MUSICA ARTI OZIO - WordPress.comarte che presenta un'energia collettiva legata in modo dialettico...

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di Roberto Silvestri ●●●Il 25 gennaio prossimo al Cairo, nel primo anniversario della rivoluzione, un corteo guidato dai parenti delle vittime di Mubarak minaccia di penetrare nella cella dell’ex presidente per completare ciò la giustizia ordinaria non avrebbe il coraggio di fare. Un linciaggio annunciato. Secondo capitolo di quella «rappresentazione dell’arcaicità araba» che - regista la Francia, producer l’Occidente intero - segue alla barbara esecuzione di Gheddafi, messa in scena spettacolare che giova all’immagine di un occidente invece moderno, cioé specializzato sempre nel togliersi di mezzo come mandante? Intanto in Egitto il 25% della popolazione muore di epatite C e di degrado igienico. Ce lo racconta un film impressionante ma non impressionistico sulla rivoluzione araba, perché mette in densa prospettiva, e con saggia leggerezza, gli avvenimenti di questi ultimi 12 mesi in Egitto, nel maghreb e nel mashreq. Lo ha girato e autoprodotto un giovane cineasta egiziano da anni in Italia, Maged el-Mahedi, artista «italieno», trattato finora con stolida indifferenza dalla ufficialità intellettuale e politica del nostro paese. Non parlo bene, danzo meglio è un pamphlet complesso e sorprendente sull’Egitto di oggi, attanagliato tra strapotenza militare (che da Nasser in poi ha in pugno il paese) e subalternità religiosa, coppia famigerata ed eterodiretta che vorrebbe schiacciare qualunque possibilità d’emancipazione collettiva, ma.... Abbiamo incontrato il regista a Roma. Partiamo dalla complessa forma ibrida di questo ««falso» documentario: reportage giornalistico (sulla rivoluzione); dramma privato (la morte di tuo fratello per epatite c); film di denuncia (tragedia sanitaria del paese) e thriller politico (pericolo islamista)... C'è però anche un quinto elemento strutturale, che fa da collante a tutti gli altri, la danza. Ne parla il maestro Mahmoud Reda, è una forma di arte che presenta un'energia collettiva legata in modo dialettico alla storia egiziana degli ultimi 60 anni. Non a caso vengono mostrate immagini di un musical del 1965, era Nasser, fino alle riprese di uno spettacolo di Reda del 2010. L'idea è che questa forma di espressione artistica (la danza come energia positiva) sia presente in gran parte del film, dalla piazza (pensiamo ai movimenti del corpo durante la preghiera collettiva) fino ai momenti intimi dove la musica è sempre in sottofondo (sia nel palazzo di Roma, che nella casa di famiglia di Tanta). La stessa epatite C è una minaccia alla rivoluzione e all'energia espressa da quel milione di persone presenti in piazza Tahrir. La dialettica è quella dell'energia vitale/malattia, rivoluzione/conservazione, vita/morte. La rivoluzione è una forma di energia collettiva e spontanea. La riuscita della rivoluzione stessa è minacciata sia dall'epidemia sanitaria, sia dal potere. Sono stato profondamente impressionato dall'immagine sconvolgente del milione di persone che si muovevano in piazza come fossero una sola entità, una sola persona. Tale immagine è diventata ossessiva e ha condizionato l'intero processo di montaggio, rompendo la divisione tradizionale tra documentario e fiction, e condizionando la struttura stessa del montato finale. Com'era possibile documentare un'immagine del genere con il linguaggio del documentario? Com'era possibile costruire una narrazione attorno ad essa? Alla fine si è scelto di costruire una struttura assimilabile a quella di una lunga onda sonora sinusoidale che conosce ritmi e velocità diverse. La prima immagine (e l'ultima) mostrano qualcuno (o qualcosa) che è in volo, e quindi è libero. E poi scende sulla terra ferma e poi di nuovo risale nel volo. E così via. Sondos Asem Shalaby (24) con la madre Manal Abou Hassan (candidata alle elezioni politiche che, divise in varie fasi, si concluderanno l’11 marzo 2012) sul balcone della loro casa a Heliopolis. Foto di Carlo Gianferro MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 14 GENNAIO 2012 ANNO 15 N 2 . SEGUE A PAGINA 2

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  • di Roberto Silvestri

    ●●●Il 25 gennaio prossimo al Cairo, nel primoanniversario della rivoluzione, un corteo guidatodai parenti delle vittime di Mubarak minaccia dipenetrare nella cella dell’ex presidente percompletare ciò la giustizia ordinaria non avrebbeil coraggio di fare. Un linciaggio annunciato.Secondo capitolo di quella «rappresentazionedell’arcaicità araba» che - regista la Francia,producer l’Occidente intero - segue alla barbaraesecuzione di Gheddafi, messa in scenaspettacolare che giova all’immagine di unoccidente invece moderno, cioé specializzatosempre nel togliersi di mezzo come mandante?Intanto in Egitto il 25% della popolazione muoredi epatite C e di degrado igienico. Ce lo raccontaun film impressionante ma non impressionisticosulla rivoluzione araba, perché mette in densaprospettiva, e con saggia leggerezza, gliavvenimenti di questi ultimi 12 mesi in Egitto, nel

    maghreb e nel mashreq. Lo ha girato eautoprodotto un giovane cineasta egiziano daanni in Italia, Maged el-Mahedi, artista «italieno»,trattato finora con stolida indifferenza dallaufficialità intellettuale e politica del nostro paese.Non parlo bene, danzo meglio è un pamphletcomplesso e sorprendente sull’Egitto di oggi,attanagliato tra strapotenza militare (che daNasser in poi ha in pugno il paese) e subalternitàreligiosa, coppia famigerata ed eterodiretta chevorrebbe schiacciare qualunque possibilitàd’emancipazione collettiva, ma.... Abbiamoincontrato il regista a Roma.

