la loro natura, che richiede di per sé, che quelle parti siano cantate (IMS 6).

Ai nn. 30 e 31 invece segue un'enumerazione, che risente in parte della classificazione tradizionale del repertorio cantato: al n. 30 ven­gono citate le parti dell'Ordinario e al n. 31 quelle del Proprio. Tut­tavia va osservato, che l'elenco segue già una certa disposizione ge­rarchica.

Minimo per avere una Messa cantala (IMS 29).

Devono essere eseguite in canto:

a) Le parli che fo esigono per lo foro imfJOrta1lza, cioè le parti presidenziali :

- le orazioni (del giorno, sopra le offerte, dopo la comunione) con il salu to precedente e l'acclamazione conclusiva del popolo;

- il prefazio; - (la consacrazione) e la dossologia finale del cnnone con l'accla-

mazione del popolo! - il Padre nostro con jl suo embolismo.

b) Le parli che lo esigono per lo loro natura:

- l'acclamazione al Vangelo (. Glori:l :I te Signore , e l'acclama-zione finale facoltativa);

- il . Santo, ; - . La pace del Signore sia sempre con voi , e relativa risposta; - le formule di congedo.

Osservazioni

Ogni assemblea lilUrgica può realizzare in tal modo la Messa can­lata: non è più un ideale teorico (/MS 5).

Soprattutto nei giorni festivi non manchi più la Messa in canto, anche più volte al giorno (lMS 27).

La crisi della partecipazione alla Messa cantala è finita, se si con­verti ranno le Messe affollate, specialmente quelle celebrate verso il mez­zogiorno e alla sera, in Messe in canto.

Cinque gruppi di canti (/MS 30: 31).

Per quanto è possibile, non ci si limiterà al minimo prescritto per avere la Messa cantala. Per disporre in ordine gerarchico le parti da

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IL. CANTO NEL.L.E VARIE FORME 01 MESSA

cantarsi, elencate sotto i nn. 30 e 31, le divideremo in cinque gruppi. E' un ordinamento nuovo, diverso da quello seguito dalla lMS (14).

l. a) - Alleluia. Sempre cantato! (15).

- Canto interlezionale: salmo responsoriale proprio. Il ritornello dovrebbe sempre essere cantato, mentre il salmo viene

cantillato (16). - Canto d'ingresso.

Può avere anche testo diverso da quello del messale, perché se non si è in grado di cantare il testo proprio e dato che non è una parte ob­bligatoria per avere la Messa in canto, è meglio eseguire un canto ap­propriato, che leggere dei testi.

b) - Canto processionale di comunione. Può avere anche testo diverso da quello del messale. L'organo può

opportunamente interludiare o, se si omettesse il canto, farne le veci.

2. a) - Kyrie. - Agnello di Dio.

Sono invocazioni che di loro natu ra richiederebbero il canto.

b) - Invocazioni delle preghiere dei fedeli. Meglio recitare le intenzioni.

3. Gloria. E' valido, formalmente, anche se viene soltanto recitato, benché ne

scapiti la dimensione espressiva.

(14) Perché la IMS non ha seguito uno schema simile nella divisione dei gra­di? Perché non è un dosma la gerarchizzazione delle parti da can tarsi nella Messa. CosI la IMS lascia giustamente un'ampia libertà nella scelta, secondo le dive rse circostam.e. Del resto la precedenza data all'Ordinario corrisponde anche a un fatto pra tico : è il repertorio più facilmente accessibile. perché ha un testo fisso.

Tuttavia è innegabile che la nostm disposi 7. ione in cinque gruppi riSpOnde mag­giormente ai principi.

Un breve commento a questa disposizione si trova nel mio articolo: Le fom", del/e celebravo,,; liturgiche secotrdo I" IMS in ; Riuuo,""",elllo liwrgico ,. Mu,·i .. " sacra, o. C., pp. 254 SS.

(15) Alleluia e Gradua le sono stati certamente messi dalla IflfS al 3' grado. tenendo presente le melodie ornate dci GradI/aie ROIIIUIII/I11 •..

(16) Mettiamo il canto d'ingresso nella prima ca tegoria perché conferisce mag­gior efficacia al «segno- dell"assemblea adunata nel nome di Cristo e Quindi segno della presenza di Cristo; pOi esprime il caratlere di festosità: dà il tono alla cele · brazione fin dall'ini7.io.

Page 70: Musica e canto

66 DON LUIGI ACiUSTONI

4. Canto d'oUertorio. Se omesso, può suonare l'organo. Viene elencato quasi per ultimo,

perché se non ha luogo la processione offerloriale, viene a cadere la sua funzionalità.

5. a) - Credo.

Meglio recitalo, a meno che venga proferito da una grande folla. Nel qu al caso una melodia "confacente , può essere efficace per ottenere un ritmo d'assieme .

b) - Lettllre.

Meglio leggerlc: la sensibilità odierna occidentale deve prima es­se re educata liturgicamente per accogliere un messaggio canlillato.

Anche per le singole parti di questo elenco vale quanto dice la IMS nci nn. 30 c 31: non è obbligatorio eseguire -nessuna di esse in canto, c, volendo farne un a selezione, se ne può eseguire soltanto una parte o anche tutto. Sarebbe tuttavia desiderabile che almeno i canti fissati nel primo gruppo a) venisse ro sempre eseguiti, tenendo presente chc, quando si è in grado di eseguire il canto proprio d'ingresso e non essendo obbligatorio eseguire in canto l'antifona dell'introito, si può benissi mo eseguire un canto appropriato con testo diverso (mentre il sacerdote celebrante legge per conto suo il testo del messa1e).

I principi esposti preliminarmente ci d ispensano da ulteriori com­menti.

Per la nuovissima parte dopo la comunione, secondo iI D. 15 del­l'/T AA, ci si attenga a qu anto l' Istruzione stessa propone. Il repertorio ivi proposto non vuole essere esclusivo, ma è sommamcnte indicativo per il genere dei testi e dei canti. Qui stanno bene i canti corali su testi sal modici. Meno indicata è una forma responsori ale, quando si è appena terminato il canto durante la comunione nella stessa forma.

Questa nuova parte . dopo la Comunione , non deve diventare il riccttacolo, se si canta o si prega collettivamente, di espressioni troppo individu ali o, peggio ancora, fatue. Meglio sarà, se si sono eseguit i i canti previsti durante la celebrazione della Messa, specialmente durante la processione della comunione, osservare un prolungato silenzio, perché possa fiorire una preghiera personale e spontanea.

Page 71: Musica e canto

11. CANTO NELL E VA 'ilE FORM E DI MES SA 67

Altri fattori che concorrono alla varietà di forme per lo celebrazione della Messa can tala.

La molteplicità o varietà di fo rme di celebrazione non dipende però unicamente dall'eseguire in parte o in tutto i canti della Messa. Vi concorrono anche altri fattori come:

- le diverse forme musicali che possono essere impiegate per le parti della Messa da eseguirsi in canto;

- l'impiego della Schola o del cantore in alternanza col popolo; - l'impiego dell'organo o meno, sempre usato, rispettando il suo

compito min isteriale e non suonando con crite rio concertistico. Lo stesso dicasi dell'impiego o meno di altri strumenti.

Non possiamo esaminare tutte le possibilità di realizzazioni per le singole parti. Ci limiteremo ad una ese mplificazione.

Prendiamo il Gloria.

I . Innanzitutto, prescindendo da qualsiasi forma musicale, può essere eseguito con testo latino o italiano.

2. Può essere recitato.

3. Può essere canlato da tutto il popolo di seguito o alternato da due cori.

4. Può essere alternato per frasi più o meno lunghe tra Schola e popolo, sia all'unisono che polifonicamentc, con o senza accompagnaM

mento strumentale.

5. Può essere eseguito per inlero dalla Schola sola, sia in gre M

goriano che in polifonia. Però affidare il Gloria sistematicamente alla sola Schola, come

parte che le spetti più d'ogni altra, è un errore. Per principio, anche il popolo ha diritto di partecipare a questa glorificazione (17).

6. Secondo il suggerimento della IMS al n. 34 si può studiare anche una divisione diversa da quella a versetti alternati . La struttura del Gloria lo permette. Esso consta di due strofe, ciascuna delle quali term ina con un a dossologia.

Perché non affidare allora, per esempio, il testo delle strofe alla Schola (o al cantore) e la dossologia al popolo'? Avremmo allora il se M

guenle schema:

(1 7) Originariamente il . Gloria. era "nnlO del popolo. Soltanlo più t3rd i, nel 1140 (nelrOrdo Rom. XI, 18) viene affidala, a Roma, alla ,,,ho/Q. Cfr. J. A. I UNG· "'ANN, M issQrum sol/emulQ I , Wien 1949, pp. 441 55.

Page 72: Musica e canto

68 00101 L U IGI AGUSTONI

a) Imrodllziont. E pace in .terra agli uomini di buona volontà.

b) I Strofa. Noi ti lodiamo, li benediciamo, li adoriamo, li glorifichiamo, t i

re ndiamo grazie per la tua glori a immensa.

c) Doss%gio. Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Figlio

unigenito, Gesù Cristo (e lo Spirito Santo) (18) .

d) Il Strofa. Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Pad re: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati dci mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi ; Perché tu solo il santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altiss imo.

e) Dosso/agio. Gesù Cristo con lo Spiri to Sanlo nella gloria d i Dio Padre (Amen).

Un esame simile si potrebbe fa re per tutte le parti della Messa, destinate al canto. E quante possibilità si rivelerebbero, per uscire da uno schema sempre identico, tradizionale. Va da sé, che le nuove soluzioni nOD devono essere frullo di fantasia, ma di uno studio ap­profondito della natura, forma e fu nzione delle singole parti.

Non possiamo termin are qu anto riguarda la Messa cantata, senza rievocare ciò che la IMS raccomanda al n. 34;

- Il «Santo , spetta ord inariamente al popolo. La Schola può sovrapporsi polifonicamentc.

- U . Credo, permetta sempre un'adeguata partecipazione del popolo. Può sempre essere recitato.

Almeno da una partecipazione parziale al can to dcll'.Agnello di Dio, non sia escluso il popolo.

IV - LA MESSA LETIA (19)

Dopo tutto quanto è stato detto, possiamo limitarci a qualche breve considerazione in fo rma di aforisma riguardo la Messa letta, di cui si parla al n. 36 della IMS.

(18) In cerli codici vi è la merWone de llo Spirito Samo anche a questo punlo. (19) E' \'eramente anacroniSlico ehiamare ancor. MCS$3 lena la celebrazione

che ammette tutte le sue part i cantale eccello quelle riscon'ale al celebrante!

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IL. CANTO l'I!;L.L.I' VA RI !; l'ORM E 0 1 M ESSA 69

l. La sua forma di celebrazione riguardo ai can ti deve ispirarsi alla Messa cantata. Unica differenza: il celebrante non can ta o canta soltan to parzialmente le parti a lui rise rvate.

Difatti la Messa in canto è la forma normale. Quella letta è un a forma derivata .

2 . Non si ammetta la dualità di celebrazione nella Messa letta. Non dev'esserci da una parte la celebrazione della Messa del sacerdote per conto suo, e dall'altra parte il popolo che canta c prega, pure per conto suo. Vi è una sola azione Ji turgica, presieduta dal celebrante, anche se la Messa è letta. L'asse mblea risponde al celebrante, lo ascolta cd esegue dei canti appropriati in quei momenti, nei quali è previsto il canto anche nella Messa cantata.

Non devono quindi esserci sovrapposizioni indebite. Perciò il celebrante non reciterà né continuerà per conto suo

quelle parti che fossero eseguite da i presenti, anche se si tratta di una Messa Iella.

3. Per un repertorio adeguato si esaminino attentamente i cinque gruppi di canti analizzati per ,]a Messa cantata. Si scelgano i canti secondo quella gerarchia.

Discostarsi da questa ·norma, vuoi dire discostarsi dal vero senso liturgico. Si comprende così perché la IMS dice che non basta che siano eseguiti dci canti (eucaristici> (20).

4. Anche nella Messa letta, il sacerdote celebran te può ese­guire l'una o l'altra parte a ·Iu i riservate , come per esempio, ·il pre­fazio, a cu i si unirà -tutta l'assemblea con l'acclamazione del (Santo~, e il ( Padre nostro ~ .

Evidentemente ·in questo caso si tratterà ru bricalmente di una Messa letta. Ma, con il nuovo principio dci gradi di solennità, che importa se si chiama Messa cantata o Messa letta? Non celebriamo per raggiungere l'adempimento di una rubrica, ma , nella rispettosa ubbidienza alle prescrizioni rubricali , ci sforziamo prim ieramente di realizzare una celebrazione autentica nella sua espressione, veridica nei suoi segni e rispondente alle esigenze psico-sociologiche.

(20) Evidentemente ciò non contraddice ai canti responsoriali di carattere euca­ristico _ specialmente se i lesti sono ispirati alla Sacra Scriuura - eseguiti durante la process ione della comunione.

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70 DON LU IGI AGUS TO!'f1

V FORME MISTE DI CELEBRAZIONE PER LA LINGUA IMPIEGATA (21)

Non esiste quasi più la forma pura di celebrazione della Messa . con testi esclusivamente in latino. Però ci sono degli ambienti nei quali la lingua latina è un mezzo valido di comunicazione e quindi un segno autentico di celebrazione. In questi ambienti - anche se limitati - si continua con l'uso del latino e sta bene. In tal modo è salvaguardato anche l'articolo 36 della SC. secondo il quale si do­manda che l'uso della lingua ,latina sia conservato nei riti latini.

Tuttavia per esigenze pastorali, fondate sul . principio della in­telligibilità a livello di popolo della preghiera liturgica:. e su . quel­l'altro principio, oggi rivendicato dalla cultura della collettività, di poter esprimere i propri se ntimenti, più profondi e più sinceri, in linguaggio vivo:. - come disse recen temente lo stesso Papa Pao­[o VI (22) - la Chiesa ha concesso un largo posto alla lingua volgare nella Messa, sia cantata che [eUa. non escluso il Canone, secondo 1'!TAA al n. 28. Quindi anche riguardo la lingua, .si sceglierà la rorma di panecipazione che meglio risponde alle possibilità di cia­scuna asse mblea :. , come dice espressamente la IMS al n. 47. 11 che equivale a dire : nella stragrande maggioranza dei casi, la Messa sarà celebrata in lingua volgare (23).

Ma per salvaguardare il . patrimonio di musica sacra. composta nei secoli precedenti per leSI i in lingua latina :. il n. 51 della IMS suggerisce di esaminare le possi bilità di usare anche composizioni con testo latino per alcune parti nelle celebrazioni in volgare. Di qui una certa mescolanza di lingue, cioè le forme miste.

Per dare una guida, dove si possano inserire tali composizioni con testo latino - come, per esempio, le melodie gregoriane _ nella celebrazione in volgare, quando questa è determinata dalle esigenze pastoraJi di una partecipazione del popolo, possiamo stabilire il se­guen te schema, tenendo presente anche il voto dell'articolo 54 della SC:

Canto d'introito: in volgare se eseguito dal popolo; possibile in [atino, se eseguito dalla Sehol".

(21) Clr. il mio commento :I proposito in: Musico )faCTO;: (11./0llfl pf.ls/orol .. , Elle Di Ci, Torino.uumonn 1967.

(22) Clr. Allocuz;one dd SOliti/IO POnlfl!iCfl P(1olo VI 01 "Cons/liu"," del 19 nprile 1967, in: NOII/i(1f1 28.29 (1967) 121-128.

(23) Il n. 48 della IMS non deve d.re adito ad inlcrpretauoni restritlive ptr " uso del VOlgare nella celcbrauonc della MCS$a col popolo. Cfr. il mio commcnlO in : Ml/sir(1 " nero e azjo"fI mularo/fI, Torino-uumann 1967.

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IL CANTO NELLE VARIE FORM E DI M ESSA 71

Invocazione del Kyrie: in greco o in volgare. Canto del Gloria: in volgare o talvolta anche in latino. II p0-

polo conosce il contenuto del testo. Cantillazione dell'orazione: sempre in volgare. Letture : sempre in volgare. Canto imertezionale : sempre in volgare (24). Credo: in volgare. Canto d'offertorio : in volgare, se eseguito dal popolo; possibile

in latino, se dalla Schola . Con/illazione dell'orazione sopra le offerte: sempre in volgare. Cantillazione del pre/azio: in volgare; eccezionalmente in latino. Acclamazione del Sanctus: preferibilmente in volgare; anche in

latino, benché un poco meno adatto. Canone: sempre in volgare (dal giorno in cui sarà permesso). Camillazione del Padre nostro : in volgare. Canto dell'Agnus Dei : in volgare; non escluso in latino. Canto durante la Comunione: in volgare, se eseguito dal popolo;

possibile in latino, se eseguito dalla Schola. Eventuali canti dopo lo Comunione : in volgare . Va da sé che questo schema non vuoI essere in nessun modo

esclusivo, poiché nell'attuare tale mescolanza, e riesumando melodie o composizioni del repertorio tradizionale con testo latino, esi tenga presente le condizioni dell'ambiente, l'utilità pastorale dei fedeli e la natura d'ogni lingua~ (IMS 51).

Né si deve dimenticare che questa mescolanza di lingue, fonte di una nuova serie indeterminata di forme variate di celebrazione, è un a caratteristica particolare d i questa epoca di transizione. Però sia ben chiaro : le forme musicali delle composizioni antiche devono corrispondere allo spirito e ai principi della rinnovata liturgia, altri­menti siano trasferite alle funzioni non strettamente liturgiche - come dice la IMS per ben due volte ai nn. 46 e 53.

* * * Concludiamo: abbiamo la fortuna di vivere questi tempi post­

conciliari, nei quali uno spirito nuovo, ha animato e rinnovato le

(24) A risore, se l'AUeluia viene eseguila dis linto dal S31mo responsori31c, eo­me canlo processionale c d'acclamazione del Vanllelo. allora la schola potrebbe cantare il versetto in latino sia $Olislicamente che polironicamentc.

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72 DON LUIGI AQUSTONI

forme delle celebrazioni -liturgiche, liberandole da un rigido fissismo, da un fruso storicismo, da un erroneo arcaismo e da un pernicioso estetismo. clstruzioni> , come quella sulla Musica nella sacra liturgia, sono un insigne dono, che dobbiamo accettare con gratitudine e con l'impegno di fame tesoro ·nel miglior modo, per vivere e far vivere la ,liturgia per d a gloria di Dio e la santificazione dei fedeli :. (IMS 4).

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IL CANTO NELL'UFFICIO

M IGUEl ALONSO

I - COMMENTO DEL TESTO DELLA ISTRUZIONE "MUSICAM SACRAM.

L'Istruzione MS dedica l'intero capitolo IV (a3. 37-41) al . Canto dell'Ufficio divino • .

Uno sguardo generale a questo capitolo dell'Istruzione può in­durre qualcuno a giudicarlo un capolavoro dci dire senza dire o, se volete, del ·non dire dicendo. A ciò possono far pensare le frasi: «cal­damente si raccomanda.., . è bene . , .-santifichino opportunamente., .. può ammcttersi . , esi possono) , ccc. Queste frasi, invece, non dc­vano essere interpretate come una mancanza di chiarezza, ma, al contrario, dimostrano la prudenza che contraddistingue il Consilium e -la Sacra Congregazione dei Riti, in un punto nel quale non ci sono obblighi precisi; nonché il trovarsi nell'aspettativa di una più profonda e pastorale riforma dell'Ufficio divino.

l! n. 37, nella sua prima parte , è a modo di un principio gene­rale: .,La celebrazione in canto dell'Ufficio divino, è la forma che maggiormente si addice alla natura di questa preghiera ed è segno di una più completa solennità c di una più profonda unione dei cuori nel celebrare la lode d i Dio». Qui si applica all'Ufficio divino la norma generale dell a stessa Istruzione: ., L'azione liturgica riveste una forma ... ~ (IMS 5), il che ribadisce quanto detto nell'art. 113 della Se.

Dice .)'Istruzione: cLa celebrazione in canto dell 'Ufficio divino, è la forma che maggiormente si addice alla natura di questa pre­ghiera ... ~ . Qual è tale natura? Gl i articoli 83 e 84 della se ci dicono: cII sommo Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, Cristo Gesù , prendendo la natura umana ha introdotto in questo esilio terrestre

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74 MIGUEL ALONSO

quell' inno che viene eternamente cantato nelle sedi celesti. Egli unisce a sé tutta l' umanità c se l'associa nell'elevare questo divino canto di lode ...

Il divino Ufficio ... è ordinato a santificare tutto il corso del giorno e deJla notte per mezzo della lode divina .. ,>, Come si può notare, la caratteristica specifica dell'Ufficio divino, la sua fisionomia principale è la lode; la minima parte d' , azione . liturgica esteriore dei celebranti ci permette di denominarlo Lilllrgia del/a Lode; ma clodc> in senso ampio del termine, che ci consente di esprimere i più diversi e profondi sentimenti di adorazione, gratitudine, gioia, supplica. E' questa funzione di clode > pura che fa dell'Ufficio divino <I: •• .Ia preghiera che Cristo unito al suo Corpo eleva al Padre , . cFra tutti gli elementi, scrive P. Pinell, della sacra Liturgia, all'Ufficio divino è affidata la funzione di lode pura, piena di sentimenti, di preziosa orazione e che soltanto 'per accidens' può manifestarsi og­gettivamente, al di fuori del cuore dei lodatori , .

Ogni culto cristiano esprime il suo carattere comunitario con la unione delle voci, che richiede l'unione dci cuori: cUno ore et uno corde ' , così i Padri Basilio e Crisostomo e cos1 S. Paolo nella Let­tera ai Romani: cChe il Dio della speranza e della consolazione vi conceda d'avere vicendevolmente sentimen ti concordi, ad esempio di Gesù Cristo, affinché d'un sol cuore e d'una bocca unanime glori­fichiate il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo' e l'Apostolo ci esorta a questa comunità di sentimenti dalla quale sgorgherà, allora, una unanime glorificazione, o lode e adorazione di Dio, che fonderà non soltanto i cuori, ma anche le bocche nella preghiera liturgica (1). E' così che questa liturgia diventerà perfetta, quando tutti offriranno, insieme a Cristo, la propria e personale oblazione di lode.

Liturgia che raggruppa in sé i sentimenti di adorazione, lode e benedizione, ringraziamento, penitenza e conversione (cagnitio Dei faciens mirabilia propter nos peccatores , ), che contraddistinguono ogni atto religioso.

In questo stesso n. 37, c'è, si può dire, una immediata discesa ai casi pratici per quanto riguarda le persone. A coloro che celebrano l'Ufficio divino in CQro o in comune ccaldamente raccomanda, que­sta celebrazione in canto, raccomandazione che fa riscontro all'art. 99

(I) Rom. 1S, S-6 in La SCIa" Bibbia a ,ura tli S. GAROHlO, Marietti, 1964, v. III, p. no. Cfr. anche nella stessa p. la nota ai vv. 5-6.

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IL CANTO NELL'U F F ICIO 15

della Costituzione se che così si esp rime: c. E' bene inoltre che, se­condo l'opportunità, l'Ufficio divino in coro e in comune sia cantato:..

Questa formula la ritroviamo, più del ineata c meno generica, nella IMS al secondo capoverso del n. 37 ove si dice: <E' bene che essi cantino ,almeno qualche parte dell'Ufficio divino e in particolare le Ore principali, cioè le Lodi e i Vespri, soprattutto la domenica e i giorni fcstivi:. , Dal che appare chiara l'importanza che l'Istruzione dà a questa celebrazione nei riguardi di Lodi e Vespri, ore principali, e di determinati giorni liturgici, domeniche e giorni festivi.

Il paragrafo si conclude con la speciale raccomandazione a quei «chierici che pcr ragioni di studio fanno vita in comune o vengono a trovarsi insiemc in occasione di esercizi spirituali o di altri convegni, .. ,;, .

Nell'articolo seguente, ossia il 38, si parla del principio della «solennizzazione 'progressiva':. nella celebrazione deIl'Ufficio in canto. Si possono cantare quelle parti che per loro natura sono più diretta­mente destinate al canto, come i dialoghi, gli inni, i versetti, i cantici, e re<:itare le altre, fermi restando naturalmente il diritto vigente per coloro che sono obbligati al coro e ogni indulto particolare" .. :. , Questa solennizzazione progressiva è la stessa della quale si parla nel n. 7 delle «norme generali:. dell'I struzione, ove si legge: «Tra la forma solenne più completa delle celebrazioni liturgiche, nella quale tutto ciò che rich iede il canto viene di fatto cantato, e la forma più sem­plice, nella quale non si ·usa il canto, si possono avere diversi gradi a seconda della maggiore o minore ampiezza che si attribuisce al canto. Tuttavia nello scegliere le parti da cantarsi si cominci da quelle che per loro natura sono di maggiore importanza: prima di tutto quelle spettanti al sacerdote e ai ministri , cui deve rispondere il popolo, O che devono essere cantate dal sacerdote insieme con il popolo; si aggiungano poi gradualmente quelle che sono proprie dei soli fedeli o della sola 'schola cantorum' :. . In tal modo l'Istruzione viene incontro alle diverse possibilità delle varie assemblee: meglio recitare bene che cantare male, o cantare bene qualche parte che can tarc male tutto.

Non soltanto ai chierici, i quali o perché tenuti al c.coro:. o per ragioni di vita comune o perché sempliccmente si trovano insieme , l'I struzione si rivolge, bensì anche ai fedeli, e cioè alla intera comunità ecclesÌ;lle, invitandoli, con gli articoli 39 e 40, alla celebrazione «in comune, la domenica e i giorni festivi:. , di alcune parti dell'Ufficio divino «special mente i Vespri o altre Ore , secondo la consuetudine

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dei luoghi e delle varie comunità:.. Celebrazione che la se prevede, nel suo articolo 84, già citato, quando dice che «anche i fedeli che pregano insieme al sacerdote nelle forme approvate ) rappresentano «veramente la voce della Sposa che parla allo Sposo, anzi è la pre­ghiera che Cristo unito al suo Corpo eléva al Pad re , . E' questa la lode divina dell'intera Ch iesa che, incorporando i fedeli a questa lode, le fa acqu istare un valore ecclesiale pieno in tutti i membri del Corpo mistico. I fedel i realizzano questa preghiera dell a Chiesa non come delegati - sacerdoti , diaconi, suddiaconi, monaci e religiosi - ma per un normale esercizio del potere che Cristo ha depositato nell a comunità ecclesiale.

In questi stessi articoli, l'Istruzione raccomanda anche una edu­cazione catechelica per i fedeli, iniziazione che sarà assicurata in modo particolare (IMS 40) ai membri degli Istituti che professano i consigli evangelici . affinché da essa attingano ricchezze più abbon­danti per alimentare la loro vita spirituale ) . Anch'essi, come i fedeli, è bene che, per quanto possibile, celebrino in ca nto le Ore principali.

Mi sembra una bellissima quanto phltonica esortazione, almeno per il momento. Si possono invitare i fedeli, si può fare una catechesi, per celebrare in comune le parti principali dell'Ufficio, ma credo che, ormai , questo non basti fino a che questa celebrazione sia soltanto la traduzione in lingua volgare delle Ore del Breviario. Occorre strut­turare una preghiera che, partecipando al contenuto spirituale di quella ufficiale della Chiesa, trovi una d inamica ed una elasticità di realiz­zazione che, per se stessa, sia capace di sodd isfare le esigenze dei fedeli. E' anacronistico creare schemi monacal i; non servono per il popolo . • Cerchi , nella Sua comunicazione - mi ha scritto una -per­sona dalla Spagna - di ottenere che a noi fedeli sia lasciata libertà di schemi, giacché non abbiamo libertà di ri tmo di vita, costretti ad agire sempre con tanla fretta e con tanti impicci. Con schemi grandi - conti­nua -, molto solenni e molto rigidi, non troveremo praticamente mai il tempo per recitare l'Ufficio divino. E che tristezza! Non crede? ) . Come si può osservare, la preoccupazione es iste cd è grande; il brano della lettera che ho riportato è scritto da una persona appartenente ad un Istituto dei quali parla il n. 40 ; persona, inoltre, che da anni de­dica la sua attività alla leoria e alla pratica espe rienza della pastorale nelle diverse comun ità cristiane; collegi , parrocch ie di città - peri­fe ria e centro ., di campagna . Bisogna affrontare questi problemi con senso di cristiano realismo che non è rinuncia al contenuto dottrinale e spirituale, ma soltanto ricerca di nuove forme di pre-

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IL CANTO NELI: UFI' ICIO 77

ghiera più d'accordo con il ( non ritmo ~ della vita attuale - fretta -, con le occupazioni c i diversi ambienti psieosociologici dci nostri fedeli che hanno un grande bisogno di pregare, ma che vogliono una pre­ghiera consona con la loro problematica, le loro esigenze, inquietu­dini e consona anche con il loro realismo di fronte ai problemi e di fronte a Dio. La storia stessa de! Breviario, la diversità dci riti , le diverse riforme, ci danno un esempio d i questa elasticità.

Nel n. 41, prima metà, J'J struzione, riprendendo il concetto giù espresso dalla Costituzione sulla sacra Liturgia (2), così si esprime: ( secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia con­servata nell 'Ufficio divino, celebrato in coro - precisa l' Istruzion e -, la lingua latina ~ .

In questo particolare la ITAA precisa: ( La lingua parlata può usarsi anche ... nelle letture dell'Ufficio divino, anche per la celebra­zione corale ~ (3). In questo argomento, perciò, nulla è cambiato: il problema musicale non esiste, in qu anto la musica c'è; si potrà can­tare bene o male, in tutto o in parte: è sufficiente che i celebranti tengano presenti le raccomandazioni che la se fa al n. 90.

La parte dell'I struzione riguardante l'Ufficio divino si chiude con queste parole: ( si curi la preparazione delle melodie da usarsi nel canto dell'Ufficio divino in lingua volgare ~ . Giudico molto logica questa esortazione rivolta ai compositori, ma credo ancor più neces­sario, come punto di partenza per comporre buone melodie, avere dci buoni testi. Il sol ito luogo comu ne, mi potreste arguire, eh nol Il principio del servizio della musica alla parola richiede da questa la possibilità di farsi servi re.

Se la musica deve essere lo strumento fedele al servizio dci testi liturgici per dare risalto al loro spirituale messaggio e per tradurre il sentimento interno che li impregna, è ovvio che la prima cura, la principale preoccupazione debba essere quella di uno studio profondo, non solo della esattezza fìiologica, ma anche delle carattedstiche strutturali dei testi che sono frutto, principalmente, dci ritmo letterale delle parole, frasi e period i della propria lingua. Bisogna crcare una parola che ci fornisca musica,

Si richiede inoltre, (Cfr. IMS 54), uno st udio d'insieme fra liturgisti , biblisti , teologi, studiosi di pastorale , letterati c musicisti;

(2) se 101. lo (3) fTAA 28 c.

