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LEGGERE INSIEME Museum MARINA PETRUZIO 29 MARZO 2020 Su idea di Javier Sáez-Castán che, passata la matita a Manuel Marsol, autore delle illustrazioni, agisce qui in veste di regista-sceneggiatore, si realizza “Museum”, con poche parole che sono più titoli, didascalie museali, appunto, e che da novembre 2019 trova casa in Orecchio Acerbo. CHI SIAMO CONTATTACI NEWSLETTER VUOI RICEVERE IL PERIODICO CARTACEO?

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L E G G E R E I N S I E M E

MuseumMARINA PETRUZIO

29 MARZO 2020

Su idea di Javier Sáez-Castán che, passata la matita a Manuel Marsol, autore delle illustrazioni, agisce qui in veste di regista-sceneggiatore, sirealizza “Museum”, con poche parole che sono più titoli, didascalie museali, appunto, e che da novembre 2019 trova casa in Orecchio Acerbo.

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La copertina lo esplicita, siamo in un museo e stiamo ammirando un quadro, vi siamo contemporaneamente dentro e innanzi. L’occhio lo dice e ledita lo affermano: indiscutibilmente un quadro. La cover, la cui grana pare quella di una tela da pittore, ha un leggero rilievo lì, proprio a sottolinearequel che è cornice e quel che è dipinto. Una tela che ha un davanti e un retro, basta girarla, sul quale a carboncino leggero, a imperitura memoria,�rmano gli autori e pongono la data. Era d’estate, un caldo Agosto, sembrerebbe dai rossi e dagli arancioni che dominano l’opera.

Nello stesso tempo, pare di sentirli quei sedili di �nta pelle arancioni, imbottiti da non lasciare un �lo d’aria, gon� da non poterci sprofondare, comeun vecchio canapè. Perché ora è come se fossimo seduti dietro, sul vecchio furgone rosso, fuori produzione da tempo: guardiamo un po’ la strada, ilpaesaggio e il retrovisore, dove incontriamo gli occhi del conducente, che appaiono azzurri, grandi e incorniciati da folte sopracciglia bionde. Fumodal motore e dietro la curva una villa bianca posata sulla collina. Come in ogni �lm che si rispetti, l’orizzonte è libero, davanti e dietro, la strada èsgombra, nessuno nei campi. Siamo nella storia, la cornice sparisce, gli occhi vagano cogliendo dettagli, velocemente assorbono ciò che c’è dasapere di quell’intorno, da quell’immobile perturbato solo dal fumo del motore ormai compromesso e dalle nuvole che scorrono portate dallostesso vento. In ogni �lm che abbia un contenuto di suspence la casa è chiusa, le �nestre spente sono occhi vacui, poste in alto per allontanarci dapossibili ripari o da vie di fuga; il giardino è leggermente incolto, lasciato da poco ma lasciato. Occhi paiono guardare il visitatore da più punti. Iparadigmi del mistero sono svelati. O almeno così si potrebbe pensare. La porta pare l’unica padrona di casa: si presenta accogliente, è un museo,invita a entrare, è giorno di apertura.

Quel che accade una volta dentro è il seguito della storia dal vago sapore hitchcockiano: l’autista del camioncino rosso accetta l’invito della portaad entrare, cerca aiuto e dalla �nestra scorge Cathy che, dalla sua tela, lo osservava. All’interno il museo è una teca blu in assortite gradazioni, e allepareti i quadri incredibilmente raccontano la sua storia e quella del suo camioncino rosso da che ha iniziato a fare fumo. Comincia la sua visital’autista, un po’ perplesso, forse in cerca del bandolo della matassa in un continuo entrare e uscire dai quadri, tra immaginario e realtà, tra lostupore e la curiosità. Autori famosi si riconoscono, alle pareti nei loro quadri una storia si dipana. Tra realtà e �nzione il signore del camioncinoincontra il pappagallo di Cathy fuggito dalla gabbia dipinta e ormai fuori cornice, libero fuori dalla �nestra dipinta nel quadro poco più in là, di cuinella foga ha rotto il vetro, magari col becco, per volare �nalmente libero fuori dal quadro, dentro in un altro ma fuori dal museo, andandosi apoggiare proprio sul furgone in panne. La porta del museo ora si scusa, è tempo di chiusura, dentro e fuori dal quadro che la raf�gura mentre latigre guardiana ha lasciato il suo dipinto e l’unico modo per salvarsi è dietro la tenda dove Cathy lo invita a restare fermo e in silenzio. La scena èconcitata. Magritte offrirà una candela dal suo plafond, per fortuna accesa: l’unico modo per fuggire è che il fuoco crei un varco e per fortuna Cathy

prenderà con sé una chiave inglese che servirà a sistemare il motore. E tutto è bene quel che �nisce bene, basta avere una tigre guardiana nel

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prenderà con sé una chiave inglese che servirà a sistemare il motore. E tutto è bene quel che �nisce bene, basta avere una tigre guardiana nelcassone.

Si può giocare in un museo? Si può scatenare l’immaginario tra le sale di una mostra? Si può fare �nta di vivere dentro e di guardare fuori dalquadro? Si possono collegare tra di loro le storie in�nite che narrano le tele, vicine e lontane? Si può avere un’idea propria, un modo proprio divedere l’arte come stando davanti a un libro per immagini? Sembrano porre al lettore tutte  queste domande Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol ementre nascono nella loro mente, mentre vicendevolmente si scambiano idee, come stessero seduti a un tavolo davanti a un caffè, magari in unmuseo: una storia nasce su un foglio, forse quella che vedono proprio appesa alle pareti stando seduti lì, in quel caffè.

 

 

Museum da un’idea di Javier Sáez-Castán con le illustrazioni di Manuel Marsol edito Orecchio Acerbo €14 età di lettura: per tutti

TAGS: albi senza parole , Javier Sáez-Castán , Manuel Marsol , Museum , Orecchio Acerbo

MARINA PETRUZIO

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