    ●Partiamo dalla complessa forma ibrida diquesto ««falso» documentario: reportagegiornalistico (sulla rivoluzione); drammaprivato (la morte di tuo fratello per epatite c);film di denuncia (tragedia sanitaria del paese)e thriller politico (pericolo islamista)...C'è però anche un quinto elemento strutturale,

    che fa da collante a tutti gli altri, la danza. Neparla il maestro Mahmoud Reda, è una forma diarte che presenta un'energia collettiva legata inmodo dialettico alla storia egiziana degli ultimi 60anni. Non a caso vengono mostrate immagini diun musical del 1965, era Nasser, fino alle ripresedi uno spettacolo di Reda del 2010. L'idea è chequesta forma di espressione artistica (la danzacome energia positiva) sia presente in gran partedel film, dalla piazza (pensiamo ai movimenti delcorpo durante la preghiera collettiva) fino aimomenti intimi dove la musica è sempre insottofondo (sia nel palazzo di Roma, che nellacasa di famiglia di Tanta). La stessa epatite C èuna minaccia alla rivoluzione e all'energiaespressa da quel milione di persone presenti inpiazza Tahrir. La dialettica è quella dell'energiavitale/malattia, rivoluzione/conservazione,vita/morte. La rivoluzione è una forma di energiacollettiva e spontanea. La riuscita dellarivoluzione stessa è minacciata sia dall'epidemia

    sanitaria, sia dal potere. Sono statoprofondamente impressionato dall'immaginesconvolgente del milione di persone che simuovevano in piazza come fossero una solaentità, una sola persona. Tale immagine èdiventata ossessiva e ha condizionato l'interoprocesso di montaggio, rompendo la divisionetradizionale tra documentario e fiction, econdizionando la struttura stessa del montatofinale. Com'era possibile documentareun'immagine del genere con il linguaggio deldocumentario? Com'era possibile costruire unanarrazione attorno ad essa? Alla fine si è scelto dicostruire una struttura assimilabile a quella diuna lunga onda sonora sinusoidale che conosceritmi e velocità diverse. La prima immagine (el'ultima) mostrano qualcuno (o qualcosa) che èin volo, e quindi è libero. E poi scende sulla terraferma e poi di nuovo risale nel volo. E così via.

    Sondos Asem Shalaby (24)con la madre Manal AbouHassan (candidataalle elezioni politiche che,divise in varie fasi, siconcluderanno l’11 marzo2012) sul balconedella loro casa a Heliopolis.Foto di Carlo Gianferro

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    SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 14 GENNAIO 2012 ANNO 15 N 2 .

    SEGUE A PAGINA 2

  • (2) ALIAS14 GENNAIO 2012

    ●Parlami di questa tragediasanitaria, il 25-30% di egizianimalati quasi incurabili di epatite C.Gli organi di stampa tacciono eanche l’organismo mondiale dellasanità...Facendo riferimento a quanto affermail medico chirurgo Kamel (figlio di uno

    storico primario egiziano che fu tra iprimi a fare trapianti di fegato) negliultimi 30 anni la presenza diun'epidemia sanitaria è stata negata daun potere corrotto che ha teso apresentare l'Egitto solo sotto una vestepositiva, dove i problemi nonesistevano. Inoltre le scarse condizioniigieniche hanno contribuito adiffondere le patologie correlate. Il film

    non tende però a una ricostruzioneprecisa e ad un'indagine storica suquesto fenomeno, ma vuolesottolineare, oltre al gravissimoproblema in sé, il suo enorme portatosimbolico. Sono partito dal miodramma individuale (mio fratellomorto, mia sorella malata e il tutto insoli 8 mesi) per arrivare all'intervistacon il medico e a una visita al primo

    ospedale pubblico egiziano (èimportante sottolinearlo) che si èoccupato in modo specifico deltrapianto di fegato (Al Sahel Al TalimiHospital) inaugurato sotto lapresidenza di Sadat.

    ●Parlami della situazione oggi nelpaese, a un anno dalla rivoluzione.Quali prospettive si aprono?In Egitto in questo anno, non ècambiata la situazione, anzi per certiversi si può dire che sia peggiorata. Peresempio, a livello economico e sociale, icontinui scioperi nelle fabbriche enell'amministrazione statale rivelanouna condizione salariale non piùsufficiente a coprire bisogni dellapopolazione che un tempo eranoinvece soddisfatti. Da citare anche lacrisi della borsa e il completo crollodell'afflusso turistico. Del resto, ilcambiamento non può essereprofondo, visto che questa giuntamilitare (che dovrebbe governare fino agiugno, quando sarà eletto il nuovopresidente) è stata scelta dallo stessoMubarak molto tempo prima.