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78 M IGtJEL ALONSO

creando tali gruPPI, l risultati sarebbero contraddistinti, almeno, dal marchio dell'autenticità e della serietà, evitando cosi ogni sfiducia, molto logica d'altra parle, di fronte a produzioni tanto letterarie quanto musicali scialbe e devitaminizzale spiritualmente c musical­mentc.

Per quanto riguarda la Spagna, a puro titolo in formativo, posso dire che le traduzioni del salterio e del lczionario sono ottime; oltre alla fedeltà dottrinale, questo si dà per scontato naturalmente, SODO

d'una ricchezza soprattutto ritmica, potrei dire, insuperabile; la stessa cosa si può dire della traduzione del canone in lingua volgare, che è fruito dci lavoro d i una ventina di specialisti, e vi posso garantire - poiché sono stato presente a queste sedute di lavoro - l'efficacia d i questo metodo.

Il compositore, poi, da parte sua, convinto del servizio che la sua musica deve prestare al testo sacro per arricchirlo spiritualmente, deve arricchire anche lui il suo . mestiere mu sicalc ) con una cono­scenza approfondita delle qualità letterarie, delle regole grammaticali c delle basi ritmiche della lingua che deve musica re. Questo servizio che non vuoi d ire servilismo tecnico al testo, con detrimento della ispirazione, è un a coscicnte e completa padronanza delle regole che il compositore comunque è libero di applicare caso per caso al fine di raggiungere il risultato voluto. Questa conoscenza della lingua ci farà acqui slare un tale eq uilibrio compositivo che, melod ie scritte prosodicamentc male, con il ritmo e gli accenti del testo in netto disaccordo con il ritmo e gli accenti musicali, acquistano il loro vero valore nel trovare la giusta proporzione fra gli elementi musicali e queIJi letterari e grammaticali. Uno studio serio della estetica delle forme gregoriane (e questo non vuoi dire - per carità - tornare indietro) ci darà un sorprendente c validissimo esempio di questa tecnica com­positiva testo-musica . Sapendo applicare alle nostre lingue volgari tanta perfezione, tanta serietà e ispirazione, tante risorse compositive, la na­stra musica, con un linguaggio attuale, con una tecnica aperta e solida, capace di sacralizzare ogni valido suggerimento nuovo, sarà profon­damente vincolata al patrimonio sacro dei secoli precedenti, ma anche attualissima come espressione. Questo è lo spi rito e la sostanza del­l'art. 59 della Istruzione.

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IL CANTO NELL'UFFICIO 79

II - POSSIBILITA' PASTORALI E MUSICALI

Gli aspetti pastorali che abbiamo intravvisto, nell'analisi or ora fatta del capitolo IV della Istruzione, forniscono il tema di questa seconda parte. Dato che i fedeli debbono inserirsi nella celebrazione dell'Ufficio divino in canto, noi dobbiamo studiare tre aspetti di que­sto Ufficio:

1) - Strutturazione dell'Ufficio. 2) - Elementi letterari. 3) - Elementi musicali,

l) - Natura e struttura dell'Ufficio divino. L'Ufficio divino è preghiera della Chiesa che santifica il corso del giorno e della notte, mediante la lode e la supplica. Perciò nello strutturare una preghiera per i fedeli e per gli Istituti di perfezione evangelica, necessariamente, si devono tener presenti i seguenti elementi essenziali e specifici del­rUfficio e cioè: a) - è un'orazione istitu ita ed esercitata dalla Chiesa (4); b) - ordinata a santificare tutto il corso dci giorno e della notte; c) - per mezzo della lode divina (5).

Come abbiamo detto prima, i fedeli realizzano questa preghiera istituita dalla Chiesa per un normale esercizio del potere che Cristo ha depositato nella comunità ecclesiale. Ma non basta che sia ora­zione pubblica, bisogna che esista un legame alla successione. del tempo diurno, per essere veramente dentro all'Ufficio divino. Ora­zione mattutina e vespertina - Lodi e Vespri - sono i cardini del­l'Ufficio, La notte e il giorno devono convertirsi, per i fedeli, in veri segni sacramentali della morte e della resurrezione cristiana, oltre ai molteplici significati spirituali che hanno lanto l'ufficio delle Lodi come quello dei Vespri. Infine la lode divina come mezzo specifico della consacrazione del tempo. Abbiamo detto che questa lode esprime il suo carattere comunitario per mezzo della unione delle voci e dei cuori. Le strutture dell'Ufficio divino, pertanto, costituiscono la norma più autentica della preghiera cristiana; questa lode ci unisce comu­nitariamente, non solo per la proclamazione in se stessa, ma per l'og­getto stesso proclamato, che sono i faui della nostra salvezza. Come celebrazione, l'Ufficio è l'espressione visibile della realtà invisibile che l'assemblea liturgica vive nella Fede della Chiesa. Da una parte c'è

(4) se 83. (5) se 84.

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80 MIGUE l ALONSO

la realtà invisibile del mistero che si celebra c, dall'altra, la manife­stazione sensibile dell'azione rituale, cioè l'assemblea riunita per la preghiera. le letture , i cani i, le orazioni comuni, i gesti e gli atteg­giamenti.

Siccome la forma dell'Ufficio tradotto del Breviario è a tutti voi noIa c siccome ciò che interessa sono le attual i possibili applica­zioni pratiche, vediamo come il P. Mateos, professore in Roma presso il PonI. Istituto Orientale c il Pontificio Istituto Liturgico dell'An­selmianum, ha realizzato uno schema d'Ufficio per le lodi vespertine. E' uno dei tanti esempi di quanto si sta facendo in questo campo (6).

Sulle orme della trad izione più unive rsale d istingue tre elementi principali :

I - ringraziamento a Dio per i benefici che ci ha concesso, per mezzo del salmo o cantico (variabili), lucernario. Come azione esterna l'accensione delle candele .

2 • Azione penitenziale chiedendo a Dio perdono dei nostri peccati , e per questo si stabilisce il salmo 140 (fi sso). Come azione esterna l'offerta dell'incenso.

3 • Preci o petizioni per tutti noi e per la chiesa nella forma di Oratio Fidelium.

Vediamo come sono realizzati questi elementi. Prendiamo il primo dei sette formulari: Nei sette schemi il P. Mateos inizia sempre l'Ufficio con la

stessa formula di saluto doxologico: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, com'era in principio ... Amen, ·alla quale segue l'orazione iniziale cantala o recitata dal celebrante, o in parte reci· tata e in parte cantala (Per Cristo) che c'i ntroduce, chiedendo a Dio l' illuminazione della nostra mente e il fuoco dello Spirito nei nostri cuori, alla celebrazione d ' una degna lode .

l . Siamo nell'azione di ringraziamemo. Segue il salmo lucer· nario, di forma responsoriale, con testo preso, in questo caso, da Col. 1, 12·20; funge da responsorio il v. 13: cDio ci ha sottratti al potere delle tenebre . e ci ha trasportati nel regno del suo Figlio

(6) Altri esempi si (lQ$Sono vedere ilei Il. 69-70 della rivista E/I/i.re qui chaJllt' la quale pubblica 8 schemi dell" uffi cio di scra di d iver;; allturi; nella riv ista Liturgiu n. 230 che pubblica &Ii schemi di lodi e vespri del l'. José l\bria Patino S.J., segre­tario della Commiss ione episcopale liturg ica spagnob; è inoltre molto interessante vedere ; Ii Sçhcmi de1l"Ujfieio di Taiz<'; L a lade Ve'f'n /i/w, ed. Corrara, etc.

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'I

1.1 1

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IL CANTO NELL 'UFFIC IO " diletto . ; segue l'orazione che chiede a Dio questa sua luce della Grazia, con la conseguente espulsione, dai nostri cuori, delle tenebre del peccato. Questo ringraziamento dei benefici ricevuti durante il giorno è il primo dei fini dell'Ufficio vespertino e si esprime con l'accensione delle luci, simbolo di Cristo Luce del mondo.

2 - Entriamo quindi in piena aziol/e Ilel/itel/zia/e chiedendo a Dio perdono per i peccati commessi durante il giorno; si (a l'offerta dell'incenso, ablazione di carattere propiziatorio. Come abbiamo in­dicato sopra, il salmo scelto è il salmo penitenziale 140. E' un salmo antifonico, l'antifona è tratta dal verso 2 dello stesso salmo : eSi diriga la mia preghiera come incenso al tuo volto (il levarsi delle mie mani come sacrificio della sera). se risulta mollo lunga, si può cantare soltanto il primo emistichio. Nel salmo mancano i vv. 2, 5, 6, 7, IO (7). Il rito pcnitenziale si chiude con l'orazione che ne esprime il carattere propiziatorio. Dopo il salmo J 40, l'autore, nel suo schema, presenta un altro salmo e lettura ead Iibitum. che si ricollegano con lo spirito penitenziale di detto salmo; questa lettura, se si (a, può essere più breve o più lu nga; nei giorni di festa, questo salmo e lettura si possono accomodare al senso della fes tività; dopo il salmo si può recitare un'orazione intonata al carattere della festi­vità o in onore del santo del giorno.

3 - La terza parte di quest'Ufficio è rappresentata dalle pre­ghiere, O preci, in forma di orazione dei fedeli, dove, all'intenzione universale della Chiesa e della società si aggiungeranno le necessità proprie dei fedeli. Esse oltre che preghiere di supplica, dovranno essere come una litania di -lode alla gloria dei misteri di Cristo.

I dieci schemi hanno, in genere, la seguente struttura :

a) - Si inizia con una esortazione a pregare e con la enun­ciazione della risposta, propria delle litanie, desunta generalmente dai salmi.

b) - Segue la se rie di nove petizioni delle quali le prime ri­guardano la Chiesa o qualche categoria di fedeli (desunte dalla Costi­tuzione conciliare Lllmen Gentium) ; vengono, poi, ,le petizioni per l'unione dei cristiani (tratte dal Decreto sull 'Ecumenismo) e quelle

(7) Quando tralleremo il tema musicale parleremo de lla opportllnit~ di presen­tare il sa lmo intero o IIna selezione compiuta di uso e diremo per quali ragioni.

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82 MIGlJEL "LONSO

per il mondo e per gli uomini del nostro tempo (Costituzione pasto­rale Gaudium et Spes); infine la preghiera per la comunità o la so­cietà. Da notare che in questi schemi di studio, le petizioni sono fatte a Dio in terza persona e si termina con una allocuzione a Dio, in seconda persona: cA Te, Dio di misericordia .. ,' , seguita dall'ora­zione finale. I testi si possono adattare a varie opportunità e occasioni e si possono aggiungere o diminuire le petizioni.

Conclusione - L'Ufficio si conclude con la benedizione che, in questo caso, è fatta in forma di dialogo: il celebrante invita i pre­senti a ricevere la benedizione quotidiana con queste parole: cInchi­natevi davanti a Dio e ricevete la Sua benedizione - fil celebrante stende la destra sul popolo e prosegue] - Cristo Signore, che con la sua morte vinse la morte della nostra natura, vi faccia vincitori sui vostri peccati ) .

- Tutti - cAmen ) .

- Celebrante - cLui che si offerse ai suoi nemici, vi salvi dai tormenti eterni ) .

- Tutti - cAmen :. . - Celebrante _ , Per vivere eternamente con Lui che è il vin-

citore della morte :. . - Tutti - cAmen ) (8). Se si crede opportuno, i presenti possono salutarsi con un segno

di fratellanza.

Come vedete gli schemi ci sono, e sono tanti; ma subito ci viene fatto di chiederci: Quando trovano il tempo, i fedeli, per celebrare questa preghiera? Ecco un altro punto.

Oltre che educare i fedeli a queste celebrazioni, così come vuole !'Istruzione; oltre alla catechesi che tende a convincerli dell'impor­tanza spirituale di queste celebrazioni e a renderli consapevoli della significazione c della funzione santificante che esse hanno, bisogna disporre le cose in modo che la loro partecipazione sia concreta­mente possibile.

Per esempio, è difficile, dato il ritmo attuale della vita moderna, una celebrazione domenicale o festiva delle Lodi e dei Vespri come atti a sé; invece li vedo possibili ave si realizzino nel sabato o nelle vigilie dei giorni festivi, e anche nei giorni feriali, se vengono cele-

(8) Questa formula di benedizione è stata presa dal Bur il1rio GOlico.

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II.. CANTO NE LL' UFI' ICIO 8l

brate immediatamente prima e in collegamento con la Messa pome­ridiana (Vespri),

Ad esempio, seguendo lo schema precedentemente esposto della preghiera dei Vespri, questi procedono normalmente fino alla .. let­tura », che potrebbe essere quella d ella Messa del giorno; da questo momento la Messa prosegue . Questo, sia ben chiaro, se venisse auto­r izzato, in quanto la norma espressa nel n. 45 della recentissima lEM prescrive che qualsiasi mutamento deve essere auto rizzato dalla Santa Sede o dalle competenti autorità, vescovo, conferenza episcopale .

Un'altra possibilità meno impegnativa sarebbe quella di iniziare la Messa con l'introito, sostituendo le preci che lo precedono con il salmo penitenzialc del Vespro.

Altri liturgist i e pastoralisti potranno opportunamente suggerire altre possibilità, secondo le proprie esperienze e l'opportun ità pastorale .

2) - Elementi letterari. Anche se ho stabilito una distinzione fra gli elementi letterari e musicali, si tratta di una distinzione più teorica che reale, perché molti di questi e[ementi letterari saranno quelli che poi bisognerà musicare e perciò molte delle conside razioni, in questo secondo punto, interessano tutti e due gli aspetti.

Seguendo il P. Gelineau (9), possiamo stabilire i quattro tipi principali dell'espressione umana: l - le grida, 2 - le proclatnilzioni, 3 - la salmodia e, 4 - i canti profJriamente detti.

Le grida. Il grido è un atto umano che esprime in maniera im­mediata e globale uno stato d'animo individuale o collettivo che sorge in noi in circostanze eccezionali o pe r esperienze intense. Il grido può essere, perciò, di glorificazione, di chia mata, di gioia, di sofferenza, di lode, ecc. (10). Le grida liturgiche possiamo suddividcrle in tre specie: a) le chiamate (O Dio vieni a salvarmi », b) le acclamazioni (Gloria Patri) ( Alleluia », c) i dialoghi, ma per quanto riguarda la risposta collettiva del popolo, per esempio dopo le letture e dopo lc orazion i alla fin e dell'Ufficio. Queste grida, anche se brevi in appa­renza sono come la molla e il nerbo della celebrazione. L'Ufficio ha inizio, in genere, con il grido di chiamata ( O Dio vieni a salvarmi ,. Dico ( in genere , perché negli schemi esaminati precedentemente inizia con l'acclamazione cGloria al Padre , al Figlio ... ecc. ' .

(9) CIUb rer /'Olfice di"i". (IO) Corrispondono al «bravo~ , . evviva. , ~bcnc~ , del nostro linguaggio quoti­

diano.

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84 MIGUEL ~LOSSO

Dato che questo ultimo testo esprime la nostra intenzione prin­cipale di rendere gloria alla Trinità Santa, che rappresenta la grande porta che ci introduce nell'ufficio, sarebbe quanto mai opportuno che la si cantasse da tutta l'assemblea, senza alternanza; lo stesso dicasi del finale dci salmi, dove il .. Gloria al Padre. non è più parle del salmo , ma conclusione acc1amativa.

Il Hendiamo grazie a Dio. , alla flne delle letture, così come si adopera in italiano, può creare problemi letterari e musicali. Dei primi abbiamo un esempio nel capitolo delle lodi della festività dei 55. Pietro e Paolo: dn quel medesimo tempo il re Erode Agrippa prese a perse­guitare alcuni membri della Chiesa; fece morire di spada Giacomo; fratello di Giovanni c, sapendo di far cosa gradita ai Giudei , mandò ad arrestare anche Pietro> (Il) . Rendiamo grazie a Dio, (!) Sono casi rarissimi, d'accordo, ma oltre a rimediare queste manchevolezze di tipo letterario, musicalmente sarebbe più facile la risposta dell' Assem­blea se il lettore, al termine del brano letto, concludesse eon una frase, sempre identica, quale . Parola di Dio Onnipotente , .

Le musiche di queste grida devono rispecchiare la psicologia del sentimento ehe si vuoi esprimere, considerando anche l'importanza e la funzione del momento: non è la stessa cosa, per esempio, il finale cDeo gratias , di un capitolo che quello di un ufficio, che deve essere più svi luppato e trattato anche polifonicamente.

Le proclamazioni o j testi proclamati dell'Ufficio.

Sono le a) lelture, b) le intenzioni della preghiera, allorchè si in­vita l'Assemblea a lodare e a pregare Dio, c) le orazioni a nome della comunità.

Le letture. Due sono le possibilità, rispettando sempre la più per­fetta intelligibilità della parola, a) parola parlata. Scrive l'Abbé Hame­Hne: . Ia parola parlata risponde perfettamente alle esigenze d'intelli­gibilità c, allo stesso tempo, si può dimostrare alle volte più imme­diatamente efficace , b) parola cantata, o meglio, cantillata. Scrive Agustoni : . La cantillazione è l'arte di porgere la parola in maniera elevata. Qui sta il punto fondamentale della sua natura. Questa pro­clamazione è, in primo -luogo, un rito di un 'lirismo verbale, e il segno che manifesta il StiO carattere sacro deve perfezionare la naturalezza

(11) Alli 12. 1·3.

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Il C ... l'HO NEll'UFFIC IO

della stessa lettura, edeve rendere ~ come scrive Gino Stcfani ~ la let~

tura più lettura:. , Bisogna tener conto della natura dci testi: ce n'è sono di quelli che la canti!lazionc favorisce con le sue caratteristiche formali, mentre altri, al contrario, non sopportano la canti!lazione, B i~

sogna .tenere conto anche della solennità, della capacità interpretativa del ministro - meglio una buona lettura che una cattiva cantillaziooe ~

c anche delle possibilità dei mezzi acustici attuali , La cantillazione viene usata nella liturgia cristiana fin dai primi secoli ed è una forma di melodia religiosa, di costruzione se mplice, più vicina alla decIama~

zione che al canto propriamente detto. La sua apparente povert:'l può essere su perata con un'attenta e accurata analisi del testo e dello slu~

dio delle infiessioni ritmico~mclodiche della recitazione testuale. La proposta delle intenzioni della preghiera, Il p, Mateos prefe~

risce che la proposta sia letta e la risposta cantata, col procedimento chiamato eekfonesi ) (12). Questo rende meno complicata la costru~ zione letteraria delle proposte ehe godono di maggior libertà lettera~ ria. Alcuni vorranno la lettura cd altri la cantillazione: è un problema di scelta, in ciascun caso, secondo l'opportunità,

Le orazioni, La differenza che esiste fra la cantillazione delle let~

ture e quella delle preghiere, nota Agustoni, sta nel falto che queste non sono una proclamazione della parola di Dio, come le letture, ma preghiera dialogata, Per una buona cantillazione si esige un testo con un cursus ritmico perfetto. Esempi stupendi si trovano nelle orazioni latine; per eil Signore sia con voi ) che precede l'orazione, così come per l' eAmem finale, il compositore deve trovare la giusta corrispon~ denza musicale del dialogo. Nel caso di lettura dell'orazione, se si vuole la risposta dell'Assemblea cantata , si può ricorrere al procedi­mento sopra indicato cominciando il canto alle parole eper Cristo nostro Signore) ,

La salmadia. Rinuncio, per ragioni di tempo, a trattare gli aspetti spirituali del salterio esostanza dell'Ufficio divino; composto sotto la divina ispirazione per tutto il popolo di Dio ) ,

Questo è piuttosto compito d'altri specialisti. La celebrazione in lingua volgare ci obbliga ad una più profonda

conoscenza anche degli aspetti letterari dei salmi, del loro stile e

(12) Eldonesi = passaggio della voce !,arlata a quella cantata. per permC!!crc una risposta cantata.

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86 M IGUEL " LOSSO

struttura poetica, per poi arri vare alle possibilità musicali di composi­zione e di esecuzione.

Genere letterario. Premesso che è parola di Dio ispirata e che questo spirito di Dio ci deve nutrire, irrobusti re e arricchire spiritual­mente, i salmi sono dci poemi del popolo ebraico. Poesia vera, auten­tica e di ricchissimo contenuto interiore, che ha assoluto bisogno di estrinseca rsi. La visione poe tica del popolo ebraico acquista proiezioni che si allargano verso orizzonti che si perdono in un luminoso 'futuro.

Divisione dei salmi per famiglie. Se è molto importante, per lo stud io del saltcrio, la conoscenza del genere letterario, o forma di esprimersi impiegata dall'agiografo, è necessario, pe r ogni gruppo di lesti , per ogni genere letterario, conoscere la situazione eoncrela, il fondo vitale in cui questo genere si è formato; conoscere anche le cor­rent i spirituali , le abitudi ni, l'ambiente dove l'autore è nato e vissuto e dove ha acquisila la sua formazione -letterari a, dottrinale e psicologica. Tutti i commentatori raggruppano i salmi in diverse famiglie; in ge­nere parlano di sal mi di lode, ringraziamen to, lamentazione, perché sono i tipi più appariscenti. La Bibbia di Gerusalemme fa una distin­zione tenendo conto del contenuto letterario :

Inni Azioni di Preghiere

Didattici

grazie a) di supplica: collettiva e indi vidualc b) di fiducia

Profctiei escatologici: oracoli , sal mi del regno di Dio, cantici escatologici di Sion, sal mi messianici.

H. Gunkel tiene conto. per la classificazione, del riferimento al momento storico vilale nel quale fu rono composti Fra d ivisioni e sud­di visioni , distingue 16 famig lie. Drijvers fa la sua classificazione in rap­porlo con la celebrazione liturgica dalla quale è nato: fra divisioni e suddivisioni risultano ben 14 gruppi . più uno che lui defi nisce c:gruppo di salmi vaghi ) per la sua indeterminazione. Altri come c: le Père Gcorgc ) fa un a classificazionc più semplice e consona con il genere della preghicra cristiana e cioè: lode - gratitudine - pet izione - spe­ranza - ubbidienza. Pcr il loro contenuto poetico si possono dividere i salmi in li rici, drammatici cd epici, clementi che possono apparire mescolati anche nello stesso salmo.

Stile. Per definire le caratteristiche di stile , è necessario cono­sce re il temperamento poetico del popolo ebraico. La mia guida sarà,

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IL CANTO NEL L'UFFICIO 87

in questo caso, un noto specialista, il P. Pius Drijvers che sc rive al pro· posito : cii temperamento di questo popolo è poetico e mistico perché è interiore. Cerca la sapienza, ma una sapie nza di vita; la essenza della vita stessa. Contempla la vita e perciò l'organizzare, il costruire, lo con· sidera cosa tecnica, propria dello spirito occidentale. Questo popolo si esprime comun icando esperienze interne, non concettuali, ma i propri cvissuti , . Non analizza idee, non le sviluppa in maniera discor· siva, ma dice tutto in lutto e sotto dive rsi aspe lli. E così nasce lo stile chiamato concentrico nel quale, quello che si dice, è un a successione di comunicazioni totali dove ognu na abbraccia tutta la sostan za ma non la esaurisce interamente. Si tratta di un movimento circolare, di un procedere concentrico del pensiero, dove sempre, però, rimane un punto centrale fi sso. E' un pensiero molto musicale e ri tmico, è come una composizione musicale nella qu ale si ripetano successivamente gli stessi motivi , con qualche piccola variazione, ma che ci sembra qual­cosa di interamente nuovo e con delle sfumatu re prima non percepite. Grazie a queste ripetizioni, a questo progredi re in crescendo, si può as· similare più profondamente il motivo fondamentale. E' prosa poetica, e soprattutto ritmica; almeno per quello che riguarda il pensiero, è un flusso e riflusso, un parallelismo circolare costante,.

Struttura. La maggior caratteristica della tecnica poetica ebraica è il parallelismo, ossia il ritmo del pensiero sostenuto dal ri tmo del· l'ispirazione poetica. Vediamo alcune delle specie più importanti : sinonimo quando ·Ie idee del primo emistichio si ripetono nel secondo, conservando la stessa costruzione sintaUica (13).

Parallelismo antitetico per mezzo del quale si cerca di spiegare l'idea principale opponendole la contraria, provocando un urto delle idee che fa risaltare di più il concetto (14).

Parallelismo sintetico quando non si ripete la stessa idea ma c'è una certa relazione tra quella del secondo emistich io con quella del primo, in qu anto il pensiero diventa più preciso e più sv iluppato (15). Molti altri parallelismi sono difficilmente classifi cabili per le diverse maniere di presentare queste due parti: sintetico--progressivo • do· manda e risposta · comparazione· contrasti· condizionali e salmi nei quali l'ultima parola del verso precedente o della strofa viene ripresa nel seguente (Salmo incatenato) (16).

( Il) CI,. Sul",o 60, 2. (14) CI,. Solmo 19. 8-9. (1 5) CJ'. Sulmo 134,5-7. ( 16) Sull/IO 119, 1l3.

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88 MIGUEL ALONSO

Oltre ai perccdenti, Drijvcrs ci parla del 'ritmo graduale' nel quale lo sviluppo delle idee dà l'impressione di un progredire lento ma senza soste. Una parte del primo membro si ripete quasi ad pedem Iitterae nel secondo c l'altra si omette; e allora, per riempire questo vuoto, il pocta introduce anche parole affini nel loro significato, e al­tre volte elementi nuovi ind ipendenti (17).

Come si può osservare, il parallelismo in genere, questo ritmo di idee, ci aiuta a fi ssare la nostra mente nel concetti principali e a capire la poesia e la musicalità del salmo. In questa tecnica ogni verso ba due membri che si corrispondono, e allora si chiama distico, o pa­rallelismo binario; se i versi sono Ire, allora il parallelismo è terna­Tio (18).

Un altro elemento: c'è, oltre al parallelismo, il procedimento strofico dove la strofa crea l'unità logica come i versi hanno creato l'unità ritmica e che ci aiuta a distinguere con precisjone e chiarezza le idee. Molte volte è una divisione artificiale.

Altro problema è il ritmo, ossia l'organizzazione interna degli ac­centi del verso, così: ritmo a tre accenti, o ternario, a quattro ac­centi, o binario, a cinque (312) accenti: elegiaco.

Una metrica frutto di una successione dei versi non si dà nel1a poesia ebraica, sono gli accenti combinati abilmente, quelli che man­tengono il ritmo; e questo numero degli accenti varia, alle volte, da un verso all 'altro.

Credo di sommo interesse per tutti, ma specialmente per i com­positori, sottolineare questi elementi costitutivi dei salmi: generi let­terari, famiglie, stile, struttura non sono questioni semplicemente te0-riche, sono una base la cui ancora più approfondita conoscenza ci permetterà di penetrare più intimamente nella natura del messaggio spirituale, per poi poterne creare una degna espressione musicale che aiuti i fedeli 11 lodare, chiedere e sperare nel Signore, ed essere grati a Lui, per mezzo del canto dei Salmi.

Da questo si può dedurre come gli elementi letterari e musicali si completino a vicenda nei salmi ; questo appare ancora più chiaro quan­do si affronta il problema della composizione e, in conseguenza, dell a interpretazione .

(17) Salmo 28. (18) Salmo 90.

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Il CAS TO NE LL'UFF ICIO 89

Varie forme per comare un salmo,

I) Forma diretta o continua che non è altro che una lettura modulata eseguita da un solista, o da tutti, senza intercalare -nessuna antifona o ritornello fra un versetto e l'altro; se questa maniera di eseguire si fa alternando i due cori, si chiama diretta alternata,

2) Forma responsoriale strettamellle detta: in questa forma il solista o un piccolo gruppo di soli, canta i versetti del salmo e l'as­semblea risponde dopo ogni verso, o strofa, intercalando un ritornello o risposta. Una forma che si può chiamare responsoriale è quella impie­gala negli spiri/ua!s negri: il solista canla il primo e secondo emistichio e il popolo risponde con la ripetizione del secondo o con le ultime pa­role del secondo. E' una forma di grande effetto (19) ,

3) Forma antifonica che è il procedimento per il quale un sal­mo viene cantato dall'assemblea divisa in due parti che si alternano nella esecuzione dei versetti e delle risposte, o antifone. Questa forma antifonica è una delle forme che permette maggiori possibilità, musicali e pastorali, per il canto dei salmi. Vediamo di illustrare con qualche esempio questa forma:

A. Se l'antifona è uguale per i due gruppi: Inizio: cantano "anti-fona i solisti (o gruppo solista) e la ripete tutta l'assemblea.

I. versetto o strofa - I. solista (o gruppo solista) Risposta: I. gruppo dell'Assemblea che ripete l'antifona n. versetto o strofa - Il, solista (o gruppo solista) Risposta: II. gruppo dell'Assemblea che ripete l'antirona. n cGloria Patri" che non fa più parte del salmo vero e proprio,

e che come abbiamo detto è un'acclamazione di lode alla SS.ma Tri­nità, sarebbe più consono fosse cantato da tulta l'assemblea insieme.

Alla fine, l'antifona viene cantata dai solisti (o gruppo di solisti) con la ripetizione di tutta l'assemblea.

a) - Antifona uguale, ma lunga, si può eseguire così: all'inizio e alla fine, come descritto precedentemente; come risposta ai singoli versetti si canta la clausola finale dell'antifona. Lo stesso vale per i :

b) - Tropari - Antifone di composizione ecclesiale che raccol· gono il significato del momento liturgico e della festività, molto utili per la catechesi dei fedeli.

(19) Cfr. l'applicazione al Salmo 91.

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90 MIGUEL ALO:"lSO

Es. La tua risurrezione, Cristo Salvatore ha illuminato tutta la terra faccndo arrivare di nuovo la tua voce all'uomo che Tu creasti Gloria a Te Signore Onnipotente (col Salmo 92) (20).

N,B. - Nel caso di antifone lunghe c ne i tropari, gli autori dci testi devono perciò tener presente l'imporlante funzione di risposta dell'ultima frase.

c) - Se nell'antifona lunga esiste parallelismo fra gli elementi costitutivi di essa, si può fare come segue:

I nizio e fine come sopra, poi: Primo versetto l Solo (o gruppo so!.) Risp . 1. gru ppo Assemblo

metà antifona. Secondo versetto 2 Solo (o gruppo 501.) Risp. I I. gruppo Assembl.

2 metà antifona.

B. - Se le Antifone sono differenti:

Inizio. Il 1 solo (o I gruppo) canta la prima antifona che ripete il L gruppo Ass.

Il 2 solo (o 2 gruppo) canta la secondrt antifona che ripete il II. gruppo Ass.

Durante il salmo: al t solista (o gruppo) risponde il I. gruppo Ass. con l. antifona.

Al 2 solista (o gruppo) risponde il Il gruppo Ass. con 2. antifOQ'a.

