Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello

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Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello Guida alla visita del museo e alla scoperta del territorio a cura di Caterina Caneva 2007 EDIZIONI POLISTAMPA www.piccoligrandimusei.it

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collana diretta daAntonio Paolucci

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EdizioniPolistampa

Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello

a cura diCaterina Caneva

Guida alla visita del museoe alla scoperta del territorio

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Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello

Enti promotori / Promoted byEnte Cassa di Risparmio di FirenzeRegione Toscana

In collaborazione con / In collaboration withSoprintendenza Speciale per il Polo Museale FiorentinoSoprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico per le province

di Firenze, Pistoia e PratoSoprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di Firenze,

Pistoia e PratoDiocesi di FiesoleComune di Reggello

Progetto e coordinamento generale / Project and general coordinationMarcella Antonini, Verdiana Fontana, Barbara Tosti

Comitato scientifico / Scientific committeePresidente: Antonio PaolucciCristina Acidini Luchinat, Caterina Caneva, Rosanna Caterina Proto Pisani,

Carla Guiducci Bonanni, Gian Giacomo Martines, Paola Refice, Claudio Rosati, Bruno Santi, Timothy Verdon

Cura scientifica / Scientific supervisionCaterina Caneva

Itinerario nel museo a cura di / Museum tour byCaterina Caneva

Testi di / Texts byCaterina Caneva, Gaia Chimenti, Lorenzo Pesci, don Alessandro Righi

Schede delle opere / Description of the worksCaterina Caneva (nn. 3-4; 53-56; 63-66; 73; 82-83; 117;135; 137-141; 148-150)Gaia Chimenti (nn. 1-2; 5-52; 72; 74-91; 94-116; 120-134; 136; 142-147)Lorenzo Pesci (nn. 57-62; 67-71; 118-119)

Musei del Territorio: l’Anello d’oroMuseums of the Territory: The Golden Ring

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Itinerari a cura di / Itineraries byNicoletta Baldini, Maria Pilar Lebole, Benedetta Zini

Glossario e indici a cura di / Glossary and indexes byFrancesca Sborgi

Coordinamento redazionale / Editorial coordinationCristina Corazzi

Traduzioni per l’inglese / English translationEnglish Workshop

Immagine coordinata della copertina / Cover page byRovaiweber design

Progetto grafico / Graphic project Polistampa

Referenze fotografiche / PhotographyGeorge TatgeAntonio Quattrone (pp. 85-87; 89-90)

Si ringraziano / AcknowledgementsArchivio Storico della Diocesi di FiesoleKunsthistorisches Institut, FirenzeParrocchia di San Pietro a CasciaUfficio Catalogo della Soprintendenza per il Patrimonio

Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Firenze, Pistoia e PratoRoberta Orsi Landini

www.piccoligrandimusei.it

© 2007 Edizioni PolistampaVia Livorno, 8/32 - 50142 FirenzeTel. 055 737871 (15 linee)[email protected] - www.polistampa.comSede legale: Via Santa Maria, 27/r - 50125 Firenze

ISBN 978-88-596-0200-2

In copertina:Masaccio,Trittico di San Giovenale, particolare1422tempera su tavola

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N el 1986 si inaugurava a San Martino a Gangalan-di il primo museo di arte sacra in cui la collabora-

zione tra enti locali, autorità ecclesiastiche e organi delloStato preposti alla tutela trovava quel prezioso punto diequilibrio che sarebbe diventato il fattore saliente di unalunga serie di analoghe iniziative cui l’Ente Cassa di Ri-sparmio di Firenze avrebbe unito il valore aggiunto delproprio sostegno economico.Quella data rappresentava uno dei primi segnali di in-versione di una tendenza secondo la quale, vuoi per mo-tivi logistici, vuoi per una non ancor ben affinata perce-zione della ricchezza delle risorse del territorio, si preferi-va accentrare il patrimonio d’arte delle parrocchie foraneein luoghi considerati più sicuri e controllabili.L’idea oggi prevalente del “museo diffuso” ribalta quel-la vecchia impostazione per restituire al territorio –grazie all’introduzione delle nuove tecnologie che aiu-tano a migliorare le esigenze della sicurezza – ciò che,spesso per ragioni di forza maggiore, era stato pruden-temente sottratto all’attenzione del pubblico e alla pie-tas popolare.Il Museo Masaccio d’arte sacra di San Pietro a Cascia diReggello è stato inaugurato nel 2002, in occasione del VI

Centenario della Nascita di Masaccio, con i contributi diIstituzioni quali la Regione Toscana, la Provincia di Fi-renze, la Diocesi di Fiesole, la Parrocchia di Cascia e del-l’Ente Cassa di Risparmio, soprattutto per la fase di ordi-namento e allestimento.

EdoardoSperanzaPresidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze

Presentazioni

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8edoardo speranza

Il progetto di allestire un museo a Cascia ha origini lon-tane: già negli anni Sessanta, durante i lavori di restauroche interessarono la pieve, alcuni ambienti furono desti-nati ad ospitare un museo, ancora da realizzare.Ma è stato nel corso dell’ultimo ventennio, di fronte alladispersione e alla non fruibilità del patrimonio artisticodella pieve e di altre chiese della zona, che il vecchio pro-getto museale ha preso forma concreta.Oggi il museo è entrato a far parte di un circuito di cen-tri espositivi che può contare su di uno strumento, volutoe promosso dall’Ente Cassa di Risparmio, e realizzato conla partecipazione condivisa degli altri soggetti interessati:mi riferisco a Piccoli Grandi Musei, sistema di comuni-cazione integrato che si avvale di un sito internet (www.pic-coligrandimusei.it), di mostre promosse periodicamentenelle località coperte dal progetto e di guide a stampa deimusei coinvolti. La presente guida del Museo Masaccio d’arte sacra di SanPietro a Cascia di Reggello si inserisce in tale contesto edè volta, nello spirito dei Piccoli Grandi Musei, a far me-glio conoscere e apprezzare la realtà storica e artistica delnostro territorio.

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A San Pietro di Cascia di Reggello c’è il trittico detto diSan Giovenale, l’opera prima di Masaccio, l’ incipit

del Rinascimento in pittura. Ma come si arriva a Casciadi Reggello? Si arriva attraverso il percorso insieme geo-grafico ed artistico che cercherò di descrivere.Occorre partire dagli Uffizi, dalla pala di Sant’Anna Met-terza, il dipinto che vede cautamente confrontarsi le dueculture, quella dolce e luminosa di Masolino, quella vo-lumetrica e prospettica di Masaccio. Poi, usciti dagli Uf-fizi, si entra nella Cappella Brancacci al Carmine dove ènecessario sostare di fronte al Tributo: “Colosseo di uomi-ni” come è stato definito. Non bisogna dimenticare il mon-te che sta dietro l’episodio evangelico perché quel monte loritroveremo quando, presa l’autostrada in direzione Val-darno Reggello, giunti all’altezza di Incisa, lo vedremo in-combere sulla pianura. È il Pratomagno, la grande mon-tagna che Masaccio vedeva da San Giovanni, il suo pae-se natale, e, lavorando al Carmine a Firenze, finse sullosfondo del Tributo. Ai piedi del Pratomagno, all’ombradi un venerabile campanile, c’è San Pietro di Cascia, il luo-go che ospita il Trittico di San Giovenale.Altro percorso possibile. Il Museo di San Marco a Firenzeè consacrato al Beato Angelico. La pittura come “visibile pre-gare” ha qui la sua perfetta dimostrazione. Fermiamoci difronte alla Annunciazione in affresco dipinta circa il 1440.Ciò che colpisce è la semplicità, quasi la castità della scenarappresentata. La Madonna è una giovinetta umile e unpo’ spaurita che, a braccia conserte seduta su un rustico sga-

AntonioPaolucciPresidente del ComitatoScientifico

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bello, riceve l’annuncio. L’Angelo è un fanciullo biondo cheaccenna un breve inchino con aria premurosa e felice, esembra abbia fretta di dare l’inaudita notizia: il Verbo siè fatto Carne, Dio si è riconciliato con gli uomini, CristoSalvatore vive nel grembo della Vergine Maria.L’Incarnazione, il mistero più inconcepibile e più ineffa-bile (nel senso che non c’è mente umana che possa com-prenderlo né voce che possa raccontarlo) è presentata dalBeato Angelico con gli strumenti della semplicità e della“moderna” verità. Perché il luogo dell’annuncio è una log-gia fiorentina nitida e rigorosamente esatta nelle propor-zioni e nell’impianto prospettico. Sembra progettata daFilippo Brunelleschi, l’architetto che negli stessi anni co-struiva il Loggiato degli Innocenti. Sullo sfondo un pratoverde e un giardino ombroso, delimitato da una staccio-nata di legno. Verrebbe voglia di entrare in quel giardinosegreto che è figura del Paradiso terrestre. Gli uomini lohanno perduto a causa del peccato dei progenitori, ma ora,grazie al concepimento di Cristo annunciato dall’Angelo, es-so è di nuovo aperto alla speranza dei credenti.Una sottile trama di simboli, una rete di significati legge-ra come un’ala di farfalla, governa la scena. Il pittore siferma sulla soglia del mistero e chiama a una contempla-zione silenziosa. Il silenzio aiuta a entrare nella poesia del-la luce e dell’ombra che accarezza le colonne, i capitelli,svela la profondità del luogo, sfiora il volto della Vergine.La bellezza del mondo che Dio ha dato agli uomini è unmiracolo. Il miracolo del Vero visibile restituitoci dalla pit-tura è il primo gradino per arrivare alla fede. Questo sem-bra voler dire il Beato Angelico nella Annunciazione con-servata nel Museo di San Marco.Ebbene, una variante, quasi un clone, della Annuncia-zione che ho cercato di descrivere e che incanta le centi-naia di migliaia di turisti che ogni anno arrivano in SanMarco, si trova, proveniente dal convento francescano di

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Montecarlo, nel Museo parrocchiale di San Giovanni Val-darno. E un’altra variante ancora dell’Annunciazione –chi volesse proseguire il viaggio per la strada che da Arez-zo porta a Perugia – la incontrerebbe a Cortona.E che dire di Giotto e del suo destino nelle scuole artisti-che di Toscana e d’Italia? Dal suo magistero, come da unarosa dei venti, si dipartono le varianti eccelse che portanoal Buffalmacco di Pisa, all’espressionismo dei bolognesi,alla maniera dolce e fusa di Giovanni da Milano e, in Vald’Arno, alla misura aulica e luminosa di quel grande al-lievo che gli studiosi conoscono come “Maestro di Figline”.Dalla Madonna di Ognissanti degli Uffizi, alla Ma-donna della Costa a San Giorgio del Museo diocesano diSanto Stefano al Ponte a Firenze, è agevole arrivare allaCollegiata di Figline e ai capolavori del maestro che diquesta nobile città ha assunto il nome.La scultura colorata dei Della Robbia ha la sua superbaesemplificazione nel Museo Nazionale del Bargello. Ci so-no tutti i maestri che hanno consegnato al dolce splendo-re dell’ingobbio ceramico le forme del Rinascimento: da Lu-ca, ad Andrea, a Giovanni Della Robbia. Ma chi appenaconosce la provincia italiana sa che le pale robbiane sonopresenti ovunque: dalle Marche all’Umbria, dalla Vernaal Valdarno alla Valdichiana. Ed ecco che il delizioso Bu-sto di fanciulla del Bargello viene a tener compagnia aicapolavori invetriati di cui è orgogliosa, nel suo museo an-nesso alla collegiata di San Lorenzo, Montevarchi. Infineil Ghirlandaio, il Ghirlandaio che sta a Santa Trinita,chiesa vallombrosana di Firenze e sta anche a Vallombro-sa chiesa madre dell’ordine. Quale modo migliore per sot-tolineare una stia comune di storia, di cultura e di fedeche portare nella venerabile abbazia, il Presepio che laCappella Sassetti gelosamente conserva?Così vanno le cose nel nostro Paese, questa è la vera pecu-liarità che ci fa unici ed invidiati nel mondo. Si esce dal-

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la città illustre e dal grande museo oggetto del turismo deigrandi numeri e si entra nella affascinante trama d’orodel museo diffuso. In Italia (e in Toscana con particolarevisibilità e splendore) tutto si riflette in tutto. Storia e Bel-lezza si moltiplicano in rivoli preziosi che occupano ogniprofilo di collina, ogni piega del paesaggio. Masaccio staagli Uffizi e al Carmine ma anche a San Pietro di Casciadi Reggello; il Beato Angelico lo incontriamo a San Mar-co ma anche a San Giovanni Valdarno; Giotto abita gliUffizi e Santo Stefano al Ponte ma i suoi mediati river-beri arrivano fino alla collegiata di Santa Maria Assun-ta a Figline. I maestri robbiani sono ubiqui (al Bargellocome a Montevarchi) e ubiquo è il Ghirlandaio che sta nel-l’abbazia di Vallombrosa come nella Cappella Sassetti diSanta Trinita.Affinché tale concetto emerga con evidenza smagliante,nel 2007, la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenzepresieduta da Edoardo Speranza ha portato a Cascia diReggello la Madonna Casini (dagli Uffizi), a San Gio-vanni un comparto, appena restaurato, della celebre “pa-la dei Linaioli” del Beato Angelico (da San Marco), a Fi-gline la Madonna di San Giorgio alla Costa del giova-ne Giotto, a Montevarchi la Fanciulla del Bargello, e a Val-lombrosa la “pala Sassetti” del Ghirlandaio. L’obiettivo èdegno e importante. Noi vogliamo che i tesori d’arte di-stribuiti nelle città e nei paesi della nostra regione – agliUffizi e al Bargello di Firenze come nei piccoli centri enelle mirabili raccolte di arte sacra che costellano la Valledell’Arno – vengano intesi e vissuti come parti di quell’u-nico e vivo museo sotto il cielo che è la Toscana.

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I l Valdarno Superiore (il territorio della valle del fiumeprincipale della nostra regione che dal termine della

grande curva che aggira il Pratomagno giunge fino a Fi-renze) è senza dubbio una zona di cospicuo interesse pae-saggistico e storico.I calanchi ai piedi della zona di Reggello, le cortine mon-tane che delimitano il corso dell’Arno (da una parte i mon-ti del Chianti, dall’altra lo stesso Pratomagno), i boschimaestosi della Vallombrosa, le colline che già presagisconola piana fiorentina, sono già di per sé i segni di una na-tura un tempo rigogliosa (e in parte silvestre), mentre icentri abitati rimandano – coi loro castelli, le cittadine mu-rate, le abbazie – a una vicenda storica complessa e dovi-ziosa, ricca di memorie civili e religiose.(Domina su tutte – comunque – la suggestiva badia val-lombrosana, austera come un fortilizio, quasi volesse ri-cordare, con questo suo aspetto severo, la volontà riforma-trice di san Giovanni Gualberto, che dopo il perdono al-l’uccisore del fratello, portò con la sua congregazione di re-gola benedettina che prese il nome proprio dal luogo dovesorse il cenobio, un forte àlito di rinnovamento nelle stan-che e confuse membra della chiesa fiorentina).Eppoi, i numerosi insediamenti urbani, tutti dipendentidall’espansione della dominante Firenze, che in questa zo-na, così fondamentale per i collegamenti nord-sud della re-gione, fondò mercatali, terre nuove, castelli.Nonostante le suddivisioni amministrative posteriori (ein parte storicamente incongrue), il segno di Firenze si è

Bruno SantiSoprintendenteper ilpatrimoniostorico,artistico edetnoantropolo-gico di Firenze,Pistoia e Prato

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fatto sentire in modo chiaro e inequivocabile in queste zo-ne, lasciando memorie e testimonianze d’arte d’indubi-tabile rilevanza, nonché personalità artistiche che hannolasciato un’orma profonda nella cultura figurativa tosca-na e nazionale.Così Masaccio, nato da una nota famiglia notarile in Ca-stel San Giovanni in Altura, poi San Giovanni Valdar-no; così Masolino, ormai accertato come nativo di Pani-cale in questa stessa valle, solo per ricordare i vèrtici di unacultura figurativa che, rinnovata, s’avviava verso le solu-zioni “rinascimentali” delle problematiche espressive del-l’arte pittorica.Ed è proprio il “Rinascimento in Valdarno” il titolo dellanuova iniziativa dell’Ente Cassa di Risparmio fiorentina,che nell’àmbito del più ampio progetto “Piccoli grandi mu-sei” (il cui successo, nelle zone del Chianti e della Valdel-sa, ha confermato la validità dell’impresa, vòlta soprat-tutto a valorizzare il patrimonio artistico sul territorio,quel “museo diffuso”, caro come definizione e attenzionead Antonio Paolucci, una delle personalità del nostro tem-po più note e attive nel settore dei beni culturali, in cui hasvolto incarichi prestigiosi, fino alla più alta carica mini-steriale), ha voluto ribadire la propria sensibilità verso lapresenza culturale nelle zone della provincia fiorentina ela sua conoscenza.Con in più, una intuizione che definirei di contestualità“topografica” : ossia l’unitarietà degli aspetti di civilizza-zione, di lingua e di tradizioni del Valdarno Superiore,oggi inopinatamente diviso tra le province di Arezzo e diFirenze.Il progetto si muove su una falsariga già sperimentata connotevole rispondenza di pubblico e – se mi si concede –anche seguendo un principio che riteniamo di notevolerilevanza storica e storico-artistica: ossia, il prèstito – nelterritorio e al territorio – di opere d’arte di grande rilie-

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vo provenienti dal vastissimo patrimonio fiorentino perun doveroso confronto con le presenze locali. Ecco quin-di Giotto a Figline; Domenico Ghirlandaio a Vallom-brosa; Masaccio a Cascia di Reggello; il Beato Angelico aSan Giovanni Valdarno e infine Andrea della Robbia aMontevarchi.L’iniziativa così strutturata non resta dunque fine a se stes-sa. I validi supporti alla sua conoscenza, ossia le guide deimusei che ospitano le opere, sono state rivisitate e aggior-nate, a cura di sperimentati curatori storici dell’arte, cosìda renderle strumenti attuali ed esaurienti; non mànca-no – a perfezionare la conoscenza approfondita del terri-torio – itinerarî che porteranno i visitatori verso le realtàproduttive della zona, e verso le sue risorse e attrattive eno-gastronomiche.E infine, a cura della giurisdizione ecclesiastica, una de-scrizione delle abbazie che nei secoli hanno caratterizza-to la presenza religiosa nel Valdarno Superiore.La realizzazione dell’iniziativa – originata da una deci-sione motu proprio dell’Ente Cassa – si deve comunquea una figura professionale che crediamo davvero unica nelcontesto europeo della tutela del patrimonio culturale e ti-pica dell’amministrazione dei beni culturali del nostroPaese: il funzionario di soprintendenza (rappresentato, inquesto caso, nel Valdarno fiorentino da Caterina Càneva,che di queste zone è conoscitrice profonda, e a cui si devo-no – nel tempo – tante iniziative di valorizzazione tra cui– me lo si lasci celebrare per legittima soddisfazione d’uf-ficio – l’ordinamento del museo della pieve di San Pietroa Cascia e di quello dell’Abbazia di Vallombrosa; e daisuoi omologhi nella parte della valle pertinente alla pro-vincia d’Arezzo): ossia il personaggio istituzionale (per co-sì dire) che dall’ormai secolare operatività di questi ufficîha sempre saputo unire l’opera di controllo e di tutela sul-la conservazione e la sicurezza del patrimonio a lui affi-

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dato con la sua conoscenza scientifica (quindi storico-cri-tica).A queste personalità di funzionarî e studiosi va dunqueattribuita la produzione dei testi; agli enti locali interes-sati dal progetto, la disponibilità e la coscienza di far par-te di un programma di valorizzazione del territorio; al-l’Ente Cassa di Risparmio, alla sua presidenza, alla dire-zione generale, ai collaboratori davvero instancabili checooperano con le strutture dirigenziali, la Soprintendenzaper il patrimonio storico-artistico di Firenze (e credo, an-che l’analogo ufficio di Arezzo), non può che rinnovare lagratitudine non solo per l’indubbia opera di valorizzazio-ne di questo patrimonio di cultura, di storia, di devozio-ne religiosa e creatività umana, ma anche per la costanteopera di favorirne la conservazione, in un momento – fi-nanziario e operativo – certamente non propriamente fe-lice nell’amministrazione statale dei beni culturali.

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I l patrimonio artistico della Toscana è costituito da un’in-finita quantità di espressioni artistiche che spaziano dai

manufatti etruschi alle avanguardie del ’900, passando peril Rinascimento ed il Barocco e coinvolgono l’intero terri-torio regionale.Possiamo affermare che l’intera nostra regione è un museoa cielo aperto e gli oltre 450 musei della Toscana un sologrande museo capace di toccare più di 450 aspetti unici ediversi della nostra storia.L’idea che guida i nostri progetti culturali e che ci ha per-messo di iniziare a valorizzare le potenzialità, spesso nonsfruttate, della Toscana minore è proprio quello di presen-tare la nostra offerta come un unico museo vivo e moderno.Un unico museo formato da una rete di siti e di attivitàche interagiscono e dialogano fra loro abbinando la voca-zione ad esporre e conservare a quella della promozione edella valorizzazione.È la logica di “sistema” la chiave di volta per permettereun’efficace promozione anche dei musei così detti “piccoli”che avrebbero altrimenti minori possibilità di visibilità.Attraverso il sostegno alle forme di cooperazione fra musei,a livello tematico o territoriale, riusciamo a far crescere siala qualità dell’offerta e raggiungere livelli di eccellenza. Untraguardo che, in considerazione di quanto la nostra terraha da offrire, dobbiamo considerare irrinunciabile.Continueremo ad investire in cultura perché consideria-mo la cultura un fattore di sviluppo economico e di occu-pazione qualificata e soprattutto perché investire in cul-tura significa investire sull’intelligenza delle persone e sul-l’identità di un territorio: la Toscana.

ClaudioMartiniPresidentedella RegioneToscana

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L a Diocesi di Fiesole con il concorso di alcuni Enti, co-me l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, e la collabo-

razione delle Soprintendenze, ha realizzato musei per l’ar-te sacra dislocati sul territorio, cercando di mantenere leopere d’arte nelle zone di origine. In questi ultimi anni so-no nati i musei della Basilica di San Giovanni Valdarnocon l’Annunciazione del Beato Angelico, della Pieve di Ca-vriglia con la Croce tardo-ottoniana della seconda metàdel secolo XII, della Collegiata di Montevarchi con il Tem-pietto robbiano, di Cascia di Reggello con il Trittico diSan Giovenale di Masaccio, di Vallombrosa con la paladel Ghirlandaio, di Incisa Valdarno con la tavola di Se-bastiano Mainardi, e non va dimentico quello della Col-legiata di Figline Valdarno, il primo sorto sul territorionegli anni Ottanta del Novecento, che conserva la tavoladel Cigoli.I Musei d’arte sacra sono da considerarsi come luoghi pri-vilegiati per la conservazione, la tutela e la valorizzazio-ne del patrimonio artistico, culturale e religioso della co-munità diocesana, un patrimonio che merita di essere con-siderato punto di riferimento per iniziative culturali e pa-storali. È infatti sempre più urgente ed indispensabile ope-rare sul territorio a tutti i livelli, non solo per salvaguar-dare le preziose opere d’arte esistenti, ma per creare nellecomunità locali strutture vive che possano essere una sor-ta di documentazione di arte, di storia e di memoria, nel-la quale ritrovare le origini delle nostre radici.

† LucianoGiovannettiVescovo di Fiesole

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I l territorio del nostro Comune comprende una zona par-ticolarmente felice per bellezze naturali ed emergenze

storico-artistiche, che si intersecano e si completano le unecon le altre, in un insieme unico e caratteristico di questaterra di Toscana.Le pievi, con i loro campanili imponenti, emergono daiterrazzamenti degli ulivi e le ville ed i castelli si staglianoall’improvviso sul profilo delle colline. Questo è il nostropaesaggio, in cui scindere l’apporto dell’uomo da quellodella natura sarebbe difficile ed anche inutile. La sedi-mentazione storica ha lasciato ricordi tangibili ed ancoravivibili, che ci sorprendono sempre per la loro bellezza,evidente nelle pietre antiche, come nei tracciati delle stra-de o nei toponimi che parlano di un passato lontano.Questa terra, resa così ricca dal trascorrere del tempo, dal-le sue caratteristiche paesaggistiche e dalla presenza del-l’uomo, ha anche la fortuna di collocarsi al limitare delterritorio di Firenze, con cui ha avuto da sempre rappor-ti di vario genere, in un interscambio storico ed artisticoche si fa ancora sentire.Evidentemente non è un caso se il Masaccio della Cappel-la Brancacci ha compiuto una delle sue prime opere pro-prio qui, nella chiesetta di San Giovenale, che si raggiun-ge ancor oggi per una strada campestre, probabilmente de-rivazione dell’antica Cassia.Significa che una temperie culturale diffusa ha dato i suoifrutti, non fermandosi solo al capoluogo ma investendoanche il “contado” e vivendo fuori della città.

Don OttavioFailli

Pievano

SergioBenedetti

Sindaco di Reggello

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L’identità locale che ne deriva è estremamente importan-te, soprattutto in un tempo come il nostro che tende adomologare ed appiattire le differenze. È importante inquanto dà il senso alla nostra comunità della grandezzadel patrimonio di cui è depositaria, che deve essere valo-rizzato con ogni mezzo.È questo uno degli obiettivi prioritari della nostra Ammi-nistrazione, che si è sempre adoperata per qualificare il ter-ritorio. Anche la nascita del Museo d’arte sacra “Masac-cio” è stata motivo di grande soddisfazione ed è stata ap-poggiata con convinzione e forza: attraverso oggetti sacri edipinti, il Museo permette un recupero della memoria sto-rica ed artistica di questi luoghi, facendo conoscere un pas-sato legato intimamente alla nostra cultura e permettendodi fruire di opere d’arte che in precedenza si trovavano di-sperse in luoghi diversi. Si tratta di dipinti dell’arte fio-rentina, argenti, oggetti ecclesiastici ed una collezione diparamenti sacri dai preziosi tessuti, raccolti in locali, nelcomplesso della pieve romanica di San Pietro a Cascia, chesono essi stessi testimonianza del nostro passato.L’iniziativa promossa dall’Ente Cassa di Risparmio, chesostiene un progetto legato alla valorizzazione delle realtàmuseali locali, è per noi estremamente rilevante, in quan-to dà nuovo risalto e visibilità al Museo “Masaccio” e saràcerto in grado di catalizzare l’interesse del pubblico chesperiamo vorrà prendere l’occasione per apprezzare anchele tante altre eccellenze del nostro territorio.Ringraziamo quindi molto tutti coloro che hanno credu-to in questo progetto e si sono adoperati per la sua attua-zione, perseguendo l’obiettivo di ampliare l’accesso ad unafruizione culturale decentrata.

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I l Museo di Cascia è nato all’ombra di due grandi nu-mi tutelari: la pieve di San Pietro e il Trittico di San

Giovenale di Masaccio, entrambi pietre miliari nel pa-trimonio storico-artistico italiano, oltre che toscano.Intorno a questi due capolavori di architettura e d’ar-te, che ne sono stati l’elemento trainante, è stato pos-sibile realizzare questa nuova struttura museale che, dal2002, arricchisce il territorio di Reggello con ambien-ti diversamente allestiti e articolati, all’insegna dell’ag-giornamento tecnico e dell’eleganza di arredi.

La pieve

Sorta come altre pievi romaniche lungo l’antico trac-ciato della consolare Cassia Vetus, di cui l’attuale stradadetta “dei Sette Ponti” ripercorre in parte il tracciato,la pieve testimonia, come le consorelle di Pelago, Pitiana,Scò e Gropina tra le altre, l’importanza che questi edi-fici rivestivano lungo le vie più importanti di comuni-cazione (e di pellegrinaggio), tanto sotto il profilo reli-gioso quanto sotto quello civile e amministrativo. Co-struita probabilmente sul sito di una più antica chiesapaleocristiana, con a fianco una torre longobarda poiadattata a campanile, la pieve acquisì la struttura at-tuale tra la fine del xii e l’inizio del xiii secolo, nel piùpuro e austero stile romanico. La facciata, su cui si è ar-moniosamente appoggiato in età rinascimentale un por-tico, chiuso ai lati nel 1569, presenta il tipico tetto a

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CaterinaCaneva

Pieve di SanPietro a Cascia

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spioventi ed è appena animata da un’archeggiatura cie-ca che sembra dilatarsi negli archi del portico sotto-stante; l’interno è a tre navate divise da colonne condue pilastri nella zona dell’altare e ha un’unica absideche espandendosi all’esterno rende particolarmente sug-gestiva la veduta dal retro. I capitelli meritano una par-ticolare considerazione, dotati come sono di intagli amotivi fitomorfi ma anche con scene allegoriche in cuihanno risalto essenziale uomini e animali e pur essen-do probabilmente opera di maestranze locali rivelanol’apporto fondamentale della cultura figurativa e tecnicalombarda.Nel tempo la chiesa, seguendo il cambiamento del gu-sto che dal Cinquecento in avanti prediligeva il fastonegli arredi e nei dipinti, ha subito specie nel suo in-terno profonde modifiche che l’hanno progressivamentedotata di grandi altari laterali e di pitture murali so-vrabbondanti. In quell’occasione (fine Cinque-inizi Sei-cento) entrarono a decorare le nuove strutture granditele di autori e di qualità diversi, mentre si veniva stra-tificando un patrimonio di arredi liturgici e parati ditutto rispetto.La pieve del resto era sede di pievani spesso benestan-ti, quando non addirittura luogo di diporto di vescovidi Fiesole appartenenti all’aristocrazia fiorentina, sen-za contare le Compagnie religiose che vi avevano sedee le grandi famiglie con importanti possedimenti nel-la zona: elementi che concorrevano a dotare la chiesadel cospicuo patrimonio di tessuti, argenteria e legni in-tagliati che ha trovato sede nel museo. La presenza poidi un Crocifisso ligneo ritenuto miracoloso, attorno alquale si concentrava la devozione dei fedeli, vi facevaconvergere una ricca messe di ex voto, mentre si ag-giungevano progressivamente alla canonica altri corpidi fabbrica: questi hanno finito per creare un cortile in-

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terno quasi rettangolare dotato di belle proporzioni edi splendida acustica.Solo negli anni Sessanta del Novecento, ad opera del-l’architetto e soprintendente Morozzi, fu intrapresa co-raggiosamente l’operazione di smantellamento che harecuperato alla pieve il suo aspetto originario sia all’e-sterno che all’interno, con l’eliminazione dei grandi al-tari e delle eccessive decorazioni. Da quel momentoSan Pietro a Cascia è entrata a buon diritto nel noverodelle più armoniose ed essenziali architetture romani-che della Toscana.Al suo interno si conservano oggi: nella zona absidaleil pregevole Crocifisso ligneo trecentesco detto “dellaCasellina” dall’antico oratorio di provenienza e (sullaparete sinistra) un affresco staccato raffigurante l’An-nunciazione, opera di Mariotto di Cristofano, cognatodi Masaccio.Allorché, all’inizio di questo secolo, col concorso del-la parrocchia animata dal pievano don Ottavio Failli,della Diocesi di Fiesole, della Soprintendenza dei Be-ni Artistici e Storici e con l’apporto determinante del-l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, si giunse alla de-terminazione di allestire il museo della pieve, furonoverificati i materiali degni di essere esposti. Tra questii più appariscenti erano le grandi tele e tavole che, conla distruzione degli altari, avevano perso la loro origi-naria collocazione: si trattava di opere di pregio dallafine del Quattrocento al Settecento, ricoverate da de-cenni nei depositi delle Soprintendenze. Fra gli auto-ri, oltre alla Scuola del Ghirlandaio, erano presentiAlessandro Allori detto Bronzino, Santi di Tito, Jaco-po Vignali, Zanobi Rosi e anche un interessante e mi-sterioso pittore “alloriano” che nel 1575 firmava unabella tavola centinata «Agnolo Ghuidotti da Fiesole»:segno di una buona capacità dei committenti di orien-

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tarsi tra le diverse botteghe attive a Firenze. La mag-gior parte dei dipinti è stata restaurata e, a comincia-re dalle più pregevoli, le grandi pale sono state sele-zionate per il museo dove occupano oggi un posto dirilevanza nel grande salone.Quanto agli arredi e ai parati, la pieve poteva contaregià su una dotazione considerevole, ma tenendo contodell’esistenza sul territorio di Reggello di tante altrechiese antiche dotate di un ricco patrimonio artistico(vedi a questo riguardo pp. 123 e sgg.), è sembrato op-portuno trasferire qui per una migliore conservazionee fruizione quanto di meglio era custodito con cura ge-losa ma spesso in condizioni precarie di sicurezza inqueste altre sedi. In particolare con questa operazionesi è venuta a comporre nel museo una ragguardevole se-zione di paramenti sacri, dal Quattrocento al Nove-cento, provenienti tra l’altro da Santa Margherita a Can-celli, da Sant’Agata in Arfoli, da San Pietro a Pitiana,da Sant’Andrea a Borgo a Cascia e dalle chiese di Ro-ta, Ostina, Pontifogno: l’interesse che negli ultimi de-cenni si è venuto concentrando su questi manufatti son-tuosi ma anche fragili e facili da disperdere ha suggeri-to di destinare alla loro esposizione diverse vetrine nelmuseo, all’interno delle quali vengono esposti a rota-zione per una migliore conservazione. Diversi restaurisono stati inoltre intrapresi al riguardo, come del restosugli oggetti d’argento e di legno intagliato, anch’essiprovenienti da alcune della chiese su citate. In partico-lare ci piace ricordare la bella Croce astile del Quattro-cento dalla chiesa di Santa Maria a Sant’Ellero, usataininterrottamente in loco fino al trasferimento nel mu-seo. Altri arredi si segnalano per antichità, come il tu-ribolo, la navicella e il secchiello del Trecento da San Mar-tino a Pontifogno, o per la qualità dell’esecuzione, co-me il Calice “della Passione” del secolo xviii da Santa

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Margherita a Cancelli o il reliquiario a croce da SantoStefano a Cetina del secolo xviii e, non ultimo, il bel-lissimo calice degli anni Trenta-Quaranta del Nove-cento dell’orafo fiorentino Manuberti, appartenente aCascia.Tra le particolari collezioni del museo, che lo distin-guono da altri analoghi, segnaliamo la sezione degli Exvoto (nella “Camera del Pievano”) che rievocano unaprassi devozionale assai diffusa e documentata da og-getti diversi, preziosissimi o semplicemente toccantiper l’atto di gratitudine che essi testimoniano. Ancorapiù originali sono la piccola raccolta di Icone di mani-fattura russa dal xviii al xx secolo e quella di oggetti ti-pici della liturgia ebraica, con argenti di grande qualità;realizzata dall’attuale pievano don Failli, questa raccol-ta consente un interessante confronto con le immagi-ni e gli arredi della liturgia cattolica, così ben rappre-sentati nel museo.

Il Trittico di San Giovenale di Masaccio

Prima di trovare la sua collocazione legittima all’inter-no del museo, l’opera era visibile dal 1988 nella zonaabsidale della pieve, della quale aveva da quel momen-to condizionato positivamente la vita grazie all’interes-se di studiosi, appassionati e turisti che vi convergonocostantemente attratti da quel capolavoro assoluto, laprima opera a noi nota di Masaccio. La pieve non èperò la sede originale del Trittico, del quale gioverà quiripercorrere brevemente la storia.Non citato dalle fonti, né conosciuto prima del secoloxx, il dipinto fu riscoperto nel 1961 nella chiesetta di SanGiovenale, distante poche centinaia di metri da Cascia,da Luciano Berti, studioso insigne del Masaccio e poidirettore degli Uffizi. La destinazione originale a quel-

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la sede era confermata dalla presenza, a sinistra dellaVergine, di San Giovenale, raramente rappresentato al-trove. Subito trasferito a Firenze il dipinto fu sottopo-sto a studi approfonditi oltre che ad un restauro glo-bale, indispensabile date le cattive condizioni delle ta-vole che lo compongono e della superficie pittorica in-teressata da molte cadute e sollevamenti di colore. Sot-to una cornicetta moderna che lo racchiudeva vennealla luce la scritta in basso che conteneva oltre ai nomidei santi, Bartolomeo, Biagio, Giovenale e Antonio aba-te, anche la data «(Anno do) mini mccccxxii a di ven-titre d’ap (rile)», determinante per poter assegnare aMasaccio l’opera che già rimandava all’artista per spic-cate qualità stilistiche e che Berti poté quindi inserirea buon diritto nel suo fondamentale studio sull’operadell’artista valdarnese. Dal 1961 dovevano passare 27anni prima che il Trittico, conservato intanto nei de-positi della Soprintendenza, trovasse una sua dignito-sa collocazione: non essendo più la chiesa di San Gio-venale idonea alla sua conservazione, restava in dubbiose trasferire il Trittico a Fiesole (appartiene di fatto alCapitolo di quella Cattedrale) o riportarlo comunquesul territorio di origine. Quest’ultima soluzione era cal-deggiata fortemente in loco e auspicata anche dalla So-printendenza, orientata negli ultimi decenni a mante-nere le opere d’arte sul luogo di destinazione origina-le, con un procedimento inverso a quello che nei seco-li precedenti ha portato alla spoliazione delle chiese pe-riferiche in favore dei grandi musei cittadini. Alla fineha prevalso quest’ultima opinione e il Trittico ha ripre-so trionfalmente la strada di casa, accolto sulla paretesinistra di fianco all’abside, sopra il fonte battesimale,nella splendida pieve di Cascia, luogo all’altezza di con-servare al meglio ed esibire questo fondamentale epi-sodio di arte rinascimentale.

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Protetto e controllato il Trittico ha trascorso qui altri 19anni della sua vita prima di essere trasferito in occasio-ne della manifestazione “Rinascimento in Valdarno”all’interno del museo, nella sala a lui dedicata, dove aparità di protezione e conservazione potrà essere am-mirato con più agio. Più oltre in questa stessa guida sitroverà un capitolo speciale dedicato appunto a questogrande brano di arte italiana.

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Chiesa di SanGiovenale a Cascia

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Il Romanico nel Valdarno Superiore

T ra il secolo XI e il XIII si assiste nel Valdarno Superiore alla nascita oalla riedificazione di una serie di pievi e abbazie dalle caratteristi-

che formali e strutturali alquanto unitarie, tanto da far supporre l’ope-rare di una serie di maestranze di oltre Appennino. Molti di questi edi-fici hanno però subito nel tempo ammodernamenti pesanti che hanno inparte cancellato il primitivo aspetto romanico: la pieve di San Pietro aPitiana, già esistente nei primi decenni del secolo XI, ebbe ad esempio unamassiccia ristrutturazione nel 1631, tant’è vero che del periodo romanicoha conservato intatto solo il campanile.San Pietro a Cascia, sorta a lato del guardingo longobardo, conobbe al-la fine del secolo XII il massimo splendore con la realizzazione dell’edifi-cio che vediamo oggi. Sorta come Cascia, Gropina e San Giustino sullaStrada dei Sette Ponti, troviamo citata nei primi decenni del Mille an-che Santa Maria di Scò, che possiamo ammirare nella sua originale bel-lezza caratterizzata dalla facciata composta da cinque arcate cieche e daun impianto basilicale concluso da tre absidi.San Pietro a Gropina, esistente prima del X secolo, risultava possesso del-l’Abbazia di Nonantola e venne completamente riedificata nel XII secolo,ma conserva ancora l’ambone longobardo. San Giustino, sorta nel secoloXII, segue lo schema basilicale a tre navate divise da pilastri e da due co-lonne. Anche San Leolino a Rignano, sorta nei secoli X-XI, presenta unospazio interno diviso in tre navate e concluso da tre absidi mentre il cam-panile, a fianco della chiesa, mostra nella zona inferiore tracce della strut-tura romanica. A Figline Valdarno, San Romolo a Gaville, sorta nel se-colo XII a fianco della torre preesistente, risulta inserita nella sua vetustàin un contesto particolare. L’interno, a tre navate divise da colonne concapitelli e pilastri interessanti, termina con una sola abside. San Gio-

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vanni Battista a Cavriglia, documentata già nel secolo XI, ebbe un ruo-lo importante per tutto il territorio circostante: tracce dell’edificio roma-nico sono visibili nella zona absidale e nelle strutture perimetrali.Tutte queste pievi, come abbiamo visto, sono a impianto basilicale a trenavate spartite da colonne, pilastri e capitelli riccamente scolpiti a moti-vi zoomorfi, fitomorfi o figurati; presentano inoltre un paramento mura-

L’abside di San Pietro a Cascia

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rio composto da conci di arenaria perfettamente squadrati e una o tre ab-sidi. La copertura è realizzata con legname a vista, mentre la volta a bot-te è limitata alle cripte come nell’Abbazia di Rosano e nella pieve di SanPancrazio a Cavriglia: considerati nel loro insieme questi edifici, per di-mensioni e armonica integrazione di architettura e scultura, costituisconouna delle più importanti realizzazioni del Romanico in terra di Toscana.Accanto alle chiese battesimali dobbiamo ricordare però anche molte chie-se da esse dipendenti che hanno mantenuto un carattere romanico di estre-ma semplicità: tali edifici di culto presentano un impianto a unica na-vata con abside e talvolta conservano qualche elemento di chiostro, comenelle canoniche di San Pietro in Perticaia e di San Michele a Pavelli (que-st’ultima in particolare va ricordata per aver mantenuto il rivestimentoabsidale a bande alterne di alberese e arenaria). È da ricordare anche lachiesa di Sant’Agata in Arfoli che, pur rimodernata nel secolo XV, con-serva numerosi reperti medievali, come del resto la chiesa di San Siro aCascia che ha mantenuto un interessante fregio decorativo sull’antica por-ta di accesso riferibile ai secolo VIII-IX.Anche i monasteri benedettini esistenti nel Valdarno ebbero una grandeimportanza, come Santa Maria di Rosano, fondata dai Conti Guidi nel780, la quale conserva all’interno della chiesa abbaziale il più antico Cro-cifisso dipinto su tavola della Toscana, dovuto al cosiddetto “Maestro diRosano”. Le abbazie di Vallombrosa e Montescalari erano caratterizzatea loro volta dalla massima austerità, con chiesa a croce latina ad unicanavata terminante con un’abside e transetto sporgente. L’apparato deco-rativo era solitamente ridotto al minimo: come nell’Abbazia di San Sal-vatore a Soffena, simile a quelle citate ma priva di abside.Va ricordato che questo rigoglioso fiorire di prestigiosi e capillarmente dif-fusi edifici sacri, oltre all’opera dei monaci, fu reso possibile grazie allapresenza di importanti famiglie fiorentine magnatizie come i Guidi, gliUmbertini, i Firidolfi-Ricasoli e i Pazzi, che avendo grandi possedimen-ti sul territorio concorrevano con generoso mecenatismo alla costruzionedelle chiese e alla dotazione di opere preziose per abbellirne gli altari.

Don Alessandro Righi

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Interno di San Pietro a Cascia

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1 Sala 1Hall 1

2 Sala 2 (Sala di Masaccio)Hall 2 (Masaccio Room)

3 Sala 3 (Camera del Pievano)Hall 3 (Parish Priest’s Chamber)

4 Scala di accesso al primo pianoStairway to the First Floor

Biglietteria / BookshopTickets / Bookshop

delPianta museoPiano terra

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Piano terra

A l Museo Masaccio si accede dalla zona absidale del-la pieve, un punto di vista particolarmente sugge-

stivo che merita una sosta per ammirarne i volumi scar-ni, nitidi e articolati nei quali l’interno sembra espan-dersi in una curva plastica. L’edificio che ospita su duepiani il museo è perpendicolare alla chiesa e chiude conla sua struttura di belle proporzioni il cortile interno,spazio sereno e armonioso dominato dalla grande tor-re-campanile, che ospita spesso nelle serate estive pic-cole conferenze, concerti o spettacoli teatrali qualifica-ti, frequentati non solo dalla gente del luogo.

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Visita al museo

CaterinaCaneva

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Biglietteria e bookshopLa prima piccola stanza cui si accede oltrepassando lasoglia è destinata ad uso di biglietteria e bookshop. Èpossibile trovare, oltre a souvenir di vario genere, an-che molti libri su Masaccio e in particolare tutto quel-lo che è stato pubblicato sul Trittico di San Giovenale:atti di convegni, opuscoli e in particolare il volume checontiene gli ultimi studi a conferma definitiva della pa-ternità dell’opera a Masaccio.

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1 - Sala 1L’accesso alla grande sala non è diretto: è stata infatticreata una specie di vestibolo con una parete che ri-propone il logo del museo (il particolare del Trittico diMasaccio col libro di san Giovenale e l’autografo del-l’artista) e la scritta «Museo Masaccio d’Arte Sacra» trac-ciata nelle lettere capitali usate appunto nel dipinto. Lasala vera e propria è caratterizzata dagli alti pannelli sucui sono stati posizionati i grandi dipinti un tempo su-gli altari della chiesa, ed è praticamente divisa in duesezioni da un tramezzo che ripropone stilizzata unastruttura di altare, comprensivo di paliotto, su cui èesposto il dipinto più antico.La visita alla sala, che comprende oltre ai dipinti orefi-cerie, legni intagliati e paramenti sacri esposti per set-tori, può iniziare dalla piccola vetrina nel vestibolo a si-nistra e proseguire poi da destra in senso antiorario nel-la prima sezione per continuare poi, sempre in senso an-tiorario, nella seconda. Da segnalare alla fine del per-corso la piccola collezione di oggetti e dipinti apparte-nenti a culture diverse: icone care al culto ortodosso eargenti afferenti alle cerimonie ebraiche. La raccolta,costituita dall’attuale pievano, don Ottavio Failli, puòcostituire un interessante momento di confronto conl’arte e gli strumenti legati alla liturgia e all’iconografiacattolica.

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Vetrina 1

1. manifattura toscanaLibro dei Capitolisecolo xviiargento sbalzato, velluto rosso;cm 26,5�21pieve di San Pietro a Cascia(inv. 76)La custodia, costituita da una copertadi velluto rosso, contiene il libro deiCapitoli della Compagnia del Santis-simo Sacramento. Sulla coperta è in-serito un medaglione ovale all’inter-no del quale è inciso il calice eucari-stico, mentre agli angoli sono appli-cate delle elaborate decorazioni astampo in argento con motivo di pal-mette e foglie d’acanto.

2. manifattura fiorentinaCaliceprima metà del secolo xviiargento sbalzato e cesellato;cm 25�11,5chiesa di San Giovenale a Cascia(inv. 33)

Parete a destra dell’ingresso

3. massimo tosiCascia e il territorio di Reggello2002riproduzione su supporto rigido di un originale acquarellatoL’acquerello originale è stato realiz-zato dall’architetto Tosi in occasio-ne dell’inaugurazione del museo econtiene raffigurazioni esatte dei mo-numenti principali del territorio edelle chiese da cui sono pervenuti almuseo molti oggetti e paramenti pre-ziosi.