    ●Qui a fianco pubblichiamo unreportage sui fratelli musulmani.Parlaci del loro ruolo durante leelezioni (comprese le intimidazioni aiseggi, e i regali agli elettori più poveri,stile Dc) ma anche del successo dellaloro proposta...La vittoria di questo partito è statainfluenzata dall'ignoranza radicatanella massa del sottoproletariato

    egiziano. Il messaggio lanciato èriassumibile nel «se non voti per noi, seiun infedele, un nemico dell'Islam e nonandrai in paradiso!». Se a questo siaggiungono i finanziamenti che iFratelli Mussulmani avrebbero ricevutodai paesi dell'area del Golfo (la stampaegiziana ha parlato di 100 milioni didollari arrivati dal Qatar e da altri paesilimitrofi), bene si possono capire leragioni di questa affermazioneelettorale. Ho voluto mostrare la realtà,composita e complessa, della societàegiziana, auspicando un'eterogeneitàpullulante e danzante anziché unappiattimento su una singola identitàpolitico-religiosa.

    ●Perchè hai voluto utilizzare unmontatore italiano?Sono egiziano ma la mia formazioneartistica è italiana. L'interazione con unmontatore che parlava un linguaggiofilmico comune è stata perciò unascelta naturale. Le visioni mie e delmontatore (Lorenzo Pazzi) hannocome tratto comune il Mediterraneo,anche se proveniamo da due spondediverse (africana e europea). Ilmontaggio è stato fatto su materialenon sottotitolato parlato in arabo,lingua completamente sconosciuta almontatore. Da questo punto di vista itagli sono stati spesso fatti, oltre che suicontenuti, anche sulla musicalità delleparole. Come detto prima, l'idea forte èstata quella di costruire una storia perimmagini che non parlasse né illinguaggio della mera documentazione,né quello narrativo classico. Ci sonodiversi salti temporali (flashback,visioni quasi oniriche): più che ladiacronicità si è cercato di rispettare unritmo musicale fatto di suoni emovimenti secondo un'altalena ritmicache si concatenasse alle diverse vicendemostrate (mostrate, più che narrate). Ilderviscio ruota su se stesso fino a unostato di trance, come lo stesso film simuove all'interno di una circolarità chesfugge a una visone filmica classicaoccidentale, disorientando lospettatore, facendolo perdere e poiritrovare continuamente all'interno diun'armonia che ha un inizio e una fineche coincidono (il volo). Il montaggio

    del suono (affidato a Andrea Basti) è incorso. Sarà presente anche laregistrazione di una viola suonata dauna musicista classica che haimprovvisato delle variazioni attorno aun motivo tradizionale egizianopresente a più riprese nel film. Il suonodella viola, usato di solito peraccompagnare, in questo caso esprime,nella sua solitudine, una nostalgia e unrichiamo la tradizione sufi.

    ●Chi è il padrone di casa dal cuiterrazzo i giornalisti esterifotografano gli scontri in piazza?È Pierre Sioufi , artista anarchico (eattore teatrale e cinematografico) difamiglia aristocratica. Ha una casa (eun terrazzo) che domina Piazza Tahrir.In quei giorni diverse troupe televisive,e giornalisti provenienti da tutto ilmondo (al jazeera, corriere della sera,rai, bbc, e altri) hanno usato i suoi spazie la sua ospitalità per documentare glieventi. Il film mostra una sorta dibackstage di tale processo, facendointendere un brusio informativo checaratterizza quello che avvieneall'interno della casa, mentreall'esterno è in corso una rivoluzione.Viene mostrata una dialettica tradentro e fuori. All'interno della casa sinaviga su Internet e ci si aggiorna suglieventi tramite Facebook. Al di fuori glieventi, invece accadono realmente.Viene così denunciata una sorta diincapacità dei media di vivererealmente quello sta succedendo. A uncerto punto il regista si reca con Pierresul tetto e dopo che egli gli ha mostratogli effetti distruttivi sui suoi ricordi difamiglia di una perquisizione deimilitari, si scopre che il dentro e il fuorisono collegati (fino a quel momentonon era stato ancora detto). C'è ancheun richiamo al rapporto tra tradizionee modernità: le sculture di Pierre che sicollocano tra passato econtemporaneità, gli oggetti che sonoappartenuti alla sua famiglia, un'anticalastra fotografica in cui si riflettel’immagine mia e della telecameradigitale, come il trait d'union tra le duedimensioni, quella delle dinamichedella casa di Pierre, e quella dellapiazza e dei suoi fermenti.