Esempio di due antifone:

La Tua Croce, o Cristo Salvatore ha posto fine al dominio della morte distruggendo l'inganno diabolico La Tua resurrezione, o Signore ha riempito di luce l'universo aprendo di nuovo il Paradiso (21).

Come è facile costatare, le possibilità sono molte. Esiste anche un'altra forma che il P. Schockel chiama:

(20) Dal vespro del Sabato nella Liturgia bizant ina. (21) Dal \'espro della Domenica nella Liturgia bi7.am i n~.

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IL C"-'-'TO NELL' UFFICIO 91

4). Litallica che, come nel salmo 135, dà l'invocazione, o risposta, ripetuta dopo ogni versetto, Se si vuole adoperare questa forma , alt ri salmi, per esempio, il 71 , si possono trasformare in litanici, prcn· dendo, in questo caso, il v. 3 eome i.nvocazione di pace: 'Che i monti portino pace e i colli la giustizia' O altre che il compositore può escogi· tare e che poi la pratica consiglierà o meno.

Molta attenzione deve esse re posta, dopo tutto quello che si è dello. nella scelta delle nuove antifone O nella creazione di esse, data la loro importanza liturgica pastorale e musicale: liturgica, -perché rias· sumono il senso spirituale del salmo; pastorale, perché sono un mezzo formidabile di partecipazione collettiva alla preghiera; musicale, per la loro funzione di fi ssare le caratteristiche tecniche musicali del sal· ma e per la bellezza estetica che risulta dalJa loro perfetta esecuzione.

Niente da aggiungere sui cemli scritluristici. Sono 13. La loro strut· tura letteraria c la loro forma di esecuzione è simile a quella dci salmi. Per la ·Ioro natura sono nati per essere cantati.

Una brevissima parola, per finire , su gl'lnlli: composizioni cc· clesiali di fattura poetica e musicale, che esprimono i sentimenti celc· brati nella liturgia. In questo aspetto di poesia ecclesiastica possiamo trovare la loro validità c, perché non dirlo, le loro deficienze. Si può certo far loro l'appunto che essendo poesia ecclesiastica, sono molto influenzati dal gusto dell'epoca e del popolo nel quale nascono ; se· guono, perciò, l'evoluzione delle correnti letterarie e musicali di eia· scun paese (per esempio : l'aspetto strofìco); le possibilità, invece, che ci offrono sono costituite dal fatto chc bisogna ammcttcre che questa vena poetica non è un patrimonio esclusivo di alcuni secoli o di al­cune regioni soltanto, c perciò se ne può fare una selezione incorpo­rando inni biblici, o di alt re liturgie e addirittu ra. perché no? crearne di nuovi che, dopo un periodo di spcrimentazione positiva , si possano incorporare ufficialmente nell a preghiera dei fedeli.

Ecco elencati alcuni dei suggerimenti che, come basi letterarie, li­turgiche e musicali· clement i del mestiere del compositore· ind iriz· zeranno le sue capacità creati ve per plasmare il suo ideale estetico, te· nendo sempre presente le norme della fedeltà al testo e la inteJ]ig ib i l i t ~l , la facilità d'eseeuzione da parte dci popolo nei suoi intcrventi , la fun ­zionalità interna ed esterna di queste musiche.

Scale nuove da adoperare, modalità? cantillazionc? melod ia? Genere sillabico, neumatico, melismatico? Monodia, polifonia? Rit· mica elementare o complicata? Strumenti, e quali?

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MIGlJEL ,\. LONSO

Risposte che il compositore stesso deve dare eon la scelta dei mezzi opportuni in ogni caso particolare e che devono escludere ogni apriorismo; testo, funz ionalità e possibilità dell'Assemblea sono i punti di guida, presupposta, naturalmente, la disposizione musicale e la pre­parazione, alle quali è necessario aggiungere la buona volontà.

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LA MUSICA SACRA NELLA CELEBRAZIONE DEI SACRAMENTI

E DEI SACRAMENTAU

IN PARTICOLARI AZIONI SACRE DELL'ANNO LITURGICO NELLE SACRE CELEBRAZIONI DELLA PAROLA DI DIO

E NEI PII E SACRI ESERCIZI

DON GIUSEPPE SOSRERO

Introduzione

Il capitolo di cui ci occupiamo rappresenta una felice novità nel­['insieme della legislazione liturgica. Per il canto alla messa si ha una serie di interventi, trattandosi anche dell'azione sacra fondamentale, su cui si è accentrato l'interesse.

Per i sacramenti la legislazione è praticamente nulla: ma ciò di­pende anche dalla situazione presente dei riti sacramentali. Pcr tre di essi (Battesimo, Penitenza, Unzione) il canto non è previsto; l'Ordine c la Confermazione hanno qualche rcsponsorio o antifona; nel Ma­trimonio infine il canto liturgico (quando non c'è la messa) non è previsto; e nella pratica i canti eseguiti sono spesso semplicemente deco~

rativi, senza far parte integrale dell'azione liturgica. Le particolari azioni sacre dell'anno liturgico, quelle dette nei

manuali di cerimonie c:funzioni straordinarie ~ , avevano un loro repcr~ lorio di canto in latino, e di grande qualità: il canto religioso popolare era a stento ammesso accanto a quello in latino c non si poteva consi~ derare c: liturgico ~ . Infatti i documenti prima della Costituzione litur­gica davano una graduatoria di importanza al canto e alla musica sa­cra secondo criteri storici o estetici, non secondo il posto effettivo nella celebrazione: il canto popolare era per sé di rango inferiore, e l'ipotesi

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94 DON GIUSEPPE SOIlRERO

che esso fosse eventualmente più appropriato alla celebrazione che non un pezzo di gregoriano ornato o una polifonia non era nemmeno preso in considerazione. (Non dico che l'attuale Instructio espliciti tutte le conseguenze del principio che ogni tipo di musica è buona purché s ia funzionale, tuttavia essa 'lascia le por,te aperte), E' dunque la prospet­tiva pastorale della Costituzione liturgica, che ha fatto considerare con un cerIo interesse, dal punto di vista della musica /Iella Liturgia, ,le _altre celebrazioni , aJl'infuori della Messa e dell 'Ufficio.

Il capitolo risulta un po' disparato: ogni articolo affronta un ar­gomento nuovo. Inoltre la trattazione dei singoli punti è piuttosto ge­nerica, un po' pe r manca nza di esperienza e di tradizione, almeno in lingua viva; un po' perché la parte dell'iniziativa locale e dell'adatta· mento è più notevole qui che nelle altre celebrazioni.

Vediamo di analizzare, in proporzioni diseguali, i quattro gruppi fondamentali. Nell'indicazione del repertorio saremo facilmente incom· pleti: la ragione è la mancanza d i un centro di documentazione na· zionalc che segnali tempestivamente le novità d i tutta Italia. Mancano ugual men te incontri tecnici per l'esame del repertorio c, di conse· guenza, criteri comuni di linguaggio poetico e musicale nonché di critica ( I).

I - I RIT I SACRAMENTALI

Il nostro discorso comprende non solo i sette sacramenti , ma aD· che i sacramentali, riti di preparazione o sviluppo al nucleo essenziale del sacramento, benedizioni e consacrazion i. Nell'ordinamento sacra· men tale della Chiesa, che è il grande "Sacramentum" i vari segni ac­qu istano il loro peso specifico in rapporto all'Eucaristia, culmen et fans della vita liturgica. Alcuni interessano direttamente la comunità, per­ché ordinati all'aggregazione di nuovi membri e al loro pieno sviluppo ; altri interessano piuttosto i nuclei familiari, come il Matrimonio o J'Unzione dei malati, che del mistero di Cristo celebrato pienamente

(I) Si può seenalare una rasSC&JIa di S. PALLI~I, ClImi in im/limo P"~ il rilO del sacramentali e dei sac~amemi, in Rivista di Pastorale Iitll~gicu 19 (1966) 535-548.

La rivista Il c""lo dell'uuemhlea. LDC, Torino-LeUmHnn, n ivista pastorale di musica ncrn, analizza Teaorarmente i e~ nt i pubbllcali sulle schede ECAS dai prin­cipali Editori (Carrara, Eco, ReaaJitll, LDC, C:tlab·Boloana, Centro di Lilurgia p)_ storale • Lugano, AISC).

Le citazioni dei salmi e antifone si riferiscono al libretto: T,..,,,/(, w/mi e w, canfico, LDC, Torino-Leumann.

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LA MUSICA SACRA NEI SACRAMENTI E SACRAMENTALI 95

nell'Eucaristia sono segni efficaci perché assimilano il fedele a Cristo­Sposo della Comunità o Cristo sofferente. Dal punto di vista dell'appa­rato esterno, alcuni comportano una desta> comunitaria, altri sono più raccolti, come la Penitenza o l'Unzione.

I. Il principio della celebrazione comunitaria dei sacramenti è comune a tutti i riti, ed è ricordato nell'lnstructio, la quale cita il n. 27 della se: <Ogni qualvolta i riti comportano, per loro natura, una ce­lebrazione comunitaria, caratterizzata dalla presenza e dalla partecipa­zione attiva dei fedeli, questa deve preferirsi alla celebrazione indivi­duale e quasi privata , .

Si distingue, in buona logica, un comunitario di diritto e un co­munitario di fatto (cioè in cui partecipa l'assemblea, oppure in eui più persone ricevono un sacramento). Siccome si tratta di un principio generale, si dovrà applicare analogicamente ai vari casi. E' diversa la comunitarietà <di diritto , della iniziazione cristiana, e del Matrimonio, e dell'Unzione dei inalati.

Ora la celebrazione comunitaria esige, come cosa normale, che sia cantato ciò che per natura sua deve essere cantato, e tollera che sia recitato; per altre parti accetta o propone una <solennizzazione pro­gressiva>. E' importante che il canto e la musica si inseriscano al posto giusto, non comunque: e che sempre più siano atte ad esprimere il ritmo intrinseco della celebrazione.

Una grossa difficoltà è l'assenza, per tanti secoli, di qualsiasi canto nella presentazione rituale di certi sacramenti, così che ci sembri addirittura strano di pensare che si possa canlare ( .. volete mica cantare i peccati? , . Tanto l'azione liturgica è striminzita e ridotta a ciò che si fa nel confessionale: frutto della concezione validistica per cui contano solo gli aui essenziali, e non il contesto celebrativo).

Una seconda grossa difficoltà viene dalla scarsa intelligibilità delle strutture, per cui è difficile, prima della riforma dei riti sacramentali in corso, trovare soluzioni perfettamente appropriate. Nella riforma stessa, che tiene sempre presente la partecipazione attiva dei fedeli, dovranno poi esserci le indicazioni per l'inserimento di acclamazioni, inni, responsori, e così via. Tuttavia qualcosa si può già fare sin d'ora, preparando il terreno alla nuova liturgia dei sacramenti in italiano, e realizzando del nostro meglio, in parle, l'ideale della loro celebra­zione: che siano insieme <santificazione degli uomini, edificazione del corpo di Cristo e culto di Dio; che con Te parole e con j riti - per

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96 OON GIUS EPI' E SOBRERO

rilus ct preces! • nutrano cd esprimano la fede; che la loro celebra­zione sia già un a catechesi. (2).

2. Il Battesimo non è stato citato nella lista - perallro non esau­stiva - dci sacramenti che hanno particolare importanza nella vita dcII:! comunità parrocchiale (Cfr IMS 43). Eppure, con l'Eucaristia, esso è il sacramento che interessa di più la comun ità parrocchiale , che si aggrega nuovi membri destinati alla salvezza. L'esempio del­l'antich ità cristiana potrebbe suggerirei utili riflessioni: necessità di un tempo di preparazione, didattica morale e rituale, dei candidati, a cui è associala tutta la comunità, con le successive tappe degli scrutini c delle traditiones; festa della Pasqua, nella nolte, con le lunghe pre­ghiere letture e canti che completavano la preparazione e immergevano. per la presenza della Parola , nell 'atmosfera dei grandi fatti biblici della storia sacra: storia , che anche ora si sta realizzando con l'entrata dci battezzandi nel popolo della nuova alleanza (cO Dio. che anche ai nostri giorni fai risplendere gli antichi prodigi ...• ).

Oggi, privata della celebrazione battesimale e di questa atmo­sfera comunitaria, la vigilia pasquale è solo un seguito di cerimonie cbelIe, suggestive . (al meno la prima volta), ma in fondo incompren­sibili c formalistiche, perché non più sacramentali: cerimonie da aver fatto, sia pure con pia curiosità, anche nelle cappelle delle Suore, però a un 'ora non troppo scomoda ... D'altra parte l'amministrazione in serie dei battesimi in clin ica, o nelle ore morte dei pomeriggi dome­nicali , ne fa una faccenda privata da sbrigare il più alla svelta pos­sibile, al massimo con qualche spiegazione storico-rubricale. E' triste, e in queste condizioni qualunque canto è inimmaginabile.

Pensate invece di battezzare nella notte pasquale, e i canti ci sono già:

- ", Cantate al Signore, è veramente glorioso! • . n canto di Mosè esalta la liberazione dal peccato e dalla morte.

- cDate gloria al nostro Dio! • . Jl secondo canto di Mosè pro­pone la legge del nuovo popolo, e l'Alleanza, e la fedeltà.

- cLa vigna del Signore è la casa d' Israele. , storia dell'amore nuziale di Dio per la sua Chiesa, tema della gratui tà c dello scambio.

(2) se 59.

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LA MUSlC" S"CR" NE I S"CR"MENT! E SACR AME NTALI 97

«Come la cerva anela al fonle delle acque, così l'anima mia anela a le, o Dio) (3).

Realmen te, se la comunità ha preparato questa sua festa an­nuale, questa notte sacra, con la catechesi, con l'ascesi, con il rinno­vamento spirituale, le parole e i cantici biblici risveglieranno eco profonde. Forse c'è una certa «pigrizia> e mancanza di «fantasia » (quella buona) da parte nostra: bisogna crederci sul serio, e le dif­ficoltà pratiche - non indifferenti, lo ammetto - si potranno superare.

Possiamo trasporlare queste categorie al Battesimo celebrato nel giorno domenicale, pasqua ebdomadaria . Perché esso divenii una «festa ) della comunità, bisogna evitare il ctaedium ) : perciò j bat­tesimi potrebbero essere celebrati ogni quattro o sei settimane, ora che il qUtlmprimum - mutate le circostanze igieniche e sociologiche -non urge più materialmente. La gen ie lo saprà, c sarà invitata (4): adulti e giovani, padrini e parenti (mamme comprese); i battezzandi saranno raggruppati. Dopo un canto d 'ingresso si farà una celebrazione della Parola - una o due letture con omelia e un salmo adatto. Nel corso del rito battesimale gli interventi cantati potrebbero situarsi:

- alla processione verso il battistero dopo il rito di accoglienza; - prima della professione di fede c durante il battesimo; - dopo il battesimo e durante la erismazionc - durante l'im-

posizione della veste bianca o del cero; - alla fine di tutto.

Il rito riformato del battesimo dei bambini e adulti ci darà eventualmente altre indicazioni.

R EPERTORIO? Oltre a un canto responsoriale (5) non conosciamo altro se non i salmi. Alcune antifone han no lesto e musica adatti, e costituiscono già una buona catechesi.

a) Per la celebra~iollt· del/a Parola, /'inizio e tl' lII ft/la i/l chiesti : Salmo 4/ : Come una cerva ilDela i corsi d 'aequa, così ranima mia anela a te, o Dio; L'anima mia ha sete del Dio vivenle : quando vedrò il suo volto?; SII/mo 99: Venite al Signore con cant i di gioi:! ; SlIlmo

(J) Non si dica cile questa C roba del V.T" fuori moda: si3mo noi fuori moda, cile disdegniamo la parola autentica di Dio per cercare cis terne senz'acqua viva (Geremia),

(4) Il Sii/odo rom/lllO del 1960, n, 558, r:lccomanda b celebraz ione comunita­r ia alla domenica,

(5) ECAS 13/9, Siate il Itmpio ,'im,

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98 DOS GIUSEPPE SOBRERO

83; Come ~ dolce la tua casa, o Signore delle schiere; Salmo 26 : Una cosa al Si;nore domando, questo solo cercherò; abitare nella casa del Signore ogni giorno di vita; Salmo 121; Rallegrati, Gerusa­lemme: accogli i tuoi tigli nelle tue mUTa; SulmQ JJ.

Per l'infusione defl'acqua e j ril; segl/ctlli; Salmo 22, slr. 1 e 3; Salmo 8: Sorgi dal sonno, esci dall'ombra di morte : Crislo ti illumi­nerà; Benedella la santa Trinità, e gloria al suo amore per noi!: Salmo 26: Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò p.1ura?: S(limo 113: Il Signore ci ha liberato· alleluia!: noi siamo il suo tempio _ alleluia!

Pu il ,jngru1.iamtnlo; Salmo l JS: Rendete grazie al Signore : egli ~ buono, eterno sarà il suo amore per noi: Salmo 1l7: Questo è il giorno che ha fallo il Signore. alleluia! esult iamo insieme _ alleluia!; S(I/I/IO 116: Popoli tutti, lodate il Signore _ alleluia!; Salmo 150: Alleluia!; Salmo 97, I: Cnntate al Sijl:nore un canto nuovo _ alle­luia!; egli ha fatto meraviglie _ alleluia! O le schede ECAS JI/J j: Venite, cantiamo di gioia al Signore; 514: Te lodiamo gran Signor.

Quanto ai versetti, occorre fare una scelta, perché non appaiano troppo lontani dall 'azione che si svolge. La creazione di inni batte­simali ispirati agli inni battesimali del N.T. o alla tradizione patri­stica (6) o rielaborati secondo la tematica propria dei singoli riti, si impone con urgenza.

3. Pcr la Confermazione le considerazioni sono analoghe, ma partono da una situazione diversa. Qui la celebrazione c:comunitaria» è di regola , sc per comunitaria si intende l'ammasso in chiesa di de­cinc e centinaia di candidati. Quanto all'assistenza, eterogenea, bene­volmente curiosa o indifferente, il minimo che si possa dire è che di solito non è presa in mano da un animatore - dal vescovo cele­brante pcr primo (7), che la porti a vibrarc al ritmo della Parola di Dio, nella preghiera c nel canto comune.

Quando non c'è la Messa, una celebrazione della Parola è neces­saria. Il canto d'ingresso, un canto fra le letture o dopo l'omelia sono senz'altro raccomanda bili. Durante l'amministrazione individuale del sacramento si alternino can ti, letture, preghiere, organo. (Importante

(6) Il repertorio più comodo ~ . ncor. sempre A. H.tMMAN, PrtghieTe dd pTimi UlSli(mi, Vita e pensie ro, ~tilano. Esempi dalle litur;ie orientali in J. GELtNEAU. f ca"ti "dia /iluT,ia del balteslmo. in : ConcfliulII (ed. it.) 1967, n. 2. p. 92 n.

(7) Spell •• 1 presidente fare dei presenti una usemble:l e media re il loro in­contro - sacnmentale - con Cristo: principalmente con l'omelia (e non dÌ5(:orsello catechistico stereotipato). e con lo stile dell'amministrazione del sacramento (spesso cosi rapida dR sembrare. come ci ossservava qualcuno, una socra 'vaccinazione'). Clr Rivista !..iIl/T,Ica, 53 (1966) 245.

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LA M US ICA S ACRA NE I SACRAMENTI E SACll.AM ENTAlI 99

il ritmo di questi elementi). AI termine l'antifona Conferma, poi un canto finale.

Qui il repertorio è un po' più ricco. Il libretto Vieni, Spirito Santo, edito dal Centro di Liturgia Pastorale di Lugano, ha buoni testi e musiche, tra cui si può scegliere. Sono riprodotti nelle schede EeAS, serie 13. Qualche antifona dal Salterio corale.

b) Salmo 22, soprattutto le strofe l e 3 che danno il senso del­l'uni tà deWiniziazione cristiana; SalmQ l47; Nella pienezza dello Spirito Santo. alleluia! . cantavano le meraviglie di Dio _ ~ l lIe lui a!:

Canto dt!/fo Vtrgim' Maria (cMagnillcah , ECAS Ol / l.'il ) : 11 Signa· re mi ha fatto grandi cose: santo è il suo nome; Salmo 67: Lo Spi­rito del Signore riem pie la terra· alleluia! . eonosc.:e OGni cosa. ogni parola - a lleluia! alleluia! (edito nel fascicolo Tempo FluI/ ila/e di ArmaI/le di l'DCi 1967, 2, LOC); inoltre i salmi di ringraziamento citati per il battesimo.

Nel fascicolo Tempo Pasqllll /e si possono trovare altre antifone. fra cui quella conclusiva, Conferma iII 1I0 i, con teslo modificato per il canto (anche in scheda ECAS 13/ 24).

Inni apposili praticamente non esislono.

c) Si può ricordare ; d I tuo Spirito Signor su noi di ffond i ~

(ECAS 23/1); cOspite dolce dcll'anima~ (13 / [4); cNoi canteremo gloria a te. (22/ 2) slr. l , 7, 8; infine cNobile santa Ch iesa. (14/ 1) e cO madre di tulti i viventi. (14/8). Opportunamente presentata. eventualmente inframeuata da brevissimi testi biblici o conciliari, si può cantare la sequenza di Pentecoste cVieni santo Spirito» (versione ritmica 13/26, teslo del messale 1l/2 1). Infine il Velli cuatQT (che. giova ricordarlo, non è obbligatorio, anche se molto usato) ha una buona versione ritmica nella scheda 13/25.

Temi come quello della testimoni anza cristiana non hanno an­cora ispirato i poeti, a quanto pare. Anche il tema della Chiesa col­legato con la nuova Pentecoste non è stato sfruttato.

4. Penitenza. Stiamo ritrovando la celebrazione comunitaria di questo sacramento ecclesiale, che riammette alla comunione con il Padre e con i fratelli. Se l'accusa e l'assoluzione devono essere indi­viduali , la presa di coscienza dello stato di peccato, dell'infedeltà al­l'alleanza, dell 'egoismo, dell'ignavia nel servizio c nella diffusione del Regno, il proposito e l'i mpegno per il c: tempo favorevole t possono essere fruttuosamenle messi in comune.

Il canto, in quesla celebrazione penitenziale, prenderà le forme

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100 DOS GIUSEPPE SOBRERO

dell'acclamazione: Signore, pietà! Agnello di Dio, che togli peccati del mondo, abbi pietà di noi! Salvaci, Signore!;

- del ritornello al salmo di penitenza

(I) Conlro di le abbiam peccato: pietà di noi, O Signore! (S. 50); Ritorna a noi, o Signore, e noi torneremo ti te (S. 84); A te, Signore, innallO ['anima mia (S. 24); Se tu guardi le colpe, o Signore, chi resisterà? (S. 129) ecc.

- O di azione di grazie

cl Beato colui al quale è stata perdonata [a colpa (S. J I); Ve­nite e vedete i prodigi che in me ha fatto il Signore (S. 65); Ti ringrazio, Signore. perché mi hni risol1evato (S. 29) ecc. (Queste tre antifone non sono musicale),

- O de ll'inno in forma strofica (la serie IO delle schede ECAS per la Quaresima e Passione).

Il Padre perdona (ECAS 10/23); Benigno lIscoltaci (10 / 17); Se lu mi accogli, Padre buono (10/ 24); Dolce Signore (10/27); Signore, dolce volto (10/28); Lamenti di Cristo al suo popolo (10/47) ecc.

Altri inni si potrebbero fare, con estratti di salmo o ispirandosi alle parabole, o a temi paolini. Le beatitudini potrebbero essere uno dei canti di meditazione o conclusione.

Lasciamo l'Unzione degli infermi - che può avere qualche pos­sibilità di celebrazione comunitaria solo in case religiose o in famiglie eccèzionali (8). Qualche salmo con antifona (da fare) sarebbe utile per accompagnare il rito.

Lo stesso si d ica per il Viatico.

5. Per l'Ordine, sacramento che interessa massimamente la co­munità cristiana (9), non c'è niente in italiano, se non dei salmi e antifone generiche adattabili.

(8) I Padri CamilJiani hanno allo studio esperien~" di celcbr~zionc della Parol ... in ospedale.

(9) Che pensare allora delle ordinazioni in c;oppelline craccol!e., con pochis. simi partecipanti, anziché in cattedrale o nelb propria chiesa parrocchiale?

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LA MUSICA SACRA NEI SACRAMENTI E SACRAMENTALI 101

g) Salmo 41: Verrò all'altare di Dio. al Dio della mia gioia: Salmo 23: Questa è la stirpe elet1a. che ccrC;l il volto di Dio: Chi salirà la montagna dcI Signore? Chi ha mani innocenti e cuore pu. ro: Salmo 83: Com'è dolce la tua casa, o Signore dellc schiere !: Sa/ilIO 16: Una cosa ;lI Signore domando: questo solo cercherò: abitare nella caS;l dcI Signore ogni giorno di vita; Salmo 109.

Con la riforma del rito si potranno pensare canti di accompa­gnamento ispirati ai riti stessi e al loro aggancio nella storia della salvezza.

Rimane sempre la possibilità di far partecipare con le acclama­zioni - e prima di tulto con le litanie dei santi, in cui la forza espres­siva della preghiera corale proviene dalla ripetizione, creando così un clima di fervore (lO).

Pcr i riti della consacrazione deffe vergini c della professione religiosa durante la messa manchiamo di ogni indicazione di reper­torio (II). La Costituzione liturgica chiedc che il primo sia riveduto, e il secondo preparato (12). La parte del canto è importante , ed esi­gerà uno sforzo creativo.

6. Che dire dei canti per il Matrimonio, segno dell'amore di Cristo per la sua Chiesa?

Per il suo mondo spirituale il salmo 127 non è facile: immagini della civiltà agricola, numerosa prole, Sion, Gerusalemme, Israele, possono essere 'scioccanti' senza una preparazione catechistica. Gli altri salmi non sono migliori; sono generici e utilizzabili in pochi versetti.

Qui soprattutto sarebbe augurabile avere dei canti che facciano il passaggio dalla felicità umana al Mistero di Cristo e della Chiesa, canti diversi secondo lo stile delle assemblee. Infatti bisogna tenere presente: che è una desta > - unica nella vita! -; il carattere familiare del rito, che potrebbe autorizzare certe forme più libere di espres-

(IO) Si polranno cantare in 1'1Iino: un adaltumento il3li,Ulo si IrO,",l nel libreuo La $ellimQ/lQ Sali/a, ed. LOC, Torino· Leumann (ECAS 16/4).

(Il) Si possono 1I1ilizznre alçuni dei Salmi sopra cilali. il 13. 83, 26; inollre il Salmo 41: L'anima mia ha scIe dci Dio vivenle: qllando "cdrò il suo vOIIO?: il Salmo /22: Solleviamo i noslri occhi al Signore, finché di noi al"obia pielà: il Sal· mo 44. Un canto eDopo la professione religiosa. in ArmOllie di "od 1968, n. I.

(12) se 50.

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102 DON QIUSEPPE SOB RER O

siane (13); e. in generale, la difficoltà per i prese nti di entrare nel ritmo sacramentale.

Sarebbero augurabili celebrazioni comunitarie di più coppie: ciò sarà possibile quando la preparazione comune delle coppie di fidanzati li avrà portati a scoprire nella loro unione il segno dello scambio tra Cristo e la sua comunità.

L'animazione liturgica dovrà fa re appello alle acclamazioni e ai ritornelli racili, l'organo potrà intervenire di più lasciando all'ascolto la sua suggestione. Così il canto di un solista in un tempo debole della celebrazione (p. es. all'offertorio; ma anche all 'inizio) potrebbe trovare il suo giusto posto. Tutti sappiamo gli abusi da sradicare c la difficoltà di introdurre un nuovo stile, che facc ia appello alla fede anziché al sentimentatismo.

Facciamo fare dei lesti d i qualità, ben strutturati, e facciamoli musicare da buoni artisti, perché ci sia la bontà letteraria e musicale delle forme, insieme con la possibiiltà della partecipazione popolare.

7. Tra i r iti sacramentali vanno contate le esequie, anche se per il mono non sono più, tecnicamente, saemmento. Tuttavia esse rap­presentano uno dei grandi passaggi nella Chiesa, anche per i «cristiani a quattro ruote >: si realizza per loro il mistero pasquale come ultimo incontro con Cristo, risorto nella gloria dopo il suo 'passaggio nella morte. Appunto la Costituzione liturgica (14) chiede che «il rito esprima più apertamente l'indole pasquale della morte cristiana>.

Cantare, alle esequie, non ha niente di bizzarro o di contrario al dolore: anzi esprime nel modo più giusto e profondo la fede e la speranza della comunità, la sua carità nel partecipare al dolore dei fratelli: una comunità canterà solo se c'è tutta una pastorale che la porta a questo. Ma allora bisogna che testi e musiche siano vera­mente adatti. Solo con la traduzione ci siamo accorti che il Libera non esprimeva il senso pasquale, come non lo esprimevan o i canti dell e prefìche o gli informi canti (!) di molti celebranti. L'lns,ructio, nei suoi principi generali, fa capire che non ha senso leggere ,le tra­duzioni dei canti e dei responsori ! Decisamente bisogna prendere canti adatti per testo e musica e farli diventare .. Iitu rgich, almeno

(l3) se 77; «secondo i paesi • .

( 14) se 81.

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LA MUSICA SACRA NE I SACR ... MENTI E SACRAMENTA LI 103

sperimentalmente (15). Inoltre, valgono qui i principi generali: si devono cantare le cose giuste, evitando tutto quello che può sapere di formalismo e curando una partecipazione interiore del celebrante e cantori, una esecuzione degna e piena di fede.

8. La Dedicazione e consacrazlonl delle chiese è uno dci fltl pIO grandiosi ed espressivi del Pontificale. Ogni azione vi è accompagnata dal canto di salmi con antifone, da antifone sole o da responsori. Questa ricchezza lussureggiante si può difficilmente trasportare tale e quale in italiano, anche perché certi simbolismi, che sfruttano ver­setti isolati del salterio, non sono accettabili senza complicati pas­saggi (16).

In attesa che qualche poeta sia ispirato a comporre inni o altre forme di canto, l'esperienza ci dice che con pochissime antifone (17) accompagnate da salmi anche diversi, si può far partecipare con inte­resse e frutto a tutti i momenti principali del rito mentre il coretto o un solista cantano le strofe. Qualche antifona latina s'inserisce anche bene nell'insieme.

(lS) P~r esempio: do credo: risora~rò. (ECAS 21/ 20. ricl3bora~ione del r~­

sponsorio C,tdo quod Rtdtmplo' mtllil ..I,·il; cio Paradiso. (21 / 1 e 21 / 21): rie· laborazioni sirofiche deU'antifona. DeUa Mt.'Ja ptT i dtl",rri sono uscile varie eia. borazioni: DAMIUNO ECAS 21 /S·S; PICCHI 21/9-11; Anonimo 21 / 22-28: DESTl!fANIS. ed. EMI' (Messauero di Padova): BUONDONNO. rt 4 vd., in Armollit di "oci, 1966. n. S.