4. scuola fiorentinaAnnunciazionefine secolo xvii-inizi secolo xviiiolio su tela; cm 88 (diam.)pieve di San Pietro a Cascia(inv. 11)Conservato un tempo nella canoni-ca, il piccolo tondo può considerar-si un pregevole esempio di buona pit-tura fiorentina a cavallo dei due se-coli, sulla linea di Camillo Sagresta-ni o Matteo Bonechi, autori di gran-

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di imprese decorative nelle chiese enei palazzi di Firenze.

Vetrina 2

5. manifattura toscana (?)San Nicola di Barisecolo xviiilegno intagliato e dipinto (il corpo, la base e il pastorale);

seta e cotone (gli abiti); cm 53 (alt.)chiesa di San Niccolò a Forliiscrizione sulla base: s. nicolavs(inv. 23)La statuetta presenta san Nicola nel-la sua veste di vescovo con il pasto-rale proteso in avanti nella sinistra enella destra tre sfere d’oro che si rife-riscono alla leggenda secondo cui ilsanto donò, come dote, tre borse d’o-

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ro a tre fanciulle povere. Puntuale ri-sulta la caratterizzazione del volto: labarba scura conferisce all’espressio-ne del santo una certa autorevolezza,ma lo sguardo dolce tradisce la suaprofonda umanità. Pregevole risultala qualità dei tessuti del suo abbi-gliamento, in particolare del piviale,di manifattura francese dell’ultimoquarto del secolo xviii. Si tratta dipekin broccato a fondo avorio conpiccoli motivi vegetali; rametti di fio-ri a scacchiera sottolineano l’anda-mento verticale del tessuto.

6. manifattura toscana (?)Sant’Antonio da Padova col Bambinosecoli xvii-xviiilegno intagliato, dipinto e dorato;cm 64�17�17pieve di San Pietro a Cascia(inv. 22)Un reliquiario multiplo in legno do-rato fa da piedistallo all’elegante sta-tuetta di un giovane sant’Antoniodall’abito francescano morbidamen-te panneggiato. Egli sostiene con lasinistra il Bambino che tiene in ma-

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no il globo terrestre. Le sue delicatefattezze richiamano la grazia del vol-to del santo, mentre il gesto volitivodel braccio teso in avanti conferiscealla sua figura infantile una nota diforza. L’opera risente visibilmente diinflussi della scultura nordica.

7. manifattura toscanaCristo Redentoresecolo xviiilegno intagliato e dipinto; cm 42�13�11chiesa di San Donato in Fronzano(inv. 24)

8. manifattura toscanaSant’Antonio da Padova col Bambinosecoli xviii-xixlegno intagliato e dipinto;cm 30�11,5pieve di San Pietro a Cascia(inv. 25)

Vetrina 3

9. manifattura toscanaPacesecolo xixbronzo a fusione e argentato;cm 16�11,5oratorio di San Martino a Pontifogno(inv. 64)

10. manifattura toscanaSecchiello per acqua benedettasecolo xviiottone a fusione dorato; cm 15�11chiesa di San Giovenale a Cascia(inv. 34)

11. manifattura toscanaBroccasecolo xviiiottone cesellato e argentato; cm 30�16pieve di San Pietro a Cascia(inv. 45)La brocca, pur di tipologia comune,risulta nel suo insieme elegante perl’armonia delle proporzioni. Il ma-nico decorato con sobrietà presentaun’ansa che ben si raccorda con labocca trilobata.

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12. manifattura toscanaPalmatoriasecolo xixargento; cm 33�11pieve di San Pietro a Cascia(inv. 69)

13. manifattura toscanaDue reliquiari a urnaultimo quarto del secolo xviilegno intagliato, dorato e dipinto;vetro; cm 31�21�16chiesa di San Tommaso a Ostina(inv. 83)

14. manifattura toscanaCroce astileseconda metà del secolo xvrame inciso e bulinato (croce),bronzo a fusione (Cristo);

cm 50�30chiesa di Santa Maria a Sant’Ellero(inv. 30 a-b)Si tratta di un bell’esempio di crocetardo-gotica di tipologia analoga adaltri esemplari in rame conservati nel-le chiese della campagna toscana. Sulrecto, nei terminali quadrilobati deibracci, vediamo incisi in alto il Pelli-cano, simbolo dell’Eucarestia; a sini-stra la Vergine; a destra san GiovanniEvangelista e in basso il Monte Cal-vario. Sul verso, nelle terminazioni,sono raffigurati gli Evangelisti e al cen-tro l’Agnus Dei. La superficie dellacroce è decorata interamente su en-trambi i lati da una zigrinatura e da al-tre incisioni con motivi naturalistici.

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15. manifattura toscanaAspersoriosecolo xviiiargento; cm 24�7pieve di San Pietro a Cascia(inv. 46)

16. manifattura toscanaTuribolosecolo xivottone traforato; cm 23�8pieve di San Pietro a Cascia(inv. 26)Questo esemplare di turibolo “ar-chitettonico”, caratterizzato nellaparte superiore da una forma geo-metrica che ricorda una cupola, si

presenta con una struttura a sempli-ci trafori rettangolari e circolari tipi-ca di questo arredo liturgico duran-te tutto il secolo xiv. Anche la parteinferiore del turibolo mostra una cer-ta ricercatezza nell’elegante sagoma-tura del piede e della coppa.

17. manifattura italianaNavicellasecoli xiv-xvottone a fusione, stampato, inciso e dorato; cm 11�8�4pieve di San Pietro a Casciapunzoni: non decifrabiliincisioni: ihs e due putti con serpenti(inv. 28)

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Si tratta di un importante esempla-re tra i più antichi del genere carat-terizzato da marcata semplicità e li-nearità dello stile di cui possiamo tro-vare altri esempi nei musei d’arte sa-cra del territorio toscano come inquello di Greve in Chianti.

18. manifattura toscanaNavicella1813argento sbalzato e inciso;cm 10�12�10pieve di San Pietro a Casciaiscrizione: mdcccxiii e f.f.c.o.g.b.i.(inv. 65)

19. manifattura toscanaNavicellaseconda metà del secolo xviiiargento sbalzato; cm 18�9

chiesa di Sant’Agata in Arfolipunzoni: sul bordo: leonerampante, una c e una r, due c contrapposte(inv. 55)

20. manifattura genoveseCalice1706argento; cm 21,5�11,5pieve di San Pietro a Casciaiscrizione: 706(inv. 47)

21. manifattura toscanaCalice1598argento sbalzato; cm 21,5�11,5oratorio di San Martino a Pontifogno(inv. 32)

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Il calice risulta elegante per la sempli-cità del decoro a incisioni circolari lun-go il piede e i nodi. Fu donato all’o-ratorio dalla famiglia Aldobrandini,patrona della chiesa, come testimonial’iscrizione sotto il piede: s. caterinaangiola aldobrandini mdiic.

22. manifattura toscanaCalicesecolo xixargento stampato; cm 23�11pieve di San Pietro a Cascia(inv. 70)

23. manifattura lombardaBusto reliquiario di san Carlo Borromeoargento sbalzato e cesellato (busto),legno intagliato e dorato (base);cm 35�11�6

pieve di San Pietro a Cascia(inv. 66)Il busto di san Carlo Borromeo, il cuiimpegno di rinnovatore della fede edei costumi si profuse nel xvi secoloin ambito lombardo, si rivela prove-niente da quell’area geografica di pro-duzione. Si erge su un reliquiario li-gneo rifinito con foglie d’acanto e ro-sette intagliate. A documentare il suoruolo vescovile il Santo indossa un ric-co piviale ornato a motivi vegetali, flo-reali e spighe di grano. La mitra è pro-filata da punzonature che simulanopietre preziose. È pendant del n. 25.

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24. manifattura fiorentinaOstensoriosecolo xixargento sbalzato, cesellato, inciso,parzialmente dorato; cm 72�33pieve di San Pietro a Casciapunzoni: retro della mostra: due di forma romboidale, il Gallo(inv. 68)

25. manifattura lombardaBusto reliquiario di sant’Ambrogioargento sbalzato e cesellato (busto),legno intagliato e dorato (base); cm 35�11�6

pieve di San Pietro a Cascia(inv. 67)Segno di devozione ad un altro deimaggiori esponenti della Diocesi mi-lanese è il busto di sant’Ambrogioche vi operò nel iv secolo con gran-de profitto per la nascente comunitàcristiana. Proveniente da area lom-barda, il reliquiario si presenta concaratteristiche analoghe a quelle delsuo pendant n. 23

26. manifattura toscanaSecchiello per acqua benedettasecolo xivottone a fusione; cm 12�11oratorio di San Martino a Pontifogno(inv. 27)La rarità di questi arredi, di formacaratteristica negli esemplari più an-tichi del genere, rende questo sec-chiello uno dei pezzi più interessan-ti nelle raccolte del museo.

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27. manifattura toscanaTuriboloseconda metà del secolo xviiiargento sbalzato; cm 18�9chiesa di Sant’Agata in Arfolipunzoni: leone rampante, una c e una r, due c contrapposte(inv. 56)Il turibolo è pervenuto al museo in-sieme alla navicella n. 19. Esso pre-senta un piede circolare liscio, bra-ciere decorato da volute e coperchioriccamente traforato con decorazio-ni a foglia d’acanto e di «c» contrap-poste. Per tipologia e decorazioni bens’inserisce nella produzione più ele-gante del secolo xviii.

28. manifattura toscanaCandelierisecolo xviiottone a fusione; cm 16�8chiesa dei Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 35)

29. manifattura toscanaCandelierisecolo xviiottone a fusione; cm 14�8oratorio di Sant’Andrea a Pontifogno(inv. 36)

30. manifattura toscana (?)Piatto per elemosinefine del secolo xvottone sbalzato e inciso;cm 39 (diam.)pieve di San Pietro a Cascia(inv. 31)

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L’ampio bacile presenta al centro unadecorazione con baccellature sottoli-neata da un’iscrizione circolare in go-tico tedesco lungo la parte concavadel piatto. Il manufatto ripropone unmodello tradizionale e assai diffusocome testimoniano altri esemplari nelMuseo della Collegiata di Figline Val-darno e, come quelli, può rimanda-re a una manifattura tedesca piutto-sto che toscana.

31. manifattura toscanaReliquiari multipli a ostensorioprima metà del secolo xixlegno intagliato e dorato; cm 36�15�10pieve di San Pietro a Cascia(inv. 92)

32. manifattura fiorentinaCroce d’altare1625ottone a fusione, sbalzato e cesellato; cm 72�12chiesa di Santa Margherita a Cancelliiscrizione: 1625 fatta dallacappella della concetione(inv. 37)

Vetrina 433. manifattura toscanaCalicesecolo xviiiargento sbalzato e inciso; cm 22�11chiesa dei Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 49)

34. manifattura toscanaCalicesecolo xviiargento sbalzato e inciso; cm 24�11chiesa di San Tommaso a Ostina(inv. 38)

35. manifattura toscanaPisside da viaticosecolo xixargento e metallo sbalzato e inciso;cm 1�3, 1�4, 8�5chiesa di San Giovenale a Cascia(inv. 71)La pisside qui esposta risulta assai ele-gante per la linearità della forma ova-le bombata, esaltata dalle sue di-mensioni ridotte, visto l’uso cui eradestinata: portare l’Eucarestia a ma-lati e moribondi. È affiancato da duepiccole teche per oli santi.

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36. manifattura toscanaCalicesecolo xxargento a fusione; cm 24,5�12,8pieve di San Pietro a Casciapunzoni: illeggibile, 800(inv. 75)La presenza del punzone 800, utiliz-zata a partire dal 1872 fino al 1935, fadatare con sicurezza il manufatto trala fine dell’Ottocento e l’inizio delNovecento. L’oggetto risulta estre-mamente raffinato grazie alla qualitàdei moduli decorativi impiegati e al-la finezza con cui sono stati realizza-ti. Con buone probabilità l’arteficedi questo calice fu l’artigiano fioren-tino Manuberti che aveva la bottegain via de’ Pucci a Firenze.

37. manifattura toscanaCandelieresecolo xviiottone a fusione; cm 16�11oratorio di San Martino a Pontifogno(inv. 39)

38. manifattura toscana (?)Reliquiario a crocesecoli xviii-xixlegno, rame dorato, argento,cristallo di rocca e pietre coloratesemipreziose; cm 50�22�13chiesa di Santo Stefano a Cetina(inv. 59)La particolarità del reliquiario è datadall’impiego di materiali diversi e pie-tre colorate che creano piacevoli ac-costamenti cromatici oltre ad unostraordinario effetto di preziosità.

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L’oggetto è composto da un piedi-stallo in legno al centro del quale èinserito un medaglione con le reli-quie; su questo s’innesta la croce sul-la quale, all’interno di piccole techeovali, sono conservati altri frammentidi reliquie. L’insieme risulta armoni-co nonostante i rimaneggiamenti at-tuati in epoche diverse.

39. manifattura toscanaReliquiario a ostensoriosecolo xviiilegno intagliato e dorato; cm 40�14�10chiesa di Sant’ Agata in Arfoli(inv. 85)

40. manifattura toscanaCrocesecolo xviiiottone; cm 72�13chiesa di San Tommaso a Ostina(inv. 48)

41. manifattura toscanaReliquiario a ostensoriofine secolo xviiilegno intagliato e dorato; cm 50�25�11pieve di San Pietro a Cascia(inv. 90)

42. manifattura toscanaReliquiario multiplo a ostensoriofine del secolo xviiilamina d’argento sbalzata su supporto ligneo; cm 49�21�15chiesa di San Giovenale a Cascia(eredità Matteoni)iscrizione: scripsit aloysiusscriptoris nomen adora(inv. 57)Il reliquiario in legno, rivestito in la-mina d’argento sulla quale sono sbal-zati motivi vegetali e nastriformi, ot-tiene nel suo insieme un effetto dipreziosità. All’interno della teca, alcentro della mostra, sono visibili lereliquie di san Filippo Neri e di sanJacopo Minore Apostolo.Questa tipologia di arredo sacro è as-sai diffusa nelle chiese del contadofiorentino.

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43. manifattura toscanaPissidefine secolo xviii-inizio secolo xixargento inciso e parzialmentedorato; cm 26�10chiesa dei Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 58)

44. manifattura toscanaTeca eucaristicasecolo xixargento inciso; cm 10�4chiesa dei Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 72)

45. manifattura toscanaCalicefine del secolo xviiargento sbalzato e inciso, ramedorato; cm 23�12chiesa di Santa Maria a Sant’Ellero(inv. 42)Questo calice è di particolare inte-resse per raffinatezza di esecuzioneed eleganza di decorazioni. Realiz-zato in una bottega orafa toscana,può essere datato verso la fine del Sei-cento per il tipico nodo a vaso e i mo-tivi ornamentali del sottocoppa. Inparticolare sono rappresentati, oltreai simboli della Passione, san Bene-detto, sant’Antonio da Padova e for-

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se san Giovanni Gualberto: partico-lare che rimanderebbe la proprietàoriginale dell’oggetto all’ordine deiVallombrosani da cui dipendeva untempo la chiesa di Sant’Ellero.

46. manifattura toscanaTuribolofine del secolo xviiottone a fusione, traforato; cm 22�8pieve di San Pietro a Cascia(inv. 41)Il turibolo, realizzato in ottone, e ti-pico del periodo cui appartiene.È composto da una coppa inferiorepriva di decorazioni e una parte su-periore con motivi a traforo circola-ri e a stella.

47. manifattura fiorentinaCalice1715-1745argento sbalzato, cesellato,bulinato; cm 26�13chiesa di Santa Margherita a Cancellipunzone: un gallo(inv. 50)Sul calice è presente il punzone del-la Bottega all’insegna del Gallo chefaceva capo all’argentiere AntonioMazzi, documentato dal 1703 al 1747(vedi n. 49). La decorazione è affida-ta ai simboli della Passione di Cristo(che connotano questo tipo di vasicome “Calici della Passione”), alter-nati ad aggettanti teste di cherubiniche ornano il nodo e il sottocoppa.Questa tipologia verrà più volte ri-presa durante il secolo xviii, comedimostra anche il cospicuo numerodi esemplari del genere conservati nelmuseo.

48. manifattura toscanaPissidesecolo xviiargento sbalzato; cm 15�12oratorio di San Martino a Pontifogno(inv. 40)

49. manifattura fiorentinaReliquiario a ostensoriosecondo quarto del secolo xviii

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lamina d’argento sbalzato su supporto ligneo; cm 43�20�12,5pieve di San Pietro a Casciapunzoni: leone, un gallo, illegibile(inv. 54)

50. manifattura toscanaCaliceseconda metà del secolo xixargento sbalzato; cm 25�12,5pieve di San Pietro a Casciapunzoni: illeggibiliiscrizioni: p.p.beni(inv. 74)La sigla ricorda che il calice fu do-nato alla chiesa dal Pievano Paolo Be-ni, di cui il museo conserva anche unbel ritratto (n. 138).

51. manifattura fiorentinaOstensorio raggiatometà del secolo xviiiargento sbalzato, cesellato e pietresemipreziose; cm 58�28chiesa di Santa Margherita a Cancellipunzoni: illeggibiliiscrizione: pesa: 2.5. 6.2.2.(inv. 51)Si tratta di uno dei più raffinatiostensori conservati all’interno delmuseo. La consueta tipologia dellaraggiera e del nembo di nuvole è im-preziosita da pietre semipreziose in-serite sul bordo della teca circolare.

Per tipologia e decorazioni può esse-re messo a confronto con altri esem-plari presenti nel Museo di Incisa inVal d’Arno e in quello di Santa Ver-diana a Castelfiorentino.

52. manifattura toscanaOstensorio raggiatofine del secolo xviiargento sbalzato, cesellato,parzialmente dorato;cm 48�25chiesa di San Lorenzo a Ronapunzoni: leone passante, crocetta(inv. 44)Si tratta di un oggetto di fattura cor-rente, caratterizzato da linee elegan-ti e diffuso in molte chiese della cam-pagna toscana. Per la raffinatezza del-

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le decorazioni a spiga di grano e grap-poli d’uva e la cura con cui sono sta-te eseguite, l’ostensorio risulta di no-tevole livello. I due punzoni (il primoè una crocetta; il secondo è il leonepassante in campo circolare) sono ri-collegabili al marchio rilasciato dal-l’Arte della Seta a Firenze dal 1695 al1761, per il titolo legale dell’argento.

53. «bronzino» (alessandroallori, Firenze 1535-1607)Annunciazioneante 1587, firmatoolio su tela; cm 215�164pieve di San Pietro a Cascia(inv. 4)Derivato dal veneratissimo affrescodella Santissima Annunziata di Fi-

renze, il dipinto è firmato alla basedel sedile della Vergine «bronzino»:un nome usato in riconoscimento delmagistero di quel grande artista tan-to da Alessandro Allori che da suo fi-glio Cristofano (1577-1621), entram-bi esecutori di diverse repliche delsoggetto. Poiché l’opera è citata a Ca-scia già nel 1587, l’autore non può es-serne che Alessandro, allievo direttodi Agnolo Bronzino e grande rap-presentante della scuola fiorentina difine Cinquecento, caro ai Medici equi, come altrove, particolarmenteattento e raffinato nella resa di parti-colari domestici.

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54. bottega di domenicoghirlandaioMadonna in trono col Bambino, i santi Romolo, Pietro, Paolo,Sebastiano e il committente RobertoFolchi, vescovo di Fiesolefine secolo xv-inizi secolo xvitempera su tavola; cm 195�151,5pieve di San Pietro a Cascia(inv. 2)La tavola reca in basso la scrittar.flh.episcopus.fesulan.impen-sa.propria («Roberto Folchi vesco-vo di Fiesole, a sue spese»), conse-gnando ai posteri il nome del com-mittente fiorentino, vescovo dal 1481al 1504, che ha lasciato nella pieve al-tre tracce del suo passaggio. Visto l’a-spetto sofferente con cui è stato ri-

tratto, è verso la fine del suo episco-pato (conclusosi per malattia) che sipuò collocare l’esecuzione dell’ope-ra, destinata probabilmente in origi-ne all’altar maggiore vista la presen-za a destra della Vergine di San Pie-tro, eponimo della pieve. L’esecuzio-ne è indicata dalle fonti più antichecome «opera o maniera del Ghirlan-daio», e vista la discontinuità di qua-lità che vi si riscontra è probabile chesi tratti di opera davvero di bottega incui a un pittore di miglior sapienzatecnica (vedi la testa di san Pietro) siassociano apporti di scuola che, uti-lizzando anche un cartone per il grup-po centrale, volgarizzano, rendendo-lo idoneo ad una sede periferica, illinguaggio raffinato del Maestro.

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55. manifattura umbraPaliottosecolo xix?tessuto di base di lino, ricamo insete policrome a punto ungaro;cm 93�180chiesa di San Donato in Fronzano(inv. 165)Raro rivestimento d’altare a puntoungaro che utilizza sapientementemodelli del Sei e Settecento realizza-ti in commesso di pietre dure o sca-gliola, con raffinato gusto coloristi-co e perizia tecnica.

56. santi di tito e bottega(Sansepolcro 1536-Firenze 1603)Compianto su Cristo mortofirmato e datato 1601olio su tela; cm 212�135pieve di San Pietro a Cascia(inv. 5)

Si tratta di un’opera tarda del gran-de protagonista della scuola fioren-tina che per primo, dopo la grandesfarzosa stagione del manierismo dicorte, ricondusse la pittura a un lin-guaggio di più piana comprensionee semplicità narrativa dietro ai det-tami del concilio di Trento. La telautilizza colori che accentuano ladrammaticità dell’evento, mentre ri-vela nei tratti degli astanti (specie neisanti laterali, Matteo, Francesco, Ca-terina e Domenico di Guzman) unospiccato naturalismo che addolciscele fisionomie e rende più credibile lapartecipazione al Compianto. Con-dotto a termine con il probabile aiu-to del figlio Tiberio o di altri allievi,presenti in gran numero nella benorganizzata bottega di Santi, il di-pinto ha subito nel tempo diversi in-terventi di restauro.

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Rispetto alla pluralità di soluzioni che caratterizza i tessuti serici delTrecento, la produzione tessile del Rinascimento si presenta molto più

omogenea e unitaria nel suo complesso, elaborando sostanzialmente duesole tipologie ornamentali, la melagrana e il tronco rifiorente, proposte, se-condo il famoso trattato quattrocentesco dell’Arte della Seta in Firenze, inmodo simmetrico, se il telaio è impostato per opere «in uno cammino», oasimmetrico, se il telaio è programmato invece per opere «in una griccia».Nel primo caso il disegno si compone di un frutto semplificato – una me-lagrana o una pigna coronata da un gruppo di fiori – che si ripete a scac-chiera per tutta l’altezza della pezza, spesso incorniciato da una griglia ar-borea, come documenta la tipologia convenzionalmente definita “a ma-glie ogivali con due tipi di fiore di cardo” del parato Medici-Concini, pre-sentato al primo piano del museo (cat. n. 118); nel secondo caso – che tro-va riferimento nella pianeta più antica fra quelle esposte (cat. n. 57) – ilmotivo dell’ornato si struttura invece in un tronco sinuoso dal quale sboc-cia, alternata, un’ infiorescenza inscritta in larghe foglie lobate. Tale mo-dulo decorativo, risultato di una lenta elaborazione che discende dal fiordi loto e dai sottili tralci delle sete cinesi, risulta particolarmente adatto al-la tecnica del velluto che, in virtù di specifiche connotazioni estetiche, en-fatizza più di altri tessuti gli effetti plastici e luminosi del disegno. Arric-chito da trame broccate in filo d’oro, spesso rilevate in sofisticati effetti bou-clé, diventa il tessuto più lussuoso del periodo, non solo per la preziosità deimateriali e per le sostanze tintorie impiegate, ma anche per i lunghissimitempi di esecuzione, risultando, il velluto e il broccato, due lavorazioni con-trastanti eseguite la prima dal dritto e la seconda dal rovescio del tessuto.Con queste stoffe, che adottano di preferenza una formula di grandi di-

La simbologia della melagranae del tronco rifiorente nei parati del museo

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mensioni e di forte impatto decorativo, venivano confezionati indistinta-mente, almeno fino alla fine del Cinquecento, abiti profani da indossarein segno di potenza e d’importanza sociale per il loro alto costo, ma anchevesti e apparati liturgici per la forte connotazione simbolica dei soggettirappresentati: se negli abiti e nelle acconciature di spose il tema della me-lagrana è prescelto in prevalenza per il messaggio augurale di fecondità, irichiami sottesi di questo motivo risultano invece innumerevoli nella mi-stica cristiana, alludendo i suoi semi alle perfezioni divine, a cui si ag-giunge la rotondità del frutto, espressione di eternità, e la soavità del suc-co, godimento dell’anima che ama e conosce. In contesto più ampio i Pa-dri della Chiesa hanno visto nella melagrana il simbolo della Chiesa stes-sa, unita in una sola fede come i semi sotto la scorza. All’apice della me-lagrana si apre, poi, un ventaglio di tre fiori, come la Trinità, o più spes-so di cinque, in riferimento alle piaghe inferte sul corpo di Cristo.L’albero rifiorente, simbolo antichissimo dell’eterna rinascita, è poi l’al-tro tema dominante nella produzione dei tessuti rinascimentali: docu-mentato dalla pianeta più preziosa del museo (cat. n. 57), il suo troncospezzato, che si snoda serpeggiando in verticale alludendo alla croce di Cri-sto, albero della morte, diventa il Lignum Vitae per la presenza della lin-fa vitale, il sangue divino, alimento vivificante di foglie, fiori e frutti chericorrono come elementi ripetitivi in tutto il complesso disegno.La lettura simbolica di entrambe le tipologie si estende anche all’accosta-mento cromatico fra opera e fondo, in genere rosso e giallo, che richiamano,il primo, il colore dell’amore divino e del sangue della passione di Cristoe dei martiri, il secondo quello della sapienza di Dio, della Rivelazione,dell’Eternità.Nell’affascinante gioco delle “verità” codificate, non sorprende dunquetrovare gli alti prelati rivestiti con questi preziosissimi velluti e tanto me-no le figure di Madonne o di santi, che li indossano alludendo al destinodi Cristo o traducendo semplicemente i contenuti della fede.

Lorenzo Pesci

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Vetrina 1. Parati

La presentazione dei paramentiprocede in senso antiorario

57. manifattura fiorentinaPianetasecoli xv-xvivelluto tagliato operato a un corpoa una trama lanciata bouclé in seta e filo d’oro (laterali della pianeta)fine del xv-inizi del xvi secololampasso lanciato (croce e colonna)prima metà del xvi secolo; cm 123�71chiesa di Sant’Agata in Arfoli(inv. 109)

Modulo decorativo costituito da unlungo tronco ondulante attraversatoda un torciglione che culmina inun’ampia foglia lobata contornata dafoglie d’acanto e pere, contenente unapigna circondata da palmette. A que-sto s’intreccia un secondo tronco on-dulato con motivo a scaglie, che por-ta all’estremità un frutto di melagra-na, al centro di una foglia lobata con-tornata da foglie d’acanto e narcisi.La fortuna di questa tipologia di vel-luto è attestata da numerose opere dipittura e scultura coeve tra le qualispicca la tomba Cossa, eseguita daDonatello e Michelozzo nel Battiste-ro di Firenze tra il 1425 e il 1428. Cro-ce e colonna in lampasso lanciato pre-sentano la Vergine Assunta alternataad una testa di serafino con ali, cherientra nella produzione fiorentinadei bordi figurati con soggetti reli-giosi, spesso ispirati a cartoni prepa-ratori di grandi artisti del momento.

58. manifattura toscanaCamiceinizi del xx secolotela di lino con balza ricamatacm 140�204dono di un privato(fuori catalogo)

59. manifattura italianaStolafine del xviii-inizi del xix secolo

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gros de Tours ricamato in setapolicroma e filo d’oro; cm 216�31dono di un privato(inv. 147)

60. manifattura lionesePianeta, stola e busta1735-1740lampasso liséré lanciato e broccatoin seta e filo d’argento;cm 119�72,5 (pianeta); cm 236�19 (stola); cm 26�26 (busta)chiesa di San Giovenale a Cascia(inv. 133)Il tessuto, di estrema complessità ese-cutiva e di forte suggestione croma-

tica, propone registri sovrapposti dizolle vaganti, dalle quali si diparto-no rigogliose infiorescenze di tulipa-ni pappagallo che compongono unimpaginato lussureggiante, ricondu-cibile alla tipologia a “isolotti”, idea-ta in Francia per l’abbigliamento in-torno agli anni Trenta del Settecen-to. Si tratta di un esemplare di ecce-zionale livello estetico che testimonial’orientamento naturalistico nel lin-guaggio tessile del tempo, non an-cora completamente indipendentedai retaggi bizarres, cui rimandanoinfatti le definizioni in argento di al-cune foglie e fiori e le innaturali zi-grinature delle parti in ombra.

61. manifattura italianaPianeta e manipoloseconda metà del xvii secolotaffetas ricamato in seta e filo d’oro;cm 117�77 (pianeta); cm 102�20 (manipolo)chiesa di Sant’Andrea a Borgo a Cascia(inv. 121)Girali dorati con fiori si snodano sul-la colonna e, specularmente, sulle fa-sce laterali, imprimendo all’orna-mentazione, di chiara ascendenza ba-rocca, un forte dinamismo, accre-sciuto dalla ricerca di effetti plasticiottenuti con leggere imbottiture in fi-lati di lino e con un virtuoso impiegodel punto raso. La committenza ec-

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clesiastica è suggerita dai richiami sim-bolici alla trasfigurazione del sanguedi Cristo, alla sua Crocifissione e allaGrazia Salvifica, notoriamente attri-buiti nella letteratura sacra ai fiori del-la rosa, del garofano e del tulipano.

62. manifattura italianaPianeta e stolaultimo quarto del xvii secologros de Tours liséré lanciatobroccato in seta e filo d’oro; cm 110�73 (pianeta); cm 232�31(stola); dono di un privato(inv. 126)Sul fondo in seta rossa il disegno è co-stituito dall’alternanza su registri

orizzontali di fiori più grandi, ugua-li ed orientati in modo contrappo-sto, e di fiori più piccoli, disposti ne-gli interspazi: un tulipano e un ga-rofano con sequenza triangolare edorientamento orizzontale scambia-to. I fiori, realizzati con broccaturein filo d’oro, risaltano sul fondo deltessuto impreziosito dai bagliori del-la trama lanciata in oro lamellare edall’effetto ottico di marezzatura ot-tenuto dalla trama liséré di colore ro-sa. Il capillare riscontro di tale tipo-logia decorativa in paramenti sacridi area veneta rende plausibile l’at-tribuzione di questo tessuto ad unopificio serico del centro lagunare.

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63. bottega di alessandroalloriUn miracolo di santa Brigidafine secolo xvi-inizi secolo xviiolio su tavola; cm 29�44,5pieve di San Pietro a Cascia(inv. 9)La tavoletta è in stretta relazione conla Predica di San Giovanni Battista diproduzione analoga e con i due San-ti di Zanobi Rosi (vedi nn. 64-65-66): con quelli era infatti stata og-getto di un assemblaggio che alme-no dal 1688 li riuniva intorno al Cro-cifisso ligneo assai venerato nella pie-ve, in una struttura lignea oggi per-duta e un tempo esposta sull’altarededicato a san Giovanni Battista. Iquattro dipinti hanno recuperato nel

museo il loro valore specifico e indi-viduale: qui in particolare, come inuna tavoletta ex voto dal sapore naïf,viene raffigurata santa Brigida di Sve-zia che invoca il Crocifisso mentreall’esterno infuria un temporale (lasanta era appunto protettrice dalletempeste). Nell’edificio all’esterno èforse riconoscibile l’antico Oratoriodi San Lorenzo alla Casellina, pre-sente nel territorio di Reggello.

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64. zanobi rosi(Firenze 1577-1621)Santa Brigida di Sveziadatabile 1626olio su tela; cm 92,5�44pieve di San Pietro a Cascia(inv. 7)L’opera è pendantdel San GiovanniBattista, siglato zre datato 1626 (n. 65)e faceva parte del-l’assemblaggio dicui al n. 63. Il Ro-si fu uno strettocollaboratore diCristofano Allori,figlio di Alessan-dro: la sua perso-nalità è ancora infase di definizionead opera di specia-listi del Seicentofiorentino, e que-ste di Cascia, dapoco restituite apiena godibilità,sono recenti pietremiliari restituite alsuo catalogo, rive-lando una qualitàpittorica di rara te-

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nuta e sapienza co-loristica. La santa(Finstad, Upsala1303-Roma 1373) èrappresentata dinorma in abiti mo-nacali o vedovili,con un cero acce-so a ricordo dellemortificazioni cheinfliggeva a se stes-sa con la fiamma.Fu una delle per-sonalità di spicconella storia dellacristianità poiché isuoi lunghi viaggila misero in con-tatto con molti po-tenti contempora-nei. Ha lasciatoimportanti scrittidi contenuto mi-stico.

65. zanobi rosi(Firenze 1577-1621) San GiovanniBattistasiglato zre datato 1626olio su tela; cm 92,5�43,5pieve di San Pietro a Cascia(inv. 6)

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La tela, di grande qualità, è pendantdi quella dedicata a Santa Brigida diSvezia (vedi n. 64) e collegata inpassato con le due tavolette ai nn.63 e 66. La sigla zr ha permesso diattribuire entrambe le figure di san-ti a Zanobi Rosi, collaboratore diCristofano Allori, che qui si rilevacolorista robusto e capace d’im-mettere nelle sue raffigurazioni unforte pathos drammatico, una ten-sione evidentissima. Lo sfondo nel-le due tele è praticamente collega-to in modo da legare le figure deidue santi, uniti anche dalla strettarelazione che entrambi ebbero conla Croce, in un dittico di alta va-lenza spirituale.

66. bottega di alessandro alloriPredica di san Giovanni Battistafine secolo xvi-inizi secolo xviiolio su tavola; cm 29�44,5pieve di San Pietro a Cascia(inv. 8)La tavoletta in passato era collegata inun assemblaggio con i nn. 63-64-65.Come quella raffigurante santa Bri-gida di Svezia non sembra però coe-va al santo corrispondente, dipintoda Zanobi Rosi, e risulta comunqueappartenente a una cultura artisticaanteriore rispetto alle due figure in-tere. Questa in particolare presentaqualche affinità con un analogo sog-getto realizzato da Alessandro Allori,oggi conservato in Palazzo Pitti.

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Vetrina 2. Parati

67. manifattura italianaPianeta e stola1740-1750gros de Tours liséré in seta a una trama lanciata variante; cm 116,5�68 (pianeta); cm 230�18 (stola)chiesa di Sant’ Agata in Arfoli(inv. 138)Motivo creato da mazzi fioritiuscenti da cornucopie, intercalatida elementi di carattere architetto-nico posti a segnare i punti di fles-sione del tracciato sinuoso. L’atten-

zione per il dato archeologico e ci-nesizzante, cui allude l’arco orien-tale con fastigio a mezzelune, è unelemento che riconduce il decoro diquesto tessuto, nato per l’abbiglia-mento femminile, al lessico del nuo-vo stile Rococò, teso a creare mera-viglia attraverso lo sfoggio di raffi-nati esotismi combinati a motivi na-turalistici, altra grande ispirazionedel secolo.

68. manifattura francese o italianaPianeta, stola e manipolometà del xviii secologros de Tours lisérébroccato in seta e lamina d’oro; cm 117�72 (pianeta);cm 238�19 (stola); cm 92�19 (manipolo)chiesa di Santa Margherita a Cancelli(inv. 139)Il disegno del tessuto elabora unaraffinatissima variante del motivo a“meandro”, costituito da mazzi dicomposite e bocci raccordati da unmotivo a torciglione che ne accen-tua lo sviluppo ondulante. Il moti-vo di controfondo alterna tono sutono varianti decorative (onde, piz-zi, corolle) sulle quali stacca il bril-lante cromatismo del disegno in pri-mo piano. La leggerezza quasi gra-

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fica dell’ornato, che lascia ampiomargine al tessuto del fondo, ri-conduce a modelli ideati per l’abbi-gliamento femminile intorno allametà del xviii secolo, secondo so-luzioni proposte tanto in Franciache in Italia.

69. manifattura lionesePianeta, velo di calice, stola e manipoloprimo quarto del xviii secololampasso liséré lanciato in seta; cm 114�71 (pianeta); cm 58,5�59,5 (velo); cm 232�24 (stola); cm 96�24,5 (manipolo)

chiesa di Santa Margherita a Cancelli(inv. 128)Motivo ad impostazione simmetri-ca e sviluppo verticale composto datrofei floreali con foglie dentellate disapore esotico che si succedono inverticale racchiusi entro corniciovoidali definite da nastri di pizzo.Il raffinatissimo tessuto, concepitoper l’abbigliamento e l’arredo, pre-senta una categoria ornamentale de-finita a “dentelle” o a “pizzo”, mol-to diffusa in ambito francese e ve-neziano tra la fine del xvii secolo egli inizi di quello successivo, che tro-va la sua ispirazione nei costosissimi

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e raffinati manufatti ad ago e a fu-selli, stigmatizzati come prodottoesclusivo di moda dalla corte di Lui-gi xiv.

70. manifattura italianaPianeta, stola e velo di calice1715-1720damasco classico broccato à liage répris in seta e argento; cm 116�70 (pianeta);cm 238�22 (stola); cm 55�54,5 (velo)chiesa di Santa Margherita a Cancelli(inv. 130)

Motivi fantastici in filo d’oro abbi-nati a varietà botaniche in delicatecromie si dispongono sul damasco difondo seguendo direttrici paralleleondulanti. Tipologicamente il tessu-to rielabora motivi tipici del decorobizarre di derivazione giapponese, af-fermatosi in Francia e a Venezia fra Seie Settecento e caratterizzato da formeassolutamente astratte; l’accentua-zione, però, dell’elemento naturali-stico su quello fantastico induce a ri-tenerlo esemplare tardo di questa pro-duzione, stilisticamente vicino allesoluzioni “lussureggianti” degli anniTrenta del xviii secolo.

71. manifattura toscanaCamiceinizi del xx secolocotone con balza ricamata; cm 146�212dono di un privato(inv. 159)

72. manifattura toscanaLeggio pieghevolesecolo xixlegno intagliato, laccato di bianco,dorato; cm 30�39�33oratorio di San Martino a Pontifogno(inv. 93)La particolare piacevolezza di questopiccolo leggio è dovuta alla ricca pro-fusione di elementi decorativi e al lo-

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ro accostamento cromatico: i rica-denti grappoli d’uva ben si connet-tono al grande fiore posto al centronell’appariscente alternanza di bian-co e oro.

73. agnolo guidotti(Fiesole, seconda metà secolo xvi)Madonna in trono col Bambino e i santi Michele arcangelo e Sebastianofirmato e datato 1575tavola; cm 193�151pieve di San Pietro a Cascia(inv. 3)Il dipinto reca la scritta: agnologhuidotti da fiesole facevamdlxxv, ma fino a questo momen-to niente sappiamo circa l’autore chenon risulta in alcun’altra fonte o di-zionario artistico. Possiamo però ipo-tizzare, sulla base di un esame stili-stico, che si tratti di un pittore eclet-

tico formatosi a Firenze nell’ambitodi Alessandro Allori (il cui ricordo èpresente soprattutto nella tenutasmaltata del colore e in particolarenella testa del san Sebastiano), mache partecipa anche del recupero deigrandi Maestri di inizio secolo, co-me in questo caso Andrea del Sarto.Evidenti sono infatti le derivazionidalla Pala di Vallombrosa che Andreaaveva eseguito nel 1528 per il Romi-torio delle Celle ma che è oggi con-servata agli Uffizi.72

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Vetrina di icone e oggetti ebraici

74. manifattura tedesca (?)Piatto da Pesach (Pasqua)secolo xixargento sbalzato, cesellato ebulinato; cm 30 (diam.)acquisito dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 181)Il piatto era destinato alla cena pa-squale per contenere i cibi rituali cheaccompagnavano la lettura dellaHaggadà, testo sacro della religioneebraica.

75. manifattura russaCoppia di bicchieri da Kiddushprima metà del secolo xix e secolo xxargento sbalzato bulinato;cm 18,5�8,7 (chiusi); 6,5�8,7 (ciascun bicchiere)acquisito dalla pieve di San Pietro a Casciapunzoni: am su 1859 in camporettangolare; 84 accompagnato dasan Giorgio in campo rettangolare;e s in campo quadrato(inv. 176)I bicchieri venivano utilizzati per labenedizione sul vino, Kiddush, conla quale si santificavano il Sabato e lefeste ebraiche.

76. manifattura tedesca (?)Calice da Kiddushprima metà del secolo xix e secolo xx

argento sbalzato, cesellato, inciso e bulinato, sottocoppa traforato;cm 18,5�8,7acquisito dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 177)

77. manifatturaaustroungarica e russaManina indicatrice (Jad)1840argento sbalzato, doppio filoritorto; cm 29,5 (lungh.)acquisito dalla pieve di San Pietro a Casciapunzoni: cerchio quadripartito conil numero 13, sormontato dallalettera a e affiancato dai numeri1840 in campo a forma di arco atutto sesto; nella fascia d’argentosuperiore: fd o ed in camporettangolare; nella parte interna delpolso: 84 in campo quadrato; altropunzone illeggibile(inv. 178)La manina veniva usata per seguiresenza errori la lettura della Torah, te-sto sacro della religione ebraica.

78. manifattura russaManina indicatrice1876argento cesellato e legno intagliato;cm 31acquisito dalla pieve di San Pietro a Cascia

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punzoni: 84 in campo rettangolare;1876 in campo rettangolare(inv. 179)

79. manifattura russaChanukkjà da viaggio (lampada)1867argento sbalzato, cesellato ebulinato; cm 4�4,5acquisito dalla pieve di San Pietro a Casciapunzoni: go (in caratteri cirillici)in campo rettangolare; uccellino in campo ovale; is su 1867 in campo quadrilobato;stella in campo ottagonale(inv. 180)Questa lampada rituale, a forma dibauletto, viene accesa in dicembredurante la celebrazione della Cha-nukkjà. Dai punzoni si può risalire alluogo e data di produzione: Russia,1867.

80. manifattura dell’europacentro-orientaleAnello matrimonialesecolo xixargento sbalzato e bulinato,filigrana; cm 5,7 (diam.)acquisito dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 184)

Recente acquisizione della Pieve diCascia, è il tipico anello da cerimo-nia nuziale. Presenta una tipologiaassai diffusa a piccolo edificio chevuole ricordare la distruzione delTempio di Gerusalemme.

81. manifattura olandeseContenitore per profumifine del secolo xixargento sbalzato, cesellato

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e bulinato; cm 28,5�9acquisito dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 183)Questo manufatto di produzionenordica risale con buone probabilitàalla fine del secolo xix. Si tratta di unsingolare esemplare di contenitoreper erbe aromatiche o profumi perla cerimonia che divide il giorno fe-stivo, il Sabato, dagli altri giorni.

82. manifattura russa (Mosca)Coltello da circoncisioneseconda metà del secolo xixargento sbalzato, cesellato e bulinato, filigrana applicata; cm 4�4,5acquisito dalla pieve di San Pietro a Casciapunzoni: 84 in campo quadrato;San Giorgio in campo quadrato; su un lato dell’impugnatura ae(in caratteri cirillici)(inv. 182)

83. manifattura russaCandelieri da viaggio1898 o 1908argento sbalzato, cesellato e bulinato;cm 6,5�4,5; acquisiti dalla pieve di San Pietro a Casciapunzoni: mp (in caratteri cirillici)in campo rettangolare, sui bordidel piatto spandicera 8(inv. 185)Gli oggetti erano usati nei viaggi peraccendere le due luci tradizionali al-l’avvicinarsi del Sabato (Shabbat).

84. manifattura della russiacentraleI santi Antipa (?), Giovanni Battistae Maronesecolo xviiitavola, gesso, tempera ad uovo, oro in foglia, crisografia, lacche colorate; cm 32,5�27acquisita dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 186)

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85. manifattura russaAscensione al cielo del profeta Elia su un carro di fuocosecolo xixtavola, carta, gesso, tempera auovo, argento meccato; cm 49�39acquisita dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 188)

L’icona riporta scene della vita delprofeta Elia che vediamo rappresen-tato in grande al centro e in alto sulcarro di fuoco. L’opera è di fatturacorrente e il soggetto è più volte ri-preso per la diffusa venerazione che siaveva di Elia nel mondo contadino:è uno degli esemplari più rappresen-tativi fra quelli conservati a Cascia.

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86. manifattura della russiacentraleMadre di Dio di Smolensksecolo xixtavola, gesso, tempera a uovo,argento meccato; cm 40�31,5acquisita dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 192)

L’icona presenta la Madre di Dio conin braccio il Bambino, in posizionefrontale. Con la mano destra Ella at-tira su di Lui l’attenzione di chi os-serva (Odighitrìa). L’immagine si rifà,come molte altre, ad un prototipodel secolo xi molto venerato in Rus-sia per i suoi poteri miracolosi.

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87. manifattura russaI santi Bonifacio, Giovanni Battista,Demetrio di Tessalonica, MariaEgiziaca e (in alto) il Battesimo di Cristosecolo xixtavola, gesso, tempera a uovo, oro in foglia; cm 33�27acquisita dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 191)

88. manifattura russaCalicesecolo xx argento dorato, smalti policromi; cm 22�10acquisito dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 193)

89. manifattura russaMadre di Dio del Segno e santi elettiprimo decennio del secolo xixtavola, gesso, tempera ad uovo,crisografia, rivestimento inargento; cm 6,5�17 (aperto);6,5�6,2 (chiuso)acquisito dalla pieve di San Pietro a Casciapunzoni: sul bordo superiore della cornice 84 e ps; iniziali del saggiatore e anno dellasaggiatura poco leggibili; 180(inv. 187)Si tratta di un’immagine cara all’i-conografia ortodossa, molto venera-

ta in Russia per i suoi poteri tauma-turgici.

Sulla parete

90. manifattura della russia sud-occidentaleIcona quadripartitaseconda metà del secolo xixtavola, gesso, tempera a uovo, oro in filigrana; cm 53,5�44acquisita dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 189)L’icona rappresenta la Madre di Dio(in alto a sinistra); San Caralampo(in alto a destra); i santi Bonifacio,Antipa e Mosè l’Etiope da Scete (inbasso a sinistra); i santi Quirico eGiulitta (in basso a destra).

91. manifattura della russiasud-occidentaleProtezione della Madre di Dioseconda metà del secolo xixtavola, gesso, tempera a uovo,argento meccato; cm 52,5�47acquisita dalla pieve di San Pietro a Cascia(inv. 190)L’icona rappresenta la visione chesant’Andrea “folle in Cristo” ebbedella Vergine durante l’assedio degliArabi a Costantinopoli nel 910.

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Opera non sempre esposta

92. jacopo vignali(Pratovecchio 1592-Firenze 1664)Sant’Antonio da Padova con il Bambino, i santi Domenico,Giovanni Battista, Sebastiano e cherubinifirmato e datato 1655olio su tela; cm 226�116pieve di San Pietro a Cascia(inv. 10)Il grande dipinto, uscito dal pennel-lo di uno dei protagonisti del Sei-cento fiorentino, non è sempre espo-sto all’interno del museo per man-canza di spazio, ma è stato qui in-cluso in quanto opera di notevolespessore artistico e spirituale che hail suo momento più toccante nel-l’angelo in basso che intima il silen-zio agli osservatori.