    «La rivoluzione è una forma di energiacollettiva e spontanea». Il cineasta egizianoMaged el Mahedy parla di «I don't speak well,I dance better», illuminante film su piazza Tahrir

    Epatite e tumulti,danzando a Tahrir

    IL CAIROCINEMA / ISLAMISTI

    ANNO UNO

    SEGUE DALLA COPERTINA

    Sotto, a sinistra:immagini dal film«Non parlo bene,

    danzo meglio»di Maged el Mahedy

    IL RINASCIMENTO ARABO

  • (3)ALIAS14 GENNAIO 2012

    GERENZA

    di VINCENZO MATTEIIL CAIRO

    ●●●Un terzo, questa era la quotache, a parere degli stessi FratelliMusulmani (Fm) avrebbe preso il loropartito Libertà e Giustizia (L&G) inparlamento alle elezioni politiche. Ilprecedente di Al Nahda in Tunisiafaceva supporre che la Fratellanzapotesse andare oltre le più roseeprevisioni e sfondare la soglia del 40%anche in Egitto. Alla prima tornataelettorale (durata circa un mese emezzo), hanno ottenuto quasi il 45%dei suffraggi. I Fm si stannopreparando per prendere il potere,ma non lo vogliono fare da soli,vogliono dividere la responsabilità diricostruire l'Egitto con altre forzepolitiche, si augurano con i liberali,forse per un mero calcolo politico.Infatti le condizioni in cui verte ilPaese sono a dir poco disastrose: altadisoccupazione, corruzione dilagante,investimenti stranieri fermi al palo,turismo diminuito del 90%... Ilproblema non è vincere le elezioni,ma governare. I Fm sono coscientiche 5 anni non saranno sufficienti perrimettere a posto il Paese, ciò significaun alto prezzo da pagare in termini divoti alle elezioni che si terranno allatornata successiva del 2016.

    È indubbio che la Primavera Arabaha risvegliato molti movimenti politicioppressi dai regimi dittatoriali. InEgitto, i Fm spesso venivanosbandierati da Mubarak agli occhidell'Occidente come spauracchio diestremisti islamici barbuti pronti amettere a fuoco e fiamme il MedioOriente e la stabilità mondiale. Allostesso tempo i Fm eranointernamente tollerati dall'ex regimepolitico e anche se non potevanoagire pienamente alla luce del sole,avevano creato con il tempo una retesotterranea di attività politiche,sociali, economiche e culturali cheagivano dentro la società. Qualcunoafferma che la Primavera Araba stiadiventando un inverno, einsanguinata con la morte di queigiovani che l'avevano iniziata nelnovembre 2011. «Credo ci sia unsabotaggio contro il Paese... da partedel Ministero degli Interni (Mi), delCsfa (Consiglio Superiore delle ForzeArmate) e di una terza parte che gettabenzina sul fuoco alimentando larabbia e gli attacchi reciproci tra la

    polizia e i giovani, perché ognitentativo di calmare la situazionefallisce». Sono le parole di Sondos AlShalaby, 24 anni, laureata in MediaCommunication all'UniversitàAmericana de Il Cairo, sua madre,Manal Abdel Al Hassan, è candidataall'elezione parlamentari per i Fm.

    Ma chi sono i Fm? Sono dottori,farmacisti, primari, sindacalisti,insegnanti, informatici, editori,scrittori, registi, liberi imprenditori,politici, blogger... Una particolaritàche sembra distinguerli è la loroappartenenza alla classe media, unacondizione che ricorda nel secoloscorso chi possedeva una tessera dipartito e quindi otteneva un buonposto di lavoro. L'inquadramentodottrinale dell'organizzazione rasentala rigida disciplina dei partiticomunisti del secondo dopoguerra,dove i vari membri erano inquadratiin una struttura rigida che annullavaqualsiasi dissenso interno, penal'espulsione, come è accaduto a moltiex membri della Fratellanza. «Siamocome quei conservatori in Americache votano per il partitoRepubblicano», dice ancora Sondos.Mentre Mohamed El Morsy, 59 anni,segretario generale del partito L&Gprecisa: «...non siamo esattamentecome la Chiesa, abbiamo obiettivi emetodi differenti, siamo più comeuna Ong, un'organizzazione islamica,non uno stato o un governo». I Fmsono ramificati in tutti i continenti,per l'esattezza in 95 paesi del mondo.Ad oggi la Fratellanza possiedecapitali in moltissime nazioni, habanche nel Liechtenstein, a Bruxelles,New York... È strutturatafinanziariamente come una holdingcon conti bancari in tutto il globo.

    I Fm svolgono attività di aiutosociale per i più bisognosi secondo iprincipi della carità islamica.Possiedono una struttura di Caritasche non ha niente da invidiare aquelle presenti in Europa e inAmerica. Vengono forniti aiutieconomici a chi non può permettersidi andare avanti negli studi, vengonodistribuiti vestiti e cibo nelle case deipiù poveri, viene data assistenzasanitaria a chi non può permetterselonelle strutture ospedaliere di cui sonosoci. «Anche se la Fratellanzaformalmente non appoggiava lapiazza, c'erano molti dottori dei Fmdurante gli scontri di novembre; lanostra è una missione umanitaria,non potevamo abbandonare i feritiche erano a Tahrir senza aiuto. Moltisi rifiutavano di ricevere assistenzamedica fuori dalla piazza, perchéavevano paura di essere arrestatiqualora venissero portati negliospedali. Ci sono dei poliziottiappartenenti al vecchio regime chevogliono ritornare al potere, ovendicarsi delle persone che erano inpiazza a gennaio, usando violenzagratuita e armi proibite come questipericolosissimi lacrimogeni. Ciòrende chiara la determinazione chehanno questi ufficiali di polizia. Sonoin atto cospirazioni per negare lalibertà all'Egitto, con l'evidenteintenzione di ritardare o cancellare leelezioni e protrarre l'autoritàdell'esercito» dice Wahdi Iddin Zaid,direttore dell'ospedale El Markesi aNasr City e membro dei Fm dal 1952.