Scanaliamo infine il libreuo La IilUfllia dti d .. /un/i. ed. Carnra: è un insi~m~

mollo inleressante, dal punlO di visla pastorale. perché presenla 1U110 il rito: pro· cessioni, messa, celebrazione della PBrola, ertnti diversi, manizioni e preghiere. Vi l! pure scelti abbondaRle di Cadli responsori per le varie parti della celebrazione. Nel libro sperimentale della Ulu"ia pu i d .. I"nll a cura della CEL alcuni di ql.lC$li canti sono prOpo$li come clilurgici. a luni a li etT~lIi.

(16) Clr. l'an tifona per la COI15:!C rll7jone delralta re: cUn~it le Dcus •... olto I p~ ·

litiae prae conson ibus tuip. Va bene cile r al lare è il simbolo di Crislo, e che Cri· sto è la pietra fondamentale, rifiulata dagli uomini ma scella da Dio ... lIutavi. fa­rebbe un po' $toso una lradu~ione in cui si parli a un blocco di pielra.

(17) (Vedi il librello aUlori7.zalo dal CcnJiIi"m nella diocesi di Torino dispo­nibile presso l'ufficio liturgico). Si Iralla dci Salmo 83, QU~Slo luogo è Icrribile: lempio di Dio, porta del cielo! Sal,,/(} 23: Apritevi. porte perenni: enlri il re ddl~ gloria! Salmo 121: Rallegrali. Gerusalemme. accogli i luoi lìali nelle tue murn: Sul­mo /47: Esalta il Sianore. o Gerusalemme. lodo il IUO Dio. o Sion: SII/1110 42 : Verrò all'altare di Dio. al Dio della mia aioia. Inoltre 2 IInl ifone la cui musica è pubblicam in: Il canlO d .. //'antmblta n. 7: cFondata sulla roccia, elevala sulla pieln la Chiesa di Dio!. e .Pietre vive, membra sante, popolo elello. edifichiamo il lempio dello Spirilo! •. L·antifona conclusiva, . Conferma in noi •• sulla scheda 1l/ 24.

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104 DON GI USEPPE SOaRERO

9. Alcllni riliel'i come conclusione. Anzitutto ricordando che i riti dei sacramenti c dei sacramen­

tali sono in evoluzione, non sarà sufficente alla messa in opera la scrupolosa (c talvolta irritante) fedeltà materiale alle rubriche, ma si esigerà una conoscenza delle strutture e un vivo senso pastorale del­l'adattamento, con l'umiltà di chi ce rca insieme alla sua comunità, insieme alla Conferenza episcopale italiana (c a tutta la gerarchia) ciò che è meglio, nei singoli riti, per chiarezza, semplicità, capacità di suscitare la fede. Collegamenti e scambi per giudicarsi fraternamente e aiutarsi a meglio celebrare, anche con il canto, dovrebbero costituire una delle attività abituali nel quadro della pastorale d'insieme, poiché la pastorale è anche tecnica (18).

Nell'insieme dei riti sacramentali, ciò che è o deve o può essere eseguito con il canto, rispetterà i gesti fondamentali tlell'espressione:

l'acclamazione (19) il canto Ia proclamazione la preghiera.

Bisognerà realizzare soprattutto il primo e il secondo: infatti gli interventi cantati dell'assemblea sono prevalentemente canti che ac­compagnano un'azione (canti c: processionali , ) (20). i ~

Il canto è importante per creare il clima di desta" che è pro­prio degli incontri sacramentali con Dio; esso non è tuttavia l'unico importante.

Una celebrazione tlella Parola è indispensabile per accedere al mistero (talvolta essa è quella della Messaj,

E lo stile di celebrazione ha bisogno di evolversi, di farsi. La pura solennità esteriore non è accettabile; ma non si deve neppure

(18) Per questo le rivi~le a carallcre pastorale. come la Rh·iSllI di pastorole litur_ gica o Il canto dell'assemblea, o anche di studio in funzione della pastorale come Rivista liturgica costituiscono un buon punto di partenza.

(19) Si veda soprallullO il libro di G. S'I'EHNI, L'esp"ss;m" .. ,·ocale t' musicale ileI/a lilurgia, LDC, Torino-Leumann, 1967. Sulle acclamazioni: Il camo dell'os. semblea, n. 9, 1967.

(20) Clr la presentazione di J. G EL[N~AU , SalII/odia <' CIIIII; processiOllali, in La musica n .. 1 rinno\"amemo liturgico, Alli del convegno di Friburgo 1965, LDC: ~ utile anche se riferilO esplicitamente alla messa. Forme nuove di processionali: vedi lo studio sui Impari in 1/ camo dell'assemblra, 1967. n. 8.

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LA MUS ICA SAC II: A NE I SACII:AME""I E SACII:AME NTA LI IO S

confondere la povertà e sobrietà del culto cristiano con la sciatteria o la banalità. Gesti e canti semplici , ma carichi di presenl,tl umana e soprannatural e risultano più espressivi, più veri, portatori del grande Presente.

Il - LE PARTICOLARI AZIONI SACRE DELL'ANNO LITURGICO

E' probabile che la nostra lista delle ccelebrazioni straordinarie. non sia esaustiva. Fra esse alcune provengono dalla sacralizzazione o sostituzione di riti e usi pagani, come la Candelora, le Litanie maiores; altre da istituzioni sorte per rispondere a una particolare situazione ecclesiale, come le Ceneri, le Tcmpora; altre dalla drammatizzazione degli avvenimenti della Settimana Santa, dalle Palme alla morte in croce di Cristo; altre infine da manifestazioni popolari di penitenza o di fes ta, come le processioni delle Rogazioni, del Corpus Domini e, sul piano locale, della Madonna e dei Santi.

Caratteristica comune di queste celebrazioni, per cui hanno tra· versato i secoli, è il loro carattere popolare, che si manifesta nei riti, nei canti, negli usi folkloristici. nell' interesse . talora spinto nella direzione cmagica ~, a scapito dell'intelligenza spirituale della cele­brazione • per le cose benedette, tanto da dare il nome a tutto il rito (le Ceneri, le Palme, la Candelora) . Viceversa si è assist ito allo sca· dimen to progressivo della processione , intesa più come manifestazione esteriore o ce rimonia «da aver compiuto» anziché come movimento dal luogo di raccolta (collctta) verso la Chiesa, Gerusalemme celeste, verso l'altare dell'Eucaristia (si pensi alle processioni all 'interno della chiesa, magari dei soli ministri (!); che cosa rimane del simbolismo deUa Chiesa pellegrinante verso l'incontro definitivo con il suo Si· gnore?). Per altro verso, ci si può chiedere se lo stile ctrionfalista. o cpenoso» di tante processioni, come pure la loro molteplicità, possa loro conciliare il favore degli adulti e dei giovani (disposti, si nOli, a un corteo silenzioso per la pace, o a una «marcia della fede», mossi dall 'entusiasmo e dalla straordinarietà dell'avvenimento).

Che canti possiamo proporre perché la fede sia espressa, ali· mentata collettivamente e individualmente, dato che, se<:ondo gli schemi classici, si tratta di riti efficaci ex opere operantis? Esclusa la Settimana santa, di cui diciamo a parte, il repertorio specifico in lingua viva è scarso o nullo, mentre quello in lingua latina non sempre

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106 DON GIUS EPPE SOIlRERO

corrisponde alle esigenze funzionali (21) oppure è troppo difficile. Anche qui possono soccorrere dei salmi, cantati in (orma responsoriaIe.

P RESENTAZIONE DI G ESÙ. Il CC/iliO di Simeone ( << Nune diminis :lo ) esiste in tre versioni differenti (!), alla distribuzione, al graduale, al vangelo; nessuna di esse è musicata.

Per la processione si può usare qualche salmo del Natale, p. es. ; Salmo 84: Rivela Signore il tuo volto e concedi la tua salvezza; SII/mo 97 : Il Signore manifestò la Sua salvezza agli occhi delle genti.

MERCOLEoÌ DELLE CENERI. Per l'entrata, antifona di E. BosIo nel fascicolo Quarej'ill/(/, cd. LOC; durante rimposizione delle Ce­neri si può cantare il Salmo 50 : Contro di [e abbiam peccato; pietà di noi, o Signore; Purificami, o Signore: sarò più bianco della neve: il Salmo 84: Ritorna a noi, o Signore, e noi torneremo Il le; o an­cora il Salmo 24, o J29. Qualcuno dei canti ECAS della serie IO potrebbe essere molto adatto: per esempio, . Oall 'abisso del pecca­to .. (10/8); , Padre perdona .. (iO/ 23) : parafrasi di AI/ende Domine; le altre due parafrasi, . Benigno ascoltaci, (10/17) e , Perdona a noi .. (10/42) sono meno convincenti, a causa del vocabolario e dello scarso adattamento del testo alla musica); , Se tu mi accogli ... (10/ 24); «Non trattarci, Signore, secondo i nostri errorh (10/45); , Pietà Signore .. (10/ 43, parafrasi di Parce Domine).

Littmiae maiores e Rogazio/li. Caratteristiche sono le litanie dei santi: non perdono nienle a essere cantate in latino, tuttavia si può vedere un adattamento italiano, utile soprattutto per la seconda c terza parte nel fascicolo La seI/imano sali/a (EM 3) ed. lDC (NB però si ricordi che nella Veglia pasquale le invocazioni sono ridotte). li Salmo 69 si può cantare con uno dei moduli salmodici più fa­miliari.

PROCESSIONE DEL CORP US DoMJ~1. la rccente lEM al n. S9 prevede che spetta all 'Ordinario del luogo de terminare il luogo (­l'organizzazione di questa processione, perché si svolga con digniti. e senza pregiudizio della riverenza a questo s."l.cramento, e abbi;) carattere festoso, ma contenuto. Si possono adottare vari tipi di canti corali , responsoriali, acclamatori (22). Meglio se c'è un coro-

(21) P. es. le cantifone. Adorna e RespolIsuIIl, il reS(lQnsorio Oh,duml! della Presentazione, bellissimi çanti contemplativi, non si PQssono certo çoru;iderarc . processionaU .. (e ugualmente la Quasi totalità delle an tifone nel[a proçessione delle Palme).

(22) Naturalmente non riçordiamo: _T"adoriam Ostia diy inao , . Inni e cant i_, _Credo in le Siillon , e simili, che già costituiswno un repenorio . obbligato_. Ci sono alcuni inni provenienti da congressi eucarislid loçali o nazionali, che fanno ugualmente parte del repertorio, magari çon açcompagnamento della banda. In fon­do, nonostante una certa banalità di contenuto, non si può çhicdere di sçartarli scru:'altro : appunto perché il carattere popolare di questa celebrazione fa si che

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L .\ M US IC.\ S.\CR.\ NEI S .\CRAMENTI E S.\CRAMENTAU 107

guida dotato di sonoriuazione sincrona su tutto il percorso. così da mantenere il tono entusias ta di tutti i partecipanti. evitando lo speuettamento delle inizia tive dei vari gruppi.

Come è noto, alcuni riti della Settimana santa hanno origine da celebrazioni popolari (di carattere estorico» , per questo sono suscet­tibili di una rivalorizzazione popolare entro certi limiti (secondo me abbastanza ristrctti), o di un ripensamento.

La riforma del 1957, che si voleva epastorale>, ha operato un certo numero di tagli e di semplificazioni: per il canto, ha introdotto un principio liberatore e rivoluzionario (23), l'introduzione dei canti popolari nei riti liturgici. Continuando nella stessa linea, è evidente che è molto più importante il fatto di. cantare dei canti adatti in lingua viva, anziché leggere delle traduzioni non cantabili per solo scrupolo di fedeltà. Chiunque abbia fatto un serio sforzo per celebrare con verità e con pienezza, sa che non occorrono molte cose, ma occorre che siano fatte bene, e si inseriscano al posto giusto. Inoltre sa che nelle celebrazioni pasquali raccoglie il frutto della preparazione qua­resimale (predicazione, vita di ascesi e di carità, apprendimento dei canti): certi canti, già divenuti familiari, prenderanno in quei giorni un nuovo ecolore>, illuminati dalla parola di Dio e dagli avvenimenti.

Le difficoltà sono note: sovraccarico di impegni pastorali (leggi soprattutto: confessioni), esodo per le vacanze di Pasqua, difficoltà della celebrazione notturna, per l'ora e soprattutto per il suo carat­tere emisterico> e non cosi espressivo o estorico> come gli altri giorni (senza contare ciò che si è detto sopra a proposito del Battesimo).

l'espressione corale sia più importante dell a formublione stessa dei testi cantati. TUllavia si può progredire, introducendo dci pezzi dell'Ordilwr;o purché ben

conosciuti; corali come . Noi canteremo gloria a te. (ECAS 2212); . Te lodiamo Trinità. (S/4); cani ; r l'spollsoriali: . Come il gr~no~ (4/ 5): . G ioiosi cantiamo il mistero. (4/ 4): «Resta con noi. Signore. (6 / 39); ~ccl amazioni come . Christus vindb , «Gloria a Cristo . (6/ 43), a cui s i possono agGillllgere altr i testi biblic i. Na­turalmente rimane il Pallgl' lingua. che I)urtroppo in iwlbno non h:1 trova lO ancor" una versione e una musica soddisfacente (nel libretto Se/limall{/ sa"/(I , ed. LDC. ne lÌ proposto uno passabi le, anzi onorevole se paragonato a tante alt re versioni edite o inedi te), a parle il fallO che mi sembra impresa disperata e inutile «l radurre~ il Pange U"KIIQ e in generale gli inn i. Il nostro tempo ci chiede di cu are canti per 1I0i. ispirandoci liberamente, se vogliamo. ai nostri predecessori , ma spaziando in tulla la tematica teologica rinnovata, e «incarnando. r esper ienza religiosa e la fede dc i tempo che viviamo. Qualcuno ha scrillO che. «dal momento che esistono qualcos" come 30.000 inni, di cui solo poche decine accolti nel brev iario. ciò signilica che ogni genera7.ione ha il suo da lare • . Clr L. Dr;lss, in Celebrare l'U flicia dil';/lo. LOC, 1967.

(23) Clr OHS Im /all,aUIl, Dom"" ica dd le Palme , n. 20.

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108 IlO:>! C; IUS I;P PE S0811F.II0

Se si arrivasse a non disperdere le forze c a concentrare le celebrazioni in un 'luogo solo, si potrebbe forse, anche per il canto, trovare almeno un gruppetto-guida, e un solista.

Per quanto riguarda il repertorio segnaliamo due pubblicazioni complessive (24), mentre osserviamo che certi temi importanti , come Cristo-luce, Cristo-vita, l'adesione battesimale ... non hanno sinora tro­vato espressione poetica c musicale. Si può supplire con qualche ri ­tornello o canto generico (25).

Naturalmente, per quanto è possibile, conviene mantenere certi cpczzi, di gregoriano o di polifonia, inserendoli pienamente nella celebrazione, soprattutto nei momenti di meditazione.

III - LE SACRE CELEBRAZIONI DELLA PAROLA E I PII ESERCIZI

I . Ormai cntratc largamente nell'uso, c proposte in numerose pubblicazioni ad uso dei sacerdoti e dei fedeli (26), le celebravoni della Parola rappresentano una delle forme normali di riunione co­munitaria dell'assemblea. L'[nstructio clnter Oecumenici, prima, e ora !'lnstructio sulla musica (nn . 45 e 53) raccomandano che essa sia strutturata come la prima parte della messa. Tale analogia mostra che si tratta di una celebrazione di carattere autenticamente cccle-

(24) D. DUTEFANIS. La &1I1",a"a .ama. edi7_ Mess3gaero di S. An10nio. P o· dova: ha musicato tuni i .pe.u.i. del messale utiliu:;mdo per mohe an tifone lo s teso so modulo musicale. Comprende anche rEx.wllt'/, AA.VV .. Ln S<://;1I101/11 Sam". ed. LDC () ed;:t.: per organo. ~ho1a. popolo): çontiene i canti proeessionali con i salmi e le . nt ifone del M <:sJa/<: drtrasJ<:",b/<:o; i salmi rcsponsoriali e canti pii. "aralteristici.

(25) Rimandiamo aHa Tassegn:! de Il COIIIV d<://'",,<:mb/'·/I. n. 5 e alb r~c"o l la ECAS, serie lO e Il .

(26) Un inventa rio oon ì: ancora stato falto, e de l resto non ~ facile : cosi pure non ~ fac ile clagilicarle. Le prime serie risentono di un cer to verbalismo. come quelle delle Paolinc o dell'Ave (stile ccoro pHlalo.) e qua1cuna della Regal itil: erano. allora, .veglie bibliche. , e cercavano la loro st rada. Povere di contenuto sono quelle pubblicate da ECO; sulla buona strada, t,lune ollime, ci scmbl1lno quelle più recenti della Regalità, Dchonianc, Elledici, Favero (queste ultime, a cura dei Servi di Maria di Monle Berico, intcressant i anche per Jo ricerca dei canti). In ae· nerale il loro punto debole iIOno i u nti, poco adatti; poi In mnncat.l so lultione di ciò che bisoanD mettere in mano al popolo (e, di eonseguen1.3. il prezzo). Una buon" solultione sembra la doppia editione: per il popolo e per i ministri (quest'ultima con le letture. e le moni:tioni del lellore): cos1 Favero e LDC.

Ci scusiamo per rincompleteua e sommarlftà dci gitldi1.i. sperando di poter un giorno rip31'3re eventuali torti in una rassegna critica.

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l .1 MUS ICA SAC R.\ NE I SACRA MENTI E SACRAMENTALI 109

sialc, si direbbe liturgico (27), poiché Cristo è presente nella sua parola quando essa viene annunciata nell'assemblea dei fratelli (28) , e 'l'assemblea è raccolta secondo la sua struttu ra di ordine e di ser­vizio: presidente, lettore (salmista, coro), fedeli .

Tuttavia lo schema-base, che corrisponde alle leggi fondamentali del dialogo Ira Dio e il suo popolo (29), non deve portare a una standardizzazione di forme che spegnerebbe il soffio dello Spirito, e produrrebbe un notevole fastidio. Lo stesso documento che studiamo viene incontro a questa esigenza, suggerendo che nel corso della celebrazione della parola si introducano c:alcune opere musicali , che pur non trovando più posto nella liturgia, sono tuttavia adalte a susci­tare lo spirito religioso e a favorire la meditazione sul mistero sac ro :. : cosa possibile e augurabile, a condizione di inserire le composizioni della schola o dell'organo in un complesso organico ed equilibrato (30) . Poiché qui la musica non è strettamente in funzione ministeriale, la partecipazione dei presenti attraverso l'aseolto è perfettamente giu­stificata e augurabile.

2. Talora le circostanze suggeriranno che non si faccia una celebrazione della Parola propriamente detta, quanto piuttosto un concerto spirituale (31), a cui si dà una maggiore profondità con la lettura di uno o più passi della Scrittura, ed eventualmente un breve discorso di colui che presiede. Qui possono venire eseguile con valore autonomo, in funzione artistica, opere del passato - sia vocali che

(27) Cfr. lo studio di M . MORGM<"r1 in Ril'i,'/U Lilllrgica n (1966), p, 3Hss. (28) SC 7. (29) Dr. A. JU/'I(;MANN, La celt'/mujane lilllrgica. Strutture, lei gi e storia della

liturgia, Vita e l'ensiero, Milano. Inoltre A. G. MAIlTlMOaT, La Chiu a ù, preghiera, Introduzione alla Liturgia, Dcsclée & Cie, Rom~, 1967, parte prima, capp. Il e II I:

. 1. H. DAL MAIS, /mroduzione alla Litl/rgia, LDC, Torino·Leumann. (30) Cfr. II/SirI/Clio sulla musica nella liturgla n. 53. Durante la Sellimana inter­

nazionale di Pamplona (settembre 1967) fu eseguita una Cantata di J. S. Bach inse­rendola in una celebrazione della I) ~ro!a , e possi"mo assicurare che c'era perrella congruenza.

(31) Sul juzz, i II/'cro spirimals, la canzone moderna (spi rituale), gli strumenti a percussione e il loro possibile uso nella liturgia s i possono vedere gli studi de /I CUIIW

dell'Assemblea n. IO .. Per i problemi cenerali, clr. G. Sl'EfANI, L'esprrJsiofle "oca/e e musicale Irella lirll/gia, LDC, Torino· Leuma nn 1967. Il discorso t appena iniziato, ma è inequivocabiJe, non rOSli'altro perché 1::1 stampa riporta alla rinfusa, spesso de­formandoli, fatti importanti e fall; deplorevoli, per cui è neeessario che si formi un'opinione sensata e aperta. Lo _scandalo," della . messa beat_ . che era poi un _concerto spirilUale - sarebbe stato senz·altro ridimensionato. Clr. Il CUIIIO dd/'a,·sem­h/en, n. 6.

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110 DON GIUSEPPE SOBRERO

strumentistiche - non più «funzionali» nella liturgia rinnovata, come pure nuove composizioni a carattere sperimentale, con il compito di educare la comunità a forme di espressione difficilmente assimi­labili (almeno all'inizio) in una 'celebrazione liturgica. Non ci sono, per sé, precIusioni di repertorio né di strumenti (32): anzi la varietà e novità delle opere proposte costituiscono la più grande ricchezza di questi concerti spirituali.

3. Ciò si potrebbe dire a maggior ragione per le riunioni di preghiera con i giovani. Forme meno impegnative dal punto di vista delle strutture e del riconoscimento giuridico si rivelano spesso più utili per suscitare ed esprimere un autentico sentimento religioso, per iniziare alla preghiera comunitaria, per tradurre la gioia di stare insieme davanti a Dio con Cristo. Potremmo chiamarle forme di passaggio: esse hanno il pregio dell'autenticità, dell'immediatezza, della «vita», anche se possono peccare - soprattutto se considerate fuori del contesto di celebrazione che le -giustifica e qualifica - per difetto o per eccesso.

Il compito dei responsabili è certo entusiasmante e pedadogica­mente impegnativo: non solo perché devono evitare di lasciarsi tra­scinare in avventure e di lasciare scivolare la riunione neH'orgiastico, ma soprattutto perché devono realizzare ciò che è proprio di ogni assemblea di cristiani (compresi, tradizionalmente, i «catecumeni»): e cioè che i «segni» - nel nostro caso ambivalenti e talora ambigui, come il ritmo, l'uso di particolari strumenti, ~o stile di un solista, i gesti ritmici di acclamazione - conducano al «mistero» di comu­nione con Cristo e con i fratelli.

n repertorio per le celebrazioni della Parola deve essere cercato volta per volta dai responsabili in base al tema. Per il canto di rispo­sta o di meditazione si ricorrerà ai ritornelli e ai moduli salmodici (applicabili ad altri salmi) di Trenta salmi e un cantico (LDC); l canti dell'assemblea (Calab-Bologna); Salmi e canti per l'anno liturgico (Queriniana); Uniti nella lode. La lode vesperlina (Carrara). L'/fI­structio, n. 46 afferma che «saranno di grande utilità i salmi,, : non necessariamente nella form a di recitativi , ma anche corale. (Vedi, per esempio, quelli di E. BOSIO: ECAS 2217-10).

Per le acclamazioni al vangelo possono servire, oltre gli alleluia, le acclamazioni delle schede 6/6; 11/40 e 41.

(32) Cfr. le acute e documentate osservazioni di W . WIESLl nel commento al ca­pitolo dell '[nslruclio in Musica sacra e azione paslorale, LDC, Torino-Leumann, 1967.

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110 DON GIUSEPPE SOBRERO

strumentistiche - non più «funzionali» nella liturgia rinnovata, come pure nuove composizioni a carattere sperimentale, con il compito di educare la comunità a forme di espressione difficilmente assimi­labili (almeno all'inizio) in una 'celebrazione liturgica. Non ci sono, per sé, precIusioni di repertorio né di strumenti (32): anzi la varietà e novità delle opere proposte costituiscono la più grande ricchezza di questi concerti spirituali.

3. Ciò si potrebbe dire a maggior ragione per le riunioni di preghiera con i giovani. Forme meno impegnative dal punto di vista delle strutture e del riconoscimento giuridico si rivelano spesso più utili per suscitare ed esprimere un autentico sentimento religioso, per iniziare alla preghiera comunitaria, per tradurre la gioia di stare insieme davanti a Dio con Cristo. Potremmo chiamarle forme di passaggio: esse hanno il pregio dell'autenticità, dell'immediatezza, della «vita», anche se possono peccare - soprattutto se considerate fuori del contesto di celebrazione che le -giustifica e qualifica - per difetto o per eccesso.

Il compito dei responsabili è certo entusiasmante e pedadogica­mente impegnativo: non solo perché devono evitare di lasciarsi tra­scinare in avventure e di lasciare scivolare la riunione neH'orgiastico, ma soprattutto perché devono realizzare ciò che è proprio di ogni assemblea di cristiani (compresi, tradizionalmente, i «catecumeni»): e cioè che i «segni» - nel nostro caso ambivalenti e talora ambigui, come il ritmo, l'uso di particolari strumenti, ~o stile di un solista, i gesti ritmici di acclamazione - conducano al «mistero» di comu­nione con Cristo e con i fratelli.

n repertorio per le celebrazioni della Parola deve essere cercato volta per volta dai responsabili in base al tema. Per il canto di rispo­sta o di meditazione si ricorrerà ai ritornelli e ai moduli salmodici (applicabili ad altri salmi) di Trenta salmi e un cantico (LDC); l canti dell'assemblea (Calab-Bologna); Salmi e canti per l'anno liturgico (Queriniana); Uniti nella lode. La lode vesperlina (Carrara). L'/fI­structio, n. 46 afferma che «saranno di grande utilità i salmi,, : non necessariamente nella form a di recitativi , ma anche corale. (Vedi, per esempio, quelli di E. BOSIO: ECAS 2217-10).

Per le acclamazioni al vangelo possono servire, oltre gli alleluia, le acclamazioni delle schede 6/6; 11/40 e 41.

(32) Cfr. le acute e documentate osservazioni di W . WIESLl nel commento al ca­pitolo dell '[nslruclio in Musica sacra e azione paslorale, LDC, Torino-Leumann, 1967.

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112 001'1 GIUSEP PE SOIlR EIlO

dipenderà anche dal la giusta distribuzione nelrorario, dall'impegno nel canto e nell'apparato esterno (36), dall ' illuminazione catechistica che sarà fatta dai pastori d'anime.

(36) Capita , ad escnlJ)io, che la solenne celebrazione del Venerdl $8nto, tenula in ore impossibi li per lo acnte che lavora (in ossequio materiale a una legislazione ano cara troppo preoccupata della corr ispondenza n torica- ). e svuotata perciò del suo nerbo e rappresentadvità, venia messa in secondo piano da lla solennissima l-la crucis della sera, nella quale preva1iono troppo spesso aneora elementi sentimentali e iol­kloristici. Il scapito dell 'intellillen;w de] mistero. Oppure ~i pensi, per c ilare un esem­pio banale, alla .solennità dci ceri (1 2 o 6) richi"ti per una esposizione eucaristica (~ evidente cbe, cambiata la 5O"anu della presenl31_ione rituale dopo la EucllQristkllnl m)'slerium, questa disposizione non ~ più strellamente vincolante) in rapporto al sem· plice apparato dell'a ltare quando si celebra la messa.

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LA COMPOSIZIONE DEI TESTI PER IL CANTO LITURGICO IN LINGUA ITALIANA

DR. M ". G INO STEFAN[

Introduzione

Il capitolo VII dell'IMS, dedicato alla preparazione delle melodie, tratla in primo luogo dei testi. Questo è conforme a tutta la tradizione della Chiesa: nel canto liturgico, sal vo eccezioni , la parola è più importante della musica; ed è anche in armonia con le esigenze del­"attuale riforma liturgica , pe r l' inlroduzionc delle lingue vive nel culto.

n problema dci lesli è pa rticola rmen te sentito in Iralia, dove manca un forte patrimonio di canto sacro popolare c una buona tradizione di lingua liturgica c religiosa in genere. Noi dobbiamo inventare non solo .j tesli per il canto, ma anche i linguaggi e gli stili di questi testi. Di fatto, si trovano molti musicisti disposti e preparati a comporre musiche in diversi stili , mentre sinora sono pochi i testi di canto veramente validi. Che cosa si richiede per un buon testo di canto liturgico?

I - CRITERI GENERALI

I contenuti Occorrono prima di lUtto dci contenuti ispirati alla teologi:l ,

alla liturgia, alla pastorale di oggi. Le parole devono essere chiare, anche se poetiche. I concetti devono esse re equilibrati nell 'insieme. La sproporzione fra gli 'aspetti di un tema è già facilmente un errore pastorale, e può diventare un'eresia dottrinale. Ogni cpoca ha la sua teologia e la sua spiritualità : concetti c atteggiamenti va lid i in altri tempi non sono validi od opportuni per il nostro.

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114 M O, GINO STEFANI

Non siamo tutti convinti che le parole dci canti SI Impnmono neJranimo con più forza dci testi Ietti? Allora bisogna esaminare i testi dci canti con un'attenzione ancora maggiore di quella richiesta per l'esame delle proposizion i di un libro o delle formulazioni di un testo calechetico. Se l'ortodossia viene vista non solo in astratto, ma in rapporto all'attualitù, le commissioni diocesane di musica sacra troveranno molto da ridire sulla fede c sui costumi di parecchi canti oggi in circolazione.

Un testo deve avere il più possibile una destinazione rituale pre­cisa. L'Istruzione prescrive, riguardo ai nuovi canti per la messa; cnao è sufficiente che siano canti 'eucaristici ', ma devono convenire con quel particolare momen to della messa, con la festa o con il tempo liturgico:. (IMS 36). E' vero che uno stesso canto può essere usato in vari momenti e in circostanze diverse; ed è anche vero che chi decide sull'uso del canto è, in definitiva, il 'regista' della celebrazione, cioè il rellore della chiesa. Ma i 'parolieri' sacri renderanno un buon servizio ai pastori se diminuiranno la produzione di 'motleUi' o 'lodi sacre' non meglio identificate, per pensare di più al rito e al tempo preciso a cui il canto è destinato.

Lingua viva e lingua sacra

Il testo di un canto in italiano deve essere in lingua 'viva'. Lo scopo della liturgia in italiano non è soltanto di far capire meglio il contenuto de i testi latini; è anche e soprattutto l'i ncarnazione della liturgia nella cultura viva dei fedeli. Perciò la lingua che si propone ai fedeli - specialmente nel canto - deve essere quella realmente par­lata, letta, scritta e cantata dai fedeli. (E sarebbe bene smettere di chiamare 'volgare' la lingua materna, viva, d'uso; questo è un lati­nismo inopportuno; inoltre, si è portati a pensare che viceversa il latino è una lingua più 'nobile').