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2 - Sala 2 (Sala di Masaccio)Questa sala è interamente dedicata al Trittico di SanGiovenale di Masaccio. Qui è stata di recente trasferital’opera collocata fin dal 1988 all’interno della pieve diCascia. La sala era stata attrezzata in occasione delle ce-lebrazioni per il centenario della nascita dell’artista conpannelli didattici miranti a illustrare tutti i possibiliaspetti del Trittico, dalla tecnica di costruzione della ta-vola al restauro seguito al riconoscimento dell’opera,agli studi sulla prospettiva, all’iconografia dei santi ecc.È stata anche inserita una postazione elettronica checonsente l’accesso alle informazioni sulla vita, sulla pro-duzione generale dell’artista, sull’ubicazione delle altresue opere, e così via. La lettura dei pannelli comincia adestra dell’ingresso.

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93. masaccio (San GiovanniValdarno 1401-Roma 1428)Trittico di San Giovenale(La Madonna in trono col Bambino,due angeli e i santi Bartolomeo e Biagio, Giovenale e Antonio abate)datato 1422, il 23 aprilescritte: (Anno Do) minimccccxxii a di ventitre

d’ap(rile) (tavola centrale); (Ple)nadominus. tecum. benedicta (sulgradino del trono); tracce dei nomidei santi (tavole laterali)tempera su tavola; cm 108�65 (scomparto centrale); cm 88�44 (ciascuno dei due laterali)chiesa di San Giovenale di Cascia(inv. 1)

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Masaccio e il Trittico di San Giovenale

Quando Masaccio dipinse il Trittico destinato alla chiesa di San Gio-venale di Cascia, sul quale appose la data 23 aprile 1422, aveva ven-

tun’anni: era nato infatti nel 1401 a Castel San Giovanni in Altura (og-gi San Giovanni Valdarno) da Giovanni di Mone Cassai notaio e damonna Jacopa di Barberino di Mugello. Dal 1417 sappiamo che si era af-facciato all’orizzonte fiorentino e a Firenze nel 1422 sarebbe stato im-matricolato fra i pittori nell’Arte dei medici e speziali. Di quei cinqueanni e della sua formazione pittorica non abbiamo notizie certe: possia-mo però ipotizzare con un certo margine di sicurezza l’apprendistato pres-so l’attivissima e tradizionale bottega di Bicci di Lorenzo e l’esecuzionedi opere per il suo territorio di origine, ricordate genericamente dal Va-sari. Non citato dalle fonti, il Trittico appartiene senz’altro a quella suaprima produzione, anzi ne è al momento attuale l’ incipit assoluto.Esso dimostra quanto avessero contato per la formazione del giovane ar-tista, capace di elaborazioni originali e personalissime, le grandi novitàformali che si erano venute sviluppando a Firenze grazie a Brunelleschie a Donatello, il primo agli inizi della grande impresa della Cupola delDuomo, già autore il secondo del San Giorgio di Orsanmichele, opere en-trambe destinate ad aprire una grande stagione artistica. Vasari ricono-sce che il magistero svolto dai due grandi sul giovane Masaccio fu assaipiù fondamentale di quello esercitato da Masolino da Panicale, un tem-po indicato come maestro del Valdarnese ma oggi ridotto a ruolo di socioanziano, ancora fedele alle buone tradizioni tardo-gotiche che Masaccioavrebbe di lì a poco sovvertito.Di questo debito contratto da Masaccio verso Filippo e Donatello, il Trit-tico è perfetta testimonianza, così come attesta il graduale staccarsi dell’ar-

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tista dalle sponde sicure della tradizione per avventurarsi sull’eccitante ma-re del nuovo linguaggio artistico già nella scansione prospettica del pavimento,segnato dalle linee convergenti a unificare lo spazio dei tre scomparti. Que-sti dimostrano in effetti una gradualità nel rinnovamento formale che par-tendo dallo scomparto di sinistra, con i santi Bartolomeo e Biagio, più me-mori nel complesso di formule collaudate, si intensifica nella grande iconacentrale e nel pannello di destra con i santi Giovenale e Antonio abate, conuna progressiva conquista di vigore e corporeità. Di tutti i personaggi, al dilà del tradizionale rispettosissimo fondo oro che li ambienta nella luce delParadiso, colpisce il forte naturalismo che non intacca ma anzi esalta la lo-ro statura morale: primi fra tutti la Vergine robusta e solida e il Bambinoper la prima volta nudo, di irruente evidenza fisica come nelle sculture ro-mane o nelle pale di Giotto. La prospettiva, oltre che nell’impressionantetrono dallo schienale ricurvo, viene applicata nelle membra e negli scorcisottolineati dal chiaroscuro, come nelle mani bellissime della Madonna onei profili dei due angeli-bambini inginocchiati ai lati.Quanto ai santi, scelti a parte san Giovenale (eponimo della chiesa) peri loro legami di protettori del mondo contadino, sfoggiano anch’essi sguar-di, profili, orecchi e oggetti simbolici costruiti con occhio attento alla realtàfisica, e in più con colori sempre più corposi: basti come esempio il librotenuto aperto dalla mano che fa da leggio. In questo libro tra l’altro è sta-to riconosciuto di recente un autografo di Masaccio, del quale si conosceuna denuncia dei redditi del 1427, e per questo il particolare è stato scel-to a buon diritto come logo del museo.

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Paragoni calzanti con questo testo rivoluzionario, il primo della pittu-ra rinascimentale, possono essere stabiliti con la Madonna nella Sant’An-na Metterza degli Uffizi, o con la Madonna dello smembrato politticodi Pisa, oggi conservato a Londra. Ma analisi recenti hanno conferma-to senza ombre di dubbio anche nel disegno sottostante, che apparentatra l’altro il profilo di Giovenale con quello di un santo nel Tributo del-la cappella Brancacci, l’autografia di Masaccio che qui, nella sua acer-ba ma promettente sperimentazione, fornisce il suo apporto determi-nante alla formulazione di una visione nuova, di un nuovo codice dirappresentazione. Di questa novità è prova anche la scritta che per la pri-ma volta in Europa viene composta in bellissime lettere capitali umani-stiche. Né sono estranei al giovane artista i riferimenti dotti e biblici cheemergono dai particolari: dall’uva che il Bambino porta alla bocca, aldrappo che vela la sua nudità, agli anelli che la Vergine porta alle dita.O le lettere cufiche che secondo una tradizione ermetica e raffinata or-nano le aureole e che inneggiano (in base a una recente interpretazione)al Salvatore.Contrariamente a quanto ritenuto in passato, e cioè che l’opera fosse im-mediatamente trasferita da Firenze a San Giovenale per la festa del san-to (il 3 di maggio), un’ipotesi più recente suggerisce che il dipinto sia sta-to trattenuto per qualche tempo in città dove avrebbe avuto modo di ri-verberare il fascino delle sue novità sui pittori contemporanei.Anche la committenza resta per ora incerta, anche se appare assai proba-bile che possa essere riferita a una delle grandi famiglie fiorentine con va-sti possedimenti nella zona di Cascia, come i Castellani o i Carnesecchi,che dovettero rivolgersi al giovane valdarnese trasferito a Firenze.Per quanti volessero approfondire l’argomento segnaliamo che il volumecontenente gli atti degli importanti convegni tenuti a Cascia, tra i qua-li risulta fondamentale quello del 2000 (Masaccio 1422. Il Trittico diSan Giovenale e il suo tempo), è a tutt’oggi lo studio più completo sul-l’opera.

Caterina Caneva

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3 - Sala 3 (Camera del Pievano)La denominazione di questa sala, inaugurata solo nel2003 a causa del protrarsi del restauro e caratterizzata dauna ricca decorazione parietale del secolo xviii, è dovu-ta forse all’utilizzo cui era destinata in passato. Prima delrestauro era visibile solo la piccola Veduta della pieve diCascia sulla parete a destra dell’ingresso ma nel corsodell’intervento di ripristino sono riemersi sotto l’intonacopregevoli dipinti murali che interessano, oltre al soffit-to, la parete destra e una piccola sezione di parete spe-culare alla veduta della pieve. In questa zona la decora-zione, tipica del cosiddetto “illusionismo architettoni-co”, vuole creare l’effetto di una loggia aperta che con-sente vedute diverse, di cui la principale comprende unafigura femminile allegorica con simboli del potere, cir-condata da begli edifici classici. Il soffitto simula inveceuna balconata articolata che si apre sul cielo (in cui vo-lano uccelli anche esotici) e contornata da piante, gran-di stemmi con raffigurazioni allegoriche e ghirlande.

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Lo stemma sopra la porta d’ingresso è quello della fa-miglia fiorentina Calderini che si era estinta nel 1601 la-sciando però ai nobili indigenti, beneficiari a turno del-le sue cospicue rendite, l’obbligo di utilizzare quellostemma. Cosa che verso la metà del Settecento toccòin sorte a un membro della famiglia Ginori, al quale for-se si deve questa piacevole impresa decorativa.L’esecuzione fu affidata con probabilità a un gruppo dispecialisti di quel genere decorativo, allora assai in vo-ga, facente capo a Giuseppe Del Moro, attivo in quellasso di tempo anche per la vicina abbazia di Vallom-brosa.L’esposizione in questa sala, suscettibile in futuro di unulteriore arricchimento, comprende nella vetrina difianco all’ingresso eleganti oreficerie e arredi sacri men-tre nella vetrina di fronte e nelle teche appese al di so-pra troviamo esposta una serie interessante e curiosa diex voto. Il complesso si è venuto a costituire nel corsodei secoli intorno al Crocifisso ritenuto miracoloso e al-la Madonna cosiddetta del Conforto di San Giovenale:gli ex voto comprendono cuori in argento, medaglie,piccoli monili, rosari, anelli ecc.

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94. manifattura toscanaCoppia di teche contenenti ex votosecolo xixlegno intagliato, dipinto e parzialmente dorato; cm 75�35provenienze varie(inv. 100 a-b)

Vetrina di fronte all’ingresso

95. manifattura toscanaSerie di quattro brevicinisecolo xviiiseta, metallo argentato e dorato;cm 8�6 (bianco); 8�6 (verde); 6,5�6,5 (rosa); 8�8 (giallo)pieve di San Pietro a Cascia(inv. 103)I brevicini venivano tradizionalmen-te donati ai neonati al momento delBattesimo.

96. manifatture diverseSerie di cinque rosarisecoli xviii-xxvetro e argento o metallo;misure diverse chiesa di San Giovenale e pieve di San Pietro a Cascia(inv. 105)

97. manifattura toscanaCuore ex votosecolo xixlamina d’argento; cm 11�7pieve di San Pietro a Cascia(inv. 106)La scritta riporta al s.s.c.o. (croci-fisso) di ca(scia) 1886. il m(arche-se) rodolfo medici per guarigio-ne di tifo micidiale.

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98. incisore marchigianoAttestato ufficiale del 23 aprile 1770nel quale si dichiara che ilframmento di velo nero è rimasto acontatto con le reliquie della Verginenella Santa Casa di Loretoseconda metà del secolo xviii

carta ingiallita, frammento di velo nero applicato in alto con timbro a secco della Casa di Loreto; cm 25,5�19dono di un privato(inv. 171)

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99. manifattura toscanaSerie di monilifine secolo xix-inizio secolo xxoro, metallo dorato, pietresemipreziose; misure variepieve di San Pietro a Cascia(inv. 107 a-b-c)

100. manifattura toscanaConopeo di tabernacoloinizio secolo xixgros di seta, filo metallico,paillettes, cotone; cm 64�41,5pieve di San Pietro a Cascia(inv. 167)

101. manifattura romana e toscanaSerie di tre medagliesecoli xviii-xixargento; cm 4,5 (diam.); 4,3 (diam.);4,2 (diam.)

chiesa di San Giovenale a Cascia(inv. 108 a-b-c)

102. manifattura toscanaDue orecchini a pendentesecoli xvii-xviiicristallo di rocca e argento; cm 3�2pieve di San Pietro a Cascia(inv. 102)Fra i monili donati come ex votoquesti orecchini rappresentano l’e-semplare più antico e pregevole.

101, recto e verso di una medaglia di Innocenzo xi, 1682

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103. manifatture diverseSerie di 12 anellisecoli xviii-xxmetalli vari, corniola, agata, pastadi vetro e pietre non preziose;misure diversechiesa di San Giovenale e pieve di San Pietro a Cascia(inv. 104)

104. manifattura toscanaTre palle da calicefine secolo xviii-inizio secolo xixgros di seta, filo metallico, sete policrome; cm 14�14; cm 13�13; cm 12�12villa i Mandri(dono Anselmi MediciTornaquinci)(inv. 166 a-b-c)

Sulla parete

105. manifatturatoscanaVia Crucissecolo xviii14 acquafortitinteggiate a mano;cornici in legnointagliato;cm 12,5�8villa i Mandri (dono AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 172)

Vetrina a sinistra dell’ingresso

106. manifattura toscanaPalla da calicesecolo xviiigros di seta, filo metallico dorato e argentato; cm 15�15pieve di San Pietro a Cascia(inv. 168)

107. manifattura toscanaDue ampolline e vassoiosecolo xviiivetro, argento; cm 17�9,5; 16�21,5villa i Mandri (dono AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 52)

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99sala 3

Le ampolline risultano di estremaraffinatezza per le decorazioni a gior-no che occupano gran parte della lo-ro superficie e che sono tipiche del se-colo xviii. Molto probabilmente ve-nivano impiegate in una cappella pri-vata.

108. manifattura toscanaPalla da calicesecolo xviiiraso di seta, filo metallico,paillettes; cm 15�15pieve di San Pietro a Cascia(inv. 169)

109. manifattura toscanaCalicefine secolo xiv-inizio xvrame e argento dorati e cesellati;cm 18�10pieve di San Pietro a Cascia(inv. 29)Per foggia e caratteristiche il calicerimanda al gusto tardo-gotico cheperdurerà anche nei primi decennidel Quattrocento. All’interno dei cli-pei presenti sul nodo, in origine ar-ricchiti probabilmente da smalti co-lorati oggi perduti, sono riportatiCristo, la Vergine, san Giovanni e al-tre figure di santi. La stessa tecnicadoveva essere stata impiegata per leleggere decorazioni riportate lungoil fusto. Il calice ha subito nel tem-po molti restauri.

110. manifattura toscanaCrocesecolo xviicristallo di rocca, argento; cm 5�4pieve di San Pietro a Cascia(inv. 101)Tra gli ex voto presenti nel museoquesta croce è uno dei più antichi epreziosi.

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100museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

111. manifattura toscanaCuscinetto per uso liturgicofine secolo xviii-inizio secolo xixgros di seta, filo metallico, paillettes; cm 9�14villa i Mandri (dono AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 170)Il manufatto, confezionato in gros diseta bianca, è finemente ricamato infilo dorato metallico con l’applica-zione di paillettes che ne aumentanola luminosità.

112. manifattura toscanaCalice e pisside da viaticosecoli xviii-xixottone; cm 10�5, 9�4villa i Mandri (dono AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 60 a-b)

113. manifattura toscanaSerie di due pissidi da viaticosecoli xviii-xixargento, metallo argentato;cm 11�4; cm 12�6villa i Mandri (dono AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 61 a-b)

114. manifattura toscanaSerie di due contenitori per olio santo e campanello d’altaresecolo xviimetalli vari; cm 3�3,5; cm 5�4; cm 8�5,5pieve di San Pietro a Cascia e villa i Mandri (dono Anselmi MediciTornaquinci)(inv. 43)

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101scala di accesso al primo piano

4 - Scala di accesso al primo pianoUscendo dalla “Camera del Pievano” si rientra nella Sa-la di Masaccio e di qui subito a sinistra troviamo la sca-la (con attrezzatura idonea per i disabili) che conduceal primo piano e alle Sale 4 e 5. Alle pareti sono stateappese riproduzioni fotografiche che illustrano l’aspet-to interno ed esterno della pieve di Cascia prima deigrandi lavori di restauro che alla metà degli anni Ses-santa del secolo scorso hanno recuperato il suo austeroaspetto romanico. Sull’ultimo pianerottolo sono espo-sti entro cornici due veli da calice con pregevoli ricami.

115. manifattura fiorentinaVelo di caliceseconda metà del xvii secolotaffetas ricamato in filo d’orocm 68,5�68pieve di San Pietro a Cascia(inv. 122)

116. manifatturafiorentinaVelo di caliceseconda metà del xvii secolotaffetas ricamato in seta, filo d’oro e d’argentocm 62,5�60pieve di San Pietro a Cascia(inv. 123)

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5 Sala 4Hall 4

6 Sala 5 (Studio del Pievano)Hall 5 (Parish Priest’s Study)

delPianta museoPrimo piano

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Primo piano5 - Sala 4La saletta comprende due vetrine di cui la destra dedi-cata a splendidi paramenti e ad arredi lignei di qualità;nella vetrina di sinistra sono invece contenuti oggettidi genere diverso: si segnalano in particolare il Cristo de-posto dalle suggestive caratteristiche arcaiche; una bel-la mazza processionale dipinta su ambedue le facce conun’Annunciazione e un giovane San Lorenzo, eseguita acavallo del Sei e Settecento, oltre ad alcuni “pratici”strumenti di foggia e di uso ormai superati ma che fan-no parte della storia quotidiana della pieve, come latraccola (vedi) e le cassette per le elemosine. Si segnalaanche la presenza, subito a destra della scala, di unostraordinario orcio di terracotta del secolo xviii dallabocca caratteristica, dal quale si può cominciare la vi-sita in senso orario.

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104museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

117. manifattura toscanaCornice per edicola con cortinaricamatafine secolo xviii-inizi secolo xixlegno intagliato e dorato; cm 80�45;tessuto artificiale del secolo xxcon ricamo applicato in setepolicrome e filo metallico dorato,fine secolo xviii-inizi secolo xixchiesa di San Giovenale a Cascia(inv. 91)

Vetrina a destra

118. manifattura fiorentinaParato in terzofine del xvi secolo-inizi del xvii secolodamasco bicolore in seta e lino;

cm 150�290 (piviale); cm 119�137�103 (tonacelle); cm 220�21,5 (stola); cm 82�20 (manipolo)pieve di San Pietro a Cascia(inv. 114)Motivo a rete di maglie includentidue diversi fiori di cardo, che fra Cin-que e Seicento segna la fortuna del-le manifatture di Firenze, cui si ri-conduce l’ideazione. Le più ampiedimensioni degli anelli lobati nellagriglia arborea della tonacella evi-denziano l’impiego di un diverso tes-suto, riferibile comunque alla stessatipologia ornamentale. Sul registroinferiore della tonacella e al centrodello scudo di piviale è riportato uno

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stemma partito con l’emblema aral-dico delle famiglie Medici e Conci-ni, committenti del parato. I Conci-ni infatti furono molto legati ai Me-dici, ottenendo da questi importan-ti riconoscimenti: Bartolommeo fusegretario di Cosimo i, il figlio Gio-vanbattista segretario maggiore diFrancesco ii, Bartolomeo di Battistafu eletto senatore da Cosimo ii nel1615, mentre suo fratello, ConcinoConcini, seguì in Francia Maria de’Medici andata sposa a Enrico iv.

119. manifattura toscanaCamicefine del xix-inizi del xx secolotela di lino con balza a filet ricamata;cm 144�156dono di un privato(inv. 161)

120. manifattura toscanaEspositorioseconda metà del secolo xixlegno intagliato, dorato, argentodipinto; cm 37�30pieve di San Pietro a Cascia(inv. 95)

121. manifattura toscanaEspositorioseconda metà del secolo xixlegno intagliato, dorato, argentodipinto; cm 40�33chiesa di Santo Stefano a Cetina(inv. 88)

122. manifattura toscanaReliquiario multiplo a cassa con armeseconda metà del secolo xviiilegno intagliato e dorato;cm 39�33�17

105sala 4

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106museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

pieve di San Pietro a Cascia(inv. 87)Questo reliquiario si distingue daglialtri per la raffinatezza degli intaglicomprendenti uno stemma con duetorri e un cappello cardinalizio. Al-l’interno della teca sono conservate lereliquie del santo titolare della chie-sa, Pietro: ancora oggi l’oggetto vieneesposto in chiesa durante la sua festa.

123. manifattura toscanaCoronamento di corredo di crocesecolo xviiilegno intagliato e dorato;cm 50 (diam.)oratorio di San Martino a Pontifogno(inv. 89)Questo arredo mobile, destinato acoronare una croce processionale,

presenta con freschezza di intagli lascena di san Martino a cavallo chetaglia il mantello per donarlo a unpovero ed è racchiusa in una ghir-landa vegetale.

Vetrina a sinistra

124. manifattura toscanaReliquiario a ostensoriosecolo xviiilamina metallica, dorata e argentata su supporto ligneo; cm 41�20�11chiesa di Sant’Agata in Arfoli(inv. 53)

125. manifattura toscanaReliquiario multiplo a ostensoriosecolo xviii-xixlamina in ottone sbalzato su supporto ligneo dorato;cm 41�21�8chiesa di Santo Stefano a Cetina(inv. 63)

126. manifattura toscanaOstensoriosecolo xviii-xixmetallo stampato e argentato; cm 52�12,5chiesa di San Niccolò a Forli(inv. 62)

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127. manifattura toscana (?)Cristo deposto dalla crocesecoli xiii-xvlegno scolpito e dipinto; cm 70�17�10chiesa di San Niccolò a Forli(inv. 21)La scultura è realizzata secondo sche-mi e caratteristiche arcaiche, evidentinella resa elementare dell’anatomia enella policromia accesa.Nonostante la sommarietà di esecu-zione di alcuni particolari, l’opera ri-sulta di grande impatto visivo e de-vozionale.

128. manifattura toscanaCassetta per elemosinesecolo xviilegno, metallo; cm 25�12�10pieve di San Pietro a Cascia(inv. 98)

129. manifattura toscanaInsegna processionale fine secolo xvii-inizio secolo xviiilegno intagliato, tinteggiato,dipinto; cm 21�16�4pieve di San Pietro a Cascia(inv. 84 a-b)L’insegna processionale è decorata instile vivace con le immagini di rife-rimento delle Confraternite dellaPieve di Cascia: da un lato l’Annun-ciazione, dall’altro un giovane SanLorenzo con la graticola, strumentodel suo martirio.

107sala 4

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108museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

130. manifattura toscanaReliquiario a ostensorioprima metà del secolo xixlegno intagliato e dorato; cm 51�26�11provenienza incerta(inv. 94)

131. manifattura toscanaTraccolasecolo xixlegno; cm 30�18�9

chiesa di San Donato in Fronzano(inv. 97)Questo strumento sonoro veniva uti-lizzato in passato per richiamare i fe-deli durante la Settimana Santa quan-do le campane non potevano suona-re. Pur nella estrema semplicità delmateriale e della realizzazione, esso ar-ricchisce il patrimonio del museo conla testimonianza di un’usanza antica.

132. manifattura toscana“Madonna del Conforto”seconda metà del secolo xviiigesso modellato e dipinto, cornice in legno; cm 16,5�16,5pieve di San Giovenale a Cascia(inv. 96)L’immagine della “Madonna delConforto” era particolarmente vene-rata a San Giovenale.

133. manifattura toscanaCampanello d’altaresecolo xixbronzo e legno; cm 17chiesa di San Tommaso a Ostina(inv. 73)

134. manifattura toscanaCassetta per elemosinesecolo xxlegno intarsiato, madreperla;cm 28�21pieve di San Pietro a Cascia(inv. 99)

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6 - Sala 5 (Studio del Pievano)Nella sala è stata ricreata l’atmosfera di quello che pote-va essere lo “Studio del Pievano”, riunendo qui tra l’altroi ritratti eseguiti tra Sei e Ottocento di alcuni Pievani diCascia e di alcuni Vescovi di Fiesole appartenenti ad im-portanti famiglie fiorentine: questi ultimi spesso avoca-vano a sé il privilegio della pieve non solo per potervi sog-giornare con agio ma anche per poter accedere alle sue ren-dite. In questo ambiente, destinato in futuro anche a con-servare, in un mobile apposito sulla parete di sinistra, l’im-portante Archivio storico della pieve, sono stati inseriti an-che due mobili moderni da utilizzare come deposito per-manente di paramenti e tessuti antichi: questi vengonoesposti nel museo a rotazione per consentire loro un pe-riodo “di riposo” e quindi una migliore conservazione.Nella grande bacheca ottocentesca sulla parete di fondosono esposti, oltre a una campionatura di documenti sto-rici tratti dal citato Archivio, alcune belle custodie dei Li-bri delle Compagnie in velluto rosso e argento.

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110museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

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La visita può procedere in senso orario

135. ignazio hugford(Pisa 1703-Firenze 1778) e aiutiIl Beato Erizzometà del secolo xviiiolio su tela; cm 130�100pieve di San Pietro a Cascia(inv. 13)

136. manifattura toscanaLeggio d’altaresecolo xviiilegno intagliato e dorato;cm 105�65�50pieve di San Pietro a Cascia(inv. 86)Il leggio, di grandi dimensioni, benrispecchia i lussureggianti canoni de-corativi del tardo barocco. Preziosonell’intaglio, il mobile presenta ele-ganti rifiniture ed abbellimenti co-me le quattro piccole sculture a for-ma di pisside (di cui una mancante)collocate agli angoli del lettorile. Suquesto è esposta la riproduzione mo-derna ma fedele del quattrocentesco

Codice Squarcialupi, nel quale sonoraffigurati ed elogiati i grandi musi-cisti e compositori tra cui Giovannida Cascia (1270?-1351).

137. ignazio hugford(Pisa 1703-Firenze 1778) e aiutiSan Bernardo degli Ubertimetà del secolo xviiiolio su tela; cm 130�100pieve di San Pietro a Cascia(inv. 12)La tela (come il pendant al n. 135) puòconsiderarsi replica di due tele ana-loghe che Hugford eseguì in serie di14 per il refettorio dell’abbazia di Val-lombrosa tra il 1745 e il 1748 e raffi-guranti santi e beati dell’Ordine val-lombrosano. Figlio di un orologiaioinglese dal 1683 al servizio di Cosimoiii de’ Medici e fratello dell’abate En-rico, che fu grande e riconosciutoesperto della tecnica della scagliola,Ignazio Hugford fu pittore e restau-ratore di buona fama, elegante neldisegno ed esperto nell’uso dellegamme cromatiche.

111sala 5

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112museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

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113sala 5

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138. “e. niccheri” (seconda metà sec. xix)Il pievano di Cascia Paolo Benifirmato sul retro e datato suldavanti p.p.b. 1875olio su tela; cm 86�74pieve di San Pietro a Cascia(inv. 20)

Prodotto decoroso della ritrattisticaottocentesca, di autore non cono-sciuto, il dipinto mostra l’immaginedel pievano che ha lasciato a Casciaaltri ricordi del suo passaggio, comeun bel calice con le sue iniziali (vedin. 50).

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114museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

139. manifattura toscanaCamillo Tabarrini, pievano di Cascia dal 1688 al 1740fine secolo xviiiolio su tela; cm 73�61pieve di San Pietro a Cascia(inv. 16)

La scritta consente d’identificare ilsoggetto: adm.r.us.d.nus camil-lus/tabarrinius plebis cascie/ple-banus electus anno 1688. Il prela-to è autore di un vivace e dettaglia-to diario utile per conoscere la storiadella pieve a cavallo di due secoli.

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115sala 5

140. pietro dandini(Firenze 1646-1712)Pietro de’ Filippini, pievano di Cascia dal 1673 al 1688ottavo decennio secolo xviiolio su tela; cm 64�52

pieve di San Pietro a Casciaiscrizione: r. pietro de’ filippinis / electus plebanus anno 1673 / vixit annos 53 menses 6 / ori it anno 1688(inv. 14)

140

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116museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

È il ritratto più pregiato della serie quiesposta: è dovuto infatti al pennello diuno fra i protagonisti della scuola fio-rentina della seconda metà del secolo,abile e veloce esecutore di grandi ciclidecorativi, pale d’altare e dipinti da sa-la. La scritta, che riporta fra l’altro ladata di morte del pievano, è da consi-derarsi posteriore all’esecuzione del ri-tratto, visto l’aspetto ancora vigorosoe giovanile del soggetto.

141. scuola toscanaPresunto ritratto di Francesco Maria Ginori, vescovo di Fiesole (1736-1775)secolo xviiiolio su tela; cm 73�52pieve di San Pietro a Cascia(inv. 19)

Bacheca sulla parete di fondo

142. manifattura toscanaCustodia dei Capitoli dellaCompagnia del SS. Sacramentoprimo quarto del secolo xixargento sbalzato, velluto rosso;cm 25,5�18,5chiesa di San Tommaso a Ostina(inv. 81)

143. manifattura toscanaCustodia dei Capitoli della Compagnia di sant’Agatasecolo xviiiargento sbalzato, velluto rosso;cm 26�19

chiesa di Sant’Agata ad Arfoli(inv. 80)Questa custodia è forse la più pre-ziosa e raffinata del museo data lapresenza al centro della coperta diuna miniatura di ottima fattura cheraffigura sant’Agata. La ricercatezzae la qualità dell’oggetto testimonia-no le possibilità economiche dellaCompagnia relativa.

144. manifattura toscanaCustodia dei Capitoli della Compagnia del SS. Sacramentosecolo xviiiottone sbalzato e argentato, velluto rosso; cm 23�16,5

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chiesa dei Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 77)

145. manifattura toscanaCustodia dei Capitoli dellaCompagnia di sant’Antonio Abatesecolo xixargento sbalzato, velluto rosso;cm 19�13oratorio di San Martino a Pontifogno(inv. 79)

146. manifattura toscanaCustodia dei Capitoli dellaCompagnia del SS. Sacramentosecolo xviii-xixargento sbalzato, velluto rosso;cm 19�14chiesa di San Niccolò a Forli(inv. 78)

147. manifattura toscanaCoppia di insegne degli iscritti alla Compagnia del SS. Sacramentosecolo xxmetallo stampato e argentato;cm 19�7,5chiesa di San Niccolò a Forli(inv. 82)

148. scuola toscanaTommaso Della Gherardesca, vescovo di Fiesole (1702-1703)inizi secolo xviiiolio su tela; cm 62�52pieve di San Pietro a Cascia(inv. 17)

149. scuola toscanaLuigi Maria Strozzi, vescovo di Fiesole (1716-1735)prima metà secolo xviiiolio su tela; cm 61�56pieve di San Pietro a Cascia(inv. 18)

150. ottavio dandini (?)(Firenze 1690 ca-dopo il 1740)Filippo Neri Altoviti, vescovo di Fiesole (1674-1702)1702olio su tela; cm 62,5�49,5pieve di San Pietro a Cascia(inv. 15)La scritta sul retro del figliuolo dipietro dandini, celebre… 1702,induce ad assegnare il dipinto al fi-glio meno noto del più celebre e do-tato Pietro Dandini (vedi n. 140).

sala 5

Un antico volume con i resoconti delle entratee uscite della Pieve

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Itinerari

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Da Firenze a Cascia di Reggello

I dintorni di Cascia di Reggello

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L asciando il centro di Firenze e attraversando l’Arnopresso il ponte Giovanni da Verrazzano (uno dei

più recenti di cui la città sia stata dotata negli ultimidecenni), s’imbocca il viale Donato Giannotti che pro-segue poi nel viale Europa. Intorno a questa arteria,snodo su cui gravita un animato quartiere cittadino, siconservano edifici di grande interesse storico-artistico.Sono soprattutto costruzioni a carattere religioso: co-sì, arrivando all’altezza di via Danimarca, voltando adestra ed immettendosi sulla via di Ripoli è possibileraggiungere la badia a Ripoli che sorge sull’omonimapiazza. La fondazione, risalente al vii-viii secolo, era inorigine un monastero benedettino femminile che, pas-sato in seguito ai Vallombrosani, venne infine soppressonel primissimo Ottocento. La chiesa, dedicata a SanBartolomeo, ha subito rifacimenti nel tardo Cinque-cento (1598) quando fu dotata del portico e poi, suc-cessivamente, soprattutto nell’Ottocento e negli anniTrenta del secolo seguente. L’interno, ad unica navatae cripta, conserva opere d’arte di valore, fra le altre: nel-la cappella maggiore una Madonna in gloria e santi diFrancesco Curradi, nel presbiterio, a sinistra, La con-tessa Matilde dona alla chiesa la Carta di Giovanni Ca-millo Sagrestani (1706), nel sacello a destra della cap-pella maggiore una Madonna col Bambino e santi di Ja-copo Vignali (1630). Proseguendo per la medesima viadi Ripoli si trova, dapprima, la chiesa di San Pietro inPalco che ha avuto, dopo la sua consacrazione avve-

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Da Firenze al Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello

Pieve di SanPietro a Cascia(abside)

NicolettaBaldini

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124museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

nuta nella seconda metà del Trecento, vari rifacimen-ti, e che è stata di recente restaurata. A questo punto,sempre seguendo la via di Ripoli, ma facendo una bre-ve deviazione una volta oltrepassata la frazione di Sor-gane, incontriamo a destra la pieve di San Pietro a Ri-poli, di cui abbiamo testimonianze a partire dall’viii se-colo, pur essendo sorta sulle vestigia di un precedenteedificio. La struttura originaria è stata più volte modi-ficata nel corso dei secoli: verso la metà del Settecentoalla costruzione si dette l’aspetto che seguiva il gustotardobarocco e poi, durante il 1932-1933, si cercò di re-stituire una sorta di aspetto medievale all’intero com-plesso. Significativi sono all’esterno il campanile, la fac-ciata tripartita con piccolo portico trecentesco e il por-tale rinascimentale. L’interno, a tre navate con la cen-trale absidata, conserva della sua originaria decorazio-ne (che doveva ricoprirla interamente) solo alcune te-stimonianze: nell’ultima campata della navata destraun Cristo in pietà e i simboli della Passione e un’Annun-ciazione e nella navata sinistra una frammentaria Ver-gine Annunciata, questo, come gli altri affreschi ram-mentati, riferiti a Pietro Nelli (fine del xiv secolo). Siannovera fra le opere anche un dipinto di Orazio Fi-dani datato 1638 rappresentante la Decollazione del Bat-tista (Proto Pisani, 1994).Riprendendo il viale Europa e proseguendo in direzio-ne di Rosano su una delle dolci e suggestive colline cheanimano il paesaggio si può ammirare, sulla destra, lachiesa di Santa Maria a Quarto, che fa parte del Co-mune di Bagno a Ripoli; l’edificio, pur risalente alme-no al xiii secolo, ha subito restauri, con inserimenti instile neogotico, negli anni Trenta del Novecento.Le opere che vi si conservano sono: all’altare una Ma-donna di Bicci di Lorenzo e un’Annunciazione di Neridi Bicci.

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125da firenze a cascia di reggello

Fig. 1. Pieve di San Pietro a Ripoli

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126museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

Entrando, a questo punto, sulla via di Rosano e per-correndo il raccolto borro di Vallina, si arriva a Villa-magna, località in cui si conservano molti edifici di ri-lievo, ma su tutti è da segnalare una delle più impor-tanti pievi del territorio fiorentino quella di San Don-nino a Villamagna. L’attuale edificio risale all’anno Mil-le, quando fu realizzato sulle vestigia di una costruzio-ne dell’viii secolo. Dopo un restauro condotto nel 1930,nel corso del quale vennero rimosse le aggiunte baroc-che, la pieve ha riacquistato in parte le sue «severe for-me romaniche». L’esterno, «dalle pareti rivestite da con-ci di filaretto d’alberese», presenta «la semplice faccia-ta a capanna» «con i due spioventi laterali ribassati e unportale incorniciato da conci di pietra bianca» e il cam-panile che si erge con tre piani di bifore e una cella cam-panaria aggiunta successivamente (Ungar, 1999).L’interno, a tre navate impostate su pilastri rettangolari

Fig. 2. Pieve di San Donnino a Villamagna

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su cui poggiano arcate a tutto sesto, si conclude conun’abside a volta gotica costolonata; vi si possono am-mirare numerose opere d’arte, fra le altre: a metà dellanavata destra il trittico Madonna col Bambino e santi diMariotto di Nardo (riferito al 1394-1395); nella testata del-la navata sinistra una Madonna col Bambino fra i santiGherardo di Villamagna e Donnino di Francesco Gra-nacci, pittore che, nato proprio a Villamagna nel 1477,ebbe una formazione ghirlandaiesca; e ad un esponen-te della famiglia Ghirlandaio, a David specificamente,è stata attribuita la tavola che si trova a metà di questanavata: una Madonna in trono e santi.Riprendendo nuovamente la strada che segue, sempredappresso, il corso dell’Arno, la conformazione del ter-ritorio ci consente di ammirare sull’altra sponda del fiu-me (in località Compiobbi), la villa Le Falle notevoleanche per la bellezza del suo giardino. L’edificio, ap-

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Fig. 3. Compiobbi, villa Le Falle

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partenuto alla famiglia fiorentina dei Guadagni, vennericostruito durante la fine del Cinquecento dall’archi-tetto Gherardo Silvani.Ammirando la campagna che, dolce e suggestiva, ac-compagna entrambe le rive dell’Arno, si arriva ad unpiccolo bivio sulla via di Rosano, bivio che ci permet-te di raggiungere uno degli edifici più suggestivi e sin-golari che animano i margini del fiume: le Gualchieredi Remole. La storia dell’edificio nella sua forma at-tuale – atta cioè ad alloggiare le gualchiere, macchineper feltrare i panni – è strettamente connessa alle vi-cende degli Albizi, una delle potenti famiglie della Fi-renze del Trecento. Nella prima metà di quel secolo gliAlbizi spesero ingenti capitali per tali impianti, postilungo entrambe le rive dell’Arno a monte di Firenze:comprarono le gualchiere del Girone, di Quintole e diRovezzano ed edificarono la struttura di Remole, e in

Fig. 4. Gualchiere di Remole

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tal modo crearono un’organizzazione, atta allo sfrutta-mento del fiume, strettamente connessa alla lavorazio-ne della lana. La specificità delle Gualchiere di Remo-le è data innanzitutto dalla modernità del progetto del-l’impianto che, edificato nel 1326, contava ben venticeppi di gualchiera (per battere i panni nella fase di in-feltrimento della lana) divisi in cinque case tra loro con-tigue, adatte all’alloggio degli operai che erano addet-ti al buon funzionamento della struttura. Nel 1334 aquesto nucleo originario vennero aggiunte la torre e lacolombaia, dando così all’insieme l’apparenza di unpiccolo villaggio, protetto da una cinta di mura merla-te, con al centro uno spazio comune circondato da di-versi edifici (fra i quali anche una chiesetta con un chio-stro) e animato al suo interno dai gualcherai e dal per-sonale di servizio che vi risiedeva con le famiglie e vi svol-geva il proprio lavoro. Pur avendo perduto, a partire dacirca il 1429, la sua originaria importanza, l’impianto èstato in uso come mulino e gualchiera fino ai primi delNovecento, e ciò che rende l’insieme estremamente af-fascinante è che i prospetti esterni del complesso sonoancora quelli originali trecenteschi anche se con chia-re aggiunte e restauri di età moderna che tuttavia nondisturbano la struttura originale (Fabbri, 2004).Rientrando sulla via di Rosano, dopo qualche chilo-metro incontriamo, sulla destra, le cosiddette Pirami-di di Rosano, due collinette dalla forma piramidaleche risultano alquanto suggestive e che ci introduco-no nel borgo di Rosano, che si è formato intorno al-l’importante Abbazia di Santa Maria, monastero be-nedettino femminile che venne fondato, stando allatradizione, nel 780 e che è testimoniato nei documentia partire dall’xi secolo. Gli interventi sugli edifici checompongono il nucleo originario dell’abbazia si sonosucceduti a partire dal xii-xiii secolo fino al Settecen-

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to, mentre la chiesa, a motivo dei danni subiti duran-te la seconda guerra mondiale, è stata oggetto di unrestauro che ne ha recuperato la struttura medievale.Poiché le religiose vivono in stretta clausura la visitaal complesso è limitatissima: i chiostri sono accessibi-li soltanto in occasione della festività del Corpus Do-mini, mentre la chiesa è aperta unicamente per le fun-zioni liturgiche. Questo edificio, dall’impianto a tre na-vate con copertura a capriate lignee, conserva impor-tanti opere d’arte – fra le altre un Fonte battesimale del1423, un’Annunciazione di Jacopo di Cione, databile acirca il 1365, un trittico di Giovanni da Ponte con l’An-nunciazione e santi del 1434 – ma su tutte ha una rile-vanza straordinaria il Crocifisso con Storie della Passio-ne e Resurrezione di Cristo, risalente al xii secolo e ri-ferito ad un artista a cui è stato dato il nome di “Mae-stro di Rosano”. Il restauro, a cui la tavola è stata sot-

Fig. 5. Piramidi di Rosano

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toposta dal 1997 al 2006, ha valorizzato ulteriormen-te l’altissima qualità del manufatto – primo Crocifis-so ligneo in territorio fiorentino – e lo studio che èscaturito da quest’intervento conservativo potrà percerto fare nuova luce anche sull’anonimo artefice, diorigine romana, che, in modo straordinariamente in-novativo, ha reso con tanta maestria le sembianze delCristo (triumphans) e gli episodi caratterizzanti la suasalvifica Passione (Monciatti, 2007).Dal borgo di Rosano, attraversando l’Arno si raggiun-ge la cittadina di Pontassieve, che si trova alla con-fluenza fra il fiume e uno dei suoi affluenti, la Sieve. Il

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Fig. 6. “Maestro di Rosano”, Crocifisso con Storie della Passione eResurrezione, Rosano, Abbazia di Santa Maria

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nome del luogo deriva appunto dal ponte che vennerealizzato su questo corso d’acqua: un punto nevralgi-co la cui importanza si accrebbe massimamente dalDuecento, «quando la crescita economica e demogra-fica della città di Firenze pose sempre più in primo pia-no i problemi del movimento delle merci e in partico-lare le esigenze dell’approvvigionamento alimentare»(Martelli, 2003). Il ponte medievale venne riedifica-to nel 1555 e nelle sue vicinanze si trova il convento diSan Francesco, realizzato sempre in epoca medicea eche presenta un notevole portico seicentesco; il pontesu cui passa la strada statale, a valle di quello più anti-co, fu costruito invece in età lorenese ed ha subito neltempo vari rifacimenti.Dell’originario nucleo del xiii secolo il centro conser-va oltre la struttura (con in alto la parte “murata” ed inbasso il borgo prevalentemente ottocentesco): la Porta

Fig. 7. Pontassieve, Ponte

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Aretina, detta anche Torre dell’Orologio, e la Porta Fio-rentina, entrambe trecentesche.Da Pontassieve percorrendo la strada statale 69 si rag-giunge Sant’Ellero, una località che fino ai primi del No-vecento rivestiva una grande importanza perché vi sitrovava uno dei numerosi attraversamenti dell’Arno chenel tempo sono stati soppiantati dai ponti e dalle arte-rie stradali: la cosiddetta “Nave di Sant’Antonio”, in-fatti, era il barcone, esistente presso il “porto” di Sant’El-lero, che serviva ai monaci di Vallombrosa per traghet-tare il fiume, e recarsi nei loro possessi posti sull’altrasponda dell’Arno. Nel borgo si possono ammirare, col-locati in una posizione suggestiva: la graziosa chiesa diSanta Maria a Sant’Ellero, all’interno della quale siconserva una Nascita della Vergine, di recente restaura-ta, dipinto di buona qualità realizzato, nel 1773, dal pit-tore di origine fiorentina Pietro Berti (Pasquini, 2003).Questo edificio un tempo faceva parte del monasterodelle benedettine di Sant’Ilario in Alfiano, nome colquale anticamente era ricordato anche il castello diSant’Ellero, forse realizzato a difesa della fondazionemonastica e che conserva della struttura medievale: latorre centrale parzialmente ricostruita e resti della cin-ta muraria.Proseguendo sulla medesima arteria viaria si arriva al-l’abitato di Donnini (nella nuova chiesa dedicata allaVergine del Carmine vi si trova un’Annunciazione diFrancesco Curradi) da dove s’imbocca la Strada dei Set-te Ponti, famosa per le numerose e antichissime pievi(Pelago, Pitiana, Cascia, Scò, Gropina e San Giustino)che s’incontrano sul suo percorso che congiungeva, lun-go le pendici del Pratomagno, Firenze ad Arezzo e quin-di a Roma. Il nome di questa “strada” (che in parte ri-percorre il tracciato della Cassia vetus), antico di oltreun millennio, ha un’origine non ancora completamente

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chiarita: da un lato lo si motiva con la presenza degliattraversamenti dei corsi d’acqua (che però sono certopiù numerosi di sette), dall’altro lo si lega al valore sim-bolico e rituale del numero sette che congiungerebbele divinità pagane, un tempo venerate in questi luoghi,ai santi cristiani a cui sono dedicati i numerosi edificireligiosi che si trovano sul percorso. A partire propriodalla pieve di San Pietro a Pitiana che, di origine ro-manica, conserva, delle sue antiche forme, il campani-le con bifore e monofore e un parziale ricordo nellastruttura a tre navate; nell’interno, a cui si accede da unportico cinquecentesco, sono custoditi due dei tre di-pinti che Ridolfo del Ghirlandaio realizzò per l’edifi-cio. Infatti quando la fondazione, di antico patronatodella famiglia Cavalcanti, passò per legato testamenta-rio all’ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze, coluiche ne fu spedalingo dal 1500 al 1529, Leonardo Bonafé,

Fig. 8. Pieve di San Pietro a Pitiana

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si fece mediatore nel promuovere l’abbellimento dellachiesa, coinvolgendo Ridolfo del Ghirlandaio. Questiper l’altare maggiore realizzò, intorno al 1512, una Ma-donna col Bambino e santi (ora in collezione privata in-glese), mentre, tra il 1513 ed il 1518, per la cappella late-rale di destra eseguì la Madonna col Bambino, angeli ei santi Giovanni Gualberto e Agostino (recuperata e quiricollocata nel 2000: Caneva, 2000) ed infine, per il sa-cello laterale di destra, l’Annunciazione. All’esterno, dacui si gode uno splendido panorama sulla vallata, alcunistemmi ricordano sia il patronato dei Cavalcanti sia

Fig. 9. Ridolfo del Ghirlandaio, Annunciazione, Pieve di San Pietroa Pitiana

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quello dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, mentreuna lapide muraria rammenta che in questi luoghi il fi-losofo Marsilio Ficino compose, fra il 1469 ed il 1474,la sua Theologia platonica.Dalla pieve di Pitiana, facendo una deviazione a destradalla Strada dei Sette Ponti, si raggiunge la chiesa diSan Clemente a Sociana, che presenta una strutturamolto semplice, ad una sola navata, «con un breve tran-setto ed abside quadrata; esternamente un piccolo cam-

Fig. 10. Antonio Rossellino (attribuita), Madonna col Bambino, chie-sa di San Clemente a Sociana