    Quale è il ruolo della donna? «Ledonne sono attive dentro la

    Fratellanza, costituiscono il 50% deimembri. Hanno una buonarappresentanza e prendono parte atutte le attività sociali e politiche deiFm. Svolgono un ruolo fondamentaledurante le campagne elettorali,monitorizzano e controllanol'andamento delle votazioni, lavoranonegli scrutini elettorali, e molte di lorosono anche candidate politiche, comemia madre Manal Aboul Al Hassan. Ilruolo della donna è molto presentenei media, nei blog e nei website, madipende dal tipo di specializzazioneche ognuna possiede. Sì, si può direche facciamo più o meno le stesseattività degli uomini» spiega SondosAl Shalaby. Il problema è che ledonne sono piazzate in fondo alleliste elettorali, con poca possibilità diessere elette. Inoltre, secondo ilgiornale egiziano Masr Al Yom, ledonne sono nominate dall'alto, e nonelette democraticamente.

    A parte una maggioreemancipazione della donna in Egitto,un altro problema che dovrà essereaffrontato in futuro sarà il ruolo delleForze armate, per evitare chesituazioni come quelle di finenovembre 2011 si ripetano: «Perrisolvere l'attuale crisi ci sono difficiliopzioni che i Fm propongono: laprima porta a maggiori scontri con imilitari, muro contro muro; laseconda è nominare un direttorioristretto, composto da quattropersonalità di spicco nel panoramapolitico, che venga incaricato digovernare il paese fino alla fine delleelezioni parlamentari. Le intenzionidello Scaf a volte sono chiare e a volteno. Quindi chiediamo loro piùtrasparenza, perché dicono sempreche ci sono complotti politici contro ilpaese, ma la gente non li vede.Chiediamo di mostrarceli questicomplotti, per avere una nostraopinione al riguardo» affermaHussein Abdel Qadir El Bassiouni, 44anni, coordinatore e responsabiledelle relazioni esterne del partitoL&G. «L'intervento delle Forze armatenella rivoluzione è stato massiccio eimportante, ma l'esercito non èabituato a svolgere ruoli civili. Ciauguriamo che faccia un passoindietro una volta che avranno luogolibere elezioni» si augura Mohamed ElMorsy.

    E Israele? Cosa pensano i Fm diIsraele? Lo chiarisce El Mosry: «Lasoluzione ottimale è quella di avereun solo paese, sotto l'autoritàpalestinese, in cui musulmani,cristiani ed ebrei possano vivereinsieme in pace. Perché ora c'è unostato religioso ebraico, uno statorazzista, che espelle tutti coloro chenon sono ebrei... ciò accresce iproblemi. Siamo contro i sionisti, erifiutiamo una teocrazia ebraica,come una cristiana o musulmana.Rifiutiamo l'occupazione del suolopalestinese, lo spargimento delsangue palestinese e tutte le decisioniinternazionali prese fino ad oggi.Crediamo nel ritorno dei palestinesialle loro terre».

    Riguardo agli ultimi scontri aTahrir, Manal Abou Hassan aggiungeil suo punto di vista: «Le richiestedella nostra dimostrazione del 18novembre s'incentravano sul futuro

    Nella foto grande, al coffeshop, Mahmud Shabab (27) e Abdelrahman Aqila (22), giovaniFratelli Musulmani e giornalisti presso il partito Libertà e Giustizia del distretto di El Manial.Nelle 3 foto sotto: il vice-segretario generale Rashaad Al Bayumi (73); Abdel Moneim AbouEl Fotouh (60), ex membro dei Fm, candidato indipendente alle presidenziali; Moaaz AbdelKarim (29), leader dei Giovani Fratelli Musulmani, candidato alle elezioni parlamentari,mentre viene intervistato dal canale TV Masr 25 di proprietà dei Fm. Queste fotografiefanno parte del reportage «Muslim Brothers» di Carlo Gianferro (2011)