Deve esse re un a lingua sacra'! Sì, se la sacralità è una risultante della serietà e funzionalità liturgica e comunitaria ; no, se si tratta di un rivestimento dall'esterno. _La sacralità vera e genuina sgorga dal testo stesso, ed è per questo forte e travolgente; la sacralità, invece, aderente dall'esterno al testo, non è ve ra ed è odiosa per le persone equilibrate, (1).

Ogni sede sociale ha il suo tipo di lingua; è nalurale che la chiesa

(I) H. ScHMIDT, in: u ,roduliOlti d~i libri /i"'r,id. Ciu~ del Valicano 1966, p. SO.

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LA COMPOSIZIONE DEI TEST! ITALIANI PER IL CANTO 115

abbia il suo. Ma questo tipo o livello linguistico va scelto entro la gamma di possibilità della lingua realmente viva, non deve essere una lingua che esiste solo nel canto di chiesa. Una lingua che esiste solo nella celebrazione, separata dall'uso vivo e quotidiano, e quindi disincarnata, non è una lingua crisHana, e quindi neppure sacra (2). In pratica: un testo di canto zeppo di parole che si trovano solo nei vecchi libri di devozione o in una certa produzione poetica <li altri tempi, pieno di latinismi, di strutture antiquate (le false tronche, le inversioni tortuose e inutili), di immagini e simbolismi lontani dalla spiritual ità e sensibilità moderna, un testo simile dà ai fedeli l'idea che la liturgia è una cosa di altri tempi o di un altro mondo, e che non ha niente a che fare con la nostra vita concreta e quotidiana. E come potranno i fedeli cantare o meditare - con partecipazione piena, intelligente e attiva - un testo del genere? Eppure, i nostri repertori attuali contengono fin troppi esempi in proposito. Ed è certamente anche per questo che la partecipazione al canto è scarsa.

Un linguaggio comunitario

[ testi del canto liturgico sono per natura comunitari: sia quelli dei canti solistici - proclamazione di una Parola che deve essere per­cepita da tutta la comunità con assoluta chiarezza - sia soprattutto quelli dei canti di popolo, sia, in misura minore, queJ1i di un canto di coro.

Gli esempi più antichi di canti liturgici confermano questa preoc­cupazione comun itaria: basti citare il .. Gloria. e il .. Sanctus>, co­struiti con una serie di acclamazioni, cioè nella forma più comuni­taria del canto popolare. A partire dal Medioevo è facile verificare come il carattere comun itario del canto si traduca in strutture tecniche familiari anche alla nostra cultura attuale. Elenchiamone alcune. Un vocabolario chiaro, semplice, immediato, che esclude parole rare o difficili (3). L'uso di artifici fondamentali della retorica: il paralle­lismo, l'antitesi, la ripetizione nelle sue varie fanne. L'unità verso-frase, dove la fine di un verso coincide con la fine di una espressione a senso

(2) Su questo tema si veda: G. STEFAN1, S/I//a lillCl/1l , d i/::OJIl, in: Hi"i, 1II li_ /U,cica. 1965, p. 544-549; G. Gum.DEN. Lo stile della linglla /in"gica. in: L,· Im_ /ItI1Jolli .... o . e .• p. 217-230; S. MUSll.l. LlI parola ileI ca/w. in: Ri"is!<l /i"',gica. 1966, l'. 149-164.

(3) Suggestive in proposilo sono le ossen'azioni del poe1a J. BANCAl. UrHi ri­/fessioni sugli elementi tecnici adall; a ·s<"..;, .. ' al linguaggio lilurgico, in: AA VARI. Ungue moderne /" musica sacra. Torino·Lcum!l.nn 1966 (LDC). p. 129-134.

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116 M", 011'10 STEFANI

compiuto; è un procedimento tipico della poesia popolare, che è mnemonica e lesa al canto; viceversa, la poesia doua classica c mo­derna ha sempre cercalO evitare questa coincidenza. L'impiego degli espedienti eufonici più universali: l'assonanza, l'allitterazione, even­tualmente la rima; la presenza di strutture ritmiche e metriche ten­denti alla simmetria; ecc. Questi procedimenti, riscoDITabili già neUe forme prccristiane del canto popolare occidentale, si ritrovano nelle sequenze (4), nelle laudi, negli inni popolari del nostro Risorgimento, nci canti folkloristici corali , fino alle canzoni di oggi.

Perché in Italia nessun letterato o poeta di professione scrive testi per il canto liturgico? [n parte pe r la tradizione laicistica della nostra cultura dotta; in parte per le stesse ragioni per cui nessuno di essi scrive - con qualche successo - testi di canzoni. La nostra tra­dizione poetica c letteraria è troppo aristocratica e individualistica, e ignora o disprezza, insieme al 'profanum vulgus', le esigenze del canto comunitario. Gli d nni sacri , del Manzoni, che hanno influito e an­cora in fluiscono su una certa produzione di canti di chiesa, non sono propriamente inni - in quanto non sono adatti al canto - e non sono concepiti come testi comunitari; non valgono certo come modelli di canto liturgico.

Occorre tuttavia distinguere fra il canto che il popolo ascolta e qucllo che il popolo canta. Un testo per il coro ha maggiore libertà di uno per il popolo; in un canto che si ascolta, un'immagine o una struttura linguistica difficile passa facilmente inosservata; tanto più che in questo tipo di canto la musica, in certi casi , può anche avere il sopravvento sulla parola. Nel canto di popolo, invece, tutti gli even­tuali nodi vengono al pettine, anzi risultano ingranditi; e spesso basta un solo inciampo perché un testo non sia più comunitario.

Attitudine al canto

Infine, i testi per il canto devono evidentemente risultare cantabili. Chi deve giudicare di questa cantabilità? li compositore? Non basta. Parlando di cantabilità di un testo i compositori intendono di solito la sua musicali tà, la resa musicale, che è naturalmente concepita da ciascuno secondo i suoi gusti e le sue capacità.

Ora, un giudizio astratto sulla cantabilità o musicabilità di un

(4) Cfr G. STEfANI, Smj//ur~ ,ilmiche e metriche popO/lIri deI/li Sequen:;.<i, in: Mu:ska Sacra (Milano) 1961, pp, 4-13.

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LA COMPOSIZIO:-lE DEI TESTI ITALI ANI PER IL CANTO 117

testo serve poco, anzi può esse re ruorviante, se prima non si i: chia­rito a quale tipo di canto quel testo è destinato, a che rito deve servire, quali attori devono eseguirlo. In realtà, ogni forma rituale del canto esige un tipo di canto diverso e qu indi un diverso tipo di cantabilità del testo. L'autore del testo deve avere presente chiaramente tutto questo; e gli sarà uti le ricordare che dipende da lui, dalla sua opera, dalla rorma e stile c contenuto del suo testo, indicare chia­ramente al compositore la vi .. da seguire perché il canto risult i vera­mente funzionale. E quello che vale per gli autori vale anche per i traduttori (5); del resto, quando si tratta di testi per il canto, il tra­dunore è sempre un creatore .

Il - LA PAROLA NE I DIV ERS I RITI CANTATI

Proclamal.ioni

Nella messa vi sono riti che si possono cons iderare Tltl speci­fici della parola : sono le proclamazioni, che comprendono soprattutto le letture e le pregh iere. Questi riti si possono di regola esegui re sia con una recitazione sia con una cantillazione, usando cioè dei reci­tativi musicali. Nella traduzione o elaborazione di questi testi non è necessario, di regola, tener conto del canto. Bisogna però aver cura di realizzare una parola sonora, euronica, un ritmo scorrevole, un periodare ben tornito, che permetta una buona respirazione: insomma, tutto quello che è necessario a una lettura ad alta voce, pubblica, solenne. E saranno proprio questi caratteri di prosa oratoria o lirica a permettere poi una buona esecuzione nel caso che occorra canti!· lare quei testi: perché il requi sito essenziale per una buona cantil­lazione è la buona recitazione.

Un caso speciale è costituito dai salmi e can tici biblici. Qui si tratta di testi che per origine, natura c funzione tradizionale sono destinati al canto. Una traduzione dci salmi non è né buona né rcdele se non dà come risultato dei lesti cantabili. Cantabili come? Non come i nostri inni c corali, le nostre sequenze e laudi: sarebbe un arbitrio ingiustificato sovrapporre al testo ispirato delle strutture rit­miche, metriche e meliche in confli tto con le sue originali; senza dire

(5) Si veda la rel azione di J . GI;LIN".A U 01 Con" re,;so dei Iradutlori (Ro m a 1965): Problemi QIII/oli dt!lIe Iraduvoni "Io,; ra!l!('/!/t! QI ("amo, in: L .. lrotfuv m'j ...• " ..... p. 265·276.

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11 8 M' , GINO STEFA~r

che questo arbitrio porterebbe inevitabilmente ad allontanarsi dalla fedeltà anche su aliTi punti. D'altra parte, le traduzioni 'sc ientifiche' dei biblisti che si preoccupano un icamente di rendere fedelmente le singole parole non rendono fedelmente il genere letterario dei salmi e non ,tengono conto dcI loro uso tradizionale. In realtà i salmi non hanno soltanto una loro poesia che richiede la massima fedehà alle parole c alle immagini, hanno anche una loro poetica, con struttu re praso­dichc. rilmiche c metriche determinate, riconoscibili, e oggi abba­stanza conosciute. Basla rispettare tutte queste proprietà del testo ori­ginale. e si avrà già un a versione cantabile, sc nza bisogno di ricor­rere a ulteriori accorgi ment i lirici (6),

A cc/umazioni

Le acclamazioni, vale a dire gli interven ti vocali brevi e intensi come il saluto-dialogo, 1' ~Amcn . e 1' ~ Alleluia ., le invocazioni «Si­gnore, pieth o «Ti preghiamo, ascoltaci . , sino alla grande accla­mazione-inno che ~ il ~ Sanctus •• sono momenti fondamentali nella liturgia, e l' Istruzione le colloca fra gli interventi che è urgente can­tare pcr primi. Sono dunque da curare bene anche sollo l'aspetto del testo.

Le acclamazioni hanno la loro forma tipica primordiale nel grido. «Amen! Alleluia! . sono specie di grido, equ ivalenti a «Viva! Bravo! • . Sono parole brevi, sonore, esplosive. Quando un gruppo di fans si mette ad acclamare compatto, queste parole diventano fortemente ritmiche: ~ Bra-vo! Vi-va! . , L'eu fonia, la ritmica, la simmetria, so­stcngono l'entusiasmo e permettono l'unisono di una folla, Le accla­mazion i antichc presentano chia ramente queste strutture (7). E le acclamazioni dci nostro messale? Non sempre, -

Un ese mpio : la risposta ~ E con il tuo spirito. , Anzitutto il senso della fra se non è chiaro, c non è nemmeno suggestivo; per la massa dci fedeli si tratta probabi lmente di una perifrasi curiosa, un po' eso­tica. deIrespressionc molto se mplice ~E con Ic. , La strutlura della frase non è densa. incisiva: si ha una sola parola sostanziale (<<spirito. )

(6) Questo rispcllo si l! avuto da parte dell'équipe di esperti che h~ elaboratn il Sall,'r io cora/t'. Torino-Lcumalln LDC. ]963. Il ri$u ltato è nOlO c apprcuato; è 'luan to di meglio Olllli POSSll Irovare in Ilalia in qU('$lo campo, L'csposizione dci critcri d i lavoro si trova nel volume I SaI",i. Prrgflirro t' camo tld!a C/riuo, Tori­no-Leumann (LDC) 1964,

(7) Clr G, Snl'.tNL, L'rsprrssio llr ,'oca!" t' m"s;ra!r /leffa /iwrg;", Torino-Lru­m~nn (LDC) 1967, alrupporndice L'au!amaziollc 1Ie!l'alllicl!;tù,

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LA COMPOSIZIONE DEI TESTI ITALIANI PER IL CANTO 119

e quattro elementi secondari, inespressivi, dispersivi. La ritmica è incerta, zoppicante; l'unico accento sicuro è su cspirito,; ma la sdrucciola finale non contribuisce certo alla stabilità ritmica. Infine, come risposta è poco simmetrica al saluto c 11 Signore sia con voi , . In conclusione, è difficile per l'assemblea realizzare un canto·grido, una esclamazione, una acclamazione compatta, sonora e canora. Sa· rebbe bene pensare a nuove formule. Un esempio, tanto per avviare la ricerca, potrebbe essere: cCristo sia con te , .

Nei progetti di riforma dcl canone si pensa anche Cl interventi del popolo con acclamazioni. Ecco un esempio di possibile accla· mazione di anamnesi, da inseri rsi fra il racconto dell ' istituzione c l'anamnesi del sacerdote:

Ricordiamo / la tua morte, Signore! Annunciamo / la tua risurrezione! Attendiamo / il tuo ritorno : Vieni, Signore!

Facciamo notare: il contenuto adeguato al momento rituale ; la forma acclamatoria: ripetizione temaria, suddivisione binaria, asso· nanze, paral1elismi, ccc.

Rilornelli e antifone

A differenza delle acclamazioni, i ritornelli brevi dci canti re­sponsoriali sono canti veri e propri, dove il testo c la melodia hanno la stessa importanza, e senza la melodia il testo non avrebbe senso. Questo testo va pensato come una sentenza, un epigramma, un pro­verbio, uno slogan, una strofetta pubblicitaria: conciso, ritmato. torni to senza una grinza con tutti gli aTtifizi della buona retorica (che non è affatto antiquata, come dimostra la tecnica pubblicitaria). l compositori sono piuttosto restii a chiudere le ali della loro ispirazione entro il breve giro di queste fraseue; se poi queste non sono ben fatte , la difficoltà aumenta.

Questa difficoltà è quasi radicale nel caso delle cantifone . che il messale presenta come canti processionali di inizio, d'offertorio, di comunione. Questi testi sono in sostanza citazioni, didascalie, pensie­rini in prosa e non già testi di canto, tanto meno ritornelli popolari (8). Se si vogliono veramente dei canti d'entrata, d'offcrtorio c di comu-

(8) Una acuta analisi di questi leil; fm E . COSTA nell"mrt;colo J ("{mtl tI"lIn "'run. in: RivislQ til"rticlI. 1965, p . 17)· 188.

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120 M' , GINO STEF"'NI

nione, questi sono tutti da fare, In quest'opera di creazione si può però partire dai testi esistenti, cercando così di attuare quel principio della Costituzione il quale richiede che .:le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti :. (9).

La soluzione più semplice è ridurre l'antifona del messale a un ritornello per una salmodia responsorialc, Ecco alcuni esempi di que­sto procedimento, presi dal Messale dell'Assemblea:

2' domenica di Avvento, canto di ingresso:

amifona

Popolo di Dio, ecco il tuo Signore, egfi viene ti salvare le nazioni: farà sentire il Signore lo sua voce maestosa per lo gioia del vostro Cl/ore.

ritornello

Popolo di Dio, / ecco il tuo Signore: egli viene a salvare / tutte le nazioni,

11 ritornello ha preso dall'antifona il tema essenziale della 'venuta', e con una sola variante ne ha fatto quattro incisi sonori, ritmati, sim­metrici, cantabili: un testo popolare.

3' domenica di Quaresima, canto di ingresso:

antifona

lo fisso sempre con gli occhi il Signore, perché toglie dal laccio i miei piedi, Volgiti a me e concedimi grazia, perché solo ed afflitto io sono,

ritornello

I miei occhi sempre al Signore: pietà di me, sono povero e solo.

(9) se 23.

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LA COMPOSIZIOS E Vil i T ES'" IT"LlM~1 P Eli. IL CA~rO 121

L'operazione di 'scrematura' ha climinato il claccio:t e ci piedi " chc non sono essenziali e non contribuiscono certo alla popolarità del lesto; inollre , sfrondando la sinlassi Ci cperché :t sono inutili e pesanti nel canto), correggendo le inversioni inutili e stringendo l'an­damento discorsivo dell'antifona (cIo fi sso sempre con gli occhi... , ), si è arrivati a una forma lirica acccltabile.

Il 'tropario'

Tra le forme Irad izionali del canto liturgico cristiano una ha più delle altre richiamato in questi anni l'attenzione dei musicologi e musicisti liturgici, sia per la sua grande diffusione nelle liturgie antiche sia soprattutto perché molto ricca di possibilità per il presente: si tralta del tropario (IO). II tropario è una forma tipicamente proces­sionale (particolarmente indicata per l'inizio della messa, ma anche per la comunjone), che mobilita tutte le forze vocali e musicali del­)'assemblea (coro e strumenti , solisti, popolo) dando a ciascun attore una parte adatta. Una forma ideale, dunque. E a ben guardare, que­sta è in sostanza la struttura della cantata classica, quella di Bach, dove anche il popolo se mbra che si aggiungesse al canto dei corali.

Ecco un esempio concreto di testo di tropario; naturalmente questa che presentiamo è una fra le tante realizzazioni pratiche di questa forma (11).

Gloria, gloria nell'afta (Tropario di entrata per il tempo di Natale)

CORO (Strofa) Dall'allO, (Iai cieli discende Cristo Gesù, Illce del mondo, vito perfetto dell'llomo.

Il Padre, Parola senza carne. l'ha in viato; il grembo (Ii Mariti l'ha porlato; e ora egli è nato. A lui ora cantiamo :

(IO) C/~. D. R[~UUD, Il fropor;o rom" r"IIf'r" I,,(I,,'Q';O, in : Il ç"I1/O dt'l/"A' · l"mb/~Q 8 (1966) pp. 8-12.

(II) Una realizzazione ml,lsÌ(ale di qUe$le les[o si Irova in: II Cauto d"tl"AM""'· bl"a 8 (1966) pp. 18·19.

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122

CORO poi TUTTI (Ril.)

M " . GINO STEFANI

Gloria, gloria nell'alto dei cieli; pace, pace su IIltta lo terra!

SOLI (l o vers.) Alzate, o porte, lo testa, alzatevi, o porte perenni: entri il re della gloria!

TUTTI (Rit.) Gloria, gloria nell'alto dei cieli; pace, pace su tutta la terra!

SOLI (r vers.) Chi è questo re della gloria? Il Signore dell'universo: egli è il re della gloria!

TUTTI (Rit.) Gloria, glori(/ nell'alto (lei cieli; pace, pace S/l tutta la terra!

CORO (Slrofa) Dall'alto, dai cieli discende Cristo Gesù, luce del mondo, vita perfetta dell'uomo.

Il Padre, Parola senw carne, l'ha inviato; il grembo di Maria l'ha portato; e ora egli è nato. A lui ora cantiamo:

Gloria, gloria nell'alto dei cieli; pace, pace su tutta la terra!

Una breve analisi. Il contenuto è tutto aderente al tema nata­lizio. Il linguaggio è teologico c biblico ma semplice e comunitario . La strofa del coro ha una strultura ritmica, metrica e fonica abba­stanza lirica ma libera. L'intervento dci popolo è preparato dall'an­nuncio del coro, e consiste in un'acclamazione in due brevi membri simmetrici. Ai solisti è affidato un Salmo - il 23 - che presenta l'en­trata di Cristo fisicamente nel mondo e rilualmente in mezzo alla assemblea celebrante; il Salmo 23 è scelto anche in ragione della sua ritmica c metrica ben scandita, per cui può essere realizzato in polifonia omoritmica, adatta a un solenne proccssionale di entrata. Concludendo: il musicista si trova già tracciato davanti un programma

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LA COMPOSIZIONE nl!l TESTI ITALI ANI PE!t IL CANTO 123

di azione che non dovrebbe limitare la sua fantasia, ma anzi stimo­larla. Non si tratla forse di una cantata in miniatura?

Non ci dilunghiamo sull'esame delle forme. Se un autore di testi ha fantasia, troverà certo il modo di invcntarne di nuove. Ma in ogni caso gli sarà molto utile lo studio dei repertori liturgici c del canlo cristiano in genere, oll re a quello della lirica d'arie e popolare. Del resto, una preparazione analoga non si richiede anche ai mu sicisti?

III - PROBLEMI SUL VECCH IO E SUL NUOVO

T eSli tradizionali

Dopo quanto detto ci domandiamo se è proprio il caso di pub­blicare - come alcuni editori lilUrgici fanno ancora oggi - dei testi italiani del 200, del 500 o del 700, e a volte con melodie composte oggi! Si potrà anche sostenere che queste operazioni tendono a ele­vare la cultura del popolo e, per questa via, favorire il rinnovamento li turgico. Ma, in realtà, se questi testi figurano nei repertori Jjturgici si continua l'equivoco dell 'arte per l'arte.

Diverso è invece il caso di canti tradizionali ancora vivi nel­l'uso popolare. Qui, anche se il tes to non è del tutto soddisfacente . si può chiudere un occhio e aspettare che la generazione dei frui ­tori di questi canti si abitui ai nuovi - o si riduca a una piccola mino­ranza. Niente vieta però d i intervenire: conservando la melodia (di solito è questa che sta a cuore) si può fare un testo nuovo, O modi­ficare quello vecchio nei punti più incriminati. Quest'ultimo ripiego non è certo molto brillante, ma a giudicare dall'esperienza se mbra il male minore.

Testi nuovi per melodie antiche

E' frequente il caso di nuovi testi composti per melodie preesi­stenti: tem i gregorian i, corali tedeschi, cant i tradizionali italiani o stranieri, ecc. L'operazione è certame nte lecita; e in diversi easi ha dato ottimi risultati; dci resto, la storia della musica sacra è piena di questi 'travest imenti' o 'parodie'. Bisogna però soddisfare a una con­dizione: che 'Ie giuste esigenze della parola non vengano subordinate alla musica. La liturgia esclude l'asservimento cieco del testo alla melodia. Nella li turgia - a differenza del concerto - se un testo non è valido non c'è musica che lo giustifichi.

Ora, le melodie antiche hanno spesso leggi ritmiche c metriche

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124 M ·. (lINO ST EFANI

che mettono il 'paroliere' di fronte a una scelta: o mod ificare la musica, oppu re rassegnarsi a deformare il testo (nel contenuto, o nella lingua, o neHa struttura, o nello stile) (12). Per chi adatta testi a melodie gregoriane la tenlazione più fortc è quella di snervare il ritmo della frase italiana, di togliere alla parola o al verso o al periodo italiano la spina dorsale, piegandolo alle flessuosità del melos. Le tentazioni della musica tonale sono invece, di regola, in senso con· trario: costringere le strutture verbali entro una ritmica c una metrica ferree, esigentissime. L'esempio tipico è quello delle finali di frase musicale 'maschili', che obbligano a usare solo parole tronche; ora, le possibilità ragionevoli di trovare parole tronche naturali sono piut· tosto limitate; ne risulta che dopo alcuni gesti di bravura il periodo italiano comincia a sentire il capogiro, per cui il paroliere corre ai ripari fabbricando seduta stante delle tronche artificiali, quelle che tutti conosciamo attraverso i classici esempi ccuor-amon, cSignor­dolono

E' un'illusione o un'ipocrisia chiamare poesia questa cattiva manipolazione della lingua. Purtroppo, di questi prodotti cultural­mente falsi sono pieni i testi di canto liturgico italiani, vecchi e nuovi. Questo arcaismo a buon mercato, che spesso viene spacciato per senso della sacralità, è una piaga da cui dobbiamo Iiberarci il più presto possibile. La prima condizione per la rinascita di un canto autenticamente sacro e veramente popolare è la verità e autenticità dei testi, non solo nel contenuto ma anche nel linguaggio (che è già un contenuto) e nello stile (che è un modo di vita). l salmi, pre­ghiera e canto della Chiesa, restano ancora oggi una lezione vali­dissima in questo senso, e continuano a costituire il fondo principale del canto liturgico.

(12) Cfr. G. STEFANI, I corali I~dt$clti in i/(l!ill/w, in: 1/ Cf/ItiO deIfAsu lUbl"f/ 6 (1966) pp. 29-40.

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I REPERTORI ANTICHI E MODERNI DI MUSICA SACRA: USO NELLA LITURGIA

DR. M ", GINO STE FAN I

I - UNA REGIA LITURGICA

Musica nella liturgia

Qualunque discorso sull'uso dei repertori musicali nella liturgia lrova espressa già nel titolo dcll'l slruzione del 5 marzo 1967 la dire· zione fondamentale da seguire. Questa Istruzione non è propriamente sulla «musica sacra;" ma sulla cmusica nella liturgia :. . Non è una sot­tigliezza di parole ; è una questione di fondo. Già I:t Costituzione conci­liare aveva integrato il discorso sulla musica in quello sulla liturgia, definendo la posizione della musica con l'espressione precisa cmunus ministerialc ) , compi lO di se rvizio. Questa prospettiva è assunta dal nuovo documento, che riprende quella defin izione (IMS 2). Si parlerà. sì, di «musica sacra" intendendo i repertori concreti (lMS 4 a, b); ma questi sono per cosÌ dire materia remota, che solo qua e là affiora alla luce dell'esame diretto.

L'oggetto preciso della tr:!ttazione sono invece le richieste e pro­poste della liturgia alla mu sica. Alla musica ve ngono presentati i prin­cipi di una 'regìa' liturgica; se accetterà di collaborare a queste precise condizioni, essa sarà musica 'sacra', e con il suo aiuto si realizzerà una grande opera: l'e ucarist ia della famiglia di Dio.

Segno e strumento ecclesiale

Per mezzo del canto cii mistero della sacra liturgia e la sua na­tura gerarchica c comunitaria vengono manifestati più chiaramente,

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126

l'unità dci cuon e resa più profonda dalrunità delle voci .. . :. (lMS 5). La musica nella celebrazione non è propriamente un segno del

divino, come molti - soprattutto musicisti - lendono a credere; è invece segno del mistero, cioè del divino incarnato nella Chiesa che celebra il suo Dio. _L'importanza da attribuire al canto », dice l'Istruzione, è fondata sul fatto che esso è un mezzo quanto mai adatto a manife­stare l'aspetto 'ecclesiale' della cclebrazione> (IMS 42). Questo aspetto si articola in due dimensioni, sempre compresenti anzi compenetrate: l',assemblea celebrante e la struttura oggettiva dei riti. 11 compositore che pensa a servire la liturgia non dovrà tanto sforzarsi di inseguire vaghe ispirazioni ed espressioni dell'ineffabile celeste; questo può certo avere un senso, ma viene comunque in un secondo tempo. L'essenziale è che la musica esprima l'assemblea c la natura dei riti; quella musica. allora, risulterà 'sacra'.

'L'Ortlinamento alltemico della celebrazione'

Tutti gli elementi espressivi della celebrazione devono dar rilievo alla struttura dci riti. La Cost ituzione lo ha affermato ripetutamente. _L'ord inamento dci testi e dei riti deve essere condotto in modo che le sante realtà, da essi significate, siano espresse più chiaramente > (I). «L'ord inamento rituale della messa sia riveduto in modo che appa­risca più chiaramente la natura specifica delle singole parti e la loro mutua connessione > (2). L' Istruzione ribadisce questo principio, ap­plicandolo alla musica: _L'ordinamento autentico della celebrazione richiede inoltre che si rispetti il senso e la natura propria di ciascuna parle c di ciascun canto. Per questo è necessario che le parti, che di per sé richiedono il canto, sia no di fatto cantate, usando tutt avia il genere e la forma richiesti dalla [oro natura , (IMS 6).

Secondo un'opinione abbastanza diffusa, il fatto ehe la musica deve aderire alla spec ifica natura dei riti si opporrebbe sia alla con­servazione dei patrimoni tradizionali sia allo sviluppo dell'arte nella liturgia. A ben guardare è vero il contrario. Infatti, quanto più si stu­diano i riti e la loro 'agibilità' da parte dell'assemblea, tante più pos ­sibilità si aprono per la loro realizzazione, che sono poi altrettante vie di recupero dei repertori antichi e di impiego dei nuovi. In concreto: una buona rcgìa liturgica può impiegare in una messa più di un pezzo musicale d 'arte; senza questa regìa, anche un solo pezzo può essere

O) se 2L (2) se so.

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USO DEI RepeRTORI AI'o,' [CIII E MOOERNI NELLA l. lTURG IA 127

sbagliato o privo d i senso, falsando così od oscurando il rito, la strut­tura generale della celebrazione, c i significati in genere del canto e della musica nella liturgia. In breve: la regìa liturgica, dando un senso alla musica, è in grado di darle anche un posto nella celebrazione (cfr. IMS 53),

Sacro e profano

Un problema che molti ritengono cruciale è quello dello stile, cioè della questione sacro-profano. Cominciamo con l'osservare che il termine eprofano. , se non andiamo errati, non appare neanche una volta nell'intera Costituzione, e una volta sola nell'I struzione, a propo­sito degli strumenti (IMS 63), Inoltre, rileviamo che la sobrietà eon cui la questione viene toccata nei nostri documenti lascia in tendere che in realtà non si tratta d i cosa essenziale.

Senza voler affrontare direttamente questo problema - che non rien tra propriamente nel nostro ass unto - osserviamo tuttavia che a partire dal Vaticano Il esso viene impiantato in un modo diverso da quello generalmente seguito negli ultimi secoli. Fino a ie ri si era soliti parlare di uno stile o carattere 'sacro' della musica come di una qualità intrinseca alla musica stessa anche presci ndendo dalla sua funzione nella 'liturgia; in concreto, si identificava lo esti le sacro . musicale con alcuni repertori che venivano proposti come modello ai composi tori e imposti all'assemblea e ai responsabil i delle celebrazioni. Oggi il COn­cilio ha stabilito un altro criterio di valutazione della musica sacra: ha detto che la musica .sarà tanto più santa (cioè sacra) quanto più stret­tamente sarà un ita all'azione liturgica. (3). D'ora in poi la musica per essere sacra non dovrà più imitare il gregoriano o la polifonia classica: dovrà invece preoccuparsi di essere strettamente unita al­l'azione liturgica e favo rire la cel ebrazione piena, attiva e comunitaria. Questo vale evidentemente non soltanto pcr il canto del popolo, ma per qualunque intervento vocale e musicale nella liturgia.

Comunque, un criterio veramente pastorale vuole che, pe r valu­tare la sacralilà o profanità di un mezzo espressivo, ci si regoli «secondo il giudizio e l'uso comune . (lMS 63). Ma come fa re per determinare questo giudizio e uso comune, in una cultura pluralistica come la no­stra? Nel pluralismo attuale, il giudizio e uso comune non coincide con un'opinione tradizionale; infatti gli usi e costumi cambiano rapida-

()) se 112,

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128 M ", GINO STEFAS[

mentc. Non coincide neanche con il giudizio di una minoranza sia pure colta e illuminata: chi può dire di rappresentare tutta la comu­nità? Solo un criterio statistico può stabilire quale sia veramente il giudizio comune, che sarà quello della maggioranza della comunità ce­lebrante effettivamente interpellata in merito.