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panile a vela ed un portico, frutto dell’ultimo inter-vento di restauro degli anni Sessanta» (Bencistà, 1999),restauro che ha seguito quelli del 1580, del 1733 e del1877. Di grande valore il patrimonio che vi si conser-va, a partire dal bassorilievo, collocato sull’altare deltransetto sinistro, con la Madonna col Bambino asse-gnato ad Antonio Rossellino con una datazione cheoscilla fra il settimo e l’ottavo decennio del Quattro-cento; posti al centro della parete absidale i due Angelireggicandelabro riferiti a Mino da Fiesole, del 1480 cir-ca ed infine una tavola con la Madonna Assunta e san-ti, attribuita a Girolamo Macchietti (Caneva, 1999).Ritornando alla volta di Pitiana e proseguendo in di-rezione di Reggello, si trova, in posizione elevata ri-spetto al centro abitato, la chiesa di San Donato inFronzano, le cui prime testimonianze documentarie ri-salgono al 1029. Pur avendo subito nel corso dei secoli

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Fig. 11. Chiesa di San Donato in Fronzano

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(soprattutto nel Sei e Settecento) vari rifacimenti, colrecente intervento di restauro si è cercato di riportarealla luce quanto ancora esistente della primitiva co-struzione romanica, sulle cui pareti interne si conser-vano resti di affreschi attribuiti a Paolo Schiavo. Inte-ressante l’organo della seconda metà del xviii secolo.Da questa località, attraverso una strada secondaria, siraggiunge un edificio estremamente suggestivo (anchese negli ultimi tempi lasciato in uno stato d’incom-prensibile abbandono): il Castello di Sammezzano, co-struzione di antica origine (si ipotizza che vi soggior-nasse nel 780 Carlo Magno), che fu più volte trasfor-mata fino a quando, nel corso del primo Seicento (1616),venne acquistata dalla famiglia Ximenes d’Aragona. L’a-spetto attuale in stile moresco, conferitogli nel 1853 daun discendente della famiglia che si dilettava di archi-tettura, Ferdinando Panciatichi, unisce – secondo i det-tami di gusto eclettico romantico – ricordi del-l’Alhambra di Granada ad altri delle pagode indiane,creando la magia di un edificio, vero e proprio unicumper l’Italia centrale. Il parco, uno dei più vasti della To-scana, è in sintonia con lo stile del castello, ed infatti ilproprietario vi fece coltivare molte piante esotiche e ra-re fra le quali sono sistemati deliziosi edifici sempre instile moresco.Ritornando sulla Strada dei Sette Ponti si arriva al bor-go di Pietrapiana, dove una strada scende alla pieve diSant’Agata in Arfoli voluta, secondo la tradizione, daMatilde di Canossa. Si tratta di un edificio d’impiantoromanico risalente forse ai secoli xi-xii, che, pur aven-do subito, nel tempo, vari interventi sia all’interno cheall’esterno (fra Sei e Settecento, infatti, da costruzionea navata unica è diventato a croce latina), è stato ripor-tato dall’ultimo restauro (1966-1968) al suo stato origi-nario. All’esterno, addossato alla facciata romanica, si

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ammira il portico a quattro colonne, che in origine con-servava affreschi trecenteschi con Scene della vita diSant’Agata, ora collocati nel presbiterio. All’interno sitrovano numerose testimonianze artistiche: sulla pare-te destra è sistemata una lastra tombale, con la data 1126,del sepolcro della famiglia Ardimanni, che fu patronadella chiesa; più avanti, in un’edicola con cornice sei-centesca, vi sono due affreschi della metà del Quattro-cento: la Madonna in trono fra i santi Macario e Gio-

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Fig. 12. Pieve di Sant’Agata in Arfoli

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vanni Battista e, nella parte superiore, l’Annunciazione.Nel transetto a destra si ammira un prezioso organo del1756 e quindi nel presbiterio gli affreschi già nel porti-co, mentre l’altare conserva un tabernacolo del 1450. Al-la sinistra del transetto si trovava, in origine, la cappel-la dedicata a sant’Agata (ora intitolata al Santissimo Sa-cramento) che, con la navata, risultava essere il nucleoprimitivo dell’edificio. Sulla parete sinistra: un fram-mento di ambone con decorazioni zoomorfe e geome-triche, risalente all’viii secolo, seguito poi da un’edico-la dove è conservato un affresco, datato 1497, con la Ma-donna col Bambino in trono fra i santi Antonio e Sebastianoe il donatore attribuibile a Raffaellino del Garbo e com-missionato probabilmente da Filippo Alamanni, che dal1457 ebbe il patronato della chiesa; infine è d’obbligo ri-cordare il Fonte battesimale la cui tazza, risalente forseall’xi secolo, venne ritrovata durante i lavori effettuatinel chiostro. Appunto nel piccolo chiostro datato al 1228,a cui si accede dal transetto destro, sono conservate quat-tro colonne angolari originali del xiii secolo, due dellequali con capitelli quattrocenteschi.Dalla chiesa di Sant’Agata, imboccando una strada se-condaria che si dirige verso Rignano, s’incontra villaBonsi, parte di una tenuta che si estende sulle collineche guardano verso l’Arno. Edificata nel xv secolo dal-la famiglia fiorentina dei Bonsi della Ruota, la costru-zione venne trasformata in convento durante il Sei-cento, e due secoli dopo divenne proprietà dei marchesiBudini Gattai (che tuttora la posseggono) i quali si fe-cero realizzare dall’architetto Raffaele Sorbi una dimo-ra di campagna di gusto neogotico.Ritornando al borgo di Pietrapiana e dirigendosi versoReggello si raggiunge facilmente, deviando a sinistra,la chiesa di San Michele a Caselli che, documentatadal xiii secolo, a navata unica, ha subito rifacimenti nel

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xvii e xviii secolo, quando si sono avute quelle tra-sformazioni tardobarocche di cui restano, a testimo-nianza, gli stucchi che ornano le pareti dell’interno del-l’edificio.Da questa località si arriva infine al paese di Reggello, lacui posizione a ridosso del Pratomagno consiglia anchepiacevoli escursioni verso la montagna. Da identificarsiprobabilmente con l’antico Castelnuovo della pieve diCascia – per distinguerlo dal Castelvecchio, appartenenteai Conti Guidi – il borgo entrò a far parte del dominiodi Firenze fra la fine del xiii e l’inizio del secolo succes-sivo e, nel 1385, il castello venne fortificato; la denomi-nazione attuale (Reggello), significante il capoluogo dicomunità, risale ad una legge promulgata nel 1773 dalgranduca Pietro Leopoldo. Si possono visitare nel pae-se: il Municipio (ornato sul prospetto esterno dagli stem-mi di alcuni Podestà) e la chiesa parrocchiale di San Ja-copo, che fu istituita con la stessa struttura, a navata uni-ca, del preesistente oratorio (dedicato a tale santo). L’e-dificio, pur avendo subito opere di ammodernamento du-rante il Novecento, conserva al suo interno arredi per lapiù parte del xvii secolo e nel presbiterio un Crocifisso li-gneo cinquecentesco. Dalla chiesa di San Jacopo di Reg-gello si può raggiungere, andando verso nord, la chiesadi San Martino a Pontifogno, costruzione a navata uni-ca la cui struttura caratteristica di luogo di culto ruraledel xiii secolo, è stata trasformata in epoca sette-otto-centesca; la facciata presenta l’inserimento di un porti-co su colonne piuttosto tipico, come abbiamo visto, ditutta la zona che gravita intorno alla Strada dei Sette Pon-ti. Sempre da Reggello, ma procedendo verso sud, si rag-giunge l’oratorio di Santa Maria a Ponticelli che, risa-lente ai secoli xvi-xvii, venne edificato per la devozionealla Vergine, al cui intervento miracoloso si attribuì lacessazione di un’epidemia di peste: l’immagine venera-

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ta, che si trova sull’altaredell’edificio ad unica na-vata, rappresenta la Ma-donna col Bambino e sullosfondo il Santuario di Pon-ticelli (si nota che l’affre-sco è stato più volte fattooggetto di ridipinture).Infine da Reggello rag-giungiamo la frazione diCascia la cui Pieve di SanPietro ospita il MuseoMasaccio d’Arte Sacra.

I dintorni di Reggello

La ricchezza artistica del-la zona, che non si di-sgiunge dalla notevolebellezza paesaggistica, ètestimoniata dal numerodi chiese, oltre a quelle fi-nora menzionate, che sitrovano sempre nei pres-si di Reggello. Se le pieviposte sulla Strada dei Sette Ponti svolgevano, com’è sta-to detto, «importantissime funzioni tanto religiosequanto civili e amministrative» (Caneva, 2006), i nu-merosi edifici anche minori (e meno noti), sempre acarattere religioso, sono il segno della vita pulsante diquesto tratto del Valdarno. Così, percorrendo la stradain direzione sud-ovest, incontriamo costruzioni sacredi un certo interesse: la chiesa di Santa Tea, ad unicanavata, ricordata fin dal xii secolo, conserva testimo-nianze di un rinnovamento quattrocentesco; nel tem-

Fig. 13. Chiesa di San Martino aPontifogno

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po le sono stati addossati alcuni edifici la più parte deiquali occupati da strutture facenti parte di un frantoio.Della chiesa di Sant’Andrea a Borgo a Cascia si han-no memorie documentarie dal 1260 e fino al 1549 madell’antico edificio non esistono più tracce, è stato in-fatti ricostruito in forme neogotiche durante il Nove-cento; il Borgo, a cui si riferisce la sua denominazione,sorse ai piedi del castello di Cascia nel xii secolo. Sullachiesa di San Siro possediamo pochissime notizie, tut-tavia essendo tale santo uno dei protomartiri, è proba-bile che il luogo fosse di origine molto antica; l’edificioattuale, risalente al xii secolo, è una piccola costruzio-ne di culto di segno rurale, mentre la torre campana-ria, probabilmente del vii-viii secolo, dovette essere co-struita originariamente come struttura difensiva. An-cora più a sud di Reggello s’incontra la chiesa di SanGiovenale a Cascia – da cui proviene il Trittico di Ma-

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Fig. 14. Chiesa di San Giovenale a Cascia

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saccio ora nel Museo di arte sacra – e che, documenta-ta a partire dal 1028, presenta una struttura riferibile alxiii secolo; nei pressi dell’edificio, fra la via comunalee il torrente Resco Reggellese, si trova un sito archeo-logico con resti di una piccola necropoli romana. Infi-ne è da menzionare la chiesa di San Tommaso a Osti-na che, con il borgo che le si è creato attorno, dovreb-be essere sorta fra il xii ed il xiii secolo. L’impianto ori-ginario, come i paramenti murari, fanno ritenere l’edi-ficio attuale della seconda metà del Duecento; alla fac-ciata, il cui portale d’accesso data al 1314, è stato ad-dossato, durante il Novecento, un porticato, mentresettecentesche sono la canonica e la sacrestia.Da questo edificio si procede nella direzione di Vaggioe prendendo una strada detta “Castagneta”, per il belpercorso fra piante di castagno, si arriva a Pian di Scò,

Fig. 15. Veduta del paesaggio da Pian di Scò

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centro adagiato presso il già ricordato torrente Resco (dalquale forse deriva il nome) che «mediante un sistemadi canalizzazione artificiale, alimentava mulini, frantoie un ampio comprensorio agricolo, particolarmentefiorente in età granducale» (Trotta, 2005). Oltre ai re-sti, sul vicino Poggio della Regina, del maestoso castel-lo dei Conti Guidi (datato fra il x e il xiii secolo), de-gna di nota è soprattutto la romanica pieve di SantaMaria, dal cui sagrato, recentemente restaurato cometutta l’area circostante, si può godere del paesaggio diboschi e colline coltivate a ulivi e viti. L’edificio, conun’imponente torre campanaria, è documentato a par-tire dal 1008. L’esterno presenta una semplice facciatasu cui si aprono arcate cieche e due monofore; l’inter-no della chiesa, a tre navate spartite da capitelli fine-mente decorati, conserva ad affresco una Madonna colBambino di Paolo Schiavo.Da Pian di Scò, dirigendosi verso Castelfranco di So-pra, s’incontra la badia di San Salvatore a Soffena, edi-ficata dai Vallombrosani durante il Trecento sui resti diuna struttura fortificata dell’xi secolo e rimaneggiatadurante il Quattrocento; adibita ad altri usi in seguitoalle soppressioni leopoldine, venne infine acquistatadallo Stato che l’ha restaurata. L’interno, a croce greca,è decorato da numerosi affreschi, fra gli altri si posso-no menzionare soprattutto le Storie della vita di SanGiovanni Gualberto di Bicci di Lorenzo. Interessante èl’attiguo ex monastero vallombrosano con il suggesti-vo chiostro impostato su pilastri.Proseguendo sempre sulla Strada dei Sette Ponti si giun-ge a Castelfranco di Sopra – punto d’incontro fra ilPratomagno e il Valdarno Superiore – che è una delle“terre nuove” fiorentine. Fondata nel 1299 – sulle ve-stigia del Castello di Soffena – se ne attribuisce tradi-zionalmente il disegno ad Arnolfo di Cambio. L’origi-

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naria struttura urbanistica a scacchiera, ancora in par-te cinta dalle mura con torri e con due delle quattroprimitive porte d’accesso, conserva al suo interno lachiesa di San Tommaso che, risalente all’xi secolo, ven-ne dotata nel Quattrocento di un pronao e ampliatadurante il xviii secolo. Riprendendo la Strada dei Set-te Ponti in direzione di Loro Ciuffenna, ci si può sof-fermare a Montemarciano, borgo caratterizzato dai re-sti di un castello, distrutto dai fiorentini nel 1288, dal-l’oratorio della Madonna di Montemarciano che con-

Fig. 16. Pieve di San Pietro a Gropina

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serva un affresco assegnato anche a Masaccio, e dalla vi-cina chiesa cinquecentesca della Madonna delle Gra-zie, che è contraddistinta da un portico seicentesco. Daquesta località si prosegue in direzione di Loro Ciuf-fenna. Sorto sul sito di un insediamento etrusco e ro-mano, Loro ha conservato la sua impronta medievalederivatagli dall’omonimo castello, arroccato su una go-la creata dal torrente Ciuffenna. Fra i monumenti chevi si possono visitare sono, di notevole interesse, la chie-sa di Santa Maria Assunta, che custodisce un trittico conMadonna e santi di Bicci di Lorenzo, e nel Palazzo Co-munale il Museo Venturino Venturi, che conserva di-segni e sculture dell’artista qui nato nel 1918 e decedu-to nel 2002. Riprendendo la Strada dei Sette Ponti siprosegue in direzione della pieve di San Pietro a Gro-pina, che poco dista dall’asse viario ma a cui si giungeda una ripida salita. Una delle più antiche pievi in ter-ritorio aretino, l’edificio, eretto intorno al Mille, pre-senta una facciata in conci di pietra (facciata che mo-stra evidenti segni di interventi posteriori) su cui si apro-no due monofore e una bifora con lo stemma di papaLeone x e la data 1522. A lato s’innalza l’imponente tor-re campanaria risalente al 1233. L’interno è a tre navateche si impostano su colonne con capitelli istoriati digrande pregio, su una delle quali poggia l’ambone.

Si ringraziano: Lucia Bencistà, don Ottavio Failli, Cecilia Frosinini, Ce-cilia Ghelli, Francesco Martelli, Alessio Monciatti, don Gino Monnetti,Gloria Papaccio, padre Ugo Presazzi, Rosanna Proto Pisani, GiuseppinaCarla Romby, Giuliana Righi, ed in modo particolare i Direttori ed ilpersonale del Kunsthistorisches Institut di Firenze.

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L’ itinerario che ci conduce in direzione dell’anticapieve di San Pietro a Cascia e del suo territorio of-

fre al viaggiatore numerose varianti. Per chi ha fretta diarrivare è senz’altro consigliabile l’uso dell’autostrada A1in direzione di Roma. Da qui l’uscita consigliata è quel-la per Incisa Valdarno, per poi seguire le indicazioniche conducono a Reggello.Per chi invece ha più tempo a disposizione, proponia-mo qui un itinerario diverso, un po’ più lungo, attra-verso un percorso antico e pieno di fascino che graziea una serie di piccole deviazioni ci porta a ripercorrerela Cassia Vetus, l’antica via romana che univa Fiesolecon Arezzo e che oggi può a grandi linee essere sovrap-posta alla provinciale Sette Ponti (l’antica Strada deiSette Ponti). Questo ci permetterà d’inoltrarci in quelterritorio compreso tra la Val di Sieve e il Valdarno cheè oggi considerato la “montagna” fiorentina e che co-steggia tutta la catena del Pratomagno. Incontreremouna Toscana molto diversa da quella che siamo abitua-ti a riconoscere nelle immagini patinate che ritraggo-no eleganti coloniche che dominano dall’alto delle col-line su campi ordinati. Anche questa parte di Toscanaè certamente agricola e profondamente legata al mon-do rurale, ma qui in modo particolare si percepisce intutta la sua violenza la battaglia che l’uomo ha com-battuto nei secoli con strenua determinazione con unanatura avversa e prepotente, per ritagliarsi un piccoloterreno seminativo. Fitta boscaglia, inverni rigidi e spes-

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Artigianato artisticoed enogastronomia attraversol’antica Strada dei Sette Ponti

Maria PilarLebole e BenedettaZini

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so nevosi, un territorio dalle pendenze tutt’altro chepianeggianti o lievemente collinose sono le caratteri-stiche fondamentali di questo territorio aspro, ma altempo stesso pieno di fascino.I bellissimi e ancora in gran parte incontaminati boschilocali, ricchi di faggi, castagni e latifoglie, sono stati findall’antichità una delle principali fonti di sostentamen-to per una popolazione che ha dovuto combattere, for-se più delle altre, con la contraddizione di vivere in unterritorio a metà tra quello agricolo e quello montano.Se i frutti nati dai pochissimi spazi agricoli a disposi-zione non erano sufficienti, ecco che la montagna veni-va in aiuto all’uomo con le sue risorse. Castagne, fun-ghi, frutti del sottobosco, ma soprattutto legname perla costruzione di oggetti d’uso e per il riscaldamento neirigidi inverni caratteristici della zona. Il legame tra l’uo-mo e il bosco è in questi luoghi profondo e rispettoso,a testimoniarlo i pochi piccoli edifici costruiti qua e làe utilizzati come seccatoio per le castagne e per i funghio come piccoli rifugi nei mesi dedicati alla pastorizia.È questa una terra ricca di storia, il cui passato forte-mente feudale è testimoniato dalla presenza capillaredi castelli e piccoli borghi, e il cui sviluppo economicoha avuto nel corso dei secoli fasi alterne, condizionatodalle cruente guerre intraprese dalla Repubblica Fio-rentina contro la fitta rete feudale che dominava su que-ste terre; da pestilenze e carestie; finanche a invasioni esaccheggi da parte di eserciti stranieri che di qui si tro-vavano a passare.È tuttavia verosimile affermare che l’andamento del-l’economia locale sia stato da sempre fortemente lega-to alla strada che lo percorre, la romana via dei Sette Pon-ti. Questo sia per quanto riguarda la morfologia del ter-ritorio che la contraddistingue, che ha sviluppato un’e-conomia agricola che si alterna quasi intrecciandosi a

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un’economia più strettamente boschiva; sia per quan-to riguarda gli interessi politici che con l’andar dei se-coli l’hanno investita, facendone ora la principale arte-ria viaria verso il sud e favorendone incredibilmente losviluppo dei commerci e delle attività manifatturierein genere, abbandonandola in seguito in favore di altrevie più brevi e veloci.Percorriamola, dunque, la via dei Sette Ponti, alla sco-perta di un territorio affascinante e pieno di curiosità.

Lungo la via dei Sette Ponti

Partendo dalla zona sud di Firenze, ci dirigiamo in di-rezione Bagno a Ripoli. Al bivio, lasciamo la strada checi porterebbe al paese e svoltiamo verso sinistra im-boccando la provinciale 35 in direzione del borgo di Ro-sano. Le colline che accompagnano il nostro viaggioacquistano proprio in prossimità di questo piccolo pae-se un particolare interesse sia per l’antichissima origi-ne che le caratterizza, sia per la presenza proprio qui dialcune specie arboree e cespugliose, del tutto insolita.La forma vagamente piramidale delle colline è dovutaalla quasi certa presenza di un lago in epoca preistori-ca, che ne avrebbe modellato la figura producendo que-sta singolare conformazione. Si tratta di una zona bo-schiva fitta e impervia, che nonostante la tendenza aldisboscamento operata nei secoli da una cultura forte-mente contadina, ben più propensa all’abbattimentodei boschi in favore delle più proficue coltivazioni vi-tivinicole e olivicole, è riuscita a mantenere in gran par-te integra la sua struttura. Querce, pini, lecci, cipressie carpini sono le varietà arboree più diffuse nella partepiù alta delle colline di Rosano, quelle che superanoanche i 300 metri di altezza. A queste si accompagnaun sottobosco ricco di ginestre, pungitopo, muschi e

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felci (soprattutto nelle zone più ombrose e umide). Unaflora molto comune soprattutto nelle zone della rivie-ra Toscana, e che lascia un po’ sorpresi incontrare alleporte di Firenze. Gli studi di alcuni prestigiosi botani-ci a cavallo tra Otto e Novecento hanno evidenziatoquesta zona come probabilmente la più ricca d’Italia,se non addirittura del bacino del Mediterraneo, di al-cune di queste varietà arboree ed erbacee. Il fenomenoè dovuto sostanzialmente alla particolarissima condi-zione climatica della zona, temperata e mite, che ri-corda da vicino quella delle zone litoranee. Ed è pro-prio grazie a questa particolare mitezza climatica e allagrande fertilità dei terreni favorita dalla secolare pre-senza dei boschi, che le coltivazioni agricole della zonasono altrettanto degne di nota. Siamo a pochi passi dal-la Val di Sieve e dall’alto Valdarno, zone d’eccellenza perla produzione vinicola la prima e olivicola la seconda.

Fig. 1. Rosano. Paesaggio

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Trovandosi a passare da queste parti vale senz’altro lapena segnalare, presso l’abbazia di Santa Maria, la pre-senza da oltre dodici secoli di una piccola comunità disuore benedettine di clausura, che hanno allestito al-l’interno dei locali dell’abbazia alcuni laboratori doveeseguono pregiati lavori di ricamo su commissione epiccoli oggetti in ceramica. Le suore producono inol-

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Fig. 2. Rosano. Abbazia di Santa Maria

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tre conserve e liquori e unafamosa marmellata di pe-sche realizzata alla manie-ra antica, con i frutti checrescono nel loro giardino.Non è possibile visitare iluoghi di produzione, matelefonando al monasterosi può concordare un ap-puntamento per acquista-re i prodotti o commissio-nare lavori di ricamo e ce-ramica. Lungo la strada,una piccola deviazione sul-la sinistra, proprio in pros-simità del fiume, ci invitaa fare una piccola sosta pervisitare le Gualchiere diRemole, esempio pratica-mente unico in Europa distabilimento per eseguirele operazioni di “gualcatu-ra”, una delle più impor-tanti fasi nella lavorazione laniera in epoca medievale.La produzione dei “panni di lana”, oltremodo diffusanella città di Firenze e nel suo circondario in epoca me-dievale, costituiva una delle lavorazioni artigianali piùimportanti e redditizie della città. Il prodotto finito siotteneva tuttavia solo dopo un lungo procedimento dilavorazioni diverse, ma tra loro strettamente concate-nate. La gualcatura serviva a dare consistenza ai panniin precedenza filati. La trama veniva compattata perrendere il panno più resistente, come rassodata, moti-vo per cui alcuni erano soliti appellare questo procedi-mento anche come “sodatura”. Il bel complesso delle

Fig. 3. Gualchiere di Remole

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Gualchiere di Remole, costituito da due edifici specu-lari in pietra, dotati di alte torri merlate, al primo col-po d’occhio ci fa pensare a un castello abbandonato sullimite del fiume. Lo stato di conservazione, in partecompromesso da incuria, abbandono e arbitrarie mo-difiche architettoniche, mantiene tuttavia pressoché in-tatto il percorso a cui venivano sottoposte le pezze dilana. Si tratta di un esempio unico, in cui sono ancorachiaramente individuabili alcuni dei principali passag-gi della lavorazione della lana, e che ha permesso dichiarire i meccanismi che portavano al compimentodelle operazioni, fornendo anche importanti informa-zioni riguardo la tipologia di macchinari di cui si di-sponeva all’epoca. Le pezze di lana arrivavano da Fi-renze in traghetto, è ancora visibile il piccolo puntod’approdo dove le imbarcazioni lasciavano lana e lavo-ranti. Gli edifici principali erano quelli adibiti a ospi-

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Fig. 4. Gualchiere di Remole

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tare i macchinari, che per essere operativi si servivanodella forza idraulica del fiume. Per far ciò un canale ar-tificiale convogliava l’acqua proprio all’interno degliedifici. Il canale dipendeva a sua volta da una pescaia,un bacino artificiale che aveva lo scopo di evitare im-provvise inondazioni nonché di rifornire il canale di ac-qua in modo costante, sia pure in periodi di grave sic-cità. Il complesso comprendeva poi una serie di picco-li edifici collaterali dedicati a rimessaggio, alloggi e ma-gazzini.Lasciate alle nostre spalle le belle Gualchiere di Remo-le, riprendiamo il nostro viaggio imboccando nuova-mente la provinciale 35, seguendo le indicazioni perPontassieve.La strada procede dritta fra le colline della Val di Sievedove si intrecciano i vari itinerari enologici che sonostati favoriti dalla produzione locale degli ottimi Chian-ti Rufina e Pomino.Come in gran parte della Toscana e in particolare nelcontado fiorentino, la produzione vinicola si accom-pagna da sempre a quella olivicola, in una dicotomiaquasi monotona che vede l’alternarsi di colline pode-rali sfruttate quasi sempre in ugual misura da questedue coltivazioni. Recentemente tuttavia, nella bassa Valdi Sieve, l’ottima qualità raggiunta dalla produzioneenologica ha fatto sì che questa venisse in qualche mo-do favorita rispetto a quella dell’olio. La viticoltura hacosì progressivamente raddoppiato i suoi spazi, sacrifi-cando altre coltivazioni, di sovente abbattendo ampiearee boschive e andando a ottenere una estensione pro-duttiva che ad oggi risulta una delle più sostanziose, ri-spetto al computo generale delle aziende vinicole di tut-ta la provincia di Firenze.Un esempio interessante lo abbiamo avvicinandoci al-l’abitato di Pontassieve. Nella vasta area industriale che

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sorge giusto alle porte della città, si evidenzia in modopiuttosto prepotente il grande stabilimento di produ-zione dei vini Vi.C.A.S., che riunisce gran parte dei pic-coli e medi produttori vinicoli della zona compresa traArno e Sieve. Nata nel 1964, l’associazione dei viticol-tori ha dato vita a una cantina sociale che ha come sco-po primario quello di mantenere intatte le specificitàterritoriali, accettando solo uve di qualità e soprattuttoprodotte nella zona di riferimento. Questo ha permes-so alla cantina Vi.C.A.S. di crescere e dar vita a un mo-dello di sviluppo sostenibile nel settore vitivinicolo de-cisamente all’avanguardia. Oggi sono oltre 250 i picco-li e medi produttori che sono entrati a far parte del con-sorzio, producendo un vino da tavola di ottima qualitàe specializzandosi anche nella produzione di altri pro-dotti correlati come vinsanto e aceto, in modo da ren-dersi sempre più in linea con le richieste del mercato.

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Fig. 5. Vigne

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Trovandosi nella zona vale indubbiamente la pena unavisita al poco distante laboratorio di scagliola del mae-stro Bianco Bianchi. Attivo fin dagli anni Sessanta, il la-boratorio produce manufatti di vario genere realizzatirispettando fedelmente l’antica tecnica della scagliola.Dal disegno alla preparazione del supporto, dall’intar-sio fino alla lucidatura, gli oggetti che escono dal labo-ratorio di Bianco Bianchi sono pezzi unici al mondo, ri-conoscibili per qualità e raffinatezza della realizzazione.Concedendoci una piccola deviazione, lasciamo la pro-vinciale 35 per entrare nell’antico paese di Pontassieve.Di origine etrusca, Pontassieve ha visto il passaggio deiRomani, ma ha avuto il suo momento di maggior svi-luppo in epoca medievale grazie alla sua posizione stra-tegica tra Arno e Sieve che ne faceva per i Fiorentini unavamposto fluviale fondamentale, sia a scopo difensivo,sia per lo sviluppo e la diffusione dei commerci. Qui co-me in gran parte delle zone della Toscana più marcata-mente agricola, lo sviluppo artigianale ha mantenuto ilpasso nei secoli all’ombra delle fondamentali produzio-ni agricole. L’oggetto nasce esclusivamente in funzionedelle necessità d’uso del contadino, è stilisticamente sem-plice, essenziale, privo di inutili orpelli poiché la sua fun-zione fondamentale non è estetica, ma pratica. Si rin-tracciano così gli antichi mestieri del fabbro, intento aforgiare utensili per l’uso quotidiano dell’agricoltura, delbottaio o del falegname, tutti impegnati in una piccolaproduttività la cui unica funzione è asservirsi all’agricol-tura. Seppure oggi non si possa parlare di vere e proprieattività artigianali sopravvissute all’interno del Comu-ne, esistono piccolissime realtà che hanno in parte man-tenuto in vita l’antica tradizione dei mestieri contadini.Non si può tuttavia parlare di vera e propria specializza-zione in un settore artigianale di spicco. È di un qualcherilievo la piccola produzione di pelletteria, generalmen-

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te sotto forma di piccole aziende a conduzione familia-re che producono parti che vengono successivamente as-semblate dalle grandi industrie di pelletteria della zona.La gran parte degli addetti è ormai da secoli impegnatanelle ben più produttive attività vitivinicole.Trovandoci a Pontassieve vale tuttavia la pena di fare unabreve deviazione appena fuori del paese, dirigendoci illocalità Sieci. Incontriamo qui uno dei pochissimi esem-pi ancora funzionanti di mulino a vento. Costruito al-l’inizio dell’Ottocento, il mulino era ormai caduto indisuso e in totale stato di abbandono. Un progetto rea-lizzato nel 2000 con il patrocinio del Comune di Pon-tassieve e della Fattoria di Lavacchio, che ospita l’edi-ficio all’interno dei suoi terreni, ha permesso di ripor-tare a nuova vita l’antico mulino, tutt’oggi funzionan-

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Fig. 6. Mulino a vento della Fattoria Lavacchio

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te e attivo. Grazie all’approfondito studio di modelli dimulino a vento coevi, è stato possibile operare uno scru-poloso restauro delle parti meccaniche che lo com-pongono, restituendogli tutte le funzionalità del pas-sato. Oggi alla fattoria Lavacchio, oltre alla vendita di-retta dei prodotti vitivinicoli e olivicoli, oltre agli inte-ressanti corsi di cucina e terracotta, si produce una fa-rina biologica del tutto speciale, esattamente come quel-la che si produceva duecento anni fa.Rientrati a Pontassieve, attraversiamo tutto il paese esuperata la piazza principale ci troviamo sul ponte cheattraversa la Sieve. Da qui, girando sulla destra, im-bocchiamo la Regionale 69. Un bivio sulla destra ciindica la strada che porta alla Consuma, ma proce-diamo dritti lungo l’antica via aretina in direzione In-cisa Valdarno, entrando nel cuore della Val di Sieve.Ed è proprio a partire da qui che il paesaggio che ci

Fig. 7. Pontassieve

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accompagna comincia progressivamente a cambiare,discostandosi da quello che siamo soliti identificarecon la classica Toscana agrituristica. Non mancano ledistese ordinate di vigneti e oliveti, disposti a inter-valli regolari lungo un paesaggio collinare dai profilidelicati, ma che d’improvviso si fa quasi montano.Folti boschi di abeti, querce e faggi dominano dal-l’alto la vallata. Siamo alle pendici del Pratomagno evia via le colline si fanno sempre più appuntite e im-

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Fig. 8. La foresta nei pressi di Vallombrosa

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pervie, il sole quasi sparisce dietro la loro curvatura,l’odore umido del muschio montano ci pervade i sen-si all’improvviso. È questo il centro del territorio do-minato dai così detti Comuni della Montagna Fio-rentina, una vasta area che abbraccia da nord a sud iComuni di San Godenzo, Dicomano, Londa, Rufina,Pelago, Pontassieve. A questi, seppure più decisamenterivolto verso il territorio del Valdarno, si aggiunge an-che il Comune di Reggello, insieme alla poco distan-te Vallombrosa.È un paesaggio ruvido, difficile e ombroso. Osservan-do le coltivazioni, quasi arrampicate sui terrazzamenticostruiti lungo tutta la strada, all’interno delle profon-de gole montane, non è difficile percepire tutta la fati-ca della comunità contadina di queste parti, che mol-to ebbe a combattere contro una natura avversa e unterritorio decisamente impervio.

Fig. 9. Coltivazioni a terrazza

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Il paesaggio continua ad alternarsi così, tra distese di col-line basse e soleggiate che d’improvviso si fanno quasimonti, ingoiandoci in vallate buie e silenziose.Giunti alle porte del piccolo paese di Sant’Ellero, svol-tiamo a sinistra sulla provinciale 88 che porta in direzio-ne di Tosi e Vallombrosa. Lungo la strada incontriamo laFattoria di Petrognano, che oltre a offrire comodi ed ele-ganti alloggi ricavati dalle vecchie case poderali, ci acco-glie negli spazi della sua vendita diretta dove è possibileacquistare vino, olio e i prodotti di stagione dell’orto.Grazie alla grande ricchezza di folti boschi, fin dall’an-tichità l’economia della zona ha affiancato allo sfrutta-mento agricolo lo sfruttamento e la produzione di le-gname. La tradizione di falegnameria si è sviluppatacrescendo nel corso dei secoli, seppure oggi traccia diquesto antico mestiere si possa rintracciare solo nella pic-cola zona circostante il paese di Tosi.

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Fig. 10. Legname nella foresta di Vallombrosa

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Siamo ormai entrati nel Comune di Reggello, che abuon diritto viene celebrato come il paese dell’olio perl’eccellente varietà di extravergine d’oliva prodotto intutta la zona. Caratterizzato dal tipico colore verde in-tenso e dal suo gusto forte e piccante, l’olio prodottoin tutta l’area di Reggello viene spremuto rigorosa-mente a freddo, mediante l’utilizzo di imponenti ma-cine di pietra, così come si è soliti fare in terra di To-scana da sempre.Ma riprendiamo il viaggio e attraversiamo i piccoli sug-gestivi abitati di Donnini e di San Donato in Fronza-no. Un bivio sulla destra ci indica la bella Fattoria de-gli Usignoli, un enorme ed elegante complesso alber-ghiero, ricavato da un’antica fattoria edificata intornoal xv secolo dai frati di Vallombrosa. Ancora intatta lastruttura principale, con l’ampio porticato ad archi e labellissima tinaia, oggi allestita come un’insolita e sug-gestiva sala ristorante. La fattoria offre un ampio me-nu ispirato alla cucina classica toscana, seppure in par-te rivisitato e arricchito con fantasiosa inventiva. Fioreall’occhiello della grande struttura è infatti proprio lascuola di cucina, dove si tengono settimanalmente nu-merosi corsi aperti a tutti coloro che avessero la curio-sità di apprendere i segreti delle antiche ricette tradi-zionali toscane, condite con qualche originale novità erigorosamente prodotte con i genuini frutti dell’agri-coltura locale.Ci troviamo in una zona dove l’agricoltura classica hamantenuto nei secoli il primato su tutte le attività col-laterali. Gli antichi poderi di un tempo si reinterpreta-no oggi in chiave di vendita diretta di prodotti agrico-li genuini e naturali, coltivati con la stessa cura di untempo. Lungo il nostro passaggio si moltiplicano i car-telli che ci invitano alla degustazione e all’acquisto de-gli ottimi prodotti locali.

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Ma è l’olio il vero re di questo territorio. Decisamentespeciale, sia per la favorevolissima posizione geograficae climatica, sia per la lavorazione dei suoi frutti che nel-la zona di Reggello vengono ancor oggi trattati con l’an-tico metodo della spremitura a freddo.Sulla destra al bivio che introduce verso la frazione diFabbrica un cartello ci segnala la Fattoria degli Ulivi,una bella villa oggi adibita ad azienda agricola e agri-turismo che domina sulle colline che dal Pratomagnoiniziano a degradare in direzione del Valdarno.Proseguiamo e passiamo il borgo di Pietrapiana doveun’insegna ci permette di mettere a fuoco un’altra del-le attività legate al mondo contadino, seppure alterna-tive alla coltivazione diretta. Il taglio della pietra per laproduzione di materiali da costruzione è antico di se-coli. Il mestiere, che nasce da esigenze contingenti del-la famiglia contadina, si è oggi reinterpretato in base a

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Fig. 11. Oliveti

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usi e costumi del mondo moderno. Affacciandoci allabottega di Ennio Sottili scorgiamo caminetti e suppel-lettili varie in pietra, sculture e oggetti d’uso. Qui lapietra si lavora ancora come un tempo, con la fatica, conl’antica sapienza e con il semplice aiuto di martello escalpello.La strada ci immette a questo punto nel paese di Reg-gello, ma procedendo a sinistra e svoltando subito a de-stra ci dirigiamo verso la bellissima pieve di San Pietroa Cascia.Percorsi pochi metri ce la troviamo di fronte, bellissi-ma in tutta la sua sfacciata semplicità. Passeggiando perle vie del paese ci facciamo distrarre dalle infinite se-gnalazioni di aziende agricole, ristoranti, enoteche efrantoi. Già, perché ci troviamo ancora a Reggello, do-ve si produce uno dei più eccellenti oli extravergine diToscana. A pochi metri dalla pieve è il Frantoio SantaTea, un bellissimo complesso agricolo posto sull’alto-piano di Reggello dove l’olio si produce addirittura findal 1426, ad attestarlo un’incisione su una pietra postaall’interno degli antichi locali del frantoio. Vale la pe-na fare una visita al piccolo museo dell’olio allestito al-l’interno, dove sono conservati gli strumenti utilizzatiper la produzione fin dall’antichità. L’imponente ma-cina e l’antico torchio sono un’affascinante testimo-nianza dell’antica tradizione olivicola toscana. Per chiinfine non sa resistere ai piaceri della tavola, il frantoiooffre anche una piccola bottega di vendita dove è pos-sibile degustare e quindi acquistare le migliori selezio-ni di oli extravergine d’oliva locali, nonché appetitosesalse a base di verdure di stagione e ovviamente oliod’oliva.Passeggiando per le vie del centro di Cascia, proprio difronte alla pieve, troviamo l’Osteria Masaccio che ci in-vita alla lettura del suo ricco menu tutto toscano, dove

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spiccano i migliori piatti dell’antica tradizione culina-ria locale.La tipica cucina di queste zone si basa sulla tradizionepovera e genuina diffusa un po’ in tutta la Toscana. Co-sì spiccano le classiche zuppe di vegetali o legumi, a cuispesso e volentieri si aggiungono pezzi di pane raffer-mo per renderle più sostanziose e nutrienti; così i su-ghi di carne, ottenuti dagli avanzi di vari tipi di carniche la famiglia contadina era usa consumare una solavolta a settimana, generalmente la domenica. Una ca-tena di riciclaggio alimentare, nata per ovvie necessitàcontingenti, che oggi viene riscoperta in tutto il suogusto e la sua genuinità.Nasce proprio così uno dei più tipici prodotti dellaMontagna Fiorentina e della bassa Val di Sieve: il“bardiccio”, un particolare tipo d’insaccato, ottenu-to dal recupero di varie parti di carni suine e bovine,comprese le interiora, e infine aromatizzato con se-mi di finocchio. Dal tipico colore rosso intenso, do-vuto alla presenza di cuore bovino, il Bardiccio si con-suma tradizionalmente cotto alla griglia oppure, unavolta stagionato, può diventare una saporita varian-te per ripieni e zuppe vegetali. Si tratta di un pro-dotto antico, oggi purtroppo quasi scomparso, chein passato veniva preparato all’interno della famigliacontadina, per essere poi conservato e consumato nelcorso dell’anno.Simile la situazione di un altro prodotto tipico dellazona, il fagiolo zolfino, oggi addirittura al centro di al-cuni dibattimenti all’interno del Dipartimento diScienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agrofo-restale dell’Università degli Studi di Firenze su specifi-ca richiesta della Comunità Montana del Pratomagno.Al centro di questi dibattiti il tentativo di migliorare eincrementare la produzione ormai pressoché scomparsa

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di questo tipico fagiolodalla forma rotonda e daltipico colore giallo. Untempo si era soliti cucina-re questi fagioli “al fiasco”,ovvero inseriti in un fiascoda vino con acqua, aromi,pomodoro fresco, sale, pe-pe e un filo d’olio d’oliva.Il contenitore veniva quin-di posto nel camino e ri-coperto fino al collo dabrace ardente. Oggi pur-troppo la produzione delfagiolo zolfino è relegataquasi esclusivamente al-l’orto di pochi contadinidella zona del Pratoma-gno, sempre più difficiletrovarne testimonianza neinostri mercati.Dopo questa breve digres-sione culinaria, lasciamoCascia, per procedere in direzione della poco distantePian di Scò.La strada che percorriamo, la provinciale 1 detta deiSette Ponti, è dominata lungo tutto il suo percorso dal-la catena del Pratomagno in un continuo alternarsi dipaesaggio montano e collinare, agricolo e boschivo, do-tato di un fascino misterioso che vale veramente la pe-na di godersi attraversandolo con calma e spirito di os-servazione.E non può sfuggire neanche all’occhio più distratto,sulla destra, quasi a ridosso della strada, la bella Fatto-ria Medicea I Mandri.

Fig. 12. La via dei Sette Ponti

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Il grande complesso, di origine cinquecentesca, fu re-staurato e in parte modificato nel corso del xvii seco-lo. L’attuale struttura si deve a una radicale modificadel piano architettonico operata in epoca lorenese. Lasplendida villa, mantenuta intatta, fu così collegata alpiccolo borgo circostante e quindi dotata del frantoioe di altri stabili agricoli, così come la vuole la classicaconformazione architettonica rurale toscana. Interes-santissimo il giardino interno, dove è ancora visibile uncomplesso sistema per l’irrigazione ottenuto grazie al-la concomitanza di più vasche in pietra serena e la splen-dida cantina, appartenente al primo nucleo abitativo,scavata nella pietra lungo tutto il perimetro della villae del piazzale antistante. La Fattoria i Mandri è ancoroggi attiva nella produzione di olio e vino, ai quali so-no dedicati oltre dieci ettari del terreno circostante. Alsuo interno, un piccolo locale adibito a degustazione e

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Fig. 13. La Fattoria di Mandri

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vendita dei prodotti della fattoria, tra cui l’ottimo vi-no “Riserva di Mandri”.Siamo ormai alle porte di Pian di Scò, antico Comunepraticamente equidistante da Firenze e Arezzo che ci of-fre un esempio speciale di paesaggio rurale toscano. Quii folti boschi di faggi e castagni lasciano brevi spazi allosfruttamento agricolo della terra. Ma l’ingegno dell’uomoha saputo vincere su una natura avversa con faticosi annidi lavoro. Lungo tutta la strada, dietro robusti muri a sec-co, godiamo di un panorama del tutto insolito: terrazza-menti, ricavati lungo le profonde gole montagnose, ospi-tano ordinatissimi filari di vigneti e oliveti, abbondanti eben curati, la cui produzione ha poco da invidiare alle di-stese lievemente collinose di gran parte di Toscana.Da notare anche i calanchi, che ritroveremo anche nel-le campagne della vicina Castelfranco e in pochi altri Co-muni della zona. Si tratta di un fenomeno unico, nato

Fig. 14. “Balze”

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probabilmente da un pro-cesso erosivo che scavandoper millenni attraverso lafriabile collina ha prodottoqueste curiose balze che as-sumono un colore giallo-rossastro, probabilmenteper il riaffiorare di resti fos-sili, e la cui struttura sem-pre diversa a seconda del-l’intensità e profondità del-l’erosione le fa somigliare aopere d’arte scultorea in-compiute e abbandonate aguardia perenne dei boschiche le ospitano e spesso av-volgono.Simile in tutto il paesaggioche ci conduce alle portedi Castelfranco di Sopra,situato nel versante val-darnese del Pratomagno.Siamo già in provincia di

Arezzo e questa caratteristica cittadina medievale rap-presenta un’interessantissima testimonianza delle cosìdette “Terre Nove”, il complesso di Comuni costituitinella zona del Valdarno superiore dalla Repubblica Fio-rentina, intenta a stroncare lo strapotere feudale am-piamente diffuso nella zona e allargare la propria poli-tica espansionistica fino alle porte di Arezzo. Come glialtri Comuni appartenenti al nucleo due e trecentescodelle Terre Nove del Valdarno, Castelfranco ha un im-pianto urbanistico perfettamente geometrico che pre-vede la distribuzione a raggiera del paese a partire da unnucleo centrale costituito dalla piazza principale.

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Fig. 15. “Balze”. Particolare

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Nell’immediato circondario sono ancora le splendidebalze a stupire ed emozionare lo sguardo. In localitàPiantravigne, si trova la sorgente dell’Acqua Zolfina, dacui si snodano le omonime balze. Luoghi abitati da fa-te e demoni, così come vuole la fantasiosa tradizione po-polare, oggi mantengono inalterata la particolarissimastruttura da cui, si dice, fosse affascinato Leonardo daVinci e proprio a questo paesaggio si ispirasse per deli-neare gli sfondi di alcune delle sue opere pittoriche.Procedendo sulla Setteponti e superato l’abitato di Mon-temarciano, ci troviamo alle porte del suggestivo pae-se di Loro Ciuffenna. Quasi appollaiato sull’omonimotorrente che scorre nella profonda gola che lo attraver-sa in tutta la sua estensione, questo paese di origineetrusca, che fu antica proprietà dei Conti Guidi, fino aquando Firenze ne fece una delle sue Terre Nove delValdarno, Loro Ciuffenna mantiene inalterata l’anticastruttura architettonica medievale. Il suo affascinantecentro storico si caratterizza per le antiche abitazioniintrecciate in un suggestivo dedalo di piccole vie. Lastrategica posizione geografica che ne faceva uno degliultimi avamposti fiorentini del Valdarno, prima di ar-rivare al fondovalle, fece sì che a Loro si sviluppasseronel corso dei secoli alcune attività produttive di un cer-to rilievo, in particolare la lavorazione dei panni di la-na. Sul torrente vennero costruiti almeno tre mulini fraTrecento e Quattrocento, tutti adibiti alla gualcaturadelle lane provenienti da Firenze.Nei secoli successivi anche la lavorazione della seta eb-be un notevole sviluppo all’interno del paese, tanto cheun’ampia documentazione rileva l’immigrazione versoLoro e verso altri centri minori dell’area valdarnese dinumerosi setaioli fiorentini nel corso di xv e xvi seco-lo. La produzione di seta accompagnerà la storia di que-sto paese ancora per molti secoli, tanto che ancora nel-

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l’Ottocento si parla di una fiorente manifattura sericanella zona, grazie anche ad una sempre maggiore spe-cializzazione nella bachicoltura che incrementava pro-gressivamente l’attività delle filande.Oggi Loro è un paese pittoresco, ma quasi disabitato. Lamaggior parte della popolazione è ormai impegnata nel-le grandi industrie che si sono sviluppate nel fondoval-le, dove la produzione di grandi marchi legati soprat-tutto al settore tessile e all’abbigliamento ha catalizzatogran parte della forza lavoro presente sul territorio.Passeggiando per il paese quasi vuoto, dove fa eco soloil torrente che scorre quasi ai nostri piedi, un gruppodi donne ci fa crocchio intorno: «Qui in paese non c’èpiù nessuno – raccontano – anche la sera, se esci a fareuna passeggiata, non trovi più nessuno. Un tempo c’e-

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Fig. 16. Loro Ciuffenna

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ra gente, c’erano tanti giovani, dovevate vedere com’e-ra Loro qualche anno fa». A noi sembra comunque unpaese bellissimo, pittoresco e pieno di suggestioni.Siamo ormai giunti quasi al fondovalle, poche curve ela Strada provinciale della Penna ci ricongiunge versoTerranova Bracciolini e Incisa Valdarno dov’è possibi-le imboccare l’autostrada A1 che ci riporterà verso Fi-renze. Il viaggio sarà indubbiamente più breve, ma nonci regalerà le stesse emozioni.