    EGITTO ■ I FRATELLI MUSULMANI

    Al centro del paese.Noi, conservatorie compassionevoli

    SEGUE A PAGINA 5

    MAGED EL-MAHEDY●●●Regista e scrittore egiziano, da molti anni residente in Italia, a Roma, Maged el-Mahedy (nella foto) ha realizzato duecortometraggi, «Salam Viterbo» (38’ ) e «Ritratto di un giovane immigrato» (10’, 2009), montato da Alessandro Piva e premio«Gino Votano», prima di scrivere e filmare, nelle settimane cruciali della rivoluzione egiziana e della cacciata di Mubarak, il suoesordio nel lungometraggio, l’ancora inedito, forse al Forum di Berlino 2012, «I don't speak well, I dance better» (Non parlobene, danzo meglio), montato da Lorenzo Pazzi, Andrea Basti al sound editing, viola solista Koram Jablonko, interpreti principaliMahmoud Reda, Faridah Fahmi, Prof. Refat Kamel, Pierre Sioufi, Maged El Mahedy, Nivin Ramez e Saad Ismail. Il film, che dura77’, è costato 12 mila euro ed è interamente autofinanziato. Le riprese sono durate 6/7 mesi, di cui 5 in Egitto. Il girato è di 35ore. Il formato utilizzato è stato un full hd (1920x1080), a cui si sono affiancate riprese fatte con un iphone, e con unafotocamera compatta (usata nei momenti di minima visibilità del mezzo di ripresa, all'interno della metropolitana per esempio).

    Un reportagesu «Libertàe Giustizia»,oggi la principaleforza politicadi un paeseancora nelle manidei militari. Duegenerazioni dileader a confronto

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    Alias a cura diRoberto Silvestri

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  • (5)ALIAS14 GENNAIO 2012

    esatti) Rebatet è l’autore di uno deipiù grandi romanzi del secolo, Lesdeux étendards, che nelle letterefrancesi ha un posto d’onore fra ilVoyage di Céline e la Recherche diProust, milleduecento pagineuscite in semiclandestinità all’iniziodel ’52 da Gallimard, tuttora incatalogo anche se mai tradotte innessun’altra lingua, da sempreappannaggio dei cosiddetti happyfew. I due stendardi evocatinell’insegna del romanzo che sisarebbe dovuto intitolare prima Lateologia lionese e poi Né Dio néDiavolo, rinviano alle estremitàinconciliabili, ideologiche nonchéesistenziali, del Secolo Breve.Scritto in un’unica e possente presadi fiato, coi ferri ai piedi delcondannato a morte, redatto inuna lingua di scintillante polifoniae nello stile à la diable del veneratoStendhal, Les deux étendardsaspetta ancora i suoi lettori inFrancia e all’estero. E’ un romanzodell’apprendistato e insieme lavicissitudine amorosa di un triplicepercorso teologico-politico (duegiovani di indole opposta i qualisono innamorati di una stessadonna, la fatale Anne-Marie) cheGeorge Steiner, il grande criticoebreo di origini francesi, cosìpresenta ai lettori del New Yorker il24 agosto del ‘92 (poi in Letture, acura di Robert Boyers, Garzanti2010): «Rebatet era un veroassassino, un cacciatore di ebrei, dicombattenti della resistenza egollisti. Mentre aspettava che fosseeseguita la condanna a morte (inseguito fu amnistiato), Rebatetportò a termine Les deux étendards.Questo lungo romanzo si collocatra i capolavori nascosti del nostrotempo. Inoltre è un libro diinesauribile umanità, traboccantedi musica (Rebatet fu per unperiodo il più importante criticomusicale di Francia), d’amore, dicomprensione profonda del dolore.La giovane donna che sta al centrodel racconto non è meno plasmatadalle pressioni irradiate dalprogressivo maturare della vita diquanto non lo sia la Natascia diGuerra e pace».

    Si tratta di un’opera scritta instato di assoluta necessità interiore,dunque lontana anni luce, perestremo paradosso, dall’universoideologico di Les décombres comedall’estetica dei Brasillach, deiBardèche e della più o menosvergognata paccottigliacollaborazionista. Venticinque anniprima di girare L’ultimo metrò,memore delle stupende recensionia firma Francois Vinneuil, pare cheil giovane redattore dei Chaiers duCinéma (la notizia è in Antoine deBaeque- Serge Toubiana, FrancoisTruffaut. La biografia, Lindau 2003)abbia voluto incontrare un LucienRebatet sorpreso e lusingatoinvitandolo a pranzo sulla Senna, abordo di un bateau-mouche. Pareanche che Truffaut amassesuggellare ogni nuova amiciziadonando una copia di Les deuxétendards.

    moderati arabi < 158 159 160 >

    volti di sahrawi scomparsi dal 1975 ad oggi - www.afapredesa.org - www.arso.org

    VILLAGE VOICECACCIATO HOBERMAN

    SEGUE DA PAGINA 3

    Da ragazzo Truffaut amava sugellare ogninuova amicizia regalando una copia di «Les deuxétendards», un capolavoro nascosto del ’900,scritto da Rebatet in carcere dopo la guerra

    I FILM DEGLI ULTIMI VENTI ANNI●●●A 20 anni dalla nascita del quadrimestrale «Trafic», paradossalmente aniconico,ovvero «come vivere con le immagini», una rivista aperta «a tutti quelli che hannol’immagine come prima passione, il cinema nel loro bagaglio culturale e la scrittura comeseconda passione», esce in Francia il numero 80. E per festeggiare l’intuizionecontroccorente del fondatore Serge Daney (e dell’editore Paul Otchakovsky-Laurens),ovvero disinteressarsi dell’attualità e ritrovare il piacere della scrittura aperta anche achi critico non è ma studioso d’arte o filofoso o romanziere, si fa la lista dei 20 film delventennio. Non i più belli bensì «quelli sui quali si ama di più scrivere», da «A.I.» diRosenbaum, a «Zefino torna» di Mekas, passando per l’«Inland» di Teguia di Ranciere,«Crash» di Cronenberg, «Il bacino di J.W.» di Monteiro, «Film socialisme» di Godard...