Il - RITI E REPERTORI

Il pluralismo culturale

La cultura musicale italiana di oggi è fortemente pluraIistica. Di­versi linguaggi musicali , a volte disparatissimi, del passato e del pre­sente, coesistono più o meno pacificamente ma comunque democrati­camente. Da questa premessa deriva con tutta logica la seguente con­clusione: se è vero come è vero che la liturgia deve incarnarsi, adattarsi alla cultura circostante assu mendo da essa lutto ciò che può avere di utile alla celebrazione piena, intelligente e attiva. è del tutto naturale che la musica nella liturgia sia pluralistica nei suoi stili e linguaggi.

Tutti i settori culturali dell'assemblea devono essere rappresentati nella celebrazione; solo cosi tutti e ciascuno i fedeli potranno vera· mente partecipare pienamente. Ora, questo si può realizzare per due vie: l'unità nella varietà, vale a dire un linguaggio comune estratto dalla pluralità dei linguaggi; oppure la varietà nell'unità, cioè una molteplicità di linguaggi nell' unica assemblea e celebrazione. In eo· trambi questi modi si realizza infatti il carattere ecclesiale della celebra· zione.

Un linguaggio base

L'unità nella varietà si ha mediante un linguaggio comune, un linguaggio base, che sia una sintesi degli elementi .più comuni ai di· versi settori culturali. Esiste oggi un linguaggio così? Forse esiste qual· che pezzo di canto o di musica che si può indicare come esempio; ma su questa via si è appena agli inizi, almeno in Italia. Si tratta di una operazione complessa: selezionare le strutture scalari, lonale·modali, ritmiche, armoniche, polifoniche e strumentali meno legate a un si· stema, a uno stile c a un 'linguaggio già chiuso e definitivo, e d'altra parte presenti nel maggior numero possibile di stili e linguaggi; queste sarebbero le costanti della cultura musicale occidentale del nostro millennio. In sede di analisi tecnica potremmo definire meglio questo

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I r

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USO DE I REPERTORI ANTICHI E MODERNI NELLA LIT URGIA 129

concetto e portare esempi concreti; qui può bastare avere fatto la proposta.

La regìa liturgica ci dice che un linguaggio musicale comune è necessario almeno in certi riti. Sono gl i interventi vocali del celebrante c dei ministri e i momenti del canto obbligato del popolo: le procla­mazioni, le acclamazioni fondamentali come il saluto-dialogo, l'Amen, i! Sanct/lS, ecc. Necessario in questi casi, un linguaggio comune è op­portuno o utile in generale, e ci si dovre bbe sforzare di studiare e spe­rimentare in questo senso.

Linguaggi diversi per rili diversi

Ma l'impresa di un 'linguaggio base non è facile; d'altra parte per questa via si ha sempre davanti il pericolo dell 'accademia, dello stile di chiesa piatto e mediocre. Siamo quindi rimandati, per un'inte­grazione, al principio dell'a varietà nell'unità. Una celebrazione può essere unitaria e completa anche quando ciascun seUore culturale del­l'assemblea si esprime, a turno, nel suo linguaggio tipico. Si avrebbe quindi una celebrazione in stile di mosaico. Da secoli si hanno esempi di questo pluralismo. In quante messe di Natale, per citare un caso, non si è cantato un ordinario poli(onico rinasc.imentale, un proprio gregoriano, e dei canti tradizionali c folklorici'? Perché oggi questo plu­ralismo non si potrebbe attuare in un modo più consapevole e in una misura maggiore, come consiglia la nuova situazione culturale'? Niente e nessuno lo vieta. Il problema è quindi semplicemente il segue nte : come raccordare nel modo migliore i diversi settori culturali dell'as­semblea con i diversi momenti rituali.

Se consideriamo i riti della celebrazione come un insieme di pro­poste operative, un piano, un programma, un copione da realizzare concretamente, è facile vedere come i suoi diversi momenti non solo consentano ma anzi consigliano l'apporto specifico dei diversi settori culturali della comuni tà. Proprio come in un consiglio o in una équipe di lavoro ciascuno collabora porlando in campo la sua competenza specifica, così ciascun rito della celebrazione può essere 'prevalente­mente affidato' da realizzare al settore dell'assemblea che è più in grado di farlo.

La celebrazione della messa presenta diversi gradi di possibilitit e di richiesta per una differenziazione culturale man mano che ci si allon tana dalla zona del linguaggio base delle proclamazioni e delle acclamazioni. Il linguaggio del salmista (nel sal mo responsoriale dcl-

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ilO f,t • • GINO STEFANI

la messa) è ancora abbastanza vicino a un linguaggio base. I linguaggi differenziati hanno logicamente più poSIO nei can ti che non sono ob­bligatoriamente di popolo, c dove la parola non ha il predominio as­soluto sulla musica come nel salmo.

Alcuni esempi.

a) Il Gloria - Per compiere il rito dell'inno, l'assemblea può delegare alcuni suoi membri a realizzare il canto del Gloria. Questi membri sono naturalmente il coro; al coro poi si possono aggiu ngere stmrncnti: questo sviluppo musicale è consentito e anche suggerito dalla natura del rito dell 'inno, che è un rito musicale. Si vede subito che le possibilità di repe rtorio sono molte. Secondo i tipi d i assem­blea e le possibilità vocali c strumentali, si può andare da un pezzo gregoriano a una polifonia classica a una composizione vocale-stru­men tale moderna, concepita nello spirito dell'inno. Ma se si tiene pre­sente ehe il Gloria è costituito da una serie di acclamazioni, si può giustamente pensare a dare rilievo a questo suo carattere, e cercare quindi nell'assemblea gli esponenti di una (cultura dell'acclamazione ) . Questa cultura non è morta, e i suoi esponen ti sono i giovani, che del­J"acclamazione hanno lo spiri to e praticano le tecn iche. I giovani p0-

trebbero dunque essere gli 'animatori legittimi, natu rali di questo rito. Naturalmente essi useranno un linguaggio che non è comune al resto dell'assemblea, e che l'asse mblea dovrà accettare e capi re - il che ri­chiede sempre uno sforzo. Ma si badi bene: questo sforzo è richiesto ai diversi settori dell'assemblea per ogni pezzo musicale elaborato in uno stile particolare, anche per il gregoriano, per Palestrina, per Pe­rosi. E si vedano i vantaggi: i giovani risulterebbero integrati nella celebrazione c quindi nella comunità; gli adulti (ehe non sanno accla­mare) sentono il beneficio di questa spinta all'acclamazione; il rito ha una buona realizzazione.

b) L'A lleluia - I giovani che conoscono i linguaggi dell'accla­mazione, potrebbero fra l'altro animare anche il rito dell'Allehlia. inteso come acc1amazione-iubilu s. Tuttavia questo rito si può realizzare an­che con altri linguaggi che trovano rispondenza in altri settori della comunità. ad esempio il gregoriano. Per il gregoriano, l'Alleluia può essere un momento privilegiato: qui è particolarmente adatto al rito il suo senso di melos squisitamente vocale; d'altra parte, l'Alleluia e libero dai condizionamenti dell'a lingua Ialina che altrove presentano difficoltà per l'uso del repertorio gregoriano.

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USO DEI REPERTORI ANTICll l E MO[)ERNI NCLLA LITURG IA 1)1

c) L 'oDertorio - Il gregoriano può trovare un suo momento ade­guato anche durante i riti d'offertorio, quando non abbia luogo una processione. Il repertorio neumatico fiorito degli Oflerforia. con il suo andamento che dai più vie ne percepito come genericamente lirieo­med itativo, di 'elevazione musicale', può ben fornire all'assemblea quel 'silenzio musicale' adatto a questo tempo di raccoglimento, di pre­ghiera silenziosa personale. Come il gregoriano, anche un buon pezzo polifonico classico (o moderno) di andamento adatto può assolvere questa funzione; e non si dimenticheranno i 68 affertori di Palestrina, che costituiscono una vera arte del molletto a 5 voci. Certi settori dell'assemblea troveranno così, in un momento particolarmente indi­cato, un'espressione vicina alla loro cultura di ascoltatori di repertori del passato ; tanto meglio poi se i repertori che ora ascoltano nella mes­sa sono quelli stessi che sogliono d ilettare ed elevare il loro spi rito. Quanto agli altri gruppi culturali dell'assemblea, dovranno se non al­tro riconoscere che questi gesti musicali non violentano, non aggre­discono nessuno; nella peggiore delle ipotesi, lasciano indisturbati gli ind ifferenti. Infine, poiché durante l'olTertorio si può avere anche sem­plicemente un pezzo d'organo, si ha una grande varietà di repertori organistici lasciati alla scelta dell'interprete; egli dovrà soltanto tenere presente che il suo pezzo si presenta come una musica di ambiente, come uno sfondo sonoro tranqu illo c discreto alla meditazione.

d) Il pezzo dj inizio - Quale sarà nella messa il posto più ade­guato alla musica d'arte contemporanea o moderna in genere? Evi­dentemente, nei momenti che per essere più liberi da precise configu­razioni rituali rappresentano gesti propriamente musicali Così il pezzo di inizio, ed eventualmente il breve pezzo finalc. Naturalmente, quest i momenti non sono per sé riservati all'arte moderna . Ma qui, dove gli strumenti hanno la massima possibilità di intervento, l'arte dei suoni moderna (che è prevalentemente strumentale) può dare forse maggiori contributi di altre espressioni culturali. Inoltre, sarebbe particolar­mente significativo che la celebrazione cominciasse e terminasse con un gesto musicale che collega l'àmbito ecclesiale con zone dell'attività umana che sembrano rappresentare bene il mondo degli uomini 'lon­tani' dalla comunità dei fedeli. Questo gesto compiuto con i modi di una cultura lontana dalla comunione fraterna (com'è l'arie contempo­ranea, espressione radicale di un'autonomia assoluta dell'individuo e dclla tecnica) non è già un segno di apertura, di invito, di dialogo?

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132 M· . GINO STEF",,[

Linguaggi diversi per assemblee diverse

Abbiamo esaminato il caso delle assemblee eterogenee, che è quello delle normali comunità celebranti. Ora, per le assemblee cul­turalmente omogenee la scelta dci repertorio è ancora più facile. Come è nalurale che una comunità monastica si esprima con linguaggi musi­cali ispirati alla vi ta contemplativa - vale a dire i repertori gregoriani -così è altrettanto naturale che, salve le esigenze essenziali dei riti , ogni altro tipo di comunità adotti quei repertori che sono più rispondenti alla loro idea di un'espressione vocale e musicale religiosa. In base a questo principio hanno diritto di cittadinanza in chiesa non solo la po­lifoni a classica e la musica d'arte contemporanea, ma anche i linguaggi ispi rati alla canzone, qundo l'assemblea che deve celebrare trova suoi cd espressivi quei linguaggi.

Il criterio deU'universalità ~ valido ancora con Pio X ~ non è più tra i requisi ti essenziali della musica per la liturgia. Il Vaticano II ha fatto prevalere quello dell'adattamento, dell'incarnazione nelle singole culture . Tirando le conseguenze estreme di questo fecondissimo princ!­pio, c componendole con un'altra direttiva conciliare fondamentale, ri~

sulla che, poiché chi veramente celebra la messa è l'ekklesia locale, ogni comunità celebrante può scegliersi i linguaggi e i repertori che più aiutano la sua parteci pazione piena, intelligente e attiva. Con ciò non avrebbero più ragione di esse re le diatribe intorno ai linguaggi e i repertori musicali. La regla liturgica proposta dal Concilio (e dal Consilium) permette di dare un senso, e quindi un posto in chiesa, a lutti i linguaggi c lutti i repertori.

III - TRADIZIONE, ADATTAMENTO, CREAZIONE

'l'alrimo/lio' e tradizione

Da quanto esposto si ha anche una risposta fondamentale riguardo ai desiderata dei documenti urfieiali sulla conservazione del patrimonio musicale del passato c sulla continuazione (o continuità) della tradi­zione. Non occorre spendere parole per sottolineare la legittimità di questi desideri: dimenticare un patrimonio prezioso sarebbe per lo me­no sciocco; quanto al senso della tradizione, esso è in qualche modo, anche nel nostro caso, legato al senso della Chiesa.

Va da sé che altro è il patrimonio musicale del passato in se stesso, altro la ·tradizione. Tradizione non significa affatto attaccamento

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cieco alle forme del passato in quanto tali, ma 'al contrario continui tà viva di valori che risultano sempre attuali. La tradizione vera è quella viva. E continuità viva, organica, significa inserimento nel presente e adattamento alle nuove circostanze. Altra cosa è la pura conservazione da archivio o da museo; ma non crediamo che i nostri documenti, par­lando della liturgia, intendano questa.

Lo studio della tradizione è giustamente raccomandato ai com­positori. Ma si badi bene: non si vuole minimamente proporre mo­delli da copiare o da trasportare senz'altro, sempre e comunque, nella celebrazione di oggi. AI contrario, i musicisti devono immergere la conoscenza della tradizione musicale nella cultura ed esperienza del presente , in modo che «le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche man iera , da quelle già esistenli ~ (IMS 59) (4). Organica­mente: cioè con un processo vitale che, come avviene di solito nella creazione artistica, assimili gli elementi preesistenti , distruggendoli nella loro primitiva natura c trasformandoli in un organismo veramente vivo e cioè nuovo.

E' passato il tempo in cui, per salvare la tradizione, bastava in ­corporare in una composizione temi gregoriani ridotti a cantlls firmlls (dove peraltro le melodie originali erano presenti solo in maniera sim­bolica). Ed è passato anche il tempo in cui il programma del compo­sitore di chiesa si poteva riassumere così: «tanto una composizione per chiesa è più sacra e più liturgica, quanto più nell'andamento, nel­la ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana~ c alla polironia palestriniana (5). Sarebbe un equivoco pensare che questa sia ancora oggi la retta via della musica nella liturgia, e pensare di trovarne conferme nei documenti ufficiali recenti.

Uno studio critico della tradizione

Una ragione degli equivoci sulla tradizione è, probabilmente, proprio il fatto che la tradizione è studiata troppo poco, O malc. Stu­diando le opere e i documenti del passato nel loro contcsto storico e con oggettività, i liturgisti moderni hanno ricavato i principi della ri­forma, e insieme hanno imparato a evitare certi errori di quei tcmpi. Applicando gli stessi metodi nella musicologia liturgica si arriva allc stesse conclusioni.

(4) Clr. se 23. (5) PIO X, M DIII proprio 'Tra I .. JolI~c"'".Ji"r. Il. 3.

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134 M O. GINO STI!PANI

a) Il gregoriano - Gli studi moderni sul gregoria no ncumatico classico hanno portato a scoprire la sintesi verbomelodiea di quel can­to, la cui esecuzione metteva in primo piano la declamazione del testo (6). Ed ceco le conclusioni operative. Anzitutto, le melodie più tipi­camente 'gregoriane', essendo così legale ai lesti latini, non sono adat­tabil i a testi italiani (7). E allora? Adatteremo quelle melod ie, modifi­candole quanto occorre? Mai più; questo si potrà fare in qualche caso, ma di regola si guasterebbe tutto. 11 miglior partito da prendere è ri­creare, partendo dalla 'Iingua italiana, una sintesi verbomelodiea con gli elementi musicali del nostro tempo. Sempre secondo gli studiosi. non solo le melodie, ma neppure i modi gregoriani sarebbero propria­men te recuperabili e appl icabili a testi moderni, in quanto «le compo­nenti di una vera modalità sono inseparabili dalla forma verbale c, talvolta, dalla forma stessa del pezzo , . Per cui creare un repertorio in lingua moderna fondandosi sulla modal ità gregoriana comporta un er­rore iniziale di direzione, una semplificazione abusiva , ; si avrebbero dei pastiches cdi cui è facile capire la vanith (8).

b) La polifonia classica - Quanto a Palestrina , la sua grande lezione è quella di aver saputo 'incarnare' la liturgia nella cultura musi­cale dcl suo tempo (in concreto, egli ha anche saputo 'arrangiare' mo­tivi di successo in modo da non offendere la suscettibilità dci rigoristi) . In certe occasioni egli ci dà anchc lezioni di liturgia; ad ese mpio nei falsobordon i deUa Settimana santa, dove rispetta la gravità del mo­mento liturgico nascondendo l'a rte musicale dietro la tenue trama di un recitativo armonizzato che dà aJ!a parola solenne tutto il suo risalto rituale. Ma in generale le sue opere rifl ettono la concezione sociolo­gica e liturgica dci suo tempo; in particolare, le sue messe cicliche e i suoi mottetti impongono alla messa c ai singoli riti una regìa musica­le (9), men tre la natura delle cose vuole che sia invece la regìa litur­gica a regolare gli inte rpreti della musica. Così, in quella polifon ia lUtt i i testi e tutti i rit i cantati diventano sostanzialmente ugu ali, ugual-

(6) Cfr. L. AOUSTO~ I, Elelllellli di "111"0 gregOF;ollo. MilJno 1959. p. 93-111. (7) Cfr. L. AOUSTON I, Le melodie gregorialle adotlole ai teSt; il! i/llliollo. in : /I

CalllO dell'Assemblea. 3 (1965) 23·30. (8) J. J eANsIlTEAU, 1/ "olore alluole d,'1 cml/Q gregori/illo. in AA. VARI. La

ml/sica ""I r;""01'a111e,,lo lilllrgiw. Ani dci Congresso di Fribuq:o dci 1965. Tori­no-Leumann (LDC) 1966. p. 142.

(9) Cfr. G. STIlFANI. Gli' oUer/ori di Poles/ri"a. A SI'I'I/i musicali e limrgid. in Muslc(J S(JCTO (M ilano) 1966, p. 82-89; Poles/fi"o. La pOl'lica di'l 'be"e ama/l'q"" loq"i', ib. l'. 108-1 14.

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USO DE I REP ERTORI ANT ICIII E MODERNI NELLA LITURGIA t Jj

mente dominati dalla musica ; e con ciò il canto perde i suoi vari signi­ficati ri tuali, mislagogici.

c) Arte e culto _ Da][o studio cri tico della storia risulta anche che il rapporto fra l'arte dci suoni c il culto ecclesiale varia secondo le epoche. Per la liturgia patri stica, il canto liturgico non è l'arte musicale, ma piuttosto un'espressione spontanea e popolare. Il Med ioevo ha fuso (c anche confuso) le due cose. Non sappiamo come e da quando la Chiesa si è considerata . protettrice delle arti, . Da Giovanni XX I[ (1324-25) comincia la grande lolta per la musica 'sacra' contro l'arte dotta occidentale. Quesla prende via via il sopravvenlO sull a liturgia. Con Pio X si ha da un lato la musica sacra, da un altro la li turgia, da un altro ancora l'arte contemporanea. Pio XII incoraggia i musicisti contemporanei , ma con scarso successo. Anche oggi la Ch iesa ha bi­sogno dell'arte: ma non dell 'arte per l'arie; essa cerca, dovunque si trovi no, un canlo e una musica veramente adatte al loro . munus mini­sterialc , .

Il patrimonio del passato e il presente

Sarebbe assurdo ignorare il patri mon io del passato, scavalcare tanli secoli di storia; ma altrettanto assurdo sarebbe diment icare che le condizioni storiche , culturali e soprattutto liturgiche in cui quel pa­trimonio si è formato non sono le nostre. Perciò . l'impegno di con­tinuare quell a tradizione musicale ) significa, concretamente, l'impegno di servi re la liturgia. Come i melogmfi gregoriani e i polifonisti .classici hanno fatto del loro meglio (quando l'hanno fatto) per servi re la litu r­gia secondo le esigenze rituali e la cultura del loro tempo - e da que­sto servizio è nato quel . patrimonio, - così noi continueremo vera­mente la tradizione soltanto se faremo del nostro meglio per servire la liturgia secondo le sue nuove esigenze e la cultura del nostro tempo. Solo i posteri decideranno se il nuovo . patrimonio, ehe risulterà da questo servizio sarà degno o indegno del passato. A noi deve impor­tare che sia degno del presente, de lla liturgia che la Chiesa ci pro­pone oggi .

a) ESf"essioni popolari. _ Come la lingua dell a li turgia così anche il linguaggio musicale 'sacro' non deve essere un linguaggio che esiste soltanto nella celebrazione, separato dall 'uso vivo dci fedeli. Certamente nella musica sacra si possono usare clement i arca ici; il pluralismo dell a cultura musicale contemporanea lo conse nte. Ma una

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lingua musicale sempre c soltanto arcaica (c arcaICI sono giil in parte Pcrosi c Puccini) dà ai fedeli l'idea che 'la liturgia è una cosa di altri tempi c di un alt ro mondo, senza rapporti con la nostra vita concreta c quotidiana.

L'Istruzione indieH la via giusta da seguire quando prescrive che bisogna ( saper fondere opportunamente il senso dci sacro con lo spirito, le trad izioni c le caratteristiche:. del nostro popolo (/MS 61), Se oggi il popolo non partecipa abbastanza al canto che gli spetta è anche perché gli si propongono lingue musicali che non sono le sue.

Le lingue musicali che i fedeli ascoltano sono molte; ma la lingua che usano di solito quando cantano è in sostanza una sola: quella della canzone. La cultura musicale propri amente popolare è sempre stata e continua a essere la canzone, che !'Istruzione designa con la espressione (canto popolare) . Se il canto liturgico non si incarn a nella canzone non sarà mai veramentc popolare.

( Incarnazione ) non significa prendere di peso dei motivi di suc­cesso c cantarli in chiesa, così come stanno, cambiando soltanto le parole. Questo è, per così dire, un battesimo forzato , un'operazione culturale e spirituale violenta e spesso falsa; è mettere l'etichetta di ( sacro ) a un recipiente (che è anche un contenuto) che ha tanti con­dizionamenti d'uso lontani da quelli liturgici. Quello che occorre è invece una paziente e intelligente operazione pedagogica sulle strut­ture linguistiche e insieme sulla comunità: insomma, un vero e pro­prio catecumenato della canzone. La poI ironia classica, le laude, i corali tedeschi ci offrono ottimi ese mpi di questa operazione ; basta prendersi la briga di studiarli.

b) Lo stile : un modo di vita - Chi non ha sentito la canzone f{ cielo iII una stanza? Ebbene, è costruita sull' inizio della melodia tradizion ale del Te DeufII. Oggi è di grande successo la canzone Nes­.\"U11 0 mi può giudicare; ora, questa melodia è la stessa di Feneste ca Illcive, una vecchia e notissima canzone napoletana. I Beatles hanno preso molti elementi sia d ai canti western sin da musiche rinascimen­tal i inglesi; la nuova linea della canzone (folh si ri fà al folklore, sia in America sia in Italia. Che cosa significa questo? Dei ri torni di mode? Non precisamente : tutte queste canzoni sono sentite come modern issime , e di solito sembrano totalmente nuove. Il vero fatto è il seguente: il linguaggio musicale occidentale si fonda su delle costanti melodiche , armoniche e ritm iche fondamentali, che sono par­ticolarmente evidenti nella canzone; e la differenza fra una canzone

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USO nEI II.r:PERTORl ANTICII I E MOO!iRNl NEUA liTURG IA 137

ilaliana e una americana, fra una vccchia c una nuova sia essenzial­mente ncl diverso stile di interpretazione, che si rivela soprattutto nel modo di esecuzione.

Ed ecco la conclusione pratica. Se vogliamo un linguaggio musi­cale base, che sia il più possibile comune alle nostre assemblee, lo troveremo negli elementi costanti della canzone occidentale (ehe hanno molto influito su Mozart , Haydn, Beethoven, Schubert, Brahms, ecc.). Ma con ciò avremo in mano uno spartito musicale , non ancora un canto. li canto ci sarà effettiva mente - e solo allora si potrà giudicare se è vecchio o nuovo. se è sacro o profano - quando una data as­semblea lo canterà effetti vame nte. c con ciò gli darà uno stile .

Nel canto popolare, lo stile d i esecuzione è quasi tutto; è co­munque la cosa più importlnte. Lo stile denota l'entusiasmo o tra­disce la fiacchezza; indica l'adesione alle parole che si canlano o l'adagiarsi raffinato o grossolano sulla melodia; in una parol a, segnala una spiritualità , cioè un modo di vita. E allora si vede come il lavoro del compositore è appena l'inizio dell'azione per il canlO liturgico ; altrettanto importante è il lavoro degli animatori (gu ide del canto. schola. commentatore, ecc.) che devono aiutare l'assemblea a trovare il proprio stile, stimolando al meglio il suo modo di vita liturgico.

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GLI STRUMENTI MUSICALI NELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE E RELIGIOSE

P. GIOVANNI MARIA ROSSI

I cinque importanti articoli di cui è composto l'VIII capitolo della IMS. accanto ad alcuni altri riferimenti posti negli articoli 4, 46 e 53, ci offrono una ben delineala traccia nei riguardi della mu­sica sacra strumentale. In sintesi potremmo subito dire cbe la Chiesa conserva alcuni atteggiamenti fondamentali già impostati nella legi­slazione precedente:

- gli strumenti sono secondari nei confronti del canto - solitamente accompagnano il canto - devono essere scelti e usati in base all'azione cui se rvono.

I - L'INSEG NAMENTO DELLA STORIA

Prima di esaminare il problema alla luce di questi principi, penso sia bene accennare ad alcuni dati storici che possono contribuire a chiarire le disposizioni attuali.

Fin dalle origini gli strumenti, anche i più elementari, servono all'uomo per esprimere qualcosa che stia al di sopra dei suoi soliti, normali sentimenti. Talvolta lo strumento assume addirittura un ruolo rituale, di ordine mitico o magico (l) . • Gli strumenti musicali ven­gono in aiuto dell'uomo primitivo, liberando voci misteriose rinchiuse

(I) Ciro J . GELHUlAU, COlliO ti /Hl/.,ira IId ,·,,110 criSlimm, p. 244. LDC Torino -Leumann; R. Heaouo, in La ",,,sico Ile{ rÌ/IttO!·o/HCII/O Liturgico, LDC, Torino-Leu­mann 1966, p. 229.

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140 P. GIOV-'N NI M"RI A MOSSI

nella natura » (2). La Bibbia, dopo averci detto il nome del '-capo­stipite di tutti quelli che suonano la lira c il flauto ) (3), Yuhal, parla parecchie volte di strumenti , per l'esattezza una quarantina di volte. Leggendo attentamente si nota anche che vi è una gerarchia fra gli strumenti. Anzitutto vi sono gli strumenti sacerdotali; corni (shòfar) e trombe, usati più per segnale sacro che per una esecuzione pro­priamente musicale. Vi sono poi gli strumenti che servono ai leviti per sostenere il canto del Sacro Testo liturgico: una specie d'arpa (nebel) c la lira (kinnor), strumenti a corda, suonati a pizzico. Vi è tm'altra categoria di strumenti ed esattamente te percussioni, usate per ritmare i canti, in particolare durante le processioni: più espli­citamente sono citate lc campanelle, i sistri, i tamburelli e i piatti. Vengono pure citati alcuni st rumen ti eosì detti profani , dato che soli­tamente vengono suonati durante feste profane. Soltanto eccezional­mente questi sono introdotti nel culto, ed esattamente in occasione di cerimonie che interessino tanto la società civile quanto la comunità di preghiera, vale a d ire: matrimoni e funerali. Ouesti strumenti sono il flauto e una specie di oboe.

Se accanto a questi riferimenti biblici poniamo le notizie che ci pervengono dal mondo dell'antica Grecia, abbiamo modo di scor­gere una interessante, parallela distinzione fra stru menti nobili (lire e citare) e strumenti lascivi (flauti e oboe).

Nel Nuovo Testamento gli strumenti sono ricordati soltanto ca­sualmente in occasione di citazioni di usanze profane. Nell'Apocalisse si parla di trombe e di cetre di Dio, ma con linguaggio lirico e sim­bolico. S. Paolo pone un forte accento sul carattere spirituale e inte­riore della musica cristiana, pur non dicendo espressamente che la messa in opera esteriore è accessoria.

Dalle opere dei Santi Padri risulta distintamente che il taglio operato dalla venuta del Cristo, che ha instaurato il culto della nuova alleanza, suggerisce l'estromissione degli strumenti dal culto. I motivi portati, come ben ricorda Gelineau (4), sono due:

l) gli strumenti vengono usati anche per i culti idolatri e per le feste di chi ha costumi corrotti; quindi se la lira resta nobile, il flauto e l'oboe sono erotici, la tromba bellicosa, l'organo istrion ico.

(2) R . R EBOUP, o. c .. p. 229. (3) Geli. 4, 21. (4) Cfr. J. G El INEAU, O. c. , p. 248 sS.

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GLI STIIUMf.~T I MUSICALI NELLE CEL1: IIRAZIONI 141

Cito qui Clemente d'Alessandria che oppone all'Agape cristiana i banchetti dei pagani, con i loro àuloi e salteri, cimbali e ·tamburelli : «In verità, questi strumenti sono da allontanare dal sobrio pasto: essi convengono più a incantare le bestie che gli uomini, se non gli uomini privi di ragione ) . E porta alcuni esempi; quindi oppone loro i canti dello Spirito Santo interpretando gli strumenti nominati ncl Salmo 150 in modo puramente allegorico: eGli altri strumenti ma­teriali,., non valgono che ad eccitare alla guerra, infiammare i de­sideri, far ardere di passione amorosa, suscitare collera .. , Noi non usiamo che un solo strumento, pacifico, il Logos, con il quale ono­riamo Dio, ma non più l'antico salterio, né la tomba, né il tam­burello, né l'aulos, appannaggio dei guerrieri... e dei danzatori , (5).

Questa interpretazione allegorica del Salmo 150 la si ha anche in S, Agostino : eVoi siete la tromba, il salterio, la cetra, il timpano, il coro di danza, le corde e l'organo e i cimbali di giubilo beneso­nanti perché consonanti, Voi siete tutto questo; nessuna allusione qui ad alcu nché di spregevole o di effimero, a niente che sia un mero divertimento ) (6),

2) E' il motivo più fondamentale: eL'uso di strumenti ma­teriali fu concesso a Israele da Dio a titolo pedagogico, per aiutare il loro senso religioso ancora carnale, esattamente come per i sacri­tìci di animali ) (7), Cosi si esprime S. Giovanni Crisostomo: eGli strumenti gil furono lasciati per riguardo alla debolezza del loro spi­rito c perché erano appena usciti dal culto degli idoli. Come concesse sacrifici, così permise gli strumenti, condiscendendo alla loro de­bolezza ) (8),

E continuano i Padri: le esecuzioni strumentali a cui ci invitano i Salmi che continuiamo a cantare trovano in noi la loro piena verità non nella pratica musicale, ma in quella di una buona vita cristiana: la vera cetra è il Cristo; le sue corde le nostre membra; l'orchestra, la Chiesa, Mai. nel culto in spi rito e verità, la lode vocale e spirituale della parola di Dio potrà essere sostitu ita o soppiantata dal semplice suono di strumenti,

Dice lo Pscudo Giustino: «La parola di Dio, compresa, cantata

(5) Clr. J. GUINEAU, Q. C., p. 248.