La selezione delle aziende è stata realizzata a discrezione degli autori e nonpuò considerarsi in alcun modo esaustiva rispetto alle aziende presenti nel-l’area citata. Si ringraziano le aziende artigiane e le strutture ricettive perla disponibilità a collaborare durante la fase di ricerca. Un particolareringraziamento alla Fattoria di Lavacchio per la collaborazione e per lagentile concessione di alcune immagini.

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monastero di santa maria a rosanoInfo 055 8303006

vi.c.a.s srlVia Tifariti, 1250035 Pontassieve (FI)Tel. 055 8314020Fax 055 [email protected]

bianco bianchiVia Lisbona, 4/e50065 Pontassieve (FI)Tel. 055 8314509Fax 055 [email protected]

fattoria lavacchioVia Montefiesole, 5550065 Pontassieve (FI)Tel. 055 8317472Fax 055 [email protected]

fattoria petrognanoLocalità Sant’Ellero50066 Reggello (FI)Tel. e fax 055 690230/055 860230Mobile 335 6168833www.agriturismopetrognano.it

fattoria degli usignoliLocalità San Donato in Fronzano50066 Reggello (FI)Tel. 055 8652018Fax 055 8652270www.usignoli.it

fattoria degli uliviLocalità FabbricaSan Donato in Fronzano50066 Reggello (FI)Tel. 055 8652019Fax 055 319020www.fattoriadegliulivi.it

sottili ennio e figliVia A. Costa, 9Località Pietrapiana50066 Reggello (FI)

frantoio santa teaVia De Nicola, 41Località Cascia50066 Reggello (FI)Tel. 055 869140/055 868117Fax 055 869142www.santatea.it

ristorante osteria masaccioPiazza San Pietro, 13Località Cascia50066 Reggello (FI)Tel. 055 8667407

villa i mandriVia dei Sette Ponti, 4250066 Reggello (FI)[email protected]

Aziende artigianali ed enogastronomiche

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GlossarioFrancesca Sborgi

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AbsideStruttura architettonica a pianta se-micircolare o poligonale, solitamenterivolta, nella chiesa cristiana, versooriente, a conclusione della navatacentrale, o di quelle laterali, di unacappella o del coro.

AffrescoTecnica di pittura murale basata sul-l’incorporazione dei colori alla calcedell’intonaco, che grazie alle partico-lari modalità esecutive offre straordi-naria durevolezza dell’opera nel tem-po. Il supporto murario asciutto e pu-lito è preparato con un primo stratogrossolano d’intonaco (il rinfazzo) sulquale è steso uno strato più sottile, det-to arriccio. Sull’arriccio è tracciata conterra rossa la sinopia (disegno prepa-ratorio dell’opera, sostituito dal Quat-trocento dallo spolvero e poi dal carto-ne). È quindi steso il tonachino, stra-to leggero di sabbia fine mista a calce,sul quale l’artista dipinge l’opera concolori mescolati con acqua. La carat-teristica principale dell’affresco è la ra-pidità di esecuzione richiesta all’arti-sta, che deve applicare il colore sul-l’intonaco fresco, senza lasciarlo asciu-gare. Per questo motivo la porzione disuperficie da affrescare viene prepara-ta quotidianamente (sono le cosid-dette giornate), in rapporto al lavoroche si prevede di portare a termine.Pentimenti, correzioni o completa-menti dell’opera sono apportati a sec-co, usando colori a tempera (v.).

AmpollinaVasetto in vetro o metallo con corpoglobulare e collo sottile, talvolta dotatodi manico ad ansa e beccuccio, usatoper contenere l’acqua e il vino eucari-stici o gli oli sacri.

Apicale (crocetta -)Piccola croce solitamente posta sullasommità del coperchio di teche o pis-sidi.

ArchitraveElemento architettonico orizzontaleche poggia sopra i capitelli di colon-ne, pilastri o stipiti.

AspersorioStrumento a forma di piccola sferatraforata, talvolta provvista di setole,dotato di manico, usato per spruzza-re d’acqua benedetta persone o cose.

BaccellaturaMotivo decorativo costituito da ele-menti convessi, a rilievo o a incavo(baccelli) ottenuti dalla stilizzazione diun baccello vegetale.

BacileBacinella per la lavanda delle mani,usata insieme alla brocca (v.) o al me-sciacqua, piccolo contenitore con bec-cuccio funzionale a versare l’acqua.

BandellaRisvolto della sovraccoperta di un li-bro.

BordoneGrosso e lungo bastone con manicoricurvo, caratterizzante l’iconografiadei santi pellegrini.

BroccaVaso con manico e beccuccio utiliz-zato per versare acqua nelle abluzioniliturgiche; di forma solitamente adanfora, spesso riccamente decorato asbalzo (v.) e cesello (v. Cesellatura), è usa-to insieme al bacile (v.).

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BroccatoTessuto di seta, lino o canapa, di com-plessa e lenta lavorazione, particolar-mente pregiato, caratterizzato da di-segni operati, con intrecci che produ-cono un peculiare effetto a rilievo.

BulinoUtensile a forma di asta con manicoin legno e punta in acciaio (naso o bec-co del bulino) usato per incidere me-talli, legno e cuoio a fini ornamentali(cfr. Incisione).

BustaCustodia per il corporale, di formaquadrata, fatta di stoffa decorata cu-cita su un supporto di cartone, usataappoggiata al calice (v.).

CaliceVaso liturgico di forma conica, pog-giante su uno stelo con base, usato nel-la Messa per la consacrazione del vi-no in Sangue di Cristo. Data la suacentralità nella funzione liturgica, èsolitamente riccamente decorato e rea-lizzato in materiali pregiati e non de-peribili. La coppa è in rame dorato oin argento dorato all’interno; lo steloe la base possono essere di altri mate-riali, eccettuati il vetro e l’avorio, nonincorruttibili.

CamiceLunga veste liturgica di lino bianco,con apertura per la testa e le maniche,usata nella celebrazione della Messa ein altre funzioni eucaristiche.

CampanelloPiccolo oggetto a forma di campana,con impugnatura, usato in precisi mo-menti della funzione liturgica comesegnale.

CandeliereSostegno in legno, metallo o altri ma-teriali per una sola candela.

Capitolare (sala -)Spazioso ambiente destinato, in unconvento, in un monastero (v.) o in unacattedrale, alle riunioni del capitolo(collegio dei canonici e dei monaci).

Capitoli (libro dei -)Libro che raccoglie, divise in capitola-zioni, notizie storiche relative alla fon-dazione e tutte le norme che regolanola vita quotidiana e le funzioni reli-giose di un ordine.

CesellaturaFine lavoro di decorazione di un og-getto metallico, ottenuto tramite il ce-sello, piccolo scalpello d’acciaio conpunta arrotondata, provvisto di testavariamente sagomata a seconda dellaforma cercata, che, battuto con unmartelletto, imprime la superficie me-tallica senza inciderla.

ConopeoDrappo di seta che ricopre il ciborio ola pisside (v.).

CottaVeste liturgica bianca, scendente finoal ginocchio, con ampie maniche.

CroceOggetto che può essere realizzato invari materiali, formato da due assi in-crociati perpendicolarmente, divenu-to, con o senza Cristo Crocifisso, ilsimbolo più caratterizzante della reli-gione cristiana. La croce astile o pro-cessionale, solitamente in metallo, èposta sulla sommità di un’asta e usatanelle processioni. È decorata con mo-

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tivi incisi o sbalzati su entrambi i lati(recto e verso).

CuspideCoronamento a forma triangolare diun dipinto su tavola; anche detto dielemento decorativo a forma di ap-puntito triangolo.

DamascoTessuto di antichissima origine orien-tale che prende il nome dalla città diDamasco, famosa per la sua produ-zione. Si caratterizza per l’ordito e latrama dello stesso colore, che forma-no disegni lucidi su fondo opaco. Puòessere lanciato o broccato.

DoraturaTecnica usata per ricoprire d’oro, inpolvere o in foglia, supporti di metal-lo, legno, cuoio e altri materiali. Per ladoratura del metallo, viene utilizzatoil procedimento dell’amalgama, comeindicato da Benvenuto Cellini: sullasuperficie metallica è disteso unifor-memente un composto di oro puro emercurio che evapora al contatto conil metallo opportunamente riscalda-to, permettendo così all’oro di aderi-re al supporto.

EdicolaPiccolo edificio, indipendente o partedi un complesso maggiore, a forma ditempietto o di tabernacolo, che acco-glie una statua o un’immagine sacra.

EspositorioSupporto solitamente in legno per l’e-sposizione di reliquie e immagini de-vozionali.

Ex votoOggetto offerto in dono a Dio, allaVergine o a un santo per grazia rice-

vuta o come adempimento a una pro-messa.

FusioneTecnica per ottenere opere scultoree at-traverso una colata di metallo fuso den-tro uno stampo, realizzabile in pieno (ilmetallo è colato dentro una forma vuo-ta e la riempie completamente; si ot-tiene una scultura massiccia) o in cavo(il metallo è colato in una forma chiu-sa e fuso in strato molto sottile).

GessoMinerale presente in natura (solfatodi calcio idrato) usato, mescolato adacqua, per preparare le tele o tavole dadipingere (imprimitura) e per esegui-re calchi e modelli da statue e rilievi ostucchi.

GrosTessuto derivato dal taffetas; assumeun tipico aspetto a sottili coste oriz-zontali.

IconaImmagine sacra, dipinta generalmen-te su tavola, a volte anche su tela e ve-tro, tipica della cristianità orientale,raffigurante Cristo, la Madonna o unsanto in posa ieratica.

IncisioneImmagine ottenuta su un supporto dilegno, di metallo o di pietra attraver-so un lavoro d’intaglio a mano con va-ri strumenti – bulino (v.), puntasecca,pettine… – o attraverso un processochimico che utilizza acidi corrosivi.Dal disegno su supporto così ottenu-to, detto matrice, possono essere tira-ti gli esemplari a stampa. Per esten-sione, con il termine si indica sia l’e-semplare così ottenuto, che il com-

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plesso di tecniche usate per la realiz-zazione dell’immagine e la riprodu-zione a stampa.

IntaglioTecnica di lavorazione a scavo di le-gno, gemme, avorio, marmo che sirealizza incidendo con strumenti me-tallici la traccia di un disegno apposi-tamente predisposto.

InsegnaComplesso di segni e attributi cheidentificano lo stemma di una fami-glia, di una città, di un’associazionecivile o religiosa; asta adorna dei sim-boli iconografici della Passione, usatanelle processioni rituali.

LampassoTessuto operato, di origine cinese e digrande pregio, spesso arricchito ditrame d’oro o d’argento, dall’aspettopesante. Il disegno è formato da tra-me supplementari su una trama difondo solitamente in raso o taffetas.

Lanceolate (foglie -)Letteralmente, a forma di lancia, ov-vero di forma ellittica allungata conestremità appuntite.

LanciatoEffetto di disegno sul dritto di un tes-suto, formato da una trama supple-mentare (trama lanciata), lavorata dacimosa a cimosa.

LeggìoSostegno per i libri liturgici destinatoa mantenerli aperti e in posizione op-portuna per la lettura, solitamente col-locato, in chiesa, nella zona presbite-riale antistante l’altare.

Liage réprisLegatura delle trame supplementari diun tessuto per opera dell’ordito di fon-do.

LiséréEffetto di disegno di un tessuto otte-nuto dalla trama di fondo che esce suldritto. Se il motivo è di piccole di-mensioni non necessita di fermatura;altrimenti è legato al tessuto di basecon fili dell’ordito di fondo (liage ré-pris, v.), o con un ordito supplemen-tare (ordito di legatura).

LumeggiaturaTecnica attraverso la quale il pittoreottiene l’effetto di riflessi luminosi, fa-cendo risaltare certe parti dell’operamediante l’applicazione di tocchi dicolori chiari, di bianco, o di oro, suzone più scure.

MantellaSopravveste a ruota senza maniche,indossata sulle spalle come rifiniturae in pendant all’abito.

ManipoloIndumento liturgico, costituito da unastretta banda di tessuto, dello stessocolore della pianeta (v.); in passato eraindossato dal sacerdote sull’avam-braccio sinistro, legato da nastri, du-rante la Messa.

MiniaturaDerivato da “minio”, pigmento ros-so-cinabro usato per colorare le ini-ziali dei manoscritti, il termine indi-ca la raffinatissima arte d’illustrare icodici su pergamena. Per estensione,la parola è usata in riferimento anchea qualsiasi dipinto di piccolo forma-to, eseguito su avorio, carta, rame o

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altro supporto, che presenti estremadovizia di particolari.

MitraCopricapo di forma allungata forma-to da due parti piatte a forma di scu-do (cornua) e da due nastri ricadentisulle spalle (vittae), talvolta dorato eadorno di gemme, indossato da papi,cardinali, vescovi e da alcuni abati eprelati in occasione di solenni funzio-ni liturgiche.

MonasteroEdificio organizzato autonomamentedove abitano monaci, canonici rego-lari o monache appartenenti a un de-terminato ordine religioso.

MonogrammaSigla risultante dall’intreccio di lette-re di una o più parole, incisa o rica-mata su suppellettili e indumenti li-turgici oppure dipinta.

NappaOrnamento per indumenti o parati,ottenuto da un mazzetto di fili riuni-ti e annodati a un’estremità.

NavicellaRecipiente liturgico di forma allun-gata, dotato di due valve apribili co-me coperchio nella parte superiore,destinato a contenere i grani d’incen-so, da far bruciare sui carboni nel tu-ribolo (v.).

NicchiaIncavo ricavato nello spessore di unmuro, di forma solitamente semicir-colare oppure rettangolare o semipo-ligonale, destinato ad accogliere unastatua o altro oggetto decorativo.

NielloLavoro di oreficeria consistente nelriempire i solchi ottenuti con un’in-cisione a bulino (v.) di una superficiemetallica con una pasta nera (nigel-lum).

NodoRigonfiamento nel fusto di un osten-sorio, di un calice, di un candeliere odi altro oggetto in metallo rialzato suuno stelo, che può avere diverse for-me: piriforme (allungato a pera), a va-so, ad anfora, a disco.

Olio (pittura a -)Tecnica di pittura su tavola o tela incui il colore è ottenuto mescolandopigmenti a oli vegetali grassi (di lino,di papavero, di noce) con l’aggiunta dioli essenziali (essenza di trementina),che rendono i colori meno vischiosi epiù trasparenti. Il colore è steso su unabase preparata precedentemente (im-primitura e, nel caso della tela, mesti-ca) con gesso e colla, e poi ricopertoda vernice trasparente a fini protettivie per ottenere una maggiore brillan-tezza. La tecnica, di origine antichis-sima, è perfezionata nel xv secolo dal-l’arte fiamminga e trova poi vasta dif-fusione nel resto d’Europa; permettedi ottenere una gran varietà di risul-tati, grazie all’ampia gamma dei pig-menti utilizzati e ai diversi possibilirapporti fra i vari strati di colore.

Oli santi (contenitori per -)Oggetti liturgici usati per contenerel’olio di oliva consacrato dal vescovoe usato per il battesimo, la cresima, laconsacrazione dei nuovi sacerdoti, l’e-strema unzione agli inferni e agli am-malati.

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OratorioLuogo sacro destinato alla preghiera eal culto di un gruppo ristretto di fedeli(una comunità o una famiglia).

OstensorioSuppellettile liturgica, a forma di tem-pietto in epoca medievale e poi, daltardo xvi secolo, di sole raggiato, nel-la quale si racchiude l’ostia consacra-ta, per presentarla all’adorazione deifedeli, all’interno della chiesa o in oc-casione di processioni.

PacePrezioso oggetto di piccole dimensio-ni, realizzato in materiali diversi, mageneralmente in metalli preziosi (oroe rame) smaltati e finemente decora-ti, destinato al bacio dei fedeli in de-terminate circostanze o alla devozio-ne privata.

PaliottoParamento in marmo o pietra scolpi-ta, in avorio o metallo sbalzato e ce-sellato, o tessuto solitamente in seta,che serve a rivestire la parte anterioredell’altare, la mensa, che, in quantosacra, deve rimanere invisibile.

PalmatoriaPiccolo candeliere liturgico da tener-si nel palmo della mano, utilizzato perla lettura del Messale.

PalmettaElemento decorativo d’ispirazione ve-getale, costituito da un numero di-spari di foglie disposte a ventaglio.

ParatoComplesso dei paramenti liturgici in-dossati nella celebrazione della Messa;è detto in terzo quando è costituito da

pianeta (v.) e stola (v.) del celebrante,tonacella (v.) e stola del diacono, pi-viale (v.) dell’assistente; è invece det-to in quarto con l’aggiunta di una to-nacella. L’aspetto formale del paratostabilisce il grado gerarchico di ap-partenenza, mentre i colori variano nelcorso dell’anno, indicando i diversimomenti liturgici. Il bianco (o argen-to), indicante purezza e maestà, è usa-to nelle feste del Signore, della Ma-donna, dei santi confessori e non mar-tiri. Il rosso, colore della Passione e delsangue di Cristo, è prescritto per Pen-tecoste, nella domenica delle Palme,nella festa della Croce, degli Apostolie in tutte le celebrazioni di martirio.L’oro (o giallo) è raccomandato nellefestività solenni, come il Natale e laPasqua. Il verde, colore della speran-za nella vita eterna, è usato nelle mes-se infrasettimanali e domenicali deltempo ordinario. Il viola, colore dipentimento che rimanda alle percos-se della Passione di Cristo, è usato inAvvento e Quaresima e, in sostituzio-ne del nero, come colore indicante ca-ducità, in riti di esequie e di suffragio.

PastoraleBastone conferito ai vescovi nel mo-mento della consacrazione, simbolodella loro autorità e del ruolo di gui-da (“pastore”) che assumono per la co-munità. Retto con la mano sinistra,ha forma di lunga mazza, anticamen-te detta baculo e terminante in unapalla o in croce a forma di “tau”; sievolve successivamente nella caratte-ristica forma con l’estremità a voluta,detta riccio.

PerizomaFascia di tessuto disposta intorno aifianchi, a coprire la zona inguinale,

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particolarmente caratterizzante l’ico-nografia del Cristo Crocifisso.

PianetaVeste liturgica indossata dal vescovo odal sacerdote esclusivamente per il ri-to della Messa, tagliata a goccia, aper-ta lateralmente e in alto per la testa,derivata dalla foggia del mantello daviaggio di uso tardo-romano, dettoappunto planeta. Presenta al centrodella parte posteriore e anteriore duediversi ornamenti, uno verticale, l’al-tro a forma di “tau”, definiti colonnae croce.

PieveTermine originariamente indicante,nell’Italia medievale centrosettentrio-nale, circoscrizioni ecclesiastiche mi-nori, ancora usato in riferimento a edi-fici ecclesiastici di antica fondazione si-tuati in zone rurali o periferiche.

PissideContenitore in metallo prezioso, do-rato all’interno e chiuso da un coper-chio, dove sono conservate le ostieconsacrate destinate alla sommini-strazione ai fedeli durante l’Eucare-stia. Viene coperta da un velo e custo-dita nel tabernacolo sopra l’altare.

PivialeManto liturgico di forma semicirco-lare, aperto sul davanti e chiuso al pet-to da un fermaglio. Può essere dotatodi cappuccio sulla parte posteriore,mentre il bordo anteriore, che dallespalle discende fino ai piedi, è dettostolone.

PunzoneBarretta di acciaio terminante all’e-stremità con una lettera, un numero

o una sigla o un segno particolare, daimprimere sulla superficie di un og-getto metallico per indicarne l’esecu-tore o l’appartenenza.

RacemoMotivo decorativo composto da tral-ci vegetali stilizzati e intrecciati.

RefettorioNell’edificio ecclesiastico in cui viveuna comunità monastica, è l’ambien-te per la consumazione dei pasti.

ReliquiaParte del corpo o oggetto appartenu-to a un santo, a Cristo o alla Verginee in quanto tale conservato ed espostoalla venerazione dei fedeli.

ReliquiarioContenitore di varie forme (a vaso, acofanetto, a scatola) e materiali, ge-neralmente riccamente ornato, desti-nato a conservare ed esporre ai fedelila reliquia (v.).

SbalzoTecnica di lavorazione dei metalli pre-ziosi, consistente nell’incisione a buli-no (v.) e cesello di motivi sulla parteposteriore del metallo ridotto a unalastra molto sottile, così da otteneresulla parte dritta figure a rilievo.

SecchielloContenitore per l’acqua benedetta,usato insieme all’aspersorio (v.) per lebenedizioni rituali.

SmaltoPasta vitrea unita a pigmenti coloratiche, con la cottura ad alte temperatu-re, diventa lucida e compatta ed èquindi utilizzata per decorare metalli

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e ceramiche. I procedimenti di smal-tatura su metallo sono prevalente-mente due: champlevé (lo smalto è ver-sato in piccoli alveoli incavati nel me-tallo col bulino, v.) e cloisonné (lo smal-to è steso in alveoli leggermente spor-genti sulla superficie metallica, for-mati da fili metallici intrecciati).

StolaIndumento liturgico che insieme almanipolo (v.) è in pendant con la pia-neta (v.); è costituito da una lunga stri-scia di tessuto indossata sulle spalle ediscendente sul davanti, terminantein forma generalmente trapezoidale edecorato da frange e croci. È indossa-to nelle funzioni liturgiche in modidiversi dagli officianti, a seconda delgrado gerarchico: il diacono la indos-sa sulla spalla sinistra, allacciandolasul fianco destro; il sacerdote intornoal collo e poi incrociata sul petto; il ve-scovo, invece, discendente in due listeverso il basso.

TaffetasTipologia base di tessuto, chiamato te-la se è in lino, lana o cotone. Si ottie-ne dall’intreccio, mediante telaio, diuna serie di fili paralleli e mantenutiin tensione (ordito), con un’altra seriedi fili trasversali (trama).

TecaPiccolo astuccio destinato a custodireuna reliquia oppure l’ostia consacratada portare ai fedeli ammalati o infer-mi, o ancora scatoletta metallica dovesi conserva la lunetta dell’ostensorio (v.)

Tempera (pittura a -)Tecnica di pittura che prevede di scio-gliere i colori in acqua e di usare comelegante con il supporto, adeguata-

mente preparato con l’imprimitura, so-stanze organiche agglutinanti non olio-se, quali emulsione di uovo, latte, lat-tice di fico, gomma, cera. Il supportopuò variare dalla pietra al metallo allacarta, ma è solitamente legno di piop-po. Comparsa in Europa alla fine delxii secolo, conosce grande diffusionefino all’avvento della pittura a olio (v.).

TonacellaTunica trapezoidale indossata dal sud-diacono, di fattura simile alla dalma-tica del diacono, ma con maniche piùlunghe e strette.

TrabeazioneIn architettura, insieme degli elemen-ti orizzontali sostenuti da colonne epilastri, formata, negli ordini archi-tettonici classici, da architrave (v.), fre-gio e cornice.

TraccolaStrumento sonoro usato in passatonelle cerimonie religiose della Setti-mana Santa in sostituzione delle cam-pane. Lo sfregamento del cilindrodentato, collegato alla manovella, sulamelle metalliche, produce suoni sec-chi e assordanti.

TrilobatoDetto di forma costituita da tre lobi,ovvero di settori di cerchio disposti invarie tipologie decorative di oggetti oelementi architettonici quali gli archi.

TritticoDipinto composto di tre tavole unitefra loro da una cerniera.

TuriboloRecipiente metallico contenente i car-boni sui quali brucia l’incenso duran-

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te le sacre funzioni, costituito da unacoppa con coperchio traforato, così dafar uscire il fumo profumato.

VellutoTessuto caratterizzato da superficie pe-losa, costituito da due orditi, uno peril fondo (taffetas, gros de Tours o ra-so), l’altro per il pelo, ottenuto trami-te l’inserimento di un filo lavorato adanelli per mezzo di ferri (velluto ric-cio) o del quale possono essere invecetagliate le sporgenze anelliformi (vel-luto tagliato). Se l’ordito copre inte-ramente l’armatura di fondo, il vellu-to è detto unito. Si dice invece opera-

to nel caso in cui il pelo sia dispostoin modo da creare un disegno.

Velo (di calice)Arredo liturgico di forma quadrata,degli stessi colori dei paramenti litur-gici ai quali si accompagna (pianeta,manipolo e stola, v.), usato per copri-re il calice (v.) e la patena (il piatto dimetallo che copre il calice e contienel’ostia) durante la Messa.

ZucchettoCopricapo a forma di piccola calottaemisferica, usato dagli ecclesiastici incolori diversi a seconda della gerarchia.

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Masaccio Museum of SacredArt in Cascia di Reggello

Caterina Caneva

The Cascia Museum was created inthe shadow of two influential pres-ences: the Parish Church of San Pietroand Masaccio’s Triptych of Saint Juve-nal, both milestones in the historicaland artistic heritage of Tuscany, as wellas of Italy. With these two masterpiecesof art and architecture as central ele-ments, it has been possible to createthis new museum that, since 2002, hasenriched the Reggello area with itstechnologically modern and elegantlyfurnished rooms.

The Parish Church

This church was one of the many Ro-manesque parish churches that arosealong the route of the ancient CassiaVetus, a Roman consular road, a partof which is today incorporated by theorVia dei Sette Ponti. Together with itssister parish churches of Pelago,Pitiana, Scò, Gropina and others, itbears witness to the religious as well ascivil and administrative importance ofthose buildings found along the mostimportant routes of communication(and pilgrimage). It was probably builton the site of a more ancient paleo-Christian church, with a nearby de-fensive Lombard tower later turned in-to a bell tower. The church acquired itscurrent aspect, a pure and austere Ro-manesque style, between the end of

the 12th and the beginning of the 13th

centuries. The facade, with its harmo-nious Renaissance portico, closed onthe sides in 1569, has a typical slopedroof and is enlivened by the blind arch-es that appear to extend into the por-tico below; the interior with one naveand two aisles is divided by columnsand has two pillars in the altar area anda single apse that, jutting outwards,makes the view from the back partic-ularly striking. The capitals merit par-ticular consideration because of theirplant-shaped motifs as well as allegor-ical scenes in which men and animalsstand out. They were probably thework of skilled local craftsmen, butthey reveal the fundamental technicaland figurative contribution of Lom-bard culture.Over time, with a change in style that,from the 16th century onward, pre-ferred ostentatious furnishings andpaintings, the church’s interior espe-cially underwent profound modifica-tions that provided it with large side al-tars and a progressive surfeit of wallpaintings. At that time (the end of the16th and the beginning of the 17th cen-turies), large paintings by variousartists and of varying quality began todecorate the new structures, while atreasured legacy of liturgical furnish-ings and sets of vestments was accu-mulating.In addition, the church was often theseat of well-to-do parish priests, whennot actually a place of leisure for thebishops of Fiesole, members of the Flo-rentine aristocracy, not to mention thereligious companies with their seats

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there and the prominent families withimportant land holdings in the area.Because of this, the church was pro-vided with a notable patrimony of fab-rics, silverworks and carved woodenobjects that have found a home in themuseum. A wooden crucifix which thefaithful worshipped because of itsmiraculous powers, caused a rich col-lection of ex voto offerings to be gath-ered there; in the meantime otherbuildings were gradually added to therectory, forming an almost rectangu-lar inner courtyard of regular propor-tions and splendid acoustics.It was not until the 1960’s, under thearchitect and superintendent Morozzi,that the dismantlement operation wascourageously undertaken; the parishchurch was returned to its original ap-pearance, both inside and out, by elim-inating the large altars and excessivedecoration. From that moment on,San Pietro a Cascia rightly entered thecircle of the most harmonious and im-portant Romanesque buildings in Tus-cany.Today, inside the church apse arefound: a valuable 14th century wood-en Crucifix, known as “Della Caselli-na” because of its provenance from theancient oratory of the same name, anda detached fresco (on the left wall) de-picting the Annunciation, a work byMariotto di Cristofano, Masaccio’sbrother-in-law.At the beginning of this century, withthe assistance of the Parish encouragedby the parish priest Don Ottavio Fail-li, of the Diocese of Fiesole, of the So-printendenza dei Beni Artistici e Storici,

and of such admirable bodies as theEnte Cassa di Risparmio di Firenze, itwas decided to create a parish museumto display the materials identified as be-ing worthy of exhibition. Among these,the most striking were the large paint-ings and wooden panels that, with thedestruction of the altars, had been dis-placed from their original positions.These were prestigious works from theend of the 15th century up to the 18th

century which had been housed fordecades in the Superintendency’s stor-age areas. Among the artists represent-ed, in addition to the School ofGhirlandaio, there were Alessandro Al-lori, known as Bronzino, Santi di Tito,Jacopo Vignali, Zanobi Rosi and evenan interesting and mysterious “Allori-style” painter who, in 1575, signed abeautiful curved wooden panel «Ag-nolo Ghuidotti da Fiesole», the sign ofthe benefactors’ knowledge of the var-ious workshops active in Florence. Themajority of the paintings have been re-stored and the large altarpieces, begin-ning with the most valuable, were cho-sen for the museum and today areprominently on display in the large hall.As for the sacred furnishings and vest-ment sets, the parish church alreadyhad a considerable endowment, buttaking into account the many otherancient churches in the Reggello areathat were endowed with a rich artis-tic patrimony (see the related itiner-ary in regards to this), it seemed op-portune to transfer the best works herefor the greater enjoyment of the pub-lic and an improved conservation ofthe works, despite their having been

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jealously cared for under often un-certain security conditions in theseother seats. With this operation in par-ticular, a remarkable section of sacredparaments from the 15th to the 20th

centuries was put together, comingfrom the churches of Santa Margheri-ta in Cancelli, Sant’Agata in Arfoli,San Pietro in Pitiana, Sant’Andrea inBorgo a Cascia as well as those in Ro-ta, Ostina, and Pontifogno. Over thelast few decades, as interest in thesesumptuous, yet fragile and easily lostarticles, has been growing, it was de-cided to display them on a rotatingbasis inside the museum’s variousshowcases for reasons of preservation.In addition, the restoration of someof them, as well as of various silver-works and carved wooden objects wascarried out, some of which also camefrom the previously mentionedchurches. In particular, we would liketo point out the beautiful 15th centu-ry processional Cross from the Churchof Santa Maria a Sant’Ellero, whichwas used without interruption, untilbeing transferred to the museum.Other furnishings are noted for theirantiquity, such as the 14th centurythurible, incense boat and holy waterpot from San Martino in Pontifogno,or for the quality of their craftsman-ship, like the 18th century Chalice “ofthe Passion” from the Church of San-ta Margherita a Cancelli or the crossreliquary, also 18th century, that comesfrom Santo Stefano a Cetina and, lastbut not least, the beautiful Casciachalice from the 1930’s-40’s by the Flo-rentine goldsmith Manuberti.

Among the museum’s special collec-tions, which distinguish it from othersimilar ones, we would like to pointout the ex voto section (in the “ParishPriest’s Chamber”) that recalls a ratherwidespread devotional practice and isdocumented by diverse objects, eitherextremely precious or simply touchingfor the acts of gratitude to which theybear witness. Even more original aretwo small collections; one of Russianicons from the 18th to the 20th centuries,and one of objects used in Jewish rites,with high-quality silver pieces, collect-ed by the current parish priest, FatherFailli, this collection presents an inter-esting comparison to the images andfurnishings of Catholic rites, so wellrepresented in the museum.

The Triptych of Saint Juvenalby Masaccio

Before it found its home in this mu-seum, the work had been in thechurch’s apse since 1998, becoming amagnet for the scholars, art lovers andtourists who constantly convergedthere attracted by this unconditionalmasterpiece. It is the first known workby Masaccio. The parish church, how-ever, is not the Triptych’s original site;we will briefly review its history here.Neither cited in sources, nor knownbefore the 20th century, the paintingwas re-discovered in 1961 in the littleChurch of San Giovenale, a few hun-dred meters from Cascia, by LucianoBerti, a distinguished Masaccio schol-ar who was later the director of the Uf-fizi. Its original location there was con-

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firmed by the presence of Saint Juve-nal, to the left of the Virgin, who israrely depicted elsewhere. Immediate-ly transferred to Florence, the paintingunderwent a series of in-depth studiesas well as a complete restoration, whichwas indispensable, given the poor con-dition of its wooden panels, the loss ofcolor and the raised areas on the pic-torial surface. Under the small mod-ern frame that enclosed it, an inscrip-tion on the lower part came to lightthat contained the names of the saints– Bartholomew, Blaise, Juvenal andAnthony the Abbot – as well as thedate «(Anno do)mini mccccxxii a diventitre d’ap(rile)». This informa-tion was decisive in assigning the workto Masaccio, which had already beenreferred to the artist because of itsstrong stylistic qualities. Thus Bertiwas rightly able to include it in his fun-damental study of works by the artistfrom the Valdarno. After 1961, twen-ty-seven years would pass before theTriptych, meanwhile kept in the Su-perintendency’s storage areas, wouldfind a setting worthy of its importance.Since the Church of San Giovenalewas no longer suitable for its preser-vation, some doubt remained as towhether the Triptych should be trans-ferred to Fiesole (it actually belongs tothat cathedral’s chapter) or returnedto its original home. This latter optionwas strongly supported locally as wellas by the Superintendency that has fo-cused, in the last decades, on keepingworks of art in their original homes,contrary to the practice of earlier cen-turies that stripped churches in the sur-

rounding areas in favor of the large citymuseums. In the end, this option pre-vailed with the Triptych triumphantlytaking the road home. It was placedon the left wall of the apse, above thebaptismal font, in Cascia’s splendidparish church, a site best suited for thetask of preserving and exhibiting thisimportant example of Renaissance art.The Triptych spent another nineteenyears of its life protected here; it wasthen transferred to the museum to bepart of the exhibition “The Renais-sance in the Valdarno”, a hall was ded-icated to it allowing it to be more eas-ily admired under conditions of secu-rity and preservation. Further on inthis same guide, there is a special chap-ter dedicated to this great piece of Ital-ian art.

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Romanesque art in the UpperValdarno

Between the 11th and 13th centuries, theUpper Valdarno witnessed the birth orthe rebuilding of a series of parish church-es and abbeys with somewhat coherentformal and structural characteristics,leading to the supposition that they werecarried out by workers from beyond theApennines. Over time many of thesebuildings underwent serious modern-izations that partly erased their originalRomanesque appearance: the Church ofSan Pietro in Pitiana, already in exis-tence by the early decades of the 11th cen-tury, for instance, was substantially ren-ovated in 1631, such that the only intactevidence of the Romanesque period is seenin the bell tower.The moment of greatest splendor for SanPietro a Cascia, erected at the side of aLombard guard tower, was at the end ofthe 12th century with the construction ofthe building that we see today. We alsofind references to Santa Maria di Scò inthe early decades of the year 1000, whichhad also been built on the Strada deiSette Ponti like the churches of Cascia,Gropina and San Giustino. We can ad-mire its original beauty as characterizedby the five blind arcades on its façadeand its basilican structure that ends inthree apses.San Pietro a Gropina, in existence sincebefore the 10th century, was the propertyof the Abbey of Nonatola and, althoughcompletely rebuilt in the 12th century, itstill preserves its Lombard ambo. SanGiustino was built in the 12th centuryand has the basilican outline with one

nave and two aisles divided by pillarsand by two columns. The interior of SanLeolino in Rignano, erected in the 10th

and 11th centuries, is also divided intoone nave and two aisles, ending withthree apses while the lower part of thebell tower, at the side of the church, showstraces of a Romanesque structure. InFigline Valdarno, the Church of San Ro-molo a Gaville, constructed in the 12th

century beside a pre-existing tower, wasintroduced into a particular context inthe past. The interior, divided by at-tractive pillars and columns with capi-tals, has one nave and two aisles and endsin a single apse. San Giovanni Battistaa Cavriglia was already recorded in the11th century; there are visible traces of theRomanesque building in the apse andthe outside structures. It had an impor-tant role for the entire surrounding ter-ritory.All these parish churches, as we see, havea basilican structure with one nave andtwo aisles divided by columns, pillarsand richly sculpted capitals with plant,animal and figured motifs. In addition,they have a masonry face made up of per-fectly square sandstone ashlars and oneor three apses. The roof is made with thetimbers visible while the barrel vaultsare limited to the crypts, as at the RosanoAbbey and the Parish Church of San Pan-crazio a Cavriglia. Taken as a whole,these buildings are some of the most im-portant Romanesque exemplars in Tus-cany, for their size and the harmoniousintegration of architecture and sculpture.Next to the baptismal churches, howev-er, we must also remember the manychurches that depended from them, and

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that have maintained an extremely sim-ple Romanesque character. Such religiousbuildings have a single nave structurewith an apse, and sometimes have re-tained some cloister elements, such as inthe rectories of San Pietro in Perticaiaand of San Michele a Pavelli. (The lat-ter must be particularly mentioned forhaving kept the alternating bands ofsandstone and alberese stone on the wall-facing of the apse). We should not forgetthe Church of Sant’Agata in Arfoli that,although remodeled in the 15th century,retains many medieval details, as doesthe Church of San Siro a Cascia withthe appealing decorative frieze on its an-cient entry door, dating to the 8th-9th cen-turies.The Benedictine monasteries in existencein the Valdarno also had great impor-tance. For example, Santa Maria diRosano was founded in 780 by the Gui-di counts, and has the oldest Crucifixpainted on a wooden panel in Tuscanyby the so-called “Master of Rosano”. TheVallombrosa and Montescalari abbeyswere each characterized by their extremeausterity, with a single-nave Latin crosschurch ending in an apse and a project-ing transept. The decoration was usual-ly reduced to a minimum, as in the Abbeyof San Salvatore a Soffena that, whilesimilar to the ones mentioned above, hasno apse.It should be remembered that the flour-ishing and widespread distribution ofthese important holy buildings, in addi-tion to the monks’ work, was made pos-sible thanks to the presence of rich andimportant Florentine families with largeholdings in the territory. These included

the Guidis, the Umbertinis, the Firidolfi-Ricasolis and the Pazzis who con-tributed, with their generous patronage,to the building of churches and donatedprecious works to adorn the altars.

Don Alessandro Righi

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A visit to the museum

Ground floor

The Masaccio Museum is reachedthrough the church’s apse, a strikingpoint of view that particularly meritsa short pause so as to admire the bare,clean and articulated space and vol-ume where the interior seems to ex-pand in a plastic curve. The buildingthat houses the museum on two floorsis perpendicular to the church; it en-closes, with its beautifull proportions,the interior courtyard, a serene andharmonious space dominated by thelarge bell tower. In the summertime,conferences, concerts and legitimatetheater performances are held here, at-tended by locals and non-locals alike.

Ticket Office and Bookshop

The first small room entered aftercrossing the threshold is the ticket of-fice and bookshop. Here it is possibleto find various types of souvenirs aswell as many books on Masaccio and,above all, everything published on hisTriptych of Saint Juvenal, includingconference proceedings, booklets andthe book that contains the latest stud-ies that definitively confirm Masaccio’sauthorship of the work.

1 - Hall 1

The entrance to the great hall is notdirect. In fact, a sort of vestibule is cre-ated by a wall with the museum’s lo-go, (a detail from Masaccio’s Triptychwith Saint Juvenal’s book and theartist’s signature), and the inscription«Museo Masaccio d’Arte Sacra» tracedusing capital letters in the same styleas those in the painting. The room ischaracterized by high panels on whichare hung the large paintings oncefound on the church’s altars. It is prac-tically divided into two sections by apartition that suggests a stylized altarstructure, including the frontal whichdisplays the most ancient painting.In addition to paintings,the hall hous-es goldsmithery, carved wooden ob-jects and sacred paraments arrangedby section.The visit begins at the small displaycase in the vestibule to the left and con-tinues counter-clockwise to the rightinto the first section then proceeding,still in a counter-clockwise direction, tothe second one. A small collection ofpaintings and objects from diverse cul-tures, icons dear to the Orthodox faithand silver pieces used in Jewish cere-monies, completes this section. Put to-gether by the current parish priest, Fa-ther Ottavio Failli, the collection of-fers an interesting comparison to theart and instruments linked to theCatholic liturgy and iconography.

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Display Case 1

1. tuscan productionBook of Chapters17th centuryembossed silver, red velvet; 26.5�21 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 76)The case, with a red velvet cover, con-tains the book of the Capitoli dellaCompagnia del Santissimo Sacramento(Chapters of the Company of the HolySacrament). An oval medallion isfound on the cover inside of which aEucharistic chalice has been engraved;at the corners, there are some elaboratestamped silver appliqués with palmand acanthus leaf motifs.

2. florentine productionChalicefirst half of the 17th centurychiseled and embossed silver;25�11.5 cmChurch of San Giovenale a Cascia(inv. 33)

Wall to the right of the entrance

3. massimo tosiCascia and the Reggello territory2002Reproduction of a watercolored orig-inal on a rigid supportThe original watercolor was paintedby the architect Massimo Tosi for themuseum’s inauguration and is an ex-act portrayal of the territory’s mainmonuments and of the churches fromwhich the museum’s many preciousparaments and objects come.

4. florentine schoolAnnunciationEnd of the 17th century-beginning of the 18th centuryoil on canvas; 88 cm (diam.)Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 11)At one time found in the rectory, thissmall tondo can be considered an im-portant example of fine Florentinepainting at the turn of the 17th centu-ry, along the lines of Camillo Sagre-stani and Matteo Bonechi, artists ofgreat decorative undertakings in thechurches and palaces of Florence.

Display Case 2

5. tuscan production (?)Saint Nicholas of Bari18th centurycarved and painted wood (the body, base and pastoral); silk and cotton (the clothes); 53 cm (ht.)Church of San Niccolò a ForliInscription: on the base s. nicolays(inv. 23)This statuette of Saint Nicholas dressedas a bishop has his pastoral stretchedin front of him in his left hand and, inhis right, three golden spheres that re-fer to the legend of the saint donatingthree purses of gold to three pooryoung women for their dowries. Hisface is accurately portrayed with hisdark beard giving the saint a certain au-thoritative expression while his sweetlook betrays his profound humanity.His clothing is made from valuable,

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high-quality fabric, especially, theFrench-made cope from the last quar-ter of the 18th century. It is brocadedPekin with an ivory background andsmall botanical motifs; grids of flowersprigs emphasize the fabric’s verticalprogression.

6. tuscan productionSaint Anthony of Padua with the Child17th-18th centuriescarved, painted and gilded wood;64�17�17 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 22)A multiple reliquary in gilded wood isthe pedestal for an elegant statuette ofthe young Saint Anthony in his softlydraped Franciscan habit. With his lefthand, he supports the Child who holdsa globe in his hand. The delicate fea-tures of the Child recall the grace ofthe saint’s face, while the firm gestureof his arm, extending forward, confersa note of strength on the childish fig-ure. The work shows visible traces ofthe influence from northern Europeansculpture.

7. tuscan productionChrist the Redeemer18th centurycarved and painted wood;42�13�11 cmChurch of San Donato in Fronzano(inv. 24)

8. tuscan productionSaint Anthony of Padua with the Child18th-19th centuriescarved and painted wood;

30�11.5 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 25)

Display Case 3

9. tuscan productionPax board19th centurysilver-plated cast bronze;16�11.5 cmOratory of San Martino a Pontifogno(inv. 64)

10. tuscan productionHoly water pot17th centurygilded cast brass; 15�11 cmChurch of San Giovenale a Cascia(inv. 34)

11. tuscan productionJug18th centurychiseled and silverplated brass;30�16 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 45)Although of a common typology, thisjug is noted for its overall elegance andharmonious proportions. The soberlydecorated handle well matches thetrilobate mouth.

12. tuscan productionBugia19th centurysilver; 33�11 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 69)

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13. tuscan productionTwo urn-shaped reliquarieslast quarter of the 17th centurycarved, painted and gilded wood; glass;31�21�16 cmChurch of San Tommaso a Ostina(inv. 83)

14. tuscan productionProcessional Crosssecond half of the 15th centuryincised and engraved copper (cross),cast Bronze (Christ);50�30 cmChurch of Santa Maria a Sant’Ellero(inv. 30 a-b)This is a beautiful example of a lateGothic cross similar to copper cross-es found in Tuscan country churches.On the recto of the arms’ quadrilobeends, above we see a pelican, the sym-bol of the Eucharist; to the left, theVirgin; to the right, Saint John theEvangelist and Mount Calvary below.On the verso, the Evangelists are por-trayed at the ends and the Agnus Deiin the centre. The cross’s surface iscompletely decorated on both sides bymilling and other engravings with nat-uralistic motifs.

15. tuscan productionAspergillum18th centurysilver; 24�7 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 46)

16. tuscan productionThurible14th century

fretworked brass; 23�8 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 26)This example of an “architectural”thurible, the geometric shape of its up-per part reminiscent of a dome, has asimple fretwork of rectangles and cir-cles typical of this sort of liturgical fur-nishing throughout the entire 14th cen-tury. The lower part of the thurible al-so shows a certain refinement in theelegant profile of its foot and cup.

17. italian productionIncense boat14th-15th centuriesgilded, incised and stamped castbrass;11�8�4 cmParish Church of San Pietro a CasciaStamps: indecipherableengravings: ihs and two putti withnakes(inv. 28)It is an, characterized by a marked sim-plicity and linearity, important exam-ple and one of the oldest of a type thatcan be found in museums of sacred artin Tuscany, such as the one in Grevein Chianti.