    ●●●«Mi sono sentito veramentecome Tom Sawyer che partecipa al suofunerale». Così con l’eleganza e lohumor appuntiti e colti checaratterizzano la sua scrittura, il grandecritico del Village Voice J. Hoberman (la J.sta per Jim) ha ringraziato sul suo blog lamoltitudine di colleghi, amici, cinefili, exstudenti…che ha reagito con supremoorrore alla notizia del suo licenziamentodal prestigioso periodico newyorkese,mercoledi’ scorso.

    «Ho visto molti colleghi licenziati quidentro negli ultimi cinque anni. Mentireise dicessi di non aver mai considerato lapossibilità che, un giorno, capitasseanche a me. Sono rimasto scioccato manon sorpreso. Questo non è lo stessogiornale per cui ho cominciato alavorare», aveva dichiarato Hobermanad Anne Thompson di Indiewire pocodopo che si era diffusa la notizia.Nemmeno sul suo blog, medium idealeper gli sfoghi personali, Hoberman havoluto ombra di risentmento oamarezza. «Non ho rimpianti. E ognitristezza è mitigata da un senso digratitudine. Poter fare ciò che uno ama,aiutare la causa delle cose in cui credeper trentatre anni è raro. Ancor piùessere pagati per farlo». Il suo post siconclude così: «Basically, I am OK».

    Hoberman lavorava per il settimanalenewyorkese dalla fine degli anni settanta.La sua prima recensione «ufficiale» per ilVoice è stata quella di Eraserhead diDavid Lynch, ma nel 1972, comefreelance, era già uscito su quelle paginecon un pezzo su Flaming Creatures,diretto da Jack Smith, su cui avrebbe poiscritto un libro. La sua ultima pagina,sull’edizione del 4 gennaio 2012, eradedicata a Bir Zamanlar Anadolu'da(C’era una volta in Anatolia) e almagnifico nuovo film di Ken Jacobs,Seeking the Monkey King, insieme alla

    segnalazione di un’imperdibile serata«Occupy Cinema» curata da Jacobsall’Anthology Film Archives. Turchia, unkolossal underground che dà filo datorcere a Transformers e Occupy WallStreet: un trio jazz che ben riflette lacuriosità, l’agilità e la passioneintellettuali ma anche il senso di giococon cui Hoberman continua a guardareil cinema e muoversi liberamente nellafittissima griglia dell’universo filmico,cittadino e planetario. E, nell’overdose diconformismi che appesta l’awardsseason di quest’anno, è stato uno degliunici a difendere a spada tratta J. Edgar(«c’e’ vita dopo Heareafter», iniziava lasua recensione con un gioco di parole–non è un eastwoodiano di ferro), aricordarsi che su Hoover ha fatto unfilm anche Larry Cohen, a «vedere» ilbluff di The Defendants, (non un bruttofilm ma sicuramente uno dei piùsopravvalutati degli ultimo tempi) e apreferire l’ «orribile» Charleeze Theronin Young Adult al mostro sacro MerylStreep che fa Margaret Tatcher.

    La trasversalità, la cultura profonda, lacapacità di leggere attraverso ladistinzione tra high and low diHoberman e quel suo modo di pensareil cinema in una continua dialettica diriflessi con il mondo che ci circonda nondevono essere sembrati un patrimonioai padroni del Voice, il primo e il piu nototra I settimanali alternativi americani(Henry Miller, Ezra Pound, JamesBaldwyn, con Jonas Mekas e AndrewSarris per il cinema), acquistato nel 2005dal gruppo dell’Arizona New TimesMedia (che possiede diciassettesettimanali analoghi) e dissanguato daallora delle sue voci più storiche edistintive.

    In realtà è quel mix unico che fa nonsolo delle sue recensioni ma anche deilibri (ne ha scritti undici. purtroppo nontradotti in Italia) di Hoberman deidocumenti importanti per capire lastoria della cultura e della politicaamericane. Il suo ultimo volume, AnArmy of Phantoms/(Un esercito difantasmi) è un ritratto della Guerrafredda raccontata attraverso il cinemadei Fifties. Quello precedente, TheDream Life (uscito nel 2003), rintracciagli Usa esplosivi degli anni sessanta nellaHollywood di quegli anni. Sono librivitali, emozionanti, pieni di idee, densi distoria e di amore per il cinema («nelprofondo, rimaniamo tutti deisedicenni», scriveva Hoberman nel postdell’altro giorno parlando del suo lavorodi trenta e più anni). Prima di licenziarlo,il Voice si era già liberato di altri critici,come Nathan Lee, Michael Atkinson,Amy Taubin e (nel 2006 appena dopoaveva completato di curare un’antologiastorica degli scritti di cinema piùimportanti delle rivista) di Dennis Lim.