(6) Clr. S. AOOSTINO, Ellarr. iII ps. ISO: PL 37, 1 96~- 1 966.

(7) Cfr, J. GELINEAU, o. C., p. 249. (8) Clr, S. GIOVANNI C III SOSTOMO, lu Psa/m;s, [49: PG 55, 494.

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c ascoltata ha la rorza di cacciare i demoni, procurando all'anima , grazie al canlO della Chiesa, la Grazia propria della Fede , (9). Esat­tamente il contrario di quanto pensavano i primitivi dunque: lo stru­mento non svolge un ruolo di ordine mitico o magico e più ancora lo strumento non può esprimere il dogma, «che solo parole intelligibili possono tradurre , (IO).

«Quando la civiltà pagana cede definitivamente il passo a quel­la cristiana, si spegne il suono dell'aulo delle clerc, c l'organo degli istrioni tacc , (II).

I Padri , dal canto loro, hanno lasciato il segno con i loro appassio­nati interventi. Vediamo così nascere le varie liturgie che, pur mo­strando la ricchezza dci modi di pregare della Chiesa, non conten­gono usi palesemente riecheggianti il prorano. In nessuna liturgia si trovano strumenti a dovizia e in alcune non vi si trovano affatto. Così:

i Bizantini non usano alcun strumento; gli Etiopi impiegano nel culto alcune percussioni, che servono a marcare il ritmo del canto; gli Armeni, i Maroniti e i Siri orientali usano sistri, campa­nelli e cimbali; anche in Occidente si fa uso di alcune percussioni: Amalario dice che è tradizione che i cantori si accompagnino tenendo nelle mani le castagnette (12). Non si parla di strumenti che accompagnino la melodia.

I ve ri strumenti concertanti appaiono decisamente soltanto intorno al sec. XIV ed è l'occidente latino che torna a introdurre nel culto, come nell'Antico Testamento, e più di allora, gli strumenti, anche se diversi da quelli anticamente usati e cioè: corgani, vielJe, ribeche, rotte, arpe, guiterne, liuti, sa1teri, nauti, cornamuse, pive, cornetti, che ora suppliscono o raddoppiano le voci nella polifon ia, ora accompa­gnano processioni in cui spesso figurano danze clericali o popolari :. (13).

(L'intrusione della danza nelle cerimonie si deduce dai numeros i testi concil iari che la vietano (14). Si noti soprattutto come alcuni te­sti parlino di ccontam inazion i pagane :. ). Si era fatto un passo indie­tro? Una cosa è certa: già dal sec. V III ci si era mess i sulla china della

(9) CI, . PSIlUIlO GIUS1H;O. QI/lln l. mi Orl/lOd. 107 : PC 6. 1353-1355. (I O) CI,. E. K.essMANN, D e III ml/siqm: r/'Iigieuse , p. 84. ( I I) CI'. J. GI!LlNEAU, Q. t .• p. 250. (12) CI'. n . GI!KOUl. Ll's n,ti de l'Eg/ise .. .• p. t 87-1118. (13) Clr. J. GIlLINEAU. Q. t .• p. 25 1. (14) Cf'. F. ROM ITA. Jus musiclle liwrgitll/'. p. 33 e s.s.

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GLI STRUM ENT I MUSICALI NELLE CELEDRAZIONI 14]

decadenza liturgica benché non fossero pochi i Papi e gli studiosi di cose sacre che si lamentavano. Le citazioni sarebbero moltissime ma ci porterebbero troppo lontano. Ricorderò qui soltanto una famosa penna, S. Tommaso d'Aquino che nella sua Somma mette in guardia sull'uso degli strumenti, in quanto «impressionano l'anima con emozioni gra­devoli, più che non fonnino in essa buone disposizioni interiori :.. (15).

Con il Rinascimento si assiste alla separazione tra musica vocale (polifonica e cappella) e musica strumentale . Ci si avvia verso ·le con­quiste della musica pura. La Chiesa si scuote e gradualmente cerca di risalire la china.

Il Concilio di Trento si preoccupa principalmente di denun­ciare gli abusi, ma è troppo impegnato per quanto riguarda le que­stioni dogmatiche per avere la possibilità di dilungarsi su!l'argomento musica sacra.

I richiami del Concil io e di molti Vescovi, in primis S. Carlo Borromeo, non impediscono all'ondata dello stile concertante baroc­co di invadere le chiese.

Nel 1749 finalmente appare l'Enciclica Annt/s qui, grandioso do­cumento di Benedetto XIV, di cui molta parte è dedicata ai problemi musicali. Mantenendosi in una posizione che penso si possa definire equilibrata, questo papa, dal fiuto liturgico, richiama bensì divieti tra­dizionali, ma basandosi su autorevoli giudizi di competenti e d i stu­diosi apre la strada agli strumenti nel culto, ponendo però delle chiare clausole:

1) anzitutto si reprimano gli abusi; in particolare ci si guardi bene dall' introdurre il genere teatrale e profano nel culto.

2) Si tengano presenti gli strumenti da ammette re e da esclu­dere (Benedetto XIV li enumera).

3) Si badi poi al principio secondo il quale «questi strumenti non avranno altro scopo che quello di aggiungere, in qualche modo, una certa forza alle parole che sono oggetto del canto, per cui il loro significato penetri sempre più nei presenti c così i fedeli siano spinti a dirigere la loro attenzione verso le cose spirituali :.. (16).

4) E' da condannare la pratica di far suonare strumenti senza interruzione o in modo tale che le voci e le parole vengano sopraffatte.

(15) Cfr. S. l)IOMAS, Summa rheologica, Ila. lI ac, q. 9[, 3. 2 ad 4. (16) Clr. 1. GI'.LINEAU , o. c .. p. 2S3 .

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5) Le esecuzioni puramente strumentali non sono accettabili se non durante i brevi spazi in cui l'ufficiatura lo permette, purché siano in uno stile grave.

Queste le mirabili leggi di Benedetto XIV, rimaste pUl"troppo let­tera morta.

Bisognava arrivare fino a S. Pjo X il quale, in termini nettamente rcstritlivi, tuonava con il famoso Mpr TLS del 1903. Ma anche queste .regolc ~ vengono O ignorate o male applicate. Ecco allora Pio XI tor­nare alla carica, con grande fermezza nella DCS: «Noi sentiamo qui il dovere di affermare che non è il canto con accompagnamento d i strumenlo, è la voce viva quella che deve risuonare nel tempio , (17).

Le acque sono smosse e si Si a risalendo la china. Pio XII, con i suoi molteplici documenti , chiarisce le fasi del­

la rinascita liturgica. Si hanno delle equilibrate decisioni che preludono decisamente a quelle attuali: viene tessuto l'elogio dell'organo, ma altri strumenti potranno entrare nel culto, a discrezione dell'Ordinario del luogo, purché siano usati a perfezione e abbiano il carattere sacro. Ricordiamo di passaggio la preferenza data agli archi, facendo pre­sente che Pio XII era personalmente un amatore di violino.

Questo breve excursus storico ci indica una prassi che potremmo dividere in alcuni punti:

I) I musicisti ranno parte della élite incaricata di magnificare Dio.

2) Gli strumenti appaiono in maggior copia dove il culto è espresso più con ambigue forme mitiche che cin spirito e verità:. .

3) Quando gli strumenti trionfano completamente la liturgia è mortificata.

4) Parecchi documenti suggeriscono criteri di soluzione basan­dosi sul c:giudizio ed uso comune:. . Dunque il giudizio e l'uso comune sono importanti per le d~isioni in materia.

5) Appare chiaro che oggi nel culto può essere aperta la porta ad alcuni strumenti per i quali fino ad ieri era chiusa e viceversa.

(17) Des 7.

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GLI STflllMENTI MUSIC"L1 NELLE CELEBR"ZIONI '45

II - L'ORGANO E L'USO DEGLI ALTRI STRUMENTI

Sulla scorta di queste conclusioni e tenendo presente quanto si dice nell'ultimo documento, possiamo dedurre:

La lode vocale è la sola essenriale al culto cristiano. Gli strumenti musicali potranno comunque cessere di grande uti­

lità» (IMS 62). Notare il nuovo modo di esprimersi e il soggetto: gli strumenti musicali in genere. La Chiesa Cattolica di oggi esprime in questi termini il suo pensiero, pur continuando a richiamare chi di dovere all'osservanza di alcune importanti norme, invalicabili. Ma an­che la lMS fa notare una predilezione della Chiesa. Anzitutto se vi può essere uno strumento da preferire, questo è l'organo a canne. Le ragioni portate sono le seguenti: è lo strumento tradizionale della Chiesa latina; il suo suono cè in grado di aggiungere notevole splen­dore alle cerimonie della Chiesa e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti ,. (IMS 62).

L'organo, che, a causa del suo uso profano, fu a lungo bandito dal culto, cha avuto il tempo,. dice il Reboud cdi rifarsi una verginità ... e di perfezionarsi tecnicamente ,. .

Anche qui ci si dovrebbe dilungare in un ex.cursus storico; ma la cosa, anche se indubbiamente interessante, non trova qui il suo luogo migliore. Constateremo solo che, praticamente, dal sec. XV è l'organo a sostenere la parte o di solista o di accompagnatore. L'or­gano e il suo uso, semplicemente accennato dal Concilio di Trento, è riconosciuto dal cerimoniale dei Vescovi, 'permesso' da Pio X, consi­derato 'strumento musicale tradizionale' della Chiesa da Pio XI, lodato da Pio XII , dal Concilio Vaticano Il e da questa Istruzione sulla Mu­sica Sacra che riprende l'art. 120 della Costituzione Liturgica se.

E' importante comunque notare che, in particolare nei documenti conciliari, non solo si rendono gli onori all'organo, ma si dice anche il motivo per cui lo si fa; infatti al suo suono, come detto nel ·testo citato per intero, sono riconosciuti due effetti: il festivo e il devozionale.

Occorre però tener presente che presso alcuni popoli questi effetti non si verificano e che d'altra parte non è bene imporre i pro­pri gusti ad altri popoli che non li condividerebbero. Questa situazione è tenuta presente dalla seconda parte dell'art. 62 e dall'art. 61, ossia: caltri strumenti si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso dell'Autorità Ecclesiastica competente, purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare , convengano aUa dignità

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"6 P. GIOVANN I MARIA ROS SI

dci luogo sacro e fa voriscano veramente l'edificazione dei fedeli ) (IMS 62). cL'adattamento della musica sacra nelle regioni che hanno una propria trad izione musicale, specialmente nelle Missioni , esige una particolare preparazione da parte dei periti : si tratta infatti di saper fonde re opportunamente il senso del sacro con lo spirito, le tradizioni c le espressioni caratteristiche di quei popoli . (lMS 61),

Mi si consenta però di tornare a parlare dell 'organo. Due importanti principi generali sono riaffcrmati dalla IMS :

a) gli organisti devono essere dei veri esperti nella tecnica del proprio strumento (IMS 67).

b) Gli organisti devono conoscere e penetrare «intimamente lo spirito della sacra liturgia in modo che, anche dovendo improvvi­sare, assicurino il decoro della sacra celebrazione, secondo la vera na­tura delle sue varie parti e favoriscano la partecipazione dei fedeli ,. (IMS 67).

ln Italia. questi due principi sono sempre rispettati? Sugge rirei alcune proposte concrete :

- L'organista dovrebbe essere in grado di svolgere il suo ruolo liturgico accanto a un'attività concertistica che gli consenta, attraverso i concerti spirituali, di far conoscere e gustare ai fedeli tanta musica strumentale solistica di ispirazione religiosa, che non può più trovar posto nel culto. Il suggerimento deriva dalla stessa Istruzione, che ne pa rla negli artI. 46 e 53.

- Per il servizio liturgico, l'organista deve essere soprattutto un buon improvvisatore. cNessun pezzo scritto,. dice Gelineau cpuò rivaleggiare in adattamento funz ionale con l'improvvisazione, quando questa si ispiri al canto eseguito, sgorghi dall'atto stesso della celebra­zione, ne esprima lo spirito, si inserisca int imamente nel suo svolgi­mento, si cali nelle sue esatte proporzioni. L'improvvisazione è l'arte per eccellenza, arte operativa dell'organista liturgico . (18) . A sua volta nota G. Litaizc enon è sempre utilizzabile durante le cerimonie la musica scritta: le dimensioni di un pezzo, il carattere troppo profano di un altro, proibiscono a volte tale uso; l'unità del contesto di un uf­ficio, poi, lo proibisce qu asi sempre . (19).

Pertanto, se all'abilità tecnica, l'organista unirà la conoscenza

(8) o. c .. p. 35 1. (19) Rappo" slir /"impro visalion Iilllrgiq,,~. = Zweitcr Internotionaler Kongrcs~

fil, Katholische Kirchenmusik. Wicn 1955, p. 241.

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GLI STRUM ENTI MUSICALI NELLE CE LEIIR AZ/ON I 147

perfetta della vera natura delle varie parti della celebrazione, si avrà finalmente un perfetto organista liturgico.

Mi pare di non esagerare affermando che un organista liturgico veramente prcparato è anche il miglior organista che ci si possa augu­rare di trovare. Esiste anche il problema finanziario, ma i responsabili dovrebbero rendersene conto e provvedere in merito adeguatamente.

Quanto agli altri strumenti, si deve notare che il testo della IMS, a differenza di altri testi pre-conciliari c in par·ticolare del MOlli pro­prio di S. Pio X e della MSD di Pio XII , è volutamente generico, per lasciare ampia libertà di scelta a seconda «dell'indole e delle tradi­zioni dei singoli popoli ~ (IMS 63) sotto la vigilanza dell'autorità co­stituita.

Restano comunque valide le clausole cspresse nella seconda parte dell'art. 62, dove si auspica, e non solo per le Missioni, una intelli­gente scelta da farsi in base alle varie azioni liturgiche e alle comunità nelle quali si opera.

Talvolta, infatti, anche nel nostro culto liturgico possono essere utili alcuni strumenti a percussione, di lieve entità, come il triangolo, ad es. per una recitazione ritmica salmodica in lingua moderna. Altri stru­menti potrebbero prestarsi per altri passi: ad es. gli ottoni si prestano molto bene ad accompagnare e commentare brani di sapore lirico o acclamante. La famiglia degli archi in genere penso sia preferibile riservarla per i pii esercizi o i concerti spirituali (è comunque una mia idea ... ), La produzione per questi strumenti è molto vasta; non resta che l'imbarazzo della scelta.

Il problema dell'uso è di fondamentale importanza, poiché anche l'organo, così elogiato, potrebbe dare risultati controproducenti e sa­rebbe assolutamente sconsigliato qualora ad es. suonasse talmente forte da coprire le voci, o intonasse ritmi ossessivi, oppure fosse toccato da una mano maldestra.

Concludendo: l'ultimo importante documento sulla musica sa­cra è dunque esplicito nel segnare una via precisa.

Almeno per quanto riguarda gli strumenti, specifica molte cose che la Costituzione conciliare sulla Liturgia non aveva detto. Ma la cosa più importante da tene r presente è questa:

Ogni strumento può essere urne, ma 11011 è indispensabile alla celebrazione cultuale.

La Chiesa desidera che ogni musicista ricordi che la sua arte è in secondo piano rispetto alla preghiera cantata. Egli qu indi dovrà fa-

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varice e sostenere questa e soltanto in caso eccezionale supplire ad essa. Occorre infine ricordare che se la Chiesa non tollera abusi ed è pronta a denunciarli appeoa ne viene a conoscenza, noo tollera nem­meno le ccritiche ritardatarie , (20); è necessario quindi che ognuno si allinei sulle posizioni indicate, poiché la Chiesa non respinge i mu­sicisti, ma vuoi far 51 che ogn i azione si svolga alla luce dei principi enunciati.

(20) Clr. PAOLO VI, Discorso tU p tlr ltdPQllli al Com't'l'11o Arrt II! Li/urlin, in L'OJJt rvQ/Of l!! R omQllO, S &ennaio 1967.

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I COMPITI MUSICALI DEI DIVERSI PARTECIPANTI ALL'AZIONE LITURGICA,

ministri, salmista, schola, fedeli.

DON LUCIANO BoftELLO

Introduzione

Dopo il capitolo sulle eNorme generali . l'Istruzione sulla mu­sica nella liturgia tratta dc cl vari partecipanti alle celebrazioni litur­giche, (capo II).

La successione degli argomenti segue una logica rigorosa; non soltanto perché scende dal generale al particolare, ma soprattutto perché non perde mai di vista il vero punlo focale di tutta la tratta­zione: la natura propria e le esigenze delle azioni liturgiche.

Molto felicemente è slato osservato che in questo documento esi parla, 51, di musica sacra, intendendo i repertori concreti (/MS 4a, b) ; ma questi sono materia remota, che solo qua e là affiora -alla luce dell'esame diretto. L'oggetto generale c preciso del discorso sono invece le richieste e le proposte della liturgia alla musica. (I) .

I - STRUlTURA DELL'ASSEMBLEA LITURGICA

Dopo avere affermato in modo chiaro ed incquivocabile che il canto è l'espressione privilegiata della partecipazione attiva della assemblea all'azione sacra (IMS 5) l'Istruzione si preoccupa di spc~

(1) Clr. l'articolo di G. STEP.o.NI, I pr illcipi d~lI'llIflI;:iOI!~ l"lIo ",mica ,~1I0 UIUrtla, in : Ri " illo d i pDJIO,Q/~ !i/N,ticQ, 22 (1 967) 249-259.

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". 001'1 LUC IANO DORElLO

cifica re ocne il senso del suo discorso, partendo proprio dalla natura stessa dell'assemblea liturgica _popolo santo radunato c ordinato sotto la guid a dci vescovo o dcI sacerdote . (/MS 13).

L'assemblea non è un insieme amorfo di persone, bensì un corpo organico in cui ogni membro ha una sua funzione ben distinta da svolgere.

Proprio perché l'asse mblea è l'immagine visibile c concreta della Chiesa, le sue azioni capparte ngono all'intero corpo della Chiesa, lo m::mi feslano c lo impl icano Jo (2), ma per la stessa ragione . i singoli membri vi sono interessati in modo diverso, a seconda della diversità degli stati, degli uffici e dell'attuale partecipazione. (2).

E' il principio della struttura gerarchizzala dell'assemblea litur­gica che trova la sua logica conclusione neU'articolo 28 della Costi­tuzione: . AlIe celebrazioni litu rgiche, ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio, si limiti a compjere tutto e sol­tanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza, . L' Istruzione sulla musica sacra nella liturgia, parte appun to da questi principi fondamentali e li applica all'argomento che sta trattando: il canto e la musica assolveranno pienamente la loro funzione di favo rire e animare la partecipazione attiva dell'as­semblea, non quando la chiameranno in causa in qualche modo, ma soltanto quando ogni membro dell 'assemblea . compie tutto e sol­tanto ciò che è di sua competcnzu, nei modi c nei tempi dovuti.

Il documento che stiamo analizzando non offre una trattazione organ ica e completa. In coerenza con la final ità pastorale (3) esso si ,limita ad elencare i princip .. li attori della celebrazione ·liturgica (sacerdote e suoi ministri, ministran ti . lettore, commentatore, schola) per ognuno dci quali offre successivamente ri fl essio ni c norme di azione (IMS 13 ss.).

Pe r ai utare la comprensione di quanto viene detto nel docu­mento, crediamo utile premette re alcune considerazioni sulla strut­tura generale dell'assemblea in ordi ne ai diversi membri che la com­pongono (4).

(2) se 26. (3) Sul carauere paslurale dcll"lslru r.ionc si veda quanlo dice O. Sn:F.o.NJ nel­

rarlicolo citalo, cd il Commenlo di D. L. IJORll1..J.o al proemio contenuto ncl libro Mmica saera e ovolle poslOmle, LOC. Torino _ Leurnann 1967.

(4) Questa divisione schematica ~ presa dalla relazione d i M . MANUNo; I db·ersi aflori del COllIo lilurrico C i r ilpelli.·; ruoli. contenuta in La ",","S;(Q "cl r; ,,,,om_ melllo 1i/J/f1;!ko, LOC. Torino · Lcurnarm 1966, pp. 6S·89.

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T CO MPITI M US IC,\. LI D[I PMITEC I P ,\.NTI ,\. LL·,\.Z. LlTURGlC,\. 1 5 1

Come immagine visibile della ceccJesia. , l'assemblea si mani­festa come cpopolo santo radunato e ordi nato sollo la guida dci vescovi. (5) .

Come espressione del Corpo Mist ico, essa si presenta ancora come composta di un capo e delle membra. Un capo che presiede, coordina c d irige i movimen ti. c delle membra vive che si esprimono ciascuno con le proprie funzioni specifiche. Celebrantc e fedcli (capo c membra) sono dunque i due poli personali di una stessa realtà ehe è l'assemblea. A questi due poli pe rsonali corrispondono nel tempio materiale due spazi distinti, anche se uniti tra di loro: il presbiterio e la navata. Volendo presentare un quadro dei diversi attori situ ati in questi due spazi, possiamo esprimerci così:

I. Gli attori situati nel presbiterio: a) Il celebrante b) i ministri (diacono, lettori , salmista).

2. Gli attori situati nella IUlvata : a) Il popolo; b) il coro (o schola can torum) ; c) l'organista (c altri strumentisti).

Prima di vedere in concreto i compiti che spettano ad ogni attore dell a celebrazione, non sarà inutile ricordare alcuni principi fondamentali che reggono tutta l'azione pastorale.

a) Anzitutto va ricordato che una assemblea è tanto più viva e più sviluppata, quanto più è articolata e differenziata in ministeri distinti. Mentre è tanto più elementare ed imperfetta, qua nto più i diversi uffici vengono assolti dalle stesse persone in modo indebito.

b) La tradizione (non ce rtamente sment ita dalla riforma li­turgica) vuole che la forma più intensa di partecipazione attiva alla li turgia, sia quella cantata. A patto, pe rò, che tale celebrazione sia veramente espressione della partecipazione di tutta l'assemblea, se­condo i compiti specifici di ognuno, senza confusione c senza livella­menti (6).

Ciò premesso, ecco alcune norme pratiche per ]":lzione pasto­rale (7).

(5) se 26. (6) se 28. (1) L'ordine della nostra traUnione non ~Ill,le "altamente q l.JC: !lo della Istrl,l-

7jone. Ma ci sembra p iù loSico e più pralko scostare; leggermente dal I"to :l'er ave re una visione di insieme più OrI3n1ea.

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152 DON LUCIANO BORELLO

Il NORME PRATICHE PER L'AZIONE PASTORALE

L Il dialogo tra presbiterio e navata. E' la prima cosa che bisogna sottolineare in una celebrazione

liturgica, poiché essa si presenta come dialogo tra 'la parola di Dio proclamata e la risposta dei fedeli che si esprime nella fede, nella ·Iode e nell'azione di grazie.

Al saluto del celebrante e dei ministri, i fedeli sono chiamati a rispondere: 'E con il tuo spirito', 'Gloria a te, o Signore', 'Signore, pietà'.

Oppure sono invitati a proseguire l'inno di lode con l'accla­mazione , Santo, Santo, Santo il Signore" o a rispondere alle inten­zioni di preghiera dell'oratio fìdelium, con il , Noi ti preghiamo, ascoltaci Signore" o ancora a proseguire le invocazioni all'Agnello di Dio.

Ora possiamo fare due osservazioni che ci torneranno molto utili per la pratica pastorale.

a) Anzitutto notiamo che la ricchezza ed il dinamismo della celebrazione stanno proprio in questo carattere , dialogico , dell'azione sacra. Le continue ,botte e risposte , . i dialoghi, i saluti tra attori diversi, imprimono all'azione sacra un dinamismo considerevole, tolto il quale la celebrazione si appiattisce.

b) In secondo luogo notiamo che questi dialoghi tra .presbi­terio e navata. possono essere anche soltanto , detti , . Ma è certo che la natura stessa delle acclamazioni e dei saluti esige una esecu­zione che il ' parlato) rende solo molto debolmente. Soltanto un dia­logo ,gridato ) (come un autentico sCambio di saluto tra un capo ed una folla) può esprimere l'atmosfera di entusiasmo che avvolge la comunità cristiana ' sacramento di unità:..

Con ciò non si vuole affatto escludere la legittimità del dialogo parlato nella liturgia: esso può essere di grande utilità nelle piccole comunità, o anche come tappa di progressivo avvicinamento dei fe­deli alla forma di partecipazione più piena, che rimane appunto quella cantata.

Ecco perché l'Istruzione sulla musica nella liturgia raccomanda che , la partecipazione attiva di tutto il popolo che si manifesta con il canto ... comprenda prima di tutto le acclamazioni, le risposte ai saluti del sacerdote e dei ministri e aUe preghiere litaniche , (IMS 16a). Non soltanto perché è la cosa più semplice da ottenere, ma soprat-

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I COMP ITI MUS ICAl.! DEI PARTEClrANTI ALL'AL LI TU RGICA 153

tutto perché è la cosa piil importante per l'autenticità di una celebra­zione comunitaria.

2. Il celebrante (presidente dell'assemblea). Come capo visibile della cChiesa locale», il celebrante (sia esso

vescovo o semplice sacerdote) agisce cin persona Christi» (lMS 14) e perciò presiede a tutta l'azione liturgica, invitando alla preghiera, chiamando all'azione di grazie, elevando h preghiera a nome di tutta -la Chiesa. Tutta l'azione liturgica fa capo ·a lui, non nel senso che ne sia l'unico aUore, ma nel senso che ne dirige c ne regola lo svolgimento.

Se così stanno le cose, c'è da chiederci se non sia per lo meno un controsenso I"uso che si sIa diffondendo: celebrazioni in cui ab­bondano i canti dei fedeli e della schola , ma è assente il canto del celebrante. 11 controse nso sta nel fatto che alla celebrazione manca l'apporto decisivo proprio del suo presidente, che invece dovrebbe esserne il principale animatore, anche per mezzo del canto.

Naturalmente possono essere contemplate le eccezioni, come il caso del celebrante stonato, o comunque poco esercitato nel canto. Di fatto la presente Istruzione ha tenuto in debito conto queste ine­vitabili deficienze pratiche, permettendo al celebrante di leggere le parti che cnon è capace di eseguire convenientemente con il canto> (/MS 8).

Ma l'ideale rimane sempre quello che il celebrante canti tutte le parti che gli spettano, o almeno le più importan ti come sono i saluti e le acclamazioni. Tanto più che, nel caso del celebrante, non si deve trattare di un canto nel senso moderno della parola, ma piut­tosto di facili modulazioni che conferiscano solennità e autenticità alla parola (specialmente nel caso dei saluti).

li che vuoi dire che anche una persona non particolarmente do­tata musicalmente, può eseguirli con sufficiente dignità.

3. I ministri sono i diretti aiu tanti del celebrante, che con lui agiscono nel presbiterio. Sono principalmente: il diacono, il lettore e il salmista.

a) /I diacono non è soltanto l'aiutante del vescovo (e dci sa­cerdote) nel maneggio delle cose sacre, ma ha anche il compito di dirigere la partecipazione del popolo per mezzo di opportune moni­rioni, di proporre ai fedel i le intenzion i di preghiera, di proclamare il vangelo, e di ricordargli gli atteggiamenti da assumere nei vari mo-

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'54 OON LUC IANO 1I000ELLO

menli della celebrazione . Praticamente, nel rito latino. il diacono ha il compito di:

proclamare il vangelo; proporre le intenzioni della preghiera unive rsale; eseguire le momZlOni: cProced amus in pace, fl eclamus genua, Levate, Lumen Christi, Ite missa est . ; cantare !'exllftet nella veglia pasquale.

Lasciando da pa rte il problema del vangelo (di cui si dirà qual­cosa parlando del lettore) c dell'exultet (che di sua natura è un pel20 lirico che esige un canto ornato) possiamo dire che gli in te rventi del diacono non pongono problemi speciali riguardo alla loro esecuzione cantata. Più che di veri cani i, si tratta di crecitativi modulati . che hanno lo scopo di calza re il lana. della celebrazione, avvicinandosi al «grido . e alla «acclamazione , (8).

Dal punto di vista pastorale ci sarebbe da dire una parola suHe melodie per il celebrante (e per i ministri) approvate cad inte rim , dalla CEI per le messe cantate in italiano. Limitandoci alle sole me­locHe per i saluti, i d ialoghi e le acclamazioni , si deve ricordare quello che abbiamo ripetuto più volte; più che di canto nel senso moderno della parola, s i tratta di semplici modulazioni che vogliono dare risalto alla parola e conferirle solennità. Perciò non vanno giu­dicate con un metro strettamente musicale, bensì inseri te nel vivo di una cclebrazione come elemento di autenticità.

E l'esperienza dice che il risultato di un saluto o di una moni­zione ccantati , è infinitamente più autentico di qualunque creci­tazione, .

b) Il lettore è il mmlstro deputato alla lettura degli scritti del Vecchio Testamento, o del Nuovo Testamento (escluso il Van­gelo). Il fatto che parliamo di ele ttore , può far credere che il pro­blema sia già risolto : le letture (sembra ovvio) si -leggono e non si cantano. T anto più che la natura cdidattica , della liturgia della Pa­rola, sembra escludere il eanto come qualcosa di superfluo e di in­gombrante. Per questo, molti scartano ca priori, la opportunità di ccantare le letture" giudicando sufficiente e migliore una buona de­clamazione.

(8) Slil problema del valore di Questo tipo di ce:tnto. (dlc più propr iamente si dovrebbe chiamare ..lettura modulata. o . cantilla7.ione.) si veda lo studio d i L AUGUSTONI, Lo CQn/mllzjone d~lI~ I~Wlr~ ~ d~lI~ p r~g!Jiu" m·1I11 IItl'lsa, cont~nulO in La M usica IIt-l r;n"o,'lImtnlo IIIUrlliro, LO<:, Torino - Lcumarlll 1961, pp, 91-125,

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I CQ,\IP ITI MUS1C ,\LI DEI P"RTECII'''NTI "LI .. ''':'':. Ll TU RGIC" l SS

Pcrsonalmente sarei meno categorico, poiché il problema si prc­senta molto più complesso di quanto sembri a prima vista.

Anzitutto non è vero che ·la parola d i Dio nella celebrazlone liturgica abbia unicamente una funzione didattica: essa è -anche an­nuncio festoso, _proclamazione di un evento (si pensi alle letture delle Messe di Natale, di Pasqua, di PeTI-tecoste ecc ... ). Per cui il suono musicale rende la parola più solenne e più efficace, sottraendola allo stile familiare della conversazione quotidiana.

ID secondo luogo, in una messa -tutta cantata, il passaggio alla semplice :lettura, procura una evidente «caduta stilistica> di tutta la celebrazione.