18. tuscan productionIncense boat1813incised and embossed silver;10�12�10 cmParish Church of San Pietro a CasciaInscription: mdcccxiii andf.f.c.o.g.b.i.(inv. 65)

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19. tuscan productionIncense boatsecond half of the 18th centuryembossed silver; 18�9 cmChurch of Sant’Agata in ArfoliStamps: on the edge: rampant lion, a c and an r, two facing c’s(inv. 55)

20. Genoese productionChalice1706silver; 21.5�11.5 cmParish Church of San Pietro a CasciaInscription: 706(inv. 47)

21. tuscan productionChalice1598embossed silver; 21.5�11.5 cmOratory of San Martino a Pontifogno(inv. 32)The elegance of this chalice results fromthe simplicity of the circular inciseddecoration on the foot and the knots.It was donated to the Oratory by theAldobrandini family, the church’s pa-trons, as is seen by the inscription un-der the foot: s. caterina angiola al-dobrandini mdiic

22. tuscan productionChalice19th centurystamped silver; 23�11 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 70)

23. lombard productionReliquary bust of Saint CharlesBorromeo

chiseled and embossed silver (bust),carved and gilded wood(base);35�11�6 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 66)The bust of Saint Charles Borromeo,who in 16th century Lombardy, under-took a renewal of Christian faith andcustoms, comes from that same area. Itstands on a wooden reliquary finishedwith carved acanthus leaves and littlerosettes. A cope richly decorated withbotanical and floral motifs and sheavesof wheat, documents the saint’s role asbishop. The miter is trimmed withstamps that simulate precious stones.It is a companion of no. 25.

24. florentine productionMonstrance19th centurypartially gilded, incised, chiseled andembossed silver; 72�33 cmParish Church of San Pietro a CasciaStamps: on the back: tworhomboidal shapes, the Rooster(inv. 68)

25. lombard productionReliquary bust of Saint Ambrosechiseled and embossed silver (bust),carved and gilded wood(base);35�11�6 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 67)This bust of Saint Ambrose is a sign ofdevotion to another of the principalrepresentatives of the Milanese dio-cese; he worked with great benefitthere for the nascent Christian com-munity in the 4th century. Of Lom-

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bard provenance, the reliquary showscharacteristics similar to those of itscompanion no. 23.

26. tuscan productionHoly water pot14th centurycast brass; 12�11 cmOratory of San Martino a Pontifogno(inv. 27)With a shape characteristic of the mostantique examples of this type, the rar-ity of these furnishings make this ex-ample one of the more interestingpieces in the museum’s collections.

27. tuscan productionThuriblesecond half of the 18th centuryembossed silver; 18�9 cmChurch of Sant’Agata in ArfoliStamps: rampant lion, one «c» and oner, two facing c’s(inv. 56)The thurible came to the museum to-gether with the incense boat no. 19. Ithas a smooth circular foot, a brazier dec-orated with swirls and a fretworked lidrichly decorated with acanthus leavesand facing «c»’s. Its typology and dec-oration place it among the most elegantexamples of 18th century production.

28. tuscan productionCandlesticks17th centurycast brass; 16�8 cmChurch of Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 35)

29. tuscan productionCandlesticks17th centurycast brass; 14�8 cmOratory of Sant’Andrea a Pontifogno(inv. 36)

30. tuscan production (?)Alms plateend of the 15th centuryincised and embossed brass;39 cm (diam.)Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 31)In the center of the large basin, thereare pod-shaped decorations under-lined by a circular inscription in Goth-ic German along the concave part ofthe plate. It is a traditional and ratherwidespread model, as can be seen byother examples in the Museum of theCollegiate Church of Figline Valdarnoand, like those, could refer to a Ger-man, rather than Tuscan, production.

31. tuscan productionMonstrance multiple reliquaryfirst half of the 19th centurygilded and carved wood; 36�15�10 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 92)

32. florentine productionAltar cross1625chiseled and embossed cast brass;72�12 cmChurch of Santa Margherita a Cancelliinscription: 1625 fatta dallacappella della concetione(inv. 37)

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Display Case 4

33. tuscan productionChalice18th centuryincised and embossed silver; 22�11 cmChurch of Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 49)

34. tuscan productionChalice17th centuryincised and embossed silver;24�11 cmChurch of San Tommaso a Ostina(inv. 38)

35. tuscan productionViaticum pyx19th centuryIncised and embossed metal andsilver; 1�3, 1�4, 8�5 cmChurch of San Giovenale a Cascia(inv. 71)The pyx displayed here is rather ele-gant because of the linearity of itsrounded oval shape enhanced by itsreduced size for its intended use: car-rying the Eucharist to the sick and dy-ing. It is flanked by two small casketsfor the holy oils.

36. tuscan productionChalice20th centurycast silver; 24.5�12.8 cmParish Church of San Pietro a CasciaStamps: illegible, 800(inv. 75)The presence of the «800» stamp, usedfrom 1872 to 1935, dates the produc-

tion of this piece to between the endof the 19th and the beginning of the20th centuries. This object is extreme-ly refined because of the quality of itsdecoration and the skill with which itwas produced. The chalice’s maker wasmost probably the Florentine crafts-man Manuberti who had his work-shop in Via de’ Pucci in Florence.

37. tuscan productionCandlestick17th centurycast brass; 16�11 cmOratory of San Martino a Pontifogno(inv. 39)

38. tuscan production (?)Cross-shaped reliquary18th-19th centuriesWood, gilded copper, silver, rockcrystal and colored semi-preciousstones;50�22�13 cmChurch of Santo Stefano a Cetina(inv. 59)The distinctiveness of this reliquaryderives from the use of various mate-rials and the colored stones that createpleasant chromatic combinations aswell as an extraordinary effect of pre-ciousness. The object is made up of awooden pedestal in the center of whicha medallion with the relics has beenplaced; it is joined to the cross wherethe other relic fragments are kept in-side small oval caskets, forming a har-monious whole despite the adjust-ments carried out at various periods.

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39. tuscan productionMonstrance reliquary18th centurygilded and carved wood; 40�14�10 cmChurch of Sant’ Agata in Arfoli(inv. 85)

40. tuscan productionCross18th centurybrass; 72�13 cmChurch of San Tommaso a Ostina(inv. 48)

41. tuscan productionMonstrance reliquaryend of the 18th centurygilded and carved wood; 50�25�11 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 90)

42. tuscan productionMonstrance multiple reliquaryend of the 18th centuryembossed silver lamina on a woodensupport; 49�21�15 cmChurch of San Giovenale a Cascia(Matteoni bequest)Inscription: scripsit aloysiusscriptoris nomen adora(inv. 57)The wooden reliquary is covered witha silver lamina with embossed botani-cal and ribbon motifs, giving it an over-all effect of preciousness. Inside the cas-ket, in the center of the display, therelics of Saint Philip Neri and SaintJames the Lesser are visible. This typeof sacred furnishing is rather wide-spread in the churches of the Floren-tine countryside.

Display case 5

43. tuscan productionPyxend of the 18th century-beginning of the 19th centuryIncised and partially gilded silver;26�10 cmChurch of Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 58)

44. tuscan productionEucharistic casket19th centuryincised silver; 10�4 cmChurch of Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 72)

45. tuscan productionChaliceend of the 17th centuryincised and embossed silver, gilded copper;23�12 cmChurch of Santa Maria a Sant’Ellero(inv. 42)This chalice is particularly interestingfor its refined execution and elegantdecoration. Created in a Tuscan gold-smith’s workshop, its vessel knot andthe ornamental motifs of the saucer aretypical of the end of the 17th century.In addition to the symbols of the Pas-sion, Saints Benedict and Anthony ofPadua are depicted and possibly SaintJohn Gualbert, a reference to the or-der of Vallombrosan monks, may bethe original owners, from which theChurch of Sant’Ellero once depended.

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46. tuscan productionend of the 17th centuryThuriblefretworked cast brass; 22�8 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 41)With the passing of time, this brassthurible, typical of its period, has as-sumed a particularly burnished col-oration. Its lower cup lacks decorationand the fretwork on the upper part hascircular and star-shaped motifs.

47. florentine productionChalice1715-1745engraved, chiseled and embossedsilver; 26�13 cmChurch of Santa Margherita a CancelliStamp: a rooster(inv. 50)The stamp on the chalice is from theWorkshop all’Insegna del Gallo headedby the silversmith Antonio Mazzi, doc-umented from 1703 to 1747. (See no.49). The decoration is based on thesymbols of the Passion of Christ (whichgave this type of vessel the name of“chalice of the Passion”), alternatingwith the projecting heads of thecherubs that decorate the knot and thesaucer. This typology was frequentlyused during the 18th century, as may al-so be seen by the large number of sim-ilar examples in the museum.

48. tuscan productionPyx17th centuryembossed silver; 15�12 cmOratory of San Martino a Pontifogno(inv. 40)

49. florentine productionMonstrance reliquarysecond quarter of the 18th centuryEmbossed silver lamina on a woodensupport; 43�20�12.5 cmParish Church of San Pietro a CasciaStamps: a lion, a rooster, illegible(inv. 54)

50. tuscan productionChalicesecond half of the 19th centuryembossed silver; 25�12.5 cmParish Church of San Pietro a CasciaStamps: illegibleInscriptions: p.p.beni(inv. 74)The initals indicate that the chalice wasdonated to the church by the parishpriest Paolo Beni, whose portrait is al-so found in the museum (no. 138).

51. florentine productionRayed monstrancemid-18th centurychiseled and embossed silver withsemi-precious stones; 58�28 cmChurch of Santa Margherita aCancellistamps: illegibleinscription: pesa: 2.5. 6.2.2.(inv. 51)This is one of the museum’s most re-fined monstrances. The customary ty-

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pology of the rays and clouds is em-bellished by semi-precious stones placedalong the edge of the circular casket. Itstypology and decoration are compara-ble to other examples kept at the Mu-seums of Incisa in Val d’Arno and ofSanta Verdiana in Castelfiorentino.

52. tuscan productionRayed monstranceend of the 17th centurypartially gilded, chiseled andembossed silver; 48�25 cmstamps: passant lion, small crossChurch of San Lorenzo a Rona(inv. 44)This typical object is characterized byits elegant lines and found extensive-ly in many churches throughout theTuscan countryside. The monstrance’srefined decoration, with ears of cornand bunches of grapes, and the care inits execution make it remarkable. Thetwo stamps, (the first, a small cross andthe second, a passant lion in a circularfield), refer to the mark released by theSilk Guild in Florence between 1695and 1761, for quality of the silver.

53. «bronzino» (alessandroallori, Florence 1535-1607)Annunciationpre-1587, signedoil on canvas; 215�164 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 4)The painting is based on the greatlyvenerated fresco in Florence’s Santis-sima Annunziata and the signature«bronzino» appears on the base of theVirgin’s chair. It was a name used in

acknowledgement of that great artist’steaching by both Alessandro Allori andhis son Cristofano (1577-1621) who car-ried out various replicas of the subject.Since the work was cited as already be-ing in Cascia in 1587, the artist mustbe Alessandro, a direct disciple of Ag-nolo Bronzino and a great representa-tive of the late 16th century Florentineschool, dear to the Medicis and here,as elsewhere, especially attentive to,and refined in the rendering of do-mestic details.

54. Workshop of domenicoghirlandaioMadonna Enthroned with Child,Saints Romulus, Peter, Paul, Sebastianand the purchaser Roberto Folchi,bishop of Fiesoleend of the 15th century-beginning ofthe 16th centurytempera on a wooden panel;195�151.5 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 2)The lower part of the panel bears theinscription: r.flh.episcopus.fesu-lan.impensa.propria («RobertoFolchi bishop of Fiesole, at his ex-pense»), thus consigning the name ofthe work’s Florentine purchaser to pos-terity. Folchi was bishop from 1481 to1504, and left other traces of his tenurein the parish church. Given the painedappearance in his portrait, the workwas probably carried out towards theend of his episcopate(which ended be-cause of illness). It probably was orig-inally intended for the main altar inview of the position of Saint Peter (the

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parish’s eponym) to the right of theVirgin. In the oldest sources, its exe-cution has been pointed out as a «workby or in the style of Ghirlandaio» andthe inconsistent quality of its execu-tion makes it probable that it indeedcame from a workshop where, besidethe work of a painter with good tech-nical knowledge (see Saint Peter’shead) school’s contributions are seenwhich, using a cartoon for the centralgroup, popularized the refined lan-guage of the Master thereby adaptingit to a suburban seat.

55. umbrian productionFrontal19th century?Linen fabric, Hungarian pointembroidery in polychrome silk;93�180 cmChurch of San Donato in Fronzano(inv. 165)Rare altar covering in Hungarian pointthat skillfully uses models from the 17th

and 18th centuries for marquetries car-ried out with semiprecious stones, orscagliola, with a refined color style andtechnical skill.

56. santi di tito (Sansepolcro 1536-Florence 1603) and workshopMourning on the Dead Christsigned and dated 1601oil on canvas; 212�135 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 5)This is a late work by a great leadingfigure of the Florentine school who,after the magnificent period of courtMannerism, restored painting to a

more clearly understood language andnarrative simplicity, following the dic-tates of the Council of Trent. Thepainting uses colors that accentuatethe dramatic nature of the event, witha strong naturalism in the onlookers’features (as seen in Saints Matthew,Francis, Catherine and Domenic diGuzman, who are to the sides) thatsoftens their physiognomy and makestheir emotion for this event more cred-ible. It was probably completed withthe assistance of his son Tiberio orsome other pupils, numerous in thewell-organized workshop. Over theyears, the painting has undergonemany restorations.

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The Symbology of the Pomegranateand the Flowering Trunk in theMuseum’s Vestments

As regards the great number of solutionsthat characterized 14th century silk fab-rics, Renaissance textile production wasmuch more homogenous and united inits entirety, basically developing only twoornamental typologies, those of the pome-granate and of the flowering trunk. Ac-cording to the famous 15th century trea-tise of the Silk Guild in Florence, theywere to be produced in a symmetricalway, if the loom was set up for works inone «cammino», or asymmetrical, in-stead, for in «griccia», works. In the firstcase, the design is a simplified fruit – apomegranate or a pinecone crowned bya group of flowers – that repeats itself inan echelon fashion for the bolt’s width,and is often framed by a tree-like grid.This typology, traditionally defined as“ogival stitched frames with two types ofthistle flowers”, can be seen in the Medici-Concini set of vestments on the museum’sfirst floor (cat. no. 118). The second casefinds reference in the oldest of the cha-subles on display (cat. no. 57), where thedecorative motif instead consists of acurved and flowering trunk with an al-ternating florescence within wide lobedleaves. This decorative unit, the result ofa gradual development that descendsfrom the lotus flower and the delicateshoots found in Chinese silks, is especiallysuitable for a velvet technique that, dueto its specific aesthetic characteristics, em-phasizes the design’s luminous and plas-tic effects more than other fabrics. En-riched by a gold thread brocaded weave,

often raised in a sophisticated bouclé ef-fect, it became the most luxurious fabricof the period, not only for the precious-ness of the materials and the substancesused in its dying, but also, in the cases ofvelvet and brocade, because of the ex-tremely long time required to carry outthe two contrasting processes that wereexecuted, the first one on the right side ofthe fabric and the second one on the re-verse side.These fabrics, where large designs weregenerally used, had a strong decorativeimpact and, until at least the end of the16th century, were manufactured with-out distinction for both secular garments,as signs of power and social importancebecause of their high cost, as well as forliturgical vestments and hangings be-cause of the strong symbolic connotationof the subjects represented. Even if thepomegranate theme was for the most partselected for brides’ gowns and headdress-es as a sign of fertility, this motif also hadinnumerable mystical Christian refer-ences. Its seeds allude to divine perfec-tion, the roundness of the fruit to eter-nity, and the sweetness of its juice to thedelight of the soul that loves and knowsGod. In a wider context, the Church Fa-thers saw the pomegranate as a symbol ofthe Church itself, united in a single faith,like the seeds within the fruit. At the topof the pomegranate, there is a series of ei-ther three or, more often, five flowers,which represent respectively the Trinityor refer to the wounds on Christ’s body.The flowering tree, a very ancient sym-bol of eternal rebirth, is the other dom-inant theme in Renaissance textile pro-duction. As seen from the museum’s most

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precious chasuble (cat. no. 57), the bro-ken and serpentine trunk stretching up-ward, alludes to the cross, the tree ofdeath, that becomes the Lignum Vitaebecause of its vital sap, the divine blood,that nourishes and gives life to the leaves,flowers, and fruits that are repeatedthroughout the complex design.The symbolic interpretation of both ty-pologies also applies to the chromaticmatch between the work and its back-ground, generally red and yellow, refer-ring, the first, to the color of divine love,the blood of the passion of Christ and thesacrifice of the martyrs, whereas the sec-ond refers to the color of God’s wisdom,Revelation and Eternity.In the fascinating play of codified“truths”, it is not surprising then to findthese very precious velvets being worn byhigh prelates or even by the Madonnasor saints who, by wearing them, allud-ed to Christ’s destiny or simply translat-ed the contents of faith.

Lorenzo Pesci

Display Case 1. Vestments

The presentation of the paraments pro-ceeds in a counter-clockwise direction

57. florentine productionChasuble15th-16th centuriesbrocaded cut velvet with a bouclélancé weft in silk and gold thread(the sides of the chasuble)end of the 15th-beginning of the 16th

centurieslancé lampas (cross and column)First half of the 16th century; 123�71 cmChurch of Sant’Agata in Arfoli(inv. 109)A decorative unit that is made up of along undulating trunk, with a spi-ralling branch inside, that ends in alarge lobed leaf surrounded by acan-thus leaves and pears, containing apinecone surrounded by small pal-mettes. This is intertwined with a sec-ond trunk that has a scaled motif, witha pomegranate fruit at the end withina lobed leaf encircled by acanthusleaves and narcissi. The success of thistype of velvet is attested by the nu-merous contemporary works of paint-ing and sculpture among which standsout the Cossa tomb, executed by Do-natello and Michelozzo in the FlorenceBaptistery between 1425 and 1428. Thecross and column in lancé lampas pre-sent Our Lady of the Assumption al-ternating with the winged head of aseraphim, which was part of the Flo-rentine production of border bandsdepicting religious subjects, often in-

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spired by preparatory cartoons of greatartists of the time.

58. tuscan productionSurplicebeginning of the 20th centurylinen fabric with embroidered flounce;140�204 cmprivate donation(not in catalog)

59. italian productionStoleend of the 18th-beginning of the 19th

centuriesgros de Tours with polychrome silkand gold thread embroidery; 216�31 cmprivate donation(not in catalog)

60. lyonaise productionChasuble, stole and burse1735-1740lancé liséré lampas brocaded with silkand silver threads;119�72.5 cm (chasuble);236�19 cm (stole);26�26 cm (burse);Church of San Giovenale a Cascia(inv. 133)This splendid and strongly chromat-ic fabric is extremely difficult to pro-duce; it offers fabric superimposedmodules of zules, from which branch-es off a luxuriant florescence of parrottulips, creating a luxurious layout re-lated to the “islet” type, designed inFrance for clothing around the 1730’s.It is an example of an exceptional aes-thetic level that bears witness to the

naturalistic orientation of textile de-sign at the time. It is not completelyfree from the bizarre heritage, to whichthe silver outline of some leaves andflowers and the unnatural grain of theshadowed areas refer.

61. italian productionChasuble and maniplesecond half of the 17th centuryembroidered taffetas in silk and goldthread;117�77 cm (chasuble);102�20 cm (maniple)Church of Sant’Andrea a Borgo a Cascia(inv. 121)Gilded branches with flowers unwindon the column and, symmetrically, onthe lateral bands, identifying the dec-oration as clearly Baroque. It has astrong dynamism that grows out of theplastic effects obtained by the slightlinen padding and a virtuous use ofsatin stitch. The ecclesiastical pur-chaser is seen in the symbolic refer-ences to the transfiguration of Christ’sblood, the Crucifixion and the SavingGrace, well-known attributes of therose, the carnation and the tulip in sa-cred literature.

62. italian productionChasuble and stolelast quarter of the 17th centuryliséré lancé gros de Tours brocadedwith silk and gold threads;110�73 cm (chasuble);232�31 cm (stole)private donation(inv. 126)

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The design, on a red silk background,alternates horizontal rows of identicallarge flowers facing each other withsmaller ones interspersed betweenthem: a tulip and a carnation in a tri-angular sequence with alternate hori-zontal orientation. The flowers, bro-caded with a gold thread, are setagainst a background embellished withflashes of a lancé weave in foliated goldand a marbling effect from the pinkliséré weave. The widespread presenceof this decorative typology in sacredparaments from the Venetian areamakes it plausible that this fabric camefrom a silk factory in that area.

63. Workshop of alessandroalloriA Miracle of Saint Bridgetend of the 16th -beginning of the 17th

centuriesoil on a wooden panel; 29�44.5 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 8)This panel is closely related to a simi-lar work, the Sermon of Saint John theBaptist, as well as to the two Saints byZanobi Rosi (see nos. 64-65-66). Infact, they had been placed togetherwithin a now-lost wooden structure,and set around the parish’s greatly ven-erated wooden Crucifix from at least1688 on the altar dedicated to SaintJohn the Baptist. In the museum, thefour paintings have regained their spe-cific and individual importance, SaintBridget from Sweden is depicted here,as if on a naive ex voto tablet, implor-ing the Crucified while outside a stormrages (the saint was the protectress

from storms). The building outsidemay refer to the ancient Oratory ofSan Lorenzo alla Casellina, in the Reg-gello area.

64. zanobi rosi (Florence 1577-1621)Saint Bridget of Swedendatable to 1626oil on canvas; 92.5�44 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 7)The work is a companion to that ofSaint John the Baptist, initialed zr anddated 1626 (no. 65) and was part of thesame grouping as no. 63. Rosi was aclose collaborator of Cristofano Allori,Alessandro’s son. His body of work isstill being determined by specialists in17th century Florentine art, and theserecently restored works from Casciaare the latest milestones returned toRosi’s catalog, and reveal a pictorialquality of rare ability and an unusualknowledge of color.The saint (Finstad, Upsala 1303-Rome1373) is depicted, as usual, in a nun’shabit or widow’s weeds, and with alarge, lit candle in memory of the mor-tification that she inflicted upon her-self with a flame. She was one of theleading figures in the history of Chris-tianity since her long journeys, in ad-dition to her mystical writings, put herin contact with many powerful con-temporaries.

65. zanobi rosi(Florence 1577-1621)Saint John the Baptistsigned zr and dated 1626

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oil on canvas; 92.5�43.5 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 6)This excellent painting is a companionto the one dedicated to Saint Bridgetof Sweden (see no. 64) and was con-nected to the two tablets, nos. 63 and66 in the past. The initials zr enabledthe attribution of the figures of the twosaints to Zanobi Rosi, a close collabo-rator of Cristofano Allori, whose skillas a robust colorist capable of intro-ducing a strong dramatic pathos anda very clear tension in his representa-tions is pointed out here. The back-ground of the two paintings is con-nected, linking in a diptych of greatspiritual value the figures of the twosaints, united also by the close rela-tionship they shared with the Cross.

66. Workshop of alessandroalloriSermon of Saint John the Baptistend of the 16th-beginning of the 17th centuriesoil on a wooden panel; 29�44.5 cmParish Church of San Pietroa Cascia(inv. 8)In the past, this tablet was part of theassemblage that also contained nos. 63-64-65. Like the one portraying SaintBridget of Sweden, however, it does notappear coeval to the correspondingsaint painted by Zanobi Rosi, but be-longs to an earlier artistic traditioncompared to the two full figures. Inparticular, this one has an affinity to asimilar subject by Alessandro Allorithat today is kept in the Palazzo Pitti.

Display Case 2. Vestments

67. italian productionChasuble and stole1740-1750gros de Tours liséré in silk with a varying lancé weft; 116.5�68 cm (chasuble);230�18 cm (stole)Church of Sant’ Agata in Arfoli(inv. 138)There is a motif of cornucopias over-flowing with bunches of flowers thatare alternated with architectural-typeelements that mark the points wherethe winding outline curves. The carefor the archeological and Chinese-likedetails, to which the oriental arch witha half-moon fastigium refers, tracesthis fabric’s decoration, originally cre-ated for women’s clothing, to the newRococo style that was meant to createwonder through the display of refinedexoticisms combined with naturalis-tic motifs, another great inspiration ofthat century.

68. french or italian productionChasuble, stole and maniplemid-18th centurygros de Tours liséré brocaded in silkand gold lamina; 117�72 cm (chasuble);238�19 cm (stole)92�19 cm (maniple)Church of Santa Margherita aCancelli(inv. 139)The design of this fabric is a very so-phisticated variant of the “meander”motif, made up of bouquets of com-

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posites and buds that are connectedby a twirled motif, accentuating its me-andering progression. The backgroundalternates decorative tone-on-tonevariants (waves, laces, corollas) wherethe design’s brilliant chromatism of theforeground stands out. The almostgraphic lightness of the decoration,that only partly covers the backgroundweave, traces back to models conceivedfor women’s clothing around the mid-18th century, following designs foundboth in France and Italy.

69. lyonaise productionChasuble, chalice veil, stole andmaniplefirst quarter of the 18th centuryliséré lancé lampas in silk;114�71 cm (chasuble);58.5�59.5 cm (veil);232�24 cm (stole);96�24.5 cm (maniple)Church of Santa Margherita a Cancelli(inv. 128)A motif with both a symmetrical andvertical progression made up of floraltrophies with exotic toothed leaves thatfollow one another vertically withinegg-shaped frames outlined by lace rib-bons. The very refined fabric, origi-nally conceived for clothing or fur-nishings, is part of an ornamental cat-egory known as “dentelle” or “lace”that was very widespread in France andVenice between the end of the 17th cen-tury and the beginning of the next. Itwas inspired by the extremely expen-sive and refined needlecraft and pillowlacework, becoming an exclusive fash-

ion item due to the dictates of thecourt of Louis xiv.

70. italian productionChasuble, stole and chalice veil1715-1720classic brocaded damask à liagerépris in silk and silver;116�70 cm (chasuble);238�22 cm (stole);55�54.5 cm (veil)Church of Santa Margherita aCancelli(inv. 130)Fantastic gold thread motifs are com-bined with delicately colored botanicalvarieties and arranged on a damaskbackground following parallel undu-lating lines. The fabric re-works mo-tifs that are typical of Japanese-derivedbizarre decoration, which were estab-lished in France and Venice betweenthe 17th and the 18th centuries and arecharacterized by completely abstractshapes. The accentuation of the natu-ralistic rather than the fantastic ele-ments identifies it as a late exemplar ofthis production type, stylistically sim-ilar to the “lush” solutions of the 1730’s.

71. tuscan productionSurplicebeginning of the 20th centurycotton with embroidered flounce;146�212 cmprivate donation(inv. 159)

72. tuscan productionFolding bookstand19th century

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carved and gilded wood with whitelacquer; 30�39�33 cmOratory of San Martino a Pontifogno(inv. 93)The particular delight of this smallfolding book stand is its rich profu-sion of decorative elements and chro-matic combinations. The bunches ofhanging grapes are connected to a largeflower placed at the center in a gaudyprogression of white and gold.

73. agnolo guidotti (Fiesole,second half of the 16th century)Madonna Enthroned with Child andSaints Michael the Archangel andSebastiansigned and dated 1575wooden panel; 193�151 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 3)The painting contains the inscription,agnolo ghuidotti da fiesole face-va mdlxxv, but nothing is still knownabout this artist as he does not appearin any other artistic source or dictio-nary. On the basis of a stylistic exami-nation, however, we can conjecture thathe was an eclectic painter trained inFlorence under Alessandro Allori,(whose influence is especially visible inthe solidity of the glazed colors and,particularly, in Saint Sebastian’s head),but who was also inspired by the greatmasters from the beginning of the cen-tury, in this case by Andrea del Sarto.In fact, its origins are evident in the Val-lombrosa Altarpiece that Andrea exe-cuted for the Hermitage of Le Celle in1528 and that is now kept at the Uffizi.

Display case of icons and Jewish ritualobjects

74. german production(?)Pesach Plate (Passover)19th centuryengraved, chiseled and embossedsilver; 30 cm (diam.)Acquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 181)The plate was used at the Passover mealto hold the ritual foods that accom-pany the reading of the Haggadah, asacred text of the Jewish religion.

75. russian productionPair of Kiddush cupsFirst half of the 19th century and 20th centuryengraved and embossed silver;18.5�8.7 cm (covered); 6.5�8.7 cm(each cup)acquired by the Parish Church of San Pietro a CasciaStamps: am on 1859 in a rectangularfield; 84 accompanied by SaintGeorge in a rectangular field; e sin a square field(inv. 176)The cups were used for the blessing ofthe wine, Kiddush, in order to observethe Sabbath and the Jewish festivals.

76. german production(?)Kiddush cupFirst half of the 19th and 20th

centuries.engraved, incised, chiseled andembossed silver, fretworked saucer;18.5�8.7 cm

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acquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 177)

77. Austro-Hungarian and russian productionHand-shaped Pointer (Yad)1840Embossed silver, double twisted wire;29.5 cm (length)acquired by the Parish Church of San Pietro a CasciaStamps: four-part circle with thenumber 13, surmounted by the letterA and flanked by the numbers 1840in a rounded-arch shape; on theupper silver band: fd or ed in arectangular field; on the inside of thewrist: 84 in a square field; anotherillegible stamp(inv. 178)The hand was used to follow thewords, without errors, when readingthe Torah, the sacred text of the Jew-ish religion.

78. russian productionHand-shaped Pointer1876chiseled silver and carved wood; 31 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a CasciaStamps: 84 in a rectangular field;1876 in a rectangular field(inv. 179)

79. russian productionTraveling Chanukkiah (lamp)1867engraved, chiseled and embossed

silver; 4�4.5 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a CasciaStamps: go (in Cyrillic characters) in a rectangular field; bird in an ovalfield; is above 1867 in a quadrilobefield; star in an octagonal field;(inv. 180)This ritual lamp, in the shape of a lit-tle case, is lit during the Chanukah fes-tival in December. The stamps indi-cate the place and date of production:Russia, 1867.

80. east-central europeanproductionWedding ring19th centuryengraved and embossed silver,filigree; 5.7 cm (diam.)acquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 184)This recent acquisition by the CasciaParish is a typical wedding ring. Itsshape, a small building that recalls thedestruction of the Temple of Jerusalem,is a rather widespread typology.

81. dutch productionContainer for perfumesend of the 19th centuryengraved, chiseled and embossedsilver; 28.5�9 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 183)This article of northern European pro-duction most probably dates to theend of the 19th century. It is a singularexample of a container for aromatic

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herbs or perfumes used in the cere-mony that separates the Sabbath fromthe other days of the week.

82. russian production (Moscow)Circumcision knifesecond half of the 19th centuryengraved, chiseled and embossedsilver, applied filigree; 4�4.5 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a CasciaStamps: 84 in a square field; Saint George in a square field; on the side of the handle ae(in Cyrillic characters)(inv. 182)

83. russian productionTraveling candlesticks1898 or 1908engraved, chiseled and embossedsilver; 6.5�4.5 cmacquired by the Parish Church ofSan Pietro a CasciaStamps: mp (in Cyrillic characters) in a rectangular field, 8 on the edgesof the wax-catcher plate(inv. 185)These objects were used when travel-ling to light the traditional two candlesas the hour approached when the Sab-bath (Shabbat) was to begin.

84. central russian productionSaints Antipas (?), John the Baptistand Maro18th centurywooden panel, plaster, egg tempera,gold leaf, chrysography, coloredlacquers; 32.5�27 cmacquired by the Parish Church

of San Pietro a Cascia(inv. 186)

85. russian productionAscension into Heaven of the ProphetElijah on a Chariot of Fire19th centurywooden panel, paper, plaster, eggtempera, silver gilded with mecca, i.e. a type of varnish; 49�39 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 188)The icon depicts scenes from the lifeof the prophet Elijah that is repre-sented on a large scale at the center,and at the top, on the chariot of fire.It is a rather typical work; this subjectwas often used because of the wide-spread veneration that Elijah enjoyedamong peasants. It is one of the mostrepresentative examples among thosein Cascia.

86. central russian productionMother of God of Smolensk19th centurywooden panel, plaster, egg tempera,silver gilded with mecca, i.e., a type of varnish; 40�31.5 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 192)The icon presents a frontal image ofthe Mother of God with the Child inher arms. Her right hand attracts theattention to the Child (Hodigitria).Like many others, the image draws ona 19th-century prototype much vener-ated for its miraculous powers.

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87. russian productionSaints Boniface, John the Baptist,Demetrius of Thessalonica, Mary of Egypt and (above) the Baptism of Christ19th centurywooden panel, plaster, egg tempera,gold leaf; 33�27 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 191)

88. russian productionChalice20th centurygilded silver, polychrome enamels;22�10 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 193)

89. russian productionMother of God of the Sign and the Elected Saintsfirst decade of the 19th centurywooden panel, plaster, egg tempera,chrysography, silver covering;6.5�17 cm (open); 6.5�6.2 cm (closed)acquired by the Parish Church of San Pietro a CasciaStamps: on the upper edge of theframe 84 and ps; the assayer’s initialsand the assay year barely legible; 180(inv. 187)This is a treasured image in orthodoxiconography, greatly venerated in Rus-sia for its powers to work miracles.

On the wall

90. southwestern russianproductionFour-part Iconsecond half of the 19th centurywooden panel, plaster, egg tempera,gold filigree; 53.5�44 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 189)This icon represents the Mother ofGod (upper left); Saint Charalampias(upper right); Saints Boniface, Antipasand Moses the Ethiopian of Skete (low-er left); Saints Cyriacus and Julitta(lower right).

91. southwestern russianproductionProtection of the Mother of Godsecond half of the 19th centurywooden panel, plaster, egg tempera,silver gilded with mecca, i.e., a type of varnish; 52.5�47 cmacquired by the Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 190)The icon represents the vision thatSaint Andrew, the “fool for Christ”,had of the Virgin during the Arab siegeof Constantinople in 910.

Work not always on display

92. jacopo vignali (Pratovecchio1592-Florence 1664)Saint Anthony of Padua with theChild, Saints Dominic, John theBaptist, Sebastian and Cherubs

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signed and dated 1655oil on canvas; 226�116 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 10)The large painting, the work of one of17th century Florence’s leading figures,is not always on display in the muse-um because of a lack of space, but ithas been included here because it is awork of remarkable artistic and spiri-tual importance. Its most touching el-ement is the angel in the lower partwho enjoins silence on the observers.

2 - Hall 2 (Masaccio Room)

This room is entirely dedicated toMasaccio’s Triptych of Saint Juvenal.The work has recently been transferredhere from the Parish Church of Cas-cia where it had been since 1988. Onthe six hundredth anniversary of theartist’s birth, the room was furnishedwith didactic panels aimed at illus-trating all the Triptych’s possible as-pects. These ranged from the tech-niques used for the construction of thepanel to the restoration following itsattribution, to perspective studies, tothe iconography of the saints, etc. Acomputer station was also set up toprovide information on the artist’s lifeand general production, the locationof his other works and so on. The di-dactic panels are to be read beginningfrom the right of the entrance.

93. masaccio (San GiovanniValdarno 1401-Rome 1428)Triptych of Saint Juvenal (MadonnaEnthroned with Child, two Angels and Saints Bartholomew and Blaise,Juvenal and Anthony the Abbot)dated 1422, 23rd AprilInscriptions: (Anno Do)minimccccxxii a di ventitre d’ap(rile)(central panel), (Ple)na dominus.tecum. benedicta (on the thronestep), traces of the saints’ names(side panels)tempera on wooden panels;108�65 cm (central panel);88�44 cm (each of the two side panels)Church of San Giovenale di Cascia(inv. 1)

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Masaccio and the Triptych of SaintJuvenal

When Masaccio painted the Triptychintended for the Church of San Giove-nale di Cascia, on which the date 23rd

April 1422 appears, he was twenty-oneyears old. In fact, he had been born inCastel San Giovanni in Altura (today,San Giovanni Valdarno) in 1401, the sonof Giovanni di Mone Cassai, a notary,and Lady Jacopa from Barberino diMugello. We know that since 1417 he wasin Florence and he was registered as apainter in the Physicians and Pharma-cists’ Guild in 1422. We have little in-formation on those five years and his pic-torial training. However, we can theo-rize with some certainty that he was anapprentice in the very active and tradi-tional workshop of Bicci di Lorenzo andthat he carried out works in his nativearea, generically recorded by Vasari. Al-though not cited in sources, the Triptychcertainly belongs to his early body ofwork, or better still, it does represent itsvery incipit or beginning.It demonstrates how important the greatformal innovations developed in Florenceby Brunelleschi and Donatello had beenfor the training of the young artist, ca-pable of original and very personal de-velopments. At the time, Brunelleschiwas about to undertake the constructionof the cathedral’s dome, and Donatellohad already executed the Saint Georgein Orsanmichele, works which both in-augurated a period of artistic grandeur.Vasari recognized that the influence ofthese two great artists on the youngMasaccio was much more fundamental

than that of Masolino da Panicale, whowas considered his master at one timebut whose role today has been reduced tothat of an elder partner, still faithful tothe solid late-Gothic traditions that,shortly after, Masaccio would profound-ly change.The Triptych is perfect testimony ofMasaccio’s debt to Filippo and Do-natello, and of the artist’s gradual de-tachment from the safe harbors of tra-dition to venture outward on the excit-ing sea of a new artistic language. In aperspective analysis of the three panels,unified by the pavement’s converginglines, the gradualness of the formal re-newal is effectively demonstrated. Start-ing from the left panel with SaintsBartholomew and Blaise – more linked,on the whole, to traditional solutions –it intensifies in the large central icon andin the right panel with Saints Juvenaland Anthony the Abbot, with a pro-gressive increase in force and corporeity.What is striking in all the figures, beyondthe extreme respect for the traditionalgold background that places them in thelight of Paradise, is the strong natural-ism that does not undermine but ratherstrengthens their moral stature. Partic-ularly the robust and solid Virgin andChild, the latter nude for the first time,as in Roman sculptures or Giotto’s al-tarpieces. The perspective, as well as be-ing applied to the impressive throne withthe rounded back, is also found in thelimbs and the foreshortened views em-phasized by the chiaroscuro, as in theMadonna’s beautiful hands or in theprofiles of the two child-angels kneelingat the sides.

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Also the saints, chosen (apart from SaintJuvenal bearing the same name as thechurch) because of their role as protec-tors of the peasant world, have looks, pro-files, ears and symbolic objects con-structed with a close eye to physical real-ity, and with increasingly dense colors,as seen in the book held open by a handthat acts as a bookstand. In this book,moreover, Masaccio’s autograph has beenrecognized, which is known from a 1427tax return. For this reason, this detailhas fittingly been chosen as the museum’slogo.Suitable comparisons with this revolu-tionary work, the first of Renaissancepainting, can be established with theMadonna in the Uffizi’s Sant’AnnaMetterza or with the Madonna in thedismembered polyptych from Pisa thattoday is in London. However, recentanalyses have established, without ashadow of a doubt, Masaccio’s own handalso in the drawing beneath, whichmoreover connects Juvenal’s outline withthat of a saint in The Tribute Moneyin the Brancacci Chapel. In his imma-ture but promising experimentation, hemade his own determining contributionto the formulation of a new vision, of anew descriptive code. The inscription isalso proof of this innovation as it was ex-ecuted for the first time in Europe, usingbeautiful classical capital letters. Nor arethe learned and biblical references foreignto the young artist since they emerge fromthe details: the grapes that the Childbrings to his mouth, the drapery that veilshis nudity, the rings that the Virgin wearson her fingers and the Kufic letters that,according to an obscure and refined tra-

dition, decorate the halos and exalt theSavior (on the basis of a recent interpre-tation).Contrary to what was thought in thepast, namely, that the work had been im-mediately transferred from Florence toSan Giovenale for the saint’s day (3rd

May), a more recent hypothesis suggeststhat the painting was kept for some timein the city where the charm of its inno-vations captivated the painters of thetime.Its purchaser also remains uncertain, al-though it appears rather probable that itmay have been one of the great Floren-tine families with vast holdings in theCascia area, such as the Castellani or theCarnesecchi families. They probablyturned to the young painter from the Val-darno perhaps with an eye to saving andinvoluntarily contributed to opening hispainting to new horizons.For those who wish to study this subjectmore thoroughly, we would like to pointout a volume, still the most completestudy of the work up to today. It containsthe proceedings of the important confer-ences held in Cascia, of which the oneheld in 2000 (Masaccio 1422. Il Tritti-co di San Giovenale e il suo tempo)was fundamental.

Caterina Caneva

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3 - Hall 3 (Parish Priest’sChamber)

Inaugurated only in 2003 because ofthe protracted restoration, the roomwith its rich 18th century wall decora-tion was given this name perhaps be-cause of its use in the past. Before therestoration, only the small View of theParish Church of Cascia was visible onthe wall to the right of the entrance.But during the course of the restora-tion, other valuable wall paintings re-emerged; on the ceiling, on the right-hand wall and on a small section of thewall opposite the one with the view ofthe parish church. In this area, the dec-oration, typical of so-called “architec-tural illusionism”, creates the effect ofan open loggia with various views. Inthe main one, there is a female alle-gorical figure with the symbols of pow-er, surrounded by beautiful classicalbuildings. Instead, the ceiling simu-lates a complex balcony that opens onto the sky (where even exotic birds fly)and is surrounded by plants, largecoats-of-arms with allegorical depic-tions and garlands.The coat-of-arms above the entry dooris that of the Florentine Calderini fam-ily that died out in 1601, leaving how-ever to the destitute nobles, benefit-ting by rotation of their conspicuousincome, the obligation to use that spe-cific coat-of-arms. Towards the mid-18th century it was the turn of a mem-ber of the Ginori family, to whom per-haps this pleasant decoration is owed.Its creation was probably entrusted toa group of decorative specialists, at that

time rather fashionable, headed byGiuseppe Del Moro, also active thenat the nearby Vallombrosa Abbey.The objects displayed in this room,open to further additions in the future,include elegant jewelry as well as vest-ments, altar cloths and holy vessels thatare found in the display case next to theentrance. In the display case oppositeand in the caskets above, an interestingand curious series of ex voto objects aredisplayed. Over the centuries, these exvoto objects were collected because ofthe common belief in the miraculouspowers of the Cascia Crucifix, andaround the so-called Madonna of Com-fort from San Giovenale. The ex votoobjects include silver hearts, medals,small jewels, rosaries, rings, etc.

94. tuscan productionPair of caskets containing ex votoofferings19th centurycarved, painted and partially gildedwood; 75�35 cmVarious provenances(inv. 100 a-b)

Display case opposite the entrance

95. tuscan productionSeries of four small pendants withrelics18th centurysilk, gilded and silver-plated metal;8�6 cm (white); 8�6 cm (green);6.5�6.5 cm (pink); 8�8 cm (yellow)Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 103)

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These small pendants were tradition-ally given to babies at their baptism.

96. varied productionSeries of five rosaries13th-20th centuriesGlass and silver or metal;Various sizesChurch of San Giovenale and ParishChurch of San Pietro a Cascia(inv. 105)

97. tuscan productionex voto Heart19th centurysilver lamina; 11�7 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 106)The inscription reads al s.s.c.o. (cru-cifix) di ca(scia) 1886. il m(arquise)rodolfo medici per guarigione ditifo micidiale

98. Engraver from Le MarcheOfficial certificate dated 23rd April1770 declaring that the scrap of black veil rested among the relics of the Virgin in the Holy House of Loretosecond half of the 18th centuryaged paper, scrap of black veilattached above with the embossedstamp of the House of Loreto;25.5�19 cmprivate donation(inv. 171)

99. tuscan productionSeries of jewelsend of the 19th century-beginning

of the 20th centuryGold, gilded metal, semi-preciousstones; various sizesParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 107 a-b-c )

100. tuscan productionTabernacle curtainbeginning of the 19th centurySilk gros, metallic thread, sequins,cotton; 64�41.5 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 167)

101. roman and tuscan productionSeries of three medals18th-19th centuries;silver; 4.5 cm (diam.); 4.3 cm (diam.); 4.2 cm (diam.)Church of San Giovenale a Cascia(inv. 108 a-b-c)

102. tuscan productionTwo pendant-earrings17th- 18th centuriesrock crystal and silver; 3�2 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 102)Among the ex voto jewels donated,these earrings represent the most an-cient and valuable example.

103. various productionSeries of 12 rings18th-20th centuriesVarious metals, cornelian, agate,glass paste and non-precious stones;various sizesChurch of San Giovenale and ParishChurch of San Pietro a Cascia(inv. 104)

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104. tuscan productionThree chalice pallsend of the 18th-beginning of the 19th centurySilk gros, metal thread, polychromesilks; 14�14 cm; 13�13 cm; 12�12 cmVilla I Mandri (gift of AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 166 a-b-c)

On the wall

105. tuscan productionStations of the Cross18th century14 hand-tinted etchings; carved wood frames; 12.5�8 cmVilla I Mandri (gift of AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 172)

Display case on the left of the door

106. tuscan productionChalice pall18th centurysilk gros, gilded and silver-platedmetal thread; 15�15 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 168)

107. tuscan productionTwo ampullae and tray18th centuryglass, silver; 17�9.5 cm; 16�21.5 cmVilla I Mandri (gift of AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 52)The ampullae are extremely refined forthe open decorations that take up alarge part of their surface and are typ-

ical of the 18th century. They were mostprobably used in a private chapel.

108. tuscan productionChalice Pall18th centurysilk satin, metal thread, sequins;15�15 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 169)

109. tuscan productionChaliceend of the 14th century-beginning of the 15th centuryChiseled and gilded silver andcopper; 18�10 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 29)The shape and characteristics of thechalice refer to a late Gothic style thatlasted into the early decades of the 15th

century. Inside the clipei on the knot,originally probably embellished withcolored enamels now lost, are depictedChrist, the Virgin, Saint John and oth-er figures of saints. The same techniquewas probably used for the decorationalong the stem. The chalice has under-gone many restorations over time.

110. tuscan productionCross17th centuryrock crystal, silver; 5�4 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 101)Among the ex voto objects in the mu-seum, this cross is one of the most an-cient and valuable.

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111. tuscan productionSmall cushion for liturgical useend of the 18th-beginning of the 19th centurysilk gros, metal thread, sequins;9�14 cmVilla I Mandri (gift of AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 170)This article in white silk gros is finelyembroidered using a metallic gildedthread; the applied sequins increase itsluminosity.

112. tuscan productionViaticum chalice and pyx18th-19th centuriesbrass; 10�5 cm, 9�4 cmVilla I Mandri (gift of Anselmi MediciTornaquinci)(inv. 60 a-b)

113. tuscan productionSeries of two viaticum pyxes18th-19th centuriesSilver and silver-plated metal;11�4 cm; 12�6 cmVilla I Mandri (gift of Anselmi MediciTornaquinci)(inv. 61 a-b)

114. tuscan productionSeries of two containers for holy oil andan altar bell17th centuryvarious metals;3�3.5 cm; 5�4 cm; 8�5.5 cmParish Church of San Pietro a Casciaand Villa I Mandri (gift of AnselmiMedici Tornaquinci)(inv. 43)

4 - Stairway to the FirstFloor

Exiting the “Parish Priest’s Chamber”,we re-enter the Masaccio Room andfrom here we find the staircase, (alsoaccessible to the disabled) immediate-ly to the left that leads to the first floorand to Halls 4 and 5. On the walls,there are photographic reproductionsthat illustrate the interiors and exteri-ors of the Cascia parish church beforerestoration work began in the mid-1960’s that returned it to its austereRomanesque look. On the last land-ing, there are two beautifully embroi-dered chalice veils displayed in frames.