    La scusa è sempre la stessa – lanecessità di abbattere le spese. Lamedesima che è stata usata, in questianni di recessione e calo di vendita deigiornali, per «terminare» I contratti diAndrew Sarris al New York Observer,Stuart Klawans a The Nation e MichaelSragow al Baltimore Sun – per citarequelli che uno ci teneva a leggere. Avevafatto un piccolo scandalo il licenzamentodel critico storico di Variety, ToddMcCarthy. Le cose si sono messe cosìmale che, nel 2009, il bostoniano GeraldPeary (critico anche lui) ha dedicato undocumentario all’estinzione della criticacinematografica a stelle e strisce, For theLove of the Movies, che a sua volta hascatenato un dibattito tra la «vecchia»(su carta stampata) e la «nuova» guardia(online) dei recensori.

    Ma non raccontiamo quanto cidispiace che la firma J.Hoberman nonapparirà più su quello scheletro che oggirimane del glorioso Village Voice, percomporre un’elegia della categoria emagari prendersi qualche soddisfazionenei confronti dell’eccesso di ego e dellascarsità di interesse di gran parte diquello si legge online sul cinemacontemporaneo. Ma perché la sua voceè veramente unica e preziosa. E lacomplessità del suo modo di guardare eraccontare il cinema da difendere. Nonè uno scandalo che Jim sia statolicenziato dal Voice, ma che il New YorkTimes non lo abbia ri-assuntoimmediatamente.

    del processo democratico in Egitto,e si opponevano al documentoSalmi che poneva i militari al disopra della volontà del prossimoparlamento e della Costituzione.Ma ora la piazza domanda lacreazione di un Consiglio di UnitàNazionale ristretto, composto dapersonalità di rilievo del panoramapolitico egiziano, ciò comporta unlungo periodo di tempo cheimpatta negativamente sulprocesso democratico. I Fmseguono il corso dettato dalreferendum del marzo 2011,approvato dal 70% dellapopolazione: prima elezioniparlamentari, poi scrittura dellanuova Costituzione e infineelezioni presidenziali. Chi ora è inpiazza nega il risultatoreferendario. Perciò nonaccettiamo nessun suggerimento,neanche da un Consiglio formatoda personalità di tutto rispettoquali El Baradei, Al Fotouh, AmrMousa...».

    Comunque è indubbio che dopole dimissioni di Mubarak pochisono stati i cambiamentidemocratici nel paese; i militariavrebbero potuto ripulire gli organidi polizia e il Ministero degli Internidalla gente ancora leale al vecchioregime. Inoltre, la decisione dei Fmdi non appoggiare la piazza Tahrirdurante gli scontri di novembre,può aver creato una fratturaprofonda nella società civile chepotrebbe avere conseguenzedannose nel futuro.

    Esiste una sfida implicita che laFratellanza dovrà affrontare neglianni a venire per continuare adavere quella presa che oggi ha sularga parte della società egiziana:quella della modernità e dellademocrazia. «L'idea del fondatoreEl Banna affonda la sua radicedirettamente nei valori dell'Islam equelli del profeta Maometto, quindinon c'è nulla di nuovo, a parte ilmetodo con cui affrontiamo lequestioni legate alla vita moderna»dice Rashaad El Bayumi, 73 anni,vice-leader generale dei Fm eprofessore presso l'Università de IlCairo. I giovani della Fratellanzahanno un'eredità pensante edevono avere la forza e la spintanecessaria per la realizzazione ditutti i buoni propositi democratici acui l'organizzazione si richiama.Prima o poi questa dovrà accettareun compromesso con il sistemadella democrazia e i suoimeccanismi di funzionamento,dove la dialettica e il confrontosono alla base della vita politica.Sotto la dittatura di Mubarak, i Fmcostituivano l'unica opposizione alregime; ora, oltre il loro partitoufficiale L&G, sono nati moltipartiti liberali e altri di stampoislamico, che hanno portato anumerose defezioni dellaFratellanza ma che probabilmentele ruberanno solo pochi voti, comeè stato il caso del partito salafita deEl Nur.

    Dopo la rivoluzione del 25gennaio 2011 e i fatti di novembrea Tahrir, molti giovanidell'organizzazione, capeggiati daMoaaz Abdel Karim, hannocominciato a criticare la strutturatroppo rigida dell'organizzazione,ancorata a valori troppotradizionalistici e in contrasto conquello che vedono attraversointernet e i social network. Hannouna forte presa sulla società, econtrariamente dalle imposizionidella Fratellanza, appoggeranno lacandidatura alle presidenziali diAbou Al Fotouh, ex membro deiFm. I Giovani Musulmani voglionomaggiore rappresentanza dentrol'organizzazione, vogliono esserepartecipi delle decisioni daprendere. Gli stessi giovaniguardano al futuro attraversoFacebook, i blog, i website e igiornali online, attraversodiscussioni democratiche in cui inuovi cittadini egiziani possonointerfacciarsi con i valori delproprio domani.

    Truffaut e la passione per i libri, foto trattada «Francois Truffaut correspondance»di Gilles Jacob e Claude de Givray(Foma 5 continents). A sinistra, CatherineDeneuve nel film «L’ultimo metrò» (1980).Sotto, Lucien Rebatet mentre firma le copiedi «Les décombres» alla libreria Rive Gauche