Infine si fa notare che dalla nostra cultura è praticamente scom­parso l'uso vivo di una parola sole nne, poetica o sacra, che arrivi spontaneamente al ritmo-melodismo di una «cantillazione > (cioè di una lettura modulata come è il «canto delle letture» . Ciò sarebbe decisivo nell 'escl udere il canto delle lellure. Ma io mi permetto ancora di richiamare l'attenzione su di un fatto sintomatico: nella canzone moderna si sta riscoprendo il valore di un «dire qualcosa cantando> che deve renderci guardinghi prima di escludere «a priori> la possibilità di utilizzarli nella liturgia (9). In pratica, pur non esclu­dendo una normale declamazione delle letture, come soluzione nor­male per le celebrazioni feriali (o per brani particolarmente «didat­tici» si invitano i sacerdoti a non scartare «a ,priori> la possibilità di cantare alcuni dei brani più lirici. specialmente nel contesto di alcune solennità maggiori (IO).

c) Il safmista è uno specialista della recitazione dei salmi c quindi è in relazione molto più diretta con la musica.

Purtroppo nell'uso corrente, è una persona del tutto sconosciuta, ma ci possiamo augurare che la sua funzione venga rivalutata.

Egli svolge il suo ruolo soprattutto durante la liturgia della Parola, sia nella Messa, che nelle Veglie c nelle altre celebrazioni. 11 suo .compito è quello di proclamare il salmo responsoriale che segue una lettura, per aiutare i fedeli ad approfondire ed assimilare il

(9) Mi riferisco soprnuulIO a i recilativi di J, RHu., di A. CF.LENHNO. Ina non escludo 31lre forme meno accenmale.

(lO) Per una trallll:r.ione più organica c piu approfondila di 1Ulle le varie forme di espressione vocale nella llmrsia, si veda il libro d i G. STF.FANI. L'<,spressi,,",' l'om/e e musica/" m'Ila LilUrtia. LDC. Torino· Leumann 1967.

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messaggio di Dio, rispondcndovi con la propria adesione di fede (11). Si comprende qu indi perché molti liturgisti siano rimasti delusi

dal ratto che la nuova Istruzione sulla musica -nella liturgia non no­mini mai espressamente il salmisla tra gli attori di una celebrazione, mentre nomina ripetutamcnte altri aUori molto meno interessati al canto, come possono essere i ministranti e il commentatore (lMS 13 ; 26).

Ma io penso che tale omissione non sia affatto un misconosci­mento del suo diritto di cittadinanza, quanto piuttosto un modo ele­gante per eludere un problema complesso e forse non ancora maturo per una soluzione accettabile da tutti (12). Ma da tutto il ccntesto del documento (specialmente da quanto si dirà nei nn. 31 c 33) mi sembra che siano poste le premesse più che sufficienti per dedurne la piena legittimità di esistenza.

Del resto non dimentichiamo che il carattere pastorale del do­cumento può spiegare questa ed altre incompletezze, dovute non certo a dimenticanza, ma a motivi pratici non sempre identificabili.

Così, ad esempio, le stesse funzioni del celebrante e dei ministri (da noi ampiamente illustrate) vengono appena accennate da questo secondo capitolo della Istruzione. Ma è cerio che tutto il documento si muove in questa visione d'insieme, dalla quale traggono ispirazione c fondam ento tutte le norme pratiche che seguiranno.

4. I fedeli sono elemenlo costitutivo dell'assemblea liturgica: le voci che riempiono la navata esprimono in modo tangibile, il ca­rattere comunitario della Chiesa.

Bisogna quindi che in ogni azione liturgica i fedeli lamino a svolgere quel ruolo che a ·Ioro compete come attori della celebra­zione! Quindi lo sforzo che oggi si compie per riportare il popolo a cantare è pienamente legittimo. Ma si deve riconoscere che non sem­pre tale azione pastorale è sufficientemente illuminata. Portare i fedeli

(II) Sulla natura e la funzione specifica del salmo nella liturgia della Parola, si veda lo studio di L. BoRELLO, contenuto nel libro La Parola di Dio "l'Ila comunità cris/iana, ed. Queriniana, Il problema del s~lmista (come attore della celebrazione) è affrontato da J. GEUNEAU, Sa/madia e COnii proce., ... 'ona/i, nel libro dtato La mu_ sica nel rinttOVallltlllO IilUrgico, LDC. Torino - Leumann 19M, pp. 145-168.

(12) Per esempio non tutti sono d'accordo di affidare l'esecuzione del sa lmo responsoriale ad un ministro del presbiterio; alcuni vorrebhero affid~ rlo a tutta la schola o ad un solista dello schola. La soluzione del problemu dipende d3 molti elementi liturgici e pratici, Per questo l'Istruzione lascia le porte 3perte a tutte le soluzioni.

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a cantare, non vuole affatto di re farH can tare se mpre c tutto. Si tratta invece di portarli progressivamente a cantare le sole parti di loro spettanza. Per questo l'Istruzione tratta ampi.amente l'argomento della partecipazione dei fedeli all'azione liturgica (IMS 15-18) specifican­dane l'importanza e le modalità concrele.

Ora la prima specificazione può addirittura sorprendere: «La partecipazione attiva dej fedeli deve essere prima di tutto inte rna" (IMS 15 a).

La sorpresa può derivare dal fatto che trattandosi di una Istru­zione sulla musica, ci saremmo aspettati una vigorosa (se non esclu­siva) insistenza nella partecipazione attiva esterna. Di fatto l'insi­stenza ci sarà e sufficientemente marcata. Ma l' indole pastorale del documento non poteva dimenticare che la partecipazione attiva esterna, non è fine a se stessa, bensì ordinata alla edificazione spiritua1e.

Di qui la raccomandazione che i fedeli c:conformino la loro mente alle parole che pronunciano o ascoltano e cooperino con la grazia divina. (IMS 15 a); d i qui l'invito di educare i fedeli ca sapere innal­zare la loro mente a Dio attraverso la partecipazione interiore, mentre ascoltano ciò che i ministri o la 'schola' cantano. (/MS 15 b); di qui, infine, il richiamo al esacro silenzio" che deve essere osservato «a tempo debito. (IMS 17). Insomma la partecipazione attiva dei fedeli non deve assolutamente significare vociferazi.one a tutti i costi. Si tratta invece di un dinamismo interiore che trova il suo nutrimento c la sua espressione sia nel silenzio e nell'ascolto, sia nell'atteggia­mento e nel canto comune.

Soltanto allora la 'partecipazione attiva esterna raggiunge il suo scopo ed ottiene anche la sua giusta misura, fuori di ogni imposizione o di ogni convenzionalismo.

Volendo riassumere, brevemente, i diversi modi e tempi in cui i fedeli sono chia mati in causa per il canto, potremmo dire che i fedeli:

a) rispondono al saluto del celebrante (E con il tuo spirito) ne ratificano la pregh iera (Amen) dialogano con lui (inizio del pre­razio) e si associano nella acclamazione conclusiva (Santo).

b) rispondono ai sal uti cd alle monizioni del diacono. Anche queste risposte spettano, di loro natura , a tutti i fedeli.

c) rispondono anche al canto dci leltore, eon le brevi accla­mazioni che seguono la proclamazione della Parola (Rendiamo grazie a Dio; Gloria a te, o Signore; Lode a te, o Cristo). Oppure ripetono il ritornello del salmo responsoriale cantato dal salmista ,

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'" OOS LUCIANO BORELLO

E' chiaro che questi interventi spettano a tutta l'assemblea, in quanto popolo di Dio, c quindi non possono essere eseguiti . per pro­cura :. dalla schola, o da un ristretto gruppo.

Ecco il motivo per cui la Costituzione liturgica attribuisce tanta importanza a queste acclamazioni e a queste risposte dei fedeli (13). L'Istruzione sulla musica sacra nella liturgia specifica appunto tale principio ricordando che il canto dci popolo ccomprcnda prima di tutto ·Ie acclamazioni, le risposte ai saluti dci sacerdote e dei ministri c alle preghiere Iilanichc, e inoltre le antifone c i salmi, i versetti intercalari o ritornell i:. (/MS 16 a).

E si noti che la primarictà di questi interventi è raccomandata non per il fatto che sono più sempl ici, ma bensì per il ralto che per loro natura le acclamazioni c le risposte ai saluti esigono che ven­gano cantate o «gridate ) da tulla l'assemblea.

d) Eseguono i canti che sono loro propri (lMS 16; 6). Quali siano i canti propri dei .fedeli, non è facile determinarlo. Dipende da fattori diversi , che di volta in volta occorre studiare. Per quanto si riferisce ai canti della Messa di remo qualcosa parlando del . Proprio ) e dell' . Ordinario) (lMS 33-36).

Per le altre azioni liturgiche ci si potrà regolare in parallelo con i principi che verranno esposti per la partecipazione attiva alla Messa. In genere si tratta di considerare la natura specifica di ogni canto, in relazione al dinamismo della celebrazione.

Ci sono dei canti che di loro natura esigono l'intervento di tutta l'assemblea, e degli altri che possono benissimo essere eseguiti dalla sola schola. La distribuzione non è facile, ma non deve essere nem­meno arbitraria.

Dopo aver elencato i vari compiti che spettano ai fedeli in or­dine alla loro paNecipazione attiva per mezzo del canto, l' Istruzione si sofferma su alcune indicazioni pratiche che riguardano soprattutto il lavoro pastorale della loro progressiva educazione.

L'argomento è di capitale importanza per una azione paslOrale efficace. Proprio per questo preferiamo rimandare la trattazione alla fine, quando si parlerà dei compiti delle Commiss ioni per la Musica sacra (14).

(13) SC 30. (14) eh. alte pp. 47 e 55. del presente volume la relnione di D. L BolEu.o, I

compili ddl" Commissiolli pe'r II' M ,,,ic;1J SocrQ.

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5, L'organista e gli altri strumentisti, Questo delicato argomento sarà trattato a parte (anche )' Istru­

zione si comporta cosi). Ma non sarà fuori luogo questo rapido accenno, se non altro

per mettere in rilievo due cose:

a) Anzitutto che sia l'organista, sia gli altri eventuali stru­mentisti, non sono estranci alla celebrazione, ma ne sono invece attori di ruolo, Si noti: non supplent i, non , mercenari:., non elemento decorativo, ma , veri attori :. . Il che vuoi dire che svolgono un ' munus ministeriale :. c che la loro partecipazione deve avere tuui i requisiti materiali (posizione) e spiritual i (disposizioni interiori) proprie del credenle che Ccmlpie un atto di culto (15).

b) In secondo luogo bisognerà tenere conto delle particolari esigenze derivanti dalla loro presenza nell'assemblea liturgica. Sarebbe davvero un grave errore pretendere da essi una prestazione limitata ai minimi termini, o comunque senza possibilità di espressione arti­stica adeguata. L'organista e gli altri strumentisti, devono essere prima di tutto dei credenti, ma non possono e non debbono rinunciare ad essere degli artisti. Quindi si deve trovare il posto adatto per una loro prestazione (anche ad alto livello) che si inserisca nel vivo della celebrazione (16).

6. La schola cantorum. Ne parliamo per ultimo, non perché la voglia mo svalutare, ma

proprio per metterne maggiormente in evidenza l'importanza con una trattazione più estesa.

(15) Tuttazioni esaurienti su queslo aJlIomento si possono trovare neUa rela. zione di R. REIIOU'D alla se tt imana di studio di Friburi o in, LA " "'$im lit i filmo· ,'amt llio lilufCico, o. c .. e commento alla is truzione M ,u !c:u $Ucru t u:Jo,/t' ptls/Oru/(' (rclazione di Wiesl1),

(I6) E' un fa tto innc; abile che la riforma liturgica ha tollo agli strumcntist; (specie all'organista) quas i tutte le pos, ibilitl di in te rventi .solis ti_. Quasi sempre sono chiamati soltanto ad accompagnare il cunto, Si dovranno trovare soluu oni che ~rmeUano loro di esprimcDi anche attravcrso . suonate_ dì un ccrto impegno. Ma bisoana che queste si inseriscano nel vivo dclla celebrazione, come parli integranti. e non sovrapponcndosi in modo indcbito ad altre parti, Le ~lebu1joni dci prote· s tanti, ad esempio, contemplano b suonata d 'orllano come vcro pcuo c05titutivo dell'azione sacra. L' asstnlblea neolta la suona tP che aiuta la meditauone del13 Pa· rola e favoriscc la prcShic ra,

Non essendo possibile. ol:&i, tale soluzione, si pol rl introdurre questO uo;o nelle celebrazioni della Parola, nei pii esercizi e nei concert i spiritua li.

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a) Sua importonza. La prima cosa da fare ci sembra proprio quella di sgombrare il

terreno da ogni equivoco. Ci sono ancora troppi che credono che la riforma liturgica in atto voglia disfarsi delle c$cholac cantorum:. . Niente di più erralo, anche se troppe volte una affrettata applicazione della riforma può avere contribuito ad avallare tale sospetto.

Ma se troppe cscholae ca ntorum ~ si sono sciolte e se altre vivono nella paura di essere spazzate via da un momento a11 'altro, ciò non è causa della rifanna, ma bensì di una poco illuminala messa in opera della medesima (17) .

Ben lungi dal valeria eliminare e declassare, la riforma liturgica considera la «schola cantorum:. come uno degli attori necessari alla solennità della celebrazione.

L'articolo 29 della se non lascia dubbi in proposito : la cschola can-torum, è espressamente annoverata tra gli attori della celebrazione perché svolge cun vero ministero liturgico, .

E ,la Istruzione afferma giustamente che ca seguito delJe norme conciliari riguardanti la riforma liturgica il suo compito è divenuto ancora più importante, (IMS 19).

Perché mai? Proprio perché la riforma liturgica attribuisce alla cscholu un compito determinante nel dinamismo della celebrazione solenne, che ridiventa modello e norma ideale di tulte le celebrazioni (IMS 5).

Nessuno si illuda: senza la presenza di una efficiente cschola cantorum" non si raggiungerà mai la pienezza della celebrazione li­turgica voluta dal Concilio.

Per questo l'Istruzione raccomanda di promuoverle con cura, non solo nelle cattedrali c nelle chiese maggiori, ma anche nelle chiese minori (/MS 19).

h) Il suo compito.

Ma forse i timori provengono da un'altra ragione: il ridimen­sionamento della sua funzione. Effettivamente la riforma liturgica appoggia e valorizza la cschola cantorum" ma non come fine a se stessa, bensì come elemento inserito vitalmente nel dinamismo di tutta la celebrazione. Un complesso di ragioni storiche ha portato gradata-

(17) Altri fattori d i ques ta decadenza della schola sono :m. 1iU 3t; molto btne da H. HUCltB nella sua reluione, 11 'mumu m;niste,ia/e' del/a musica "1'/ culto n i­II /ano, in : La M usica 111'1 R innol'Dmenlo L IIII't:ico , o. c ., pp. 45·64.

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I COMPITI MUSICALI DEI PARTECIPA .... TI ALL'AZ. LI TURGICA 161

mente i cantori a sostituirsi quasi del tutto al canto dei fedeli . Ciò fa parte di quel generale processo di involuzione che ha

impoverito la liturgia livellandone l'articolazione differenziata, con sostituzioni e attribuzioni indebite. La riforma liturgica vuole rimet­tere le cose a posto dando ad ognuno la parte che gli spetta.

Qu indi anche le cscholae cantorum:. dovranno entrare nello spi­rito nuovo dell'azione liturgica, convinte di non essere per nulla morti­ficate nella loro run zione, anche se in diversi casi si chiede loro di restitui re al resto della navata o a tutta l'assemblea parti che indebita­mente si è appropriate. Ma tutto ciò, lungi dal mortificarle, dà loro maggiore evidenza e maggiore importanza, poiché le sottrae a quella splendida solitudine nella quale furono imprigionate da preoccupa­zioni soltanto concertistiche. La riforma liturgica le vuole invece ri­portare nel vivo dell'azione sacra, come parte integrante dell'assem­blea, con un ruolo più autentico che imprima dinamismo e verità a !Utta la celebrazione.

Tutto ciò che l'Istruzione dice nei riguardi della cschola canto­rum:. deriva proprio da questa sua rivalutazione nell'ambito della ce­lebrazione liturgica.

Erhard Quack (maestro di cappella del duomo di Spira) così rias­sume la funzione concreta che la schola deve assumere nel dinamismo di una funzione liturgica (18).

1. Guida e sostegno nel canto di tutta fa comunità. cQuesto vale per le parti in cui devono rispondere al celebrante, al diacono, al salmista o a qualche altra guida del canto, con acclamazioni, ritor­nelli al salmo graduale, preghiere di intercessione e litanie :. .

2. Alternarsi con il popolo, in alcune parti, secondo le pre­scrizioni liturgiche. Così in alcuni pezzi dell'Ordinario della Messa, nei salmi, negli inni e nelle ore (Vespri e Compieta).

3. cEseguire da solo le parti che risultano troppo difficili per il popolo. (19). Naturalmente, questo diverso genere di intervento della schola non può essere arbitrario, ma deve conformarsi alla na-

(1 8) 11 molo del co ro e 1'1<50 della PQUm~lodia. in: La MI.sica itri RimlO\'(l­me/110 LilllrS[iCQ, O. C .• pp. 201-223.

(1 9) QlIcstO PliniO è sviluppato molto berlc da D. STEfA Nl nel libro Musica sacra e azione paslorale . LDC. Torino· Leumann.

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tura specifica dei singoli pezzi (come specifica l'istruzione trattando del canto nelle diverse azioni liturgiche) .

Visto così, il ruolo del coro è una partedpazione alla corrente vitale che unisce a vicenda il capo e i membri dell'assemblea dei te· deli... Questo servizio è l'obbligo principale del coro, qualunque ne sia la costituzione e il nome: sia esso, cioè, una schola messa insieme per l'occasione o una cantoria ben formata. (20).

c) Composizione e posizione.

Proprio perché la schola cantorurn fa parte della navata (cioè è composta da fedeli scelti):

può essere formata da fedeli di tutte le età e condizione (comprese le donne!) (/MS 22); deve essere collocata in modo che .. appaia chiaro che essa fa parte dell'assemblea dei fedeli; sia facilitata l'esecuzione del suo ministero liturgico; sia assicurata a ciascuno dei mem­bri la comodità di partecipazione alla Messa nel modo più pieno, cioè attraverso la partecipazione sacramentale (IMS 23).

Quale sia questo posto conveniente, non è detto. Si specifica sol­tanto che non deve stare in presbiterio quando comprende anche donne.

Personalmente penso che il presbiterio non sia il luogo più adatto per la schola, in nessun caso. Infatti i cantori fanno parte della navata e non del presbiterio, che deve essere occupato unicamente dal cele­brante e dai suoi più diretti collaboratori (ministri, ministranti, com­mentatore, ecc.).

Una soluzione adeguata alle vere esigenze liturgiche che hanno ispirato le norme fi ssate nel documento deve tenere conto di due cose:

a) La schola deve essere udita chiaramente da tutta l'assem­blea, quando esegue le parti che le sono proprie e deve potere aiutare il canto de i fedeli, quando è chiamata a cantare con loro o ad alter­narsi con essi. E' quindi, anzitutto, un problema di acustica.

b) Ma è anche un problema rituale di importanza ancora maggiore. La schola fa parte dcII a assemblea e svolge un vero ministero liturgico: tutti i cantori devono potersi accostare alla comunione as-

(20) E. QUACK, relazione citata nella nota 18.

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sieme ai fedeli; tutti devono vedere, ascoltare e prendere parte alla azione liturgica. Qualche volta uno dei cantori deve potere accede re facilmente all'ambone per il canto del salmo responsoriale o delle intenzioni di preghiera (21). Infine è bene che il maestro del coro possa guidare anche il canto del popolo.

Ora tutto ciò esige: che si eviti d i relegare la schola su una tribuna in fondo alla chiesa o a lato del presbiterio in luogo sopraelevato c quasi staccato dalla navata; nemmeno l'abside sembra un luogo indicato, poiché la separa troppo dai fedeli; il posto ideale sembra essere in testa alla navata , davanti ai fedeli, o anche a lato del presbiterio.

Tale posizione sembra più indicata per le piccole chiese, neUe quali la schola è formata da un gruppo di fedeli che sostengono il canto della massa o si alternano con essa.

Nel caso di una corale polifonica più qualificata, si rende neces­saria una posizione laterale (cappella o transetto) con un palco o una tribuna che la ponga in leggero rilievo. Ma si deve escludere ogni ap­parenza di esibizione teatrale: i cantori sono fedeli che partecipano attivamente all'azione liturgica. In ogni caso, però, non ci possono essere soluzioni uniche e prefabbricate. Di volta in volta si dovrà stu­diare la soluzione più rispondente alle leggi liturgiche ed alle esigenze liturgiche della chiesa.

d) La sua formazione.

Un maestro di musica , commentando le norme della presente Istruzione, scrisse felicemente: «noi, maestri di coro, siamo invitati decisamente a un cambiamento della nostra prospettiva. La nuova visuale differisce nettamente da quella che era comune e pacifica fino a pochi anni fa c che lo stesso movimento cecilia no aveva finito per favorire » (22).

Mi sembra che sia appunto questo cambio di mental ità una del­le cose più urgenti da operare in noi e nei can tori che fanno parte dell a sehola. Infatti è immagi nabile che il disagio di rronte al nuovo indirizzo ehe prescrive la riforma non è soltanto dei maestri di musica, ma anche dei cantori.

(21) [CE 36. (22) Anicolo di O. ST(F4NJ, i>t MU5ica s"cra e ,,~i()lIe l'aSiorale, o. c. p:tg. 62.

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Troppe volle sì sc olOno mortificati nella loro runzione, declassa­ti rispetto all'antica posizione di rilievo. Eppure l' Istruzione ricorda che il loro ufficio non è per nulla sminu ito, anzi è valorizzato ancora di più.

Rimandando all'altra relazione lutti i pro biomi che riguardano più direttamente la formazione spirituale (liturgica soprattutto) c te­cnica della scbola (senza di cui tale rinnovamento di mentalità non sarà possibile) mi permetto di fare alcune considerazioni in proposi to.

- Anzitutto dobbiamo ricordare che la schola deve avere la sua funzione ed il suo risalto, pe na il fall imen to di una autentica celebra­zione solenne.

- Il fatto che i fedeli non facevano nulla, non deve assoluta­mente far crede re che oggi debbano fare tutto: si tralla di una gi usta distribuzione di compiti, senza con fusione e senza livellamento.

- La paura che il canto dei fedeli sminu isca l'importanza della schola è dci tutto j.ngiustificato. A parte il fatto che le nazioni che vantano le migliori e più efficienti escholae cantorum:t sono proprio quelle che hanno una più massiccia partecipazione dei fedeli al canto, rimane incontestabile che appena i fedeli cominciano a cantare un po' decorosamente, si sente impellente il bisogno di progredire in bellezza e in pienezza attraverso l'apporto della schola.

- Il disagio che si prova è quasi sempre dovuto al fatto che si tratta di trovare nuovi mezzi di espressione. Abituati come eravamo a considerare patrimonio esclusivo della schola alcuni pezzi delle azioni liturgiche (es. Ordinario della Messa) ci sembra che tutto croll i quando alcuni di essi (non per capriccio, ma per esigenza di autenticità) ven· gana loro sottratti. Ma una celebrazione liturgica offre infinite (c forse insospettate) altre possibilità di svil uppo. Si tratta di studiare da vicino il dinamismo dell'azione sacra per studiare il ritmo e le diverse forme di espressione al le quali si potrà e si dovrà applicare la schola (23).

CONCLUSIONE

In questo difficile compito di adattamento alle nuove esigenze della celebrazione, si possono applicare le parole di Paolo VI : eBi­sogna rendersi conto che una nuova pedagogia spirituale è nata con

(2)) Si vedano, per esempio, le prospeU;ve aperte dalla int roduzione dei tropari. nelle azioni lituq~iche. Studi e SUGgerimenti circa ques to inter~sante meno di espres­sione \'c ne sooo in: 1/ Olmo d"'fo Asum/}/eo. 8 (1961).

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I COMPITI MUSKALI DEI PARTECIPANTI ALL 'AZ, LITURGICA 165

il Concilio: è la grande novità c noi non dobbiamo esj,tare a farci dapprima discepoli c poi sostenitori della scuola di preghiera che sta per cominciare,

Può darsi che le riforme tocchino abitudini care e fors'anche ri­spettabili; può darsi che le riforme esigano qualche sforzo sulle prime non gradito, Ma dobbiamo essere docili ed avere fiducia: il piano religioso e sp irituale che ci è aperto davanti dalla nuova Costituzione liturgica è stupendo per profondità e autenticità di dottrina, per razio­nalità di logica cristiana, per purezza e ricchezza di clementi culturali c artistici, per rispondenza all'indole e ai bisogni dell 'uomo moderno. E' ancora l'au torità della Chiesa che così insegna e che così avalla la bontà della riforma , (24),

(24) Dal discorso rivolto all'assemblea dei vescovi italiani l3 aprile 1965 (Cfr, L'Osst'rwlIore RomallO del 14-4·65).

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PAROLE DI CONGEDO

S . E. MONS. CARLO MANZI .... NA

Vescovo di Crema

Anche a nome degli altri Vescovi della Commissione Episcopale per la Liturgia (CEL.) esprimo il mio compiacimento, e porgo il mio sentito ringraziamento a tutti coloro che han no partecipato a questo primo incontro di Musica nella sacra Liturgia, perseverando c:usque ad finem,. Particolarmente ringrazio i docenti che con la loro competenza, esperienza e sensibilità hanno portato un prezioso contributo, suscitando anche interventi che hanno dato viva an ima­zione al convegno, e così facendo sentire quanto importante e com­plesso sia il problema della Musica nella Riforma liturgica. Mentre auspichiamo ulteriori incontri, specialmente quando si richiederanno nello svolgimento della riforma liturgica preziosi e decisivi apporti, perché la Liturgia esprima in autenticità c in bellezza la vita del Corpo di Cristo.

Mi permetto di esortare tutti, liturgisti c musicisti, artisti in genere, affinché oltre a cogliere la sensibil ità musicale del nostro tempo, approfondiscano la personale meditazione nei sacri testi. La Bibbia, e in special modo Salmi e Cantici, indipendentemente dalla felicità o meno della traduz.ione, ci permette di cogliere il vero spi­rito della Liturgia, che in definitiva è lo Spirito Santo che suscita nella Sposa di Cristo il grido: cVieni, o Signore Gesù,. .

Né sia motivo di umiliazione accettare le esigenze del rito, per­ché anziehé porre limiti all'espirazione artistica, la stimolano a espri· mere la sua valentia, come nel divino poema la terza rima è per Dante occasione di manifestare il suo genio. D'altra parte il musicista deve sentire il suo altissimo compito di intonarsi e di intonare l'as­semblea, il Popolo di Dio, perché sarà veramente concreta espres­sione della cEcc1esia orans', e si senta popolo redento, che sa di respirare nella immensa carità di Dio.

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INDICE

PRESENTAZIONE. pago 5.

INDIRIZZO DI BENVENUTO. (S. E. Mons. Carlo Manziana, Vescovo di Crema), pago 7.

ABBREVIAZIONI. pago 9.

SIGNIFICATO DELL'ISTRUZION E .1\1USICAM SACRAM .. NELLA LEG ISLAZIONE LITURGICO-MUSICALE. (Don Corrado MoreHi), pago l J. I) La partecipazione attiva - 11) La definizione di Musica Sacra - IlI) La disciplina della Musica strumentale.

PRINCIPI FONDAMENTALI DELL' ISTRUZIONE . MUSICAM SA­CRAMIO. (Mons. Luciano Migliavacca). pago 3 1. L'indole pastorale del documento. - J) Valore della preghiera sociale e comunitaria - Il) Comprensione dei testi - III) Musica e camo esal­tazione del testo.

I COMPITI DELLE COMMISSIONI l'ER LA MUSICA SACRA. (Don Luciano Borello), pago 47. Introduzione - I) I compiti dellc Commissioni - II) Coordinamento con lutta l'azione pastorale - III) La Commissione nazionale - Con­clusione.

IL CANTO NELLE VARIE FORME DI CELEBRAZIONE DEI.LA MESSA. (Don Luigi Agustoni), pago 55. Introduzione - I) Principi - Il) «I gradi di solcnn it à ~ ovvero la molle­plicità di forme di celebrazione - III) La Messa cantala nelle sue diverse forme - IV) La Messa letta - V) Forme miste di celebrazione per la lingua impiegata.

IL CANTO NELL'UFFICIO. (M . Miguel Alonso), pago 73. I) Commento del testo della Istruzione cMusicam Sacram. - Il) Possi­bilità pastorali e musicali.

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170 INDICE

LA MUSICA SACRA NELLE CELEBRAZIONI DEI SACRAMENTI E DEI SACRAMENTALI IN PARTICOLARI AZIONI SACRE DEL· L'ANNO LITURGICO, NELLE SACRE CELEBRAZIONI DEtLA PA­ROLA DI DIO E NEI PII E SACRI ESERCIZI. (Don Giuseppe So­becfo), pago 93. Introduzione - I) I riti sacra mentali - Il) Le particolari azioni sacre dell'Anno Liturgico - III) Le sacre celebrazioni della Parola e i pii esercizi.

LA COMPOSIZIONE DEI TFSTI PER IL CANTO LITURGICO IN LINGUA ITALIANA. (M. G ino Stefani), pago 113. Introduzione. - I) I criteri generali - Il) La parola nei diversi rit i can­tati - III) Problemi sul vecchio e sul nuovo.

I REPERTORI ANTICHI E MODERNI DI MUSICA SACRA: USO NELLA LITURGIA. (M. Gino Stefani), pago 125. I) Una regia liturgica - Il) Riti e repertori - ITI) Tradizione, adatta­mento, creazione.

GLI STRUMENTI MUSICALI NELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE E RELIGIOSE. (P. Giovanni Maria Rossi), pago 139, I) L'insegnamento della sfor ia - Il) L'organo e l'uso degli altri Slrumenti.

I COMPITI MUSICALI DEI DIVERSI PARTECIPANTI ALL'AZIONE LITURGICA: Ministri, Salmista, scbola, fedeli. (Don Luciano Borello), pago 149. Introduzione - I) Struttura dell'assemblea liturgica - Il) Norme pratiche per ('azione pastorale - l) Il dialogo tra presbitero e navata - 2) Il cele­brante (presidente dell'assemblea) - 3) I ministri - 4) I fedeli - 5) L'orga­nista e gli altri strumentisti - 6) la schola cantorum - Conclusione.

PAROLE DI CONGEDO, (S, E. Moos. Carlo Manziana, vescovo di Crema), pago 167.

INDICE. pago 169,

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Collana LITURGICA - NUOVA SERIE

N. 1 " La Chiesa sacramento e i sacramenti della Chiesa Alli della XVII Settimana Liturgica Nazionale

N. 2 " Il Tempio Atti della XVIII Settimana Liturgica Nazionale

N. 3 " La musica e il canto nella liturgia Atti del Convegno sull 'Istruzione . Musicam sacram.