115. florentine productionChalice veilsecond half of the 17th centuryTaffeta embroidered in gold thread;68.5�68 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 122)

116. florentine productionChalice veilsecond half of the 17th centuryTaffeta embroidered in silk, gold andsilver threads; 62.5�60 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 123)

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First floor

5 - Hall 4

This little room houses two displaycases. The one on the right is dedicat-ed to splendid vestments and qualitywooden furnishings while in the oneto the left, there are various types ofobjects. The Deposition of Christ, inparticular, should be pointed out forits archaic and striking characteristics,as well as a beautiful processional macepainted on both sides, with the An-nunciation on one and a young SaintLawrence on the other. Both were car-ried out at the turn of the 17th centu-ry, as well as some “practical” tools,their use now having been supersededbut which remain a part of the parishchurch’s daily history, like the traccola(See below) and the alms boxes. Rightnext to the staircase there is an extra-ordinary 18th century terracotta oil jarwith its characteristic mouth, fromwhere the visit begins in a clockwisedirection.

117. tuscan productionFrame for an aedicule with anembroidered curtainend of the 18th century-beginning ofthe 19th centuryGilded and carved wood; 80�45 cm;artificial fabric from the 20th centurywith embroidery appliques inpolychrome silks and gilded metalthread, end of the 18th-beginning of the 19th centuriesChurch of San Giovenale a Cascia(inv. 91)

Display case to the right

118. florentine productionThree-piece set of vestmentsend of the 16th century -beginning ofthe 17th centuryBi-colored damask in silk and linen;150�290 cm (cope); 119�137�103 cm(tunicle); 220�21.5 cm (stole); 82�20 cm (maniple)Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 114)It has a mesh motif with two differentthistle flowers, a motif that, conceivedin Florence, marked the success of itstextile industry between the 16th and17th centuries. The larger lobed rings inthe tree-like grid of the tunicle high-light the use of a different fabric that,however, is related to the same orna-mental typology. On the tunicle’s low-er part and in the center of the cope’sshield there is a divided coat-of-armswith the heraldic emblems of theMedici and Concini families, the vest-ments’ purchasers. In fact, the Conci-ni family was closely tied to the Medi-cis, receiving from them important ac-knowledgements of their service. Bar-tolommeo was the secretary of CosimoI and his son Giovanbattista the chiefsecretary of Francesco ii. Bartolomeodi Battista was elected senator by Cosi-mo ii in 1615 while his brother, Conci-no Concini, followed Maria de’ Medicito France when she married Henry iv.

119. tuscan productionSurpliceend of the 19th century-beginning ofthe 20th century

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Linen with embroidered filet flounce;144�156 cmprivate donation(inv. 161)

120. tuscan productionExpositoriumsecond half of the 19th centurycarved, gilded wood, painted silver;37�30 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 95)

121. tuscan productionExpositoriumsecond half of the 19th centurycarved, gilded wood, painted silver;40�33 cmChurch of Santo Stefano a Cetina(inv. 88)

122. tuscan productionMultiple box reliquary with armorialbearingssecond half of the 18th centurygilded and carved wood; 39�33�17 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 87)This reliquary is distinguished fromthe others for its sophisticated engrav-ings, including a coat-of-arms with twotowers and a cardinal’s hat. The relicsof the church’s titular saint, Peter, arekept inside the casket. The object is stilltoday displayed in the church duringhis feast.

123. tuscan productionCrowning of a cross arrangement18th centurygilded and carved wood;

50 cm (diam.)Oratory of San Martino a Pontifogno(inv. 89)This piece of mobile furnishing, meantto crown a processional cross, presentsa lively carved scene of Saint Martin onhis horse as he cuts his cloak to give itto a poor man and is enclosed by abotanical garland.

Display case to the left

124. tuscan productionMonstrance reliquary18th centurygilded and silver-plated metal laminaon a wooden support; 41�20�11 cmChurch of Sant’Agata in Arfoli(inv. 53)

125. tuscan productionMonstrance multiple reliquary18th century-19th centuryembossed brass lamina on a gildedwooden support; 41�21�8 cmChurch of Santo Stefano a Cetina(inv. 63)

126. tuscan productionMonstrance18th century-19th centuryStamped, silver-plated metal; 52�12.5 cmChurch of San Niccolò a Forli(inv. 62)

127. tuscan production (?)Deposition of Christ from the Cross13th century-15th centurycarved and painted wood;

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70�17�10 cmChurch of San Niccolò a Forli(inv. 21)This sculpture was carried out ac-cording to archaic models and char-acteristics, evident in the anatomicalrendering and the polychrome treat-ment. Despite the summary executionof some details, the work has a great vi-sual and devotional impact.

128. tuscan productionAlms Box17th centurywood, metal; 25�12�10 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 97)

129. tuscan productionProcessional Insigniaend of the 17th century-beginning ofthe 18th centuryCarved painted, tinted wood;21�16�4 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 84 a-b)The processional insignia is decoratedin a lively style with the reference im-ages of the Companies of the ParishChurch of Cascia. On one side, we seean Annunciation and on the other thereis an image of the young Saint Lawrencewith his gridiron, the instrument of hismartyrdom.

130. tuscan productionMonstrance reliquaryFirst half of the 19th centurygilded and carved wood; 51�26�11 cmuncertain provenance(inv. 94)

131. tuscan productionTraccola19th centurywood; 30�18�9 cmChurch of San Donato in Fronzano(inv. 97)This noise-maker was used in the pastto call the faithful during the HolyWeek when the bells could not berung. Despite its extremely simple re-alization and material, it has enrichedthe museum’s patrimony as evidence ofan ancient custom.

132. tuscan production“Madonna of Comfort”second half of the 18th centurymodeled and painted plaster,wooden frame; 16.5�16.5 cmParish Church of San Giovenale a Cascia(inv. 96)The image of the “Madonna of Com-fort” was particularly venerated at SanGiovenale.

133. tuscan productionAltar bell19th centurybronze and wood; 17 cmChurch of San Tommaso a Ostina(inv. 73)

134. tuscan productionAlms box20th centuryinlaid wood, mother-of-pearl;28�21 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 99)

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6 - Hall 5 (Parish Priest’sStudy)

This room recreates the atmosphere ofhow the “Parish Priest’s Study” mighthave been, as well as containing here theportraits, carried out between the 17th

and 19th centuries, of some of Cascia’sparish priests and bishops of Fiesole,who were members of important Flo-rentine families. The latter often de-manded the rights of the parish churchfor themselves, not only to enjoy stay-ing there but also to receive its revenues.In this room, where the parish’s impor-tant Archivio storico (Historical Archives)will be housed in the future in a specialcupboard, there are two modern piecesof furniture on the left-hand wall thatare used for the permanent storage ofantique vestments and fabrics. These aredisplayed in the museum on a rotationalbasis in order to let them “rest” and thusenabling a better conservation. In thelarge 19th century showcase on the backwall, there are some beautiful cases forthe Libri delle Compagnie(books of theCompanies), in red velvet and silver aswell as a sampling of historical docu-ments from the previously mentionedArchives.The visit continues in a clockwise di-rection.

135. ignazio hugford(Pisa 1703-Florence 1778) and assistantsThe Blessed Erizzomid-18th centuryoil on canvas; 130�100 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 13)

136. tuscan productionAltar book stand18th centurygilded and carved wood; 105�65�50 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 86)The large-scale book stand mirrors thelush decorative canons of late Baroque.Richly carved, the stand has eleganttrimmings and embellishments suchas three of the originally four small pyx-shaped sculptures, which are placed atthe corners of the book rack. It holdsa modern but faithful reproduction ofthe 15th century Codice Squarcialupi inwhich famous musicians and com-posers are portrayed and praised, in-cluding Giovanni da Cascia (1270?-1351).

137. ignazio hugford (Pisa 1703-Florence 1778) and assistantsSaint Bernard degli Ubertimid-18th centuryoil on canvas; 130�100 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 12)The painting (like its companion at no.135) is considered a replica of two sim-ilar paintings in a series of fourteen thatHugford carried out for the refectoryof the Vallombrosa Abbey between1745 and 1748 which depict the saintsand beatified members of the Vallom-brosan Order. He was the son of anEnglish watchmaker who had been inthe service of Cosimo iii de’ Medicisince 1683 and the brother of the Or-der’s abbot Enrico, a recognized expertin the scagliola technique. Ignazio Hug-ford was an appreciated painter and re-

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storer, with elegant drawings and anexpert in the use of color.

138. “e. niccheri” (second half ofthe 19th century)The Cascia Parish Priest, Paolo Benisigned on the back and dated on the front p.p.b.1875oil on canvas; 86�74 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 20)A decorous product of 19th centuryportraiture by an unknown artist, thepainting shows the image of the ParishPriest who left some other mementoesof his time at Cascia, such as the beau-tiful chalice with his initials. (Seeno. 50).

139. tuscan productionCamillo Tabarrini, Parish Priest of Cascia from 1688 to 1740end of the 18th centuryoil on canvas; 73�61 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 16)The inscription has identified the sub-ject: adm.r.us.d.nus camillus/tabar-rinius plebis cascie/plebanus elec-tus anno 1688. The prelate was theauthor of a lively and detailed diarythat has been useful in becoming ac-quainted with the parish’s history atthe turn of the century.

140. pietro dandini(Florence 1646-1712)Pietro de’ Filippini, Parish Priest of Cascia from 1673 to 16881680’s

oil on canvas; 64�52 cmParish Church of San Pietro a Casciainscription: r. pietro de’ filippinis /electus plebanus anno 1673 / vixit annos 53 menses 6 / ori it anno 1688(inv. 14)It is the most valuable portrait of thoseon display. It was painted by one ofthe leading figures of the Florentineschool from the second half of the cen-tury, a skillful and rapid creator of largedecorative cycles, altarpieces and hallpaintings. The inscription, which al-so reports the date of the parish priest’sdeath, is thought to have been addedafter the portrait was carried out, giv-en the subject’s still vigorous andyouthful appearance.

141. tuscan schoolPresumed portrait of Francesco Maria Ginori, Bishop of Fiesole (1736-1775)18th centuryoil on canvas; cm 73�52Parish Church of San Pietro a Cascia(inv. 19)

Showcase on the back wall

142. tuscan productionCase for the Chapters of the Companyof the Holy Sacramentfirst quarter of the 19th centuryEmbossed silver, red velvet;25.5�18.5 cmChurch of San Tommaso a Ostina(inv. 81)

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143. tuscan production18th centuryCase for the Chapters of the Companyof Saint AgathaEmbossed silver, red velvet;26�19 cmChurch of Sant’Agata ad Arfoli(inv. 80)This case is perhaps the most preciousand sophisticated in the museum, giv-en the presence of a well-made minia-ture depicting Saint Agatha in the cen-ter of the cover. The object’s refine-ment and quality bear witness to thewealth of the relevant Company.

144. tuscan productionCase for the Chapters of the Companyof the Holy Sacrament18th centurysilver-plated and embossed brass, red velvet; 23�16.5 cmChurch of Santi Giusto e Lucia a Rota(inv. 77)

145. tuscan productionCase for the Chapters of the Companyof Saint Anthony the Abbot19th centuryEmbossed silver, red velvet; 19�13 cmOratory of San Martino a Pontifogno(inv. 79)

146. tuscan productionCase for the Chapters of the Companyof the Holy Sacrament18th century-19th centuryEmbossed silver, red velvet;19�14 cmChurch of San Niccolò a Forli(inv. 78)

147. tuscan productionPair of insignia of the Members of theCompany of the Holy Sacrament20th centurystamped and silver-plated metal;19�7.5 cmChurch of San Niccolò a Forli(inv. 82)

148. tuscan schoolTommaso Della Gherardesca, Bishop of Fiesole (1702-1703)beginning of the 18th centuryoil on canvas; 62�52 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 17)

149. tuscan schoolLuigi Maria Strozzi, Bishop of Fiesole(1716-1735)first half of the 18th centuryoil on canvas, 61�56 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 18)

150. ottavio dandini (?)(Florence 1690 circa-after 1740)Filippo Neri Altoviti, Bishop of Fiesole(1674-1702)1702oil on canvas; 62.5�49.5 cmParish Church of San Pietro a Cascia(inv. 15)The inscription on the back del figli-uolo di pietro dandini, celebre…1702, assigns the painting to the lesswell-known son of the famous andgifted Pietro Dandini (see no. 140).

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From Florence to theMasaccio Museum of SacredArt in Cascia di Reggello

On leaving the centre of Florence andcrossing the Arno River over the Gio-vanni da Verrazzano bridge (one of themost recently built in decades), we turndown viale Donato Giannotti contin-uing into viale Europa. This thor-oughfare cuts through a bustling neigh-bourhood with important historicaland artistic buildings, mostly of a reli-gious character. As soon as you reachvia Danimarca, turn right and proceedalong via di Ripoli to the badia a Ri-poli, located on the piazza bearing thesame name, its origins dating back tothe 7th-8th century. Originally a Bene-dictine convent, it was later home tothe Vallombrosan monks and was ul-timately suppressed during the earlyyears of the 19th century. The church,dedicated to St. Bartholomew, was ren-ovated in the late 16th century (1598)when a portico was added, and thenagain, particularly in the 1800s and inthe 1930s. The interior, with its singleaisle and crypt, houses importantworks of art that include: Madonna inGlory and Saints by Francesco Curradiin the main chapel, Countess MatildePresents the Charter to the Church byGiovanni Camillo Sagrestani (1706) inthe presbytery to the left, and in thevotive chapel to the right of the mainchapel, a Madonna with Child andSaints by Jacopo Vignali (1630). Con-tinuing along Via di Ripoli, the firstbuilding we come to is the Church ofSan Pietro in Palco, which,following

its consecration in the second half ofthe 14th century, underwent various al-terations and has been recently re-stored. Continuing along Via di Ripoli,but taking a small detour just after thevillage of Sorgane, on the right wecome to the parish Church of SanPietro a Ripoli, of which there is writ-ten evidence beginning from the 8th

century (even though it rose from theruins of an earlier building). Its origi-nal structure has been repeatedly al-tered over the centuries. Towards themiddle of the 18th century the buildingtook on the late baroque appearancein vogue at the time, and later, in 1932-1933, they sought to return the entirebuilding to its medieval appearance.On the outside, worthy of note, is thebell-tower, the tripartite façade with itssmall 14th-century portico, and the Re-naissance portal. The interior, with twoaisles and a nave ending in an apse, re-tains only a few examples of its origi-nal decoration (which must have cov-ered it entirely): Christ in Pietà and theSymbols of the Passion and an Annunci-ation in the last bay of the right aisle,and fragments of an Annunciation ofthe Virgin in the left aisle. All the afore-mentioned frescoes have been attrib-uted to Pietro Nelli (late 14th century).A painting by Orazio Fidani dated 1638representing the Beheading of St. Johnthe Baptist can also be noted (ProtoPisani, 1994).Returning along viale Europa and con-tinuing in the direction of Rosano onone of the picturesque and enchanti-ng hills that dot the countryside, theChurch of Santa Maria a Quarto can

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be admired on the right, in the mu-nicipal district of Bagno a Ripoli. Thebuilding, although dating back at leastto the 13th century, underwent restora-tion in the 1930s with neo-Gothic ad-ditions.Works that are housed there include,among others, a Madonna by Bicci diLorenzo and an Annunciation by Neridi Bicci.Coming onto the Via di Rosano andproceeding through the gully of Valli-na, we reach Villamagna, where manyimportant buildings can be found.Standing out as one of the most im-portant parish churches in the Floren-tine territory is San Donnino a Villa-magna. The current edifice dates backto the year one thousand, when it waserected on the ruins of an 8th-centurystructure. After being restored in 1930,when the baroque additions were re-moved, the parish church regained inpart its “austere Romanesque form”.The exterior, “with walls showingcourses in alberese stone”, presents “asimple gabled façade” “with two low-ered lateral roof slopes and a portalframed by white stone blocks”, a bell-tower that rises with three storeys ofdouble-mullioned windows, and a bel-fry added at a later date (Ungar 1999).The interior has a nave and two aislessupported by rectangular pillars sur-mounted with round arches and aGothic ribbed-vault apse. Among thenumerous works of art housed in thechurch are: the triptych Madonna withChild and Saints by Mariotto di Nar-do (dated to 1394-1395) halfway downthe right aisle. At the head of the left

aisle is a Madonna with Child betweenSaints Gerard and Domninus<< byFrancesco Granacci, a painter who wasborn right in Villamagna in 1477 andwho was trained in the workshop ofGhirlandaio. The panel Madonna En-throned and Saints can be seen halfwaydown the left aisle and is attributed toa member of the Ghirlandaio family,David. Proceeding once more alongthe road that closely follows the ArnoRiver, the conformation of the terri-tory lets us admire the villa Le Falle onthe opposite bank of the river (in Com-piobbi), also noteworthy for the beau-ty of its gardens. The building once be-longed to the Florentine Guadagnifamily and was reconstructed in thelate 16th century by the architect Gher-ardo Silvani. As we admire the pleas-ant and scenic countryside on bothsides of the Arno, we come to a smalljunction on Via di Rosano that takesus to one of the most picturesque andunique buildings that dot the riverbanks: the Gualchiere di Remole, orfulling mills of Remole. The building’shistory in its present form – for hous-ing machines used to full wool – isclosely connected to the events con-cerning the Albizi family, one of themost powerful in 14th – century Flo-rence. In the first half of that century,the Albizi family spent enormous sumsof money for those mills located alongboth banks of the Arno upriver fromFlorence. They purchased the fullingmills of Girone, Quintole and alsoRovezzano and built the structure inRemole in order to create a networkfor the utilisation of the river so close-

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ly tied to the processing of wool. Thespecificity of the Gualchiere di Remoleis above all due to the modernity of thebuilding plan of the works that, con-structed in 1326, included twentyfulling hammers(for beating the clothin the wool felting phase), divided in-to five adjacent dwellings suitable forhousing the labourers who workedthere. In 1334 the tower and the colom-baia (a kind of penthouse in the shapeof a dovecot) were added to this orig-inal nucleus, thus giving it the ap-pearance of a small village protectedby a circle of crenelated walls. Therewas a communal area in its centre sur-rounded by several buildings includinga small church with a cloister, wherethe fullers and domestic servants withtheir families lived and worked. Al-though it lost its original importancebeginning from about 1429, the workswere used as a fulling mill until the startof the 20th century, and what makes itso fascinating is that the exterior wallstructure of the complex still retains itsoriginal 14th-century appearance evenafter obvious additions and restora-tions carried out in modern times thatdo not, however, spoil the structure onthe whole (Fabbri, 2004).Returning onto Via di Rosano, after afew kilometres we reach, on the right,the so-called Piramidi di Rosano orPyramids of Rosano, two small, verypicturesque pyramid-shaped hills thatlead us to Rosano, a village that rose uparound the important Abbey of SantaMaria, a Benedictine convent that wasfounded, according to tradition, in 780,and that is mentioned in documents as

far back as the early 11th century. Alter-ations on the buildings that comprisethe original nucleus of the abbey tookplace starting from the 12th-13th centuriesup until the end of the 18th century,while the church, because of damage itsuffered during World War ii, was re-stored to its original medieval state.Since the nuns are strictly cloistered,visits to the complex are very limited.The cloisters are accessible only duringthe feast of Corpus Domini, while thechurch is open only during liturgicalservices. This three-aisled church witha wood trussed ceiling houses impor-tant works of art such as a baptismal fontfrom 1423, an Annunciation by Jacopodi Cione, dating back to about 1365,and a triptych by Giovanni da Pontewith the Annunciation and Saints from1434. But among the works of arthoused in the church the Crucifix withStories from the Passion and Resurrectionof Christ, attributed to an artist who hasbeen given the name of “Master ofRosano”, especially stands out. It is dat-ed to 1129 with reference to the recon-secration of the church. The restorationof the panel, executed from 1993 to2006, further enhanced the extremelyhigh quality of the work – it is the mostancient painted Cross in wood still ex-isting – and the study that has ensuedfollowing this restoration will un-doubtedly shed new light on its anony-mous Roman-born author, who, in anextraordinarily innovative way, depict-ed Christ’s features triumphans and theevents related to his Passion and Res-urrection with such great mastery(Monciatti, 2007).

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From the village of Rosano we crossover the Arno River to reach the cityof Pontassieve, located at the conflu-ence of the Arno and one of its tribu-taries, the Sieve. The name of the city,which means bridge over the Sieve,comes from the bridge that was con-structed over this river, the importanceof which rapidly increased from the13th century «when the economic anddemographic growth of the city of Flo-rence brought to the forefront theproblem of transport of goods and inparticular the supply of foodstuffs»(Martelli, 2003). The medievalbridge was reconstructed in 1555 andnearby you can see the convent of SanFrancesco, also built during theMedicean period, that has a notewor-thy 17th-century portico. The bridgewhere the “strada statale” (state road)runs, downriver from the older one,was built during the Lorraine periodand has undergone various renovationsthroughout time. Of its original 13th-century nucleus the town centre re-tains, besides its structure (with its“walled” upper part and the 19th cen-tury village below it): the Porta Areti-na or Aretina Gate, also called theTorre dell’Orologio (Clock Tower) andthe Porta Fiorentina or FlorentineGate, both from the 14th century.From Pontassieve we proceed alongthe SS 69 state road to reach San-t’Ellero, a town that until the begin-ning of the 20th century held great im-portance because from there, like else-where, it was possible to cross theArno, crossings that were in time sup-planted by bridges and roads. It was,

in fact, by barge that people travelledfrom one bank to the other. This cross-ing at Sant’Ellero in particular was im-portant for the economy of the terri-tory because it was used to transportlumber from the forests of Vallom-brosa to the city. In the village, sur-rounded by a very picturesque setting,you can admire: the pretty Church ofSanta Maria a Sant’Ellero, the interi-or of which contains a recently restoredBirth of the Virgin, a fine painting car-ried out in 1773 by Pietro Berti (Pa-squini, 2003). At one time this build-ing was part of the Sant’Ilario Bene-dictine convent in Alfiano, whosename was formerly associated with thecastle of Sant’Ellero, possibly built toprotect it and still retaining its me-dieval structure in the partially rebuiltcentral tower and in the remaining sec-tions of the walls.Continuing along the same road, wecome to the town of Donnini, wherein the new church dedicated to theVirgin of Carmel, there is an Annun-ciation by Francesco Curradi. Therewe turn into the Strada dei Sette Pon-ti (Road of the Seven Bridges), famousfor the numerous and ancient parishchurches (Pelago, Pitiana, Cascia, Scò,Gropina and San Giustino) that areencountered along the way and thatconnected Pratomagno to Florenceand Arezzo, and then on to Rome. Themore than thousand-year old name ofthis “Road” (running partly along theroute of the Cassia vetus), has originsthat are not entirely resolved. On onehand it can be explained by the pres-ence of the structures that cross the

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watercourses (that, anyway, are cer-tainly more than seven), or it could betied to the symbolic and ritual value ofthe number seven, that would link pa-gan gods once venerated there toChristian saints to whom had beendedicated the numerous religiousbuildings that are found along theroute. We start with the parish Churchof San Pietro a Pitiana of Romanesqueorigin, that retains its ancient bell-tow-er with single and double-lancet win-dows and a partial trace of its three-aisled structure. Entering through a16th-century portico, the interior hous-es two of the three paintings that Ri-dolfo del Ghirlandaio painted for thischurch. In fact, when from the ancientpatronage of the Cavalcanti family itwas bequeathed to the hospital of San-ta Maria Nuova in Florence, Leonar-do Bonafé, the spedalingo (official incharge) from 1500 to 1529 acted as amediator to promote the embellish-ment of the church, and consequent-ly the son of Domenico Ghirlandaiowas commissioned to paint a Madon-na with Child and Saints for the mainaltar in 1512 (now part of a privateBritish collection), while between 1513and 1518 for the right lateral chapel hepainted the Madonna with Child, An-gels and Saints John Gualbert and Au-gustine (recovered and placed hereagain in 2000: Caneva, 2000), andlastly, the Annunciation in the votivechapel on the right-hand side. On theexterior, from which there is a won-derful view of the valley, several coats-of-arms can be seen that recall boththe patronage of the Cavalcanti fami-

ly as well as that of the hospital of San-ta Maria Nuova. A memorial plaquerecalls that it was here that the philoso-pher Marsilio Ficino wrote his The-ologia platonica between 1469 and1474. From the parish Church of Pi-tiana, detouring to the right from theStrada dei Sette Ponti we reach theChurch of San Clemente a Socianawhich «has a very simple single-aislestructure, a short transept and a squareapse; on the exterior there is a smallbell gable and a portico, the result ofthe latest restoration executed in the1960s» (Bencistà, 1999), a restorationthat followed those done in 1580, 1733and 1877. Very important works of artare housed there, beginning with thebas-relief located on the altar in theleft arm of the transept, the Madonnawith Child attributed to AntonioRossellino which dates back to the sev-enth and eighth decades of the 15th cen-tury, the two Candleholder-angels at-tributed to Mino da Fiesole datingback approximately to 1480, and alsothe panel Our Lady of the Assumptionand Saints attributed to GirolamoMacchietti (Caneva 1999).Returning to Pitiana and proceedingin the direction of Reggello, standingabove the town, we come to theChurch of San Donato in Fronzano,first mentioned in written documentsin 1029. Although it underwent vari-ous reconstructions over the centuries(mostly in the 17th and 18th centuries),its recent restoration brought to lightwhat was still existing of the primitiveRomanesque construction. Remainsof frescoes attributed to Paolo Schia-

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vo can be seen on the interior wallsand the organ from the second half ofthe 18th century is also worthy of note.From here taking a secondary road wecome to a very picturesque building(even if the last few years have seen itfall into an incomprehensible state ofneglect): the Castle of Sammezzano,a construction of ancient origins (it isthought that Charlemagne stayedthere in 780) that underwent repeat-ed transformations until, in the early17th century (1616), it was acquired bythe Ximenes of Aragon family, whosedescendent, the architect FerdinandoPanciatichi, in 1853 gave it its presentday appearance. In compliance withthe dictates of the eclectic romantictaste of the time, he created a Moor-ish style building reminiscent of theAlhambra and Indian pagodas. It isfrom this mixture of decorative ele-ments of different origins that thismagical one-of-a-kind building in cen-tral Italy came into being. Its park isone of the largest in Tuscany, and is inthe same style as the castle, the own-er, in fact, had many exotic and rareplants put there among lovely build-ings in Moorish style too.Returning onto the Strada dei SettePonti and upon reaching the village ofPietrapiana, a road leads down to theparish Church of Sant’Agata in Arfoli,built, according to tradition, followingthe wish of Matilde di Canossa.It is a Romanesque building datingback perhaps to the 11th-12th centuries.Even though it underwent various al-terations over the years, both on the in-terior and the exterior, following a

restoration lasting from 1966 to 1968 itwas returned as much as possible to itsoriginal state (it went from being a sin-gle-aisle church to one in the shape ofa Latin Cross between the 17th and 18th

centuries). The four-columned porti-co against the Romanesque façade canbe admired on the exterior; the porti-co originally held the 14th century fres-coes of Scenes from the Life of SaintAgatha, now housed in the presbytery.Many works of art can be found in theinterior: on the right wall there is atombstone, with the date 1126, of thesepulchre belonging to the Ardimannifamily, the patrons of the church; fur-ther ahead is a niche with a 17th centu-ry cornice holding two frescoes fromthe mid-15th century: the Madonna En-throned between Saints Macarius andJohn the Baptist and the Annunciationabove it. In the right arm of the transeptis a precious organ from 1756, the afore-mentioned frescoes from the porticoare in the presbytery, and the taberna-cle on the altar is from 1450. Original-ly the chapel dedicated to Saint Agathawas located in the left arm of thetransept (now dedicated to the HolySacrament) which, together with thenave, was the former nucleus of thebuilding. On the left-hand wall there’san ambo fragment with zoomorphicand geometric decorations dating backto the 8th century. Further ahead is aniche with a fresco dating to 1497 ofMadonna Enthroned with Child andSaints Anthony, Sebastian and Patron.If the work can be attributed to Raf-faellino del Garbo, then it is believedthe patron depicted is Filippo Ala-

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manni, who had the patronage of thechurch starting from 1457. Finally,mention must be made of the Bap-tismal font, whose basin dates back per-haps to the 11th century and was dis-covered among the stones that wereused for the work carried out in thecloister. It is in this small cloister dat-ing back to 1228, whose entrance isfrom the right arm of the transept, thatfour original angle columns, from the13th century, are found, two of whichhave 15th-century capitals.From the Church of Sant’Agata wetake a secondary road to the right lead-ing to the villages of Cancelli and Lec-cio (in the direction of Rignano), andwe come to villa Bonsi, part of an es-tate extending to the hills facing theArno. Built in the 15th century by theFlorentine family Bonsi della Ruota,the building was transformed into aconvent during the 17th century, andtwo centuries later it became the prop-erty of the Budini Gattai marquises(still the current owners), who had thearchitect Raffaele Sorbi construct aneo-Gothic country residence.Returning once again to the village ofPietrapiana and heading in the direc-tion of Reggello, the Church of SanMichele a Caselli is easy to reach. Thereis written evidence of it as far back asthe 13th century; it has a single aisle, andunderwent reconstruction in the 17th

and 18th centuries when the late baroquechanges were made, still evident in thestucco work that adorns the interiorwalls of the building. From here we fi-nally reach the town of Reggello, whoseposition close to the Pratomagno

mountain range makes it ideal for pleas-ant mountain excursions. Probably tobe identified with the ancient Casteln-uovo in the parish of Cascia – to dif-ferentiate it from Castelvecchio, whichbelonged to the Guidi counts – the vil-lage became a part of the dominion ofFlorence between the late 13th centuryand the early 14th century when, in 1385,the castle was fortified. Its current name(Reggello), meaning the capital of acommunity, goes back to a law pro-mulgated in 1773 by the Grand DukePietro Leopoldo. In the town you canvisit the City Hall (The coats-of-armsof several Podestàs who held office herecan be seen on its façade) and the parishChurch of San Jacopo, founded on thepre-existing oratory (dedicated to thatsaint), with a single aisle structure. Thebuilding, although it underwent mod-ernisation during the 20th century, con-tains furnishings mostly from the 17th

century. A 16th century wooden Cruci-fix is displayed in the presbytery. Head-ing north from the Church of San Ja-copo in Reggello we come to theChurch of San Martino a Pontifogno,a single aisle building with the charac-teristic structure of a 13th-century ruralplace of worship, on which alterationswere carried out in the 18th and 19th cen-turies. The addition of a columned por-tico on the façade is typical of the en-tire area crossed by the Strada dei SettePonti, as we have seen. Heading southfrom Reggello is the oratory of SantaMaria a Ponticelli, dating back to the16th-17th centuries and built out of de-votion for the Virgin whose miraculousintervention stopped a plague epidem-

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ic. The venerated image, displayedabove the altar of the single-aisle church,depicts the Madonna with Child withthe Sanctuary of Ponticelli in the Back-ground (note that the fresco has beensubject to repeated repainting). FromReggello we finally reach the village ofCascia where its Parish Church of SanPietro houses the Masaccio Museum ofSacred Art.

The surroundings of Reggello

The artistic wealth of the area, not tobe separated from the remarkable beau-ty of the countryside, is confirmed bythe number of churches, besides thosealready mentioned, that can be foundnear Reggello. If the parish churchesfound along the Strada dei Setti Pontiheld, as it has been remarked, «ex-tremely important religious functionsas well as civil and administrative ones»(Caneva, 2006), the many minor (andless well-known) buildings, also reli-gious ones, are a sign of the vibrant lifein this part of the Valdarno region. So,as we proceed in a south-westerly di-rection, we come to fairly importantsacred buildings: there has been writ-ten evidence since the 12th centuryabout the single-aisle Church of San-ta Tea, which shows signs of its 15th -century reconstruction. Over time sev-eral buildings have been added, mostof which part of an oil mill. We havewritten evidence about the Church ofSant’Andrea in Borgo in Cascia from1260 up until 1549, but no trace of thebuilding is left. The borgo (village) re-

ferred to in its name rose at the foot ofthe Castle of Cascia in the 12th centu-ry. We have very little informationabout the Church of San Siro. How-ever, since this saint was one of the pro-tomartyrs, it is thought the site prob-ably had rather ancient origins. Thepresent-day building, dating back tothe 12th century, is a small rural reli-gious building, while the bell tower,probably from the 7th-8th century, musthave originally been built as a defensivestructure. Further south of Reggello isthe Church of San Giovenale a Cascia,where Masaccio’s Triptych, now in theMuseum of Sacred Art, comes from.The church is documented beginningfrom 1028, and presents a structure dat-ing back to the 13th century. Near thebuilding, between the city road and theResco Reggellese torrent, is an archae-ological site with the ruins of a smallRoman necropolis. Lastly, it is to bementioned the Church of San Tom-maso a Ostina that, together with thevillage which developed around it,must have risen between the 12th andthe 13th centuries. The original struc-ture, such as the outer walls, lead us tobelieve that the current building datesback to the second half of the 13th cen-tury. In the 20th century an arcade wasadded to the façade, whose entry por-tal dates to 1314, while the rectory andsacristy are from the 18th century.Leaving this building and proceedingin the direction of Vaggio continuingalong the Strada dei Sette Ponti, wereach Pian di Scò, a town located nearthe aforementioned Resco torrent(from which it perhaps takes its name)

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that «by means of an artificial canali-sation system supplied mills, oil millsand a wide agricultural area that wasparticularly flourishing during thegrand-ducal period» (Trotta 2005).Besides the ruins of the majestic castlebelonging to the Guidi counts on thenearby Poggio della Regina, and datingback to the 10th-13th centuries, the ro-manesque parish Church of SantaMaria is to be pointed out, immersedin a verdant, uncontaminated naturalsetting of unsullied forests and hills cul-tivated with olives and grapevines.There has been written evidence since1008 about the building with its im-posing bell tower. The exterior presentsa simple façade with blind arches andtwo single lancet windows. The three-aisle interior of the church has finelydecorated capitals and contains a fres-co with the Madonna with Child byPaolo Schiavo.Heading from Pian di Scò towardsCastelfranco di Sopra we come to theabbey of San Salvatore a Soffena, builtby the Vallombrosan monks during the14th century on the ruins of an 11th-cen-tury fortified structure. Further alter-ations were made during the 15th cen-tury and later, following the Leopol-dine suppression, it was assigned oth-er uses until it was purchased by theItalian State and restored. The interi-or, with its Greek cross plan, is deco-rated with numerous frescoes, amongwhich the Stories from the Life of St. JohnGualbert by Bicci di Lorenzo stand out.The adjacent old Vallombrosanmonastery is noteworthy with its love-ly cloister supported by pillars.

Continuing along the Strada dei SettePonti we reach Castelfranco di Sopra– the crossroads of Pratomagno and theUpper Valdarno – one of the Floren-tine “new lands”. Founded in 1299 onthe ruins of the Castle of Soffena, its de-sign has been traditionally attributed toArnolfo di Cambio. The original gridlayout of the town, still partly sur-rounded by walls with towers and withtwo of the four original gates, includesthe Church of San Tommaso that datesback to the 11th century and was fur-nished with a pronaos in the 15th cen-tury and enlarged during the 18th cen-tury. Resuming the Strada dei SettePonti in the direction of Loro Ciuffen-na, we can pause at Montemarciano, avillage characterised by the ruins of acastle destroyed by the Florentines in1288, visit the oratory of the Madonnadi Montemarciano that has a fresco at-tributed also to Masaccio, and the near-by 16th-century church, the Chiesa del-la Madonna delle Grazie, with its 17th-century portico. From here we contin-ue in the direction of Loro Ciuffenna.Founded on the site of an Etruscan andRoman settlement, Loro has kept itsmedieval imprint deriving from the for-tified castle of the same name built ona gorge created by the Ciuffenna tor-rent. Among the monuments to visitare the very interesting Church of San-ta Maria Assunta, that houses a triptychwith Madonna and Saints by Bicci diLorenzo, and the Venturino VenturiMuseum in the Town Hall that con-tains drawings and sculptures by theartist born here in 1918 and deceased in2002. Continuing along the Strada dei

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Sette Ponti we head in the direction ofthe parish Church of San Pietro aGropina, not far from the road and oneof the oldest parish churches in theArezzo area. The building, erectedaround the year one thousand, has afaçade in stone blocks (which showsclear signs of later renovations) onwhich two single-lancet and one dou-ble lancet windows open, and wherethere is the coat-of-arms of Pope Leon xand the date 1522. On its flank soars theimposing bell tower dating back to 1233.The interior has three aisles withcolumns (on one of which is an ambo)with very valuable capitals carved withstoried scenes.

Acknowledgements: Lucia Bencistà, FatherOttavio Failli, Cecilia Frosinini, Cecilia Ghel-li, Francesco Martelli, Alessio Monciatti, FatherGino Monnetti, Gloria Papaccio, Father UgoPresazzi Rosanna Proto Pisani, GiuseppinaCarla Romby, Giuliana Righi. We would es-pecially like to thank the Directors and staff ofthe Florence Kunsthistorisches Institut.

Artistic crafts, fine food and wine along the ancient Via dei Sette Ponti

Maria Pilar Lebole and Benedetta Zini

The traveller wishing to reach the an-cient parish church of San Pietro a Cas-cia and its surroundings will find manyopportunities to wander off along sideroads. For those who have little timeto spare, the advisable road is obvious-ly highway A1 towards Rome, fromwhere the most convenient exit is In-cisa Valdarno, after which one mustfollow the signs for Reggello.But for those with more time at theirdisposal, let us suggest a different itin-erary, somewhat longer – but fasci-nating – that will bring us, through aseries of slight detours, to rediscoverthe Cassia Vetus, the ancient Romanroad connecting Fiesole to Arezzo, andwhose route largely corresponds to to-day’s provincial road Sette Ponti oth-erwise called Via dei Setteponti, name-ly the road of the seven bridges. By tak-ing this road we enter the area that liesbetween the Val di Sieve and Valdarno,skirting the entire Pratomagno chain,today referred to as the “FlorentineMountainside”. There we will en-counter a Tuscan landscape very dif-ferent from the post-card-Tuscany wehave grown used to, with its elegantfarm houses overlooking tidy fieldsfrom the top of a hill. Although alsothis part of Tuscany is agricultural andtightly connected to the rural world,one feels here with particular intensi-

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ty the strenuous battle man has foughtover the centuries against an adverseand tyrannical nature, in order to se-cure for himself a small sowable pieceof land.Thick woods, hard and often snowywinters, and – in place of level fieldsand rounded hills – steep terrain, arethe basic characteristics of this harshyet fascinating area.The beautiful and still largely uncon-taminated local woods, rich in beech-es, chestnut and other hardwood trees,have since ancient times been one ofthe main sources of sustenance for thelocal population. A population thatwas caught, maybe more than others,in the contradictory situation of liv-ing half-way between field and moun-tain. When the fruits yielded by thescarce arable land available were in-sufficient, then the mountain with itsresources would come to man’s rescue:chestnuts, mushrooms, wild berries,but above all wood to make everydayobjects and keep the homes warm dur-ing the harsh winters typical of thearea. In these parts the relationship be-tween man and the woods is deep andrespectful, as testified by the few smallconstructions scattered here and thereto serve as drying-houses for chestnutsand mushrooms, or as shelters duringthe grazing season.The area is rich in history, its feudalpast visible in the numerous castles andsmall villages that dot the landscape.Over the centuries the economicgrowth in the area has known good andbad times, conditioned as it was by thebloody wars launched by the Florentine

Republic against the tight feudal net-work that ruled these lands, as well asby plague and famine, notwithstand-ing invasions and sacking by foreignarmies who happened to pass throughthe area.However, it is also reasonable to claimthat the state of the local economy hasalways been closely connected to theroad that runs through the territory -the Roman road Via dei Sette Ponti.This is true for what concerns the dis-tinctive configuration of the territory,which has led to the development ofan economy based both on farmingand the exploitation of the woodlands;it also applies to changing political in-terests which, over the centuries, havemade this road first the main artery to-wards the south, greatly favouring thegrowth of trade and manufacturing in-dustries, and then have abandoned itin favour of other, shorter and fasterroads.Let us then turn into Via dei Sette Pon-ti and head for a discovery tour of afascinating area full of surprises.

Along the Via dei Sette Ponti

Starting at the southern end of Flo-rence, we head for Bagno a Ripoli. Atthe fork, ignoring the road that leadsto the village, we take a left turn andenter the Provincial Road 35 towardsRosano. Precisely in proximity of thissmall village, the hills that surroundus acquire a particular interest, bothfor their truly ancient origin and forthe unusual presence in this particu-lar spot of certain varieties of trees and

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bushes. The vaguely pyramidal shapeof the hills apparently derives from thesupposed existence of a lake here inpre-historical times, that, almost cer-tainly, must have modelled them intothese peculiar shapes. The woods hereare thick and inaccessible, and despitethe propensity to clear the land of treespracticed over the centuries by a pop-ulation with a strong farming culture– who preferred to grow grapes andolives, which were more profitablethan the products of the forest – thewoods have managed to survive large-ly intact. Oak, pine, holm-oak, cypressand hornbeam are the most commonvarieties in the highest part (above 300meters) of the hills around Rosano.The undergrowth is rich in yellowbroom, butcher’s broom, moss andferns (especially in the most shadowyand humid areas). Such flora is com-mon on the Tuscan coast, but one re-mains surprised to find it here just out-side Florence. Studies by prestigiousbotanists from the turn of the 19th cen-tury drew attention to the area as be-ing perhaps the richest in Italy, if notin the whole Mediterranean basin, forwhat concerns some of these arborealand herbaceous varieties. The phe-nomenon is essentially due to the area’sspecial climate – temperate and mild –which closely resembles that of thecoast. And it is precisely thanks to thismild climate and the great fertility ofthe soil, favoured by age-old wood-lands, that the agricultural producefrom the area is as noteworthy as it is.We are only a short way from the Valdi Sieve, known for the excellent qual-

ity of its wine, and Upper Valdarno,renowned for the excellent quality ofits olive oil.Since we happen to be nearby, theabbey of Santa Maria is definitelyworth mentioning, which has housedfor over twelve centuries a small com-munity of cloistered Benedictine nuns.Inside the compound the nuns haveset up a few workshops where theymake embroidery pieces on commis-sion, and small ceramic objects. Theyalso produce preserves and liquors, notto mention their famous peach jamprepared in the old fashion, with thepeaches they grow in the garden.The workshops and kitchen are notopen to the public but by phoning themonastery one can make an appoint-ment to buy some products or orderembroidered or ceramic pieces.Along the road, a slight deviation tothe left as we come near the river, in-vites us to a short stop at the Gualchie-re di Remole, or the fulling-mills of Re-mole – an example practically uniquein Europe of a plant used for fulling,an essential phase of wool processingin Medieval times. The production ofwool cloths, widely diffused in Flo-rence and its surroundings during theMiddle Ages, was one of the most im-portant and profitable crafts in the city.However, the finished product couldbe obtained only after a long series ofdifferent though tightly interconnect-ed processes. Fulling served to give thewoven cloths thickness. The cloth waspressed to make it more resistant, orcompact, and indeed some people re-ferred to this process as “compacting”.

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At first glance, the imposing complexof the Gualchiere di Remole, with itstwo symmetrical stone constructionstopped with high battlemented towers,calls to mind some old deserted castleleft standing on the bank of the river.The complex, damaged in part by ne-glect, lack of maintenance and arbi-trary architectural modifications, nev-ertheless still permits us to understandthe different operations the wool clothwas put through. It is a unique exam-ple of its sort; some of the main stagesin wool processing are still clearly iden-tifiable, and this plant has made it pos-sible to clarify the mechanismsthrough which certain operations werecarried out, in addition to supplyingimportant information regarding thekind of machinery used at the time.The rolls of wool were shipped fromFlorence by ferry: one can still see thesmall landing where the boats with thewool and workers docked. The mainbuildings housed the machinery,which used the hydraulic power of theriver. To this goal, an artificial canalcarried the water right into the build-ings. The canal itself was supplied froma weir – an artificial basin that wasmeant to prevent sudden floods as wellas to provide the canal with water ona constant basis, including during se-vere droughts.The complex also included a series ofsmaller annexes used for laying-up ofboats, workers’accommodation, andstorage.Having left the fine Gualchiere di Re-mole, let us resume our route by go-ing back to Provincial Road 35 and

head for Pontassieve. The road con-tinues in a straight line through theVal di Sieve hills, where many winetasting itineraries intertwine, popu-larized by the excellent local ChiantiRufina and Pomino wines.As in large parts of Tuscany and par-ticularly around Florence, wine pro-duction goes hand in hand with oliveoil production – a nearly monotonousdichotomy of alternating vineyardsand olive groves planted in almostequal proportions on every farm. Re-cently, however, the first-rate quality ofwine obtained in the Lower Val diSieve has somewhat reversed the bal-ance in favour of wine production.Vineyards have progressively doubledin number to the detriment of othercrops, often spreading through defor-estation to previously tree-covered ar-eas, and eventually reaching an exten-sion that has made it one of the mostextensive and productive wine areas ofthe entire Florentine province.We get an interesting illustration ofthe phenomena as we near Pontassieve.In the vast industrial zone that pre-cedes the town, a large plant seems todominate all others, that of Vi.C.A.S.wines, which unites a large number ofsmall and medium-size wine produc-ers of the area lying between the Arnoand Sieve Rivers. Born in 1964, thewinegrowers’ association has given riseto a cooperative whose primary goal isto maintain intact the territorial speci-ficity of the product, making sure thegrapes are of high quality and, most ofall, grown in the specific area. This haspermitted the Vi.C.A.S. cooperative

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to grow and become a leading modelof sustainable development in the winesector. Today the cooperative countsmore than 250 small and medium-sizevine-growers; it produces choice tablewine and now also specializes in sideproducts such as vinsanto and vinegar,in order to be evermore up-to-date andto meet the consumers’ requirements.When in this area, the nearby scagli-ola workshop of the master BiancoBianchi is certainly worth a visit. Thisworkshop has been open since the1960’s and it produces various typesof items strictly following the ancientscagliola technique. As regards the de-sign, the support, the marquetry andthe polishing, the works from Bian-co Bianchi’s workshop, which standout for their quality and refinement,are all exclusive pieces.Allowing ourselves a short detour, weturn out of Provincial Road 35 to en-ter the antique town of Pontassieve.Of Etruscan origins, Pontassieve wit-nessed the passage of the Romans,while its period of greatest develop-ment took place in the Middle Ages,owing to its strategic position at thepoint where the Arno and Sieve Riversmeet. This made it a crucial river out-post for the Florentines, both for de-fensive and commercial purposes.Here, as in most chiefly agriculturalparts of Tuscany, crafts have developedin the shadow of the more fundamen-tal agricultural production. Objectswere born exclusively out of the peas-ants’ direct needs: they were stylisti-cally simple and essential, deprived ofall unnecessary frills, given that their

basic function was practical and notaesthetic. Ancient local trades thus in-cluded the blacksmith, busy at forg-ing everyday tools used in farming; thecooper; and the carpenter – all engagedin small-scale activities whose onlypurpose was to support agriculture.Although we cannot claim that the an-tique trades have actually survived un-til today in Pontassieve, a number ofsmall businesses still exist that havekept alive, to some degree, the ancienttraditions of rural trades (though weare not speaking of any true special-ization in a leading sector of the man-ufacturing industry). One such activ-ity worth noticing is leather work; usu-ally done by family-run businesses;they produce leather parts that are thenassembled by the large leather goodfactories in the area. For centuries now,most of the workers have been em-ployed in the much more substantialwine production activity.Once in Pontassieve, a visit to Siecijust outside the town limits is worththe detour. Here we find one of thevery few still functioning windmills.Built at the beginning of the 19th cen-tury, this mill had fallen into disuseand was left entirely neglected. In2000, a project sponsored by the mu-nicipality of Pontassieve and the Fat-toria di Lavacchio, on whose propertythe building stands, has brought backto life the old windmill which has beenactive ever since. An in-depth study ofwindmill models from the same peri-od has permitted scrupulous restora-tion of the mechanical parts, render-ing the mill to all its original functions.

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Today on the Lavacchio farm, besidesdirect sales of wine and olive oil, andbesides the inviting cooking and ter-racotta lessons, a unique organic flouris being produced, the very same thatused to be produced two hundredyears ago.Back in Pontassieve, we cut across theentire village; past the main piazza, wereach the bridge across the Sieve. Fromhere, we make a right turn onto Re-gional Road 69. A fork to the right in-dicates the road leading to Consuma,but we continue straight along the an-cient Via Aretina in the direction of In-cisa Valdarno, entering the heart of theVal di Sieve area. And from this pointon, the landscape starts changing, slow-ly moving away from what we are usedto identifying as the typical pastoral Tus-can countryside. There are still plentyof neatly aligned rows of grapevines andolive trees set in a regular pattern on theslopes of softly rounded hills, but all ofa sudden the landscape turns intomountain country. Woods dense withfir trees, oaks and beeches dominate thevalley from above. We are on the slopesof the Pratomagno mountain and, aswe move on, the hills become sharperand more difficult to access, the sun al-most disappears behind their outline,and the damp smell of mountain mosssuddenly overwhelms our senses. Thisis the heart of a territory dominated bythe so-called Comuni della MontagnaFiorentina (Towns of the FlorentineMountains), a vast area that embraces,from north to south, the municipal dis-tricts of San Godenzo, Dicomano, Lon-da, Rufina, Pelago, and Pontassieve. To

these must be added the municipal dis-trict of Reggello which borders on theValdarno territory as well as the nearbyvillage of Vallombrosa.It is a harsh, tough and shadowed land-scape. Studying the areas under culti-vation, the crops clinging to the ter-raced fields that line the road all alongthe deep mountain gorges, one can-not fail to realize the effort made bythe local rural folk, who had to strug-gle against unfavourable natural con-ditions and a decisively impracticableterritory.The landscape continues to alternatein this way, expanses of low sunny hillssuddenly almost turning into steepmountain slopes, engulfing us intosilent and shaded valleys.Having reached the small village ofSant’Ellero, we turn left into Provin-cial Road 88 towards Tosi and Val-lombrosa. Along the road we pass theFattoria di Petrognano. Besides offeringcomfortable and elegant lodgings setinside the old farmhouses, the farm es-tate welcomes visitors to its direct salesshop where one can buy wine, olive oiland seasonal produce from the veg-etable garden.Since ancient times, given the richnessof the dense woods, the local econo-my has relied on forest exploitationand wood production, besides agri-culture. Carpentry developed andgrew over the centuries, although to-day traces of this traditional trade canonly be found in a small area aroundthe village of Tosi.We have now entered the municipaldistrict of Reggello, rightly celebrated

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as “olive oil town” for the excellent ex-tra virgin olive oil produced in the area.Of a typical intense green colour,strong and pungent in taste, the oliveoil produced in the entire Reggello areais strictly obtained by cold pressing us-ing imposing millstones, as is cus-tomary from time immemorial in theland of Tuscany.But let us resume our journey and dri-ve across the small picturesque villagesof Donnini and San Donato in Fron-zano. A sign at a junction on the right-hand side indicates the fine Fattoriadegli Usignoli, a large and elegant ho-tel complex set in an ancient farm-house built around the 15th century bythe friars of Vallombrosa. The mainbuilding with its large arcade andbeautiful fermenting vats room is stillintact, the latter transformed today in-to an unusual and inviting restaurantdining room. The fattoria offers a richmenu based on typical Tuscan cuisineenriched by a touch of creativity. In-deed, the flower of the large structureis its school of cooking, where a greatnumber of cooking classes take placeevery week, open to all those who arecurious to learn the secrets of ancienttraditional Tuscan recipes, seasonedwith a little novelty, and strictly pre-pared with genuine local produce.In this area, traditional agriculture hasremained pre-eminent throughout thecenturies, surpassing all other activi-ties. Old farm estates today reinventtheir role by turning to the direct saleof genuine and natural produce grownwith the care of the past. Signs invit-ing us to the tasting and buying of ex-

quisite local products multiply alongour route. But olive oil remains thetrue king of this territory – definitelyspecial, thanks both to the propitiousclimate and geographic position and tothe processing of the fruits, whicharound Reggello are still cold pressedaccording to the ancient procedure.At the crossroads leading towards thesmall village of Fabbrica, a sign on theright indicates the Fattoria degli Ulivi,a beautiful villa transformed into afarm offering farm holiday accommo-dation, that stands overlooking thehills of the Pratomagno as they starttheir descent towards the Valdarno.We move on and as we cross the vil-lage of Pietrapiana, a sign tells us of an-other activity connected to the ruralworld though not directly to agricul-ture: stone cutting, which has beenpracticed for centuries to producebuilding material. The trade, born tosatisfy the immediate necessities of therural family, has adapted to the usagesand customs of the modern world.Glancing into Ennio Sottili’s work-shop we catch sight of fireplaces andvarious decorative objects in stone, aswell as sculptures and objects for every-day use. Here stone is still being cut asit was in the past, strenuously, with an-cient know-how and the help of noth-ing but hammer and chisel.At this point the road brings us directlyto Reggello, but following the road tothe left and making an immediateright turn, we drive towards the beau-tiful parish church of San Pietro a Cas-cia. A very short distance – and thereit stands in front of us, beautiful and

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mighty in all its shameless simplicity.Walking through the streets of the vil-lage, our attention is drawn to thecountless signs advertising farms,restaurants, wine shops and oil mills.We must not forget that we are still inthe Reggello area, where one of thebest extra virgin olive oils in Tuscanyis produced. A few meters away fromthe church stands the Frantoio (i.e., oilmill) Santa Tea, a beautiful farm com-plex located on Reggello’s plateau,where olive oil has been producedsince 1426, as one can read on an en-graved stone displayed inside the oldmill. The small oil museum set up in-side the mill is worth a visit. Equip-ment used in oil-making since themost ancient times has been put ondisplay inside. The mighty millstoneand the ancient press are a fascinatingtestimony to the age-old tradition ofoil-making in Tuscany. Finally, forthose who cannot resist the pleasuresof the table, the oil-mill also houses asmall shop where one can taste andbuy the best selection of local extra vir-gin olive oils, not to mention appetiz-ing sauces prepared with seasonal veg-etables and – obviously – olive oil.Strolling through the streets of Cascia,right in front of the parish church, wecome across the Osteria Masacciowhich invites us to read its rich menu,thoroughly Tuscan, in which the finestdishes of ancient local culinary tradi-tions stand out. In these parts, typicalcuisine is based on simple and genuineculinary traditions common to Tus-cany in general. So we have the classicvegetable or bean soups, to which very

often are added pieces of stale breadto make the soup more substantial andnourishing; and meat sauces madewith different types of left-over meat(rural families would eat meat but oncea week, usually on Sundays). This re-cycling of food, born out of obviouscircumstantial necessities, is being re-discovered today for its wonderful tasteand genuineness.One of the most typical products ofthe Florentine Mountains and theLower Val di Sieve was born just inthat way: the bardiccio, a particularkind of sausage made with variousremnant parts of pork and beef meat,including entrails, and aromatizedwith fennel seeds. Of a characteristicdeep red colour given by beef heart,bardiccio is typically eaten grilled or,when aged, as a tasty addition to stuff-ing or vegetable soup.It is a product of ancient origins thathas unfortunately practically disap-peared. It used to be prepared in peas-ant households, to be kept and eatenduring the course of the year.Another typical product facing a sim-ilar situation is the “zolfino bean”, ac-tually under scrutiny by the Depart-ment of Agronomy and TerritorialManagement of Farms and Forests atthe University of Florence, followinga special request from the consortiumof communes in this mountain area,the Comunità Montana del Prato-magno. At the heart of the matter is theattempt to improve and increase thenearly vanished production of this typ-ical bean round in shape and of a typ-ical yellowish colour. Once it was a

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common practice to cook these beansal fiasco, namely in the flask, that is putinside a flask for wine with water, aro-matic herbs, fresh tomatoes, salt andpepper, and a trickle of olive oil. Thecontainer was then placed inside thefireplace and covered with hot embersto the neck. Today, unfortunately, theproduction of the zolfino bean (liter-ally “sulphur bean”, in reference to itsyellow colour) is almost exclusivelylimited to the vegetable gardens of ahandful of farmers around the Prato-magno; it has become a rarity at themarket.Closing this brief culinary digression,we leave Cascia and proceed towardsnearby Pian di Scò.The road we follow, Provincial 1known as Via dei Sette Ponti, is domi-nated all along its course by the Prato-magno chain. It alternates in a tightsequence between mountain and hill-side, cultivated fields and woodlandsand holds a mysterious charm that istruly worth enjoying by taking one’stime to observe.Now not even the most distracted eyecould miss, to the right, practically onthe road, the nice Medici farm estate,Fattoria Medicea I Mandri.The large complex from the 16th cen-tury was restored and partly modifiedduring the 17th century.The current outline of the structure isthe result of drastic modifications tothe architectural plan carried out dur-ing the Lorraine period. The splendidvilla, which has remained intact, wasthus connected to the neighbouringhamlet and later provided with an oil-

mill and other farm buildings, as clas-sic rural Tuscan architecture wouldhave it. Not to be missed: the interiorgarden where one can still observe acomplex irrigation system involving anumber of basins in grey sandstonecalled pietra serena, and the splendidcellar, dating from the original resi-dential building, carved out of thestone along the entire perimeter of thevilla and the front courtyard. FattoriaI Mandri still produces oil and wine,occupying over ten acres of the sur-rounding land for cultivation. Thefarm houses a small shop for tastingand selling its products, among whichis the excellent Riserva di Mandri wine.We are now reaching Pian di Scò, anancient commune about half-way be-tween Florence and Arezzo, and a spe-cial example of Tuscan countryside.Here the dense beech and chestnutwoods offer little space for cultivation.Nevertheless man’s ingenuity has beenable to overcome an adverse naturethrough years of hard work. All alongthe road we are met by an unusualsight: held by solid dry-stone walls,terraced fields, carved out of the steepmountain gorges, display tidy rows ofgrapevines and olive trees, luxuriantand well-kept, whose yield is in no wayinferior to that of the gently rolling ex-panses of large parts of Tuscany.Another curiosity of this land are thecalanchi or ravines, which we will seeagain in the nearby zone of Castel-franco and around a few other munic-ipal districts of the area. It is a uniquephenomenon, probably caused bythousands of years of erosion of the fri-

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able hill soil, eventually revealing thesecurious cliffs of a reddish yellow colourprobably due to the resurfacing of fos-sil remains. Their variable shapes – ac-cording to the impact and depth of theerosion – make them seem like unfin-ished artistic sculptures left to watchover the surrounding woods, which of-ten conceal them, until the end of time.Such is the landscape up to Castel-franco di Sopra, located on the Val-darno side of the Pratomagno moun-tain. We have now entered the provinceof Arezzo. This typical medieval townis an interesting example of the so-called Terre Nove or New lands: a groupof communes established in the UpperValdarno by the Florentine Republic,in an attempt to break down the strongfeudal power still widespread in the areaand expand its own influence up to thegates of Arezzo.As all other communes part of the ini-tial 13th-14th century nucleus of the Val-darno Terre Nove, Castelfranco’s urbanoutline is perfectly geometrical, withstreets radiating off from the centralpiazza. In the immediate outskirts oftown, the splendid calanchi captureour gaze once again.The Acqua Zolfina spring, located inthe hamlet of Piantravigne, gives itsname to the nearby sulphureous cliffs.The place, inhabited by fairies andwitches – as local folklore would haveit – has maintained unaltered its verypeculiar conformation which appar-ently used to fascinate Leonardo daVinci. It is said he chose precisely thislandscape as an inspiration for thebackground of some of his paintings.

Continuing along Via dei Sette Ponti,past Montemarciano, we reach the pic-turesque village of Loro Ciuffenna. Atthe bottom of a deep gorge, seeminglyperched above the stream from whichit takes its name and which cuts throughthe entire village, Loro Ciuffenna, orig-inally an Etruscan settlement, has keptintact its old medieval structure. It wasonce the property of the Guidi counts,until Florence turned it into one of itsValdarno Terre Nove. The charming oldtown is a picturesque labyrinth of nar-row streets lined with ancient houses.Its strategic location, making it one ofFlorence’s furthest Valdarno outpostsbefore reaching the valley floor, en-couraged in time the development of anumber of important production ac-tivities, in particular that of wool-clothprocessing.At least three mills were built along theriver during the 14th and the 15th cen-turies. They were all dedicated to thefulling process of the wool sent fromFlorence.During the following centuries, alsosilk processing developed in a remark-able way inside the village - so much sothat numerous records reveal the mi-gration towards Loro and other small-er centres of the Valdarno of a greatnumber of Florentine silk-workers overthe 15th and 16th centuries. Silk pro-duction would remain part of the vil-lage’s history for many centuries tocome. Indeed the area’s flourishing silkindustry is still mentioned in the 1800s,sustained by continuous improvementin silkworm breeding, which broughtmore and more work to the filatures.

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Today Loro Ciuffenna is a picturesquebut almost uninhabited village. Themajority of the population now worksfor the big factories that have emergedin the lower valley, where the produc-tion of famous trademarks, especiallyin the textile and clothing industry,employs large part of the workforce inthe area.As we walk through the nearly emptyvillage, accompanied only by the soundof the stream that runs practically at ourfeet, a few women form a group aroundus: “There isn’t anyone here anymore -they explain – even in the evening ifyou go out for a walk, you won’t findanyone. There used to be people here,so many young people, you should haveseen Loro some years ago!” As for us,Loro Ciuffenna is beautiful anyway,strongly evocative and full of charm.We are now reaching the valley floor, afew more curves and the Penna Provin-cial road will bring us back towards Ter-ranova Bracciolini and Incisa Valdarnofrom where one can enter the A1 mo-torway and head back to Florence. Thejourney will certainly be faster, but willnot treat us to similar emotions.

The selection of the businesses has been madeat the discretion of the authors and is by nomeans exhaustive as regards the businesses pre-sent in the area. We wish to express our grati-tude to the artisan businesses and the accom-modation facilities for their helpful collabora-tion in the research phase. We would especial-ly like to thank Fattoria di Lavacchio for thecollaboration and for letting us use some of theirpictures.

Handicraft andGastronomic Businesses

monastery of santa maria at rosanoInfo 055.8303006

vi.c.a.s srlVia Tifariti, 1250035 Pontassieve (FI)Tel. 055 8314020Fax 055 [email protected]

bianco bianchiVia Lisbona, 4/e50065 Pontassieve (FI)Tel. 055 8314509Fax 055 [email protected]

fattoria lavacchioVia Montefiesole, 5550065 Pontassieve (FI)Tel. 055 8317472Fax 055 [email protected]

fattoria petrognanoat Sant’Ellero50066 Reggello (FI)Tel. and fax 055 690230/055 860230Mobile 335 6168833www.agriturismopetrognano.it

fattoria degli usignoliat San Donato in Fronzano50066 Reggello (FI)

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Tel. 055 8652018Fax 055 8652270www.usignoli.it

fattoria degli uliviat FabbricaSan Donato in Fronzano50066 Reggello (FI)Tel. 055 8652019Fax 055 319020www.fattoriadegliulivi.it

Sottili ennio e figliVia A. Costa, 9at Pietrapiana50066 Reggello (FI)

frantoio santa teaVia De Nicola, 41at Cascia50066 ReggelloTel. 055 869140/055.868117Fax 055 869142www.santatea.it

ristorante osteria masaccioPiazza San Pietro, 13at Cascia50066 ReggelloTel. 055 8667407

villa i mandriVia dei Sette Ponti, 4250066 Reggello (FI)[email protected]

Glossary

Francesca Sborgi

AediculeA small edifice, either independentor part of a major complex, in theshape of a tempietto or a tabernacle,which houses a statue or a sacred im-age.

AmpullaA small vessel, either of glass or met-al, with a globular body and a nar-row neck, which is at times provid-ed with an ear-shaped handle and aspout. It is used to contain the wineand the water for the Eucharist, orholy oils.

Apical crossSmall cross usually placed on top ofa casket or pyx lid.

ApseArchitectural structure with either asemicircular or a polygonal plan, sit-uated at the end of the nave, an aisle,a chapel or the choir of a church. InChristian churches, it is usually ori-ented towards the east.

Architrave or LintelIn architecture, the horizontal ele-ment which rests on the capitals ofcolumns, pillars or jambs.

AspergillumAn implement in the form of a per-forated spherule, sometimes pro-vided with bristles, with a handle,used to sprinkle holy water on peo-ple or things.

BasinBowl for the washing of hands usedtogether with a jug (see entry)or a Eu-

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charist flagon, namely a small recep-tacle with a lip used to pour water.

BookstandA stand for liturgical books, usuallywith a sloping top to hold themopen in a position appropriate forreading. It is usually placed in thepresbyterial area before the altar.

BrocadeA particularly precious fabric madeof silk, linen or hemp, obtainedthrough a complex and slow weav-ing technique, decorated withdamask patterns, with interlacedthreads giving a characteristic raisedeffect.

BugiaSee Palmatoria.

BurinAn implement in the shape of asmall rod with a wooden handle anda steel point (the burin nose or lip)which is used to cut metal, woodand leather for ornamental purpos-es. (cf. Engraving)

BurseA square case, made of decoratedfabric sewn on a cardboard support,used to hold the corporal. It is rest-ed on the chalice (see entry).

ChaliceA cone-shaped liturgical vessel witha stem ending in a base. It is used atMass for the consecration of wineinto the Blood of Christ. Owing toits importance during the liturgy, itis usually richly decorated and madeof precious durable materials. Thecup is either in copper or silver andgilded inside, whereas the stem andthe base can be made of other ma-

terials, except glass and ivory, as theyare subject to wear.

CandlestickA support in wood, metal, or othermaterials, used to hold a single can-dle.

CapeA circular sleeveless garment, wornover the shoulders which completesand matches the vestment.

Chapter HallA large room, either in a convent, amonastery (see entry) or a cathedral,used for meetings by the chapter (thecollege of canons and monks).

Chapters (Book of -)A book which contains, in its vari-ous capitulations, historical infor-mation on an order’s foundation aswell as on all the rules pertaining tothe daily life and religious servicesof its members.

CasketA small case that contains a relic orthe consecrated host to be taken tothe sick or invalid, or else the smallmetal box where the monstrance (seeentry) lunette is kept.

CastingThe process used to create sculptur-al works through the pouring ofmolten metal into a mold. To ob-tain a solid sculpture, the metal ispoured into an open mold until it iscompletely filled, in this case it iscalled full relief; on the other hand,hollow casting is when the metal ispoured into a closed mold in a verythin layer.

ChasubleSee Planet

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ChiselingRefined decoration technique car-ried out on metal objects by meansof a chisel, namely a small steel im-plement with a bevelled head in dif-ferent shapes that, when hit with asmall hammer marks the metal sur-face without cutting it.

CopeSee Pluvial

CottaA white liturgical vestment, reach-ing to the knees, with wide sleeves.

CrosierSee Pastoral Staff.

CrossAn object which can be made of var-ious materials, formed by two axescutting one another at right angles.It became with or without the ChristCrucified, Christianity’s distinctivesymbol. The processional cross, usuallymade of metal, is supported by a longstaff and carried in religious proces-sions. It is incised and embossed withfigures on both sides, respectivelycalled the recto and the verso.

CuspThe triangular crowning of a paint-ing on a panel. The same term is al-so used to refer to the ornamentationin the shape of a pointed triangle.

DamaskFabric of ancient eastern originwhich derives its name from the cityof Damascus, famous for its pro-duction. It is characterized by a warpand weft of the same color, whichcreate glossy patterns on an opaquebackground. It can be either lancé orbrocaded.

Display standA stand, usually in wood, for the dis-play of relics and devotional images.

EmbossingTechnique of decoration used forprecious materials which consists inengraving ornaments with a burin(see entry) and chisel on the back ofthe metal reduced to a very thin lam-ina in order to obtain raised figureson the front.

EnamelVitreous paint to which coloringcomponents are added, that, thanksto high temperature firing, has theproperty to become a shiny compactsurface and it is therefore used todecorate metals and ceramics. Themost widespread procedures formetal enameling are cloisonné, thatconsists in pouring the enamel intosmall alveoli hollowed out in themetal by means of a burin (see en-try) and champlevé that consists inspreading the enamel in slightly pro-truding alveoli outlined by inter-twined metal wires.

EngravingImage either incised by hand on awooden, metal or stone support withdifferent tools – such as a burin (seeentry), a drypoint, or a comb – or ob-tained through a chemical processmaking use of corrosive acids. Thusfrom the design carved on the plate,called matrix, engravings can beprinted. By extension, this termrefers to the technical process usedfor printing reproduction as well asfor the copy of a picture, design, etc.printed from an engraved plate.

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Ex votoObject offered as a gift either toGod, the Virgin or the saints for fa-vors received or in fulfillment of avow previously taken.

FrescoMural painting technique which con-sists in incorporating the colours withthe lime of which the plaster is made,and that, thanks to its particular pro-cedure, makes the work of art extra-ordinarily durable over time. The wallsupport, dry and clean, is preparedwith an initial coat of rough plaster(the rendering) on which a thinnerone, called brown coating, is spread.Until the end of the 14th century, theyused ruddle on the brown coating todraw the sinopia (the preparatorydrawing for the artwork) whichwould be later substituted first by thepouncing and then by the cartoon.Then the plaster finish, a thin layer offine sand and lime, is applied; this iswhere the artist actually paints usingwater-based colours. When paintinga fresco the artist is required to rapid-ly execute it and thus apply thecolours on the fresh plaster before itdries. Consequently the area to befrescoed is prepared daily (it is theso-called day’s work), according to theamount of work which can be carriedout in one day. Any pentimento, cor-rection or finishing touch to the art-work is therefore carried out on dryplaster, by means of temperacolours(see tempera painting).

FrontalA parament made of marble, carvedstone, ivory, or embossed, chiseled

metal or else fabric – usually silk –used to cover the front part of thealtar, the mensa, which being sacred,must not be visible.

GildingA technique used to apply gold, ei-ther in leaves or in dust, on varioussupports such as metal, wood,leather or other materials. For gild-ing metal the following procedure,described by Benvenuto Cellini, isused: one begins by evenly spread-ing the metal surface with an amal-gam of pure gold and mercurywhich evaporates when it comes incontact with the suitably heatedmetal, thus causing the gold to ad-here to the support.

GrosA type of fabric derived from taffe-ta; it is characterized by thin hori-zontal ribs.

GypsumA natural mineral (hydrate calciumsulphate), which, mixed with water,is used either to prepare canvases andpanels for painting (priming)or toexecute casts and models for statues,reliefs and stuccos.

Hand bellA small portable bell with a handlethat is used as a signal, at certaintimes, during the celebration ofMass.

HighlightingA technique through which thepainter obtains the effect of lumi-nous reflections, thus enhancing cer-tain parts of the work through brushstrokes of light colors, white or goldon dark areas.

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Holy oil vesselsLiturgical objects containing theolive oil consecrated by the bishopand used during baptism, confirma-tion, the consecration of new priestsand extreme unction of the weak andthe sick.

Holy water potA small receptacle that contains holywater. It is used together with the as-pergillum (see entry) for ritual bene-dictions.

IconSacred image, generally painted ona panel, at times also on canvas orglass, typical of eastern Christianity,which represents Christ, the Virginor a saint in a stately attitude.

Incense-boatAn elongated liturgical receptacle,having two movable valves as a lid onits upper part, which is intended tohold the incense grains eventuallyburnt on the coals of the thurible (seeentry).

InsigniaA group of symbols and attributeswhich characterize the armorialbearings of a family, a city or a civilor religious organization.

IntaglioThe process or art of engraving orcarving in a hard material, such aswood, gems, marble or ivory, bymeans of metal instruments follow-ing a pre-established design.

Jacket flapThe inside part of a book jacket.

JugA vessel with a handle and lip usedto pour water for liturgical ablutions

into a basin (see entry). It is usuallyin the shape of an amphora and is of-ten richly embossed and chiseled.See also embossing and chiseling.

KnotBulge in the stem of a monstrance,a chalice, a candlestick or any otherstemmed metal object, which mayhave different shapes: or in the shapeof a pear, vase, amphora, or disc.

LampasA damask fabric of great value, orig-inally from China, embellished veryoften with gold and silver threads,which has a heavy appearance; thepattern is created by supplementarywefts added to the backgroundweave which is usually in satin ortaffeta.

LancéA pattern on the right side of a fab-ric, consisting of a supplementaryweft(lancé weft) woven from selvageto selvage.

Lanceolate leavesLiterally, lance-shaped, namely inthe shape of an elongated ellipsewith pointed ends.

Liage réprisThe interlacing of the supplemen-tary wefts of a fabric by means of thebackground warp.

LintelSee Architrave

LiséréA pattern resulting from the back-ground weave which is seen on theright side of the fabric. If the motifis small-sized it does not need to besecured; otherwise it is attached tothe background weave through the

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background warp threads (liagerépris, see entry)or else through asupplementary warp(securing warp).

LoinclothA piece of cloth wrapped around thehips, so as to cover the loins, typicalin particular of the iconography ofthe Crucified Christ.

ManipleLiturgical garment, made up of anarrow strip of fabric in the samecolor as the planet (see entry); in thepast, priests used to wear it on theleft arm, tied with ribbons, duringthe Mass.

MiniatureThis term - derived from the Latinword ‘minium’, a vivid red colorused to paint the initial letters inmanuscripts – refers to the extremelyrefined art of illustrating and deco-rating parchment codices. In a widersense, the same term can also indi-cate any small-sized painting exe-cuted – on ivory, paper, copper,etc. – with a meticulous attentionto details.

Miter or mitreTall headgear, made up of two flatparts (the cornua) in the shape of ashield and of two wide ribbons,called vittae, falling down to theshoulders; at times it is golden andadorned with gems. It is worn bypopes, cardinals and bishops as wellas by some abbots and prelates onthe occasion of solemn liturgical ser-vices.

MonasteryAutonomously organized buildingwhere monks, canon regulars or

nuns belonging to a certain religiousorder live.

MonogramInitials of two or more words com-bined in one design, either carved orembroidered on liturgical furnish-ings and vestments or else painted.

MonstranceA sacred furnishing in which theconsecrated host is exposed to theadoration of the faithful inside thechurch or during religious proces-sions. In the Middle Ages it was inthe shape of a tempietto and then,beginning from the late 16th centu-ry, of a rayed sun.

NicheA recess in a wall, usually semi-cir-cular, rectangular or semi-polygo-nal, containing a statue or other dec-orative objects.

NielloJewelry technique where the designsengraved by means of a burin (seeentry)on a metal surface are filledwith a black paste, called nigellum.

Oil paintingA technique of painting on canvas ora wooden panel where colors are ob-tained by mixing pigments withthick vegetable oils (such as linseed,poppy-seed or walnut) to which es-sential oils (turpentine) are added soas to make the colors less viscous andmore transparent. The color is firstspread on a previously prepared base(priming and, as to the canvas,ground mixture)with gypsum andglue, and then coated with a trans-parent varnish both to protect it andto make it shinier. This very ancient

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technique was improved in the 15th

century in Flemish art and thenspread throughout the rest of Eu-rope; it makes it possible to have anextraordinary variety of results,thanks to the use of a wide range ofpigments and to the possible nu-ances among the various layers ofcolor.

OratoryA sacred place intended for the pri-vate worship and prayer of a smallnumber of faithful (either a com-munity or a family.

Palmatoria or BugiaSmall candle holder held in the palmof the hand, used for reading fromthe Missal.

PalmetteA decorative element derived from apalm leaf, consisting of an odd num-ber of fan-shaped leaves.

ParishA term designating a rural ecclesias-tical district in medieval northernand central Italy.

Parish ChurchAn ancient church situated in ruralor suburban areas.

Pastoral Staff or CrosierA staff conferred to bishops on theoccasion of their consecration as thesymbol of the authority and the“shepherd” role they hold for thecommunity. Held in the left hand, itconsists of a long staff, called crossstaff and ending in a ball or a cross inthe shape of a “tau”. Later it evolvedinto the characteristic form with acurve end, called crook.

Pax boardA small precious object, which canbe made of different materials, al-though it is usually in precious met-als (gold and copper) enameled andfinely decorated, presented on spe-cial occasions to the faithful for the“holy kiss” of forgiveness or used forprivate worship.

Pilgrim’s staffA long and big staff with a crookedhandle which is typical of theiconography of pilgrim saints.

Planet or ChasubleLoose sleeveless tear-shaped liturgicalvestment, open at the sides, and at thetop for the head, worn by bishops andpriests during Mass. It is derived fromthe ancient late-Roman traveling cloakwhich was actually called planeta. Inthe front and back central areas it hastwo different ornaments, a vertical oneand the other tau-shaped, called re-spectively “column” and “cross”.

Pluvial or CopeA long semicircular cloak open inthe front and fastened at the breastwith a clasp. It may have a hood atthe back, while the front border,which from the shoulders reaches tothe feet, is called large stole.

Pod-shaped decorationOrnamental motif made up of a se-ries of convex elements, either convexor concave, similar to legume pods.

PunchSteel rod that has a letter, a numberor a cipher or a particular design onone end to be impressed on the sur-face of a metal object either to de-note its maker or its owner.

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PyxA vessel made of precious metal,gilded on the inside and covered bya lid, in which the consecrated hostsof the Eucharist for the faithful arekept. It is covered by a veil and keptin the tabernacle on the altar.

RacemeA decoration consisting of stylizedand intertwined small branches,shoots or sprays of a plant.

RefectoryThe room used for communal mealsin a monastery.

RelicA part of the body or belongings ofa saint, Christ, the Virgin which isipso facto carefully preserved and ex-posed as an object of veneration tothe faithful.

ReliquaryA richly decorated receptacle, in var-ious shapes ( e.g., a vase, a casket ora box) and materials, where a relic(see entry) is kept and displayed tothe faithful.

StandardA staff adorned with the icono-graphic symbols of the Passion, usedin ritual processions.

StoleAn ecclesiastical vestment which, to-gether with the maniple (see entry),matches the planet (see entry); itconsists of a long fabric strip, gen-erally having a trapezoidal end, dec-orated with crosses and a fringe,which is worn over the shouldersand hangs down in front. Duringreligious services it is worn differ-ently by the celebrants according to

their hierarchical rank: the deaconwears it over the left shoulder onlyand fastens it on the right hip; thepriest around the neck and acrossthe breast; whereas the bishop wearsit hanging down on both sides.

SurpliceA long white linen liturgical vest-ment, with an opening for the headand sleeves, used at Mass and otherEucharistic services.

TaffetaA type of cloth in linen, wool or cot-ton. It is produced by interlacing al-ternate threads stretched lengthwise(the warp) with transverse threads(the weft)on a loom.

TasselAn ornament for garments or hang-ings consisting of a bunch of threadstied together at one end.

Tempera paintingA painting technique which involvesdissolving pigments in water and us-ing various non-oily agglutinantsubstances (such as egg emulsion,milk rubber and fig latex, or wax) asa binder on the support previouslycoated with primer. Tempera paint-ing supports can also be made ofstone, metal or paper, but they aregenerally made of poplar wood. Thistechnique, born in Europe at theend of the 12th century, was widelyused until the spread of oil painting(see entry).

TunicleA trapezoidal tunic worn by a sub-deacon, similar to the deacon’ s dal-matic, but having longer and nar-rower sleeves.

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TrabeationAll the horizontal elements sup-ported by columns and pillars com-prising architrave (see entry, friezeand cornice in classical architecture.

TraccolaA musical instrument used in thepast instead of bells during HolyWeek religious ceremonies. The rub-bing of the toothed barrel, connect-ed to the hand crank, on the metalclappers, produces a sharp and deaf-ening sound.

TrilobateA form consisting of three lobes,namely of circular segments, foundin various decorative typologies ofboth objects and architectural ele-ments such as arches.

TriptychA painting consisting of three pan-els hinged together.

ThuribleA metal receptacle containing thecoals on which the incense is burntduring church ceremonies. It con-sists of a cup with a perforated lid,so that the perfumed smoke cancome out.

VelvetFabric with a pile-covered surface con-stituted of two warps, one for thebackground (taffeta, gros de Tours orsatin) and the other for the pile, whichis created by inserting a thread workedin loops by means of needles (terry vel-vet) whose looped ends can be cut (cutvelvet). If the warp covers the entirebackground weave, the velvet is calledplain. It is instead defined damaskwhen the pile creates a pattern.

VeilA silk cloth used to cover either theciborium or the pyx (see).

Veil (of the chalice)A square cloth in the same liturgicalcolors as the vestments (the planet,the maniple and the stole, see entries)with which it forms a set, used tocover the chalice (see entry)and thepaten (the metal plate which coversthe chalice and holds the host) dur-ing the Mass.

VestmentsThe term refers to the set of liturgi-cal garments used during the cele-bration of Mass. It is called three-piece set of vestments when it ismade up of: a chasuble (see entry)and a stole (see entry), worn by thecelebrant; a tunicle and a stole wornby the deacon, and a pluvial wornby the assistant; in case a tunicle isadded it is defined four-piece set ofvestments. From the formal aspectof the vestment it is possible to es-tablish the hierarchical rank of thewearer, whereas its colour varies ac-cording to the different periods ofthe liturgical calendar. White (or sil-ver), denoting purity and majesty, isused in feasts celebrating God, theMadonna, and non-martyr or con-fessor saints. Red, the colour of Pas-sion and of the blood of Christ, isprescribed on Whitsunday, PalmSunday, in the feasts of the Crossand of the Apostles and in all the cel-ebrations of martyrs. Gold (or yel-low) is recommended in solemn fes-tivities, such as Christmas and East-

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er. Green, the colour of hope foreternal life, is used on Sunday andweekday masses in ordinary periods.Purple, symbolizing repentance forits reference to the bruises sufferedby Christ during the Passion, is wornduring Advent and Lent; it can alsobe used as a substitute for black, as

the colour indicating transience, insuffrage or funeral rites.

ZucchettoThe skullcap, a small close-fittingpeakless cap, worn by RomanCatholic ecclesiastics, whose colourvaries according to their hierarchicalrank.

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Apparati / Apparatus

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Pieve di San Pietro e Museo di Cascia

L. Rossi, A. Innocenti, Schedatura mi-nisteriale OA, Pieve di San Pietro a Ca-scia, 1997, presso l’Ufficio Catalogodella Soprintendenza al PatrimonioStorico, Artistico ed Etnoantropolo-gico di Firenze.

M.I. Lanzarini, San Pietro a Cascia. No-tizie diverse intorno alla Pieve, Cascia-Reggello 2000.

C. Caneva (a cura di), Il Museo Masacciod’Arte Sacra di Reggello, Firenze 2006.

Il Trittico di San Giovenale

C. Caneva (a cura di), Masaccio 1422. IlTrittico di San Giovenale e il suo tem-po, Atti del convegno (San Pietro a Ca-scia 1-2 dicembre 2000), Milano 2001(con bibliografia precedente).

Oreficerie e arredi liturgici

R. Caterina Proto Pisani (a cura di),Il Tesoro all’Impruneta, Firenze 1987.

B. Montecchi-S. Vasco Rocca (a cu-ra di), Suppellettile ecclesiastica I, Fi-renze 1987.

R. Caterina Proto Pisani (a cura di),Il Museo di Arte Sacra a San CascianoVal di Pesa, Firenze 1987 (ii ed. Firen-ze 1992).

R. Caterina Proto Pisani (a cura di),Il Museo di Arte Sacra di Tavarnelle Valdi Pesa, Firenze 1988 (ii ed. 1995)

D. Liscia Bemporad (a cura di), Argentifiorentini, Firenze 1992-1993, 3 voll.

R. Caterina Proto Pisani-A. Nesi, IlMuseo di Arte Sacra di Montespertoli,Firenze 1995.

R. Caterina Proto Pisani (a cura di),Il Museo di Arte Sacra a Certaldo, Fi-renze 2001.

G. Chimenti, in Il Museo Masaccio d’ar-te sacra a Cascia di Reggello (a cura diC. Caneva), cit., Firenze 2006 (sche-de relative).

Paramenti sacri

R. De Gennaro, Velluti operati del XV se-colo con il motivo delle “gricce”, Firen-ze 1985.

R. De Gennaro, Velluti operati del XV se-colo con il motivo dei “cammini”, Fi-renze 1997.

R. Ciabani, Le famiglie di Firenze,Fi-renze 1992, 4 voll.

R. Orsi Landini, Alcune considerazionisul significato simbolico dei velluti quat-trocenteschi, in «Jacquard», 33, 1997,pp. 2-6.

M. Carmignani, Tessuti ricami e mer-letti in Italia, Milano 2005.

L. Pesci, Il Museo Masaccio d’Arte Sacraa Cascia di Reggello, a cura di C. Ca-neva, cit., Firenze 2006 (schede rela-tive).

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Bibliografia essenziale / Short bibliography

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Oggetti della liturgia ebraica e icone

R.D. Barnett, Catalogue of art perma-nent and loan collections of the JewishMuseum London, London 1974.

J. Weinstein, Judaica, London 1985.

D. Maltseva, Saggiatura nella Russia Im-periale, in Saliere preziose dalla RussiaImperiale. 200 esemplari della collezio-ne Giuseppe Berger, catalogo della mo-stra, Peccioli 2006, pp. 31-32, 134-137.

P. Florescu, La prospettiva rovesciata e al-tri scritti, Roma-Reggio Calabria 1990.

M. Quenot, L’icona, Cinisello Balsamo1991.

M. Zibawi’, Icone. Senso e storia, Mila-no 1993.

S. Bigham, L’icone dans la tradition or-thodoxe, Montreal 1995.

P. Bernardi, L’icona. Estetica e teologia,Roma 1998.

A. Tradigo, Iconi e Santi d’Oriente, Colla-na “I Dizionari dell’Arte”, Milano 2004.

D. Liscia Bemporad, in Il Museo Masac-cio d’arte sacra a Cascia di Reggello, a curadi C. Caneva, Firenze 2006 (schede re-lative agli oggetti della liturgia ebraica).

D. Maltseva, ibidem (schede relative al-le icone).

Il territorio

R. Proto Pisani, Spigolature sulla pitturafiorentina del Seicento: due Curradi fir-mati e un Fidani datato, in «Arte cristia-na», lxxxii, n. 763, 1994, pp. 279-284.

L’Arno alle porte di Firenze, Atti del Con-vegno (Pontassieve – Bagno a Ripoli,28-29 ottobre 1994), a cura di G. Pa-renti, Firenze 1996.

L. Bencistà, Chiesa di San Clemente aSociana, in Popoli. Arte. Devozione. Iti-nerari nelle Cinque Verdi Terre, Firen-ze 1999, pp. 47-49.

C. Caneva, Arte e Storia a San Clementea Sociana (con un contributo di L. Ben-cistà), San Giovanni Valdarno 1999.

Le Gualchiere di Remole e il territorio delfiume Arno. Le Ruote della fortuna, acura di O. Armanni, Firenze 1999.

M.L. Ungar, Pieve di San Donnino a Vil-lamagna, in Popoli. Arte. Devozione.Itinerari nelle Cinque Verdi Terre, Fi-renze 1999, pp. 41-43.

C. Caneva, “Il ritorno del Ghirlandaio”.Una tavola di Ridolfo del Ghirlandaio re-cuperata, Pieve di San Pietro a Pitiana,Reggello, 1° aprile 2000, Reggello 2000.

F. Martelli, Il ponte di Pontassieve e il con-vento di San Francesco, in «Corrispon-denza», xxiii, n. 2, 2003, pp. 20-24.

S. Pasquini, Gli affreschi del santuariodi Santa Maria a Ponterosso a FiglineValdarno, in «Corrispondenza», xxiii,n. 2, 2003, inserto speciale, pp. i-xii.

L. Fabbri, “Opus novarum gualcheria-rum”: gli Albizmzi e le origini delleGualchiere di Remole, in «Archivio Sto-rico italiano», ccxxii, 2004, disp. iii,pp. 507-556.

G. Trotta, sezioni 20.1 e 20.2, in TouringClub Italiano. L’Italia. 8. Toscana, Mi-lano 2005.

A. Monciatti, (Titolo da definire) nelvolume dedicato al restauro della“Croce di Rosano”, a cura di R. Bel-lucci, M. Ciatti, C. Frosinini, Fi-renze 2007 (in preparazione).

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Bagno a RipoliSanta Maria a Quarto 124, 231

Cascia di ReggelloChiesa di San Giovenale 30, 88, 143, 192,

193, 217, 237

Chiesa di Sant’Andrea a Borgo 143, 237

Museo Masaccio d’Arte Sacra 37, 39,142, 190, 196, 237

Pieve di San Pietro 25, 27, 30, 32, 142,149, 166, 190, 191, 194, 239, 245

Castello di Sammezzano138, 235

Castelfranco di Sopra145, 171, 238, 248

CompiobbiVilla Le Falle 127, 231

DonniniChiesa della Vergine del Carmine 133,

233

FirenzeBadia a Ripoli 123, 230

Pieve di San Piero in Palco 123, 230

Pieve di San Pietro a Ripoli 123, 125, 230

GropinaPieve di San Pietro 32, 146, 147, 194, 239

Loro Ciuffenna Chiesa di Santa Maria Assunta 147, 238Museo Venturino Venturi 147, 238

MontemarcianoCastello 146, 238Chiesa della Madonna delle Grazie 147,

238Oratorio della Madonna di

Montemarciano 146, 238

Pian di ScòBadia di San Salvatore a Soffena 34, 145,

195, 238Castello dei Conti Guidi 145, 238Pieve di Santa Maria 145, 238

Pontassieve131, 132, 156, 158, 159, 160, 233, 242, 243,

244

ReggelloMunicipio 141, 236Chiesa di San Jacopo 141, 36Oratorio di San Lorenzo alla Casellina

27, 67, 191 , 210Oratorio di San Martino a Pontifogno

141, 236Chiesa di San Tommaso a Ostina 144,

237Chiesa di Santa Maria a Ponticelli 141,

236Chiesa di Santa Tea 142, 237

265

Indice dei luoghi / Index of places

Page 266: Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello

266museo masaccio d’arte sacra a cascia di reggello

RosanoAbbazia di Santa Maria 34, 129, 153, 194,

195, 232Gualchiere di Remole 128, 154, 155, 156,

231, 241, 242

Sant’ElleroCastello 133, 233Chiesa di Santa Maria 28, 133, 192, 233

Sieci159, 243

Strada dei Sette PontiBorgo di Pietrapiana 138, 140, 165, 235,

236, 245

Chiesa di San Clemente a Sociana 136,234

Chiesa di San Donato in Fronzano 137,234

Chiesa di San Michele a Caselli 140, 236Chiesa di Sant’Agata in Arfoli 34, 138,

140, 192, 195, 235, 236Pieve di San Pietro a Pitiana 32, 134,

194, 234Villa Bonsi 140, 236

Vallina126, 231

VillamagnaPieve di San Donnino 126, 231

Page 267: Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello

Allori Alessandro, detto Bronzino 27,56, 67, 70, 74, 191, 205, 210, 211, 213

Allori Cristofano 68, 70, 210, 211Arnolfo di Cambio 145, 238Berti Pietro 133Bianchi Bianco 158, 243Bicci di Lorenzo 88, 124, 145, 147, 218,

231, 238Bronzino Agnolo 56, 205Curradi Francesco 127, 133, 230, 233Dandini Ottavio 117, 229Dandini Pietro 115, 117, 228, 229Del Moro Giuseppe 94, 220Donatello 64, 88, 208, 218Fidani Orazio 124, 230Ghirlandaio Domenico, bottega di 58,

205, 206, 231Giovanni da Ponte 130, 232Granacci Francesco 127, 231Guidotti Agnolo 74, 213Hugford Ignazio 111, 227Jacopo di Cione 130, 232Maestro di Rosano 34, 130, 131, 195, 232Mariotto di Cristofano 27, 191

Mariotto di Nardo 127, 231Masaccio 25, 27, 29, 30, 38, 39, 84, 85,

88, 90, 91, 101, 143, 146190, 191, 192, 19, 196, 217, 218, 219, 223,

237, 238Mazzi Antonio 54, 204Macchietti Girolamo 137, 234Michelozzo 64, 208Mino da Fiesole 137, 234Nelli Pietro 124, 230Neri di Bicci 124, 231Panciatichi Ferdinando 138, 235Raffaellino del Garbo 140, 235Ridolfo del Ghirlandaio 134, 135, 234Rosi Zanobi 27, 67, 68, 69, 70, 191, 210,

211Rossellino Antonio 136, 137, 234Sagrestani Camillo 40, 123, 197, 230Santi di Tito 27, 60, 191, 206Schiavo Paolo 138, 145, 234, 238Silvani Gherardo 128, 231Sorbi Raffaele 140, 236Tosi Massimo 40, 197Vignali Jacopo 27, 82, 123, 191, 216, 230

267

Indice degli artisti / Index of artists

Page 268: Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello
Page 269: Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello

Presentazioni7 di Edoardo Speranza9 di Antonio Paolucci13 di Bruno Santi17 di Claudio Martini19 di Luciano Giovannetti20 di Ottavio Failli e Sergio Benedetti

Museo Masaccio d’arte sacraa Cascia di Reggello

25 Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggellodi Caterina CanevaVisita al museodi Caterina Canevapiano terra

38 • Biglietteria e bookshop39 • 1 - Sala 184 • 2 - Sala 2 (Sala di Masaccio)92 • 3 - Sala 3 (Camera del Pievano)

101 • 4 - Scala di accesso al primo pianoprimo piano

103 • 5 - Sala 4109 • 6 - Sala 5 (Studio del Pievano)

Itinerari123 Da Firenze al Museo Masaccio

d’arte sacra a Cascia di Reggellodi Nicoletta Baldini

149 Artigianato artistico ed enogastronomia attraverso l’antica Strada dei Sette Pontidi Maria Pilar Lebole e Benedetta Zini

Indice

Page 270: Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello

177 Glossariodi Francesca Sborgi

189 English Version

Apparati / Apparatus263 Bibliografia essenziale / Short bibliography265 Indice dei luoghi / Index of places267 Indice degli artisti / Index of artists

Page 271: Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello
Page 272: Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di Reggello

Finito di stampare in Firenzepresso la tipografia editrice Polistampa

Maggio 2007